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LE SOMATOMEDINE L'ormone dell'accrescimento (GH) non stimola direttamente l'accrescimento scheletrico bens~ lo fa in maniera media- ta, promuovendo la formazione di un fattore di accrescimento secondario. Questo secondo fattore fu chiamato al- l'inizio (~ sul]ation ]actor >>, perch4 sti- mola l'incorporazione del solfato radio- attivo (35SO4) nella cartilagine del ratto, in vivo. Successivamente fu proposto di cam- biarne la denominazione in (, somato- medina >> [DAuGHADAYW. H. e Coll.: Nature (Lond.) 235, 107, 1972] per meglio significarne il ruolo di interme- diario fra la somatotropina e l'accresci- mento effettivo. Poich~ in seguito si h dimostrato che il plasma contiene pih di un fattore in gra- do di promuovere l'accrescimento sotto il controllo del GH, si parla oggi di (~ so- matomedine >); esse vengono indicate con le lettere dell'alfabeto, come gia si usa per le prostaglandine. Finora si conoscono: 1) somatomedina A, rappresentata da un peptide neutro con peso molecolare di circa 7.000 dal- tons. La sua attivita biologica [bioassay su embrione di polio secondo HALL: Acta endocr. (Kbh.) 63,338, 1970] per mg di proteina ~ molti milioni di volte superiore a quella del plasma nativo; 2) somatomedina B; essa ~ costituita da un peptide acido, con peso molecolare un poco pifi basso di quello della somato- medina A; 3) somatomedina C; ~ un peptide basico, ricco di arginina, pih o meno delle stesse dimensioni della so- matomedina A. 1~ stato isolato di recen- te (VAN WYK J. J. e Coll.: Recent Progr. Hormone Res., in stampa); la sua con- centrazione ~ alta nell'acromegalia, bas- sa nell'ipopituitarismo ed aumenta dopo somministrazione di GH. Non ~ ancora chiaro come queste tre sostanze, ottenibili per estrazione dal plasma con etanolo acido, si formino e quale sia il loro esatto ruolo fisiologico. A tal fine sara necessaria la ripetizione di tutte le indagini eseguite in prece- denza con l'impiego di miscele di so- matomedine varie. I risultati di queste indagini tendono a dimostrare che la velocita di crescita correlata pih con la concentrazione pla- smatica delle somatomedine, misurata con bioassay, che con quella dell'HIGH, misurata con metodo RIA e si possono cost sintetizzare: -- durante il tratta- mento del nanismo ipopituitarico con HGH l'iniziale, rapido aumento di al- tezza si accompagna ad incremento dei livelli plasmatici di somatomedine; quando, dopo 1-7 anni, il ritmo di cre- scita inevitabilmente diminuisce, si ri- scontra una parallela diminuzione delle somatomedine. - - Gli alti dosaggi di estrogeni depri- mono la concentrazione di somatomedi- ne ed infatfi si usano con successo per attenuate la crescita nelle ragazze troppo alte. -- L'arresto di crescita nei bambini af- fetti da morbo di Cushing o trattati con alte dosi di cortisonici si accompagna solo raramente ad inibizione della secre- zione di HGH, mentre invece le somato- medine sono diminuite. -- Nel nanismo di Laron, che clinica- mente ~ assimilabile a quello ipopitui- tarico ma in cui la concentrazione di HGH h elevata, i livelli di somatomedi- ne sono bassi e non aumentano in segui- to alla somministrazione di HGH (que- sto conforta l'ipotesi di una insensibilita periferica all'ormone, con conseguente incapacifft di generazione delle somato- medine). - - Infine, dopo rimozione chirurgica di un craniofaringioma, si osserva talvol- ta un rapidissimo aumento di crescita, pur permanendo la carenza di produzio- ne di HGH; in questi casi la concen- 647

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LE SOMATOMEDINE

L'ormone dell'accrescimento (GH) non stimola direttamente l'accrescimento scheletrico bens~ lo fa in maniera media- ta, promuovendo la formazione di un fattore di accrescimento secondario. Questo secondo fattore fu chiamato al- l'inizio (~ sul]ation ]actor >>, perch4 sti- mola l'incorporazione del solfato radio- attivo (35SO4) nella cartilagine del ratto, in vivo. Successivamente fu proposto di cam- biarne la denominazione in (, somato- medina >> [DAuGHADAY W. H. e Coll.: Nature (Lond.) 235, 107, 1972] per meglio significarne il ruolo di interme- diario fra la somatotropina e l'accresci- mento effettivo. Poich~ in seguito si h dimostrato che il plasma contiene pih di un fattore in gra- do di promuovere l'accrescimento sotto il controllo del GH, si parla oggi di (~ so- matomedine >); esse vengono indicate con le lettere dell'alfabeto, come gia si usa per le prostaglandine. Finora si conoscono: 1) somatomedina A, rappresentata da un peptide neutro con peso molecolare di circa 7.000 dal- tons. La sua attivita biologica [bioassay su embrione di polio secondo HALL: Acta endocr. (Kbh.) 63,338, 1970] per mg di proteina ~ molti milioni di volte superiore a quella del plasma nativo; 2) somatomedina B; essa ~ costituita da un peptide acido, con peso molecolare un poco pifi basso di quello della somato- medina A; 3) somatomedina C; ~ un peptide basico, ricco di arginina, pih o meno delle stesse dimensioni della so- matomedina A. 1~ stato isolato di recen- te (VAN WYK J. J. e Coll.: Recent Progr. Hormone Res., in stampa); la sua con- centrazione ~ alta nell'acromegalia, bas- sa nell'ipopituitarismo ed aumenta dopo somministrazione di GH. Non ~ ancora chiaro come queste tre sostanze, ottenibili per estrazione dal

plasma con etanolo acido, si formino e quale sia il loro esatto ruolo fisiologico. A tal fine sara necessaria la ripetizione di tutte le indagini eseguite in prece- denza con l'impiego di miscele di so- matomedine varie. I risultati di queste indagini tendono a dimostrare che la velocita di crescita correlata pih con la concentrazione pla- smatica delle somatomedine, misurata con bioassay, che con quella dell'HIGH, misurata con metodo RIA e si possono cost sintetizzare: - - durante il tratta- mento del nanismo ipopituitarico con H G H l'iniziale, rapido aumento di al- tezza si accompagna ad incremento dei livelli plasmatici di somatomedine; quando, dopo 1-7 anni, il ritmo di cre- scita inevitabilmente diminuisce, si ri- scontra una parallela diminuzione delle somatomedine.

- - Gli alti dosaggi di estrogeni depri- mono la concentrazione di somatomedi- ne ed infatfi si usano con successo per attenuate la crescita nelle ragazze troppo alte.

- - L'arresto di crescita nei bambini af- fetti da morbo di Cushing o trattati con alte dosi di cortisonici si accompagna solo raramente ad inibizione della secre- zione di HGH, mentre invece le somato- medine sono diminuite.

- - Nel nanismo di Laron, che clinica- mente ~ assimilabile a quello ipopitui- tarico ma in cui la concentrazione di H G H h elevata, i livelli di somatomedi- ne sono bassi e non aumentano in segui- to alla somministrazione di H G H (que- sto conforta l'ipotesi di una insensibilita periferica all'ormone, con conseguente incapacifft di generazione delle somato- medine).

