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Approfondimenti E. Guido La legislazione penale ISSN: 2421-552X 1 8.2.2018 COERCIZIONE REALE PREVENTIVA E DIRITTI UMANI di Elisabetta Guido (Assegnista di ricerca in Diritto processuale penale, Università degli studi di Verona) SOMMARIO: 1. Sequestro preventivo e diritti umani. – 2. I profili costituzionali. – 3. Segue: il principio di non colpevolezza. – 4. Le indicazioni convenzionali: legalità e proporzionalità. – 5. Le garanzie procedurali. – 6. Conclusioni. 1. Apparentemente, accostare il sequestro preventivo che, come noto, riguarda “cose” – pertinenti al reato (art. 321 co. 1 Cpp) e confiscabili (art. 321 co. 2 e 2-bis Cpp), rese indisponibili per fini del processo, cioè impedire il protrarsi di attività criminose o loro reiterazione, nell’un caso, assicurare l’esecuzione del provvedimento ablatorio, nell’altro 1 – ai diritti umani, intesi quali diritti e libertà della “persona”, potrebbe apparire un’operazione ossimorica. Significativo rilevare, invece, che la proprietà privata, immediato diritto a essere sacrificato da un provvedimento di sequestro, trova piena consacrazione per l’appunto nelle prime dichiarazioni sui diritti umani 2 . A livello regionale, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali 3 – atto internazionale che per primo attua i diritti umani con previsioni vincolanti per gli Stati aderenti 4 – riconosce all’art. 1 Prot. add. il diritto di ogni persona 1 Trattasi di esigenze cautelari messe in luce nella Relazione al progetto preliminare Cpp, in GU 24.10.1988 n. 250, 80; E. Amodio, Dal sequestro in funzione probatoria al sequestro preventivo: nuove dimensioni della «coercizione reale» nella prassi e nella giurisprudenza, in CP 1982, 1073, evidenziò, nel periodo in cui la prassi applicava il sequestro penale in funzione preventiva (sulla scorta degli artt. 337 e 219 Cpp abr.), come finalità preventive non fossero estranee ai compiti istituzionali del processo, preordinato sì a garantire le libertà individuali nell’accertamento del fatto di reato ma anche a neutralizzare situazioni di rischio per i beni tutelati dalle fattispecie incriminatrici che in itinere si manifestino. 2 Di assoluta importanza, per la svolta segnata nella protezione internazionale dei diritti umani, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, proclamata a Parigi il 10.12.1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni unite, che all’art. 17 riconosce il diritto di ogni individuo ad avere una proprietà e a non esserne arbitrariamente privato. Per una ricognizione in materia, interessante la lettura di W.A. Schabas, The european convention on human rights. A commentary, Oxford 2015, 958 ss. Sottolinea come sia aspetto prevalente delle “dichiarazioni dei diritti” quello di enunciare la proprietà in termini di estraneità alla materia e non ingerenza dello Stato, P. Rescigno, Proprietà (dir. priv.), in ED, XXXVII, 1988, 255. 3 Adottata a Roma il 4.11.1950 e resa esecutiva con l. 4.9.1955 n. 848, entrò per l’Italia in vigore il 26.10.1955; tra i primi studi circa la sua rilevanza sul sistema processuale penale, v., tra gli altri, M. Chiavario, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel sistema delle fonti normative in materia penale, Milano 1969. 4 Sulla scorta dell’art. 117 co. 1 Cost., che subordina l’esercizio della potestà legislativa di Stato e Regioni al rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, la Corte costituzionale – con le sentenze c.d. “gemelle” (C. cost., 24.10.2007 n. 348, in GCost 2008, 3475 e C. cost., 24.10.2007 n. 349, ivi, 3535) – ha elevato le disposizioni convenzionali, nel significato loro attribuito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, a parametri “interposti” nel giudizio di legittimità costituzionale della legge ordinaria che il giudice comune – fermo il compito di diretta applicazione delle disposizioni convenzionali

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Lalegislazionepenale ISSN:2421-552X1 8.2.2018

COERCIZIONE REALE PREVENTIVA E DIRITTI UMANI

di Elisabetta Guido (Assegnista di ricerca in Diritto processuale penale, Università degli studi di Verona)

SOMMARIO: 1. Sequestro preventivo e diritti umani. – 2. I profili costituzionali. – 3. Segue: il principio

di non colpevolezza. – 4. Le indicazioni convenzionali: legalità e proporzionalità. – 5. Le garanzie procedurali. – 6. Conclusioni. 1. Apparentemente, accostare il sequestro preventivo che, come noto, riguarda

“cose” – pertinenti al reato (art. 321 co. 1 Cpp) e confiscabili (art. 321 co. 2 e 2-bis Cpp), rese indisponibili per fini del processo, cioè impedire il protrarsi di attività criminose o loro reiterazione, nell’un caso, assicurare l’esecuzione del provvedimento ablatorio, nell’altro1 – ai diritti umani, intesi quali diritti e libertà della “persona”, potrebbe apparire un’operazione ossimorica. Significativo rilevare, invece, che la proprietà privata, immediato diritto a essere sacrificato da un provvedimento di sequestro, trova piena consacrazione per l’appunto nelle prime dichiarazioni sui diritti umani2. A livello regionale, la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali3 – atto internazionale che per primo attua i diritti umani con previsioni vincolanti per gli Stati aderenti4 – riconosce all’art. 1 Prot. add. il diritto di ogni persona

1 Trattasi di esigenze cautelari messe in luce nella Relazione al progetto preliminare Cpp, in GU 24.10.1988 n. 250, 80; E. Amodio, Dal sequestro in funzione probatoria al sequestro preventivo: nuove dimensioni della «coercizione reale» nella prassi e nella giurisprudenza, in CP 1982, 1073, evidenziò, nel periodo in cui la prassi applicava il sequestro penale in funzione preventiva (sulla scorta degli artt. 337 e 219 Cpp abr.), come finalità preventive non fossero estranee ai compiti istituzionali del processo, preordinato sì a garantire le libertà individuali nell’accertamento del fatto di reato ma anche a neutralizzare situazioni di rischio per i beni tutelati dalle fattispecie incriminatrici che in itinere si manifestino. 2 Di assoluta importanza, per la svolta segnata nella protezione internazionale dei diritti umani, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, proclamata a Parigi il 10.12.1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni unite, che all’art. 17 riconosce il diritto di ogni individuo ad avere una proprietà e a non esserne arbitrariamente privato. Per una ricognizione in materia, interessante la lettura di W.A. Schabas, The european convention on human rights. A commentary, Oxford 2015, 958 ss. Sottolinea come sia aspetto prevalente delle “dichiarazioni dei diritti” quello di enunciare la proprietà in termini di estraneità alla materia e non ingerenza dello Stato, P. Rescigno, Proprietà (dir. priv.), in ED, XXXVII, 1988, 255. 3 Adottata a Roma il 4.11.1950 e resa esecutiva con l. 4.9.1955 n. 848, entrò per l’Italia in vigore il 26.10.1955; tra i primi studi circa la sua rilevanza sul sistema processuale penale, v., tra gli altri, M. Chiavario, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel sistema delle fonti normative in materia penale, Milano 1969. 4 Sulla scorta dell’art. 117 co. 1 Cost., che subordina l’esercizio della potestà legislativa di Stato e Regioni al rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, la Corte costituzionale – con le sentenze c.d. “gemelle” (C. cost., 24.10.2007 n. 348, in GCost 2008, 3475 e C. cost., 24.10.2007 n. 349, ivi, 3535) – ha elevato le disposizioni convenzionali, nel significato loro attribuito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, a parametri “interposti” nel giudizio di legittimità costituzionale della legge ordinaria che il giudice comune – fermo il compito di diretta applicazione delle disposizioni convenzionali

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fisica o giuridica «al rispetto dei propri beni»5 ed enunciazione corrispondente offre, all’art. 17, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea6 , che in generale riproduce a livello eurounitario le garanzie convenzionali7.

È questa, del resto, un’impostazione che si è affermata anche nell’ordinamento interno; concepita dalla Costituzione quale diritto economico, garantito se e in quanto adempia ad una funzione sociale (art. 42 Cost.) 8 , secondo una giurisprudenza – minoritaria per quanto promettente – la proprietà assurge a dignità di diritto fondamentale: in virtù dell’art. 2 Cost., inteso come clausola aperta a libertà e valori altri rispetto ai «diritti inviolabili» costituzionalmente definiti tali, e alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo9.

Torneremo più avanti sui contenuti della produzione di quest’ultimo giudice e circa l’influenza che essa esercita sul piano domestico, dovendo ora evidenziare come, al di là del diritto reale preso finora in considerazione, l’effetto limitativo prodotto dal sequestro preventivo involga altre libertà proprie della persona, benché diverse da quella fisica, costituzionalmente riconosciute e sancite nelle carte dei diritti più sopra

medesime (v. F. Viganò, L’impatto della Cedu e dei suoi protocolli sul sistema penale italiano, in Corte di Strasburgo e giustizia penale, a cura di G. Ubertis e F. Viganò, Torino 2016, 26) è tenuto a promuovere ove fallisca il tentativo di interpretazione conforme della normativa nazionale alla Convenzione, a patto che non siano contrastanti con i principi costituzionali. Con le successive pronunce si è cercato di limitare la proliferazione delle questioni di legittimità costituzionale, facendo leva sul «margine di apprezzamento» nazionale – con cui la Consulta si riserva di «valutare come ed in qual misura il prodotto dell’interpretazione della Corte europea si inserisca nell’ordinamento costituzionale italiano» (C. cost., 4.12.2009 n. 317, in GCost. 2009, 4747; v. anche C. cost., 26.11.2009 n. 311, in RDInt 2010, 163) – e circoscrivendo il vincolo di adeguamento alla giurisprudenza di Strasburgo nei soli casi di “sentenze pilota” o di “giurisprudenza consolidata” (C. cost., 26.3.2015 n. 49, in GCost 2015, 391). 5 Si è fatto notare che il diritto di proprietà fu annoverato tra i diritti convenzionali solo con un documento successivo, il primo protocollo appunto firmato a Parigi il 20.3.1952, in ragione della sua eterogeneità rispetto al catalogo di base – costituito dai cosiddetti diritti “di prima generazione”, cioè i diritti civili e politici, rappresentando quelli sociali, nello sviluppo progressivo della tutela internazionale dei diritti umani, diritti “di seconda generazione”: per tale classificazione, v. L. Pineschi, Diritti umani (protezione internazionale dei), in ED, Annali V 2012, 561. 6 Proclamata dal Consiglio europeo di Nizza il 7.12.2000 (da qui, il nome Carta di Nizza), attraverso il Trattato di Lisbona del 13.12.2007, assume lo stesso valore giuridico delle disposizioni dei Trattati istitutivi (art. 6 § 1 TrUE e Dichiarazione n. 1 allegata all’Atto finale della Conferenza intergovernativa che ha adottato il Trattato di Lisbona); sul rapporto tra la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e i suoi protocolli, da un lato, e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dall’altro, v. F. VIGANÒ, L’impatto della Cedu e dei suoi protocolli, cit., 31. 7 Qui, la proprietà figura espressamente nel capitolo dedicato alle «Libertà», cioè ai diritti fondamentali di natura personale. Circa l’equivalenza, di spirito e di contenuto, della previsione europea e dell’art. 1 Prot. add. Cedu, v. A. Zoppolato e A. Riello Pera, Il diritto di proprietà e i suoi limiti, in I diritti fondamentali nell’Unione europea. La Carta di Nizza dopo il Trattato di Lisbona, a cura di P. Gianniti, Bologna 2013, 1072. 8 Per gli opportuni approfondimenti, si rinvia a M. Giampieretti, sub art. 42, in Bartole-Bin, Commentario breve alla Costituzione, Padova 2008, 430 ss.; v. anche S. Rodotà, sub art. 42, in Commentario della Costituzione. Rapporti economici, a cura di G. Branca, II, Bologna-Roma 1982, 69 ss. 9 Trattasi di esegesi che ha consentito la risarcibilità del danno non patrimoniale, ex art. 2059 Cc, da lesione del diritto di proprietà; così, T. Firenze, 21.1.2011 e T. Palermo, 18.6.2010.

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richiamate: le libertà di pensiero o di espressione (art. 21 Cost., art. 10 Cedu e art. 11 CdfUE), di comunicazione (art. 15 Cost.), di domicilio (art. 14 Cost., art. 8 Cedu, art. 7 CdfUE), d’iniziativa economica (art. 41 Cost. e art. 16 CdfUE). È quest’ultima – che, per inciso, diversamente dalla nostra Costituzione la Carta europea annovera tra i diritti fondamentali della persona 10 – a proiettare l’istituto in esame in posizione di preminente centralità: basta ricordarne l’habitat e i suoi sviluppi. Difatti le prime forme di sequestro con finalità preventiva compaiono nella legislazione speciale – accanto alle ipotesi previste in funzione strumentale rispetto al provvedimento di confisca di cui all’art. 240 Cp – allo scopo precipuo di tutelare beni collettivi messi in pericolo dall’attività d’impresa11; si tratta, più in generale, dell’aspetto inibitorio del sequestro, teso ad arginare il rischio di protrazione dell’illecito, poi disciplinato nell’art. 321 co. 1 Cpp12.

