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ARTEMEDICA PERIODICO TRIMESTRALE - PRIMAVERA 2011 - N° 21 - EURO 8 NEWSLETTER ANTROPOSOFIA OGGI POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE DL 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004N.46) ART.1, COMMA I, DCB MILANO RUDOLF STEINER 150° ANNIVERSARIO

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ARTEMEDICAPERIODICO TRIMESTRALE - PRIMAVERA 2011 - N° 21 - EURO 8

NEWSLETTER ANTROPOSOFIA OGGI

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RUDOLF STEINER150° ANNIVERSARIO

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09Nascere con il taglio cesareodi Daniela NiederbergerLe nascite con taglio cesareo vanno di moda. I medicilodano il taglio cesareo in quanto sicuro e facile, ma ri-cerche ed esperienze di vita descrivono un altro quadro.

13Tagli e cicatricidi Emanuela GeraciEmanuela Geraci, una delle fondatrici dell’associa-zione Mondo Doula, propone alcune riflessioni sul-l’impatto fisico ed emotivo del taglio cesareo sulladonna.

20Gravidanza e partodi Silvia CànepaIn questa intervista la dott.ssa Giusy Corrao, ginecologa antroposofa,offre alcuni consigli pratici per affrontare la gravidanza in piena sere-nità.

6150 anni dalla nascita di Steinerdi Paulette Prouse

28Ricordiamo... abbiamo conosciuto Rudolf Steinerda Der Europäer

46Dallo steinerianismo all’antroposofiadi Roland Wiese

16Un gesto naturaledi Anna ChielloIn questa intervista, Valentina Ghilardotti, mamma di quattro figli,ci svela le motivazioni che l’hanno portata alla scelta non solo di unparto naturale ma addirittura al rifiuto dell’ospedalizzazione.

speciale 150° Rudolf Steiner

SOMMARIOFOCUS: la nascita

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5ARTEMEDICA • NUMERO 21 • PRIMAVERA 2011

ARTEMEDICANEWSLETTER ANTROPOSOFIA OGGI

n. 21 - primavera 2011iscritta al tribunale di Milano al n. 773

registro stampa, il 12.10.2005

Direttore ResponsabileLucia Abbà

Direttore CulturalePaulette Prouse

RedazioneAnna Chiello

Cristina Vergna

Grafica e CopertinaAnna Chiello

TraduzioniElsa Lieti

in copertinaScala sud nel secondo Goetheanum,

© Thomas Dix

StampatoreMediaprint S.r.l.

via Mecenate, 76 - 20138 Milano

36Cibo sano a sufficienzadi Jens HeisterkampJens Heisterkamp riporta il dibattito di un congresso sull’alimentazione svoltosi aFrancoforte, durante il quale crisi economica e crisi dell’alimentazione sono stateaffrontate come unico problema di una crisi globale da risolvere in modo unitario.

45La forza del sangue di Cristodi Gerhard Prinzda un inno di Tommaso d’Aquino

24La parola ai nostri esperti di Ilaria MainardiNuove tecnologie nella misurazione e visualizzazione dei campi magnetici sottili 38

Le vostre lettere

48Sani e in forma mediante l’osservazione

di Frank MeyerCome dominare lo stress

40Giuda Iscariota, traditore o eroe?

di Konrad DietzfeldbingerNegli ultimi tempi la discussione intorno alla figura di Giuda si è fatta accesa.

Konrad Dietzfelbinger, esperto di scritti gnostici e autore di due libri sulla viaspirituale del Cristianesimo, vuole esporci quale ruolo rivesta la figura del-

l’Apostolo

LA PUBBLICITÀ SU ARTEMEDICAÈ ECONOMICA E EFFICACE

unico conessionario per la pubblicità

EDITRICE NOVALISvia Angera, 3 - 20125 Milano

tel. 02 67116249fax 02 67116222

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le RUBRICHE

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FOCUS: LA NASCITA

troppo spesso si dimentica chela nascita è un evento naturale,una affermazione dell’Io delladonna e un passaggio formativofondamentale per il bambino

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l’esterno; oltre a ciò essi sono sovente “tirati fuori”prima che le vie respiratorie abbiano raggiuntol’adeguata maturazione. Spesso anche il loro si-stema immunitario è debole. Ricercatori dell’Istitutosvedese Karolinska, hanno scoperto che in bambininati naturalmente le cellule del sistema immunitariosi spostano meglio in caso di focolai infettivi rispettoa quelle dei nati con il taglio cesareo. Si suppone chelo stress della nascita rinforzi le difese corporee.

Bambini disorientati dal taglio cesareoMa che cosa comporta per un bambino nascere chi-rurgicamente? “Uno shock”, spiega Angela Kuck.“Noi oggi sappiamo che lo stimolo alla nascita pro-viene dal bambino. Grazie a ciò nella madre si atti-vano gli ormoni e iniziano le contrazioni. È ilbambino a decidere di uscire fuori”. Il taglio cesareopianificato, invece, viene eseguito due settimaneprima del termine di nascita quando il piccolo è an-cora assopito. “Ed ecco che ora grosse mani loestraggono e lo pongono sotto una forte luce”, pro-segue Angela Kuck, “egli è del tutto impreparato.Nell’andamento di una nascita naturale, invece, ilbambino viene spinto a lungo, quindi lasciato dinuovo, come il movimento ondoso del mare. I bam-bini nati con il taglio cesareo sono disorientati ri-spetto agli altri, impreparati. Si lasciano toccare condifficoltà e si spaventano facilmente per ciò che suc-cede intorno a loro. Diverso invece è se la madre haavuto le contrazioni, la nascita è iniziata ma si pre-senta la necessità di un intervento urgente; in que-sto caso i bambini sono preparati”.Caroline Iglesias, ostetrica, segue molte nascite inospedale; anche lei osserva le stesse reazioni: “Tantibambini nati col bisturi piangono con forza e alungo”. Durante l’operazione, il bambino viene almondo in una sala operatoria con molte persone in-

