32
Il Bollettino del Praticante dello Shin Bu Dojo Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! ShinBuNews

Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

  • Upload
    hahanh

  • View
    220

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Il Bollettino del Praticante dello Shin Bu Dojo

Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen!

ShinBuNews

Page 2: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Responsabile: Fabrizio Ruta

Redazione: Ilaria Emiliano, Jacqueline Gentile, Gaetano Nevola

Foto: Ilaria Emiliano, Piero Del Vecchio, Stefano Salani, Maurizia Sforza

Sommario

Editoriale 3

Aikido: fusione perfetta di Yin e Yang 4 Senti chi parla: Segni particolari: Cintura Nera Intervista doppia

8

10 Reportage: Stage del Maestro Tada

12

Rubriche: L’angolo del C(u)ore Il Mercatino

18 23

Aiki… Quiz! 23

Varie: Buon Compleanno Maestro! Lettere da Milano Facciamo gli auguri a... I Pensieri di O’Sensei Storie Zen Bushido Foto Scoop!

24 26 27 28 29 30 31

In copertina: Rei del Maestro Tada

Page 3: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Ben ritrovati! Ecco a voi il secondo numero del terzo anno di vita dello ShinBuNews! Anche quest’anno, molti di noi praticanti dello Shin bu dojo, sono accorsi al “richiamo” del Maestro H. Tada, partecipando allo Stage Nazionale che egli ha tenuto a Salerno. Scorrendo le pagine, infatti, troverete un reportage che documenta questa bellissima esperienza. Per la rubrica dedicata alle Cinture Nere, questa volta è stato Nino Laterza, I Dan del nostro dojo, a rispondere alle nostre curiosità. Per quanto riguarda, invece, lo spazio in cui hanno la parola i praticanti “freschi freschi”, sono stati Giuseppe e Cristiana a raccontarci il loro approccio con quest’arte. In questo numero, si inaugura “L’angolo del C(u)ore”, rubrica che dà voce a coloro i quali hanno iniziato a praticare la Core Energetica sotto la guida di Fabrizio e che hanno voglia di condividere le emozioni di questa nuova esperienza. I momenti di festa non mancano mai nel nostro dojo! A testimonianza di ciò, troverete ritratti alcuni dei momenti più salienti della festa organizza-ta a sorpresa per il compleanno del nostro Maestro. Dandovi appuntamento al prossimo numero, vi auguriamo un sereno Natale e un felice 2007 ricco di Aikido, di amore e di amicizia.

La Redazione

Editoriale ShinBuNews

Dicembre 2006

"Il Budo non è vincere con la forza contro un avversario, ma conservare la pace nel mondo temporale e spirituale" O’Sensei

Page 4: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 4 SH IN B U NE W S

Aikido: fusione perfetta di Yin e Yang di Fabrizio Ruta

“Quando la vita è vittoriosa, allora c’è la nascita: quando è contrastata allora c’è la morte. Un guerriero è sempre impegnato in una lotta tra la vita e la morte per la pace.” M. Ueshiba “Malattia è polarità, guarigione è superamento della polarità” Thorwald Dethlefsen “Ciò che uno vede piccolo nei propri pensieri, è grande e ciò che egli ritiene grande, è piccolo” Arm, II, 83 (19) A

Gli antichi Cinesi, osservando la natura e gli esseri viventi, scopri-rono che tutte le cose e i fenome-ni presenti nel mondo potevano essere descritti mediante la com-binazione di due energie primarie, una solare e l’altra lunare, una centripeta e l’altra centrifuga, che chiamarono r ispettivamente YANG e YIN. L’equivalente giap-ponese di questi due termini è YO e IN. Questa divisione binaria della realtà partiva dalla semplice con-statazione del modo in cui si pre-sentano i fenomeni in natura: sempre mostrando due facce, op-poste e complementari, che si alternano senza soluzione di con-tinuità. Basti pensare al ciclo cir-cadiano di notte/giorno, al pas-saggio delle stagioni fredde a quelle calde, al ciclo di inspirazio-ne/espirazione, al cuore che alter-na la sistole alla diastole, alla tra-sformazione della luna piena in quella nuova e al passaggio dal- l’alta alla bassa marea. Questo movimento alternato avviene an-che dentro di noi, nella nostre psi-che, dove si bilanciano momenti di euforia con attimi di depressio-ne, la risata si alterna al pianto e l’ira alla tranquillità e, allo stesso modo, il freddo calcolo analitico lascia il posto alle calde passioni. Questa visione filosofica venne condensata nel simbolo del Tai-chi composto da un cerchio diviso in due parti (Fig.1) in cui la realtà viene graficamente stilizzata at-traverso la compresenza di due

colori, nero e bianco che rappre-sentano appunto lo Yin e lo Yang che sfumano l’uno nell’altro e possiedono entrambi nel loro cen-tro il seme dell’elemento opposto. Infatti, lo yin al suo apice massi-mo si trasforma nello yang e, allo stesso modo, lo yang, al suo cul-mine, diventa yin. Niente esiste, quindi, di “assolutamente” yin o yang per-ché tutto in natura è costituito da una miscela di entrambi gli aspet-ti. Inoltre, ogni cosa giunta al suo culmine massimo si trasforma nell’esatto opposto. Il giorno gra-datamente si attenua nel crepu-scolo e diventa notte e questa, attraverso l’alba, ritorna giorno. L’estate si tramuta in inverno pas-sando per il tiepido autunno. L’a-more può diventare odio e il pian-to risata; i picchi montani si alter-nano a profonde valli e alla luna piena segue, da sempre, la luna nuova. L’immobilità esterna del corpo durante la meditazione rispecchia un’intensa attività interiore in un gioco cosmico continuo in cui l’in-terno rimanda all’esterno, l’alto al basso ed il centro alla periferia.

E così, seguendo questa “mappa del mondo” che ho appena de-scritto, si può affermare che il ki assoluto e indeterminato si espri-me nell’attività dell’universo attra-verso una singola energia che si muove in due direzioni mostrando due diversi aspetti che si manife-stano nella forma yang, che è l’e-nergia che discende dal sole ver-so la terra determinando fenome-ni di contrazione, e in quella yin che risale dal centro della terra fino al sole dando vita all’espan-sione. L’energia Yang entra nel corpo dall’apice della testa (in prossimi-tà della “fontanella”) scendendo fino alla pianta dei piedi, mentre l’energia Yin risale nel corpo en-trando dalla pianta dei piedi fino all’apice della testa. Durante la gestazione, queste due energie, entrando nel corpo umano, si incontrano nel ventre materno favorendo lo sviluppo del bambino e determinando la for-mazione dei canali energetici (i famosi meridiani dello shiatsu e dell’agopuntura), nei quali scorre-rà il ki in maniera simile alla circo-lazione linfatica e agli impulsi ner-vosi. Tutto l’universo, visibile e invisibile, non è altro quindi che il risultato dell’interazione di queste due forze, emanazione dell’Uno. Queste due potenze originarie che, per noi occidentali, possono essere identificate e comprese classificandole come Principio Maschile e Principio Femminile, sono, a loro volta, l’espressione

Fig.1

Page 5: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 5 SH IN B U NE W S

del Padre Celeste e della Madre Divina, cioè dell’aspetto paterno e materno di Dio o, se preferite, di quello Solare e Lunare dell’Uni-verso. Nulla è stato realizzato senza la compartecipazione di queste due forze che, interagen-do in una danza cosmica, hanno creato e continuano a creare tutto ciò che esiste. Ogni cosa può quindi essere classificata nella categoria “maschile” (yang) o in quella “femminile” (yin) o, meglio, in quella prevalentemente ma-schile o prevalentemente femmi-nile in base al Principio da cui procedono e su cui si sono mo-dellate. Al Principio maschile, emissivo e dinamico, sono tradizionalmente associate -secondo l’esoterismo occidentale- le forme allungate e diritte, la superficie e l’esterno, il polo positivo, il fuoco, le linee ver-ticali, l’intelletto… Al Principio femminile, ricettivo e inerte, sono invece collegate le forme rotonde e morbide, la pro-fondità e l’interno, il polo negati-vo, l’acqua, le linee orizzontali, i sentimenti…