- - Infine, dopo rimozione chirurgica di un craniofaringioma, si osserva talvol- ta un rapidissimo aumento di crescita, pur permanendo la carenza di produzio- ne di HGH; in questi casi la concen-

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trazione di somatomedine appare nei li- miti normali, pur rimanendo sconosciu- ta la loro provenienza. Anche il processo attraverso il quale I 'HGH stimola la produzione di soma- tomedine non ~ tuttavia ancora chiarito. Che il legato e il rene siano sedi di pro- duzione sembra dimostrato da numerose esperienze su organi perfusi; l'aggiunta di GH al mezzo di perfusione provoca un rapido, cospicuo aumento di soma- tomedine nel liquido effluente. Per que- sti motivi e per il fatto che la molecola delle somatomedine 6 circa tre volte pifi piccola di quella delI 'HGH, quest'ulti- mo potrebbe essere considerato un <~ proormone ~; molti fatal militano con- tro questa ipotesi che tuttavia, per il momento, non pub essere ancora defini- tivamente scartata (VAN WYK J. J. e Coll.: Amer. J. Dis. Child. I26, 705, 1973). Fra questi fatti, il pih rilevante e neHo stesso tempo il pi~l curioso rappresentato dal cosiddetto << worm growth ]actor ~>. Si tratta di una sostan- za, prodotta dal verme solitario del gat- to Spirometra mansonoides, capace di stimolare l'accrescimento del ratto ipo- fisectomizzato quasi quanto il GH (MuELLER J. F.: Ann. N. Y. Acad. Sci. 113, 217, 1963; STEELMAN S. L. e Coll.: Recent Progr. Hormone Res. 27, 97, 1971), attraverso la produzione di somatomedine. Questo << worm ]actor ~>

sicuramente diverso dalle somatomedi- ne stesse, come dimostrano le reazioni immunologiche; nello stesso tempo h di- verso dal GH, perch6 a differenza di esso h capace di stimolare la crescita an- che nei ratti tiroidectomizzati, nonch6 l'accrescimento dei fibroblasti di topo nei tessuti di coltura. In sostanza queste ricerche documentano la possibilit~ per le somatomedine di non derivare dal GH. Un'altra ipotesi h stata considerata, an- corch6 pi~ remota, e cio~ che le somato- medine derivino dalla proinsulina. ~ un fatto che le somatomedine hanno una azione biologica insulino-simile; non so- lo, ma i recettori cellulari altamente spe- cifici di certi tessuti non sono capaci di operate una distinzione fra insulina e

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somatomedine, il che attesta una ana- logia sia strutturale che funzionale fra le due sostanze. Una simile derivazione dalla proinsulina non negherebbe del re- sto il ruolo ultimo regolatore del GH, se si pensa che il liveilo insulinemico 6 basso nell'ipopituitarismo, elevato nel- l'acromegalia e che aumenta prontamen- te dopo somministrazione di GH (DAu- GHADAu W. H. e Coll.: Recent Progr. Hormone Res. 22, 49, 1966; UNDER- WOOD L. E. e Co11.: J. Pediat. 82, 28, 1973). Inoltre, in tutte le esperienze fi- nora effettuate in vitro su tessuti diver- si, le somatomedine hanno dimostrato di comportarsi in maniera identica all'in- sulina: stimolano prontamente la sinte- si proteica nel muscolo (mentre l'azione del G H 6 pih debole e tardiva); stimola- no l'ossidazione del glucosio nel tessuto adiposo; contrastano l'azione dell'epine- frina sulla lipolisi. Infine, le somatomedine competono con l'insulina nel legarsi ai recettori siti sul- la membrana cellulare di alcuni tessuti; questa reazione crociata avviene gih per concentrazioni fisiologiche ed h u n fatto di grande rilievo quando si pensi che fi- no ad oggi l'interreazione dell'insulina con i suoi recettori sulla membrana cel- lulare era considerato un fenomeno alta- mente specifico, limitato alI'insulina, al- la proinsulina ed ai derivati dell'insulina che sono tutti immunologicamente cor- relati. Come l'insulina, le somatomedine bloc- cano l'aumento di adenilato ciclasi, in- dotto normalmente dall'epinefrina nei linfociti e helle cellule del grasso e dal paratormone nei condrociti. Un'altra azione delle somatomedine og- gi ben nota h quella da esse esplicata per stimolare la crescita delle cellule nelle colture di tessuti. Era noto da tempo che, se non si aggiunge al mezzo di col- tufa siero o succo di embrione, le cellu- le non si dividono e vanno rapidamente incontro a morte; era anche noto che so- lo l'insulina, fra tutti gli ormoni saggia- ti, era in grado di rimpiazzare il siero in questa azione (ma solo a dosaggi anor- malmente elevati e limitatamente a cerd tipi di colture di tessuti).

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Oggi ~ dimostrato che le somatomedine sono un potente fattore di crescita per le cellule di molti tessuti coltivati in vi- tro, anche a concentrazioni dell'ordine di 10 ng/ml (per recenti e dettagliati rife- rimenti a questo argomento vedi: VAN WYI( J. J. e Co11.: Amer. J. Dis. Child. 126, 705, 1973; Tv.Mirq H. M. e Coll.: Growth, Nutrition and Metabolism in Cells in Culture. Academic Press Inc., New York, 1972; pp. 50-81). In conclusione, in attesa che X'esatta co- noscenza della struttura molecolare por- ti ordine nel gruppo numeroso e non ben definito di peptidi insulino-simili dotati di attivit~ sfimolante X'accrescimento, si pub definire ~ somatomedina ~) una so- stanza che possegga i seguenti requisiti: 1) di essere almeno in parte sotto il con- trollo del GH; 2) di esercitare una atti- vith insulino-simile; 3) di stimolare la crescita ceUulare in uno o pih tessuti (TEMIN: ibidem). L'insulina stessa pub quindi essere deft- nita una somatomedina (anche se ~ ca- pace di stimolare la crescita de1 tessuto scheletrico e delle colture cellulari solo a dosaggi molto pih alti di quelli fisiolo- gici); lo stesso dicasi per il peptide ~ multiplication stimulating activity (MSA) ~ di PIERSON e TEMIN (J. cell. comp. Physiol. 79, 319, 1972), una so- stanza molto simile alia somatomedina C, capace di stimolare la replicazione di fibroblasfi in coltura di tessuto (anche se la sua dipendenza dal GH non ~ stata ancora studiata). Tutte le somatomedine appartengono a quella quota di" attivit~ insulino-simile del plasma che non 6 bloccata dagli anti- corpi antiinsulina e che viene definita NSILA (<~ Non-Suppressible Insulin-Li- ke Activity ~). Una porzione di questa (NSILA), estraibile con etanolo acido e denominata (NSILA-S), attende di esse- re differenziata con certezza dalle altre somatomedine e promette di essere rico- nosciuta come somatomedina D. Le at- tuali conoscenze, secondo le quali il GH stimola l'accrescimento scheletrico e l'anabolismo proteico attraverso potenti sostanze ad azione insulino-simile quali sono le somatomedine, richiama da un

lato alla mente la vecchia ipotesi secon- do la quale il GH non 6 di per s6 un or- mone anabolizzante, benst esercita il suo effetto anabolico in quanto stimola la produzione di insulina (YOUNG F. G.: Biochem. J. 39, 515, 1945); dall'altro, apre prospettive di interesse pratico quando si pensi che esistono abbondan- ti riserve animali di somatomedine e che, mentre l'uomo risponde solo al GH dei primati, il tessuto scheletrico umano risponde in vitro a somatomedine pro- venienti da una grande varieth di specie (VAN DEN BRANDY. J. L. e Coll.: Acta endocr., in stampa; citato da VAN WYK J. J.: Amer. J. Dis. Child. 126, 705, 1973).

