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Appunti biografici su Demetrio Stratos (fonte: http://www.feltrinellieditore.it/SpecialiLibriInterna?id_spec=1223 ) La musica, la ricerca, la militanza... un’ampia biografia e la discografia completa di Demetrio Stratos di Alessandro Besselva Averame, tratta dal libro Oltre la voce allegato al DVD La voce Stratos. Efstratious Demetriou, questo il nome all’anagrafe di Demetrio Stratos, nasce il 22 aprile del 1945 ad Alessandria d’Egitto, da una famiglia di greci ortodossi. L’infanzia e la prima adolescenza trascorse in quel luogo in cui si incrociano le culture del Mediterraneo comunicano a Stratos, che entra ben presto in contatto con la musica religiosa ortodossa e con quella di tradizione araba, una curiosità e una persistente necessità di confronto e di indagine che lo accompagnerà per tutto il percorso artistico. La musica suonata, d’altra parte, entra molto presto a far parte della vita di Demetrio: la famiglia lo iscrive al prestigioso Conservatoire National d’Athènes, che ha da pochi anni aperto una succursale in Egitto, dove studia pianoforte e fisarmonica. Nel 1957, in seguito ai cambiamenti apportati alla situazione socio- politica del paese dal colpo di stato del 1952 ai danni di re Faruq e alla successiva ascesa del generale Nasser, che insedia una repubblica socialista nel 1956, la famiglia decide di mandarlo a studiare a Cipro, al Catholic College Of the Holy Land di Nicosia: i genitori lo raggiungeranno sull’isola due anni dopo. Passa qualche anno, è il 1962, e Stratos si trasferisce a Milano, dove si iscrive alla facoltà di Architettura del Politecnico. La musica continua a essere una fedele compagna di strada, però: il beat si sta affacciando sulla scena e Demetrio, fattosi le ossa in alcuni complessi studenteschi, comincia a bazzicare studi e sedute di registrazione. È nel ruolo di tastierista e pianista, e soprattutto cantante, che nel 1966 si unisce ai Ribelli. Il gruppo ha già una lunga storia alle spalle: fondati nel 1959 da Adriano Celentano, che ne ha fatto ben presto una sorta di house band destinata ad accompagnare gli artisti del Clan, I Ribelli cominciano successivamente a elaborare un proprio repertorio, in buona parte costituito da cover di brani inglesi e americani. Dopo l’arrivo di Stratos vi è un sensibile spostamento verso forme di beat più evolute (principalmente soul e rhythm’n’- blues), cui segue l’abbandono del Clan e il passaggio alla Ricordi. Il gruppo incide quello che diventerà il suo successo più celebre, una straordinaria ballata rhythm and blues firmata da Ricky Gianco e Gianni Dall’Aglio, batterista del gruppo, con testo del paroliere Luciano Beretta: Pugni chiusi. È il primo incontro del pubblico con una voce duttile e potente, perfettamente accordata sulle venature nere della canzone. Seppure entro i limiti e i canoni della sua epoca, specchio di un breve e ingenuo momento di felice creatività, il brano e la voce che lo interpreta reclamano la dovuta attenzione. La permanenza di Stratos nei Ribelli si conclude nel 1970: un’esperienza che in seguito il cantante non rinnegherà, limitandosi a rimarcare la profonda differenza di intenti tra quel progetto, che gli ha consentito di fare un’importantissima gavetta, e le avventure successive. Nel frattempo, nel 1969, il cantante ha sposato Daniela Ronconi, conosciuta ai tempi dell’università. La coppia avrà una figlia, Anastassia, nata l’anno successivo: è osservandola nel periodo della lallazione, in cui il bambino gioca con la propria voce e ne misura le potenzialità, destinate con il tempo e con l’acquisizione del linguaggio a normalizzarsi, che nasce in Stratos lo spunto iniziale per le sue ricerche. Il cambio di stagione, il passaggio dalle balere che frequentano I Ribelli ai grandi raduni legati al proletariato giovanile, è graduale. Al principio del nuovo decennio Stratos mette in piedi un nuovo progetto con alcuni musicisti inglesi, tra cui Jan Broad, in seguito componente dei Deep Purple, che avrà vita breve, e, soprattutto, avvia una carriera a proprio nome con la Numero Uno, l’etichetta di Mogol e Battisti. Il tentativo di lanciarne la carriera di cantante solista si limita tuttavia alla pubblicazione di un singolo in lingua inglese,Daddy’s Dream (sul retro Since You’ve Been Gone, autori Massimo Salerno e l’inglese Harold Stott), dato alle stampe nell’aprile del 1972. Si tratta di un ulteriore passo in direzione della musica nera: Adriano Fabi, autore delle musiche, assembla una ballata sofisticata che non ha nulla da invidiare alle rinnovate forme che si sono dati oltreoceano soul e rhythm and blues. Il brano, con un testo italiano di Bruno Lauzi e un nuovo titolo, L’abitudine, verrà poi registrato da Mina. Ma non è l’idea di perseguire una tradizionale carriera solista, visto probabilmente anche il moderato interesse dei discografici nei suoi confronti, quella che ha in mente Stratos. Dal 1970 Stratos per vivere ha continuato a suonare nei locali da ballo avvalendosi della collaborazione di validi musicisti conosciuti in giro per l’Italia e della notorietà acquisita con I Ribelli. Il gruppo si forma attorno alle figure di Stratos e del batterista Giulio Capiozzo, che proviene anch’egli dal beat, ha una lunga esperienza di sala da ballo e una grossa passione per il jazz. Oltre a loro il gruppo arriva a comprendere nel volgere di alcuni mesi il tastierista Leandro Gaetani e il bassista Patrick Erard Djivas (nato in Francia ma di origini greco-tunisine), già turnisti con Lucio Dalla, il chitarrista Johnny Lambizzi, di origini ungheresi, e il sassofonista Victor Edouard Busnello, più vecchio di loro di una decina di anni e personaggio mitico del jazz di quegli anni. Gradualmente il gruppo abbandona la musica da ballo per dedicarsi interamente al suo repertorio che si costruisce attorno a lunghe improvvisazioni di stampo jazzistico e alle radici musicali mediterranee e balcaniche dei suoi componenti. Nascono gli Area. Gaetani verrà presto sostituito alle tastiere dal più giovane Patrizio Fariselli, amico e conterraneo di Capiozzo, proveniente da una famiglia di musicisti di sala da ballo della riviera romagnola, anch’egli con