Passando agli sviluppi, non può negarsi la rilevanza assunta dalla misura in discorso nel contrasto alla c.d. criminalità economica in quanto strumento che anticipa la confisca (art. 321 co. 2 e 2-bis Cpp)13, così garantendo la possibilità di aggredire ricchezze illecitamente accumulate una volta giunti all’accertamento del fatto di reato14. Né può essere sottaciuta l’importanza che ha acquisito nell’ambito più specifico della “criminalità d’impresa”: l’art. 53 d. lgs. 8.6.2001 n. 231 consente, infatti, di disporre nei confronti dell’ente il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del prezzo o del profitto del reato o per equivalente15. 10 Così, M. Zincani e G. Santarelli, Libertà d’impresa e protezione dei consumatori, in I diritti fondamentali nell’Unione europea, cit., 1199; a livello domestico, trattasi di libertà che rientra tra quelli che vanno a formare la cosiddetta “Costituzione economica”. 11 Per una ricostruzione storica del sequestro penale usato, non per esigenze probatorie bensì preventive (v. la normativa in materia di frodi alimentari e, in generale, a tutela del consumatore) o di anticipazione della confisca (v. il sequestro di armi, di film, etc.), v. P. Balducci, Il sequestro preventivo nel processo penale, Milano 1991, 42 ss. 12 Fattispecie cui l’autorità giudiziaria è ricorsa nella nota vicenda Ilva S.p.a. proprio al fine di arginare i gravi effetti per la salute e la sicurezza dei lavoratori e per l’ambiente provocati dagli scarichi inquinanti degli impianti siderurgici tarantini. L’incidenza della misura su altri valori parimenti fondamentali, quali l’occupazione e la produzione, ha portato il legislatore a intervenire con un provvedimento (d.l. 3.12.2012 n. 207, conv. con modificazioni in l. 24.12.2012 n. 231 – Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell’ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, su cui v. L. Milani, Legge-provvedimento o normativa generale con applicazione ad hoc?, in LP 2013, 143 ss.) che ha introdotto, in caso di «stabilimento di interesse strategico nazionale», la figura del sequestro preventivo con facoltà d’uso controllato dei beni dell’impresa sottoposti a sequestro (appunto per consentire la prosecuzione dell’attività produttiva), dando così vita a un “terzo modello” di sequestro preventivo impeditivo, come sostiene P. Tonini, Il caso ILVA induce a ripensare le finalità e gli effetti del sequestro preventivo, in DPP 2014, 1158 s. 13 Entrambi i commi rimandano a ipotesi di beni confiscabili in base all’art. 240 Cp e ad altre leggi speciali (ove sono contemplate ablazioni sia facoltative che obbligatorie), con la differenza che solo se si procede per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (capo I del titolo II del libro II del codice penale) la cautela reale è obbligatoria (co. 2-bis). 14 Sul tema, v. F. Vergine, Il contrasto all’illegalità economica, Padova 2012. 15 Sull’istituto cfr., ex multis, G. Varraso, Le misure cautelari, in Diritto penale delle società. Accertamento delle responsabilità individuali e processo alla persona giuridica, a cura di G. Canzio, L.D. Cerqua e L. Lupària, Padova 2016, 1062 ss.; A. Bernasconi, Confisca e sequestro preventivo: vecchi arnesi interpretativi e nuove frontiere di legalità, in Riv231 2011 (3), 205; A. Presutti, Certezze e dissidi

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Questa trilogia di sequestri – differenti quanto a soggetti, oggetto e finalità – presenta tuttavia un tratto caratteristico comune: quando a essere sottoposto a vincolo di indisponibilità sia un bene afferente all’impresa – impianti industriali quali cose pertinenti al reato (art. 321 co. 1 Cpp) o il vantaggio economico tratto dal reato quale profitto confiscabile (ex art. 321 co. 2 e 2-bis Cpp per la persona fisica ed ex art. 53 d. lgs 231/2001 per la persona giuridica) è la vita stessa dell’azienda a essere compromessa, provocando – rispettivamente – la sospensione delle attività produttive e l’“immobilizzazione” di risorse economiche conseguenze negative su indotto e occupazione.

Chiarito dunque che i diritti colpiti dal sequestro preventivo trascendono la portata economica per rientrare invece nello ius humanum, va da sé che essi possano subire restrizioni, se giustificate dalla necessità di prevenire e/o reprimere reati, fine quest’ultimo protetto a livello costituzionale 16 e sovranazionale. L’emergenza securitaria, in particolare, scaturita da quelle che sono state definite “crisi” 17 – finanziaria, terroristica, migratoria – ha difatti condotto l’Europa a intraprendere una serie d’iniziative legislative volte a estendere il raggio di applicazione della confisca dei proventi e degli strumenti di reato e, in via anticipatoria, del sequestro18.

Ecco allora che il tema della presente indagine si profila incuneato nel delicato bilanciamento, connaturale a tutto il processo penale, tra esigenze repressive e di difesa sociale e tutela dei diritti fondamentali. Obiettivo tutt’altro che agevole, eppure imprescindibile in una democrazia, realizzabile prendendo le mosse da un monito autorevolmente lanciato già molti anni fa: fermo che il sequestro preventivo serve a garantire il raggiungimento delle finalità del processo, occorre tuttavia circondarlo «delle garanzie di difesa e di controllo che lo rendano incapace di trasformarsi in una anticipata espropriazione di beni e di diritti individuali»19.

È questa la verifica che ci si propone di compiere, utilizzando una prospettiva d’analisi “moderna”, che tiene conto delle relazioni tra ordinamenti, interno e sovranazionale; mercé il processo di integrazione costituzionale europea esiste oggi una interazione tra diverse istanze giurisdizionali davanti a cui è possibile far valere la tutela dei diritti fondamentali, tutela perciò definita “multilivello”20. interpretativi in tema di sequestro preventivo applicabile all’ente, ivi 2009 (3), 181. 16 Obbligo, quest’ultimo, dotato di copertura costituzionale, come espressamente riconosciuto da Corte cost., 6.4.1973 n. 34, in GCost 1973, 316. 17 V. M. Delmas-Marty, L’intégration europeenne entre pluralisme, souverainisme et universalisme, in I controlimiti. Primato delle norme europee e difesa dei principi costituzionali, a cura di A. Bernardi, Napoli 2017, 172 ss. e in www.penalecontemporaneo.it, 4.7.2016. 18 Si veda in particolare la dir. 2014/42/UE, relativa al congelamento e alla confisca di beni strumentali e dei proventi da reato fra gli Stati dell’Unione europea. Per i relativi commenti, v. A.M. Maugeri, La direttiva 2014/42/UE relativa alla confisca degli strumenti e dei proventi da reato nell’Unione europea tra garanzie ed efficienza: un “work in progress”, in DPenCont 2015 (1), 300 ss.; A. Marandola, Congelamento e confisca di beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea: la “nuova” direttiva 2014/42/UE, in www.archiviopenale.it, 2016 (1), 79 ss. e Ead., Considerazioni minime sulla Dir. 2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato fra gli Stati dell’UE, in DPP 2016, 121 ss. 19 In questi termini, E. Amodio, Dal sequestro in funzione probatoria al sequestro preventivo, cit., 1084. 20 A. Cardone, voce Diritti fondamentali (tutela multilivello), in ED, Annali IV 2011, 336, ritiene che con

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Nello specifico, il rapporto con gli ordinamenti sovranazionali richiederà di guardare anzitutto al sistema di garanzie predisposto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e alla giurisprudenza del suo giudice, appunto la Corte europea dei diritti dell’uomo (art. 19)21, che della Convenzione costituisce parte integrante22. Utile, in particolare, sarà il richiamo ai principi di diritto espressi in tema di confisca e sequestro – misure considerate in via pretoria quali “interferenze” nel diritto al rispetto dei propri beni – poiché rappresentativi di uno standard minimo comune di tutela dei diritti fondamentali all’interno dello spazio giuridico europeo. Applicazione diretta delle norme della Convenzione europea dei diritti umani e dei relativi protocolli, nell’estensione loro attribuita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, e obbligo di interpretazione convenzionalmente conforme della legislazione nazionale, incombenti sul giudice comune, rendono “viva” la questione della compatibilità della disciplina interna del sequestro preventivo con gli obblighi che da quel trattato discendono.

L’itinerario da seguire nell’adempiere tale verifica incontra però qualche difficoltà: una volta individuate le garanzie europee in materia, occorrerà valutare se il loro rispetto prescinda dalla differente tipologia di sequestro preventivo esistente nel nostro ordinamento o se invece tale diversità imponga una difforme articolazione delle stesse. In altre parole, il problema diviene quello di analizzare se quel corredo garantistico debba essere calibrato, cioè adattato all’oggetto in sequestro – cosa pertinente al reato o res confiscabile – e alla specifica finalità perseguita: che cambia, ove il vincolo sia finalizzato alla confisca, a seconda del tipo di ablazione prevista23. Oppure, se vada esteso a tutti i tipi di cautela preventiva, valorizzando l’effetto lesivo di diritti fondamentali, e allora sarebbe da appurare quale disciplina si profila carente – e come andrebbe adeguata – e quale invece già soddisfa le pretese sovranazionali.

l’espressione “tutela multilivello dei diritti” s’intenda designare «il complesso di istituti, tanto di origine normativa che giurisprudenziale, attraverso cui si articolano le competenze e le relazioni tra le varie istanze giurisdizionali degli ordinamenti nazionali e sovranazionali (quindi dell’Unione europea e internazionale) davanti a cui è possibile far valere la tutela dei diritti fondamentali». 21 Rappresenta un sistema di garanzia di assoluta centralità nella prospettiva di tutela multilevel dei diritti, poiché rappresenta l’unico caso in cui a un catalogo internazionale di diritti corrisponde un giudice davanti al quale essi possono essere fatti valere. Circa il funzionamento della Corte v. G. Ubertis, La tutela dei diritti dell’uomo davanti alla Corte di Strasburgo, in Corte di Strasburgo e giustizia penale, cit., 5 ss. e A. Gardino Carli, Stati e Corte europea di Strasburgo nel sistema di protezione dei diritti dell’uomo, Milano 2005. 22 Con la sottoscrizione e la ratifica della Convenzione europea dei diritti umani, l’Italia ha assunto l’obbligo di adeguare la propria legislazione alle norme del trattato, nel significato a esse attribuito dalla Corte, appositamente istituita per l’interpretazione e l’applicazione delle stesse. 23 Come già emerso, la confisca-misura di sicurezza patrimoniale (art. 240 Cp), di regola facoltativa, mira a neutralizzare la pericolosità derivante dalla disponibilità delle cose variamente connesse al reato in quanto potenzialmente utilizzabili per la commissione di ulteriori reati; la confisca obbligatoria, nelle varie ipotesi disseminate tanto nel codice penale quanto nella legislazione speciale, è invece diretta a sottrarre al reo il prezzo o profitto del reato – quindi i guadagni illeciti, secondo una logica sostanzialmente sanzionatoria tesa a impedire che il “delitto paghi” – o beni per un valore a essi corrispondente: qui, viene il rilievo l’esigenza precauzionale di evitare la dispersione dell’oggetto della futura confisca.

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Del resto, proprio la rilevata frammentarietà della materia e l’indeterminatezza delle regole previste hanno sollevato tutta una serie di problematiche tale che ricostruire la cornice valoriale entro cui inscrivere l’azione cautelare in esame si profila indispensabile punto di partenza per sondare la correttezza delle soluzioni normative escogitate e, nello stesso tempo, un valido ausilio per ipotizzarne di alternative, se quelle esistenti dovessero risultare insoddisfacenti. Nel mirino della prassi sono difatti entrate numerose questioni, che hanno interessato sia l’aspetto sostanziale dei presupposti applicativi del fumus commissi delicti e del periculum in mora24, sia il profilo più propriamente processuale: più nel dettaglio, il contenuto dell’obbligo motivazionale da osservare nel disporre un provvedimento di sequestro25, l’an e il quomodo dei controlli esperibili 26 , la gestione e amministrazione dei beni resi indisponibili27, la tutela dei terzi28.

