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A Macerata c’è una via che tutti conoscono, è Via degli Orti. Non molto frequenta- ta, non ci si passa se non ci si abita, a meno che non si sia sbagliata strada. La sua caratteristica è di unire con ponticelli sospesi sulla via, le vecchie abitazioni di un lato agli antichi orti dell’altro lato, che si affacciano sulle mura castellane, formando un’incredibile fila di giardini pensili. Non ci ero passata più da almeno quarant’anni, da quando avevamo venduto la nostra abitazione pro- prio in quella strada, ma l’estate scorsa, trovandomi a piedi per Macerata, ho deciso di allungare un po’ il giro e di tornare a vedere i luoghi di una volta. Ho disceso la prima parte della via, fermandomi con il naso all’insù, a guardare il giardino che ci era appartenuto e la casa dei bei tempi. D’un tratto mi sono sentita investi- ta da un vento fresco e gradevole che mi ha fatto dimenticare la sta- gione estiva. Mi spingeva i capelli sugli occhi, costringendomi a vol- tarmi controvento per recuperare un po’ di vista, ma, appena girata, una figura femminile, alta, vestita di nero, con i capelli raccolti dietro e gli occhi scuri, età difficile da stabilire, mi scrutava a poca distan- za. Teneva in mano un mazzetto di fiori, avvolti nel giornale. Avevo la sensazione di conoscerla, ma assolutamente non mi ricorda- vo chi fosse, pensavo che potesse essere una abitante di quelle case o che stesse passando per caso come me. Era ferma e continuava a fis- sarmi. Alla fine, per togliermi dal- l’imbarazzo di essere stata scoper- ta mentre osservavo chissà cosa, le rivolsi la parola,: “ Sto guardando queste mura perché ci ho abitato tanti anni fa e quel giardino, lo conosco bene.” Lei accennò un sorriso e, rimanendo a distanza, mi rispose : “ Lo so, mi ricordo di te, Irene, di quando eri piccola, bion- da e riccioluta, di quando tua mamma ti teneva per mano e mi parlava del clima, del freddo che sentiva, oppure della sua scuola di Tolentino dove insegnava e dove tu andavi a prenderla con tuo papà in macchina, una Belvedere. “ Mi sembrò davvero strano che conoscesse tutti quei dettagli che neppure io ricordavo. Tolentino, il freddo, la Belvedere, era tutto vero e riaffiorava nella mia mente come un sogno. Poi lei aggiunse: “ Sei venuta qui ad abitare quando avevi 5 anni, ma prima stavi più su, oltre la salita, vicino alla piaggia di San Giovanni e io abitavo due o tre portoncini dopo di voi. Ti ho visto quando sei arrivata da Roma a tre mesi, nella culletta di vimini tutta azzurra. Ti hanno tirata fuori dalla Topolino amaranto e sei sparita dietro al por- toncino. Il giorno seguente sono venuta a far visita a tua madre per vedere la nuova famiglia e la casa. Sai, sono stata sempre molto curio- sa, mi chiamavano “Teresona la curiosona “, ma i tuoi erano educa- ti e gentili e mi hanno fatto entrare subito. Avevo portato un piccolo regalo, era un sopramobile di por- cellana, che rappresentava una bambina addormentata con il suo cagnolino a fianco, anche lui dor- miente. “ A queste parole, la mia meraviglia non ebbe limite, perché quell’og- getto esisteva ancora, lucido, bello e sano e mi piaceva, tanto che mi aveva sempre seguito nei vari spo- stamenti e cambi di casa. Non avevo mai saputo l’origine di quel sopramobile, ma era originale e datato e questo me lo rendeva impossibile da perdere. Lei si era nel frattempo incammi- nata verso la vecchia casa primiti- va per mostrarmi che esisteva ancora lo stesso uscio di legno a due battenti e la finestra della cuci- na sul lato sinistro, da cui si poteva vedere il lavello di rame. La porta era accostata, riuscivo a scorgere la camera da pranzo in fondo al corri- doio, c’era ancora la stufa di coc- cio fiorentino con una brocca d’ac- qua sopra. Dalla finestra del primo piano vedevo bene la cosiddetta “sala da bagno” con la vasca sospesa sui piedi di leone e la vetri- netta dei medicinali, sotto cui sta- vano un tavolinetto e due sedie bianche. Ci salutammo con cor- dialità, dopo che lei mi diede un rametto fiorito di verbena, tolto dal mazzetto che aveva nel giornale. Mi avviai al parcheggio a riprende- re la macchina e, come sempre facevo, passando a Macerata, deci- si di andare al Cimitero a trovare mio padre, ma non potevo fare a meno di ripensare a quello strano incontro e a tutte quelle sensazioni che mi aveva provocato. Nella parte antica del Campo Santo, vici- no all’ingresso, sono passata davanti al sacrario dei preti, detto un Requiem per Don Enea, nostro vecchio parroco, proseguii per la tomba di famiglia. Messi i fiori, spolverate le foto, poi ripulite le vecchie suppellettili funerarie, non so perché, quella volta non feci il solito percorso del ritorno, ma girai dalla parte opposta. Due passi più avanti, c’era una tomba spoglia, che non avevo mai notato, senza fiori e abbandonata da anni, il nome, le date e la foto, però, si riconoscevano bene: Teresa Cassini, nata il 19 settembre 1887, morta il 24 aprile 1958. Guardai con attenzione più volte la persona ritratta, non c’erano dubbi, era lei. Era morta sessant’anni fa. Con il cuore in gola, tornai sui miei passi e di corsa indietro in macchi- na fino a Via degli Orti, volevo essere sicura di non essere morta anch’io. Tutto era normale là, anche la vecchia casa lo era, la porta chiusa, le finestre aperte. Guardavo e riguardavo, ma non riuscivo a scorgere niente, né il lavello di rame, né la vasca con i piedi di leone, né la stufa di coccio. Tornata a casa mia, passati dei giorni, i ricordi divennero un po’ confusi e mi convinsi di aver sognato. Dopo qualche mese, cercando le chiavi nella borsa, mi accorsi che c’era un rametto di verbena rinsec- chito. C uriosando in internet, mi ha colpito una importante noti- zia, quella che la Coop Alleanza 3.0 (cooperativa di con- sumatori italiana molto diffusa sul territorio marchigiano), in collabo- razione con Fondaco Italia (socie- tà attiva nella valorizzazione dei beni culturali) sosterrà il restauro del dipinto “Il Giuramento degli Anconetani”, opera del pittore, di origine marchigiana, Francesco Podesti, esposta nella Pinacoteca di Ancona. Il dipinto, da me cono- sciuto ed apprezzato, è, per gli anconetani, un orgoglioso simbolo che testimonia la loro ferma deter- minazione nell’affrontare, con coraggio, e convinto spirito patriot- tico, i momenti di pericolo. Pensando che la stupenda opera pittorica ed il suo autore siano poco conosciuti, è nata in me l’idea di farne, a perenne ricordo, una breve sintesi illustrativa. Il Giuramento degli Anconetani. Nel 1851 la municipalità di Ancona chiese al Podesti di realiz- zare un dipinto il cui soggetto fosse tratto dalla storia patria, per collo- carlo nella propria sede. La sua scelta fu di rappresentare l’episo- dio ispirato all’eroica resistenza della città nell’assedio del 1173. Il dipinto è stato realizzato con pit- tura ad olio su tela (385 cm x 510 cm) ed è databile tra il 1844 ed il 1847. Per il suo alto valore artistico è stato premiato anche all’esposi- zione universale di Londra del 1851 e a quella di Parigi del 1855. La scena si riferisce ad un evento storico avvenuto nel 1173, quando la città di Ancona fu posta sotto assedio dalle truppe di Cristiano di Magonza, luogotenente di Federico Barbarossa, e dalla flotta veneziana, sua alleata. La città di Ancona era allora una Repubblica marinara indipendente, alleata con l’Imperatore di Bisanzio Manuele II Paleologo, ma la sua posizione strategica di porto commerciale faceva gola a molti, in particolare al Barbarossa ed alla Repubblica di Venezia, che tentarono quindi di soggiogarla e di spogliarla delle sue ricchezze. L’assedio durò quasi sette mesi, dal primo aprile alla metà di ottobre. Si trattò di una vera e propria prova di forza della Repubblica anconetana, che, non- ostante la disparità di forze, riuscì a resistere coraggiosamente allo strapotere dei nemici e a metterli in fuga. Diversi furono anche gli episodi di eroismo. Ne cito solo due: quello della giovane vedova Stamira, che audacissima corse ad accendere una botte di materiale infiammabile provocando l’incen- dio di una “torre mobile” nemica e quello del sacerdote Giovanni da Chio, che gettatosi a nuoto nel porto in tempesta, taglio con una scure la gomena della nave ammi- raglia dei veneziani, provocando l’affondamento di varie navi nemi- che. L’arrivo di forze alleate pro- venienti da Ferrara posero fine al lungo assedio liberando Ancona. Il quadro (vds. figura) rappresenta il momento in cui i consiglieri, sol- dati e popolo anconetano, non- ostante provati dalla carestia causa- ta dall’assedio, spronati da un sena- tore centenario rispondono unani- mi alle esortazioni di quest’ultimo, giurando di resistere fino alla morte piuttosto che cedere. Francesco Podesti, pittore italiano di origine marchigiana, assieme a Francesco Hayez e Giuseppe Bezzuoli, è considerato uno dei maggiori pittori italiani della prima metà dell’ottocento. Fu esponente del romanticismo storico ed è oggi particolarmente noto per gli affre- schi della sala dell’Immacolata, nei palazzi vaticani. Nato ad Ancona il 21 marzo 1800, da genitori che si erano trasferiti da Novi Ligure in tale città per motivi di lavoro del padre (sarto militare che lavorava con le forniture all’esercito e alla guarnigione francese di stanza in città) , è morto a Roma 1l 10 feb- braio 1895. Trovandosi orfano di entrambi i genitori all’età di 15 anni, dopo una esperienza di studi di architettura militare a Pavia che dovette rinunciare per motivi eco- nomici, ritornò ad Ancona. Nel 1816, viste le comprovate attitudini nelle arti pittoriche, ebbe dal comu- Anno XXIX - N. 2 APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2018 EDIZIONE TRIMESTRALE PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “CENACOLO MARCHIGIANO” DI ROMA - SEDE VIA MATTEO BOIARDO, 19 - 00185 ROMA - TEL./FAX 06-77.20.51.78 IL "CENACOLO MARCHIGIANO" ADERISCE ALL'UNAR (Unione delle Associazioni Regionali di Roma e del Lazio). E' ISCRITTO NEL "REGISTRO REGIONALE DELLE ASSOCIAZIONI" DI PROMOZIONE SOCIALE DELLA REGIONE LAZIO (Art. 9 L.R. 1 Set. 1999 N. 22) CON DETERMINAZIONE N. D 1044 DEL 22 Mar. 2007. E' ISCRITTO ALL'ALBO REGIONALE DELLE ASSOCIAZIONI DEI MARCHIGIANI RESIDENTI IN ALTRE REGIONI ITALIANE (DDPF N. 73/IPC DEL 03 Apr. 2012) GUIDA INSOLITA - 53° PASSO Via degli Orti di Irene Affede Di Paola IL RESTAURO DE “IL GIURAMENTO DEGLI ANCONETANI” Opera pittorica del marchigiano Francesco Podesti di Duilio Benvenuti DIFFUSIONE GRATUITA Via degli Orti di Macerata Il Cenacolo Marchigiano di Roma Vergine Lauretana Continua a pagina 2 “I o, sul Carso, so combattuto fianco a fianco con i dimonios della Sassari, che ve credete! E conoscevo pure un Tenente loro, che però era marchigiano comme me, era di qua vicino, di Corridonia, no era sardu”. Era l’ espressione ricorrente e colma di fierezza di un anziano reduce dalla Grande Guerra del mio paese, uno dei tanti contadini- soldato che hanno popolato le trincee di questo immane conflitto. Allora ero poco più che adolescente, non prestavo attenzione, non capivo, non ero in grado di comprendere il significato di così tanta fierezza. Le numerose celebrazioni e rievocazioni legate al centenario della 1^ Guerra Mondiale mi hanno riportato alla mente quelle parole, quelle espressioni di orgoglio, che nel breve tempo hanno aperto uno squarcio nella mia storia, non nella grande Storia, ma in quella “più piccola e più umana” di tanti nostri nonni (o bisnonni, secondo l’età) che hanno portato impresse nella loro carne le sofferenze di una guerra così atroce. Il fiero reduce aveva combattuto nelle fila della Brigata Macerata, una delle 5 Brigate con nome marchigiano (le altre erano Marche, Ancona, Piceno, Pesaro). La Brigata Macerata fu, per un lungo periodo, inquadrata insieme alla Brigata Sassari nella 25^ Divisione di Fanteria agli ordini del bravo Gen. Gaetano Zoppi, Comandante del XIII Corpo d’Armata. Siamo sull’arido Carso, è il novembre 1915. I diavoli rossi della Sassari – mito del Regio Esercito e terrore degli austriaci - muovono all’attacco delle trincee delle Frasche e dei Razzi a San Martino del Carso, due trincee che i nostri soldati chiamavano per quello che vedevano: la trincea delle Frasche per come erano mimetizzati i parapetti, la trincea dei Razzi perchè da lì partivano di notte i razzi illuminanti. Prima dell’arrivo della Sassari, il tentativo di espugnare quelle due brevi trincee, a poche decine di metri l’una dall’altra, aveva comportato - a più riprese - la perdita di centinaia e centinaia di uomini. Ora tocca ai dimonios sassarini. Dall’11 al 14 novembre, vengono reiterati assalti su assalti, fino all’irruzione nelle posizioni contese, ove resistono e si consolidano grazie al concorso di due compagnie della Brigata Macerata. Al termine degli scontri, sul terreno rimarranno 66 Ufficiali e più di 1700 soldati. Fino al febbraio 1916, la Brigata Macerata manterrà quelle posizioni alternandosi in linea con la Sassari, affratellate oramai dalla storia. Il Bollettino del Comando Supremo del 15 novembre 1915 racconterà la battaglia celebrando il valore degli intrepidi Sardi (scritti con la S maiuscola), senza però trascurare la presenza di eroici continentali che nella Sassari militavano. L’ Ufficiale di Corridonia era uno di loro. Il Tenente che l’anziano reduce diceva di aver conosciuto era Eugenio Niccolai da Pausula (attuale Corridonia (MC), Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. Comandante di una Compagnia del 151° Reggimento della Sassari aveva partecipato all’epica conquista delle trincee delle Frasche e dei Razzi, dove – coincidenze della storia – nel maggio dello stesso anno si era immolato il suo concittadino Filippo Corridoni, personaggio illustre, sindacalista, giornalista, politico e interventista (in suo onore, la città di Pausula muterà il suo nome in Corridonia). Eugenio Niccolai, giovane Ufficiale di complemento (laureando in giurisprudenza), per il suo intrepido comportamento in battaglia fu promosso prima Tenente poi Capitano. Seguirà il destino del suo 151° dal Carso alla Bainsizza, poi di nuovo sull’Altopiano di Asiago, che aveva già conosciuto sin dal maggio 1916 a seguito degli eventi della Strafexpedition. In una fredda mattina del gennaio 1918, l’appuntamento con la morte sul Col del Rosso: il Cap. Niccolai – nell’infuriare della battaglia dei Tre Monti – unico capitano sopravvissuto, assume il comando di un battaglione alla testa del quale, ripetutamente ferito, continuerà a combattere sino allo stremo, fin quando non verrà abbattuto dal piombo nemico (31 gennaio 1918). Il suo corpo, recuperato con difficoltà, dal settembre 1924 riposa nella tomba di famiglia a Macerata. In ricordo del suo eroico comportamento, al giovanissimo Ufficiale verrà conferita ad honorem la Laurea in Giurisprudenza. Quanta storia nelle parole di quel reduce, storia che allora non comprendevo! LA BRIGATA MACERATA E I “DIMONIOS” DELLA SASSARI DUE GRANDI UNITA’ AFFRATELLATE DALLA GRANDE GUERRA di Anselmo Donnari Cap. Eugenio Niccolai - M.O.V.M. alla memoria Francesco Podesti “Giuramento degli Anconetani” Ai soci del Cenacolo Marchigiano, agli amici e a chi ci legge, gli auguri più cor- diali per serene e felici ferie estive

