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Analisi operative e mappe riassuntive per la didattica inclusiva le Analisi operative sono a cura di Valentina Masolini (Studio Il Girasole, Firenze) le Analisi operative e le mappe sono state realizzate con il carattere Font ad alta leggibilità. Eccellente per i dislessici (Disturbo Specifico dell’Apprendimento – DSA) ottimo per tutti.

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Analisi operative e mappe riassuntive

per la didattica inclusiva

le Analisi operative sono a cura di Valentina Masolini (Studio Il Girasole, Firenze)

le Analisi operative e le mappe sono state realizzate con il carattere

Font ad alta leggibilità. Eccellente per i dislessici(Disturbo Specifico dell’Apprendimento – DSA) ottimo per tutti.

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UNITÀ 3 LA POESIA ITALIANA DEL DUECENTO E DEL TRECENTOGUIDO GUINIZZELLI, AL COR GENTIL, REMPAIRA SEMPRE AMORE

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ANALISI OPERATIVA

� LIVELLO TESTUALE

1. PRIMA STROFA

L’amore può esistere solo nei cuori gentili, nei quali ha la sua dimora naturale così come accade al calore nello splendore della fiamma (strofa I).

1.1 L’espressione «cor gentil» in Guinizzelli assume il significato di:

□ nobiltà di sangue

□ natali illustri

□ gentilezza di modi e di parole

□ nobiltà d’animo

2. SECONDA STROFA

Nonostante l’amore risieda naturalmente nei cuori gentili, esso può risvegliarsi solo grazie al potere della donna. Per dimostrare questo assunto il poeta cita una credenza diffusa nei Lapidari medievali (trattati sulle virtù delle pietre) e paragona l’amore alla pietra preziosa, che di per sé non ha alcuna virtù, finché la stella non la fa diventare gemma. Ma prima di ricevere l’influsso stellare, la pietra deve essere purificata dal sole; allo stesso modo anche il cuore dell’amante deve essere puro, cioè nobile, perché la donna amata vi susciti l’amore (strofa II).

2.1 Quale relazione esiste tra amore e «cor gentil»?

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UNITÀ 3 LA POESIA ITALIANA DEL DUECENTO E DEL TRECENTO

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2.2 Guinizzelli attribuisce alla donna un ruolo fondamentale nei rapporti con l’amante: evidenzia la definizione giusta

– La donna suscita amore nel cuore reso puro dalla natura;

– La donna rende il cuore puro così come il sole elimina dalla pietra ciò che vi è di impuro.

3. TERZA E QUARTA STROFA

Dal momento che l’amore non può stare in un animo malvagio, la «gentilezza» non può essere considerata una qualità ereditaria: essa si identifica con la virtù dell’animo; è una prerogativa dei singoli individui e non coincide con la nobiltà di nascita. Infatti un uomo che non sia nobile non può essere toccato dall’amore, così come il fango non viene nobilitato dai raggi del sole (strofe III e IV).

3.1 Che cosa rappresentano il fuoco, il fango, il sole, elementi che compaiono nei primi versi della terza e quarta strofa? Collegali alla definizione giusta.

Fuoco

cuore gentile

Fango

amore

Sole

animo impuro

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UNITÀ 3 LA POESIA ITALIANA DEL DUECENTO E DEL TRECENTO

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4. QUINTA STROFA

Come Dio, manifestandosi nelle intelligenze angeliche, fa sì che esse attuino la sua volontà, allo stesso modo la donna, illuminando l’animo dell’uomo innamorato, lo spinge a obbedire al suo volere. La grande novità introdotta da Guinizzelli è la figura della donna angelo: come le intelligenze angeliche, mosse dallo splendore di Dio, gli obbediscono facendo girare i cieli, così l’uomo, folgorato dallo splendore della donna, deve essere sempre disposto a ubbidirle. Il tema dell’obbedienza, tipico della letteratura cortese, è inserito da Guinizzelli in un nuovo contesto: di fatto l’amante corrisponde alle intelligenze angeliche e la donna, addirittura, a Dio. Pur riproponendo la tematica cortese del rapporto tra amante e donna amata (incentrata sull’obbedienza, che rispecchia il vincolo feudale tra vassallo e signore), egli apre la strada a una nuova concezione della figura femminile, vista non più come realtà fisica ma come creatura spirituale e idealizzata (strofa V).

4.1 La donna in Guinizzelli assume le caratteristiche di:

□ donna reale e virtuosa che purifica l’amante

□ creatura idealizzata che eleva l’uomo

□ figura spirituale che assume i caratteri di intelligenza angelica

□ donna angelo che rivela all’uomo la volontà divina

4.2 Spiega il collegamento fatto da Guinizzelli tra Dio e donna e tra intelligenze angeliche e amante.

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UNITÀ 3 LA POESIA ITALIANA DEL DUECENTO E DEL TRECENTO

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5. SESTA STROFA

Nell’ultima strofa, che funge da congedo, Guinizzelli sostiene che l’amore non può essere considerato peccaminoso, poiché conduce l’amante verso il perfezionamento morale; per questo, quando il poeta si troverà davanti a Dio, che lo accuserà di averlo usato come termine di paragone per un amore terreno, potrà rispondere che la donna aveva l’aspetto di un angelo e, quindi, amare lei non può essere considerato un peccato (strofa VI).

5.1 Il congedo è strutturato sotto forma di dialogo; l’interlocutore del poeta è:

□ la donna angelo

□ Dio

□ la sua anima

□ l’intelligenza angelica

6. LE FIGURE RETORICHE

Per esprimere la nuova fenomenologia dell’amore, Guinizzelli utilizza numerose similitudini tratte dal mondo della natura (il fuoco, le pietre preziose, l’acqua), che da un lato dimostrano il legame naturale tra amore e cuore gentile, dall’altro testimoniano l’impianto filosofico della cultura guinizzelliana.

6.1 Che cosa rappresentano le seguenti figure retoriche presenti nella canzone?

– Come l’uccello torna sempre nella selva tra le fronde

– Come fa il calore nello splendore del fuoco

– Come la proprietà di una pietra preziosa

– Come il fuoco splende in cima alla torcia

– Come il diamante sta nella miniera di ferro

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7. IL LESSICO

La canzone è ricca di termini derivati dal francese, dal provenzale e dal latino usati da Guinizzelli e da altri poeti del Duecento per nobilitare il volgare italiano.

7.1 Collega le parole al significato giusto.

ausello

eletto

clarità

uccello

asletto

vile

prave

splendore

aigua

inganno

fraude

acqua

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UNITÀ 3 LA POESIA ITALIANA DEL DUECENTO E DEL TRECENTO

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8. IL COLLEGAMENTO TRA LE STROFE

Lo stile di Guinizzelli è fortemente influenzato dalla lirica trobadorica e siciliana. Dai trovatori egli riprende alcuni accorgimenti metrici e strutturali come la coblas capfinidas che collega tutte le strofe tranne l’ultima. Rispetto alla lirica siculo-toscana, si nota l’intento di allontanarsi dal trobar clus di Guittone, evitando suoni aspri e dissonanti a favore di una musicalità ottenuta con la prevalenza di rime formate con consonanti liquide (l e r). Molto studiato è l’impianto retorico, che conferisce al testo il carattere di una canzone dottrinale ed è all’origine dell’accusa di eccessiva sottigliezza intellettualistica mossa a Guinizzelli da molti contemporanei.

8.1 Cerchia all’interno dei versi le cablas capfinidas (parole presenti all’inizio di una stanza e riprese dalla fine della precedente che servono da collegamento, talvolta anche solo fonico)

– “…come calore in clarità di foco.

Foco d’amore in gentil cor s’aprende…”

– “…donna a guisa di stella lo’nnamura.

Amor per tal ragion sta ‘n cor gentile…”

– “…com’adamàs del ferro in la minera.

Fère lo sol lo fango tutto ‘l giorno:…”

– “…e ‘l ciel ritien le stelle e lo splendore.

Splende ‘n la ‘ntelligenzia del cielo…”

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� LIVELLO INTERTESTUALE

9. IL TEMA DELL’AMORE

L’amore, assunto come tema fondamentale nella lirica dei poeti provenzali, è un amore cortese, un sentimento puro, appagante, sebbene la donna sia lontana e irraggiungibile. Anche per i poeti della Scuola siciliana, come Jacopo da Lentini, il sentimento che lega l’amante all’amata è un amore cortese, che esalta l’assoluta dedizione dell’uomo alla donna. Con Guinizzelli, precursore dello Stilnovo, il tema amoroso si intreccia strettamente a motivi etici e filosofici fino all’affermazione dello stretto legame tra amore e cuore gentile e alla figura della donna angelicata.

9.1 Ricostruisci il ritratto della donna e delle sue qualità così come si ricava dal testo di Guinizzelli e confrontalo con quello delineato da Jacopo da Lentini nel sonetto Io m’aggio posto in core…; prendi in considerazione:

– le doti spirituali e i tratti fisici della figura femminile;

– il rapporto tra donna e amante;

– il riferimento al Cielo e a Dio.

� LIVELLO EXTRATESTUALE

10. LA POETICA

La poetica di Guinizzelli, che teorizza una nobiltà non legata al titolo nobiliare, ma a doti spirituali dell’individuo (vedi, in particolare, la IV strofa), trova la sua giustificazione nell’ascesa della borghesia cittadina che intende legittimare, in tal modo, la propria ascesa sociale e politica.

10.1 Approfondisci in un elaborato il contesto politico e sociale degli ultimi decenni del Duecento che fanno da sfondo alla vicenda biografica dell’autore.

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UNITÀ 5 DANTE ALIGHIERI

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� LA VITA

1. Nasce a Firenze nel 1265.

7. Muore a Ravenna nel 1321.

2. A Firenze incontra Beatrice (1274).

3. Inizia la carriera politica e viene eletto priore (1300).

4. Mentre è a Roma in missione diplomatica viene accusato di baratteria; ha inizio l’esilio lontano da Firenze.

5. Rifiuta l’amnistia offerta dal comune di Firenze (1315).

6. Soggiorna presso le corti di vari signori dell’Italia settentrionale.

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UNITÀ 5 DANTE ALIGHIERI

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Opere in volgare

Opere in latino

• Rime (1283-1307): documentano lo sperimentalismo stilistico e linguistico di Dante (tenzone con Forese Donati e rime «petrose»). • Vita Nova (1293-1294): opera mista di prosa e versi incentrata sul rinnovamento spirituale prodotto dall’amore per Beatrice. La canzone Donne ch’avete intelletto d’amore segna l’approdo di Dante alla poetica della lode. • Convivio (1304 ca.-1307): trattato che si rivolge agli «illetterati», con l’obiettivo di promuovere un sapere che serva a formare nell’uomo una salda coscienza morale e civile. • Commedia (1306 ca.-1321): racconto di un immaginario viaggio compiuto da Dante nell’oltretomba cristiano, sotto la guida prima di Virgilio (allegoria della ragione), poi di Beatrice (allegoria della grazia divina) e infine di san Bernardo. Il poema si compone di 3 cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso), per un totale di 100 canti; il metro dell’opera è la terzina a rima incatenata.

