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RELAZIONE DEL PRESIDENTE
Assemblea Generale28 maggio 2018
Centro Congressi MalpensaFiere, Busto Arsizio
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Autorità, colleghi, gentili ospiti,
innanzitutto, vi ringrazio, della vostra presenza.
È una presenza importante. Una presenza non scontata, ma convinta.
Una presenza che conferma l’immagine della forza di questo nostro territorio.
Guardiamoci. Impariamo a vederci come collettività. Impariamo di più e
meglio a lavorare insieme per costruire il nostro futuro.
È questo il tema a cui voglio dedicare, oggi, la nostra Assemblea. Ed è per
questo motivo che avete attraversato un percorso costellato di loghi e di immagini
con tutti, i vostri, i nostri “nomi”.
Sono sicuro che, come è capitato a me questa mattina, ciascuno di voi ha
provato nello stesso tempo due sentimenti:
- la curiosità, nel ricercare il proprio logo tra mille;
- lo stupore, nel vedere quanti siamo: quanto sia ampia la comunità di
coloro che fanno il nostro mestiere.
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Abbiamo voluto dare una rappresentazione di quanto l’impresa sia diffusa,
vitale e capillarmente radicata nel nostro territorio.
A volte, noi stessi, non lo ricordiamo abbastanza, oppure lo diamo per
scontato. Ma scontato non è.
Il nostro valore percepito è molto distante dal valore reale.
È un problema? Non lo è in un Paese dove le cose funzionano a prescindere,
dove non si debba sempre rivendicare per ottenere.
Potrebbe diventare un problema in un Paese in cui le forze centrifughe si
fanno più forti e il collante collettivo ha necessità di essere rigenerato.
Equindi, per colmare la distanza tra il percepito ed il reale, tra ciò che potremmo
fare e quello che siamo costretti a fare, abbiamo bisogno di ripartire da qui.
Dal rafforzamento della nostra identità e dal consolidamento delle basi
della nostra collettività. Coltivando una diffusa coscienza del valore d’impresa.
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Disegnare un’identità collettiva per essere consapevoli e per non
essere soli: l’Impresa Unica non deve essere un’Impresa Sola
Tutti i nostri loghi non sono isolati. Sono la prova di una comunità
imprenditoriale.
Lo avevo già accennato nella mia prima Assemblea da Presidente: “Ogni
impresa è UNICA. Ma ogni impresa, in Italia oggi, non può permettersi di essere
lasciata SOLA”.
Tra l’essere UNICA e l’essere SOLA passano tante considerazioni.
È UNICA, l’impresa che ha saputo attraversare questi ultimi quindici anni,
tra globalizzazione e crisi finanziaria, e sopravvivere.
È SOLA, l’impresa che lo ha fatto in solitaria e contro tutto.
Spesso combattendo con un sistema di infrastrutture che sembra “pensato”
per isolare e non per collegare.
Combattendo con una burocrazia orientata ad ostacolare, più che a favorire
lo sviluppo della libera iniziativa.
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Con i tempi della Pubblica Amministrazione, frutto della frammentazione
delle competenze e della disomogeneità di interpretazione delle regole, che limitano
la possibilità di programmare. Tempi non adatti alle esigenze del mercato.
È UNICA l’impresa che ha saputo riorganizzarsi e rinnovarsi.
È SOLA l’impresa che lo ha fatto in un quadro di riferimento che non si è
modificato. Con un sistema legislativo, superato e incrostato.
È UNICA l’impresa che, considerati tutti i vincoli che ho elencato, ha
mantenuto il radicamento in questo Paese ed in questo territorio.
È SOLA l’impresa che, avendo ormai operato tutte le economie possibili
al proprio interno, ha guardato con attesa a un cambiamento nel sistema di
riferimento esterno. E lì si è fermata.
Non possiamo più permetterci di rimanere soli. Ma per cambiare bisogna
avere coscienza di se stessi e di quanto l’insieme di tutte queste unicità abbia
contribuito, nonostante tutto, a costruire quella incredibile piattaforma produttiva
che siamo.