Anno XXIX - N. 2 APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2018 Il ......bambina addormentata con il suo cagnolino a fianco, anche lui dor-miente. “ A queste parole, la mia meraviglia non ebbe limite,

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Page 1: Anno XXIX - N. 2 APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2018 Il ......bambina addormentata con il suo cagnolino a fianco, anche lui dor-miente. “ A queste parole, la mia meraviglia non ebbe limite,

AMacerata c’è una via chetutti conoscono, è Via degliOrti. Non molto frequenta-

ta, non ci si passa se non ci si abita,a meno che non si sia sbagliatastrada. La sua caratteristica è diunire con ponticelli sospesi sullavia, le vecchie abitazioni di un latoagli antichi orti dell’altro lato, chesi affacciano sulle mura castellane,formando un’incredibile fila digiardini pensili.Non ci ero passata più da almenoquarant’anni, da quando avevamovenduto la nostra abitazione pro-prio in quella strada, ma l’estate

scorsa, trovandomi a piedi perMacerata, ho deciso di allungareun po’ il giro e di tornare a vederei luoghi di una volta.Ho disceso la prima parte della via,fermandomi con il naso all’insù, aguardare il giardino che ci eraappartenuto e la casa dei bei tempi.D’un tratto mi sono sentita investi-ta da un vento fresco e gradevoleche mi ha fatto dimenticare la sta-gione estiva. Mi spingeva i capellisugli occhi, costringendomi a vol-tarmi controvento per recuperareun po’ di vista, ma, appena girata,una figura femminile, alta, vestitadi nero, con i capelli raccolti dietroe gli occhi scuri, età difficile dastabilire, mi scrutava a poca distan-za. Teneva in mano un mazzetto difiori, avvolti nel giornale.Avevo la sensazione di conoscerla,ma assolutamente non mi ricorda-vo chi fosse, pensavo che potesseessere una abitante di quelle case oche stesse passando per caso comeme. Era ferma e continuava a fis-sarmi. Alla fine, per togliermi dal-l’imbarazzo di essere stata scoper-ta mentre osservavo chissà cosa, lerivolsi la parola,: “ Sto guardandoqueste mura perché ci ho abitatotanti anni fa e quel giardino, loconosco bene.” Lei accennò unsorriso e, rimanendo a distanza, mirispose : “ Lo so, mi ricordo di te,Irene, di quando eri piccola, bion-da e riccioluta, di quando tuamamma ti teneva per mano e miparlava del clima, del freddo chesentiva, oppure della sua scuola diTolentino dove insegnava e dovetu andavi a prenderla con tuo papàin macchina, una Belvedere. “Mi sembrò davvero strano checonoscesse tutti quei dettagli cheneppure io ricordavo. Tolentino, ilfreddo, la Belvedere, era tutto veroe riaffiorava nella mia mente comeun sogno.Poi lei aggiunse: “ Sei venuta quiad abitare quando avevi 5 anni, maprima stavi più su, oltre la salita,vicino alla piaggia di San Giovannie io abitavo due o tre portoncinidopo di voi. Ti ho visto quando seiarrivata da Roma a tre mesi, nellaculletta di vimini tutta azzurra. Tihanno tirata fuori dalla Topolinoamaranto e sei sparita dietro al por-toncino. Il giorno seguente sonovenuta a far visita a tua madre pervedere la nuova famiglia e la casa.Sai, sono stata sempre molto curio-sa, mi chiamavano “Teresona lacuriosona “, ma i tuoi erano educa-ti e gentili e mi hanno fatto entraresubito. Avevo portato un piccolo