• De vulgari eloquentia (1303-1305): trattato che indica come modello di lingua letteraria il volgare «perfetto» (illustre, cardinale, aulico, curiale). • Monarchia (1313-1318): trattato politico in latino in cui Dante afferma che l’autorità imperiale deriva direttamente da Dio ed è indipendente da quella papale. • Epistole (1306-1317 ca.): affrontano temi politici e civili, in particolare le tre scritte in occasione della discesa in Italia di Arrigo VII. • Egloghe (1319-1321): componimenti scritti in rima sull’uso del latino e del volgare.

• Quaestio de aqua et terra (1320): sul rapporto fra acqua e terre emerse.

� LE OPERE

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1. Concezione stilnovistica della donna angelo che eleva fino a Dio e poetica della lode.

2. Sperimentalismo linguistico e contenutistico.

3. Plurilinguismo.4. Difesa e uso del

volgare come lingua letteraria.

5. Ruolo-guida dell’intellettuale nella società.

6. Pensiero politico: teoria dei «due soli»: Papato e Impero, istituzioni autonome e indipendenti.

� IL PENSIERO E LA POETICA

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UNITÀ 5 DANTE ALIGHIERI

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DANTE ALIGHIERI, IL SALUTO DI BEATRICE

ANALISI OPERATIVA

� LIVELLO TESTUALE

CAPITOLO III

1. L’INCONTRO CON BEATRICE

Con il III capitolo ha inizio la vera narrazione della Vita Nova. Dopo aver ricordato gli eventi accaduti nove anni prima (capp. I-II), Dante racconta che, all’età di diciotto anni, rivede Beatrice. Il saluto della donna infonde in lui una straordinaria dolcezza ed egli, in preda all’eccitazione, si rifugia nel chiuso della sua camera: qui, mentre pensa a lei, si addormenta e fa uno strano sogno.

1.1 Quali tra i seguenti aggettivi sostantivati di grado superlativo assoluto Dante usa nella prosa introduttiva per indicare Beatrice?

□ Dolcissima □ Gentilissima

□ Cortesissima □ Fedelissima

□ Virtuosissima □ Onestissima

2. IL SOGNO

All’interno di una nuvola «di colore fuoco», gli appare una misteriosa figura, Amore, che, parlando in latino si rivolge a lui dicendo: «Io sono il tuo signore». Tra le braccia tiene Beatrice, nuda, alla quale dà da mangiare il cuore del poeta. Subito dopo Amore inizia a piangere e, assieme alla donna, sale verso il cielo. Dante, preso dall’angoscia, si sveglia e scrive un sonetto rivolto a «tutti i fedeli d’Amore» perché spieghino la visione; è il sonetto A ciascun’alma presa e gentil core, il primo della Vita Nova, che riceve risposta da vari rimatori, tra i quali Guido Cavalcanti; nessuno, tuttavia, ne comprende il vero significato, cioè la prefigurazione della morte di Beatrice. Dante capisce che il

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sogno ha un significato allegorico da cui, attraverso una simbologia tipica dell’amore cortese – quella del pasto del cuore – risalta in pieno la natura assoluta del suo amore per Beatrice. Il sogno, la “meravigliosa visione”, si presenta denso di elementi simbolici come la nuvola di colore rosso fuoco, che rimanda alla passione, e il motivo del cuore mangiato, che nel testo dantesco indica la totale fusione spirituale dei due amanti.

2.1 Nel sogno appare anche Beatrice avvolta in un “drappo sanguigno”; quale significato assume il colore rosso in questo contesto?

2.2 Quale evento importante aiuta il poeta a comprendere il vero significato del sogno?

3. IL SONETTO A CIASCUN’ALMA PRESA E GENTIL CORE

Il capitolo III è il primo dell’opera che presenta una lirica. Dante suddivide il sonetto in due parti: la prima dedicata al saluto ai “fedeli d’Amore”, tra cui Guido Cavalcanti, la seconda, all’apparizione improvvisa di Amore.

3.1 Il sonetto si ricollega

□ all’incontro con Beatrice

□ al saluto della donna

□ agli effetti del saluto

□ allo straordinario sogno

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CAPITOLO XI

4. IL SALUTO DI BEATRICE

Nel capitolo XI Dante sviluppa uno dei temi centrali della poetica stilnovistica: il saluto di Beatrice e i suoi effetti “miracolosi” su chi lo riceve. La beatitudine prodotta dal saluto è tale da far perdere ogni controllo a Dante nel cui animo, allontanati tutti gli altri spiriti vitali, si insedia Amore. Il corpo di Dante si trasforma in un oggetto inanimato, in un automa, perché, per eccesso di dolcezza, la beatitudine derivata dal saluto è tale da superare le capacità intellettive ed emotive del poeta. Come già in Cavalcanti, l’evento viene teatralizzato attraverso la personificazione delle manifestazioni di carattere fisico e psicologico (gli spiriti).

4.1 Che significato aveva per Dante il saluto di Beatrice? Quali gli effetti?

5. IL LESSICO NELLA PROSA

La prosa di Dante è caratterizzata da un periodare complesso e solenne e da un lessico ricco di latinismi e di frasi in lingua latina presenti nelle parole pronunciate da Amore (cap. III). Nei due capitoli ricorrono termini tipici del linguaggio stilnovistico (“gentilissima”, “virtuosamente”, “dolcissimo”) che rimandano a una concezione dell’amore come sentimento proprio del cuore gentile.

5.1 Spiega, con l’aiuto delle note, il significato dei seguenti latinismi:

– die (r. 3):

– etade (rr. 4-5):

– nebula (r. 14):

– onne (r. 45):

– propinqua (r. 54):

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DANTE ALIGHIERI, LODE DI BEATRICE

ANALISI OPERATIVA

� LIVELLO TESTUALE

A. IL PRIMO SONETTO

1. I CONTENUTI

Il capitolo presenta una struttura tripartita: alla prosa, seguono il sonetto Tanto gentile… e un commento ai versi. La narrazione in prosa anticipa i contenuti della poesia, ma li presenta in forma più ampia e articolata. È una scelta che mira a enfatizzare l’aspetto soprannaturale di Beatrice tanto da configurarla come priva di ogni connotazione fisica.

1.1 Scrivi i versi del sonetto a cui si riferiscono i seguenti termini presenti nella prosa.

“gentilissima donna”

“vestita d’umiltade”

Il primo sonetto è uno dei testi più famosi della letteratura italiana, che consacra Beatrice come la più nobile e poetica figura femminile di tutta la poesia stilnovistica. In un’atmosfera sognante e rarefatta, la bellezza fisica della donna si sublima in una dimensione spirituale e appare come una «cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare» (vv. 7-8). I vv. 7 e 8 sono volutamente centrali nel sonetto e ne riassumono il significato: Beatrice è creatura indefinibile, testimone presso gli uomini della beatitudine divina e portatrice di salvezza.

1.2 Evidenzia solo le qualità morali di Beatrice presenti nel primo sonetto.

Gentile onesta benignamente d’umiltà vestuta piacente

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Ella risulta eterea e luminosa, indeterminata nel suo aspetto fisico (le qualità descritte sono tutte morali), ma tanto bella da “catturare” l’animo. È una creatura celeste le cui virtù hanno un valore universale: in questo senso va inteso il verbo centrale della lirica, «pare» (presente per ben tre volte, ai vv. 1, 7 e 12), che, come ha osservato Gianfranco Contini, non significa “sembra”, ma piuttosto “è una cosa evidente a tutti”. Accanto al verbo «pare» dominano nelle quattro strofe anche i verbi “mostrare” e “mostrarsi”, che esprimono il concetto secondo cui l’apparizione di Beatrice è un evento miracoloso evidente a tutti.

1.3 Il saluto di Beatrice ha l’effetto di

□ stupire e ammaliare

□ sedurre e innamorare

□ ammutolire e intimorire

□ affascinare e conquistare

1.4 Spiega il significato dei due aggettivi «gentile» e «onesta» attribuiti a Beatrice nel sonetto.

gentile:

onesta:

1.5 Crocetta il significato del verso «va dicendo a l’anima: Sospira»

□ dice all’anima di fare un lungo e profondo sospiro

□ lo spirito che emana Beatrice fa sospirare d’amore

□ Beatrice camminando sospira

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2. LO STILE

Sotto l’aspetto stilistico, è da notare come il poeta giochi sull’iterazione lessicale, in particolare sulla ripresa dello stesso verbo nel passaggio dalle quartine alle terzine e sulla struttura sintattica del componimento: nella prima quartina e nella prima terzina compaiono due consecutive, mentre nella seconda quartina e nell’ultima terzina è presente la stessa coordinata «e par».

2.1 Evidenzia la definizione giusta. La ripetizione di «che» ai vv. 10 e 11 è:

un’anafora Ripetizione di una o più parole all’inizio di frasi o parti di frasi o versi consecutivi.

un’assonanza Ripetizioni di suoni vocalici nelle sillabe finali di più parole della stessa frase.

un iperbato Spezzatura e inversione dell’ordine consueto delle parole nella frase.

un asindeto Coordinazione tra due o più elementi frasali che si succedono senza l’uso di congiunzioni.

3. IL SIGNIFICATO

Il significato del primo sonetto appare così chiaro e immediato a Dante che, contrariamente al suo modo di procedere nella Vita Nova, nella prosa non ricorre a nessuna «divisione», anzi, subito dopo, ne fa seguire un altro, in cui narra come la virtù di Beatrice si estenda anche alle altre donne.

3.1 Perché Dante nella prosa che segue il sonetto ritiene inutile dividere la lirica in parti e fornirne una spiegazione?

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4. I CONTENUTI

Nel secondo sonetto la figura di Beatrice viene trasfigurata in una serie di virtù che si manifestano anche nelle donne che si accompagnano a lei e che non sono invidiose, perché la sua bellezza «è di tanta vertute» che «le face andar seco vestute / di gentilezza, d’amore e di fede» (vv. 5 e 7-8). Beatrice incarna l’ideale della donna «gentile», che, con la sua sola presenza, nobilita chi le sta accanto e infonde l’amore nella mente e nel cuore degli uomini.

4.1 Barra le parole del primo sonetto che sono riprese nel secondo.

Gentile onesta benignamente umile piacente dolcezza bieltade

L’inserimento del secondo sonetto dopo il più celebre Tanto gentile… è giustificato da Dante stesso che, riprendendo il motivo cavalcantiano dell’attribuzione della lode a tutto il genere femminile in omaggio alla donna amata e ai suoi meriti («per lei erano onorate e laudate molte», r. 23), dichiara di essersi riproposto di «dire parole» perché lo straordinario fenomeno («ciò») fosse evidente anche a chi non ne era stato testimone.

4.2 Nel secondo sonetto su chi si riflettono le virtù di Beatrice?

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� LIVELLO INTERTESTUALE

5. SONETTI A CONFRONTO

Questo capitolo della Vita Nova porta a compimento la poetica della lode iniziata con la canzone Donne ch’avete intelletto d’amore.I due sonetti celebrano la figura di Beatrice, esaltano le sue qualità morali descrivendo gli effetti benefici che essa produce sulle persone che le si avvicinano, al punto che in essi viene delineata una nuova figura salvifica e miracolosa di “donna angelo”. Si tratta di due sonetti che presentano somiglianze sia nelle finalità (la lode di Beatrice) sia nei contenuti. Tanto gentile… celebra, infatti, Beatrice come un miracolo, esalta gli effetti “salutiferi” del suo saluto e la dolcezza prodotta dalla sua vista; Vede perfettamente… ribadisce la perfezione e la bellezza dell’amata, che rendono gentili e onorano le donne che stanno con lei.

