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1 ANTOLOGIA DELLA CLASSE 2 A I MIGLIORI RACCONTI DELL'ANNO SCOLASTICO 2013/14 SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO “J. E G.B. PIAZZETTA” ONIGO DI PEDEROBBA

Antologia di racconti della classe 2A

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ANTOLOGIA DELLA CLASSE 2 A

I MIGLIORI RACCONTI DELL'ANNO SCOLASTICO 2013/14

SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO “J. E G.B. PIAZZETTA”

ONIGO DI PEDEROBBA

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SOMMARIO

Ritorno in Vajont .......................................................................................................................................................................... 3

Io e gli alieni .................................................................................................................................................................................. 6

Il lago dei cigni .............................................................................................................................................................................. 9

Viaggio nel futuro ....................................................................................................................................................................... 13

L’investigatore Falco .................................................................................................................................................................. 16

Un giallo in biblioteca ................................................................................................................................................................ 19

Un delitto al gusto di fragola .................................................................................................................................................. 21

Chi ha ucciso lo sciatore? ........................................................................................................................................................ 23

Una dolce vendetta ................................................................................................................................................................... 27

Al tempo di Giovanna d’Arco ................................................................................................................................................... 29

Alla scoperta dell’America ...................................................................................................................................................... 32

Il sogno ........................................................................................................................................................................................ 36

Braccialetti rossi “Watanka” .................................................................................................................................................. 40

La mappa del tesoro .................................................................................................................................................................. 43

La ricerca del tesoro ................................................................................................................................................................ 49

Un’avventura inaspettata......................................................................................................................................................... 52

Il diario di un cane: Buddy ...................................................................................................................................................... 53

Il diario del cane Sten ............................................................................................................................................................. 57

Cara Sissi..................................................................................................................................................................................... 62

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RITORNO IN VAJONT

Mentre vagavo nell’ universo, guardavo il telegiornale nella mia televisione, dentro alla Macchina del

Tempo. Una notizia tra le tante, mi colpì molto. Oggi era il 50^ anniversario del disastro del Vajont.

Vedendo quelle scene dolorose, decisi di tornare indietro nel tempo per evitare quella sciagura. Con molta

prudenza, cominciai a invertire la direzione della Macchina; le lancette girarono sempre più adagio, fino a

che quella dei cinquant’ anni mi parve immobile e quella che segnava i giorni rallentò la sua corsa e

divenne visibile.

Ad un certo punto riuscii a scorgere i contorni di una spiaggia desolata. Mi fermai con molta delicatezza e,

seduto sulla Macchina del Tempo, mi guardai attorno. Era una spiaggia deserta, non c’ era niente e

nessuno, solo un piccolo paesino che distava circa undici chilometri. L’ unica soluzione era raggiungerlo e

chiedere informazioni sulla strada per raggiungere la diga. Dopo un paio di ore di cammino raggiunsi quel

desiderato paese. Chiesi a qualche signore della zona dove si trovava la diga del Vajont.

La strada era chiara, ma il problema era: come arrivare alla diga? Presi quindi il treno alla stazione e in

mezz’ ora circa arrivai a Longarone. Pensai a come avrei potuto evitare la tragedia. Pensa, pensa, pensa la

prima cosa da fare era incontrare l’ ingegnere e parlargli. Rubai una bicicletta lì vicino, appoggiata al muro,

e cercai di raggiungere la cabina di controllo lungo la salita. Salendo pian piano, perché il terreno era

scivoloso, arrivai in cima alla salita, dove si trovava la cabina. Dopo l’ autorizzazione dell’ ingegnere entrai.

Gli spiegai la situazione e il fatto per cui ero venuto: ‹‹Sono un geologo e vengo dal futuro so cosa

succederà questa notte. Il monte Toc cederà e un pezzo finirà dentro il lago che formerà un’ onda così

grande che distruggerà Longarone››. L’ingegnere mi rispose: :‹‹ Stia tranquillo questa sera raggiungeremo l’

altezza di sicurezza››. Io gli replicai:‹‹ Vengo dal futuro, glielo dico io succederà lo stesso, anche se

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raggiungerete la quota di sicurezza succeder… Stavo per finire la frase quando: fuori!!!. L’ingegnere mi

aveva appena sbattuto fuori perché non sopportava le mie avvertenze sul fatto. Dovetti uscire e tornare giù

fino a quel paese che poche ore dopo sarebbe andato distrutto. Mi feci coraggio e decisi di far evacuare il

villaggio. Corsi fra vie, vicoli, piazze ad urlare a tutti di abbandonare le loro case e di salire sulla collina.

Tutti mi ascoltarono. L’ unico inconveniente era quello della partita. Le uniche persone a non evacuare la

zona furono le persone che stavano guardando la televisione al bar. Provai a convincerli, ma non ci fu nulla

da fare. Poi pensai: la partita era la loro cosa importante. Quindi trovai la soluzione! Corsi al supermercato

lì vicino, presi un carrello per la spesa e lo portai al bar. Presi la televisione e la misi nel carrello senza

portare nessuna spina perché la televisione si alimentava girando una manopola presente in un lato. Di

corsa andai verso la collina. Tutta la gente mi correva dietro per non perdersi la partita. Arrivati alla collina

tutti salirono, c’ era tensione, mancavano una manciata di minuti, tutti, guardavamo il monte e all’

improvviso giù un pezzo che finì nel lago e dopo su, un’onda gigantesca salì in alto e ancora giù. Tutto

distrutto, proprio tutto, le case, le piazze, le vie. La gente piangeva per aver perso le loro abitazioni ma

sotto sotto era anche sollevata per aver salvato la loro vita. Era scaduto il tempo, dovevo tornare nel

presente. Con il mio telecomando magico chiamai la Macchina, salii sopra e tornai sulla Terra. Nel

presente erano passati solo tre secondi e non era cambiato niente. Invece nel passato erano passate molte

ore, ma era cambiato tutto: la vita delle persone era in salvo.

Mattia Alba

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IO E GLI ALIENI

Lavorai tutta la notte a quel progetto e dopo molti tentativi riuscii a terminarla. Era una

meravigliosa macchina del tempo. Era l'alba quando decisi di testarla, ma quando mi alzai

dal letto pe r andare in cucina a fare colazione, qualcosa o qualcuno mi colpì alla testa. Forse

voleva che sparissi dalla sua vita o voleva rubare la mia invenzione. Mezzo stordito vidi che

mi trascinò sulla macchina del tempo e mi obbligò a farla funzionare. Con molta prudenza,

cominciai a invertire la direzione della macchina; le lancette girarono sempre più ad agio,

fino a che quella delle migliaia di anni mi parve immobile e quella che segnava i giorni

rallentò la sua corsa e divenne visibile. Ad un certo punto riuscii a scorgere i contorni di una

spiaggia deserta di un pianeta sconosciuto per l'umanità. Ero felice perchè ero in un luogo

non ancora scoperto, ma nello stesso tempo triste,solo e preoccupato. Mi fermai con molta

delicatezza seduto sulla macchina del tempo, mi guardai attorno. Pensai dimettermi a

cercare qualcuno che mi avrebbe aiutato. Cominciai a camminare e, dopo molte ore senza

acqua e cibo, lontano vidi un villaggio e corsi sfinito fin lì. Quando arrivai mi accorsi che le

altre forme di vita erano diversi da me e che non parlavano la mia lingua pur capendola.

Avevano delle gigantesche e lunghe antenne imbuto, con dei tentacoli al posto delle mani.

Ma quello che mi colpiva di più era che parlavano e si rivolgevano a me molto dolcemente.

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Mi diedero tutto quello che mi serviva. Dopo qualche nottata a dormire la, una notte sentii il

capo degli alieni, chiamato anche capo Truppachenni, che diceva "Noi dobbiamo

continuare a essere gentili con tutti per ingannarli e poi darli in sacrificio al mostro dio!".

Quando sentii quelle parole che portavo nell' orecchio, decisi di scappare, ma dovevo

evitare tutti loro. Feci una strana voce per distrarli e, mentre loro si giravano , scappai e

dopo molta strada raggiunsi la mia macchina del tempo e decisi di ritornare alla mia epoca.

Non riuscivo a credere di aver raggiunto nel futuro di 2000 anni. Dopo questa avventura

decisi di scrivere un libro e di pubblicarlo anche se dopo mi presero tutti per pazzo.

Nessuno mi credeva ma io sapevo che era vero.

Martina Giannini

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IL LAGO DEI CIGNI “Sara, è ora di pranzo, sali forza”. Non ero molto affamata, avevo appena scoperto di possedere il tesoro dei

tesori: una macchina del tempo!. Era un po’arrugginita ed impolverata, non molto grande, poco più alta di uno

scaffale; ci sono entrata comunque. Sembrava di stare in un mondo parallelo; lì dentro era tutto colorato: tasti,

schermi, lancette…. Ho schiacciato un bottone e …3, 2, 1 si parte! Ero entrata in una specie di vortice pieno di

luci e colori, ma la macchina sembrava andata in tilt. Ho cominciato, con molta prudenza, ad invertire le

direzioni della macchina; le lancette giravano sempre più adagio, fino a che quella delle migliaia di anni mi è

parsa immobile e quella che segnava i giorni ha rallentato la sua corsa ed è diventata visibile. Ad un certo

punto sono riuscita a scorgere i contorni di una spiaggia desolata. Mi sono fermata con molta delicatezza e,

seduta sulla macchina del tempo, ho cominciato a guardarmi intorno. Non c’era nessuno a cui chiedere

informazioni, così ho cominciato a camminare, camminare e camminare. Non era molto caldo e quando

finalmente ho sentito provenire da lontano un vociare di persone, mi sono sentita sollevata e ho cominciato a

correre. Dopo poco sono arrivata in una grande piazza innevata, dove passavano carrozze trainate da cavalli

che, grazie ai fiocchi che cadevano dal cielo, erano diventate bianche. Ho immaginato di essere in molti luoghi,

ma mai in quello che stavo per sentire. Vicino a me era passato un signore con un lungo cappotto nero ed un

cappello peloso in testa. Ho deciso di chiedere informazioni. “Mi scusi signore, dove mi trovo?”. Con voce

cupa mi ha risposto: “Tu essere in Mosca bimba! e quello che tu vedi è famoso teatro Bolshoi!”. “Che giorno è

oggi?” e lui “E’ il 4 dicembre del 1950”. Dopo aver capito che ero tornata indietro nel tempo ero un po’

preoccupata, ma, ripensando a quello che il signore aveva appena detto, ho fatto i salti di gioia. Mi trovavo

davanti al teatro più grande del mondo e per me, che sono una ballerina non è cosa da poco. Sono corsa verso

la grande scalinata di pietra che mi divideva da un mondo magico. Ho salito le scale e mi sono ritrovata davanti

ad un portone alto qualche metro, ho spinto con tutta la forza che avevo e…WOW! era magnifico, davvero un

altro mondo, davanti a me c’era un palco enorme con due tende di velluto rosso e tante, ma tantissime luci ad

illuminarlo. C’erano anche molte file di sedie rivestite di velluto. Ho sempre sognato di vedere un luogo come

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questo. Su una delle sedie sedeva una giovane donna, vestita con un abitino corto di un rosa tenue ed ai capelli

un coroncina di fiori di pesco. Mi sono avvicinata. Aveva un bellissimo viso, gli occhi azzurri e i capelli

castani. Le ho chiesto il suo nome e lei mi ha detto che si chiamava Margarita e che stava provando un balletto

per uno spettacolo molto famoso.