regalo, era un sopramobile di por-cellana, che rappresentava unabambina addormentata con il suocagnolino a fianco, anche lui dor-miente. “A queste parole, la mia meraviglianon ebbe limite, perché quell’og-getto esisteva ancora, lucido, belloe sano e mi piaceva, tanto che miaveva sempre seguito nei vari spo-stamenti e cambi di casa. Nonavevo mai saputo l’origine di quelsopramobile, ma era originale edatato e questo me lo rendevaimpossibile da perdere.Lei si era nel frattempo incammi-

nata verso la vecchia casa primiti-va per mostrarmi che esistevaancora lo stesso uscio di legno adue battenti e la finestra della cuci-na sul lato sinistro, da cui si potevavedere il lavello di rame. La portaera accostata, riuscivo a scorgere lacamera da pranzo in fondo al corri-doio, c’era ancora la stufa di coc-cio fiorentino con una brocca d’ac-qua sopra. Dalla finestra del primopiano vedevo bene la cosiddetta“sala da bagno” con la vascasospesa sui piedi di leone e la vetri-netta dei medicinali, sotto cui sta-vano un tavolinetto e due sediebianche. Ci salutammo con cor-dialità, dopo che lei mi diede unrametto fiorito di verbena, tolto dalmazzetto che aveva nel giornale.Mi avviai al parcheggio a riprende-re la macchina e, come semprefacevo, passando a Macerata, deci-si di andare al Cimitero a trovaremio padre, ma non potevo fare ameno di ripensare a quello stranoincontro e a tutte quelle sensazioniche mi aveva provocato. Nellaparte antica del Campo Santo, vici-no all’ingresso, sono passatadavanti al sacrario dei preti, dettoun Requiem per Don Enea, nostrovecchio parroco, proseguii per latomba di famiglia. Messi i fiori,spolverate le foto, poi ripulite levecchie suppellettili funerarie, nonso perché, quella volta non feci ilsolito percorso del ritorno, ma giraidalla parte opposta. Due passi piùavanti, c’era una tomba spoglia,che non avevo mai notato, senzafiori e abbandonata da anni, ilnome, le date e la foto, però, siriconoscevano bene: TeresaCassini, nata il 19 settembre 1887,morta il 24 aprile 1958. Guardaicon attenzione più volte la personaritratta, non c’erano dubbi, era lei.Era morta sessant’anni fa.Con il cuore in gola, tornai sui mieipassi e di corsa indietro in macchi-na fino a Via degli Orti, volevoessere sicura di non essere mortaanch’io. Tutto era normale là,anche la vecchia casa lo era, laporta chiusa, le finestre aperte.Guardavo e riguardavo, ma nonriuscivo a scorgere niente, né illavello di rame, né la vasca con ipiedi di leone, né la stufa di coccio.Tornata a casa mia, passati deigiorni, i ricordi divennero un po’confusi e mi convinsi di aversognato. Dopo qualche mese, cercando lechiavi nella borsa, mi accorsi chec’era un rametto di verbena rinsec-chito.

Curiosando in internet, mi hacolpito una importante noti-zia, quella che la Coop

Alleanza 3.0 (cooperativa di con-

sumatori italiana molto diffusa sulterritorio marchigiano), in collabo-razione con Fondaco Italia (socie-tà attiva nella valorizzazione deibeni culturali) sosterrà il restaurodel dipinto “Il Giuramento degliAnconetani”, opera del pittore, diorigine marchigiana, FrancescoPodesti, esposta nella Pinacotecadi Ancona. Il dipinto, da me cono-sciuto ed apprezzato, è, per glianconetani, un orgoglioso simboloche testimonia la loro ferma deter-minazione nell’affrontare, concoraggio, e convinto spirito patriot-tico, i momenti di pericolo. Pensando che la stupenda operapittorica ed il suo autore siano pococonosciuti, è nata in me l’idea difarne, a perenne ricordo, una brevesintesi illustrativa.Il Giuramento degli Anconetani.Nel 1851 la municipalità diAncona chiese al Podesti di realiz-zare un dipinto il cui soggetto fossetratto dalla storia patria, per collo-carlo nella propria sede. La suascelta fu di rappresentare l’episo-dio ispirato all’eroica resistenzadella città nell’assedio del 1173. Il dipinto è stato realizzato con pit-tura ad olio su tela (385 cm x 510cm) ed è databile tra il 1844 ed il1847. Per il suo alto valore artisticoè stato premiato anche all’esposi-zione universale di Londra del1851 e a quella di Parigi del 1855. La scena si riferisce ad un eventostorico avvenuto nel 1173, quandola città di Ancona fu posta sottoassedio dalle truppe di Cristiano diMagonza, luogotenente diFederico Barbarossa, e dalla flottaveneziana, sua alleata. La città diAncona era allora una Repubblicamarinara indipendente, alleata conl’Imperatore di Bisanzio ManueleII Paleologo, ma la sua posizionestrategica di porto commercialefaceva gola a molti, in particolareal Barbarossa ed alla Repubblicadi Venezia, che tentarono quindi disoggiogarla e di spogliarla dellesue ricchezze. L’assedio durò quasisette mesi, dal primo aprile allametà di ottobre. Si trattò di unavera e propria prova di forza dellaRepubblica anconetana, che, non-ostante la disparità di forze, riuscì aresistere coraggiosamente allo

strapotere dei nemici e a metterliin fuga. Diversi furono anche gliepisodi di eroismo. Ne cito solodue: quello della giovane vedova

Stamira, che audacissima corse adaccendere una botte di materialeinfiammabile provocando l’incen-dio di una “torre mobile” nemica equello del sacerdote Giovanni daChio, che gettatosi a nuoto nelporto in tempesta, taglio con unascure la gomena della nave ammi-raglia dei veneziani, provocandol’affondamento di varie navi nemi-che. L’arrivo di forze alleate pro-venienti da Ferrara posero fine allungo assedio liberando Ancona. Ilquadro (vds. figura) rappresenta ilmomento in cui i consiglieri, sol-dati e popolo anconetano, non-ostante provati dalla carestia causa-ta dall’assedio, spronati da un sena-tore centenario rispondono unani-mi alle esortazioni di quest’ultimo,giurando di resistere fino allamorte piuttosto che cedere. Francesco Podesti, pittore italianodi origine marchigiana, assieme aFrancesco Hayez e GiuseppeBezzuoli, è considerato uno deimaggiori pittori italiani della primametà dell’ottocento. Fu esponente

del romanticismo storico ed è oggiparticolarmente noto per gli affre-schi della sala dell’Immacolata, neipalazzi vaticani. Nato ad Ancona il21 marzo 1800, da genitori che sierano trasferiti da Novi Ligure intale città per motivi di lavoro delpadre (sarto militare che lavoravacon le forniture all’esercito e allaguarnigione francese di stanza incittà) , è morto a Roma 1l 10 feb-braio 1895. Trovandosi orfano dientrambi i genitori all’età di 15anni, dopo una esperienza di studidi architettura militare a Pavia chedovette rinunciare per motivi eco-nomici, ritornò ad Ancona. Nel1816, viste le comprovate attitudininelle arti pittoriche, ebbe dal comu-

Anno XXIX - N. 2 APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2018EDIZIONE TRIMESTRALE

PERIODICO DELL’ASSOCIAZIONE “CENACOLO MARCHIGIANO” DI ROMA - SEDE VIA MATTEO BOIARDO, 19 - 00185 ROMA - TEL./FAX 06-77.20.51.78IL "CENACOLO MARCHIGIANO" ADERISCE ALL'UNAR (Unione delle Associazioni Regionali di Roma e del Lazio). E' ISCRITTO NEL "REGISTRO REGIONALE DELLE ASSOCIAZIONI" DI PROMOZIONE SOCIALE DELLA REGIONE LAZIO

(Art. 9 L.R. 1 Set. 1999 N. 22) CON DETERMINAZIONE N. D 1044 DEL 22 Mar. 2007. E' ISCRITTO ALL'ALBO REGIONALE DELLE ASSOCIAZIONI DEI MARCHIGIANI RESIDENTI IN ALTRE REGIONI ITALIANE (DDPF N. 73/IPC DEL 03 Apr. 2012)

GUIDA INSOLITA - 53° PASSOVia degli Orti

di Irene Affede Di Paola

IL RESTAURO DE “IL GIURAMENTO DEGLI ANCONETANI”Opera pittorica del marchigiano Francesco Podesti

di Duilio Benvenuti

DIFFUSIONE GRATUITA

Via degli Orti di Macerata

Il CenacoloMarchigiano

di Roma Vergine Lauretana

Continua a pagina 2

“Io, sul Carso, so combattuto fianco a fianco con i dimonios dellaSassari, che ve credete! E conoscevo pure un Tenente loro, cheperò era marchigiano comme me, era di qua vicino, di Corridonia,