Certamente, anche la relazione con l’ordinamento dell’Unione europea andrà tenuta in considerazione; in particolare, diventa qui importante evidenziare che la 24 La cui disciplina si rileva piuttosto generica: con riguardo al fumus mancano parametri normativi (v., al riguardo, P. Gualtieri, Il sequestro preventivo tra carenze normative e (dis)orientamenti giurisprudenziali, in DPP 2017, 146 ss.; A. Scalfati, L’ombra inquisitoria sul sequestro preventivo in funzione di confisca, in PPG 2016 (3), 3 s.; G. Caneschi, La valutazione della gravità indiziaria per l’adozione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, in DPenCont 2015 (3), 55 ss.; F. Porcu, Variazioni cromatiche del fumus commissi delicti nel sequestro preventivo, in DPP 2014, 1343 ss. e M. Ceresa-Gastaldo, Garanzie insufficienti nella disciplina del sequestro preventivo, in CP 2010, 4439 ss.) e quanto al periculum, si è segnalato che già lo stesso riferimento alle «cose pertinenti al reato» diluisce il legame di diretta strumentalità tra fatto illecito e oggetto del sequestro e, inoltre, che la genericità insita nel pericolo «di aggravare o protrarre le conseguenze del reato» (art. 321 co. 1 Cpp), ha consentito interpretazioni estensive (per tali puntualizzazioni, A. Scalfati, Il sequestro preventivo: temperamento autoritario con aspirazioni al «tipo» cautelare, in DPP 2012, 534). Addirittura, nel caso di sequestro di cose confiscabili, l’accertamento sul pericolo cautelare sparisce, essendo in re ipsa, cioè nella stessa possibilità di adottare la misura ablativa: ciò che ne denota «la marcata fisionomia autoritaria» (in questi termini, A. Scalfati, L’ombra inquisitoria sul sequestro preventivo, cit., 5.) 25 Non precisato, diversamente da quanto previsto per l’ordinanza dispositiva di misure cautelari personali, il cui modello di motivazione è analiticamente descritto nell’art. 292 co. 2 Cpp e il cui rispetto è sancito «a pena di nullità rilevabile d’ufficio». Da qui, l’ammissione – nella prassi – di motivazioni per relationem: v. P. Gualtieri, Il sequestro preventivo tra carenze normative e (dis)orientamenti giurisprudenziali, cit., 149 s. 26 Il riferimento è in particolare alla proposizione del ricorso per cassazione contro le ordinanze di sequestro che l’art. 325 co. 1 Cpp limita ai soli casi di «violazione di legge», con esclusione quindi delle doglianze su logicità e contraddittorietà della motivazione o relative a omissioni valutative o travisamenti delle risultanze probatorie (v., per il richiamo a tale filone interpretativo, L. Milani, sub art. 325 Cpp, in Commentario breve al Cpp Conso Illuminati2, Padova 2015, 1430). 27 Nello specifico si è evidenziato (v. L. Milani, Proporzionalità, adeguatezza e gradualità come presupposti applicativi del sequestro preventivo, in CP 2012, 4176 ss.) come sollevi qualche problematica, per l’insufficienza della relativa disciplina, l’istituto dell’amministrazione giudiziaria nell’ipotesi di sequestro di aziende, società o beni (art. 104-bis NAttCpp). Per la giurisprudenza formatasi sull’istituto v., F. Ponzetta, sub art. 321 Cpp, in Commentario breve al Cpp Conso Illuminati, Padova 2017, 1674. 28 Poiché estranei al reato, il loro patrimonio è di regola insuscettibile di confisca (e di preventivo sequestro), in forza dell’art. 240 co. 3 e 4 Cp; la giurisprudenza è comunque intervenuta al riguardo, precisando che la confisca non si applica ai beni appartenenti a soggetti estranei alla commissione del reato, purché ne sia stata accertata la buona fede; cfr., Cass. 24.10.2008 n. 42741, in GI 2009, 2276; v., analogamente, Cass. 29.9. 2009 n. 42178, in GP 2010, II, 55.

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Carta dei diritti fondamentali dell’Unione – in buona sostanza riproduttiva, come già annotato, dei diritti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – costituisce diritto primario (art. 6 § 3 TrUE) ed è perciò direttamente applicabile dal giudice nazionale (tenuto finanche alla disapplicazione delle norme interne contrastanti), nell’attuazione del diritto dell’Unione (art. 51 § 1 CdfUE)29; nessun dubbio che la materia del sequestro e della confisca sia di quelle “interessate” da obblighi derivanti dal diritto eurounitario30. L’esigenza di colpire il profitto economico, dimostratosi il volano per la criminalità organizzata transfrontaliera, ha difatti portato l’Unione a intervenire nell’ambito della cooperazione giudiziaria con una serie di atti – relativi appunto al sequestro e alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato31 – poi sfociati nell’adozione della dir. 2014/42/UE contenente, con riguardo a detti istituti, “nome minime” per gli Stati membri32.

Tuttavia, stante la regolamentazione dei rapporti tra la Convenzione dei diritti dell’uomo e la Carta europea – per cui nella corrispondenza dei diritti tutelati è al livello di protezione pattizia che occorre fare riferimento (art. 52 § 3 CdfUE) – si soprassederà in questa sede sul contesto eurounitario, circoscrivendo l’indagine all’ambito della “grande Europa”.

Un’ultima avvertenza, nel metodo. La stratificazione di differenti livelli di tutela dei diritti fondamentali si regola secondo la prospettiva della massima espansione delle garanzie, nel senso che l’adeguamento allo standard europeo di protezione riguardo a un determinato diritto primario non può consentire una tutela inferiore a quella assicurata sul piano domestico; espansione, a voler puntualizzare, ritenuta attuabile dal nostro giudice delle leggi «anche attraverso lo sviluppo delle potenzialità insite nelle norme costituzionali», se concernenti diritti speculari a quelli riconosciuti a livello sovranazionale33.

Se questa è la password di accesso al sistema integrato di tutela dei diritti fondamentali, diviene allora preliminare ricostruire le garanzie predisposte dalla fonte interna, prima e suprema: la Costituzione.

29 Per effetto del Trattato di Lisbona, le norme della Carta europea hanno difatti lo stesso valore giuridico dei Trattati istitutivi dell’Unione e sono vincolanti per i giudici nazionali; partendo da questa premessa, la Corte di cassazione ha affermato la sua diretta applicazione, nello specifico dell’art. 50 relativo al divieto di bis in idem, negando così l’estradizione di un condannato, giudicato in via definitiva in Germania e residente in Italia, richiesta dalla Turchia al fine di sottoporlo, ivi, a procedimento penale per i medesimi fatti (v. Cass. 15.11.2016 n. 54467, in www.penalecontemporaneo.it, 7.4.2017, con nota di I. Gittardi, La miccia è accesa: la Corte di cassazione fa diretta applicazione dei principi della Carta di Nizza in materia di ne bis in idem). 30 Importante ricordare che la Corte di Giustizia dell’Unione europea offre della formula “nell’attuazione del diritto UE”, delimitativa dell’ambito di applicazione della Carta di Nizza, una interpretazione estensiva, che comprende – oltre alle materie che rientrano nell’ambito di applicazione dell’Unione – ogni normativa nazionale volta anche solo a incidere su ambiti regolati dalle fonti eurounitarie: v. C.G.UE, 26.2.2013, Åkerberg Fransson. 31 Tra questi, è bene ricordare la DQ 2005/212/GAI del Consiglio dell’Unione europea. 32 V. supra, nota 18. 33 Principio espresso da C. cost., 4.12.2009 n. 317, cit., nel giudizio di legittimità dell’art. 175 co. 2 Cpp (nella versione precedente alla modifica avvenuta con l. 28.4.2014 n. 67), per contrasto con gli artt. 24, 111 co. 1 e 117 co. 1 Cost.

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2. Che la coercizione reale preventiva, per il suo impatto su diritti individuali,

avesse implicazioni costituzionali lo si era percepito già prima dell’inserimento della relativa disciplina nel codice di procedura penale vigente. Tant’è che il sequestro preventivo fu attratto nella categoria della “cautelarità” 34 in ragione della sua carica afflittiva, paragonabile a quella che scaturisce dalle cautele personali, rispetto alle quali fu appunto istituito un parallelismo, tradottosi nella tendenziale riproduzione – per le misure cautelari reali – delle garanzie per quelle concepite. Non a caso, l’analisi dell’aspetto costituzionale della materia dei sequestri solitamente muove dai principi che governano le restrizioni della libertà personale35. Del resto, è rispetto a esse che la Costituzione delinea un preciso modello di riferimento, i cui pilastri fondamentali sono rappresentati dalla riserva sia di legge sia di giurisdizione, in virtù delle quali le limitazioni al bene «inviolabile» della libertà personale sono consentite nei soli «casi e modi» stabiliti dalla legge e con atto motivato dell’autorità giudiziaria (art. 13 co. 2 Cost.).

Non v’è dubbio che la compressione ratione cautelae concernente “cose” sia coperta dalla riserva di giurisdizione: sorregge tale conclusione l’inequivocabile scelta sistematica operata con la nuova codificazione, e cioè l’affidamento al giudice del potere di disporre, in relazione a specifiche esigenze cautelari, misure reali36. Quanto alla riserva di legge, è noto che tale garanzia impegna il legislatore al rispetto del principio di tassatività, cioè alla previsione puntuale dell’an e del quomodo del potere restrittivo della libertà personale. Il problema da risolvere è, dunque, se tale prescrizione debba riguardare anche le restrizioni alla libertà patrimoniale. Orbene, il riferimento delle garanzie racchiuse nell’art. 13 Cost. alle sole limitazioni che violano l’habeas corpus 37 , porterebbe a propendere per la soluzione negativa. Tant’è che tradotto sul piano dell’espropriazione preventiva della res, il precetto costituzionale in oggetto ha assunto i seguenti significati: inammissibilità delle forme atipiche di sequestro38 e divieto di sequestrare per equivalente là dove il titolo di reato non lo consenta39.

34 Ritenuta per M. Chiavario, Una “carta di libertà” espressione di impegno civile: con qualche sgualcitura (e qualche…patinatura di troppo), in Commento Chiavario, III, Torino 1990, 5, unificante del libro IV del nuovo codice, «assunta in un’accezione comprensiva del riferimento anche ai rapporti con la tutela di beni materiali». 35 Si veda a questo proposito il lavoro di M. Montagna, I sequestri nel sistema delle cautele penali, Padova 2006, 19 ss. 36 V., V. Grevi, Misure cautelari, in Compendio di procedura penale8, a cura di G. Conso, V. Grevi e M. Bargis, Padova 2016, 451. 37 Da intendersi, secondo quanto affermato da C. cost., 27.3.1962 n. 30, non soltanto «in rapporto alla coercizione fisica della persona, ma anche alla menomazione della libertà morale quando tale menomazione implichi un assoggettamento totale della persona all’altrui potere». 38 In relazione ai tentativi di ammettere il sequestro preventivo condizionato, nel senso cioè di subordinare l’efficacia della misura reale all’inadempimento delle prescrizioni imposte dal giudice: figura, questa, ritenuta contrastante con il principio di legalità. V., in proposito, N. Ventura, Sequestro preventivo, in DigDPen, Agg. II 2004, 752 e P. Gualtieri, Rapporti tra sequestro preventivo e confisca, in La giustizia patrimoniale penale, a cura di A. Bargi e A. Cisterna, Torino 2011, 661. 39 Per sequestrare beni nella disponibilità del reo, di valore equivalente rispetto al prezzo o al profitto

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Ne discende che non sarebbe sindacabile sotto il profilo dell’art. 13 co. 2 Cost. – semmai rilevando altri parametri costituzionali (art. 27 co. 2 e art. 117 Cost.)40 – l’art. 321 Cpp quanto alla formulazione lacunosa del fumus commissi delicti. Noncuranza che ha aperto alla discrezionalità giudiziale le porte circa i contenuti del giudizio di probabilità (sul verificarsi futuro della situazione oggi da tutelare) necessario a ogni valutazione cautelare, anche reale 41 . Ne è derivato un panorama composito di soluzioni, in cui la consistenza indiziaria ai fini dell’applicazione del sequestro preventivo si è ravvisata, ora nell’astratta configurabilità dell’ipotesi di reato a carico del suo presunto autore 42 , ora nell’accertamento in concreto della sussistenza dell’illecito configurato dall’accusa43, ora ancora nel vaglio di “serietà degli indizi”44. Con la conseguenza che la giurisprudenza non si è spinta fino al punto di estendere alla coercizione reale i «gravi indizi di colpevolezza» cui sono per tabulas vincolate le cautele personali (art. 273 co. 1 Cpp) 45 , nonostante l’estensione analogica di tale quantum accertativo sia stato, e continui a essere, al netto di ulteriori esegesi pure di reato che non si riesca a reperire, è necessario che si proceda per un reato per il quale la legge consenta tale possibilità. Ciò premesso, il problema che tale prescrizione pone attiene alla corretta qualificazione giuridica del reato da parte del pubblico ministero. 40 V. infra, § 3 e § 4. 41 Si tratta del requisito dell’apparenza che giustifica il costo della cautela: v. G. Foschini, Sistema del diritto processuale penale, I, Milano 1956, 454; cfr., anche, T.E. Epidendio, Proposte metodologiche in merito al dibattito sulle misure cautelari, in www.penalecontemporaneo.it, 21.11.2013, 11, secondo cui i criteri e gli standard di giudizio dell’intervento cautelare «devono consentire di poter fondare un giudizio probabilistico, circa il futuro esito del procedimento principale, sufficientemente attendibile per giustificare l’intervento cautelare (“fumus boni iuris”)». 42 A questo filone interpretativo appartengono, ex multis, Cass. S.U. 23.4.1993 Gifuni, in CP 1993, 1969; Cass. S.U. 24.3.1995 n. 5, in FI 1997, II, 113; Cass. S.U. 23.2.2000 n. 7, in CP 2000, 2225; Cass. 20.11.2003 n. 76, in GD 2004 (19), 85; Cass. 19.10.2004 n. 45813, ivi 2005 (2), 97; Cass. 14.2.2007 n. 12906, in CP 2008, 1510; Cass. 18.12.2008 n. 46321, in DPP 2009, 994 ss., con nota di M. Pierdonati, Fumus in re ipsa del delitto e “giudicato cautelare” nel sequestro preventivo. 43 Di questo orientamento, più garantista poiché richiede al giudice, nell’apprezzamento del fumus, di non arrestarsi alla semplice configurabilità del reato, ma di tenere conto delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, tra le altre: Cass. 15.7.2008 n. 37695, in CP 2009, 3887, con nota di G. Todaro, Il fumus delicti richiesto per il sequestro preventivo: un’ipotesi ricostruttiva; Cass. S.U. 25.9.2008 n. 1152; Cass. 14.11.2012 n. 11972. 44 Considerato presupposto per l’applicazione delle misure limitative dei diritti libertà reale da Cass. 12.11. 2013 n. 45591, in RP 2014, 853 e Cass. 16.9.2014 n. 37851, ivi 2016, 312. 45 Salvo talune, peraltro isolate, eccezioni: in relazione al sequestro finalizzato alla confisca allargata di cui all’art. 12-sexies d.l. 8.6.1992 n. 306, conv. in l. dalla l. 7.8.1992 n. 356 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), là dove si è affermato che l’accertamento del fumus, essendo richiesta una valutazione circa la pericolosità del soggetto che abbia la disponibilità delle cose da sequestrare, si risolva in un plausibile giudizio prognostico di probabile condanna dell’imputato (v. Cass. 16.12.2003 n. 1415, in CP 2004, 1235 ss.). E con riguardo al sequestro a fini di confisca nei confronti dell’ente ai sensi dell’art. 53 d. lgs. 231/2001: qui, sulla premessa dell’omogeneità dei beni oggetto di tutela di entrambe le tipologie di misure cautelari previste in tale sistema, cioè interdittive e reali, si è configurata la necessità della sussistenza di gravi indizi di responsabilità a carico della societas, come tali in grado di fondare una qualificata probabilità di colpevolezza (v. Cass. 31.5.2012 n. 34505, in CP 2013, 3667 ss.: per il relativo commento, volendo v. E. Guido, Fumus commissi delicti “allargato” per il sequestro preventivo destinato all’ente, in Riv231 2013 (3), 249 ss.).