5.1 Evidenzia di rosso i sostantivi e gli aggettivi che si riferiscono all’aspetto fisico di Beatrice, di blu quelli relativi all’aspetto spirituale.

Gentile

onesta

benignamente

d’umiltà vestuta

Piacente

bieltade

di tanta vertute

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� LIVELLO EXTRATESTUALE

6. LA POETICA

Nei due sonetti non mancano i motivi tipici della poetica dello Stilnovo: la bellezza angelica di Beatrice, il saluto della donna e i relativi effetti, l’ineffabilità dell’esperienza d’amore.

6.1 Sottolinea nei due sonetti gli elementi stilnovistici sopra elencati.

Sonetto 1 Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia quand’ella altrui saluta1, ch’ogne lingua deven tremando muta, e li occhi no l’ardiscon di guardare2.

Ella si va, sentendosi laudare, benignamente d’umiltà vestuta3; e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare4.

Mostrasi sì piacente a chi la mira5, che dà per li occhi una dolcezza al core che ’ntender no la può chi no la prova6:

1. Tanto… saluta: la mia donna appare tanto nobile d’animo («gentile») e di aspetto («onesta») quando saluta qualcuno («altrui» ha valore indefinito).2. ch’ogne lingua... di guardare: che ogni lingua diviene («deven») muta per la commozione («tremando») e gli occhi non osano («ardiscon») guardarla. 3. Ella si va… vestuta: ella passa («si va») tra la gente con atteggiamento benevolo («benignamente») e umile («d’umiltà vestuta»), nonostante si senta lodare da tutti.4. e par… mostrare: e sembra che sia una creatura («cosa») venuta sulla terra dal cielo a dare dimostrazione («mostrare») di un prodigio, di un miracolo.5. Mostrasi… mira: si mostra così bella a chi la guarda.6. che dà… no la prova: al punto che, al solo guardarla («per li occhi», attraverso gli occhi), trasmette al cuore una dolcezza che solo chi la sperimenta è in grado di capire («’ntender»).

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e par che de la sua labbia si mova un spirito soave pien d’amore, che va dicendo a l’anima: Sospira7.

7. e par che… Sospira: e sembra che dal suo volto («de la sua labbia») venga una soave ispirazione («spirito») piena d’amore, che all’anima (di chi la guarda) dice: «Sospira». Dalla figura di Beatrice sembra nascere uno spirito che invita chi lo vede a sospirare d’amore. Lo spirito che parla è una personificazione, assai comune tra i poeti dello Stilnovo.

Sonetto 2 Vede perfettamente onne salute8

chi la mia donna tra le donne vede; quelle che vanno con lei son tenute di bella grazia a Dio render merzede9.

E la sua bieltate è di tanta vertute, che nulla invidia a l’altre ne procede, anzi le face andar seco vestute di gentilezza, d’amore e di fede10.

8. Vede… salute: vede completamente («perfettamente») ogni («onne», latinismo) perfezione e beatitudine («salute»).9. quelle... merzede: le altre donne («quelle») che l’accompagnano («vanno con lei») sono tenute a ringraziare («render merzede») Dio per questo grande bene ricevuto («di bella grazia»).10. E sua bieltate… fede: e la sua bellezza («bieltate») ha un tale potere benefico («è di tanta vertute») che alle altre non deriva («procede») da essa («ne») nessuna («nulla») invidia; anzi, le fa («face») assomigliare a lei («andar seco vestute», “andare vestite con sé”) per quanto riguarda la nobiltà («gentilezza»), l’amore, la fede.

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La vista sua fa onne cosa umìle; e non fa sola sé parer piacente, ma ciascuna per lei riceve onore11.

Ed è ne li atti suoi tanto gentile, che nessun la si può recare a mente, che non sospiri in dolcezza d’amore12.

11. La vista sua... onore: il suo aspetto («vista») rende ogni persona («cosa») umile, priva di ogni superbia, e non fa sembrare bella («piacente») solo lei («sola sé»), ma ciascuna (donna) riceve onore per la sua presenza («per lei»).12. Ed è ne li atti suoi… d’amore: e nei suoi comportamenti («atti») è tanto nobile che nessuno può pensare a lei («la si può recare a mente») senza sospirare d’amore per la dolcezza (del ricordo).

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UNITÀ 5 DANTE ALIGHIERI

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� DANTE E IL SUO TEMPO

Storia

• Morte di Manfredi (1266), figlio di Federico II, e cacciata dei ghibellini da Firenze.

• A Firenze lotte tra Bianchi e Neri (questi ultimi sostenuti da papa Bonifacio VIII).

• Trasferimento del Papato ad Avignone (1309).

• Tentativo di Arrigo VII di restaurare l’autorità imperiale in Italia (1310).

Società

• Sviluppo dei comuni.

• Nascita delle prime signorie.

• Crisi dei due grandi poteri universali (Papato e Impero).

Economia

• Affermazione del ceto mercantile e nascita della borghesia cittadina.

Cultura

• Filosofia scolastica.

• Diffusione della letteratura in volgare.

• Nascita e affermazione dello Stilnovo.

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UNITÀ 5 DANTE ALIGHIERI

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� DANTE ALIGHIERI (1265-1321)

La vita

• Nasce a Firenze nel 1265.• A Firenze incontra Beatrice (1274).• Viene eletto priore (1300).• Mentre è a Roma in missione

diplomatica viene accusato di baratteria; ha inizio l’esilio lontano da Firenze.

• Soggiorna presso le corti di vari signori dell’Italia settentrionale.

• Muore a Ravenna nel 1321.

Il pensiero e la poetica

• Concezione stilnovistica della donna angelo che eleva fino a Dio e poetica della lode.

• Difesa e uso del volgare come lingua letteraria.

• Teoria dei «due soli»: Papato e Impero, istituzioni autonome.

Le opere

Opere in volgare

• Rime (1283-1307): documentano lo sperimentalismo stilistico e linguistico di Dante (tenzone con Forese Donati e rime «petrose»). • Vita Nova (1293-1294): opera mista di prosa e versi incentrata sul rinnovamento spirituale prodotto dall’amore per Beatrice. • Convivio (1304 ca.-1307): trattato che si rivolge agli «illetterati», con l’obiettivo di formare nell’uomo una salda coscienza morale e civile. • Commedia (1306 ca.-1321): racconto di un immaginario viaggio compiuto da Dante nell’oltretomba cristiano, sotto la guida prima di Virgilio (allegoria della ragione), poi di Beatrice (allegoria della grazia divina) e infine di san Bernardo.

Opere in latino

• De vulgari eloquentia (1303-1305): trattato che indica come modello di lingua letteraria il volgare «perfetto» (illustre, cardinale, aulico, curiale). • Monarchia (1313-1318): trattato politico in latino in cui Dante afferma che l’autorità imperiale deriva direttamente da Dio ed è indipendente da quella papale. • Epistole (1306-1317 ca.): affrontano temi politici e civili, in particolare le tre scritte in occasione della discesa in Italia di Arrigo VII. • Egloghe (1319-1321): componimenti scritti in rima sull’uso del latino e del volgare.

• Quaestio de aqua et terra (1320): sul rapporto fra acqua e terre emerse.

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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� LA VITA

1. Nasce ad Arezzo (1304).

8. Vive tra la Provenza e l’Italia (fino al 1353).

9. Trascorre gli ultimi anni in Italia (Milano, Venezia, Padova).

10. Muore ad Arquà nel 1347.

2. Si trasferisce ad Avignone nel 1312.

3. Diviene chierico ed entra al servizio dei Colonna.

4. Incontra per la prima volta Laura (1327).

5. Riceve la laurea poetica a Roma (1341).

6. Vive una profonda crisi spirituale (1342-1343).

7. Appoggia l’impresa di Cola di Rienzo (1347).

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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Opere in volgare

Opere più importanti in latino

• Canzoniere (1348-1374).• Struttura e contenuti: raccolta di 366 componimenti poe-

tici (in prevalenza sonetti e canzoni) incentrata sull’amore del poeta per Laura. L’opera si divide in due parti: la prima comprende i componimenti 1-263 (in vita di Laura), la seconda 264-366 (in morte di Laura). I lettori sono invitati a seguire un percorso esistenziale, non privo di errori e desiderio di purificazione e di pace del poeta attraverso l’intreccio di frammenti della sua anima. La figura di Laura non è rap pre sentata realisticamente, ma filtrata attraverso il ricordo del poeta. • Stile: le liriche del Canzoniere si caratterizzano per il lungo lavoro di elaborazione formale; il lessico è curato, caratterizzato da uno stile medio. La sintassi è piana e l’andamento metrico-ritmico concorre a creare la musicalità dei versi. • �Trionfi (1353-1374): poema allegorico in terzine, in cui il poeta immagina di vedere una serie di carri trionfali (Amore, Castità, Morte, Fama, Tempo, Eternità).

• Africa (1338 ca.): poema epico.• De vita solitaria (1346) e De otio religioso (1347): trattati

su temi morali e religiosi. • Secretum (1347-1353): dialogo in tre libri in cui Petrarca traccia un bilancio della sua vita sotto forma di un’immaginaria conversazione con sant’Agostino.

• L’epistolario è costituito soprattutto da tre raccolte in prosa: • Familiares (1325-1366), 350 lettere divise in 24 libri.

• Sine nonime (1342-1358), di argomento politico e morale. • Seniles (1361-1374), 125 lettere su temi cari a Petrarca.

� LE OPERE

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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1. Promuove il recupero della cultura classica e favorisce la nascita dell’Umanesimo.

2. Usa il latino che considera la lingua della cultura e il volgare per le sue maggiori opere in versi.

3. Utilizza la filologia come metodo per ricostruire i testi originali degli autori classici.

4. È il precursore di una spiritualità moderna poiché lacerato dal dissidio interiore tra il desiderio di amore e di gloria letteraria e l’ideale di vita ascetica.

5. Codifica un nuovo modo di intendere l’amore: la donna, pur essendo idealizzata, è comunque oggetto di desiderio e passione.

� IL PENSIERO E LA POETICA

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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FRANCESCO PETRARCA, CHIARE, FRESCHE ET DOLCI ACQUE

ANALISI OPERATIVA

� LIVELLO TESTUALE

I CONTENUTI

1. PRIMA STANZA

Il poeta si rivolge agli elementi della natura, testimoni del suo amore, e li invita ad ascoltarlo mentre rievoca un passato incontro con Laura (probabilmente immaginario), avvenuto sulle rive del fiume Sorga. In questa prima stanza ha un ruolo centrale il paesaggio: il luogo reale (Valchiusa) viene trasfigurato in una dimensione idilliaca che ne fa un vero e proprio locus amoenus e diventa uno spazio interiore in cui la bellezza della natura diventa specchio degli stati d’animo del poeta. La descrizione è volutamente indeterminata e procede svelando parallelamente elementi del paesaggio e parti del corpo di Laura.