no era sardu”. Era l’ espressione ricorrente e colma di fierezza di unanziano reduce dalla Grande Guerra del mio paese, uno dei tanti contadini-soldato che hanno popolato le trincee di questo immane conflitto. Alloraero poco più che adolescente, non prestavo attenzione, non capivo, non eroin grado di comprendere il significato di così tanta fierezza.Le numerose celebrazioni e rievocazioni legate al centenario della 1^Guerra Mondiale mi hanno riportato alla mente quelle parole, quelleespressioni di orgoglio, che nel breve tempo hanno aperto uno squarcionella mia storia, non nella grande Storia, ma in quella “più piccola e piùumana” di tanti nostri nonni (o bisnonni, secondo l’età) che hanno portatoimpresse nella loro carne le sofferenze di una guerra così atroce.Il fiero reduce aveva combattuto nelle fila della Brigata Macerata, una delle5 Brigate con nome marchigiano (le altre erano Marche, Ancona, Piceno,Pesaro). La Brigata Macerata fu, per un lungo periodo, inquadrata insiemealla Brigata Sassari nella 25^ Divisione di Fanteria agli ordini del bravoGen. Gaetano Zoppi, Comandante del XIII Corpo d’Armata.Siamo sull’arido Carso, è il novembre 1915. I diavoli rossi della Sassari –mito del Regio Esercito e terrore degli austriaci - muovono all’attacco delletrincee delle Frasche e dei Razzi a San Martino del Carso, due trincee chei nostri soldati chiamavano per quello che vedevano: la trincea delleFrasche per come erano mimetizzati i parapetti, la trincea dei Razzi perchèda lì partivano di notte i razzi illuminanti.Prima dell’arrivo della Sassari, il tentativo di espugnare quelle due brevitrincee, a poche decine di metri l’una dall’altra, aveva comportato - a piùriprese - la perdita di centinaia e centinaia di uomini. Ora tocca ai dimoniossassarini. Dall’11 al 14 novembre, vengono reiterati assalti su assalti, finoall’irruzione nelle posizioni contese, ove resistono e si consolidano grazieal concorso di due compagnie della Brigata Macerata. Al termine degliscontri, sul terreno rimarranno 66 Ufficiali e più di 1700 soldati.Fino al febbraio 1916, la Brigata Macerata manterrà quelle posizionialternandosi in linea con la Sassari, affratellate oramai dalla storia.Il Bollettino del Comando Supremo del 15 novembre 1915 racconterà labattaglia celebrando il valore degli intrepidi Sardi (scritti con la Smaiuscola), senza però trascurare la presenza di eroici continentali chenella Sassari militavano. L’ Ufficiale di Corridonia era uno di loro.Il Tenente che l’anziano reduce diceva di aver conosciuto era EugenioNiccolai da Pausula (attuale Corridonia (MC), Medaglia d’Oro al ValorMilitare alla memoria. Comandante di una Compagnia del 151°Reggimento della Sassari aveva partecipato all’epica conquista delletrincee delle Frasche e dei Razzi, dove – coincidenze della storia – nelmaggio dello stesso anno si era immolato il suo concittadino FilippoCorridoni, personaggio illustre, sindacalista, giornalista, politico einterventista (in suo onore, la città di Pausula muterà il suo nome inCorridonia). Eugenio Niccolai, giovane Ufficiale di complemento(laureando in giurisprudenza), per il suo intrepido comportamento inbattaglia fu promosso prima Tenente poi Capitano. Seguirà il destino delsuo 151° dal Carso alla Bainsizza, poi di nuovo sull’Altopiano di Asiago,che aveva già conosciuto sin dal maggio 1916 a seguito degli eventi dellaStrafexpedition. In una fredda mattina del gennaio 1918, l’appuntamentocon la morte sul Col del Rosso: il Cap. Niccolai – nell’infuriare dellabattaglia dei Tre Monti – unico capitano sopravvissuto, assume il comandodi un battaglione alla testa del quale, ripetutamente ferito, continuerà acombattere sino allo stremo, fin quando non verrà abbattuto dal piombonemico (31 gennaio 1918). Il suo corpo, recuperato con difficoltà, dalsettembre 1924 riposa nella tomba di famiglia a Macerata. In ricordo delsuo eroico comportamento, al giovanissimo Ufficiale verrà conferita adhonorem la Laurea in Giurisprudenza. Quanta storia nelle parole di quelreduce, storia che allora non comprendevo!

LA BRIGATA MACERATA E I “DIMONIOS” DELLA SASSARI

DUE GRANDI UNITA’ AFFRATELLATE DALLA GRANDE GUERRAdi Anselmo Donnari

Cap. Eugenio Niccolai - M.O.V.M. alla memoria

Francesco Podesti

“Giuramento degli Anconetani”

Ai soci del Cenacolo Marchigiano, agliamici e a chi ci legge, gli auguri più cor-diali per serene e felici ferie estive

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Anno XXIX - N. 2 APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2018- PAGINA 2 -

Ben raramente le Marchesono state al centro di epi-sodi che hanno poi coin-

volto anche il resto del Paese o learee limitrofe. Si può forse soste-nere che la nostra regione è statasempre piuttosto connotata perl’operosità dei suoi abitanti, peruno dei più bassi indici di reaticommessi e per il suo diffusoappoggio alle posizioni politiche

moderate o tutt’al più riformiste.Una delle eccezioni contrastantirispetto a una tale tendenza, siverificò nella prima metà del1914, quando non vi erano ancoraneppure i sintomi di ciò cheavrebbe portato al deflagrare dellaGrande Guerra. Come in altriPaesi, anche in Italia la situazionesociale e politica non si presenta-va eccezionalmente difficile etesa. Permanevano soltanto, spe-cie in alcune aree - Romagna,soprattutto, ma anche parte delleMarche – delle “fibrillazioni”tenute vive da sostenitori di unaauspicata visione repubblicana eantimonarchica della forma istitu-zionale nella Penisola, ma soprat-tutto amplificate dalle crescenti esempre più diffuse istanze politi-co-sindacali, con grandi dibattiticoinvolgenti i socialisti e laConfederazione Generale delLavoro, tra le due tendenze inter-ne, la “riformista”, più numerosae moderata, e la “massimalista”,più radicale, anch’essa consisten-te ma non maggioritaria. Un’altraparticolare “fibrillazione” eraconnessa ai postumi della guerradi Libia che aveva visto, a fine1912, vittorioso il regno d’Italiacontro l’Impero ottomano, ma cheimpegnava ancora oltremaremolti italiani richiamati alle armi,aggravando la situazione econo-mica del Paese con gravi effettispecie sugli strati più poveri dellapopolazione, così incoraggiatianche all’emigrazione. In partico-lare i circoli anarchici, ancorchépoco diffusi nella Penisola e com-posti da un numero molto limitatodi aderenti, traevano spunto da ciòper la diffusione di proclami e“campagne” di proselitismo basa-ti spesso su argomentazioni anti-monarchiche e antimilitariste. Intale contesto generale, Ancona siprospettava come una delle cittàin cui i dibattiti politici e socialipresentavano ampiezza e caratte-ristiche che richiamavano l’inte-resse anche nazionale tanto cheessa venne scelta, a fine aprile1914, come sede del XIV con-gresso del Partito Socialista chevide il grande successo degliinterventi infiammati di Mussoli-

ni, allora direttore del giornale delpartito, L’Avanti! e fervente soste-nitore dell’ala massimalista delpartito stesso. È dopo poco più diun mese che si prospettò un even-to dal quale originò quella chesarebbe stata chiamata laSettimana Rossa di Ancona: il 7giugno sarebbe stata celebrata intutta Italia la “Festa dello Statuto”per ricordare la concessione da

parte del Re Carlo Alberto diquello che era già noto come“Statuto Albertino” e che sarebbestato sostituito dalla Costituzionerepubblicana solo dopo la finedella Seconda Guerra Mondiale.Le forze antimonarchiche deciserodi indire per quella data manifesta-zioni di protesta; in particolare, perAncona l’allora socialistaMussolini – che tuttavia non sareb-be intervenuto – l’allora giovanis-simo repubblicano (e poi notissimopolitico socialista) Pietro Nenni,romagnolo, e l’anarchico ErricoMalatesta, internazionalmentemolto noto, sostenuti principal-mente dai sindacati e dalle leghedei lavoratori, promossero la con-vocazione di comizi pubbliciorientati anche a chiedere, tra l’al-tro, l’abolizione delle “Compagniedi Disciplina dell’Esercito” dove imilitanti, considerati “rivoluziona-ri”, venivano inviati a scopo“rieducazionale”. Salandra,Presidente del Consiglio dell’epo-ca, decise di proibire che le variemanifestazioni programmate nelPaese si svolgessero in luoghipubblici, temendo che potesserodegenerare in turbamenti dell’or-dine pubblico. Conseguentementegli organizzatori spostarono l’ini-ziativa di Ancona in una sede pri-vata, il circolo repubblicano“Gioventù Ribelle”, più notocome “Villa Rossa”. In presenzadi 500/600 persone, si svolsero iprevisti comizi con interventi diinfluenti politici e sindacalistiaffluiti da più regioni: la riunione,iniziata alle 16, stava terminandoalle 18 e 30, circa, quando i parte-cipanti, nel defluire dall’edificio,si trovarono circondati dallenumerose forze dell’ordine incari-cate di incanalare i manifestanti,in fila indiana, verso la periferiadella città per evitare la vicinaPiazza Roma dove si stava tenen-do un concerto di una banda mili-tare a celebrazione della festadello Statuto. Contrariamente aquanto poteva prevedersi – consi-derato anche il rapporto tra forzedell’ordine e numero non impo-nente dei manifestanti – si verifi-carono alcuni tumulti inizialmentemolto limitati ma presto degene-

rati. Il bilancio conclusivo vide,dalla parte delle forze dell’ordine,alcuni contusi, ma purtroppo, tra imanifestanti, oltre ad alcuni feritila morte di tre giovani anconetani,due repubblicani e un anarchico,colpiti dal fuoco aperto dai carabi-nieri. Come reazione alla mortedei tre manifestanti di Villa Rossa,ebbe inizio quella che, dal 7 al 14giugno del 1914, alcuni storiciavrebbero definito come unasorta di insurrezione popolaresviluppatasi ad Ancona e propa-gatasi dalle Marche allaRomagna, alla Toscana e ad altreparti d’Italia. Di fatto, sin dallasera stessa del 7 giugno unapreoccupazione generale si spar-se in città, mentre le forze di poli-zia si tenevano cautamentedistanti. Ad Ancona convennero variresponsabili sindacali e politiciche presero a tenere riunioni cheprodussero, tra l’altro, la procla-mazione di scioperi generali,come quello dei ferrovieri, inizia-to il 9 giugno, in concomitanzadei funerali dei tre giovani mortila sera del 7, funerali cui parteci-parono varie migliaia di personema che si svolsero comunquepacificamente. Non mancarononell’immediato, in varie partidella regione e del Paese, episodicon caratteristiche “prerivoluzio-narie”, come l’abbattimento dialcuni casotti daziari, blocchi stra-dali e requisizione di materiali edanimali, ordinate dalle Cameredel Lavoro; in un paese romagno-lo si arrivò a innalzare in piazzaun “albero della libertà” simile aquelli innalzati in epoca napoleo-nica! Continuarono molti ed ani-mati comizi il più frequentato deiquali fu quello promosso il 10giugno all’Arena di Milano, concirca 60.000 presenze, nel qualeMussolini continuò ad esprimere isuoi infiammati incitamenti a per-seguire attività ben più incisiverispetto a quelle favorite dalle areeriformiste del partito socialista edei sindacati. Il 10 giugno attrac-carono al porto di Ancona trecorazzate e tre cacciatorpediniereche sbarcarono circa 10.000 mili-tari. Salandra, comunque, si asten-ne allora e successivamente dal-l’ordinare l’intervento diretto deimilitari che pure gli era sollecitatoda più parti delle forze conserva-trici del Paese, spaventate dagliscioperi in corso ovunque e dagliscontri che spesso li connotavano.D’altro canto, contro le protestevivaci dell’area massimalista edegli anarchici, il 12 giugno laConfederazione Generale delLavoro proclamò il termine dellosciopero generale. Seguì un pro-cesso di “normalizzazione” dellasituazione febbrile nel Paese.D’altra parte, mancavano pochesettimane all’inizio, fino ad alloradel tutto imprevisto, della GuerraMondiale in buona partedell’Europa, e il mondo interosarebbe stato travolto da altriavvenimenti ed istanze ancora benpiù gravi. Dopo qualche annoAncona avrebbe ospitato un altroevento che, in qualche misura,richiamò anch’esso l’attenzionenazionale, ma al riguardo ci sipotrà tornare in un’altra occasio-ne.