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prospettate 46 , invocato dalla dottrina 47 . Al fondo, si staglia un’eredità culturale, preesistente al fattore normativo, per cui esisterebbe – come affermato dalla stessa Corte costituzionale – una gradualità tra valori costituzionali coinvolti, con ordine di priorità per la libertà della persona rispetto al patrimonio, cosicché ne uscirebbe giustificata l’impraticabilità dell’equiparazione, circa i presupposti applicativi, tra misure cautelari personali e misure cautelari reali48.

Un abbassamento dello standard “probatorio” insiste, par di capire, pure sul fronte delle esigenze cautelari, l’altro requisito necessario, al pari del fumus delicti, perché il sacrificio di un diritto fondamentale, come avviene nel caso delle libertà economiche, possa dirsi giustificato. Al riguardo, rileva specificare che la norma è più generosa: l’art. 321 Cpp identifica il periculum, ravvisandolo nell’aggravamento del reato ipotizzato o nell’agevolazione di altri reati (co. 1) e nella confiscabilità della res (co. 2 e 2-bis). Emerge tuttavia una realtà applicativa orientata all’impiego della coercizione processuale in chiave marcatamente repressiva. In particolare, una svalutazione del pericolo cautelare viene da quell’orientamento giurisprudenziale che ne esclude l’accertamento quando il sequestro sia funzionale alla confisca obbligatoria, rilevando in tal caso la possibilità stessa di applicare la misura ablatoria definitiva49.

Approdo discutibile, quello dell’accertamento presunto, perché “omogeneizzato”: opera indipendentemente dal tipo di confisca da garantire, radicandosi anche in ambiti in cui la stessa, dismesse le vesti della misura di sicurezza, è vera e propria sanzione; sufficiente, in proposito, richiamare l’esempio del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente (art. 322-ter Cp)50 oppure la cautela preventiva pensata per la societas

46 Si è sostenuta la tesi dei “gravi indizi di reato”: così, N. Galantini, sub art. 321 Cpp, in Commentario al nuovo Cpp Amodio Dominioni, Milano 1990, 276; v. anche M. Pierdonati, Fumus in re ipsa del delitto e “giudicato cautelare” nel sequestro preventivo, cit., 1007; L. Fiore, Accertamento dei presupposti e problematiche applicative in tema di sequestro preventivo, in RIDPP 1995, 558. 47 A favore di una «sostanziale equiparazione dei presupposti tra misure cautelari reali e personali», di recente P. Gualtieri, Il sequestro preventivo tra carenze normative e (dis)orientamenti giurisprudenziali, cit., 147; v. già, A. Giarda, L’impresa e il nuovo processo penale, in RIDPP 1990, 1243. 48 Il rilievo è di C. cost., 9.2.1994 n. 48, in GCost 1994, 271; va segnalato che la diversità “ontologica” tra cautele, personali e reali, è argomento utilizzato per giustificare diverse opzioni interpretative adottate nella prassi, ad esempio il divieto di proporre in sede di riesame avverso il sequestro preventivo questioni circa la sussistenza del fumus delicti quando sia stato emesso decreto che dispone il rinvio a giudizio del soggetto interessato. Diversamente da quanto stabilito per le misure cautelari personali da C. cost., 15.3.1996 n. 71, in AP 1996, 126, con cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 309 e 310 Cpp, nella parte in cui non consentono al giudice dell’impugnazione cautelare la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza in presenza del decreto che dispone il giudizio, non potendosi tale atto reputare assorbente rispetto a quella valutazione: v., Cass. 5.11.2013 n. 2210 in ANPP 2014, 150. 49 Cfr., a titolo esemplificativo, Cass. 15.4.2015 n. 20887; Cass. 17.9. 2014 n. 47684 e Cass. 26.6.2014 n. 31229. Se invece si tratta di «cose pertinenti al reato», per giurisprudenza prevalente, occorre un accertamento in concreto in ordine all’effettiva possibilità che, lasciate nella disponibilità del reo, assumano carattere strumentale all’aggravamento o protrazione delle conseguenze del reato o all’agevolazione di altri reati: tra le altre, v. Cass. 31.1.2007 n. 15821, in DPP 2007, 1631 con nota di F. Creaco, I confini del sequestro preventivo: attuali limiti nell’accertamento dei presupposti e prospettive di riforma. 50 Che abbia natura sanzionatoria è pacifico: cfr., sul punto, C. cost., 2.4.2009 n. 97, in GCost. 2009,

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(art. 53 d. lgs. 231/2001)51. Il risultato non è confortante: se si annulla ogni delibazione sulla finalità che fonda la cautela e ci si accontenta della sussistenza delle condizioni legittimanti la confisca, il sequestro, che a essa è funzionale, perde lo scopo precauzionale per divenire anticipazione della sanzione52. L’assunto non lascia margini di dubbio circa la riconducibilità del problema a un piano diverso da quello della legalità, coinvolgendo più propriamente il principio di presunzione d’innocenza di cui si parlerà nel prosieguo.

Passando ora all’altra garanzia, quella racchiusa nell’atto motivato dell’autorità giudiziaria, rileva notare come il legislatore del codice di rito non abbia regolato il contenuto del provvedimento applicativo di una misura reale, segnando così un vistoso distacco rispetto all’ordinanza cautelare personale, i cui requisiti l’art. 292 Cpp indica dettagliatamente a pena di nullità; da qui, la questione della portata argomentativa del decreto di sequestro, tematica messa in risalto dall’intervenuta modifica dell’art. 309 co. 9 Cpp ad opera della l. 16.4.2015 n. 47. Richiamata dall’art. 324 co. 7 Cpp in materia di riesame reale, quella disposizione fa espresso rinvio al modello previsto dall’art. 292 Cpp nel direzionare il potere di annullamento delle ordinanze dispositive di misure personali per vizi di motivazione: nello specifico, mancante e per relationem. Con ciò, parrebbe, risolvendo ogni dubbio circa la trasposizione delle regole cui è vincolato l’obbligo motivazionale delle ordinanze cautelari personali al decreto di sequestro. Dal canto suo, la giurisprudenza, cimentatasi sulla questione, si è mostrata cauta, o meglio “conservatrice”: pur riconoscendo, perché conforme allo spirito della novella del 2015, che anche il provvedimento cautelare reale debba contenere un’autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi, e degli elementi forniti dalla difesa 53 – esattamente le condizioni fondanti il controllo del giudice del riesame personale ex art. 309 co. 9 Cpp – le Sezioni unite della Cassazione hanno precisato che si tratta di previsione da applicare, nel contesto del riesame reale, nei limiti di compatibilità: escluso che possa fungere da parametro di valutazione l’art. 292 Cpp, declinato – lo si ribadisce – per le ordinanze in materia di misure personali, è alle elaborazioni sedimentatesi in materia di presupposti legittimanti il provvisorio titolo ablativo che occorre guardare.

984 e Cass. S.U. 31.1.2013 n. 18374, in CP 2013, 2913. 51 Cfr., Cass. 16.2.2006 n. 9829, in GI 2006, 2139; più di recente, in linea di continuità, v. Cass. 16.9.2014 n. 41435. 52 V., per tutti, A. Scalfati, L’ombra inquisitoria sul sequestro preventivo, cit., 5. 53 V., Cass. S.U. 31.3.2016 n. 18954, in DPP 2016, 760 ss. e in CP 2016, 3140 ss., con nota di F. Varone, Riesame delle misure cautelari reali e legge n. 47 del 2015: le sezioni unite elaborano una soluzione farisaica?, intervenute sulla questione dell’applicabilità al riesame reale dell’art. 309, co. 9, 9-bis, 10 Cpp (appunto interpolati dalla l. 47/2015), richiamati dall’art. 324 co. 7 Cpp. Con riguardo al co. 9 – che impone al tribunale del riesame di annullare le ordinanze con motivazione mancante o priva di autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa – le Sezioni unite hanno fornito risposta positiva, ritenendo compatibile con le misure reali (e col sequestro probatorio) l’obiettivo perseguito dalla legge di riforma: di rafforzamento dell’obbligo di motivazione del giudice al fine di arginare la prassi dei provvedimenti cautelari consistenti in un “copia-incolla” della richiesta cautelare presentata dal pubblico ministero.

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In sostanza, ne esce confermato il disinvolto acquis giurisprudenziale in materia di fumus delicti e di periculum54, portato di quella differenza valoriale tra il regime cautelare personale e quello reale che in linea con i propri precedenti, il supremo consesso ripropone anche in questa più recente occasione.

3. Riserva di giurisdizione, per proseguire nel discorso, significa anche che siano

rispettati i principi costituzionali relativi al procedimento che davanti al giudice si svolge, vale a dire i valori del giusto processo: presunzione di non colpevolezza, imparzialità del giudice, contraddittorio tra le parti.

Sulla presunzione di cui all’art. 27 co. 2 Cost., nel suo contenuto “trattamentale” di divieto di impiegare misure cautelari come forma di anticipazione della sanzione, può delinearsi un interessante problema interpretativo. Dovendo appurare – indiscusso che operi sul terreno della libertà personale dell’imputato – la sua pertinenza alle cautele reali, in generale, e l’ambito di applicabilità, in particolare: se cioè tale copertura garantistica involga le diverse tipologie di sequestro preventivo, impeditivo (art. 321 co. 1 Cpp) e a fini di confisca (art. 321 co. 2 e 2-bis Cpp), specificando, rispetto a quest’ultima fattispecie, se indifferentemente dalla forma (misura di sicurezza, sanzione, misura riparatoria) e dalla struttura (diretta, per equivalente, per sproporzione) che l’ablazione assume.

Proprio perché contenuto minimo del canone in analisi è vietare che l’esecuzione di una sanzione sia anticipata55, non può esserci dubbio alcuno sul fatto che si applichi in tutti quei casi in cui la cautela sia strumentale alla confisca-sanzione. Così per il sequestro disposto contra societatem ai sensi degli artt. 19 e 53 d. lgs. 231/200156 e, altresì, in riferimento alla sequestrabilità per equivalente riguardante la persona fisica57, poiché la confisca di beni di valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato configura ormai pacificamente un’autentica sanzione58. 54 Il punto sullo stato dell’arte in materia lo ritroviamo, più di recente, proprio nella già richiamata pronuncia della Cassazione a Sezioni unite, ric. Capasso. Con riferimento al fumus commissi delicti, esclusa l’applicabilità dell’art. 273 Cpp alle misure cautelari reali, si ribadisce che esso implica l’«esistenza di un nesso di pertinenzialità fra il bene sequestrato e la fattispecie concreta di reato», con la precisazione circa «il dovere verifica – non più concepibile in termini solo astratti – della compatibilità e congruità degli elementi addotti dall’accusa (e dalla parte privata ove esistenti) con la fattispecie penale oggetto di contestazione»; circa il periculum, fermo l’obbligo di motivazione in proposito (motivazione non più integrabile dal tribunale del riesame), si conferma la superfluità di tale motivazione nei casi di sequestro a fini di confisca obbligatoria, o per equivalente, o per sproporzione. 55 G. Illuminati, Presunzione di non colpevolezza, in EG, XXVII, 1991, 3. 56 Perché in questo sistema l’espoliazione del prezzo o del profitto del reato o del tantundem è espressamente catalogata tra le sanzioni principali che ex art. 9 d. lgs. 231/2001 si applicano all’ente ritenuto responsabile dell’illecito amministrativo dipendente da reato. Per l’operatività della presunzione di innocenza in relazione alla persona giuridica v. A. Presutti, sub art. 45, in La responsabilità degli enti. Commento articolo per articolo al d. legisl. 8 giugno 2001, n. 231, Padova 2008, 411 s. 57 Possibile, in forza del rinvio alle varie ipotesi di confisca contenuto nell’art. 321 co. 2 e 2-bis Cpp. 58 Riconoscimento avvenuto per via giurisprudenziale in considerazione del fatto che l’equivalente appreso è privo di qualsiasi nesso di pertinenzialità rispetto al reato accertato, circostanza quest’ultima connotativa della sua natura punitiva: cfr., Cass. S.U. 25.10.2005 n. 41936, in CP 2006, 1382.