1.1 Sottolinea nei versi le corrispondenze presenti tra la descrizione di Laura e quella del paesaggio

Chiare, fresche et dolci acque1, ove2 le belle membra pose colei che sola a me par donna3;

1. acque: sono le acque del fiume Sorga, affluente del fiume Rodano, che scorre nei pressi di Valchiusa, località a pochi chilometri da Avignone in cui Petrarca viveva.2. ove: nelle quali. L’immagine della donna che si bagna è un tema ricorrente della letteratura latina e medievale: non si deve dunque pensare che Petrarca abbia realmente sorpreso Laura immersa nelle acque del Sorga.3. colei... donna: l’unica che ai miei occhi sembri veramente padrona del mio cuore («donna» da domina che in latino significa “padrona” ma qui anche “donna”). Il poeta, profondamente innamorato di Laura, vede solo in lei l’espressione della vera bellezza femminile.

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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gentil ramo ove piacque (con sospir’ mi rimembra) a lei di fare al bel fiancho colonna4; herba et fior’ che la gonna leggiadra ricoverse co l’angelico seno5; aere sacro, sereno6

ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse7; date udïenzia insieme a le dolenti mie parole extreme8.

4. gentil ramo... colonna: albero («ramo»; è una sineddoche che indica una parte per il tutto) nobile («gentile», perché toccato da Laura), al quale a lei piacque – e lo ricordo («mi rimembra») ancora sospirando – appoggiare («fare … colonna») il suo bel fianco.5. herba et fior’… seno: erba e fiori che la leggiadra veste («gonna») e l’angelico seno ricoprirono. Da notare l’uso dell’aggettivo «angelico» che spiritualizza l’immagine sensuale del corpo di Laura; altri interpretano «seno» con il significato di “lembo” della gonna (dal latino sinus).6. aere sacro, sereno: l’aria («aere») è sacra per la presenza di Laura, che al poeta appariva come una dea, e serena perché rasserenata dalla luce dei begli occhi di lei.7. ove Amor... aperse: dove, per mezzo di quel soave sguardo («co’ begli occhi»), Amore mi aprì il cuore (alla gioia).8. date udïenzia... extreme: ascoltate («date udïenzia») le mie ultime («extreme») parole (cioè quelle che io posso dirvi prima di morire) piene di dolore («dolenti»). Questa è la frase reggente della prima strofa; i soggetti sono le «acque», il «ramo», l’«herbe», i «fior» e l’«aere» invocati dal poeta.

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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2. SECONDA STANZA

Annunciato dal v. 13 («a le dolenti mie parole extreme»), si affaccia un triste presagio di morte: proiettandosi nel futuro, il poeta spera che le sue spoglie possano riposare in questo luogo a lui così caro, dove forse la sua anima potrà trovare pace.

2.1 In quali versi il poeta esprime la speranza di trovare pace?

□ S’egli è pur mio destino, e ’l cielo in ciò s’adopra, ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda

□ qualche grazia il meschino corpo fra voi ricopra, e torni l’alma al proprio albergo ignuda.

□ La morte fia men cruda se questa speme porto a quel dubbioso passo:

3. TERZA STANZA

La tristezza del presagio sfuma in un sogno consolatorio, che riguarda ancora il futuro: Petrarca immagina di essere morto e che Laura torni in questo luogo desiderosa di vederlo. Qui troverà la tomba del poeta, davanti alla quale si commuoverà e verserà lacrime d’amore. Il pensiero della morte sfuma in una sensazione di pace, grazie alla trasformazione che il poeta immagina avvenga in Laura, la quale finalmente ricambia i suoi sentimenti.

3.1 L’atmosfera che caratterizza questa stanza si presenta

□ funerea, sospesa tra incubo e sogno

□ luttuosa, mista di speranza e realtà

□ malinconica e sognante, intrisa di pietà

□ triste tra ricordo del passato e presente doloroso

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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4. QUARTA STANZA

Il poeta torna ora a ricordare il passato e a descrivere l’apparizione di Laura con immagini che dissolvono ogni ombra di malinconia: una pioggia di fiori cade sull’erba, sull’acqua, su Laura e sui suoi biondi capelli; i fiori volteggiano nell’aria a coronare una visione d’amore che può essere definita un “trionfo di Laura”.

4.1 Nella mente del poeta, ormai pacificata, come si presenta la natura? Sottolinea la risposta giusta.

– Malinconica

– Rigogliosa

– Scarna

4.2 Nella visione d’amore di Petrarca, come si configura il personaggio di Laura? Sottolinea la risposta giusta.

– Come una creatura celeste

– Come un essere umano e quindi soggetto all’azione distruttrice del tempo.

5. QUINTA STANZA

Petrarca ricorda ancora la sua donna, da un lato soffermandosi sulla sua origine celeste («Quante volte diss’io… “Costei per fermo nacque in paradiso!”», vv. 53-55), dall’altro indugiando sui particolari della sua bellezza terrena («il divin portamento / e ‘l volto e le parole e ‘l dolce riso», vv. 57-58), tale da farlo cadere in uno stato di estasi, in cui la realtà si dissolve dandogli l’illusione di «esser in ciel» (v. 63).Gli ultimi due versi segnano il passaggio dall’estatico rapimento alla realtà, resa attraverso la parola «herba», che si ritrova anche nella prima stanza (v. 7) «herba et fior che la gonna leggiadra ricoverse co l’angelico seno».

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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5.1 Quale struttura della canzone deriva dalla parola «herba»?

□ Disposizione parallela

□ Disposizione lineare

□ Disposizione circolare

□ Disposizione a intreccio

6. CONGEDO

Dopo il ritorno al presente, che conclude la quinta stanza, con un congedo assai breve il poeta invita la sua canzone a lasciare questo luogo di pace e a «gir infra la gente» per farsi conoscere.

6.1 Quali speranze il poeta affida alla sua poesia?

7. LA FIGURA DI LAURA

Come il paesaggio, anche la figura di Laura appare idealizzata, una sorta di “fantasma” sospeso tra sogno e realtà: prima bellissima, donna intenta a bagnarsi nelle acque del fiume (un probabile ricordo dell’episodio di Diana e Atteone, narrato nel III libro delle Metamorfosi del poeta latino Ovidio), poi indifferente ai sentimenti del poeta (v. 29), infine trionfante in una nuvola di fiori (vv. 40-45). All’immagine di Laura si alterna la presenza del poeta, ora semplice ammiratore della donna, ora amante addolorato, ora presenza muta, «terra infra le pietre» (v. 34).

7.1 A quale immagine ricorre il poeta per indicare, nello stesso tempo, la bellezza e l’indifferenza di Laura nei suoi confronti?

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7.2 Con quali immagini Petrarca presenta il personaggio di Laura?

– una pioggia di fiori

– le acque del fiume Sorga

– una bella e gentile fiera

– un angelo

8. IL TEMPO NELLA CANZONE

Chiare fresche et dolci acque fa parte di un ciclo di cinque canzoni, dette “di lontananza”, che comprendono i testi 125-129 del Canzoniere. Contemplando le rive del fiume Sorga, nei pressi di Valchiusa, il poeta parla di Laura e del suo destino di amante infelice in una continua alternanza tra passato, presente, futuro in cui si intrecciano il ricordo legato all’incontro con Laura, il dolore e la pena del presente, la speranza di trovare pace nella morte.

8.1 Analizza i piani temporali che si alternano nella lirica. Completa il lavoro.

– La prima strofa introduce nella dimensione del ricordo: i tempi sono al passato.

– La seconda strofa

– La terza strofa

– La quarta strofa

– La quinta strofa

– Il congedo

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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9. IL LESSICO

Contrariamente a molte altre liriche del Canzoniere, questa canzone mostra una notevole alternanza di stili. La prima stanza è ricca di suoni e parole che concorrono a esaltare la bellezza di Laura e del luogo. La parola ricorrente è un aggettivo molto comune, “bello” («belle membra», «bel fiancho», «begli occhi»), espressione del cosiddetto “unilinguismo” petrarchesco, che consiste nella scelta di parole semplici, d’uso comune, allo scopo di formare un intreccio lessicale nel quale nessun elemento prevalga sugli altri.Nella seconda stanza il lessico si intona alla malinconia del poeta; alle parole, che esprimono il suo stato d’animo, si accompagnano immagini tetre che evocano l’idea della morte come «è pur mio destino», «ch’Amor quest’occhi lacrimando chiuda».

9.1 Oltre a quelle citate, evidenzia nella canzone le parole che appartengono al campo semantico della tristezza.

Infine, la quarta e la quinta stanza, che presentano il trionfo di Laura e descrivono la sua bellezza allo stesso tempo umana e divina, sono esempio di uno stile lirico, che ha i suoi modelli nella poesia provenzale, siciliana e stilnovistica, confermata dalla presenza di immagini topiche della bellezza femminile («le treccie bionde», «il divin portamento», «’l dolce riso»).

9.2 Riporta le parole che si riferiscono alla bellezza umana e alla bellezza divina della donna.

Bellezza umana:

Bellezza divina:

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10. UNO STILE RICERCATO

L’eleganza dello stile petrarchesco è legata sia all’uso di figure retoriche, come le apostrofi, le anafore, gli iperbati, sia alla ricerca di effetti musicali legati anche alla prevalenza di settenari che conferisco un andamento più veloce e sciolto dell’endecasillabo.

10.1 Evidenzia la definizione di anafora

Anafora: Ripetizione di una o più parole all’inizio di frasi o parti di frasi o versi consecutivi.

Ripetizioni di suoni vocalici nelle sillabe finali di più parole della stessa frase.

Spezzare e invertire l’ordine consueto delle parole nella frase.

10.2 Laura è definita come una «fera bella e mansueta» (v. 29); l’espressione è

□ una metonimia □ un’iperbole

□ un ossimoro □ una sineddoche

10.3 «Herba et fior» (v.7) è:

□ una metafora □ una dittologia

□ un’allitterazione □ una sinestesia

10.4 Nel verso 67 è presente:

□ una dialefe □ una sinalefe

□ una dieresi □ una tmesi

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� LIVELLO INTERTESTUALE

11. LAURA E BEATRICE

La rappresentazione di Laura, così come appare nella quarta stanza, che la ritrae immersa in una nuvola di fiori che volteggiano nell’aria e si posano dolcemente sulle sue vesti e sui suoi capelli, è di ascendenza dantesca; le immagini ricordano, infatti, l’apparizione di Beatrice nel paradiso terrestre (Purgatorio, XXX, vv. 22-39).

Io vidi già nel cominciar del giorno la parte oriental tutta rosata, e l’altro ciel di bel sereno addorno;

e la faccia del sol nascere ombrata, sì che per temperanza di vapori l’occhio la sostenea lunga fïata:

così dentro una nuvola di fiori che da le mani angeliche saliva e ricadeva in giù dentro e di fori,

sovra candido vel cinta d’uliva donna m’apparve, sotto verde manto vestita di color di fiamma viva.

E lo spirito mio, che già cotanto tempo era stato ch’a la sua presenza non era di stupor, tremando, affranto,

sanza de li occhi aver più conoscenza, per occulta virtù che da lei mosse, d’antico amor sentì la gran potenza.