ne di Ancona un sussidio annualeche gli permise di trasferirsi aRoma, per studiare pitturaall’Accademia di San Luca , doveebbe come maestri VincenzoComuccini e Gaspare Landi. ARoma trovò alloggio presso il PioSodalizio dei Piceni in SanSalvatore in Lauro (Associazionedi marchigiani residenti a Roma,fondata dal Cardinale GiovanniBattista Pallotta di Caldarola agliinizi del 1600, avente come scopo

principale quello di aiutare, ospi-tandoli, gli studenti marchigianibisognosi impegnati per gli Studi aRoma). Lo stesso, oltre alle lezioniin Accademia, iniziò a frequentarelo studio di Antonio Canova, chegli voleva bene come un padreapprezzando le sue doti artistiche.Nonostante l’aiuto economicoassicuratogli dalla sua città natale edal Pio Sodalizio dei Piceni, il gio-vane Podesti visse tempi moltoduri, ma la protezione del Canova

gli permise di guardare al suo futu-ro di artista più serenamente e consuccessi sempre più significativi alivello nazionale ed europeo. Questo è tutto, non mi resta altroche plaudire alla brillante iniziativadella Coop Alleanza 3.0 e dellaFondeco Italia per la brillante ini-ziativa che, quanto prima, ridaràalla bellissima ed importantissimaopera pittorica del “Giuramentodegli Anconetani” l’antico splen-dore!

Alcuni giorni dopo la sorpren-dente guarigione, padre Bona-ventura e padre Giacomo, parti-rono a bordo di una imbarcazio-ne veneziana e raggiunsero lacittà di Cattaro (1640), dove tro-varono i quattro confratelli cheerano partiti precedentemente.Furono tutti obbligati ad unaprolungata sosta di sicurezza,per via del vacillante rapportotra turchi e veneziani, ai qualigli albanesi avevano chiestoprotezione per la loro indipen-denza dagli ottomani. Solo dopoalcuni mesi padre GiacomoZampa arrivò finalmente all’in-terno del territorio tanto deside-rato e si diede ad imparare lalingua albanese. Man mano chela imparava insegnava la dottri-na cristiana e predicava comemeglio poteva. Nell’anno 1641il padre marchigiano fu inviatoin una zona montuosa a norddella città di Scutari, come com-pagno del padre Gregorio diRoma, Vice Prefetto dellaMissione in quella provincia. Ipadri missionari giravano dauna zona all’altra, svolgendoopera di apostolato per converti-re il popolo al cristianesimo,facendo matrimoni ed ammini-strando battesimi. Padre Gia-como, in particolare, era moltoimpegnato anche a visitare gliinfermi, religiosi e secolari,curandoli, al bisogno, sfruttandola sua specifica umana esperien-za, precedentemente acquisitanel corso della sua vita monasti-ca. Si mostrava molto caritate-vole anche verso i turchi, con-quistando stima personale edamorevole accoglienza. Nonamava certamente l’ozio e siprestava ai lavori più umili perservire anche i confratelli. Feceincredibili sacrifici in un perio-do in cui la zona fu colpita dafebbre pestilenziale. Cadde luistesso malato ma non smise maidi curare gli altri e mai tralasciòdi celebrare la Messa, percor-rendo diversi chilometri perandare da una zona ad un’altra.Tutte le elemosine ricevute lepassava a chi aveva maggiorbisogno di lui. Si legge ancheche padre Giacomo ebbe uncomportamento esemplare inoccasione della nomina di unvescovo in sostituzione di unaltro che era deceduto. La suc-cessione venne effettuata aseguito di imposizioni di poten-ti autorità turche, medianteesborso di denaro ed altre vessa-zioni. Parte del clero acconsentìche ciò avvenisse ma, padreGiacomo ed altri frati, si dichia-rarono contrari a questa prepo-tenza che costituiva un grandescandalo per la fede cristiana.Padre Zampa riuscì a riportarealla chiesa molti cristiani diven-tati scismatici e convertì anchemolti turchi, ai quali ammini-strava segretamente il battesi-mo. Nel 1644, su disposizionedel Prefetto apostolico padre

Cherubino da Trento, fu inviatoalla Missione di San Pellegrinoa fianco di frate FerdinandoIsola d’Albissola. Intanto il con-trasto tra la Turchia e laRepubblica di Venezia si eraaccentuato oltre che nell’isola diCandia (Creta), anche in terraferma, dove per altro continuava

la sudditanza degli albanesi daiturchi. Il 23 febbraio del 1648gli albanesi, in gran numerovicini alla fede cristiana, siribellarono apertamente ai tur-chi e questi iniziarono una verapersecuzione contro gli eccle-siastici, soprattutto verso i mis-sionari, che venivano considera-ti spie a favore degli albanesi. IlPrefetto, padre Cherubino daTrento, capo di quelle missioni,avvertì tutti i missionari dell’in-combente pericolo e scrisse inparticolare a padre Ferdinando ea padre Giacomo, affinchéfacessero pregare tutti i cristianiesponendo il Santissimo perquindici giorni, essendo la lorozona quella maggiormente com-battuta dai turchi. Molti missio-nari furono infatti uccisi, altributtati in prigione. Solo in pochiriuscirono a nascondersi inmontagna o a rifugiarsi miraco-losamente in luoghi sicuri. I padri Ferdinando e Giacomofurono esortati e sollecitati afuggire. Loro stessi avevanooramai capito che quella fosse lapiù giusta decisione da prenderema, mentre si trovavano per unbreve riposo dentro il loro orato-rio, arrivarono improvvisamentemolti turchi che li fecero prigio-nieri. Dopo essere stati malme-nati, furono legati e portati nellacittà di Scutari, che era allora lametropoli dell’Albania. Unagran folla, accusandoli di avereesortato con le loro prediche icospiratori albanesi contro loStato, li spinse davanti al giudi-ce locale (Cadì). Questi, nontrovando in loro nessuna colpa,rifiutò di condannarli. La folla,ancor più tumultuosa, li condus-se allora dall’Agà, che era ilcastellano della città, in materiadi giudizio secondo solo alSultano, per farli punire con lacondanna a morte. Ma, neanchelui trovò motivi di colpa nei lororiguardi. Le turbe, sempre più

inferocite e sorde alle preghieredei missionari, gridavano: “chesi impalino o rinneghino la fedecristiana!”. Rifiutando aperta-mente i due di rinnegare la pro-pria fede, i dimostranti preserodue grossi pali, li caricaronosulle spalle dei due padri france-scani e, con urla schiamazzi e

rulli di tamburi, li condusseroper le vie della città, fino a rag-giungere la piazza del mercato.Fu loro offerta una ulteriore pos-sibilità di libertà, qualora aves-sero rinnegata la loro fede. Alreiterato rifiuto, furono presi acalci e pugni ed infine, secondoil loro costume dell’epoca, liimpalarono entrambi, issandolicon i pali conficcati nel terreno.Era il 28 febbraio 1648.

(continua)

di Giampietro MariottiPARTE SECONDA

IL VENERABILE PADRE GIACOMO ZAMPADA SARNANO DELLA MARCA

di Enzo Ciminari

Parte II - LA “SETTIMANA ROSSA” DI ANCONALa nostra regione nella storia contemporanea italiana

Segue dalla prima paginaIL RESTAURO DE “IL GIURAMENTO DEGLI ANCONETANI”

CARICHE ASSOCIATIVE

CONSIGLIO DIRETTIVO

PresidenteDuilio BENVENUTI

Vice PresidenteAldo PEVERINI

TesoriereEnrico BAIOCCO

Segretario Mirella MICONI FIORELLO

Consiglieri Dino CONTI, Giampietro MARIOT-TI, Alessandro PIERMATTEI, SilvioPRINCIPI, Giuliano SANTELLI,Giovan Battista SPALVIERI, AlbertoTARDELLA.

GIUNTA ESECUTIVADuilio BENVENUTI, Aldo PEVE-RINI, Dino CONTI, Mirella MICO-NI FIORELLO, Enrico BAIOCCO.

COMMISSIONE CULTURAGiampietro MARIOTTI (Pres.)Adele DELPIVO GAMBINI,Anselmo DONNARI, Ersilia

FUCCI, Angelo SFERRAZZA,Alberto TARDELLA.