Appunti Biografici Stratos

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Appunti biografici su Demetrio Stratos

(fonte: http://www.feltrinellieditore.it/SpecialiLibriInterna?id_spec=1223 )

La musica, la ricerca, la militanza... un’ampia biografia e la discografia completa di Demetrio Stratos di

Alessandro Besselva Averame, tratta dal libro Oltre la voce allegato al DVD La voce Stratos. Efstratious Demetriou, questo il nome all’anagrafe di Demetrio Stratos, nasce il 22 aprile del 1945 ad Alessandria d’Egitto, da una famiglia di greci ortodossi. L’infanzia e la prima adolescenza trascorse in quel luogo in cui si incrociano le culture del Mediterraneo comunicano a Stratos, che entra ben presto in contatto con la musica religiosa ortodossa e con quella di tradizione araba, una curiosità e una

persistente necessità di confronto e di indagine che lo accompagnerà per tutto il percorso artistico. La musica suonata, d’altra parte, entra molto presto a far parte della vita di Demetrio: la famiglia lo iscrive al prestigioso Conservatoire National d’Athènes, che ha da pochi anni aperto una succursale in Egitto, dove studia pianoforte e fisarmonica. Nel 1957, in seguito ai cambiamenti apportati alla situazione socio-politica del paese dal colpo di stato del 1952 ai danni di re Faruq e alla successiva ascesa del generale Nasser, che insedia una repubblica socialista nel 1956, la famiglia decide di mandarlo a studiare a Cipro, al Catholic College Of the Holy Land di Nicosia: i genitori lo raggiungeranno sull’isola due anni dopo.

Passa qualche anno, è il 1962, e Stratos si trasferisce a Milano, dove si iscrive alla facoltà di Architettura

del Politecnico. La musica continua a essere una fedele compagna di strada, però: il beat si sta affacciando sulla scena e Demetrio, fattosi le ossa in alcuni complessi studenteschi, comincia a bazzicare studi e sedute di registrazione. È nel ruolo di tastierista e pianista, e soprattutto cantante, che nel 1966 si unisce ai Ribelli. Il gruppo ha già una lunga storia alle spalle: fondati nel 1959 da Adriano Celentano, che ne ha fatto ben presto una sorta di house band destinata ad accompagnare gli artisti del Clan, I Ribelli cominciano

successivamente a elaborare un proprio repertorio, in buona parte costituito da cover di brani inglesi e americani. Dopo l’arrivo di Stratos vi è un sensibile spostamento verso forme di beat più evolute (principalmente soul e rhythm’n’- blues), cui segue l’abbandono del Clan e il passaggio alla Ricordi. Il gruppo incide quello che diventerà il suo successo più celebre, una straordinaria ballata rhythm and blues firmata da Ricky Gianco e Gianni Dall’Aglio, batterista del gruppo, con testo del paroliere Luciano Beretta: Pugni chiusi.

È il primo incontro del pubblico con una voce duttile e potente, perfettamente accordata sulle venature nere della canzone. Seppure entro i limiti e i canoni della sua epoca, specchio di un breve e ingenuo momento di felice creatività, il brano e la voce che lo interpreta reclamano la dovuta attenzione. La permanenza di Stratos nei Ribelli si conclude nel 1970: un’esperienza che in seguito il cantante non rinnegherà, limitandosi a rimarcare la profonda differenza di intenti tra quel progetto, che gli ha consentito di fare un’importantissima gavetta, e le avventure successive. Nel frattempo, nel 1969, il

cantante ha sposato Daniela Ronconi, conosciuta ai tempi dell’università. La coppia avrà una figlia,

Anastassia, nata l’anno successivo: è osservandola nel periodo della lallazione, in cui il bambino gioca con la propria voce e ne misura le potenzialità, destinate con il tempo e con l’acquisizione del linguaggio a normalizzarsi, che nasce in Stratos lo spunto iniziale per le sue ricerche. Il cambio di stagione, il passaggio dalle balere che frequentano I Ribelli ai grandi raduni legati al proletariato giovanile, è graduale. Al principio del nuovo decennio Stratos mette in piedi un nuovo progetto con alcuni musicisti inglesi, tra cui Jan Broad, in seguito componente dei Deep Purple, che avrà vita breve, e, soprattutto, avvia una carriera a proprio nome con la Numero Uno, l’etichetta di Mogol e

Battisti. Il tentativo di lanciarne la carriera di cantante solista si limita tuttavia alla pubblicazione di un singolo in lingua inglese,Daddy’s Dream (sul retro Since You’ve Been Gone, autori Massimo Salerno e l’inglese Harold Stott), dato alle stampe nell’aprile del 1972. Si tratta di un ulteriore passo in direzione della musica nera: Adriano Fabi, autore delle musiche, assembla una ballata sofisticata che non ha nulla da invidiare alle rinnovate forme che si sono dati oltreoceano soul e rhythm and blues. Il brano, con un testo italiano di Bruno Lauzi e un nuovo titolo, L’abitudine, verrà poi registrato da Mina.