In passato il taglio cesareo era un intervento d’emer-genza per salvare la vita della madre e/o del bam-bino. Oggi in Svizzera circa un neonato su tre vieneal mondo usando il bisturi. “È una via equivalentealla naturale”, sostengono alcuni medici; si parla di“taglio sicuro”.Ma è veramente cosi? A un’osservazione più accu-rata il taglio cesareo in realtà si rivela pericoloso perentrambi, sia per la madre che per il bambino. Unostudio dell’Organizzazione Mondiale della Sanitàmostra che nella neo-mamma il rischio di compli-canze anche mortali è significativamente più altoche in una nascita vaginale (intorno al 3% rispettoallo 0,5%). Nel caso di un taglio cesareo pianificatoil rischio raddoppia. Bambini che vengono al mondonella sala operatoria devono essere spesso trasferitial reparto intensivo. Solo per bambini in posizionepodalica il cesareo è sicuro. L’OMS ha raccolto i datidi circa 100.000 nascite in 8 paesi dell’America La-tina: in Sud America il tasso di nascite chirurgiche èpiù alto che in Svizzera, nazione già tra i primi postirispetto ad altre.Brida von Castelberg, primario della FrauenklinikMaternitè di Zurigo, dice: “La madre è disposta acorrere questi rischi o forse non li considera ade-guatamente; pensa semplicemente che non potrà ac-caderle nulla.”“Si è propensi a dire che il taglio cesareo non sia pro-blematico, ma questo non è vero”, dice Angela Kuck,primario del reparto di ginecologia e maternità dellaParacelsus-Klinik di Richterswil, ospedale che ap-plica le metodologie della medicina antroposofica.“È un’operazione all’addome di una certa rilevanza,non si deve dimenticarlo.”Bambini nati col bisturi hanno difficoltà respiratoriea causa dell’acqua nei polmoni, acqua che durantela nascita vaginale è naturalmente spinta verso

Daniela Niederberger

Nascere con il taglio cesareo

Le nascite con taglio cesareo vanno di moda. I medici lodano il taglio cesareo in quanto si-curo e facile, ma ricerche ed esperienze di vita descrivono un altro quadro: i rischi per lamadre sono molto più alti che in un parto naturale e i bambini ne possono riportare dannipsichici.Tratto da Weltwoche

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Merita attenzione il risultato di ricerche pubblicatoalcuni anni fa: uno studio svedese analizza la rela-zione tra l’autismo e i rischi prenatali; nei casi di na-scita chirurgica l’autismo si è rivelato più frequenteche nei casi naturali.

Ormoni come nell’orgasmoUn meraviglioso ormone inonda il corpo della madredurante il parto: si chiama ossitocina. È lo stesso or-mone che viene rilasciato durante l’orgasmo. Essoprovoca uno stato d’apertura nei confronti del par-tner, un’intensiva sensazione di legame; detto inbreve: l’Amore. Subito dopo il parto i suoi valori sonoalti come mai accade nella vita; la donna è pronta conogni fibra del suo essere ad amare il nuovo arrivato.Le contrazioni liberano anche endorfine, oppiati e or-moni dello stress (catecolamine): un vero cocktail. Lamadre si sente di buon umore e sveglia. “Gli ormoniagiscono così che la futura mamma si sente aperta al-l’atto del donarsi e del fondare un rapporto con il suobambino, rapporto che ovviamente proseguirà nel fu-turo” dice Angela Kuck. Nel caso di un parto cesareo

questa miscela manca, einoltre alla donna vengonosomministrati antidolorificie anestetici. La futuramadre non è sveglia epronta ad amare ma “diso-rientata e come in una bu-fera” descrive DagmarStreibel. Le viene dato il

bambino per un tempo breve, quindi portato via epraticata la sutura. Solo dopo mesi è in grado di ral-legrarsi veramente dell’essere divenuta mamma.Le testimonianze delle donne riportate nel testo ci-tato si assomigliano. Una dice: “Mi è mancata la fasebonding post parto; vidi mia figlia quando era già ve-stita. Ero così presa con il mio corpo che la bambinami interessava poco”. Un’altra racconta: “Dopo ilparto non potevo tenere vicino a me il bambino e neho sentito moltissimo la mancanza; il tempo in cuimi era dato era troppo breve e questo mi procuravapaura e preoccupazione”. Alcune descrivono di averprovato un certo “senso di estraneità”.Una madre di quattro bambini dice a proposito dellafiglia nata chirurgicamente: “Non riuscivo ad accet-tarla veramente. Con gli anni la cosa è migliorata,ma è stato un duro lavoro”. La bimba era venuta almondo sei settimane in anticipo; la madre avrebbevolentieri tentato la via del parto naturale ma la pic-cola si presentava in posizione podalica. Subitodopo il parto le fu portata via. “Chiedevo in conti-nuazione: dov’è il mio bambino? Non potete portar-melo via!” La neonata si trovava nel reparto neonatale e la madre aveva diritto di visita solo in pre-cisi orari. “Io non capisco per quale motivo non sipuò allestire il reparto affinché la madre possa dor-mire con il figlio!”

torno: un anestesista, un’infermiera anestesista, leinfermiere di sala, due medici. Spesso vi è un conti-nuo andare e venire. Angela Kuck chiama questo via-vai “l’impressione di una stazione”.“Il bambino è tirato fuori come da una strozzatura at-traverso un taglio-bikini”, descrive l’ostetrica Bea An-gehrn nel libro Der Kaiserschnitt hat kein Gesicht. LaAngehrn assiste le madri durante il puerperio e af-ferma che i bambini nati naturalmente sono moltopiù felici.Dagmar Streibel ha avuto una figlia che strillava con-tinuamente: “Lei urlava e urlava in modo estremo e alungo portandomi spesso alla disperazione”. La bam-bina si era presentata podalica e, nonostante il desi-derio materno di un parto naturale, si intervenne conil taglio. L’operazione fu per la madre la cosa peg-giore: “Ebbi la sensazione che il bambino mi fossestrappato via.”Le autrici del libro citato sopra, Caroline Oblasser eUlrike Ebner, hanno intervistato 162 donne sottopo-ste al cesareo; sono resoconti che commuovono.Molte donne testimoniano di bambini inquieti. Si leg-gono espressioni come:“Si calmano solo dopoaverli tenuti molto inbraccio… forse sono statistrappati troppo in frettadal loro rifugio”. “Urlaspesso nel mezzo dellanotte, in modo pene-trante, senza motivo”.“Non può sentire rumori forti senza spaventarsi emettersi a piangere”.

Le ostetriche vedono meglioAnche Brida von Castelberg è dell’opinione che ilparto senza complicazioni sia un modo di iniziare lavita migliore del cesareo: “Nel caso di un cesareonon si può sapere con certezza cosa succede al bam-bino; lui non può raccontarci niente”. Il ginecologozurighese Bruno Studer, invece, non ritiene che lavia chirurgica sia quella peggiore: “Non è possibilevalutare se il piccolo ne trae uno shock. In meritonon conosciamo fattori rilevanti”.Bisogna dire che spesso il ginecologo non rivede ilbambino appena nato; la donna si ripresenta a luisei settimane dopo il parto per una visita di con-trollo e in genere da sola. Le ostetriche per contro,visitano più volte la mamma e il bambino a domici-lio parlando con la prima e osservando il secondo.Vedono meglio la situazione.Angela Kuck si rammarica del fatto che manchinostudi sulle conseguenze del parto cesareo. “Mi inte-resserebbero molto, ma sono pochissimi coloro chese ne occupano. Per il sistema medico è più praticofare un cesareo”. La dottoressa ritiene che i bambininati per tale via presentino col tempo irrequietezzee difficoltà di concentrazione.