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Meno agevole, invece, ritenere che il canone costituzionale in oggetto operi là dove la cautela sia funzionale alla confisca disposta a norma dell’art. 240 Cp: qui, l’ablazione, quale misura di sicurezza, è calibrata sulla pericolosità intrinseca del suo oggetto, intesa come probabilità che, perdurandone la disponibilità, si possa favorire la commissione di ulteriori reati. Per dimostrare la pertinenza della presunzione di innocenza alla misura reale finalizzata alla confisca securitaria, si è fatto leva sul fatto che essa costituisce criterio-guida per l’esercizio del potere giudiziario in ambito penale e riveste una funzione cardine del giusto processo 59 . Tuttavia, pur condividendoli, non sembra che tali argomenti, di per sé60, possano “spostare” il dato relativo all’assetto sanzionatorio interno, tuttora costituito dal “doppio binario” pene-misure di sicurezza quali reazioni, rispettivamente, alla responsabilità individuale e alla pericolosità sociale61. Disposta indipendentemente dalla sentenza di condanna (art. 240 co. 2 n. 2 Cp) e in grado di ricadere su terzi, la confisca in questione denoterebbe un cotè special preventivo rispetto al quale rimane inconferente invocare il canone dell’art. 27 co. 2 Cost62.

Si può, invece, discutere circa la sua applicabilità in presenza del sequestro di cui all’art. 321 co. 1 Cpp; utili considerazioni sostengono una conclusione favorevole. L’intento precauzionale di evitare l’aggravamento del reato in corso di accertamento o la reiterazione di altri reati sovente si traduce nell’inibizione di attività umane (indubbiamente quando si colpiscono impianti industriali), con la conseguenza che solo formalmente si potrebbe parlare di sequestro, nella sostanza trattandosi di misura interdittiva63; da ciò, la possibilità di potervi raccordare la garanzia espressa nell’art. 27 co. 2 Cost. Per di più, il lato “soggettivo-personalistico” del sequestro in esame si ricaverebbe dal suo oggetto, individuato nelle “cose pertinenti al reato”, inteso come 59 V. A. Scalfati, L’ombra inquisitoria sul sequestro preventivo, cit., 2. 60 Senza, cioè, fare ricorso all’europeizzazione del diritto penale quale processo che favorisce il progressivo superamento delle distinzioni nazionali in vista di una razionalizzazione del sistema sanzionatorio, sulla base della nozione sostanzialistica di “materia penale” accolta nel sistema della Convenzione europea dei diritti umani – con l’elaborazione dei “criteri Engel” – e nell’ordinamento dell’Unione, con la “sentenza Fransson”: v. A. Massaro, Europeizzazione del diritto penale e razionalizzazione del sistema sanzionatorio: il superamento dei “doppi binari” nazionali nel segno sostanzialistico-funzionale della “materia penale”, in www.penalecontemporaneo.it, 15 .7.2015. 61 Tanto più che da anni si discute del superamento di questa separazione, considerata inefficiente: la proposta della Commissione presieduta dal Prof. Palazzo fu nel senso di escludere la confisca dalla categoria delle misure di sicurezza e di considerarla come genere sanzionatorio autonomo: v. l’editoriale di F. Palazzo, Fatti e buone intenzioni. A proposito della riforma delle sanzioni penali, in www.penalecontemporaneo.it, 10.2.2014. 62 L’ortodossia di tale assunto trova conforto nell’atteggiamento della nostra Corte costituzionale che in due pronunce – C. cost. 24 .7.2009 n. 239, in GCost 2009, 3004 ss. e C. cost., 26.3.2015 n. 49, in CP 2015, 2195) – successive rispettivamente a due importanti decisioni della Corte europea – C. eur., 20.1.2009, Sud Fondi c. Italia e C. eur., 29.10.2013, Varvara c. Italia – ribadisce la differente portata delle garanzie costituzionali a seconda che si tratti di pena o di misura di sicurezza. Critici rispetto a tale ricostruzione, A. Gaito e S. Furfaro, Giustizia penale patrimoniale, in I principi europei del processo penale, a cura di A. Gaito, Roma 2016, 617 ss. 63 Sull’omogeneità, di natura e di finalità, tra misure interdittive e sequestro preventivo c.d. “impeditivo”, v. G. Viciconte, Il sequestro preventivo tra esigenze cautelari e finalità di prevenzione, in RIDPP 1992, 363.

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formula che richiede un accertamento indiziario in capo a chi ha la disponibilità della res da sequestrare64.

A contrario, si potrebbe obiettare che anche la fattispecie in oggetto si fonda su esigenze prevenzionistiche, quindi su una prognosi di pericolosità, non dissimilmente da quanto richiesto per il sequestro di cose confiscabili (art. 240 Cp).

D’obbligo, a questo punto, trarre dalle osservazioni fin qui svolte le dovute conseguenze sotto il profilo processuale. Nel sequestro preventivo certamente rientrante nel “cono di luce” dell’art. 27 co. 2 Cost., la delibazione cautelare dovrà attestarsi su un giudizio prognostico di probabilità di condanna (fumus) e di concreta plausibilità che la res da requisire possa disperdersi nel tempo occorrente all’accertamento penale (periculum in mora).

Indiscussa rilevanza riveste, nella dinamica della presente indagine, il principio di proporzionalità, il cui fondamento viene ricondotto proprio alla presunzione di innocenza. Principio antico, esso entra in gioco là dove il perseguimento dell’interesse generale da parte del potere pubblico confligga con la sfera privata65 ed è strutturato secondo la nozione tripartita – offerta dal sistema tedesco, da cui trae origine, e globalmente accreditata – di idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto66.

La normativa costituzionale non lo riconosce in maniera esplicita, diversamente dalle carte sovranazionali europee ove invece, come si vedrà nel prosieguo, è menzionato espressamente; il codice di procedura penale, dal canto suo, lo contempla all’art. 275, unitamente ai criteri di adeguatezza e di gradualità, tra i parametri che indirizzano il giudice nella scelta della misura cautelare personale da applicare nel caso concreto. Questa scelta toponomastica lascia in supplenza alla giurisprudenza e alla dottrina il problema di stabilire se il canone di proporzionalità sia destinato alle sole misure incidenti sulla libertà personale o, viceversa, se valga anche quando sia la libertà patrimoniale a essere compressa. In tale ultima direzione si colloca il più recente orientamento della Suprema Corte, secondo cui il principio de quo opera nel settore delle cautele reali, entrando nella valutazione del periculum cautelare67 oppure,

64 Perché la situazione di pericolo che s’intende neutralizzare è, nei casi più frequenti, generata non dalla cosa in sé ma dalla disponibilità della stessa nelle mani di un soggetto indiziato, il quale potrebbe servirsene per aggravare o protrarre le conseguenze del reato addebitatogli o commetterne altri; così, F. Porcu, Variazioni cromatiche del fumus commissi delicti nel sequestro preventivo, cit., 1351. 65 Tra i diversi contributi sul tema, in letteratura straniera cfr., A. Barak, Proportionality, Cambridge University Press 2012; in quella italiana, v. A. Sandulli, Proporzionalità, in DDirPubb, V, Milano 2006, 4643 ss. 66 Si tratta del noto test tripartito di proporzionalità in cui la soluzione adottata deve apparire conforme ai principi costituzionali e capace, in astratto, di raggiungere l’obiettivo che s’intende perseguire (idoneità); improntata al minor sacrificio possibile, nel senso che lo scopo prefissato non potrebbe essere perseguito con un mezzo altrettanto efficace ma più mite (necessarietà); infine, non deve essere tale da gravare in maniera eccessiva sull’interessato al punto da risultare intollerabile (proporzionalità in senso stretto). Sull’applicazione di tale principio nei giudizi di legittimità costituzionale, cfr., M. Cartabia, I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana, Intervento presentato all’“Incontro trilaterale tra la Corte costituzionale italiana, la Corte costituzionale spagnola e il Tribunale costituzionale portoghese”, Roma, 25 ottobre 2013, reperibile sul sito www.cortecostituzionale.it. 67 Orientamento espressosi con riguardo al sequestro preventivo di impianti industriali ai sensi dell’art.

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in ipotesi di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, nel giudizio di corrispondenza tra il valore dei beni, oggetto di futura confisca, e l’entità del profitto o del prezzo del reato68. Ad esso, va tributato il merito di aver ricostruito la valenza della proporzionalità nell’ambito delle misure cautelari reali in via autonoma, senza cioè fare ricorso all’applicazione analogica dell’art. 275 Cpp69; certo, la Corte ha lasciato aperte alcune problematiche, in particolare quella di come attuare la gradualità delle cautele reali, non registrandosi qui quella pluralità di strumenti a progressione afflittiva tipica del settore cautelare personale. Ragione, questa, non a caso posta a fondamento dell’indirizzo giurisprudenziale contrario a quello appena ricordato70.

Dal canto suo, la dottrina sperimenta. Uno studio, davvero interessante perché ricco di spunti di riflessione, sostiene che sul piano dell’ordinamento interno il principio di proporzionalità debba essere circoscritto alle sole misure incidenti sui diritti riconosciuti inviolabili dalla Costituzione. Se, invece, a essere coinvolti sono la proprietà privata o le libertà economiche (prerogative che esulano dalla categoria testé ricordata), la sua operatività sarà condizionata al fatto che si versi in materie toccate dall’attività normativa dell’Unione europea, costituendo principio generale del sistema sovranazionale71.

Trattasi di conclusione sorretta da apprezzabile rigore logico e perciò assai suggestiva. Fuor di dubbio, come meglio si constaterà in seguito, il rilievo rivestito dalle fonti europee sul tema della proporzione72; eppure a noi pare di poter abbozzare 321 co. 1 Cpp: compito del giudice, infatti, sarebbe di accertare se si possa fronteggiare l’esigenza cautelare senza privare il titolare della disponibilità della res, se la misura reale sia sufficiente a garantire tale risultato e se quest’ultimo possa essere conseguito con strumenti meno invasivi. Cfr., Cass. 15.12.2011 n. 12500, in CP 2012, 4166 ss., con nota di L. Milani, Proporzionalità, adeguatezza e gradualità in tema di sequestro preventivo; Cass. 16.5. 2012 n. 21931; Cass. 8.3.2012 n. 19248; Cass. 21.3.2013 n. 18603, ove il riferimento a strumenti meno invasivi è accostato alle misure interdittive; Cass. 16.1.2013 n. 8382. 68 In base al principio generale per cui con il provvedimento cautelare non si può ottenere più di quello che sarà conseguibile con il provvedimento definitivo; cfr., Cass. 26.3.2013 n. 28264; Cass. 6.11.2013 n. 47433. Esistono, tuttavia, attenuazioni di tale principio: secondo un primo orientamento, il principio di proporzionalità e di adeguatezza non impedirebbe di vincolare in via cautelare beni di valore sproporzionato all’entità del profitto ma porrebbe solo il limite oltre il quale il vincolo non si giustifica: cfr., Cass. 30.9.2014 n. 43580. Altro orientamento, invece, legittima il sequestro per equivalente, purché non sussista una manifesta sproporzione tra il valore dei beni sequestrati e l’ammontare del profitto conseguito: così, in tema di reati tributari, Cass. 18.9.2014 n. 50310. 69 Per l’applicazione analogica dell’art. 275 Cpp, cfr. Cass. 21.1.2010 n. 8152 e Cass. 7.10.2010 n. 38411. 70 Cfr., Cass. 3.12.1997 n. 4169; Cass. 13.11.2002 n. 4054; Cass. 16.1.2007 n. 16818, in GP 2008, III, 222; Cass. 11.2.2009 n. 20147. L. Milani, Proporzionalità, adeguatezza e gradualità, cit., 4171 ss., s’interroga sulla questione della ricerca della gradualità delle cautele reali, analizzando il loro rapporto con le misure interdittive personali, addentrandosi poi nell’ambito dei provvedimenti atipici, per poi concentrarsi sulla figura dell’amministratore giudiziario ex art. 104-bis NAttCpp. 71 La tesi è di M. Caianiello, Il principio di proporzionalità nel procedimento penale, in DPenCont 2014 (3-4), 5-13. 72 Nell’ordinamento dell’Unione europea, è previsto all’art. 5 § 3 e § 4 TrUE e agli artt. 49 § 3 e 52 § 1 della Carta di Nizza; il Trattato sull’Unione europea lo contempla, unitamente al principio di sussidiarietà, come limite all’azione dell’Unione in relazione a quanto necessario al conseguimento degli obiettivi del Trattato. Nel sistema della Convenzione europea dei diritti umani, il canone di proporzione rappresenta, accanto a quello di legalità, il criterio di verifica dell’effettiva tutela dei diritti

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qualche argomento, squisitamente interno, che porta dritto alla riconducibilità del principio che ci occupa all’istituto in analisi.

Il primo attiene al ruolo che la proporzionalità assume nell’ambito del bilanciamento dei diritti fondamentali in conflitto. Attraverso questo criterio, come è noto, si realizza quel ragionevole contemperamento tra interessi costituzionali concorrenti, necessario – come ha precisato la stessa Corte costituzionale – ad impedire che un diritto si faccia “tiranno”, cioè si espanda illimitatamente fino a comprimere, nel loro nucleo essenziale, altri diritti e valori in gioco73. Tali affermazioni – il dato è significativo – sono state pronunciate in relazione al sequestro preventivo, nella fattispecie di stabilimenti industriali inquinanti, in quanto provvedimento che aveva originato un contrasto tra beni costituzionalmente protetti: da un lato, la libertà d’impresa e il diritto al lavoro (art. 4 Cost.), evidentemente pregiudicati da un “blocco” dell’attività produttiva, dall’altro, il diritto alla salute e all’ambiente (art. 32 Cost.), o meglio l’interesse alla loro salvaguardia perseguito impedendo, appunto col sequestro degli impianti, il protrarsi delle emissioni di sostanze nocive.

Il caso specifico è certamente emblematico di come il sequestro preventivo – e, si badi, non soltanto quello cosiddetto “impeditivo” – implichi la ricerca di un punto di equilibrio tra diritti individuali e interessi collettivi; e poiché ogni operazione di bilanciamento rimanda, per la sua messa a punto, al principio di proporzione, ne consegue a fortiori la sua operatività anche in relazione alla misura de qua.