Esistono molti simboli anche nella tradizione occidentale che rappre-sentano l’interazione creativa tra questi due Principi e che sono assimilabili al simbolo del Tai-chi come il “sigillo di Salomo-ne” (Fig.2) e la croce. Il primo è formato da due triangoli, uno “maschile” (triangolo con la punta v e r s o l ’ a l t o ) e l ’ a l t r o “femminile” (triangolo con la pun-ta verso il basso), che si intreccia-no costituendo una stella a sei punte. In un’altra maniera, troviamo così sintetizzato il concetto dell’intera-zione primordiale di due forze: principi che formano la trama e-nergetica che dà vita ad un movi-mento pulsante e creativo che si evolve dall’interno all’esterno, dal-la profondità alla superficie, dal- l’alto verso il basso e viceversa in un continuum senza inizio né fine. Nella croce, gli stessi concetti ed insegnamenti sono sintetizzati nella stilizzazione di due semplici tratti che la costituiscono: uno verticale (maschile, lo spirito) e l’altro orizzontale (femminile, la materia). Anche il numero 10 rimanda an-cora una volta allo stesso signifi-cato. Infatti lo zero (0) richiama alla mente il sesso femminile rap-presentando anche le caratteristi-che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare fa-cilmente il sesso maschile, emis-sivo, irradiante, pieno. Il numero 10 è poi immediatamente collega-bile al simbolo del cerchio col punto centrale, nel quale il punto rappresenta il principio maschile, lo spirito, il nucleo e il cerchio, mentre lo zero, la materia, il cito-plasma cellulare, l’utero che ac-

coglie l’organo maschile. È arrivato il momento di esporre alcune chiarificazioni. La prima è che l’uso del termine “maschile” e “femminile” non fa riferimento al sesso -benchè anch’esso sia e-spressione del Principio da cui discende- né tanto meno si vuol dare un ordine di valori e di priori-tà. Questo simbolismo si basa sulla diversità e non sulla presun-ta superiorità di qualcosa o qual-cuno su qualcos’altro. L’errore che viene sempre compito in que-sti casi è quello di dare giudizi di valore (positivo o negativo) e di far coincidere l’uomo con il princi-pio maschile e la donna con quel-lo femminile. Niente di più falso: entrambi sono un intreccio, una combinazione di yin e yang e ri-specchiano, in tempi e piani diffe-renti, un diverso principio. Per esempio, l’uomo è formato preva-lentemente secondo il principio maschile al livello fisico e intellet-tuale e secondo quello femminile su quello dell’anima. Viceversa, la donna segue lo schema esatta-mente opposto e complementare. La seconda precisazione è che ogni qualvolta si cerca di spiegare dei simboli se ne dà, per forza di cose, un’interpretazione secondo una certa particolare visuale. In questo campo, è impossibile fornire verità: le classificazioni che troverete non sono assolute e possono, quindi, essere diversa-mente interpretate. Naturalmente, lo yin e lo yang sono sempre compresenti, per cui ogni classifi-cazione ha una funzione pura-mente descrittiva che semplice-mente “fotografa” in istante. Per esempio, tradizionalmente, l’acqua è associata allo yin poi-ché l’acqua (che si muove sem-pre dall’alto verso il basso) è spesso collegata alla posizione orizzontale mentre il fuoco (che tende verso l’alto) a quella verti-cale. Ma un mare in tempesta, con dei forti moti ondosi, ci mo-

Fig.2

YIN YANG

Forza centrifuga Forza centripeta

Freddo Caldo

Notte Giorno

Passività Attività

Luna Sole

Muscoli Ossa

Visceri Organi

Magnetismo Elettricità

Poesia Prosa

Interno Esterno

Sistema Simpatico

Sistema Parasimpatico

Lentezza Rapidità

Estroversione Introversione

Morbido Duro

Page 6: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 6 SH IN B U NE W S

stra la qualità yang dell’acqua mentre la brace nel camino quel-la yin del fuoco. Ancora: l’inspira-zione è yang perché è una forma di attività mentre l’espirazione, vista sotto forma di riflesso del-l’inspirazione, è yin, rilassante. Però, durante l’inspirazione, i pol-moni si espandono per contrarsi durante l’espirazione. La Vita è dunque l’espressione armonica del “gioco cosmico” dei due Principi opposti, complemen-tari ed è il risultato del loro equili-brato rapporto; inoltre, c’è da considerare che al di fuori dell’U-no (il cosiddetto Dio immanifesto della tradizione occidentale, il Para-Brahma indù o il Wu.shu cinese), cioè nella creazione, vi-ge la legge della dualità per cui nulla esiste di esclusivamente, puramente ed estremamente ma-schile o femminile. Questo viene espresso graficamente, come già detto, con un puntino bianco di-segnato nella parte nera del sim-bolo del Tao (abbiamo così lo yang nello yin) e con un puntino nero nella parte bianca (lo yin nello yang). Tornando all’Aikido, invece: du-rante ogni allenamento si “gioca” in continuazione con questi due principi imparando a svilupparli e ad incanalarli nei propri movi-menti e nella propria vita attraver-so un equilibrio tra le possibili due diverse tendenze. Si studia così l’aspetto morbido e quello duro, largo e circoscritto, veloce e lento, a sinistra e a destra, nel-la parte “vincente” (tori) e in quel-la “perdente” (uke), esterna (soto) e interna (uchi) di ogni tecnica e, quindi, di riflesso nella vita. Si impara così a cadere e a rialzarsi, ad usare la forza o la cedevolezza a seconda delle si-tuazioni, ad entrare quando si viene tirati e a ruotare quando si riceve una spinta, a proiettare e ad essere proiettati… Si accetta così, come cosa del tutto natura-le e intrinseca alla vita stessa, a

piangere e a ridere, a vincere e a perdere, ad avere e ad essere, a dare e ricevere, alla nascita e alla morte. E ciò che più è straordina-rio è che tutto questo non viene insegnato con le parole, leggen-do libri o ricorrendo ad una edu-cazione teorica ma attraverso la pratica fisica e il movimento. La bellezza dell’Aikido risulta anche in questa possibilità di eseguire una stessa tecnica, degli stessi movimenti secondo una struttura morbida o dura, lenta o veloce, ampia o stretta. Fornendo un’im-magine, si può dire che le tecni-che di Aikido sono simili all’acqua cioè possono concretizzarsi ed essere vissute sotto forma di giaccio (e quindi rappresentare la forma dura nella sua esecuzione marziale), di liquido (nel caso le tecniche vengano eseguite più fluidamente, in una forma più cir-colare per allenare il corpo e la mente), infine l’acqua si può pre-sentare sotto forma di vapore (sotto questo aspetto, si tratta di allenarsi a sviluppare l’aspetto più sottile dell’arte cioè il ki, la spontaneità e la naturalezza del l’azione). Questo determina tutta una serie di vantaggi: la possibili-tà di studiare con calma ogni se-quenza, di approfondire di volta in volta diversi aspetti (come la postura corretta, la respirazione, il giusto atteggiamento mentale, la coordinazione dei propri movi-menti, la coordinazione con il partner e così via), l’inutilità delle categorie bastate sul peso fisico, l’apertura agli anziani, ai bambini e anche ai disabili (non si tratta infatti di competere, di raggiunge-re record o di dimostrare qualco-sa a qualcuno se non a se stes-si). Attraverso la pratica dell’Aiki-do, si impara così a integrare nel-la propria vita i due poli della re-altà diventando “sani” cioè “interi”. Ueshiba stesso era solito affermare “l’Aikido è l’arte di unir-si e separarsi”. Una delle sfide culturali ed esistenziali del futuro

sarà proprio quella di riuscire a sviluppare un approccio sistemi-co, una nuova e più ampia visio-ne della realtà. In altri termini, si tratta di studiare, comprendere, accettare nella propria coscienza e infine di esprimere nella propria vita la polarità dell’esistenza. Tut-to questo significa che i nuovi modelli culturali dovranno spo-starsi dalla scelta tra “o/o” all’inte-grazione manifestata “sia/sia”. La salute fisica, psicologica e spiri-tuale discende dall’armonizzazio-ne “ad includendum” e non dalla scelta “ad escludendum”. Il gior-no non è migliore della notte, il sole non è più bello della luna, la femminilità non è più “giusta” del-la mascolinità. Cosa dobbiamo fare allora? Semplice, integrare gli opposti-complementari nella coscienza e nella nostra vita im-parando a gestire lo yin e lo yang, rispettandoli, accettandoli ed usandoli entrambi al momento opportuno con flessibilità. La no-stra arte è completamente “fedele” a questo punto di vista poiché non ricerca solo la vittoria in contrapposizione alla sconfitta o la forza in contrapposizione alla debolezza. Secondo l’Aikido, la Vittoria (con la V maiuscola) è la capacità di armonizzare il bene con il male, di integrare il nemico nella nostra stessa essenza. Allo stesso modo, la vera Forza deri-va dall’equilibrio tra tensione e rilassamento, alto e basso, nord e sud. La stessa “divisa” indossa-ta dai praticanti dimostra questa realtà: hakama nera e keikogi bianco, basso e alto, terra e cielo in equilibrio. Nel Wu.shu, questi aspetti sono vissuti separatamente (almeno apparentemente e nei livelli prin-cipianti) nel senso che esiste lo studio separato dell’aspetto yang (il Kung-fu chuan) e di quello yin(il Tai-chi chuan) anche se, ai livelli avanzati, viene poi richiesto di trovare e vivere lo yin nello yang e viceversa.