Oggi sappiamo che lo stimolo allanascita proviene dal bambino

Grazie a ciò nella madre si attivanogli ormoni e iniziano le contrazioniÈ il bambino a decidere di uscire

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rezza come ci si sente dopo l’intervento. Spesso i me-dici dicono che le donne stesse vogliono il cesareo ebasta, temono i dolori di un parto e lo vogliono pia-nificare, ma gli specialisti interpellati sostengono al-l’unisono che questi sono casi isolati.“Il numero dei tagli cesarei non aumenta perché ledonne lo vogliono”, afferma il ginecologo Bruno Stu-der. Egli è uno dei più richiesti nella città di Zurigo;annualmente segue circa 120 gravidanze. Sostieneche forse accade due volte nel corso di un anno chela futura madre stessa scelga il parto cesareo. Una ri-cerca effettuata nell’Università di Brema lo con-ferma: su 1300 donne solo il 2% di loro ha desideratopartorire chirurgicamente.Jasmin Wolfensberger ebbe il suo primo figlio concesareo. Quando rimase incinta per la secondavolta, sia il ginecologo che il marito le consigliarononuovamente il taglio; si voleva fissare la data del-l’operazione. “Tirare fuori il bambino quando non èancora pronto? No!” rispose la Wolfensberger nel-l’incomprensione generale. Voleva forse mettere arischio se stessa e il figlio? Per fortuna ella trovòun’ostetrica che la appoggiò, facendole coraggio. Ladonna, ormai in stato avanzato di gravidanza, sitranquillizzò anche perché i medici le avevano pro-nosticato un bambino piccolo. La nascita naturaleebbe un andamento veloce e… venne alla luce unacreatura di 4 chili e mezzo! Jasmin Wolfensberger èriuscita a farsi valere e ne è felice, anche se ammetteche il partorire con il cesareo era stato più semplice.La ripresa dalla seconda nascita fu comunque brevenonostante la sutura perineale. Non piacevole, in-vece, il commento del marito: “Il parto è statotroppo cruento e spaventoso da vedere”, lui prefe-riva la precisione asettica del bisturi. Ma quali sono allora le cause del numero crescentedi tagli cesarei? Il motivo principale è la paura. Paurache qualcosa possa andare storto, paura di conse-guenze giuridiche: “Non vi sono casi di responsabi-lità civile se un medico pratica un taglio cesareo, mave ne sono se non lo fa” dice la von Castelberg. Que-sto è il motivo per cui sono pochi i medici che in

caso di posizione poda-lica o di parto gemellarehanno fiducia nel partonaturale. Molti non pos-sono fare altro. La pauraperò può anche essere ali-mentata. “Durante la vi-sita di controllo il medicodice: ‘Avete un bacinostretto, il bambino ègrosso, credete di far-cela?’ Naturalmente unadonna si spaventa”, rac-conta l’ostetrica CarolineIglesias, “Storie simili nesento a centinaia”. Altre

La levatrice Corinne Lindegger-Zwald di Wetzikondice: “In seguito molto si può recuperare con lacalma. Io non credo che i bambini debbano neces-sariamente riportare carenze definitive”. Cionono-stante anche lei teme “un certo effetto nella società”se sempre più bambini vengono fatti nascere chi-rurgicamente.Le conseguenze fisiche di un cesareo non sono dasottovalutare: “Le donne hanno spesso dolori equalche volta per un lungo periodo”, riferisce la le-vatrice Carole Lüscher di Berna. Le madri alle primearmi non possono sollevare il bambino dal lettino oportarlo con sé, cosa che le fa rattristare molto. Na-turalmente esistono anche parti naturali difficili eanche un taglio al perineo non è piacevole. Però “sibanalizza sul taglio cesareo”, sostiene Caroline Lü-scher, che constata spesso ferite psichiche nelledonne. “È frequente che si mettano a piangere se siporta il discorso sul parto”. Sostengono che “qual-cosa è venuto loro a mancare per non aver potutopartorire veramente”.

Due possibilità equivalentiQualcuno potrebbe replicare: perché tutto questodramma per un “mancato” parto? Le donne chehanno avuto il cesareo possono essere contente dinon aver patito dolore! “La nascita è un’esperienza sconvolgente” diceBrida von Castelberg, “come sono raggianti le donnedopo l’avvenimento! Questo accade meno con un ce-sareo”. Molte donne anche dopo che sono trascorsitre decenni sanno raccontare nel dettaglio la loroesperienza. “Come se il cielo si fosse aperto per unmomento”, una mamma l’ha descritta così, dice An-gela Kuck. “I dolori spariscono per incanto non ap-pena il bambino giace loro vicino”.Se il parto naturale è così bello e il cesareo così pro-blematico, qual è la causa per cui si fanno sempre piùinterventi chirurgici? Un tempo ciò avveniva perchégli aspetti negativi dell’operazione erano poco cono-sciuti. Il presidente dell’Associazione dei Ginecologidel cantone di Zurigo parla nella rivista Beobachter di“due equivalenti possibi-lità mediche”. Le donnedovrebbero poter sce-gliere come mettere almondo il loro bambino.Equivalenti significa: unonon è peggiore dell’altro.Brida von Castelberg simeraviglia di una simile as-serzione: “non si può cam-biare la natura”. Certo, sipotrebbe discutere sulfatto che le donne abbianolibertà di scelta, ma in que-sto caso dovrebbe ancheesser loro detto con chia- © ICP, John Foxx Images

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le contrazioni aumentano, quindi vi è un momentodi pausa seguito da una successiva ripresa delle do-glie. È necessario che la donna abbia il suo tempo eil suo spazio. Questo manca nella nostra epoca dovetutto si basa sull’orientamento dei risultati”.Ruth Bächtiger, l’ostetrica guida del Paracelsus-Kli-nik, dice: “Oggi le levatrici sono sottoposte all’assillodel tempo. Vi sono direttive secondo le quali duranteil parto il collo dell’utero dovrebbe dilatarsi un centi-metro l’ora. Se questo non accade arriva la sgridata diqualche assistente o capo medico: ‘Come mai le cosenon vanno avanti?’ Una tale pressione viene natural-mente trasmessa dall’ostetrica alla partoriente: ‘Miacara, adesso rompo il sacco amniotico e quindi ilbambino dovrebbe spingersi sino a qui per poi uscirefuori’, oppure deve stare a guardare con una certaespressione d’impazienza. Tali situazioni irrigidi-scono la donna. Non si tratta di un atteggiamento te-nuto solo dai medici; anche molte ostetrichepreferiscono il lavoro efficiente e organizzato”.