G.G.

GLI ORMONI GASTRO-INTESTINALI

1~ ben noto che furono appunto la sco- perta, all'inizio de1 secolo, della secre- tina e della gastrina, che forflirono a STARLING E. H. (Biochem. Arb. Meth. 7, 73, 1913) l'occasione per coniare il termine stesso di <~ ormone ~). Si pub quindi ben dire che la storia dell'endo- crinologia inizib con la scoperta di que- sti due ormoni del tratto gastro-enterico. Dopo un fugace interesse, l'attenzione degli studiosi per queste sostanze scemb tuttavia al punto che, anche in moderni tesfi, solo poche righe sono dedicate ad ~ ormoni ~ quali gastrina, colecistochi- nina-pancreozimina (CCK-PZ) e secre- tina. Recentemente, numerose indagini hanno per6 permesso di chiarire in parte la na- tura chimica ed il ruolo fisiologico di or- moni polipeptidici della mucosa del trat- to gastro-enterico, e la loro origine cellu- lare. Contemporaneamente, si ~ anche venuta delineando una patologia di que- sti ormoni e delle cellule endocrine da cui essi vengono secreti. La gastrina, principalmente secreta da cellule endocrine della mucosa pilorica,

un polipeptide di 17 aminoacidi (GRE- GORY R. A. e TRACY H. I.: Gut 5, 103, 1964) isolato sotto due forme (I e II)

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che differiscono in quanto la tirosina in posizione 12 presenta un radicale --SO3- nella forma II. L'azione biolo- gica ~ soprattutto legata al tetrapeptide C-terminale della molecola [MoRLZY J. S. e Coll.: Nature (Lond.) 207, 1356, 1965], parte che risulta essere comune a gastrine isolate da numerose specie animali. La colecistochinina (CCK) e la pancreo- zimina (PZ), originariamente considera- te come sostanze distinte, vennero rico- nosciute da MUTT V. e JORPES J. E. (Recent Progr. Hormone Res. 23,483, 1967) come un unico polipeptide. Tale ormone, denominato CCK-PZ, t compo- sto di 33 aminoacidi (p.m. 3.883) ed una parte della molecola (il pentapeptide C- terminale) ~ identica alia gastrina. Que- sto dato ~ importante, in quanto pub spiegare una cross-reattivit~ immunolo- gica tra i due ormoni (McGuIGAN J. E.: Gastroenterology 54, 1012, 1968). La colecistochinina-pancreozimina ~ soprat- tutto presente nella mucosa digiunale, ma non" ne ~ ancora esattamente cono- sciuta la ceUula di origine. La secretina, scoperta da BAYLISS W. M. e STARLING E. H. nel 1902 [J. Phy- siol. (Lond.) 28, 325, 1902] ~ un poli- peptide di 27 aminoacidi (MUTT V. e Coll.: Biochemistry 4, 2358, 1965) se- creto da caratteristiche cellule endocrine della mucosa duodenale. Essa non pre- senta analogie strutturali con la gastrina e la CCK-PZ, mentre viceversa sono sta- te notate sue affinith con il glucagone pancreatico. Oltre a questi ormoni conosciuti da pill lungo tempo, sono staff recentemente isolati, ed in parte identificati chimica- mente, altri ormoni, quali la motilina (BRowN J. C. e Coll.: Gastroenterology 62, 401, 1972), il G.I.P. (Gastric Inhi- bitory Polypeptide) (BROWN J. C. e DRY- BURGH J. R.: Canad. J. Biochem. 49, 867, 1971) ed il V.I.P. (Vasoactive In- testinal Peptide) (SAID S. I. e MUTT V.: Europ. J. Biochem. 28,199, 1972). Par- ticolare interesse rivestono inoltre alcu- ne analogie strutturali e farmacologiche tra questi ormoni del tratto gastro-ente- rico ed alcuni polipeptidi estratfi dalla

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cute di anfibi, quali la ceruleina (ERsPA- MER V.: Gut 11, 79, 1971). Le nostre conoscenze sulla fisiologia e la farmacologia di questi ormoni sono state recentemente assai ampliate per la pos- sibilit~ di impiegare ormoni in forma as- sai purificata od anche sintetizzati in vi- tro. Si sono venute cost delineando sia le funzioni specifiche dei vari ormoni, sia le possibili interrelazioni tra queste va- tie sostanze. Le caratteristiche di composizione e pH del succo digestivo nei vari distretti in- fluenzano la liberazione dei diversi or- moni, e ne sono a loro volta influenzate: gli ormoni agiscono infatti sia sulla se- crezione di vari organi, sia sulla loro mo- tilitY, e si ha inoltre un complesso inter- ferire e sommarsi di azionL La gastrina influenza ad esempio soprattutto la se- crezione acida dello stomaco, mentre questa viene inibita dalla secretina e dal G.I.P.; la composizione del succo pan- creatico ~ influenzata sia dalla secretina, che agisce sulla secrezione di bicarbona- ti, sia dalla CCK-PZ, che stimola la libe- razione di enzimi. Quest'ultima stimola inoltre selettivamente la contrazione del- la parete colecisdca. L'importanza degli ormoni polipeptidici gastro-enterici in diverse situazioni pa- tologiche viene attualmente studiata, so- prattutto mediante l'impiego di tecniche radioimmunologiche. Mediante questi metodi estremamente sensibili ~ possi- bile dosare nel siero anche ormoni pre- senti in quantit~ di nanogrammo. I1 test radioimmunologico per il dosaggio della gastrina ~ attualmente alia portata di tut- ti i laboratori grazie alia disponibilit~ commerciale dei reagenti. I1 dosaggio degli altri ormoni, come ad esempio la secretina, V.I.P. e CCK-PZ, testa anco- ra appannaggio di pochi laboratori di ricerca, sebbene siano gi~ state annun- ciate metodiche di possibile impiego a livello di tutti i laboratori (BoD~N G. e CHEf W. Y.: Endocrinology 92, 1617, 1973). Non a caso dunque una gran quantit~ di daft ~ stata accumulata su sindromi ca- ratterizzate da un elevato livello sierico della gastrina. La pih nota di tall affezio-

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ni (sindrome di Zollinger-Ellison) ~ ca- ratterizzata da iperaciditA, presenza di ulcere spesso multiple in sede gastrica od anche intestinale, ed una assai eleva- ta gastrinemia. Questa ~ sovente soste- nuta dalla presenza di un tumore pan- creatico (ZoLLINGER R. M. e ELLISON E . H . : Ann. Surg. 142, 709, 1955) se- cernente gastrina (GREGORY R. A. e Coll.: Lancet 1, 1045, 1960). In alcuni casi, in cui il tumore pancreatico non era presente, l'elevata gastrinemia ~ sta- ta spiegata suila base di un'iperplasia di cellule secementi gastrina nell'antro pi- lorico e helle isole pancreatiche (PoLAK J. M. e Coll.: Gut 13,501, 1972). Un'elevata gastrinemia pub tuttavia accompagnarsi anche con una acloridria, ad esempio in soggetti con gastrite atro- fica che si accompagna ad anemia perni- ciosa (McGuIGAN J. E. e TRUDEAU W. L.: New Engl. J. Med. 282, 358, 1970) o in alcuni casi di pazienti con carcino- ma delio stomaco (McGumAN J. E. e TRUDEAU W. L.: Gastroenterology 64, 22, 1973). In soggetti con ulcera duo- denale la gastrina sembra invece non es- sere elevata (TRuDEAU W. L. e McGuI- GAN J. E.: Gastroenterology 59, 6, 1970). La patologia degli altri ormoni polipep- tidici gastro-intestinail ~ stata meno stu- diata; ~ stato tuttavia prospettato che una ipersecrezione di V.I.P. (BLooM S. R. e Coll.: Lancet 2, 14, 1973) da parte di un tumore endocrino pancreatico sia responsabile del cosiddetto << colera pan- creatico >> descritto da V~.m'~.R J. V. e MORRISON A. B. (Clin. Res. 6, 274, 1958) e caratterizzata da diarrea profu- sa, ipokalemia e adoridria. Casi di tu- mori endocrini secernenti entero-gluca- gone (GLv.ESON M. A. e Coll.: Gut 12, 773, 1971) e sostanze tipo CCK-PZ (WrLsoN S. A. e Coil.: Lancet I, 1515, 1973) sono staff recentemente riportati. Ricerche sul ruolo di questi vari ormoni neila patologia endocrina tumorale e nel- le disfunzioni dei meccanismi di secre- zione e di motilit~ del tratto gastro-en- terico sono attivamente indagate da nu- merosi ricercatori.