Ma non è l’idea di perseguire una tradizionale carriera solista, visto probabilmente anche il moderato interesse dei discografici nei suoi confronti, quella che ha in mente Stratos. Dal 1970 Stratos per vivere ha continuato a suonare nei locali da ballo avvalendosi della collaborazione di validi musicisti conosciuti in

giro per l’Italia e della notorietà acquisita con I Ribelli. Il gruppo si forma attorno alle figure di Stratos e del batterista Giulio Capiozzo, che proviene anch’egli dal beat, ha una lunga esperienza di sala da ballo e una grossa passione per il jazz. Oltre a loro il gruppo arriva a comprendere nel volgere di alcuni mesi il tastierista Leandro Gaetani e il bassista Patrick Erard Djivas (nato in Francia ma di origini greco-tunisine),

già turnisti con Lucio Dalla, il chitarrista Johnny Lambizzi, di origini ungheresi, e il sassofonista Victor Edouard Busnello, più vecchio di loro di una decina di anni e personaggio mitico del jazz di quegli anni. Gradualmente il gruppo abbandona la musica da ballo per dedicarsi interamente al suo repertorio che si costruisce attorno a lunghe improvvisazioni di stampo jazzistico e alle radici musicali mediterranee e balcaniche dei suoi componenti. Nascono gli Area. Gaetani verrà presto sostituito alle tastiere dal più giovane Patrizio Fariselli, amico e conterraneo di Capiozzo, proveniente da una famiglia di musicisti di sala da ballo della riviera romagnola, anch’egli con

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una grande passione per il jazz e la musica improvvisata. All’abbandono di Johnny Lambizzi, il manager

del gruppo Franco Mamone, che è anch’egli manager della Premiata Forneria Marconi, in quel momento

impegnata a Londra per la realizzazione del primo lp in lingua inglese Photos Of Ghosts, suggerisce loro il poliedrico chitarrista Paolo Tofani, che dopo aver suonato in gruppi beat fiorentini di una certa rinomanza (I Califfi, innanzitutto) si trova in quel momento anch’egli a Londra, dove si esibisce in spettacoli solisti usando basi preregistrate. Il chitarrista sta maturando la necessità di trovare nuove vie espressive in grado di integrare elementi di musica elettronica, e il suono del suo sintetizzatore E.M.S. farà parte fin da subito del Dna della neonata band.

Le prove generali per il nuovo progetto maturano nel giro della Numero Uno. Sul debutto solista di Alberto Radius, chitarrista della Formula Tre, Radius, frutto di alcune session più o meno estemporanee con vari colleghi, troviamo, oltre a una To the Moon I’m Going cantata da Stratos, una composizione intitolata, non a caso, Area, in cui tre quinti della formazione (Stratos, Capiozzo e Dijvas) contribuiscono in modo determinante alla riuscita di un sincopato brano in 16/8. Gli Area non sono tuttavia soli nel momento in cui muovono i primi passi. Al di là delle intenzioni

sperimentali di fondo e della voglia di creare nuove ipotesi di lavoro, si rivela fondamentale, per i cinque musicisti, l’incontro con Gianni Sassi: già esponente della frangia italiana del movimento Fluxus, Sassi è un grafico pubblicitario atipico, un ambizioso art director nella cui visione del mondo convivono influenze situazioniste e militanza politica. Costui ha collaborato, fino a quel momento, con Franco Battiato, per il quale ha curato i provocatori artwork e i testi di Fetus e Pollution (sulla copertina del primo campeggia la

fotografia di un feto umano), i due dischi che l’artista siciliano, alle prese con il suo periodo più sperimentale, pubblica per la Bla Bla. Sassi, che con Battiato ha anche collaborato alla stesura dei testi,

utilizzando lo pseudonimo di Frankenstein, sta facendo nascere un’etichetta discografica indipendente, la Cramps, ed è lui – componente aggiunto dei gruppi che segue più che manipolatore, etichetta quest’ultima che nel corso del decennio in molti non lesineranno ad affibbiargli, tanto che sarà uno dei principali bersagli de I signori della musica, pamphlet che si scaglia contro gli aspetti commerciali dell’industria discografica pubblicato intorno alla metà dei settanta da Stampa Alternativa – a inventare per il gruppo l’azzeccata definizione di “International POPular Group” che da lì in poi ne accompagnerà il percorso, perfetta sintesi dello spirito che gli Area intendono portare avanti, intrecciando nella loro ricerca

rock, radici mediterranee e balcaniche, elettronica, free jazz, musica contemporanea e molto altro ancora. L’abilità comunicativa di Sassi, la sua capacità di cogliere le contraddizioni che attraversano il periodo, si manifesta attraverso l’artwork e le parole del primo disco del complesso, Arbeit Macht Frei, il quale, pubblicato nel 1973, è incidentalmente pure la prima pubblicazione del catalogo Cramps. Se il titolo cita provocatoriamente il sinistro e paradossale slogan che campeggia sui cancelli dei campi di sterminio

nazista, “il lavoro rende liberi”, il pupazzo imprigionato da un lucchetto in copertina sembrerebbe suggerire profondi legami fra i totalitarismi del passato e il sistema capitalistico, mentre gli oggetti ritratti

nella foto di gruppo presente sul retro (la falce e il martello, la kefiah palestinese, la sagoma di cartone di una pistola P38, che verrà anche allegata alle prime tirature del vinile) sono chiari e volutamente controversi riferimenti all’immaginario politico dell’epoca. La musica non è meno forte delle immagini che la accompagnano: sulla base di un sofisticato e spericolato amalgama jazz-rock, Stratos mostra per la prima volta le potenzialità di una voce