Condizionamenti che disturbanoNelle sale parto anziché un’atmosfera di calma e fi-ducia dominano un clima di paura e di pensiero ri-volto alla sicurezza. C’è una relazione interessante:maggiore è l’utilizzo delle strumentazioni per il con-trollo del battito cardiaco e delle contrazioni e mag-giore è il passaggio all’intervento chirurgico. La OMSconsiglia di non tenere stabilmente gli strumenti at-taccati alla pancia; essi inoltre non sono sempre affi-dabili. La levatrice Corinne Lindegger racconta: “Capita chel’apparecchio per il controllo cardiaco segnali: atten-zione, qualcosa non va bene. Si fa il taglio cesareo e ilbambino nasce perfettamente sano. Altre volte in-vece, bambini nati naturalmente fanno fatica nono-stante i segnali non significanti”.Una donna in preda alle doglie dovrebbe potersi con-centrare sul proprio corpo e avere il tempo di la-sciarsi andare; se viene inibita non ci riesce. Leinibizioni hanno origine in quella parte del cervelloconsiderata la sede dell’intelligenza: la corteccia ce-rebrale.“Una donna che può partorire indisturbata si ri-trova, in un modo o nell’altro, in una condizione diisolamento totale dal resto del mondo” scrive il notomedico e ostetrico Michel Odent, che ha diretto peroltre trent’anni una clinica per le nascite. “Ella do-vrebbe poter fare ciò che altrimenti non oserebbe:urlare e imprecare. Assumere posizioni insolite.Emettere suoni inusuali. L’attività della corteccia ce-rebrale è ridotta; una donna in preda alle dogliedeve per questo proteggerla da ogni stimolazione.Controproducenti sono il linguaggio (la levatrice oil consorte presente dovrebbero tacere) e la lucetroppo forte, ad esempio. Importanti invece e da os-servare sono le sensazioni”. �

ostetriche confermano: non è raro che tali bambinidefiniti ‘grossi’ si rivelino alla nascita poco meno di3,5 chili. Basta che un medico usi i termini ‘rischio’o ‘margine minimo’ perché la donna sia indirizzataverso il taglio cesareo. Un parto è in ogni caso unfatto di margini minimi. “Una storia di millimetri”come la definisce Brida von Castelberg. Ma la naturaè saggia. Essa ha fatto in modo, ad esempio, che du-rante la pressione il cranio del bambino si stringa eche il ventre si allarghi.

Il 56% nella ricca vallata zurigheseLe donne vengono spaventate coscientemente? Se-condo la von Castelberg, il medico stesso potrebbeconsigliare orientamenti diversi. Il suo collega BrunoStuder ammette che la tendenza a sollecitare il ta-glio cesareo non è negabile. Nelle cliniche private risulta evidente la propen-sione per l’intervento (forse perché il servizio sani-tario privato paga molto di più per le clientiassicurate). Nella clinica Hirslanden, situata nellaricca vallata zurighese, circa il 56% dei bambiniviene al mondo con il cesareo. Nel Paracelsus-Spitalinvece, sono circa il 18%, come nella FrauenklinikFrauenfeld. Il reparto maternità del Triemli-Spital siattesta sul 28%, poco sotto la media svizzera (31%). Dare fiducia anziché incutere timore: questa è la veraformula magica in grado di far diminuire la tendenzaa ricorrere al cesareo. E trasmettere fiducia possonofarlo prima di tutto le ostetriche. Le levatrici, infatti,lo sanno: già miliardi di donne hanno partorito natu-ralmente; tutto sommato i metodi sono collaudati.

La nascita disturbataNelle sale operatorie spesso regna una certa attivitàfebbrile. Medici e ostetriche mettono le partorientisotto pressione.Se si chiede quale sia il motivo per cui si è arrivati aintervenire con un cesareo la risposta è sempre lastessa: il parto non procede. Se si parla con le oste-triche diviene chiaro il perché: troppa agitazione.Nel regno animale le femmine che devono figliare siritirano. Un tempo le donne partorivano da sole conle levatrici. Oggi ci si reca in ospedale dove si trovaun’ostetrica e poi un’altra, quindi il marito, i medici,tutti che vanno e vengono. Prima di tutto la parto-riente viene monitorata: le si applicano al ventre lecinture del cardiotocografo per il controllo del bat-tito cardiaco del bambino e delle contrazioni e la sitiene nel letto. La futura madre dovrebbe a questopunto rilassarsi e lasciarsi andare. Il primario ginecologo del Paracelsus-Klinik, AngelaKuck, dice a proposito: “Creiamo un’atmosfera pienadi stress e poi ci meravigliamo se non arrivano lecontrazioni. Lo stress indebolisce le contrazioni. Lanascita non è un processo che va avanti in modo li-neare, con uno ‘sparo’ che ne indica la partenza eun prevedibile traguardo. Il parto procede per cicli:

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reale necessità), ma addirittura di cercare pratichealternative e più naturali che riportino l’evento dellanascita al suo naturale senso e svolgimento. Centi-naia di donne si sono rivolte ad associazioni e centriper la promozione del parto naturale per ricevere in-formazioni che le hanno poi convinte a scegliere inpiena consapevolezza il rifiuto all’ospedalizzazione.Per capire meglio di cosa si parla quando si parla diparto naturale e rifiuto dell’ospedalizzazione, ab-biamo posto alcune domande a Valentina Ghilardotti,mamma di quattro bimbi tutti nati con parto naturale,due in ospedale e due in casa. Fermo restando cheogni caso è un caso a sé e che ogni donna ha il pienodiritto di scegliere consapevolmente, pensiamo chel’esperienza della signora Valentina possa essere digrande aiuto alle future mamme.

Tutti i suoi figli sono nati in casa?Le prime due sono nate in ospedale, la terza e ilquarto a casa.

Come è nata l’idea? Non aveva paura, soprat-tutto la prima volta che ha partorito a casa, chesorgessero delle complicazioni?Per me la decisione di cercare un parto a casa èstata conseguente alle nascite in ospedale, sia dopoaver letto diversi libri sul parto naturale, sia dopoaver conosciuto altre donne che avevano scelto difar nascere i loro bambini tra le mura domestiche.Il mio primo parto è stato vaginale, ma non naturale:ho fatto una induzione (perché avevo rotto il saccoma non avevo contrazioni) e ero in ospedale da duegiorni. Dopo l’induzione in poche ore ho avuto con-trazioni da subito fortissime e senza tregua, dilata-zione rapidissima, e mi stavo avviando a fare ciò cheavevo sognato per la mia bambina, un parto inacqua. Cosa che non si è verificata perché secondola ginecologa di turno “non stavo spingendo bene”(forse aveva ragione ma nessuno mi ha aiutato afarlo in quel momento, e non mi risultò poi che mia

