Animali che si drogano

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    Anim ali che si drogano

    TELESTERION

    VICENZA . 2000

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    TelesterionVicenza, 2000http://www.telesterion.it

    Immagine di copertina:Federico Pillan

    http://www.telesterion.it/http://www.telesterion.it/
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    QUANDO SI PARLA DI DROGA, la maggior par-te delle persone associa immediatamente que-sta parola al problema droga, e ci porta alla

    visione comune che vede droga e problemadroga identificarsi. La connotazione negativadel concetto droga si fa ancora pi esacerbata inun ambiente culturale che nega qualunque uti-lit dell'atto di drogarsi.

    La droga fa male, la droga vizio, la droga sintomo di un disagio e di una sofferenza indi-viduale e sociale. Tali giudizi portano al luogocomune, spesso sottinteso, che l'uso della droga un comportamento aberrante umano, pecu-liare della specie umana.

    A contraddire questo paradigma del pensie-

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    ro occidentale moderno c' un insieme di dati,sempre pi cospicuo e incontestabile, ma checontinua ad essere sottovalutato, che dimostra

    che il comportamento di drogarsi diffuso an-che nel mondo animale. Alcuni casi di addictionanimale erano noti gi da tempo, ma non vi sifaceva caso seguendo la regola, di cui l'uomooccidentale fa continuo abuso, di non interes-

    sarsi dei dati inspiegabili o in forte contraddi-zione con i modelli interpretativi prescelti. Tut-t'al pi qualche etologo pi scrupoloso interpre-tava questi bizzarri comportamenti animali intermini psicologici, come il sintomo di un ma-

    lessere dell'animale, proiettando quindi sulmondo animale l'interpretazione patologica at-tribuita alla specie umana.

    In questi ultimi decenni, con l'adozione ditecniche di osservazione sempre pi raffinate ela centralizzazione dei dati raccolti su tutte leregioni del globo, gli etologi stanno accumulan-do una massa di dati sugli animali che si droga-no tale da non potere pi essere sottovalutata.Ci che poteva sembrare inizialmente un'ecce-zione, appare ora una regola comportamentale

    diffusa a tutti i livelli del mondo animale, daimammiferi agli uccelli, agli insetti, e l'interpre-

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    tazione\ questocomportamentocomeun pa~ticolare sintomo di malessere non pi ac-

    cettabile. Si dovr invece sospettare che nel com-portamento animale - e quindi umano - di as-sumere droghe v' una qualche componentenaturale; in altre parole, la droga svolge neglianimali una qualche funzione naturale non an-

    cora compresa. Per un'analisi pi approfonditadelle motivazioni che spingono animali e uo-mini a drogarsi rimando al capitolo finale di que-sto breve saggio.

    I primi riferimenti di carattere scientifico aun uso animale delle droghe parrebbero esseredatati alla seconda met dell'Ottocento. PaoloMantegazza, nella sua opera monumentale sul-le droghe, riportava che gli alimenti nervosi- come amava definire le droghe - sono quasiesclusivamente usati dall'uomo, che gode della v ita

    nervosa pi complessa d i tu tti g li a ltri animali. Fraquesti, quelli che pi si avv ic inano a noi per l'intelli-genza , possono trovarli p iacevoli quando li impara-no a conoscere nello s tato di addomesticamento. L escimmie, i pappagalli ed anche i cani amano spesso

    con trasporto il calf e il t ; ma in natura non sannotrovarli per istinto. Ma in una nota a pie' di pa-gina si affrettava ad aggiungere: I progressi del-

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    la scienza vanno togliendo molto valore a quest'ulti-

    ma affermazione troppo recisa. Forse neppure l'uso

    degli alimenti nervosi carattere umano: igatti man-giano il m aro e la valeriana, non certo per nutrirsi,

    ma per inebriarsi. Cos, la signora Loreau, traduttri-

    ce di Livingstone, dice che gli elefanti in alcuni luo-

    ghi cercano con avidit un f rutto che li inebria, go-

    dendo assai di quell'ebbrezza. Darwin vide parec-chie volte le scimmie fumare con piacere, e Brehm ci

    assicura che nel nord-est dell'Africa gli indigeni pren-

    dono le scim mie coll'offrire loro vasi pieni di una bir-

    ra molto forte che li inebria (Mantegazza 1871,1

    :174-5)

    Prima di passare all'esposizione dei dati suidiversi animali che si drogano, mi soffermersu alcune definizioni che riguardano ilcomples-so rapporto degli animali con le droghe.

    Un primo problema si presenta nella defini-zione di cos' una droga. La definizione non immediata nel campo delle droghe umane ed ancora pi problematica se consideriamo le dro-ghe animali. La definizione di una sostanza come

    droga dipende intimamente dal comportamen-to che l'uso di questa sostanza induce sull'uo-mo o sull'animale.

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    Se pensiamo al comportamento di drogarsiin termini di dipendenza e assuefazione, potrem-mo definire la droga come ci che induce un

    comportamento di forte dipendenza e la cuiprivazione comporta un'evidente crisi di asti-nenza. Ma anche il cibo rientrerebbe in una sif-fatta definizione, poich qualcosa da cui di-pendiamo continuamente e la cui privazione

    induce un'evidente crisi di astinenza, la fame.Inoltre, una buona parte delle sostanze che l'uo-mo usa come droghe non induce dipendenzafisica e tanto meno crisi di astinenza - ad esem-pio tutta la classe degli allucinogeni.

    Si potrebbero definire le droghe come quellesostanze che agiscono sul sistema nervoso; maanche in questo caso il limite fra droga, medici-na e cibo non netto. Diverse sostanze che sitrovano nei cibi e nelle pi comuni medicineagiscono sul sistema nervoso e vi sono sostanze

    che agiscono sul sistema nervoso senza che ci sidebba necessariamente sentire drogati.

    Si potrebbe ancora definire la droga comequella sostanza che, quando assunta, induce com-portamenti bizzarri e non comuni. Ci parreb-

    be adattarsi all'uomo e all'elefante che assumo-no alcol. Anzi, negli animali ci che ci fa ritene-

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    re che una sostanza agisce come droga il pidelle volte proprio l'osservazione del compor-tamento bizzarro conseguente alla sua ingestio-

    ne. Anche in questo caso sono innumerevoli lesostanze e i comportamenti che non rientranoin questa definizione: fra gli uomini v' chi, dopoavere assunto dell'LsD, se ne sta tranquillamen-te seduto su una poltrona, leggendo, scrivendo

    o anche solo pensando, senza manifestare com-portamenti che inducano terzi a ritenere che eglisia sotto l'effetto di una potente droga allucino-gena.

    Ma allora, cos' che fa dire a un uomo mi

    sento drogato?

    una dimensione mentalech'egli riconosce differente dalla sua dimensio-ne mentale ordinaria, indotta dalla somministra-zione di determinate sostanze ch'egli e/o la so-ciet individuano come droghe. Anche questa una definizione limitata. La maggior parte dei

    tabagisti non percepisce la dimensione mentaleindotta dal tabacco e si considera un drogatosolo nel momento in cui inizia a prendere co-scienza della sua dipendenza dalla sigaretta(quante volte sento persone esprimersi in ter-

    mini di alcol e droghe o tabacco e droghe,evidenziando l'errata quanto radicata convinzio-

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    ne che a1col e tabacco non sono droghe, poichsostanze non proibite dalla legge!).

    Se poi spostiamo l'attenzione sulle popola-zioni tribali, troviamo definizioni e concetti delladroga ancor differenti. Ad esempio, per diversetrib dell'Amazzonia le droghe sono quelle por-tate dagli occidentali, quali l'a1col e la sigaretta,

    mentre gli sciamani di queste trib non hannoil concetto di dipendenza dalle droghe che usa-no tradizionalmente, prime fra tutte il tabaccolocale (mapacho), che fumano continuamente.Per loro il tabacco, insieme alla bevanda allucino-

    gena dell'ayahuasca, fanno parte della categoriadelle medicine e dei nutrimenti per l'anima.Da tutto questo si pu dedurre che la defini-

    zione di ci che droga cultural-dipendente.Pure gli effetti delle droghe dipendono dall'am-biente culturale in cui sono esperenziate. per

    questo motivo che cos difficile formulare unadefinizione scientifica e generale di droga e dro-gato. anche probabile che queste difficolt sia-no dovute a un eccesso di generalizzazione delfenomeno droga, cio che sotto questo concetto

    vengano forzatamente raggruppati fenomenicomporta mentali in realt nettamente distinti.Quanta strada dobbiamo ancora fare per un'ana-

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    lisi del fenomeno droga oggettiva e scientifica!Spostando l'osservazione sul mondo anima-

    le, si comprender come la situazione si compli-ca ancor pi, dato che gli animali non possonocomunicarci la loro sensazione di sentirsi dro-gati e dobbiamo dedurre il loro stato drogatodall'osservazione del loro comportamento este-riore o, tutt'al pi, da dati fisiologici e neurofar-

    macologici. Considerando poi che il nostro con-cetto di drogato cultural-dipe'ndente, l'osser-vazione degli animali drogati rischia di non es-sere oggettiva. La ricerca scientifica - non esclu-sa quella etologica - segue generalmente il prin-

    cipio si trova ci che si cerca, e la ricerca e iricercatori sono condizionati da un ambienteculturale e morale che detta a priori l'interpreta-zione del comportamento umano dell'uso delledroghe come un fenomeno aberrante e di scar-

    so valore edificante; non v' dunque da stupirsise lo studio di questo comportamento pressogli animali sia ancora ai primi passi. Nella ma-trice culturale non permissivi sta che ci circonda difficile affermare e accettare che lo sporcocomportamento del drogarsi intacca la purez-

    za della natura animale. Per un etologo v' diche bruciare la propria carriera professionale.

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    Un secondo ordine di problemi riguarda l'in-tenzionalit animale nell'atto di drogarsi. Do-vremo innanzi tutto distinguere il comporta-

    mento di animali che si drogano perch influen-zati o direttamente indotti dall'uomo a fare ci,dal comportamento di animali che si droganoin natura senza un'apparente influenza umana.

    Nelle fumerie di oppio dell'estremo Orien-

    te, i gatti domestici sono anch'essi assuefatti alfumo dell'oppio che impregna le stanze, ed una scena piuttosto comune vedere i gatti avvi-cinarsi ai fumatori, in attesa che questi espella-no le boccate di fumo, per annusarle a pi ripre-

    se. Che questi gatti siano assuefatti all'oppio lodimostrano il fatto che i gatti normali sono in-fastiditi ed evitano le boccate di fumo e che igatti delle fumerie, quando privati della fumiga-zione oppiacea quotidiana, sono assaliti da evi-denti crisi di astinenza, che in alcuni casi posso-no risultare fatali. Perfino i topi che vivono nel-le vicinanze delle fumerie si avvicinano ai fu-matori - generalmente indisturbati - e si alza-no sulle due zampe posteriori nel tentativo diannusare il fumo oppiaceo.