Le ho anche chiesto di farmelo vedere, e lei ha detto che lo avrebbe fatto molto volentieri. Mi sono seduta in

prima fila, e la musica è cominciata: era “Il Lago dei Cigni”. Era meravigliosa, sembrava una libellula che si

posa tra i fiori di un prato, la più bella farfalla che vola nel cielo: un angelo. Quando si è spenta la musica, ho

sentito che Margarita mi chiamava. “Sara vieni, balliamo insieme!”. Ero emozionatissima. Mi sono cambiata e

sono salita sul palco, per la seconda volta è incominciata la musica: adesso sì che ero veramente felice. Dopo

qualche ora avevo finito il giro del teatro; era enorme e pieno di sale prove. Il tempo stava ormai per scadere,

dovevo correre alla macchina. Ero molto triste di dover salutare Margarita, ma dovevo farlo.

Tornata a casa ho sentito la voce della mamma che mi diceva che ero in ritardo per la prima lezione di danza

con un’insegnante russa, così sono subito partita per Treviso.

“La lezione è stata veramente faticosa”, ho detto alla mia compagna. “sì” mi ha risposto, “ma l’insegnante è

veramente brava!”. Aveva ragione. Quando stavo per tornarmene a casa ho sentito il mio nome pronunciato

con un accento russo, mi sono voltata e ho visto l’insegnante indicarmi e dirmi: “io e te ci siamo già viste”.

Sara Torresan

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VIAGGIO NEL FUTURO Ero nel mio garage a ultimare la mia la macchina del tempo che avevo costruito appositamente per evitare i più grandi disastri della storia. Ad un certo punto mi ricordai che la macchina aveva un problema al motore.. Dopo essermi ricordata tutto questo, dei brividi mi pervasero e mi fecero ricordare la testa ancora dolorante. motore andava a scatti e per poco non sbattevo la testa per i sobbalzi Entrai nella macchina per controllare il motore e ad un certo punto successe il disastro: indietreggiando per prendere la chiave inglese per sbaglio schiacciai il bottone per l’ accensione. La macchina fece un sobbalzo che mi fece cadere , per non prendermi un’ altra botta in testa, mi tenni al bordo di una me nsola dove avevo il marchingegno per scrivere l’ anno in cui si voleva andare . Fu così che per sbaglio tenendomi schiacciai quattro bottoni che non vidi. Con molta prudenza cominciai ad invertire la direzione della macchina; le lancette girarono sempre più adagio, fino a che quella delle migliaia di anni mi parve immobile e quella che segnava i giorni rallentò la sua corsa e divenne visibile. Ad un certo punto riuscì a scorgere i contorni di una spiaggia desolata. Mi fermai con molta delicatezza e, da che ero disteso nella macchina del tempo,mi alzai e mi guardai attorno. Quando i miei piedi toccarono per terra una luce abbagliante mi colpì. Riparandomi, vidi che il mare era mosso da speciali marchingegni e la sabbia era di plastica. Prima che potessi trarre delle conclusioni sentii una voce metallica che disse:“Intrusi,

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intrusi!”. Era un robot!. Lui mi prese, mi portò davanti a una porta che aprì e mi buttò fuori. Sul marciapiede vidi una scritta sul muro che diceva: “Set televisivo”, subito guardai su e… quello che vidi fu incredibile: un enorme grattacielo che mi copriva la vista del sole. Piano piano mi girai e notai che le macchine, incredibilmente, riuscivano a volare e tutto era supertecnologico. A quel punto mi accorsi che lì non esisteva la gravità: infatti anche io stavo galleggiando!. Tutte le persone indossavano una tuta attillata molto strana. Cominciai a camminare e era molto divertente, ma tutti mi guardavano perché non avevo la tuta come loro. Ad un certo punto un uomo con i baffi e un’aria molto seria e rigida mi disse: “Chi è lei? Da dove viene? Perché è qui?”. Che maleducato! Neanche mi saluta! Io risposi:“ Sono una scienziata, vengo dal passato e sono capitata qui per sbaglio!”. Lui, con fare sospetto, disse:“ Sì, certo, ma il sindaco non credo che tanto d’accordo…”. Io lo seguii per vie, viuzze, e alla fine arrivammo in piazza dove c’ era il municipio. Il sindaco era molto gentile e mi accolse, dopo la spiegazione del segretario, dicendo:“ Benvenuta sulla terra! Spero che il mio segretario non vi abbia spaventata. Ma adesso parliamo di cose più importanti! Da trent’ anni noi prendiamo l’ aria da un pianeta disabitato, ma lì l’ aria sta finendo!”. Io dissi prontamente:“ Qui ci servono alberi!”. Ovviamente loro non capirono, ma io spiegai che cos’erano, poiché loro non avevano mai visto uno di questi alberi. Nei giorni seguenti provai a piantarne alcuni, ma morivano subito. A quel punto l’ unica cosa da fare era portarli via da quel pianeta, che sarebbe esploso senza ossigeno. Lo dissi al sindaco e lui disse che saremmo partiti subito con altre macchine che avevo costruito. Partimmo due giorni dopo e loro si inserirono subito e ogni sera ci dicono quello che cosa ci succederà. Alessia Menegon

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L’INVESTIGATORE FALCO

Le sirene della polizia si sentivano già in lontananza, in quel mattino afoso, mentre il bibliotecario

Gianni Ferri fissava, pulendo gli occhiali, il corpo della fidanzata all’interno dell’automobile. Era stato

lui a trovarla e a chiamare l’ambulanza. Ci dirigemmo verso il mio ufficio dove avvenne

l’interrogatorio.

“ Mi dica signor Gianni; a che ora precisamente ha trovato il corpo della sua fidanzata?” Gli chiese

l’investigatore Corrado Falco, che aveva preso in mano l’indagine. “Stavo arrivando in biblioteca ,

come ogni mattina, di solito sono lì per le otto , ma credo che Eva fosse arrivata prima e poi, poi è

successo ; l’hanno uccisa!” “Grazie per il suo intervento Gianni, ma prima che se ne vada , vorrei

chiederle che rapporto aveva con la signorina Eva.” Il bibliotecario prese fiato e poi guardò

l’investigatore: “L’amavo molto. Sa, stavamo per sposarci , ma tutto e’ andato in frantumi!” Il signor

Ferri con un fazzoletto pulì la punta delle scarpe e continuò dicendo:” Lei abitava a Milano, si era

trasferita da poco con la sorella Sabrina!” Guardò la porta dell’ufficio e salutando cortesemente

l’investigatore , se ne andò. In quel preciso istante squillò il telefono di Falco , alzò la cornetta rosso

fuoco e, con voce seria, disse: “Si, qui è l’ufficio di investigazione , chi parla?”.

Dall’altra parte della cornetta il signor Aldo , l’assistente di Falco, corpulento e baffuto , disse:” Vieni

Corrado, abbiamo trovato una pistola corri. ” Mise la cornetta al suo posto , infilò il cappotto e corse

in biblioteca chiudendosi la porta alle spalle. Fu controllato il numero di matrice dell’arma e si scoprì

che apparteneva a Enzo Cabrini , un letterato, professore ormai in pensione. “Chiamatelo e fatelo

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venire nel mio ufficio ; devo fare due chiacchiere con il professore.” “ Bene, bene così lei era l’amante

segreto di Eva Rizzetto.” “ Si” disse lui; “ Le volevo tanto bene, non l’avrei mai uccisa !” “ Dicono

tutti così, ma lei l’ha uccisa perché Eva la voleva lasciare, è quello che mi ha detto sua sorella Sabrina ,

è stata lei a convincerla!” Il professore, attraversato da un impeto d’ira, disse.” No, non sono stato io,

non l’ho uccisa io!” “ Basta chiacchiere la dichiaro in stato di fermo!” Per quel giorno le indagini si

conclusero. “Galoscia ritrovata in un sentiero dietro la biblioteca , appartiene all’assassino di Eva

Rizzetto?” L’investigatore posò il giornale sulla scrivania , e in quel preciso istante ebbe un flashback:

“Gianni ha sempre un fazzoletto tra le mani per pulire qualsiasi cosa ; occhiali ,scarpe” pensò tra sé e

sé. Ed ecco che Corrado Falco arrivò a una soluzione: la galoscia apparteneva a Ferri , il bibliotecario

che tanto amava e tanto era geloso della compagna. Gianni fu chiamato nell’ufficio dell’investigatore

Corrado Falco e fu interrogato per una seconda volta, in un’atmosfera piena di ansia e di

timore.”Signor Gianni lei era molto geloso del rapporto tra la sua compagna ed il professor Cabrini!”

“Esatto , ma non ucciderei mai nessuno.” “ Invece sì, lei ha ucciso Eva” disse Corrado. “ Ha trovato le

chiavi dell’appartamento del professore nella borsa della sua compagna ed è andato a prendere la sua

pistola per gettare i sospetti su di lui; o sbaglio?” “ Ha ucciso Eva e l’ha portata fino alla biblioteca in

auto!” proseguì il detective. “ Sì , ma….” tentò di dire Ferri. “ Non ho finito!” disse Falco. “ Lei è un maniaco del pulito, ed ecco

che perde la galoscia appena ritrovata!” “E’ in arresto Gianni!” Mentre Ferri veniva portato nella sua

cella , si voltò e disse:” Non sono pentito di aver ucciso una traditrice.”