Nelle linee guida del Ministero della Sanità sul tagliocesareo pubblicate nel 2010 si legge, nell’introdu-zione di Enrico Geraci: “In Italia il ricorso alla pra-tica del taglio cesareo ha raggiunto livelli allarmanti,sia per il numero di interventi effettuati – ben al disopra della proporzione registrata negli altri paesieuropei e della soglia indicata come ottimale nel1985 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – siaper la variabilità rilevata tra le diverse regioni eaziende sanitarie. Questa variabilità, in particolare,sembra essere un indizio importante di comporta-menti clinico-assistenziali non appropriati, in as-senza di prove scientifiche che associno il maggiorericorso alla chirurgia a una diversa distribuzione deifattori di rischio materno-fetali o, per altro verso, amiglioramenti effettivi degli esiti perinatali. In basea queste premesse, è necessario promuovere inter-venti di sanità pubblica finalizzati da una parte a unrecupero dell’appropriatezza nella pratica clinicache valorizzi il ruolo dei professionisti della salute eil loro impegno a tutela delle persone assistite, dal-l’altra a una maggiore consapevolezza e partecipa-zione attiva delle donne nelle decisioni sullagravidanza e sul parto.”Se persino dal Ministero della Salute si è sentita l’esi-genza di produrre un documento così importante earticolato come le Linee Guida, appare chiaro che ilricorso al taglio cesareo è sfuggito di mano, trasfor-mandosi da pratica emergenziale in pratica standard(si è passati dall’11% del 1980 al 38% del 2008) peruna serie di motivi, fra i quali sembrano prevalere laconvenienza economica del sistema (soprattuttonelle cliniche private convenzionate – il rimborsostatale per un intervento di taglio cesareo è mag-giore rispetto a quello per il parto naturale), la pra-ticità di pianificazione degli interventi, la paura delladonna verso i dolori e le complicazioni del parto.In opposizione a questi dati, va però registrato, negliultimi anni, un aumento di donne che decidono nonsolo di rifiutare il taglio cesareo (se non in caso di

Anna Chiello

Nonostante la pratica del taglio cesareo sia molto diffusa in ospedali e cliniche italiane, negliultimi anni si sta diffondendo fra i genitori una nuova e rinnovata consapevolezza sull’im-portanza del parto naturale, quale gesto primario di amore ed equilibrio per il nascituro.In questa intervista, Valentina Ghilardotti, mamma di quattro figli, ci svela le motivazioniche l’hanno portata alla scelta non solo di un parto naturale ma addirittura al rifiuto del-l’ospedalizzazione.

Un gesto naturale

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casi di emergenza l’ostetrica ha gli strumenti e le ca-pacità per intervenire nell’attesa dell’arrivo del-l’ambulanza.

Il suo compagno l’ha appoggiata e sostenutaoppure le ha creato delle ansie?Non si sceglie di partorire a casa senza il sostegno el’accordo del compagno!

Nell’immaginario cui siamo abituati c’è l’ideache il personale ospedaliero sia più preparato epiù competente. Nel parto a casa ci si mette incontatto con delle ostetriche che poi segui-ranno il momento della nascita; ma come si puòrinunciare alla “sicurezza” dell’ospedale e met-tersi nelle mani di una semplice assistente alparto?L’ostetrica è la figura professionale più importanteper quanto riguarda la nascita, soprattutto se sivuole essere consapevoli di ciò che ci accade. Que-sto non significa negare l’importanza della tecnolo-gia, degli esami diagnostici, delle ecografie… masignifica non affidarsi solo a questi segni esterni. Si-gnifica fare un percorso in cui si viene seguite, cer-cando i segni di salute, ascoltate e non controllate,sostenute in modo personalizzato e non secondo pa-rametri di routine. Con ciò non voglio dire che siasbagliato partorire in ospedale, ma che bisogna sa-pere cosa aspettarsi: non sempre in ospedale ilparto è un evento in cui la donna è protagonista, mamolto più spesso ciò che accade è che la donna nonvenga considerata competente, ed è proprio questoa causare molta patologia.

Veniamo alla pratica. Una volta deciso che si de-sidera partorire naturalmente nell’ambiente checi è più familiare, come si procede? Quali passi

bisogna fare prima di giungere almomento del parto vero e pro-prio?Bisogna mettersi in contatto, pos-sibilmente all’inizio della gravi-danza, con le ostetriche disponibilia seguire parti a domicilio. Proprioperché vi sono precisi protocolli,questa non è una decisione che siimprovvisa a termine di gravi-danza. Il rapporto con l’ostetricanon sostituisce quello con il gine-cologo ma lo integra.

E ora ci può parlare del mo-mento della nascita? Cosa ac-cade? Come avviene? Non siviene assaliti dal panico quandogiunge veramente il momentodella nascita?Posso parlare dei miei due parti acasa. Entrambi avvenuti abbon-dantemente oltre il termine, pro-prio alla vigilia della data per cui i

figlia fosse in sofferenza fetale) e quindi sono stataportata sul lettino, messa sdraiata, e dopo pochis-simo ho subito episiotomia, manovra di Kristeller el’uso della ventosa per tirarmi fuori la bambina. Se-dermi è stato quasi impossibile per le seguenti set-timane, cosa che non è avvenuta negli altri tre partidove il parto è stato naturale… e dire che mentre lamia primogenita pesava 3,200 kg alla nascita, gli altritre figli pesavano tutti un chilo di più. Ma mi ritengofortunata a non avere avuto un cesareo con la miaprima bimba.Partorire è un evento importantissimo, travolgentee sconvolgente se si vuol dire così, della vita di unadonna, quindi non posso dire di non aver avutopaura man mano che si avvicinava il giorno delparto, ma la paura non era legata al luogo, quantoalla consapevolezza dell’evento! Ma il parto è primadi tutto un evento della vita della donna e poi in se-condo luogo (e a volte solo eccezionalmente) unevento “sanitario”! Esistono dei protocolli per la na-scita a domicilio che prevedono innanzitutto che lagravidanza sia fisiologica, ci sono numerosi controllie il via libera viene dato quindi in condizioni di sa-lute sia della mamma che del bambino. Le compli-cazioni sono davvero molto rare. Ci sono molti studiche mostrano che il parto in casa è una alternativasicura per donne selezionate (ovvero “basso ri-schio”) e che riduce gli interventi medici inutili sudonne e bambini sani (episiotomia, accelerazionedel parto, uso di ventosa…).Inoltre per protocollo, l’ospedale d’appoggio nondeve essere lontano più di 20-30 minuti dalla casadella partoriente.Il 90 per cento dei trasferimenti avviene in tutta tran-quillità, con la propria macchina, solo perché c’è unproblema che non può essere risolto a domicilio.Ospedale non significa emergenza. Ma nei rarissimi