Page 7: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 7 SH IN B U NE W S

Dovrebbero risultare a questo punto chiari alcuni aspetti che “devono” essere presenti nella pratica dell’Aikido meditativo co-me: la fluidità dei movimenti (non ci deve cioè mai essere neanche un istante durante il quale il movi-mento si interrompe). Anche du-rante l’esecuzione di una qualsia-si tecnica di immobilizzazione, la propria energia continua a fluire (quando si esegue l’immobilizza-zione al braccio definita ikkyo, occorre continuare a tirare il brac-cio verso l’esterno, spingerlo ver-so il basso e spostarlo verso l’al-to), la naturalità (nel senso che le nostre tecniche devono prendere esempio dall’attività dell’intero universo), l’essere piuttosto che il fare (le tecniche sono corrette quando sorgono spontaneamente in reazione naturale all’attacco dal nostro Sé e non come risulta-to di una riflessione o di un’inten-zione di fare qualcosa a qualcu-no). Analizziamo la tabella a de-stra dove c’è una classificazione delle varie tecniche e dei differen-ti aspetti della pratica aikidoistica riferite alle due categorie o Princi-pi. Quando si assiste ad una le-zione, il Maestro o l’istruttore rap-presentano il Principio Maschile,

attivo che impartisce l’insegna-mento e guida,mentre gli allievi, ricettivi (o si spera tali!) rientrano nella linea femminile. Poi abbia-mo la tensione dell’attività fisica (maschile) alternata con il rilassa-

mento e la meditazione. C’è l’en-trata diretta in irimi e la deviazio-ne e accettazione della forza av-versaria con il tenkan. Ci sono le cadute in avanti (yang) e quelle all’indietro (yin). C’è il saluto-rispetto che equilibra il combatti-mento attivo e dinamico. Inoltre, poiché ci si alterna nei diversi ruoli, svolgendo alternativamente la parte di uke (cioè di colui che attacca) e di tori (cioè di colui che esegue la tecnica), così come le tecniche in omote (in entrata) e in ura (esterne), l’uso del bokken con quello del jo, si assumono ora le caratteristiche di un Princi-pio ora quelle dell’altro in un con-tinuo cambiamento di polarità. Per questo motivo, l’Aikido po-trebbe anche essere definito co-me arte della polarizzazione, che può portarci a diventare “androgini” cioè degli esseri com-pleti sotto tutti gli aspetti, contem-poraneamente maschili e femmi-nili, non certo dal punto di vista fisiologico o materiale ma da quello spirituale e interiore. (Il precedente articolo è stato scritto dal Maestro Ruta circa die-ci anni fa)

Principio Maschile (Yang)

Principio Fem-minile (Yin)

Attivo Passivo

Maestro Allievi

Tachiwaza Ushirowaza

Omote Ura

Irimi Tenkan

Tori Uke

Mae Ukemi Ushiro Ukemi

Esperto Principiante

Tecnica Saluto

Shomenuchi Yokomenuchi

Katatetori aihanmi

Katatetori gyakuhanmi

Spada Bastone

Linea Cerchio

Apertura Chiusura

Lato destro Lato sinistro

Tensione Rilassamento

Inspirazione Espirazione

RUTA DIXIT:

“Meglio la diarrea della stitichezza: almeno ti liberi!”

RUTA DIXIT:

“Uke, in questo caso, deve opporre resistenza e tori deve fare la tecnica senza irrigidirsi. Non come nella realtà: se lui mi dice: “Fanxulo”, io gli rispondo: “Fanxulo a mamt e soret!”

Page 8: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 8 SH IN B U NE W S

Segni particolari: Cintura Nera

Redazione: Quando e come hai co-nosciuto l’Aikido? Nino Laterza: Il primo corso di shiatsu che Fabrizio ha organizzato nel lontano 1994 è stato il tramite per l’accesso ai primi rudimenti dell’Aiki-do; infatti, notai il manifesto pubblici-tario dell’Ohashiatsu presso “La Fel-trinelli” e, trovandomi nella ciclica condizione di dover imprimere una svolta al “buio”, alla mia vita, presi la brochure e contattai lo Shin bu. Il supplizio a cui furono sottoposte le mie ginocchia durante il corso, insie-me all’entusiasmo per questo nuovo mondo, mi introdussero alla pratica, seppure inizialmente per l’esigenza fisica di allenare le mie gambe e snel-lire il corpo: ma fu amore a prima “caduta”! Redazione: In che modo la pratica dell’Aikido credi ti abbia cambiato o abbia influenzato la tua vita? Nino Laterza: Dopo sei mesi, avevo perso dieci chili e avevo fatto una full immersion nell’oriente di cui non co-noscevo assolutamente nulla. Mi si ampliarono interessi e passioni che hanno cambiato, direi radicalmente, prospettiva o forse hanno aggiunto un’inquadratura sulle cose del mondo di cui ignoravo l’esistenza. Inizial-mente mi terrorizzavano i kiai: mi sentivo stupido e fuori luogo ma, con il tempo, ho carpito i segreti nascosti nell’uso della respirazione legata sia a queste “urla” sia al movimento del corpo. Redazione: Ricordi il tuo esame da sesto kyu? Nino Laterza: L’esame da sesto kyu fu la consacrazione ufficiale: superai quaranta yonkyo in suwariwaza da uke; tutto questo quando Fabrizio ancora non aveva ceduto alle mollez-ze della vita e gli esami erano senza pietà! Infatti, mi ha insegnato più il primo esame che quello che ho so-stenuto per il I Dan nel 2003 a Napoli, dopo vari rinvii e senza troppi trionfa-lismi! Redazione: Ci racconti le emozioni provate per l’esame da cintura nera?

Nino Laterza: Non è stato un esame entusiasmante anche se la qualità della preparazione non era in discus-sione (ho tenuto alto il nome dello Shin bu!) ma ha sancito un lavoro centellinato per nove anni, nei due allenamenti settimanali che posso permettermi, venendo da Putignano. Redazione: Come ci si sente da cin-ture nere? Nino Laterza: Il mio essere cintura nera incomincia nel momento in cui indosso l’hakama e finisce quando, dopo aver lavorato sul tatami, la ripie-go con cura nel classico cerimoniale che dà contentezza della mia respon-sabilità e della mia appartenenza co-sì… con molta semplicità e un po’ di autoironia. Redazione: Cosa hai maggiormente apprezzato negli insegnamenti del M° Ruta? Nino Laterza: Fabrizio è il mio com-pagno di viaggio in questa avventura: ci conosciamo ormai da dodici anni e… l’ho cresciuto come un figlio! Ho sempre apprezzato di lui la capacità di rimettere in gioco le sue scelte, non sempre condivise da me, provan-do altre strade, cambiando, integran-do, sperimentando pur rimanendo attaccato a questo punto fisso che è l’Aikido. Durante la lezione, sono spesso il suo uke e que-sto mi onora: riporre il proprio corpo nelle mani di un’altra persona è un atto di estrema fiducia e, d’altro canto, accettare di “giocare” col corpo di un’altra persona prenden-dolo in cura, seppure per una tecnica, è un atto di grossa condivisione e responsabilità. Uke e tori rivestono un ruolo impor-tantissimo che travalica la mera pratica marziale per diventare insegnamento per la vita di tutti i giorni. Lo scambio dei ruoli indu-ce a rivestire i panni di chi interagisce con te,

quindi, a vivere l’altrui condizione, a sentirsi vincitore e vinto, a rimettere in discussione piccole e grandi cer-tezze. È fondamentale essere liberi di sbagliare perché l’errore sommato alla frustrazione chiude e inibisce: l’Aikido ha bisogno di ampiezza! Redazione: Nel corso degli anni di pratica dell’Aikido, c’è stato un mo-mento in cui hai pensato di abbando-nare l’allenamento? Se sì, quali sono stati i motivi? Nino Laterza: È difficile dire, dopo tanti anni, se ho dubbi o scoramenti riguardo all’allenamento: vita e prati-ca ormai convivono con tutte le con-traddizioni, le limitazioni ma anche le soddisfazioni. Se per un motivo qual-siasi dovessi lasciare l’Aikido, sareb-be forse abbandonare un luogo, una gestualità, una forma ma non un mo-do di vivere il proprio corpo oramai assuefatto. Redazione: Tu sei orafo: la tua pro-fessione ti è stata utile per imparare l’Aikido? E l’Aikido ha, in qualche for-ma, migliorato la tua professione? Nino Laterza: Sì, il mio lavoro di ora-fo è permeato dalla pratica dell’Aiki-do. Infatti, il nuovo modo di gestire la respirazione, l’uso dell’hara, la con-centrazione mi hanno consentito di ridistribuire le energie secondo criteri

Page 9: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 9 SH IN B U NE W S

ed esigenze specifiche, di dosare la forza, di vivere il contatto con la materia come se fosse un uke! Sentire la materia significa estrapo-lare la forma che, in quel preciso momento, è celata dentro e che chiede di venire alla luce… È un po’ perdersi insieme all’uke! Redazione: Sappiamo che, per alcuni anni, hai insegnato in un tuo dojo a Putignano: cosa puoi rac-contarci di quell’esperienza? Nino Laterza: Riguardo alla breve ed intensa esperienza aikidoistica condotta a Putignano, ripenso spesso ad essa come ad un’occa-

sione mancata: avrei dovuto forse insistere di più. Purtroppo, il fatto di non essere stato supportato e af-fiancato da chi avrebbe dovuto ge-stire la parte organizzativa e, quin-di, essendomi ritrovato da solo, mi ha fatto desistere. È stata una pa-rentesi significativa che mi ha mes-so alla prova: insegnare non è as-solutamente facile, significa “sciogliere” l’Aikido, filtrarlo per ren-derlo interattivo e questo mi ha co-stretto a trovare delle modalità per una comunicazione immediata e giocosa. Con mio sommo piacere, devo constatare che le persone che si sono avvicinate alla pratica, mi

sono comunque rimaste affeziona-te. Redazione: Cosa ti auguri per il futuro? Nino Laterza: Interrogarsi sul futu-ro è inevitabile e, di questi tempi, ancora più angosciante ma il fatto che una realtà come lo Shin bu co-munque persista e cresca mi fa essere ottimista. C’è una parte del-la gioventù e non più tale che vuole cimentarsi e mettersi in discussione con l’Aikido e questo è pregevole e io spero soltanto di esserci per lun-go tempo ad accompagnarli… salu-te permettendo!

Cognome: Laterza Nome: Nino Data di nascita: 15/07/1961 Professione: Orafo Grado di Aikido: I Dan (Abbondante!) Hobbies: Lettura Un mio pregio: Curioso, paziente, estroverso Un mio difetto: Assai pignolo Segni particolari: Bellissimo (Alla faccia della modestia!)