letteralmente fuori dal comune: nella introduttiva Luglio, agosto, settembre (nero) – nel testo firmato Frankenstein, una presa di posizione inequivocabile filopalestinese che cita l’organizzazione terroristica Settembre Nero, fondata come reazione all’espulsione dalla Giordania di migliaia di profughi, tristemente nota per la strage delle Olimpiadi di Monaco del 1972: non una difesa del terrorismo ma un tributo, piuttosto, alle sofferenze provocate dai conflitti mediorientali che attraversano quegli anni – le sue evoluzioni, anticipate da una introduzione che utilizza la registrazione pirata (espressione sottolineata nelle note) di una voce araba recitante registrata in un museo del Cairo, si incastrano perfettamente tra i

tempi dispari e le atmosfere mediterranee del pezzo, cercando di ricreare i suoni e le grida di un immaginario bazar nella sezione mediana, doppiando sul finale le evoluzioni di chitarra e sintetizzatore. Se però gli altri brani abbracciano una formula più tradizionale, mantenendosi comunque all’altezza di quei gruppi stranieri che all’epoca frequentano un vocabolario simile, leggi Soft Machine, Magma e Weather Report,L’abbattimento dello Zeppelin, il pezzo più sperimentale del lotto, è una destrutturazione di forme che, anche e soprattutto attraverso la prova vocale di Stratos, protagonista di un monologo

parlato che attraversa molteplici registri, dalla poesia fonetica all’opera lirica, anticipando il percorso dei lavori successivi, tratta un tema che ritornerà ancora in futuro, ovvero il sovvertimento formale delle gerarchie che attraversano la musica orientando il modo in cui viene percepita, la simbolica distruzione di un mercato pop che impone modelli sempre uguali da sfruttare fino alla spremitura totale. Oltre ad aver raggiunto un importante traguardo, la prima prova discografica, gli Area inaugurano una fitta attività concertistica legata in buona parte ai circuiti del proletariato giovanile e del movimento studentesco, ma non solo: il gruppo partecipa a un tour in solidarietà al popolo cileno, in seguito al sanguinario golpe del

generale Pinochet, e si esibisce, rappresentando l’Italia, all’ottava edizione della Biennale di Parigi. Il 1974 è un anno di assestamenti e ulteriori passi in avanti. Se ne vanno Busnello e Dijvas, il primo viene sostituito per un breve periodo da Massimo Urbani, il secondo per entrare a far parte della Premiata Forneria Marconi: il posto del bassista viene preso dal ferrarese Ares Tavolazzi, già componente dei The

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Pleasure Machine insieme a Ellade Bandini e Vince Tempera.

D’altro canto, il suono del gruppo si radicalizza in Caution Radiation Area, un secondo lavoro che segna

un ulteriore allontanamento dal formato canzone classico, riprendendo parzialmente la vena balcanica di Luglio, agosto, settembre (nero) in Cometa rossa e sposando altrove una decostruzione radicale delle forme che sfocia in brani come la quasi insostenibile Lobotomia(ispirata al trattamento chirurgico di cui era stata minacciata in carcere Ulrike Meinhof della Raf tedesca) e Zyg (Crescita zero). Contemporaneamente, Demetrio comincia ad ampliare la propria area di ricerca, mettendo in atto proficue escursioni nell’ambito della musica contemporanea d’avanguardia. La Cramps ha infatti deciso di

dare spazio a musicisti come Juan Hidalgo e Walter Marchetti, pubblicando inoltre un disco antologico basato sul repertorio del compositore statunitense John Cage, Nova Musicha n. 1contenente, oltre alla celebre 4’ 33’’, anche Sixty-Two Mesostics Re Merce Cunningham, composizione del 1971 che è un classico esempio della ricerca aleatoria sul suono perseguita da Cage per buona parte di carriera: si tratta di sessantadue blocchi vocali, composti da parole scelte in base allo I Ching (il divinatorio libro dei mutamenti della tradizione cinese, il cui responso viene ottenuto attraverso il lancio di monete), una

partitura vocale impegnativa dove l’interprete è chiamato a leggere le parole e a interpretarle non in base al tradizionale spartito ma seguendo particolari accorgimenti grafici. È in questo brano che possiamo trovare, in nuce, le future ricerche sul linguaggio e sulla fonetica che avranno una parte fondamentale nel percorso di Stratos. Gli Area, nel frattempo, sono sempre più consapevoli del dualismo che pervade la loro musica: da un lato

il linguaggio pop, gli slogan politici, l’aspetto più tradizionalmente militante (nota a margine: hanno cominciato a eseguire, in concerto, una versione strumentale dissonante e destrutturata

dell’Internazionale), dall’altra una ricerca musicale priva di compromessi, volta all’abbattimento di ogni steccato. Una consapevolezza che si traduce nella scelta di esibire con grande naturalezza la coesistenza dei due percorsi, evidente nel terzo capitolo discografico, Crac! (1975), che sfoggia una copertina, come sempre opera di Gianni Sassi, che tira in ballo la pop art più fumettistica. Da un lato, canzoni come La mela di Odessa, dove la voce di Stratos si fa istrionica e teatrale come non mai, Elefante bianco e soprattutto una Gioia e rivoluzione che resterà il più efficace lascito pop del gruppo, con un’introduzione affidata al piano elettrico e alla voce che si produce in complesse evoluzioni e un memorabile ed

efficacissimo attacco in forma di slogan (“Il mio mitra è il contrabbasso / che ti spara sulla faccia / che ti spara sulla faccia / ciò che pensa della vita”) che prende il largo sostenuto da un’andatura quasi country rock, con definitiva trasformazione in inno attraverso il contagioso coro finale. Una delle più belle canzoni politiche degli anni settanta che tuttavia, come abbiamo detto, racconta solo una faccia di quegli Area. I tre brani successivi in scaletta, Megalopoli, Nervi scoperti e Implosion, esplorano ulteriormente le possibilità formali offerte dal jazz rock del gruppo, attraversati dalla vocalità esuberante e variegata di

Stratos. Il brano in chiusura, Area 5, esplicita il legame con l’ala più intransigente della Cramps, ospitando i già citati Hidalgo e Marchetti.