Valentina Ghilardotti con i suoi 4 figli

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giata e poi carponi appoggiata al divano del salotto,con mio marito che mi stava vicino; sono poi arri-vate le ostetriche e alle 23 la dilatazione era com-pleta. Poi c’è stata una pausa e poi la fase espulsivaè durata 15 minuti per 3 spinte sempre carponi: ènata Maddalena… è stata sempre benissimo, e si èattaccata al seno poco dopo la nascita.Ero presente, ero consapevole di ciò che stava ac-cadendo momento per momento, ho avuto un po’ dipanico solo quando si è rotto il sacco e le ostetrichenon erano ancora arrivate (avevo paura che il li-quido potesse essere tinto, invece tutto ok!). Le nostre bambine non si sono accorte di nulla,hanno sempre dormito; la secondogenita si è sve-gliata alle 4, poco dopo che eravamo andati a letto…è venuta nel lettone, ha visto la sorellina e ha dettoche era bellissima ed è stata sveglia le due ore se-guenti, ad accarezzarla e baciarla… anche la mag-giore, al risveglio appena l’ha vista ha mormorato“come è bella!”Molte persone quando sentono che ho partorito acasa chiedono “Ma i vicini? Non hanno sentito leurla?” Ecco, non è detto che il parto debba sempreessere un evento da macellaio come ci fanno vederein televisione, con la donna incatenata sul lettino inposizione litotomica che urla perché si sente aprire

protocolli ospedalieri prevedono l’induzione delparto (41 settimane + 3 giorni oppure 41 settimane+ 5 giorni a seconda delle strutture). Certo che erospaventata, ma ero spaventata soprattutto dal-l’eventualità che i miei bimbi decidessero di pren-dersela ancora comoda, e che così divenissenecessario… procedere con l’induzione del parto,esperienza che avevo provato con la mia prima fi-glia e che speravo non mi dovesse capitare più.Avevo passato l’ultima settimana di gravidanza ingrande stress, perché all’ospedale, dove mi ero re-cata per i controlli oltre termine dopo la 40° setti-mana, non ritenevano degno di nota il fatto che cifossero piscine di liquido amniotico nel mio utero eche la bambina e io non avessimo alcun segno di ma-lessere. Quindi avevo già appuntamento per il mar-tedì per il ricovero e l’induzione.La notte tra la domenica e il lunedì avevo avuto con-trazioni ogni 10 minuti dalle 22.30 alle 6 del mattino,poi più nulla; sono riprese nel pomeriggio di lunedìma non osavo sperare che fosse davvero la voltabuona, fino alle 20 quando erano inequivocabil-mente ogni 5 minuti e mi impedivano di stare ferma.Ho messo a letto le mie due bambine, che all’epocaavevano 4 anni e mezzo e due anni e mezzo, e misono lasciata andare al travaglio parte in passeg-

Nata in casa

Il racconto di una nascita non convenzionale, lontano dalle fredde sale parto degli ospedali. Un parto avvenuto tra le mura dome-stiche. Gianni Manfredini, marito di Valentina Ghilardotti, racconta il suo punto di vista di padre alla nascita in casa della sua terzo-genita Maddalena. Tratto da www.babbocanguro.it

La storia della nascita di Maddalena parte da una riflessione che feci durante i momenti che precedevano il parto della mia primo-genita, quando mia moglie si trovava in ospedale in attesa che il travaglio partisse dopo la rottura anticipata delle acque. In quel mo-mento mi trovai a volere che il tutto si svolgesse in casa nostra e non in un ospedale...Quattro anni dopo, al terzo parto, ecco la decisione: proviamo a fare un parto in casa!La decisione è di Valentina (mia moglie), principalmente, con il mio appoggio: in effetti nei due parti precedenti a cosa è servito real-mente partorire in un ospedale?

Cosa significa fare un parto in casa?Principalmente si tratta di trovare delle ostetriche che possano farlo seguendo la gravidanza (e il parto ovviamente) in grado di dirti sele condizioni della madre sono tali da consentire un parto che non necessiti di una struttura ospedaliera (cosa che non è affatto rara).Noi l’ostetrica l’avevamo: Paola, un angelo, come l’ha definita Valentina.La gravidanza è andata bene. E non è stata una gravidanza di tutto riposo con le altre due bimbe di 4 e 2 anni. Nei mesi che prece-devano l’evento le incognite, a dire il vero, erano proprio le bimbe: come gestirle durante il parto? nulla di prevedibile… molto sarebbedipeso da quando tutto sarebbe accaduto.E così i giorni passavano nell’attesa. Le bimbe erano consapevoli di quello che sarebbe accaduto tanto che Amanda (la primogenita)alla materna aveva detto alla maestra che una mattina si sarebbe svegliata e avrebbe trovato la sorellina.Eppure quel giorno non arrivava mai.Il termine era passato. Nei weekend successivi le bimbe erano state ospitate da nonni e zii; condizioni ideali per avere la tranquillità do-mestica assicurata… macchè! Nulla.

C’era, però, il cambio di luna imminente.La notte dell’11 (giugno 2006) era luna piena e in effetti le cose si stavano muovendo. Quella notte Valentina ha dovuto sopportarecontrazioni dolorose ma non ancora tali da mettere in moto il travaglio stesso, però i segnali erano buoni (il rischio era di dover andaretroppo oltre e essere costretti al ricovero in ospedale e conseguente induzione).Lunedì 12 giugno. Verso le 20 cominciamo a mettere a letto le bimbe. Le contrazioni sono ripartite e sembrerebbe proprio la volta buona.Ecco, le bimbe sono a nanna, la cena è da preparare… ma nessuno ha intenzione di mangiare. È la sera dell’esordio dell’Italia ai Mon-diali di calcio di Germania 2006. Fa caldo, le finestre sono aperte e sento i boati dagli altri appartamenti… sembra stiano facendo iltifo per noi.Il travaglio è partito (sembrerebbe) ma Vale aspetta ancora a chiamare l’ostetrica.

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che fa da punto di riferimento per le ostetriche chemi hanno seguito, ma si può anche portare il bam-bino in ospedale.