Sara Torresan

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UN GIALLO IN BIBLIOTECA

“Che bei tramonti si dovrebbero vedere da qui’’ disse con aria spensierata l’investigatore Corrado Falco guardando

dalla finestra della biblioteca. Infatti, era stato chiamato quella mattina per un omicidio avvenuto alle undici e mezzo

della sera prima in biblioteca. C’erano pochi indizi e siccome la biblioteca era tutta chiusa, non si capiva come la

vittima ed il colpevole potessero essere entrati. Troppi pensieri stavano frullando nella testa del detective Falco, così

tutto d’un tratto disse “Dove è il bibliotecario, che vorrei interrogarlo, Subito spuntò fuori il signor Ferri, una persona

piuttosto strana, ereditiere di quella biblioteca, che rispose “Buongiorno signor Corrado, se mi vuole interrogare,

andiamo nel mio ufficio privato, Così si incamminarono verso una porta, ci entrarono e subito trovarono l’unica finestra

della stanza spalancata; “oh mio dio!’’ disse il bibliotecario ‘’è da qui che devono essere entrati!’’ infatti, guardando

bene, si vedeva che la finestra era stata forzata, ma stranamente, il balcone era chiuso. L’investigatore non disse

nulla, ma chiese ’’lei dove si trovava alle 11:30 di ieri sera?’’ con aria indifferente il bibliotecario rispose ’’mi stavo

lavando, testimone il mio vicino di casa il professor Enzo Cabrini, e vecchio ma dovrebbe aver sentito che ero in casa il

commissario rispose’’ lei per ora non si può allontanare da qui e per favore mi può dire, dove abita? ’’’Io’’ chiese il signor

ferri ‘’io abito nel condominio qui affianco al n°26 e il mio vicino al n°27’’. “Molte grazie” rispose il commissario. Uscì ed

entrò nel condominio affianco salì le scale, arrivò al terzo piano e bussò al n°27, dove aprì un vecchietto arzillo sulla

novantina d’anni dicendo: “È il postino?” “ No” rispose Corrado “sono Corrado Falco e sono un detective. Sono venuto a

chiederle se ha sentito dei rumori sospetti questa notte, perché c’è stato un omicidio in biblioteca”. “Ah no” rispose il

vecchietto “non ho sentito un bel niente perché quel pazzo del bibliotecario ha fatto andare il phon tutta la notte, è

mezzo pelato e non capisco perché si sia asciugato così tanto”. In quel momento il commissario ebbe un’illuminazione

“basta basta, può bastare lei è stato davvero importante per queste indagini!” ed uscì di corsa.

Tornò in biblioteca, guardò bene la vittima e vide che aveva un graffio sulla faccia, allora disse: “Per oggi può bastare,

portate il cadavere in obitorio”. Quella sera stessa un’ombra uscì dal condominio e montò su una macchina che partì a

tutto gas verso l’obitorio della città. Arrivata, l’ombra salì per la grondaia, spaccò una finestra, entrò nella camera

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mortuaria di Eva Rizzetto, dove le prese la mano, quando….. Si accese la luce; l’identità dell’ombra fu subito

riconosciuta dal commissario Falco appoggiato alla parete, ci fu un attimo di silenzio ma poi il detective disse: “Bene

bene ha fatto tutto di fretta ieri sera in biblioteca, vero? Ha invitato la signorina Rizzetto in biblioteca per chiederle

di sposarla lei ha risposto di no e se ne è andata così lei ha tirato fuori l’anello, la signorina le ha dato uno schiaffo, lei

pieno di collera le ha sferrato un pugno. La signorina Rizzetto è morta con un graffio sulla faccia lasciato dal diamante

che aveva sull’anello. Poi quando ha capito che era morta, ha finto il furto ed ha forzato la finestra, ma si è

dimenticato di aprire il balcone, poi è uscito, ha chiuso la porta ed è tornato nel suo appartamento, ha acceso il phon

per far credere che si era appena lavato. Poi è andato a dormire ed il phon è rimasto acceso tutta la notte, quindi ha

fatto la scenata stamattina e ora è venuto a prendersi l’anello che le aveva infilato”. “la dichiaro in arresto”. Il

bibliotecario non disse nulla e lo portarono in carcere. Da quel momento il commissario cambiò mestiere e diventò il

bibliotecario.

PIETRO DE ROS

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UN DELITTO AL GUSTO DI FRAGOLA

La signora Sally Thompson entrò nel grande attico dell’albergo in cui avrebbe trascorso il fine settimana;

chiedeva sempre una suite al ventiduesimo piano, perché la meravigliosa vista del balcone del salotto

comprendeva la Statua della libertà. Poco dopo, Mark, il cameriere, bussò alla sua camera per lasciare la solita

torta alla fragola che la signora ordinava ogni volta che andava all’hotel Annalor. L’hotel Annalor si trovava

vicino alla spiaggia ed era molto amato dai turisti per la sua posizione. Quella sera la signora Lucy Melville

correva attraverso la hall per cenare con la sua amica Sally Thompson. Raggiunse in fretta la stanza e bussò alla

porta, ma la amica non le aprì. Alla fine decise di entrare… e quello che vide fu orribile: Sally Thompson era

morta! Fece appena in tempo a chiamare polizia e svenne. Si risvegliò all’ospedale frastornata e debole. Accanto a

lei c’era un signore vestito come Sherlock Holmes. Lucy chiese:- Che cosa vuole signore? Lui rispose:- Mi dispiace,

io non sono un maschio! Mi chiamo Viola Valentino e sono una detective. Lucy disse:-Voglio che trovi

assolutamente l’assassino. La detective annuì e se ne andò dalla stanza. Viola Valentino uscì dall’ospedale e si

diresse verso l’hotel dove alloggiava Sally Thompson. Entrò nella suite cominciò ad ispezionare la stanza,

scoprendo che la signora Thompson era campionessa di nuoto. Esaminò tutte le coppe ma nessuna aveva qualcosa

di particolare, però guardando bene lo scaffale si accorse che una presentava una macchia di sangue sul lato. La

prese e la portò al commissariato, dove ricevette il risultato dell’autopsia: era stata uccisa con un colpo alla testa

e una coltellata. Decise di interrogare l’amica Lucy Melville, ma ne ricevette soltanto due informazioni: Sally

aveva vinto molte gare e stava per fare la gara più importante della sua vita. L’amica disse anche che quando

aveva trovato Sally morta aveva visto il coltello della torta insanguinato. La detective decise di interrogare tutti

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i camerieri. Li riunì in una stanza e interrogò Mark. Lui disse che il suo amico Richard faceva nuoto e che gli

aveva confessato che era invidioso di Sally. Allora Viola Valentino interrogò Richard, basandosi su quello che

aveva detto Mark. Richard negò tutto, ma la detective decise di arrestarlo comunque. Quando passarono davanti

a Mark, Richard disse:-Non me lo aspettavo da te. Mark rispose:-Invece io non mi aspettavo che tu fossi un

assassino e soprattutto non mi aspettavo che tu fossi così geloso fini ad arrivare al punto di uccidere Sally

Thompson solo perché era più brava di te, prima dandole un colpo in testa e poi una coltellata, povera, mi

domando quanto abbia sofferto. La detective chiese:-Tu come fai a sapere che l’ha uccisa dandole un colpo in

testa e poi una coltellata? Mark non rispose sapeva di essersi contraddetto, a quel punto la detective capì che

Mark era l’assassino e sapeva anche il perché lui volesse vendicarsi: quando faceva nuoto insieme a Sally, lei gli

aveva rubato il posto che gli avrebbe permesso di fare la gara più importante della sua vita ed era stato costretto

a ritirarsi. In quel momento vide il capocuoco che stava scappando, ma fuori dalla porta incontrò le guardie che lo

riportarono dentro. :-Perché stava scappando? Chiese Viola Valentino al capocuoco, ma Mark lo precedette:-E’ il

mio allenatore e lui mi ha aiutato ad ucciderla! La detective disse mi spieghi come ha fatto! Mark rispose:-Ho

usato il coltello il coltello sporco di torta per far ricordare, anche nell’aldilà, alla nostra bella signorina, il buon

sapore della sua torta preferita… Devo dire che è stata una vendetta gustosa! Più gustoso e piacevole sarà per

me vedere la tua faccia da innocente ragazzino dietro le sbarre di una prigione, in compagnia dell’ormai “ex”

capocuoco…e non mancherò di mandare ogni anno una torta alla fragola nella vostra cella, per ricordarvi il

delitto che avete commesso. Alessia Menegon, Arianna Conte, Paride Vendramin, Juan Imeri

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CHI HA UCCISO LO SCIATORE? Drin,…Drin,…Drin…..

- Pronto!, parla l’assistente Dinozzo!

Come posso aiutarla?-.

- Vorrei parlare con l’ispettore Franchi,….-.

- Attenda un attimo. …..-. Glielo passai.

- Dirozzo, preparati! C’è un caso da risolvere!-.

Arrivati sulla scena del crimine; la casa del famoso sciatore Igor Zanetti, l’ispettore disse:- Interrogate i

vicini!-, e poi andò ad esaminare l’abitazione; io intento chiedevo all’amico della vittima cos’era successo. Lui

mi spiegò che la moglie, rientrata a casa, aveva trovato il cadavere di suo marito e spaventata aveva chiamato

un amico di famiglia, che era andato da loro per vedere cosa fosse accaduto e telefonò alla polizia.

Esaminai anch’io la scena del crimine: vidi che la vittima giaceva a terra nella doccia, aveva un forellino sulla

nuca e una mela verde in mano. Notai anche uno strano biglietto con scritto “ore 14:00 appuntamento dal

notaio”.

- Dirozzo! La Scientifica ha trovato l’arma del delitto nel cassonetto della spazzatura sul retro!-.

- Mandalo al laboratorio!-, mi disse Franchi!-.

- Okay, vado subito!-.

- Ispettore, ispettore: venga, ho trovato delle impronte!-.

Esclamai indicando la porta dello studio.

- Potrebbe essere stata una suola di una scarpa!-.

- Già e magari è questa la stanza in cui è stato ucciso Igor Zanetti!…

- La faccio esaminare!-.

- Si, pero adesso, torniamo in ufficio!-, ordinò Franchi!-.

- Dobbiamo scoprire qualcosa di più sulla vittima, sulla moglie e sull’amico di famiglia!-.

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Mi disse Franchi! Una volta in ufficio, mi misi subito all’opera. Più tardi, il comandante della scientifica mi

raggiunse con l’esito delle analisi: scoprii che lo sciatore aveva un amante, motivo per cui i coniugi Zanetti

ultimamente litigavano, inoltre i genitori della moglie erano stati in carcere per un omicidio e l’amico di

famiglia aveva delle multe per guida in stato di ebbrezza.

L’ispettore mi informò anche che il foro sulla nuca del cadavere coincideva con il cacciavite trovato sul retro

dell’abitazione e le tracce sulla porta erano di una scarpa appartenente alla vittima.

- Interroghiamo la moglie, m insospettisce molto!-.

in sala interrogatori l’ispettore aveva convocato la vedova: - Lei sapeva che suo marito aveva un amante?-

chiesi io.

- Cosa? Certo che no: è impossibile!-, ribatte la signora Zanetti.

- Allora dove era quando suo marito è stato ucciso?-.

- Era uscita per fare la spesa!-.

Mi disse lei.