Rileva poi il fatto – e veniamo al secondo argomento, di ordine letterale – che l’art. 324 co. 7 Cpp ne ammette la revoca parziale, aprendo così alla possibilità di una attenuazione degli effetti del sequestro preventivo in ubbidienza ai principi di adeguatezza e di proporzionalità cui s’informano i generali istituti della revoca e della sostituzione delle misure cautelari personali (art. 299 Cpp). La stessa finalità “contenitiva”, del resto, anima la possibilità di nomina degli amministratori giudiziari ex art. 104-bis NAttCpp, quale misura prevista per fronteggiare il rischio cautelare concretamente manifestatosi senza però provocare quelle gravi ripercussioni sui lavoratori dell’impresa o sull’intera collettività che si verificherebbero nel caso i beni aziendali venissero resi inutilizzabili74.

Trattasi di misura che costituisce spunto fecondo per la configurazione di strumenti alternativi al binomio sequestro-confisca, del resto presenti – come ultimo dato da cui ci pare discenda il carattere pervasivo del canone di proporzione – anche nel settore affine della giustizia patrimoniale preventiva, là dove la salvaguardia dei valori ricollegati all’impresa sospettata di “subornazione” o “collusione” mafiosa s’intende realizzabile tramite i mezzi dell’amministrazione giudiziaria dei beni societari e del controllo giudiziario delle aziende75. fondamentali colà sanciti. 73 V. C. cost., 9.5.2013 n. 85, in GCost 2013, 1424 ss., con osservazioni di V. Onida, Un conflitto fra poteri sotto la veste di questione di costituzionalità: amministrazione e giurisdizione per la tutela dell’ambiente; di D. Pulitanò, Giudici tarantini e Corte costituzionale davanti alla prima legge ILVA; di R. Bin, Giurisdizione o amministrazione, chi deve prevenire i reati ambientali? Nota alla sentenza “Ilva” e di G. Sereno, Alcune discutibili affermazioni della Corte sulle leggi in luogo di provvedimento. 74 Lo evidenzia L. Milani, Proporzionalità, adeguatezza e gradualità, cit., 4177. 75 Rispettivamente, agli artt. 34 e 34-bis d. lgs. 6.9.2011 n. 159 (c.d. “Codice antimafia”).

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4. Lo scenario europeo, a cominciare dal sistema della Convenzione europea dei

diritti dell’uomo, sede questa in cui ci si è spinti fino a elaborare uno statuto garantistico in tema di confisca – sviluppato in via pretoria con riferimento a ipotesi speciali, urbanistica per fare l’esempio di casa nostra – offre materiale prezioso quanto ai principi cui i provvedimenti ablatori dovrebbero conformarsi, sulla premessa che le decisioni adottate dalla Corte europea dei diritti umani vincolano il giudice nazionale76.

Preliminare a ogni considerazione sulle garanzie fondamentali sancite nella Convenzione è che la confisca, come pure il sequestro, configura un’ingerenza nel diritto di proprietà (art. 1 Prot. add.)77; ragione per cui le limitazioni che detti strumenti attuano devono rispettare due principi, di legalità e di proporzionalità.

Utile, perché attiene alla portata contenutistica di tali garanzie, sondarne il peso. La legalità, nell’accezione minima nota anche al nostro ordinamento, fa divieto di restrizioni al diritto di proprietà diverse da quelle previste dalla legge. La necessità di una base legale che legittimi l’apprensione del bene non esaurisce tuttavia la valenza del requisito de qua che si carica, per i giudici di Strasburgo, di un significato ulteriore, esigendo una legislazione domestica accessibile, prevedibile e precisa 78 . Di conseguenza, la Corte ha rilevato una violazione dell’art. 1 Prot. add. in ipotesi non solo di mancata contestazione di un reato per il quale la confisca risultasse ammessa79 ma anche di “imprecisione” della normativa nazionale.

Trattasi di implicazioni della legalità che costituiscono standard convenzionali, valevoli in egual misura in riferimento alla privazione della libertà personale (art. 5 Cedu) e alle interferenze nella vita privata e familiare (art. 8 Cedu), nell’esercizio della libertà di espressione (art. 10 Cedu) e di riunione (art. 11 Cedu), nella libertà di movimento (art. 2 Prot. n. 4 Cedu); le quali, si saldano con le garanzie sancite dal

76 Profilo, questo, che ha generato uno scontro tra Corti, costituzionale ed europea, non accettando la prima di rinunciare, per obbligo di adeguamento alla giurisprudenza convenzionale contraria, all’applicazione della confisca in presenza di un proscioglimento per prescrizione del reato. Per gli opportuni approfondimenti su questa tematica, si rinvia a F. Viganò, La Consulta e la tela di Penelope, in DPenCont 2015 (2), 333 ss. e a V. Manes, La “confisca senza condanna” al crocevia tra Roma e Strasburgo: il nodo della presunzione di innocenza, in CP 2015, 2204 ss. e in www.penalecontemporaneo.it, 13.4.2015. 77 Viene in rilievo, delle tre rules di cui si costituisce questa disposizione, la terza, quella cioè che riconosce agli Stati contraenti il potere di regolamentare per legge l’uso dei beni conformemente all’interesse generale: v. C. eur., 23 settembre 1982, Sporrong and Lonnroth c. Sweden. Per un esame della norma convenzionale, v. M.L. Padelletti, sub art. 1 Prot. n. 1 Cedu, in Commentario breve alla Cedu Bartole De Sena Zagrebelsky, Padova 2012, 791 ss. 78 È il requisito di qualità della legalità, la quale, a voler citare le parole della Corte, «it also refers to the quality of the law in question, requiring that it be accessible to the persons concerned, precise and that the consequences of its application be foreseeable»; v. C. eur., 5.1.2000, Beyeler c. Italia. 79 Cfr., C. eur., 6.12.2011, Rafig Aliyev c. Azerbaijan; C. eur., 13.12.2011, Vasilyev e Kuvton c. Russia, in riferimento alla confisca disposta nei confronti dell’imputato pendente il giudizio d’appello, in contrasto con la previsione di sua applicazione all’esaurirsi dei mezzi di impugnazione; più di recente, da C. eur., 30.8.2016, Turturica e Casian c. Repubblica di Moldavia e Russia; C. eur., 7.7.2016, Zosymov c. Ucraina.

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canone nulla pena sine lege di cui all’art. 7 Cedu ogniqualvolta la Corte riconosca che la confisca, al di là della qualificazione giuridica interna, assuma natura di “pena”80. Perché in tale ricorrenza accanto all’istanza di prevedibilità dell’applicazione della norma penale operano i divieti di responsabilità oggettiva e per fatto altrui e di retroattività in peius81. Certo, il problema diviene quello di stabilire i confini della matière pénale: i noti “criteri Engel” 82 e la funzione punitiva delle conseguenze collegate all’illecito compongono la valutazione in tal senso della Corte europea. Svincolata, arrestandoci al piano della confisca, sia dall’autoctona definizione giuridica (sanzione, misura di sicurezza, misura di prevenzione) sia dal nomen iuris che definisce la relazione tra la res ablata e il titolare, rilevando per il giudice europeo l’esistenza di un interesse da tutelare, di proprietà o di godimento che sia83.

Quanto alla proporzionalità, l’altro requisito che rende legittima la restrizione di un diritto fondamentale, la giurisprudenza convenzionale è solida nel pretendere che ogni misura patrimoniale limitativa del right of property debba soddisfare un adeguato bilanciamento tra l’interesse generale della società e i diritti fondamentali del singolo; occorre cioè, per dirsi proporzionata all’obiettivo da perseguire84, che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco85. Nella ricerca del fair balance i giudici europei si servono di una serie di

80 Con specifico riguardo al nostro ordinamento, ciò è avvenuto nel caso della confisca urbanistica, appunto riconosciuta dalla Corte europea come pena nonostante il diritto italiano la configuri come sanzione amministrativa; cfr., C. eur., 30.8.2007, Sud fondi S.r.l. c. Italia; per un commento alla disposizione de qua, v. F. Mazzacuva, Nulla poena sine lege, in Corte di Strasburgo e giustizia penale, cit., 236 ss. 81 Sull’accertamento della colpevolezza come collegamento psicologico tra l’agente e il fatto di reato, v. C. eur., 20.1.2009, Sud Fondi S.r.l. c. Italia; sul fatto che il giudizio di colpevolezza non possa che essere contenuto in un formale provvedimento di condanna, con la conseguenza che si è ritenuta violata la disposizione convenzionale nel caso dell’applicazione della confisca urbanistica con sentenza dichiarativa di estinzione del reato, v. C. eur., 29.10.2013, Varvara c. Italia; la posizione italiana diverge, poiché secondo il nostro giudice delle leggi (cfr., C. cost., 26.3.2015 n. 49, cit.) la sentenza che accerta la prescrizione del reato è pienamente compatibile con l’accertamento di responsabilità sufficiente ad applicare la confisca. 82 Elaborati dalla Corte europea per stabilire se una determinata accusa rientri, o meno, nella materia penale, fanno leva sulla classificazione giuridica data dall’ordinamento nazionale; sulla natura dell’infrazione; sulla natura e grado di severità della sanzione. Sul tema, v. più dettagliatamente, R. Chenal-A. Tamietti, sub art. 6 Cedu, in Commentario breve alla Cedu, cit., 181 ss. 83 Impostazione in linea, del resto, con i diversi modelli di produzione normativa con cui la giurisprudenza europea è chiamata a misurarsi. 84 Obiettivo che i singoli Stati definiscono nell’ambito delle politiche sociali ed economiche ma che deve essere legittimo, non generale o vago (v., sul punto, C. eur., 3.3.2015, Dimitrovi c. Bulgaria). È stata ritenuta legittima “la causa di pubblica utilità” nel contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione (e per conseguenza giustificata la privazione della proprietà) e rispettato il canone di proporzionalità in ragione del preminente interesse al contrasto di siffatti reati, come riconosciuto da tutti i rilevanti strumenti internazionali: circa la confisca di beni di provenienza illecita, sproporzionati rispetto al valore dichiarato, v. C. eur., 12.5.2015, Gogitidze c. Georgia; sulla gravità dell’illecito amministrativo posto a tutela dell’ambiente, in relazione alla confisca di somme di denaro per equivalente al valore di mercato dell’attività di raccolta e riciclo di ferraglia, v. C. eur., 13.12.2016, S.C. Fiercolect Impex S.R.L. c. Romania. 85 C. eur., 13.10.2015, Unsped Paket Servisi SaN. Ve TiC. A. S. c. Bulgaria.

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parametri quali il comportamento del proprietario del bene (da considerare con riguardo al suo grado di colpa o di responsabilità o sotto il profilo del rapporto tra condotta tenuta e offesa arrecata dall’illecito 86 ) e il requisito processuale. Quest’ultimo, benché non menzionato nell’art. 1 Prot. add., va affermato in quanto – sostiene la Corte europea – si profila necessario garantire alle persone private dei loro beni di poter effettivamente impugnare davanti alle autorità competenti le misure restrittive disposte nei loro confronti asserendo, a seconda dei casi, che il provvedimento è illegale, arbitrario o irragionevole87.

Funge, infine, da norma di chiusura la prescrizione secondo cui il bilanciamento non potrà dirsi soddisfatto se la persona interessata abbia subito an individual and excessive burden, ovvero un sacrificio eccessivo nel suo diritto di proprietà88. Il quale effetto è stato peraltro colto anche sul piano della legalità, non avendo mancato la Corte europea di considerare causa di limitazione del diritto di proprietà smisurata per l’interessato la “imprecisione” della disposizione interna89.

Dalla ricostruzione del diritto convenzionale vivente in tema di confisca è ora d’obbligo trarre le dovute conclusioni. Restando nell’ambito del canone di proporzione, è possibile affermare che il sistema della Convenzione europea dei diritti umani recepisce in buona sostanza la logica del “minor sacrificio necessario” anche quando si tratti di misure restrittive del libero godimento dei beni. Principio che con specifico riguardo all’ipotesi di sequestro si è reputato soddisfatto al ricorrere di determinate garanzie procedurali: l’offerta interna di strumenti funzionali a metterne in discussione la legittimità90, come la possibilità a richiesta dell’interessato di riesame della questione sul quantum incamerato che a motivo dell’urgenza del compimento dell’atto risultasse stimato in via approssimativa91 , e la durata contenuta dei suoi effetti92.

86 C. eur., 10.4.2013, Yildirim c. Italia; C. eur., 17.92015, Andonoski c. Repubblica ex-Jugoslava di Macedonia, sulla mancata consapevolezza, in capo al tassista proprietario del veicolo sequestrato, di contribuire al traffico illegale di migranti; v. C. edu, 6.11.2008, Ismayilov c. Russia; C. edu, 26.2.2009, Grifhorst c. Francia; C. edu, 9.7.2009, Moon c. Francia, sulla sproporzione della confisca dell’intera somma di denaro non dichiarata all’autorità doganale rispetto all’offesa arrecata dal comportamento illecito del ricorrente. 87 In questi termini, C. eur., 13.10.2015, Unsped Paket Servisi, cit., § 38. 88 V. C. eur., 13.10.2015, Unsped Paket Servisi, cit.; C. eur., 13.12.2016, S.C. Fiercolect Impex S.R.L. c. Romania. 89 Nello specifico, la legge bulgara, il Chapter Tree of the Citizens’ Property Act, difettava di chiarezza in riferimento al significato di «lawful income» e «this clearly placed on the applicants an excessive burden»: testualmente, C. eur., 3.3.2015, Dimitrovi c. Bulgaria, cit., § 47. 90 V. C. eur., 7.7.2016, Zosymov c. Ucraina. 91 V. C. eur, 17.5.2016, Dzinic c. Croazia, sul sequestro preventivo per equivalente di beni (terreni, case, edificio commerciale) di valore sproporzionato rispetto ai proventi di reato oggetto di pendente accertamento. 92 Ritiene, infatti, la Corte europea sproporzionati, e quindi illegittimi, sequestri di eccessiva durata considerato il tempo intercorrente tra l’adozione del provvedimento cautelare e la decisione di merito, alla luce dell’importanza che il bene può rivestire per l’interessato (cfr., C. eur., 7.1.2010, Petyo Petkov c. Bulgaria, § 105 ss., in riferimento al sequestro di un taxi) e dei danni che una smoderata sottoposizione a sequestro può creare sulle cose (cfr., C. eur., 12.1.2016, Salamov c. Russia, § 34 ss.).

