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Audizione dell’ABI presso la Commissione ministeriale per la riforma IRES Presso il Ministero dell’economia e delle finanze è stata costituita – con decreto del 27 giugno 2006 – una Commissione di studio per la definizione degli interventi necessari per il completamento dell’attuale quadro normativo IRES. Nell’ambito delle audizioni indette dalla Commissione, in data 19 luglio 2006 è stata sentita anche l’Associazione Bancaria Italiana, che in tale occasione ha portato all’attenzione degli esperti del Ministero le problematiche di maggiore delicatezza per il settore bancario, secondo le linee tracciate in un apposito dossier di proposte per un miglioramento della fiscalità. Nel consegnare alla Commissione tale documento (allegato), nel corso dell’audizione sono state sviluppate e discusse più in dettaglio le richieste relative a taluni aspetti prioritari: - esigenza di stabilità del sistema fiscale; - riduzione dei costi di adempimento; - necessità di non introdurre norme retroattive; - necessità di reintroduzione della DIT e di soppressione della Thin Capitalization; - pregi degli IAS in termini di comparabilità di bilanci e rappresentazione veritiera; - opportunità riportare l'IRES al risultato di bilancio, rispettando le esigenze di gettito con dosate variazioni in aumento e in diminuzione; - opportunità di creare un sistema fiscale che tenga conto e distingua tra grandi imprese e piccole imprese, nonché tra mondo industriale e mondo finanziario, sia nella disciplina generale che nella disciplina antielusiva; - necessità di evitare l’adozione di disposizioni che costringano a determinare la base imponibile o l’imposta tenendo conto di fatti avvenuti molti anni prima (ad esempio, consolidato fiscale-riallineamento: si devono considerare fatti accaduti entro un decennio; accantonamenti e svalutazioni perdite su crediti, la deduzione va effettuata in nove anni, etc.); ciò per tener conto che con il trascorrere del tempo le imprese si evolvono nella forma giuridica e nell’attività con una certa velocità; - posizione favorevole del settore verso le indagini bancarie fiscali con il sistema telematico, nel rispetto dell’esigenza del contenimento dei costi di adempimento; - opportunità di una rapida introduzione della base imponibile consolidata a livello UE; - ostacoli posti alle operazioni di riorganizzazione aziendale dal malfunzionamento di particolari norme in materia di acconti (ritenute, bollo e imposta sostitutiva).

Audizione dell’ABI presso la Commissione ministeriale ... · miglioramento della fiscalità. Nel consegnare alla Commissione tale documento ... Riconoscimento delle valutazioni

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Audizione dell’ABI presso la Commissione ministeriale per la riforma IRES

Presso il Ministero dell’economia e delle finanze è stata costituita – con decreto del 27 giugno 2006 – una Commissione di studio per la definizione degli interventi necessari per il completamento dell’attuale quadro normativo IRES.

Nell’ambito delle audizioni indette dalla Commissione, in data 19 luglio 2006 è stata sentita anche l’Associazione Bancaria Italiana, che in tale occasione ha portato all’attenzione degli esperti del Ministero le problematiche di maggiore delicatezza per il settore bancario, secondo le linee tracciate in un apposito dossier di proposte per un miglioramento della fiscalità.

Nel consegnare alla Commissione tale documento (allegato), nel corso dell’audizione sono state sviluppate e discusse più in dettaglio le richieste relative a taluni aspetti prioritari:

- esigenza di stabilità del sistema fiscale;

- riduzione dei costi di adempimento;

- necessità di non introdurre norme retroattive;

- necessità di reintroduzione della DIT e di soppressione della Thin Capitalization;

- pregi degli IAS in termini di comparabilità di bilanci e rappresentazione veritiera;

- opportunità riportare l'IRES al risultato di bilancio, rispettando le esigenze di gettito con dosate variazioni in aumento e in diminuzione;

- opportunità di creare un sistema fiscale che tenga conto e distingua tra grandi imprese e piccole imprese, nonché tra mondo industriale e mondo finanziario, sia nella disciplina generale che nella disciplina antielusiva;

- necessità di evitare l’adozione di disposizioni che costringano a determinare la base imponibile o l’imposta tenendo conto di fatti avvenuti molti anni prima (ad esempio, consolidato fiscale-riallineamento: si devono considerare fatti accaduti entro un decennio; accantonamenti e svalutazioni perdite su crediti, la deduzione va effettuata in nove anni, etc.); ciò per tener conto che con il trascorrere del tempo le imprese si evolvono nella forma giuridica e nell’attività con una certa velocità;

- posizione favorevole del settore verso le indagini bancarie fiscali con il sistema telematico, nel rispetto dell’esigenza del contenimento dei costi di adempimento;

- opportunità di una rapida introduzione della base imponibile consolidata a livello UE;

- ostacoli posti alle operazioni di riorganizzazione aziendale dal malfunzionamento di particolari norme in materia di acconti (ritenute, bollo e imposta sostitutiva).

Ministero dell’Economia e delle Finanze

Vice Ministro VINCENZO VISCO

PROPOSTE DEL SETTORE BANCARIO

PER UN MIGLIORAMENTO DELLA FISCALITÀ

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INDICE

Premessa ................................................................................................................................. 5

Sintesi degli argomenti

Evasione fiscale ............................................................................................................. 9Tassazione dei redditi di natura finanziaria.................................................................... 9Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) ......................................................... 9Principi contabili internazionali IAS/IFRS: interventi di natura civilistica e tributaria..... 10IRES................................................................................................................................ 10CIAMPI - Ristrutturazioni aziendali del settore bancario - Agevolazioni fiscali (D.Lgs. n. 153 del 1999) - Recupero.......................................................................................... 12Ostacoli di carattere fiscale alle operazioni di riorganizzazione di imprese bancarie .. 12Progetto UE di base imponibile comune consolidata per le società (CCCTB) ............... 13Imposta sostitutiva: anticipato rimborso del finanziamento .......................................... 13Imposta ipotecaria: tutela dei diritti patrimoniali dei promissori acquirenti................... 13Riutilizzo delle informazioni estratte dagli archivi dell’Agenzia del Territorio ............... 13Tassazione utilizzo gas da parte delle imprese .............................................................. 14

Schede

1. Evasione fiscale ....................................................................................................... 172. Tassazione dei redditi di natura finanziaria.............................................................. 183. Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) ................................................... 284. Principi contabili internazionali IAS/IFRS: interventi di natura civilistica e tributaria .. 305. IRES.......................................................................................................................... 33

a) Azioni estere ........................................................................................................ 33b) Riconoscimento delle valutazioni dei titoli azionari del trading .......................... 35c) Il dividend washing e la politica di contrasto all’elusione..................................... 36d) I recenti interventi in materia di participation exemption come strumento della

politica di contrasto all’elusione ........................................................................... 38e) Disposizioni in materia di imprese estere collegate .............................................. 39f) Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero di cui all’art. 165 ...................... 40g) Presunzione di distribuzione di utili societari (art. 47, primo comma, TUIR) ...... 41h) Valutazione dei titoli obbligazionari immobilizzati............................................... 41i) Previsioni in materia di deducibilità fiscale dei costi sostenuti in c.d. Stati a

«fiscalità privilegiata»............................................................................................. 426. CIAMPI - Ristrutturazioni aziendali del settore bancario - Agevolazioni fiscali

(D.Lgs. n. 153 del 1999) - Recupero........................................................................ 437. Ostacoli di carattere fiscale alle operazioni di riorganizzazione di imprese bancarie . 448. Progetto UE di base imponibile comune consolidata per le società (CCCTB) ......... 479. Imposta sostitutiva: anticipato rimborso del finanziamento .................................... 49

10. Imposta ipotecaria: tutela dei diritti patrimoniali dei promissori acquirenti............. 5111. Riutilizzo delle informazioni estratte dagli archivi dell’Agenzia del Territorio ......... 5212. Tassazione utilizzo gas da parte delle imprese......................................................... 53

PREMESSA

I paragrafi che seguono illustrano specifiche tematiche che più di altre presentanoaspetti di criticità per il settore bancario.Anche se il numero degli aggiustamenti proposti può apparire cospicuo, preme sotto-lineare che la realizzazione di una fiscalità moderna, efficiente e competitiva in ambi-to internazionale è oggi un fattore imprescindibile in un contesto come quello attua-le, in cui il panorama delle imprese europee, bancarie e non, è caratterizzato da unsusseguirsi di operazioni di riorganizzazione societaria a carattere internazionale, fon-date su strategie per le quali la componente fiscale è sempre più rilevante. Una fisca-lità penalizzante può impedire oggi il buon esito di una operazione di ristrutturazionetra società di diversi Paesi; al tempo stesso, una fiscalità premiante può rappresentarela discriminante fondamentale nella fissazione della sede delle società generate da untale processo.Sul piano dei contenuti, molte delle questioni sollevate rappresentano opportuni cor-rettivi in materia di imposizione societaria, taluni dei quali semplicemente diretti aripristinare i connotati originari del sistema dell’IRES. In rapporto di stretto collega-mento di materia, si inserisce, poi, l’auspicio del settore bancario che siano adottati intempi brevi gli atti necessari per il completamento del quadro normativo ed interpre-tativo di riferimento in tema di IAS/IRES, alla luce anche del recepimento dellaDirettiva 2003/51/CE (“modernizzazione”).Parallelamente, esistono altre aree che assumono un rilevo fondamentale per il setto-re bancario.Tra le questioni aperte, un ruolo di primo piano va riservato all’IRAP, con l’obiettivoprimario di giungere all’eliminazione delle discriminazioni che oggi penalizzano lebanche rispetto ad altre categorie di imprese in tema di base imponibile (mancato rico-noscimento delle rettifiche e riprese di valore sui crediti), e di interventi regionali sullealiquote (revisione della normativa al fine di prevedere gli interventi in via generaliz-zata e non differenziati per categorie di contribuenti ovvero per settori di attività). In tema di interventi regionali va sottolineata l’attuale incertezza connessa con l’ap-plicazione della Legge Finanziaria 2006 che ha comportato lo scorso 1° giugno l’au-mento automatico delle aliquote IRPEF e IRAP per le Regioni Lazio, Campania,Abruzzo, Molise, Liguria e Sicilia, con obbligo per i contribuenti di tener conto didetto aumento già in sede di versamento degli acconti IRAP dovuti per il 2006. Come precisato, infatti, dal comunicato stampa diramato in data 15 giugno, l’acconto ver-sato lo scorso 20 giugno 2006 doveva essere calcolato in misura maggiorata salva possi-bilità di successivo recupero, ancorché in prospettiva gli aumenti possano venire revoca-ti in relazione alla eventuale approvazione dei piani di rientro delle singole Regioni. A livello europeo è pendente la causa di incompatibilità di detta imposta con il dirit-to comunitario; ed in proposito, non sono ipotizzabili gli effetti che potrebbero pro-dursi a seguito di un’eventuale pronuncia definitiva di incompatibilità. In termini piùgenerali, l’attenzione è, comunque, rivolta all’esigenza di riduzione del carico IRAPsul costo del lavoro, con particolare riguardo, però, ai meccanismi di compensazioneche dovranno essere previsti per fronteggiare la inevitabile perdita di gettito.Altro tema in discussione di rilievo per il settore al quale viene riservato uno spazioparticolare è quello delle Rendite Finanziarie, in relazione, soprattutto, all’impegnocontenuto nella programma elettorale della coalizione di Governo, per la realizzazio-ne della “uniformità del sistema di tassazione delle rendite finanziarie a un livellointermedio tra l’attuale tassazione degli interessi sui depositi bancari e quella sulle

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altre attività finanziarie, con l’esclusione dei redditi di piccoli patrimoni, in coordina-mento con l’imposizione societaria e la tassazione di dividendi e plusvalenze aziona-rie”.Merita attenzione anche la tematica della lotta all’evasione fiscale, che vede il siste-ma bancario quale protagonista nell’ambito degli strumenti a tal fine utilizzatidall’Amministrazione finanziaria. Lo sforzo organizzativo richiesto alle banche perl’implementazione delle procedure necessarie a far fronte alla modifiche in materia diindagini bancarie e finanziarie ai fini fiscali chiede doveroso riconoscimento, evitan-do nuovi aggravi e possibilmente con l’introduzione di semplificazioni.Il presente documento non affronta, invece, direttamente altre questioni, che puressendo di primaria importanza, sono già state reiteratamente oggetto di istanze sia daparte del settore bancario sia da parte di altri comparti produttivi, trattandosi di tema-tiche di carattere più generale che coinvolgono tutte le imprese. Ci si limiterà, pertan-to, in questa sede a ricordare l’importanza di interventi diretti:a) al ripristino della DIT (dual income tax), quale incentivo alla patrimonializzazione

delle imprese mediante la riduzione dell’imposizione, in presenza di finanziamenticon capitale propri;

b) alla revisione della normativa di contrasto ai fenomeni di capitalizzazione sottile(c.d. thin capitalization);

c) all’introduzione di adeguati correttivi al regime della participation exemption e delconsolidato fiscale;

Per quanto, poi, riguarda un eventuale sfruttamento del margine di manovra attual-mente offerto dalle aliquote IVA, questo andrebbe, comunque, valutato anche allaluce delle iniziative allo studio a livello UE per una modernizzazione del trattamentoIVA dei servizi finanziari.

PREMESSA

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SINTESI DEGLI ARGOMENTI

FISCO

EVASIONE FISCALE

La lotta all’evasione dovrebbe proseguire sulla scia degli interventi normativi tracciatidalla Legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Legge finanziaria 2005), che ha introdottonumerose disposizioni in materia di accertamento finalizzate al contrasto dell’evasio-ne in materia di imposte sui redditi ed IVA. Le rilevanti modifiche apportate in mate-ria di indagini bancarie e finanziarie ai fini fiscali hanno richiesto alle banche un forteimpegno sia in termini di costi per l’implementazione delle procedure in essere, sia intermini di risorse umane da dedicare all’attivazione del nuovo sistema di interscambioinformativo.È, quindi, auspicabile che il lavoro fin qui svolto dalle banche, che hanno risposto inmodo responsabile e fattivo alla nuova disciplina, non vada vanificato a causa dellaistituzione di nuovi strumenti di rilevazioni di informazioni finanziarie da parte degliuffici dell’Amministrazione finanziaria, ma eventualmente reso più rispondente alleconcrete finalità perseguite (ad esempio, attraverso una previsione generalizzata di unasoglia minima al di sotto la quale non occorre fare alcuna rilevazione).

TASSAZIONE DEI REDDITI DI NATURA FINANZIARIA

Nell’ambito del programma elettorale, il nuovo governo si è impegnato alla realizza-zione della “uniformità del sistema di tassazione delle rendite finanziarie a un livellointermedio tra l’attuale tassazione degli interessi sui depositi bancari e quella sullealtre attività finanziarie, con l’esclusione dei redditi di piccoli patrimoni, in coordina-mento con l’imposizione societaria e la tassazione di dividendi e plusvalenze aziona-rie”.In linea generale, l’ABI ha da tempo manifestato perplessità rispetto ad un innalza-mento dell’aliquota base che oggi è applicata sui principali prodotti del risparmio(12,5%). L’introduzione di un meccanismo di franchigia suscita anch’esso perplessitàin quanto porrebbe in discussione il regime di anonimato che oggi caratterizza i rap-porti tra fisco e risparmiatori, oltre a determinare serie problematiche di tipo operati-vo. È comunque indubbio che un intervento in materia di fiscalità finanziaria va coor-dinato con l’imposizione societaria e la tassazione dei redditi delle partecipazioni. Èdi primario interesse per il settore anche l’esigenza di limitare gli impatti negativi dicarattere gestionale ed organizzativo connessi alle modalità di attuazione dell’even-tuale riforma.

IMPOSTA REGIONALE SULLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE (IRAP)

Sul fronte europeo si segue con attenzione la causa di incompatibilità con il dirittocomunitario (non sono ipotizzabili gli effetti che potrebbero prodursi a seguito di un’e-ventuale pronuncia definitiva di incompatibilità). Sul fronte nazionale, si auspica il venir meno delle attuali penalizzazioni in tema dibase imponibile (mancato riconoscimento delle rettifiche e riprese di valore sui credi-ti), e di interventi regionali sulle aliquote (revisione della normativa al fine di prevede-re gli interventi in via generalizzata e non differenziati per categorie di contribuentiovvero per settori di attività).

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In termini più generali, l’attenzione è rivolta all’esigenza – condivisa – di riduzione delcarico IRAP sul costo del lavoro, con particolare riguardo, però, ai meccanismi di com-pensazione che dovranno essere previsti per fronteggiare l’inevitabile perdita di gettito.L’obiettivo è, quindi, quello di eliminare le discriminazioni che oggi penalizzano lebanche rispetto ad altre categorie di imprese.

PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI IAS/IFRS: INTERVENTI DI NATURA CIVILISTI-CA E TRIBUTARIA

Dopo gli interventi contenuti nel D.Lgs. n. 38 del 2005, emerge l’utilità di porre inessere gli ulteriori atti necessari per rendere il vigente assetto normativo compatibilecon gli IAS/IFRS, sia a livello civilistico che tributario, in particolare: 1) Recepimento della Direttiva 2003/51/CE (“modernizzazione”): si auspica un inter-

vento in tempi brevi;2) Emanazione della circolare interpretativa da parte dell’Agenzia delle Entrate in tema

di IAS/IFRS: si auspica l’emanazione da parte dell’Agenzia delle Entrate in tempibrevi della circolare interpretativa in materia IAS, tenendo in debita considerazioneil fatto che il periodo di imposta 2005 è stato già chiuso ed i bilanci sono stati giàapprovati;

3) Ulteriori interventi legislativi in materia di reddito di impresa al fine di completareil processo di armonizzazione con i principi contabili internazionali: si auspicanoulteriori interventi legislativi, con particolare riferimento alla problematiche even-tualmente non risolte in via interpretativa dall’Agenzia delle Entrate e tenendo contodelle modifiche del codice civile conseguenti al recepimento della suddettaDirettiva “modernizzazione”.

La richiesta del settore bancario è, quindi, quella che sia il legislatore che l’interpreteamministrativo provvedano in tempi brevi al completamento del quadro normativo diriferimento.