- C’è qualcuno che lo può confermare?-.

- Si, oltre alla cassiera del supermercato; lo possono confermare anche i vicini: la porta di casa cigola!-.

La donna scoppiò in lacrime: - Doveva sistemarla Igor dopo l’appuntamento con il notaio-.

Le porsi i fazzoletti e le chiesi: - che cosa può dirmi al riguardo del notaio?-.

- Igor doveva andarci verso le due; ma a causa di uno stiramento alla gamba si sono dovuti incontrare a casa

nostra. Casualmente il notaio di Igor era anche l’avversario di mio marito!… So anche che da poco la

‘mentadent’, sponsor di mio marito, è anche sponsor del notaio!-.

Franchi bussò su vetro della stanza degli interrogatori per farm i capire che poteva bastare.

- Bene: grazie per aver risposto alle mie domande!-. Ringraziai.

- Farei di tutto per scoprire chi ha ucciso mio marito!-, rispose la donna.

Andai quindi dall’ispettore, il quale mi disse che i vicini avevano confermato l’alibi della donna e che

saremmo dovuti andare a parlare con lo sponsor della vittima.

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Arrivati dal manager ci chiarimmo un po le idee: l’avversario e la vittima avevano litigato per il guadagno di

Zanetti, che era troppo alto secondo il notaio.

Così ci precipitammo dal nuovo principale sospettato e l interrogammo subito.

- Allora, ci dica, quando è stata l’ultima volta che ha visto Zanetti?-, chiesi io.

- Mi faccia indovinare: il giorno del decesso alle ore 14:00…!-, intervenne franchi. – Si!- rispose secco

l’indiziato – E che cosa c’entra?-.

- Il medico legale ha confermato che l’ora del decesso risale alle ore 14:15! Ciò significa che lei è stato

l’ultima persona a vederlo vivo!-, spiegai.

- E con questo che cosa vuole insinuare?-.

- Il mio collega sta dicendo che lei ha ucciso Igor Zanetti; il suo rivale!-.

Disse l’ispettore Franchi con un tono di superiorità.

- Vi siete incontrati a casa della vittima e nello studio vi siete messi a discutere sulla faccenda dei soldi: lei

voleva raddoppiare la paga, mentre il signor Zanetti voleva dimezzarla!-, cominciai a spiegare.

- Trascinò la vittima fino alla doccia, gli tolse il cacciavite dalla nuca, lo sistemò dentro la doccia con una

mela in mano, simbolo della ‘mentadent’ e ripulì le macchie di sangue!-, proseguii.

- Mentre si stava lavando le mani sentì la porta aprirsi e la moglie di Zanetti chiamarlo, così in fretta e furia

prese i l cacciavite e usci dal retro, dimenticandosi del rubinetto aperto e dell’acqua che scorreva.

Uscendo da dietro ebbe anche l’occasione di gettare l’arma del delitto nella spazzatura!-. Concluse

Franchi.

- Ebbene sì, confesso: sono stato io ad uccidere Igor Zanetti!-.

Ammise il colpevole.

- Portatelo via!-. disse franchi ad altri agenti giunti sul posto.

Uscendo notai che l’ispettore Franchi indossava la solita camicia a quadri e il solito paio di jeans.

Ad un certo punto ci fermammo: l’ispettore accese un sigaro.

Poi ci dirigemmo verso l’auto per andare in ufficio, pronti a risolvere un altro caso.

Monica Teston, Antoni Groppo, Beatrice Menegazzo, Klajd Sinameta

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UNA DOLCE VENDETTA La signora Sally Thompson entrò nel grande attico dell’ albergo in cui avrebbe trascorso il

fine settimana chiedeva sempre una suite al ventunesimo piano , perché la meravigliosa

vista del balcone del salotto comprendeva la statua della Libertà. Poco dopo, Mark ,il

cameriere, bussò alla sua camera per lasciarle la solita torta alla fragola che la signora

ordinava ogni volta che andava all’ hotel Annalor.

La Signora Sally aprì la porta e fece entrare Mark, il cameriere. Il rapporto tra i due non

era dei migliori, anzi forse il peggiore : lei trattava sempre il cameriere e il maggiordomo

come fossero i suoi schiavi, pretendeva che tutto fosse fatto immediatamente e

perfettamente. Mark e il maggiordomo erano stufi di questo comportamento che

sopportavano già da anni. Ma, nonostante tutto ciò, il cameriere prese la torta e la mise

sopra il tavolo e la signora gli ordinò di tagliarle una fetta. Poi dalla porta entrò il suo

maggiordomo personale per chiederle se voleva qualcosa. Nonostante la risposta negativa

e l’ ordine di andarsene, il maggiordomo chiuse la porta e si avvicinò alla signora, le

chiese di sedersi e iniziarono a parlare. Dopo una lunga conversazione la signora si alzò

e si diresse verso la cassaforte nascosta, per dare la paga mensile al maggiordomo.

I due la seguirono di nascosto. Dopo alcuni minuti che la signora si era assentata dalla

conversazione, si sentì un tonfo proveniente dalla sua stanza e, successivamente, uscirono

il cameriere e il maggiordomo. Per alcuni giorni, la signora non si vide. Di solito ogni

mattina andava al bar a fare colazione, ma neanche il barista, che le era molto fedele

non aveva nessuna notizia di lei. Incominciò a insospettirsi e a preoccuparsi, quindi

decise di chiamare il detective della città, in pochi minuti si presentò all’albergo e parlò

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con il barista. I due si diressero verso l’ appartamento della Signora Thompson, entrarono

e iniziarono a perlustrarlo, ma non trovarono indizi, finché entrarono in camera e

videro delle gocce di sangue scendere dalla fessura dell’ armadio. Il detective si fece

avanti e all’ interno di esso trovò il corpo della povera Signora Thompson. Il detective

iniziò ad analizzare il corpo della donna. Mentre cercava indizi, venne chiamato dalla

lavandaia. Il detective fermò le indagini e scese ad incontrare la lavandaia, la signora

spiegò il fatto al detective e mostrò le due uniformi del cameriere e del maggiordomo. Il

detective ragionò :“ La signora aveva un maggiordomo personale e l’ unico Cameriere e

entrava nella sua stanza era Mark. Quindi i due colpevoli sono loro.” I due si misero a

cercare gli assassini nell’ albergo e infatti li trovarono proprio nell’ appartamento della

vittima mentre stavano cercando di nascondere meglio il corpo della signora. Il detective

si avvicinò lentamente ai due e, in un attimo, li arrestò. Mark, vista la situazione e l’

impossibilità di fuggire iniziò a confessare. “ Ho usato il coltello sporco di torta per far

ricordare, anche nell’ aldilà, alla nostra bella signora, il buon sapore della sua torta

preferita……”. Devo dire che è stata una vendetta gustosa ! “Più gustosa e piacevole sarà

per me vedere la tua faccia da innocente ragazzino dietro le sbarre di una prigione, in

compagnia dell’ ormai “ex” capocuoco…..e non mancherò di mandare ogni anno una

torta alla fragola nella vostra cella per ricordarvi il delitto che avete commesso.”

Martina Giannini, Manuel Toffolo, Dannia Valuparampil, Mattia Alba

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AL TEMPO DI GIOVANNA D’ARCO

Io e Ilenia, la mia amica, stiamo passeggiando per Onigo. Imbocchiamo la

via “Vecchia” e in mezzo ai campi avvistiamo una piccola casa disabitata; ci

avviciniamo. E’ vecchia, con il tetto marcio, porte e finestre odorano di

muffa. Entriamo e facciamo volare via gli uccelli annidati: c’è una puzza

tremenda e il pavimento… non esiste; grazie alla mia eccellente vista e alla

poca luce che filtrava dalle “imposte” forate, vedo una catenella, la tiro e si

accendono delle lucine tutte colorate. Vado al centro di questo macchinario

ed Ilenia inciampa e preme accidentalmente un pulsante: vedo una luce

bianca, che poi si fa viola, rossa, arancione, azzurra, verde; adesso riesco a

scorgere i contorni di una spiaggia desolata. Tutto si fa più chiaro. Mi sento

spaesata e sono sola; capisco che quella macchina era una Macchina del

Tempo: è di ferro, con tantissimi tasti, circondata da schermi, con fogli

sparsi ovunque e dei tachimetri. Vedo arrivare un carro, lo fermo ed è di una

coppia di contadini che stanno litigando in francese. Capisco quindi di

essere in Francia e mi faccio portare in luogo abitato. Arriviamo: sono in una

piazza e si sente un odore nauseante, è sporchissima, deserta cupa e le case

sono tutte attaccate, molte malcurate e poche ben tenute; sento un discorso

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incoraggiante e qualche nitrito, mi giro e vedo un esercito con uno

stendardo, intuisco quindi che è di Giovanna d’Arco e che è il giorno della

battaglia di Orleans, l’otto maggio 1429. Mi scambiano per un soldato, dato

il mio taglio di capelli corti e mi mettono un’armatura un po’ arrugginita,

pesante e ammaccata. L’esercito è formato da uomini robusti e minuti, i

giovani sono impauriti, mentre gli anziani sono più calmi. Riprendono a

parlare tra di loro, sembra un piano su come attaccare il nemico. Ilenia, intanto, nel presente, con molta prudenza, comincia a premere i pulsanti

colorati: le lancette girano sempre più adagio, fino a che quelle delle migliaia

di anni le paiono immobili e quella che segnava i giorni diviene visibile. Nel

frattempo la fanteria incomincia a marciare in direzione di quella Inglese;

Giovanna d’Arco con il suo stendardo mi incita a salire a cavallo, ma non

sono capace, quindi mi aiuta, però io le tiro un calcio e lei offesa si pone in

testa alla cavalleria. Il mio cavallo ha il manto soffice e marrone, la criniera è folta e nera, la coda è nera e sporca. Mi sento soddisfatta e più alta, ma

anche preoccupata e spaventata perché devo combattere. Per fortuna rivedo

la luce bianca e tutto sembra tornare normale…

- Beatrice, Bea mi senti, sei viva. E cosa faccio se non è viva?!?!-

- Stai tranquilla… sono viva. - mi rialzo e mi sgranchisco le gambe.

- Ma dove eri finita? - E’ una lunga storia, vieni, ti racconto! -.

Beatrice Menegazzo

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Alla scoperta dell’ America “Pablo!!”, la mamma mi chiama. Svegliarsi la mattina è una vera tortura, questa più delle altre. Per la prima volta

lascio la famiglia e voglio scoprire la libertà e trovare qualcuna con cui vivere. Non potrò sempre stare con mia

madre. Giorni fa ho sentito che un certo Colombo reclutava uomini per il suo viaggio in mare, destinazione Cipango.

