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APPUNTI PER UNA STORIA DELLA RESISTENZA NELLA PROVINCIA DI ALESSANDRIA (*) La provincia di Alessandria, situata nel Piemonte sud-orien- tale, confina ad ovest con la provincia di Asti, a nord-ovest con quella di Torino, a nord con il Vercellese, ad est con le provincie di Pavia e di Piacenza e a sud con quelle di Genova e di Savona. Tutta la zona centrale e settentrionale della provincia è coperta da colline a dolce declivio che degradano lentamente nella pianura compresa fra Alessandria, Novi Ligure e Tortona ed in quella che si estende sulla destra del fiume Po, da Casale a Valenza. Nel set- tore meridionale, invece, i rilievi collinari costituiscono i primi contrafforti dell’Appennino ligure-alessandrino che si estende da Acqui a Tortona, tagliato dalle valli della Bormida di Spigno, del- l’Erro, dell’Orba, dello Stura, del Lemme, dello Scrivia, del Bùr- bera, del Grue e del Curone. Attraverso alcune di queste valli (Bor- mida, Erro, Stura, Lemme e Scrivia) passano le rotabili e le ferrovie che congiungono la Liguria al Piemonte ed alla Lombardia. Le cime più alte dell’Appennino ligure-alessandrino si trovano tutte all’incirca sul confine regionale: Bric del Gorrei (829 m.), monte Colma (836 m.), monte Poggio (1081 m.), monte Tobbio (1092 m.), monte delle Figne (117 2 m.), monte Lecco (1072 m.), monte Porale (835 m.), monte Antola (1598 m.), monte Carmo (1642 m.), monte Chiappo (1698 m.), monte Ebro (1701 m.) e monte Giarolo (1473 m.). Ai margini del settore appenninico si trovano le città di Acqui (16.000 abitanti), Ovada (9.000), Novi Ligure (22.000) e Tortona (23.000); Alessandria (82.000) è posta al centro della provincia; Casale (37.000) presso il confine col Vercellese ed il Pavese, sul lembo orientale del sistema collinare del Basso Monferrato, e V a- lenza (13.000) sul Po, tra Casale ed Alessandria. (*) L’autore del presente studio ha vinto, con una tesi di laurea sulla Resistenza nell’Alessandrino, il primo premio in un concorso per un’opera di storia sulla lotta di Liberazione nella provincia di Alessandria, bandito dai Comune di Alessandria, daH'Amministrazione Provinciale, dal Comitato Provinciale Difesa Valori della Resi- stenza e da vari comuni della Provincia. Il saggio che segue contiene un’esposizione originale della materia del lavoro, che sarà pubblicato tra breve a cura del Comitato Promotore del Premio.

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A P P U N T I PER U N A STO RIA D E LL A R E SIST E N Z A

N E L L A PRO VIN CIA DI A LE SSA N D R IA (*)

La provincia di Alessandria, situata nel Piemonte sud-orien- tale, confina ad ovest con la provincia di Asti, a nord-ovest con quella di Torino, a nord con il Vercellese, ad est con le provincie di Pavia e di Piacenza e a sud con quelle di Genova e di Savona. Tutta la zona centrale e settentrionale della provincia è coperta da colline a dolce declivio che degradano lentamente nella pianura compresa fra Alessandria, Novi Ligure e Tortona ed in quella che si estende sulla destra del fiume Po, da Casale a Valenza. Nel set­tore meridionale, invece, i rilievi collinari costituiscono i primi contrafforti dell’Appennino ligure-alessandrino che si estende da Acqui a Tortona, tagliato dalle valli della Bormida di Spigno, del- l’Erro, dell’Orba, dello Stura, del Lemme, dello Scrivia, del Bùr­bera, del Grue e del Curone. Attraverso alcune di queste valli (Bor­mida, Erro, Stura, Lemme e Scrivia) passano le rotabili e le ferrovie che congiungono la Liguria al Piemonte ed alla Lombardia. Le cime più alte dell’Appennino ligure-alessandrino si trovano tutte all’incirca sul confine regionale: Bric del Gorrei (829 m.), monte Colma (836 m.), monte Poggio (1081 m.), monte Tobbio (1092 m.), monte delle Figne ( 117 2 m.), monte Lecco (1072 m.), monte Porale (835 m.), monte Antola (1598 m.), monte Carmo (1642 m.), monte Chiappo (1698 m.), monte Ebro (170 1 m.) e monte Giarolo (1473 m.). A i margini del settore appenninico si trovano le città di Acqui (16.000 abitanti), Ovada (9.000), Novi Ligure (22.000) e Tortona (23.000); Alessandria (82.000) è posta al centro della provincia; Casale (37.000) presso il confine col Vercellese ed il Pavese, sul lembo orientale del sistema collinare del Basso Monferrato, e V a ­lenza (13.000) sul Po, tra Casale ed Alessandria.

(*) L ’autore del presente studio ha vinto, con una tesi di laurea sulla Resistenza nell’Alessandrino, il primo premio in un concorso per un’opera di storia sulla lotta di Liberazione nella provincia di Alessandria, bandito dai Comune di Alessandria, daH'Amministrazione Provinciale, dal Comitato Provinciale Difesa Valori della Resi­stenza e da vari comuni della Provincia. Il saggio che segue contiene un’esposizione originale della materia del lavoro, che sarà pubblicato tra breve a cura del Comitato Promotore del Premio.

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Giampaolo Pansa

I. - Dal marzo 1943 a ll ’8 se t t e m b r e

a) - Gli scioperi di marzo. Scarse furono le ripercussioni in provincia. Ad Alessandria il 16 marzo si verificarono brevi sospen- sioni del lavoro alla Borsalino ed alla Soc. Mino. Nel Casalese, nella seconda metà del mese, si ebbero scioperi parziali a Morano sul Po, fra gli operai del cementificio della Soc. Marchino. Nei primissimi giorni di aprile scioperarono gli operai della M .I.V .A . di Acqui. Il grado di concentrazione industriale dell’Alessandrino è piuttosto basso. A l momento degli scioperi, all’ interno delle aziende il lavoro di penetrazione politica da parte antifascista era ancora pochissimo sviluppato: gli stessi comunisti potevano contare solo su poche cellule di fabbrica, isolate e non in grado di guidare alcun movi­mento. Anche le ragioni economiche delle agitazioni erano meno avvertite: la maggiore integrazione fra città e campagna esistente nei piccoli centri di provincia e l’origine contadina di molti operai alessandrini contribuivano, infatti, a far sentire in misura minore la gravità del problema alimentare e l ’insufficienza dei «alari.

b) - Il 25 luglio e l’armistizio. La fine del regime venne salu­tata con gioia in tutta la provincia. Nessuna violenza contro gli esponenti del P.N .F. Le autorità militari e di polizia continuarono a mostrarsi ostili agli avversari del fascismo. Il 26 luglio i carabi­nieri impedivano ai 1200 operai della Borsalino di unirsi alle co­lonne dei manifestanti e arrestavano i loro delegati. In Alessandria numerosi antifascisti vennero tradotti alle carceri come « faziosi perturbatori dell’ordine pubblico ». I partiti d’opposizione ripresero l’attività. I comunisti furono gli unici a stabilire una rete di colle­gamento fra tutti i centri della Provincia; P.S.I.U.P., P. d’A ., D. C. e liberali erano invece poco organizzati e si limitarono a raccogliere adesioni individuali nell’ambito ristretto dei politici del periodo prefascista. Ad Alessandria i cinque partiti diedero vita ad un comitato antifascista unitario: si trattava di un organo poco più che simbolico, dalla composizione instabile, pressoché inattivo. Identiche caratteristiche presentavano i comitati costituiti a T or­tona, Casale e Valenza.

A ll’inizio di settembre la situazione si andò aggravando. Il ter­ritorio della provincia era chiuso a sud-est da tre divisioni germa­niche: la 94a e la 76% provenienti dalla Francia, che controllavano il Genovesato e le rotabili della vai Scrivia, e la 65% giunta dalla Germania, che si era attestata nel Vogherese. Di fronte a queste

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forze stavano, in provincia, alcuni reggimenti del genio, della fan- teria e dell’artiglieria, per un complesso di circa 10.000 uomini: i reparti italiani erano frazionati in numerosi centri e non tutti si trovavano in piena efficienza. I comitati di Alessandria e Tortona offrirono inutilmente l’aiuto dei civili ai comandi locali. Tra il 9 e il io settembre la provincia cadde in mano al nemico: i presidi di Casale e di Acqui capitolarono di fronte a piccole pattuglie germa- niche; ad Alessandria due tentativi di resistenza, alla caserma Val- frè ed alla Cittadella, vennero rapidamente stroncati; a Novi Ligure, il i° Regg. Genio Minatori si sciolse senza che i tedeschi dovessero intervenire. Solo a Tortona, al Comando d’Aviazione ed alla ca­serma Passalacqua, gruppi isolati di soldati tentarono una disperata resistenza ma vennero presto sopraffatti.

II. - Dal 9 S E T T E M B R E 1943 A L GENNAIO 1944

a) - / primi comitati di resistenza. AH’indomani dell’armistizio, disfatto l’esercito e crollata l’intera struttura politica del paese, gli antifascisti si trovarono di fronte alla grave responsabilità di orga­nizzare da soli la resistenza al nemico. L ’Alessandrino, per le sue caratteristiche sociali e per le sue tradizioni politiche (decisamente orientate a sinistra, soprattutto nel Valenzano e nell’Ovadese) avrebbe potuto rappresentare un discreto campo d’azione per le forze d’opposizione. Gli anni della dittatura, però, non erano pas­sati invano e sarebbe stato necessario il trauma della lotta partigiana per risvegliare completamente ogni energia e determinare quell’ac­cordo fra le correnti politiche e la grande massa della popolazione che avrebbe portato la lotta di liberazione ad assumere dimensioni e carattere di guerra nazionale.

' I gruppi d’opposizione, trasformatisi in comitati di resistenza, iniziarono l’attività in un ambiente dominato dall’incertezza, dalla sfiducia e dalla paura. Gli stessi gruppi antifascisti si trovavano in una situazione non facile, tormentati all’ interno dalle divergenze fra « attesisti » ed elementi decisi ad agire e non ancora in grado di impegnarsi in un vasto lavoro di incitamento e di preparazione alla lotta. Un’effettiva volontà di resistenza tuttavia esisteva e si manifestò concretamente. Ad Alessandria, alla fine di settembre, venne costituito l’organismo che avrebbe funzionato, sia pure con poca efficacia, come C.L.N . provinciale. Lo componevano elemen­ti dei cinque partiti principali, ma gli unici ad essere attivi sin dal­

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l’inizio furono i comunisti e gli azionisti. I primi organizzarono un piccolo gruppo di gappisti ed alcune squadre cittadine per il ricu­pero di materiale bellico, e svolsero nel contempo una cauta propa­ganda che ebbe un primo risultato alla fine di ottobre con la par­tenza per il Cuneese di una decina di giovani alessandrini. Gli azio­nisti costituirono nelle vicinanze di Alessandria tre centri di rac­colta di militari sbandati ed allacciarono contatti con ufficiali del­l’esercito per spingerli alla lotta.

Assieme al capoluogo si mossero anche i circondari. Nei centri maggiori della provincia (a Tortona, Casale, Ovada, Novi Ligure, Acqui e Valenza), tra il settembre ed il novembre, si costituirono altri comitati di resistenza. La loro composizione era eterogenea e solo i comunisti erano presenti ovunque. In ogni località vennero ricuperate armi e furono aiutati i soldati italiani sbandati e i pri­gionieri di guerra fuggiti dai campi di concentramento di Valenza, Chivasso, Gavi e da quelli situati sul versante ligure dell’Appen- nino. A Casale, elementi di sinistra riuscirono ad armare un pic­colo gruppo di uomini che in ottobre partì per la vai d’Aosta.

b) - Le prime bande partigiane sull’Appennino ligure'dlessan- drino. Un sostanziale passo avanti verso un razionale coordinamento dei tentativi dei singoli gruppi venne compiuto tra la fine di ottobre e l’inizio di dicembre grazie all’ incontro fra i comitati di resistenza dell’Alessandrino meridionale e i comunisti genovesi. Questi ultimi stavano da tempo esaminando la possibilità di costituire nuclei par­tigiani sul settore appenninico che sorge all’immediato entroterra della costa ligure, da Genova a Savona. La zona non poteva offrire ai « ribelli » le condizioni di sicurezza delle vallate alpine ma le bande avrebbero avuto ampie possibilità d’azione poiché attraverso l’Appennino ligure-alessandrino passavano i canali logistici delle truppe tedesche dislocate sulla Riviera. Il Triumvirato Insurrezio­nale per la Liguria (il così detto « Triangolo Militare ») aveva ela­borato in proposito un piano preciso. Gli uomini sarebbero stati ini­zialmente convogliati in territorio alessandrino, sul settore montano compreso tra la vai Stura e la vai Scrivia (indicato con il termine convenzionale di « 3* zona ») e, una volta inquadrati, armati ed addestrati, sarebbero defluiti ad ovest, in direzione del Sassello e dell’alto Acquese e ad est, oltre la vai Scrivia, sul versante setten­trionale dell’Antola. La realizzazione del piano era stata affidata ad un ristretto gruppo di comunisti liguri, guidati dall’ing. Adriano

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Agostini (Pietra o Ardesio), rappresentante del P.C.I. nel secondo Comitato Militare del C .L.N . per la Liguria.