Io vidi talvolta, sulla Terra, la parte orientale del cielo tutta dipinta di rosa, mentre le altre parti erano rischiarate da un bel sereno;

e vidi il disco solare sorgere quasi velato, cosicché, per lo schermo costituito dai vapori atmosferici, l’occhio poteva sostenerne a lungo la vista:

allo stesso modo in mezzo ad una nuvola di fiori, lanciati in aria dalle mani degli angeli e ricaduti dentro e fuori dal carro,

mi apparve una donna, con un velo candido cinto da un ramo d’olivo, vestita di rosso e coperta da un mantello verde.

E il mio animo, che ormai da tanto tempo non era stato sopraffatto dallo stupore di fronte a lei, tremando, turbato,

senza vederla in viso, fu colpito dalla potenza dell’amore che mi aveva legato a lei da molto tempo, grazie ad una misteriosa virtù che emanava dalla sua persona.

Parafrasi

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11.1 Metti a confronto i versi di Dante con la lirica di Petrarca. Completa la tabella utilizzando le attività dell’analisi operativa.

DANTE PETRARCA

La figura della donna amata Creatura angelica, Cuore gentile in grado di provocare amore

Gli stati d’animo del poeta Turbamento dato dalla visione di Beatrice che emana amore e lo avvicina a Dio

L’amore per Laura lo allontana da Dio e lo precipita nella sofferenza

L’atmosfera che fa da sfondo alle immagini

Trionfo della natura

� LIVELLO EXTRATESTUALE

12. IL CONTESTO STORICO

La canzone fu probabilmente composta nel 1345, ma la lunga e complessa elaborazione del Canzoniere prese avvio nel 1348 e si protrasse fino a pochi mesi prima della morte del poeta (1374).

12.1 Quale evento funestò l’Italia nel 1348?

□ l’epidemia di peste □ lo scoppio della guerra

12.2 Quali furono le conseguenze sulla vita di Petrarca?

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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FRANCESCO PETRARCA, I’ VO PIANGENDO I MIEI PASSATI TEMPI

ANALISI OPERATIVA

� LIVELLO TESTUALE

1. I CONTENUTI

Il componimento si articola in tre momenti: 1. il rimpianto per un passato inutilmente speso in passioni terrene; 2. la consapevolezza del proprio errore e la conseguente preghiera affinché Dio abbia

pietà della sua debolezza;3. la speranza di una morte «honesta», se l’aiuto divino lo sosterrà per «quel poco di

viver» che gli resta.Nel sonetto il poeta si presenta come un uomo stanco e ormai completamente assorto nel pensiero della morte, un uomo che aspira alla liberazione dai mali terreni e alla pace. La sua preghiera, sincera e umile, prende l’avvio dall’esame di una vita trascorsa a inseguire le passioni terrene («i miei passati tempi / i quai posi in amar cosa mortale», vv. 1-2), che non gli hanno permesso di elevare la propria anima. Il riferimento a Laura è appena accennato nella prima quartina, dove la donna è considerata la causa che ha impedito al poeta di levarsi «a volo», cioè di purificare la propria anima e renderla degna di salire al cielo. Nel resto del componimento, Petrarca si rivolge a Dio affinché soccorra la sua anima debole e gli conceda una fine serena, permettendogli di morire in pace, nonostante sia vissuto «in guerra et in tempesta» (v. 9). La conclusione, infine, ribadisce la totale fiducia in Dio, unico rifugio che resta al poeta («Tu sai ben che ‘n altrui non ò speranza», v. 14).

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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1.1 Evidenzia nel testo i tre momenti in cui si articola il componimento.

I’ vo piangendo i miei passati tempi i quai posi in amar cosa mortale1, senza levarmi a volo, abbiend’io l’ale, per dar forse di me non bassi exempi2.

Tu che vedi i miei mali indegni et empi3, Re del cielo invisibile immortale, soccorri a l’alma disvïata et frale4, e ’l suo defecto di Tua grazia adempi5:

sì che, s’io vissi in guerra et in tempesta, mora in pace et in porto6; et se la stanza fu vana, almen sia la partita honesta7.

1. I’ vo piangendo... mortale: io vado («I’ vo») rimpiangendo la mia vi ta passata, che («i quai», concor dato con «tempi») ho speso nel l’amare un essere («cosa») mortale (Laura).2. senza levarmi... exempli: senza elevarmi all’amore di Dio («senza levarmi a volo»), pur avendo io le qualità morali («l’ale», “ali” è una metafora) per lasciare di me testimonianze («exempi») non ignobili («non bassi», è una litote). Attraverso l’immagine dell’uccello che ha le ali per levarsi in volo, Petrarca raffi gura l’atto di distaccarsi dal basso, intendendo per “basso” le cose mortali e opposte a quelle celesti e quindi immortali.3. i miei mali indegni et empi: le mie colpe ignobili e turpi.4. soccorri... frale: soccorri l’anima che ha deviato («disvïata») (dalla via del bene) ed è fragile («frale», perché troppo debole per opporsi al male).5. e ’l suo... adempi: e compensa («adempi») i difetti («defecto») della mia anima con la pienezza della tua grazia.6. sì che… in porto: così che, se ho vissuto lottando contro la tempesta (delle mie passioni), muoia («mora») in pace dopo essere approdato in un porto tranquillo. La dittologia «in guerra et in tempesta» del v. 9 è in antitesi perfetta con «in pace et in porto» del v. 10, così come sono antitetici i due verbi «vissi» / «mora».7. et se la stanza... partita honesta: e se la mia permanenza («stanza») nel mondo è stata spesa male («vana»), almeno la mia morte («la partita») sia onorevole («honesta»). C’è un’altra antitesi che comincia al v. 10 e, spezzata dall’enjambement, si conclude al v. 11: «stanza» / «partita»; «vana» / «honesta».

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A quel poco di viver che m’avanza8

et al morir, degni esser Tua man presta9: Tu sai ben che ’n altrui non ò speranza10.

8. m’avanza: mi resta.9. degni... presta: si degni la Tua mano di essere pronta («presta») al soccorso.10. ’n altrui… speranza: non posso sperare in altri, cioè negli uomini.

2. GLI ENJAMBEMENT

Il doloroso esame di coscienza del poeta si snoda attraverso un discorso armonico e piano, in cui gli enjambement compaiono solo nelle due terzine, a scandire da un lato il rimpianto per una vita trascorsa indegnamente, dall’altro l’approssimarsi della morte.

2.1 Nelle terzine gli enjambement sono presenti nei versi

□ 10-11; 12-13

□ 10-11; 13-14

□ 9-10; 12-13

□ 10-11; 13-14

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3. LE FIGURE RETORICHE

Nonostante il tono quasi religioso, Petrarca non rinuncia agli artifici retorici: particolarmente significative le numerose dittologie formate da coppie di sostantivi e di aggettivi e le antitesi.

3.1 Nella prima quartina è presente una metafora introdotta dal verso «senza levarmi a volo». A che cosa si paragona il poeta?

3.2 Completa la tabella relativa alla presenza nel testo di dittologie.

Coppie di aggettivi v. 5

v. 7

Coppie di sostantivi v. 9

v. 10

3.3 Spiega l’antitesi presente nei versi 9 e 10: “…s’io vissi in guerra et in tempesta, mora in pace et in porto”

3.4 Spiega l’antitesi presente nei versi 10 e 11: “et se la stanza fu vana, almen sia la partita honesta.”

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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4. IL LESSICO

Il linguaggio poetico anche in questo sonetto è volto al raggiungimento dell’equilibrio e della musicalità, frutto di una scelta linguistica molto curata e della preferenza per parole di uso comune, che conferiscono ai versi un tono medio.

4.1 Qual è il significato della parola “cosa” nel seguente verso? “….i quai posi in amar cosa mortale…”

Qual è il significato della parola “porto” nel seguente verso? “…mora in pace et in porto…”

� LIVELLO EXTRATESTUALE

6. VITA E POESIA

Con I’vo piangendo..., composto nel 1358, siamo quasi giunti alla fine dell’itinerario umano e poetico tracciato dal Canzoniere. L’accorata preghiera di Tennemi Amor anni ventuno ardendo prosegue idealmente in questo sonetto, con il quale forma una sorta di dittico preparatorio alla grande canzone della Vergine, suggello dell’intera raccolta e testimonianza di un’esistenza tormentata che, tuttavia, trova alla fine rifugio nella fede e nella speranza di purificazione e di salvezza.

6.1 Qual è il percorso esistenziale del poeta rappresentato nel sonetto?

□ La pace data dall’aver provato amore per un essere mortale e la certezza di un’assoluzione divina

□ Il rimpianto per gli anni passati a inseguire un amore terreno e la speranza nella pietà di Dio

□ Il rimorso di non aver inseguito l’amore terreno per il raggiungimento dell’assoluzione divina

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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� PETRARCA E IL SUO TEMPO

Storia

• Crisi delle istituzioni universali (Impero e Papato).

• Declino dei Comuni e affermazione delle Signorie in Italia (prima metà secolo XIV).

• Rivolta di Cola di Rienzo a Roma (1347).

• I Visconti diventano signori di tutta la Lombardia (1359).

Società

• Affermazione del ceto mercantile.

• Calo demografico e carestie.

• Epidemia di peste in Europa (1348-1350).

Economia

• Crisi economica causata dalla peste del 1348: calo della domanda e conseguente diminuzione dei prezzi; minore vitalità dei commerci.

Cultura

• Crisi dei valori religiosi medievali.

• Recupero della cultura classica e preumanesimo.

• Affermazione della figura dell’intellettuale cortigiano.

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UNITÀ 6 FRANCESCO PETRARCA

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� FRANCESCO PETRARCA (1304-1374)

La vita

• Nasce ad Arezzo (1304).• Si trasferisce ad Avignone nel 1312.• Diviene chierico ed entra al servizio

dei Colonna.• Incontra per la prima volta Laura

(1327).• Riceve la laurea poetica a Roma

(1341).• Vive una profonda crisi spirituale

(1342-1343).• Muore ad Arquà nel 1347.

Il pensiero e la poetica

• Promuove il recupero della cultura classica.

• Usa il latino che considera la lingua della cultura e il volgare per le sue maggiori opere in versi.

• È il precursore di una spiritualità moderna poiché lacerato tra il desiderio di amore e di gloria letteraria e l’ideale di vita ascetica.

• Codifica un nuovo modo di intendere l’amore: la donna, pur essendo idealizzata, è comunque oggetto di desiderio e passione.

Le opere

Opere in volgare

• Canzoniere (1348-1374).• Struttura e contenuti: raccolta di 366 componimenti poe tici (in prevalenza sonetti e

canzoni) incentrata sull’amore del poeta per Laura. L’opera si divide in due parti: la prima comprende i componimenti 1-263 (in vita di Laura), la seconda 264-366 (in morte di Laura). • Stile: il lessico è curato, caratterizzato da uno stile medio; la sintassi è piana e l’andamento metrico-ritmico concorre a creare la musicalità dei versi. • �Trionfi (1353-1374): poema allegorico in terzine, in cui il poeta immagina di vedere una serie di carri trionfali (Amore, Castità, Morte, Fama, Tempo, Eternità).