Mi presentai al porto e vidi una coda lunghissima e, con stupore, notai che il mio migliore amico Diego era in fila. Lui

mi disse:“ Dai unisciti! Ti vedo sempre guardare le navi! E' da quando sei piccolo che sogni di andare per mare!”. Lui

mi convinse, infatti con lui mi sentivo al sicuro e insieme avremmo formato una squadra stupenda! Quando tornai a

casa lo dissi a mia madre e lei, arrabbiata, mi disse:“ Sei impazzito!! Tu vuoi davvero andare per mare? Non ricordi

quello che è successo a tuo padre?”. Infatti lui era morto in nave per una malattia incurabile. Purtroppo la mattina

della partenza non ero più sicuro di voler partire perché avevo paura sebbene avessi vent’ anni. Mia madre sulla

porta mi disse: “ Se è proprio questo che vuoi, fallo! Ma se muori sarò disperata!”. La salutai con le lacrime agli occhi

e per un minuto pensai di non farlo ma in quel momento Diego mi venne incontro: “ Allora Pablo, sei pronto?”. Io

non risposi e Diego capì perché, infatti lui era orfano dei genitori e non aveva mai avuto questi problemi. Arrivammo

al porto e cominciai a respirare aria di libertà che mi mise di buon umore. Salì sulla Santa Maria e Diego sulla Pinta,

una caravella più piccola. Appena salpammo ci mettemmo a urlare di felicità, ognuno sulla propria nave. Un urlo mi

fece smettere: “Hei! Tu non lavori?” difatti avevo urlato per così tanto tempo che nel frattempo tutti erano andati a

lavorare e io non me ne ero neanche accorto. Stavo cominciando bene! I turni sulla Santa Maria erano sfiancanti. La

notte andavo a dormire distrutto e la mattina dovevo svegliarmi alle cinque. Dopo un po’ di tempo le provviste

cominciarono a scarseggiare e neanche il capitano Colombo si spiegava come mai. Lui diceva che la distanza tra

Europa e Asia era di quattromila chilometri e che perciò saremmo dovuti già essere arrivati! Il giorno dopo vidi che

Diego non era sul ponte. Allora urlai al marinaio: “Sapete dove è Diego?”, lui se ne andò via correndo, chissà perché!

“Tutti qui”; Colombo stava spiegando che ci saremmo scontrati con i venti Alisei, ma io non riuscivo a concentrarmi

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perché pensavo ancora a Diego. Il giorno dopo avevo una fame da lupi, male ai piedi e tanti calli alle mani. Però

pensavo sempre a Diego e allora decisi di andare da lui. Ho approfittai della vicinanza delle navi e salii sulla Pinta.

Scesi in coperta e lo spettacolo che vidi fu terribile: Diego era morto, ucciso dal tifo! Il marinaio mi disse che era stato

male la sera precedente. Quei giorni furono tristi per tutti. Diego faceva delle battute bellissime che facevano ridere

tutti. Alcuni giorni dopo, il capitano diede l’ ordine di seguire uno stormo di uccelli Passarono altri quattro giorni

finché un marinaio della Pinta vide un banco di sabbia e diede speranza a tutti, che ormai erano magri, assetati e

doloranti. La mattina dopo un urlo mi svegliò: “ Terra, terra!!”. Tutti saltammo e vedemmo una striscia di terra. Ci

avvicinammo e le navi si incagliarono nella sabbia. Degli uomini ci guardavano come se avessero visto dei fantasmi.

Colombo li chiamò Indios, come il nome del loro paese. All’ improvviso uno di loro urlò e tutti si misero a rompere le

navi con dei tronchi. Colombo cercò di spiegarsi a gesti e, miracolosamente, ci riuscì. Gli Indios si sottomisero e ci

aiutarono perfino a riparare le caravelle che avevano distrutto. Dopo ognuno di noi fu incaricato di esplorare l’ isola e

di avvertire de avesse visto qualcosa di strano. Mi addentrai nella foresta e sentii un rumore strano da dietro un

cespuglio, cominciai ad indietreggiare e all’ improvviso mi scontrai contro qualcosa. Pensavo fosse un albero, invece

era una bellissima Indios che non mi aveva visto perché stava trasportando dei rami. Da quel momento diventammo

amici anche se dovevamo parlare con i segni. La chiamai Marianna. Al momento della partenza ero molto triste

perché non volevo lasciarla, ma il loro capo voleva farmi un regalo oltre a un sacco di frutti che non avevamo mai

visto e con i segni ci fece capire che Marianna poteva venire con noi. Io fui felicissimo e anche lei, così salpammo.

Marianna imparò subito lo spagnolo perché era intelligente e riuscì a capirci e a raccontarci della loro cultura e delle

loro tradizioni. Arrivati in Spagna ci accolsero come vittoriosi e io e Marianna vivemmo felici. Mi dispiacque solo che

Cristoforo fu imprigionato e morì povero e malato. Mi ricorderò sempre del viaggio che mi ha fatto perdere il mio

migliore amico, ma anche che mi ha fatto trovare la persona più importante della mia vita.

Alessia Menegon

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Tutto iniziò quando il nonno incominciò a raccontarci di una

vecchia leggenda che conosceva fin da quando era bambino: “Questa

storia parla di un pirata che aveva sprecato tutta la sua vita a

cercare un tesoro sperduto, tutti lo avevano abbandonato, era

rimasto da solo come l’ unico pesce in un oceano immenso e man

mano che gli anni passavano diventava sempre più pazzo. Finché un

giorno, mentre navigava negli oceani più profondi come un

naufrago, vide un’isola sconosciuta. Quando accostò si accorse che

era l’ isola segnalata nella mappa. Cominciò a cercare allora capì

che si trovava nel luogo giusto al momento giusto e, per evitare che

qualcuno gli rubasse la mappa, la nascose lì, in quell’ isola dove

passò il resto della sua vita”.

Rimanemmo stupiti da questa storia, e , mentre andavo a letto

continuai a pensare a quello che mi aveva raccontato il nonno,

prima di addormentarmi. La mattina, il sole splendeva nel cielo

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azzurro era la giornata ideale per giocare all‘ aperto. Ci

preparammo e andando al parco davanti casa, mi venne in mente la

storia che ci aveva raccontato il nonno: “Ma dove troviamo la

mappa???”. Dopo un bel pezzo Tom disse : “Potrebbe esserci utile la

mappa che il nonno tiene custodita sullo scaffale???”, ma non gli

lasciai finire la frase che ero già in casa a stappare la bottiglia. Era

molto vecchia sembrava quasi una pergamena antica. Poco dopo ci

accorgemmo c’ erano delle parole in latino, quindi chiamammo lo zio

che lo insegnava e ci decifrò le frasi: “Se il tesoro volete trovare al

lago dovete cercare ma attenzione, vicino la sabbia dovete scavare.”

Era come se lo zio sapesse già dove era il tesoro, così incominciai ad

insospettirmi. Era il giorno del mio compleanno e i miei genitori

stavano decorando la casa per la festa quando io e Tom arrivammo

da loro per avvertirli che eravamo in spiaggia con lo zio. Arrivati non

capimmo da quale parte andare: era tutto cupo e nero. Alla fine ,

seguendo la mappa, trovammo un piccolo scrigno . Però su questo

c’era la serratura quindi serviva la chiave.

A questo punto ci dividemmo , Tom disse:

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“tu zio, vai a nord, nella pineta, tu vai in spiaggia e io andrò al

porto”. Poco dopo che mi misi in marcia, lo zio trovò una casetta,

cercò dentro, ma niente. Dopo un po’ che non lo vedemmo tornare al

punto d’incontro ci preoccupammo e così ci mettemmo a cercare.

Intanto lui era rimasto chiuso nella casetta in mezzo alla pineta. Ad

un tratto sentimmo qualcuno gridare : “ Aiuto!!! Tiratemi fuori da

qui !” era la voce dello zio! Lo tirammo fuori e andammo ad aprire lo

scrigno con la chiave che Tom aveva trovato in un magazzino del

porto. C’era un indizio: “ se il tesoro volete trovare alla piscina di

sabbia dovete scavare.” Non capivo , poi Tom disse: “ la piscina

accanto alla sabbia!!!.” Trovammo tutte le cose che desideravamo da

tempo ……. poi una luce accecante e un inverno di ghiaccio fecero

scomparire la mia avventura: era mia mamma che mi accese la luce e

tolse le coperte . A quel punto capii che era un sogno , ma, anche se

non reale, era molto avventuroso.

Martina Giannini

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BRACCIALETTI ROSSI “WATANKA”

Era un pomeriggio sereno e soleggiato, quando io, Davide, Cris, Leo, Tony, Vale e Rocco decidemmo di andare a giocare nei prati. Ci stavamo divertendo tantissimo, quando Leo disse: “Vedete quella casa laggiù! Beh, mio padre mi ha raccontato che molti anni fa ci vivevano dei ladri, ma ora non ci sono più perché la polizia, scoperta la cosa, li ha arrestati”. Eravamo tutti a bocca aperta: “Perché non andiamo più vicino!” esclamò Davide il più presuntuoso, ma con un cuore grande “Ok” rispose Tony. Facemmo una corsa e arrivammo fino alla staccionata che circondava la casa e poi Leo disse: “Perché non entriamo a vedere?”. “Macché, sei matto!” risposi. “No, piacere sono il Leone” mi rispose lui ironicamente e tutti ci mettemmo a ridere. “Allora! Chi viene con me?”. A Davide gli si leggeva in faccia che aveva paura, ma per dimostrare agli altri di essere coraggioso disse: “Io vengo con te Leo!”. “Bene”. “Veniamo anche noi!” e vidi Ale, Tony e Rocco che si avvicinarono a Leo, rimanemmo solo io e Cris: “Allora voi due venite con noi, si o no?” ci chiese Davide. “Ma li dentro è buio pesto e poi come facciamo ad entrare?” dissi io. “Questo è un sì!” mi disse “Io ho quattro torce ne usiamo una in due e io che sono il più grande ne userò una da solo e per entrare, siccome la staccionata non è molto alta, la scavalcheremo!” disse Leo. “Va bene veniamo anche noi!”. Scavalcammo la staccionata e poi andammo verso la porta principale, Leo provò ad aprirla ma era chiusa, non si poteva entrare, allora disse: “Adesso io resto qui e cerco di aprire questa porta; intanto voi a coppie andate a vedere se ci sono altre entrate. Le coppie sono Cris con Vale, Tony con Rocco e Davide con Ilenia” e poi ad ogni coppia consegnò una torcia. Ci dividemmo e andammo a cercare. Era faticoso camminare perché l’erba era molto alta e tutta intrecciata ,ma poi io e Davide vedemmo una porta un po’più piccola dell’altra, ci avvicinammo. Davide spinse la porta ed essa si apri, allora io chiamai gli altri e in meno di due minuti eravamo tutti li davanti. Leo disse: “Andiamo!”, uno dietro l’altro, con le torce accese ,entrammo.