REVISORI DEI CONTI

EffettiviColombo TALAMONTIAdriano CARLETTIGiacomo MUZI

SupplentiLuigino ROSSI

Giuliano CESARETTI

PROBIVIRI

EffettiviGiosuè BATTISTINI Enzo CIMINARI Benito GENTILI

SupplentiRosanna FARRONI FIMIANI Giovanni FRANCALUCCI

ASSISTENTI ECCLESIASTICIMonsignor Delio LUCARELLI,

Vescovo emerito di RIETIMons. Giuseppe TONELLO

Cancelliere del Vicariato di Roma

Golfredo ANTONINI

Idraulica Riscaldamento

Condizionamento

Sede Roma: Via Val di Chienti, 41Tel. 06.81.00.977 Cel.333/4333793

(Disponibilità al pronto intervento)

(Condizioni particolari per i soci del Cenacolo)

Cartolina commemorativa dei tre morti del 7 giugno 1914

AVVISO IMPORTANTEDATE IL 5 PER MILLE ALL’ASSOCIAZIONE

CENACOLO MARCHIGIANOTrattasi di operazione che non comporta spese aggiuntive eche non rappresenta una scelta alternativa all’otto per mille.La scelta del 5 per mille costituisce un aiuto per chi vive pre-valentemente delle quote sociali. Nello spazio dedicato allascelta firmate nel riquadro “Sostegno alle associazioni nonlucrative di promozione sociale, ecc.” ed inserire il sottoindicato codice fiscale dell’Associazione “CenacoloMarchigiano”.

97051470587Un vivo ringraziamento a tutti coloro che negli anni pas-sati lo hanno gia fatto consentendo all’Associazione dibeneficiare di questo ulteriore prezioso contributo.

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Montelparo, si erge sullasommità di un colle, a588 metri sul livello del

mare, tra il fiume Aso e l’Ete Vivo,

con i suoi circa 900 abitanti è inuna posizione molto privilegiata espettacolare: come sospeso tra laValle dell’Aso e la fertile campa-gna marchigiana, a metà strada trai Monti Sibillini e il MareAdriatico.Vanta origini molto antiche, ireperti, le tombe con materiale dibronzo, ambra e ferro testimonia-no infatti la successione dei popo-li che vi hanno dimorato, con ritro-vamenti che risalgono a insedia-menti dei Piceni dell’VIII secoloa.C., seguiti da reperti di unanecropoli romana, in contradaCelestrana.L’origine del nome risale al VII eVIII sec. quando Elprando oEliprando, condottiero longobar-do, vi costruì un castello, con unaprima cerchia di mura. Il castellopassò poi ai monaci dell’Abbaziadi Farfa, che lo consolidarono eampliarono; sopra il colle vicostruirono la Chiesa dedicata a S.Michele Arcangelo, con il mona-stero annesso (nel sec. XI) e unaseconda cerchia di mura. Nel XIII sec. Montelparo si elevòa Comune libero. Una bolla diNicolò IV, del 1200, riconosce ilprivilegio di eleggere il Podestà;diventò presto un comune diparte guelfa, così ebbe importantiprivilegi ed indulgenze dei varipontefici e presentò un notevolesviluppo; ebbe tre ordini di con-venti: Monastero Benedettino,Monastero Agostiniano, TerzoOrdine di S. Francesco, la cui esi-stenza risale al 1259. Tutti i privi-legi furono ampliamente confer-mati da un decreto del Cardinaledi Aquileia del 1445. L’ottima posizione di Montelparogarantiva una certa sicurezzainterna ed esterna, per cui nelXIII-XIV secolo molte famiglie

delle zone vicine andarono aviverci stabilmente e la popolazio-ne raggiunse i 5.000 abitanti. Siintitolava “Magnifica Comu-

nitas”, rispettabile per incasatourbano, famiglie distinte, uominid’arme e di dottrina, per istitutireligiosi ed anche per qualche per-sonaggio insignito Cardinale(Gregorio Petrocchini e FulgenzioTravalloni). Una terza cerchiamuraria venne costruita nel XV-XVIII secolo. Con Sisto V, checreò la diocesi di MontaltoMarche, vennero meno i molti pri-vilegi acquisiti da Montelparo.La decadenza di questo centrorinomato comunque ebbe inizionel 1683 quando, per slittamentosotterraneo di parte del monte acausa delle acque, molte famigliefurono distrutte nell’assestamentodi terreno che culminò la mattinadel 2 Febbraio 1703 con un terre-moto, che sprofondò in un’im-mensa voragine la parte centraledel paese.E’ di pregio l’urbanistica del cen-tro storico, con le tre cerchiemurarie e le quattro porte ripetutetre volte, a gradoni concentrici.Sono da visitare: il Convento diSant’Agostino (1686-1730), nellacui chiesa sono di rilievo il coro innoce e l’organo; il PalazzoComunale (XVIII sec.), che custo-disce pergamene di valore; la chie-sa di San Gregorio Magno (1615);la chiesa gotica di San MicheleArcangelo (XIII sec.), con tre por-tali, uno gotico e due rinascimen-tali e all’interno diversi affreschidel ‘500 (Crocifissione e Pietà); laPorta del Sole (1300) e la torreCivica (1400).Il complesso conventuale diSant’Agostino è stato trasformatoin un Polo museale e culturale,con l’apertura del Museo“Antichi Mestieri Ambulanti”,che espone una raccolta di bici-clette costruite per svolgere le piùdisparate attività lavorative.

Iniziata come mostra itinerantecon una trentina di biciclette, adoggi consta di oltre 50 pezzi cheraccontano un modo di viveredegli anni dal 1920 al 1960 doveingegno, manualità, sforzo e faticaumana emergono in modo chiaro.Nello stesso complesso c’è ilMuseo di Arte Sacra che conser-va oggetti, paramenti, candelieri,crocifissi appartenenti all’ordineagostiniano, a testimonianza dellaricchezza e dell’importanza di taleordine nella storia di Montelparo.Più recente la nascita della rete deimusei della cultura scientifica e ilMuseo delle Scienze naturali S.Agostino di Montelparo rappre-senta il fulcro di un polo musealeper la progettazione e lo sviluppodi azioni integrate per la diffusio-ne e l’innovazione della culturascientifica, insieme ai musei diAscoli Piceno, Fermo e SanBenedetto del Tronto.In Gennaio, in occasione dellafesta di Sant’Antonio, si organizza

la famosissima Sagra del Baccalàin festa, che si tramanda fin dal1700. Infatti secondo la tradizionenel 1703 quando il terremotodistrusse gran parte del paese ifrati chiesero aiuto ai concittadiniper ricostruire il convento. Al ter-mine dei lavori i frati offrironoloro un piatto a base di baccalàdetto “lu coppu” che gli abitantidella zona non avevano mai assag-giato.In luglio si organizza la Festaanni ‘70 e il centro si accende dicolori e stravaganze, abiti a tema,gruppi folkloristici, musica, balli eprelibatezze gastronomiche, comeaperitivi, dolci, spiedini e polentache ci riportano indietro nel tempoal clima festoso di quegli anni.

Curiosità turistiche e storiche marchigiane

Oggi, va tanto di moda ed èmolto ricercata la cucina diaffermatissimi cuochi che si

sbizzarriscono a creare pietanzenuove che, a volte, incantano iclienti più per la presentazione cheper i sapori, tanta è la stranezzadelle combinazioni culinarie. Questa moda mi ha riportato indie-tro nei ricordi per ricercare seanche nel passato c’erano pietanzeparticolari nella cucina marchigia-na dettate, però, più dalle necessitàche dalle mode. Parlo di usanze culinarie di gente dicampagna e dei borghi, degli anni30/40 del 900, abituata a vivereisolata (senza radio, televisione elettura di giornali per la modestacultura scolastica e la mancanza ditempo) fuori dai criteri di vitanazionale. Erano tempi dove, i rap-

porti sociali s’incrementavano conle sagre religiose, nelle fiere e mer-cati agricoli, dove si allacciavanoaffari, amicizie, fidanzamenti com-binazioni matrimoniali, e dove erapiù facile rompere la monotoniaquotidiana delle piccole comunità,in particolar modo, quelle agricoleche seguivano per la maggior partela mezzadria, abituate a lavoraresodo dall’alba al tramonto con irri-sori guadagni. Ritorniamo alla cucina. Se i cuochidi oggi si possono sbizzarrire perle enormi quantità di derrate, pro-venienti da tutto il mondo, e per letecniche di cottura favorite daapparati di alta tecnologia, le cuo-che dell’epoca di inventiva nedovevano avere tanta, perchédovevano quotidianamente fare iconti con i pochi mezzi di cottu-ra e con le scarse disponibilitàeconomiche. Forse da questa pre-caria situazione la cucina conta-dina, ha ricavato una qualità dialto prestigio non molto cono-sciuta in ambito nazionale permancanza di propaganda. A questo punto, chiedo venia,perché mi rendo conto di essereuscito dal tema che mi ero propo-sto. Torno subito in argomentodescrivendovi tre esclusivi e carat-teristici primi piatti, sicuramentesconosciuti dai non marchigiani

che ci leggono e, salvo qualcherarissima eccezione, dai nostri figlie nipoti marchigiani. Sono treprimi piatti poveri e tipici, ora indisuso, che sono ancora preparatida alcuni ristoranti marchigiani perricordare il nobile passato contadi-no e per far assaggiare ai nostalgi-ci, agli amanti delle tradizioni ed agolosi commensali la loro preliba-tezza. Si tratta dei “Tacconi” o“Tacon” (in dialetto), delle“Cristajat” e delle“Cresc’tajat”. L’origine di questi tre squisitie tradizionali primi piatti risa-le alla mezzadria, quando unterzo dei terreni marchigianiera coltivato a grano e metàdel raccolto era dovuto alpadrone. Ciò che restava alcontadino doveva servire per

la semina, per i consumifamiliari e per i cottimi.Il timore di rimaneresenza la farina di grano, con-siderato un bene supremo, haspinto i ceti contadini versol’impiego di farine alternativecome quella di fave e di gra-noturco. Da qui, le bravemassaie marchigiane, hannotrovato il giusto rapporto trala farina di frumento e la fari-na di fava, per i “Tacconi”, lafarina di grano e di granoturco

per le “Cristajat” e la farina digrano e la polenta cotta e non con-dita per le “Cresc’ tajat” in mododa ottenere prodotti gustosi e tradi-zionalmente validi ed a bassissimocosto. I “Tacconi”, sono un tipo di pastafatta con un impasto di farina digrano e farina di fave. Il prodotto sipresenta a piccole strisce di cm 20- 25 di lunghezza e mm 3 - 4 dispessore e larghezza di pasta com-patta e rugosa. Partendo dagliingredienti di base (farina di grano,farina di fave ed uova) ed odori(carota, sedano, cipolla olio, sale,pepe, funghi misti di bosco, pomo-dori pelati e, qualche volta e soloper le grandi occasioni, magro divitellone e di maiale) per il condi-

mento o sugo, si procede ad impa-stare la farina di grano e di fave conle uova sino ad ottenere un compo-

sto omogeneo, da trasformare insfoglia con il mattarello e successi-vamente arrotolata e tagliata in stri-sce pronte per la cottura. Una voltacotto il sugo in un tegame di terra-cotta, con un lungo ed attento pro-cedimento, cuocere i sacconi inacqua bollente, precedentementesalata, scolarli e condirli.Portandoli a tavola è opportunoabbinarli con il vino “Bianchellodel Metauro”.