Opere più importanti in latino

• Secretum (1347-1353): dialogo in tre libri in cui Petrarca traccia un bilancio della sua vita sotto forma di un’immaginaria conversazione con sant’Agostino.

• L’epistolario, costituito da tre raccolte in prosa: Familiares (1325-1366), 350 lettere divise in 24 libri; Sine nonime (1342-1358), di argomento politico e morale; Seniles (1361-1374), 125 lettere su temi cari a Petrarca.

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UNITÀ 7 GIOVANNI BOCCACCIO

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� LA VITA

1. Nasce a Certaldo (1313).

7. Muore a Certaldo (1375).

2. Si trasferisce giovanissimo a Napoli, dove fa pratica mercantile e frequenta la corte angioina.

3. Ritorna a Firenze (1340 ca.) per la crisi della Compagnia dei Bardi e si dedica all’attività diplomatica.

4. Conosce Petrarca e si dedica agli studi classici.

5. È travagliato da una crisi religiosa ed esistenziale e diventa chierico (1360).

6. Trascorre gli ultimi anni a Certaldo, dove si incontra con i primi umanisti fiorentini.

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UNITÀ 7 GIOVANNI BOCCACCIO

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Opere in volgare

Opere in latino

• Periodo napoletano (1327-1340 ca.): Caccia di Diana, Filòcolo, Filòstrato, Teseida.

• Periodo fiorentino (1340 ca.-1346): Comedìa delle ninfe fiorentine, Amorosa visione, Elegia di Madonna Fiammetta, Ninfale�fiesolano.

Decameron (1348-1353)

• Struttura e contenuti: raccolta di 100 novelle narrate in dieci giorni, da 10 novellatori su tema libero oppure su un argomento deciso dal “re” o dalla “regina” della giornata. Le novelle sono raccolte in una cornice che inizia con la presentazione degli effetti devastanti della peste nella Firenze del 1348 e di dieci giovani che si incontrano nella chiesa di Santa Maria Novella e decidono di rifugiarsi in campagna, con l’intento di vivere in armonia e serenità evitando il contagio.

• Elementi caratteristici: il Decameron segna il superamento della mentalità medievale e prelude al nuovo ideale umanistico di uomo che intende realizzarsi nel mondo. Le virtù esaltate da Boccaccio sono virtù laiche e borghesi: intelligenza, astuzia e capacità di adattarsi alle circostanze.

• Stile: il linguaggio del Decameron è vario: ora retorico e solenne, ora spigliato e ricco di termini colloquiali.

• L’opera si caratterizza per una sintassi articolata e ricca di subordinate.

Corbaccio (1355-1365): prosa satirica contro le donne e contro l’amore.

• Bucolicum carmen, De casibus virorum illustrium, De mulieribus claris, Genealogia deorum gentilium.

� LE OPERE

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UNITÀ 7 GIOVANNI BOCCACCIO

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1. Ricerca dei codici antichi e reinterpretazione dei classici (sensibilità preumanistica).

2. Ammirazione per Dante.3. Riconoscimento di un ruolo importante

della donna poi mutato in misoginia nel Corbaccio.

� IL PENSIERO E LA POETICA

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UNITÀ 7 GIOVANNI BOCCACCIO

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GIOVANNI BOCCACCIO, FEDERIGO DEGLI ALBERIGHI

ANALISI OPERATIVA

� LIVELLO TESTUALE

1. I CONTENUTI

Federigo è un nobile appartenente a quell’aristocrazia feudale che, ai tempi di Boccaccio, era in declino rispetto alla nuova borghesia cittadina. Egli, per conquistare la donna amata, dilapida il proprio patrimonio giostrando e facendo feste. In realtà Federigo altro non fa che esercitare la virtù cortese della liberalità, ma in questo modo finisce per distruggere le basi stesse della sua condizione. Si ritira così in un piccolo podere di campagna, vivendo in povertà con la sola compagnia di un falcone.

1.1 Come riesce a sopravvivere Federigo, dopo essersi ridotto in miseria?

□ vendendo i suoi ultimi averi conservati in un piccolo podere

□ con le rendite di un piccolo podere andando a caccia con il suo falcone

□ organizzando tornei e feste per i nobili

Un giorno Giovanna, per soddisfare la richiesta del figlio malato di avere un falcone, si reca da Federigo intenzionata a farselo donare. Il giovane, onorato dalla visita e desideroso di offrire una vivanda degna di tale ospite, decide, con grande nobiltà d’animo, di sacrificare il falcone e di farglielo cucinare. Finisce così paradossalmente per aggravare la situazione poiché, forse anche a causa della richiesta non soddisfatta, il figlio di Giovanna muore. Quando, dopo alcuni mesi, i fratelli di Giovanna, rimasta unica erede dell’ingente patrimonio del marito defunto, convincono la sorella a risposarsi, ella afferma che si sposerà solo con Federigo e, di fronte al rifiuto dei fratelli, preoccupati per la povertà dell’uomo, obietta che è meglio un cuore nobile senza ricchezza che una ricchezza senza un cuore nobile.

1.2 Di che cosa è simbolo il falcone di Federigo?

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UNITÀ 7 GIOVANNI BOCCACCIO

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1.3 Come cambia l’atteggiamento di Giovanna influenzato dagli eventi finali della storia? Sottolinea la risposta corretta.

– Giovanna decide di sposare Federigo ricordandosi del suo valore e del suo gesto magnanimo nel sacrificare il nobile falcone per onorarla

– Giovanna, per il dolore dato dalla morte del figlio, si rinchiude nella sua solitudine

– Giovanna dona le sue ricchezze a Federigo come ringraziamento per il suo amore

1.4 Sottolinea nel testo in blu gli aggettivi e le espressioni con cui Boccaccio presenta Federigo, in rosso quelli con cui presenta Giovanna.

[...] In Firenze fu già un giovane chiamato Federigo di messer Filippo Alberighi, in opera d’arme e in cortesia pregiato sopra ogn’altro donzel1 di Toscana.

Il quale, sì come il più de’ gentili uomini avviene2, d’una gentil donna chiamata monna3 Giovanna s’innamorò, ne’ suoi tempi tenuta delle più belle donne e delle più leggiadre che in Firenze fossero; e acciò che egli l’amor di lei acquistar potesse, giostrava, armeggiava, faceva feste e donava, e il suo senza alcuno ritegno spendeva. Ma ella, non meno onesta che bella, niente di queste cose per lei fatte, né di colui si curava che le faceva.

Parafrasi

A Firenze viveva un giovane chiamato Federigo, figlio di messer Filippo Alberighi, ritenuto superiore [pregiato sopra] a ogni altro giovane nobile [donzel] della Toscana. Costui, così come accade a quasi tutti gli uomini di cuore gentile, si innamorò di una gentildonna di nome Giovanna, ai suoi tempi considerata tra le donne più belle e leggiadre di Firenze; e, per poterne conquistare l’amore, Federigo partecipava a tornei e ad altri esercizi cavallereschi [giostrava, armeggiava], organizzava feste, si prodigava in doni e sperperava senza criterio il patrimonio [il suo]. Ma lei, onesta quanto bella, non si curava né delle cose che venivano fatte in suo onore né di chi le faceva.

1. donzel: signore.2. sì come il più... avviene: Boc caccio qualifica subito Fe derigo come persona «gentile» e quindi naturalmente portato all’amore, come sostenevano i poeti stilnovisti. 3. monna: forma abbreviata di “madonna”, che si usava premettere al nome delle donne sposate.

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UNITÀ 7 GIOVANNI BOCCACCIO

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2. ARISTOCRAZIA E BORGHESIA

Attraverso il racconto dell’amore di Federigo per Giovanna, la novella propone un confronto tra due diverse realtà sociali:

• il mondo cavalleresco e cortese di Federigo, del quale Boccaccio apprezza la liberalità e la generosità, ma di cui sembra sottolineare anche la pericolosa tendenza a dissipare sconsideratamente le ricchezze;

• il mondo borghese, a cui appartiene la famiglia di Giovanna, del quale l’autore mette in risalto il senso pratico (soprattutto quando la donna parla in modo diretto e franco con Federigo), ma anche i limiti (i fratelli della donna non vorrebbero, per motivi economici, che la sorella sposasse Federigo).

2.1 Federigo incarna i valori dell’aristocrazia feudale; che cosa fa per conquistare il cuore dell’amata dissipando il suo patrimonio?

2.2 Nella parte finale della novella la mentalità mercantile e boghese, avida e arrivista, è riassunta nella frase: «Sciocca, che è ciò che tu dì? Come vuoi tu lui che non ha cosa del mondo?» Da chi è pronunciata e perché?

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UNITÀ 7 GIOVANNI BOCCACCIO

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3. VIRTÙ “CORTESI” E VIRTÙ “BORGHESI”

Nonostante Boccaccio non perda occasione di sottolineare la grandezza e la generosità di Federigo e di esaltarne la nobiltà d’animo, alla fine non tralascia di accennare alle acquisite capacità di «miglior massaio». Attraverso la figura del protagonista, l’autore delinea un modello di comportamento in cui le virtù cortesi di liberalità e generosità, insufficienti da sole a garantire una saggia amministrazione della ricchezza, vengono coniugate con la mentalità pratica della nuova società mercantile, attenta alla salvaguardia dei propri beni e interessi. Il modello cortese non è sconfessato, ma integrato con il codice di valori borghesi più aderenti alle esigenze della vita.

3.1 L’evoluzione del protagonista e l’adozione della mentalità propria della classe borghese si esprime quando

□ Giovanna afferma di preferire un uomo bisognoso di una ricchezza piuttosto che la ricchezza di un uomo

□ Giovanna dice di ricordarsi del valore di Federigo e «della sua magnificenza ultima»

□ Federigo viene definito «miglior massaio»

□ i fratelli di Giovanna concedono a Federigo la sorella e «tutte le sue ricchezze»

4. IL CODICE DELL’AMORE CORTESE

I dialoghi tra Federigo e Giovanna richiamano aspetti tipici della cultura cortese, quali:

• l’amore per una donna “gentile”, piena di virtù, inteso come sentimento che nobilita l’animo: «Madonna [...] se io mai alcuna cosa valsi, per lo vostro valore e per l’amore che portato v’ho, addivenne» (rr. 73-75);

• il rapporto di devozione che lega il cavaliere alla dama, sottolineato dall’occorrenza dei termini “onorare” e “fede”.

4.1 Sottolinea nel testo i termini del linguaggio cortese.

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� LIVELLO INTERTESTUALE

5. LE FIGURE FEMMINILI NEL DECAMERON

Tra i numerosi personaggi che popolano le pagine dell’opera e che appartengono a tutte le classi sociali, trovano spazio anche molte figure femminili come Lisabetta da Messina, la giovane Traversari della novella Nastagio degli Onesti.

5.1 Scegli due figure femminili del Decameron e confrontale sulla base di questi elementi.

– carattere, sentimenti, stati d’animo;

– condizione sociale;

– modi di vita;

– rapporto con l’uomo che amano e da cui sono amate

� LIVELLO EXTRATESTUALE

6. IL VALORE DELLA NOBILTÀ

Giovanna convince i fratelli ad accettare il suo matrimonio con Federigo, attraverso un’affermazione significativa: «[…] io voglio avanti uomo che abbia bisogno di ricchezza, che ricchezza che abbia bisogno d’uomo».