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Appena varcata la soglia sentii un brivido di freddo e mi attaccai subito a Davide; camminammo un bel po’,i mobili erano vecchi, umidi e pieni di polvere ed emanavano un odore di legno marcio. Poi sentii Leo dire: “Ci sono delle scale che salgono, venite” e dopo tornò il silenzio. Si sentivano solo dei rumori che provenivano da sotto, probabilmente erano i topi. Poco dopo Davide mi disse: “Stai attenta agli scalini perché adesso saliamo”. “Va bene, grazie” risposi con voce tremante. Ogni volta che appoggiavamo il piede su uno scalino questo scricchiolava. Arrivati di sopra Leo apri subito tutte le finestre e la luce illuminò la stanza intera: era vuota, non c’era niente, solo un armadio(chiuso)e appesa al muro c’era una specie di mappa arrotolata, Leo la apri e usci una chiave rossa che probabilmente era dell’armadio, poi disse: “Ragazzi questa è una mappa e la X indica la posizione dell’armadio, dietro c’è scritto qualcosa, ma non riesco a capire molto perché è scritto in codice”. “Leo, fammi leggere, magari riesco a decifrarla” disse Tony. “Ok”. Ci sedemmo per terra tutti in cerchio e Tony lesse: “Questa mappa vi porterà a un tesoro che per noi che ci abitavamo ha un valore molto importante, mi raccomando tenetelo con cura! Firmato Braccialetti Rossi, Watanka” “Questo è quello che c’è scritto?” “Sì”. Leo si alzò con la chiave in mano e si diresse verso l’armadio, la infilò nella serratura e poi la girò due volte e l’anta dell’armadio si aprì, all’interno c’era un bauletto, Leo lo prese e lo apri, dentro c’erano sette braccialetti rossi ed un biglietto con scritto: “Se siete arrivati fino a qua vuol dire che siete degni di indossare questi braccialetti e una volta che li avrete indossati sarete uniti per sempre e questa, se voi vorrete, sarà la vostra base segreta! La vostra citazione sarà Watanka!”. Ne prendemmo uno a testa e li indossammo: “Ora è meglio andare!” disse Ale. Chiudemmo le finestre e poi scendemmo e uscimmo. “Ragazzi quello che abbiamo scoperto è qualcosa di miracoloso e penso che sia tutto vero, vi va di formare questo gruppo e usare la casa come base?” “Si, certo!” rispondemmo tutti insieme. “Bene” e poi Leo disse: “Braccialetti in alto” e tutti insieme urlammo: “Watanka!”.

Ilenia Agostinetto

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LA MAPPA DEL TESORO

“Forza, non vi fermate, siamo quasi arrivati” ci disse Martin, che era già in cima alla collina.

Avevamo deciso di fare un pic-nic in compagnia tra amici nei meravigliosi boschi del paese.

Camminammo ancora per un paio di minuti, per essere poi ricompensati : di fronte a noi c’era un

fantastico prato fiorito, proprio come nelle favole. Noa, il più grassottello del gruppo, al posto

di essere felice della scoperta di quel posto incantato, lanciò lo zaino e, rosso in viso, fece lo

stesso. “Noa, aiutaci a preparare il pic-nic” gli dissi io. “Non startene lì in panciolle!”.

Cominciammo a stendere le coperte e a spartirci il cibo. La mamma di Letizia aveva preparato i

nostri panini preferiti, così appena li tirò fuori dallo zaino, ci lanciammo sopra al nostro pranzo.

Il sole splendeva nel cielo limpido, che, però, cambiò colore nel giro di pochi minuti; cominciò a

rannuvolarsi e anche a piovere. Dovemmo fare un fagotto con le coperte e rifugiarci in una

vecchia casa abbandonata non molto lontano. La fortuna non era dalla nostra parte, perché, poco

dopo, cominciarono tuoni e lampi ; oramai il nostro pomeriggio in compagnia era andato in

frantumi, appena il temporale fosse finito saremmo dovuti tornare a casa ! “Perché tocca

sempre a noi!” disse Martin urlando e tiro’ un calcio al caminetto di mattoni che c’era di fronte a

lui. In quel preciso istante dei mattoni cominciarono a cadere e il muro a sgretolarsi: rimanemmo

a bocca aperta! Sul muro della stanza c’era un rotolo di pergamena che Letizia afferrò al

volo:”Una mappa” esclamo’. Intorno a lei si era riunita una cerchia composta da me, Martin e

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Noa. Non ci potevamo credere; quando Letizia aprì la pergamena il mio occhio fu attirato da

un’enorme croce rossa ;era veramente una mappa. Cominciarono a fiorire commenti di vario

genere : “Chi ci crede a queste cose, i bambini dell’asilo?” disse Martin . “Non è forse troppo

pericoloso?” chiese Letizia, mentre Noa poco interessato era seduto in un angolo a mangiare

panini . “Vi decidete o no?” dissi io. “Io ci credo a queste cose , il temporale è finito e non ho

voglia di tornare a casa !”. “Va bene , ci sto “ disse Noa esitando. “ Qui la mano per chi è a

favore e…. si parte!”. Ci aspettava un’avventura senza eguali. Dopo esserci messi d’accordo

cominciammo a leggere definitivamente la mappa. In cima, sull’angolo a sinistra, c’erano

disegnate una bussola e delle coordinate. C’era anche un indovinello, indispensabile per

cominciare l’avventura! L’indovinello diceva :” Se il tesoro vuoi trovare , la grande quercia devi

cercare!”. “Ma chi lo sa dov’è la grande quercia?” “Io” esclamo’ Noa “Seguitemi !” Così cominciò la

nostra ricerca. Camminammo per un paio di chilometri e, in lontananza , si intravide la sagoma di

una quercia. “Non possiamo essere sicuri che sia quella giusta” chiese Martin. “E’ quella giusta,

sono sicura” disse Letizia dalla parte opposta dell’albero; venendo verso di noi ci mostrò la

mappa facendoci notare un simbolo inciso anche nel tronco della quercia. “Qui c’è scritto

qualcos’altro!” disse Noa. “Vedi che bello il ruscello ? E’ lì l’indovinello!” Ci precipitammo giù per

la collina e trovammo il ruscello. Nell’acqua , c’era una bottiglia di vetro che galleggiava; doveva

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diventare nostra, era lì il prossimo indovinello! “Chi la prende?” chiesi io. Provai , con la

leggerezza di una farfalla, a sfiorare l’acqua. Era troppo fredda, così io e Letizia ci rifiutammo

e mandammo avanti i ragazzi. Martin riuscì a recuperare la bottiglia di vetro e l’indovinello che

ci sarebbe servito. Stappammo la bottiglia ed estraemmo il foglietto . Diceva:” Strisciate e nel

nido di un corvo l’indizio cercate!”. Eravamo pronti per un passaggio sotterraneo, così

decidemmo di ritornare alla quercia : scelta saggia ! Infatti, come avevamo previsto, riuscimmo

a scovare un enorme passaggio segreto . “Forza Noa, vai prima tu” gli disse Martin, spingendolo

giù. Eravamo costretti a strisciare in fila indiana e tastando con le mani quello che avevamo

davanti. Eravamo passati da un mondo illuminato dal sole a un mondo buio e pauroso con topi,

ragnatele e così via. Non parliamo di Letizia poi, fu l’ultima a voler scendere, con la scusa di aver

fatto la manicure il giorno prima. Andava tutto bene lì sotto , fino ad un certo punto perché fu

colpa di un ratto se ci toccò tornare indietro. Stavamo proseguendo con fatica , perché il

passaggio diventava sempre più stretto e sempre più basso; non ci mancava molto a raggiungere

il nido, ma, come ho detto prima, fummo costretti a tornare indietro per colpa di un ratto. Era

Noa che teneva la mappa fino a quando non la sentì più fra le mani; il grosso topo arrotolò la

coda intorno ad essa e gliela strappò di mano. “Non è possibile “ disse Noa piagnucolando .

“Forza dobbiamo sbrigarci a tornare indietro , veloci” dissi incoraggiando gli altri . Il topo aveva

abbandonato la mappa rosicchiata tra le radici della quercia , la riprendemmo e tornammo nel

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sotterraneo. Mi sembrò da matti proseguire dopo quell’incidente, ma come dice il proverbio

fatto 30 facciamo 31. “Il nido il nido” disse Letizia eccitata, “su venite!”. Il nido era vuoto per

nostra fortuna , così afferrai la seconda bottiglia e lessi: ”La collina ora dovete cercare, perché

la vostra avventura al termine possa arrivare!” “In cammino forza, manca poco al tesoro!”. La

collina non era molto vicina al nido, anzi era troppo lontana, dovemmo nuotare controcorrente e

attraversare un ponticello pericolante. Alla fine giungemmo alla meta tanto desiderata, sporchi

di fango e fradici ma sembrava un posto così isolato che non sapevamo dove cercare. “ Martin,

Noa, Letizia, correte!” gridai a squarciagola. Avevo trovato una roccia con una croce rossa che

combaciava con quella della mappa , lì vicino c’erano una pala e una chiave così cominciammo a

scavare: il tesoro era ormai tra le nostre mani. “E uno e due e tre vai!” eravamo riusciti ad

estrarre il forziere : era una vecchia casa di legno ormai marcio, ma ci incuriosiva molto. “ La

chiave , forza, la chiave” urlò Martin . Eravamo tutti intorno a lui e… un foglio. “ Che cosaaa?”

disse Noa. “Tutta questa fatica per… un foglio?”. Non mi aspettavo certo questo , ma decisi di

aprire e leggere il contenuto del foglio. “Grazie di aver partecipato” diceva. Ci guardammo come

spaesati, ma capimmo che quell’avventura fu l’inizio di un’altra grande avventura; quella della

nostra amicizia , che si rafforzò dopo quel giorno, ma questa è tutta un’altra storia.

Sara Torresan

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LA RICERCA DEL TESORO

Era una domenica d’estate e, come tutte le domeniche io e i miei amici Tommy, Piero e Anthony ci

ritrovammo sulla spiaggia vicino al mare. Eravamo un piccolo gruppo che abitava a nord di una città

lì vicino, mentre i nostri odiosi rivali abitavano a sud della città. Proprio quella domenica ci eravamo

trovati con loro per fare una partita di calcio sulla spiaggia. Dopo circa dieci minuti Anthony, cadendo

sulla sabbia, ne spostò solo un po’, ma anche solo quel poco bastò per scorciare un piccolo lembo di

un foglio. Ci avvicinammo tutti e pian piano la trassi fuori dalla sabbia: era una mappa del tesoro.