Nel frattempo, gli Area sono diventati una temibile macchina da palco: le date hanno toccato quota duecento, e il gruppo è ormai diventato ospite fisso al celebre Festival di parco Lambro, organizzato dalla rivista “Re Nudo” per la prima volta nel 1974. Se nella primissima fase della propria esistenza il gruppo aveva fatto parte della scuderia dell’impresario Franco Mamone, con il tentativo da parte di costui di proporli a un pubblico rock tradizionale (memorabile in particolare, in senso negativo, un concerto in

apertura a Rod Stewart), tentativo che innescava il più delle volte violente reazioni in un pubblico non necessariamente dotato dei mezzi per capire e accettare la loro proposta di confine, caparbiamente impermeabile alle esigenze di un mercato strettamente pop (un mercato con il quale, allo stesso tempo, gli Area cercavano di tenere in piedi una dialettica dinamica e portatrice di stimoli), il circuito legato a quella che all’epoca era l’ala più libertaria del movimento giovanile aveva permesso al gruppo di trovare una dimensione più congeniale. Il palco diventa, in questa fase, anche una palestra per esplorare nuove vie di interazione con il pubblico.

In un 1976 denso di eventi suonano ancora al parco Lambro, in occasione dell’ultima edizione del festival, e lì presentano una nuova composizione dai margini alquanto variabili, vagamente ispirata alle teorie aleatorie di Cage e al romanzo di fantascienza di Norman Spinrad Agente del caos, ovvero Caos parte prima. Si tratta di un vero e proprio happening che coinvolge attivamente il pubblico: i fili scoperti del sintetizzatore di Tofani vengono portati nel bel mezzo del pubblico da uno dei musicisti, e i corpi umani, toccando costui e toccandosi poi fra loro, modificano la frequenza e la tonalità degli impulsi sonori. Un

concetto che verrà ripreso ed estremizzato qualche tempo dopo, il 27 ottobre, in occasione di un concerto che si tiene nell’Aula magna dell’Università Statale di Milano, dove tre quinti del gruppo (Capiozzo e Tavolazzi sono momentaneamente assenti, avendo accettato un ingaggio temporaneo nella band di Andrea Mingardi) si esibiscono con il percussionista inglese Paul Lytton e il sassofonista statunitense Steve Lacy, due nomi di vaglia della scena free jazz. Ciascun musicista riceve cinque fogli contenenti suggerimenti (“silenzio”, “musica”, “violenza”, “ipnosi”, “sesso”) che deve interpretare attraverso il proprio strumento, senza tenere in considerazione le contemporanee azioni altrui. È l’occasione, per

Stratos, di mostrare il repertorio di vocalizzi sempre più ampio che sta sperimentando in proprio. La performance, che ha luogo in presenza di un pubblico sconcertato il quale poco alla volta si lascia coinvolgere, verrà documentata tre anni dopo su disco, nell’album Event ’76 . Nel periodo in cui si esibiscono alla Statale, gli Area sono impegnati in studio a registrare

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l’ambizioso Maledetti, un disco in cui l’ensemble intende documentare la propria condizione di cantiere

aperto che sta via via maturando, chiamando a collaborare per la prima volta musicisti esterni,

provenienti da background diversissimi. Lacy e Lytton, innanzitutto, i fratelli percussionisti baschi Arze, e una seconda sezione ritmica (Capiozzo e Tavolazzi sono comunque presenti in molti brani) che comprende Hugh Bullen e Walter Calloni, rispettivamente basso e batteria della band di Finardi e attivissimi turnisti della scena milanese. I brani vengono convogliati in un concept di ambientazione fantascientificopolitica: si immagina l’evaporazione della coscienza dell’intera umanità, custodita in una banca sotto forma di plasma liquido, e una serie di possibili – e non necessariamente rassicuranti –

scenari futuri. Il 1976 è anche l’anno dei concerti a Lisbona (in occasione della fine della dittatura di Salazar) e a Parigi, immortalati in un disco live postumo, pubblicato negli anni novanta, Parigi-Lisbona. Ed è soprattutto l’anno del vero e proprio debutto solista di Stratos, Metrodora, che rappresenta la prima vera occasione per poter impostare un discorso sulle potenzialità della voce non come semplice virtuosismo ma come evoluzione e potenziamento di un mezzo di comunicazione non ancora esplorato fino in fondo, un

recupero dell’utilizzazione primaria del canto umano che ha come scopo dichiarato l’atto di creare un sentiero potenzialmente percorribile da chiunque. Forse in questo primo lavoro non viene ancora fuori pienamente l’intento pedagogico e divulgativo dell’esplorazione vocale di Stratos, ma vengono mossi i primi passi in una direzione che fornirà molti spunti utili in tal senso. Intervistato in occasione della pubblicazione dell’album, a proposito di quello che

l’artista individua come la scomparsa della voce nell’ambito contemporaneo, Stratos dice: “Oggi, con il declino della vecchia vocalità cantata, si tende a usare la voce come tecnica d’espressione. Io voglio

spingere la mia ricerca più in là, fino ai limiti dell’impossibile. Faccio esperimenti sui suoni più acuti e sono arrivato fino a 7000 hertz. Cerco di prendere tre o quattro note alla volta, di lavorare sugli armonici. Tutto questo non ha nulla a che vedere con la tecnica di espressione, è più che altro una tecnica di controllo mentale, è un microcosmo ancora da scoprire”. Dietro al lavoro di studio sulla voce, al tentativo di liberarla da costrizioni formali e culturali, c’è un discorso che va a toccare l’antropologia, la psicologia, gli studi di fonetica e fonologia. Una ricerca a tutto tondo, che si manifesta in una facciata contenente quattroSegmenti e una che include la composizione che dà il titolo al disco, ispirata al codice

