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Assemblea degli Azionisti Fiat S.p.A. Intervento dell’Amministratore Delegato Sergio Marchionne Centro Congressi Lingotto 4 aprile 2012

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Assemblea degli Azionisti Fiat S.p.A.

Intervento dell’Amministratore Delegato

Sergio Marchionne

Centro Congressi Lingotto

4 aprile 2012

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Signori Azionisti, buongiorno. Il 2011 ha segnato l’inizio di un nuovo corso e di una nuova vita per la nostra azienda. E’ il primo anno in cui i frutti dell’alleanza tra Fiat e Chrysler sono evidenti anche a livello economico e finanziario, oltre che dal punto di vista industriale e commerciale. Anche se Chrysler nel 2011 è stata consolidata solo per sette mesi su dodici, il suo apporto, come vedremo tra poco, è stato determinante. Prima, però, di entrare nel dettaglio dei risultati raggiunti nell’anno, vorrei darvi un quadro generale su come procede l’integrazione e dove ci ha portati finora.

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Questa slide riassume il progressivo incremento della quota di partecipazione di Fiat in Chrysler. Nel corso del 2011, abbiamo raggiunto due dei tre Performance Events previsti dall’accordo iniziale, ottenendo per ciascuno il 5 per cento di Chrysler senza alcun corrispettivo: il primo, a seguito dell’avvio produttivo di un motore FIRE negli Stati Uniti; il secondo, per il raggiungimento di target di vendita di veicoli Chrysler al di fuori dei Paesi Nafta. A maggio, dopo il rimborso integrale da parte di Chrysler dei prestiti ricevuti dai Governi statunitense e canadese, Fiat ha esercitato l’opzione per l’acquisto di un ulteriore 16 per cento.

Nel mese di luglio, abbiamo acquisito le quote detenute dal Dipartimento del Tesoro americano e dal Governo canadese. A gennaio di quest’anno, abbiamo raggiunto anche il terzo Performance Event, l’Ecological Event, legato alla produzione negli Stati Uniti di una vettura a bassi consumi - almeno 40 miglia per gallone - basata su piattaforma Fiat. La nostra partecipazione è così salita all’attuale 58,5 per cento, con un esborso per Fiat di circa 1,9 miliardi di dollari, neppure confrontabile con il valore di Chrysler.

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Abbiamo, inoltre, opzioni per acquisire sino all’intera quota residua di Chrysler, oggi in mano al fondo sanitario dei dipendenti. Non si tratta solo di passaggi finanziari. Sono tappe fondamentali per completare il grande disegno d’integrazione tra Fiat e Chrysler, che ci sta portando alla creazione di una casa automobilistica globale.

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Per avere un’idea più chiara di come questa nuova azienda sia bilanciata sui mercati mondiali, possiamo considerare la suddivisione dei ricavi e del risultato della gestione ordinaria per area geografica. Qui lo vedete rappresentato considerando pro-forma l’apporto di Chrysler per l’intero 2011. A sinistra, il grafico del fatturato evidenzia che i Paesi dell’area NAFTA contribuiscono ora per quasi la metà dei volumi totali di Fiat-Chrysler. Se analizziamo l’origine dei profitti operativi, nel grafico a destra, il contributo maggiore proviene da Stati Uniti, Canada e Messico; con un significativo apporto dell’America Latina.

La fetta più piccola della torta – denominata “EMEA Automobili” – che risulta sostanzialmente in pareggio, è composta, in realtà, da due voci:

- i marchi di lusso, che hanno realizzato un trading profit di circa 400 milioni di euro,

- e le attività europee legate ai marchi generalisti, che nel 2011 hanno perso circa mezzo miliardo di euro. Tornerò tra poco su questo aspetto, per dirvi come stiamo cercando di risolvere la situazione in modo autonomo.

Resta, comunque, il fatto che aver raggiunto un migliore equilibrio geografico ci ha permesso finalmente di porre rimedio all’eccessiva dipendenza della Fiat dal mercato europeo e ci rende, per questo, più solidi.

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Possiamo quindi affrontare le oscillazioni dei mercati con serenità, con la fiducia che, nelle diverse fasi congiunturali che attraverseremo, quella che di volta in volta sarà la parte più forte del sistema lavorerà per proteggere e sostenere la più debole. Fiat e Chrysler insieme, nel 2011, hanno venduto più di quattro milioni di veicoli, diventando il settimo gruppo automobilistico mondiale. Oggi non siamo più un player marginale. Siamo diventati uno dei più forti e competitivi costruttori di auto, con un livello di tecnologia tra le più innovative e avanzate al mondo.

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Il cammino d’integrazione procede in modo spedito. A luglio abbiamo creato una nuova struttura organizzativa, di cui fanno parte leader che provengono da entrambe le aziende, in modo da riflettere le diversità culturali e geografiche dei nostri business. Nel corso dell’anno, abbiamo compiuto rilevanti progressi nella convergenza delle architetture e dei componenti, nell’integrazione delle attività di acquisto, nella condivisione dei migliori standard di produzione e nell’utilizzo della rete industriale comune. Le sinergie attivate tra le varie attività – specialmente nello sviluppo delle architetture, ma anche a livello di acquisti e World Class

Manufacturing – stanno iniziando a produrre forti benefici. Le sinergie ottenute negli ultimi due anni sono state di 1,4 miliardi di euro, di cui quasi un miliardo solo nel 2011. Si tratta di un processo che non è ancora finito, ma sta progressivamente aumentando d’intensità. Contiamo di completare la metà del lavoro d’integrazione entro la fine di quest’anno.

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Questa slide fotografa il livello di utilizzo della capacità produttiva nelle varie aree geografiche in cui operiamo. A sinistra è presentata la situazione dell’industria dell’auto nel suo complesso e a destra quella di Fiat-Chrysler per l’anno 2011. In Nord America, dopo la profonda azione di ristrutturazione avviata nel 2009, la sovraccapacità produttiva non è più un problema. In base all’harbour definition, oggi siamo arrivati a circa il 90 per cento di utilizzo degli impianti e anche la rete industriale di Chrysler negli Stati Uniti, in Canada e Messico ha raggiunto all’incirca lo stesso tasso, pari al 92 per cento. Per quanto riguarda l’America Latina, possiamo contare su un pieno utilizzo dei nostri impianti sia in Brasile sia Argentina: abbiamo un tasso del 114 per cento rispetto alla media dell’industria dell’82 per cento. Se, però, guardiamo all’Europa, risulta evidente il basso grado di utilizzo degli impianti italiani per la produzione di vetture, nonché il profondo divario rispetto alla media dell’industria dell’82 per cento e rispetto agli altri stabilimenti di Fiat in Europa. La rete italiana sta lavorando ben al di sotto della sua capacità, con un tasso del 50 per cento in base all’harbour definition. Se consideriamo la capacità tecnica, arriviamo appena al 33 per cento.