G.B.

DOSAGGIO DELL'aeFETOPRO- TEINA: VALORE DIAGNOSTICO E PROGNOSTICO

L'arfetoproteina (AFP) ~ una a-globu- lina sintetizzata durante il periodo em- brionale dal fegato e dal sacco viteilino; essa h presente in elevata quantit~ sia nel siero che neile secrezioni fetali. Du- rante il primo trimestre I'AFP raggiunge nel siero fetale valori di 2,4 mg/rnl; in seguito la quantitA decresce rapidamen- te ed alla nascita, nel sangue del cordone ombelicale, si riscontrano valori di 50 lxg/ml. Nel siero deil'adulto I'AFP praticamente assente. L'interesse clinico- laboratoristico deil'AFP risiede princi- palmente nel fatto che questa proteina compare nel siero ed in altri liquidi bio- logici in quantit~ abnormi in particolari affezioni del feto, del neonato e del- l'adulto e quindi la sua valutazione quantitativa riveste in molti casi un va- lore sia diagnosfico che prognostico. Le tecniche di valutazione quantitativa sono essenzialmente immunologiche me- diante l'uso di sieri eterologhi anti-AFP ottenuti iniettando in animali sangue re- tale; gli antisieri sono resi specifici me- diante adsorbimento con sieri umani di adulto privi di AFP. I metodi in uso so- no due: l'immunodiffusione racliale e i l metodo radioimmunologico. La scelta di una deile due tecniche dipende essenzial- mente clalla quantit~t di AFP presente nel campione in esame: se la quantit~t dell'ordine cli 0,1 mg/ml o superiore si usa l'immunodiffusione; se la quantitA dell'ordine di nanograrnmi si impiega il sistema radioimmunologico. In quest'ul- timo caso ~ indispensabile avere a di- sposizione un campione di AFP purifi- cato e marcato con ~25I ed un campione di siero o di proteina purificata a con- centrazione in AFP conosciuta. Le affezioni neile quali si riscontra un aumento dell'AFP sono numerose. Tra queste le pih importanti, ed anche tra le prime ad essere segnalate, sono il car- cinoma primitivo del fegato ed il terato- blastoma (ABELEV G. I. e Coll.: Int. J. Cancer 2, 551, 1967). In questi casi I 'AFP raggiunge in genere nel siero va-

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lori elevati (sino a 4-8 mg/ml); nei casi pifi clamorosi la sua presenza pub essere rivelata anche da un semplice esame elet- troforetico. Non tutti i casi di tumori primitivi del legato o di teratoblastoma si accompagnano ad elevata AFP. La frequenza oscilla dal 30 al 50 % dei ca- si; frequenze pifi elevate si riscontrano nella popolazione asiatica ed africana (ALPERT E.: Nat. Cancer Inst. Monogr. 35, 415, 1972) ove raggiungono valori deU'80 %. Con l'uso di tecniche pifi sen- sibili, quali il dosaggio raclioimmunolo- gico, ~ stato segnalato che in tutti i pa- zienti ~ possibile dimostrare un aumen- to significativo dell'AFP, sebbene non siano ancora chiari i fattori responsabili di queste variazioni quantitative. Particolare importanza prognostica rive- ste il dosaggio dell'AFP durante il de- corso della malattia; ~ stata dimostrata infatti una marcata riduzione delI'AFP dopo chemioterapia o asportazione chi- rurgica del tumore; valori elevati persi- stenti o la ricomparsa di AFP nel siero possono suggerire o una ripresa del pro- cesso neoplastico o l'instaurarsi di meta- stasi a distanza. Esistono peraltro anco- ra due affezioni de11'adulto in cui ~ sta- to segnalato un aumento delI'AFP; esse sono rappresentate dai tumori dell'appa- rato gastro-intestinale e dall'epatite acu- ta virale. Nel primo caso la segnalazione non sorprende, in quanto ~ stato dimo- strato che l'epitelio intestinale fetale sin- tetizza piccole quantitA di AFP (GITLIN D. e Coll.: Cancer ires. 32, 979, 1972). Nel secondo caso I'AFP compare duran- te la fase acuta della malattia e si ridu- ce progressivamente sino a scomparire del tutto con la risoluzione dell'affezio- ne. Non ~ stata dimostrata una evidente correlazione tra aumento delI'AFP e gra- do eli necrosi epatica; la presenza del- I'AFP in questi casi non pu6 in ogni ca- so essere attribuita ai processi di rigene- razione parenchimale in quanto I'AFP non aumenta nei soggetti sottoposti ad epatectomia parziale, condizione nella quale sono evidenti fenomeni rigenera- tivi (ALI'EgT E.: ibidem). In ogni caso, sia nell'epatite virale che nei tumori del- l'apparato digerente, la quantit~ di AFP

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non supera mai i valori di 10-50 ng/ml e quindi praticamente la diagnosi diffe- renziale con l'epatoma primitivo rara- mente viene chiamata in causa. Anche nel neonato il dosaggio delI'AFP risulta di utile valore diagnostico. Infat- ti I'AFP persiste con valori elevati nel siero del neonato in alcune condizioni: carcinomi primitivi del fegato o epato- blastomi; nel 50 % dei casi di terato- blastomi delle gonad_i; nella atassia tele- angiectasica (ad eccezione delle altre sin- dromi da deficit immunologicoAn cui I'AFP risulta normale); neUe epatiti neo- natali. In quest'ultimo caso il dosaggio dell'AFP si rivela particolarmente utile nella diagnosi differenziale con altre for- me di ittero neonatale, come ad esempio nei casi di atresia &lle vie biliari nelle quali non si osserva un aumento del- I'AFP (ZELTZER P. M. e Coll.: Lancet 1,373, 1974). Recentemente h stata anche suggerita l'utilita diagnostica del dosaggio del- I'AFP durante il periodo fetale nei casi di anencefalia, meningocele, spina bifi- da ed in genere in tutte quelle affezioni che comportano una sofferenza fetale si- no ai casi pifi gravi di morte intrauterina (BRocK D. J. H. e SUTCLIFFE R. G.: Lancet 2, 197, 1972; SEPPXLX M. e RUOSLAHTI E.: Lancet 1, 155, 1973; Lancet I, 375, 1973). In questi casi la valutazione quantitativa dell'AFP viene effettuata sia nel liquido amniotico, pre- levato mediante amniocentesi, sia nel siero della madre. In condizioni normali il liquido amniotico a11a 20 a settimana di gravidanza contiene da 15 a 25 Ixg/ml eli AFP; nello stesso periodo I'AFP nel siero materno ~ invece di 13-75 ng/ml. Nelle affezioni citate si osserva costante- mente nn aumento dell'AFP nel liquido amniotico, che nei casi di anencefalia pub raggiungere valori di 300 ~g/ml; nel siero materno invece l'aumento in AFP ~ in genere meno evidente ed in alcuni casi pu6 mancare del tutto (HAR- RIS R. e Coll.: Lancet 1,429, 1974). In famiglie ad alto rischio (uno dei genito- ri portatore di malformazioni dell'asse neurale) questo esame riveste una note- vole importanza diagnostica. BROCK D.