Subito un ragazzo dell’ altro gruppo me la strappò dalle mani e i suoi amici gli corsero dietro per

scappare. Io e il mio gruppo iniziammo a rincorrerli. I nostri rivali salirono sulla loro nave e partirono,

anche noi in fretta e furia salimmo sulla nostra al loro inseguimento. Cercammo subito di recuperarli,

ma erano molto veloci, allora aprimmo le vele e imboccammo aria facendo accelerare la nave. Ci

affiancammo alla loro nel bel mezzo del mare, abbassammo il ponticello e ci salimmo sopra,

raggiungendola. Da lì iniziò una vera e propria guerra: Tommy e Piero subito attaccarono con le

spade mentre io e Anthony solo dopo, perché eravamo impegnati a far avvicinare ulteriormente la

nave. Per non subire colpi il capo dell’ altro gruppo la riallontanò. Tommy, reattivo saltò da una nave

all’ altra, mentre Piero rimase bloccato e non riuscì a tornare nella nostra. Due ragazzi dei rivali lo

legarono sull’ albero maestro, tenendolo in ostaggio. Arrivò notte e tutti andammo a dormire, ma il

vero problema era, che se avessimo perso di vista la nave, non saremmo riusciti a trovare il

presunto tesoro. Pensai per molto tempo a qualche piano per liberare Piero, finché trovai una

soluzione. Svegliai subito gli altri, ancora una volta aprimmo le vele e ci riavvicinammo alla nave,

abbassammo il ponticello e salimmo sull’ altra nave. Piero dormiva sofferente con un bavaglio sulla

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bocca e con le corde che lo grattavano su tutto il corpo. Lo svegliammo silenziosamente, con un

coltellino svizzero tagliammo le corde e gli togliemmo il bavaglio. Correndo di nuovo sul ponticello,

tornammo sulla nave e sul letto. La mattina dopo gli avversari si accorsero che Piero non c’ era.

Dalla rabbia scesero nella stiva e noi eravamo in attesa della mossa che avrebbero fatto.

Continuavamo a guardare finché vedemmo i cannoni muoversi. Allora, anche noi, di corsa

scendemmo sulla stiva e caricammo i cannoni. Iniziò la seconda battaglia ma questa volta a colpi di

cannone. Dopo molte cannonate arrivò quella fatale. Una palla di cannone colpì la nostra nave che

iniziò a imbarcare acqua. Io e gli altri ci buttammo in mare mentre l’ altro gruppo andava avanti

sempre più vicino all’ isola. Non sapendo cosa fare, come per magia, arrivarono quattro delfini, li

cavalcammo e raggiungemmo in un batter d’ occhio l’ isola. Ci nascondemmo sopra una palma,

aspettando l’ arrivo dei nemici. Rimanemmo in attesa per molto tempo, finché il gruppo avversario

sbarcò e si diresse verso una grande grotta lì vicino. Sicuramente, pensammo, il tesoro era lì dentro.

Scendemmo dalla palma e, all’ improvviso, sentimmo un urlo gigantesco e subito dopo, uscirono i

nostri nemici, pallidi e impauriti e con loro un gigantesco minotauro che probabilmente difendeva il

tesoro. Per prendere il tesoro l’ unica soluzione era quella di sconfiggere il minotauro. Allora per la

prima volta ci alleammo e lo attaccammo, uccidendolo. Insieme entrammo nella grotta, buia e

profonda, ma in fondo una luce rischiariva la grotta. Quella luce proveniva dal tesoro. Migliaia e

migliaia di rubini, gioielli e soldi. Finalmente noi e loro ci riappacificammo: niente più litigi o guerre,

niente più attacchi. Tornammo con la nave, ora anche nostra, nella città dove organizzammo una

grandissima festa in spiaggia con il tramonto che avvolgeva il mare.

Mattia Alba

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UN’AVVENTURA INASPETTATA Come ogni giovedì ci ritrovammo io e i miei tre amici: Mattia, Alessandro ed infine, Luca.

Era il giorno successivo a quello del mio quattordicesimo compleanno e i miei tre migliori amici vennero quindi al parco

per la festa, in ritardo come al solito, con tre regali in mano. Aprii subito i regali emozionato. Il primo era un quaderno, il

secondo era un gioco: Scarabeo, l’ultimo infine erano dei fogli per decifrare ben 42 lingue.

Prima di giocare con gli invitati dovetti andare a recuperare le palette nella sabbia che aveva lasciato li mio fratello più

piccolo. Ne recuperai due e scavando per trovare la terza paletta scoprii un piccolo scrigno di legno e rame. Chiamai subito i

miei tre amici e lo aprimmo insieme, visto che non aveva serratura. Dentro di esso c’era una vecchia mappa scritta in una

strana lingua che, grazie al regalo di Luca, deciframmo subito scoprendo che era ladino e che la mappa era di un tesoro.

Capii che il tesoro si trovava vicino ad una montagna in cui ero andato in vacanza la scorsa estate con la mia famiglia.

Tutti e tre erano d’accordo nell’andare a cercarlo. Allora avvisammo i nostri genitori e partimmo subito alla volta del tesoro

prima in autobus e poi a piedi. Arrivammo in 2 ore vicino al bosco dove, molto probabilmente c’era il tesoro.

In un batter d’occhio ci ritrovammo, già in mezzo agli alberi, erano molto belli, tutti verdi e tempestati di gemme lucenti.

Secondo la mappa il tesoro era proprio sotto di noi, ma doveva essere dentro una caverna che in quel punto non c’era.

Allora continuammo a camminare in cerchio fino a che, per nostra sfortuna, incontrammo un orso bruno che ci inseguì fino

ad un grande abete, sul quale ci arrampicammo per salvarci.

Era a pochi metri da noi quando gli dissi: -Basta!- e… l’orso mi rispose con: - Cosa volete?-. Io avevo il cuore a mille per la

sorpresa e la paura. Mattia, raccogliendo un po di coraggio, gli disse subito del tesoro che cercavamo.

L’orso, molto grosso, e dalla pelliccia marrone scuro e sbiadito, ci rispose che se non avessimo fatto del male alla foresta ci

avrebbe condotto al tesoro. Dopo aver stretto ‘tra virgolette’ un amicizia; l’orso si convinse a portarci alla caverna chiusa da

una porta di legno, ci diede la chiave della serratura ed aprimmo subito quell’enorme porta che ci condusse al buio i quella che,

secondo Luca, era una miniera di carbone.

Abbastanza delusi, ma felici, dell’avventura vissuta, capimmo che per gli uomini di una volta il carbone era come un tesoro

perchè bruciandolo produceva più calore del legno.

Così decidemmo di rinascondere mappa e chiave nello scrigno e di ritornare a casa felici dell’avventura vissuta e, un po’

meno, per l’orso.

Antonio Groppo

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IL DIARIO DI UN CANE: BUDDY

Caro diario, 21 febbraio 2012

oggi è stata una giornata non molto bella, anzi bruttissima. Mi sento a disagio, indifeso e impaurito,

per lo più in un luogo da me sconosciuto. Questa mattina ero allegro perché stavo partendo da casa

con la famiglia del mio padrone, che già da anni si prendeva cura di me con molto affetto. Stavamo

andando nel bosco per fare una passeggiata in compagnia. Come al solito il mio padrone mi

lanciava la pallina e io andavo a prenderla con gran velocità. Fino a quel momento la giornata stavo

andando nel migliore dei modi finché, con un lancio, la pallina andò a finire molto lontano. Corsi a

prenderla con il sorriso in faccia ma, quando tornai, il sorriso se ne andò. Lì, proprio lì in quel punto

dove c’era il mio padrone, ora c’era il deserto. Corsi subito a cercarli lì vicino, ma niente da fare; poi

provai a trovare la via di casa, ma mi persi ancora di più. Allora mi arresi e mi accampai vicino ad un

grande albero. Caro diario, oggi sono molto stanco e non so perché il mio caro padrone mi ha

abbandonato.

Ciao, il tuo Buddy.

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Caro diario, 22 febbraio 2012

oggi sono stanco; questa notte non ho dormito bene, perché all’aperto e in mezzo a un bosco non si

può dormire bene. Avevo molta fame e non sapevo proprio dove trovare cibo. Iniziai a passeggiare

per molto tempo, finché, finito il bosco, mi sono trovato davanti una piccola cittadina. Lì avrei trovato

sicuramente un po’ di cibo. Mi avvicinai pian piano, stando nascosto per non farmi vedere dalla

gente, finché trovai un piccolo bidone della spazzatura. Rovistai dentro e trovai qualcosa da

mangiare. Mentre tutto tranquillo stavo mangiando mi nascosi, perché vidi il camioncino che conosco

bene, quello di cui parlano molto. Dicono che ti prendono e ti portino in una specie di hotel buio,

dove le stanze sono molto strette con delle sbarre da cui non puoi fuggire. Questo è brutto caro

diario. Ci sono molti pericoli e lo so.

Ciao il tuo Buddy.

Caro diario, 23 febbraio 2012

questa mattina, mentre passeggiavo, ho trovato un fiumicello dove c’erano altri cani, ma di loro non

mi importava niente. Ne ho approfittato per fare un bagno ma appena uscito i cani si sono avvicinati

e mi hanno guardato male. Uno di loro si è avvicinato e mi ha tirato una zampata. Io mi sono rialzato

e ho iniziato anche io ad attaccarlo. I suoi amici, però, lo hanno difeso e hanno iniziato ad

attaccarmi. Insomma, dopo un po’ se ne sono andati. Io sono ritornato nel rifugio con un po’ di ferite.

Caro diario è così la vita di un cane randagio.

Ciao il tuo Buddy.

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Caro diario, 24 febbraio 2012

oggi è stata una giornata come le altre, tranne che per un evento particolare. Questa mattina

pioveva e sono andato lo stesso a sgranchirmi le gambe. Mentre camminavo ho trovato una piccola

buca che sembrava una mini caverna. Ci sono entrato curioso di vedere se c’era qualcuno ma era

disabitata. Ho deciso di stabilirmi lì, visto che era riparato e più caldo. Caro diario da oggi abbiamo

una nuova casa.

Ciao il tuo Buddy.

Caro diario, 25 febbraio 2012

oggi è stata una delle giornate più belle della mia vita. Sono tornato in città per trovare qualcosa da

mangiare. Una famiglia mi ha preso e mi ha portato a casa; sono contento di ritornare ad una nuova

vita felice per lo più con una famiglia che a me piace molto. Secondo me l’ abbandonamento degli

animali è una cosa di cui bisogna vergognarsi, ma le persone che accolgono un cane abbandonato

devono essere fiere. Questo è tutto, questa è la mia esperienza.

Ciao il tuo Buddy.