IRES

La richiesta di fondo del sistema bancario è quella di evitare stravolgimenti del sistematributario originato dalla riforma IRES – in modo da dare agli operatori economici unsegnale di certezza e stabilità che consentirà loro una consapevole programmazionedelle proprie strategie imprenditoriali – ma di provvedere a quegli aggiustamenti chequalsiasi riforma richiede negli anni immediatamente successivi alla sua realizzazione. In particolare:

a) Azioni estere È auspicabile la revisione dell’attuale nozione di azioni estere (introdotta nelTUIR dal D.Lgs. “correttivo IRES”); ciò in quanto comporta disagi, talvolta insor-montabili, agli operatori con la conseguenza di impedire l’applicazione del cor-retto trattamento fiscale ai proventi di natura partecipativa per impossibilità diaccertarne la predetta natura. In proposito è auspicabile il ripristino della nozio-ne previgente introdotta dal D.Lgs. n. 344 del 2003.

b) Riconoscimento delle valutazioni dei titoli azionari del tradingIl settore bancario rinnova l’auspicio, già rappresentato alle autorità competentiin sede di attuazione della riforma, di una revisione della norma, che per leimprese bancarie riporti ad una situazione di “simmetria” tra il trattamento fisca-

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le della valutazione delle azioni del trading e quello del loro realizzo ed eliminila discriminazione rispetto al regime fiscale applicabile alle valutazione delmagazzino delle altre imprese, vale a dire il riconoscimento fiscale delle svaluta-zioni e delle rivalutazioni dei titolari azionari del c.d. circolante.

c) Il dividend washing e la politica di contrasto all’elusioneL’auspicio è quello della rimozione della attuale normativa in materia e della suasostituzione con la previsione dell’obbligo di comunicazione (in dichiarazionedei redditi ovvero secondo altre modalità ritenute più opportune) delle operazio-ni di cessione di titoli azionari che presentano caratteristiche di “pericolositàfiscale” determinate periodicamente dall’Amministrazione finanziaria. In subor-dine, il regime di indeducibilità andrebbe limitato solo alle minusvalenze deri-vanti da cessioni di partecipazioni non quotate ovvero, in alternativa, solo se deri-vano da operazioni di cessione di partecipazioni nell’ambito del medesimogruppo societario.

d) I recenti interventi in materia di participation exemption come strumento dellapolitica di contrasto all’elusioneA seguito dei recenti interventi in materia di participation exemption (riduzionepercentuale di esenzione) sono stati introdotti elementi di disequilibrio rispettoal sistema generale, è, pertanto auspicabile, quanto meno, che siano previsti gliaggiustamenti necessari per ovviare le incongruenze, dovute eminentemente almancato adeguamento delle disposizioni che regolano il trattamento delle com-ponenti negative di reddito corrispondenti alle plusvalenze esenti. Più precisa-mente, è necessario che la riduzione dell’esenzione (oggi non più totale) trovicorrispondenza in una analoga deduzione per le minusvalenze realizzate su par-tecipazioni detenute da più di 12 mesi che si qualificano per l’esenzione. Inoltre,dovrebbero essere previste delle modifiche nell’ambito del regime del consolida-to nazionale al fine di prevedere l’estensione del regime di neutralità in caso dicessione di beni plusvalenti e soggetti a PEX. Dette cessioni, infatti, sono attual-mente escluse dal regime di neutralità perché originariamente produttive di plu-svalenze totalmente esenti.

e) Disposizioni in materia di imprese estere collegateIn numerose occasioni, l’Associazione ha segnalato l’opportunità di eliminare lanorma con la quale è stata prevista l’estensione della tassazione per trasparenzadelle società controllate residenti in territori a fiscalità privilegiata anche allesocietà collegate residenti in tali territori; è, quindi, rinnovato, l’auspicio chedetta eliminazione sia prevista tenuto conto che il suo permanere genera eviden-ti difficoltà operative in capo agli investitori residenti, oltre ad una serie di pro-blemi a livello di convenzioni contro le doppie imposizioni, per effetto della tas-sazione in Italia di redditi di imprese estere non soggette a “controllo” da parte diun soggetto residente in Italia.

f) Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero di cui all’art. 165La normativa del credito di imposta per le imposte pagate all’estero è stata ogget-to di profonda revisione nell’ambito della riforma societaria di cui al D.Lgs. n.344 del 2003; sono, peraltro rimasti alcuni aspetti problematici il cui supera-mento si ritiene sia indispensabile per consentire il corretto recupero delle impo-ste pagate all’estero a titolo definitivo vale a dire: a) la possibilità di considerarequale componente negativo deducibile dal reddito d’impresa la quota di impostaestera non recuperabile attraverso la disciplina del credito d’imposta; b) un inter-vento normativo che con valenza interpretativa confermi la possibilità di riporta-re all’indietro – anche per i periodi d’imposta ante 2004 – le eccedenze di impo-sta che, a decorrere dal 2004, si formano secondo le nuove regole.

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g) Presunzione di distribuzione di utili societari (Art. 47, primo comma, TUIR)È fortemente auspicata l’eliminazione della presunzione secondo cui, indipendente-mente dalla delibera assembleare, si considerano prioritariamente distribuiti l’utile del-l’esercizio e le riserve diverse da quelle di capitale per la quota di esse non accanto-nata in sospensione d’imposta (47, comma 1, del TUIR), ciò in ragione degli effettipotenzialmente distorsivi della stessa.h) Valutazione dei titoli obbligazionari immobilizzatiIn tema di valore fiscale dei titoli, il settore auspica che sia data rilevanza fiscale allavalutazione effettuata sulla base del valore puntuale utilizzato in bilancio per i titoliobbligazionari c.d. immobilizzati, ciò in ragione delle forti penalizzazioni derivantidalla necessità di mantenere una doppia rilevazione del valore dei titoli (contabile efiscale).i) Previsioni in materia di deducibilità fiscale dei costi sostenuti in c.d. Stati a “fisca-lità privilegiata” È auspicabile un intervento normativo volto ad eliminare la previsione concernente laseparata indicazione dei costi quale condizione necessaria per garantirne la deducibi-lità. In sostituzione di tale disciplina, può essere prevista una casella da barrare nelcaso in cui tra i componenti negativi deducibili vi siano i costi della specie così dadare informativa all’Agenzia delle Entrate della sussistenza di detti costi. Fermo restan-do, ovviamente, l’obbligo di raccogliere e fornire all’amministrazione finanziaria leprove indicate dalla norma a supporto di detta deducibilità.

CIAMPI - RISTRUTTURAZIONI AZIENDALI DEL SETTORE BANCARIO - AGEVOLAZIONIFISCALI (D.LGS. N. 153 DEL 1999) - RECUPERO

Sulla base delle interpretazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria circa la deter-minazione delle somme effettivamente dovute a titolo di recupero delle agevolazionifiscali, i versamenti spontanei già eseguiti dalle banche si sono rivelati, in taluni casi,superiori rispetto al dovuto. Si auspica, pertanto, che da parte dei competenti organiministeriali siano avviate, quanto prima, le procedure per il rimborso delle eccedenzeversate, anche attraverso possibili compensazioni con altre imposte o contributi dovu-ti dai soggetti interessati, ovviamente senza che tale compensazione sia rilevante ai finidel tetto massimo annuale compensabile da ciascun contribuente.In sintesi, la richiesta è per una rapida restituzione delle somme versate in eccedenzadalle banche.

OSTACOLI DI CARATTERE FISCALE ALLE OPERAZIONI DI RIORGANIZZAZIONE DIIMPRESE BANCARIE

L’attuale disciplina dei versamenti in acconto dell’imposta sostitutiva sui finanziamen-ti a medio lungo termine dell’imposta di bollo e delle ritenute sugli interessi dei depo-siti e conti correnti non contempla, a differenza di quanto avviene in via generalizza-ta per le imposte sui redditi propri di tutti i contribuenti, la possibilità di graduare ilversamento da effettuare in via anticipata in funzione dell’entità del debito d’impostaeffettivo (c.d. metodo previsionale). Tali meccanismi possono dare luogo a pesantioneri di carattere finanziario in occasione di operazioni di riorganizzazione bancaria,che si traducono in veri e propri ostacoli al buon esito delle operazioni stesse.La richiesta è pertanto quella di un intervento normativo diretto ad impedire la forma-

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zione di crediti d’imposta in tali circostanze ovvero, in alternativa, di consentire la ces-sione di tali crediti.

PROGETTO UE DI BASE IMPONIBILE COMUNE CONSOLIDATA PER LE SOCIETÀ(CCCTB)

La Commissione europea intende creare un sistema di base imponibile comune con-solidata ai fini dell’imposta societaria, da applicare alle imprese di grandi dimensioniche operano a livello europeo (CCCTB). Tra le problematiche allo studio vi è quella delrapporto che deve sussistere tra la base imponibile comune UE e il bilancio civilistico.L’avviso ABI è che - in applicazione del principio di derivazione - il reddito imponibi-le dovrebbe essere determinato secondo le regole contabili IAS, in modo da evitare perquanto possibile ogni forma di doppio binario, apportando al risultato emergente dalbilancio (civilistico) solo limitate variazioni in aumento ovvero in diminuzione di tipoforfetario.L’obiettivo perseguito è quello di veder presto approvato un sistema di base imponibi-le comune consolidata UE che sia coerente con le esigenze di competitività delleimprese bancarie italiane.

IMPOSTA SOSTITUTIVA: ANTICIPATO RIMBORSO DEL FINANZIAMENTO

Si rappresenta la necessità di una norma di interpretazione autentica che confermi chele clausole contrattuali, che stabiliscono il diritto del debitore di rimborsare il debitoin ogni momento, non inficiano il requisito temporale prescritto per l’applicazione delregime dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti bancari di durata superiore ai diciot-to mesi. Ciò per riportare chiarezza nel delicato settore e fugare l’allarme creato tra laclientela a seguito delle iniziative assunte da taluni uffici fiscali, sulla base di un oppo-sto principio affermato in una recente pronuncia della Corte di Cassazione che, oltread innovare interpretazioni da sempre pacificamente sostenute anche da parte delFisco, si pongono, tra l’altro, in contrasto con quanto previsto da apposite norme delTUB.La richiesta è, quindi, quella di un intervento legislativo ad hoc che elimini potenzia-li controversie con il fisco sia per il passato che per il futuro.

IMPOSTA IPOTECARIA: TUTELA DEI DIRITTI PATRIMONIALI DEI PROMISSORI ACQUI-RENTI

In coerenza con le finalità perseguite dal D.Lgs. n. 122/05 – recante la tutela dei dirit-ti patrimoniali dei promissori acquirenti – se ne auspica l’integrazione per prevederel’abolizione, o una congrua riduzione, degli oneri fiscali sulle ipoteche da rilasciare agaranzia delle fideiussioni prescritte dal medesimo decreto.

RIUTILIZZO DELLE INFORMAZIONI ESTRATTE DAGLI ARCHIVI DELL’AGENZIA DELTERRITORIO

Al riguardo è stato più volte segnalato all’Agenzia del Territorio e al precedenteGoverno che la nuova normativa ha determinato un significativo incremento dei costidelle informazioni; le banche, infatti, non acquisiscono direttamente l’informazione

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dall’Agenzia del Territorio (che non la offre nel formato richiesto dalle banche) ma dainformation provider (che sono organizzati in filiera) con la conseguenza di doverpagare il tributo più volte per una stessa informazione. Ne deriva che in molti casi leimprese bancarie hanno dovuto rinunciare all’utilizzo di queste preziose informazio-ni per la valutazione del merito creditizio della clientela.

TASSAZIONE UTILIZZO GAS DA PARTE DELLE IMPRESE

Si intende richiedere al MEF l’applicabilità di accise ridotte previste per gli usi produt-tivi per il settore bancario in quanto, secondo le sue caratteristiche, può essere assi-milato alle forniture industriali che svolgono attività produttive di beni e servizi. Talerichiesta è supportata anche dalla considerazione che gli alberghi, tipicamente facen-ti parte del settore terziario come le banche, vengono considerati imprese industriali.

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SCHEDE

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1. EVASIONE FISCALE

La lotta all’evasione dovrebbe proseguire sulla scia degli interventi normativi tracciatidalla legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Legge finanziaria 2005), che ha introdottonumerose disposizioni in materia di accertamento finalizzate al contrasto dell’evasio-ne in materia di imposte sui redditi ed IVA. Le rilevanti modifiche apportate in mate-ria di indagini bancarie e finanziarie ai fini fiscali hanno richiesto alle banche un forteimpegno sia in termini di costi per l’implementazione delle procedure in essere sia intermini di risorse umane da dedicare all’attivazione del nuovo sistema di interscambioinformativo.È, quindi, auspicabile che il lavoro fin qui svolto dalle banche, che hanno risposto inmodo responsabile e fattivo alla nuova disciplina, non vada vanificato a causa dellaistituzione di nuovi strumenti di rilevazioni di informazioni finanziarie da parte degliuffici dell’Amministrazione finanziaria, ma eventualmente reso più rispondente alleconcrete finalità perseguite (ad esempio, attraverso una previsione generalizzata di unasoglia minima al di sotto la quale non occorre fare alcuna rilevazione).Con la Legge finanziaria 2005 è stata operata una profonda rivisitazione della disci-plina in materia di indagini bancarie e finanziarie, sia sotto il profilo soggettivo (l’ap-plicabilità della nuova procedura è stata estesa agli intermediari finanziari, alle impre-se di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle societàdi gestione del risparmio e alle società fiduciarie), sia sotto il profilo oggettivo (larichiesta delle informazioni è riferita ai dati, notizie e documenti relativi a qualsiasirapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loroclienti), nonché con riguardo ai termini entro i quali fornire le risposte alle richieste diinformazioni da effettuarsi esclusivamente in via telematica (il termine è passato da 60a 30 giorni).In funzione della nuova disciplina in materia di indagini bancarie e finanziarie è stato,altresì, introdotto l’obbligo di identificare la clientela ed acquisirne il codice fiscalenon soltanto, come in precedenza previsto, per i rapporti di conto e deposito bensì perqualsiasi operazione di natura finanziaria effettuata, a prescindere dalla sottostante esi-stenza di un rapporto di conto (c.d. operazioni fuori conto o per cassa).La complessa realizzazione delle procedure telematiche delle richieste e delle rispo-ste in materia di indagini finanziarie che sono state poste in essere dalle banche - che,tra gli intermediari finanziari individuati dalla normativa, sono state invero tra i primisoggetti a comunicare all’Amministrazione finanziaria il proprio indirizzo di postaelettronica (PEC) - congiuntamente all’ambito delle nuove richieste, decisamente piùampio rispetto al passato, in quanto estendibile anche alle operazioni effettuate “fuoriconto”, hanno richiesto notevoli sforzi sia di carattere interpretativo delle nuove dis-posizioni sia a livello di implementazione delle procedure al fine di renderle rispon-denti alle nuove previsioni.È ragionevole, quindi, ritenere che ogni ulteriore sforzo di lotta all’evasione debbaessere rivolto alla risoluzione degli eventuali problemi tecnici tuttora esistenti, al com-pletamento dell’acquisizione delle caselle di PEC da parte degli intermediari finanzia-ri, diversi dalle banche, al miglioramento delle rilevazioni dei dati da effettuare, affin-ché questi ultimi sia concretamente elementi significativi di possibili fenomeni di eva-sione.

2. TASSAZIONE DEI REDDITI DI NATURA FINANZIARIA

1. L’annunciata intenzione del Governo di procedere ad una nuova revisione della tas-sazione delle rendite finanziarie impone al settore bancario lo svolgimento di consi-derazioni e riflessioni circa gli effetti di una manovra in tal senso, con attenzione siaalle esigenze del mercato che a quelle di tipo operativo/organizzativo.La tematica della tassazione dei redditi di natura finanziaria vede, infatti, il settore ban-cario e finanziario come protagonista sotto una triplice veste: 1. emittente: le banche offrono al mercato degli investitori una varietà di prodotti

di propria emissione, dal semplice deposito bancario, ai prodotti di tipo obbli-gazionario o similare, ai titoli di tipo partecipativo. Una tassazione non neutralepuò evidentemente influenzare le scelte degli investitori, con riflessi sulla poten-zialità dell’impresa bancaria di raccogliere risparmio o di finanziarsi mediantecapitale di rischio. Aumenti o diminuzioni del livello complessivo della tassa-zione dei rendimenti delle persone fisiche si riflettono sul livello dei tassi, siaattivi che passivi;

2. intermediario: il ruolo delle banche e degli altri intermediari finanziari ai fini delcollocamento, amministrazione/gestione, negoziazione dei prodotti finanziari pos-seduti dalle diverse categorie di investitori (famiglie, imprese, investitori istituziona-li, soggetti non residenti) comporta un sempre maggiore coinvolgimento in adem-pimenti connessi alla fiscalità dei prodotti stessi. Il grado di affidamento che il legis-latore fiscale ha nei confronti del sistema bancario ai fini dell’assolvimento deglioneri fiscali ha fatto sì che – a differenza di quanto avviene in altri Paesi in cui gliintermediari svolgono mansioni non altrettanto articolate e sofisticate – la grandemaggioranza degli investitori persone fisiche risulti oggi del tutto esonerata dallosvolgimento di qualsiasi incombenza di carattere fiscale;

3. investitore: le interrelazioni che sussistono all’interno del sistema fiscale tra le rego-le proprie dell’imposta societaria e quelle applicabili alle persone fisiche non con-sentono di affermare che eventuali modifiche di per sé destinate a queste ultime nonsiano destinate a riflettersi anche sulla fiscalità dei soggetti IRES. Ciò vale soprattut-to per le scelte relative al trattamento dei dividendi, che devono sempre essere coor-dinate con i regimi applicabili alle diverse categorie di contribuenti.

In relazione a tale complesso scenario, che non sempre viene preso in debita consi-derazione nelle varie occasioni di dibattito, le osservazioni del settore bancario non sipossono, oggi, limitare ad una mera riproposizione delle perplessità, già da tempomanifestate, rispetto ad ipotesi di aumento dell’aliquota del 12,5% prevista per i pro-dotti a maggiore diffusione. Un esame più approfondito delle possibili soluzioni emetodologie di intervento appare, invece, più costruttivo, nell’ottica anche di poterdare un contributo positivo alla ricerca di soluzioni compatibili con le sopra ricordateesigenze di mercato e di carattere operativo/organizzativo. 2. Secondo le intenzioni manifestate già in sede di presentazione del programma diGoverno, la fiscalità finanziaria appare, destinata a formare oggetto di modifiche diret-te alla realizzazione della “uniformità del sistema di tassazione delle rendite finanzia-rie a un livello intermedio tra l’attuale tassazione degli interessi sui depositi bancari equella sulle altre attività finanziarie, con l’esclusione dei redditi di piccoli patrimoni,in coordinamento con l’imposizione societaria e la tassazione di dividendi e plusva-lenze azionarie”.All’interno di tale progetto di riforma possono, dunque, essere enucleate tre tematichedi fondo:

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— la variazione dell’aliquota di tassazione dei redditi di natura finanziaria, da inten-dersi fondamentalmente, come risulta chiaro dal riferimento ad un “livello inter-medio tra l’attuale tassazione degli interessi sui depositi bancari e quella sulle altreattività finanziarie”, quale aumento dell’aliquota del 12,5% oggi prevista per laquota prevalente dei prodotti finanziari posseduti dalle famiglie, esclusi i depositibancari e postali;

— l’introduzione di soglie o franchigie di esonero da tassazione per i redditi di naturafinanziaria, eventualmente da parametrare al patrimonio posseduto;

— il coordinamento con la fiscalità delle società ed il trattamento dei redditi di natu-ra partecipativa.