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Tante unicità ci hanno permesso di costruire il Secondo Paese
manifatturiero d’Europa, ma non basta
È arrivato il tempo di creare più consapevolezza di ciò che abbiamo fatto
insieme. Non vuole essere un’autocelebrazione, ma l’obiettiva rappresentazione di
una realtà. Vuole essere l’appiglio per ripartire.
Pochi dati, ma di grande concretezza.
L’Italia è la seconda piattaforma produttiva a livello europeo. E Varese è
la sesta provincia manifatturiera italiana iper - specializzata. La quattordicesima
in Europa.
Siamo il settimo paese manifatturiero a livello internazionale. Davanti a
Regno Unito, Francia, Canada, Russia, Spagna. Varese, pur piccola nelle sue
dimensioni, garantisce il 2,5% della base produttiva nazionale.
Infine è significativo che l’Italia abbia conquistato e mantenga il settimo
posto nella classifica degli esportatori di manufatti (pari ad una quota del 3,2%
del commercio mondiale), dopo Cina, Germania, Stati Uniti, Giappone, Sud
Corea e Francia, con un saldo commerciale attivo, nel 2017, di 47 miliardi di
euro. E Varese sicuramente ci mette del suo perché più di un’impresa su tre del
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manifatturiero è anche esportatrice, perché è anche qui che si genera il 2,2%
dell’export nazionale e si contribuisce al saldo commerciale globale per circa l’8%.
Diventiamone consapevoli.
E siamo orgogliosi di questo.
Dobbiamo poter tenere un profilo adeguato quando andiamo a negoziare in
Europa o quando incontriamo i nostri clienti in giro nel mondo. Ma non dipende
solo da noi. Dipende anche dal Sistema Paese.
Da uno sviluppo inconsapevole a uno sviluppo virtuoso:
riprendere le redini della nostra crescita
Tutto questo lo siamo diventati nel tempo, con sacrificio e “nonostante
tutto”, però non vogliamo più esserlo “nonostante tutto”.
Vogliamo esserlo per ruolo e come Paese.
Vogliamo esserlo: per esplicita capacità di cambiamento.
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L’Italia ha dimostrato nella storia di saper dare avvio a processi di
rinnovamento sociale e culturale di vasta portata. Pensiamo al Rinascimento.
Pensiamo alla capacità di inventare ed innovare: nel suo piccolo, anche il nostro
territorio contribuisce a promuovere innovazione tecnologica. Varese è la quarta
provincia in Italia per addetti High Tech.
Vogliamo esserlo non per sterile affermazione, ma per orgogliosa
rivendicazione del fatto che stiamo creando un futuro per i nostri giovani.
Per diventare un Paese ed un territorio capace di trattenerli e di richiamarli.
Per coloro a cui lasceremo l’impresa del futuro.
Per una generazione, quella dei nostri figli, che merita qualcosa di più e
non ha “Sindacato” che la difenda. Per loro è il nostro impegno a rinnovarci.
È stato messo in luce molto bene nelle ultime Assise di Confindustria a
Verona come il nostro Paese abbia tutti gli elementi per giocare le carte di una
crescita non solo numerica, ma fatta anche di qualità della vita, di risposta ai
bisogni delle persone, di benessere collettivo e quindi di coesione sociale.
E la responsabilità di fare impresa, oggi, ha anche il valore di questo
preciso impegno civile.
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Non siamo, e non vogliamo essere, gli imprenditori che rivendicano. Siamo
gli imprenditori che chiedono di poter fare il loro lavoro in un contesto più semplice.
E, nel farlo, vogliono dare una mano a ricostruire unitarietà, equilibri, orgoglio,
visioni e prospettive. In un’Italia più efficiente. Ma anche meno conflittuale e più
generosa.
E qui mi rivolgo alla Politica. Mi auguro che l’esperienza di questi ultimi
mesi possa essere presto lasciata alle spalle e si sia pronti a ripartire con meno
polemiche e più senso di responsabilità verso un Paese che merita rispetto.