ginecologico-medico di Metrodora, ostetrica bizantina vissuta nel VI secolo dopo Cristo. Quello stesso anno Stratos partecipa alla Cantata rossa per Tall El Zaatar, un disco in cui Stratos condivide il proscenio con il jazzista Gaetano Liguori, autore delle musiche, e Giulio Stocchi, autore e declamatore dei versi, un lavoro che racconta la tragedia dei profughi palestinesi massacrati quello stesso anno in Libano dalle milizie falangiste cristiane. In questo periodo l’attività si è fatta piuttosto intensa, e va ben oltre le incisioni e i concerti: è un percorso di studi determinato e caparbio, appena all’inizio. Una

delle prime tappe è Parigi, dove Stratos contatta Émile Leipp, responsabile del Laboratorio di acustica della facoltà delle Scienze dell’Università di Parigi, un’altra è Padova, dove il professor Franco Ferrero, che

presso la locale sede del Cnr dirige il Centro di studio per le ricerche di fonetica, studia e misura le capacità vocali del cantante e i suoi esperimenti. I risultati della ricerca saranno oggetto di due pubblicazioni scientifiche, e l’Università di Padova sarà teatro di alcuni seminari tenuti da Stratos, presso l’Istituto di glottologia e fonetica. Nel 1977, una seconda tappa nella capitale francese: l’incontro con Tran Quang Hai, polistrumentista

vietnamita emigrato in Francia, esperto conoscitore ed esecutore di musiche orientali che lo introduce al canto armonico originario di Tuva, all’epoca regione sovietica situata al confine con la Mongolia: una tecnica che consente, attraverso la risonanza di armonici, di produrre simultaneamente più suoni nell’emissione vocale. La propria ricerca e la carriera all’interno degli Area sono ormai diventati due percorsi paralleli, e il 1978 è un anno ancora più denso di impegni. Il gruppo, perso per strada Tofani, entrato a far parte del movimento Hare Krishna, ha divorziato dalla Cramps di Sassi, il quale continuerà comunque a seguire il

percorso artistico di Stratos, e ha firmato per la Ascolto, succursale della Cgd gestita da una Caterina Caselli impegnata a muovere i primi passi nel mondo discografico, attraverso il reclutamento di alcune interessanti realtà a cavallo tra pop e ricerca. Per la nuova etichetta esce Gli dèi se ne vanno, gli arrabbiati restano! , che molti considerano il disco pop degli Area. Un termine che va comunque preso con le molle, con punte di inedita accessibilità (Hommage à Violette Nozières, con i vocalizzi di Stratos – autore di musica e testo, quest’ultimo ispirato a uno scritto del surrealista André Breton – che si prestano

a una struttura musicale dai timbri marcatamente mediterranei, quasi un presagio di certa world music a venire, una sorta di curiosa anticipazione dei percorsi intrapresi dal De André di Creuza De Ma con Mauro Pagani), alcuni interessanti esperimenti di commistione con il funk e addirittura una forma mutata di disco music (Ici on dance!). Emerge per la prima volta anche l’uso di una certa ironia, in un brano come Vodka Cola che tratta il tema della Guerra fredda. È un disco sottovalutato, ricco, come mai lo erano stati i dischi degli Area fino ad allora, di riferimenti ad ampio raggio (Breton, Lacan, il poeta arabo Shànfara), che segna probabilmente la fine di un’epoca di lotte, ideali e slogan ma lo fa con grande

intelligenza, pragmatismo e, senza dubbio, un bello spirito di indipendenza: dagli steccati, dai paraocchi, e anche da chi vede nel presunto ammorbidimento una svendita al mercato pop. Niente di più lontano dalla verità in questa ultima accusa, anche e soprattutto in relazione alle attività parallele di Stratos, le cui ricerche vocali suscitano un certo interesse anche al di fuori dell’Italia.

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Nel gennaio di quell’anno, Demetrio ha tenuto un concerto al Museo d’arte moderna di Parigi, e a marzo,

invitato da John Cage, ha partecipato a Events, uno spettacolo del coreografo Merce Cunningham che si è

tenuto al Roundabout Theater di New York: la direzione musicale era opera dello stesso Cage, e tra i responsabili di costumi e scene c’è anche Andy Warhol. Per la Cramps intanto esce un nuovo disco, Cantare la voce, il diciannovesimo titolo della collana “Nova Musicha”, che fa tesoro delle recenti esplorazioni: in scaletta ci sono brani come Investigazioni (Diplofonie e triplofonie) eFlautofonie ed altro, che contengono tracce evidenti di assimilazione delle tecniche vocali orientali apprese l’anno precedente, mentre Criptomelodie infantili è una suggestiva indagine nella vocalità che precede lo sviluppo di un

linguaggio codificato. La vocalità di Stratos è sempre più proteiforme, e in copertina troviamo un’illustrazione particolarmente azzeccata, perfetta nel definire lo spirito dell’operazione: un ritratto a carboncino di Stratos, su carta quadrettata, con la bocca situata all’altezza della laringe, impegnata a emettere suoni. Quello stesso anno esce anche un curioso singolo a suo nome, un brano presente anche sull’antologia storico- critica della poesia “Futura”, sempre curata dalla Cramps, ovvero O Tzitziras o Mitziras, tour de

force vocale basato su uno scioglilingua greco e interpretato in base alle assonanze con il canto delle cicale. Le strade del performer – l’etichetta tradizionale di cantante, se mai ha avuto un senso, lo ha ormai perso quasi del tutto: Stratos è diventato un artista totale, che continua ad allargare la propria sfera d’indagine – si intrecciano più e più volte con quelle di John Cage; a giugno si trova ad Amsterdam, dove prende parte a Sunday, performance di dieci ore opera del compositore statunitense, e partecipa