Page 10: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 10 SH IN B U NE W S

Intervista doppia!

Redazione: Come hai co-nosciuto lo Shin-bu dojo? Cristiana C.: Tramite Ales-sio Mattera. Redazione: Conoscevi già l’Aikido? Cristiana C.: Ne avevo già sentito parlare ma non sa-pevo bene di cosa si trat-tasse. Redazione: Avevi mai pra-ticato arti marziali prima? Cristiana C.: No. Redazione: Ricordi la tua prima lezione al dojo? Co-sa hai provato? Cristiana C.: Sì, me la ri-cordo bene, mi sentivo im-barazzata e impacciata, ma l’atmosfera generale mi è sembrata subito bella, un po’ speciale! Redazione: La pratica del-l’Aikido, anche se solo da qualche mese, pensi stia influenzando la tua vita? Cristiana C.: Beh, sì mi sta aiutando a stare più nel corpo e meno nella testa a sentire e a sentirmi (...anche quanto sto freca-ta, ma sto facendo pro-gressi!).

Redazione: Cosa apprezzi di più nel M° Ruta? Cosa invece cambieresti in lui? Cristiana C.: Apprezzo che, oltre a insegnarci del-le tecniche, ci inviti ad una crescita un attimino più profonda e che lui per pri-mo nella sua vita si sia sforzato di andare un po’ oltre, con tutti i limiti che ancora bene non conosco: per cui non so ancora ri-spondere a cosa cambierei di lui, a parte il fatto che quando parla non sempre lo capisco. Redazione: Preferisci qualche tecnica in partico-lare? Ne esiste al contrario una che detesti? E per-ché? Cristiana C.: Preferisco iriminage perché mi è risul-tata subito la più facile e perché ogni tanto è bello tirare qualcuno per il collo, abbracciarlo e scaraventar-lo elegantemente a terra. Le cadute ancora non le amo molto, ma negli ultimi tempi va meglio. Redazione: Ed ora qual-che riga libera... sull’aikido, sul dojo, sulle amicizie... su quello che vuoi!!!

Cristiana C.: Sorry sono al ne-gozio... Viva il dojo! Ciao ciao.

Redazione: Come hai cono-sciuto lo Shin-bu dojo? Giuseppe C.: Ho conosciuto il dojo grazie ad una dimo-strazione che ha svolto un Aikidoka molto bravo presso il centro di Oki Do Yoga che frequentavo, si chiama Mau-rizio e gli sono molto grato. Mi sono immediatamente innamorato dell'Aikido. Redazione: Conoscevi già l’Aikido? Giuseppe C.: Me ne aveva parlato con entusiasmo tanti anni fa una mia cara amica che lo praticava, e mi aveva già allora comunicato delle impressioni a proposito di un certo… M° Fabrizio Ruta. Redazione: Avevi mai prati-cato arti marziali prima? Giuseppe C.: Sì, per pochi mesi da adolescente. Redazione: Ricordi la tua prima lezione al dojo? Cosa hai provato? Giuseppe C.: L’incontro con lo sguardo magnetico del Maestro è stato folgorante, poi la lezione ha seguito quell'onda. Redazione: La pratica dell’Aikido, anche se solo da qualche mese, pensi stia influen-zando la tua vita? Giuseppe C.: Si-curamente sì. Per me con forza dop-pia grazie alla core-energetica, la strada da percor-rere comunque è infinita e le cadute continue. Redazione: Cosa apprezzi di più nel M° Ruta? Cosa

invece cambieresti in lui? Giuseppe C.: Mi colpisce particolarmente un elemento raro anche nei “Grandi”, dà tutto quello che sa. Dal pun-to di vista tecnico e di cari-sma, dopo aver conosciuto al recente stage di Salerno il grandissimo M° Tada mi sento fortunato nell’essere allievo del M° Ruta. Mi colpi-sce la sua preparazione a 360° gradi e l’umiltà e la semplicità con cui trasmette gli insegnamenti. Le battute simpaticissime e... caste... Difetti: dà troppo e talvolta in modo un po’ disordinato ma forse questo è un pregio? Booh! Maestro! Forza... parla meno velocemente. C A P I T O!!! Redazione: Preferisci qual-che tecnica in particolare? Ne esiste al contrario una che detesti? E perché? Giuseppe C.: Mi piace shihonage ma non so per-ché. Detesto yonkyo per i lividi che mi sto prendendo. Redazione: Ed ora qualche riga libera... sull’aikido, sul

Page 11: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 11 SH IN B U NE W S

Cognome: Ciminale Nome: Cristiana Data di nascita: 21/07/1974 Professione: Piccola imprenditrice Hobbies: Lettura e mi diverto a realizzare accessori fatti a mano, in particolare orecchini Un mio pregio: Una bella sensibilità Un mio difetto: A volte, un po’ troppo sensibile Segni particolari: …

dojo, sulle amicizie... su quello che vuoi!!! Giuseppe C.: Aikido per me dovrebbe essere con-centrazione rilassata, re-spiro e suono interiore. Se i pensieri si annullano la proiezione si capovolge in volo, poi solo presenza nell’attimo. Ma sto sognan-do, adesso a malapena riesco a fare qualcosa, a tal proposito voglio ringra-ziare tutti i praticanti “avanzati” che con pazien-za e sorriso aiutano il

“principiante”. Il dojo è pregno di una e-nergia davvero speciale grazie a tutto quello che è successo lì e che succede. Ho conosciuto persone splendide cariche di bel-lezza interiore. Prima di concludere, un saluto alle donne del dojo: siete bellissime... ma che dico siete proprio delle gran belle Figone... Ciao.

Cognome: Castellaneta Nome: Giuseppe Data di nascita: 08/06/1964 Professione: Direttore Amministrativo Conservatorio di Musica Hobbies: Lettura, viaggi, tennis, vedere cinema e spetta-coli di tutti i generi Un mio pregio: Sono intuitivo Un mio difetto: Sono poco concreto Segni particolari: Da gemelli ascendente gemelli–quadruplo– non quadrupede ma andrebbe bene lo stesso

Page 12: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 12 SH IN B U NE W S

Speciale Reportage:

Stage del Maestro H. Tada

Salerno, 4-5 novembre 2006

Accadde allo stage…

Dialogo tra Jacqueline e una Cintura Nera, a lei ignota: J: “Di dove sei?” C.N.: “Di Roma” J: “Pratichi nel dojo di Dionino?” C.N.: “No, nel MIO…” J: “Ah…” (e solleva un tatami per nascondervisi sotto…)

Page 13: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 13 SH IN B U NE W S

Salerno 2006: Il ritorno dei Tada Boys

Ovvero… Se non sei cintura nera batti le mani…

di Salvatore Scalise

Puntuali come il raffreddore, i T.B. (Tada Boys, n.d.r.) son tornati. Il nostro beniamino aveva inutilmen-te cercato di seminarci piazzando stages un po’ dappertutto in Italia. Voci contrastanti circolavano su sue apparizioni, sparizioni, dissolvenze incrociate. Perfino vili tentativi di sabotaggio sul posto di lavoro (con colleghi più o meno malati che cercavano di farti saltare il week-end di Salerno) veni-vano tentati! Ma il nostro fiuto da sanguinari non gli ha dato scampo. “U simm’acchiat! Addo’ avev’a fu-jì?”(in barese corretto, si dovrebbe dire “sfusc”, ma si perderebbe il giapponesismo “fujì”) Determinati, come cozze patelle ag-grappate allo scoglio, abbiamo for-mato un gruppo di irriducibili. Immarcescibilmente entusiasti, ab-biamo prenotato i posti ove riposare le stanche, sudate e doloranti mem-bra. Da incrollabile fede animati, ci siamo distribuiti nelle varie vetture. Di antinfiammatori, jo e bokuto mu-niti siam partiti. Siam partiti verso l’ignoto! Lo sguardo lucido, i sensi all’erta, l’adrenalina a mille, arrivati a Fiscia-no ci siam… perduti!!! Stessa cosa dell’anno scorso, solo che stavolta è capitato di… giorno! Sembravamo le Frecce Tricolori. Ognuno per i cavoli suoi, ma poi in formazione serrata siamo atterrati a Baronissi. Scopriremo in seguito che alcuni pic-coli ometti dagli occhi a mandorla erano stati avvistati alle prime ore del mattino, impegnati a scambiare le insegne stradali. Erano forse inviati da qualcuno gelosi della nostra “grandeur” aikidoistica?

