AVVENIRE 3 Dicembre 2009

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  • 8/6/2019 AVVENIRE 3 Dicembre 2009

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    il fattoUna cooperativa sociale ha portato nelpenitenziario una "rivoluzione culturale"Laboratori dove si assemblano biciclette,valigie e gioielli e si producono dolci e piastrelle.E rapporti umani che offrono un significato allavita e alla detenzione. Anche per gli ergastolani

    IL CASO

    IL MIO PRIMO IMPIEGO? LHO TROVATO QUIIn carcere ci sono entrato che avevo ventun anni, nel 1995. Ci rimarrfino al 2011. l che ho imparato a lavorare e ho trovato il primo impiego,prima facevo altro. "Altro" per Maurizio, napoletano verace, significavaspaccio e delinquenza spicciola, imparati alla scuola di Scampia insieme amolti altri giovani. Adesso un "articolo 21", uno dei benefici previsti dalsistema carcerario e che , se incentivato, farebbe diminuire ilsovraffollamento innescando nel contempo un circolo virtuoso: gente checomincia un percorso di reinserimento lavorativo e sociale prima di averefinito di scontare la pena. Maurizio esce al mattino dal Due Palazzi erientra la sera. Lavora presso una mensa per otto ore e regala un po delsuo tempo libero come volontario: lultima iniziativa a cui a partecipato stata la Colletta Alimentare. A Scampia credevo di avere tanti amici, maera gente sbagliata, una vera scuola di negativit. Se penso al male che hofatto in quegli anni, mi viene ancora mal di s tomaco. Al carcere di Padova,

    nel 1995, ero arrivato cocainomane e gonfio di risentimento e rabbia,dove non arrivavo con la testa arrivavo con le mani. I primi tempi sonostati durissimi: il carcere una scuola di delinquenza, dentro impari cosepeggiori di quelle che hai gi imparato fuori. Quando ho incontrato quellidella cooperativa Giotto mi sono sentito voluto bene. Ho capito che miveniva data una seconda chance, mi sono detto: questi hanno puntatodavvero su di me, non posso deluderli. Ho imparato la fatica del lavoroche ti mette in moto, ti mobilita e ti nobilita, e lorgoglio del guadagnosudato. Questa s che vita. (G.Pao.)

    La vita in carcere? meglio con Giotto

    Cos al "Due Palazzi" di Padova rinasce la speranzaDALNOSTRO INVIATO APADOVAGIORGIOPAOLUCCI

    ranco monta selle, manubri ecerchioni sulle biciclette, Ble-dar assembla valigie, Angelo ri-

    sponde alle telefonate di chi vuoleprenotare una visita medica alla Asldi Padova. Lavoratori infaticabili efieri del mestiere che hanno impa-rato nel luogo dove meno se lo a-spettavano: la prigione. Hanno in co-mune la stessa condanna: ergastolo.O, come si dice in gergo carcerario,fine pena mai. Nella casa di reclu-

    sione Due Palazzi di Padova sono 80i detenuti-lavoratori, il 10 per centodel totale, un record nel panoramapenitenziario italiano. Altri venti la-vorano allesterno curando il verdepubblico, i lavori cimiteriali e la pu-lizia delle strade. Tutto grazie allin-ventiva e allimpegno degli operato-ri della cooperativa Giotto, che dal1991 ha portato qui dentro una "ri-voluzione culturale": il lavoro comestrumento di riscatto. E cos, quelloche solitamente un periodo di ab-brutimento e di degrado, per molti diventato loccasione per comincia-re una nuova vita.Quando sono entrato avevo la neb-bia nel cervello e il cuore carico dirancore racconta Angelo, ergasto-lano, condanne per omicidio e rapi-na a mano armata . Non volevoneppure riconoscere di avere sba-gliato, da 12 anni non andavo a mes-sa, al frate che mi confessava dicevoche non ero stato io a uccidere, men-tivo persino con mia moglie. Qui hoincontrato gente che non mi ha chie-sto conto del mio passato, mi ha aiu-tato ad alzare lo sguardo e a metter-mi in azione. Ho fatto il corso per o-peratore di call center, lavoro setteore al giorno al servizio di prenota-zione delle visite mediche per contodellAsl di Padova e per Fastweb. Masoprattutto ho imparato a ricono-scere i miei errori e a fare pace conme stesso. E ho capito che Dio per-dona e ti d sempre unaltra possi-bilit. Proprio come hanno fatto conme quelli di Giotto, che mi hanno of-ferto lavoro e amicizia. Come tuttoil popolo delle carceri, anche Ange-lo turbato dalla moltiplicazione deisuicidi di cui si ha notizia in questoperiodo. Certamente il sovraffolla-mento e il degrado in cui vivono tan-ti detenuti pu spingere verso gestiestremi. In carcere ci sono tutte lecondizioni per andare fuori di testa.Per farcela devi avere qualcosa percui vale la pena vivere e sperare an-che quando guardi i muri della tuacella. Io questo "qualcosa" lho in-contrato proprio quando avevo toc-cato il fondo. successo anche a Bledar, albanesedi 36 anni, ergastolano pure lui, unocol coltello facile, che per questo finito dentro sia al suo Paese, sia do-po essere emigrato in Italia, alla ri-cerca di un Eldorado che non ha maitrovato. Furti, rapine, spaccio, sfrut-tamento della prostituzione, fino al-