Può descriverci quale sensazione le ha confer-mato la validità della scelta fatta, cioè la rinun-cia all’ospedalizzazione, dopo la prima volta,tanto da decidere di partorire in casa anche lavolta successiva?Oltre al fatto di avere avuto due ostetriche che miconoscevano da tutta la gravidanza totalmente a di-sposizione solo per me nel mio parto, non avrei mairinunciato alla comodità del mio bagno, del mioletto; alla possibilità di avere sempre il mio bambinocon me, senza interferenze per l’avvio dell’allatta-mento e del nostro rapporto, senza separarmi dalresto della mia famiglia.L’unico neo del parto a domicilio è che nella nostraRegione, la Lombardia (a differenza di altre Regionipiù illuminate quali Piemonte, Emilia Romagna, Mar-che, provincia di Trento dove la ASL ne rimborsa icosti), il parto a casa è totalmente a carico della fa-miglia. Comunque noi consideriamo che siano isoldi meglio spesi per i nostri figli, un po’ comeun’assicurazione in salute e benessere. �

in due! Rispettando la fisiologia del corpo, utiliz-zando posizioni verticali o carponi che favorisconola discesa del bambino, assecondando le spinte delcorpo con la voce e con il respiro, il parto può acc-cadere anche senza urla... La sera in cui è nata la miaterza bambina, poi… c’era la partita di calcio del-l’Italia ai mondiali!Con il mio quarto figlio l’iter è stato più o meno lostesso, appuntamento per l’induzione perché ero“scaduta”, ma poi il travaglio si è avviato proprio al-l’ultimo momento. Evidentemente questi sono itempi del mio corpo. Questa volta le mie figlie nonerano a casa, perché il travaglio si è avviato digiorno, e sono andate dai nonni. E meno male che èstato così perché il mio ultimo bimbo ci ha messoun po’ di più a nascere, non è stato così svelto comela sua terza sorella.

Una volta nato il bambino, come si procede peri primi controlli? Si deve correre in un centro pe-diatrico per la prima visita?I primi controlli vengono fatti dalle ostretriche, poiil protocollo prevede che entro le prime 12 ore ilbambino venga visitato da un neonatologo. Il chepuò avvenire in diversi modi, io ho scelto di avva-lermi di un professionista dell’Ospedale di Monza

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Nel frattempo rassetto la casa, stendo i panni (eh sì, mica lo puoi fare in ospedale…). Le contrazioni si intensificano è ora di chiamarePaola (anche perché non può materializzasi all’istante, deve pur sempre impiegare del tempo per raggiungerci). Nel frattempo predi-sponiamo la sala (no, non è avvenuto in camera da letto, ma in sala, dove troneggia un bel divano bianco). Vado a prendere la sca-tola con tutto il necessario (l’elenco ci era stato fornito dall’ostetrica). Accendiamo due candele (e basta), abbasso un po’ le tapparellee metto un po’ di musica (Bach, Albinoni). Sembra quasi l’atmosfera di una serata galante.Le contrazioni crescono e si intensificano. Si rompe il sacco. E siamo sempre solo noi due (Paola non abita al piano di sopra effettiva-mente…). Cerco di mantenere il mio aplomb ma non sono pronto al triplo salto mortale carpiato del parto in casa… da soli!Finalmente il suono del citofono! È più soave del canone di Pachelbel che esce dalle casse dello stereo. Ora le cose possono volare spe-dite! Valentina “born to be mother” doma le contrazioni, Paola discreta e efficiente visita, controlla e predispone per il gran finale.Ormai la dilatazione è completa.

Le bimbe dormono sempre. E l’atmosfera è ancora quella. Siamo a casa nostra, nel nostro nido. Si parla sussurrando, a lume di can-dela… anni luce dall’ospedale. Stanno partendo le spinte. A un tratto vedo Vale concentrarsi… trema… vibra e poi parte la prima grandespinta. Paola la incoraggia, dice di avere visto i capelli. Ma allora ci siamo quasi! Sono le 23.45.Ancora il citofono. È Rossana la seconda ostetrica. Il tempo di togliersi le scarpe, lavarsi le mani ed ecco di nuovo le spinte. Esce la te-stina. rimane li un po’… sembra che le spinte successive non debbano mai arrivare e invece ecco l’ultima, definitiva e Maddalena sgu-scia nelle mani delle due ostetriche. La fanno passare tra le gambe di Valentina (era carponi) e la depositano nelle sue braccia. Qui proprio dove sto scrivendo ora, in sala di casa nostra è nata Maddalena. Sono le 00.08 del 13 giugno.Poi Vale si sdraia sul divano con la piccola sul seno. È avvenuto proprio come doveva succedere. Naturalmente, semplicemente, nel no-stro nido, con le sole persone necessarie e con le nostre due bimbe nella stanza di fianco che dormivano beatamente. Poi con tranquil-lità è avvenuto tutto il resto. Espulsione della placenta, taglio del cordone, medicamenti alla mamma, bagnetto alla bimba… insommaun sogno!

Di tanto in tanto sono andato a controllare le bimbe che dormivano: sembravano due giganti! Poi, terminate tutte le operazioni ne-cessarie Paola e Rossana sono andate via e noi siamo andati a letto, quasi come avviene normalmente tutte le altre notti, solo che nelletto attaccato al nostro c’era la piccola Maddalena. Non era facile prendere sonno con tutta l’adrenalina in corpo.Poi a una certa ora si sente il solito scalpiccio di piedini e Laura arriva nel lettone. Improvvisamente sente un pigolio. “Chi è…“ chiede“…è Amanda?”No, è Maddalena, è appena nata!Non c’è più spazio per dormire. Laura felicissima continua a baciarla e a sussultare per ogni gemito della sorellina. Alle 7.30 infinesvegliamo Amanda. “È nata Maddalena!”. Amanda corre nel lettone, la guarda e dice “È bellissima!”Ed è vero. Oggi festa. Non si vaa scuola!

Tutto questo è successo solo 5 giorni fa… a casa nostra!Gianni Manfredini

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grande serietà il loro maestro, potrebberoanche danneggiarlo, e farlo apparire nellaforma limitata dell’allievo, cioè sminuito, piùpiccolo di quello che è; e l’allievo trattienese stesso immaturo. Sarebbe un doppiodanno. L’allievo che vuole liberarsi da quelruolo, dovrebbe perlomeno scoprire il mo-tivo che lo incatena a questo ruolo. Si trattaspesso di meccanismi psichici relativamentesemplici e diffusi. La stessa forza con laquale innalzo il maestro, o anche altri esseriumani, sminuisce me stesso. D’altro cantomi innalzo indirettamente per il mio rap-porto col maestro, però non per mia forza.La logica conseguenza è che non agisco at-traverso la mia autonomia, la mia fatica, maattraverso gli sforzi passati di un altro. Nondifendo veramente il maestro ma il mio rap-porto con lui. È già problematico poggiarsi sui proprisforzi fatti in passato. Ciò ha per effetto disvuotarci dalle nostre forze. Così si svuotaanche una società che si poggia interamentesull’operato passato di un maestro: essa habisogno di essere incessantemente accesamediante una moralizzazione e l’inganno dise stessa, altrimenti essa sarebbe esposta aun “sano” rinsecchimento. Non per niente dovunque si parla della per-dita della sostanza antroposofica: ancora unatteggiamento moralizzatore, ricordarsi an-cora le fondamenta. Per lo spirito non cisono fondamenta senza un’attiva parteci-pazione.