Sull’Appennino, subito dopo l’armistizio, si erano costituite due bande;

—- la prima a Pian Castagna, tra l’alta vai d’Orba e l’alta valle dell’Erro: 12 uomini, nove dei quali prigionieri stranieri. I genovesi si collegarono con questo gruppo verso la fine di settem- bre: uno studente comunista, Walter Fillak (Gennaio) si portò nella zona per assumere il comando della banda;

— la seconda sulle falde del monte Porale, ad est della vai Lemme: 1 1 uomini (otto russi, uno jugoslavo e due italiani), co­mandati da Giuseppe Merlo, di Bosio, giovane tenente di comple­mento degli alpini. La banda si collegò dapprima con un gruppo di antifascisti di Voltaggio e a fine ottobre con Genova.

A queste due bande, verso la metà di novembre, se ne ag­giunse una terza, di io elementi guidati dal capitano degli alpini Edmondo Tosi (Achilìe, poi Ettore) che gli organizzatori comu­nisti genovesi avevano inviato proprio al centro della 3* zona, presso i Laghi della Lavagnina.

I comunisti liguri -— che avevano già provveduto a costituire numerose basi d’appoggio nel territorio della Grande Genova — all’inizio di novembre si collegarono con i comitati di Acqui, Ovada e Novi che si impegnarono a raccogliere finanziamenti e viveri per le tre bande e ad indirizzare verso la 3“ zona le eventuali reclute partigiane. Nello stesso mese vennero pure stabiliti contatti con i comunisti di Alessandria che accettarono il programma dei com­pagni liguri. In dicembre, Agostini si collegò anche con Tortona, ma questo centro era troppo lontano per recare un aiuto concreto alle bande della 3” zona e del resto il comitato locale aveva già preso contatto con un gruppo di io uomini, costituito nell’alto Tor- tonese — a Dernice, fra la val Grue e la vai Curone — da un gio­vane milanese, già tenente dell’aeronautica, Franco Anseimi (Marco).

In montagna, frattanto, le bande, che erano malissimo armate e pressoché inattive, attraversarono i primi momenti difficili. In novembre, quella di Fillak fu costretta a spostarsi in provincia di Savona, nella zona del monte Fajallo, per evitare di essere indivi­duata dalla polizia tedesca, e di qui poco tempo dopo dovette ripor­tarsi nuovamente a Pian Castagna. Contemporaneamente, nella banda di Merlo cominciarono a manifestarsi aspri dissensi fra il

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comandante (al quale ripugnava qualsiasi caratterizzazione politica del gruppo) e gli elementi comunisti che tra l’ottobre e il novembre erano saliti in formazione, portando gli effettivi della banda a circa 35.

c) - L. R. S. I. Tra l’ottobre e il dicembre anche i fascisti si riorganizzarono. In poche settimane vennero riaperte sotto etichet­ta repubblicana le vecchie sedi del partito. Rinacque, animosa e battagliera, la stampa del regime: il 2 ottobre riprendeva le pub­blicazioni « Il Popolo di Alessandria » che, diretto prima dall’avv. Attilio Romano e poi dal genovese Gian Gaetano Gabella, sarebbe diventato in poco tempo il più acceso giornale antipartigiano del Piemonte; a Casale, all’inizio di novembre, usciva « Il Lavoro Ca­salese. » diretto dal segretario nazionale del sindacato cementieri, Arturo Pettenati, al quale venne affidato, sul piano locale, il ten­tativo di accreditare il travestimento anticapitalistico del neofasci­smo; a Tortona venne pubblicato « Il Leoncello », fondato da Gian Carlo Zucaro.

I bandi di novembre costituirono un primo insuccesso per i fascisti alessandrini: in alcune zone della provincia il fenomeno della renitenza fu piuttosto diffuso e toccò percentuali assai alte nel Casalese, nell’Ovadese e nel Novese. Tuttavia, nonostante le rap­presaglie sui familiari dei ragazzi precettati, i repubblicani non do­vevano ancora sentirsi abbastanza forti per assumere un deciso at­teggiamento di rottura se a metà novembre elementi del fascio ales­sandrino chiesero di abboccarsi con esponenti dell’opposizione anti­fascista locale. Incautamente comunisti, socialisti ed azionisti accet­tarono l’invito e in Alessandria, tra il 16 e il 17 novembre, si incon­trarono segretamente con gli avversari, rifiutando tuttavia la pro­posta di « non belligeranza » avanzata dai fascisti. Pochi giorni dopo, nel capoluogo, si ebbero i primi arresti. La reazione si inten­sificò nel mese seguente allorché nella tarda sera del 13 dicembre, in Alessandria, due gappisti uccisero un ten. colonnello della R.S.I. Quella notte stessa i fascisti si scatenarono, saccheggiando e incen­diando il tempio ebraico della città, e nei giorni seguenti arresta­rono molti militanti antifascisti, fra i quali numerosi membri del C .L.N . provinciale. Altri arresti e violenze verificatisi nelle ultime settimane dell’anno in quasi tutti i centri dell’Alessandrino, confer­marono che i repubblicani erano ormai passati all’offensiva. I tede­schi erano al loro fianco e il 25 gennaio ’44, ad Acqui, diedero ini­zio alla lunga serie delle rappresaglie, fucilando cinque « ribelli »

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catturati fuori provincia. L ’ondata di arresti di fine d’anno provocò un notevole rimaneggiamento nei quadri della resistenza alessan­drina, ma non fermò il lavoro di preparazione alla lotta. Proprio verso la fine del ’43, infatti, si costituì in Alessandria il Comitato Militare del C .L .N . provinciale: ne fecero parte Carlo Ronza (Ore­ste) per il P. d’A ., Carlo Bognetti (Carlon) per il P.C.I. e il col. Cri- scuoio (Creta) in qualità di consulente tecnico.

d) - Il primo inverno sull’Appennino. Tra il novembre e il di­cembre l’atteggiamento dei nazifascisti si fece più deciso anche nei confronti delle prime bande. I carabinieri delle stazioni di fondo- valle dell’Ovadese e del Novese vennero incaricati di vigilare atten­tamente sui movimenti degli « sbandati » e di individuare la dislo­cazione dei gruppi. In relazione a questi fatti, nei primissimi giorni di dicembre la banda di Merlo riteneva opportuno trasferirsi sulla sinistra del Lemme per sistemarsi sul monte Tobbio. Il gruppo rimase nella zona sino all’8 dicembre e poi si sciolse per il freddo intenso, la neve alta e la mancanza di viveri. Merlo, con qualche italiano e i russi, si portò verso la bassa vai Lemme, tra Voltaggio e Bosio, mentre il nucleo dei genovesi rimase sui monti, all’interno della 3 “ zona, raggiungendo la banda di Tosi. Verso la fine di dicembre anche la banda di Fillak si portò ai Laghi della Lava- gnina.

Con questi tre gruppi, nei primi giorni del 1944, si costituì la 3 “ Brig. Garibaldi « L igu ria»: comand. Edmondo Tosi, com­missario Rino Mandoli (Sergio), vice comand. Franco Gonzatti (Leo). Gli uomini erano all’incirca 40, con fucili ’9 1 e qualche arma auto­matica, sistemati alla meglio in località disabitate presso i Laghi della Lavagnina. Il 13 gennaio un gruppo di garibaldini attaccava il posto di avvistamento aereo del monte Zuccaro, tra la vai Lemme e la vai Scrivia, catturando e passando per le armi otto militi della G.N .R. In seguito a quest’azione, a partire dal 15 gennaio e per tutto il mese, gruppi della G.N .R., di Camicie Nere e di carabinieri rastrellarono il settore tra la vai Scrivia e la vai Lemme e le zone di Voltaggio e Bosio, ma senza alcun risultato.

Mentre i « ribelli » davano i primi segni di vita, vennero in­tensificati i contatti fra gli organizzatori alessandrini e liguri. Nei primi giorni di gennaio si incontrarono ad Ovada l’ ing. Agostini per il Co.Mi. del C .L .N . per la Liguria e Luciano Scassi per il Co.Mi. del C .L .N . provinciale alessandrino, il quale aderì alla prò-

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posta di costituire nella 3a zona un raggruppamento partigiano in- terprovinciale. Venne anche stabilito di intensificare l’invio dei viveri e dell’equipaggiamento indispensabili per le bande che sta­vano svernando sull’Appennino. La 3“ Brig. « Liguria » e la piccola banda di Merlo vennero aiutate dal C.L.N. di A.cqui, di Novi e soprattutto da quello di Ovada e da piccoli gruppi di antifascisti di Bosio, Voltaggio, Gavi e dei paesi vicini. Anche la banda di An- selmi fu assistita dal comitato di Tortona che all’ inizio del ’44 inviò a Dernice le prime armi.

III. - D al febbraio al maggio 1944

a) - Lo sviluppo primaverile delle bande del Tobbio. Le prime settimane del febbraio ’44 segnarono l’inizio di una rapidissima ripresa delle bande dislocate sull’Appennino ligure-alessandrino. Non appena la R.S.I. ebbe pubblicato il nuovo bando di richiamo, gli antifascisti svolsero una intensa propaganda soprattutto nel- l’Ovadese, nel Novese e nel settore montano tra l’Orba e lo Scrivia, e moltissimi ragazzi partirono per raggiungere i « ribelli » dell’alti­piano del Tobbio. In febbraio ed in marzo, ad Alessandria e in tutti i centri meridionali della provincia si lavorò unicamente a potenziare i nuclei partigiani della 3“ zona. In questo settore, l’ac­centuarsi delle divergenze fra la formazione garibaldina e la banda di Merlo aveva fatto tramontare qualsiasi possibilità di dar vita al progettato raggruppamento unico ligure-alessandrino. Anche l’ope­ra di mediazione dei Co.Mi. di Genova e di Alessandria e del C .L.N . di Ovada non aveva sortito alcun effetto. Due, quindi, furono i centri di afflusso delle reclute partigiane:

— la Brig. Autonoma Militare « Alessandria », comandata dall’anziano capitano dei granatieri Gian Carlo Odino (Italo) verso la quale vennero indirizzati i giovani di Bosio, di Voltaggio, di Ser- ravalle, del Novese, della vai Lemme e della vai Scrivia. La for­mazione, che aveva assorbito il gruppo di Merlo, alla fine di marzo inquadrava circa 200 uomini, dislocati lungo il torrente Roverno, sulla costa che fronteggia Mornese e Bosio. I componenti della formazione erano in grandissima maggioranza ragazzi molto gio­vani: solo il 1 5 % era armato con vecchi ’91 poco munizionati e questo impedì alla brigata di svolgere un’attività continua;

— la 3a Brig. Garibaldi « Liguria » reclutò invece giovani del- l’Ovadese, della vai Stura, della vai d’Orba, del Genovesato e della

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costa ligure, portando in poco tempo i propri effettivi ad un numero altissimo: 570, divisi in otto distaccamenti dislocati nella zona delimitata dal monte Tobbio - Costa di Castiglione - monte delle Figne - Capanne di Marcarolo - monte Tugello - Laghi della Lava- gnina. L ’armamento della brigata era molto limitato, nonostante i due aviolanci ricevuti tra la fine di febbraio e la metà di marzo grazie all’organizzazione « Otto ». Nel mese di marzo, comunque, la formazione garibaldina portò a termine numerose azioni di pic­cola entità sul versante ligure e in territorio alessandrino, tra Novi ed Ovada, scendendo apertamente anche a fondovalle (incursione su Voltaggio il 28 marzo).

Fra le due formazioni -—• che si trovavano a stretto contatto e che pure si erano sviluppate grazie alla collaborazione di elementi di differenti tendenze politiche — non intercorrevano buoni rap­porti. Tra il febbraio e il marzo, la brigata garibaldina, che aveva notevolmente accentuata la propria caratterizzazione politica, cercò più volte di aggregare la Brig. « Alessandria » ma questa, che si appoggiava prevalentemente ad esponenti del P. d’A. e del P. L., rifiutò sempre qualsiasi rapporto di dipendenza, sia pure limitata all’ambito operativo.

b) - Il rastrellamento della Benedicta (6-i i aprile). L ’opera­zione non fu che un episodio dell’offensiva primaverile sviluppata dai tedeschi contro le bande partigiane dell’ Italia settentrionale. Le due formazioni del Tobbio non costituivano ancora un pericolo vero e proprio per l’occupante, ma si trovavano in una zona che avrebbe potuto diventare di estrema importanza in caso di uno sbarco alleato sulle coste liguri. Le due formazioni vennero colpite nella fase delicata del primo assestamento e, appesantite da un nu­mero troppo alto di elementi disarmati, si trovarono nell’ impossi­bilità di reagire.