a Il treno di John Cage, un happening musicale che ha luogo sulla linea ferroviaria che unisce Bologna a Porretta Terme nell’Appennino tosco-emiliano: si tratta di una vera e propria partitura per “treno

preparato”, aperta al pubblico, in cui Cage, assistito da Hidalgo e Marchetti, dirige i musicisti, impegnati a suonare all’interno delle carrozze del treno in movimento. Partecipa ancora, all’opera Louis Jouvet di Parigi, a una settimana di performance dedicate a Cage e a un suo concerto veneziano, ed è grazie all’interessamento del compositore che viene pianificato, per l’anno successivo, un corso presso il Centro di musica sperimentale dell’Università di San Diego, California. Ad agosto gli Area sono stati invece invitati a Cuba, in occasione dell’undicesimo Festival mondiale della gioventù. In quella occasione Stratos, su invito del ministro della Cultura, incontra una delegazione di

musicisti della Mongolia e partecipa a un dibattito sulla cultura vocale dell’Estremo Oriente. Il 1979 inizia con la consueta frenesia e, vista anche la difficoltà nel conciliare i crescenti impegni artistici con la carriera di cantante di un gruppo, è ormai ufficiale: Demetrio ha lasciato gli Area. A gennaio registra Le Milleuna, una pièce di un’ora su testo del poeta Nanni Balestrini che coinvolge, per la messa in scena, le coreografie della ballerina Valeria Magli: il testo si compone di cento parole, tutte con la “s” iniziale e un significato legato alla sfera sessuale (l’opera è stata realizzata su commissione del Teatro

Out Off, in occasione della rassegna “Sexpoetry”), declamate in ordine alfabetico, la “s” che le accomuna a creare una specie di bordone. Stratos le recita dieci volte, con crescente e poi calante intensità e ritmo,

fino alla pronuncia ripetuta della parola iniziale, la milleunesima per l’appunto. Ne segue un’apprezzata tournée teatrale, e la Cramps pubblica di lì a poco le registrazioni. A febbraio, l’ennesima trasferta parigina: il Nostro interpreta il ruolo di Antonin Artaud in una rassegna organizzata dall’associazione France Culture. I recital si moltiplicano (Recitarcantando, album Cramps registrato in un teatro di Cremona con l’accompagnamento di Lucio Fabbri al violino, uscirà l’anno

successivo), ma l’amore per la musica tout court non cessa, e viene celebrato, con l’aiuto di Paolo Tofani e Mauro Pagani (al cui primo disco solista, l’anno prima, ha prestato la voce in due pezzi) con Rock’n’Roll Exibition, uno spettacolo incentrato su grandi classici degli anni cinquanta come Hound Dog e Long Tall Sally: la registrazione di una prova dello spettacolo in occasione di una data milanese al Teatro di Porta Romana, con il pubblico presente, diventa l’ennesimo disco del catalogo Cramps. Sempre in quel periodo prende corpo la collaborazione con i Carnascialia, gruppo che hanno fondato Pasquale Minieri e Giorgio Vivaldi, entrambi transfughi dal Canzoniere del Lazio, con lo scopo di ampliare

ulteriormente un discorso di recupero delle radici mediterranee già sviluppato in seno al gruppo di origine. Sull’omonimo debutto della formazione, cui prendono parte anche Capiozzo e Tavolazzi, Stratos regala la propria voce a due brani, Fiocchi di neve e bruscolini e Kaitain (22 ottobre 1962). Continua, parallelamente, l’attività divulgativa sulle ricerche vocali, e in primavera Stratos tiene alcune lezioni presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Il 30 marzo è la volta di quella che sarà l’ultima apparizione in pubblico, un concerto da solo presso la Villa Reale di Monza, mentre in cantiere c’è una

collaborazione con il poeta Antonio Porta, tra i fondatori del Gruppo 63, un progetto che non vedrà mai la luce. Ad aprile, dopo un ricovero al Policlinico di Milano, gli viene infatti diagnosticata un’aplasia midollare, il cui tragico e repentino decorso coglie tutti impreparati. Viene organizzato un concerto per il 14 giugno, all’Arena civica di Milano, con lo scopo di raccogliere fondi per le costose cure di Demetrio, volato nel frattempo a New York a farsi curare presso il più attrezzato Memorial Hospital. Il 13 giugno, però, Stratos muore, e il concerto previsto per il giorno successivo si trasforma in una commossa celebrazione, alla quale prende parte un’estesa rappresentanza della scena musicale italiana, con un

centinaio di musicisti intervenuti (tra i quali gli Area, Francesco Guccini, Antonello Venditti, Francesco De Gregori, il Banco del Mutuo Soccorso, Angelo Branduardi, Eugenio Finardi, La Premiata Forneria Marconi, gli Skiantos, i Carnascialia, Claudio Rocchi) che si esibiscono di fronte a un pubblico di sessantamila persone.

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Per molti osservatori, si tratta della fine di un’epoca, una sorta di simbolico commiato dagli anni settanta,

la chiusura di un periodo di contraddizioni e violenza sociale, ma soprattutto di sincero idealismo,

curiosità ed entusiasmo, di discussioni socio-politiche avvenute anche all’interno della – e attraverso la – musica: identificazione per molti versi naturale, visto il carattere peculiare e inglobante del percorso di Stratos e la sua indubbiamente carismatica presenza. Al di là di questo aspetto, però, se è pur vero che in pochi, almeno in Italia, si sono avventurati lungo il sentiero più strettamente sperimentale-divulgativo-teorico aperto da Stratos, possiamo trovarne numerose tracce in luoghi, spazi e tempi molto distanti tra loro. Alcune di queste tracce hanno

oltrepassato i confini del nostro paese, germogliando soprattutto negli ambiti di confine tra rock e avanguardia: è il caso dell’americano Mike Patton, ex cantante dei Faith No More che ha da lungo tempo intrapreso una densa carriera di sperimentatore (in discografia un lavoro ostico come Pranzo oltranzista, ispirato a Filippo Tommaso Marinetti), il quale ha riconosciuto il proprio debito nei confronti delle ricerche di Stratos. Impossibile poi non citare la performer statunitense Diamanda Galás (in comune con Demetrio le origini greche), anch’essa esploratrice dei limiti espressivi della voce umana attraverso dense opere

trasversali dedicate a temi come l’Aids e il genocidio armeno. La Galás è fra gli artisti (gli altri sono la cantante Meredith Monk, il chitarrista Fred Frith e la cantante spagnola Fátima Miranda) che hanno ricevuto dal Premio internazionale Demetrio Stratos, istituito a Milano nel 2005, un riconoscimento alla carriera. Non si parla solamente di voce: tra i collezionisti di vinili di Stratos e degli Area c’è anche Thurston