Il sospetto è legittimo! Ma noi, come Gesù ai Magi, aveva-mo da presentare Giuseppe a Tada!!! E lo abbiamo fatto. Oh! Se lo abbiamo fatto! Qualche “linguetta” è subito corsa a dire, con voce in falsetto: “Maestro, Maestro, sono arrivati! Ma non si vergognano tutte quelle cinture bian-che a venire qui fra tanti aikidoka veri?”. Invadiamo il palazzetto col nostro tipico casino. Palazzetto gelido come l’atmosfera trovata allo stage e della quale parlerò in seguito.Incasiniamo la cassiera che, per poco, su 90 euro dati ce ne stava dando 723,27 di resto e ci andiamo a cambiare.Indossiamo le “armature” e ci fiondiamo sul tata-mi, dove… i piedi restano incollati per il freddo. Mortale! Diranno in seguito che quell’ondata di freddo a Salerno è eccezionale per questo periodo… Che fortuna! Mentre siamo presi a riscaldarci, nel senso letterale del termine, arriva Lui ed il Palazzetto sprofonda nel silen-zio. Ancora una volta, mi stupisce per la sua presenza, il suo carisma, la sua calma. Saluto. Riscaldamento: tremiamo per il fred-do, altroché! Tada inizia chiamando l’uke di turno. Siamo pronti a vederne delle belle! Ci aspettiamo faville. Mi aspetto tecniche da rissa di saloon. Si inizia invece con ikkyo, nikyo, shihonage ed altre tecniche di base. Ma dai Maestro, ci alziamo alle cin-que, 500 km. a.r., 90 euro di stage e tu ci fai le tecniche di base??? Ma quelle le vediamo e facciamo

tutti i giorni. Arriva il nostro turno e, difatti, ci si rende immediatamente conto che proprio sulle tecniche di base faccia-mo c….e. Precisione, velocità, pulizia delle li-nee del Maestro ce le sogniamo. Mi guardo intorno e vedo un abisso tra lui e gli altri. C’è chi fa del suo meglio, chi lo scimmiotta, chi se la crede, chi se la mena ma quelli che praticano davve-ro bene si contano sulle dita delle mani. Mi viene un magone japponese. Della serie: “Se ci fermavamo a Val-lata, da Minicuccio, a mangiare, sa-rebbe stato molto meglio!” Fa una zuppa di fagioli e verze che è la fine del mondo. Per non parlare del coniglio alla cac-ciatora! Più serio e confacente al no-stro livello. La mattinata scivola via veloce, ma una sgradevole sensazione comincia a farsi strada: a differenza di altri stages, le nere stanno con le nere e non ti filano proprio. Se ti capita di beccarne una, a stento ti parla, mi chiedo dove sia finita la caratteristica disponibilità degli an-ziani nei confronti dei novizi. Mi sa che la prossima volta chiederò l’organizzazione di uno stage solo per cinture bianche. Un esempio per tutti: Enzo, che cer-cava di praticare con un gruppo di questi campioni, si sente ammonire: “…ma qui siamo tutti cintura nera!”. Se non fosse stato una persona genti-le, avrebbe potuto dare utili indica-zioni su utilizzi alternativi dell’haka-ma. Capita l’antifona, ci si stringe nel nostro gruppo, si pratica divertendosi e si risolve il problema.

Page 14: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 14 SH IN B U NE W S

Francesco, che ha visto troppi film di Tada, comincia ad arricciarci come polipi. Il mio ginocchio ulula, Jac-queline ride guardando il rimbambito di turno che gira con la bandana dei kamikaze e Bartolo fa il papà di tutti noi. Ma non ero io il più vecchio? Giuseppe è gasatissimo, Zucco si ferma, lo guarda rapito e gli fa i com-plimenti. Modestissimo, Giuseppe non lo rive-lerà mai a nessuno. Resta il fatto che, se a questo stage volevi imparare, dovevi apprendere solo dal M° Tada o dagli amici che già conoscevi. Comunque impediamo a tutto ciò di guastarci la festa, tanto è vero che sul tatami si suda poco (‘u fridd !!!) ma si ride molto delle nostre stesse pape-re. Passata anche la sessione pomeridia-na, ci si ritrova per la serata in pizze-ria. Prima si lasciano le valigie in alber-go. Un grazie particolare per il calore e l’Ospitalità alla signora Adriana che ci accoglie a Villa Donica come vec-chi amici. In pizzeria, dicevo, diamo fondo alle scorte di viveri del locale: meno male che volevamo solo una pizza! Tante le risate. Usciamo fuori a mezzanotte ed il

freddo è pungente: zero gradi (erano finiti, non ce ne erano più!!!), ghiac-cio sui vetri delle auto, stanchezza terribile. Torniamo in camera e Nicola, mio compagno di stanza, si addormenta alla “b” di buonanotte. Meno male che aveva fatto in tempo a levarsi i vestiti! Veramente una compagnia vivace, non c’è che dire. Nella notte, rumori strani di passi strascicati… sarà un poltergeist, un fantasma, un ectoplasma, un cavolo vario? No! È Giuseppe che, con la ignobile scu-sa di essersi perso per le ali della ca-sa per andare al bagno (un controlli-no alla prostata, no, eh,Giuseppe???), cerca di forzare la stanza di Jacqueli-ne. Stanza che, oltre la citata pulzella, custodisce anche le riserve alcooliche di Villa Donica... Non ne sono sicuro, ma dal “toc” risuonato nel buio della notte, penso che Giuseppe si sia beccato uno sho-men-nei-sensi-con-mazza-da-scopa-vibrato-dalla-signora-Adriana-che-montava-di-guardia-alla-stanza. La notte scorre tranquilla senza altri incidenti. La mattina di domenica, il tatami è veramente ghiacciato. Si inizia con foto di gruppo col Mae-

stro; io, al momento dello scatto, so-no tentato di afferrare l’hakama del vicino e piazzarmela davanti alle ver-gogna, poi ci ripenso e fingo di fare la persona seria. Si inizia. In gassho si trema dal freddo, ma poi si parte con la pratica ed il freddo passa, così come volano le ore dello stage. Questa volta, lasciamo le tecniche di base per studiare tai sabaki, centratu-ra, concentrazione, ano chiuso e poi ancora kata e tecniche di jo. Bellissimo. Il tempo intanto corre e lo stage vol-ge al termine. Si chiude con diplomi dan e saluto. La rappresentanza dello Shin Bu chiede al Maestro una foto ricordo e questi con sguardo paterno accetta. Ci si mette in posa ed un attimo pri-ma dello scatto, echeggia la voce di Silvia: “Dove dobbiamo guarda-re???”. La risposta è una sola, categorica ed impegnativa per tutti: “Metsuke!!!” Tada fa finta di non sentire. Lo stage si chiude con Francesco che mi silenzia con una gomitata nel fianco; finito troppo presto con un intero anno da aspettare per il prossi-mo. Buon keiko a tutti,

vostro Kikiyashiashiashi Hashi

Accadde allo stage…

Salvatore, dopo aver subito una fulminea esecuzione di sho-menuchi nikyo da parte di Francesco ed essersi ritrovato in pochi secondi spiaccicato sul tatami si rialza, lo guarda e gli dice: “Tu… devi aver visto troppi film di Tada!”

Page 15: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 15 SH IN B U NE W S

Ai-Ki-Do di Jacqueline Gentile

È stato bello, anche questa volta, esserci. Ogni volta è diverso e, come sempre in questi casi, le parole sem-brano non bastare per trasmettere tale vissuto. E allora, mi servirò di poche parole… Il Maestro Tada… Sale sul tatami e tutto cambia. Il silenzio, l’atmosfera che viene a crearsi, l’energia che inizia a serpeggiare, vitale e compo-sta al tempo stesso. È bello stringersi in cerchio attorno a lui ed ammirare la “pulizia” dei suoi movimenti, la precisione delle sue esecuzioni, os-servare, come nella sua figura, si sintetizzino i principi dell’Aikido e quanto fedelmente questi ultimi si rendano manifesti ai nostri occhi resi attoniti, come sempre, dalla ve-locità della sua movenza, dal suo

“ritmo”, dalla sua fluidità, dalla sua postura elegante. Ma c’è stato anche altro a rendere intensa questa esperienza. Mi sono sentita “in famiglia”; ho tante belle immagini a riguardo: noi dello Shin bu, numerosi e “chiassosi”, raggruppati nell’unica striscia di tatami riscaldata dal sole prima dell’inizio dello stage con il nostro solito spirito entusiasta e go-liardico; la pratica, effettuata soprat-tutto tra di noi, in un’atmosfera di-versa che sapeva di voglia di diver-tirsi e di gusto di conoscere cose nuove, la serata al ristorante quando fuori c’era freddo polare e, dentro di noi, il bel calore di un momento ri-lassato e piacevole reso fluido da chiacchiere, bicchieri di vino rosso e

innumerevoli risate.E sempre noi, abbiamo fatto ritorno alle nostre abi-tazioni, con un’ultima, allegra sosta in un autogrill con nel cuore due giornate di Aikido fatto, appunto, di “Ai”, armonia, amore, unione, “Ki”, energia vitale e “Do”, via: la meravi-gliosa via che ognuno di noi, con passione, ha intrapreso e che percor-re, giorno dopo giorno, con curiosità e voglia di crescita. Noi, persone diverse, con storie e vite differenti che convergiamo su tatami, anche geograficamente lontani dal nostro, dove portiamo un po’ di noi e pren-diamo un po’ dagli altri come se le nostre mani fossero strette l’una al- l’altra in un grande girotondo. E questo è bello, questo è… Ai-ki-do.

RUTA DIXIT:

“Non dovete prendere il tanto dalla lama! Non come nei film di Bud Spencer in cui prendono il coltello così, con due ma-ni… seee ‘sti caxxi!”

RUTA DIXIT:

“Come uke non devi dire: “Questa tecnica non funziona!”. Ringrazia che tori non ti rompe il braccio, non rompere i cogxioni e… cadi!”

RUTA DIXIT:

(Metafore...)

“Cosa significa “pochi ma buoni”? Più siamo e meglio è, no? Se ci sono quattro cogxioni insieme, restano comunque quattro cogxioni. Quindi, la quantità è importante quanto la qualità… D’altra parte, se hai milioni di spermatozoi ma tutti sulla sedia a ro-telle, che senso ha? Quindi, quantità e qualità vanno insieme…”

Page 16: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 16 SH IN B U NE W S

Ed ora… i Tada Boys!!!