Mi auguro che si voglia riprendere il filo, con la volontà di costruire su
quanto è stato fatto sin qui con incredibili sforzi e sacrifici da parte di tutti,
cittadini ed imprese.
Mi auguro, è inutile dirlo, che si sappia mantenere un focus sull’impresa,
non perché è “bella”, ma perché è necessaria per la crescita!
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La richiesta al Paese
A chi ha la responsabilità di governo chiediamo poche cose concrete,
facilmente realizzabili e che hanno già copertura economica:
Continuità nella politica industriale
Non sospendere le “cure” che hanno dimostrato di funzionare e hanno
dato, dopo anni, un poco di fiato all’economia.
Non possiamo permettere che la ripresa si indebolisca, dobbiamo creare
un terreno perché metta solide radici prima che gli effetti di una politica di dazi e
di tassi crescenti smorzi gli entusiasmi.
Facilità nell’applicazione degli strumenti
Proseguire la positiva sperimentazione di strumenti automatici (iper-
ammortamento, credito d’imposta in ricerca e sviluppo...) che riducono il carico
amministrativo per le imprese che presentano progetti, ma anche per la Pubblica
Amministrazione che deve attuare i controlli.
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Snelliamo le pratiche, alleggeriamo le procedure e reintroduciamo il
principio della buona fede.
Credetemi, può funzionare!
Certezza dei tempi e delle regole
Noi imprenditori non chiediamo certo di non pagare. Ma chiediamo di
sapere con certezza quanto e quando per poter programmare le nostre strategie.
Chiediamo regole, poche e chiare. Chiediamo tempi certi per la Giustizia.
Efficienza e modernizzazione della Pubblica Amministrazione
Come già avviene in altri Paesi europei la digitalizzazione potrebbe fare
miracoli, così come la promozione degli strumenti di pagamento elettronici. Mezzi
semplici che semplificano il rapporto con il cittadino, responsabilizzano ed aiutano
a combattere il fenomeno dell’evasione, avviando così il percorso verso un fisco
più equo.
Ruolo in Europa
L’Europa unita, così come era stata disegnata alla sua fondazione, è la
naturale dimensione per essere in prima fila in un mondo sempre più complesso
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ed organizzato a blocchi. Ma in questa Europa, l’Italia deve tornare a giocare
un ruolo fondamentale. Non possiamo essere considerati un Paese periferico. Mi
auguro quindi che si sappia coltivare con continuità il rapporto con l’Europa,
cercando lì il rispetto, che sicuramente meritiamo, ottenendolo non solo per
rivendicazione, ma per merito.
L’Europa è stata, continua ad essere e sarà un’opportunità. Ancor più, è
la sede naturale per avere un ruolo adeguato in relazioni internazionali sempre
più complesse.
Controllo del debito
Infine, la capacità di tenere il punto sul debito pubblico, promuovendo
interventi per la crescita e non solo politiche redistributive. Una giusta
redistribuzione è indispensabile, ma prima bisogna tornare a generare il valore.
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La richiesta per il territorio, alla nostra Regione
Ed il valore lo si genera soprattutto a partire dalla realtà locale.
In questi mesi abbiamo vissuto un duplice cambio: con le elezioni nazionali,
e la successiva sofferta fase per la formazione di un Governo, ma anche con un
avvicendamento al vertice nella nostra Regione.
È proprio a livello locale che si possono programmare le politiche per il
territorio, conoscendone i bisogni e valutando la concreta fattibilità delle risposte.
Tante sarebbero le richieste.
Prima tra tutte: tenere il punto sui contenuti relativi alla vita di impresa
collegati al referendum sull’autonomia dello scorso autunno. È necessario
individuare gli ambiti necessari per potenziare lo sviluppo economico della nostra
regione. Ma insieme salvaguardare anche un livello adeguato di uniformità
normativa e amministrativa sul territorio nazionale, elemento indispensabile per
le imprese per poter operare efficacemente. Dobbiamo poter liberare energie per
ridare impeto alla crescita.