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j . H. e Coll. (Lancet 2,923, 1973) han- no segnalato la diagnosi prenatale alia 16 ~ settimana di gestazione di un caso di anencefalia mediante il dosaggio del- I'AFP nel liquido amniotico e nel siero matemo; il sospetto diagnostico ~ stato confermato dall'indagine con ultrasuoni e dall'esame autoptico del feto. In definitiva, la ricerca ed il dosaggio quantitativo delI'AFP rappresenta un test che pu6 fornire utili indicazioni dia- gnostiche e prognosdche in numerose af- fezioni. I metodi di dosaggio non pre- sentano particolari difficoltfi tecniche, possono essere facilmente applicati su una vasta casistica ed essere alia portata di ogni laboratorio. Come nel caso di tutti i dosaggi immunologici, sia se effet- tuati con I'immunodiffusione radiale che con il metodo radioimmunologico, si av- verte la necessit~ di un centro di riferi- mento internazionale che provveda alia standardizzazione delle tecniche in uso e soprattutto alla distribuzione di un sie- ro standard di riferimento (a contenuto noto in AFP). In questa maniera sar~ possibile paragonare i risultati ottenuti in diversi laboratori con evidenti vantag- gi sia pratici che scientifici.

G. M. C.

LA GLOMERULONEFRITE MEMBRANOSA

Nonostante le numerose recenti segna- lazioni, scarse sono le nostre conoscenze sui meccanismi eziopatogenetici e sulle modalith evolutive della glomerulonefri- te membranosa (detta anche extramem- branosa o epimembranosa), malattia che colpisce prevalentemente gli adulti, che si presenta con incidenza variabile con lesioni statiche o progressive e anche, ma meno frequentemente, con possibi- lit~ di remissione. La remissione b pifi frequente nel bam- bino (HABIB R. e Coll.: Arch. franq. P6diat. 28, 277, 1971) e pifi rata nel- l'adulto (FoRLA~ M. e SPAgGO B. H.: Nephron 6, 498, 1969) che presenta pifi frequentemente la forma evolutiva vet-

so l'insufficienza renale (EHRENREICH T. e CHURG J.: Pathology Annual 3, 145, 1968). Clinicamente, essa presenta in gran par- te dei casi il quadro della sindrome ne- frosica con ipoalbuminemia, ipercoleste- rolemia, edemi ed elevata proteinuria, quest'ultima primo segno della compar- sa della malattia associata, almeno nel periodo iniziale, ad ematuria prevalente- mente microscopica. In altri casi, clini- camente si osserva un quadro non dissi- mile da quello della glomerulonefrite cronica. I1 quadro nefrosico in alcuni ca- si continua per tutta la malattia, in altri

un episodio transitorio; in casi pifi rari non compare mai. Azotemia e filtrato glomerulare sono nella norma, almeno all'inizio deila malattia. La persistenza della sindrome nefrosica ~ un segno pro- gnostico sfavorevole in quanto sarebbe l'espressione di lesioni attive e progres- sive. In assenza di sindrome nefrosica le lesioni progrediscono pifi lentamente. Non esistono segni di infezione strepto- coccica e i l complemento totale e le fra- zioni C3 e C4 del complemento sierico non mostrano variazioni. FRANKLIN W. A. e Coll. (Kidney Inter- national 4, 36, 1973) hanno proposto una distinzione clinica in gruppi a secon- da della evoluzione della malattia: un gruppo ad evoluzione rapida in uremia ed (~ exitus ~ entro 5 anni dall'insorgen- za della malattia, un gruppo ad evoluzio- ne progressiva, differenziantesi dal pre- cedente solo per la comparsa dell'uremia e dell'~ exitus ~ entro 10 anni dall'ini- zio della malattia, un gruppo ad evolu- zione lenta in cui la comparsa dell'iper- tensione e della diminuzione de1 filtrato sono tardivi e i',~ exitus ~ compare do- po 15-20 anni dall'inizio della malattia. Un quarto gruppo si caratterizzerebbe per la remissione della malattia con scomparsa o netta riduzione della pro- teinuria e del quadro clinico nefrosico, entro un periodo abbastanza breve dal- l'inizio della malattia. Questi quattro gruppi non sono diffe- renziabili tra loro all'inizio della malat- tia. La presenza di ipertensione, iperazo- temia o deficit della funzione renale nel-

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la fase iniziale non ha alcun rapporto con l'evoluzione della malattia. La diffusa applicazione della biopsia re- nale ha permesso di acquisire maggiori daft sulla evoluzione della malattia. EHRENREICH T. e CHURG J. (ibidem) hanno distinto quattro stadi morfologi- ci che esprimono le diverse fasi di pro- gressione dell'affezione. Nel I stadio, alia microscopia ottica con le comuni colorazioni non si osserva ispessimento delle parti capillari. Ii re- perto ~ quasi normale, assai simile a quello che si osserva nella sindrome ne- frosica a << minimal changes ~>. Con la tecnica della colorazione argentica su fettine sottili si osserva, lungo le pareti capillari, una punteggiatura che corri- sponde a depositi subepiteliali. Ma la diagnosi ~ fattibile solo con l'ausilio del- l'ultramicroscopia che evidenzia piccoli depositi siti sul lato subepiteliale della membrana basale (MB), non diffusi a tutte le anse. La fluorescenza diretta di- mostra fini granuli ben separati gli uni dagli altri, disposti lungo tutte le anse capillari, costituiti da IgG. 1~ presente, con la stessa disposizione, ma in modo molto meno intenso, e solo in un terzo dei casi, Blc. In casi meno frequenti so- no presenti in tracce IgA, IgM e fibri- nogeno (MORrL-MAROCEX~ L. e Coll.: Amer. J. Med. 53, 170, 1972). Recen- temente, ~ stata segnalata la presenza di IgD (TARANTINO A. e Coll.: Minerva nefrol. 20, 101, 1973). Nel I I stadio, alia microscopia ottica si osserva ispessimento della parete capiX- late e con la colorazione argentica si os- serva una punteggiatura lungo la parete delle anse pih grossolana, costituita da depositi separati gli uni dagli altri da proiezioni o spine (<< spikes >>) prove- nienti dalla lamina densa, che danno un aspetto dentellato a too' di pettine al la- to esterno della MB. Alia ultramicrosco- pia i depositi subepiteliali appaiono pih numerosi, pih diffusi e confluenti. Proie- zioni (<< spikes ~) provenienti dalla lami- na densa avvolgono completamente i de- positi, quasi a formate una sottile mem- brana che separa i depositi dalle cellule epiteliali. All'immunofluorescenza i gra-