Page 17: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 17 S HI NB U N E WS

Page 18: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 18 S HI NB U N E WS

L’angolo del C(u)ore

Pensieri, racconti, emozioni di chi ha intrapreso il cammino della Core Energetica

Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura... di Fabrizio Ruta

Chi non conosce queste parole della “Divina Commedia” di Dante? Chi non ricorda le favole dell’eroe che affronta il drago e ottiene dal re, per ricompensa, la mano della sua bellissima figlia, la principessa? E chi non ha letto di Ulisse che affronta ciclopi, sirene e prove di ogni genere per tornare alla sua patria na-tia, dall’amata Penelope? In quanti miti si racconta della discesa agli inferi o dell’incontro con l’ignoto “Guardiano della soglia”? Sembrano solo favole, leggende, racconti, storie ormai vecchie che interessano solo i bambini o gli studiosi della cultura classica. Ma così non è. Il cammino dell’eroe racconta la storia di ogni uomo, traccia la via del nostro futuro cammino e getta luce sul significato delle crisi nella nostra vita. Tutti cercano la pace, la serenità e l’armonia e fuggono le difficoltà e i problemi nella speranza che, ne-gando il lato oscuro, si possa raggiungere la felicità e la pienezza. Ma la verità è il tutto e non solo una sua parte. Gesù diceva “Sono tra voi per portare la spada che dividerà il marito dalla moglie e i figli dai genitori”; Dio ha due facce una scura e l’altra chiara e entrambe formano l’Unità. Non dobbiamo cercare solo quello che è piacevole e bello, ma scoprire quello che noi siamo, accettare la nostra natura, vedere quello che siamo senza rifiutare le parti che non ci piacciono e che giudichiamo. La seguente formula di R. Dahlke è estremamente chiara:

Io + ombra = Sé

Page 19: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 19 S HI NB U N E WS

. Questo significa che diventiamo completi e raggiungiamo il nostro vero essere solo quando integriamo l’ombra nella nostra vita cosciente. La “selva oscura” rappresenta quindi il passaggio che ci porta a confrontarci con le tenebrose ombre che si muovono minacciose nella nostra anima. L’incontro col Drago rappresenta il momento in cui facciamo i conti con noi stessi e con la nostra vita. Il fascinoso canto delle sirene è la metafora di tutti i falsi biso-gni sui quali costruiamo la nostra esistenza… Dentro di noi esiste un inferno e un paradiso, tutto il male e tutto il bene del mondo, bellezza e bruttezza, amore e odio… questa è la verità sulla nostra natura. Ma, finché non ci imbattiamo nella nostra personale “selva oscura”, continuiamo a vivere nella finzione, nella falsità e nelle maschere. Crediamo di essere persone perbene, ci convinciamo di essere felici, cerchiamo di evitare i problemi, le difficoltà e il dolo-re… combattiamo tutta la vita per non doverci mai trovare sperduti nel tenebroso e spaventoso bosco del nostro Sé inferiore… E, così facendo, fuggiamo continuamente da noi stessi e dalla vera gioia e pienezza. Infatti, come Dante insegna, non si può raggiungere il paradiso se non attraversando prima l’inferno. Per chiarire meglio questo concetto possiamo distinguere in noi tre strati dell’essere: - La maschera (lo strato più esterno e superficiale, l’immagine ideale che mostriamo al mondo per essere accettati e per nascondere lo strato sottostante); - Il Sé inferiore (l’insieme di tutte le nostre distruttività e negatività, l’odio, la violenza, la paura, il male in ogni sua forma); - Il Sé superiore (la fonte della nostra forza vitale, la sede dell’amore e della spiritualità). E così continuiamo a vivere nella finzione, nel moralismo, nella tiepida tranquillità (identificandoci con la maschera), finché non riscopriamo l’eroe dentro di noi e, con coraggio, prendiamo in mano il nostro destino decidendo di affrontare il terrificante drago interiore (il Sé inferiore): le più spaventose paure, il dolore profondo e inconsolabile, la distruttività più potente e inarrestabile, l’immensa tristezza, il vuoto, la noia… tutto dentro di noi sembra così terribile e mostruoso che abbiamo paura di perdere la ragione, l’identità, la stima e l’amore dei nostri cari, se solo ci permettiamo di sentire lo strato poco sotto la ma-schera. Ma quando l’ardente passione per la verità ci porta infine a guardare negli occhi il mostro dalle sette teste iniziamo a ricevere i primi doni: - con la paura, riceviamo la prudenza e il senso del limite; - insieme alla rabbia arriva la forza; - attraverso l’orgoglio cresce in noi l’autostima e il valore; - accettando la tristezza riceviamo in dono la dolcezza e la tenerezza; - perdendoci nel vuoto sopraggiunge la pace. Questo perché il Sé inferiore, con la sua negatività e distruttività, è solamente una distorsione del Sé su-periore. Solo la luce esiste realmente, l’ombra è solo un’assenza, una privazione. Infatti quando la luce incontra l’ombra, quest’ultima è destinata inesorabilmente a sparire, non c’è lotta nè confronto… sempli-cemente il buio diventa luce. L’unica vera realtà è la luce ma, per comprenderla, occorre confrontarci con la sua assenza temporanea: l’ombra... e così, come Dante, scendendo all’inferno (Sé inferiore) ci trovia-mo inesorabilmente condotti sulla strada del paradiso (Sé superiore).

Page 20: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 20 S HI NB U N E WS

Riflessioni sulla relatività di Fabrizio Ruta

Chiudersi è negativo, aprirsi è positivo

avere paura è svantaggioso, amare è affermativo oscurità è rifiuto, luce è bello

cedere è negativo e debole, resistere è intelligente La nostra mente è piena di queste dicotomie nelle quali dividiamo la realtà. Scegliamo dei valori da se-guire in base allo spirito del tempo, alla società in cui viviamo, all’educazione ricevuta e ai modelli ap-presi nelle nostre famiglie di origine. Prendendo alcuni valori come validi e giusti, automaticamente ne escludiamo altri dalla nostra coscienza, relegandoli nell’ombra. Così facendo riduciamo la flessibilità e le opportunità nella nostra esistenza impedendoci un reale e or-ganico processo di crescita. Per esempio “chiudersi” è considerato un atteggiamento ostile e animoso, sbagliato e negativo, quindi, da evitare. Invece essere aperti al prossimo è un comportamento intelligen-te, positivo, costruttivo e desiderabile. In realtà, isolarsi e chiudersi è un diritto e, a volte, un bisogno. Poiché questo atteggiamento naturale è osteggiato dai genitori, dagli educatori e dalle autorità religiose iniziamo, pian piano, a forzare la nostra reale natura rimanendo artificialmente aperti anche quando ci sentiamo chiusi e bloccati. Quindi all’e-sterno fingiamo di essere aperti, ma rimaniamo interiormente chiusi. E così iniziamo a formarci una ma-schera nella quale, col passare del tempo, ci identifichiamo. Inoltre, si determina un'altra conseguenza non meno dannosa: entreremo in confusione rispetto ai nostri reali bisogni non riuscendo più a sentire quello di cui abbiamo realmente necessità. Così quando da adulti nostro figlio si chiude, invece di accet-tare il suo “bisogno temporaneo di solitudine”, lo rimproveriamo esortandolo ad aprirsi… E questo schema vale non solo per il tema apertura/chiusura, ma per tutti i valori “positivi” (cioè quelli socialmente considerati giusti) che vengono accettati ponendoli in contrapposizione con gli atteggiamen-ti e le scelte “sbagliate e negative”. Per esempio, pensare al proprio benessere, volersi bene ed amarsi (che sono caratteristiche sane che denotano la maturità di un individuo) vengono tacciate automatica-mente di egoismo. Alla fine di questo processo “riduttivo” perdiamo: - il diritto di avere paura (cioè di sentire i nostri limiti), - di esprimere la rabbia (o meglio la nostra forza), - di essere egoisti (ovvero di amare noi stessi), - di essere infantili (vale a dire di continuare a giocare anche se siamo adulti), - di dire “no” (cioè di affermare noi stessi e le nostre scelte), - di essere deboli (quindi delicati, rilassati e sereni), - di essere tristi (cioè teneri e morbidi). Questo accade perché nella realtà ogni comportamento, scelta o valore etico non è positivo o negativo in sé: anche essere sempre aperti alla lunga risulta essere un comportamento insostenibile e pericoloso quanto vivere costantemente nell’isolamento e nella paura. Tutto nella natura segue il principio di espansione e contrazione: il battito cardiaco, le stagioni, la respi-razione, i movimenti dell’iride, la peristalsi degli organi, lo sviluppo economico… solo i principi e la morale sociale si rifiutano di accordarsi al movimento vitale, spontaneo e periodico di apertura e chiusu-ra scegliendo un lato della realtà a discapito dell’altro che, inevitabilmente si nasconde nella nostra om-bra - cioè nell’inconscio - da dove opera in maniera oscura e inconsapevole. Si spiegano così i tanti casi di persone “perbene” che nella loro vita privata conducono di nascosto un esistenza che si modella esat-tamente sui principi negati e combattuti.