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Negli altri nostri stabilimenti in Europa, i parametri per misurare la saturazione si sono attestati rispettivamente al 118 e al 74 per cento. Si tratta di uno squilibrio strutturale che è stato al centro della nostra attenzione negli ultimi due anni. Abbiamo cercato di avviare un cambiamento significativo e duraturo per ottenere la più ampia flessibilità operativa degli stabilimenti e garantire loro prospettive sicure.

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Qui c’è una sintesi di quello che siamo stati in grado di realizzare fino ad oggi. Come avevamo annunciato più di tre anni fa, proprio per lasciare un ampio margine di tempo al processo di riconversione, alla fine del 2011 è cessata la produzione di auto nello stabilimento di Termini Imerese. Abbiamo anche deciso di uscire da Confindustria per ottenere la necessaria libertà contrattuale di trattare direttamente con i sindacati e concordare insieme una serie di condizioni che ci permettano di ricomporre la capacità di competere dell’industria dell’auto italiana.

Alla fine dell’anno, infatti, è stato siglato il nuovo Contratto Collettivo Specifico di Lavoro per tutti i dipendenti di Fiat e Fiat Industrial in Italia, che segna un significativo miglioramento per tutti. Si tratta di uno strumento moderno, in grado di assicurare la flessibilità e la governabilità degli stabilimenti necessarie per competere sui mercati mondiali. Inoltre, garantisce ai nostri lavoratori di mantenere inalterati tutti i diritti acquisiti e permette loro di beneficiare di evidenti vantaggi economici, legati all’aumento di produttività e a una maggiore flessibilità del lavoro straordinario.

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Siamo all’inizio di un nuovo ciclo, che stiamo portando avanti con disciplina e rigore, sfruttando la possibilità che Chrysler ci offre di far rientrare la Fiat europea in un disegno globale. Questo processo, che ci permetterà di sanare in modo definitivo le inefficienze della nostra rete industriale in Italia e tornare a break-even con le attività europee relative ai marchi generalisti, sarà completato nel 2014.

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Il primo impianto che sta beneficiando appieno del nuovo contratto è quello di Pomigliano. Come sapete, abbiamo deciso di portare in Italia la produzione della nuova Panda, come parte dell’impegno preso per rendere la base produttiva nazionale più solida e sicura. Pomigliano oggi, dopo gli interventi fatti sugli impianti e sul processo di produzione, è diventato il migliore stabilimento del mondo Fiat-Chrysler, e presenta i più alti standard di qualità del World Class Manufacturing. Lo stabilimento di Pomigliano, per quello che è diventato oggi, è un esempio che è possibile cambiare le cose e che, anzi, è nostro dovere farlo se vogliamo costruire qualcosa di valore, se vogliamo progredire.

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Passando ad analizzare i risultati del Gruppo Fiat nel 2011, possiamo dire che è stato, per molti versi, un anno eccezionale. Nonostante condizioni di mercato molto difficili in Europa, tutti gli obiettivi che avevamo fissato sono stati raggiunti o superati. I ricavi hanno quasi toccato la soglia dei 60 miliardi di euro, con Chrysler che ha contribuito per circa 24 miliardi nei sette mesi in cui è stata consolidata. Se escludiamo Chrysler, il fatturato di Fiat è di oltre 37 miliardi di euro, in crescita del 4 per cento rispetto al 2010. L’utile della gestione ordinaria è stato di 2,4 miliardi di euro – oltre la metà riconducibile a Chrysler – e il margine sui ricavi è salito al 4 per cento. L’utile netto – pari a 1,7 miliardi di euro – include proventi atipici per circa un miliardo, legati alla valutazione della quota detenuta in Chrysler al netto di svalutazioni e altri oneri atipici. Escludendo le voci straordinarie, l’utile netto si attesta a 0,8 miliardi di euro. Il risultato netto di Fiat senza Chrysler sarebbe in pareggio. L’indebitamento netto industriale si è attestato a 5,5 miliardi di euro.

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La crescita, rispetto agli 0,5 miliardi di fine 2010 è dovuta soprattutto al consolidamento del debito netto di Chrysler e all’acquisto delle quote di partecipazione dal Tesoro statunitense e dal Canada. Senza Chrysler, Fiat ha chiuso l’esercizio con un indebitamento netto industriale di 2,4 miliardi di euro. Se escludessimo gli esborsi per l’acquisto delle quote in Chrysler e altre poste non monetarie, risulterebbe pari a 0,7 miliardi di euro, nettamente migliore dell’obiettivo annunciato a inizio anno. La liquidità disponibile – di 20,7 miliardi di euro – comprende 3 miliardi di linee di credito non utilizzate. I 12,3 miliardi di euro relativi a Fiat esclusa Chrysler sono in linea con la liquidità di fine 2010.

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Abbiamo continuato a gestire i costi in modo rigoroso, ponendo la massima attenzione ad allineare i livelli di produzione alla domanda del mercato. Il World Class Manufacturing ci ha permesso di risparmiare, in modo combinato tra Fiat e Chrysler, 480 milioni di euro, circa il 7 per cento in termini di costi di trasformazione. Anche sul fronte degli acquisti, le efficienze sono state rilevanti, con risparmi superiori al 2 per cento su un volume di acquisti di circa 43 miliardi di euro l’anno. Abbiamo, inoltre, rifinanziato con successo i prestiti in scadenza, attraverso l’emissione di obbligazioni per complessivi 2,5 miliardi di euro e la sindacazione di una nuova linea di credito revolving da circa 2 miliardi di euro di durata triennale. Ad ottobre, il Consiglio di Amministrazione ha deliberato di proporre la conversione in azioni Fiat ordinarie di tutte le azioni privilegiate e di risparmio, in modo da semplificare la struttura del capitale e di governance della Società, in linea con le best practices mondiali. Considerando che la Fiat intende mantenere un elevato livello di liquidità e che vi sono restrizioni alla possibilità di Chrysler di distribuire dividendi ai propri soci, il Consiglio di Amministrazione ha deciso di non raccomandare la distribuzione di un dividendo alle azioni ordinarie e di proporre il pagamento alle sole azioni privilegiate e di risparmio, per un importo complessivo pari a circa 40 milioni di euro.