Nei paragrafi che seguono, tali tematiche vengono distintamente esaminate, unita-mente ad altri aspetti che ad esse si pongono in stretta correlazione e che, secondo lavisione del settore bancario, rivestono un ruolo essenziale per una corretta delimita-zione del territorio in cui si dovrà muovere il legislatore all’atto della scrittura dellenuove norme. Si tratta di un complesso di variabili che dovrebbero essere tenute indebita considerazione.3. Prima di scendere nello specifico, non ci si può comunque esimere dal ribadire chele preoccupazioni del settore per un aumento della tassazione dei redditi di naturafinanziaria attualmente sottoposti all’aliquota del 12,5% non traggono origine da logo-re logiche di difesa corporativa, ma si fondano sul timore di effetti negativi ad ampiospettro sul sistema economico e finanziario, per il generalizzato aumento dei tassi, siaattivi che passivi, che una misura in tal senso appare destinata ad innescare. La ripre-sa dell’economia italiana chiede interventi di sostegno dei finanziamenti alle imprese:una lievitazione dei tassi, unitamente agli effetti di tipo psicologico connessi ad inter-venti reclamizzati come diretti alla penalizzazione degli investimenti finanziari priva-ti, finirebbe per alimentare nel mercato forme di sfiducia del tutto controproducenti.A fronte di tali cautele, vi è, peraltro, la consapevolezza da parte del settore che lavolontà del Governo di procedere ad una “armonizzazione” della tassazione delle ren-dite finanziarie trae origine prima di tutto da considerazioni di principio, nell’assuntoche sia necessario ristabilire un equilibrio tra la tassazione dei redditi di natura finan-ziaria ed altre forme reddituali, quali principalmente quelle di lavoro. Si tratta di unproblema non solo italiano, da tempo in discussione anche a livello comunitario, dovel’emanazione della direttiva sulla tassazione sul risparmio non sembra aver esaurito ildibattito circa le modalità di tassazione dei redditi di che trattasi all’internodell’Unione Europea, vista la tendenza tuttora in atto presso la generalità dei Paesi siaUE che extra UE per una tassazione alleggerita dei fattori “più mobili” (quali i capita-li) rispetto a quelli “meno mobili” (come la forza lavoro). Resta, infatti, forte la preoc-cupazione della Commissione UE per i movimenti transfrontalieri di capitali dettati daopportunità di carattere esclusivamente fiscale.Se, dunque, logiche di carattere superiore impongono una revisione delle aliquote peri redditi di natura finanziaria, criteri di coerenza sistematica dovrebbero indurre illegislatore a verificare preventivamente in che misura un tale intervento sia attuabilesenza condurre ad un deragliamento dei meccanismi impositivi oggi in essere, che sifondano su complessi equilibri tra la tassazione dei diversi strumenti finanziari in fun-zione non solo delle caratteristiche dello strumento stesso ma anche del soggetto inve-stitore. A queste considerazioni si riallaccia la delicata questione dei rapporti che sus-sistono tra tassazione dei redditi da partecipazioni c.d. qualificate e quelli delle parte-cipazione non qualificate, ed in generale alla problematica del trattamento di tali pro-venti in capo alle imprese. 4. Una ulteriore notazione va fatta circa i tempi di realizzazione di un qualsivogliaintervento sulla fiscalità delle rendite finanziarie. È oggi non più possibile prescindere

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dalla considerazione delle dimensioni assunte dagli adempimenti posti in capo agliintermediari e dal numero delle operazioni finanziarie potenzialmente coinvolte.Ciò impone la scelta di tempi lunghi (minimo sei mesi) per il passaggio ad un nuovoregime, si tratti anche solamente della variazione di un punto percentuale di aliquota. Ne deriva l’impossibilità pratica di attuare interventi normativi sulla base di provvedi-menti d’urgenza, i cui effetti sarebbero devastanti sia per gli operatori finanziari sia peri risparmiatori.

Le variabili in gioco per una revisione della tassazione dei redditi dinatura finanziaria

a) Misura dell’aliquotaLe banche hanno da tempo manifestato, in linea generale, perplessità rispetto ad uninnalzamento dell’aliquota base che oggi è applicata sui principali prodotti del rispar-mio (12,5%). Sul piano dell’economia dei mercati e dell’industria bancaria, è vivo,infatti, il timore che una misura in tal senso, determini ripercussioni negative sui tassidelle emissioni obbligazionarie private, bancarie e non. A differenza di quanto si veri-fica per quelle di tipo pubblico, per lo più detenute da investitori societari o da nonresidenti – indenni da prelievo alla fonte – le obbligazioni corporate sono prevalente-mente detenute da operatori c.d. nettisti, soggetti cioè a prelievo definitivo al momen-to della percezione dei relativi interessi (i 3/4 delle obbligazioni bancarie sono dete-nute da famiglie). Risultati sfavorevoli si avrebbero, quindi, sul bilancio delle banche,tenendo conto non solo dei maggiori oneri di raccolta. Un innalzamento dei tassi sirifletterebbe anche, ma anche del conseguente riflesso sull’attività di finanziamentodelle alle imprese.Le considerazioni appena accennate non esauriscono, tuttavia, le controindicazioniche possono essere addotte a fronte di un intervento di aumento della tassazione.Lo stesso programma di Governo enuncia tra i propri obiettivi quello di consentire aicittadini di poter risparmiare “con fiducia”, posto che “lo sviluppo economico richie-de che i risparmiatori nutrano fiducia nei mercati in cui investono i loro risparmi”. Mala fiducia nei mercati non si può esaurire con la fiducia nelle controparti che operanocome emittenti o come intermediari e nei soggetti preposti al loro controllo, madovrebbe coinvolgere anche la controparte “fisco”, con cui i risparmiatori sono tenu-ti, per legge, a spartire una quota dei rendimenti che il mercato finanziario offre loro.Alla stabilità del mercato dovrebbe accompagnarsi una stabilità nella tassazione, tantopiù in un’ottica di ripresa dell’economia e degli investimenti. Maggiori ritenute e imposte sostitutive sui redditi di natura finanziaria rischiano diessere percepite dai risparmiatori non già come una misura di equità fiscale diretta ariequilibrare il trattamento dei “redditieri” rispetto a quello dei percettori di redditi dalavoro, bensì come l’introduzione di una forma di “sanzione” diretta a penalizzarequel risparmio alla cui formazione gli stessi lavoratori hanno contribuito. Si ritiene pertanto che una manovra sulle aliquote di tassazione dei redditi di naturafinanziaria dovrebbe essere evitata, così da dare alle famiglie un segnale di incorag-giamento alla formazione ed accumulazione del risparmio.Laddove, comunque, dovesse essere attuato un intervento legislativo di revisione dellealiquote, è auspicio dell’Associazione che esso sia effettuato nell’ordine di pochi puntipercentuali in modo da limitare gli accennati i rilevati effetti negativi.

b) Prodotti interessatiUna condizione fondamentale è, inoltre, quella di evitare segmentazioni del mercato,

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che ridurrebbero la liquidità dei titoli, con effetti negativi sulla trasparenza dei prezzi.Conseguentemente, la variazione di aliquota:— dovrebbe interessare sia prodotti di nuova emissione che quelli già in circolazione.

Tale affermazione viene fatta pur nella consapevolezza che si tratta di una soluzio-ne che penalizza le scelte di investimento già fatte dalle famiglie, che hanno inve-stito facendo affidamento sui tassi netti da imposta calcolati secondo l’attuale ali-quota del 12,5%. I meccanismi di mercato impongono una scelta in tal senso; sitratta di un elemento che dovrebbe essere tenuto in conto ai fini della determina-zione del livello della nuova aliquota, in modo da contemperare gli obiettivi per-seguiti dal legislatore con l’esigenza di evitare il tradimento delle aspettative deirisparmiatori. In ogni caso, le predette esigenze di rispetto delle aspettative deirisparmiatori inducono a ritenere necessaria la previsione di regole di diritto trans-itorio che consentano di mantenere ferma l’aliquota del 12,5% per i redditi giàmaturati prima dell’entrata in vigore della nuova maggiore aliquota, in modo dalimitare l’impatto della tassazione più elevata ai soli redditi di nuova formazione;

— dovrebbe riferirsi a tutti i prodotti di investimento del risparmio, senza distinguere,tra emissioni di carattere pubblico o privato (tra l’altro, il rispetto delle logichecomunitarie imporrebbe di estendere le stesse misure di favore previste per i titolipubblici italiani anche alle emissioni pubbliche degli altri Stati UE);

— non dovrebbero essere create distinzioni tra titoli a reddito fisso (obbligazioni, ecc.)e quelli a carattere partecipativo (azioni e assimilati). Con riferimento a questoaspetto va evidenziato che una soluzione intesa a riservare un trattamento differen-ziato tra i proventi derivanti da investimenti azionari - siano essi dividendi o capi-tal gains - e quelli derivanti da altre tipologie di investimento risulterebbe oggi nonpiù giustificabile sul piano giuridico, stante il confine ormai esiguo che separa levarie fattispecie di titoli dopo la riforma del diritto societario. Inoltre, tale approc-cio si porrebbe in contraddizione con l’obiettivo, enunciato nel programma diGoverno, di realizzare una fiscalità orientata ad “incoraggiare l’accesso al capitaledi rischio proprio o di terzi ed essere il più possibile neutrale riguardo alla scelta difinanziare l’azienda con capitale proprio o di debito”. A ciò si aggiunga che, sulpiano tecnico, una discriminazione tra i redditi delle partecipazioni e gli altri red-diti di natura finanziaria presenterebbe gravi problemi di compatibilità con il regi-me fiscale oggi previsto per i prodotti del risparmio gestito, fondato sulla unitarietàdel risultato maturato dell’anno, da calcolarsi sulla base del raffronto tra il valoredel patrimonio gestito alla fine ed all’inizio dell’anno di riferimento. Nel caso dic.d. “fondi di fondi” o di gestioni individuali aventi ad oggetto fondi comuni la pos-sibilità per il gestore (del patrimonio individuale o del fondo comune) di provvede-re ad una scomposizione del risultato maturato a seconda dei prodotti che hannocontribuito alla sua formazione non potrebbe in ogni caso spingersi fino ad un’a-nalisi del patrimonio dei singoli fondi immessi in gestione. L’esperienza maturata alriguardo con la direttiva europea sulla tassazione dei risparmio è assai significativae dimostra l’impossibilità pratica di procedere a distinzioni di tal genere se nonsulla base di assunzioni di tipo forfetario;

— dovrebbe operare – in una logica di uniformità – non solo per i prodotti per i qualiopera la misura del 12,5% ma anche per quelli soggetti alla più elevata percentua-le del 27%, quali depositi e conti correnti bancari e postali, i certificati di depositoed i titoli atipici. Per questi ultimi, l’allineamento della tassazione all’aliquota gene-rale si giustifica tanto più in relazione all’avvertita esigenza di eliminare tale cate-goria, che sta assumendo sempre di più i connotati della residualità, a fronte delledifficoltà che sempre di più si pongono ai fini della classificazione delle emissionidopo la riforma del diritto societario, nonché in relazione alle intervenute modifi-che in tema di qualificazione dei titoli partecipativi esteri.

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c) Categorie reddituali interessateAncora, la normativa dovrebbe evitare l’introduzione di elementi che possono altera-re la neutralità nelle scelte di investimento. Di conseguenza, la nuova aliquota dovreb-be essere applicata a tutti i redditi di natura finanziaria, non avendo senso una diffe-renziazione tra redditi appartenenti alla categoria dei redditi di capitale e quelli oggicatalogati come redditi diversi (c.d. capital gains).Le tecniche di ingegneria finanziaria consentono infatti di costruire soluzioni “su misu-ra” per la trasformazione di redditi di capitale in redditi diversi. È, poi, evidente cheuna discriminazione come quella ipotizzata contrasterebbe con i meccanismi di tas-sazione previsti per le varie forme di risparmio gestito, che assumono come base diriferimento un risultato unitario di gestione, composto indistintamente da redditi dicapitale e redditi diversi.

d) Aspetti di diritto transitorioPer una valutazione degli impatti di tipo transitorio, uno degli elementi fondamentaliè, ovviamente, rappresentato dalle dimensioni dell’intervento di modifica. In partico-lare, se da un lato, come detto, le logiche di mercato rendono auspicabile che la varia-zione di aliquota interessi tutti i titoli e tutte le tipologie reddituali, è inevitabile chequesta strada sia quella che presenta il più elevato grado di complessità nel momentodel passaggio dal vecchio al nuovo regime. Il legislatore dovrà pertanto dettare norme puntuali e rigorose – ma al tempo stesso diagevole applicazione – per la regolamentazione del trattamento da riservare sia ai red-diti di capitale in corso di maturazione sia ai redditi c.d. diversi connessi ad investi-menti effettuati dai risparmiatori prima dell’entrata in vigore della nuova normativa.Tra gli aspetti di maggiore delicatezza, si segnalano quelli relativi alla:— previsione di soluzioni compatibili con il funzionamento del meccanismo di appli-

cazione dell’imposta sostitutiva prevista del D.Lgs. n. 239 del 1996 per gli interes-si dei titoli di Stato e dei principali emittenti;

— necessità di dare una soluzione equa alle minusvalenze e perdite già rilevate (per-ché già realizzate o già maturate nell’ambito dei vari regimi previsti dalla normati-va). Il problema della rivalutazione o meno di tali poste negative in relazione all’in-nalzamento dell’aliquota si pone, anche se con sfumature diverse, sia nell’ambitodei regimi che prevedono la tassazione per cassa (regime dichiarativo, regime delrisparmio amministrato) sia nell’ambito di quelli caratterizzati dalla “maturazione”(gestioni individuali e collettive);

— opportunità di consentire ai contribuenti di “liberare” le plusvalenze già maturateprima dell’entrata in vigore della maggiore aliquota, in modo da evitare operazio-ni di cessione determinate solo da opportunità di carattere fiscale. Una disposizio-ne diretta all’affrancamento dovrebbe tuttavia essere di carattere opzionale e nonobbligatorio, al fine di evitare il rischio generalizzato di sottoporre a tassazioneimmediata plusvalenze non realizzate.

Le diverse soluzioni che potranno essere date a tali aspetti si ripercuoteranno ovvia-mente in modo diverso sulle procedure delle banche destinate alla gestione della fisca-lità dei redditi di natura finanziaria, ma in ogni caso è prevedibile che essa potrà assu-mere dimensioni di notevole rilievo.L’esperienza della riforma introdotta dal D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 461 non fu affat-to indolore: il tempo a disposizione dall’emanazione del provvedimento alla data dientrata in vigore (1° luglio 1997) si rivelò del tutto insufficiente, e rese necessaria l’e-manazione di una serie di provvedimenti di sanatoria per consentire alle banche dirivedere e correggere il risultato fiscale di migliaia di operazioni effettuate dalla clien-

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tela, per le quali i sistemi informatici non erano stati in grado di calcolare l’imposta inmodo corretto, sia a favore che a danno del singolo cliente. La previsione di tempi ade-guati per l’aggiornamento dei sistemi informatici consentirebbe alle banche non solodi versare tempestivamente all’erario le somme dovute, ma anche di evitare un poten-ziale effetto di “cartelle pazze” per i clienti, per errori effettuati a loro danno. La neces-sità di elaborare in tempi stretti un numero ingente di operazioni può infatti facilmen-te dare luogo a veri e propri ingolfamenti dei sistemi, le cui memorie sono predispo-ste per la gestione dell’attività corrente, e non delle emergenze.Rispetto al passato, quando le procedure informatiche erano generalmente costruite inproprio dalle stesse banche, la circostanza che ora le procedure siano per lo più affi-date a società esterne introduce un ulteriore elemento di complicazione. Ogni, infat-ti, ogni modifica normativa impone un doppio livello di analisi, stante la necessità diallineare l’interpretazione data alle nuove norme dalla società informatica rispettoall’interpretazione ed alle esigenze specifiche delle banche. La prima potrebbe, infat-ti, non coincidere con quella della banca interessata e richiedere correzioni e perso-nalizzazioni in relazione alle caratteristiche della concreta operatività.Tali considerazioni valgono, quindi, a giudicare improponibile l’adozione dello stru-mento del decreto legge per la realizzazione di una qualsiasi forma di intervento nellamateria della fiscalità finanziaria, che, in ogni caso, presuppone la previsione di uncongruo lasso di tempo tra l’approvazione definitiva della normativa e la sua effettivaentrata in vigore.Anzi, è da ribadire che l’attenzione agli aspetti di tipo procedurale ed organizzativorimane basilare per assicurare il buon funzionamento dei meccanismi impositivi, chedebbono essere applicati secondo la stessa metodologia, con la stessa tempistica e conla stessa efficienza da tutti gli intermediari. Le regole debbono essere di sempliceapplicazione, senza lasciare spazio ad incertezze interpretative che potrebbero esserecausa di divergenze di trattamento di operazioni identiche da parte di diversi interme-diari e senza attribuire agli intermediari la responsabilità di integrare quelle parti dellanormativa che il legislatore abbia in qualche modo “lasciato in bianco”. Senza volercitare esempi tratti dalla normativa nazionale, basta pensare al fatto che gli aspetti dimaggiore criticità della direttiva europea sulla tassazione del risparmio sono proprioquelli per i quali si rende necessaria la costruzione di elenchi o di banche-dati relati-vamente a fattispecie oggettive o soggettive per le quali il legislatore comunitario si èlimitato ad indicare criteri di identificazione di massima. La materia dei mercati finan-ziari è per sua natura più sensibile di altre alla presenza di elementi di incertezza, chedevono e possono essere evitati anche nel campo della fiscalità.

e) Introduzione di soglie di esonero Un elemento di rilievo del programma di Governo riguarda “l’esclusione dei redditidei piccoli patrimoni” dalla prevista riconduzione della tassazione delle rendite finan-ziarie ad un livello intermedio tra quella dei depositi e quella delle altre attività finan-ziarie.Si tratterebbe di una vera e propria novità, finora non presente nel nostro ordinamen-to se non in misura del tutto marginale (una forma di franchigia è infatti prevista per leplusvalenze su valute relative a depositi e conti correnti, che non sono rilevanti al disotto di determinati limiti di giacenza annua).Così non è invece in altri Paesi, dove la possibilità di esonerare da tassazione i reddi-ti che non eccedono soglie predeterminate è frequentemente utilizzata.Il sistema bancario non ha certamente pregiudizi di principio avverso forme di tutelafiscale del risparmio delle fasce più deboli di risparmiatori, ma non possono essere sot-taciute le forti perplessità che questa scelta suscita sul piano applicativo.