    InAfrica, le scimmie che vivono in cattivitin stretto contatto con uomini tabagisti si abi-

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    tuano a fumare sigarette e vanno su tutte le fu-rie se ne sono private - un fatto di cui sono sta-

    to testimone oculare nel corso delle mie ricer-che sul campo nel Gabon.In questi casi non possiamo pensare a un im-

    pulso naturale animale nel drogarsi, bens a uncomportamento intenzionale condizionato dall'am-biente umano in cui vivono questi animali.

    Non possiamo pensare a un impulso naturalenemmeno in quei casi in cui l'uomo a sommi-nistrare in maniera forzata le droghe agli ani-mali di laboratorio per scopi di ricerca. Le rivi-ste specializzate nella ricerca psicofarmaco logica

    e neurochimica sono colme di risultati di speri-mentazioni eseguite sui pi disparati animali,ai quali vengono somministrati cocaina, eroina,nicotina e mille altre droghe per studiarne glieffetti fisici e sul comportamento. Indiversi casi

    gli animali sono addestrati ad autosomministrar-si le droghe, con lo scopo di studiare i meccani-smi e i parametri dell'assuefazione, della tolle-ranza, delle crisi di astinenza, cos come gli istinti,le emozioni, i rapporti sociali sotto l'effetto del-le droghe.

    Anche questo non il caso che qui interessa,in quanto si tratta di comportamento intenzionale

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    forzato direttamente dalla volont umana.Ci che interessa nella presente ricerca riguar-

    da i casi in cui gli animali evidenziano un com- portamento intenzionale naturale nell'assumeredroghe, cio di animali che si drogano lontanoda qualunque influenza umana.

    Accertata l'impossibilit di un'influenza del-l'uomo, si dovr distinguere fra assunzioni acci-dentali e intenzionali; una distinzione che non

    sempre immediatamente evidente. Spesso glietologi tendono a interpretare come accidentalii casi di animali che si inebriano nutrendosi dipiante psicoattive. Ma la conoscenza di incon-testabili casi non accidentali dovrebbe farci sor-

    gere il dubbio se dietro all'accidentalit solita-mente attribuita a una pi ampia casistica delrapporto fra animali e droghe psicoattive nonvi sia semplicemente una nostra ignoranza dicomportamenti intimi e generalizzati nel mon-do animale.

    L'interpretazione accidentali sta giustificatada un'osservazione che resta da spiegare, e cioche il comportamento degli animali che si dro-gano comporta in pi casi un certo costo per laspecie, apparentemente in contraddizione con

    l'istinto di conservazione. Le sfingi che, inebrian-

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    dosi del nettare dei fiori di datura, restano perun certo periodo inebetite al suolo, rischiano di

    restare vittime dei predatori; i carib canadesiche si inebriano con il fungo agarico muscario siallontanano dai loro piccoli, i quali per questorimangono di frequente vittima dei lupi; i petti-rossi americani che si ingozzano e si inebriano

    con certe bacche cadono al suolo, e alcuni sonoinvestiti dalle macchine o restano vittime deigatti. Ma se questi costi sono in contraddizionecon l'istinto di conservazione individuale, non detto che lo siano osservando il fenomeno alivello della specie.

    Un criterio di distinzione fra comportamen-ti accidentali e intenzionali quello del ripeter-si di tali comportamenti. Se osserviamo una ca-pra mangiare i semi inebrianti della pianta delmescal, e in seguito a ci essa trema, cade al suo-

    lo e pi tardi si rialza, potremmo pensare a un'in-tossicazione accidentale con una droga psicoat-tiva. Ma quando osserviamo la medesima capratornare a pi riprese a mangiare di quei semi,pur manifestando ogni volta i medesimi sinto-

    mi dell'intossicazione, ci ci deve far sospettareun comportamento intenzionale e che i sinto-mi esteriori - tremare, cadere a terra e pi tardi

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    rialzarsi - sono solamente alcuni degli effetti, eprobabilmente i meno importanti, di un'ebbrez-za che quella capra sta esperenziando e per la

    quale trova una certa attrazione, probabilmen-te un certo piacere. Avere dei tremori, sdraiarsia terra e rialzarsi dopo un certo periodo capita amolti uomini dopo avere assunto droghe di di-verso tipo, anche se non possiamo per questo

    affermare che l'effetto pi importante di quelledroghe sia quello di tremare, cadere a terra e inseguito rialzarsi.

    Che tipo di droghe usano gli animali? Stan-do a quel poco che per ora conosciamo, si trattaessenzialmente di droghe vegetali: semi, netta-re di fiori, foglie, radici, frutti fermentati, liche-ni, funghi, eccetera.

    Nella maggior parte dei casi, le droghe vege-tali che hanno un effetto inebriante sull'uomosono inebrianti anche per gli animali; ma fra le

    droghe che gli animali usano intenzionalmen-te, diverse non sono utilizzate dall'uomo cometali, o sono per quest'ultimo tossiche, oppure illoro effetto sull'uomo non ci noto.

    Le propriet inebrianti di numerose droghe

    vegetali - caff, t, khat, iboga, agarico muscario,eccetera - sono state scoperte dall'uomo proprio

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    dall'osservazione del loro uso come droghe daparte degli animali.

    Che le droghe che hanno effetto sull'uomo loabbiano anche fra gli animali lo dimostra quelfolto insieme di esperimenti nei quali questedroghe sono state somministrate alle pi dispa-rate specie animali. Persino gli animali inferiori

    subiscono gli effetti delle droghe.Sono rimasti celebri gli esperimenti eseguitisu ragni ai quali furono somministrate oralmen-te appropriate dosi di diversi tipi di droghe. Aragni del genere Zilla x notata Cl. furono dati inpasto delle mosche contenenti di volta in volta

    queste droghe, e furono poi osservate le ragna-tele che questi artropodi costruirono sotto il loroeffetto. Sotto l'effetto dell'LsD le ragnatele appa-rivano elaborate e con trame di tipo arabesco,mentre sotto l'effetto di caffeina esse appariva-

    no con una trama spigolosa e con ampi spazivuoti, tali da renderle inefficaci; sotto effetto dihashish le ragnatele apparivano complete efunzionali solo in parte (Stafford 1979).

    In un altro esperimento sono stati sommini-

    strati oralmente diversi dosaggi di LSDa dei ca-labroni (Vespa orientalis E). Dopo circa dieci mi-nuti dalla somministrazione di questo potente

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    allucinogeno si evidenziavano un rallentamen-to dei movimenti, la cessazione di tutte le atti-

    vit, movimenti stereotipati e stati di apparen-te letargia (Floru et al. 1969). Q1este modifichecomportamentali, pur non dicendoci nulla sul-le sensazioni provate dai calabroni, dimostranoche l'LSD provoca un qualche effetto su questi

    imenotteri.Altri esperimenti rimasti famosi sono quelliche John Lilly intraprese con i delfini, a cui iniet-t dell'LsD. noto che questi cetacei sono moltointelligenti e dotati di un complesso sistema dicomunicazione fatto di fischi e vocalizzazioni:

    se si mette un secondo delfino insieme a l primo acui stato iniettato l'LSD, l'indice di vocalizzazione sialza per un periodo di tre ore; in altre parole ha luo-go un vero e proprio scambio comunicativo. L'altroanimale gli risponde e anche il suo indice di vocalizza-

    zione aumenta . Se una persona entra nella vasca du-rante l'effetto dell'LSD, l'indice di vocalizzazione salee rimane alto. Senza LSD si alza per poco tempo.Che !'LSDprovochi un effetto socializzante suldelfino fu dimostrato anche con un esperimen-

    to condotto su un delfino maschio che per dueanni e mezzo aveva rifiutato ogni contatto conl'uomo dopo essere stato accidentalmente col-

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    masticate ma sono tenute nella bocca e massaggia tecontro le guance con la l ingua. stato ipotizzato che

    questa tecnica si sia evo luta fra gli scimpanz per aumen tare l'a ssorb imen to del princip io a ttivo som-min istra to per v ia ora le, dal momento che nell'am-biente acido dello stomaco esso viene disattivato. Noiusiamo metodi simili per assumere farmaci sensib ilia i succhi gastr ic i ( . .) Si conosce anche il caso di unoscimpanz anoressico ed eviden temen te ma la to che. fu visto leccare i succhi amari del midollo di un albe-ro particolare (Vernonia amygdalina). Presumibil-mente l'animale mala to aveva attivamente cercato la

    p ianta , peraltro dal gusto sgradevole , proprio per le

    sue v ir t medic inali (McGowan 1999 :331,Newton &Nishida 1991). I babbuini del gene-re Papio mangiano il frutto di Balanites aegyptica,probabilmente non come cibo, bens per le suepropriet curative, dato che esso contiene ele-

    vate quantit di diosgenina, uno steroide efficacecontro gli stadi larvali dei trematodi (ibid. :332).

    Forse un giorno ne sapremo molto di pi su-gli animali che si curano, cos come ne sapremodi pi sugli animali che si drogano. Il confine

    fra medicina e droga non mai stato netto nelmondo degli uomini - lo dimostra il fatto chetutte le droghe sono anche potenti medicinali -

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    e non lo quasi certamente anche nel mondodegli animali.

    Nei prossimi capitoli esporr in dettaglio idati sugli animali che si drogano che sono riu-scito sinora a raccogliere, basandomi essenzial-mente sulla letteratura scientifica. Sono consa-pevole del fatto che questi dati non sono esau-stivi e che il lavoro soffre un poco nel suo siste-ma referenziale bibliografico. Ci dovuto alfatto che ci che cerco qui di evidenziare - ilcomportamento intenzionale naturale interpretabilecome uso di droghe nel mondo animale - qual-che cosa che viene ancora per lo pi sottovalu-

    tato o non interpretato come tale. Ci che se-gue rappresenta un primo insieme di dati, unprimo passo verso l'accettazione di qualcosa chesi fa ancora una certa fatica ad ammettere. Tut-to ci non fa altro che seguire il normale pro-

    cesso di accettazione di una nuova idea: inizial-mente derisa e ostacolata, successivamente siapre un varco fra le rigidit mentali e i modelliinterpretativi precostituiti, sino al raggiungi-mento della sua completa accettazione comenuovo tassello del bagaglio cognitivo umano.

    In questa ricerca avrei fatto poca strada senzail testo di Ronald K. Siegel, Intoxication. Life in

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    Pursuit oJArtificial Paradise, pubblicato negli Sta-

    ti Uniti nel 1989. Siegel ha svolto osservazioni ericerche sul campo e in laboratorio sugli anima-li che assumono droghe e in questo libro ha rac-colto una folta documentazione a riguardo, allaquale ho ripetutamente fatto riferimento nella

    stesura del presente lavoro.