Moore, leader della leggendaria band noise rock newyorchese Sonic Youth, da sempre dedito, attraverso progetti paralleli e la gestione della piccola etichetta Ecstatic Peace!, alle musiche di confine. Nell’ambito

della musica pop in Italia invece c’è chi, come Piero Pelù, ha eseguito una cover di Pugni chiusi, celebrando una fonte d’ispirazione evidente fin dai tempi dei Litfiba. E c’è chi, come John De Leo, prima con i Quintorigo e poi in solitaria, ha mostrato alcune (seppure la conoscenza risalga a una decina di anni fa) assonanze con le ricerche condotte da Stratos e con la sua carismatica presenza all’interno degli Area. Ancora, nel 2004, i riformati Picchio Dal Pozzo, storica formazione progressive genovese influenzata dalla scuola di Canterbury e dal Rock In Opposition, hanno dato alle stampe Pic_nic@Valdapozzo, un disco che

rielabora registrazioni della voce Stratos effettuate in occasione di una performance del 1978 avvenuta presso il teatro dell’Istituto provinciale per la protezione e l’assistenza dell’infanzia del capoluogo ligure. Per non limitarsi alle tracce musicali, c’è poi il regista Gabriele Salvatores, amico di Demetrio dai tempi in cui collaborava con il Teatro dell’Elfo a Milano, che ha manifestato l’intenzione di dirigere un film sulla sua storia. E ci sono ancora gli Afterhours di Manuel Agnelli, che hanno impersonato gli Area, eseguendo in concerto Gioia e rivoluzione nel film Lavorare con lentezza di Guido Chiesa, ambientato durante i caotici e

movimentati giorni del ’77 bolognese. E poi ci sono, naturalmente, le manifestazioni in suo onore. Quelle promosse da vecchi amici come Mauro

Pagani il quale, dopo aver rievocato quegli anni settanta nel romanzo semi-autobiografico Foto di gruppo con chitarrista(Rizzoli), ha dedicato l’edizione 2009 de “La città aromatica”, festival senese di cui è curatore, a Demetrio Stratos, in occasione del trentennale della scomparsa. Fondamentali anche il già citato Premio internazionale Demetrio Stratos, la cui giuria è presieduta dalla moglie, Daniela Ronconi Demetriou, e il Tributo a Demetrio Stratos organizzato dall’Associazione Metrodora di Genova nel 2004 e

nel 2009 con dibattiti, conferenze, performance e proiezioni. E le rassegne dedicate ai musicisti emergenti come “Omaggio a Demetrio Stratos”, concorso giunto alla tredicesima edizione che si svolge a Finale Emilia, in provincia di Modena, dedicato agli artisti sconosciuti e in particolar modo, si legge nel bando, “con lo spirito innovativo e al di fuori dei rigidi canoni del mercato”. Una specificazione che a Stratos sarebbe piaciuta.

Page 7: Appunti Biografici Stratos

Discografia

I Ribelli I Ribelli (Ricordi, 1968) Area Arbeit Macht Frei (Cramps, 1973)

Caution Radiation Area (Cramps, 1974) Crac! (Cramps, 1975) Are(a)zione (Cramps, 1975) live Maledetti (Cramps, 1976) Anto/logicamente (Cramps, 1977) antologia Gli dèi se ne vanno, gli arrabbiati restano (Ascolto/Cgd, 1978)

Event ’76 (Cramps, 1980) live Area ’70 (Cramps, 1980) antologia Concerto Teatro Uomo (Cramps, 1996) live Parigi-Lisbona (Cramps, 1997) live

Lavori solisti Daddy’s Dream / Since You’ve Been Gone (Numero Uno, 1972) singolo

Metrodora (Cramps, 1976) Cantare la voce (Cramps, 1978) O Tzitziras o Mitziras (Cramps, 1978) singolo Le Milleuna (Cramps, 1980) Concerto all’Elfo (Cramps, 1995) live Collaborazioni

Gaetano Liguori, Giulio Stocchi, Demetrio Stratos La Cantata rossa per Tall El Zaatar (Cramps, 1976) Demetrio Stratos, Lucio Fabbri Recitarcantando (Cramps, 1978) live Demetrio Stratos, Mauro Pagani, Paolo Tofani Rock’n’Roll Exibition (Cramps, 1979) live Partecipazioni Alberto Radius, Radius (Numero Uno, 1972): presente in To the Moon I’m Goinge Area

John Cage, Nova Musicha n. 1 (Cramps, 1974): presente in Sixty-Two Mesostics Re Merce Cunningham (Frammenti)

Aa.Vv., Futura: Poesia Sonora (Cramps, 1978): presente con la traccia O Tzitziras o Mitziras Mauro Pagani, Mauro Pagani (Ascolto/Cgd, 1978): presente ne L’albero di canto e L’albero di canto II Carnascialia, Carnascialia (Polygram, 1979): presente in Fiocchi di neve e bruscolini e Kaitain (22 ottobre 1962)