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In particolare, va rilevato che la realizzazione di un meccanismo di franchigia nonsembra poter prescindere dalla perdita dell’anonimato per i redditi di natura finanzia-ria, che dovrebbero essere esposti nella dichiarazione del contribuente in modo daconsentire al fisco la verifica dell’entità dei redditi stessi per i quali viene richiesto losgravio impositivo, vuoi sotto forma di restituzione delle ritenute applicate in ecce-denza dagli intermediari finanziari vuoi con altre metodologie.Il timore è, conseguentemente, quello di assistere ad una proliferazione di adempi-menti da parte delle banche e degli altri intermediari finanziari (Poste, ecc.) connessialla necessità, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di acquisire elementi infor-mativi utili a verificare la sussistenza dei requisiti per la spettanza della franchigia, insede di verifica delle dichiarazioni presentate dai contribuenti interessati.Più precisamente, desta preoccupazione la possibilità che a tal fine vengano istituitinuovi obblighi di segnalazione nominativa che risulterebbero assai onerosi in relazio-ne al gran numero di soggetti e di operazioni potenzialmente coinvolti. Oltretutto,questi oneri finirebbero per ribaltarsi sulla stessa Amministrazione finanziaria, chedovrebbe gestire i controlli su milioni di posizioni. La complessità sarebbe poi ancoramaggiore nel caso in cui le soglie da introdurre fossero parametrate non già all’entitàdei redditi, bensì all’entità dei patrimoni da cui gli stessi redditi provengono. In talcaso, infatti, si porrebbero problemi di ardua soluzione per la valutazione dei patri-moni stessi.In una prospettiva più ampia, si possono, poi, aggiungere delle considerazioni di carat-tere generale circa le conseguenze che modifiche dirette a rendere palesiall’Amministrazione finanziaria gli investimenti finanziari dei risparmiatori italianipotrebbero avere per il nostro Paese, nel quale la tradizione dell’anonimato del rispar-mio è consolidata da tempi ormai remoti. Ferma rimanendo la possibilità per il fiscodi acquisire i dati necessari per l’effettuazione di accertamenti mirati a ricostruire lacomplessiva posizione reddituale di un determinato contribuente (nel qual caso scat-tano le previste procedure di acquisizione di informazioni, oggi rafforzate dalle modi-fiche introdotte dalla legge finanziaria per il 2005), il sistema della tassazione dei red-diti di natura finanziaria ha tra le proprie caratteristiche di fondo quella di limitare almassimo la trasmissione in via automatica di dati nominativi dalle bancheall’Amministrazione finanziaria, specie con riferimento al comparto dei depositi ban-cari/postali e delle obbligazioni, pubbliche o private.Si tratta di una scelta a favore della quale si schierò lo stesso relatore alla legge dele-ga per la riforma tributaria del 1973 - che pose le basi dell’odierno sistema fiscale - ilquale ebbe modo di affermare che, prima di poter sottoporre a revisione una decisio-ne in tal senso, sarebbe stato necessario “soprattutto che il contribuente abbia acqui-stato rispetto e fiducia verso lo Stato impositore”, dopo un periodo di “sana ammini-strazione, di certezza e stabilità delle leggi tributarie e di stabilità delle aliquote” (prof.Bruno Visentini - 28 febbraio 1967). Si tratta di affermazioni che appaiono ancora oggivalide e che dovrebbero indurre ad attente riflessioni prima di introdurre elementi dinominatività del risparmio, soprattutto se collegati ad aumenti di aliquote.

f) Individuazione del momento impositivo: tassazione per cassa o per maturazioneIl programma di Governo non prende posizione circa possibili interventi aventi adoggetto le scelte di fondo metodologiche che oggi presiedono alla tassazione dei red-diti di natura finanziaria. Oggi, a fronte della conferma in linea generale del principiodi cassa per la generalità dei proventi degli strumenti finanziari, l’ordinamento preve-de la possibilità per il contribuente di prescegliere forme di investimento caratterizza-te dall’applicazione del criterio della maturazione, facendo ricorso ai modelli delrisparmio gestito, sia di tipo collettivo che individuale. Sembra, pertanto, destinato arimanere inalterato il sistema della tassazione per maturazione, che nel corso della

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precedente legislatura ha dato adito ad un vasto dibattito, discutendosi delle distorsio-ni generate, per i fondi comuni, da tale scelta impositiva. Le criticità rilevate appaionodestinate ad assumere peso ancora maggiore a seguito di una maggiorazione di ali-quota: in periodi di risultati negativi aumenterà proporzionalmente il valore delle posteinfruttifere da contabilizzare in patrimonio a titolo di risparmio d’imposta; in periodidi risultati positivi il pagamento annuale di una maggiore imposta comprimerà ulte-riormente il patrimonio a disposizione per l’investimento, a detrimento della perfor-mance. Nel confronto internazionale, si rileva che il caso italiano non trova corrispondenzanei criteri seguiti dagli altri paesi, dove prevalgono criteri di trasparenza del fondo (chenon assume soggettività agli effetti fiscali) con tassazione per cassa dei rendimenti per-cepiti dall’investitore partecipante al fondo. Per questi aspetti, quindi, la tassazione permaturazione dei rendimenti del fondo rappresenta un elemento di discriminazione,che penalizza i fondi comuni italiani rispetto ai concorrenti esteri. Ciò si riflette nega-tivamente non solo con riferimento alle scelte dei contribuenti italiani, che tendono aspostare i propri investimenti su fondi di diritto estero per i quali si applica la ritenuta“d’ingresso” al momento dell’incasso, in Italia, dei relativi proventi, ma anche conriguardo alle scelte degli investitori esteri, che non manifestano interesse per il merca-to dei fondi italiani, pur essendo molto attivi sugli altri prodotti finanziari nazionali.Già in occasione della emanazione della legge di delega n. 80 del 2003 – rimasta perquesti aspetti inattuata – il sistema bancario italiano già aveva manifestato interesse peruna riconsiderazione dei principi della tassazione per maturazione, condividendo lanecessità di eliminare gli effetti distorsivi che questo meccanismo determina per ilcomparto dei fondi comuni. Un intervento di revisione della tassazione per maturazione dei prodotti del risparmiogestito non dovrebbe comunque far venir meno il riconoscimento da parte del legis-latore fiscale del carattere di unitarietà riconoscibile allo strumento delle gestioni, siaindividuali che collettive, così da continuare ad assoggettare a tassazione una baseimponibile aggregata, composta dalla generalità dei redditi di natura finanziaria con-fluiti nella massa gestita nel corso del periodo d’imposta.La questione si pone in termini di particolare delicatezza con riferimento alle gestionidi patrimoni individuali, per le quali si auspica che rimanga in ogni caso confermatal’applicazione dell’imposta su base annuale con compensazione di tutte le compo-nenti reddituali, anche nel caso in cui nel patrimonio gestito siano ricomprese quotedi fondi, e senza distinzione tra redditi appartenenti alla categoria dei redditi diversirispetto a quelli di capitale.

g) Una questione aperta: i rapporti tra le diverse scelte di tassazione degli utili dapartecipazione delle persone fisiche

L’esame fin qui compiuto sugli effetti di una diversa tassazione dei redditi di naturafinanziaria non ha, tuttavia, preso in considerazione i delicati rapporti che sussistonotra le diverse modalità di tassazione degli utili da partecipazione (dividendi) di perti-nenza delle persone fisiche. La fiscalità dei dividendi si pone, infatti, quale parametrodi riferimento per la tassazione di ogni altro provento di natura finanziaria. Ciò è tantopiù vero dopo che – con la riforma del diritto societario – si sono venuti a sfumare iconfini tra i diversi strumenti finanziari. Uno dei punti nodali della fiscalità finanziaria è infatti rappresentato dal problema deltrattamento degli utili societari e, in particolare, dalle modalità adottate per evitare ladoppia imposizione economica degli stessi, come dimostra anche l’attenzione dimo-strata sulla materia dalla stessa Commissione europea (Comunicazione (2003) 810 del19 dicembre 2003 “Tassazione dei dividendi delle persone fisiche nel mercato inter-no”).

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Parallelamente, le analisi compiute dall’OCSE dimostrano la tendenza da parte dellageneralità dei paesi non solo a estendere sempre di più il livello della eliminazionedella doppia imposizione societaria degli utili, ma anche ad una diminuzione, neltempo, del peso complessivo della tassazione sugli utili, mediante una combinazionedi interventi sia sull’aliquota societaria sia sulle modalità di tassazione degli stessi incapo al socio.Il confronto con gli ordinamenti stranieri offre esempi significativi di questa tendenza:i paesi scandinavi hanno avviato da tempo una politica di tassazione separata dei red-diti da partecipazione societaria (ed, in genere, dei redditi di capitale), secondo ilmodello della dual income tax, prevedendo aliquote più elevate sui redditi da lavororispetto a quelle applicabili ai redditi di capitale. Negli anni più recenti, anche gli StatiUniti, che tra i paesi OCSE si collocavano alle posizioni più elevate per il livello di tas-sazione complessiva sui dividendi, hanno adottato una radicale politica di contrastoalla doppia tassazione economica, con una sensibile riduzione del peso combinatodella tassazione societaria e di quella personale. Gli interventi seguiti all’emanazionedel “Jobs and Growth Tax Relief Reconciliation Act” del 2003 hanno ridotto l’aliquotacomplessiva di tassazione dal livello del 58% circa del 2002 a quella del 51% circaper il 2005 (cfr. dati OCSE). Ancorché tale valore risulti tuttora elevato nel confrontointernazionale, nondimeno il Dipartimento del Tesoro USA ha potuto affermare, conla recente pubblicazione del rapporto “Investing in America’s future” (marzo 2006) chela nuova politica ha determinato risultati positivi sia in termini di maggiori dividendidistribuiti dalle società, sia di apprezzamento sul mercato del valore dei titoli, comepure di crescita economica e degli investimenti, oltre che un beneficio per i contri-buenti in ragione delle minori imposte dovute. Per quanto riguarda il nostro Paese, la riforma del 2004 si è caratterizzata per un ele-vato grado di rimozione della doppia imposizione sugli utili societari delle personegiuridiche, a seguito dell’adozione dei principi PEX (anche se non priva di criticità,specie per quanto riguarda il meccanismo di esenzione delle plusvalenze su parteci-pazioni), ma con scelte di non immediata percezione relativamente alle persone fisi-che. Dopo l’abbandono del sistema del credito d’imposta il legislatore ha di fattoapprossimato – sia pur senza raggiungere un perfetto allineamento non perfettamente– la tassazione degli utili a quella applicabile ai redditi più elevati. Infatti, per le per-sone fisiche che possiedono partecipazioni non qualificate l’aliquota combinata del41,375% (IRES + imposta sostitutiva del 12,5%) risulta inferiore solo all’aliquota del43% applicabile ai possessori di redditi superiori ai 100.000 euro annui (39% + 4%).Parimenti, sono assoggettate ad aliquote tendenzialmente vicine a quella più elevatagli utili di partecipazioni qualificate, per i quali si registrano aliquote combinate varia-bili dal 39 al 44%, cui si aggiungono le addizionali regionali e comunali (gli utili supartecipazioni qualificate sono imponibili per il 40% del loro ammontare). Di fatto, ladifferenza tra la tassazione degli utili qualificati rispetto a quelli non qualificati si tra-duce oggi in una variazione massima di pochi punti percentuali in più o in meno, aseconda degli scaglioni di reddito, con una penalizzazione per i possessori di parteci-pazioni qualificate ad alto reddito dell’ordine di 4 punti percentuali (tenendo contoanche delle addizionali). Sul piano della doppia tassazione, il fenomeno risulta, per-tanto, in larga misura sterilizzato solo per gli scaglioni più elevati, e non per i contri-buenti a minore reddito (per lo scaglione più basso il divario è tra i 16 e i 18 punti aseconda che si tratti di partecipazioni qualificate o non). In tale contesto, un’ipotesi di maggiorazione dell’aliquota della ritenuta alla fonteche non sia accompagnata da adeguate riflessioni circa le sorti degli utili che con-corrono alla base imponibile IRPEF rischia di provocare ulteriori squilibri ancherispetto alla attuale situazione, in contrasto con la scelta di fondo del legislatore, chesembrerebbe quella di non creare un forte divario tra la tassazione delle due tipolo-

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gie di partecipazioni, salvo la penalizzazione riservata agli utili “qualificati” dei sog-getti più facoltosi.Ipotizzando un innalzamento di aliquota della ritenuta dal 12,5% al 23% – livello delprimo scaglione di reddito – il peso combinato dell’imposta societaria e del prelievo atitolo d’imposta passerebbe al 48,41%, circa 3 punti in più rispetto all’odierna impo-sizione delle partecipazioni qualificate possedute da contribuenti a maggior reddito.Queste ultime assumerebbero quindi connotazioni di privilegio. Per ristabilire l’equi-librio occorrerebbe prevedere in tale ipotesi una tassazione intorno al 52% (ad esem-pio, attraverso una revisione della percentuale di imponibilità del 40%). Ciò determi-nerebbe una accentuazione del fenomeno della doppia imposizione economica erisulterebbe in piena controtendenza rispetto alle evoluzioni in atto presso altri ordi-namenti. Un tale intervento porrebbe, infatti, l’Italia tra i pochi Paesi che oggi preve-dono una tassazione combinata superiore al 50%.Per ovviare a tali effetti, nell’assunto che la scelta di escludere dall’incremento i divi-dendi non è priva di controindicazioni e come tale non sembra nemmeno quella piùindicata a risolvere il problema della doppia tassazione dei dividendi, un aumento del-l’aliquota della ritenuta potrebbe essere controbilanciato da correttivi quali:— una riduzione dell’aliquota IRES di tassazione societaria;— ovvero, il ripristino della possibilità per i possessori di partecipazioni non qualifi-

cate di chiedere la tassazione degli utili in dichiarazione, con attribuzione, in luogodel “vecchio” credito d’imposta, di un adeguato abbattimento del reddito imponi-bile, tale da consentire un contenimento della tassazione complessiva gravante sutali redditi.

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3. IMPOSTA REGIONALESULLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE (IRAP)

L’industria finanziaria rivolge una particolare attenzione all’IRAP.Come noto, a livello europeo è pendente la causa di incompatibilità di detta impostacon il diritto comunitario; ed in proposito, non sono ipotizzabili gli effetti che potreb-bero prodursi a seguito di un’eventuale pronuncia definitiva di incompatibilità. Sul fronte nazionale, invece, nel corso della scorsa legislatura era - come noto - stataformalmente avviata una revisione dell’imposta, orientata, in modo particolare, allariduzione del relativo carico impositivo sul costo del lavoro. Tale riduzione risultava,peraltro, fronteggiata con misure di inasprimento per sole banche e assicurazioni. A fronte di tale orientamento il settore creditizio e finanziario aveva rilevato, ancorauna volta, di essere tra coloro cui si chiede di farsi carico di sostenere lo sviluppo ditutte le imprese e di fornire supporto a quelle in difficoltà. A tale riguardo, quindi l’auspicio è quello che a fronte della indiscussa necessità dioperare una revisione del carico impositivo del lavoro, anche ai fini IRAP, il settorebancario e finanziario non sia oggetto di nuove penalizzazioni. In tema di IRAP, infatti, va, in particolare, osservato come nei confronti del settoresiano già in atto discriminazioni sia in termini di base imponibile che in termini di ali-quota applicabile, la cui rimozione risulta necessaria al fine di restituire la lesa com-petitività alle imprese bancarie.Ci si riferisce in particolare alle seguenti questioni:1) Eliminazione delle misure di inasprimento della base imponibile IRAP delle ban-

che in materia di rettifiche e di riprese di valore su crediti Come noto, l’IRAP colpisce un aggregato di reddito diverso dall’utile lordo di eserci-zio e quindi è stato necessario costruire delle opportune base imponibili per i settoridotati di peculiarità gestionali. Ampi e diffusi sono stati il dibattito e i lavori prepara-tori sulle componenti reddituali che devono o meno entrare nel computo della baseimponibile. Questione centrale del dibattito era – e per la verità è tuttora – il trattamento fiscale dariservare alle perdite su crediti e agli atti estimativo-contabili (svalutazioni e accanto-namenti) che precedono la loro eventuale rilevazione. Il legislatore inizialmente haconsiderato:— per le imprese industriali e commerciali, perdite, svalutazioni e accantonamenti su

crediti come fenomeni successivi alla produzione ed in quanto tali non attraibili nelcomputo del valore della produzione netta;

— per le banche e altri enti finanziari, le poste afferenti la gestione crediti come vocidell’imponibile IRAP salvo, inspiegabilmente, escludere tale possibilità per gliaccantonamenti.