Page 21: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 21 S HI NB U N E WS

Il mio nuovo ed intenso percorso… di Saverio Di Monte

Un giorno, leggendo nella bacheca della palestra il calendario delle lezioni di Aikido con le relative fre-quenze e le eventuali novità, mi sono accorto che Fabrizio aveva inserito due nuove discipline: il Tai-chi-chuan e la Core Energetica. Essendo di natura propenso a sperimentare nuove tecniche e nuove discipline che possano ampliare la mia conoscenza a livello tecnico e a livello umano, ho deciso di partecipare alla lezione di prova di Tai-chi che era aperta a tutti. La mia opinione su questa disciplina è stata positiva; ciò mi ha aiutato a capire la vasta diversità che in-tercorre tra le varie discipline, le varie metodologie il cui fine è quello di aiutare a conoscere se stessi. Alcuni giorni dopo, ho partecipato alla lezione di prova di Core energetica. Inizialmente, ero indeciso su questa disciplina: ho, infatti, posto molte domande a Fabrizio, che è il mio Maestro di Aikido e che, in questo caso, sarebbe stato anche la mia guida in questo nuovo cammino. Fabrizio, in modo semplice ma significativo, mi ha detto: “Prova! Comunque, rimarrà un’esperienza”. Alla fine, pur non sapendo di cosa si trattasse, ho deciso di sperimentare. Devo dire che la mia prima lezione di Core energetica è stata un’esperienza positiva che mi ha fatto ca-pire quanta voglia avessi di sperimentare i nuovi percorsi che la vita ci offre. Sapevo che non sarebbe stato un percorso facile, in quanto si tratta di un lavoro psicologico ed emotivo dove si cerca di dare libero sfogo alle proprie emozioni che solitamente vengono bloccate dalla masche-ra della quotidianità e dell’apparire normali per non essere giudicati in modo negativo e quindi non es-sere esclusi. Questa esperienza è, per me, molto impegnativa e dolorosa ma, al tempo stesso, gratificante; per questo ringrazio il mio Maestro che considero anche la mia guida, il mio fratello, il mio amico. Un ringraziamento enorme va al gruppo di amici con cui condivido le mie intense emozioni e con cui spero di continuare questo percorso.

Page 22: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 22 SH IN B U NE W S

La Core è… di Jacqueline Gentile

… uno spazio protetto dove regna un’atmosfera familiare. … la possibilità di esprimere le emozioni in piena libertà. … chiedere quello di cui si ha bisogno. … prendere contatto con la Terra. … danzare seguendo il proprio ritmo interiore. … stringersi in cerchio sentendosi parte della meravigliosa rete della vita. … lasciarsi cullare dolcemente dall’altalena degli stati d’animo. … permettere alle lacrime di scorrere. … ridere con frizzante freschezza. … giocare come bambini, fare smorfie, diventare quello che la fantasia suggerisce. … guardarsi negli occhi. … perdersi in un abbraccio. … sentire ogni parte del proprio corpo. … avvertire il disagio, la difficoltà, l’imbarazzo. … riconoscere il passato che è in noi e che fa di noi quello che siamo, con la nuova possibilità di osservarlo e lasciarlo andare. … prendersi la responsabilità di se stessi. … essere consapevolmente nel momento. … non avere obblighi, non preoccuparsi dei giudizi. … sentire fiduciosamente il sostegno del gruppo. … toccare l’essenza più profonda di ognuno di noi. … ritrovare il bambino che è in noi e, teneramente, stringerlo al petto. … guardare con amore dentro noi stessi e scoprire la bellezza che si cela dietro il nostro “essere umani”. … urlare a squarciagola di rabbia. … assecondare le sensazioni, ascoltare le esigenze, dare voce ai desideri. … coccolarsi dolcemente, rifugiarsi sotto il calore di una coperta, rannicchiarsi nel piacere del silenzio. … lasciare emergere il dolore, la sofferenza, i nodi irrisolti, le ferite. … allungare una mano e sentire che c’è qualcuno felice di stringerla nella sua. … togliere la “maschera” e guardarsi con stupore come fosse la prima volta. … respirare, respirare e ancora respirare toccando sensazioni sempre più sorprendenti. … sentire la vita che pulsa in ogni singola cellula. … disegnare cerchi nell’aria sentendone la consistenza tra le dita. … assaporare l’onda di vibrazione che scuote il corpo. … chiudere gli occhi ed ascoltarsi. … aprire il cuore con coraggio e umiltà scoprendone, con sorpresa, la delicatezza e l’impetuosità. … perché, ognuno di noi è la Persona più importante della propria Vita.

Page 23: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 23 SH IN B U NE W S

Il Mercatino

Annuncio di Rossana (ex praticante dello Shin bu)

Vendo gi marca “SHIMAI” taglia IV in ottimo stato.

Per informazioni, contattatemi al 3388220533

Aiki… Quiz! Indovinate un po’ chi sono i protagonisti di questa insolita tecnica di Aikido…

Rolling-Nage

Page 24: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 24 SH IN B U NE W S

Buon Compleanno Maestro!

Page 25: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 25 S HI NB U N E WS

Page 26: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 26 S HI NB U N E WS

Ciao Jacqueline, sono Francesco, spero tu ti ricordi di me e Riccardo; ci siamo trasferiti da tre mesi a Milano per fre-quentare l’università: io studio biotecnologie mediche mentre Riccardo ingegneria meccanica al Poli-tecnico; purtroppo, non ho avuto modo di salutare tutti i praticanti del dojo perchè il trasferimento è stato inaspettato e repentino. Abbiamo visitato i vari dojo della città e quello che ha maggiormente suscitato la nostra curiosità è stato il Dojo-Fujimoto, nel quale insegna il Maestro Fujimoto, VII Dan. La maggior parte dei praticanti di questa città si allena seguendo il suo metodo d’insegnamento, che differisce sotto molti aspetti dallo stile del Maestro Fabrizio. Non credo che riuscirò ad adattarmi facilmente all’ambiente del nuovo dojo, a causa delle innumerevo-li formalità imposte ai praticanti. Ho intenzione di iniziare a praticare dal mese di febbraio, subito dopo aver terminato la prima sessione d’esami, e credo che sarà dura ricominciare nuovamente la pratica; il problema principale riguarderà apprendere nuovi modi di eseguire tecniche che ho già appreso con il Maestro Fabrizio. Mi manca moltissimo l’aria che si respirava nel dojo (..non l’olezzo di sudore dello spogliatoio!!!), in particolar modo il rapporto che si instaura tra i praticanti, le cinture nere e il Maestro Fabrizio. Sento molto la mancanza di alcuni praticanti (Alessandra, Giuseppe Carbonara, Davide, Fabio, Ro-berto, Donato, Leo, Nino….ecc.) con cui ho condiviso molte ore di pratica e vorrei poterli incontrare quando tornerò a Bari per le festività natalizie. Osservando le lezioni di altri Maestri, ho compreso che un bravo maestro non dev’essere solo un bravo conoscitore di tecniche ma deve anche saper educare i propri allievi ad applicare gli insegnamenti dell’-aikido alla vita quotidiana e posso affermare che il Maestro Fabrizio ci riesce benissimo. Il dojo ha segnato positivamente la mia crescita e non potrò mai dimenticare le esperienze acquisite in questi due anni di pratica. Grazie Jacqueline per lo sfogo, arrivederci a Natale. Francesco Magrone

Ed ora due lettere, pervenute da Francesco Magrone e Riccardo Solito, i quali si sono trasferiti a Milano e hanno voluto condividere con noi la nostalgia che stanno provando per aver interrotto la pratica dell’Aiki-do allo Shin bu e le difficoltà che stanno incontrando nell’approccio con altri dojo ed insegnanti:

Page 27: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 27 S HI NB U N E WS

Salve Maestro, desideravo da tempo scriverle una e-mail ma solo adesso ho trovato il tempo (e anche il coraggio) di far-lo. Dopo gli esami, non ho avuto altri pensieri per la testa che il trasferimento a Milano. Mi sono trasfe-rito così in fretta e furia che non mi sono potuto godere per niente i miei ultimi giorni a Bari, né fare un salto in palestra per salutare un'ultima volta tutti quanti. A Milano, è tutto diverso ma, fortunatamen-te, ho al mio fianco ancora Francesco che si è trasferito qui per studiare biotecnologie mediche. A fine settembre, siamo andati insieme a visitare il dojo del Maestro Fujimoto per assistere ad una sua lezione. L'impatto è stato forte: le tecniche sono molto più circolari, alcuni nomi diversi, vi è un'assenza di un allenamento fisico nel senso proprio del termine. Le differenze erano così tante che abbiamo preferito cercare altri dojo nelle vicinanze. Siamo andati ad assistere ad una lezione del Mae-stro Dessì, che pratica in una palestra di judo e, nonostante lo stile fosse più vicino a quello che cercava-mo, il dojo era in periferia e non ben collegato con i mezzi pubblici. Iniziare ottobre senza aikido è stato triste, anche se ho cercato di autoconvincermi che prima dovevo assestarmi del tutto con l'università. Francesco, d'altro canto, era molto più pessimista di me riguardo ad una ripresa della pratica: non vole-va praticare né con Fujimoto né con Dessì. Nel frattempo, abbiamo sentito Donato che ci ha raccontato di come prosegue allegramente la pratica allo Shin-Bu. Non posso negare che sono un po’ invidioso della sua fortuna nel poter praticare ancora con lei ma, nonostante ciò, ho dovuto seguire la mia strada, che inevitabilmente mi ha portato via da Bari. Sentire Donato, tuttavia, ha risvegliato il mio spirito di com-petizione e ho deciso che non sarei rimasto ad aspettare il momento giusto, magari dopo il primo seme-stre, come continuava a ripetermi Francesco. L'Aikido è stato parte integrante della mia vita negli ulti-mi due anni e non potevo arrendermi solo perché si sono presentati molti ostacoli ad una eventuale ri-presa della pratica. Così, qualche giorno fa, ho pagato il bollettino e mi sono iscritto al dojo Fujimoto animato, nonostante tutto, da quell'entusiasmo che caratterizzava la mia pratica a Bari. Entusiasmo che è stato smorzato un bel po' alla prima lezione: non riuscivo a riprodurre le tecniche e sono scivolato quando il Maestro Fujimoto mi ha scelto come uke. Quello che mi ha un po' scosso sono stati gli eccessi-vi formalismi durante la pratica e l'aver avvertito in maniera molto forte la distanza allievo-maestro. Credo sia questo che più di ogni altra cosa ha demotivato Francesco, oltre alla pretesa di non voler cam-biare il suo stile. Non mi vergogno di riconoscere che siamo molto legati al suo stile d'aikido però, come mi disse anche lei, dovevo aspettarmelo e, anziché stare a rimuginarci sopra, ho deciso di impormi un periodo di prova. Adesso, complici gli esami che iniziano la prossima settimana, mi risulta ancora più difficile andare in palestra ed inoltre, ora come ora, ci vado quasi come se fosse un dovere nei confronti di me stesso. Mi manca, ci manca, il dojo, l’entusiasmo che trovavamo anche dopo estenuanti giornate di scuola, le sue lezioni e la simpatia di tutti i nostri compagni praticanti. Sarà nostalgia da fuorisede ma è quello che stiamo provando. Le avrò sicuramente rotto le scatole con questo mio sfogo perciò lo termino qui, si aspetti una nostra vi-sita nel periodo natalizio, arrivederci. Riccardo Solito