Mattia Alba

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IL DIARIO DEL CANE STEN

Caro diario, Sabato 7 Marzo 2005

Qui nessuno mi vuole. I mie i amici se ne vanno uno dopo l’altro . Io rimango qui. Stavo cosi’ bene nella mia vecchia casa, e

non davo fastidio a nessuno . Dopo aver salutato il mio vecchio padrone mi sono ritrovato in questa gabbia 3 X 3. Oramai qui

siamo rimasti in pochi; in questo periodo tante persone vogliono un amico a 4 zampe , ma ovviamente nessuno mi degna di

un minimo sguardo. Per ancora un po’ ti scrivero’ da qui : AUGURAMI BUONA FORTUNA!

Il tuo Sten

Caro diario, Domenica 8 Marzo 2005

Oggi se ne va anche Toby, il Jack russel mio “vicino di gabbia”. Io e lui avevamo legato in questo canile e adesso che lui se ne

sta andando via in braccio ad un bambino , mi rimani solo tu.

Il tuo Sten

Caro diario, Lunedì 9 Marzo 2005

Lo sapevo ,lo sapevo,lo sapevo. Doveva pur arrivare il mio momento! Adesso sono ancora qui nella gabbia . Devo aspettare

che William , il mio futuro padrone, firmi delle carte e parli con il direttore del canile. Sono cosi’ contento che quasi non mi

reggo sulle zampe. La mia coda va a destra e a sinistra come se non riuscissi a controllarla. Vorrei staccare la spina perche’ si

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fermi, MA NON LA TROVO! Ora stanno aprendo la mia gabbia . Mi hanno messo un collare e William mi ha fatto salire in

auto. Appena la portiera si e’ aperta una bambina con due lunghe trecce bionde ha detto:” Finalmente stavo apettando

William, dammelo”. Mi e’ parsa un po’ arrogante, ma non e’ tutto ; perche’ chiama il suo papa’ William?

Il tuo Sten

Caro diario, Giovedi’ 12 Marzo 2005

Questa casa e’ fantastica . Ho una stanza tutta mia. MI STANNO PROPRIO VIZIANDO. Ho scoperto che William non e’ il papa’

della bambina; e’ il suo maggiordomo. I suoi genitori sono sempre lontani da casa per lavoro ed e’ lui a prendersene cura.

Comunque , torniamo a me, come ti dicevo qui e’ uno sballo. Croccantini di alta qualita’ , come dice la confezione “PERCHE’ IL

TUO AMICO A 4 ZAMPE SIA PIU’ FELICE”. Spero che il mio destino sia diverso dalla vita che ho vissuto prima.

Il tuo Sten

Caro diario, mi sa che la “pacchia” e’ finita. Sabato 21 Marzo 2005

Ora mi trovo nella Range Rover di famiglia e sento che questa storia non finira’ per il meglio. Dicono di volermi portare dal

veterinario per un controllo, ma credo che non sia la verita’. Negli ultimi giorni non ricevevo piu’ il cibo da Emily, la bambina

viziata, anzi non lo ricevevo proprio piu’. Lei si limitava a lanciarmi in aria come un sacco di patate e a mettermi fiocchetti fra

le orecchie. A DOMANI.

Il tuo Sten

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Caro diario Domenica 22 Marzo 2005

Mi hanno lasciato solo, in una strada di campagna da solo. Mi hanno abbandonato. Nuovamente . SONO UN CANE PROPRIO

SFORTUNATO, nessuno mi vuole. Ieri dicevano che ero troppo ingombrante per quella casa, cosi’ hanno avuto la brillante

idea di lasciarmi qui. IO CREDO CHE SE UN UOMO NON RISPETTA UN CANE, NON RISPETTERA’ NEANCHE I SUOI SIMILI. Devo

cercare del cibo ora . La pancia mi brontola e sento che se non trovo da mangiare mi scoppia la testa. Ho deciso di

incamminarmi fino alla fine della strada sterrata, Sono proprio sfortunato, mi hanno abbandonato il primo giorno di

primavera. Fa molto caldo , ma riesco ad intravedere la sagoma di…. Un bidone della spazzatura. Non ho mai mangiato prima

da un bidone della spazzatura , ma la fame e’ cosi’ tanta che l’ho fatto lo stesso. Esco dal bidone con lo stomaco riempito

dall’avanzo di una pastasciutta con polpette fredde. Per oggi basta cosi’, ora devo risolvere il problema “cuccia”. A presto.

Sten

Caro diario, Lunedi’ 23 Marzo 2005

In teoria non sono riuscito a procurarmi una vera e propria cuccia , ma voglio raccontarti comunque il mio tentativo fallito.

Erano circa le 18.30 quando mi sono avvicinato al cortile di una modesta casa. Lo steccato era troppo alto per i miei gusti,

cosi’ ho provato a cercare un altro modo per superarlo. Stavo girando intorno alla staccionata, quando ho notato che una

delle assi di legno era rotta, cosi’ sono entrato. C’era un lungo filo di ferro che andava da una parte all’altra del giardino. Su

questo c’erano tanti vestiti colorati: L’IDEALE PER LA MIA CUCCIA. Stavo per addentare un paio di jeans quando ho sentito

una voce che urlava :”Vattene brutto cagnaccio”. Me ne sono andato via fradicio e sporco , perche’ , come se non bastasse ,

durante la fuga sono scivolato in una pozza di fango: ADDIO CUCCIA.

Sten

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Caro diario , Venerdì 27 Marzo 2005

Oggi mi trovo sotto due cartoni e il mio risveglio non e’ stato uno dei piu’ piacevoli. Dei ragazzi armati di fionde mi hanno

preso a sassate . Ho provato ad abbaiargli contro , ma sono solo riuscito a piagnucolare. Adesso ho una zampa rotta e un

orecchio sanguinante. La mia vita e’ rovinata come sono rovinato io.

Sten

Carissimo, Martedi’ 8 Aprile 2005

Oggi sono stato coccolato da una donna , che pero’ non puo’ tenermi con se’. Indovina ; sono di nuovo al canile, questa volta

pero’ in una 2x3. Mi hanno medicato l’orecchio ed ora sto per addormentarmi e credo che il mio futuro abbia preso una

svolta.

Sten

Caro diario, Giovedi’ 10 Aprile 2005

Sono in una cuccia nuova, ho davanti due ciotole ed una bellissima padroncina. Adesso ascolterai solo pensieri felici e sogni da realizzare . Grazie di avermi sempre accompagnato in questo periodo: TI VOGLIO BENE.

Il tuo Sten

Sara Torresan

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CARA SISSI….

26 dicembre 2004

Cara Sissi,

oggi è il secondo giorno che vivo in questa casa e sono in compagnia della mia nuova padrona e dei suoi

genitori.

27 dicembre 2004

Cara Sissi,

oggi Lara parte per le vacanze di fine anno e io resterò qui, per due settimane senza nessuno che mi

faccia compagnia.

29 dicembre 2004

Cara Sissi,

ormai sono partiti da due giorni e nessuno è ancora arrivato a portarmi il cibo, la casa è deserta non ha

neanche più un quadro appeso alle pareti e io comincio a sospettare che mi abbiano abbandonato. Ho

aspettato per altre due ore e non è arrivato nessuno; ho preso una decisione “faccio le valigie” e me ne

vado. Ho capito che Lara non tornerà più.

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1 gennaio 2005

Cara Sissi,

la casa dove vivevo è stata occupata da un’ altra famiglia e io non sapevo dove andare, ho vagato a

lungo, ma alla fine ho trovato un posto fuori città dove posso vivere tranquillo. L’unico problema è

quello di procurarsi il cibo. Sono tornato in città e ho provato a cercare qualcosa da mangiare in alcuni

bidoni della spazzatura senza troppi risultati, ma ci dovrò fare l’ abitudine perché a quanto pare

questa sarà la mia nuova vita. Mentre stavo tornando a “casa” ho rischiato di essere investito da un’

auto che per fortuna però si è fermata in prima dello scontro; quando ne è uscito l’ uomo alla guida a

cominciato ad imprecarmi dietro e io terrorizzato sono scappato via.

2 gennaio 2005

Cara Sissi,

oggi ho provato a mangiare la neve mi incuriosiva e ho scoperto che come bere dell’ acqua e qui intorno

alla mia “casa” ne ho quanta ne voglio.

7 gennaio 2005

Cara Sissi,

ormai mi sono abituato a questa vita anche se non capisco perché Lara mi abbia abbandonata in questo

modo, mi aveva anche messo un nome, un nome fantastico dal mio punto di vista, che io continuerò a

usare.

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13 gennaio 2005

Cara Sissi,

la neve si è sciolta e quindi ho dovuto trovare qualche altro sistema.

Stavo andando alla ricerca di cibo e sono passato ad una fontanella, quando si è avvicinato un uomo che

vedendomi mi ha lasciato una ciotola piena d’ acqua. Dopo pochi minuti l’ uomo se ne è andato è stato

davvero gentile. Grazie.

15 gennaio 2005

Cara Sissi,

Oggi ho scoperto chi sono gli accalappiacani e non voglio averci niente a che fare con loro: ho visto che

prendevano un altro cane come me e lo hanno trasportato via su un camioncino, non so dove, ma di

sicuro non è piacevole.

23 gennaio 2005

Cara Sissi,

Ho quasi rischiato di essere preso da uno dei quei cosi cha catturano i cani e li portano via sul loro

camioncino, ma per mia fortuna si è avvicinato un uomo, lo stesso che mi aveva offerto la ciotola

d’acqua, dicendo che io ero il suo cane che per sbaglio si era slegato dal guinzaglio, quindi mo ha preso

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e mi ha portato a casa. Ho scoperto che ha una famiglia fantastica e suoi figli mi hanno già trovato un

nome.

27 gennaio 2005

Cara Sissi,

Qui vivo bene non mi manca mai né cibo né acqua a neanche un posto dove dormire. Alcune volte soffro

un po’ il caldo perché sono un huski ma hanno deciso di andare a vivere in Finlandia dove Regina ha

sempre desiderato ma questa volta insieme anch’io con la mia nuova famiglia.

31 gennaio 2005

Cara Sissi,

Ora che vivo in Finlandia sto meglio e non soffro il caldo, anzi, qui c’è ancora la neve e Regina mi porta

sempre fuori a giocare con lei e a fare lunghe passeggiate insieme. Me lo sento lei non mi abbandonerà

mai non come ha fatto a Lara che mi ha lasciato a casa dicendomi che andava in vacanza; lo so non ha

specificato che sarebbe tornata ma se non ti puoi permettere un animale fai a meno di prendertelo. Io

sono stato fortunato a trovare una nuova famiglia che mi vuole davvero bene ma non tutti hanno

questa fortuna.

Arianna Conte

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