Mentre l’orientamento relativo alle imprese industriali è stato pienamente confermatonel successivo D.Lgs n.176 del 10/06/1999, con il D.Lgs n.506 del 30/12/1999 si èproceduto ad emendare la posizione discriminante per gli accantonamenti a fondirischi su crediti riconoscendone la deducibilità. Il legislatore, tornato sull’argomento con il decreto legge 12 luglio 2004, n. 168, recan-te interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica, ha disconosciuto – condecorrenza 2005 – la validità delle tesi addotte a favore dell’inclusione nella base

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IMPOSTA REGIONALE SULLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE (IRAP)

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imponibile IRAP delle componenti reddituali relative alla gestione crediti delle ban-che, reintroducendo, di fatto, una discriminazione. Sulla base delle suddette considerazioni si sottolinea, quindi, l’esigenza che la dispo-sizione in commento sia oggetto di revisione; diversamente – come sopra accennato –si dovrà constatare il permanere di un ingiustificato aggravio per le banche in materiadi IRAP. 2) Eliminazione della facoltà riconosciuta alle regioni di variare e differenziare l’ali-

quota IRAP per settori di attività e per categorie di soggetti passiviL’articolo 16, comma 3, del D.Lgs. 15 dicembre 446 (normativa istitutiva dell’IRAP)conferisce alle regioni il potere di variare l’aliquota IRAP fino al massimo di un puntopercentuale.La stessa disposizione prevede, inoltre, al secondo capoverso, che le regioni possonoapplicare tale variazione in misura differenziata per settori di attività e/o per categoriedi soggetti passivi.La norma è stata interpretata fino ad ora dalle regioni nel senso di concedere riduzio-ni d’imposta ad alcuni settori di attività o categorie di soggetti passivi, facendone rica-dere i costi a carico di altri settori di attività o categorie di soggetti passivi, di fatto quasisempre le imprese bancarie. Appare evidente che una interpretazione di tal genere dis-crimina le imprese nei cui confronti viene disposta un’aliquota più elevata sia nei con-fronti delle altre imprese nazionali che nei confronti di quelle di altri Stati. Va ricordato che la legge delega originaria non conteneva l’attribuzione alle regionidel potere di introdurre variazioni dell’aliquota ordinaria. La modifica di detta leggedelega fu apportata a posteriori al fine di sanare un vizio di eccesso di delega insitonella diversa formulazione adottata nell’ultimo comma dell’articolo 16 del decretolegislativo di attuazione.Appare necessario, dunque, un intervento volto a modificare espressamente la dispo-sizione in senso inverso a quello attuale, vale a dire prevedendo che la variazione nonpuò essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.In tal modo, resterebbe ferma la possibilità delle regioni di intervenire sull’aliquotadell’IRAP fissata dallo Stato, ma l’intervento sarebbe identico per tutti i contribuenti.Infatti, le Regioni che riterranno sufficienti le risorse a loro disposizione o che vorran-no favorire le attività produttive, potranno ridurre l’aliquota dell’IRAP e, se lo ritengo-no opportuno, potranno apportare una modifica in senso opposto all’addizionale dellepersone fisiche. Se, invece, riterranno opportuno incrementare l’aliquota IRAP, neavranno ancora la facoltà, ma dovranno farlo per tutte le attività produttive. Quindi, l’intervento auspicato resta nella logica del federalismo fiscale, ma eliminaalla radice la possibilità di mantenere l’attuale situazione, nella quale, come già pre-cisato, sono attuate discriminazioni tra contribuenti e distorsioni nella concorrenza traimprese.

4. PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI IAS/IFRS:INTERVENTI DI NATURA CIVILISTICA E TRIBUTARIA

I principi contabili internazionali IAS/IFRS, recepiti nell’ordinamento comunitario conil Regolamento (CE) n. 1606/2002, sono costituiti da un insieme di criteri contabili, dimatrice anglosassone, che sono stati perfezionati da un organismo di diritto privato(International Accounting Standards Board – IASB) al fine di promuovere l’armonizza-zione internazionale delle regole per la redazione dei bilanci delle società.In particolare, l’applicazione degli IAS/IFRS garantisce la certezza di regole concorda-te ed accettate a livello internazionale che non sono più distinte in base alla naturadell’impresa (industriale, bancaria, assicurativa), ma sono identiche per tutti i soggettitenuti alla loro applicazione. L’obiettivo è quello di una piena comparabilità dei bilan-ci delle imprese europee, nell’ottica di una effettiva promozione dei processi di inter-nazionalizzazione.In ottemperanza agli obblighi comunitari, il Governo ha emanato il D.Lgs. n. 38 del28 febbraio 2005, recante “Esercizio delle opzioni previste dall’art. 5 del regolamen-to (CE) n. 1606/2002 in materia di principi contabili internazionali”, sulla base dellaapposita delega di cui all’art. 25 della Legge 31 ottobre 2003, n. 306 (leggeComunitaria 2003).Il D.Lgs. n. 38 stabilisce le regole e definisce l’ambito di applicazione dei principi con-tabili internazionali IAS/IFRS nell’ordinamento interno, attraverso il coordinamento trale nuove regole e la normativa vigente in tema di bilancio e la modifica della norma-tiva fiscale in materia di reddito d’impresa, al fine di armonizzarla con le innovazioniderivanti dall’applicazione dei principi contabili internazionali.Nell’esercizio delle opzioni previste dal citato regolamento comunitario, coerente-mente con gli orientamenti manifestati dalla Commissione europea per una prospet-tica e generalizzata applicazione delle nuove regole a tutte le imprese, emerge conchiarezza la volontà del Legislatore nazionale di favorire la massima diffusione degliIAS/IFRS tra le imprese italiane, con la conseguenza che i citati principi trovano appli-cazione, in via facoltativa a partire dall’esercizio 2005 e obbligatoriamente a partiredall’esercizio 2006, anche nella redazione dei bilanci individuali di una molteplicitàdi soggetti, quali le società quotate, le banche e gli intermediari finanziari vigilati dallaBanca d’Italia.Tale impostazione si pone in linea con la volontà che emerge dai lavori condotti insede europea, secondo cui il progetto della Commissione europea pone le basi per unaquanto più possibile estesa applicazione degli IAS/IFRS in ambito europeo, in vista diuna loro prospettica applicazione generalizzata a tutte le imprese. La circostanza chepossano coesistere imprese che seguono i principi contabili nazionali con imprese cheadottano quelli internazionali rientra, pertanto, in una logica di tipo transitorio, come,del resto, si evince dalla ratio che ha condotto alla emanazione della direttiva sulla“modernizzazione” (Direttiva 2003/51/CE), con la quale il legislatore comunitario havoluto ricondurre agli sviluppi della normativa contabile internazionale anche le diret-tive preesistenti che, al momento, continuano a regolare i bilanci delle società nonancora coinvolte dall’evoluzione in atto.Venendo alle disposizioni in materia di reddito d’impresa, il D.Lgs. n. 38 ha assunto,nei fatti, la natura di un provvedimento d’urgenza. Il Legislatore del D.lgs. n. 38, infat-ti, vista la complessità delle problematiche poste dai nuovi principi e la necessità diconsentire l’applicazione delle disposizioni IRES alle imprese che redigono in baseagli IAS i bilanci individuali già dall’esercizio 2005, è intervenuto con la previsione

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delle specifiche modifiche legislative strettamente indispensabili a tal fine. Nel predi-sporre i necessari adattamenti, il Legislatore del D.Lgs. n. 38 si è ispirato ad alcuniprincipi di portata generale, quali il principio di derivazione del reddito imponibiledalle risultanze del bilancio e il principio di neutralità dell’imposizione tra soggetti IASe soggetti non IAS, che rappresentano un importante punto di riferimento sia nell’atti-vità di interpretazione da parte dell’Agenzia delle Entrate sia nella previsione degliulteriori interventi normativi che si dovessero rendere necessari. D’altra parte, va tenuto presente che le problematiche fiscali IAS non riguardano soloi soggetti che applicano, in via facoltativa o obbligatoria, i nuovi principi in base alledisposizioni del D.Lgs. n. 38. Infatti, il processo di recepimento degli IAS/IFRS nelnostro ordinamento non può dirsi ancora completo, rimanendo in attesa di trasposi-zione la Direttiva 2003/51/CE del 18 giugno 2005 (cosiddetta modernizzazione delledirettive contabili). In particolare, la citata direttiva prevede le opportune modifichealle vigenti direttive in materia contabile, al fine di garantire il necessario coordina-mento in vista dell’adozione dei principi contabili internazionali ed assicurare condi-zioni di parità tra le imprese obbligate ad adottare le nuove regole contabili e le impre-se che, invece, continueranno ad avere come riferimento principale le sopra richia-mate direttive.Alla luce del quadro sopra delineato, emerge l’utilità di porre in essere gli atti neces-sari per rendere il vigente assetto normativo compatibile con gli IAS/IFRS, sia a livellocivilistico che tributario. Ci si riferisce, in particolare, alle seguenti questioni:1) Recepimento della Direttiva 2003/51/CE (“modernizzazione”)La trasposizione della citata direttiva nell’ordinamento interno, sia nei contenuti obbli-gatori della sia nelle parti facoltative, rappresenta un atto necessario per consentire gliadattamenti del vigente codice civile necessari a permetterne il ravvicinamento aiprincipi posti a base degli IAS/IFRS. Si auspica un intervento in tempi brevi, anche alla luce del fatto che il mancato rece-pimento della stessa nei termini previsti ha dato origine all’avvio di una procedura diinfrazione da parte delle Autorità comunitarie, con deferimento dell’Italia alla Corte diGiustizia. 2) Emanazione della circolare interpretativa da parte dell’Agenzia delle Entrate in

tema di IAS/IFRS.La previsione, da parte del D.Lgs. n. 38, di specifiche modifiche legislative strettamenteindispensabili a consentire l’applicazione della normativa IRES alle imprese che adot-tano gli IAS rende auspicabile che si diano disposizioni affinché l’Agenzia delle Entrateemani in tempi brevi la circolare interpretativa in materia IAS, tenendo in debita con-siderazione il fatto che il periodo di imposta 2005 è stato già chiuso.A tale riguardo, non si può che auspicare l’affermazione, anche da partedell’Amministrazione finanziaria, di principi ispirati ad una visione prospettica dell’e-voluzione normativa e che, in aderenza al risultato del conto economico, riconosca-no nei principi IAS la “chiave” privilegiata per la soluzione degli aspetti problematici,anche quando ciò sembri comportare lo scavalcamento di regole ormai radicate nellanormativa tradizionale. Diversamente, il rischio è quello di legarsi ad una impostazio-ne destinata inevitabilmente ad esser accantonata per effetto della progressiva affer-mazione degli IAS.3) Ulteriori interventi legislativi in materia di reddito di impresa al fine di completa-

re il processo di armonizzazione con i principi contabili internazionali.Le lacune legislative tuttora esistenti in materia di reddito d’impresa rendono auspica-bili ulteriori interventi legislativi, con particolare riferimento alla problematiche non

PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI IAS/IFRS

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risolte in via interpretativa dall’Agenzia delle Entrate e tenendo conto delle modifichedel codice civile conseguenti al recepimento della direttiva “Modernizzazione”. L’attodi recepimento potrebbe rappresentare il veicolo normativo per la realizzazione deisuddetti interventi.

PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI IAS/IFRS

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5. IRES

a) Azioni estere

L’art. 2 del D.Lgs. 18 novembre 2005, n. 247 (c.d. Decreto correttivo IRES ), ha modi-ficato la nozione di azione estera e similare di cui all’art. 44, comma 2, del TUIR, alfine di equiparare il trattamento degli strumenti finanziari emessi da soggetti non resi-denti a quello degli strumenti con le medesime caratteristiche emessi da soggetti resi-denti nel territorio dello Stato. L’articolo 44, comma 2, lettera b), del TUIR, nel testo previgente - integralmente rifor-mulato dal D.Lgs. n. 344 del 2003, considerava similari alle azioni le partecipazioni alcapitale delle società non residenti nel caso in cui la relativa remunerazione, se corri-sposta da una società residente, sarebbe stata totalmente indeducibile nella determi-nazione del reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 109, comma 9, del TUIR. Ciò implicava, pertanto, come precisato dall’Agenzia delle entrate, che non potevanoconsiderarsi azioni quelle partecipazioni al capitale o al patrimonio di società ed entinon residenti la cui remunerazione non fosse totalmente collegata ai risultati econo-mici della società partecipata, ma soltanto a parametri di natura finanziaria. Inoltre,occorre tenere presente che tale disposizione si riferiva anche alle caratteristiche deglistrumenti finanziari emessi da società o enti non residenti ai fini della loro assimila-zione alle azioni. Il nuovo art. 44, comma 2, del TUIR prevede ora che :— i titoli e gli strumenti finanziari (diversi dalle partecipazioni al capitale o al patri-

monio) si considerano similari alle azioni se la remunerazione è totalmente costi-tuita dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altresocietà appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale i titolisono stati emessi e se detta remunerazione è indeducibile totalmente nella deter-minazione del reddito nello Stato estero di residenza dell’emittente;

— le partecipazioni al capitale e o al patrimonio (tipicamente i c.d. titoli di equity) siconsiderano similari alle azioni a condizione che la relativa remunerazione siaindeducibile totalmente nella determinazione del reddito nello Stato estero di resi-denza dell’emittente.

In altri termini:— per i titoli azionari emessi da soggetti non residenti, vale a dire per le partecipazio-

ni al capitale e al patrimonio, è necessario, per godere del medesimo trattamentoprevisto per i titoli della medesima specie emessi da soggetti residenti, che nelloStato estero di residenza del soggetto emittente, sia prevista la totale indeducibilitàdella remunerazione medesima dal reddito imponibile;

— per i titoli e strumenti finanziari diversi da quelli partecipativi – emessi sia da sog-getti residenti che non – è disposta l’assimilazione ai titoli azionari laddove la rela-tiva remunerazione sia costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati econo-mici della società emittente ovvero di società del medesimo gruppo e, nel caso dititoli e strumenti finanziari emessi da soggetti non residenti, con l’ulteriore condi-zione che nello Stato estero di residenza del soggetto emittente sia prevista la tota-le indeducibilità della remunerazione medesima dal reddito imponibile.

In questo modo, il legislatore ha inteso eliminare una possibile discriminazione adanno degli strumenti esteri censurabile in ambito comunitario. È il caso, in particola-re, degli strumenti di debito che, nell’ipotesi in cui la relativa remunerazione fossestata indeducibile nel Paese di residenza dell’emittente, non avrebbero potuto “gode-

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re” del regime previsto dal nostro ordinamento per i dividendi e le plusvalenze azio-narie. Rispetto alla condizione di indeducibilità, vi è, poi, da sottolineare che – rispetto allanorma originaria dello schema di decreto, secondo cui si avrebbe dovuto avere riguar-do al regime a cui la remunerazione sarebbe stata soggetta ove fosse corrisposta dauna società o ente residente – la norma approvata fa riferimento al trattamento effetti-vamente previsto per la remunerazione stessa ai fini della determinazione del redditod’impresa nello Stato estero.Invero, questa disposizione si presta ad una critica di fondo, sia sul piano sostanzialeche su quello applicativo, considerato che, basandosi su criteri di distinzione tra debte equity propri di giurisdizioni estere, essa ripropone nel nostro sistema possibili incer-tezze e comportamenti difformi eventualmente presenti nello stesso Paese estero; conla conseguenza che tali incertezze si possono riflettere integralmente anche ai finifiscali italiani, stante una obiettiva difficoltà di accertare il regime fiscale applicato allaremunerazione nello Stato di residenza dell’emittente. Per altro verso, tale approcciocostringe gli intermediari finanziari a complesse indagini all’estero, non essendo suffi-ciente verificare il comportamento concretamente adottato dall’emittente (cosa già diper sè non agevole), in quanto sarebbe necessario anche sindacare in merito alla con-formità di tale comportamento alla legislazione ed alla prassi del Paese estero.A tal fine, l’Associazione aveva richiesto in sede di audizione sul c.d. Decreto IRES allecompetenti commissioni parlamentari di mantenere la norma nella versione approva-ta dal D.Lgs. n. 344 del 2003.A seguito poi dell’approvazione della norma nella nuova versione, l’Associazione ha,più volte, richiesto, a livello interpretativo, chiarimenti volti a semplificare gli adempi-menti degli intermediari nella verifica della sussistenza del requisito richiesto dallanorma. Purtroppo i chiarimenti nel frattempo intervenuti non consentono di semplificare gliadempimenti, anzi, rischiano di rendere la norma inapplicabile con la conseguenzache laddove l’assimilazione alle azioni non operi ancorché per la mera mancanzadella richiesta documentazione, le partecipazioni, i titoli e gli strumenti esteri devonoessere trattati come titoli atipici1, con il conseguente obbligo in capo al percettore diindicarli nella dichiarazione dei redditi; salvo, infatti, casi particolari, non è previstaper i proventi relativi a detti titoli l’applicazione di alcuna ritenuta alla fonte. Infine, va osservato che la disposizione in esame appare suscettibile di determinaredelle implicazioni non solo con riferimento al trattamento fiscale delle remunerazionidei titoli e strumenti di che trattasi. In proposito, va, infatti, osservato che la qualifica-zione dei titoli secondo i criteri di cui al riformulato art. 44, comma 2 del TUIR,dovrebbe avere delle ripercussioni anche ai fini della tassazione delle plusvalenzeconseguite dalla cessione di detti titoli. In altri termini, stante la portata generale della previsione di cui all’art. 44, comma 2,lett. a), del TUIR sembra plausibile che la stessa esplichi effetti non solo con riguardo

IRES

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1 Ne deriva, quindi, che gli intermediari che intervengono nella riscossione dei proventi relativi a titoliazionari esteri ovvero titoli similari potranno applicare il previsto trattamento degli utili societari solo nelcaso in cui – all’atto della riscossione – siano in possesso della suddetta dichiarazione ovvero sulla basedi altri elementi certi e precisi vale a dire, sulla base di quanto chiarito dall’Agenzia delle entrate, in basea una semplice attestazione della società emittente senza la necessità che essa sia asseverata dall’auto-rità fiscale estera, alle dichiarazioni dei redditi o altra documentazione fiscale del soggetto estero, non-ché ad un’attestazione dell’indeducibilità fornita dall’autorità fiscale estera o da istituzioni riconosciutedalle autorità pubbliche (ad esempio, mercati istituiti, organizzati e disciplinati da disposizioni adottateo approvate dalle competenti autorità in base alle leggi in vigore nello Stato in cui detti mercati hannosede, o information provider di qualificata esperienza).

ai titolari di redditi di capitale ovvero di redditi diversi, bensì anche nei confronti deititolari di reddito d’impresa ovvero dei redditi prodotti in forma societaria. Sulla base delle considerazioni svolte e stante, quindi, la delicatezza della questionein ragione delle notevoli ripercussioni che le attuali disposizioni in materia di azioniestere comporterebbero in capo agli investitori in titoli esteri, è fortemente auspicatauna revisione della normativa.In tal senso potrebbe essere previsto il ripristino della disposizione normativa previ-gente in base alla quale le partecipazioni al capitale, i titoli e gli strumenti finanziariemessi da soggetti non residenti sono considerati “similari” alle azioni, a condizioneche la relativa remunerazione se corrisposta da una società residente sarebbe statatotalmente indeducibile nella determinazione del reddito d’impresa per effetto diquanto previsto dall’art. 109, comma 9, del TUIR.

b) Riconoscimento delle valutazioni dei titoli azionari del trading

Come noto, la riforma attuata con il D.Lgs. n. 344/2003 ha affermato per i titoli azio-nari e similari il principio della irrilevanza fiscale delle operazioni di valutazione effet-tuate in bilancioTale principio è stato applicato anche ai titoli azionari e similari che non costituisco-no immobilizzazioni finanziarie (c.d. azioni del trading), ancorché si tratti di cespiti lacui cessione continua a dar luogo a componenti fiscalmente riconosciuti (di segno siapositivo che negativo). L’ABI non ha mancato, in varie occasioni, di sollevare forti perplessità circa la coeren-za di siffatta impostazione con i principi contenuti nella legge delega, in particolare,alla luce di quanto previsto all’art. 4, comma 1, lett. e), che pone esplicitamente in unrapporto di “simmetria” l’indeducibilità delle minusvalenze iscritte e di quelle realiz-zate, con riferimento alle partecipazioni immobilizzate, nulla prevedendo, però, perle valutazioni delle partecipazioni non costituenti immobilizzazioni. Per le azioni deltrading, in altre parole, la legge delega non prevedeva (né il decreto attuativo ha intro-dotto) il principio della neutralità fiscale dei plusvalori/minusvalori realizzati e, conse-guentemente, in linea con il dichiarato rapporto di simmetria, le operazioni di valuta-zione, positive e negative, avrebbero dovuto continuare ad essere fiscalmente ricono-sciute.Il trattamento fiscale introdotto per le azioni del trading risulta, inoltre, assai penaliz-zante per le banche, le quali devono subire, rispetto agli altri contribuenti, una seriedi conseguenze negative sul piano amministrativo-gestionale, in ragione del particola-re oggetto dell’attività svolta.Infatti, a causa degli ingenti volumi di titoli interessati trattati quotidianamente, ènecessario mantenere una doppia rilevazione, contabile e fiscale, dei componentinegativi e positivi derivanti dalla loro valutazione.Preme evidenziare, infine, che per le banche la negoziazione dei titoli origina i ricavicaratteristici della stessa attività d’impresa, ovvero i corrispettivi derivanti dalla cessio-ne o prestazioni di servizi su beni al cui scambio è diretta l’attività tipica dell’impresabancaria; in altre parole, essi rappresentano “i beni merce” dell’impresa bancaria. Il legislatore fiscale ha, tuttavia, fino ad ora, ignorato tale peculiarità del settore: infat-ti, per le società che hanno ad oggetto della propria attività lo scambio di altri beni levariazioni positive e negative delle rimanenze di detti beni concorrono integralmentea formare il reddito, secondo i medesimi criteri valutativi adottati ai fini della redazio-ne del bilancio; per le banche, invece, le variazioni delle rimanenze dei titoli – beni,appunto oggetto della propria attività – non concorrono alla formazione del reddito.