Investire nelle infrastrutture prima che sia troppo tardi.
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Oggi o sei raggiungibile o “non sei”. E questa non è una rivendicazione solo
nostra, appartiene a tutte le imprese e deve essere un diritto di tutti i cittadini. Il
disagio, ora parzialmente risolto, che abbiamo patito con la sospensione dei voli per
Roma ci ha dato la dimensione dell’abbandono e della lontananza. E ha reso più
evidente la centralità di un aeroporto perché persone e merci possano raggiungerci
facilmente, così come partire per ogni angolo del mondo. Fondamentale, in questo
disegno, il contemporaneo potenziamento della rete capillare di strade e ferrovie
lungo tutta la nostra provincia. A partire dal nuovo collegamento ferroviario
Varese - Lugano che, in prospettiva, mi auguro a breve, permetterà di raggiungere
anche Malpensa.
Essere raggiungibili, non essere isolati, è la prima condizione per lo
sviluppo e ben lo sa il Nord della nostra provincia. E proprio su queste zone di
confine formuliamo un invito alla Regione, e non solo, perché si possa collaborare
a ricreare verosimilmente le condizioni per un rinnovato sviluppo. Qui desidero
confermare tutta la nostra collaborazione ed impegno.
Non aver paura di pensare al nuovo costruendo le basi per un
ecosistema proiettato al futuro. Investendo anche nella rete delle infrastrutture
immateriali. Affinchè la Lombardia possa continuare a confermarsi la locomotiva
dell’innovazione nazionale: con il 17% della popolazione che produce il 28% delle
pubblicazioni scientifiche, registra il 35% dei brevetti e concentra il 23% delle
startup knowledge intensive.
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Sostenere le buone idee, promuovendo il DIH (Digital Innovation Hub)
che abbiamo fatto nascere a livello regionale con il compito di aiutare la transizione
tecnologica verso il digitale e accedere al mondo di Industria 4.0. Sostenendo i
Cluster, come momento di collaborazione tra il sistema delle imprese ed il sistema
delle università dove si fa ricerca scientifica. Valorizzando il nostro sistema
produttivo in quella straordinaria occasione, per tutto il sistema italiano, che sarà
il World Manufacturing Forum che si terrà stabilmente dal prossimo settembre
proprio in Lombardia.
Potrei continuare a lungo, anche con riferimenti dedicati a temi ambientali,
ma avremo certamente altri momenti per approfondire questi argomenti.
L’impegno delle imprese
Oggi, tuttavia, non voglio limitarmi a elencare ciò che vorremmo dagli altri,
dalla Politica, dal territorio. Sarebbe un atteggiamento non coerente. Desidero
piuttosto raccontare in cosa ci stiamo impegnando.
Come imprenditori stiamo mettendo una rinnovata voglia di investire
nel nostro territorio facendolo in un’ottica di industria manifatturiera moderna,
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capace di cogliere tutti gli stimoli della rivoluzione digitale. Nel 2017 grazie alle
misure del Piano Nazionale Industria 4.0 per la digitalizzazione delle imprese si
è allargata la base delle imprese che hanno investito ed hanno programmato di
investire sul territorio anche questo anno.
Più investimenti e quindi più mercato, più export e in prospettiva più
possibilità di occupazione.
Di pari passo, come Unione, abbiamo promosso ormai da tempo il passaggio
ad una finanza aperta e innovativa. Sono ormai 18 le imprese di questa provincia
che hanno affrontato, anche grazie al nostro aiuto, il percorso verso una gestione
finanziaria più strutturata attraverso il programma Elite di Borsa Italiana.
E come Unione stiamo cercando di favorire in tutti modi la transizione al
nuovo. Creando le condizioni per una crescita e diffusione della cultura digitale
tra le imprese e organizzando percorsi di accompagnamento alla digitalizzazione.