Preparato con cura dai comandi tedeschi di Alessandria e di Genova — che già verso il 20 marzo, con gruppi della G.N .R. ave­vano tentato di bloccare sul fondovalle alessandrino i canali di ri- fornimento dei « ribelli » — il rastrellamento iniziò all’alba del 6 aprile. Vennero impiegati circa 20.000 uomini, per la maggior parte tedeschi. Circondata tutta la zona tra la vai Stura e la vai Scrivia e chiuse le rotabili poste ai margini di quel settore montano, tre colonne — provenienti da sud-ovest (Piani di Praglia), da nord- est (Voltaggio) e da nord-ovest (Lerma) — puntarono verso il cen­

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tro del territorio occupato dalle bande. La Brig. « Alessandria », sotto l’urto della seconda colonna, ripiegò verso l’interno dell’alti­piano in direzione del cascinale della Benedicta, lasciando alla re­troguardia un gruppo di trenta uomini al comando di Giuseppe Merlo. Nella tarda mattinata questo nucleo si disperdeva, mentre il grosso della formazione autonoma veniva catturato nel pomerig­gio dalla prima e dalla terza colonna che erano avanzate rapidamen­te senza incontrare alcuna resistenza organizzata da parte della 311 « Liguria ». Quasi tutti i distaccamenti garibaldini, infatti, si erano dispersi in preda al panico alle prime avvisaglie dell’attacco. Alla sera del 6, il massiccio concentramento partigiano del Tobbio era praticamente disciolto: degli 800 uomini, solo piccoli gruppi isolati di garibaldini opponevano ancora resistenza.

Il 7 aprile, settantacinque ragazzi, per la maggior parte della formazione autonoma, concentrati alla Benedicta la sera precedente, vennero fucilati a gruppi di cinque lungo il torrente Gorzente: altri erano stati catturati nei dintorni e subito passati per le armi, portando il numero delle prime vittime a novantasei. Il rastrella­mento degli sbandati continuò per tutto il 7 e l’8 aprile; numerosi gruppi riuscirono a filtrare attraverso il blocco nemico ma molti vennero catturati e qualche nucleo immediatamente fucilato (quat­tordici a Passo Mezzano ed un piccolo gruppo ad Isoverde). Mentre venivano iniziate feroci rappresaglie contro la popolazione della zona, il comando tedesco che dirigeva l’operazione comunicò che avrebbe usato clemenza nei confronti dei giovani di leva che si fossero presentati. L ’atmosfera di paura e di incertezza determinata dal massacro della Benedicta convinse molti ragazzi a presentarsi alle autorità germaniche, ma a cancellare ogni illusione sulle reali intenzioni dei tedeschi ripresero subito le fucilazioni: l’8 aprile tredici partigiani venivano uccisi a Villa Bagnara e otto a Voltaggio, e l’ n aprile altri otto venivano passati per le armi sempre a Vol­taggio. A concludere l'operazione, circa duecento giovani — par­tigiani catturati in rastrellamento e ragazzi spontaneamente pre­sentatisi — dopo di essere stati concentrati a Novi Ligure, tra il io e il 12 aprile vennero fatti partire alla volta dei campi di sterminio tedeschi. Altri diciassette « ribelli » delle due formazioni — fra i quali il cap. Odino — vennero portati alla Casa dello Studente di Genova e fucilati il 19 maggio al Passo del Turchino, assieme ad altri quarantadue detenuti politici genovesi.

c) - La situazione dopo il rastrellamento. Il massacro di aprile

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sconvolse profondamente l'embrionale struttura del partigianato alessandrino. Sul settore appenninico era rimasta solo la banda co- mandata da Anseimi e dal commissario Eliseo Cavecchia (Tullio), che alla fine dell’inverno — portato a 30 il numero degli effettivi — si era spostata in vai Sisola, sistemandosi fra A vi e Camere Nuove. Tra l’aprile ed il maggio, nel settore meridionale della provincia sorsero altri due gruppi partigiani:

— la banda G. L. di 20 uomini comandata da Luciano Scassi (Luciano) e dal commissario Giovanni Novelli (Antico) che alla fine di aprile si era portata da Castellazzo Bormida sul Bric del Gorrei, tra la vai d’Erro e la vai d’Orba;

— la banda garibaldina costituita nell’Acquese da un sottuf- fidale della marina militare, Pietro Minetti (Mancini) e da uno stu­dente comunista, Emilio Diana Crispi (Gino), con 40 uomini divisi in tre gruppi (a S. Andrea, a Rivalta Bormida e in zona di media montagna, tra l’Erro e la Bormida). Le due bande erano male ar­mate, sommariamente organizzate e ancora praticamente inattive.

Mentre si costituivano questi due gruppi, in tutto l’Alessan­drino, come nel resto del paese occupato, i repubblicani organizza­rono una massiccia campagna di propaganda per convincere gli « sbandati » a presentarsi alle autorità fasciste entro il 25 maggio. Alla fine del mese la stampa fascista del capoluogo annunciò trion­fante che 1326 « ex-ribelli » erano affluiti ad Alessandria. In realtà, nessuno dei componenti le tre bande aveva abbandonato la monta­gna. Anche i minacciati rastrellamenti sfumarono nel nulla. L ’unica ad essere molestata fu la banda di Anseimi che verso la fine di maggio si era di nuovo trasferita nell’alta val Curone: i carabinieri e la milizia forestale di San Sebastiano organizzarono un’operazione di polizia contro la zona di Volpara, sventata dai « ribelli » che ripiegarono su Montebore catturando una decina di rastrellatori.

IV . - Dal giugno al se t t e m b r e 1944

a) - Il partigianato di pianura e di collina. Nelle prime setti­mane d’estate, il fenomeno del « ribellismo » si estese anche alle zone centro-settentrionali della provincia. Le nuove bande si svi­lupparono nel settore del Basso Monferrato casalese, cioè nella zona di confine.della provincia di Alessandria con quelle di Asti, Torino e Vercelli; sulla sottile fascia collinare che dall’Astigiano si protende nell’Alessandrino, separando la pianura casalese dal capoluogo prò-

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vinciale; nella zona di bassa collina a nord-ovest di Alessandria; nella zona a cavallo del Tanaro, a nord-est di Alessandria; nel settore compreso tra Tanaro e Bormida a sud-ovest di Alessandria e nella pianura del Castelnuovese a nord di Tortona. Si trattava di piccoli gruppi — pochi dei quali superavano la ventina di uomini — ancora isolati, quasi tutti indifferenziati politicamente e talvolta soggetti a pericolose forme di qualunquismo, senza nessuna orga­nizzazione e per la maggior parte composti di elementi locali che continuavano a mantenere la residenza abituale.

Per tutto il mese di giugno e quello di luglio, l’attività di questi gruppi fu diretta al reperimento delle armi indispensabili per dare inizio alla guerriglia. Vennero effettuati molti piccoli colpi di mano contro caserme, depositi, posti di blocco e di avvistamento aereo, stazioni dei carabinieri. Particolarmente attive si dimostrarono' le bande monferrine del settore Verrua Savoia - Murisengo - Mon- cestino (che erano anche le più numerose e le meglio armate) e quelle dei paesi circostanti Camagna. In luglio, i « ribelli », che erano per la maggior parte di origine contadina, difesero il raccolto dalle razzie dei nazifascisti. In queste operazioni si distinsero i gruppi raccolti attorno alla banda di Camagna ■— comandata da un giovane studente, già tenente di complemento, Agostino Len­ti — i quali, tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, organizzarono trebbiatura e vendita del grano in molti paesi della zona collinare tra Casale ed Alessandria. In agosto vennero portate a termine le prime azioni militari: sabotaggi alle comunicazioni ferroviarie e telefoniche in tutto il territorio centro-settentrionale deila provincia e sporadici attacchi al traffico nemico, principalmente sulle rotabili che da Casale portano a Chivasso, ad Asti e ad Alessandria, per opera delle bande monferrine, e sulla Alessandria-Acqui per ope­ra dei gruppi di Minetti. Tra la fine di luglio e la fine di agosto, l ’attività dei ribelli provocò le prime reazioni del nemico, semplici operazioni di polizia e non ancora rastrellamenti organizzati su vasta scala poiché le bande, pur rappresentando una menomazione assai evidente dell’autorità della R.S.I., non costituivano un effet­tivo pericolo dal punto di vista bellico. Per « ripulire » le zone col­linari e di pianura vennero per lo più impiegate forze fasciste (G.N.R., 2a Brigata Nera « Attilio Prato » di circa mille uomini e reparti dell’esercito dipendenti dal 210° Comando Militare Regio­nale che disponeva nella provincia di 5.500 effettivi) affiancate da piccoli contingenti tedeschi, ma i nazifascisti, per la stessa difficoltà

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di rastrellare efficacemente forze frazionate su settori alquanto vasti, non riuscirono a fermare l’attività e lo sviluppo delle bande. Alcune di esse, tuttavia, stimarono prudente lasciare le zone di bassa col- lina per portarsi sui primi rilievi appenninici, altre si suddivisero in piccole squadre mobili, altre ancora lasciarono le località di origine per iniziare una vera e propria vita alla macchia. Fu questo il caso del gruppo di Camagna che si trasferì nei pressi di Grazzano e venne qui catturato al completo all’alba del 12 settembre: i 27 componenti della banda furono portati a Valenza e fucilati nel pomeriggio dello stesso giorno.

Tra il luglio e l ’agosto si ebbero anche i primi contatti fra i gruppi di pianura e di collina e gli organizzatori politici alessan- drini che, attraverso infinite difficoltà, riuscirono ad inquadrare quasi tutte le bande in unità regolari. Tra l’agosto e il settembre si costituirono nella provincia le seguenti formazioni:

— 79a Brig. Garibaldi, comandata da Elio Pochettini (Aldo Red) e dal commissario Paolo Cartosio (Giorgio): circa 300 uomini (bande di Mombello Monf., Fubine, del Castelnuovese e gruppi di Minetti nell'A.cquese);

— 7a Brig. Matteotti, inquadrata nel Raggrupp. Brig. Matt, a Italo Rossi », comandata da Antonio Olearo (Tom): circa 100 uomini, zona di Ottiglio Monf.;

— Div. Matteotti « Marengo », comandata dal cap. Leone Novello (Nello) e formata dalla Brig. « Po » (meno di 100 uomini, dislocata a Lobbi, Sale, Bassignana, Rivarone), dalla Brig. « Val Bormida » (circa 50 uomini, prima nella zona tra Belbo e Tanaro e poi a San Luca di Molare, nella media vai d’Orba) e dalla Brig. « Val Tanaro » (poche decine di uomini sistemati ad Oviglio, Ber­gamasco e Masio);

— Brig. Autonoma « Patria » comandata da Edoardo Martino (Malerba), composta da una banda dislocata nel Basso Monferrato, tra Villamiroglio e Rairolo di Varengo, e da piccoli nuclei nella zona Mirabello - Occimiano - Valenza, per un complesso di poco più di 100 uomini.

Caratteristiche di queste formazioni: armamento insufficiente ed inquadramento estremamente sommario; scarsa consistenza nu­merica che non sempre giustificava il passaggio dei gruppi di bande a « brigate » o « divisioni » (vedi il caso della « Marengo »); ecces­sivo decentramento: alcune unità, come la 79* Brig. Garibaldi e

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la « Patria », avevano distaccamenti lontani decine di chilometri e i comandi, quindi, non sempre erano in grado di esercitare un controllo continuo su tutti i gruppi e di organizzare e guidare l’at- tività di guerriglia.

b) - Il partigianato dell’Appennino. Si sviluppò in tre settori:

1) tra la vai d’Erro e la vai d’ Orba. La banda di Scassi, che per tutto il giugno ed il luglio era rimasta nella zona del Bric del Gorrei praticamente inattiva, crebbe rapidamente fra l’agosto e il settem­bre, giungendo ad inquadrare circa 400 uomini, divisi in quattro « colonne » : Ia, a Bandita di Cassinelle, comandata da Goglino (Tito); IL, a Ponzone-Cimaferle, comandata da Filippo Ravera (Fi­lippo); IIP, a Morbello - Cassinelle - Grognardo, comandata da Guglielmo Grattarola; IV \ a Montaldo Bormida e paesi della bassa vai Bormida, comandata da Piero Boidi (Piero). Tutti questi uomini, assieme a piccole bande di pianura e di collina delle zone centrali e settentrionali della provincia (Solerò, Felizzano, San Salvatore e Quargnento) fecero parte della 19'' Brig. G. L . « Poldo Gasparotto », costituita all’ inizio di settembre. A ll’inizio di ottobre, la brigata si trasformò in 8a Div. G. L . « Braccini », comandata da Carlo Ronza (Oreste) e dal commissario Giuseppe Piccinini (Casto o Candido). Le « colonne » di Scassi, trasformate in brigate, costituirono il nucleo centrale della divisione, formazione massiccia ma male armata e ancora assai poco efficiente. Le uniche ad essere attive furono le squadre volanti delle brigate di montagna che, tra l’agosto ed il settembre, scesero più volte lungo la bassa vai Bormida e nella pianura tra Capriata d’Orba e Alessandria, portando a termine nu­merosi colpi di mano contro depositi e trasporti nazifascisti.