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    UNO DEGLI ESEMPI pi palesi ed eclatanti di uncomportamento di addiction - per dirla all'in-glese - ovvero di tossicodipendenza negli ani-

    mali quella nei confronti delle /ocoweed, che initaliano significa erbe pazze, semi pazzi, oancor meglio erbe che provocano la pazzia.Si tratta di un folto gruppo di specie di erbeselvatiche dei campi (almeno una quarantina)

    appartenenti soprattutto alla famiglia delle Legu-minose, che sono psicoattive per diversi anima-li. Gli animali sino ad oggi individuati coinvoltinella tossicodipendenza da erba pazza, notacome /ocoismo, sono: muli, cavalli, mucche, pe-

    core, antilopi, maiali, conigli, galline. soprattutto nell'America del nord che si

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    Per quanto riguarda un'altra erba pazza,chiamata dai messicani garbancillo (Astragalus

    amphyoxis Gray), gli effetti sono i seguenti: glianimali che l'hanno mangiata si isolano daglialtri ed evitano la loro compagnia. Non man-giano quasi niente, dimagriscono rapidamentee diventano cattivi. Se si cerca di ricondurli alla

    mandria, si irrigidiscono e si muovono di mala-voglia, quindi si bloccano e si allontanano di nuo-vo.

    In altri casi si sono riscontrati stati di agita-zione e di furia. Senza motivo particolare gli ani-mali si buttano muggendo e sbuffando sugli al-tri animali o sugli uomini, anche su quelli con iquali hanno un contatto quotidiano. In brevetempo si moltiplicano i sintomi anormali: glianimali si muovono con andatura incerta, pe-sante, vacillano con la parte posteriore, si fer-

    mano a gambe divaricate, come per sostenersimeglio e guardano con occhi spalancati fissa-mente davanti a se. Di tanto in tanto sono assa-liti da un tremito convulso. Tali condizioni pre-sentano una grossa affinit con i cosiddetti sin-

    tomi da astinenza, riscontrabili negli alcolistio durante le cure disintossicanti. Colpisce il fat-to che gli animali nel loro stordimento non si

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    rendono conto degli ostacoli, inciampano sumarciapiedi e gradini, sbattono la testa contro

    alberi o pali del telegrafo e non scansano gli al-tri animali. Non appena gli animali riescono ascappare dal branco e a procurarsi l'amato forag-gio diventano in breve tempo di nuovo vivaci,energici ed esuberanti, cosicch nulla farebbe

    pensare ad una malattia. Ma talvolta le reazionisono diverse: si trova l'animale assuefatto na-scosto da qualche parte, in mezzo alle rocce otra gli alberi in uno stato di profonda prostra-zione: sta l seduto con la testa diritta e immo-bile oppure appoggiato a terra col naso all'inse gli occhi fissi e sporgenti, in uno stato che po-tremmo definire di forte ubriachezza. Di tantoin tanto colpito da crampi muscolari. Si pupoi osservare una singolare vibrazione delle pal-pebre e uno sguardo strabico rivolto verso l'al-

    to. Inoltre, come in tutti i casi di avvelenamen-to si ha respirazione affannosa o una strana al-terazione del respiro. Mentre nei bovini sani larespirazione caratterizzata da profonde inspi-razioni intervallate da lunghe pause, negli ani-

    mali intossicati dal garbanciIIo si ha una respira-zione intermittente. Veloci e faticose inspirazionie brevi espirazioni, seguite da pause.

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    La chachaquila (Oxytropus Lamberti Pursh.),altra erba pazza che i bovini mangiano parti-

    colarmente volentieri, produce un singolare tipodi ebbrezza, accompagnato da allucinazioni estati di eccitazione. Gli animali che la conosco-no gi, improvvisamente si precipitano fuori dalbranco, prima che si riesca ad impedirlo, e scap-pano in preda a una specie di furia verso i posti

    dove cresce la chachaquila e che i mandrianiesperti ovviamente evitano. Inseguire gli animalidiventati furiosi non serve a niente, anzi, daevitare, poich in questo loro stato di astinen-za e di bramosia verso l'alimento desiderato

    potrebbero spingersi verso qualche precipizio oscappare a tutta velocit dall'inseguitore fino al-l'arresto cardiaco. Se si impedisce agli animalidi avvicinarsi all'erba pericolosa e si fa scrupo-losamente attenzione a non farli allontanare dal

    branco, i sintomi di eccitazione e di astinenza aquanto pare si riducono senza ulteriori conse-guenze e si ristabilisce l'equilibrio psichico.Questo per non basta a guarirli dalla dipen-denza. Se i bovini ritrovano casualmente ladroga, ricominciano subito a mangiarla avida-

    mente, cadono in uno stato di ebbrezza e, nellafase di smalti mento che segue, diventano insoffe-

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    renti ed aggressivi (Reko 1996 [1938] :186-9).Un dato sorprendente riguarda il fatto che,

    pi gli animali si interessano all'erba pazza,pi questa si diffonde nel pascolo, sino a diven-tare la pianta dominante. Decine di pascoli sonostati abbandonati dagli allevatori perch oramaiinvasi esclusivamente dall' erba pazza.

    Si potrebbe trovare una spiegazione di ci

    nella diffusione involontaria dei suoi semi daparte del bestiame, o in qualche altro fattoreecologico non ancora chiarito.

    Nonostante le misure repressive adottatedagli allevatori (eradicazione dell' erba pazza

    dal pascolo, separazione dei piccoli appena natidalle madri tossicodipendenti, ecc.) sia la pian-ta che il comportamento animale di ricercarla econsumarla continuano a esistere e ad essere unodei pi importanti flagelli della zootecnia norda-

    mencana.Una caratteristica del locoismo risiede nellatenacia con cui gli animali cercano la pianta perloro inebriante. Mentre gli allevatori sradicava-no l' erba pazza dai pascoli, si sono viste muc-che e cavalli rubare i sacchi in cui l'erba era sta-

    ta raccolta, rovesciando addirittura i carri dovequesti sacchi erano stati stipati. I cavalli, in pre-

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    da ad allucinazioni e attacchi maniacali incon-trollabili, dopo aver divorato i fiori e le foglie

    dell' erba pazza, si mettono a scavare perestrarre e mangiare anche la radice.Molti animali dediti allocoismo muoiono, an-

    cor prima che per la tossicit intrinseca dell' er-ba pazza, a causa dei pesanti digiuni da altrialimenti a cui si sottopongono, cos impegnati

    dall'unico interesse che gli rimasto su questaterra: cercare il seme pazzo. In alcuni statinordamericani sono state create delle vere e pro-prie comunit per il recupero degli animalilocoinomani, con lo scopo di interrompere

    la loro tossicodipendenza e di reinserirli nelmondo del lavoro, cio farli nuovamente ci-bare di alimenti sani e genuini, di modo cheriacquisiscano il giusto peso, per poi indirizzarliverso la loro pi naturale fine, il macello. Tra

    non molto tempo, nei supermarket statuniten-si si potr forse acquistare a prezzi concorren-ziali carne di bovini, equini e suini ex-tossicodi-pendenti ...

    Probabilmente l'ampia diffusione dellocoismo dovuta all'allevamento intensivo delle muc-

    che e cio influenzata indirettamente dall'uo-mo. In altri termini, ci che osserviamo potreb-

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    be essere una situazione parossistica di uso didroghe da parte di animali dovuta all'innatura-lit dell'assembramento massivo di questi ani-mali dettato da esigenze umane. Non esistendomucche che vivono allo stato brado, non possia-mo osservare il fenomeno dellocoismo allo statonaturale; non ci rimane che scoprirlo e osser-vario presso altri quadrupedi erbivori non sog-

    getti ad allevamento da parte dell'uomo.Per l'uomo diverse specie di erbe pazze

    sono tossiche, soprattutto neurotossiche, men-tre l'infuso di alcune altre specie produce effettitranquillizzanti e una sensazione di leggero di-

    stacco dal mondo circostante. Dosi maggiori pro-ducono eccitazione ed allucinazioni (cfr. Siegel,

    1989 :52-4).Il locoismo animale non relegato all'Ameri-

    ca settentrionale, bens si riscontra in tutti i con-tinenti. In Australia gli animali da pascolo che

    sono attratti dalla leguminosa Swainsonia galegi-folia R. Br. sono chiamati mangiatori di inda-co: essi si isolano dal resto della mandria, vi-vono allucinazioni e vogliono mangiare sola-mente quest'erba. In Europa, una delle erbe

    pazze pi comuni la ginestra (Cytisus scopa-rius [L.] Link), anch'essa una leguminosa che pu

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    indurre nell'uomo effetti psicoattivi o tossici, aseconda della dose. Lewin, nel suo Phantastiha,

    riportava checerte razze di pecore delle lande te-

    desche la prediligono. Perci spesso la si semina nel-la landa e si fanno attraversare le pecore lentamentenella piantagione, senza permettere che vi si arresti-no. Certi animali la mangiano con avid it e passio-ne ed entrano cos in uno stato di eccitazione, cui fa

    seguito la perdita completa della coscienza. In questomodo essi cadono p i facilmente preda delle vo lp i odegli stormi di cornacchie. Vengono chiamati 'gli

    ubriaconi' (Lewin 1981 [1924]: Il,179).Diverse specie di erbe pazze appartengo-

    no alla famiglia delle leguminose e ai generi Astragalus, Oxytropis, Lathyrus. Nei primi duegeneri stato identificato il principio attivomiserotossina, tossico per l'uomo, e nel terzosono presenti composti neurolatirogeni. Questi

    ultimi sono responsabili, oltre che delle ebbrez-ze paradisiache negli animali, di una intossica-zione umana nota come neurolatirismo; essa eradiffusa nei tempi passati, a mo' di epidemia, du-rante i frequenti periodi di carestia, quando lefarine per fare il pane venivano tagliate con

    semi e baccelli di Lathyrus (noto nel gergo po-polare con il nome di veccia) (cfr. Camporesi

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    1980). Altre specie vegetali dellocosimo in Ame-rica sono: Croton fruticulosus Torr. (Euphorbia-

    ceae), Lobelia cliffordtiana L. (Lobeliaceae), Lupi-nus elegans H.B.K. (Leguminosae).In un' erba pazza australiana, Swainsonia

    canescens, stata riscontrata la presenza dell'a1ca-loide indolizidinico swainsonina, responsabiledel locoismo animale. Questo medesimo

    a1caloide, insieme al suo derivato N-ossido, presente anche in Astragalus lentiginosus, erbapazza dei pascoli dello stato nordamericanodell'Utah (Molyneux &James 1982).

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    DA TEMPO NOTA LA PASSIONE che hanno certi

    elefanti per l'alcol. InAfrica questi pachidermisono golosi dei frutti degli alberi di diverse spe-cie di palme (doum, marula , mgongo , palmira ).Quando maturi, questi frutti tendono a fermen-tare velocemente, alcuni quando sono ancora at-

    taccati all'albero. Gli elefanti si cibano dei fruttiin fermentazione caduti al suolo, quindi agita-no e colpiscono l'albero con la proboscide e conil corpo per fame cadere altri. Il processo difermentazione del frutto produce alcol etilico

    in concentrazioni sino al 7% e questo processocontinua ancora quando il frutto si trova nel-l'apparato digerente dell'animale, con conse-

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    guente produzione e assorbimento di ulterioriquantit di alcol. Se poi sono in gruppo, la com-petizione fra gli elefanti fa s ch'essi mangino

    una maggior quantit di frutti nel periodo ditempo pi breve possibile. Gli elefanti si ubria-cano e ci appare essere una conseguenza tut-t'altro che accidentale. Essi ricercano l'effetto ine-briante di questi frutti. Mentre il branco soli-

    to percorrere nella foresta non pi di una deci-na di km al giorno, quando il periodo dellamaturazione dei frutti di quelle palme (in par-ticolare le specie di Borassus), i maschi adultipossono staccarsi dal branco per percorrere in

    un giorno la distanza di oltre 30 km che li sepa-ra dal luogo di crescita di quegli alberi, la cuilocalizzazione a loro ben nota.