La ricorrenza potrebbe essere un’ottima oc-casione per allentare lo stretto legame conSteiner che risulta non poco problematico.Un tale “distacco” sarebbe sì un passo moltolungo, ma che potrebbe anche liberare ungrande potenziale spirituale. Una simile im-presa potrebbe permettere a molti di trovareil proprio cammino spirituale. In modo chenon nasca un malinteso: non è Rudolf Stei-ner il problema, ma è il nostro rapporto conlui a essere problematico. Inoltre dobbiamonoi stessi risolverlo e assegnarcelo comecompito personale. Perché l’antroposofia in-comincia laddove finisce il proprio steine-rianismo. Ci si potrebbe persino immaginare un eser-cizio che consista nel fatto di prestare at-tenzione quando ci si appoggia in modoproblematico su Steiner, invece di contaresulle proprie forze. È un esercizio che po-trebbe probabilmente essere molto più utiledi quanto possiamo pensare. A ciò si po-trebbe affiancare una riflessione: ogni qual-volta faccio appello a Steiner invece disforzare me stesso mi indebolisco, ma inde-bolisco anche la figura di Steiner. Potrebbeanche essere di aiuto il pensiero che potreianche rovinare le forze che mi sono conqui-stato con il lavoro sui testi del maestro, senon le uso in modo appropriato. Sarebbe interessante chiedersi che riper-cussione potrebbe avere il mio comporta-mento su quei testi, sull’antroposofia eanche su Steiner. Gli allievi che seguono con

Roland Wiese

Dallo steinerianismo

all’antroposofia

Dallo steinerianismo

all’antroposofia

Nella Società Antroposofica si sta preparando l’evento del 150esimo anno dalla nascita di Ru-dolf Steiner. Con seminari e congressi piccoli e grandi, con pubblicazioni di ogni sorta, si vor-rebbe finalmente vedere riconosciuto pubblicamente Rudolf Steiner per il suo profondosignificato. E se gli altri non lo fanno, più che mai lo devono fare i suoi adepti. tratto da Die Drei

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delega con la quale cerco di assegnare allamia vita spirituale una certezza esteriore.Una simile risolutezza spirituale si mostraper esempio nell’istituzionalizzazione, nellostile di una fondazione intoccabile, ma la ri-trovo anche nel significato che io attribuiscoalla mia vita spirituale prima di avere speri-mentato personalmente il suo contenuto. Èuna convinzione che ha per motivo un’illu-sione soggettiva che provoca un indurimentoin me, poiché se non fossi spiritualmente in-sicuro, non avrei bisogno di tanto dispendiodi energia nel tentativo di attribuire oggetti-vità alla mia vita spirituale.

Una sottovalutazione di se stessi

Oggi posso prendere in considerazione unrapporto allargato. Il legame fra la mia vita eil cosiddetto mondo spirituale. Esiste unospostamento, psicologicamente comprensi-bile, ma spiritualmente pericoloso, di forzerimosse da una sfera all’altra. Spesso si trattadi fughe per evitare certi ostacoli, resistenze.Spesso anche solo un lieve eccesso di forzepsichiche (animiche) può provocare un in-durimento della coscienza che può influiresulla vita. Questo fa sì che nella rispettivasfera io voglio troppo. Ma siccome non rag-giungo quello che vorrei, il contraccolpo del-l’ostacolo provoca in me ulteriori insicurezzerispetto alle mie forze. L’apparente inacces-sibilità conferisce all’inaccessibile un signifi-cato che non gli appartiene, ma che fa partedalla mia ambizione personale. Questo signi-fica dissolvere ciò che mi sono conquistato,ossia ciò che mi è accessibile. Così io non honeanche quello che mi appartiene o ciò chepotrebbe essere mio. (È possibile che il Cri-sto non fu riconosciuto perché molti dei suoicontemporanei se lo erano immaginato piùgrande).In questo campo la Società Antroposofica èun ottimo terreno per allenarsi. Se essa vuolseriamente rappresentare una comunità di ri-cerca e di auto-conoscenza, dovrebbe affer-rare l’eccezionale opportunità per usare ilsuo malessere come occasione per avviareuna terapia. Un simile malessere dovrebbefarci prendere in considerazione le manife-stazioni dell’antroposofia e del nostro rap-porto con essa. Anche piccoli passetti inquella direzione potrebbero essere di grandeaiuto per trasformare il 150esimo anno dallanascita di Steiner in una rinascita dell’antro-posofia. Sono ricorrenze che offrono l’occa-sione di ricordarsi della piccolezza edell’insicurezza degli inizi. �

Debolezze della volontà

Si tratta di leggi, di atteggiamenti che con-trastano fortemente la vita spirituale, la di-mezzano. Personalmente trovo storicamentesuperato il volersi confrontare con la scienza.Questo l’ha fatto l’antroposofia del XX secolo.Dalla trasformazione della scienza naturale èstata elaborata l’antroposofia; il compito dioggi sta nella trasformazione dell’antroposo-fia. Il risultato di una simile trasformazionenon può essere garantito, così come non puòessere garantito attraverso il mantenimentodella forma attuale dell’antroposofia.Essere allievi può anche voler dire sentirsitroppo deboli per assumersi il compito.Come posso io, piccolo come sono, trasfor-mare una grandiosa spiritualità? È un senti-mento doppiamente giustificato, poiché unaspiritualità cresciuta sembra sempre piùgrande di una spiritualità nuova, che devecrescere. Quest’ultima sembra invisibile;deve, tuttavia mostrarsi abbastanza grandeda permettermi di sviluppare nuove forzenella trasformazione. La mia debolezza di-venta percepibile quando incomincio ad atti-vare me stesso. Prima le debolezze vengononascoste dalla grandiosa spiritualità già esi-stente: non appare come una mia debolezza,ma è la grandezza esistente che legittima lamia inadeguatezza. Perciò uso la sublime spi-ritualità esistente per coprire la mia picco-lezza.Un ingigantimento del passato giustifica lamia incapacità di andare avanti, così delegoal passato quello che dovrei fare per la miaevoluzione: esso ha il grande vantaggio di es-sere una realtà oggettiva. Si potrà constatareche ogni qualvolta ci si appoggia su una spi-ritualità oggettiva del passato, ci si scaricadalla propria attività creativa soffermandosiin un’imitazione liturgica o in un’interpreta-zione di qualcosa di passato. Non si fa altroche proseguire quello che sta alla base dellascienza naturale oggi, ossia una volontà de-bole: indagare su quello che già esiste. Conciò si scopre il rapporto fra le cose che giàesistono. La volontà indebolita è penetratanei sostrati più profondi dell’anima umana. Così uso solo la “purezza” e un oggettivo at-teggiamento interiore anche nella mia ricercaspirituale, con la premessa di limitarmi almondo degli oggetti. Non sono un ricercatoreoggettivo-soggettivo; io delego e attribuiscooggettività alla mia ricerca, in quanto confe-risco alla Scienza dello Spirito una realtà og-gettiva che, teologicamente parlando,corrisponde alla realtà del Dio Padre. È una

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