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RACCOLTA FIRME “BERLUSCONI DIMETTITI” – Cittadella, 13 febbraio 2011
Considerazioni del Segretario di Circolo Jean Paul Ntakirutimana
Amici ed amiche democratici,
è con un sentimento misto di orgoglio ed amarezza che scrivo queste
brevi considerazioni sugli ultimi eventi che ci hanno visti impegnati come Partito Democratico a
Cittadella.
Orgoglio perché la raccolta firme nell'ambito dell'iniziativa nazionale “Berlusconi dimettiti”,
tenutasi domenica scorsa nonostante non fosse stata autorizzata dall'Amministrazione Comunale, ha
goduto di risposta forte, immediata e vibrante; in poche ore abbiamo raccolto ben 400 firme da
quelle persone che nei giorni precedenti ci avevano bersagliato di telefonate e sms per richiedere
una iniziativa che desse la possibilità anche alla città murata di esprimere il proprio sdegno, il
proprio “Io non ci sto”. Tutto ciò ha visto la partecipazione gioiosa e ridente di ogni tipo
rappresentanza cittadina, dalla famigliola a passeggio alla mamma con il bimbo in carrozzina, dai
giovani esuberanti studenti alla signora anziana accompagnata dalla premurosa nipote, dalla coppia
di mezz’età in relax domenicale alla donna lavoratrice che lontana da casa si è detta felice di trovare
anche a Cittadella l’opportunità di esprimere civilmente il proprio sentire. La raccolta firme non a
caso era stata pensata in concomitanza con quella clamorosa protesta nazionale che ha raccolto la
partecipazione di milioni di donne e gli uomini che non accettano più di essere confusi con chi fa
della donna solo oggetto di merce, scambio, ed abuso; nel rifiuto di quella cultura machista, di cui il
nostro premier si è fatto illustre palladino.
Dall’altra parte vivo una sensazione di amarezza poiché tutto ciò è avvenuto in un clima, per
quanto civile, di disobbedienza. Per garantire a tutti questa opportunità abbiamo dovuto forzare
l'imposizione di un'Amministrazione che, invece di agevolare la libera espressione del nostro
sentire, del sentimento di ogni cittadino, fa di tutto per ostacolare chi non agisce all’ombra di una
determinata bandiera (la sua).
Non si pensi a questo come a un ingenuo sfogo, non si tratta di considerazioni naif, o “radical chic”,
di chi non sa “come funzionano le cose”; è una considerazione che parte dal cuore più che dalla
testa.
Dopo qualche anno di distanza dall’agone politico, nei quali abbiamo troppo lasciato fare
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agli altri pensando che la politica non sia affare nostro, a noi cittadini è stato tolto ogni diritto, anche
quello di dissentire e sdegnarci. Siamo arrivati ad un punto in cui se usciamo dalle nostre case per
dire un civilissimo NO siamo additati come pericolosi sovversivi NO-GLOBAL, schedati come
attentatori alla sicurezza della nostra città, che minacciano con la loro irriverente disobbedienza
quell’olimpica quiete in cui siamo stati a lungo amministrati, lasciandoci beatamente cullare ed
addormentare fra vari gingilli e false ninne nanne.
Quindi Piazza Pierobon a Cittadella come Piazza Tahrir del Cairo? Per carità, non azzardiamo certi
confronti!
Questi fatti mi fanno solo pensare alla nostra democrazia, a quel dono prezioso che ci è stato
affidato dai nostri padri, costato fatica e sangue, dolore e lacrime, che se ogni tanto non
rispolveriamo per riassaporarne il gusto, e ricordarne il valore a poco a poco svanisce come un
sogno, ed al risveglio ne resta solo un intorpidito ricordo, lontano ed impreciso.
La democrazia è il diritto di esistere, di esprimersi, anche nella diversità, ma se non lo si esercita lo
si lascia colpevolmente nelle mani di altri, che non sempre sono animati dai nostri stessi sentimenti.
La democrazia è il dovere di partecipare agli altri il nostro credo.
La democrazia, quando da troppo tempo è lasciata sullo scaffale e la polvere e l’oblio collettivo
l’hanno ormai completamente ricoperta, è anche il dovere di disubbidire per sventolare una
bandiera, quella tricolore, e ricordare a tutti che in quei tre colori c’è tutta la nostra storia:
…« il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l' anima nella costanza dei savi; il
verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de' poeti, il rosso, la
passione ed il sangue dei martiri e degli eroi, E subito il popolo cantò alla sua bandiera ch' ella era
la più bella di tutte e che sempre voleva lei e con lei la libertà»… Dal discorso di Giosuè Carducci,
tenuto il 7 gennaio 1897 a Reggio Emilia, per celebrare il centenario della nascita del Tricolore.
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