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Il settore bancario rinnova, quindi, l’auspicio, già rappresentato alle autorità compe-tenti in sede di attuazione della riforma, di una revisione della norma, che per leimprese bancarie riporti ad una situazione di “simmetria” tra il trattamento fiscale dellavalutazione delle azioni del trading e quello del loro realizzo ed elimini la discrimi-nazione rispetto al regime fiscale applicabile alle valutazione del magazzino dellealtre imprese. La modifica auspicata, si risolverebbe, inoltre, sul solo piano finanziario, originando,l’attuale normativa, un mero differimento, fino al momento del realizzo, della dedu-zione delle perdite di valore o della tassazione degli incrementi di valore dei titoli diche trattasi. Non vi sarebbe, pertanto, un effetto sostanziale sul gettito.

c) Il dividend washing e la politica di contrasto all’elusione

L’art. 5 quinquies del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modi-ficazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, prevede, a decorrere dal periodo diimposta 2006, l’indeducibilità delle minusvalenze realizzate a seguito della cessionedi azioni, partecipazioni e strumenti finanziari similari che non si qualificano per l’e-senzione di cui all’art. 87 del TUIR (c.d. PEX), fino a concorrenza dei dividendi esclu-si da imposizione (95%), incassati nei trentasei mesi antecedenti alla cessione di tito-li partecipativi minusvalenti.La disposizione costituisce una norma antielusiva specifica, finalizzata giustamente acontrastare, nelle dichiarate intenzioni del legislatore, le operazioni c.d. di dividendwashing, ovvero quelle operazioni che, in buona sostanza, trasformano dividendiesclusi da imposizione in minusvalenze deducibili.In sostanza, l’operazione elusiva si configurerebbe quando si realizzano congiunta-mente tre presupposti:1) A cede a B la partecipazione nella società X che ha i requisiti per la PEX poco primadello stacco della cedola di 20. A realizza una plusvalenza di 100 (pari alla differen-za tra il prezzo di vendita 140 e il costo fiscale della partecipazione 40). Detta plu-svalenza è esente da imposizione per 91 (91%) e tassata per 92;2) successivamente B incassa i dividendi relativi alla partecipazione acquisita da A per20, esclusi da imposizione per 19 (95%) e tassati per 1; 3) successivamente B vende a C la partecipazione che non ha i requisiti per la PEX (adesempio è ceduta prima dei 18 mesi di possesso o è classificata nell’attivo circolante).La partecipazione si è deprezzata per lo stacco della cedola e, di conseguenza, in casodi cessione origina una minusvalenza deducibile di 20 (pari alla differenza tra il costodi acquisto 140 e il minor valore della partecipazione derivante dallo stacco dellacedola di 20). Quindi, dalla doppia cessione della stessa partecipazione operata prima tra A e B inregime PEX e successivamente tra B e C fuori dal regime PEX conseguono complessi-vamente componenti esenti per 110 e componenti deducibili per 20.

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2 L’art. 5 del D.L. n. 203 del 2005 ha modificato il regime della c.d. participation exemption, preveden-do: a) l’allungamento del periodo minimo di ininterrotto possesso delle partecipazioni per beneficiaredell’esenzione, portandolo da 12 a 18 mesi; b) la riduzione della percentuale dell’esenzione, che passadal 100% della plusvalenza al 91% e, a decorrere dal 1° gennaio 2007, dal 91% all’84%.

Il legislatore, per contrastare le operazioni del tipo sopra descritto, è intervenuto ren-dendo indeducibili le minusvalenze realizzate in sede di cessione (post dividendo) inmisura corrispondente alla quota di dividendo non imponibile (nell’esempio 19).Tuttavia la norma, così come risulta formulata, non si applica alle sole ipotesi elusiveprospettate, ma a tutte le minusvalenze realizzate su partecipazioni non PEX, anchenelle ipotesi in cui l’elusione non può oggettivamente verificarsi. Ad esempio, riprendendo l’ipotesi menzionata ed ipotizzando che la cessione tra A eB riguardi partecipazioni che non beneficiano della PEX, gli effetti tributari della dop-pia cessione della partecipazione sarebbero i seguenti:

La norma in questione rende indeducibili le minusvalenze per 19 anche se i soggettiA e B non conseguono risparmi di imposta altrimenti indebiti, considerato che la plu-svalenza da cessione (100) realizzata da A è oggetto di tassazione integrale.La disposizione in commento, infine, si risolve inoltre in una pesante ed ingiustificatapenalizzazione dell’attività di trading su titoli azionari, che costituisce un compartocentrale dell’operatività bancaria, andando a colpire, a motivo dell’ampio periodo diriferimento dei dividendi percepiti (i 36 mesi precedenti la cessione), anche minusva-lenze che nulla hanno a che fare con l’incasso di dividendi. Sulla base delle considerazioni sopra svolte, il settore auspica la revisione della nor-mativa in questione.L’auspicio è quello della rimozione della previsione normativa in commento e dellasua sostituzione con la previsione dell’obbligo di comunicazione (in dichiarazione deiredditi ovvero secondo altre modalità ritenute più opportune) delle operazioni di ces-sione di titoli azionari che presentano caratteristiche di “pericolosità fiscale” determi-nate periodicamente dall’Amministrazione finanziaria; ciò al fine di rendere disponi-bili a quest’ultima tutte le informazioni necessarie per la verifica da parte dei compe-tenti uffici, della sussistenza delle motivazioni poste alla base del riconoscimentofiscale delle predette minusvalenze. Laddove tale richiesta non fosse accolta, il regime di indeducibilità andrebbe limitato

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Soggetto Importo esenzione Importo della deduzione

A 91 (plusvalenza da cessione)

B 19 (95% dividendo incassato) 20 (minusvalenza da cessione)

Per A e B 110 20

Soggetto Importo esenzione Importo della deduzione

A 0

B 19 (95% dividendo) 20 (minusvalenza da cessione)

Per A e B 19 20

solo alle minusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni non quotate ovvero, inalternativa, solo se derivano da operazioni di cessione di partecipazioni nell’ambitodel medesimo gruppo societario.

d) I recenti interventi in materia di participation exemption come strumento dellapolitica di contrasto all’elusione

L’art. 5 del D.L. n. 203 del 2005 ha modificato il regime della c.d. participation exemp-tion, prevedendo: a) l’allungamento del periodo minimo di ininterrotto possesso dellepartecipazioni per beneficiare dell’esenzione, portandolo da 12 a 18 mesi; b) la ridu-zione della percentuale dell’esenzione, che passa dal 100% della plusvalenza al 91%e, a decorrere dal 1° gennaio 2007, dal 91% all’84%.Si tratta di penalizzazioni che mal si conciliano con l’impianto originario della rifor-ma fiscale, all’interno della quale all’istituto della participation exemption viene affi-dato un ruolo ben preciso, vale a dire quello di correttivo rispetto all’abolizione delcredito d’imposta sui dividendi. In tale prospettiva, ogni forma di restrizione introdot-ta al regime PEX implica una perdita di coerenza dell’intero sistema, con riproposi-zione, anche se in misura parziale, delle problematiche della doppia imposizione deiproventi derivanti da rapporti di partecipazione societaria.La relazione governativa di accompagnamento delle nuove misure non sembra pro-porre particolari giustificazioni all’introduzione delle stesse, lasciando così intendereche si tratta di un intervento finalizzato in via principale al reperimento di gettito piùche ad un’esigenza di riordino della materia. Se pur questa è l’ottica, la norma nondovrebbe, comunque, introdurre elementi di disequilibrio rispetto al sistema generale,e dovrebbe, pertanto, quanto meno prevedere gli aggiustamenti necessari per ovviarele sottoevidenziate incongruenze, dovute eminentemente al mancato adeguamentodelle disposizioni che regolano il trattamento delle componenti negative di redditocorrispondenti alle plusvalenze esenti.In particolare3:— l’allungamento da 12 a 18 mesi del periodo minimo di ininterrotto possesso richie-

sto per l’esenzione delle plusvalenze non è accompagnato da un analogo allunga-mento del periodo minimo di possesso richiesto per la deducibilità delle minusva-lenze realizzate sulle medesime operazioni di realizzo, che resta fissato a 12 mesi.Un allungamento del periodo minimo di possesso dai 12 ai 18 mesi non è infatticontemplato per la deducibilità delle minusvalenze realizzate sulle partecipazioniaventi i requisiti di cui alle lettere b), c) e d) dell’art. 87 del T.U.I.R., le quali, cosìcome previsto in origine, rimangono deducibili solo se realizzate entro i dodicimesi dall’acquisto. Analoga scelta è operata con riferimento alla identificazione delle partecipazionirilevanti ai fini della determinazione degli interessi passivi indeducibili per effettodel calcolo del prorata patrimoniale di cui all’art. 97 del TUIR; le imprese nonpotranno, quindi, beneficiare di una maggiore deducibilità degli interessi passiviconseguente all’allungamento del periodo minimo di possesso, che rimane fermoai 12 mesi.Il sistema delineato comporta, dunque, una differenziazione di regime fiscale dellepartecipazioni a seconda del periodo di possesso, penalizzandosi le partecipazio-ni detenute in un periodo compreso tra i 12 e 18 mesi (le plusvalenze sono tassate

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3 Le considerazioni di seguito indicate sono state illustrate in sede di audizione al decreto legge nonchéhanno formato oggetto di specifici emendamenti presentati in sede di conversione.

e le minusvalenze sono indeducibili). Detta asimmetria, oltre a non essere giustifi-cata da ragioni di natura sistematica, si pone in contrasto con le linee portanti dellalegge delega della riforma del sistema fiscale statale (legge 7 aprile 2003, n. 80),che prevedono per il regime della participation exempion una simmetrica indedu-cibilità delle minusvalenze realizzate e dei costi connessi con la partecipazione(cfr. art. 4, comma 1, lett. e);

— la riduzione dal 100% al 91% della misura dell’esenzione, non trova corrispon-denza in una analoga deduzione né per le minusvalenze realizzate su partecipa-zioni detenute per più di dodici mesi si qualificano per l’esenzione.Viene in tal modo introdotta una non giustificata discriminazione a danno del red-dito d’impresa prodotto dalle società rispetto al medesimo reddito prodotto dagliimprenditori individuali e dalle società di persone. Per le imprese soggette ad IRPEF,infatti, le plusvalenze e le minusvalenze realizzate su partecipazioni esenti conti-nuano ad assumere rilievo fiscale, ovvero, sono rispettivamente tassate e deducibi-li nella stessa misura (40 per cento del loro ammontare).

Le modifiche introdotte in tema di plusvalenze esenti rendono, inoltre, opportuno pro-cedere al coordinamento delle stesse con il regime fiscale del consolidato nazionaledi cui agli artt. da 117 a 129 del TUIR. In particolare, l’art. 123 consente ai soggetti che optano per il regime del consolidatonazionale di operare la cessione dei beni plusvalenti in un regime di neutralità impo-sitiva. Detto regime determina una sospensione dell’imposta IRES dovuta e non unaesenzione; in altre parole un mero differimento dei tempi di pagamento dell’impostadall’atto della cessione in regime di neutralità al successivo eventuale ammortamentoe/o realizzo dei beni.La norma attualmente esclude da detta neutralità i beni non plusvalenti, ovvero quel-li produttivi di ricavi, e le partecipazioni fruenti della participation exemption di cuiall’art. 87.L’attuale tassazione, ancorché parziale, delle plusvalenze su partecipazioni mal si con-cilia con la preclusione ad optare per il regime di neutralità anche per le partecipa-zioni esenti, considerato che il regime di neutralità è uno “strumento in grado di toglie-re ogni ostacolo fiscale alla migliore allocazione delle risorse all’interno del gruppo”4.Essa introduce, quindi, un nuovo ostacolo alla migliore allocazione delle risorse all’in-terno del gruppo, non previsto dall’originario impianto normativo.La possibilità di trasferire partecipazioni in neutralità d’imposta, peraltro, è già previstaper le partecipazioni che, all’atto della cessione, non possiedano o non abbianocomunque maturato i requisiti dell’art. 87; la relativa disciplina è contenuta nell’art. 10del decreto attuativo 9 giugno 2004, e rimarrebbe valida anche in caso di estensionedel regime di neutralità alle partecipazioni e strumenti finanziari di cui all’art. 87. La normativa dovrebbe, quindi, essere integrata con una previsione diretta a consenti-re l’applicazione di tale regime anche ai trasferimenti infragruppo aventi ad oggettopartecipazioni, azioni e strumenti finanziari che si qualificano per l’esenzione di cuiall’art. 87 del TUIR.

e) Disposizioni in materia di imprese estere collegate

Con l’art. 168 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22dicembre 1986, n. 917 (TUIR), è stata prevista l’estensione della tassazione per tra-

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4 Cfr. la relazione tecnica allo schema di decreto legislativo n. 344/03.

sparenza delle società controllate residenti in territori a fiscalità privilegiata anche allesocietà collegate residenti in tali territori.In svariate occasioni, l’Associazione ha segnalato l’opportunità di eliminare la normain questione; la prevista estensione alla disciplina c.d. delle CFC (controlled foreigncompany) alle imprese collegate estere, infatti, genera evidenti difficoltà operative incapo agli investitori residenti, oltre ad una serie di problemi a livello di convenzionicontro le doppie imposizioni, per effetto della tassazione in Italia di redditi di impre-se estere non soggette a “controllo” da parte di un soggetto residente in Italia. Peraltro, in proposito, non sono ravvisabili nemmeno particolari esigenze sistematicheconnesse all’introduzione dell’IRES, posto che tanto i dividendi quanto le plusvalenzerelative alle partecipazioni in parola non godono, come noto, dei previsti regimi diesenzione.

f) Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero di cui all’art. 165

La normativa del credito di imposta per le imposte pagate all’estero è stata oggetto diprofonda revisione nell’ambito della riforma societaria di cui al D.Lgs. n. 344 del2003.Sono, peraltro rimasti alcuni aspetti problematici il cui superamento si ritiene sia indi-spensabile per consentire il corretto recupero delle imposte pagate all’estero a titolodefinitivo.Un primo aspetto riguarda il regime la quota di imposta estera non recuperabile. Perragioni di equità nonché per evitare l’insorgere di ingiustificate penalizzazioni, sareb-be opportuno prevedere nell’ambito della riformulata disciplina del credito per impo-ste estere, la possibilità di considerare quale componente negativo deducibile dal red-dito d’impresa la quota di imposta estera non recuperabile attraverso la disciplina delcredito d’imposta.A riguardo potrebbe anche essere valutata l’opportunità di prevedere un sistema alter-nativo per il recupero delle imposte estere vale a dire il recupero delle imposte esteresecondo l’ordinario meccanismo di cui all’art. 165 del TUIR ovvero integralmentecome componente deducibile dalla base imponibile. Tale ultimo comportamentopotrebbe, infatti, essere preferibile, laddove per l’esiguità dell’imposta estera ovverodel reddito correlato risulterebbe più efficiente l’esposizione in dichiarazione comecosto deducibile anziché l’applicazione del complesso meccanismo di cui al richia-mato art. 165 del TUIR.Con specifico riferimento, poi, alla regola del riporto avanti/indietro stabilita dal comma6 dell’art. 165 devono, inoltre, essere segnalati gli aspetti di rigidità interna che carat-terizzano la disposizione, la quale consente il recupero delle eccedenze di impostaestera rispetto a quella italiana solamente nel caso in cui – in un diverso esercizio – siverifichi l’opposta situazione di una eccedenza di imposta italiana rispetto a quella este-ra. Ne consegue, in pratica, che quando le eccedenze di imposta estera siano dovutead aliquote più elevate di quelle italiane o da regole di determinazione dell’imponibi-le più rigide di quelle interne, il nuovo meccanismo migliorativo rischia di non trovare– nei fatti – applicazione, a meno di voler ipotizzare una riforma della fiscalità del paeseestero che inverta la precedente situazione, passando da un certo momento in poi aduna fiscalità più leggera di quella italiana. È, pertanto, auspicabile una revisione delladisposizione che ne aumenti le possibilità di effettiva utilizzazione.Un altro aspetto rilevante in materia di credito d’imposte estere riguarda la decorren-za delle nuove disposizioni circa il recupero delle imposte pagate all’estero. Ci si rife-risce, in particolare, alla previsione che consente l’utilizzo delle eccedenze di impo-