A partire dagli incontri delle “Frontiere dell’innovazione”, organizzati,
volutamente, all’interno delle imprese che questo cammino lo stanno già praticando,
per confrontarci direttamente sulle opportunità, ma anche sui problemi concreti
di chi questa strada l’ha già intrapresa.
Per passare dalla formazione sino all’affiancamento e sperimentazione
insieme agli imprenditori. Lo abbiamo fatto, ad esempio, per un gruppo pilota di
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40 colleghi del tessile e abbigliamento. Sperimentano loro, raccogliamo stimoli noi,
per mettere in campo progetti sempre più mirati ed efficaci. Progetti estendibili
anche ad altri settori. Sono campi nuovi per tutti in cui stiamo cercando di
favorire sul nostro territorio quella che possiamo chiamare una “digitalizzazione
da contatto”.
Come Unione abbiamo avviato negli ultimi anni due progetti di economia
circolare in ambito europeo (Life M3P ed ENTeR). E lo facciamo non perché è
di moda, non perché ci piace pronunciare la parola sostenibilità, ma perchè
siamo convinti che in un territorio con così tante produzioni, e così tanti processi
produttivi integrabili, lo scarto di lavorazione dell’uno possa diventare facilmente
la materia produttiva dell’altro. È una questione di sostenibilità, ma anche di
razionalizzazione, di risparmi produttivi e di attenzione verso l’ambiente.
Il più grande progetto sul quale stiamo lavorando, però, sono le persone.
Lo stiamo facendo come sistema pensando ai collaboratori dell’oggi.
E qui voglio ringraziare il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia che
ha fortemente voluto quel “Patto per il Lavoro”, recentemente siglato insieme ai
Sindacati, che ci offre un set di strumenti nuovi e utili nel governare i fenomeni
che ci vedranno protagonisti. Lì, in un momento delicato per il Paese, si traccia
la cornice solida, ma leggera, di un quadro, quello del lavoro del futuro, che poi
andremo a disegnare con il solito apprezzato spirito pragmatico e di collaborazione
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con il Sindacato a livello locale. Sono sicuro che anche questa volta sapremo fare
bene insieme.
Ma il nostro impegno è focalizzato anche sui giovani. I collaboratori
del domani. Coloro che avranno il compito di mantenere vivo questo nostro
Manifatturiero.
Il Patto Generazionale
Con loro dobbiamo siglare un Patto Generazionale!
I giovani sono la sfida che deve unire questo Paese.
Mentre tutto cambia abbiamo bisogno di menti giovani per i nuovi linguaggi.
Siamo invece un Paese con molti anziani, legittimamente tutelati, un Paese
che, però, sta facendo ancora poco per il futuro dei giovani.
Eppure questa deve essere la sfida di tutti. Quella della Politica che deve
trovare soluzioni al problema del “deficit generazionale”, perché anche questo è
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un deficit che va affrontato né più né meno di quello di Bilancio. È una questione
di numeri: di equilibri tra nuove e vecchie generazioni, ma è anche una questione
di qualità delle scelte politiche. Di interventi affinché i giovani possano trovare
lavoro, formarsi una famiglia, avere dei figli ed allevarli in un Paese “accogliente”.
Occorre crescita per generare lavoro. Occorre preparazione adeguata
all’impresa moderna per poterlo svolgere.
Invitiamo la Politica a mettere al centro della propria azione non il reddito
fine a se stesso, ma la possibilità di dare ai giovani gli strumenti per guadagnarsi
un reddito. In futuro. In questo Paese. In questo territorio.
Non tanto di redistribuzione vorremmo sentir parlare, ma di politiche per
la Scuola, per la Formazione, per i Giovani, per il Lavoro.
È su questi temi che è tempo di tornare ad essere chiari ed incisivi.
Come Unione lo abbiamo ben presente nei nostri pensieri. E cerchiamo di
praticarlo nei nostri progetti così come nelle nostre azioni.
E spendiamo energie e risorse, contatti e tempo per curare ed aiutare
lo sviluppo di una filiera educativa lunga. Notate bene, educativa. Non solo
formativa.