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In questa slide si vede il contributo dei singoli business alla composizione del fatturato e dei profitti della gestione ordinaria. I ricavi di Fiat Group Automobiles sono stati sostanzialmente allineati a quelli del 2010, con un migliore mix di prodotto che ha bilanciato il calo dei volumi. Sul risultato della gestione ordinaria hanno inciso la riduzione dei volumi di autovetture in Europa, l’aumento dei costi di pubblicità legati al lancio dei nuovi modelli e maggiori costi di ricerca e sviluppo per i futuri prodotti. Questi sono stati in parte bilanciati dalle efficienze derivanti dal World Class Manufacturing e dagli acquisti. Chrysler, nei sette mesi di consolidamento, da giugno a dicembre, ha contribuito in modo significativo. L’utile della gestione ordinaria ha beneficiato delle ottime performance dei nuovi modelli, a livello di volumi di vendita, mix e prezzo. I marchi di lusso, come anche le attività della componentistica, hanno registrato un buon andamento, aumentando i ricavi e migliorando la redditività.

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La situazione dei mercati nel 2011 è stata eterogenea. Negli Stati Uniti abbiamo assistito a una significativa ripresa, con una domanda in crescita dell’11 per cento. Per il 2012, il mercato americano dovrebbe salire a 13,8 milioni di veicoli, in linea con le previsioni contenute nel piano di sviluppo Chrysler. In Canada, il mercato ha registrato un aumento del 2 per cento e ci aspettiamo che la domanda rimanga stabile anche per l’anno in corso. L’Europa, invece, seppur con andamenti diversi tra i vari Paesi, ha accusato un ulteriore calo – pari all’1,4 per cento – particolarmente pronunciato nell’ultima parte dell’anno. L’incremento in Germania non è stato sufficiente a bilanciare la performance negativa della Francia e soprattutto di Spagna e Italia, dove è stato toccato il livello più basso dal 1996. Il mercato dei veicoli commerciali leggeri in Europa, invece, è in via di ripresa e ha segnato un aumento vicino all’8 per cento, guidato da tutti i principali Paesi ad eccezione dell’Italia. Crescite a doppia cifra si sono avute in Francia, in Germania e anche nel complesso dei mercati minori.

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Per il 2012, le aspettative dei mercati in Europa non sono incoraggianti. Prevediamo che le condizioni rimangano difficili e che la domanda di vetture segni un ulteriore calo, per il quinto anno consecutivo, attestandosi a circa 13 milioni di veicoli rispetto ai 13,6 milioni del 2011. Anche il mercato dei veicoli commerciali leggeri è atteso in diminuzione: stimiamo infatti che il 2012 dovrebbe registrare un calo nell’ordine di circa il 3-5 per cento, con la contrazione più marcata in Italia, pari a circa il 10 per cento. Quanto all’America Latina, il mercato brasiliano ha toccato un nuovo record nel 2011, superando i 3,4 milioni di unità, che significa un aumento del 2,9 per cento rispetto all’anno precedente. Anche l’Argentina è in crescita: l’aumento è stato di quasi il 29 per cento. Ci aspettiamo che la domanda di auto continui a seguire anche quest’anno il trend di crescita economica dell’area.

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In Nord America, Chrysler ha messo a segno incrementi a due cifre, nettamente superiori alla media del settore, con un costante incremento delle quote di penetrazione. Negli Stati Uniti, Chrysler ha chiuso il 2011 con una quota del 10,5 per cento, rispetto al 9,2 per cento dell’anno precedente. Dicembre ha rappresentato il ventunesimo mese consecutivo di crescita, sulla spinta dei 16 nuovi modelli che sono stati introdotti sul mercato. In Canada, invece, la quota Chrysler si è attestata al 14,3 per cento, in aumento di 1,3 punti percentuali rispetto al 2010.

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Questa slide presenta alcuni dei prodotti che hanno contribuito maggiormente alle vendite di Chrysler negli Stati Uniti e in Canada, aumentate rispettivamente del 26 e del 13 per cento. I risultati molto positivi sono stati trainati, in particolare:

dalla nuova Chrysler 200;

dal nuovo Durango;

da diversi modelli del marchio Jeep – Grand Cherokee, Compass & Patriot e Jeep Wrangler;

oltre che da tutti i pick-up del marchio Ram.

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La Dodge Dart, che abbiamo presentato a gennaio di quest’anno al Salone di Detroit e sarà introdotta sul mercato nordamericano a partire da maggio, è un’altra vettura-chiave per il futuro. Con la Dart, infatti, offriamo una vettura altamente competitiva in un segmento cruciale del mercato, quello delle berline compatte; un segmento che rappresenta circa il 14 per cento delle vendite negli Stati Uniti e oltre il 21 per cento in Canada. Ed è anche un’auto simbolica. E’ la prima vettura del gruppo Chrysler che nasce su piattaforma Fiat – quella dell’Alfa Romeo Giulietta – modificata e adattata per il mercato americano.

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Passando all’Europa, la quota di FGA si è attestata al 6,9 per cento. Il calo rispetto al 2010 è dovuto principalmente a due elementi. Primo, il fatto che il mercato italiano abbia ridotto il proprio peso nel contesto europeo. Come si vede nel grafico in alto a destra, oggi l’Italia incide per meno del 13 per cento. Il secondo elemento è lo spostamento della domanda verso segmenti più alti. In particolare, l’incidenza dei segmenti A e B in Europa si è ridotta di 3,5 punti percentuali e ha determinato per FGA la perdita di 0,6 punti di quota. In Italia, la performance dell’anno è stata in realtà penalizzata dal primo trimestre, che si confrontava con lo stesso periodo del 2010 in cui c’erano ancora gli effetti degli eco-incentivi. La quota di FGA, infatti, è scesa al 29,4 per cento, a causa della perdita di 2,3 punti percentuali avvenuta nei primi tre mesi dell’anno e nonostante significativi aumenti nei tre principali segmenti di mercato.