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ste italiane rispetto a quelle estere maturate negli esercizi precedenti alla data di entra-ta in vigore della riforma. In mancanza di una specifica norma transitoria sembrava di poter ritenere legittimoriportare all’indietro - anche per i periodi d’imposta ante 2004 - i crediti per impostepagate all’estero secondo le nuove regole.In senso contrario, peraltro, si è espressa l’Agenzia delle entrate nell’ambito delle istru-zioni ai modelli di dichiarazione relativi al 2005, in palese disprezzo dei diritti sanci-ti dallo Statuto del contribuente, tenuto, tra l’altro, conto che i modelli di dichiarazio-ne dei redditi relativi al periodo d’imposta 2004 sono stati predisposti dall’Agenziadelle entrate in modo da non precludere il riporto all’indietro del credito per impostepagate all’estero secondo le nuove modalità; conseguentemente le imprese se ne sonopotute avvalere con importanti effetti ai fini della determinazione dell’IRES dovuta peril 2004.Alla luce delle predette considerazioni è auspicabile un intervento normativo che convalenza interpretativa confermi la possibilità di riportare all’indietro – anche per iperiodi d’imposta ante 2004 – i crediti per imposte pagate all’estero secondo le nuoveregole.

g) Presunzione di distribuzione di utili societari (art. 47, primo comma, TUIR)

La riforma di cui al D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, ha introdotto la presunzionesecondo cui, indipendentemente dalla delibera assembleare, si considerano priorita-riamente distribuiti l’utile dell’esercizio e le riserve diverse da quelle di capitale per laquota di esse non accantonata in sospensione d’imposta (47, comma 1, del TUIR).Tale previsione dovrebbe essere eliminata, in ragione degli effetti potenzialmente dis-torsivi della stessa. Alle complicazioni operative derivanti, poi, dalla necessità di mantenere un doppiobinario per la gestione dei vari eventi societari, va aggiunto il problema, tuttora irri-solto, della sua applicazione nel caso di distribuzioni effettuate da società estere.In proposito, si osserva che, in caso di mantenimento della norma, la stessa dovrebbe,comunque, essere circoscritta, in via interpretativa, alle sole distribuzioni effettuate dasoggetti residenti in Italia, essendo altrimenti assolutamente ingestibile l’acquisizionedelle informazioni necessarie per la applicazione della norma.

h) Valutazione dei titoli obbligazionari immobilizzati

Come noto, a seguito della riforma fiscale ad opera del D.Lgs. n. 344 del 2003, la rile-vanza fiscale delle valutazioni dei titoli obbligazionari immobilizzati è disciplinatadall’art 101, comma 2, del TUIR, in base al quale il valore minimo, per i titoli nego-ziati nei mercati regolamentati, è determinato sulla base della media aritmetica deiprezzi rilevati nell’ultimo semestre. Al riguardo si rileva come possono verificarsi disallineamenti tra il valore civilistico equello fiscale, dei quali è auspicabile l’eliminazione con apposito intervento legislati-vo. Più precisamente detti disallineamenti si verificano ogni qualvolta i titoli in oggettosiano – come, ad esempio, accade sulla base dei principi contabili internazionali (IAS)per le obbligazioni classificate nella categoria disponibili per la vendita – valutati sullabase del valore cosiddetto puntuale, determinato in base alla quotazione dell’ultimogiorno dell’esercizio.

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Il riconoscimento della rilevanza fiscale del valore puntuale utilizzato in bilancio peri titoli obbligazionari c.d. immobilizzati, è fortemente auspicata dal settore stanti leforti penalizzazioni derivanti dalla necessita di mantenere una doppia rilevazione delvalore dei titoli (contabile e fiscale).Al riguardo, va infine, ricordato che per i titoli obbligazionari dell’attivo circolante (cfr.art. 94 del TUIR) proprio in sede di riforma fiscale ad opera del citato D.Lgs. n. 344 del2003 e, rispondendo positivamente alle esigenze avanzate dal settore, è stata prevista,in alternativa, la rilevanza fiscale del valore minimo calcolato sulla base del valorepuntuale ovvero della media delle quotazioni dell’ultimo mese dell’esercizio.

i) Previsioni in materia di deducibilità fiscale dei costi sostenuti in c.d. Stati a “fisca-lità privilegiata”

Come noto, dal combinato disposto dei commi 10 e 11 dell’art. 110, del TUIR nonsono deducibili dal reddito d’impresa soggetto ad IRES, i componenti negativi di red-dito derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti ed imprese domiciliatefiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione Europea aventi regimi fisca-li privilegiati, ai sensi del decreto ministeriale 23 gennaio 2002, modificato dal decre-to ministeriale 22 marzo 2002.Tuttavia, qualora i componenti negativi di reddito siano separatamente indicati nelladichiarazione, e sempre che il contribuente fornisca all’amministrazione finanziaria leprove indicate nel comma 11 del citato art. 110 del TUIR (svolgimento di un’attivitàcommerciale effettiva o effettivo interesse economico all’effettuazione delle transazio-ni), la deduzione è ammessa, in deroga alla richiamata disposizione di cui al comma10 dell’art. 110 del TUIR.La separata indicazione dei componenti negativi costituisce, quindi, condizione auto-noma e necessaria, anche se non sufficiente, ai fini della deducibilità degli stessi, (cfr.quanto precisato dall’Agenzia delle entrate nella risoluzione n. 46/E del 16 marzo2004).In tale contesto, peraltro, va osservato come la separata indicazione dei costi in dichia-razione comporti aggravi di tipo procedurale e amministrativo di notevole entità. A ciòsi aggiunga la circostanza che, spesso, può capitare che l’indicazione di detti costi nonsia esaustiva per numerose ragioni, ragioni che, però, non inficiano i presupposti con-nessi con la loro deduzione. Alla luce delle predette considerazioni è auspicabile un intervento normativo volto adeliminare la previsione concernente la separata indicazione dei costi quale condizio-ne necessaria per garantirne la deducibilità, e prevedere una casella da barrare nelcaso in cui tra i componenti negativi deducibili vi siano i costi della specie così dadare informativa all’Agenzia della sussistenza di detti costi. Fermo restando, ovvia-mente, l’obbligo di raccogliere e fornire all’amministrazione finanziaria le prove indi-cate dalla norma a supporto di detta deducibilità.

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6. CIAMPI – RISTRUTTURAZIONI AZIENDALI DELSETTORE BANCARIO – AGEVOLAZIONI FISCALI

(D.LGS. N. 153 DEL 1999) – RECUPERO

Sulla base delle interpretazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria, i versamentispontanei eseguiti dalle banche si sono rivelati, in taluni casi, superiori rispetto aldovuto. Si auspica, pertanto, che da parte dei competenti organi ministeriali sianoavviate quanto prima le procedure per il rimborso delle eccedenze versate, ancheattraverso possibili compensazioni con altre imposte o contributi dovuti dai soggettiinteressati, ovviamente senza che tale compensazione sia rilevante ai fini del tettomassimo annuale compensabile da ciascun contribuente.In sintesi, la richiesta è per una rapida restituzione delle somme versate in eccedenzadalle banche.L’Associazione ha dedicato particolare attenzione alla tematica del recupero delle age-volazioni fiscali usufruite dalle banche, ai sensi degli artt. 16, 22, 23 e 24 del D.Lgs.n. 153 del 1999 (c.d. legge Ciampi), disposto con il decreto legge 24 dicembre 282 aseguito della pronuncia della Commissione UE dell’11 dicembre 2001, che ha consi-derato “aiuti di Stato” le agevolazioni in parola.L’attività svolta dall’ABI, di costante collaborazione con la Direzione Accertamentodell’Agenzia delle Entrate, incaricata dal Dipartimento del Tesoro del Ministerodell’Economia e delle Finanze, di procedere al recupero di dette somme, ha determi-nato, da un lato, una più corretta individuazione delle somme effettivamente dovute,dall’altra, una, quanto più possibile, tempestiva restituzione degli “aiuti di Stato” daparte delle banche maggiormente interessate dal recupero disposto dal Governo ita-liano, attraverso versamenti spontanei di tali somme. L’Agenzia delle Entrate, nell’ambito dell’attività di monitoraggio e di recupero delleagevolazioni in questione, ha provveduto, al termine della sua attività di accertamen-to, a rideterminare gli importi effettivamente dovuti dalle singole banche, anche aseguito degli approfondimenti effettuati in merito alla congruità delle somme effettiva-mente dovute a titolo di recupero delle agevolazioni fiscali. Da tale analisi è emersoche le somme versate dalle banche si sono rivelate essere, in taluni casi, superioririspetto al dovuto. L’Agenzia delle Entrate non ha mancato di relazionare alDipartimento del Tesoro i risultati del mandato ricevuto, nonché le posizioni a creditoemerse a favore delle banche.In ragione di ciò, si auspica che, quanto prima, da parte dei competenti organi mini-steriali siano avviate le procedure per il rimborso delle eccedenze versate, anche attra-verso possibili compensazioni con altre imposte o contributi dovuti dai soggetti inte-ressati.

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7. OSTACOLI DI CARATTERE FISCALE ALLE OPERAZIONIDI RIORGANIZZAZIONE DI IMPRESE BANCARIE

L’attuale disciplina dei versamenti in acconto dell’imposta sostitutiva sui finanziamen-ti a medio lungo termine, dell’imposta di bollo e delle ritenute sugli interessi dei depo-siti e conti correnti non contempla, a differenza di quanto avviene in via generalizza-ta per le imposte sui redditi propri di tutti i contribuenti, la possibilità di graduare ilversamento da effettuare in via anticipata in funzione dell’entità del debito d’impostaeffettivo (c.d. metodo previsionale). Tali meccanismi possono dare luogo a pesantioneri di carattere finanziario in occasione di operazioni di riorganizzazione bancaria,che si traducono in veri e propri ostacoli al buon esito delle operazioni stesse.La richiesta è pertanto quella di un intervento normativo diretto ad impedire la forma-zione di crediti d’imposta in tali circostanze ovvero, in alternativa, di consentire la ces-sione di tali crediti.Di particolare attualità sono le problematiche, di carattere non solo fiscale, connessealla realizzazione di operazioni di riorganizzazione aziendale nel settore bancario.Si tratta, invero, di una tematica all’attenzione delle stesse autorità comunitarie, chehanno da tempo in agenda l’eliminazione degli ostacoli di qualsiasi natura che pos-sono frapporsi all’integrazione ed al consolidamento delle imprese finanziarie, in vistadi un miglior funzionamento del mercato interno dei servizi finanziari. Proprio su que-sta tematica si è svolta, nel corso dell’anno passato, un’importante consultazione pro-mossa dalla Commissione UE, dalla quale sono emerse varie indicazioni circa le bar-riere che possono frapporsi ad operazioni di fusione, acquisizione o altri progetti rior-ganizzativi per il settore bancario.In tale contesto, diventa ancora più anacronistico il mantenimento nel nostro sistemadi disposizioni di carattere non sostanziale, bensì eminentemente procedimentale, chenon di meno finiscono per rappresentare un vero e proprio impedimento alla realiz-zazione di ristrutturazioni tra imprese bancarie determinando oneri di entità più cherilevante non connessi all’esistenza di un effettivo debito d’imposta. Si tratta di feno-meni che generano massicci crediti d’imposta nei confronti dell’erario, non recupera-bili secondo sistemi di compensazione e scomputo. L’attivazione di procedure di rim-borso rappresenta, per i noti problemi di tempistica, una soluzione non compatibilecon le esigenze di una moderna economia.Più in particolare, il problema evidenziato si pone con riferimento alle disposizioniche oggi regolano l’effettuazione di versamenti in acconto relativi a talune impostetipicamente connesse all’attività bancaria - imposta di bollo, imposta sostitutiva suifinanziamenti bancari, ritenute sugli interessi dei depositi e conti correnti - la cui rego-lamentazione non prevede, a differenza di quanto avviene in via generalizzata per leimposte sui redditi propri di tutti i contribuenti, la possibilità di graduare il versamen-to da effettuare in via anticipata in funzione dell’entità del debito d’imposta effettivo(c.d. metodo previsionale).I meccanismi che regolano gli acconti delle predette imposte sono descritti di seguitopiù in dettaglio.

a) Imposta di bollo assolta in modo virtuale – Imposta sostitutiva sui finanziamentibancari

Il sistema di riscossione dell’imposta di bollo dovuta in modo virtuale prevede la cor-responsione del tributo in rate bimestrali, calcolate sulla base del debito determinato

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per l’anno precedente, salvo i conguagli da effettuare in base al debito effettivo, risul-tante in base ad apposita dichiarazione da presentare nel mese di gennaio (cfr. art. 15D.P.R.26 ottobre 1972, n. 642).Fermo restando tale sistema di pagamento, le banche, le poste e gli altri intermediarifinanziari debbono, altresì, provvedere, nel mese di novembre di ogni anno, al versa-mento di un “acconto”, nella misura del 70% dell’imposta liquidata per l’anno prece-dente, che verrà scomputato a partire dalla prima rata dell’anno successivo (cfr. art. 15bis citato D.P.R. n. 642, come aggiunto dal D.L. 29 novembre 2004, n. 282, converti-to dalla L. 27 dicembre 2004, n. 307).Il costo finanziario connaturale a tale sistema di versamento aumenta in modo espo-nenziale nelle ipotesi di operazioni straordinarie.Ed, infatti, sia le rate bimestrali, che l’acconto vengono determinati con un metodo sto-rico senza che la relativa normativa consenta di calcolarne l’ammontare in base aldebito presunto (come, viceversa, previsto, ad es., in tema di acconto delle imposte suiredditi). Ciò può costituire un serio ostacolo al compimento di quelle operazioni di ristruttura-zione che, viceversa, il sistema bancario è da più parti sollecitato a compiere.Va, infatti, considerato che una banca che conferisca il proprio ramo d’azienda da cuiscaturisce la quasi totalità del debito per imposta di bollo (sportelli e gestioni patri-moniali), si trova ad aver anticipato somme molto ingenti che non potrà scomputarsiin tempi ragionevoli per assenza, nel periodo successivo al conferimento, di un signi-ficativo debito d’imposta. Senza contare che la normativa non disciplina chiaramenteun sistema di rimborso per la fattispecie, né consente la cessione del credito conse-guente.In proposito, non può non osservarsi che una tale conseguenza appare del tutto incoe-rente sia con la natura del pagamento in modo virtuale - che, come più volte afferma-to dall’Amministrazione finanziaria, non costituisce un pagamento forfetizzato, maresta sempre un pagamento collegato al numero e alla tipologia degli atti posti in esse-re dal contribuente - sia con la stessa volontà del legislatore, tesa a rendere le rateprovvisorie adeguate al debito effettivo5. Analoga problematica si pone con riguardo all’imposta sostitutiva delle imposte d’at-to sui finanziamenti bancari a medio e lungo termine, per la quale pure è previsto ilversamento di un acconto determinato con metodo storico, pari al 90% dell’impostadovuta per il primo semestre, da versarsi contestualmente a tale imposta (cfr. art. 3,terzo comma, D.L. 13 maggio 1991, n. 151, convertito dalla legge n. 202 del 12 luglio1991). Va anche, per altro verso, osservato che sia l’imposta di bollo che l’imposta sostitutivadelle imposte d’atto sono tributi che, seppure vedono le banche come debitori d’im-posta, sono dalle stesse sostanzialmente corrisposte per conto della clientela.Al fine, pertanto, di non penalizzare con ostacoli fiscali quel processo di rafforzamen-to del sistema bancario da tutti auspicato, è necessaria una razionalizzazione delleaccennate normative nel senso di consentire, quanto meno in presenza di operazionistraordinarie, che le rate e l’acconto dell’imposta di bollo corrisposta in modo virtua-le nonché l’acconto dell’imposta sostitutiva delle imposte d’atto possano essere calco-lati in base al debito presunto per l’anno successivo, in coerenza con quella che è da

OSTACOLI DI CARATTERE FISCALE ALLE OPERAZIONI DI RIORGANIZZAZIONE

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5 Una tale volontà si ricava facilmente dal disposto dell’art. 15, comma 7, del D.P.R. n. 642, che preve-de, sia pure solo in riferimento ad ipotesi di modifica della disciplina o della misura dell’imposta, anchese avvenute in corso d’anno, l’adeguamento della liquidazione provvisoria delle rate per renderle ade-renti al (presumibile) effettivo debito d’imposta.

ritenere l’effettiva volontà del legislatore, non certo volta a creare ingiustificati creditid’imposta. In alternativa, dovrebbe essere consentita la cessione del credito.

b) Ritenute sugli interessi dei depositi e conti correnti bancari

La disciplina vigente in tema di versamenti degli acconti delle ritenute delle ritenutesugli interessi dei depositi e conti correnti bancari dettata dall’art. 35 del D.L. 18marzo 1976, n. 46, convertito dalla legge 10 maggio 1976, n. 249, come modificatodall’art. 7, comma 5, del D.Lgs. 23 dicembre 1999, n. 505, impone alle banche dieffettuare annualmente due versamenti in acconto delle ritenute sugli interessi deidepositi e conti correnti bancari di cui all’art. 26, comma 2, del D.P.R. 29 settembre1973, n. 600. I versamenti in acconto devono essere eseguiti entro scadenze prefissate (16 giugno eil 16 ottobre dell’anno di riferimento) e ciascuno di essi deve essere calcolato in misu-ra pari al 50% delle ritenute complessivamente versate per l’anno precedente.Il descritto meccanismo ha tradizionalmente dato origine all’insorgere di situazioni dicredito per le aziende bancarie, ora in larga misura superate grazie alla possibilità direcuperare in tempi ragionevoli le eccedenze versate attraverso meccanismi di com-pensazione.Non di meno, la normativa risulta tuttora insoddisfacente, e può essere causa di note-voli inconvenienti.Il meccanismo di determinazione degli acconti ha, in particolare, già rivelato la pro-pria inadeguatezza in occasione di operazioni di conferimento (od operazioni ad effet-ti analoghi) realizzate nell’ambito di ristrutturazioni del settore bancario, le quali, puravendo ad oggetto l’azienda bancaria, lascino sussistere presso la conferente una ridot-ta operatività bancaria.In tali circostanze si evidenziano in modo palese gli effetti paradossali della vigentenormativa, che costringe le banche ad effettuare comunque i due pagamenti anticipa-ti (giugno e ottobre) in percentuale fissa rispetto all’ammontare complessivo delle rite-nute operate nell’anno precedente, senza possibilità di procedere ad alcuna forma digraduazione in previsione di un minor debito effettivo. L’elevatezza delle percentuali stabilite obbliga pertanto la banca conferente a versareuna somma pari al 100% delle ritenute versate per l’anno precedente, nonostante laconsapevolezza che la ridotta attività bancaria residua a seguito dell’operazione diconferimento darà luogo ad un debito per ritenute assai esiguo, a fronte del quale l’en-tità dei versamenti in acconto si rivelerà del tutto sproporzionato.Una soluzione adeguata a superare l’inconveniente prospettato appare certamentequella di stabilire che la facoltà di graduare gli acconti d’imposta, valida per la gene-ralità dei tributi dovuti su dichiarazione, divenga operante anche per gli acconti dovu-ti dalle banche in relazione alle ritenute sugli interessi dei depositi e conti correnti.