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nuli appaiono pih numerosi e ravvicinati. I1 I I I stadio ~ caratterizzato da ispessi- mento diffuso delle pareti capillari con restringimento del lume ben visibile alla microscopia ottica. Con l'ultramicrosco- pia si osservano i depositi incorporati nella MB che appare ispessita, duplicata. Anche l'immunofluorescenza conferma questo aspetto di granuli (depositi) in- corporati nella MB. Le anse sono fluo- rescenti ed ~ pih difficile distinguere se- parati deposifi immuni. Nel IV stadio la MB ~ ispessita irrego- larmente a catenella ed $ difficile distin- guere in essa i primitivi depositi. L'im- munofluorescenza mostra aspetti non dissimili dal I I I stadio. A questi diversi aspetti morfologici cor- rispondono anehe particolari aspetti fun- zionali. Le clearances proteiche dimo- strano nel I stadio elevata selettivit~, che scompare con l'evoluzione negli sta- di successivi. La relazione fra localizzazione dei de- positi e remissione non $ chiara. Secon- do FRANKLIN W. A. e Coll. (ibidem) i casi in cui dopo 2 anni dall'inizio non

avvenuto il completo inglobamento dei depositi nella M_B, hanno una evoluzio- ne pih rapida verso l'insufficienza re- nale. I processi pedicilIari sono fusi nei tratti in cui sono a contatto con i depositi ma non nelle zone in cui l'inglobamento da parte della MB li separa dai depositi elet- trondensi. La disposizione dei depositi e la presenza in questi di immunoglobu- line e di complemento indicano che la malattia ~ dovuta a immunocomplessi in cui l'antigene $ quanto mai variabile; oltre ad antigeni streptococcici e staff- 1ococcici, sono staff riscontrati: l'antige- ne Australia (CoMBES B. e Coll.: Lan- cet 2, 234, 1971), l'acido desossiribo- nucleico (KRISHMAN C. e KAPLAN M. H.: J. clin. Invest. 46, 569, 1967), an- tigeni tumorali (LEE J. C. e Coll.: Ann. intern. Med. 64, 41, 1966; Lewis M. G. e Coll.: Lancet 2, 134, 1971). Sugli effetti della terapia non si hanno daft sicuri e i'evoluzione verso l'insuffi- cienza renale ~ stata osservata in casi trattati e non trattati con terapia steroi-

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dea. Secondo RASTOGI S. P. e Coll. (Quart. J. Med. 38, 335, 1969) e FRAN- KLIN W. A. e Coll. (ibidem) i casi che hanno presentato remissione erano in trattamento steroideo. Secondo HABIB R. e Coll. (ibidem) e GLUCK M. C. e Co11. (Ann. intern. Med. 78, 1, 1973) e POLLAK V. E. e Coll. (Ann. intern. Med. 69, 1176, 1968) la terapia steroidea non modificherebbe il decorso della malat- tia, di per s6 buono per la frequenza di remissioni spontanee nel 25 % dei casi. Anche quando la malattia progredisce, il decorso h lento [sono stati segnalati ca- si con durata oltre i 19 anni: GLOCK M. C. e Coll. (ibidem)].

L.S.

GRANULOCITI EOSINOFILI E LORO SIGNIFICATO IMMUNOLO- GICO

Bench~ la caratteristica affinith dei gra- nuli citoplasmatici di questa popolazio- ne di polimorfonucleati per i coloranti acidofili (quale h appunto l'eosina) sia stata chiaramente delineata circa un se- colo fa da Paul Ehrlich, il significato biologico degli eosinofili h rimasto fino- ra sostanzialmente sconosciuto. Soltanto negli ultimi anni, grazie ad una serie di ricerche, i cui risultati saranno sintetiz- zati in questa nota, 1'interesse per tall cellule h andato spostandosi da un piano puramente morfo-ematologico a quello pih propriamente immuno-allergologico. Le cellule staminali midollari, dopo un periodo di 3-4 giorni di maturazione, si trasformano in eosinofili the passano in circolo, dove pare rimangano poche ore soltanto e si localizzano quindi in sede tessutale fino al completamento del loro ciclo vitale, che ~ di circa 8-12 giorni. Particolarmente ricco in eosinofili 6 il connettivo lasso sottomucoso degli ap- parati gastroenterico e respiratorio. Poi- ch6 gli eosinofili non mostrano chiare alterazioni morfologiche durante il loro ciclo vitale, la microscopia ottica con- venzionale non 6 in grado di discernere ffa cellule in piena attivith funzionale e

cellule funzionalmente esaurite (COHEN S. G.: New Engl. J. Med. 290, 457, 1974). Eosinofilia pifi o meno marcata b stata riscontrata in tutta una serie di condi- zioni morbose quali l'asma bronchiale, le infestazioni parassitarie, alcune der- matosi, le reazioni da farmaci e le co- siddette sindromi con ipereosinofilia co- me la sindrome di LSffler, la panarterite nodosa, alcuni casi di morbo di Hodg- kin, la cosiddetta leucemia eosinofila e le reazioni leucemoidi eosinofile che si associano talora ad un carcinoma (HAR- DY W. R. e ANDERSON R. E.: Ann. in- tern. Med. 68, 1220, 1967). In que- st'ultimo caso l'esistenza di un rappor- to diretto fra eosinofilia e tumore ~ sta- ta giA da tempo suggerita dall'osserva- zione della scomparsa di tale eosinofilia in seguito alla rimozione chirurgica del- la neoplasia (WEiss E.: J. Lab. din. Med. 11,733, 1926; ISAACSON N. I-I. e RAPOPORT P.: Ann. intern. Med. 25, 893, 1946). Ma quali sono i meccanismi responsabi- li della produzione, migrazione ed infil- trazione degli eosinofili in condizioni morbose apparentemente cosi dispara- te? Recenti ricercbe cliniche e sperimen- tall hanno permesso di identificare nu- merosi fattori eosinofilotattici, che han- no caratteristiche chimiche differenti ed intervengono in circostanze variabili da un caso all'altro. A) Un fattore chemiotattico per gli eo- sinofili si produce ad esempio per effet- to di alcune reazioni antigene-anticorpo- complemento. I frammenti de1 tipo C3 e CSa, che si producono durante la << ca- scata )) del complemento, sembrano at- trarre sia gli eosinofili che i neutrofili (WARD P. A.: Amer. J. Path. 54, 121, 1969; KAY A. B.: Clin. exp. Immunol. 7, 723, 1970), cib cbe spiega l'eteroge- neit~ della popolazione cellulare che in- terviene nella patogenesi delle lesioni evolutive helle malattie da immunocom- plessi. B) Un analogo fattore eosinofilo- tattico viene sintetizzato dai leucociti in seguito alia loro stimolazione con anti- geni (COHEN S. G. e WARD P. A.: J. exp. Mecl. 133, 133, 1971): con questo mec-