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Perché siamo convinti che occorra di nuovo educare alla cultura d’impresa.
Le imprese possono costituire un momento fondamentale per quello che
chiamerei lo scambio virtuoso con i giovani e tra le generazioni. L’impresa può
offrire il luogo ideale per lo sviluppo delle competenze, per rilanciare la coesione
sociale, per mettere alla prova lo spirito competitivo con un sano riconoscimento
del merito e della passione nel lavoro. Le imprese di oggi, aperte necessariamente
alla globalità, sono un’occasione per conoscere a fondo il mondo e per offrire
valide esperienze sia professionali che di vita.
Anche per questo dobbiamo coltivare e diffondere la cultura d’impresa.
Perché l’impresa può essere una “medicina sociale”. Essa contribuisce a creare
condizioni per lo sviluppo economico, allargare l’area del benessere e quindi far
diminuire le diseguaglianze e le condizioni di disagio sociale. L’impresa include.
Sono sicuro che la conoscenza diretta e l’apertura al territorio possano
fare la differenza. Conoscersi aiuta a piacersi.
Sono tante le iniziative che abbiamo messo in sequenza all’interno di
questa filiera educativa lunga. Cercando alleanze con docenti e famiglie.
A partire dal coinvolgimento dei bambini delle elementari. Passando agli
adolescenti delle medie, che si trovano davanti alla prima importante scelta
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formativa della loro vita, a cui proponiamo un tour di orientamento e visita alle
fabbriche con il PMI Day.
Un piccolo esercito di ragazzi simpatici e curiosi, che hanno riempito le
nostre fabbriche di domande e di entusiasmo.
I ragazzi delle scuole Superiori, ingaggiati ormai da 7 anni con il progetto
Generazione d’Industria sono entrati nelle nostre aziende per periodi lunghi di
quella che oggi, dopo l’ultima riforma della Scuola, chiameremmo “Alternanza
Scuola-Lavoro”.
Per arrivare all’Università. Qui una nota va fatta sulla nostra LIUC -
Università Cattaneo di Castellanza, di cui siamo stati pionieri, che lo scorso anno
ha sensibilmente accresciuto la propria offerta formativa introducendo la Business
School e sviluppando strumenti al servizio delle imprese quale, ad esempio, la
fabbrica virtuale dell’ i-FAB.
Sino alla sfida più nuova, quella per lo sviluppo degli ITS, dell’Istruzione
Tecnica Superiore, che rappresenta la risposta italiana a un sistema di istruzione
post-diploma professionalizzante consolidato, da alcuni anni, negli altri Paesi
europei.
È un modo per avvicinare la preparazione tecnica alle specializzazioni
produttive del territorio (meccatronica, aeronautica, tessile, energia, ICT e gomma-
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plastica). È così che si crea occupazione nei fatti: è bene ricordare che oltre l’80%
dei ragazzi che frequentano un ITS trova lavoro immediatamente.
Tutto questo senza dimenticare i lavoratori dell’oggi: solo con la nostra
società di servizi SPI gestiamo circa 33.000 ore di formazione sul territorio. Un
impegno importante.
Tornando ai giovani l’esperienza di questi anni ci ha consentito di creare
“Movimento” tra e con loro.
È un’esperienza che vogliamo coltivare e rafforzare.
Quelle 180 imprese coinvolte, quei 5.300 giovani che abbiamo incontrato,
quelle 80 scuole che sono diventate il nostro contatto quotidiano sono la misura
dell’impegno che come imprese e come sistema mettiamo sul piatto del nostro
personale “Patto Generazionale”.
È un Patto fatto di risorse, ma costruito anche con i sentimenti.
È fatto di voglia di poter dare a questi ragazzi le stesse opportunità che ci
sono state date da chi ci ha preceduto. Per tramandare nel tempo sia il desiderio
e l’interesse a lavorare nell’impresa, ma anche l’incoscienza ed il coraggio per…
tentare l’impresa!