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8. PROGETTO UE DI BASE IMPONIBILE COMUNECONSOLIDATA PER LE SOCIETÀ (CCCTB)

La Commissione europea intende creare un sistema di base imponibile comune con-solidata ai fini dell’imposta societaria, da applicare alle imprese di grandi dimensioniche operano a livello europeo (CCCTB). Tra le problematiche allo studio vi è quella delrapporto che deve sussistere tra la base imponibile comune UE e il bilancio civilistico.L’avviso ABI è che – in applicazione del principio di derivazione – il reddito imponi-bile dovrebbe essere determinato secondo le regole contabili IAS, in modo da evitareper quanto possibile ogni forma di doppio binario, apportando al risultato emergentedal bilancio (civilistico) solo limitate variazioni in aumento ovvero in diminuzione ditipo forfetario.L’obiettivo perseguito è quello di veder presto approvato un sistema di base imponibi-le comune consolidata UE che sia coerente con le esigenze di competitività delleimprese bancarie italiane.L’obiettivo perseguito dalla Commissione UE è quello della creazione di un sistema dibase imponibile comune consolidata ai fini dell’imposta societaria, da applicare alleimprese di grandi dimensioni che operano a livello europeo.È infatti convinzione della Commissione europea che questo strumento rappresenti ilsolo modo sistematico di eliminare gli ostacoli fiscali che sussistono per le imprese cheoperano in più Stati membri, in modo da consentire loro di calcolare il proprio reddi-to di gruppo facendo riferimento ad un solo sistema normativo, anziché a 25 differen-ti regimi impositivi. Ciò dovrebbe consentire, in prospettiva, una sostanziale riduzionedegli oneri amministrativi, anche inerenti alla tematica dei prezzi di trasferimento e l’e-liminazione di fenomeni di doppia imposizione.La base imponibile comune così determinata sarebbe poi ripartita tra i vari Stati mem-bri nel cui territorio è stata svolta l’attività d’impresa, i quali assoggetterebbero a tas-sazione la quota di loro spettanza in base alle aliquote d’imposta ritenute opportune.Rispetto a tale progetto, il sistema bancario italiano ha espresso sin dall’origine unaposizione sostanzialmente di favore, nella considerazione che il sistema proposto dallaCommissione valga sia a ridurre gli effetti distorsivi di origine fiscale nell’allocazionedelle attività produttive sia a consentire un più efficace confronto dell’incidenza dellafiscalità sulle imprese che operano in diversi Stati.Su questo aspetto la posizione delle banche italiane non ha coinciso con quella rap-presentata dalle banche di altri paesi UE, che – rispecchiando talora gli orientamentidei rispettivi Governi nazionali – in alcuni casi hanno manifestato una diffidenza difondo verso l’iniziativa, se non addirittura una vera e propria opposizione. Con il progredire dei lavori da parte del Gruppo (composto da rappresentanti delleamministrazioni fiscali degli Stati membri) è però aumentato il livello di accettazioneda parte sia degli operatori che dei Governi. Di fatto, risulta che solo quattro Stati oggisi oppongono alla CCCTB, tra i quali Regno Unito e Irlanda. Anche la FederazioneBancaria Europea sta rivedendo la propria posizione di originaria diffidenza (secondocui la CCCTB non doveva considerarsi una priorità).Uno dei punti maggiormente discussi nella fase attuale di studio e approfondimento èrappresentato dalla definizione del rapporto che deve sussistere tra la base imponibilecomune UE e il bilancio civilistico, specie alla luce dell’ingresso degli IAS. A taleriguardo, l’orientamento dell’ABI è che – in applicazione del principio di derivazione– il reddito imponibile dovrebbe essere determinato secondo le regole contabili IAS,

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in modo da evitare per quanto possibile ogni forma di doppio binario, apportando alrisultato emergente dal bilancio (civilistico) solo limitate variazioni in aumento ovve-ro in diminuzione di tipo forfetario.

PROGETTO UE DI BASE IMPONIBILE COMUNE

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9. IMPOSTA SOSTITUTIVA: ANTICIPATO RIMBORSO DEL FINANZIAMENTO

Si rappresenta la necessità di una norma di interpretazione autentica che confermi chele clausole contrattuali, che stabiliscono il diritto del debitore di rimborsare il debitoin ogni momento, non inficiano il requisito temporale prescritto per l’applicazione delregime dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti bancari di durata superiore ai diciot-to mesi. Ciò per riportare chiarezza nel delicato settore e fugare l’allarme creato tra laclientela a seguito delle iniziative assunte da taluni uffici fiscali, sulla base di un oppo-sto principio affermato in una recente pronuncia della Corte di Cassazione che, oltread innovare ad interpretazioni da sempre pacificamente sostenute anche da parte delFisco, si pongono, tra l’altro, in contrasto con quanto previsto da apposite norme delTUB.

La richiesta è, quindi, quella di un intervento legislativo ad hoc che elimini potenzia-li controversie con il fisco sia per il passato che per il futuro.

Le operazioni di finanziamento effettuate dalle banche sono soggette ad un’impostasostitutiva delle imposte d’atto se la loro durata contrattuale è superiore ai diciottomesi (cfr. art. 15, ultimo comma, D.P.R. 29 settembre 973, n. 601).

Al riguardo è stato da sempre pacificamente sostenuto, anche da parte del Fisco, chele clausole contrattuali che consentono al debitore di rimborsare il finanziamentoanche prima del termine contrattualmente stabilito non inficiano il requisito di durataprescritto per l’applicazione dell’imposta sostitutiva. Ciò in quanto, come ripetuta-mente affermato dall’Amministrazione finanziaria, il debitore ha, per principio gene-rale, facoltà di estinguere anticipatamente il proprio debito (cfr. art. 1184 cod. civ.)6.

In estrema sintesi, la collaudata interpretazione dell’ultimo comma dell’art. 15 delD.P.R. n. 601 è nel senso di ritenere che non determinano il venir meno del prescrittorequisito di durata quelle clausole contrattuali che sono riproduttive di facoltà di anti-cipato scioglimento del vincolo già previste in base a norme generali di diritto comu-ne e che, quindi, potrebbero venire comunque attivate indipendentemente da una spe-cifica previsione pattizia7.

In una recente sentenza, peraltro, la Corte di Cassazione ha inopinatamente afferma-to l’inapplicabilità del regime sostitutivo in presenza di clausole contrattuali che con-sentano l’anticipato rimborso da parte del debitore.

La sinteticità della motivazione di tale sentenza non consente di verificare se la Corteabbia adeguatamente valutato che il debitore, anche in assenza di specifiche clausolecontrattuali, è facoltizzato ad estinguere anticipatamente il proprio debito direttamen-te dalla predetta norma del codice civile nonché, per i mutui ipotecari ed il credito alconsumo, in forza degli artt. 40 e 125 del Testo Unico Bancario (D.Lgs. 1° settembre1973, n. 385).

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6 In tal senso si è pronunciata l’amministrazione finanziaria già sotto il vigore del previdente regime diabbonamento tributario recato dalla legge n. 1228 del 1962 con la risoluzione del 13 agosto 1968, n.211544; analogo principio è stato più volte ribadito in vigenza dell’imposta sostitutiva nel corso deglianni ‘80 e ‘90 e, da ultimo, con la circolare n. 3 del 2001.7 A ben guardare, infatti, la stessa motivazione sottende al parere – pacifico sia in sede amministrativache giurisprudenziale – di compatibilità con il regime sostitutivo delle clausole che consentono l’antici-pato recesso del creditore in caso di insolvenza del debitore. Una clausola di tal genere (c.d. cautelati-va), infatti, nulla aggiunge a quanto già previsto dall’art. 1186, cod. civ.

A seguito di tale sentenza, diversi Uffici fiscali periferici, in contrasto con le istruzioniripetutamente diramate dall’Amministrazione finanziaria centrale, hanno iniziato anegare l’applicazione del regime sostitutivo a contratti di finanziamento a medio olungo termine che non contengano una causa che impedisca al soggetto finanziato direcedere dal finanziamento prima del decorso di diciotto mesi ed un giorno. Una pre-visione siffatta, peraltro, si pone in contrasto con quanto previsto dai citati artt. 40 e125 Testo Unico Bancario che, come accennato, stabiliscono, nel caso rispettivamen-te del credito fondiario e del credito al consumo, la facoltà del finanziato di recederein ogni momento dal rapporto8.Al fine di evitare che, per non vedersi negato il regime sostitutivo, vengano adottateformulazioni contrattuali contrastanti con le suddette norme, si rende necessaria l’a-dozione di una norma interpretativa che chiarisca che l’ultimo comma dell’art. 15 delD.P.R. n. 601 va interpretato in conformità ai principi emergenti dal diritto comune, ingenerale, e dal diritto bancario in particolare e, quindi, che clausole contrattuali chestabiliscano il diritto del debitore di rimborsare il debito in ogni tempo (anche primadel decorso di un termine superiore ai diciotto mesi) non determinano il venir menodel requisito temporale richiesto per l’applicazione del regime sostitutivo9.Una norma interpretativa in tal senso non avrebbe nessun effetto negativo sul gettitoper l’Erario in quanto conferma il sistema di tassazione sinora adottato. Per controsarebbe idonea a riportare chiarezza nel delicato settore dei finanziamenti bancari e aeliminare l’allarme che, parallelamente al diffondersi delle accennate iniziative degliUffici fiscali periferici, si va creando tra i soggetti intenzionati a chiedere un finanzia-mento che, per evitare aggravi fiscali, si sentono coartati a rinunciare pattiziamentealla facoltà, loro riconosciuta per legge, di rimborsare in qualsiasi momento il lorodebito.

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8 Con riguardo al citato art. 40, primo comma, del Testo Unico Bancario, autorevole dottrina ha affer-mato che “il tenore della disposizione appare connotato dal carattere della imperatività: sembra, cioè,che l’adempimento anticipato da parte del debitore [...] sia una facoltà irrinunciabile da parte del debi-tore medesimo e che, quindi, non possa concepirsi, al riguardo, la possibilità che l’esistenza ovveroanche le modalità di esercizio di simile facoltà vengano a ritrovarsi subordinate ad una specifica disci-plina pattizia tra finanziatore e finanziato (cfr. FALCONE, “Estinzione anticipata e risoluzione del con-tratto”, in Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Bologna, 2003, vol. I, pag. 602).Analoghe osservazioni sono state formulate con riguardo all’art. 125, comma 2, del citato Testo Unicorispetto al quale la dottrina ha osservato che “la norma non è dispositiva” e, quindi, la facoltà di adem-pimento anticipato è insopprimibile contrattualmente (cfr. MACARIO, Credito al consumo, in TestoUnico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Bologna, 2003, vol. II, 2072; MAFFEIS, La risoluzio-ne ed il recesso nei contratti di finanziamento al consumo, in Recesso e risoluzione nei contratti, a curadi De Nova, Milano, 1994, pag. 801).9 Nella precedente legislatura è stato presentato un ordine del giorno nella seduta del 24 novembre 2005(9/6176/185, Romoli), accettato dalla Camera dei Deputati come raccomandazione a varare al più pre-sto una disposizione per confermare la suddetta interpretazione.

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10. IMPOSTA IPOTECARIA: TUTELA DEI DIRITTI PATRIMONIALI DEI PROMISSORI ACQUIRENTI

In coerenza con le finalità perseguite dal D.Lgs. n. 122/05 – recante la tutela dei dirit-ti patrimoniali dei promissori acquirenti – se ne auspica l’integrazione per prevederel’abolizione, o una congrua riduzione, degli oneri fiscali sulle ipoteche rilasciare agaranzia delle fideiussioni prescritte dal medesimo decreto. Il decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, nell’ambito delle disposizioni poste atutela dei diritti patrimoniali dei promissori acquirenti, ha introdotto l’obbligo per ilcostruttore che venda “sulla carta” di procurarsi e consegnare all’acquirente unafideiussione rilasciata da una banca, da un’impresa di assicurazione o da altri specifi-ci intermediari finanziari (cfr. artt. 2 e 3 del citato D.lgs. n. 122).Nella prassi, il rischio assunto con il rilascio della fideiussione viene “coperto”mediante l’acquisizione di un’ipoteca sugli immobili offerti in garanzia dal costruttoremedesimo.Ciò, peraltro, determina elevati costi fiscali, considerato che, in assenza di regimi age-volativi, le imposte ipotecarie ammontano al 2,5% del valore per il quale l’ipoteca èiscritta.Tale costo non può che incidere negativamente sul prezzo dell’immobile da costruire.Al fine di evitare che una disposizione introdotta con lo scopo di tutelare i diritti patri-moniali dei promissori acquirenti si traduca in causa di aumento del prezzo dell’im-mobile da acquistare, la normativa recata dal citato D.Lgs. n. 122 dovrebbe essereintegrata per prevedere l’esenzione dall’imposta ipotecaria, ovvero una congrua ridu-zione della stessa, per le ipoteche rilasciate a garanzia delle fideiussioni prescrittedalla normativa medesima.

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11. RIUTILIZZO DELLE INFORMAZIONI ESTRATTEDAGLI ARCHIVI DELL’AGENZIA DEL TERRITORIO

La Legge Finanziaria 2005 ha stabilito che, ai fini del contrasto di fenomeni di elusio-ne fiscale e di tutela della fede pubblica, è vietata la riutilizzazione commerciale deidati, dei documenti e delle informazioni catastali e ipotecarie acquisite dagli Archividell’Agenzia del Territorio. La commercializzazione di tali informazioni è consentitasolo sulla base di convenzioni con la stessa Agenzia e del pagamento dei tributi perogni atto di riutilizzo, che sono peraltro aumentati in maniera sostanziale per effettodel Decreto n. 7 del 31 gennaio 2005.Tale disciplina è particolarmente rilevante per il sistema bancario, che è il principaleutilizzatore delle informazioni in discorso, ai fini del merito di credito della clientelae del successivo monitoraggio del rischio degli affidamenti concessi.Al riguardo è stato più volte segnalato all’Agenzia del Territorio e al precedenteGoverno che la nuova normativa ha determinato un significativo incremento dei costidelle informazioni; le banche, infatti, non acquisiscono direttamente l’informazionedall’Agenzia del Territorio (che non la offre nel formato richiesto dalle banche stesse)ma da information provider (che sono organizzati in filiera) con la conseguenza didover pagare il tributo più volte per una stessa informazione. Ne deriva che in molticasi le imprese bancarie hanno dovuto rinunciare all’utilizzo di queste preziose infor-mazioni per la valutazione del merito creditizio della clientela.Sulla questione si segnala che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercatoaveva segnalato al precedente Parlamento e al Governo gli effetti distorsivi della con-correnza e di violazione della Direttiva UE n. 2003/98/CE relativa al riutilizzo dell’in-formazione del settore pubblico che deriverebbero dall’art. 1 commi 367 e 370 dellapredetta Legge Finanziaria 2005.

12. TASSAZIONE UTILIZZO GAS DA PARTE DELLE IMPRESE

Il Gas metano rientra tra i prodotti sottoposti ad accisa in base all’art. 21 del TUA (TestoUnico sulle Accise) 504/95 e la relativa disciplina è contenuta nell’art. 26 del medesi-mo TUA, così come da ultimo modificato dall’art. 26 della Legge 23 dicembre 2000,n. 388.Tale imposizione si esige al momento della fabbricazione o dell’importazione del gased è dovuta dai soggetti esercenti impianti di produzione o distribuzione che forni-scono direttamente il prodotto ai consumatori; questo onere viene poi riversato nellafatturazione ai consumatori stessi.Il regime tributario prevede per l’imposta di consumo diverse fasce di gettito, determi-nate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e articolate per tipologia di utilizzoe per zona geografica. In particolare, vengono individuate le seguenti tipologie di utilizzo 1. Usi civili: sono soggetti ad accise calcolate sulla base dei metri cubi consumati e

variano per zona geografica. A loro volta, sono suddivise in:— T1 uso domestico (cottura di cibi o riscaldamento acqua);— T2 uso promiscuo (riscaldamento ambientale e cottura cibi/riscaldamento

acqua) fino a 250 mc;— T3 altri usi civili.

Le aree individuate dall’art.1 del Testo Unico delle leggi sugli interventi nelMezzogiorno (DPR 218/78) usufruiscono di aliquote agevolate; sono inoltre previ-ste riduzioni delle aliquote applicate per gli usi T2 e T3 nelle province nelle qualioltre il 70% dei comuni ricade in zona climatica F (Aosta, Belluno, Bolzano eTrento). 2. Usi produttivi: sono soggetti a un’unica aliquota valida per il territorio nazionale

sensibilmente ridotta rispetto agli usi civili. Gli usi produttivi comprendono le for-niture industriali e quelle ad esse assimilate, riconosciute agli utenti che svolgonole seguenti attività:— industriale produttiva di beni e servizi; — artigianale e agricola;— alberghiera;— teleriscaldamento con cogenerazione (con caratteristiche tecniche definite dalla

legge 10/91 art. 11, comma 2, lettera b, anche se a favore di utenze civili).Oltre a tali utenti, possono usufruire del trattamento fiscale riservato a quelli indu-striali, in virtù della finanziaria 2000, comma 5 dell’art.12 della Legge 23 dicembre1999 n. 488, anche:— gli esercizi di ristorazione (ristoranti, trattorie, pizzerie e similari ad esclusione

delle attività di somministrazione di prodotti come bar, caffè e gelaterie); — gli impianti sportivi adibiti esclusivamente ad attività dilettantistiche; — le attività ricettive per assistenza a disabili, orfani e indigenti.Inoltre, per gli usi industriali (termoelettrici esclusi) con consumi annui superiori a1.200.000 m3, è previsto un ulteriore sconto del 40% dell’aliquota.

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3. Produzione di energia elettrica: per la generazione di elettricità è prevista una ali-quota definita nell’ambito della Carbon tax (Legge n. 448/1998), che in caso diautoproduzione viene ridotta al 30%.

L’ABI intende richiedere al Ministero dell’Economia e delle Finanze l’applicabilità diaccise ridotte previste per gli usi produttivi, per il settore bancario in quanto, secondole sue caratteristiche, esso può essere assimilato alle forniture industriali che svolgonoattività produttive di beni e servizi. Tale richiesta è supportata anche dalla considera-zione che gli alberghi, tipicamente facenti parte del settore terziario come le banche,vengono considerati imprese industriali.

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