    Gli elefanti ubriachi diventano ipereccitati,sobbalzano di fronte a suoni insoliti o a movi-menti repentini di altri animali o dell'uomo. Siimpauriscono facilmente e ci li rende aggressi-vi, come reazione di difesa. Un branco di ele-fanti ubriachi considerato un serio pericolo pergli uomini.

    Gli elefanti vivono in gruppi con una struttura

    gerarchica matriarcale. I piccoli sono soliti met-tere la loro proboscide nella bocca della madre

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    per prendere e saggiare ci ch'essa sta mangian-do. in questo modo che essi apprendono checosa mangiare. Qyando la madre si sta cibando

    di un frutto fermentato, anch'essi di conseguen-za si inebriano e apprendono come conseguirelo stato di ebbrezza. Qpesta in formazione vieneconservata quando un p icco lo femmina d iven ta adul-to e in seguito matr iarca. Gli animali p i p icco li ap-

    prendono da lei, e cos si stabilisce una tradizionelocale. La saggezza colle ttiva pu essere preservata per secoli dai branchi che via via si costituiscono daquello orig inale , a meno che la matr iarca non vengauccisa dai bracconieri, per cui la ca tena si rompe.Cos la baldoria stagiona le a base d i a lco l d iven ta

    parte del comportamento degli elifanti (Siegel 1989:I19-20).

    Anche gli elefanti indiani del Bengala e del-l'Indonesia sono attratti dai frutti fermentati checadono al suolo, in particolare il grosso frutto

    del durian (Durio zibethinus). In realt, diversespecie di animali cercano il frutto fermentatodel durian: scimmie, orangutang, volpi volanti(specie di pipistrelli), elefanti. Perfino le tigri diSumatra, per il resto carnivore, apprezzano mol-

    tissimo il frutto del durian, ma non chiaro semangiandolo si inebriano e se lo cerchino per

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    questo scopo. comunque nota ai nativi l'asso-luta determinazione di questi felini nell'impos-

    sessarsi di questi frutti. Si racconta di casi in cuibambini che raccoglievano e trasportavano alvillaggio cesti di questi frutti sono stati aggredi-ti da una tigre e che questa, invece di ucciderli,li ha privati del loro raccolto.

    Gli elefanti che si ingozzano di frutti di durianondeggiano e cadono al suolo in uno statoletargico. Le scimmie perdono la coordinazionemotoria, fanno fatica ad arrampicarsi sugli albe-ri e agitano la testa. Le volpi volanti, che sono ipi grossi pipistrelli del mondo, si cibano dei

    frutti fermentati di durian durante la notte. L'eb-brezza alcolica che ne consegue di storce il com-plesso sistema radar di cui sono dotati questianimali e per mezzo del quale si orientano nelvolo notturno, sino a farli cadere al suolo.

    Gli elefanti non cercano l'ebbrezza alcolicasolamente dai frutti fermentati, bens ovunquepercepiscono l'odore dell'alcol si dirigono velo-cemente alla fonte che emana questo tipo diodore. Nel 1985, nel Bengala occidentale unbranco di 150 elefanti irruppe in un laboratorioclandestino dove veniva prodotto alcol e bevve-ro a pi non posso grandi quantit di malto di-

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    stillato. Come conseguenza dell'ubriacatura, simisero a scorazzare per il territorio circostante,correndo di qua e di la, calpestando e ucciden-

    do cinque persone. Un'altra dozzina rimase fe-rita, sette case in mattone e una ventina di ca-panne furono distrutte. Dumbo, l'immaginarioelefante voltante dei cartoni animati, che a vol-te beve a!col e vede poi elefanti rosa che danza-

    no, origina dalla conoscenza che questi pachider-mi in natura si ubriacano.

    Frutti ed altri materiali vegetali soggetti a fer-mentazione ubriacano animali di diverse spe-cie, dagli insetti agli uccelli, ai mammiferi.

    Ad esempio, nell'America settentrionale isapsucker (

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    verificata la tendenza da parte degli studiosi os-servatori a negare componenti naturali nell'usodelle droghe.

    Parrebbe che anche le lumache siano attrattedall'alcol. Inalcune regioni italiane i contadini,per disinfestare gli orti dalle invasioni di luma-che, vi collocano dei contenitori bassi e ampi (iportavasi in plastica sono adatti all'uopo) in cui

    hanno versato un poco di birra o di vino. Si trat-ta di vere e proprie trappole per questi mollu-schi, i quali vi confluiscono a decine, ammas-sandosi gli uni sugli altri. Si formano cos muc-chi di lumache apparentemente inebriate e in-

    capaci di muoversi, quindi facilmente catturabilied eliminabili.I contadini del nord Italia usavano un meto-

    do simile per invitare i ricci a stabilirsi neipressi dei loro orti. I ricci sono dei formidabiliinsettivori e la loro presenza negli orti assicurache cavoli e insalate non vengano divorate dagliinsetti. I ricci sono attratti dall'alcol e deporreogni tanto in mezzo all'orto una ciotola con unamiscela di acqua e vino insieme a una manciatadi larve assicura il fatto che questi piccoli mam-

    miferi eleggono l'orto a loro dimora (Celli 1999:15-6).

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    DIVERSE SPECIE DI FELINI, dalle tigri ai gatti, ri-mangono inebriati dopo aver mangiato o ma-

    sticato foglie di determinate erbe. Il caso pi noto quello dei gatti e dell'erba gattaia, la Nepetacataria, una comune erba dei campi incolti, chenon va confusa con una delle erbe gattaievenduta nei negozi di animali, che una speciedi graminacea, la masticazione dei cui steli in-duce il vomito nei gatti e ne purga l'apparatodigerente.

    Le foglie essiccate di nepeta sono disponibiliin commercio, solitamente ricucite dentro a dellespecie di cuscini e sono vendute come viva-

    cizzanti e ringiovanenti per i gatti domestici.

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    Si visto che il contatto di un gatto domesti-co (Felis domestica) con la nepeta risulta in una

    successione di comportamenti in quattro fasi.Innanzitutto il gatto annusa la pianta (per l'ol-fatto umano le foglie hanno un odore affine aquello della menta). Q1indi il gatto lecca le fo-glie e a volte le mastica. Spesso si interrompe

    per fissare il cielo con uno sguardo assente, poiagita velocemente la testa da un lato all'altro.In una terza fase il felino si strofina contro lapianta con il mento e le guance. Quindi ruotatutta la testa strofinando l'intero corpo controla pianta. I gatti maggiormente sensibili aglieffetti della nepeta danno dei colpi leggeri allapianta con le loro schiene (Todd 1962).

    Se si offre a un gatto un estratto concentratodi nepeta, le reazioni sono pi intense: egli con-torce violentemente la testa, saliva abbondan-

    temente e mostra i sintomi di una forte eccita-zione del sistema nervoso centrale. Presentaanche una stimolazione sessuale: il maschio haun'erezione spontanea, la femmina adotta i ti-pici comportamenti dell'accoppiamento, miago-

    lando e dando con il corpo colpetti amorosicontro qualunque oggetto che incontra. Questadroga sembra agire particolarmente sulla sfera

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    sessuale dei gatti e accentua nelle femmine l'an-damento ondeggiante durante le danze pre-paratorie all'accoppiamento con il partner. stata avanzata l'ipotesi che l'erba gattaia sia untempo servita nello sviluppo evolutivo dei gattiselvatici per predisporliall'attivit sessuale,come un afrodisiaco naturale primaverile.

    I gatti domestici, molti dei quali passano la

    vita intera senza aver mai visto una pianta dierba gattaia, stanno perdendo la capacit di per-cepire gli effetti di questa loro droga e attual-mente, fra le mura domestiche metropolitaneeuropee, solamente il 50-70% dei gatti rispon-

    de ai suoi effetti. stato determinato che la ri-sposta o meno di un gatto alla nepeta dovutaalla presenza o meno di un determinato gene. Ilperpetuarsi di generazione in generazione digatti privi del contatto con la pianta sta impove-rendo geneticamente questi animali della pos-sibilit di rispondere alla loro droga naturale(Todd 1962).

    Altri studi condotti da C.E Palen e C.v. Cod-dard (1966) hanno portato alle seguenti osser-vazioni: un tip ico rotolamento del corpo inizia con

    il gatto che preme il viso contro il pavimen to , dovestrofina la mandibola avanti e indietro, a llungando-

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    si progressivamente, con le zampe stese d i fronte alui, le orecchie tenute in avanti e gli artigli fuori. Ilga tto quind i ruota la t esta e ruota il corpo da unalato all'altro. La durata di questo rotolamento estre-mamente variabile, poich dura da alcun i secondi a4-5 minuti e viene ripetuto da una a qu indici vo lte. La reazione alla nepeta r isulta indipendente dal ses-so e dall'et.

    noto che i gatti che hanno la possibilit divenire a contatto con la nepeta vi si awicinanoogni giorno e, come stato dimostrato da speci-fici studi etologici, essi sono felici e salubriallo stesso modo, se non maggiormente, dei gatti

    che non hanno questa possibilit.Ho verificato di persona l'abitudine quotidia-na dei gatti a venire a contatto con la pianta dinepeta che cresce nel mio giardino. Pur nonavendo gatti - mi piacerebbe, ma le mie conti-nue assenze da casa non me lo permettono - il

    mio giardino frequentato dai gatti del vicina-to, specie in primavera, quando essi vanno inamore e quando la pianta al massimo dellasua fase vegetativa, diffondendo tutt'intorno ilsuo profumo mento Iato. ~ando, verso la fine

    della primavera, la pianta fiorisce, il suo profu-mo diminuisce e anche le visite dei gatti nel mio

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    giardino diminuiscono. La mia pianta di nepetasembra essere l'unica presente nella zona, percui in certi momenti della primavera, specie

    nelle ore del tardo pomeriggio, il mio giardino piuttosto affollato di felini. Essi non sembra-no condividere fra loro volentieri l'esperienzacon la pianta; mantengono una certa distanza,attendendo ciascuno il suo trno, quando l'area

    attorno alla pianta libera da colleghi indeside-rati. Vi si avvicinano indiscriminatamente ma-schi e femmine.