2) Tra la vai d’ Orba e la vai Scrivia. Tra il giugno e l ’agosto, in questa zona, elementi reduci dalla Benedicta riorganizzarono nu­merose formazioni: I) Brig. Garibaldi « Buranello », sorta da un gruppo ricostituito tra i monti Tobbio e Poggio da Franco Gon- zatti (Leo) e da Saverio De Paoli (Macchi). A metà settembre, la brigata si trasformò in Divisione Garibaldina « Doria » : coman­dante Vito Doria (Carlo), vice comand. uno slavo, Gregorio Cupic (Boro), commiss. Oscar Bariilari (Ruggero). Le forze della divisione erano minime: esisteva infatti una sola brigata di circa 150 uomini, sviluppatasi nella zona Vara Sup. - Urbe, nell’alta vai d’Orba, e che aveva conservata la vecchia denominazione di « Buranello ». I gruppi dislocati sul Tobbio e nel basso Ovadese, erano ancora poco

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consistenti e disorganizzati. II) Brig. G. L . « Cristoforo Astengo », comandata da Nito Bozzano (Nito) e dal commissario Francesco Drago (Ciccio), dislocata in provincia di Savona, nella zona Mio- glia - Sassello e con qualche gruppo in territorio alessandrino, a Pareto e nel settore Pian Castagna - Moretti. Ili) « Gruppo Celere Autonomo » comandato dal cap. Domenico Lanza di Montezemolo (Mingo) nell’alta val d’Orba. IV) Distaccamento « Mazzarello », collegato con la 79s1 Brig. Garibaldi, dislocato sotto il Tobbio e co­mandato da Piero Martini (Giacomino) e da Alessio Franzone (Ar­rigo). V) Brig. Aut. « Gian Carlo Odino », costituita sulla destra della vai Lemme, tra Sottovalle e Voltaggio, comandata da Co­stanzo Repetto (Giorgio), appoggiata al P. L. genovese. VI) Brig. « Martiri della Benedicta », sostanzialmente autonoma, comandata da Giuseppe Merlo (Franco), dislocata nella zona di Bosio - Parodi Ligure. VII) Brig. Matteotti « V al Lemme », comandata da Piero Pesce (Veniero), dislocata nel settore di Parodi - Francavilla Bisio. Queste ultime sei formazioni avevano scarsa consistenza: nessuna di esse superava i 60 - 70 uomini. L ’attività militare era piuttosto limitata.

La situazione, alquanto confusa per l’eccessivo frazionamento del partigianato del settore e per gli attriti esistenti fra tutte le formazioni, si chiarì parzialmente a fine settembre con la costitu­zione della 2a Divisione Unificata « Ligure-Alessandrina » : coman­dante Vito Doria, commiss. Oscar Bariilari, capo di S. M. Achille Paolo Casetti (Simba). Questa divisione, posta alle dipendenze del Comando della 6a zona op. ligure, inquadrò le seguenti brigate:« Buranello », comandata da Cesare Dattilo (Oscar), commiss. Cle­mente Delfino (Bruno): 150-200 uomini, nell’alta vai d’Orba; « M. Bonaria », comandata dal cap. Lanza (Mingo): un centinaio di uo­mini dislocati a Moretti e a Pian Castagna; « Mazzarello » (70 uo­mini) che mantenne il vecchio comando. Alla nuova divisione venne aggregata anche la Brig. Matteotti « Val Bormida », dislocata a San Luca di Molare. Gli altri gruppi del settore, pur avendo par­tecipato alle complesse trattative preliminari, non accettarono l’in­quadramento nella « Ligure-Alessandrina », per l’accentuata carat­terizzazione garibaldina dell’unità, e per questa ragione i rapporti fra le formazioni si mantennero piuttosto tesi nonostante i tentativi del C .L.N . di Ovada per arrivare ad una completa unificazione.

3) Tra la vai Scrivia e la vai Curone. Dalla banda di Anseimi nacque, all’inizio di luglio, il Battaglione « Casalini », inquadrato

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nella Brigata (poi Divisione) « Cichero » che operava sul versante ligure del massiccio dell’Antola. Il comandante fu Franco Anseimi, vice comand. Eliseo Cavecchia, commiss. Bruno Rivara (Bruno), capo di S. M. Silvio Ceva (Paolo). Gli uomini erano circa 150, di­visi in quattro distaccamenti, dislocati nella media vai Borbera, tra la vai Borbera e la vai Curone e nella media vai Curone, in modo da controllare tutte le vie di accesso al settore montano. Era una formazione agile ed efficiente, bene armata e organizzata discreta­mente, che dal giugno all’agosto portò a termine numerose azioni su tutto il versante alessandrino delPAntola, partecipando a metà agosto, assieme alla 5 1 “ Brig. « Capettini », ad alcuni combattimenti sul fianco destro della vai Staffora (a Nivione e a Castagnola).

Verso questo settore venne diretta l’unica operazione di con­troguerriglia organizzata dai nazifascisti nell’estate del ’44 nei con­fronti delle formazioni di montagna della provincia. Il rastrella­mento non fu isolato ma fece parte di una vasta offensiva scatenata, subito dopo lo sbarco alleato a Tolone, da circa 20.000 uomini (te­deschi e truppe fasciste della « Monte Rosa » e della « Littorio ») contro la schieramento partigiano della 6a zona op. ligure che bloc­cava la statale n. 45 della vai Trebbia, impedendo le comunicazioni fra la Riviera e il Piacentino e la Lombardia. Il rastrellamento iniziò verso il 20 agosto in zona ligure, contro la « Cichero », e al Batta­glione « Casalini » venne assegnato il compito di fermare le colonne nemiche che avessero tentato di risalire il versante alessandrino per prendere alle spalle gli uomini di Bisagno. Il 22 e il 23 agosto due puntate venivano neutralizzate nella media vai Borbera, all’altezza di Pertuso. Il 24 un battaglione della Scuola Addestramento Gra­duati di Novi Ligure, accompagnato da nuclei tedeschi con arma­mento pesante, veniva sgominato alle strette di Pertuso, dopo una intera giornata di combattimenti, dai partigiani di Anseimi affian­cati da un distaccamento della « Cichero », comandato da Aurelio Ferrando (Scrivia), giunto quel giorno stesso in vai Borbera dal Passo della Forcella. Vennero catturati 66 prigionieri, molte armi ed alcuni pezzi d’artiglieria. Una quarta puntata veniva respinta il 25 agosto. Negli altri settori d’attacco, invece, il nemico aveva infranto la resistenza partigiana e numerose colonne, provenienti dall’Oltre Po pavese, dal Passo della Scoffera, dal Chiavarese e dalla vai d’Aveto, stavano puntando verso l’Antola. Il 26 agosto, quindi, dopo aver fermato un quinto assalto nemico, gli uomini di Anseimi e di Ferrando erano costretti a ripiegare verso l’alta vai Borbera e

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a frazionarsi in tre nuclei che, tra il 26 e il 27, si portavano verso San Fermo, nel settore del monte Giarolo e tra i monti Chiappo ed Ebro. Un gruppo si attestava in quest’ultima zona per impedire alla colonna che risaliva la vai Borbera di attaccare alle spalle la « Ci- chero », ma, tra il 27 e il 28, veniva avvisato dell’inutilità di ten- tare un’ulteriore resistenza, poiché tutto lo schieramento della 6a zona aveva ormai ceduto. Il gruppo si sganciava fra Zerba e Tar- tago, mentre, tra il 28 e il 29, il nemico raggiungeva le Capanne di Carrega, zona dalla quale era possibile raggiungere facilmente l’Antola e scendere sulla vai Trebbia.

I nazifascisti, pur avendo raggiunto gli obiettivi previsti in dieci giorni di durissimi combattimenti, non riuscirono a sciogliere le formazioni. Nella prima metà di settembre i partigiani della 6a zona rioccuparono tutte le posizioni precedenti. Sul versante set' tentrionale dell’Antola, con gli uomini di Anseimi e di Ferrando, si costituì la 58“ Brig. Garibaldi « Oreste », inquadrata nella 3a Div. Garibaldi « Cichero » e dipendente dal comando della 6a zona ligure. Il comando della nuova brigata risultò così composto: comand. Au- relio Ferrando (Scrivia), vice comand. Franco Anseimi, commiss. Otello Pascolini (Moro). La formazione — che aveva distaccamenti in vai Sisola, in vai Borbera e sulle alture tra la vai Borbera e la vai Curone — a fine settembre inquadrava circa 300 uomini bene armati. L ’organizzazione dell’unità era molto buona ed in continuo progresso.

c) - La lotta in città. Durante l’estate si rafforzò anche Porga- nizzazione della resistenza cittadina. In numerosi centri della pro­vincia si costituirono le S.A .P. (particolarmente forti ad Ovada e nel Valenzano) che svolsero un’attività discreta anche se di limitata efficacia bellica. I C .L.N . dei centri maggiori vennero completati e si diedero una struttura regolare dal punto di vista formale: alcuni (Tortona, Novi e Casale) costituirono dei Comitati Militari incari­cati di mantenere i contatti con le formazioni. L ’influenza dei C .L.N . sul movimento partigiano continuò, tuttavia, ad essere al­quanto limitata. Le unità erano caratterizzate da un atteggiamento di notevole indipendenza che si rifletteva negativamente sull’orga­nizzazione e sul coordinamento della lotta. La situazione avrebbe potuto essere risolta con la costituzione del Comando di Zona ales­sandrino. Il C.M.R.P., nella suddivisione del Piemonte in zone mi­litari, aveva compreso la maggior parte del territorio della provincia

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nella 8a zona op. piemontese (divenuta poi 7“), mentre il Monfer- rato casalese era stato incluso nella 711 zona (divenuta poi 6a bis ed infine 8a). Nel tardo estate e nell’autunno, difficoltà varie (e, fra queste, quelle dovute alla presenza nella zona alessandrina di unità dipendenti dal C.M.R. ligure) impedirono la costituzione del co­mando. Restò quindi in attività il Co.Mi. del C .L .N . provinciale nel quale erano entrati, aU’inizio dell'estate, anche il rappresentante socialista (Diego Giacobbe) e quello democristiano (Edoardo Mar­tino). Anche questo organismo, tuttavia, fu assai poco attivo poiché non riuscì a far valere sulle formazioni la propria autorità.

V . - D a ll ’ottobre al novem bre 1944

a) - L ’offensiva partigiana del primo autunno. A partire dalla seconda metà di settembre, alcune formazioni della provincia si fe­cero notevolmente più aggressive, concretando le direttive d’attacco impartite dal C.M.R.P. e dal C.M .R.L. in concomitanza con la ri­presa delle operazioni sul fronte italiano. Gli obiettivi furono le comunicazioni nemiche, particolarmente importanti nell’Alessan- drino, zona di smistamento del traffico fra la Liguria, il basso Pie­monte e la Lombardia. Assai attive furono le formazioni del Mon­ferrato casalese che contribuirono, con le unità del Basso Monfer­rato astigiano e torinese, a disorganizzare il traffico sulle rotabili circostanti il settore collinare compreso tra Casale, Asti e Chivasso. La IP Brig, della Div. Aut. « Monferrato » — costituitasi nel tardo estate con circa 200 uomini al comando di Carlo Gabriele Cotta (Gabriele) — ed un gruppo della Brig. « Patria », ambedue dislocati nel settore Moncestino - Cantavenna sulle colline che fronteggiano il Po, operarono sulla Casale-Chivasso, spingendosi anche verso la pianura vercellese, mentre i due distaccamenti della yg” Brig. Gari­baldi, dislocati nella zona di Casalino, ostacolarono le comunica­zioni sulla Casale-Asti sostenendo, nella seconda metà d’ottobre, scontri violenti con numerosi reparti nemici. Meno attive furono le altre bande delle zone centro-settentrionali della provincia che agivano sulle strade interne dell’Alessandrino.