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Analizzando le performance dei singoli marchi in Europa, Fiat è stato quello che ha subito l’impatto maggiore dal cambio di peso dei diversi segmenti che si è determinato nel mercato. Fiat, comunque, ha mantenuto la sua leadership nei segmenti di punta, con Panda e 500 in testa alle vendite del segmento A e Punto che è entrata tra i primi cinque modelli del B. Il nuovo Freemont, in commercio da giugno, ha ottenuto un’ottima accoglienza in un segmento in forte espansione come quello dei SUV e cross-over, cresciuto di oltre il 21 per cento in Europa. Le vendite dell’Alfa Romeo sono salite del 19 per cento, trainate dalla Giulietta, che ha segnato la miglior performance mai ottenuta dal marchio nel segmento C. La quota di Lancia si è mantenuta stabile rispetto al 2010. Il brand ha inanellato nel corso dell’anno miglioramenti trimestre su trimestre soprattutto grazie alla nuova Ypsilon, in vendita sul mercato europeo a partire da giugno del 2011. Le vendite di Jeep sono aumentate di circa il 62 per cento, segnando l’incremento più alto fra tutti i marchi, in virtù di una gamma di prodotto rinnovata e di una rete commerciale più forte, potendo ora contare sui canali di FGA. La quota di mercato Jeep è quasi duplicata.

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Fiat Professional ha chiuso il 2011 con vendite in aumento del 5,6 per cento in Europa, registrando incrementi su tutti i maggiori mercati, ad eccezione di Italia e Spagna, a causa del significativo calo del mercato nell’ultima parte dell’anno. La quota si è attestata al 12,5 per cento, in linea con il 2010. La performance commerciale va attribuita soprattutto al nuovo Ducato, che ha raggiungo la miglior quota mai ottenuta nel proprio segmento.

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Quanto all’America Latina, la quota di Fiat e Chrysler insieme è salita al 16,8 per cento, con Chrysler che ha venduto il 33 per cento in più dell’anno precedente. In Brasile, Fiat si è riconfermata leader indiscussa, un primato che dura ormai da circa un decennio, con una fetta di mercato del 22,2 per cento. Abbiamo guadagnato terreno in tutti i segmenti-chiave:

- un punto percentuale nei segmenti A e B, grazie agli ottimi risultati di 500 e della nuova Uno;

- oltre tre punti percentuali nel segmento C2 con la Bravo; - e siamo entrati nel mercato dei SUV con il Freemont, che in soli

quattro mesi di vendite ha ottenuto quasi tre punti di quota nel segmento di riferimento.

Abbiamo vinto il premio “Carro do Ano” per due edizioni consecutive: nel 2011 con la nuova Uno e nel 2012 con la nuova Palio, alla quale sono andati altri cinque premi, compreso quello per la miglior compatta dell’anno. Anche Chrysler ha centrato importanti traguardi, specialmente con il marchio Jeep, che ha raddoppiato le vendite del Cherokee e più che triplicato quelle del Grand Cherokee.

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In Argentina, la nostra quota è aumentata di 0,4 punti, arrivando all’11,6 per cento, con il marchio Chrysler che ha segnato il miglior anno della propria storia. Oltre a un forte progresso nei segmenti più piccoli, abbiamo ottenuto per la prima volta la leadership nei pick-up.

Assemblea Azionisti Fiat pag. 27 di 53 04/04/2012

I risultati raggiunti sono lo specchio del lavoro fatto per ampliare e rinnovare la nostra gamma di prodotti, in ognuna delle aree in cui operiamo. Questa è la fotografia dei principali lanci dell’anno scorso. Parliamo, in totale, di 16 nuovi modelli e 11 aggiornamenti di prodotto. In particolare, il marchio Lancia/Chrysler in Europa ha beneficiato del lancio della nuova Ypsilon e di un’offerta più ampia, grazie all’introduzione di Thema e Voyager, disponibili sul mercato a partire dalla fine dell’anno. Quanto all’area NAFTA, sono stati presentati la 500 Cabrio e quattro nuovi modelli con il marchio SRT, il brand che caratterizza vetture del Gruppo Chrysler con elevate performance. In Brasile, oltre alla Palio, hanno ricevuto un’ottima accoglienza sia la 500 sia il Freemont. In particolare, la 500 prodotta e importata dal Messico come il Freemont, ci ha permesso di raggiungere una base costi più competitiva rispetto al modello che in precedenza era importato dall’Europa. In Cina, inoltre, abbiamo portato il Grand Cherokee e la 500.

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Un’azione altrettanto intensa è prevista per l’anno in corso. Nel complesso, si tratta di 19 nuovi prodotti e 9 aggiornamenti. In Europa, i modelli più importanti sono la nuova Panda, in commercio da gennaio, la Flavia cabrio e la Fiat 500 L, che abbiamo presentato al Salone di Ginevra. In Nord America, dopo la 500 Abarth, arriveranno la Dart e la nuova Viper, che proprio oggi viene rivelata in anteprima al Salone di New York, e una versione completamente elettrica della 500. In America Latina, avremo un forte rinnovo della gamma, con l’introduzione di cinque nuovi modelli e sette aggiornamenti di prodotti esistenti. In Asia porteremo sei nuovi prodotti, tra cui l’Alfa Romeo Giulietta e una nuova berlina di segmento C, che sarà la prima vettura costruita in partnership con GAC.

Assemblea Azionisti Fiat pag. 29 di 53 04/04/2012

Nel corso dell’intero anno, Fiat e Chrysler insieme hanno fatturato 4 milioni di veicoli, senza contare le joint venture. Per il 2012, l’obiettivo è di aumentare il livello in un range compreso tra 4,1 e 4,4 milioni di unità, secondo il dettaglio per area che vedete sulla destra. L’ampiezza del range è principalmente dovuta ai volumi in Europa, difficili da prevedere a causa del livello d’incertezza che presenta oggi l’economia della zona euro. Ci aspettiamo che il mercato salga ancora in Nord America e così le nostre quote. In America Latina le consegne dovrebbero raggiungere circa un milione di unità, guidate dalla crescita del mercato brasiliano.

Assemblea Azionisti Fiat pag. 30 di 53 04/04/2012

Passando ai marchi di lusso, Ferrari ha registrato un aumento dei ricavi di oltre il 17 per cento a 2,3 miliardi di euro. Le vendite hanno raggiunto un record storico, trainate soprattutto dai modelli a 12 cilindri e dalla FF, in particolare. Il Nord America si è confermato il primo mercato per Ferrari con oltre il 27 per cento delle consegne totali. L’utile della gestione ordinaria ha raggiunto i 312 milioni di euro con un margine operativo al 14 per cento. L’aumento della redditività è dovuto a maggiori volumi di vendita e a un miglior mix di prodotto, parzialmente compensati da costi di ricerca e sviluppo più alti.