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La vincolatività dei principi di diritto espressi nelle sentenze della Corte di Strasburgo all’interno del nostro ordinamento fa propendere nel senso di ritenere che il giudice, dinnanzi a una richiesta di sequestro preventivo o in sede di impugnazione, debba fare applicazione del canone di proporzione, così superando l’ostacolo rappresentato dall’art. 275 co. 3 Cpp che limita la regola della minima offensività o stretta necessità alle sole misure cautelari personali.

Spostando invece l’attenzione sul principio di legalità, c’è da chiedersi se la quotazione acquisita nella giurisprudenza di Strasburgo circa i requisiti di accessibilità, prevedibilità e chiarezza della norma penale – come visto, affermati in materia di confisca – valga per la corrispondente fattispecie processuale del sequestro preventivo. Perché se così fosse, dovremmo rilevare una violazione convenzionale dell’art. 1 Prot. add. in relazione all’art. 321 Cpp per difetto di chiarezza circa i presupposti sostanziali della cautela reale in esame.

5. I principi appena esaminati, attraverso cui si attua la tutela sostanziale del

diritto di proprietà, sono legati da un sottile fil rouge alle garanzie procedurali. Delle quali, lo si è già annotato, la Corte europea si serve per sindacare la proporzionalità o meno della limitazione del diritto reale; nello specifico, ha acquisito rilievo la possibilità per l’interessato – sia accusato sia terzo estraneo al reato93 – di intervenire davanti alle autorità competenti per contestare la compressione subita presentando le ragioni a sostegno della propria pretesa restitutoria o risarcitoria94.

Trattasi di istanza suscettibile di essere inquadrata sotto il profilo del contraddittorio genericamente inteso come diritto di difesa, nella sua dimensione argomentativa di diritto all’ascolto delle proprie ragioni, di regola ricondotto tra i connotati del procès équitable o fair trial (art. 6 Cedu95) e del “giusto processo” (art. 111 co. 2 Cost.96), consacrato altresì, per quanto di specifico interesse, a livello eurounitario al “considerando n. 33” della dir. 2014/42/UE sul congelamento e confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato.

Fatta questa preliminare considerazione, è tutta da definire la questione riguardante l’entità convenzionale della tutela processuale di cui può fruire il titolare di diritti reali su beni soggetti a sequestro. Al riguardo, la prassi pattizia non è illuminante: a pronunce di non applicabilità delle garanzie ex art. 6 Cedu nei casi relativi a procedure di sequestro e confisca, sul presupposto che non avrebbero a oggetto il merito dell’accusa penale cui la disposizione convenzionale si riferisce, se ne affiancano altre che ne ammettono la praticabilità «d’un bout à l’autre de la procédure

93 V. S. Finocchiaro, Protezione della proprietà, in Corte di Strasburgo e giustizia penale, cit., 333 s. 94 Cfr., C. eur., 13.10.2015, Unsped Paket Servisi, cit. e C. eur., 28.4.2016, Sulejmani c. ex Macedonia e Vasilevskic c. ex Macedonia, in DPP 2016, 830 s.; in entrambi i casi, a fronte della confisca di un veicolo, rilevava – ai fini del giudizio di proporzionalità della misura – la possibilità di adire il giudice civile o comunque di esperire un rimedio giurisdizionale per ottenere il prezzo pagato per l’acquisto del bene o il risarcimento del danno. 95 Disposizione fondamentale della Convenzione europea, i diritti in essa affermati rappresentano lo standard minimo di garanzia della persona in rapporto all’esercizio della giurisdizione. 96 Per tutti, v. G. Giostra, voce Contraddittorio (principio del), in EG, 2001, 1 ss.

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tendant à la détermination du bien-fondé [d’une] accusation en matière pénale»97, perciò anche nella fase investigativa98, saldandosi con l’indirizzo diretto a ritenere che di «accusa» (e di «accusato») ai sensi dell’art. 6 § 3 Cedu debba essere fornita una lettura “elastica”, potendo coincidere con una comunicazione formale di addebito da parte dell’autorità competente come pure col momento in cui il ricorrente ne comincia a subire gli effetti sulla sua situazione personale99.

Tale impostazione sostanziale, a ben considerare, non sembra tuttavia avere riflessi dirimenti sul piano dell’estensione al sequestro dei canoni di equità di cui all’art. 6 Cedu, trovandosi i giudici europei innanzi a ordinamenti nazionali in cui detta misura è solo “propedeutica” all’inizio dell’indagine da parte del pubblico ministero100. Vi è di più: deve, infatti, registrarsi come la circostanza stessa che l’atto di sequestro avesse innescato la fase investigativa è stata ritenuta condizione sufficiente a garantire i diritti del soggetto cui erano stati sequestrati i propri beni (nel caso concreto, l’autocarro e la merce ivi contenuta per mancata registrazione del veicolo) 101.

Per parte sua, la dottrina si limita a precisare la portata dell’equità convenzionale in rapporto alla confisca, segnalando come si atteggi diversamente in base al tipo di ablazione in rilievo: mentre a quella extrapenale andrebbero riconosciute le garanzie di cui all’art. 6 § 1 Cedu (giudice indipendente e imparziale precostituito dalla legge, contraddittorio e parità delle parti, pubblicità delle udienze, obbligo di motivazione delle decisioni giudiziarie102, diritto a non autoincriminarsi103, durata ragionevole), presunzione di innocenza e diritti di difesa di cui rispettivamente all’art. 6 § 2 e § 3 Cedu riguarderebbero la sola confisca penale104.

Eppure, nonostante il quadro giurisprudenziale europeo non propriamente incoraggiante sul fronte dei diritti di difesa del “proprietario” dei beni sequestrati, è oltremodo utile verificare se e quali prerogative possano discendere dal dettato pattizio per il destinatario di un sequestro preventivo, magari ulteriori rispetto a quelle enucleabili sul fronte domestico. Detto altrimenti, esclusi quei diritti previsti in vista del dibattimento105 o comunque rispetto alla verifica della fondatezza dell’accusa106,

97 Cfr., C. eur., 5.7.2001, Phillips c. Regno Unito, § 39, ove nel caso concreto l’affermazione era funzionale a ritenere operative le garanzie di cui all’art. 6 § 1 Cedu rispetto alla fase di determinazione della pena. 98 Prima, cioè, della devoluzione del caso al giudice di merito; v. R. Chenal-A. Tamietti, op. cit., 211. 99 Cfr., tra le altre, C. eur., 19.2.2009, Shabelnik c. Ucraina, § 57; C. eur., 16.5.2002, Nuvoli c. Italia, § 21; C. eur., 17.12.1996, Saunders c. Regno Unito, § 67 e § 74. 100 Cfr., C. eur., 5.12. 2002, KaraKolu c. Turchia. 101 V. C. eur., 9.5.2017, Paduret c. Repubblica di Moldavia e Russia, § 8 e § 33. 102 Quest’ultimo di derivazione giurisprudenziale, estratto dal combinato disposto dei §§ 1 e 3 lett. b dell’art. 6 Cedu, non essendo tale obbligo espressamente previsto. 103 Anch’esso fatto rientrare nell’art. 6 § 1 Cedu dalla Corte, che lo considera aspetto fondamentale dell’equità processuale. 104 Cfr., A. Balsamo, Il contenuto dei diritti fondamentali, in Manuale di procedura penale europea3, a cura di R. E. Kostoris, Milano 2017, 188; si collocano, invece, nell’ambito “extrapenale” le misure patrimoniali di prevenzione. 105 Il riferimento è al diritto alla prova, al confronto col testimone a carico, alla partecipazione all’udienza (art. 6 § 3 lett. d Cedu). 106 Come il diritto a disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la propria difesa (art.

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funzionalmente ultronei rispetto alla specificità della sede cautelare, resta da risolvere il problema concernente l’operatività delle garanzie relative: alla tempestiva informazione dell’addebito e alla traduzione in lingua comprensibile all’accusato (lett. a); all’assistenza difensiva (lett. c), sub specie di diritto dell’accusato all’assistenza di un difensore di fiducia o di un avvocato d’ufficio (gratuitamente se sprovvisto di mezzi per remunerarlo e lo esigano gli interessi della giustizia) e di avviso di poter usufruire di tale assistenza; all’assistenza di un interprete (lett. e).

Se, come visto, l’accusato ex art. 6 § 3 Cedu non è esclusivamente l’imputato del codice di procedura penale italiano ma anche l’indagato, e più in generale chi sopporti le conseguenze di fatto della commissione di un reato, compresa – per le pesanti ripercussioni nello status patrimoniale e “personale” dell’indagato/imputato – l’adozione di un sequestro preventivo107, si dovrà concludere per il riconoscimento dei richiamati diritti difensivi alla persona attinta dalla predetta cautela.

Deporrebbe in tal senso anche la tutela iperbolica offerta dall’art. 24 co. 2 Cost. al diritto di difesa, la cui inviolabilità è illimitata, appunto «in ogni stato e grado del procedimento».

Dietro questa facciata, il corredo di garanzie difensive fornito dalla giurisprudenza di Strasburgo svela tuttavia una portata ridimensionata, soprattutto alla luce del proposito che si è inteso perseguire nel presente lavoro, cioè trarre dagli insegnamenti internazionali valide coordinate ai fini di un possibile innalzamento delle garanzie procedurali del sequestro preventivo secondo la vigente disciplina: auspicabile, sia per l’invasività dello strumento su diritti individuali sia per controbilanciare il potere giudiziario assoluto di adozione di siffatta cautela alla quale, stante l’estrema labilità dei presupposti applicativi, risulta assai agevole ricorrere.

Più nel dettaglio, la garanzia informativa, modulata secondo le circostanze del caso di specie, è ritenuta dalla Corte europea tendenzialmente soddisfatta quando l’addebito (imputativo) sia formato dagli elementi essenziali del reato asseritamente commesso – quindi data, luogo e contesto del fatto – e norma penale violata. Trattasi di approdo da cui si fatica a estrarre un quid pluris rispetto alla disciplina vigente dell’istituto che ci occupa: ove disposto nelle indagini preliminari, quell’esigenza contenutistica – da rapportare al concetto di notitia criminis – è assolta dall’informazione di garanzia di cui all’art. 369 Cpp, rispetto alla quale, come risaputo, il decreto di sequestro è considerato equipollente108; la circostanza che l’accusato venga notiziato di tale suo status al momento dell’esecuzione del sequestro non intacca la

6 § 3 lett. b Cedu), nell’ambito del quale la Corte europea vi ha ricompreso gli intervalli tra le udienze, lo spatium temporis per impugnare, per visionare il fascicolo processuale etc.: per la casistica, cfr., R. Chenal-A. Tamietti, op. cit., 232; tale impostazione è tenuta presente, rispetto ai corrispondenti diritti di cui all’art. 111 co. 3 Cost., da S. Ciampi, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, Milano 2010, 143 s. 107 Che come ogni misura cautelare gioca un ruolo importante sul piano dell’informazione dell’addebito all’indiziato di reato. 108 Sempre che il decreto contenga quanto richiesto dall’art. 369 Cpp e sia consegnato in copia all’indagato presente al compimento dell’atto poiché, se assente, sussiste l’obbligo di inviare l’informazione di garanzia ma successivamente al compimento dell’atto; v., in proposito, Cass. S.U. 23.2.2000 n. 7, cit.

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direttiva della tempestività che cede dinnanzi alla segretezza intrinseca di un atto a sorpresa109.

Quanto all’assistenza tecnica110, la Corte di Strasburgo ne esalta la portata con precipuo riguardo alla condizione in vinculis dell’accusato 111 , agli interrogatori di polizia condotti nelle prime fasi dell’indagine preliminare a tutela del rischio di autoincriminazione, al gratuito patrocinio. E quando prescrive l’avviso all’accusato della facoltà di farsi assistere da un difensore, lo fa ricollegando tale adempimento all’esercizio in capo al destinatario della facoltà di rinunciarvi. Se questo è il contesto, non pare possano trarsi argomenti stringenti né sotto il profilo della partecipazione del difensore all’esecuzione del sequestro né circa l’avviso all’accusato di detta facoltà. Problematica, quest’ultima, che, in effetti, si è posta a livello interno con riguardo alla sussistenza – o meno – dell’obbligo della polizia giudiziaria alle prese con un sequestro preventivo d’urgenza ex art. 321 co. 3-bis Cpp di avvisare l’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia. Le Sezioni unite della Cassazione si sono pronunciate in senso negativo e la decisione – fermo quanto appena sopra rilevato – non sembra censurabile per mancato rispetto degli obblighi convenzionali, restando semmai criticabile alla stregua di argomentazioni puramente domestiche112.