    La pianta di Nepeta cataria, come numerosespecie congeneri, produce dei terpenoidi volati-

    li chiamati nepetalattoni. Q}1esti composti sonoresponsabili dell'effetto inebriante nei felini (an-che le tigri ne subiscono un effetto psicoattivo).Essi provocano effetti psicoattivi anche nell'uo-mo, sebbene di lieve entit. Ricerche di labora-torio hanno mostrato che la nepeta risulta psico-

    attiva e modifica il comportamento anche di al-tre specie animali, fra i quali insetti e topi. L'aci-do nepetalico il pi potente fra i composti pro-dotti da questa pianta (Harney et al. 1974).

    stato osservato che nell'urina dei gatti ma-

    schi, specie quando in amore, sono presenti so-stanze ferormoniche simili in struttura ai nepeta-

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    lattoni. per questo motivo che i gatti reagisco-no alla nepeta con comportamenti di natura

    sessuale. Ma i gatti che si drogano di nepeta su-biscono anche delle vere e proprie allucinazio-ni. Li si vedono afferrare cose che non ci sono,giocare con farfalle fantasma svolazzanti nel-l'aria; altri abbassano le orecchie e si lancianocontro gatti invisibili; altri ancora si mostra-

    no paurosi e soffiano contro qualcosa che nonesiste.

    Un'altra erba psicoattiva per i gatti la co-mune valeriana. Pianta medicinale utilizzatadall'uomo sin dall'antichit come sedativo,

    antispasmodico e blando narcotico, si trovanoriferimenti come erba gattaia gi nell'Ottocen-to. Ad esempio, il medico napoletano RaffaeleValieri riportava che quando si spande per terraun sacco di valeriana curioso e piacevole lo spetta-colo che danno igatti al solo avvicinarsi alla valeriana:vi si rotolano per di sopra) la inalano ripetutamenteed infine sono presi da tremito) si rizzano ipeli , dan-no salti disordinati, fanno mille strambotti d i sfrena-

    ta ebbrezza core ica e finalmente perdono li senzi ecadono in assopimento) restando per lunga pezza ec-

    citati ed ebetiti. questo un fenomeno di analogia)che s i avvicina al tremito) alla ebbrezza) alla fanta-

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    sia ed allo stordimento che produce l'aschish nell'uo-

    mo (Valieri 1887 :16).I gatti giapponesi hanno una differente dro-

    ga, le tenere foglie di una pianta chiamata matata-bi, che produce composti simili ai nepetalattoni.Il matatabi induce un differente effetto: i gatti,dopo averne masticate le foglie, si sdraiano sul-la schiena, con le zampe all'ins, e stanno perun po' di tempo immobili in questa posizione,in apparente e forse reale estasi.

    Procurare al proprio amato gatto un'erba gat-taia significa offrirgli la possibilit di rapportar-si con una pianta per lui ancestrale, di inebriar-si a suo piacere con una droga sana e naturale,

    senza il pericolo di indurre un'assuefazione cro-nica. Il rapporto dei gatti con le erbe gattaie ditipo stagionale, in particolar modo primaverile,e questi felini non sono soggetti ad alcuna crisidi astinenza nei lunghi periodi dell'anno in cui

    queste piante sono per loro inefficaci.Si fa tanto - a volte le cose pi assurde - per

    procurare la felicit agli uomini; basta poco, unapiantina nel davanzale di un appartamento me-tropolitano, per dare felicit al proprio micio

    domestico.

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    Le erbe dei gatti o erbe gattaie contano nume-rose specie nel mondo. In Italia la pi nota lagi citata Nepeta cataria L., della famiglia delleLabiatae. una pianta indigena dell'Europa edell'Asia occidentale. abbastanza frequentenell'Italia del nord, nelle zone collinari e nella

    bassa montagna; la si pu trovare lungo le siepi,nelle scarpate, fra le macerie, nei luoghi incolti. pi rara nell'Italia centrale e meridionale; assente in Sicilia e in Sardegna. Oltre il 77% delsuo olio essenziale costituito da nepetalattoni.

    Anche l'olio essenziale della congenere Nepetanepetella L.contiene principalmente nepetalatto-

    ni ed riconosciuta come una pianta ricercatadai gatti per isuoi effetti psicoattivi. Questa spe-cie comune nei luoghi sassosi, soleggiati ed

    asciutti, submontani e montani, delle Alpi occi-dentali e marittime; sporadica nell'Appenninosino all'Avellinese.

    Per quanto riguarda la valeriana (Valeriana offi-cinalis L., famiglia delle Valerianaceae), oltre adessere coltivata per le sue propriet medicinali,questa pianta comune nei boschi e nelle bo-scaglie fresche, dal mare al piano montano, in

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    tutta l'Italia continentale e in Sicilia. Anche lecongeneri Vaieriana celtica L. ( nardo celtico ospiga di Francia) e Vaieriana Saiiunca All., en-trambe presenti nei luoghi sassosi degli alti pa-scoli alpini, sono molto probabilmente degliafrodisiaci felini.

    Infine, un'altra nota erba dei gatti il maro(Teucrium marum L.), anch'essa della famiglia

    delle Labiatae. Cresce spontanea in Corsica, Sar-degna e nelle isole circostanti e si inselvatichi-ta sporadicamente in diverse localit dell'Italiacontinentale, dove viene coltivata negli orti. Nelbolognese, nota con il termine dialettale marc,

    sino a non molto tempo fa era coltivata per es-sere venduta come esca per la cattura dei gatti.

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    UN CASO NOTO DA TEMPO di animali dediti al-l'uso di una droga psicoattiva riguarda le renne

    della Siberia, che si cibano del fungo allucinoge-no Amanita muscaria (agarico muscario). Si trat-ta del fungo allucinogeno per eccellenza, il belfungo delle fiabe dal cappello rosso cosparso dichiazze bianche. Le origini del suo utilizzo uma-

    no come inebriante si perde nella notte dei tem-pi e i dati archeologici ed etnografici hanno di-mostrato la diffusione di questa pratica in Asia,Europa e nelle Americhe (Samorini 2(00).

    ~esto fungo cresce sotto certi tipi di alberi,

    in particolare conifere e betulle. Durante l'esta-te siberiana, le renne si cibano fra l'altro di uninsieme di funghi, ma il fungo preferito l'aga-

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    rico muscario che cresce nelle foreste di betulle.Esse vanno letteralmente a caccia di questo vi-stoso fungo e lo cercano proprio per lo stato di

    ebbrezza che procura loro. Dopo averlo man-giato, corrono di qua e di la senza un apparentescopo, fanno rumore, contorcono la testa e siisolano dal branco. Il pi piccolo morso di agari-co muscario induce nelle renne un vistoso stato

    di ebbrezza, caratterizzato dalla contorsionedella testa, che una delle manifestazioni pidiffuse fra gli animali che si trovano in uno sta-to di ebbrezza.

    noto che negli uomini che si cibano di que-

    sto fungo la loro urina diventa anch'essaallucinogena. Fra le popolazioni siberiane v'erail costume di bere l'urina di chi si inebriava colfungo per conseguire un'ebbrezza ulteriore, aquanto si dice pi potente di quella ottenutacon il fungo. Anche le renne vanno matte per

    l'urina di altre renne o degli uomini che si sonocibati dell'agarico muscario. Anzi, le popolazio-ni siberiane avrebbero scoperto le propriet ine-brianti dell'urina osservando il comportamen-to delle renne. Ogni qualvolta le renne percepi-

    scono l'odore dell'urina nelle vicinanze, si pre-cipitano su di essa, ingaggiando fra di loro delle

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    battaglie per ottenere i primi posti attorno allapioggia dorata.

    Anche gli scoiattoli e i tamia striati vanno allaricerca e si inebriano con questo fungo, allo stes-so modo - molto probabilmente, come si vedrpi avanti - delle mosche.

    Altri grandi ricercatori dell'ebbrezza funginasono i carib del Canada. Durante le loro mi-grazioni questi animali si muovono in una lun-ga fila indiana. Quando la colonia passa vicinoa un gruppo di Amanita muscaria, le femmineadulte se ne cibano avidamente. Nel giro di una-due ore questi carib abbandonano la colonia e

    corrono agitando i loro posteriori in manieragoffa e contorcendo la testa. Questo comporta-mento ha un certo costo per il branco, poichcos facendo le madri lasciano incustoditi i pic-coli, che rimangono di frequente vittime dei lupi.

    Anche le madri inebriate che restano isolatedalla colonia sono a volte vittime dei lupi (Siegel

    1989 :66-7)Diversi animali si cibano di funghi psilocibi-

    nici, per lo pi dei generi Psilocybe e Panaeolus,in Italia chiamati popolarmentefimghetti dai gio-vani che li cercano per i loro effetti allucinogeni(cfr. Pagani 1993).

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    Siegel riporta di aver visto nelle Hawaii e inMessico dei cani addentare deliberatamente dei

    funghetti e ingerirli. Dopo alcuni minuti i cani

    correvano in cerchio, contorcevano la testa, gua-ivano e si rifiutavano di rispondere ai comandidell'uomo (Siegel 1989 :68). Non chiaro sequesti cani erano consapevoli di ci che gli sa-rebbe successo nel mangiare questi funghi, ma

    un caso di uso consapevole difunghetti riguardale capre. Q!1esti quadrupedi sembrano avere ilprimato assoluto nel mondo animale per la pas-sione verso le pi disparate droghe.

    Nel corso dei miei studi sui funghi allucino-

    geni che crescono nei prati alpini (cfr. ad esem-pio Samorini 1993) ho verificato di persona di-verse volte l'avidit con cui le capre si cibano difunghi della specie Psilocybe semilanceata. Unavolta sono stato addirittura aggredito da uncaprone, che mi ha dato uno spintone 'con lesue poderosa corna mentre ero accovacciato adosservare ifunghetti. Era uno degli animali pigrossi di un gregge di una cinquantina di capreche mi stava passando accanto. Fidandomi del-la loro innocuit, pur conoscendo la loro curio-

    sit, avevo continuato a raccogliere i funghi. Ve-dendo che diverse capre si erano fermate e mi

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    osservavano, ingenuamente sorrisi e mostrai loro

    un ciuffo di funghetti appena raccolti. Non ap-pena fatto ci, il caprone fece un balzo e mispinton con le corna, facendomi ruzzolare dialcuni metri gi per il pendio. Nella ruzzolatami cadde di mano il sacchetto di carta dove te-nevo i funghi raccolti. Sorpreso e impaurito ri-

    masi a distanza dal caprone, il quale, insiemead alcune altre capre, si butt sul sacchetto e nedivor il contenuto. Dopodich esse si misero acercare fra l'erba e divorarono i funghi che nonavevo ancora raccolto.

    Da quella volta, quando mi vengono incon-tro delle capre, brandisco in alto il mio bastone- come mi ha in seguito suggerito di fare unpastore - poich l'unico modo per fermarle.Ma quando giungo in una stazione di funghetti

    dove ci sono gi le capre, non cerco di allonta-narle, sia per rispetto per questi animali, sia pertimore di essere attaccato da animali gi sottoeffetto difunghetti, quindi pi indomiti e perico-losi.

    Quando si trovano in una stazione difunghetti,

    le capre non si cibano di erba o di altre specie difunghi, bens cercano e divorano solamente il

    funghetto. Sembra proprio che lo sappiano rico-

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    noscere e che lo cerchino per i suoi effettipsicoattivi. Le capre che si cibano di questo fun-go mostrano un comportamento eccitato, cor-

    rono in maniera goffa e muovono vigorosamen-te la testa da un lato all'altro del corpo.