6.1 Approfondisci questa affermazione in un breve elaborato dando il tuo giudizio in relazione al sistema di valori di Giovanna e a quello della società attuale.

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GIOVANNI BOCCACCIO, FRATE CIPOLLA

ANALISI OPERATIVA

� LIVELLO TESTUALE

1. I CONTENUTI

La novella è ambientata a Certaldo, un paese del contado fiorentino, e ha per protagonista frate Cipolla, un religioso dell’ordine di sant’Antonio, che promette agli abitanti del paese di mostrare loro una straordinaria reliquia, una penna dell’arcangelo Gabriele, conservata in una cassetta.

1.1 Certaldo si trova in

□ Umbria

□ Emilia

□ Toscana

□ Lombardia

1.2 Quale correlazione c’è tra i frati dell’ordine di sant’Antonio, il comportamento del protagonista e il ruolo delle reliquie nella novella?

□ I frati antoniani giravano per paesi e città cercando (con l’aiuto dei devoti) vecchie reliquie da poter poi vendere ai ricchi signori.

□ I frati antoniani giravano per paesi e città chiedendo offerte alla popolazione “credulona”, vendendo indulgenze e mostrando reliquie.

□ I frati antoniani giravano per paesi e città predicando, mostrando reliquie e facendo opere di carità.

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Due giovani, tuttavia, decidono di fargli uno scherzo e, approfittando della disattenzione del suo servitore, sostituiscono la penna dell’Arcangelo Gabriele con del carbone. Quando frate Cipolla davanti alla folla apre la cassetta, ha un attimo di smarrimento per la sorpresa, ma si riprende, prontamente. Con una storia inverosimile racconta di come fosse entrato in possesso di incredibili reliquie, tra cui i carboni sui quali era stato martirizzato san Lorenzo e fa credere che Dio ha voluto che il frate scambiasse la cassetta contenente la penna con quella in cui c’erano i carboni.

1.3 Sottolinea nel testo le reliquie che Frate Cipolla afferma di aver portato dall’Oriente.

[...] mi fece egli partefice1 delle sue sante reliquie, e donommi uno de’ denti della santa Croce, e in una ampolletta alquanto del suono delle campane del tempio di Salomone e la penna dell’agnol Gabriello, della quale già detto v’ho, e l’un de’ zoccoli di san Gherardo da Villamagna2 (il quale io, non ha molto, a Firenze donai a Gherardo di Bonsi3, il quale in lui ha grandissima divozione) e diedemi de’ carboni, co’ quali fu il beatissimo martire san Lorenzo arrostito; le quali cose io tutte di qua con meco divotamente le recai4, e holle5 tutte.

1. partefice: partecipe.2. san Gherardo da Villama gna: uno dei primi discepoli di san Francesco.3. Gherardo di Bonsi: personaggio storico fiorentino; fu priore dell’Arte della Lana e fondò l’Ospedale di san Gherardo in via san Gallo.4. di qua… le recai: le portai con me devotamente dall’Oriente in queste terre.5. holle: le ho.

Tra le risate dei due giovani, il frate porta così a compimento la sua storia senza che nessuno si sia reso conto né della beffa né, tanto meno, delle menzogne da lui raccontate a tutto vantaggio delle elemosine che avrebbe raccolto.

1.4 Evidenzia le coppie di aggettivi che definiscono meglio Frate Cipolla.

Truffatore e credulone Bugiardo e scaltro Onesto e ingegnoso

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2. SATIRICA ANTIECCLESIASTICA

Tema principale della novella è la satira non contro i princìpi religiosi, ma contro gli ecclesiastici, che approfittano della credulità e dell’ignoranza della gente per arricchirsi con offerte ed elemosine. Non a caso Boccaccio sceglie un frate antoniniano, ordine che era tra i più criticati per le truffe e per la vendita di indulgenze. Ma il bersaglio dell’autore è anche la mentalità superstiziosa della gente di campagna. Nessuno degli abitanti di Certaldo, infatti, reagisce al discorso di frate Cipolla, che mescola nomi inventati («Truffia», «Buffia», «terra di Menzogna») a luoghi realmente esistenti con effetti di divertimento per i più accorti (come i giovani che hanno ordito la beffa ai danni del frate) e di meraviglia per gli sciocchi certaldesi. Ugualmente, anche il fantasioso elenco delle reliquie (tra cui alcune decisamente inverosimili come l’abito della fede cattolica o la mascella della Morte di san Lazzaro) viene preso per vero senza alcun sospetto. Il lungo racconto di frate Cipolla diventa l’occasione per uno sfoggio pirotecnico di prontezza, invenzione e qualità oratorie ricordate all’inizio della novella.

2.1 Sottolinea nel testo le espressioni che dimostrano la polemica contro i religiosi e spiegale brevemente.

Io capitai, passato il Braccio di San Giorgio6, in Truffia e in Buffia7, paesi molto abitati e con gran popoli; e di quindi pervenni in terra di Menzogna, dove molti de’ nostri frati e d’altre religioni trovai assai8, li quali tutti il disagio andavan per l’amor di Dio schifando9, poco dell’altrui fatiche curandosi, dove la loro utilità vedessero seguitare10, nulla altra moneta spendendo che senza conio per quei

6. il Braccio di San Giorgio: è il nome di un’altra contrada fiorentina, ma è anche una denominazione usata per indicare lo stretto del Bosforo, tra Grecia e Turchia.7. Truffia… Buffia: nomi inventati, che fanno subito pensare alle fandonie raccontate da frate Cipolla.8. terra di Menzogna… assai: allusione ironica alle menzogne raccontate dai religiosi.9. li quali… schifando: i quali (frati) cercavano tutti di evitare («andavan... schifando»), le fatiche («disagio») per amore di Dio; altra presa in giro dei religiosi.10. poco… seguitare: senza preoccuparsi delle fatiche altrui, dove vedevano che c’era un vantaggio («utilità») per loro.

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UNITÀ 7 GIOVANNI BOCCACCIO

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paesi11: e quindi passai in terra d’Abruzzi12, dove gli uomini e le femine vanno in zoccoli su pe’monti13, rivestendo i porci delle lor busecchie medesime14; e poco più là trovai gente che portano il pan nelle mazze e ’l vin nelle sacca15: da’ quali alle montagne de’ Bachi16 pervenni, dove tutte le acque corrono alla ’ngiù17.

11. nulla… paesi: senza spendere nient’altro che una moneta inesistente («senza conio», cioè “non coniata”) per quei paesi, ovvero limitandosi alle sole chiacchiere senza fare nulla di concreto; l’espressione «senza conio» rimanda a un verso dantesco (Par. XXIX, 126), in cui si polemizza contro i frati dell’ordine di sant’Antonio a proposito della vendita delle indulgenze.12. Abruzzi: regione che veniva citata come una terra esotica e favolosa, come accade anche nella novella Calandrino e l’elitropia.13. vanno… monti: frase che contiene un probabile doppio senso sessuale relativo alla sodomia.14. delle… medesime: delle loro stesse interiora («busecchie»); è un riferimento alla produzione di insaccati.15. il pan… sacca: frase che può essere intesa sia in senso letterale (“il pane a ciambella infilato nei bastoni e il vino negli otri”, cosa normalissima), ma che è una possibile continuazione della precedente metafora a sfondo sessuale.16. Bachi: baschi; altro nome che evoca luoghi lontani e misteriosi.17. alla ’ngiù: in discesa, come è ovvio.

1)

2)

3)

4)

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3. LA FIGURA DI GUCCIO

Alla figura astuta e dotata di ironia di frate Cipolla si contrappone quella del servitore, il goffo Guccio, le cui caratteristiche sono tutte relative alla sfera corporale dei bisogni più immediati. Guccio pensa soltanto a mangiare e alle donne, ma, come il padrone, anche lui si lancia in discorsi altisonanti e pieni di vanterie per riuscire nel suo scopo: conquistare la serva Nuta. A questo proposito la critica ha osservato che la scena tra Guccio, che tenta senza successo di emulare le qualità retoriche del padrone, e Nuta costituisce una sorta di preludio alla mirabolante storia di frate Cipolla.

3.1 Evidenzia i soprannomi che Boccaccio attribuisce a Guccio.

Aveva frate Cipolla un suo fante18, il quale alcuni chiamavano Guccio Balena e altri Guccio Imbratta, e chi gli diceva Guccio Porco19: il quale era tanto cattivo20, che egli non è vero che mai Lippo Topo ne facesse alcun cotanto21.

18. fante: servo.19. Guccio Balena… Porco: gli appellativi del servo di frate Cipolla mettono in evidenza la sua corpulenza («Balena», «Porco») ed anche il suo aspetto sudicio e trasandato («Imbratta»).20. cattivo: incapace, inetto.21. che egli… cotanto: che non è vero che Lippo Toppo ne combinasse altrettante («ne facesse alcun cotanto»). Lippo Toppo è un personaggio della narrativa popolare al quale venivano attribuite numerose stranezze e disavventure.

3.2 Quali aspetti della persona sembrano suggerire?

3.3 Quando frate Cipolla si accorge della cassetta piena di carboni

□ rimprovera Guccio □ impreca dentro di sé

□ maledice tra sé e sé Guccio □ si pente di aver affidato la cassetta a Guccio

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4. LA FANTASIA IN BOCCACCIO

Da un punto di vista stilistico la novella si caratterizza per la straordinaria capacità inventiva a livello lessicale: storpiando e parodiando il linguaggio popolare, Boccaccio inventa definizioni spassosissime, come il nome del patriarca «Nonmiblasmete Sevoipiace» o l’espressione «Verbum-caro-fatti-alle-finestre». Prendendo come modello i libri di viaggio, Boccaccio gioca in modo divertito sull’ambiguità dei termini geografici, a cui si aggiungono la descrizione di particolari fantasiosi (l’acqua che scorre in giù nel paese dei baschi o i coltelli che volano), le frasi ironiche e pungenti sui costumi dei religiosi (accusati esplicitamente di vivere a spese della comunità, evitando con cura la fatica e i disagi), le battute a sfondo sessuale e l’apparente assurdità di molte affermazioni del frate.

4.1 Nella novella sono stati citati molti luoghi; sottolinea di blu quelli reali, di rosso quelli fantastici.

5. I NARRATORI

La struttura narrativa della novella è particolare per la presenza di diversi livelli di narrazione: al narratore di primo livello (Boccaccio, autore dell’opera), succedono Dioneo (narratore di secondo livello) e frate Cipolla (narratore di terzo livello) con la sua strampalata storia, un vero racconto nel racconto.

5.1 Dioneo conclude la novella dicendo che l’anno seguente la penna tornò utile a frate Cipolla «non meno che quel giorno gli fossero valuti i carboni»; che cosa intende farci capire il frate?