Lo scenario parrebbe invece mutare, nel senso di un accrescimento garantistico, se guardiamo all’assistenza linguistica; la Corte offre di tale diritto un’interpretazione funzionale, tesa cioè ad assicurare all’accusato la conoscibilità dell’addebito e la conseguente possibilità di difendersi. Ammesso che tale informativa può, in effetti, tradursi nell’esecuzione del sequestro preventivo, ecco che a fronte di un accusato che non comprende o non parla la lingua usata nel processo, si dovrà quantomeno assicurare la traduzione del decreto di sequestro. L’ipotesi – va segnalato per dovere di completezza – non è espressamente contemplata nell’art. 143 Cpp – riscritto in attuazione della dir. 2010/64/UE e della dir. 2012/13/UE – che al co. 2 riferisce la traduzione scritta ai «provvedimenti che dispongono misure cautelari personali»113. Tuttavia, questa prescrizione è comunque osservata in caso di decreto di sequestro equipollente all’informazione di garanzia (art. 369 Cpp), atto che è esplicitamente previsto debba essere tradotto.

109 Bilanciamento, quello tra diritto informativo e segretezza, consentito dalla fonte sovranazionale: cfr., in proposito, S. Ciampi, L’informazione dell’indagato, cit., 142 ss. e 279 ss. 110 Si escludono qui tutte quelle condizioni che consentono al difensore di difendere l’assistito in maniera effettiva ed efficace: i termini difensivi, per esempio, i colloqui riservati, da assicurare anche prima che avvenga l’interrogatorio di polizia. 111 Anche con riferimento ai colloqui tra avvocato e accusato detenuto. 112 Si tratta di Cass. S.U. 29.1.2016 n. 15453, in CP 2016, 2766 ss., con nota di G. Todaro, Sequestro preventivo d’urgenza di iniziativa della polizia giudiziaria e garanzie difensive e in DPP 2017, 205 ss., con nota di F. Boncompagni, Sequestro preventivo d’urgenza e avviso all’indagato del diritto all’assistenza del difensore. 113 Motivo per cui la giurisprudenza esclude che la mancata traduzione del decreto di sequestro in lingua conosciuta dal destinatario sia causa di nullità, puntualizzando inoltre che tale decreto non costituisce atto d’indagine probatoria ed è suscettibile di essere disposto anche nei confronti di persona non indagata e non destinataria di informazione di garanzia; v. Cass. 28.5.2014 n. 33402, in DPP 2014, 1069.

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Passando ora a occuparci degli altri crismi del procès équitable, converrà spendere qualche parola in merito al principio di pubblicità processuale, la cui portata, rispetto all’istituto in commento, occorre chiarire in ordine ai giudizi di impugnazione. In subiecta materia, gli insegnamenti della Corte europea assumono contorni piuttosto nitidi: nelle fasi di controllo l’equità s’intende rispettata benché la procedura sia di tipo camerale, a patto che la deroga al regime pubblicitario risulti giustificata, vuoi perché oggetto di disamina siano i soli profili di legittimità del provvedimento impugnato (e vi sia stata in prima battuta un’udienza pubblica) vuoi per il carattere altamente tecnico della materia trattata; ipotesi quest’ultima che fa salva la possibilità, valutabile dalla Corte in base alla specificità del caso, del pubblico esame.

Poiché, dunque, la fonte sovranazionale non esige il rispetto del contraddittorio orale nei giudizi di cassazione (ove si discute di soli vizi di legittimità) appare inappuntabile – sotto il profilo delle imposizioni di stampo convenzionale – la soluzione fornita dal supremo Consesso a proposito del problema concernente la forma dell’udienza camerale nel giudizio di cassazione avverso provvedimenti cautelari reali, se partecipata (secondo l’archetipo dell’art. 127 Cpp) o meno (in ossequio alle regole dell’art. 611 Cpp); soluzione indirizzatasi verso questa seconda opzione. 114 L’approdo, per la verità, può dirsi ormai inattuale: dimostrandosi più garantista del giudice europeo, il legislatore italiano, con la recentissima l. 23.6.2017 n. 103 recante modifiche al codice penale, di procedura penale e ordinamento penitenziario, cosiddetta Riforma Orlando, ha previsto l’applicazione del rito camerale partecipato al ricorso per cassazione contro provvedimenti cautelari reali (art. 325 co. 3 Cpp).

Dotato di fondamento convenzionale, anch’esso portato della fairness processuale, è poi l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali. Assolto anche da un’esposizione argomentativa per relationem, ai giudici europei interessa che nella motivazione trovino riscontro tutte le argomentazioni sollevate dalle parti che, se accolte, influenzerebbero l’esito del giudizio 115 . Argomentazioni che – forse superfluo ricordare – se rapportate alla natura cautelare del provvedimento adottato, ineriscono alle situazioni di apparenza (fumus boni iuris) e urgenza (periculum in mora) che le giustificano. Invano sarebbe cercare nelle pronunce di Strasburgo un appiglio sul “come” adempiere a detto obbligo motivazionale, questione condizionata da diversi fattori, comprese le differenze ordinamentali degli Stati contraenti.

Problematica, questa della modalità di assolvimento del dovere giustificativo, che in effetti si pone con riguardo alla materia che ci occupa, poiché – come già evidenziato116 – la disciplina codicistica non specifica i requisiti della motivazione del

114 Cfr., Cass. S.U. 17.12.2015 n. 51207, in www.penalecontemporaneo.it, 25.1.2016, con nota di I. Guerini, Ricorso per cassazione avverso misure cautelari reali: per le sezioni unite trova applicazione il procedimento camerale non partecipato. 115 La casistica convenzionale ha riguardato i casi di motivazione illogica sull’attendibilità del testimone d’accusa determinante e di motivazione insufficiente sulla confessione contraddetta da altri elementi probatori non esaminati. 116 V. supra, § 2.

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provvedimento di sequestro preventivo che, invece, esplicita per i provvedimenti cautelari personali (art. 292 Cpp).

Per finire, merita ritornare sul tema della presunzione di innocenza (art. 6 § 2 Cedu117), ispezionandolo sotto l’angolatura della regola di giudizio, le cui implicazioni vengono dalla Corte fatte rifluire sull’equo processo (art. 6 § 1 Cedu)118. Più nello specifico, assodato che l’onere della prova circa la responsabilità dell’imputato grava sul pubblico ministero, importa la posizione assunta dal giudice di Strasburgo in ordine al meccanismo di inversione di quell’onere, ovvero le presunzioni legali: ammesse in quanto superabili con allegazioni difensive119.

L’affermazione trova un’eco anche nella prassi della nostra giurisprudenza120: nel caso di sequestro finalizzato alla confisca cosiddetta “allargata” o “per sproporzione” di cui all’art. 12 sexies d.l. 306/1992 (disposto su denaro, beni o altre utilità di cui l’imputato non riesca a giustificare la provenienza e di valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato) la presunzione di illecita accumulazione patrimoniale è considerata legittima poiché suscettibile di essere superata da specifiche e verificate allegazioni dell’interessato.

Come garantire a quest’ultimo di esercitare il suo diritto di difesa, data la difficoltà per la parte privata di capovolgere un giudizio di astratta configurabilità del fatto di reato e di confiscabilità del bene121 – quale accertamenti oggi richiesti al giudice per questa fattispecie di sequestro – diviene il vero nodo da sciogliere.

6. Nell’offrire qualche riflessione conclusiva, sentiamo di dover riepilogare, per

sommi punti, le tappe del discorso fin qui portato avanti, certamente parziale poiché destinato a future aperture, anche alla luce dei possibili sviluppi in seno alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea.

Le carte sovranazionali di diritti ricomprendono la proprietà privata e la libera iniziativa economica tra i diritti fondamentali tout court, disconoscendo la tradizionale bipartizione tra diritti di libertà e diritti sociali ed economici 122 . Il trattamento somministrato alle limitazioni di tali diritti – base legale, finalità di interesse generale, proporzione rispetto all’obiettivo – rappresenta un modello valido per ogni restrizione alle libertà tutelate dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Ne discende l’obsolescenza di quelle statuizioni giurisprudenziali che giustificano l’attenuazione delle garanzie per il settore delle cautele reali rispetto allo standard

117 Garanzia valida fino a che la colpevolezza dell’imputato non venga «legalmente accertata»: sulla portata di tale espressione, non contemplata nel nostro art. 27 co. 2 Cost., v. F. Cassibba, Diritto a un equo processo, in Corte di Strasburgo e giustizia penale, cit., 164. 118 Quale regola di trattamento, con il divieto quindi di equiparare l’imputato al colpevole, il canone de qua è reso operativo con riguardo alle misure personali di cui art. 5 Cedu. 119 Cfr., F. Cassibba, op. cit., 164 ss. 120 Cfr., tra le molte, Cass. 31.3.2016 n. 16111; Cass. 17.6.2015 n. 29554; Cass. 26.2.2009 n. 10549. 121 Ne mette in luce il problema A. Scalfati, L’ombra inquisitoria del sequestro preventivo, cit., 6. 122 Sull’assetto dei diritti fondamentali nel sistema della nostra Costituzione, v. P. Caretti, I diritti fondamentali, cit., 87 ss.

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assicurato alle misure personali calcando sulla diversità gerarchica tra beni oggetto di tutela cautelare123.

L’input garantistico di derivazione convenzionale impone, nella prospettiva sostanziale, il rispetto del principio di legalità, declinato dalla giurisprudenza europea in relazione a ipotesi di confisca a carattere sanzionatorio nella previsione di leggi accessibili e precise (id est, tassative o determinate). Tale prescrizione va estesa al sequestro preventivo funzionale alla confisca, che sia per legge o “di fatto” una sanzione, poiché in tal caso alla cautela reale è collegata una finalità afflittiva e non semplicemente precauzionale. Ragione per cui è necessario che la sua applicazione si fondi su una prognosi di probabile condanna dell’imputato, cioè su gravi indizi di colpevolezza.

La lacunosità che connota i presupposti della cautela in esame, in particolare quello relativo al fumus delicti, non essendo compatibile con gli obblighi discendenti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo conduce quindi a ritenere illegittimo, per contrasto con l’art. 117 co. 1 Cost. e con l’art. 27 co. 2 Cost., l’art. 321 co. 2 e 2-bis Cpp. Del resto, non può essere negato l’imbarazzo in cui si trova la stessa giurisprudenza: resasi conto di non poter applicare la cautela senza scommettere sulla futura condanna dell’imputato ma refrattaria a richiedere i gravi indizi di colpevolezza, ricorre a formulazioni che in verità lasciano più incertezze che altro: come quando chiede al giudice di valutare le risultanze processuali senza però addentrarsi nella questione della fondatezza dell’accusa, potendosi dubitare che simile valutazione sia concretamente praticabile.

La “grande Europa” esige altresì che la restrizione alla proprietà privata sia improntata al principio di proporzionalità. Stante l’obbligo di interpretazione conforme alla Convenzione, il giudice comune è dunque tenuto, sotto il profilo dell’accertamento del periculum in mora, a valutare se il vincolo di indisponibilità sulla res sia la misura più efficace a evitare conseguenze dell’illecito ulteriori a quelle già manifestatesi (art. 321 co. 1 Cpp) o se il rischio di commissione di nuovi reati possa essere diversamente impedito. Come pure dovrà verificare, se si tratta di cautela a fini di confisca (art. 321 co. 2 e 2-bis Cpp), che il quantum sequestrato non risulti esagerato rispetto all’ablazione finale, posto che è nei limiti in cui consente di garantire la successiva confisca che la misura reale va disposta.

A meno incisivi esiti, nella visuale prospettica della massima tutela attuabile, sembra portare la normativa sovranazionale con riferimento alle garanzie processuali da assicurare al soggetto colpito dalla misura reale preventiva.

Da constatare, quale nota di chiusura, che al nostro legislatore la materia non pare interessare124. La riforma del 2015 in tema di misure cautelari si è occupata di

123 La differenza di valori tutelati da misure cautelari personali e misure cautelari reali è spesso invocata dalla giurisprudenza: v. Cass. S.U. 31.3.2016 n. 18954, cit. (sulla portata del rinvio all’art. 309 co. 9, 9-bis, 10 Cpp ad opera dell’art. 324 co. 7 Cpp); v. anche Cass. S.U. 17.12.2015 n. 51207, cit. (sul modello procedimentale da applicare al ricorso per cassazione contro provvedimenti applicativi dei sequestri, se rito partecipato ex art. 127 Cpp o non partecipato ex art. 611 Cpp). 124 L’ultimo tentativo di mettere mano alla materia delle cautele reali risale alla Commissione Dalia.

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Approfondimenti Coercizionerealepreventivaedirittiumani E.Guido

Lalegislazionepenale ISSN:2421-552X278.2.2018

quelle personali con modifiche che, per la verità, hanno creato per il settore delle misure cautelari reali non pochi problemi interpretativi, dato che la relativa disciplina, soprattutto per quel che attiene al regime delle impugnazioni, si struttura grazie alla tecnica del rinvio alle disposizioni previste per le misure cautelari personali. La recente Riforma Orlando, eccettuata la modifica circa il giudizio di cassazione avverso i provvedimenti cautelari reali – ora previsto in forma camerale partecipata come si è già ricordato – per il resto tace sull’argomento.

A oggi, quindi, il sequestro preventivo rimane nel limbo, nell’attesa che il legislatore intervenga a risolverne la disarmonia di istituto garantito sul codice in quanto misura cautelare ma sbilanciato nella pratica verso istanze repressive di pronta reazione al reato.