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    IN ETIOPIA DIFFUSO un racconto sul caff chefa riferimento alla scoperta delle sue proprieteccitanti in seguito all'osservazione del compor-tamento bizzarro delle capre dopo averne bru-cate le bacche: Il pastore Kaldi s i era accorto che lesue capre erano divenute strane. Sugli altopiani etiopinei giorni caldi esse saltavano sulle rocce, arrampi-

    candosi su pendii impossib ili e d iscendendo quind isu declivi tortuosi. AI tramonto del so le esse solita -

    mente dormivano, giacendo con l e zampe distese,immobili come le montagne. Qyesta notte esse sal-te llavano in maniera incontro llabile , belando e rin-

    correndosi l'un l'a ltra e i loro occhi si muovevanorepentinamente in tu tte le d irezioni. Kald i not che

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    le capre si fermavano solamente per rosicchiare lebacche rosse d i un certo arbusto , dopo d i che conti-

    nuavano a sa ltare alla luce della luna. Le capre spes-so si comportavano in strani modi, e per questo sonoconsiderate capricciose e volubili; ma Kaldi non leaveva mai viste pr ima avvicinarsi a quella pianta.Sapeva che le capre sono solite mangiare le foglie ,ma in questo caso esse mangiavano delle bacche, un

    fatto che lo incurios e lo indusse a provare su d i sequesti frutti rossi. Fu cos che scopr il calf e le sue propriet eccitanti.

    Questo racconto popolare, trasmesso a mo'di leggenda, riflette qualcosa di vero, e cio la

    tendenza delle capre a brucare intenzionalmen-te le bacche della pianta del caff per conseguir-ne uno stato di eccitazione. Oggigiorno questocomportamento animale ostacolato dall'uomo,che bada bene a non farsi rovinare le coltivazio-

    ni di caff dalle capre domestiche. E poich sonoquasi del tutto scomparse capre e piante di caffselvatiche, l'osservazione di questo comporta-mento droghereccio animale divenuta rara.

    Sempre in Etiopia e nello Yemen le capre van-no matte anche per il khat (Catha edulis Forsk.,famiglia delle Celastraceae), una pianta dallepropriet euforico-eccitanti la cui masticazione

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    impegna quotidianamente milioni di esseriumani che vivono in quelle regioni. Le proprie-

    t di questo arbusto - chiamato il fiore del Para-diso - sarebbero state scoperte dall'uomo nuo-vamente in seguito all'intimo contatto con i greg-gi di capre. Un racconto yemenita riporta cheAwzulkernayien - un pastore leggendario - notun giorno che una delle sue capre si era distac-cata dal gregge. Q.1indi la vide pi tardi raggiun-gere nuovamente il gregge correndo in manierainsolitamente veloce. Ci si verific per diversigiorni, sino a quando il pastore, incuriositosi,scopr che quella capra si allontanava dalle altre

    per brucare le foglie e i germogli dell'arbustodel khat. Le assaggi egli medesimo, scoprendo-ne gli effetti euforizzanti e da quel giorno nonsmise pi di masticarle.

    I coltivatori di khat sanno bene che se una

    capra fa tanto di avvicinarsi e brucare il fioredel Paradiso, non ne vuole pi sapere di cibar-si di altre piante e aggredisce a colpi di corna escalcia chiunque tenti di allontanarla dal suoparadiso .

    Il fagiolo rosso o fagiolo del mescal - ilseme della leguminosa Sophora secundiflora (art.)

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    Lag. ex OC - un noto allucinogeno utilizzatosin dalla pi remota antichit dagli Indiani del-

    le Pianure del Nord America nel corso delle lorocerimonie religiose. una droga molto perico-losa, il cui uso improprio pu facilmente ucci-dere. Essa fu a un certo punto sostituita con ilpi sicuro e visionario cactus del peyote. I datiarcheologici hanno evidenziato una continuitd'uso che raggiunge il 9000 a.c. Le trib indige-ne ne scoprirono gli effetti inebrianti osservan-do i comportamenti bizzarri degli animali chese ne cibavano.

    Siegel riporta che un giorno prese in prestito

    numerose capre da una fattoria e le lasci pa-scolare vicino agli arbusti di quella pianta. Egliosserv che alcune capre facevano sempre la stes-sa cosa: mangiavano la pianta e i suoi fagioli,tremavano, cadevano al suolo, si rialzavano e

    pi tardi tornavano a pascolare quella pianta.Continuarono a cadere e rialzarsi per tutto ilgiorno sotto il caldo sole del Texas, senza peraltro mostrare sintomi di avvelenamento. Quan-do sopraggiunse la sera e le capre furono ripor-tate nel loro recinto, quelle che si erano inebria-te con il fagiolo del mescal si isolarono dalle al-tre. Nel frattempo - come continua a racconta-

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    re Siegel- i suoi cavalli da soma si erano avvici-nati agli arbusti del fagiolo del mescal e lo pa-

    scolarono. Egli cerc di allontanarli, ma questisi impennarono e recalcitrarono. Riusc infine alegarli tutti ad un albero sicuro tranne uno, checorse via nella collina vicina, dove stette tutta lanotte, camminando e scuotendo la testa conti-

    nuamente. All'alba, Siegel lo trov nuovamen-te attorno agli arbusti del fagiolo del mescal, daiquali non voleva saperne di essere allontanato,continuando a manifestare i sintomi dell'ebbrez-za (Siegel 1989 :55-6).

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    FRA GLI UCCELLI conosciamo un caso di sbor-nia collettiva dei pettirossi americani, nel coreso della loro migrazione annuale nel mese difebbraio, quando si spostano nelle regioni caldedella California. Le prime notizie a riguardodatano agli anni '30.

    Quando raggiungono la California, stormi di

    migliaia di pettirossi americani (della specie Tur-dus migratorius) si appoggiano su piccoli alberichiamati popolarmente California hoIIy (

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    sti frutti di colore rosso scarlatto toyon. I petti-rossi e altre specie di uccelli si ingozzano fino

    all'inverosimile di questi frutti, che hanno unevidente effetto inebriante per questi volatili.Per circa tre settimane possibile osservare nel-la regione una vera e propria baldoria, in cui gliuccelli diventano disorientati e confusi, si cimen-

    tano in giochi sciocchi fra di loro e svolazzanoentrando nelle macchine e nelle case.Siegel, che ha studiato attentamente il feno-

    meno, ha osservato che per un buon pasto perquesti uccelli sarebbero sufficienti quattro o cin-que di questi frutti; in realt essi ne mangianosino a trenta. Appare quindi chiaro che lo scopodi questa abbuffata va al di l della semplice nu-trizione. Gli uccelli sembrano conoscere e ricer-care gli effetti inebrianti di una massiccia dosedi questi frutti.

    Riporto alcuni brani tratti dal rapporto diSiegel, che ha descritto l'arrivo di uno stormodi circa tremila pettirossi: A un certo punto del-l'abbuffata si iniziano a vedere uccelli che cadono dairami . Q!1attro di essi barcollano al suolo, incapaci di

    vola re. Dopo un quarto d 'ora ne conto una ven tinain que llo sta to . Numerosi d i ess i hanno nel becco dei frutti che non r iescono a ingurgitare poich esofago e

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    stomaco ne sono gi stracolm i. Osservo un pettirossorubare un frutto dal becco a un suo collega. Alcuniuccelli che svolazzano in maniera scoordinata a bas-

    sa al t e zza vengono investiti dalle macchine che cor-rono lungo la s trada. Altr i volando mi piombano ad-dosso. Raccolgo alcuni pettirossi morti investiti dallemacchine. In seguito ad autopsia noto come il loroapparato digeren te sia stracolmo di frutti. N il con-

    tenu to d ello stomaco, n gli stessi frutti mostrano unafermentazione, per cui l'agente inebriante non

    l'alcol. Si tratta probabilmente di una sostanza pre-sente neifrutti (Siegel 1989 :58-59).

    Non sembra si presentino casi d i overdose

    nei pettirossi e negli altri uccelli che si inebria-no con in frutti di toyon.Gli unici casi letali - per il resto statistica-

    mente poco significativi - sono dovuti alla pre-senza dell'uomo e delle sue macchine, finestree cattiverie. Nella stampa locale, che quasi ogni

    anno dedica qualche trafiletto al bizzarro com-portamento dei pettirossi migratori, si parla spes-so di suicidi degli uccelli che si buttano ad-dosso a una macchina o a un uomo, un'inter-pretazione decisamente errata.

    Nella medesima regione gli uccelli si inebria-no anche dei frutti di un altro arbusto, del gene-

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    re Pyracantha, una specie di rosa chiamata popo-larmente firethorn. In questo caso, gli uccelli sicomportano come clown alati: volano, cadono,

    svolazzano in maniera erratica e comica, comefuori di se. Se ne vedono alcuni fremere a terranel sudiciume con le ali di traverso, infastiden-do i gatti nei cortili delle abitazioni. Altri tra-ballano sulle cornici delle finestre e beccano la

    loro immagine riflessa sui vetri. Poich le pian-te difirethorn sono spesso piantate attorno a casee strade, le collisioni con le finestre e con lemacchine sono pi frequenti nei casi diinebriamento da frutti di questo arbusto che con

    quelli di toyon.La corteccia dell'albero di toyon era utilizzatadalle trib indiane della California per la concia-tura, mentre i suoi frutti sono arrostiti e man-giati; essi ne ricavano anche un sidro inebrian-te. Non sono ancora note le sostanze presenti

    nel frutto acerbo del toyon responsabili dell'ef-fetto inebriante negli uccelli. Sono noti alcunicasi di esperienze deliranti e visionarie nell'uo-mo in seguito ad abbondanti assunzioni di si-dro di toyon. Si pensato alla presenza di una

    saponina psicoattiva, poich si conosce un altrocaso di sbornie collettive fra gli uccelli che si

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    cibano di caprifoglio del Tartaro e in CUI eresponsabile dell'effetto inebriante una sapo-nina. Si tratta di un arbusto di origine asiatica

    largamente coltivato come pianta ornamentalelungo la costa orientale degli Stati Uniti eidentificata dai botanici come Lonicera tatarica.Gli uccelli maggiormente attratti dalle baccheinebrianti di questa pianta sono i pettirossi. J .

    Grinnell (1926) osserv il comportamento diquesti uccelli nel suo giardino: dozzine di petti-rossi si trovavano sugli arbusti e sul terreno tutt'in-torno. Apparivano mansueti e instupiditi. Alcuni gia-cevano a terra nel sudiciume e con le ali d i traverso.Mi

    dispiaceva il fatto che questa condizione rendessegli uccelli inso litamente facili a lla cattura da partedel nostro gatto , che sembrava saper bene che potevacatturarne uno ogni qual volta lo desiderava. Que-sto comportamento avicolo si manifesta princi-palmente in giugno, quando il caprifoglio del

    Tartaro produce le bacche.W.H. Bergtold (1930) aggiungeva nelle sue

    osservazioni: L'ebbrezza d i questi uccelli statavista in tutti isuoi stadi, da una lieve instabilit a uncerto grado di incoordinazione, suffic iente per farli

    cadere a terra . Sembra che a lcuni uccelli d iventino priv i di qualunque timore e forse un poco belligeran-

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    ti, poich non temono i passanti e gli spettatori incu-riositi. Bergtold trovava curioso il fatto che que-

    sti uccelli non avessero appreso a evitare questebacche e che ci demoliva la credenza che nes-sun animale si ciba di qualcosa che gli risultinocivo.