    F

    lomicidio. Quando la polizia lo hafermato stava correndo a 150 allora,imbottito di alcol e droga. Quei po-liziotti sono stati la mano di Dio chemi ha raggiunto prima che facessi lafine dei miei amici. Nella nostra ban-da eravamo in 12, gli altri 11 sonotutti morti in risse con bande rivali oincidenti stradali. Quando sono ar-rivato al Due Palazzi mi hanno mes-so nello stesso braccio di Franco, chemi ha fatto conoscere quelli di Giot-to. Grazie a loro ho cominciato a la-vorare e soprattutto a sperare. Ma-dre cristiana e padre musulmano,

    Bledar aveva sempre considerato lareligione come un soprammobile,come tutti i giovani cresciuti nellAl-bania dellateismo di stato. In carce-re ha conosciuto gente cambiata dal-lincontro con Ges, e anche lui hacominciato a cambiare. Ho chiestoil battesimo perch voglio vivere co-me loro, non posso fare a meno di a-mici cos.Padre Luigi Caria, cappellano del car-cere, conferma che anche nei luo-ghi pi duri possono cominciare per-corsi di rinascita. I detenuti sono per-sone come noi, anche se nella men-

    talit comune si pensa che chi varcale porte del carcere diventa automa-ticamente una persona di serie B,unentit irrecuperabile. Buttiamovia la chiave delle loro celle e li di-mentichiamo. Peccato che dopo unpo questa gente esce, cerca casa elavoro, cerca una normalit che leviene negata, e cos molti tornano adelinquere.Le cifre parlano chiaro: il 70% degliex detenuti, una volta usciti com-mette altri reati. Ma la percentualesi abbassa al 20 per cento tra coloroche hanno usufruito di misure alter-

    native e scende a meno dell1 percento tra quanti hanno iniziato a la-vorare in carcere. Lavoro vero, per,non lavoro assistito tiene a preci-sare Nicola Boscoletto, presidentedel Consorzio sociale Rebus e pio-niere dellesperienza al Due Palazzicon la cooperativa Giotto . In Italiai detenuti occupati allinterno del-le carceri sono 13mila su 66mila, masolo 750 lavorano in cooperative so-ciali come la nostra che si muovonosecondo logiche di mercato, accet-tando la concorrenza e cercando direalizzare profitti che poi vengonoreinvestiti per creare nuova occupa-zione. la scommessa del "privatosociale", che fa i conti con difficoltburocratiche e diffidenze radicate,ma conta sullaiuto di aziende chehanno visto ricambiata la loro fidu-cia in termini di qualit e affidabi-lit. I detenuti-dipendenti sono in-quadrati nel contratto delle coope-rative sociali, 900 euro al mese, concui riescono anche ad aiutare le fa-miglie: una molla in pi per "muo-vere" il cuore e la mente.La cooperativa, oltre a gestire la ri-storazione interna e un laboratoriodi cartotecnica e ceramica, ha por-tato tra le mura del Due Palazzi no-mi importanti: assembla le valigieRoncato, i gioielli di Morellato, le bi-ciclette del gruppo Esperia con imarchi Torpado, Bottecchia e Fon-driest, ha allestito un call center perlAsl di Padova e per Fastweb, men-tre per Infocert mette a punto le pen-drive col software per la firma digi-tale e cura la digitalizzazione di mi-gliaia di documenti cartacei. Il fioreallocchiello sono i "dolci di Giotto",che hanno acquisito notoriet a li-vello nazionale approdando persinonellappartamento pontificio e sullatavola dei grandi del G8 a LAquila.Qui dentro Giotto non solo un no-me, una presenza: nei laboratori sifabbricano scatole, oggetti di can-celleria e piastrelle in ceramica ispi-rati agli affreschi della Cappella de-gli Scrovegni, il tesoro artistico del-la citt. Riproduzioni dei dipinticampeggiano sulle pareti dei labo-ratori, e persino nella mensa statariprodotta una copia delle Nozze diCana del pittore fiorentino. Com-menta Angelo, lergastolano addet-to al call center: La Bellezza aiuta avivere, rid speranza. vero per tut-ti, perch non dovrebbe esserlo an-che per noi?.