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canismo si spiegherebbe l'eosinofilia che si associa ad alcune connettiviti e malat- tie autoimmuni neUe quali gioca un ruo- io determinante l'immunifft ceUulare. C) Nelle condizioni aliergopatiche l'eo- sinofilia sembra invece derivare dalla reazione fra antigene ed anticorpo della classe IgE, quest'ultimo ancorato alia superficie &lie mastcellule e/o dei baso- fill, con conseguente liberazione di me- diatori chimid preformati. D) L'eosino- filia che si associa ai processi neoplastid

stata spiegata con la neoproduzione di autoantigeni ad elevato potenziale im- munogenico. 1~ stata infatti di recente dimostrata in un caso di carcinoma pol- monare l'esistenza nel tessuto neoplasti- co di un fattore ad attivit~ specifica eo- sinofilotattica (WAss~RM^N S. I. e Coll.: New Engl. J. Med. 290, 420, 1974). L'inequivocabile dimostrazione di tall fattori in grado cli richiamare elettiva- mente gli eosinofili nelle sedi di lesione induce ad attribuire a queste celiule un ruolo immunologico di non trascurabi- le importanza. In realth, gli eosinofili sono capaci di fagocitare i complessi an- tigene-anticorpo ed in condizioni parti- colari anche micoplasmi, batteri e parti- celie inerti [COHEN S. G. e Coil.: J. Al- lergy 35, 346, 1964; KOSTAGE S. T. e Coll.: Proc. Soc. exp. Biol. (N.Y.) I25, 413, 1967]. Tuttavia, queste ceUule mancano del corredo enzimatico dei neu- trofili (catepsine, fagocitine, etc.) neces- sario a degradare il materiale fagocitato, e risulta pertanto difficile stabilire con esattezza fino ache punto il loro inter- vento sia determinante per l'evolutivit~ delle lesioni tessutali. Per studiare que- sto particolare aspetto il mezzo pih vali- do consiste indubbiamente nella neutra- lizzazione o eliminazione degli eosino- fill. Un tale obiettivo pub essere speri- mentalmente conseguito con l'uso di particolari antisieri. Poich6 neli'ambito dei leucociti polimorfonucleati gli eosi- nofili posseggono un'individualit~ anti- genica specifica, h possibile produrre nel coniglio particolari antisieri con mono- specificith anti-eosinofili (MAHMOtII) A. A. F. e Coil.: J. exp. Med. I37, 1526,

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1973; MAHMOUD A. A. F. e Coll.: New Engl. J. Med. 290, 417, 1974). Orbene, la deplezione sperimentale di eosinofili circolanti non sembra proteggere gli ani- mali daUo shock anafilattico, e d'altra parte la gravit~ di un'allergopatia o del- la malattia da siero non sembrano esse- re in rapporto diretto con l'entit~ del- l'eosinofilia. Alcuni studi recenti sem- brano invece fondatamente suggerire che gli eosinofili siano in qualche modo connessi con l'ipersensibilit~t di tipo im- mediato IgE-dipendente, con un'azione regolatrice sulia liberazione di istamina, nonch~ con i processi riparativi del con- nettivo sede di lesione (HuBsCHER T. e EISEN A. H.: J. Allergy din. immunol. 51, 83, 1973; SAMTE~ M.: Hosp. Pract. 8, 85, 1973). Da quanto siamo venuti fin qui espo- nendo, appare chiaro come la funzione immunobiologica degli eosinofili sia an- cora ben lungi dall'essere compiutamen- te conosciuta. Da una tale chiarfficazio- ne potranno perahro derivare non sol- tanto una migliore conoscenza patogene- tica, ma anche pih valide prospettive te- rapeutiche in molte condizioni di pato- logia per molti versi ancora enigmatiche.

F.D.

LA DEFINIZIONE DELLO STADIO NEL MORBO DI HODGKIN

Per un esatto inquadramento del mor- bo di Hodgldn, che consenta un'adegua- ta terapia, ~ fondamentale stabilire con esattezza, con tutti i mezzi a disposizio- ne, lo stadio della malattia, cio~ la sua estensione. Solo cosl si potril decidere il programma terapeutico, che sar~t molto diverso a seconda dello stadio e che at- tualmente, nella maggior parte delie for- me ancora localizzate, consente di otte- nere la remissione completa definitiva della malattia. La necessit~ di uniformare la classifica- zione in stadi in tutti i centri che si oc- cupano di linfopatie, onde consentire il confronto dei risultati terapeutici, ha in- dotto i maggiori esperti del mondo a

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discutere questi problemi in due Simpo- si internazionali. Nel 1 ~ Simposio, tenu- tosi a Rye (Rye Symposium; Cancer Res. 26, 1045, 1966), si sono poste le basi delia moderna impostazione diagnostica che ~ stata meglio precisata nel 2 ~ Sim- posio internazionale svoltosi neI 1971 ad Ann Arbor (Ann Arbor Symposium; Cancer Res. 31, 1707, 1971). Attualmente devono essere presi in con- siderazione 4 stadi della malattia che in- dicano una progressiva maggiore gravi- tL I1 1 ~ stadio corrisponde all'impegno di una singola regione linfonodale o al- l'impegno localizzato di un singolo or- gano o sede extralinfatica; il 2 ~ stadio

definito dall'interessamento di due o pifi regioni linfonodali dalio stesso lato del diaffamma, che pub essere associato a quello localizzato di un organo o di una sede extralinfatica; il 3 ~ stadio cor- risponde all'interessamento di regioni linfonodali situate sopra e sotto il dia- framma, con possibile interessamento associato localizzato di un organo o di una sede extralinfatica, o della milza o di entrambi; il 4 ~ stadio ~ caratterizzato dali'estensione della malattia al di fuori del sistema linfatico, con impegno dif- fuso di uno o pih organi o sedi extra- linfatiche. Nelia definizione dello stadio l'aggiunta della lettera << E >> indica l'impegno lo- calizzato di un organo extralinfatico, quella della lettera << S >> l'impegno sple- nico. Ciascuno stadio deve essere suddiviso in << A >> o << B >> in rapporto con l'assenza o la presenza di sintomi generali che rendono pifi grave la prognosi. Come sintomi generali devono considerarsi: a) febbre superiore a 38 *C che duri pih di 5 giorni e che non sia in rapporto con infezioni;

b) perdita di almeno il 10 % del peso normale del paziente avvenuta negli ul- timi 6 mesi;

c) sudorazioni notturne profuse e ripe- tute. II prurito non viene pih considera- to un segno generale prognostico sfavo- revole. Per definire esattamente lo stadio nel

morbo di Hodgkin i pazienti devono es- sere sempre sottoposti ad indagini che consentano di svelare eventuali localiz- zazioni della malattia. Accanto ad una accurata anamnesi e ad un completo esa- me obiettivo devono essere effettuati: un esame radiologico del torace con stra- tigrafia del mediastino: una linfografia addominale, eventuali esami scintigrafi- ci dello scheletro, della milza e del fega- to, esami radiologici mirati in caso di al- tre sospette localizzazioni, etc. Dovranno essere eseguiti esami di labo- ratorio riguardanti la funzione epatica, quali la fosfatasi alcalina, la prova di ri- tenzione delia B.S.F., le transaminasi, altri tests enzimatici. Importanza note- vole rivestono i cosiddetti indici di atti- vit~t la cui positivit~t pub essere presa in considerazione per classificare i pazien- ti nel gruppo << a >> o << b >>: il paziente << b >> quando vi 6 la positivitA di aline- no due dei seguenti indici: velocifft di eritrosedimentazione con prima ora >t 40 ram, cupremia >/ 165 Y %, sidere- mia ~< 70 T %, ~2-globuline/> 1 g %, fibrinogeno > /500 mg %. L'insieme di questi dati consente di clas- sificare lo stadio del paziente dal punto di vista clinico (CS). In base ai reperti istopatologici rilevati con la Iaparo-splenectomia, si pub effet- tuare la classificazione patologica (PS ) : devono essere eseguiti esami istologici sulia milza, sul fegato (biopsia di en- trambi i lobi), sui linfonodi delle diver- se stazioni addominali ed eventualmen- te inguinali, sul midollo osseo prelevato dana cresta iliaca. Lo stadio clinico deve essere corretto sulla base dei dati istopatologici che han- no ovviamente valore assoluto. Bisogna sempre tenere conto che pub essere im- possibile accertare, sulla base dei soli da- ti clinici, l'interessamento di gruppi lin- fonodali profondi e di parenchimi. In particolare, dimostrare la compartecipa- zione della milza b molto di~cile se non si pub esaminarla dal punto di vista isto- patologico e quelia del fegato non pub essere esclusa neppure in base alla nega- tivita di esami bioptici anche ripetuti.