Nel settore meridionale, l’offensiva più violenta partì dalle valli Borbera e Curone. In questa zona, il movimento partigiano, superato il rastrellamento di fine agosto, si era sviluppato rapida­mente tanto che in ottobre era stato possibile costituire una seconda brigata di 200 uomini, l’ « Arzani » — comandante Franco Anseimi,

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commiss. Mario Siila (Curone) — che si era portata ad occupare la vai Curone, mantenendo alcuni gruppi tra questa valle e la vai Grue e costituendo, in questo modo, un fronte continuo con l’ « Ore- ste » (250 uomini) schierata in vai Berbera ed in vai Sisola. Le due brigate erano ormai in grado di controllare tutto il versante alessandrino dell’Antola che venne organizzato a « zona libera » : tra l’ottobre ed il novembre la popolazione elesse le Giunte Popo­lari Comunali che collaborarono con le formazioni alla sistemazione civile delle valli Sisola, Borbera, Grue e Curone da tempo abban­donate dalle autorità fasciste. A ll’ inizio di ottobre, dopo aver re­spinto con successo alcune puntate nemiche, le due brigate si get­tarono sulle rotabili situate ai margini del settore montano: l’ « Ore­ste » operò sulla Camionale, sulla statale n. 35 e sulla ferrovia della vai Scrivia nel tratto fra Busalla e Serravalle, mentre l’ « Arzani » battè la statale n. 35 da Villavernia a Tortona, spingendosi anche sulla via Emilia. Gli attacchi al traffico si succedettero, frequentis­simi e violenti, dall’inizio di ottobre alla prima settimana di dicem­bre: le perdite nemiche in uomini ed automezzi furono molto ele­vate e le comunicazioni fra la Liguria e la Lombardia seriamente ostacolate. Poco attive furono invece le altre formazioni dislocate sull’Appennino: solo la Brig. « Buranello » effettuò numerose azio­ni nel settore fra il Sassello e la rotabile Rossiglione - Voltri, ma la sua attività offensiva — come, del resto, quella delle altre unità dislocate tra la vai d’Erro e la vai d’Orba -— venne stroncata sul nascere dall’anticipato inizio dei rastrellamenti autunnali che in molte zone della provincia interruppero bruscamente lo sviluppo di molte formazioni.

b) - / rastrellamenti autunnali. Si susseguirono dall’ inizio di ottobre alla fine di novembre in tutte le zone della provincia. Ecco un quadro cronologico delle operazioni più importanti:

— 7 ottobre; un’improvvisa puntata a Bandita di Cassinelle disorganizzava completamente la Ia Brig, dell'8^ Div. G. L . « Brac­cini ». Nei giorni 8 e 9, la « Ligure-Alessandrina » e la G. L. non riuscivano a concordare un efficace piano d’azione e il comando ga­ribaldino commetteva l’errore di concentrare nella zona di Orbi- cella circa 300 uomini per tentare una difesa ad oltranza del set­tore. A ll’alba del io ottobre, quattro grosse colonne nazifasciste provenienti da Acqui (due), da Ovada e dal Sassello, attaccavano la zona montana tra l ’Erro e l ’Orba. L ’8a G. L. ed alcuni gruppi gari­

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baldini si sfasciavano subito; altri gruppi (come quello dislocato tra il Bric del Gorrei e Pian Castagna) resistevano per molte ore sulle proprie posizioni ma venivano infine sopraffatti dal nemico che nel pomeriggio raggiungeva da più parti il centro del settore. Forti le perdite delle formazioni; i nazifascisti bruciavano anche numerosi paesi e ad Orbicella impiccavano sei partigiani.

— 20 ottobre: da Alessandria, 700 nazifascisti attaccavano su due direttrici (Masio e Bruno-Mombaruzzo) la zona libera di Nizza Monferrato. Il nemico veniva prima ostacolato da gruppi G. L. ales- sandrini e dalla Brig. Matt. « Val Tanaro » e poi fermato e infine clamorosamente battuto nei pressi di Bruno da due brigate garibal­dine astigiane (la 78* e la 98Ì e da una formazione autonoma (Bri­gata « Asti »).

— 30-31 ottobre e i° novembre: tre colonne della « San Mar­co » rastrellavano tutta l ’alta valle dell’Orba, ove si stava ricosti­tuendo la Brig. « Buranello ».

— i° novembre: una violenta puntata tedesca dalla pianura vercellese in direzione di Cantavenna, nel Basso Monferrato, veniva fermata da gruppi della Brig. « Patria » e della IP Brig, della Div. « Monferrato », che per tutto il giorno bloccavano il nemico, im­pedendogli di entrare nel settore.

— 4 novembre: veniva ritentato l’attacco contro Nizza. I fascisti, da Alessandria, con l’appoggio di un treno blindato, cer­cavano di sfondare il settore di Masio per penetrare in vai Tiglione. Respinte, le forze nemiche si concentravano a Bergamasco e qui ve­nivano attaccate e volte in fuga da gruppi della 78% 98“ e della Brig. « Asti », con il concorso della caccia alleata.

— 13 novembre: circa mille nazifascisti ritornavano all’attac­co del settore Moncestino - Cantavenna. La IP Brig, della « Mon­ferrato » e la « Patria », dopo alcune ore di combattimento, erano costrette a ripiegare verso il centro della zona collinare. Canta­venna, Gabiano e Coggia di Moncestino venivano incendiati.

-—■ 16-24 novembre: ingenti forze nazifasciste, potentemente armate, provenienti da Casale, Valenza, Alessandria, Asti e Tori­no rastrellavano tutto il Basso Monferrato tra il Tanaro e il Po. D i­rettrici d’attacco la rotabile della vai Cerrina per Torino e la Chi- vasso-Asti dalle quali partivano molte colonne che perlustravano per una decina di giorni tutto il circostante settore collinare. Quasi

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tutte le formazioni si scioglievano per ordine dei comandi, senza accettare il combattimento.

— 18- 19 novembre: reparti della « San Marco » rastrellavano la formazione di Minetti nell’alta vai d’Erro e la zona di disloca­zione del comando della « Ligure-Alessandrina », tra la vai d’Orba e la vai Stura.

— 26 e 28-29 novembre: la « San Marco » rastrellava nuo­vamente la « Buranello », sempre nell’alta vai d’Orba.

— 2 dicembre: aveva inizio dall’Alessandrino occidentale e dall’Astigiano a nord del Tanaro la massiccia offensiva contro il settore di Nizza che avrebbe sciolto tutte le unità partigiane di quella zona libera. Nella seconda metà di novembre si ebbero ra­strellamenti di piccola entità anche nella zona compresa tra il basso corso dell’Orba e della Bormida, e numerose azioni di polizia in altre zone della provincia.

Tra l’ottobre e il novembre, dunque, tutte le formazioni della provincia, escluse quelle del settore fra lo Scrivia e il Curone, fu­rono a poco a poco ridotte sulla difensiva. Il ripetersi delle puntate nemiche contro la stessa zona, soprattutto nell’alto Ovadese e nel­l’alto Acquese, impedì una pronta riorganizzazione delle unità ra­strellate. Nella seconda metà d’ottobre la formazione G. L. di Scassi si ricostituì a ranghi estremamente ridotti (due brigate per poco più di 100 uomini) sulle colline a nord della rotabile Acqui-Ovada: qualche gruppo rimase, distaccato dal comando, sulle alture del- l’Erro. La « Ligure-Alessandrina » riuscì a rimettere assieme circa 160 uomini (cioè la sola Brig. « Buranello ») continuamente brac­cati e costretti a frequenti spostamenti sull’Appennino ovadese: a metà novembre, il comandante Vito Doria venne destituito e il suo posto fu preso da Gregorio Cupic. Contemporaneamente, la deno­minazione dell’unità mutò in Divisione Garibaldi « Mingo ». No­nostante il succedersi dei rastrellamenti, l’attività partigiana non venne paralizzata completamente e proprio le formazioni rastrellate con maggior frequenza (la « Mingo », i gruppi G. L. e quelli di Minetti) tra l’ottobre e il novembre riuscirono a portare a termine numerose azioni. Alla fine di novembre la 79"' Brig. Garibaldi si trasformò in 1 oa Div. Garibaldi « Alessandria » : comand. Elio Pochettini, commiss. Paolo Cartosio, capo di S. M. Aldo De Car­lini (Piero). Formavano la divisione le seguenti brigate: 79” Brig. « Viganò », comand. Pietro Minetti (Mancini), commiss. Emilio

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Diana Crispi (Gino), 300 uomini circa, nell’Acquese; 10 7 11 Brig., comand. Pietro Errante (Rene), commiss. Giuseppe Foco (Renzo), 130 uomini circa, nel Fubinese; io8a Brig. « Pagella », comand. Lu ­ciano Timo (Mito), commiss. Paolo Rossi (Mario), 150-200 uomini, nel Gastelnuovese; 18 T Brig. « Piacibello », comand. Rinaldo Ron­co (Orlandi), commiss. Vincenzo Coppo (Enzo), 200 uomini circa, nel Monferrato casalese, zona della vai Cerrina.

V I. - D al dicem bre 1944 al febbraio 1945

a) - Il secondo inverno di lotta nel settore tra, lo Scrivia e il Cnrone. Il rastrellamento di metà dicembre contro questa zona rap­presentò la fase conclusiva della grande operazione offensiva scate­nata dalla divisione mongolo-tedesca « Turkestan », dalla « Monte Rosa » e dalla « Littorio » contro le formazioni raccolte sul settore appenninico delimitato dalla vai Scrivia, dal Vogherese, dal Pia­centino, dalla vai Trebbia e dalla vai d’Aveto. Il rastrellamento — diretto a riconquistare tutte le valli perdute dai nazifascisti nel­l’estate e nel primo autunno — iniziò il 23 novembre nel Piacen­tino e nell’Oltre Po pavese: in venti giorni di aspri combattimenti il nemico riprese la vai Staffora (costringendo la 3a Div. Garibaldi Lombardia « Aliotta » ad un graduale arretramento verso l’alta valle in direzione della catena dell’Antola), occupò la vai Trebbia da Piacenza a Bobbio (sciogliendo la Div. G. L. di Fausto Cossu) e si preparò ad invadere il tratto sud-occidentale di quest’ultima valle, gettandosi contro le posizioni della Div. « Cichero », da Pon­te Organasco a Torriglia. Il settore alessandrino venne attaccato per ultimo quando già la Div. « Aliotta » aveva dovuto abbandonare le estreme alture della vai Staffora per portarsi verso le Capanne di Pej e Carrega, e la « Cichero » era stata costretta a ritirarsi lenta­mente sul versante di sinistra della vai Trebbia, in direzione del crinale dei monti Antola, Carmo, Chiappo ed Ebro. L ’ultima fase del rastrellamento prevedeva lo sfondamento del fronte tra il Bor- bera e il Curone, necessario per operare il contatto con le colonne che dalla vai Staffora e dalla vai Trebbia puntavano verso l’ultima linea di attestamento costituita tra il 13 e il 14 dicembre, con gruppi della « Cichero » e dell’ « Aliotta », nel settore di Capanne di Pej - monte Chiappo - Cosola - monte Carmo.

L ’attacco si sviluppò violento all’alba del 14 contro la 58a Brig. « Oreste » (alture tra la vai Sisola e la vai Borbera, da San Clemente a Roccaforte) e contro l’ « Arzani » (alture di destra della

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vai Curone, sulla direttrice Varzi-Colombassi; tra l’alta vai Staffo- ra e l’alta vai Curone in direzione di Salogni e Bruggi; e dalla bassa valle verso San Sebastiano). L ’ « Oreste » si attestò su una linea for­tificata allestita in precedenza e combattè per tutta la giornata mantenendo intatto il proprio fronte e infliggendo al nemico forti perdite. L ’ « Arzani », invece, che all’inizio di dicembre era già stata attaccata nel settore Pozzol Groppo-Serra del Monte, non fu in grado di opporre resistenza: l’8 o % degli uomini filtrò in pia­nura portandosi nel settore Novi-Tortona-Pontecurone. Nello stesso giorno, i distaccamenti che difendevano il versante ligure dell’Antola si sganciavano e la linea di attestamento fra Pej e il monte Carmo veniva aggirata. Il nemico si impadroniva delle cime più alte dalle quali era possibile discendere in vai Borbera cogliendo alle spalle l’ « Oreste ». Per questa ragione, nella notte fra il 14 ed il 15 dicembre, il comando della 58“ ordinava di procedere all’occul­tamento che veniva effettuato ordinatamente, per piccoli gruppi, nonostante la caotica situazione determinata dalla presenza in zona di centinaia di sbandati, civili e partigiani di altre formazioni, che il rastrellamento aveva spinto nell’alta vai Curone e nel settore di Cosola, ove si trovavano i rifugi della brigata. Contemporaneamen­te, il Comando della 6a zona impartiva a tutte le unità l’ordine di cessare ogni resistenza organizzata.

I partigiani dell’ « Oreste » uscirono dalle buche verso Natale. Tra il 20 e il 22 dicembre la vai Borbera sino a Pertuso era stata abbandonata dai mongoli, ma forti reparti nazifascisti stazionavano ancora in vai Curone. La 58“, ad organico pressoché intatto, si schierò sulle alture tra la vai Sisola e l’alta vai Borbera. La sua rior­ganizzazione fu abbastanza rapida: più lenta, invece, quella del- l’ « Arzani », affidata ad un nuovo comandante, Erasmo Marre (Minetto), già membro della missione O.R.I. « Meriden », che a metà gennaio ricostituì tre distaccamenti fra la vai Borbera e la vai Curone.