    I PASTICCIERI

    DOLCI PLURIPREMIATI

    Nel laboratorio di pasticceriaartigianale i detenuti impastano esfornano panettoni, colombe e altreprelibatezze, formati e accompagnatial lavoro da maestri pasticcieriprovenienti dallesterno. Grandeimpegno e qualificata professionalithanno permesso di raggiungere livellidi eccellenza, premiata dallAccademiaitaliana della cucina col Piattodargento e dal Club Papillon di PaoloMassobrio con Golosaria 2008, lodatadal gastronauta Davide Paolini e dalcelebre pasticcere spagnolo Albert

    Adri. Il Gambero Rosso, dopo averloinserito tra i primi dieci miglioripanettoni artigianali dItalia, ha volutoportare il panettone de "I Dolci diGiotto" insieme alla "Noce del Santo"sulla tavola delle eccellenze del madein Italy allultimo summit del G8allAquila. Info: www.idolcidigiotto.it;0498033100.

    il direttorePi lavoro per aprire la stradaal recupero dei detenuti

    DALNOSTROINVIATOA PADOVA

    l Due Palazzi era stato progettato per ospitare 350 detenuti.Appena divenuto operativo, nel 1989, ne ha accolti 700. Oggisono 810. Il direttore Salvatore Pirruccio non si scompone:

    quanto accade in molti altri penitenziari. Il sovraffollamento unproblema endemico.Cosa si deve fare per ridurlo?Incentivare le misure alternative: detenzione domiciliare a chi hapene brevi o arrivato vicino al "fine pena", per reati che non siano

    di grande allarme sociale; affidamentoin prova ai servizi sociali; percorsi distudio e di lavoro che offrono chanceper il "dopo" e riducono la recidiva. Masoprattutto si deve modificare il sistemaprocessuale: in carcere vivono oltre32mila persone (quasi la met deltotale) in attesa di giudizio. Inoltre sidovrebbe incentivare la possibilit discontare la pena nei Paesi di origine, quiabbiamo il 40 % di stranieriPer mettere in pratica larticolo 27 dellaCostituzione e promuovere dinamichedi riabilitazione della persona importante avere a disposizione deglieducatori. Quanti sono qui?Cinque, presto dovrebbero arrivarnealtri 4. Vuol dire che ciascuno sidovrebbe occupare di circa 90 detenuti.Troppo pochi, il numero ideale perpoter fare un buon lavoro sarebbe 50.Per losservazione scientifica dellapersonalit del detenuto che porta poialla redazione del programma di

    trattamento anche ai fini di un programma di riabilitazione,lordinamento penitenziario prevede 9 mesi: col personale cheabbiamo a disposizione ne impieghiamo 13. Tutto ci si ripercuotepesantemente sui tempi della riabilitazione.Questo carcere unanomalia: 100 detenuti che seguono corsiscolastici, 20 iscritti alluniversit, una percentuale che lavora peraziende esterne (10%) ampiamente superiore alla medianazionale. Siete bravi o fortunati? il frutto di una sinergia con varie realt presenti sul territorio: lacooperativa Giotto che promuove possibilit di lavoro dentro efuori dal carcere in accordo con varie aziende, gli enti locali, la Asl, imagistrati di sorveglianza. Chi lavora percepisce un reddito eacquisisce un metodo che fatto di professionalit, passione erispetto delle regole, ingredienti essenziali per quando si esce dalcarcere. un lavoro di rete che si dovrebbe esportare in altre realt.Il carcere deve dare a tutti almeno una possibilit per ripartire.(G.Pao.)

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    Il segreto del nostrosuccesso? Una sinergiacon aziende presentisul territorio, entilocali e magistratodi sorveglianza

    GIOVED3 DICEMBRE 20096

    Salvatore Pirruccio

    A sinistra, il callcenter chelavora per lAsldi Padova, alle

    pareti leriproduzionidegli affreschidella Cappelladegli Scrovegni.Le foto inpagina sono diGiorgio Boato

    Da sinistra,detenuti amensa e il

    laboratoriodi biciclette.In alto,lassemblaggiodelle valigie e laproduzione dipiastrelleispirate alleopere di Giotto

    Sono 810 i detenuti della casadi reclusione Due Palazzi diPadova, inaugurata nel 1989e progettata per ospitarne 350.Il personale composto da 320unit. Gli educatori sono 5

    Il laboratorio di pasticceriaartigianale dove i reclusiimpastano e sfornano panettonie altri prodotti della linea"Dolci di Giotto", premiata conmolti riconoscimenti