Assemblea Azionisti Fiat pag. 31 di 53 04/04/2012

Anche per Maserati è stato un ottimo anno. Ha realizzato ricavi per quasi 600 milioni di euro e aumentato le consegne dell’8,5 per cento. Negli Stati Uniti – primo mercato per Maserati – l’aumento è stato del 20 per cento. Per la prima volta nella storia di Maserati, la Cina – dove le consegne sono pressoché raddoppiate rispetto al 2010 – è diventata il secondo mercato in ordine d’importanza. L’utile della gestione ordinaria è quasi raddoppiato rispetto all’anno precedente, arrivando a 40 milioni di euro. Il netto miglioramento si deve a un migliore mix e alla continua ottimizzazione dei costi di gestione.

Assemblea Azionisti Fiat pag. 32 di 53 04/04/2012

Magneti Marelli ha beneficiato del buon andamento del mercato in Germania, Brasile e Cina, oltre che della ripresa in Nord America. Positivo anche il contributo che è arrivato dall’aumento della domanda di veicoli leggeri. Il fatturato è cresciuto dell’8,5 per cento a quasi 6 miliardi di euro. Il risultato della gestione ordinaria è quasi raddoppiato, raggiungendo i 181 milioni di euro, grazie all’aumento delle vendite e alle efficienze produttive, che hanno più che compensato la tensione sui prezzi delle materie prime.

Assemblea Azionisti Fiat pag. 33 di 53 04/04/2012

Per quanto riguarda Fiat Powertrain, il fatturato è cresciuto del 6 per cento, a 4,4 miliardi di euro. I maggiori volumi di vendita in America Latina hanno più che bilanciato il calo in Europa. Le vendite di motori si sono mantenute stabili rispetto all’anno precedente, mentre sono aumentate quelle di trasmissioni. Il trading profit è stato di 131 milioni di euro, penalizzato dai prezzi delle materie prime e dai maggiori costi legati ai nuovi prodotti, entrambi compensati solo in parte dalle efficienze nel manufacturing e sui costi di struttura. Nel corso dell’anno, l’acquisizione del 50 per cento di VM Motori ci ha permesso di arricchire l’offerta di motori Fiat-Chrysler con due nuovi prodotti, che rappresentano lo stato dell’arte nel mercato dei diesel. Inoltre, la nostra partnership con Suzuki si è rafforzata grazie a due nuovi accordi di fornitura: per il motore diesel 1.6 MultiJet e, in base ad un’intesa raggiunta a inizio del 2012, per fornire fino a 100.000 motori 1.3 MultiJet a Maruti Suzuki India per tre anni.

Assemblea Azionisti Fiat pag. 34 di 53 04/04/2012

Gli sforzi fatti per allineare la gestione del business ai migliori standard in materia di sostenibilità sono stati riconosciuti e apprezzati a livello internazionale. Per il terzo anno consecutivo, Fiat è stata confermata negli indici Dow Jones Sustainability World e Europe, ai quali accedono solo le società giudicate migliori secondo criteri di sostenibilità. L’impegno per la riduzione dell’impatto ambientale dei nostri processi produttivi ci ha visti designati tra i leader mondiali nella lotta ai cambiamenti climatici, secondo il rapporto pubblicato dal Carbon Disclosure Project. Inoltre, in base ad una ricerca condotta da VIGEO, che valuta le imprese sotto il profilo ambientale, sociale e di governance, Fiat è entrata a far parte della rosa di aziende incluse nell’indice ASPI Eurozone®. Tutti questi riconoscimenti ci gratificano, perché sono una prova del senso del dovere e dei valori che fanno parte integrante della nostra cultura di business.

Assemblea Azionisti Fiat pag. 35 di 53 04/04/2012

Quanto alle prospettive per l’anno in corso, confermiamo il nostro impegno a proseguire lungo le direttrici strategiche delineate dai piani quinquennali, presentati a novembre 2009 per Chrysler e ad aprile 2010 per Fiat. Avendo riesaminato le condizioni economiche e di mercato nelle quattro regioni in cui operano Fiat e Chrysler, sono confermate le aspettative di risultato per Nord America, America Latina e Asia-Pacifico. Quanto all’Europa, l’indebolimento del mercato ha generato dubbi circa le assunzioni in termini di volumi su cui si basano il mercato nel suo complesso e di conseguenza i piani di sviluppo del Gruppo fino al 2014. Per questo motivo, le indicazioni relative ai target per il 2012 sono state fornite in termini d’intervallo di valori, che considerano il perdurare delle attuali depresse condizioni di mercato in Europa fino a una graduale stabilizzazione e ripresa solo alla fine dell’anno. Ci aspettiamo, quindi, di chiudere il 2012 con:

ricavi superiori ai 77 miliardi di euro;

un utile della gestione ordinaria tra 3,8 e 4,5 miliardi di euro;

un utile netto compreso tra 1,2 e 1,5 miliardi di euro;

e un indebitamento netto industriale tra 5,5 e 6 miliardi di euro.

Assemblea Azionisti Fiat pag. 36 di 53 04/04/2012

Prevediamo di poter articolare appieno gli impatti derivanti dalla situazione economica nell’Eurozona sul nostro piano fino al 2014 in occasione della comunicazione dei risultati del terzo trimestre dell’anno.

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Assemblea Azionisti Fiat pag. 37 di 53 04/04/2012

Prima di chiudere, vorrei condividere con voi alcune riflessioni di carattere generale, sulla Fiat e sulla sua missione industriale.

La prima cosa che vorrei fosse chiara è che quando parliamo della Fiat oggi stiamo parlando di un’azienda che è cambiata radicalmente negli ultimi anni, anche guardando solo al 2004. Quella è una realtà che non esiste più. Purtroppo, in Italia, la percezione è rimasta congelata nel passato e non ci si rende conto del cambiamento epocale che è avvenuto, all’esterno e all’interno dell’azienda, nella dimensione economica mondiale e nel tipo di organizzazione in cui la Fiat si è trasformata.

Per capire quanto profondo sia stato questo cambiamento basta considerare il profilo del nostro gruppo – in particolare delle attività automobilistiche – nel 2004 e nel 2011.

Questa fotografia racconta di un’azienda che allora era quasi totalmente concentrata in Europa. Fatturava 27 miliardi di euro, di cui oltre il 90 per cento in Europa.