Facciamo gli auguri a… -Piero Del Vecchio per il brillante conseguimento della sua laurea in ingegneria. Congratulazioni Piero! Lo Shin bu dojo ti augura un futuro pieno di soddisfazioni.

Page 28: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 28 S HI NB U N E WS

I pensieri di O‘Sensei a cura di Gaetano Nevola

Preservare una capacità di sincerità totale

Il Bu (elemento marziale) dello spirito, per mezzo dell'Ah e dell'Un dell'anima, produce una forza che è purificata, vigorosamente salutare e chiaramente manifestata.

L'Aikido esiste per conoscere l'Io, per assorbire la sottile natura interiore della creazione nell'Io, per studiare la vera immagine del Grande Universo;

con la piena consapevolezza dell'Origine della Singola Sorgente, raggiungere lo scopo finale del principio (Ri), e conoscere le Leggi della Natura. La Via dell'Aiki è quella di creare una capacità illuminata che possieda la luce.

L'Aikido chiarisce le condizioni di tutta la creazione in armonia con la Verità dell'Universo. É l'armonia che unisce la Verità del Cielo, la Verità della Terra

e la Verità delle cose materiali. Per coloro che cercano l'illuminazione (Satori), l'Aikido è un sentiero (Michi)

che insegna i movimenti importanti del "Corpo che si muove secondo i principi del metodo della Singola Spada", è un Sentiero per affinare e rifinire l'Io, e pertanto non è qualcosa che

si esprime con parole e teorie, ma esiste nel vero eco della totalità dell'Universo del Cielo e della Terra.

Benché ai nostri tempi le scienze naturali avanzino a grandi passi, le scienze spirituali ancora non esistono.

Se il genere umano sarà in grado di stabilire la giusta armonia tra scienze naturali e scienze spiritua-li, e di creare un ambiente che, per mezzo del Ki di tutta la creazione,

generi individui fisicamente e psichicamente sani, allora questo sarà un mondo di pace, libero da guerre e conflitti. Il nostro Aikido non deve restare indietro nello sforzo di arrivare

a questo servizio divino di trasformazione. É difficile riuscire in questa missione se ci si affida solamente al Bu del corpo.

La causa dello sconvolgimento di questo mondo è nel trascurare l'Origine della Singola Sorgente; essa è quella che genera l'Origine spirituale e l'Origine fisica,

produce le complesse e sottili Leggi della Natura; è quella che governa l'intero Universo, dando sostanza e vita a tutte le cose esistenti.

In più costruisce il Grande Sentiero della creazione e lo sviluppo per 1'educazione e la protezione di ogni cosa che esiste.

L'intero Universo è un'unica famiglia; è come un corpo unico. Il passato, il presente ed il futuro, come la nostra vita ed il nostro respiro, ci insegnano il modo di tra-

sformare l'umanità, e si donano a noi con una autorità purificata che ci unisce in un paradiso ove la vita è piacevole.

Per tutte queste ragioni, le pratiche del Bu non devono mai perdere di vista l'Origine della Singola Sorgente; esse devono sempre preservare una capacità di sincerità totale.

Tutti noi condividiamo e siamo parte del corpo e della missione della Singola Sorgente. Come abitanti di questa terra siamo obbligati a fare la nostra parte per la giusta gestione del nostro

mondo. Non dobbiamo mai dimenticare lo Spirito/Mente (Kokoro) della Singola Sorgente dell'Universo:

è il vero centro di tutto. Quando perdiamo l'Origine, l'operare del mondo cade in disordine.

Poiché c'è un centro, siamo in grado di definire dei contorni esterni; quando c'è un interno, noi percepiamo una forma esterna;

ciò significa che dove c'è un centro, le dimensioni esteriori ed interiori diventano una in unità. Non dobbiamo mai dimenticare lo Spirito/Mente dell'Universo che opera come se fosse guidato da un

cuore divino e singolo (Kokoro).

Page 29: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Storie Zen a cura di Gaetano Nevola

Quando nasce l'uomo è tenero e debole, quando muore è rigido e forte. Morbidezza e debolezza accompagnano la Vita.

L’acqua troppo pura non ha pesci. Ts'ai Ken T'an

S HI NB U N E WS Pagina 29

I monaci Makekura e Makeiaka erano in pellegrinaggio verso un monastero sui monti. Giunsero presso un fiume dove una ragazza del posto chiese loro di aiutar-la ad attraversarlo senza bagnarsi. Makeiaka la prese in braccio e guadò il fiume con lei. Proseguirono il pellegrinaggio. Makekura rimproverò severamente Makeia-ka: "Questo non è un comportamento che si addice ad un monaco! Avere contatto fisico con una donna è vergognoso per chi aspira alla santità". Continuò con i suoi sermoni per ore, mentre Makeiaka taceva. Venne la sera e i due erano in vista nel monastero. Makekura stava ancora rimproverando Makeiaka il quale non ne poté più e disse: "Senti Makekura! Io quella ragazza l’ho presa in braccio su una riva del fiume e l’ho deposta sull'altra riva. Tu la stai ancora portando." A un gruppo di allievi che lo seguivano da ormai quindici anni senza conseguire l'illuminazione, il Maestro Ciai Na Piot mostrò un vecchio conio risalente a un'anti-chissima dinastia, e disse loro: "Vedete questa moneta? È fuori corso come voi, ma guardate di cosa è capace". E, con una fionda potente, la tirò in testa all'allie-vo più vicino. L'allievo colpito morì, e tutti gli altri furono all'istante illuminati. Un grande guerriero giapponese che si chiamava Nobunaga decise di attaccare il nemico sebbene il suo esercito fosse numericamente soltanto un decimo di quello avversario. Lui sapeva che avrebbe vinto, ma i suoi soldati erano dubbiosi. Durante la marcia si fermò ad un tempio shintoista e disse ai suoi uomini: "Dopo aver visitato il tempio butterò una moneta. Se viene testa vinceremo, se viene croce perderemo. Siamo nelle mani del destino". Nobunaga entrò nel tempio e pregò in silenzio. Uscì e gettò una moneta. Venne testa. I suoi soldati erano così impazienti di battersi che vinsero la battaglia senza difficoltà. "Nessuno può cambiare il destino" disse a Nobunaga il suo aiutante dopo la batta-glia. " No davvero ", disse Nobunaga, mostrandogli una moneta che aveva testa su tutt'e due le facce.

Due draghi litigano per una pietra preziosa. Quale dei due riuscirà ad averla? A quello che perde non manca nulla, quello che vince non ne ha bisogno. Joshu

Page 30: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Bushido di Giuseppe Carbonara

Pagina 30 S HI NB U N E WS

RUTA DIXIT:

(Spiegazioni tecniche)

“Potete fare come sankyo ma dall’altra parte prendere o come ikkyo ma scendere: chiaro?”

RUTA DIXIT:

“Io so quale mano sto usando: non lo faccio a… cavolo di cane!”

Page 31: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 31 S HI NB U N E WS

Foto scoop!

Mi godo lo spettacolo...

Foto(montaggio) scoop!

La supremazia delle donne...

Elaborazione grafica a cura di Salvatore Scalise

Page 32: Anjodaza, Seiza, Moxo, Zazen! - aikidobari.com · che del vuoto, della coppa, della capacità di accogliere etc. Invece, la forma stessa del numero uno (1) ci permette di immaginare

Pagina 32 S HI NB U N E WS

SHIN BU DOJO VIA G. PETRONI TRAV.39 N.5

TEL.:080/5574488 E-MAIL: [email protected]

WWW.AIKIDOBARI.IT

SHINBUNEWS E -MAIL : [email protected]