Interrotte nelle prime tre settimane del ’45, a causa della neve e del freddo intensissimo, le puntate di rastrellamento ripresero verso il 20 gennaio. Grosse colonne di mongoli, tedeschi e fascisti, partendo dalle località presidiate, organizzarono improvvise scorri­bande su tutto il versante tra il Borbera e il Curone, puntando verso il settore di Carrega, sede del Comando zona. Lo scopo era quello di impedire la riorganizzazione delle brigate della « Cichero », rac­colte attorno all’Antola e di mantenere il controllo anche sulle zone

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di alta montagna dove erano riparati i partigiani. La reazione dei patrioti fu sorprendente. Tutte le puntate nemiche vennero respinte dall’ « Oreste » e dall’ « Arzani » che, affiancate da distaccamenti della Brig. « Jori », inflissero forti perdite ai nazifascisti: così av­venne il 22 gennaio (a Cartasegna), il 23 (presso le bocche del Bùr­bera), il 24 (ad Alpe, sul versante orientale, tra i monti Zucchello e Carmo), il 26 (nei pressi di Bavastrelli, sulle pendici meridionali dell’Antola, e tra il Borbera e il Curone, nei settori di Cantalupo, Zebedassi, Costamerlassina e Dernice), il 28 (a Caprile, novanta uomini respinti da un distaccamento della « Jori »), il 30 (una co­lonna proveniente da Caldirola, bloccata per due giorni tra Cosola e Carrega, venne catturata pressoché al completo), il T febbraio (a Capanne di Cosola), il 2 (a Cartasegna; una colonna posta in fuga dalla <( Jori », e a Cantalupo: 12 mongoli uccisi e 46 catturati dal- l’ « Oreste »). Tutte queste puntate culminarono in un nuovo e ultimo rastrellamento che, iniziato il 6 febbraio con puntate con­centriche dalla vai Curone, dalla vai Borbera, da San Clemente e dalla vai Trebbia, proseguì per alcuni giorni: Carrega venne final­mente raggiunta ma il nemico fu costretto ad abbandonarla dopo quarantotto ore. Anche l’ultima fase dell’offensiva invernale si con­cludeva così senza alcun risultato: la « Cichero » non solo rimase in zona ma inflisse al nemico forti perdite (scontri di San Clemente e Bogli e imboscata tra Rondanina e Carpeneto). Verso il 13 feb­braio l'« Oreste » si schierò nuovamente tra la vai Sisola e la vai Borbera, controllando quest’ultima valle nel tratto Pertuso-Cabella, mentre l’ « Arzani » si portò sulle alture di sinistra della vai Cu­rone. Nella seconda metà di febbraio, le due brigate ripresero l’at­tività offensiva contro i presidi nemici rimasti nei settori di media e bassa valle e sulle rotabili della pianura. Il numero degli effettivi crebbe rapidamente per il rientro di tutti gli sbandati e per l’afflusso di nuovi elementi che, severamente selezionati, vennero immessi nei distaccamenti. Alla fine del mese P« Oreste » inquadrava circa 400 uomini e l’ « Arzani » circa 500.

b) - N el settore tra la Bormida e lo Scrivia. Nell’ inverno tra il ’44 e il ’45, contro le formazioni dislocate in questa zona appenni­nica non vennero effettuate concertate operazioni di controguerri­glia. I nazifascisti, infatti, si limitarono a proseguire senza soluzione di continuità le puntate di rastrellamento già organizzate in ottobre e novembre. Ecco la sequenza dei rastrellamenti invernali: 2 di­cembre (settore montano sulla sinistra del Lemme); 3-4-5 (zona ad

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ovest dell’Orba, tra Cassinelle ed il Bric del Gorrei); 13 (zona di Morbello); 14 - 15 - 16 (zona tra il monte Colma e l’alta vai d’Orba); 18 (zona di Mornese); 21^22^23 (zona montana sulla destra deb l’Orba, da San Luca a Moretti); 24 (settore montano sulla sinistra dell’Erro: Ponzone, Cimaferle e Morbello); 26 (settori collinari a nord di Acqui, a cavallo della Bormida); 28^ 9-30 (zona collinare compresa tra il basso corso dell’Orba e della Bormida, rastrellata minuziosamente da nord a sud, cioè da Castellazzo sino ai primi rilievi appenninici; contemporaneamente venne rastrellata la « Bu- ranello » nell’alta vai d’Orba). Nei primi venti giorni di gennaio le puntate si susseguirono frequentissime soprattutto sul versante ales' sandrino (zona collinare tra Bormida e Orba; alture orientali del- l’Erro; zona di fondovalle fra lo Stura e il Lemme). Tutti questi rastrellamenti vennero condotti da forze fasciste (Brig. Nera, C.I. S.U ., R.A.P.) e mongolo'tedesche provenienti da Acqui e da Ova^ da, con il concorso di reparti della « S.in Marco » dislocati nell’alta vai Bormida (Spigno, Ponti e Bistagno), al Col del Giovo e al Sas- sello. Nessuna delle formazioni investite (Div. Garib. « Mingo », 79* Brig. « Vigano », i gruppi G. L. della bassa vai Bormida, e le brigate « Martiri della Benedicta », « Val Lemme », « Odino » e « Cristoforo Astengo ») accettò il combattimento e tutte fecero il vuoto di fronte agli attacchi nemici. La frequenza della puntate disorganizzò parecchi gruppi, ma le perdite partigiane furono mi' nime e solo la « Odino », fra tutte, fu costretta ad abbandonare la propria zona di dislocazione.

A partire dal 20 gennaio, le puntate di rastrellamento — che già all’inizio dell’anno erano cessate nell’alta vai d’Orba e sull’A p ' pennino voltrese — si fecero meno frequenti anche nel basso Ac- quese ed Ovadese, concedendo alle formazioni un periodo di tregua. La « Mingo », che, nonostante i continui rastrellamenti, aveva ri- cuperato parte dei propri effettivi, giungendo a metà dicembre a 230 uomini, svernò frazionata a piccoli gruppi, la maggior parte dei quali (circa 120 partigiani dislocati fra il monte Colma e l’alta vai d’Orba) vissero per alcune settimane in condizioni ambientali assai difficili. La formazione rimase praticamente inattiva per circa due mesi. Alla fine di febbraio la « Buranello » portò a termine qualche azione e respinse anche un rastrellamento effettuato dalla « San Marco » il giorno 27 nell’alta vai d’Orba. N ell’Acquese, la « Viganò » fu costretta ad una parziale smobilitazione; rimasero in attività solo piccole squadre. Situazione di crisi anche nella Brigata

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G. L. « Cristoforo Astengo » e fra le bande dislocate nel settore Ovada'Novi, frequentemente battuto da pattuglioni germanici alla ricerca di vettovagliamenti.

c) - N ell’Alessandrino centro'Settentrionale. Anche in questa zona non vennero organizzati grandi rastrellamenti, ma il nemico, sfruttando la sviluppatissima rete stradale, effettuò frequenti in' cursioni nelle zone abitate dalle bande (soprattutto nel Monferrato casalese) rendendo estremamente difficile la permanenza di unità organiche nei settori di pianura e di collina. I nazifascisti incontra' reno spesso una coraggiosa resistenza da parte delle squadre vo- lanti, ma molti partigiani caddero in combattimento o vennero cat' turati e fucilati. Il peggioramento delle condizioni ambientali e l’attività nemica misero in crisi tutte le formazioni del settore, piut' tosto deboli strutturalmente e costituite da elementi non sempre preparati, dal punto di vista militare e psicologico, a vivere e a combattere in condizioni estremamente sfavorevoli. Così avvenne per la Div. Matt. « Marengo », per la Brig. « Patria », per la IIa Brig, della « Monferrato » (queste ultime due già disorganizzate dal grande rastrellamento di fine novembre), per le altre tre brigate della io a Div. Garib. che nell’autunno avevano reclutato troppi eie' menti e che, verso il 20 dicembre, per ordine del Comando divisio' naie, dovettero procedere alla smobilitazione temporanea di quasi tutti gli effettivi, mantenendo in attività solo qualche squadra. Le settimane di pieno inverno segnarono anche la crisi definitiva del- l’8a G. L. che, in seguito alla smobilitazione del gruppo di Scassi, vide le proprie forze ridursi a circa 250 uomini, dispersi su tutto il territorio della provincia. Fallito in dicembre il tentativo di costi' tuire un « Raggruppamento Ligure'Alessandrino di Brigate G. L. » con l’ « Astengo », le residue forze della « Braccini » ed una nuova brigata, la « Bonaria », la situazione si aggravò decisamente fra la fine del ’44 e il febbraio del ’45 in seguito ad una lunga serie di allontanamenti forzati, di arresti e di eliminazioni che misero in forse la sopravvivenza del movimento G. L. nell’Alessandrino.

La situazione di crisi determinatasi in quasi tutte le unità della provincia nell’ inverno tra il ’44 e il ’45, venne resa ancor più grave dai seguenti fatti: 1) l’accentuarsi dei contrasti fra i garibab dini della io a Divisione e i G. L. della « Braccini »; 2) la difficoltà di giungere alla costituzione del Comando Zona alessandrino, diffi' coltà dovuta alle divergenze sorte fra le diverse unità, e talvolta an'

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che aH’interno stesso delle formazioni, in merito alla composizione del Comando. Dopo una lunga serie di incontri, protrattisi dal no- vembre ’44 a tutto il gennaio ’45, all’inizio di febbraio venne final­mente raggiunto un primo parziale accordo che però non ebbe prati­ca attuazione; 3) l’inasprimento dei rapporti fra la Div. « Mingo » e le unità alessandrine confinanti, in ordine al problema della dipen­denza operativa delle formazioni dislocate sul settore appenninico tra la vai d’Erro e la vai Scrivia; 4) il mutato atteggiamento della popolazione contadina nei confronti delle formazioni partigiane; i numerosi casi di indisciplina determinati dal frazionamento delle unità e dalla conseguente difficoltà di un controllo costante da parte dei comandi; lo svilupparsi del banditismo, fenomeno dovuto alla costituzione di piccoli gruppi irregolari; la recrudescenza dello spio­naggio e delle delazioni a danno dei patrioti.

V II. - Dal marzo al 22 aprile 1945

Superata, alla fine di febbraio, la crisi invernale, negli ultimi due mesi di lotta lo schieramento partigiano della provincia di Ales­sandria raggiunse un assetto definitivo.

a) - Settore fra lo Scrivia e il Curone: 4s Div. Garibaldi « Pi- nan-Cichero », costituita l’8 marzo con le brigate « Oreste » e « Arzani », alle quali, il 23 marzo, si aggiunse la « Po-Argo » nata dal Btg. « Po » dell’ « Arzani ». Il comando della divisione era cosi composto: comand. Aurelio Ferrando (Scrivia), commiss. Otello Pascolini (Moro), vice comand. Giovan Battista Lazagna (Carlo), capo di S. M. Andrea Gava (Michele), responsabile del S.I.P. Giuseppe Balduzzi (Marco II), intend. Aldo Mantovani (Ter­zo). Dipendevano dal comando le seguenti brigate:

— « Oreste »: comand. Gino Tasso (Tigre), commiss. Arnal­do Brisi (Gin), capo di S. M. Costantino Croce (Mino); 298 uomini dislocati nell’alta vai Borbera, vai Vobbia e vai Brevenna;

— « Arzani » : comand. Erasmo Marre (Minetto), commiss. Mario Siila (Curone), capo di S. M. Savino Ruffino (Porthos); 283 uomini tra la bassa vai Borbera e la val Grue;

— « Po-Argo » : comand. Natale Moretti (Ras), commiss. Leo­nardo Pascolini (Lino), capo di S. M. Silvio Ceva (Paolo); 270 uomi­ni tra la val Grue e la vai Curone.

Agli 851 effettivi delle tre brigate si aggiungevano i 327 uo­

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mini dei reparti divisionali (Battagl. Mortai, S.I.P., servizi sanitari, intendenza, servizio ricezione lanci, squadra collegamenti telefoni' ci, distaccamento sabotatori, ecc.).