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I dipendenti erano di poco superiori a 100.000, di cui il 70 per cento in Europa e più della metà in Italia. Un’azienda che era in profondo rosso. A livello operativo, le perdite, inclusi gli oneri atipici, erano di circa 1,3 miliardi di euro, tutte concentrate in Europa, con un sostanziale pareggio in America Latina. L’immagine del 2011, invece, parla di una Fiat che ha una presenza diversificata sui mercati del mondo. Il fatturato, se consideriamo Chrysler per dodici mesi, è salito a quasi 75 miliardi di euro. I dipendenti nel mondo sono 197.000, di cui circa il 44 per cento in Europa, un terzo nell’area NAFTA e quasi un quarto in America Latina. Oggi la Fiat è capace di generare significativi profitti operativi nonostante le perdite collegate ai marchi generalisti in Europa. Perdite che, peraltro, sono state più che dimezzate rispetto al 2004 e sono più che compensate da forti utili in America Latina e in Nord America. Oggi la Fiat è un’azienda globale che macina profitti. Tutti conosciamo bene la situazione attuale dei mercati in Europa.

La crisi è iniziata ben prima dei problemi legati al debito degli stati sovrani. Nel 2012, per il quinto anno consecutivo, la domanda di autovetture farà di nuovo registrare un segno meno. I volumi in Italia sono precipitati a livelli che non si vedevano da decenni. Il mese di marzo, addirittura, è stato il peggiore dal 1980.

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Nell’immediato futuro, le prospettive non sono destinate a migliorare. Restare legati a quel modello di business, del tutto sbilanciato verso un mercato in difficoltà, non ci avrebbe portati molto lontani. Per questo, già alla fine del 2008, abbiamo fatto una scelta chiara, quella di allentare il focus sull’Europa e di concentrarci sul Nord America e sull’America Latina.

Era l’unica in grado di preservare il futuro della Fiat. Infatti, i dati sulle vendite di marzo, che sono arrivati ieri dagli Stati Uniti e dal Canada, parlano di una performance eccezionale. Negli Stati Uniti, Chrysler ha registrato nel complesso un aumento del 34 per cento, segnando il 24esimo mese di crescita consecutivo. Le vendite retail sono salite del 43 per cento, il miglior marzo dal 2007. In Canada, abbiamo segnato il miglior marzo degli ultimi dodici anni e rimaniamo, nel trimestre, al primo posto nelle vendite.

Al contrario, quei costruttori che sono rimasti legati soltanto all’Europa, ne stanno scontando gli effetti e le perdite, a suono di vendita di asset, aumenti di capitale e sostegni pubblici. Grazie alla scelta che abbiamo fatto noi, invece, siamo diventati più forti ed autonomi.

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Possiamo raccogliere i frutti di una presenza stabile e globale, e possiamo affrontare il futuro con serenità.

Per questo siamo nella posizione di confermare gli obiettivi per il 2012. Non ha più senso parlare della Fiat come azienda italiana o europea. La Fiat di adesso è una multinazionale. Mi fa piacere che, di recente, anche il Presidente Monti abbia riconosciuto questo cambiamento. Vorrei rileggervi, in questa sede, le esatte parole che ha usato, perché ha centrato il cuore della questione.

“Chi gestisce la Fiat ha il diritto e il dovere di scegliere per i suoi investimenti le localizzazioni più convenienti.

Non ha nessun dovere di ricordarsi solo dell’Italia.

Tre cose sono importanti per un’azienda come quella: produttività, flessibilità, ma la terza, o forse la prima, è il rispetto.

Il Paese può molto esigere ma deve anche rispettare e non si può pensare che in un Paese, e in uno solo, a causa della propria radice storica, un’impresa deve essere oggetto di permanente scrutinio investigativo”.

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Chi di voi era presente all’Assemblea del 2010, ricorderà che anch’io ho parlato di rispetto. E di un rapporto che deve essere a due vie. La Fiat, specialmente nel suo recente passato, ha sempre cercato di trattare questo Paese con profondo rispetto. E’ un sentimento dovuto in primo luogo verso le Istituzioni, che rappresentano i fondamenti della nostra vita sociale. Il rispetto che abbiamo per l’Italia lo dimostriamo nel riconoscere al Paese la piena libertà di scegliere ciò che è meglio per sé, senza chiedere nulla, senza condizionare nessuno. Ma credo che anche la Fiat meriti lo stesso trattamento. Ci va riconosciuta la libertà di agire in un contesto globale. Ogni azienda, in ogni parte del mondo, ha il diritto e il dovere di compiere delle scelte industriali e di farlo in modo razionale. Ha il diritto e il dovere di scegliere in piena autonomia, pensando in primo luogo a crescere e a diventare più competitiva. La Fiat ha scelto di gestire questa libertà in modo responsabile e continuerà a farlo, a patto di non compromettere il proprio futuro. Tutto ciò non significa che l’Italia e l’Europa abbiano perso importanza per noi, né che l’intensità dei nostri sforzi sia diminuita. Ma non sono più l’unico orizzonte. Oggi bisogna intenderle come un tassello di un disegno industriale molto più grande, come un singolo pezzo all’interno di una strategia mondiale.

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Pretendere, quindi, che le scelte della Fiat vengano fatte solo in ottica italiana è una visione ristretta e pericolosa. Ristretta, perché manca di onestà intellettuale verso più di due terzi dei lavoratori della Fiat che non sono in Italia. Pericolosa, perché ci condannerebbe all’isolamento e alla scomparsa. L’epoca in cui viviamo – una nuova fase economica che non è più limitata da confini, ma impone di adottare una prospettiva globale – non ci lascia molta scelta. Quella di andare a cercare i fatturati altrove e sempre più lontano è diventata una necessità. Continuare a fare affidamento sui consumi interni per rilanciare un’economia in difficoltà è una pura follia.

Un modello che si basa sull’idea che i consumi saranno sempre superiori al livello della produzione è del tutto insostenibile.

Soprattutto per un business come quello dell’auto in Europa, schiacciato da anni da una sovraccapacità produttiva cronica, la ricerca di nuovi mercati è un imperativo di sopravvivenza.

L’alleanza con Chrysler ci offre un’opportunità unica e probabilmente irripetibile per trovare una soluzione autonoma a questo problema.

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Ci permette, infatti, di usare la nostra base produttiva per le esportazioni, assorbendo, per lo meno in parte, il nostro eccesso di capacità installata. Per fare tutto ciò, bisogna cogliere l’opportunità di adeguarsi agli standard necessari a competere a livello internazionale e a produrre per mercati esigenti, come quelli nord americani. Grazie all’alleanza tra Fiat e Chrysler, l’Italia ha la grande occasione di rientrare in un disegno globale, beneficiando della possibilità di esportare in mercati extra-europei. Questa, però, non è una scelta che possiamo fare noi per l’Italia. Come ho già detto in altre occasioni, spetta al Paese decidere se vuole far parte di questo progetto. Gli strumenti ci sono, la nostra volontà anche. Ora dipende solo dall’Italia, soprattutto dalle forze sociali, se metterli a frutto. Noi abbiamo cercato di creare tutte le condizioni per farlo e abbiamo trovato un ampio consenso dai sindacati e dalla stragrande maggioranza dei nostri lavoratori.