F.M.

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I BATTERI COMMENSALI

I batteri commensali sono presenti in numero estremamente eievato nell'uo- too. A liveUo della cute si calcola vi siano 1012 cellule batteriche, 101~ nella bocca e 1014 nelrintestino! Tra questi sono rappresentati anche pressoch~ tutti i batteri patogeni, che possono essere presenti senza determinare situazioni patologiche in quanto neutralizzati dalla risposta immunologica da essi provoca- ta. I rapporti delle diverse specie batte- riche tra loro e con l'organismo ospite possono, a seconda delle circostanze, de- terminate benefici o danni aU'organismo stesso. WILLIAMS R. E. O. (J. din. Path. 26, 8i 1, 1973)ha analizzato alcune delle si- tuazioni che neUe varie sedi, da parte di diversi microorganismi, possono crea- te condizioni vantaggiose o dannose per l'ospite. Gli elementi fondamentali su cui si basano gli equilibri tra i vail com- ponenti del sistema possono essere sche- matizzati come segue: 1 ~ attivitfi meta- boliche delle diverse specie batteriche; 2 ~ collocazione spaziale dei batteri nel- l'organismo ospite; 3 ~ condizioni fisio- patologiche dell'ospite a livello delle di- verse sedi in cui sono localizzati i bat- teri; 4 ~ influenza di elementi esterni (per esempio dicta, farmaci) nei rappor- ti tra commensali e ospite. Per quanto riguarda la cute, risultano di particolare interesse lo Staphylococcus epidermidis ed il Corynebacterium acne. L'attiviffi metabolica di queste due spe- cie batteriche ~ caratterizzata dalla pre- senza di lipasi che liberano acidi grassi dai trigliceridi deI sebo (R~IsNER R. M. e PUHVEL M.: J. invest. Derm. 53, 1, 1969); questi acidi esercitano, in con- dizioni normali, un'attivith antibatterica nei confronti dello Staphylococcus au- reuse di alcuni streptococchi (RICKETTS C. R. e Coll.: Clin. Sci. 10, 89, 1951) ma quando si moltiplicano in ghiandole se- bacee il cui orifizio ~ bloccato, essi pro- ducono le lesioni infiammatorie caratte- ristiche dell'ache (FlUZlNKEL R. K.: New Engl. J. Med. 280, 1161, 1969). Lo Staphylococcus epidermidis, inoltre, non

patogeno nel suo habitat naturale sulla cute, pub determinare gravi quadri pa- tologici e condurre anche a morte quan- do, entrato in circolo, si localizza su pro- tesi valvolari cardiache, o encefaliche. In tall sedi esso pub rimanere a lungo la- tente, adattandosi forse al nuovo am- biente, finch6 si verificano le condizioni adatte per un suo moltiplicarsi incontrol- lato. La normale flora batterica streptococci- ca della bocca sembra avere un'azione protettiva contro invasioni da m~croor- ganismi esogeni come la Candida o dei bacilli gram-negativi, ma i germi in essa rappresentati possono divenire grave- mente patogeni per dislocazione in altre sedi; ne ~ esempio lo Streptococcus san- guinis che, per la sua collocazione in vi- cinanza dell'impianto dei denti, pub en- trare abbastanza facilmente in circolo (ad esempio in seguito ad estrazioni den- tarie) e impiantarsi sull'endocardio al- terato da lesioni reumatiche, probabil- mente favorito in cib dallo strato di de- strano che lo riveste. Lo Streptococcus mutans diventa invece patogeno localmente, producendo carie dentaria, quando l'ambiente si modifichi per eccessiva presenza di zuccheri con conseguente eccesso di prodnzione di acido lattico. Oltre alia produzione di tale acido per se stessa, l'effetto carioge- nico pub essere dovuto ad una alterazio- ne dei rapporti con altre specie batteri- che, capaci di metabolizzare l'acido lat- tico (MIKx F. H. M. e Coll.: Caries Res. 6, 211, 1972). Dove i rapporti metabolici delle varie specie batteriche tra loro e con l'organi- smo ospite raggiungono la maggiore im- portanza e complicazione ~ nel tubo di- gerente. La flora batterica ~ qui rappre- sentata da microorganismi aerobi come E. coli, Streptococcus/aecalis, Proteus, da anaerobi non sporigeni come Bacte- roides e Bifidobacterium e sporigeni co- me i Clostridi. L'equilibrio tra le diver- se specie batteriche ~ regolato da una parte dalle condizioni favorevoli per la crescita degli anaerobi obbligati, create dagli aerobi che consumano ossigeno, e daU'altra dalla produzione di inibitori

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prodotti dalle varie specie, da prodotti del metabolismo di sostanze introdotte con l'alimentazione oppure originate dall'ospite, come le mucine ed i sali bi- liari. La somministrazione di farmaci co- me gli antibiotici pub fortemente ahera- re l'equilibrio delle varie specie tra loro e con l'organismo ospite. Portatori di salmonella trattati con neo- micina continuano ad essere portatori pih a lungo di quelli non trattati, per l'al- terarsi di tali equilibri (Association/or the Study of Infectious Diseases Report; Lancet 2, 1159, 1970). Infatti la flora batterica normale determina la produzio- ne di acidi grassi volatili che inibiscono lo sviluppo di flora esogena come le Sal- monelle e le Shigelle (Bo~-~orr M. e Coll.: J. exp. Med. I20, 805, 1964). Perch~ cib avvenga b necessario vi sia un equilibrio tra E. colied anaerobi (MAIER B. R. e HENTGES D.J . : Infect. and Im- mun. 6, 168, 1972). In condizioni normali i batteri intestina- li contribuiscono ai processi digestivi di fibre vegetali, i cui prodotti stimolano la motilith intestinale, possono produrre piccole quantit~ di etanolo che stimola la formazione di alcool deidrogenasi nel fe- gato (KREBS H. A. e PERKINS J. R.:

Biochem. J. 118,635, 1970), determina- no la deconiugazione dei sali biliari che possono cos1 essere riassorbiti a livello dell'ileo terminale, scompongono 1'urea permettendo la riutiXizzazione dell'azoto ammoniacale cost prodotto. Questo ef- fetto, utile nel normale, pub essere note- volmente dannoso in cirrotici gravi o in operati di shunt porta-cava. Anche la degradazione degli steroidi bi- liari di grado pih pronunciato, indotta particolarmente da diete molto ricche di came e di grassi, pu6 portare a risuhati dannosi, come una diminuzione del rias- sorbimento dei sali biliari e soprattutto a11a formazione di eventuali prodotti cancerogeni a livello della mucosa del colon (HILL M. J. e Co11.: Lancet 1, 95 1971) e forse alla formazione di estro- geni con effetto cancerogeno a livello della ghiandola mammaria (HILL M. J. e Coll.: Lancet 2, 472, 1971). Queste possibili attivith di prodotti di degrada- zione batterica di sostanze normalmente presenti nell'organismo possono porte giustamente in allarme per quello che ri- guarda eventuali effetti di analoghi pro- dotti derivati per attivith dei batteri su sostanze non naturali come farmaci o ad- ditivi chimici.

G.C.

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