La « Pinan-Cichero » fu, senza dubbio, la migliore formazio' ne della provincia. Dotata di una robusta struttura, collaudata dai duri rastrellamenti di agosto e dicembre, bene armata anche in virtù di numerosissimi aviolanci, ottimamente inquadrata e gufi data da giovani comandanti formatisi alla scuola della guerra par' tigiana, la divisione dall’inizio di marzo al 22 aprile fu costante' mente all’offensiva contro le comunicazioni nemiche tra la Liguria e la Lombardia e i presidi dislocati sul circostante settore alessam drino e ligure, portando a termine in poco più di quaranta giorni ben centosettanta azioni di guerra con le quali vennero inflitte al nemico perdite molto alte e fu paralizzato il traffico sulla camio' naie, sulla statale n. 35 della vai Scrivia sino ai confini col Voghe' rese e sulle ferrovie Genova'Voghera, Genova-Alessandria e N ovi' Tortona. La divisione sostenne anche scontri vittoriosi contro no- tevoli forze nazifasciste: così avvenne il 13 marzo (a Garbagna, in val Grue, dove venne sgominata una grossa colonna nazifascista e furono catturati 127 prigionieri) e l’ i i aprile (allorché un tentativo nemico di penetrare in zona partigiana con 1.500 uomini venne sventato dalT« Arzani » e dalla « Po'Argo » che per tutta una giornata tennero testa al nemico nel settore di S. Alosio ' S. Vito ' Avolasca e tra il Grue e il Curone, respingendolo a sera verso la pianura e inseguendole sino alle porte di Tortona). A ll’ inizio di aprile vennero inquadrate nella « PinamCichero » la Brig. M at' teotti « V al Lemme ' Capurro », comandata da Piero Pesce (Ve' niero) — 60 uomini dislocati tra Novi, S. Cristoforo e Gavi LigU' re — e la io8a Brig. Garibaldi « Paolo Rossi », già appartenente alla io a Divisione, comandata da Luciano Timo (Mito) e dal com- missario Agostino Arona (Cudega) — 140 uomini, operanti nel Ca- stelnuovese. Un rapporto di dipendenza operativa fu invece sta- bilito con la Brig. « Martiri della Benedicta », di Giuseppe Merlo, circa 120 uomini nella zona Bosio'Parodi.

b) ' Ad ovest dello Scrivia si trovava la Div. Garib. « Mingo », dislocata all’ interno del perimetro Varazze ' Sassello ' Ovada ' G a' vi ' Voltaggio ' Ronco Scrivia ' Pontedecimo ' Sampierdarena. Il comando divisionale era così composto: comand. Gregorio Cupic (Boro), commiss. Oscar Barillari (Ruggero)v vice comand. Manlio Cavarretta (Bianco), capo di S. M. Achille Paolo Casetti (Simba),

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intend, Mario Barillari (Roberto). La « Mingo » era formata da cinque brigate, quattro delle quali costituite dopo la metà di feb­braio ;

— « Buranello » : comand. Clemente Delfino (Bruno), com­missario Francesco Sacco (Neo), capo di S. M. Elio Zunino (Gigi), alta valle dell’Orba - 250 uomini.

— « Pio » : comand. Alessio Franzone (Arrigo), commiss. Fer­nando Mori (Fer), capo di S. M. Vito Ciulla (Tosi), sulla sinistra dell’alta vai Lemme - 140 uomini.

— « Olivieri » : comand. Alfonso Vigano (Lux), commiss. Raf­faele Marchese (Tullin), capo di S. M. Enzo Eliopoli (Mimmo), tra Cassinelle e Castelferro - 140 uomini.

— « Macchi » : comand. Rinaldo Perasso (Nembo), commiss. Guerrino Pecorara (Guerrin), capo di S. M. Giovanni Secondino (Nilo), settore di Capriata, Tagliolo, Mornese e Castelletto d’Orba - 300 uomini (per l’8 o % squadre S.A.P.).

— « Vecchia »: comand. Giovan Battista Vanni (Vanni), commiss. Augusto Cavallero (Augusto), capo di S. M. Domenico Buscaglia (Mingo), sulla destra dell’Orba, da S. Luca di Molare a Moretti - 80 uomini.

Di queste brigate solo la « Buranello » poteva considerarsi ve­ramente efficiente: dopo di essere sfuggita ad un ultimo rastrella­mento condotto dalla « San Marco » ( 13 - 14 - 15 marzo), la brigata portò a termine numerose azioni sul versante ligure, da Genova a Voltri. Anche la « Olivieri » fu abbastanza attiva, contribuendo, con numerosi sabotaggi, a disorganizzare il traffico ferroviario nel settore Alessandria-Acqui-Ovada. Le altre svolsero un’attività assai modesta.

c) - Completava lo schieramento partigiano del settore meri­dionale dell’Alessandrino, la i6 a Div. Garibaldi « Viganò », nata in marzo dalla 79* Brig, di Pietro Minetti (Mancini) che, pur es­sendo passato a comandante della Ÿ zona op. piem., continuò in pratica a guidare la propria formazione. Il comando era così com­posto: comand. Aldo De Carlini (Piero), commiss. Emilio Diana Crispi (Gino), vice comand. Cleante Sgarzi (Marius), capo di S. M. Vittorio Penazzo (Giovanni), intend. Paolo Cartosio (Giorgio). Era costituita da tre brigate dislocate attorno ad Acqui:

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■— « Carlino » : comand. Enzo Mazza (Ciccio), commiss. Tub lio Bariggi (Tullio), dislocata nel settore della vai d’Erro - circa 300 uomini.

— « Gollo »: comand. Ormisda Filippini (Filippo), poco me- no di 200 uomini, dislocata a nord della AcqubOvada, sulle colline tra Orba e Bormida.

— « Candida » : comand. Aldo Zoccola (Aldo), commiss. Ma' rio Targoni (Mario), a nord di Acqui, sulle colline a sinistra del Bormida - poco meno di 200 uomini.

La divisione svolse una discreta attività contro il traffico rota' bile e ferroviario da Acqui verso Ovada ed Alessandria, e fronteg' giò con successo numerose puntate dirette ad allontanare le brigate dalle previste vie di ripiegamento delle forze nazifasciste della L i ' guria occidentale. I tentativi di rastrellamento furono violenti so- prattutto nelle ultime settimane di lotta, nei settori della « Gollo » (3, 7 e 19 aprile) e della « Carlino » (puntate all’inizio di aprile e vasto rastrellamento operato dalla « San Marco » il 14 - 15 - 16 da Ovada, Acqui e Sassello).

d) - A l centro della provincia si trovava la Divisione Matteotti « Marengo », comandata dal cap. Leone Novello (Nello), commiss. Enrico Carnesecchi (Leo), vice comand. Giovanni Porta (Conte), capo di S. M. Vincenzo Bergia (Bill). La divisione era costituita da tre brigate:

— « Po »: comand. Osvaldo Pagella (Gatto), commiss. Walter Poggi (Pippo), zona a cavallo del fiume Tanaro, da Alessandria alla confluenza col Po ' 190 uomini.

— « Val Bormida»: comand. Alessandro Bonzano (Amos), commiss. Luigi Boidi (Gim), a sud del capoluogo, dalla confluenza Orba'Bormida a Castelspina ' 70 uomini.

— « Val Tanaro »: comand. Salvatore De Angelis (Trabuc' chi), commiss. Romolo Montanari (Ugo), ai confini con l’Astigiano, tra Bormida e Tanaro ' 90 uomini.

Di queste tre brigate, che non avevano mai brillato per com' battività, la più attiva negli ultimi due mesi di lotta fu la « Po », le altre entrarono in azione solo nella immediata fase preinsurre- zionale.

e) - Pure nel settore centro-settentrionaie dell’Alessandrino si trovava l’8a Divisione G. L. ricostituita negli ultimi tre mesi di lotta

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dal nuovo comandante Ernesto Pasquarelli (Barbero) che riorganiz­zò quattro brigate:

— « Boidi » : comand. Garavelli - zona di Castellazzo Bor- mida.

— « Lenti » : comand. Filippo Callori (Ranieri) - zona di Lu, Vignale, Fubine.

— « Pasino » : comand. Carlo Garbarino (Eolo) - zona di San Salvatore - Castelletto.

— « Mirabelli » : comand. Ezio Valdinazzi (Ezio) - zona di Mandrogne - Castelceriolo.

A queste brigate si aggiunse nei giorni dell’ insurrezione la formazione cittadina « Tanaro», comandata da Adelio Taverna e mobilitata in Alessandria tra il 22 e il 23 aprile. In complesso le forze dell’8a G. L. non superavano i 400 uomini. La divisione, ri- costituita essenzialmente per assicurare in provincia la presenza di G. L., fu in grado di svolgere solo un’attività limitata.

f) - Nel Monferrato casalese era dislocata la io a Div. Garibaldi «. Italia » : comand. Elio Pochettini (Aldo Red), commiss. Vincenzo Coppo (Enzo), intend. Leandro Barioglio (Leandrin). La divisione era costituita da tre brigate:

— 1 8 1 1 « Piacibello »: comand. Almerino Trombin (Roton­dino), commiss. Pietro Mandras (Pietro), dislocata nella zona di Ca­salino, Montaldo e Serralunga, a sud della provinciale della vai Cer- rina per Torino.

-—- 107* « Porro »: comand. Guido Raiteri (Mario), commiss. Giuseppe Cuttica (Bixio), nella zona Altavilla, Vignale, Fubine e Viarigi.

— « Bigliani » : comand. Rinaldo Ronco (Orlandi), commiss. Oreste Spinoglio (Pedro), dislocata a nord della provinciale per T o ­rino, nella zona di Camino, Pontestura, Mombello.

Complessivamente le tre brigate inquadravano circa 500 uomi­ni. Malissimo armata e mediocremente organizzata, la io a Divisione non fu molto attiva: la 18 T operò sulla provinciale della vai Cer- rina; la 10 ’f agl in prevalenza sulla Casale-Alessandria, subendo numerosi rastrellamenti (26 marzo, 2-3 e io aprile); la « Bigliani »

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effettuò azioni sulla provinciale Casale-Chivasso e nella pianura vercellese.

g) - Nel Monferrato casalese si trovava anche la n a Div. A u ­tonoma « Patria », costituita in marzo e comandata da Edoardo Martino (Malerba) e dal commiss. Conti (Giulio). Era formata da cinque brigate:

— 4 ia « Val Cerrina »: comand. Gian Carlo Venier (Carlo), zona di Villamiroglio.

— 4 1 “ bis: comand. Luigi Sandiano (Cesare), zona di Serra- lunga di Crea.

— 42“ : comand. Renato Guaita (Renato), zona di Moncestino.— 43a « Talice »: comand. Giovanni Sisto (Tristano), zona di

Mirabello - Occimiano.— 44“ « De Negri » : comand. Andrea Alfonso (Sparviero),

distaccata nel settore meridionale della provincia, tra Novi e Ca­priata d’Orba.

Complessivamente le forze della divisione non superavano i 400 effettivi. Le brigate più consistenti (100-150 uomini) erano la 4 1“ e la 42a che, bene armate grazie a numerosi aviolanci, svolsero una discreta attività sulla Casale-Chivasso e sulle ferrovie e le rota­bili della pianura vercellese. Le altre brigate erano costituite da squadre territoriali.

h) - Nella zona di confine del Monferrato casalese con quello astigiano e torinese si trovava la Ÿ Div. Aut. « Monferrato ». Il comando era così composto: comand. Carlo Gabriele Cotta (Ga­briele), commiss. Carlo Schindler (Dornero), vice comand. Renato Borello (Renato), capo di S. M. Osvaldo Tornani (Thor), intend. A l­berto Jachia (Berto). La divisione era formata da quattro brigate:

— P « Cossolo » : comand. Eugenio Ceria (Geni), commis. Ma­rio Argirò (Mario B.), dislocata a Montiglio, Cortanze, Cortanieto, Cerrina e Murisengo.

— IL «T u m in o» : comand. Sergio Cotta (Sergio), commiss. Carlo Nasi (Carlo), quasi tutta fuori provincia, nella zona Cocco­nato, Verrua, Odalengo Grande.

— IIP <( Lazzarini » : comand. Alberto Dellavalle (Giusto), commiss. Luigi Conti (Barbisin), zona di Moncalvo, Odalengo Pic­colo, Castelletto Merli, Ottiglio.

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— IV a « Rossi » : comand. Giovanni Capra (Marco), commiss. Francesco Arcidiacono (Avvocato), frazionata a Cardona, Alfiano Natta e Vignale.

Complessivamente, le quattro brigate inquadravano 980 effet- tivi. Bene armata, la « Monferrato » operò quasi sempre fuori pro­vincia, specialmente in direzione del Vercellese, e assieme alle unità confinanti (9a Div. G. L. « Ferreira », Gruppo Mobile Operativo G. L., i a Div. Garibaldi « Lanfranco » e Div. Matteotti « Italo Rossi ») sostenne con successo, tra il 27 febbraio e P i i marzo, un violentissimo rastrellamento organizzato contro lo schieramento del- l’8a zona op. piem. da più di 5.000 uomini (per il 7 0 % truppe fa­sciste) partiti da Asti, Casale, Chivasso e Chieri.

Riassumendo, nell’aprile del 1945 le forze partigiane della pro­vincia di Alessandria (secondo una valutazione prudente e senza tener conto dell’ inflazione degli organici che, più o meno vistosa­mente, si verificò durante le ultime due settimane di lotta in tutte le formazioni della provincia, esclusa la « Pinan-Cichero ») am­montavano a 5680 uomini, dei quali:

— 2400 (« Pinan-Cichero », « Mingo », « Val Lemme-Ca- purro », io8a « Rossi » e « Martiri della Benedicta ») dipendenti dal Comando della 6a zona op. ligure, costituito all’inizio del set­tembre 1944;

— 980 (« Monferrato ») dipendenti dal Comando della 8a zo­na op. piemontese, costituito verso la metà di febbraio del ’45:

— 2300 (« Marengo », 8a Div. G. L ., « Italia », « Patria » e « Viganò ») dipendenti dal Comando zona alessandrino (7a zona op. piemontese) che, quantunque formalmente costituito all’ inizio del febbraio ’45, non solo non funzionò mai ma venne addirittura com­pletato solo il 29 aprile in Alessandria liberata.