    Siegel ha avuto la possibilit di osservare un

    comportamento fra uccelli che ha qualche cosadi affascinante e di romantico. Lo ha osservatofra una coppia di bombicille inebriate dalle bac-che di firethorn: A dispetto della loro reputazione

    per il p iumaggio sempre lucido e per non avere maiuna piuma fuori posto , queste due bombicille appari-

    vano spettinate e brille. Erano tuttavia ancora in gradod i cimen tarsi in un corteggiamen to a lquanto origi-nale. Il maschio arruffava le penne e voltava la testaalla femmina, la quale lo im itava. Quindi, il ma-schio o ffriva una bacca d i firethorn come 'regalo'.

    La offriva a lla sua partner sulla pun ta del becco ed essa la acce ttava , quindi la rio ffriva a l maschio . Labacca veniva offerta, accettata e riofferta per numero-se volte, sino a quando uno dei due uccelli laingurgitava. Dopo tu tto , amore e tossicomania sono

    spesso vis ti come due lati del medesimo angolo o, pergli uccelli, della medesima bacca ... (Siegel 1989:60).

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    L'ornitologo David McKelvey ha studiato pertre anni il colombo rosa (Columba meyeri), unuccello delle isole Maurizio a rischio di estinzio-ne, nonostante si sia evoluto in assenza di pre-datori. Lo studioso giunto alla conclusione cheil colombo rosa si trova in intimo rapporto contre diverse piante psicoattive: una specie di

    Aphloeia chiamatafandamon dai nativi, una spe-

    cie di StyIIingia (fangam, della famiglia delle Eu-phorbiaceae) e una specie di Lantana. I piccionirosa si nutrono delle bacche di queste piante esi ubriacano. Q1ando si trovano in questo statodi ebbrezza, essi non sono pi capaci di far

    alcunch e si aggirano in stato stuporoso sul ter-reno. Quando gli Inglesi introdussero la mangu-sta nelle isole Maurizio, i colombi furono deci-mati da questo animale carnivoro, al quale nonpareva vero di trovare sul terreno una siffattaquantit di selvaggina incapace di volare via. Dairisultati degli studi di McKelvey parrebbe esi-stere un bisogno fisiologico per queste bacchepsicoattive da parte dei piccioni rosa; per que-sto motivo che questi uccelli non possono esse-re tenuti facilmente in cattivit, soprattutto se

    lontani dalle loro droghe vegetali (rip. inKennedy 1987 :256).

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    Certe specie di uccelli sono avide dei semi dipapavero da oppio e sono un noto flagello dellepiantagioni di questa droga.

    Sono stati osservati dei passeri introdursi neimagazzini per cibarsi dei semi di canapa. Q!.1elcibo particolare sembra produrre a questi uccel-li uno stato eccitante e stimolante. In effetti,

    numerose specie avicole amano cibarsi di semidi canapa e in diverse regioni del mondo si ri-tiene che ci modifica il loro comportamento:ad esempio, cantano con maggiore ardore epi a lungo e hanno una maggiore inclinazione

    verso i comportamenti amorosi. Gli allevatoridi pappagalli aggiungono alla dieta dei loro ani-mali una certa percentuale di semi di canapa,per renderli pi loquaci. Ancora oggi, nel bolo-gnese gli allevatori di canarini fanno lo stessoper stimolare questi uccelli al canto.

  • 8/4/2019 Animali che si drogano

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    NELLE MONTAGNE ROCCIOSE del Canada, la pe-

    cora dalle grandi corna passa attraverso i pigrandi pericoli, fra profondi burroni e rocce ta-glienti, per raggiungere i luoghi dove cresce unlichene, di insignificante utilit alimentare, perdivorarlo avidamente. Questo lichene, tinto di

    giallo e di verde, cresce sulle superfici rocciose.Certe pecore sono solite uscire dal gruppo perrecarsi alla ricerca del lichene e per consumarloin grandi quantit. Questo comportamento cos tenace che gli animali, a furia di raschiare laroccia, perdono l'affilatura dei denti, se non ad-dirittura i denti frontali. La spiegazione di ci stata trovata dalle popolazioni native di India-

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    ni, scoprendo gli effetti narcotici di quella spe-cie di lichene: narcotici per l'uomo e per le ca-

    pre.I babbuini ricercano e mangiano il frutto ros-so di un albero della famiglia delle Cycadaceaee non lo fanno in periodi di carestia, cio per ilmotivo che non trovano altro di cui nutrirsi.Dopo aver mangiato di questo frutto, essi appa-

    iono come ubriachi, con andatura barcollante,incapaci di muoversi velocemente e possonodiventare facile preda dei cacciatori umani. Nonsono mai stati osservati casi di morte diretta nel-l'uso di questo frutto nei babbuini, al contrario

    che nell'uomo, per il quale risulta velenoso. Ilfrutto produce una qualche sensazione piacevo-le o uno stato di euforia nei babbuini, i qualiprobabilmente hanno sviluppato una tolleran-za nei confronti degli effetti velenosi (Marais

    1940).I koala dell'Australia si cibano esclusivamen-te di foglie fresche di eucalipto, un fatto notoagli aborigeni e ai curatori degli zoo di tutto ilmondo. anche noto che questo nutrimentoesclusivo ha un effetto narcotico-rilassante sui

    koala. Per questo motivo gli aborigeni credonoche i koala siano tossicodipendenti dalle foglie

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    di eucalipto. Ci troveremmo di fronte a un dop-pio caso estremo di uso di droghe da parte degli

    animali, in cui tutti i membri della medesimaspecie ne sono coinvolti e in cui l'elemento nu-trimento e l'elemento droga coincidono.

    L'adattamento e l'abitudine alle foglie di euca-lipto non sembra essere geneticamente impres-so nei koala, bens si forma nei primi mesi di

    vita attraverso l'allattamento e l'educazionematerna. Ci sarebbe provato dal fatto che si riusciti ad adattare e a far sopravvivere i koalacon una differente dieta (latte di mucca, pane emiele) a condizione di separarli dalla madre

    appena nati.In diversi casi la conoscenza delle propriet

    psicoattive di certe piante fu appresa dall'uomomediante l'osservazione di determinati compor-tamenti animali,che sono soliti consumarli come

    inebriante. Nelle foreste del Gabon e del Congo,i nativi affermano che, tanto tempo fa, osserva-rono i cinghiali scavare e mangiare le radiciallucinogene dell'iboga (Tabernanthe iboga Baill.,famiglia delle Apocynaceae). I cinghiali assumo-no di conseguenza un comportamento convul-sivo, saltano di qua e di l e mostrano reazionidi paura e stati allucinatori. Anche i porcospini

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    e i gorilla subiscono intenzionalmente questi effet-

    ti. Osservando questi animali, i nativi allora liimitarono e fu cos che scoprirono gli effetti visio-nari di questa pianta.

    Nel corso delle mie ricerche in Gabon, volteallo studio dell'uso dell'iboga nel culto religiosodel Buiti presso i Fang, Mitsogho, Apindji e al-tre trib bantu che vivono nella foresta equato-riale, numerose volte ho avuto conferma dai mieiinformatori del fatto che diverse specie di ani-mali si cibano di iboga per drogarsi. Uno sciama-no (nganga) mitsogho riport l'uso dell'iboga

    fra i mandrilli maschio. I mandrilli vivono incomunit allargate, seguendo una rigida strut-tura gerarchica. Incima alla scala gerarchica v'un capo maschio, a cui soggiacciono altri ma-schi forti e sotto di questi stanno i maschi pi

    deboli. Quando un mandrillo maschio deve in-traprendere una lotta con un altro maschio, perla conquista di una femmina o per conquistareun gradino gerarchico pi elevato, non si cimentaimmediatamente nella lotta. Egli si reca primaa cercare una pianta di iboga, la sradica dal ter-reno e ne mangia la radice; attende che gli sianosaliti gli effetti (un'attesa che pu durare 1-2ore),dopodich va all'attacco dell'altro maschio con-

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    tro cui deve lottare. Il fatto che il mandrillo at-tende che gli salgano gli effetti dell'iboga primadi attaccare dimostra un elevato grado di pre-

    meditazione e di consapevolezza di ci che stafacendo.

    L'arbusto del kava (Piper methysticum Forst, fa-miglia delle Piperaceae) diffuso nelle isole dellaMelanesia e della Polinesia. Dalle sue radici gli

    indigeni ricavano una bevanda inebriante, che consumata ancora oggi da buona parte dellapopolazione.

    Diversi racconti sull'origine della conoscen-za umana di questo inebriante mitizzano l'e-vento della sua scoperta attraverso l'osservazio-ne del bizzarro rapporto che i topi (del genere Rattus exculans Peaple) intrattengono con la pian-ta del kava. Ad esempio, in un racconto origina-rio delle Nuove Ebridi, un uomo vide pi volteun topo che rosicchiava la radice del kava, mori-

    re e dopo un po' di tempo tornare in vita. Cosl'uomo decise di provare su di se gli effetti dellaradice e in tal modo origin l'uso del kava. Ineffetti, sembra che i topi (ma anche i maiali)rosicchino le radici del kava nelle piantagioni e

    ne rimangano di conseguenza inebriati(Samorini 1995a :102).

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    I coltivatori di marijuana (Cannabis) devonofare i conti con animali avidi di questa pianta.Nelle Hawaii, mucche e cavalli ricercano come

    cibo prelibato i suoi fiori e ci provoca in essiper un certo periodo un lieve barcollamento.

    Sempre nelle isole Hawaii, i coltivatori dimarijuana ritenevano che le manguste fosseroresponsabili delle razzie nei magazzini di cana-

    pa appena raccolta, poich negli stomaci di que-sti animali riscontravano frequentemente semidella pianta. Siegel trovava ci sorprendente,perch le manguste sono animali carnivori chein certe condizioni arrivano a uccidere e man-giare i loro simili. Volendo chiarire la presenza

    di semi di canapa nei loro stomaci, esegu delleosservazioni collocando delle telecamere neimagazzini di canapa. Scopr cos che i veri visi-tatori notturni di quei magazzini erano i topi,che andavano a caccia dei semi di canapa. Di-

    versi di questi topi ne rimanevano stupefatti eper questo motivo avevano i movimenti rallen-tati e si attardavano, al sorgere del sole, a nascon-dersi nelle loro tane. Le manguste avevano ap-preso questa difayance comportamentale dei topi

    e all'alba si aggiravano attorno ai magazzini dicanapa per catturaI i facilmente e cibarsene. I

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    semi di canapa ritrovati negli stomaci dellemanguste erano quindi quelli di cui si erano

    cibati i roditori (Siegel 1989 :153-4).Nell'Europa orientale, gli agnelli entrano neicampi di canapa, brucano le piante e diventanogaie e folli. Negli anni '50 un veterinario ri-port un caso in Grecia di un agnello che si ine-briava ripetutamente di Cannabis e che mostra-

    va tuttavia uno sviluppo e un ingrassamentonormali (Cardassis 1951 :973). Nel Nord Ame-rica il cervo si infiltra nei campi di marijuana enel Sud America sono le scimmie a compiervifrequenti incursioni.