Le “Cristajat e le “Cresc’ tajat”sono “quadrelloni” di pasta, otte-nuti mescolando, nelle dovute pro-porzioni, farina di grano, farina digranoturco ed uova nel primo caso,farina di grano, polenta, cotta e noncondita (era quella che avanzavadalla “polentata” del giorno primaper non buttarla), nell’altro. La pre-parazione del sugo e della sfoglia èsimile a quella dei “Tacconi” con ladifferenza del taglio finale dellasfoglia che è a pezzi irregolari. Simile a quello per i “Tacconi”anche il procedimento di prepara-zione del condimento o sugo, lacottura e l’abbinamento con il vino.Questi primi piatti, stanno ritornan-do di moda, con un indiscusso suc-cesso, nei paesi dell’entroterramarchigiano e in particolare nellaprovincia di Pesaro Urbino, si pos-sono gustare, a richiesta, in diversiristoranti ed agriturismi che ancoraamano seguire le vecchie tradizio-ni. Finisco con un suggerimento, sechi mi legge, deciderà di passare lesue ferie estive al mare nelleMarche, magari tra Pesaro - Fano –Senigallia, località d’origine di taliprimi piatti, gli propongo diavventurarsi verso le localitàinterne per trovare il modo diassaggiare le tre specialitàdescritte. Le stesse, come dice-vano i vecchi del luogo, unavolta assaggiate “Fan arvivaanca i mort” (Fanno resuscitareanche i morti). Il merito di tuttociò è da attribuire alle bravemassaie contadine di un tempoche, oltre a faticare nei campiassieme agli altri familiari, ave-

vano tanta fantasia nel cucinaregustosissime prelibatezze a bassocosto!

Curiosità turistiche Curiosità storicheI PRIMI DI UNA VOLTA DELLA CUCINA

CONTADINA MARCHIGIANAMONTELPARO (FM)

di Antonia Carboni

di Giosuè Battistini

Vista panoramica di Montelparo

La Torre Civica di Montelparo

Piatto di Tacconi con farina di grano e farina di fave

Cresc-tajat, condite con sugo di pomodoro

Cosi le brave massaie contadine preparavano i tacconi

Anno XXIX - N. 2 APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2018- PAGINA 3 -

Brevi... ma interessanti... dalle Marche a cura di Silvio PrincipiIl 4 Maggio di ogni anno ricorre, in Ancona, la festa del Patrono “San Ciriaco”, nome dialettale Ceriàgo, vescovo e martire, al quale è dedicatoil Duomo della città. Secondo la tradizione Ciriaco, nato a Gerusalemme, nel 327 fu consacrato Vescovo della città da papa Silvestro I. Duranteun suo pellegrinaggio a Roma, passando per Ancona i cittadini l’hanno voluto e acclamato Vescovo della Città e qui si fermò per molti anni, ma

quando, per rivedere la propria città, tornò in Palestina nel 363, l’imperatore Flavio Claudio Giulianolo fece imprigionare e torturare quale propagandatore della fede cristiana. Il martirio avvenne il 1ºmaggio a Gerusalemme, con varie torture tra cui l’ingestione di piombo fuso. Successivamente, per intervento di Galla Placidia, l’8 agosto 418 il corpo di Ciriaco fu riportato dallaPalestina in Ancona e fu posto nella cattedrale di Santo Stefano, prospiciente al porto. Nel 1097, quando la chiesa di San Lorenzo, che sorgeva sul colle Guasco della città, fu proclamatanuova cattedrale di Ancona, le sue spoglie vennero trasferite nella sua cripta e la chiesa assunse ilnome di Duomo di San Ciriaco.Molte altre sono le congetture sull’arrivo del corpo di Ciriaco in Ancona. Quella descritta è la più accre-ditata. Ed è vero che Egli da allora giace nel luogo suddetto e che il martirio comprende anche l’in-gestione di piombo fuso!

La Chiesa fissò nel 4 maggio la Festa del Patrono, che è per Ancona anche la “Festa di Maggio”. A cavallo di questo giorno, molti fedeli salgo-no al Duomo e scendono nella cripta per pregare dinanzi al corpo del martire paleocristiano. I festeggiamenti comprendono anche molte altre attività tra le quali, una fiera con bancarelle che espongo-no le più svariate mercanzie in varie vie della città. Quest’anno, in piazza Pertini, è andata in scena la Festadel Cibo, con attività gastronomiche e di intrattenimento. Le proposte artistiche appartengono al magico

mondo della musica di strada, a stretto contatto con il pubblicoe all’interno del circuito dei punti ristoro. Inoltre, in piazzaCavour il 4 maggio è tornata la famosa “Tombola della CroceGialla” (costo di una cartella € 2,50; la tombola vince € 1500,la cinquina € 300, la quaterna € 200 e il terno € 150). Questa della “Tombola” è un’antica tradizione della città. Miopadre me ne parlava di quando, negli anni trenta, venivaestratta dal balcone del palazzo del Governo, in piazza delPapa, che dava un primo premio di 5.000 lire. La Festa del 4 maggio è, giustamente, l’evento più importanteper la Città, che attira migliaia di cittadini, anche dal contado. È la gioia, specialmente dei bambini che ottengono i doni piùdesiderati, e delle Signore che, con poca spesa, acquistanocose di cui non hanno alcun bisogno‼

Ancona – Festa del Santo Patrono San Ciriaco Celebrazioni, nel 2020, per il V Centenario della morte di Raffaello Sanzio

Presso la sede della Regione Marche è stato firmato un proto-collo d’intesa, che costituisce anche l’atto di insediamento di unComitato regionale organizzatore, per le Celebrazioni, nel2020, del V Centenario della morte di Raffaello Sanzio. Urbino sarà dunque al centro dell’attenzione mondiale per alcu-ne iniziative e progetti di grandissima rilevanza culturale, chepartiranno già dal 2019.“Il 2020 diventerà l’anno di una grande opportunità per tutta laRegione - ha sottolineato il presidente Ceriscioli - ma dobbiamolavorare fin da ora per mettere in campo i più qualificati stru-menti comunicativi, culturali e promozionali. Per questo pensoanche al coinvolgimento delle imprese marchigiane e del siste-ma produttivo regionale in un’operazione di economia culturaleinnovativa”. Già per il 2019 il direttore della Galleria nazionaledelle Marche, Peter Aufreiter, ha annunciato una grande mostrasu Raffaello che partirà in autunno con importanti prestiti damusei internazionali. Ma non solo mostre e convegni scientifici, siè parlato anche di un certamen artistico per gli alunni delle scuole d’Arte e Accademie, cosìcome di tutto l’aspetto legato alla promozione turistica della Regione. Sicuro di interpretare il giudizio dei nostri lettori, esprimo un vivo apprezzamento per l’iniziati-va di celebrare la grandezza del nostro corregionale e del quale riporto, di seguito e con orgo-glio, alcune note per nostra memoria.“Raffaello Sanzio (Urbino 1483 – Roma, 1520) è stato un pittore e architetto italiano, tra i piùcelebri del Rinascimento italiano. È considerato uno dei più grandi artisti d’ogni tempo. La suaopera segnò un tracciato imprescindibile per tutti i pittori successivi e fu di vitale importanzaper lo sviluppo del linguaggio artistico dei secoli a venire, dando vita tra l’altro ad una scuolache fece arte “alla maniera” sua e che va sotto il nome di manierismo. Modello fondamentale per tutte le accademie fino alla prima metà dell’Ottocento, la sua influen-za è ravvisabile anche in pittori del XX secolo come Salvador Dalì. La sua scomparsa fu salutata dal commosso cordoglio dell’intera corte pontificia. Il suo corpofu sepolto a Roma, nel Pantheon, come egli stesso aveva richiesto”. (da Wikipedia)

Raffaello Sanzio

La Tombola di Ancona Locandina del 1831Corpo di San Ciriaco conservato nel Duomo

San Ciriaco il Martirio

Page 4: Anno XXIX - N. 2 APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2018 Il ......bambina addormentata con il suo cagnolino a fianco, anche lui dor-miente. “ A queste parole, la mia meraviglia non ebbe limite,

“QUATTRO PASSI PER LA CINA”CONFERENZA DEL CONTRAMMIRAGLIO

VINCENZO PRINCIPI

Sabato 17 marzo 2018, presso la sede sociale del CenacoloMarchigiano, il Contrammiraglio Vincenzo Principi - figlio delnostro socio e consigliere Silvio - ha tenuto una conferenza daltitolo “4 passi per la Cina”.