Oltre a queste forze esistevano numerosi gruppi S.A.P. appog­giati a diverse formazioni: le più forti erano quelle costituite dalla « Pinan-Cichero » nel settore tra lo Scrivia e il Curone — circa 600 giovani comandati dal col. Teucci (Guido), destinati ad essere mobilitati nei giorni dell’ insurrezione con il compito di presidiare la zona montana al momento della discesa della divisione. Le S.A.P. garibaldine della provincia vennero raccolte nella Div. « Ottonel­lo » che però non venne mai riconosciuta come formazione parti- giana.

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V III. - La L iberazione (23-29 aprile 1945)

La prima formazione della provincia ad iniziare la battaglia insurrezionale fu la 4a Div. Garibaldi « Pinan-Cichero ». Dopo di aver rifiutato il passaggio alle truppe tedesche di stanza nella Li- guria centrale (richiesto verso la tarda sera del 23 aprile da un emissario del gem (Meinhold), la divisione, avuta notizia dello scoppio dell’insurrezione a Genova, si dispose ad attaccare simul- taneamente su tutto il settore compreso tra il Passo dei Giovi e Pontecurone, così da isolare e costringere alla resa i forti presidi nemici della vai Scrivia e bloccare ogni tentativo di ripiegamento dei nazifascisti in direzione della Lombardia. Nella notte tra il 23 e il 24 un distaccamento dell’ « Arzani » fermava sulla statale n. 35 una colonna tedesca diretta al nord e la costringeva a rifugiarsi in Villavernia: contemporaneamente due distaccamenti dell’ w Ore- ste » entravano in Crocefieschi, evacuata qualche ora prima dalla guarnigione germanica. Il 24 aprile, gruppi dell*« Arzani » entrai vano in Tortona e questo fatto convinceva le forze nazifasciste pre­senti in città ad avviare trattative di resa col comando della divi­sione. Verso sera, distaccamenti della « Po-Argo », disarmato il presidio di Viguzzolo, entravano in Tortona. Nella notte tra il 24 e il 25, mentre la « Po-Argo » si preparava ad occupare stabil­mente la città, l’ « Arzani » si metteva in marcia verso il settore Arquata-Villavernia, superando la resistenza di reparti nemici che nella zona di Bavantore tentavano di impedire la discesa della bri­gata, e l’ « Oreste », che avrebbe dovuto gravitare su Genova, si portava verso il settore di Pietrabissara-Busalla, schierandosi sulle posizioni di attacco. Il 25 aprile la « Po-Argo » con gruppi della io8a « Rossi» completava l’occupazione di Tortona, costringendo alla resa una colonna corazzata tedesca che nella notte era giunta in città attaccando i distaccamenti scesi la sera precedente e obbli­gandoli a ripiegare sulle alture meridionali; P« Arzani » con vio­lenti combattimenti si impadroniva di Borghetto Borbera, Cassano Spinola, Villavernia e Arquata, e l’ « Oreste », attraverso duri scon­tri, costringeva alla resa i presidi di Sarissola, Busalla, Ronco Scrivia e Isola del Cantone. Alla sera del 25 la Camionale, la statale n. 35 e tutti gli impianti ferroviari della vai Scrivia erano già in possesso della « Pinan-Cichero ». Nella mattina del 26 la Brig. « Val Lem- me-Capurro » con gruppi dell’ « Arzani » entrava in Novi Ligure, evacuata dai nazifascisti nella notte tra il 25 e il 26; contempora­

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neamente la Brig. « Martiri della Benedicta » occupava Gavi. A mezzogiorno del 26 si arrendevano allVArzani » il presidio di Crenna e nel pomeriggio, all'« Oreste », quello di Borgo Fornari e i presidi dislocati attorno a Savignone. Nella notte tra il 26 e il 27 l'« Arzani » entrava combattendo in Serravalle. Nella mattinata del 27 i tedeschi asserragliati al Passo dei Giovi si arrendevano ab l’ « Oreste » e nel pomeriggio, sotto un ultimo assalto dell’ cc Arza- ni », cadeva anche il presidio di Vignole Borbera. Tutti gli obiet- tivi erano stati raggiunti, sia pure attraverso duri scontri: più di duemila prigionieri erano stati catturati. Mentre la « Po-Argo » e l’ « Arzani » si schieravano a controllare eventuali provenienze da Voghera e da Alessandria-Ovada, nel pomeriggio del 27 l'« Oreste » partiva alla volta di Genova per collaborare con le altre forze della 6a zona ligure a stroncare gli ultimi tentativi di resistenza nemica.

La Div. Garibaldi « Mingo » fu, in un certo senso, colta di sorpresa dal rapido evolversi degli avvenimenti. Alle notizie prò- venienti da Genova, il 24 aprile la « Buranello » (assieme alla « Vec­chia » che aveva attaccato quel giorno stesso le forze di stanza al Sassello), si attestava sulla rotabile Rossiglione-Masone difendendo le gallerie, stradale e ferroviaria, del Passo del Turchino ma senza riuscire a bloccare un treno armato tedesco diretto ad Ovada. La « Pio », invece, intimata la resa al presidio di Voltaggio e a quello di Ceranesi, si dirigeva verso il settore Pontedecimo-Campomorone, scontrandosi violentemente con reparti tedeschi. La « Olivieri » si concentrava a Carpeneto, tra Ovada ed Acqui e la « Macchi » si avvicinava ad Ovada. Il 25, la « Buranello » e la « Vecchia » si mettevano in marcia verso Voltri che veniva raggiunta la mattina del 26: nello stesso giorno le due brigate raggiungevano Sestri Ponente e poi Sampierdarena partecipando ai combattimenti in città. La « Pio » intimava la resa al presidio tedesco di Pontedeci- mo che tuttavia alla sera del 25 con un’improvvisa sortita riusciva a congiungersi ai reparti germanici che ancora combattevano ai Giovi. Il 26 la « Pio » si concentrava nel settore di Pontedecimo e il giorno seguente partiva alla volta di Sampierdarena. In territorio alessandrino, nella mattina del 25 gruppi della « Macchi » entra­vano in Ovada che si trovava già sotto il controllo delle S.A.P. lo­cali poiché le forze tedesche, dopo trattative col C .L.N ., avevano completamente evacuata la città nella notte tra il 24 e il 25, por­tandosi in direzione di Acqui con il treno armato proveniente da Campo Ligure. Il 26 aprile giungevano in Ovada anche gruppi del­

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l’ « Olivieri ». Reparti di queste due brigate, tra il 26 e il 27, si portavano in direzione di Sestri.

La 1 6a Div. Garib. « Vigano », tra il 24 e il 25 aprile, serrava le proprie brigate attorno ad Acqui (combattimento a Visone com tro il treno armato proveniente da Ovada e scontri nella zona dei Bagni). Il 25 il presidio tedesco si arrendeva alla « Carlino » ma in città si trovavano concentrati molte migliaia di uomini, poco disposti a cedere le armi (tutta la Div. « San Marco » e numerosis- simi reparti nazifascisti provenienti da Imperia, Savona, Nizza Monf. e Ovada). Per evitare il peggio, la sera del 25 aprile il C .L.N . locale, in accordo con la « Vigano », concludeva con i comandi ne­mici una tregua di cinque giorni, durante i quali le forze nazifa- sciste avrebbero dovuto evacuare la città. Nella mattina del 26 il C .L.N . si insediava nel palazzo comunale e un primo gruppo di partigiani (con funzioni di corpo di polizia) entrava in Acqui, quando ancora vi si trovavano le forze nemiche. L ’evacuazione del­la a San Marco » e degli altri reparti nazifascisti, già iniziata il 25, proseguiva per tutto il 26: il 27 aprile il grosso delle truppe par­tiva alla volta del capoluogo provinciale molestato lungo la rotabile Acqui-Alessandria da gruppi della « Gollo » e della « Candida » e mitragliato dalla caccia alleata. Alcuni reparti venivano catturati ma la maggior parte riusciva a raggiungere Alessandria. Tra il 27 e il 28 la « Vigano », assieme alla 98* Brigata dell’8a Div. Gari­baldi « Asti », proveniente dalla zona di Nizza Monf., entrava in Acqui ed eliminava gli ultimi nidi di resistenza nemica nei dintorni della città.

Le unità del Basso Monferrato si diressero invece verso Torino e Casale. La 711 Div. Aut. « Monferrato », concentratasi in Cocco­nato, all’alba del 25 aprile partiva con le altre formazioni dell’8a zona op. piemontese e con la 42“ Brigata della Div. « Patria », alla volta del capoluogo regionale, ed era una delle prime ad entrare combattendo nella periferia di Torino, nel pomeriggio del 26. Pic­coli reparti della « Monferrato » si diressero verso Trino e Ver­celli e su Casale ed Alessandria. Verso Casale si misero in marcia all’alba del 25 aprile le brigate « Piacibello » e « Bigliani » della io" Div. Garib. « Italia », la 4 1 “ della « Patria », elementi di Mauri e della Div. Matteotti « Italo Rossi » : quando queste forze entrarono nella città verso il mezzogiorno del 25, Casale (abban­donata dalla maggior parte dei fascisti nella notte tra il 24 e il 25) era già presidiata dalle S.A.P. locali al comando del C .L .N . instai-

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latosi di prima mattina nel palazzo comunale. Rimanevano1 solo due centri di resistenza, nella zona di Oltre Po e alle scuole « Cia- no » ove si era asserragliato il presidio tedesco in compagnia di elementi repubblicani. Tra il 25 e il 27 si ebbe qualche scontro, ma dopo complesse trattative il presidio tedesco si arrendeva nella notte tra il 27 e il 28.

L ’ultimo centro ad essere liberato fu il capoluogo della prò- vincia. Alessandria viveva in uno stato di estrema tensione dal 22 aprile, giorno in cui i tedeschi avevano fatto saltare la polveriere di Casalbagliano e Quargnento, preludio della partenza imminen- te. In città la situazione era assai critica per la presenza di un forte presidio tedesco e per l’arrivo di notevolissimi contingenti nazifa­scisti provenienti da Acqui e dalla Liguria occidentale e diretti a Valenza per passare il Po e portarsi in Lombardia. Nella tarda mattinata del 26 aprile, il C .L.N . provinciale (che, dal 24, sedeva in permanenza all’Ospedale Civile) riceveva dal comando del Pre­sidio germanico la richiesta di trattare il libero transito delle truppe dirette al Po. In città esistevano irrilevanti nuclei S.A.P. e scarse forze partigiane affluite alla spicciolata dai dintorni a partire dal 25 aprile. Questo fatto spingeva il C .L.N. ad accettare l’offerta te­desca e le trattative iniziavano nel pomeriggio del 26 e prosegui­vano per tutto il 27 e la mattina del 28 fra i rappresentanti del co­mitato e il col. Becker, comandante del Presidio, il gen. di divisione Hildebrandt e il gen. Farina, comandante della « San Marco », in una situazione sempre più tesa per l’arrivo degli ultimi contingenti di « marò » partiti da Acqui e per il netto rifiuto opposto dai te­deschi alla richiesta di una resa immediata avanzata dal C.L.N. nel pomeriggio del 27. Attorno alla città si andavano nel frattem­po raggruppando formazioni partigiane provenienti dalle zone v i­cine (forze della « Marengo », della io8a e della 10711 Garibaldi, dell’8a Div. G. L., della 4 C e 43* Brig, della « Patria », della 7a Div. « Monferrato ») e dall’Astigiano (forze dell’8a Div. Gari­baldi ce Asti » e delle autonome 15 “ Div. « Alessandria » e 5a Div. « Monferrato ») che, nel settore Alessandria-Valenza e all’ interno stesso del capoluogo, si scontravano più volte con gruppi nazifascisti, pur senza essere in grado, per la loro scarsa consistenza e per Par- mamento assai ridotto, di portare a termine un attacco risolutivo. Nel pomeriggio del 28 aprile la situazione si chiariva leggermente: alle 16, nel palazzo della Prefettura, il gen. Hildebrandt firmava la resa del presidio tedesco di Alessandria. Contemporaneamente, con

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il gen. Farina veniva concordata la resa incondizionata della « San Marco ». Restava ancora il problema più grave, quello delle truppe tedesche e fasciste che, al comando del gen. di corpo d’armata ]ahn, sostavano, in numero assai elevato e potentemente armate, nel set- tore Valmadonna-Valenza: queste forze non volevano sottostare alla resa e avevano già iniziato il passaggio del Po, subito interrotto per il crollo del traghetto, sabotato da un guastatore partigiano. Altri colloqui si avevano fra il gen. Jahn e i rappresentanti del Co- mitato nella notte tra il 28 e il 29: veniva concordata una tregua di dodici ore e, finalmente, nel pomeriggio del 29 aprile anche queste truppe si arrendevano al C .L .N . La provincia era comple­tamente libera.

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