Ma ci sono ancora antagonisti che, per ragioni a noi incomprensibili, stanno facendo di tutto per ostacolare il progetto. Se queste forze esterne riusciranno a impedire che venga realizzato, non ci resterà che prenderne atto. Non saremo noi, a quel punto, i responsabili delle conseguenze.

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Vorrei leggere insieme a voi quello che ha scritto il direttore del Tempo, Mario Sechi, un giornalista che non conosco personalmente, ma di cui ho avuto modo di apprezzare l’oggettività ascoltandolo in televisione. Nel suo editoriale di ieri ha descritto in maniera sintetica ma molto efficace la realtà che ci troviamo di fronte.

“La Fiat è un’azienda globale da quando è sbarcata in America, può chiudere in Italia e riaprire all’estero.

Fiat è lo specchio della crisi italiana ed europea, è la folle corsa kamikaze di un sistema che non vuole riformarsi.

Fiat è la faccia sofferente della produzione non delocalizzata.

L’altro volto è quello della disoccupazione crescente.

E’ irresponsabile usare in modo strumentale i numeri della crisi dell’auto per ostacolare un cambiamento più che mai necessario.

Qui si sta giocando sulla pelle delle persone e ho letto dichiarazioni a raffica da destra, da sinistra e dal centro che sono l’evidente frutto di un’allucinazione collettiva del Palazzo: tutto tornerà come prima.

Non hanno capito: niente sarà come prima”.

Queste le parole di Sechi e non potrebbero trovarmi più d’accordo. Il nostro Paese deve decidere se avviare un cambiamento profondo e rendere la base produttiva nazionale più efficiente e competitiva oppure restare appigliato al passato e vivere di ricordi.

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L’Italia può diventare un pezzo importante del mosaico dell’azienda che stiamo costruendo.

Un mosaico in cui ogni parte comprende il contributo che può offrire all’insieme e riconosce il contributo delle altri parti. Il mio augurio, ovviamente, è che la volontà di dare all’Italia questa opportunità sia più forte di ogni altra ragione, politica o ideologica.

* * * L’altra riflessione alla quale accennavo poco fa chiama in causa la responsabilità che le imprese hanno – le multinazionali in testa – nei confronti dei Paesi in cui si trovano ad operare.

Fare automobili e gestire un’industria complessa come questa non è

solo questione di conti e di efficienza. Il settore dell’auto è una delle più importanti fonti di reddito e di occupazione in tutti i Paesi avanzati, apporta un contributo fondamentale al PIL e al tenore di vita delle popolazioni. Tenere a mente questo aspetto significa, in primo luogo, sentire la responsabilità, anche morale, del modo in cui si agisce.

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Per quanto ci riguarda, abbiamo sempre cercato di ricordare l’obbligo collegato al fare impresa e il dovere che abbiamo di contribuire al disegno di crescita dei Paesi in cui lavoriamo.

La Fiat è un’azienda globale, che pensa in modo globale, ma agisce sul territorio come un’azienda locale. Non si tratta solo di adattare i nostri prodotti alle esigenze di mercati diversi. Per noi, “essere locali” è prima di tutto un modo di vivere e crescere insieme al Paese in cui siamo presenti, di condividere sfide e successi, di sentirci parte della sua storia e soprattutto del suo futuro. E’ un impegno che abbiamo preso con le persone che lavorano con noi, in diverse parti del mondo, e con tutte quelle comunità che hanno visto nascere una presenza industriale della Fiat e ne hanno accompagnato lo sviluppo. Penso all’Italia, al Brasile e al Nord America, ma anche alla Cina, alla Russia o all’India. La necessità di raggiungere ovunque i migliori standard richiesti dalla competizione internazionale è fuori discussione. Ma a questo aspetto si accompagna l’attenzione verso le singole realtà locali. E’ un approccio che muove dal rispetto per le diverse culture, dalla volontà di integrarci con il territorio e di diventare una parte attiva nel generare occupazione, progresso e benessere.

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Vorrei farvi vedere tre filmati, in tre lingue diverse, che rendono meglio di tante parole il senso della Fiat di oggi e del nostro impegno. Il primo è il video che è andato in onda l’anno scorso in Brasile, per celebrare i 35 anni della Fiat Automoveis.

Credo sia indicativo di come la Fiat in Brasile ha impostato la propria crescita e, in fondo, dei motivi per cui abbiamo il successo che tutti ci riconoscono. Quello del Brasile è il caso più significativo, perché è il modello di

riferimento per tutte le nostre iniziative di espansione internazionale. Iniziative fondate sul rispetto e sull’ascolto, su un’etica fatta di umiltà e di pazienza, dove non c’è posto per l’orgoglio nazionale. La storia della Fiat in Brasile è un esempio eccellente di integrazione. E’ la storia di persone che hanno avuto fiducia in altre persone e che hanno guadagnato, a loro volta, il loro rispetto e la loro fiducia. E’ la storia di due culture che si sono incontrate e conosciute un po’ alla volta, hanno deciso di mettere le loro conoscenze in comune e di unire le loro forze, trasformando le loro differenze in punti di forza, e hanno scelto di intraprendere un cammino insieme.

[VIDEO: “Manifesto. Que te move?” – 45’’ sottotitoli in italiano]

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Il secondo filmato è quello che abbiamo mandato in onda quest’anno negli Stati Uniti durante il SuperBowl, esattamente a metà della gara, tra il primo e il secondo tempo.

“It’s Halftime in America” è il messaggio di incoraggiamento che abbiamo voluto dare al Paese, ad un’America che sta uscendo da tempi non facili, ma ha le capacità e la forza per farcela. Chi ha vissuto esperienze difficili, chi ha conosciuto la disperazione dei momenti bui, sa che c’è un solo modo per uscirne. Ritrovare i valori importanti della vita; riscoprire il senso di appartenenza a un progetto, a una comunità, a una nazione; stringersi intorno ad una speranza e riprendere in mano il proprio destino. Se ce l’ha fatta Chrysler, che era praticamente condannata a morte dal mondo finanziario, dalla stampa e dall’opinione pubblica, c’è una possibilità per tutti.