Dopo la presentazione del conferenziere da parte del Presidentedell’Associazione, il Contrammiraglio Principi, che di recenteha svolto l’incarico di Addetto per la Marina Militare pressol’Ambasciata d’Italia a Pechino, nella Repubblica PopolareCinese, ha brevemente ricordato alcuni elementi della millena-ria storia cinese e ha condotto i presenti in un viaggio attraver-so alcune delle più belle e caratteristiche località del Paese.Partendo da Pechino ha parlato della Città Proibita, del Palazzod’Estate, del Tempio del Paradiso e del Tempio dei Lama. Si èpoi spostato a nord per mostrare alcune suggestive immaginidella Grande Muraglia, fornendo alcuni interessanti aneddoti.Ci ha poi portato idealmente, per mezzo di belle diapositive, aShanghai e a Xi An, l’antica capitale dell’impero cinese.Quindi, con una breve crociera sul fiume Li, ci ha fatto arriva-re a Hong Kong e a Macao descrivendo le spettacolari trasfor-mazioni edilizie verificatesi in queste due città nell’ultimodecennio. A conclusione della sua esposizione l’Ammiraglio ciha dato informazioni sulla politica espansionistica della Cina dioggi nel Mar Cinese Meridionale, mostrando alcune immaginidi come i cinesi abbiano trasformato in isole artificiali alcunigruppi di scogli, per farne dei veri e propri insediamenti dotatidi sistemazioni portuali ed aeroportuali efficientissime e digrande rilievo. I numerosi Soci intervenuti sono stati molto attenti ed interes-sati e, al termine, si sono calorosamente complimentati con l’o-ratore per la chiarezza della esposizione non disgiunta da noteumoristiche.

FESTA DEL LAVORO …E DELL’ “ OPERAIO” GIOACHINO

di Giorgio Girelli*

Qualcuno ritiene che ci sia poco da festeggiare, data la situazione in cuiversano tanti lavoratori del Paese. Eppure la crisi economica che tutto-

ra ci colpisce nonavvilisce, ma semmaiaggiunge un motivo inpiù alla “festa”. Chenon è la scampagnata“fuori porta” con tantodi pane, salame, vinoe fisarmonica. Bensìl’occasione per ricor-dare a tutti che il lavo-ro è il valore fondantedella Repubblica chequest’anno celebra ilsettantesimo della suaCostituzione, approva-ta dalla Assemblea

Costituente il 22 dicembre 1947. Due giorni dopo, nel messaggio diNatale di quell’anno, il ministro del lavoro Fanfani affermava chenella Carta fondamentale “ogni lavoratore può trovare il riflesso dellesue più radicate aspirazioni” avendo la Costituzione “fondato ogniposizione personale sul lavoro”. Che non è per tutti però una metaancora raggiunta, lasciando tuttora incompiuto quel valore. Una “festa” comunque anche per rendere onore ai protagonisti dellavoro che concorrono al progresso dell’Italia, e per evidenziare,soprattutto, che a tanti lavoratori, e con essi alle loro famiglie, non èdato di fruire di una occupazione e di un reddito dignitosi.

E per dimostrare vicinanza e soli-darietà ai molti cui il lavoro manca.O che lo svolgono in condizionidisagiate se non di sfruttamento. Per non parlare del rispetto dellenorme di sicurezza (i morti sullavoro sono in aumento) o degliodiosi licenziamenti per il trasferi-mento di intere aziende in paesimeno attenti ai diritti dei lavoratorie quindi più lucrosi per datori dilavoro immoralmente avidi. Tutti temi che una società coesa edevoluta deve sentire interamentepropri e non relegarli alla compe-tenza del solo sindacato. Cosicchèanche un segmento di questacomunità nazionale, come puòessere un Conservatorio di musica,ha pieno titolo per portare il suocontributo di approfondimentosulla materia: per dovere e sensibi-lità civica, cui nessuno può sottrar-si, ma anche perché dalle condizio-ni del lavoro dipende il PIL, e daquesto le disponibilità di risorseper il bilancio statale cui sono lega-te pure ricerche scientifiche, inizia-tive didattiche, sedi adeguate estrutture all’altezza dei tempi. E visto che il concerto per onorarei lavoratori è promosso da un con-servatorio di una città che ha dato inatali a Rossini, di cui viene cele-brato il 150° della scomparsa coniniziative in Italia ed all’estero, unricordo ed un omaggio va anche inquesta giornata al “lavoratore”Gioachino, membro e presidenteonorario della Società Operaia diPesaro. Grande compositore ma anche per-sonalità socialmente ammirevole,come dimostrano le clausole da luiapposte al testamento in favore (inquel tempo!) dell’insegnamentogratuito della musica ai giovanistudenti dell’istituto musicale cheegli fondò ed a cui donò il suoingente patrimonio.

auguri ai soci......che compiono gli anni nei mesi diLuglio - Agosto - Settembre 2018

LUGLIO

11 Vittoria GIRONI DI PEIO12 Antonia CARBONI13 Vittorio BONANNI13 Giuseppe MAZZINI16 Raffaello MORELLI16 Ernesto PALLOTTA20 Piera DI ANGELO20 Maria Luisa CONTUZZI20 Alessandro MORGANTI21 Giuliano CESARETTI GIORDANO ORSINI

22 Orlando PAZZELLI26 Enrico BAIOCCO28 Irene AFFEDE DI PAOLA29 Rosanna FALCIONI RAPONI

AGOSTO1 Rosa Maria PERRETTI CURATOLO3 Simonetta BRUNI4 Antonia BASTIANI PERGAMO4 Alfredo LORENZONI5 Giuliano BERLONI

AGOSTO5 Felice DE LUCA9 Giuseppe CANDIDORI

11 Roberto MEZZAROMA15 Arnaldo FALCIASECCA20 Vilma MANCINELLI21 Giovanni FRANCALUCCI29 Adele DELPIVO GAMBINI

SETTEMBRE1 Claudio CORSETTI8 Maria LAVATORE COLITTA9 Rosanna FARRONI FIMIANI

11 Anna COSTANTINI11 Umberto VALENTINI12 Maria Daniela RADICETTI12 Franco ROSSI19 Francesco FERRONI21 Maria FARRONI GENTILI23 Giuseppe GUIDI BUFFARINI27 Paolo PAGNOTTELLA28 Giovanni FALCIONI

i proverbi marchigianiSa l’art e sa l’ingann s’ campa mità dl’ann, sa l’ingann e sa l’arts’ campa l’altra part. Con la furberia e gli imbrogli si campa metà dell’anno, con gliimbrogli e la furberia si campa l’altra parte.

URBINO

Chi rid al venerdì piàgn de domenica. Chi ride prima (di venerdì,tempo di contrazione), piange dopo (di domenica, quando tutti glialtri festeggiano).

SENIGALLIA (AN)

Non te fidà de chi guarda sotto.Non fidarti di chi non ti guarda in faccia.

MACERATA

Li vecchi e li frichi sporca le case.Vecchi e bambini sporcano le case. Fuori metafora: combinano sem-pre qualche guaio.

FERMO

Un mazzu d’aju e de cipolle: questa è la dote pè pijà moglie.All’uomo, per sposarsi, è sufficiente un mazzo d’agli e di cipolle,non abbisogna cioè la dote, la quale invece è indispensabile per laragazza.

ASCOLI PICENO

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ANGOLO DELLA NUMISMATICAdi Roberto Fontana

REPUBBLICA FIRMANA, MEZZOBAIOCCO, RAME, ZECCA DI FERMO

Il periodo che seguì la deposizione di papa Pio VI Braschi adopera dei francesi fu molto tormentato. I Giacobini appoggiaro-no la costituzione di Repubbliche “sorelle” ed in tutta Italia, trail 1797 ed il 1799, ne sorsero moltissime. Nelle Marche, il 17novembre 1797, nacque la Repubblica Anconitana che fu subi-to posta sotto la protezione della Repubblica Francese e dellaRepubblica Cisalpina. Seguirono l'esempio di Ancona moltealtre città vicine. Tra queste anche Fermo, che oltretutto, sottopapa Pio VI, aveva da poco attivato una propria zecca. Comesempre accade, a sanzionare il potere intervenne l’emissione dimoneta: rari sono questi Mezzi Baiocchi coniati in fretta e furiasenza troppo badare all’aspetto artistico. Riportano come data il1798: l’Anno Primo della neonata Repubblica Firmana. Doponeanche qualche mese, però, il generale Berthier proclamerà laRepubblica Romana e tutte le Repubbliche sorte nel territoriodello Stato Pontificio in quel periodo saranno raggruppate sottouna stessa unica bandiera.

Anno XXIX - N. 2 APRILE - MAGGIO - GIUGNO 2018- PAGINA 4 -

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Notizie in breve

LAUREALE FAMIGLIE DEI SOCI CONTI E

MARIOTTI IN FESTA!Il giorno 20 aprile 2018, Michela Conti, figlia del nostro socioMarco e di Mariella Mariotti, si è brillantemente laureata in“Scienze Forestali e Ambientali(Classe L-25)”, presso l’Uni-ver-sità degli Studi della Tuscia(Viterbo)- Dipartimento per leInnovazioni nei Sistemi Biologici,Agroalimentari e Forestali, discu-tendo la Tesi (Relatore il Prof.Marzio Zapparoli) “Chiro-cephalus marchesonii Ruffo eVesentini, 1957 (Crustacea Ano-straca), una specie endemicadella fauna italiana: sintesi delleconoscenze e problemi di conser-vazione”. L’argomento discusso èdi particolare interesse marchigia-no, perché il piccolo Crostaceopreso in esame ha il suo habitatnaturale nel bacino acquifero delLago di Pilato, dell’alta valledell’Aso (Parco dei Sibillini).L’importante traguardo è stato confortato dalla numerosa e gioio-sa presenza dei familiari, tra i quali si notavano (commossi, feli-ci ed orgogliosissimi) i quattro nonni (Rita e Pio Conti e Lucianae Giampietro Mariotti), parenti ed amici.I soci del “Cenacolo Marchigiano”, plaudono con felicità il bril-lante risultato, complimentandosi con la neo-dottoressa Michela.A Lei gli auguri più belli di ancora tanti successii nel prosegui-mento degli studi e per il Suo futuro professionale.

La Dott.ssa Michela con la mammaMariella e la zia Rocio

L’intervento dell’ambasciatore Giorgio Girelli al concerto per la Festa del Lavoro con il Vice Sindaco di Pesaro Daniele Vimini.

Presentazione del Presidente, Generale Duilio Benvenuti

UN PIACEVOLE AVVISO AI SOCI E A CHI CI LEGGEIl sito web del “Cenacolo

Marchigiano” è visitabile all’indirizzo

internetwww.cenacolomarchigiano.it