    Alcuni anni fa in California sono stati osser-vati dei conigli dalla coda bianca introdursi inalcuni orti dove erano coltivati dei cactus psico-attivi della specie Astrophytum myriostigma. I co-nigli rosicchiavano i cactus e in seguito sembrava-

    no ubriachi. Riavutisi, tornavano ancora a ro-sicchiare i cactus e a ubriacarsi nuovamente (daThe Entheogen Review, 7[3] 73, 1998).

    I topi si cibano delle parti aeree e dei frutti dilpomoea violacea L. (famiglia delle Convolvula-ceae) e generalmente evitano di ingerirne i semi,che contengono elevate concentrazioni deglialcaloidi psicoattivi dell'ergot. Questi semi era-

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    no ricercati dall'uomo nell'antichit e lo sonotuttora per le loro propriet allucinogene. Sonostati a volte osservati dei topi ingerire un seme,soprattutto in determinate condizioni mete reo-logiche, e conseguirne uno stato di ebbrezza ca-ratterizzato dalla torsione della testa.

    Un giorno Siegel osserv una coppia di ma n-guste delle isole Hawaii allevate in un giardino

    lasciare in disparte il loro comune cibo di carne,uova e frutta e masticare i semi di una specie diIpomoea che cresceva in quel giardino. I due ani-mali si misero a contorcere le teste e a girare incerchio; quindi rimasero fermi per molte ore.

    Nei mesi che seguirono essi ignorarono i semidi quella pianta. Ma quando una delle duemanguste mor, il suo compagno torn a man-giare e a inebriarsi dei semi dell'Ipomoea. notoche fra le popolazioni tribali del Messico una

    delle occasioni in cui vengono mangiati i semidi Ipomoea quando le persone devono conso-larsi per un lutto che li affligge. Forse quellamangusta lo faceva per il medesimo motivo(Siegel 1989 :72).

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    NELLE PAGINE PRECEDENTI sono gi stati presen-tati alcuni casi di uso di droghe da parte di ani-mali inferiori, in particolare insetti e molluschi.

    Che l'uso delle droghe si riscontri anche pressogli animali inferiori un fatto che pu sconcer-tare molti etologi e biologi, in quanto il divariobiologico fra animali inferiori e superiori ge-neralmente ritenuto enorme, anche dal puntodi vista di struttura e complessit del sistema

    nervoso.Alcune specie di sfingi - piccole farfalle nottur-

    ne - si sono adattate con la loro lunga probosci-de (spiritromba) a succhiare il nettare dai fioridi specie di Datura, piante della famiglia delle

    Solanaceae notoriamente allucinogene per l'uo-mo. In Arizona la sfinge Manduca quinquemacu-

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    lata si nutre di nettare di Datura meteloides e nelfar ci contribuisce all'impollinazione dei suoifiori. Solamente dopo numerose osservazioni al-cuni ricercatori si sono accorti che le sfingi, dopoaver succhiato il nettare del fiore, appaiono comeubriache. L'osservazione di questo comporta-mento pu sfuggire, sia perch il tutto avvienedi notte, quando le piante di datura aprono la

    corolla dei loro fiori, sia perch i botanici o glientomologi che si prendono la briga di passaredel tempo di notte nel campo accanto alle pian-te di datura sono in genere maggiormente inte-ressati all'individuazione degli insetti impol-

    linanti e alla loro cattura quando sono ancoradentro ai fiori. Osservandoli dopo che hannosucchiato il nettare di alcuni fiori, essi appaionoimpacciati nell'atterrare sui fiori e spesso sbaglianoil bersaglio e cadono sulle foglie o al suolo. Appaionolenti e goffi nel riso llevarsi. Quando riprendono ilvolo} iloro movimenti sono erratici come se fosseroconfusi. Ma alle s fingi sembra piacere questo effetto etornano a succhiare ancora il nettare di quei fiori(Grant &Grant 1983 :281). molto probabileche il nettare di questa specie di datura conten-

    ga i medesimi alcaloidi psicoattivi presenti nel-le altre parti della pianta, ricercate dagli uomini

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    come fonte allucinogena. I medesimi autori han-no ipotizzato che questo nettare inebriante per

    le sfingi rappresenti un tipo di ricompensa chela pianta offre agli insetti che impollinano i suoifiori. Q}lesto comportamento pu rivelarsi estre-mamente pericoloso per le sfingi: restare anchesolo per un breve periodo di tempo inebetite alsuolo o volare in maniera rallentata significa au-

    mentare le probabilit di rimanere vittime de-gli avidi predatori - insetti, rettili e anfibi not-turni - i quali avranno appreso ad appostarsisotto alle piante di datura in attesa della facilepreda. Sembra che qualcosa di simile accada an-

    che fra certe api che visitano i fiori di orchideetropicali americane. I fiori di Catasetum, Cynoches,Stanhopea e Gongora non producono cibo, bensun profumo liquido. Le api dei generi Eu/aema,Eup/usia ed Eug/ossa incidono le parti florali. Il

    liquido fuoriesce dalla superficie graffiata e vie-ne assorbito dalle api attraverso le zampe ante-riori. Le api, che tornano ripetutamente alla fon-te, mostrano movimenti impacciati, che sonostati interpretati come il risultato di una narco-si (Dodson 1962). Altre specie di api rimango-

    no inebriate cibandosi del nettare dei fiori dideterminate specie di Umbellifere. probabile

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    che questa particolare associazione fra insetti efiori, dove le piante ricompensano gli insettiimpollinanti con una droga, sia molto pi diffusa

    di quanto sinora osservato.Il chimico Paul Lindner (1923), esperto nelle

    fermentazioni, faceva presente che le larve delrodilegno rosso (Cossus cossus), il cervo volantee gli scoiattoli assorbono con avidit la secrezio-

    ne di linfa in fermentazione delle querce e checon questa sorta di birra naturale raggiungonol'ebbrezza. Lennig scrive a tal proposito: [ cervivolanti dapprima cominciano a schiamazzare, poi ca-dono barcollando da ll'a lbero, cercano di reggersi

    go ffamente un po ' su una gamba un po' sull'altra,ruzzolando ogni volta, e infine smaltiscono l'ubriaca-

    tura dormendo (Reko 1996[1938] :1820).Un altro insetto ubriacone una bellissima

    farfalla di grandi dimensioni, chiamata popo-larmente jasio o ninfa del corbezzolo. Si trattadel lepidottero Charaxes jasius, che vive anchein Italia, sul Conero anconetano e in Marem-ma, nelle vicinanze dei boschi di corbezzolo. una delle farfalle dotate di code sulle ali; ilcorpo attraversato da fasce laterali argentate.

    attratta da tutto ci che fermenta e producealcol, specialmente i frutti marcescenti caduti a

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    terra. Gli entomologi, per osservarla, collocanodei bicchierini contenenti un poco di birra o di

    vino nei luoghi dove vive. Dopo poco tempo lasi vede arrivare, attratta dall'odore dell'alcol eprecipitarsi sul liquido per immergervi laspiritromba (una specie di lingua tubulare che ilepidotteri tengono arrotolata nella bocca e che,di spiegata, funge da cannuccia per la suzione).

    Che la jasio rimanga inebriata dalla bevuta al-colica evidente dal conseguente volo barcol-lante e rallentato (Delfini 1998).

    Rimanendo nel mondo degli insetti, si pre-sentano addirittura casi di allevamento di altri

    insetti per la produzione su larga scala di unadroga inebriante. Un certo numero di specie diformiche ospitano nei loro nidi dei coleotteri, liforniscono di cibo e li accudiscono. In cambio, icoleotteri producono secrezioni nei loro addo-mi e permettono alle formiche di succhiarle. Lasecrezione viene rilasciata attraverso due ciuffidi peli chiamati tricomi. Le formiche rimango-no sopraffatte dalla natura inebriante di questesecrezioni e diventano temporaneamente diso-rientate e meno sicure sulle loro gambe, trabal-

    lando e perdendo il senso dell'equilibrio. Se nesono accorti di recente i mirmecologi - gli stu-

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    diosi delle formiche - mediante i moderni stru-

    menti d'osservazione di cui dispongono. Nelcaso della formica gialla, Lasius flavus, e delcoleottero Lomechusa, le formiche lavoratrici ap-paiono totalmente disinteressate alle loro fac-cende domestiche e si dedicano per lunghi peri-odi esclusivamente alla suzione della secrezio-

    ne dell'addome del coleottero. Le formiche alle-vano anche le larve del coleottero, ospitandolenelle camere incubatrici delle proprie larve. Neimomenti di pericolo, quando devono in tuttafretta trasportare in un luogo pi sicuro le lar-

    ve, esse mettono al sicuro le larve del coleotteroprima di quelle della propria specie. Non sonorari i casi in cui in un singolo formicaio trovanoospitalit centinaia di coleotteri, un fatto che puportare in breve tempo a una bassa produttivi-

    t e a un rovinoso declino dell'intera colonia.Infatti l'eccess iva assunzione dell'inebriante pro-dotto dai co leo tteri pu provocare una man ia nellacolonia ta le che le larve femminili delle formiche nerestano danneggia te sviluppandosi in animali inca -

    paci (sterili) piuttosto che in regine complete (Siegel

    1989 :73)

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    MOSCHE E AGARICO MUSCARIO:

    UNA NUOVA IPOTESI

    IL COMPORTAMENTO DELLE sfingi nei confrontidei fiori di datura mi ha fatto pensare e rivalu-tare lo strano comportamento della comune mo-sca (Musca domestica) nei confronti dell'agaricomuscario (Amanita muscaria) (Samorini 1999).Lo stesso nome di questo fungo, muscario,deriva da mosca, in quanto noto che questi in-setti sono attratti dai cappelli del fungo e ne ri-

    mangono stecchiti. Un altro nome popolareper questo fungo amanita ammazzamoschee nel secolo scorso i suoi cappelli venivano col-locati sui davanzali delle finestre e utilizzati amo' di insetticida. Un metodo diffuso era quel-

    lo di schiacciare il cappello e aggiungervi un po'di zucchero o di latte; ci attraeva un numero

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    ancor maggior di mosche e, soprattutto, facevaloro assumere una quantit maggiore di sostan-

    ze intossicanti. Sembra che in tal modo diversemosche perissero per un probabile effetto dioverdose .

    Le mosche vittime del contatto con l'aga-rico muscario appaiono morte, nella tipica posi-zione a zampe ripiegate e all'ins. In realt esse

    non sono morte e se le si lascia dove sono, tor-nando ad osservarle dopo un'ora o una giorna-ta intera, si avr la sorpresa di non vederle pi:sono volate via. Tuttavia, dato che le moschemorte vengono solitamente rimosse o che al

    posto di quelle che si sono risvegliate e volatevia s