[VIDEO “Halftime in America” – 2’ sottotitoli in italiano] Questo è lo spirito con cui Chrysler sta lavorando negli Stati Uniti. L’obbligo morale non è scomparso quando, a maggio dell’anno scorso, abbiamo restituito interamente – con gli interessi e sei anni in anticipo – i prestiti ricevuti dal Tesoro americano e dal Governo canadese.

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Quei prestiti hanno dato a Chrysler una seconda possibilità, quella di dimostrare il proprio valore, ma hanno anche rappresentato un atto di fiducia nei confronti della nostra alleanza, nel fatto che Fiat e Chrysler insieme potessero dar vita a qualcosa di migliore e di duraturo. Ogni giorno teniamo a mente quella fiducia e lavoriamo per onorare l’impegno preso nel 2009, verso la Chrysler, verso l’industria dell’auto americana e verso il Paese.

* * * Lo stesso discorso vale per la Fiat in Italia.

Questo è il motivo per cui abbiamo scelto in modo autonomo – e senza chiedere contribuiti a nessuno – di sanare le inefficienze della nostra rete industriale nel Paese. In questa logica va letta la decisione di portare a Pomigliano la produzione della nuova Panda.

Non è una scelta dettata da logiche razionali o economiche, ma piuttosto dalla coscienza dell’importanza che l’industria dell’auto riveste per l’economia di un Paese e dal senso di responsabilità che abbiamo sempre tenuto presente nelle nostre scelte.

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Non dimentichiamo, neppure in questo caso, le parole del Presidente del Consiglio, quando ha detto che:

“La Fiat ha fatto grande il Paese e il Paese l’ha fatta grande.

Continuerà ad essere un patrimonio per il nostro futuro se il grande gruppo si ricorderà di quanto talento, impegno, sudore hanno messo gli italiani a renderla tale.

E se gli italiani, pur fieri di guardare al loro passato, avranno presente che nel futuro si può avere il diritto al mantenimento di un’impresa in un mondo aperto e competitivo, in cui tutti dobbiamo renderci competitivi e attraenti”.

E’ un suggerimento che condividiamo appieno. Non chiediamo nulla di più di un rapporto a due vie, basato sul rispetto reciproco e non su continue pretese. Chiediamo che le condizioni necessarie a diventare più competitivi vengano riconosciute e condivise, che l’impegno ad avviare un nuovo corso diventi un progetto di crescita comune, per la Fiat e per gli italiani. Tutti coloro che vogliono un’Italia migliore hanno l’obbligo di fare qualcosa per cambiare le cose e rientrare in un disegno di sviluppo internazionale.

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A volte, nel nostro Paese, ho l’impressione che ci sia un atteggiamento passivo nei confronti del presente. Un atteggiamento che sta sgretolando uno dei pilastri del nostro stare insieme e del nostro modo di guardare al futuro. E’ come se si pretendesse un domani migliore senza essere consapevoli che bisogna saperlo conquistare. Oggi siamo afflitti da diversi problemi - problemi enormi - ma continuiamo a sentire in sottofondo che questa è l’epoca dei diritti.

Il diritto al posto fisso, al salario garantito, al lavoro sotto casa; il diritto a urlare e a sfilare; il diritto a pretendere. Come ho detto venerdì scorso alla Bocconi, i diritti sono sacrosanti e vanno tutelati. Ma se continuiamo a vivere di soli diritti, di diritti moriremo. Perché questa “evoluzione della specie” crea una generazione molto più debole di quella precedente, senza il coraggio di lottare, ma con la speranza che qualcun altro faccia qualcosa.

Una specie di attendismo che è perverso ed è involutivo. Per questo credo che dobbiamo tornare ad un sano senso del dovere, alla consapevolezza che per avere bisogna anche dare.

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Bisogna riscoprire il senso e la dignità dell’impegno, il valore del contributo che ognuno può dare al processo di costruzione, dell'oggi e soprattutto del domani. Il video che vedrete tra poco, in fondo, è un messaggio di fiducia: l’Italia ce la può fare, perché i valori dell’impegno e della responsabilità sono radicati in tanta parte della società. Basta riscoprirli, basta farli prevalere sulle urla o sulla noia. Il filmato, che molti di voi ricorderanno, è stato creato per il lancio della nuova Panda.

E’ un modo per spronare il nostro Paese, per ricordare a tutti che l’Italia è piena di risorse preziose, di talento e di creatività. E’ ricca di gente che mette voglia e passione in quello che fa. C’è una parte del Paese che lavora e che vince le sfide, che non si rassegna all’abbandono, che non perde tempo a predicare, ma lotta e si impegna per fare, per costruire, per progredire.

Pur tra le mille difficoltà di oggi, l’epoca in cui viviamo ci sta offrendo una grande occasione. Quella di scegliere quale Italia essere e diventare i protagonisti nel costruirla. Adesso è il momento di dimostrare che siamo all’altezza della situazione e che siamo degni della storia che abbiamo alle spalle. E’ il momento di ripartire e di farlo nel modo che conosciamo meglio, dal valore fondamentale su cui questo Paese è stato fondato: il nostro lavoro. Sono le cose che facciamo e il modo in cui le facciamo che parlano di noi stessi, della nostra visione del mondo, del tipo di persone che vogliamo essere.

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E solamente le cose che facciamo, ciò che costruiamo, ci rendono ciò che siamo. Si tratta di un concetto semplice e diretto, che contiene l’unica verità su cui si è basata la rinascita della Fiat, otto anni fa. Bisogna fare le cose e farle bene, perché è questo che ci definisce e ci fa diventare unici. Questo approccio è anche il solo che, a mio parere, è in grado di guidare l’Italia verso una nuova fase di crescita economica.

[VIDEO “L’Italia che piace” - 60’’] Le persone di Pomigliano, che hanno abbracciato con noi questa sfida, sono un esempio che è possibile cambiare le cose. E sono un segnale di grande speranza per tutto il Paese.

* * * Vorrei concludere ringraziando tutti voi - tutti gli azionisti della Fiat - per il supporto che avete dato all'azienda e al suo management negli ultimi dodici mesi, e per aver creduto nel progetto d’integrazione tra Fiat e Chrysler, rimanendo al nostro fianco nel nuovo cammino di crescita che abbiamo intrapreso.

Ringrazio anche tutte le persone di Fiat e di Chrysler nel mondo per il contributo che hanno dato nel corso del 2011 e per quello che continuano a fare, ogni giorno, per il futuro del nostro gruppo.

* * *