□ L’affezione e il rispetto del frate per le reliquie

□ La gelosa custodia delle reliquie ritenute fonte di guadagno

□ La capacità di destreggiarsi anche in situazioni difficili

□ La volontà del frate di perseverare nell’arte dell’inganno

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UNITÀ 7 GIOVANNI BOCCACCIO

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6. IL MOTIVO DELLA BEFFA

La novella di frate Cipolla è l’ultima della sesta giornata del Decameron, dedicata a motti di spirito e risposte pronte, utili per togliersi da situazioni spiacevoli. Contrariamente alle altre, dallo svolgimento breve e fulmineo, questa novella è piuttosto lunga e articolata, come annuncia fin dall’inizio il narratore, Dioneo. Più che su una singola battuta, la novella è incentrata sul potere affabulatorio della parola, grazie al quale il protagonista riesce a porre rimedio agli effetti di una beffa ordita a suo danno.

6.1 Ti pare che i «due giovani astuti», autori dello scherzo a frate Cipolla, si possano definire beffatori o beffati?

6.2 Ripercorri i contenuti della novella e distingui i beffatori dai beffati.

Beffatori:

Beffati:

� LIVELLO INTERTESTUALE

7. LA SATIRA ANTIECCLESIASTICA NEL DECAMERON

La satira contro il clero, che nella novella letta si incentra sulla figura di frate Cipolla, che esce brillantemente da una situazione difficile e beffa i fedeli che lo ascoltano, si allarga nella novella Abraam giudeo all’intera curia romana, corrotta e piena di vizi.

7.1 Approfondisci il confronto tra le due novelle prendendo in esame:

• le figure di ecclesiastici

• i vizi denunciati

• la sete di guadagno

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UNITÀ 7 GIOVANNI BOCCACCIO

60

� LIVELLO EXTRATESTUALE

8. GLI ORDINI RELIGIOSI NEL TRECENTO

Nella novella si parla di frati antoniani, ma nel Trecento esistevano altri ordini religiosi (come i francescani e i domenicani), che avevano stabilito la loro sede nelle città e si dedicavano alla predicazione e all’insegnamento.

8.1 Scrivi un elaborato presentando un quadro sintetico dei principali ordini religiosi dell’epoca usando i seguenti punti:

• origine

• regola

• funzioni

• rappresentanti

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UNITÀ 7 GIOVANNI BOCCACCIO

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� BOCCACCIO E IL SUO TEMPO

Storia

• Crollo delle istituzioni universali (Impero e Papato).

• Declino dei Comuni e affermazione delle signorie in Italia.

• I Visconti diventano signori di tutta la Lom bardia (1359).

• Cattività avignonese (1309- 1377).

Società

• Affermazione del ceto mercantile e della nuova aristocrazia di censo.

• Calo demografico e carestie.

• Epidemia di peste in Europa (1348-1352).

Economia

• Fallimento della Com pagnia dei Bardi.

• Crisi produttiva causata dalla peste.

Cultura

• Recupero dei classici e clima preumanistico.

• Affermazione dell’intellettuale cortigiano.

• Esaltazione delle virtù laiche.

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UNITÀ 7 GIOVANNI BOCCACCIO

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� GIOVANNI BOCCACCIO (1313-1375)

La vita

• Nasce a Certaldo (1313).• Si trasferisce a Napoli, dove frequenta

la corte angioina.• Ritorna a Firenze (1340 ca.) e si

dedica all’attività diplomatica.• Conosce Petrarca e si dedica agli studi

classici.• È travagliato da una crisi religiosa ed

esistenziale e diventa chierico (1360).• Muore a Certaldo (1375).

Il pensiero e la poetica

• Ricerca dei codici antichi e reinterpretazione dei classici (sensibilità preumanistica).

• Ammirazione per Dante.• Riconoscimento di un ruolo importante

della donna poi mutato in misoginia nel Corbaccio.

Le opere

Opere in volgare

• Periodo napoletano (1327-1340 ca.): Caccia di Diana, Filòcolo, Filòstrato, Teseida.• Periodo fiorentino (1340 ca.-1346): Comedìa�delle�ninfe�fiorentine, Amorosa

visione, Elegia di Madonna Fiammetta, Ninfale�fiesolano.

Decameron (1348-1353)

• Struttura e contenuti: raccolta di 100 novelle narrate in dieci giorni, da 10 novellatori. Le novelle sono raccolte in una cornice che presenta gli effetti devastanti della peste nella Firenze del 1348 e dieci giovani che decidono di rifugiarsi in campagna, con l’intento di vivere in armonia e serenità evitando il contagio.

• Elementi caratteristici: il Decameron prelude al nuovo ideale umanistico di uomo che intende realizzarsi nel mondo. Le virtù esaltate da Boccaccio sono virtù laiche e borghesi: intelligenza, astuzia e capacità di adattarsi alle circostanze.

• Stile: il linguaggio è ora retorico e solenne, ora spigliato e ricco di termini colloquiali.

Corbaccio (1355-1365): prosa satirica contro le donne e contro l’amore.

Opere in latino

• Bucolicum carmen, De casibus virorum illustrium, De mulieribus claris, Genealogia deorum gentilium.

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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� LA VITA

1. Nasce a Reggio Emilia nel 1474.

7. Muore a Ferrara nel 1533.

2. Diviene intellettuale stipendiato alla corte degli Estensi (1497).

3. Si fa chierico al servizio del cardinale Ippolito d’Este (1503).

4. Passa al servizio di Alfonso I d’Este (1517).

5. È governatore della Garfagnana (1522-1525).

6. Tornato a Ferrara, lavora al Furioso, di cui pubblica l’edizione definitiva (1532).

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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Opere in versi più importanti

Opere in prosa

• Orlando furioso (1516-1532).• Genere, fonti e temi: il Furioso, un poema epico-cavalleresco

di 46 canti in ottave, dedicato al duca Ippolito d’Este, fonde insieme la materia carolingia e quella bretone. Le vicende dei personaggi si intrecciano (entrelacement) lungo tutto il poema. Motivo conduttore dell’opera è la quête (ricerca), che spinge i personaggi a muoversi continuamente alla ricerca di qualcuno o di qualcosa che non riescono mai a raggiungere.

• Oltre alla quête, altri temi principali sono la follia, l’amore, l’inganno e l’errore, il meraviglioso, la guerra e l’eroismo.

• Elementi caratteristici: secondo Ariosto il desiderio può annullare la ragione: simbolo di questa concezione è la follia del paladino Orlando, che impazzisce per amore. La selva simboleggia invece la condizione umana, intricata e senza possibilità di uscita. Il Furioso si fa così specchio della crisi e della decadenza dell’ideale rinascimentale di equilibrio e armonia.

• Stile: Ariosto uniforma, con una certa libertà e autonomia, la lingua del poema al canone del fiorentino trecentesco di Petrarca.

• La struttura dell’ottava è equilibrata e armoniosa, la sintassi è complessa ma elegante e curata. • Satire (1517-1525 ca.). • Il negromante (1518-1519) e Lena (1528): commedie in endecasillabi sciolti.

• Cassaria (1508) e I suppositi (1509): commedie poi trasposte in endecasillabi sciolti. • Epistolario (a partire dal 1498): composto di 214 lettere.

� LE OPERE

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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1. Esaltazione degli ideali rinascimentali di armonia, eleganza e cortesia.

3. La follia come rottura dell’equilibrio e dell’armonia rinascimentali.

4. Poesia encomiastica, legata al potere (poesia cortigiana) ma “alleggerita” dall’ironia.

� IL PENSIERO E LA POETICA

2. Visione pessimistica della natura umana debole e preda delle passioni.

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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LUDOVICO ARIOSTO, LA FUGA DI ANGELICA

ANALISI OPERATIVA

� LIVELLO TESTUALE

1. I CONTENUTI

Il locus amoenusAngelica continua la sua fuga nella selva finché capita in un «boschetto adorno» (ottava 35) dove, sfinita, si addormenta. È uno spazio magico, un locus amoenus (luogo ideale, giardino delle delizie), che offre alla terrorizzata Angelica un rifugio sicuro e un morbido giaciglio.

1.1 Sottolinea gli attributi del boschetto che contribuiscono a trasformarlo in un vero e proprio giardino delle delizie.

Quel dì e la notte e mezzo l’altro giorno s’andò aggirando, e non sapeva dove. Trovossi al fine in un boschetto adorno1, che lievemente la fresca aura muove2. Duo chiari rivi, mormorando intorno3, sempre l’erbe vi fan tenere e nuove; e rendea ad ascoltar dolce concento, rotto tra picciol sassi, il correr lento4.

1. adorno: piacevole.2. che lievemente... muove: che è leggermente agitato (tra le fronde) dalla fresca brezza («fresca aura»).3. Duo chiari rivi... intorno: due ruscelli dalle acque limpide («chiari») scorrono con lieve mormorio intorno (al boschetto).4. e rendea… lento: e lo scorrere lento delle acque, rotto tra i ciottoli («picciol sassi»), formava un’armonia dolce («dolce concerto») ad ascoltarsi.

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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L’incontro di Angelica con SacripanteIl riposo di Angelica è di breve durata: lì vicino arriva, infatti, il saraceno Sacripante, innamorato di lei, che, presso un ruscello, si abbandona a un penoso lamento d’amore incentrato sulla similitudine tra la vergine e la rosa (topos della rosa, ottave 42-43). Angelica lo ascolta, non vista, pensando a come sfruttare l’amore del saraceno, per raggiungere la sua patria nel lontano Oriente. E così si mostra al guerriero, ma, mentre lui si prepara «al dolce assalto», a farla cioè sua, arriva un cavaliere vestito di bianco.

1.2 Leggi il testo e spiega la similitudine tra la vergine e la rosa presente nel lamento d’amore.

La verginella è simile alla rosa, ch’in bel giardin su la nativa spina mentre sola e sicura si riposa5, né gregge né pastor se le avicina; l’aura soave e l’alba rugiadosa, l’acqua, la terra al suo favor s’inchina6: gioveni vaghi e donne inamorate amano averne e seni e tempie ornate7.

Ma non sì tosto dal materno stelo rimossa viene e dal suo ceppo verde, che quanto avea dagli uomini e dal cielo favor, grazia e bellezza, tutto perde8.

5. ch’in… si riposa: che mentre sola e sicura riposa in un bel giardino sul ramo su cui è nata («su la nativa spina»).6. al suo favor s’inchina: s’inchinano per renderle omaggio («al suo favor»). Il verbo, qui al singolare anziché al plurale come lo richiede la sintassi, è accordato con l’ultimo soggetto «la terra». Pare che tutto l’universo s’inchini davanti alla bellezza della rosa.7. gioveni... ornate: giovani avvenenti («vaghi») e donne innamorate amano ornarsi il seno e le tempie di quei fiori.8. Ma... perde: ma non appena («non sì tosto») viene staccata («rimossa») dallo stelo dove è nata («materno stelo») e dal suo verde cespuglio («ceppo»), (la rosa) perde tutto, (perde) ogni grazia e bellezza, ogni favore che aveva dagli uomini e dal cielo.

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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La vergine che ’l fior, di che più zelo che de’ begli occhi e de la vita aver de’, lascia altrui côrre, il pregio ch’avea inanti perde nel cor di tutti gli altri amanti9.

9. La vergine... amanti: la vergine, che lascia cogliere ad altri («lascia altrui côrre») il fiore che dovrebbe custodire («aver de’») con più cura («zelo») degli occhi e della vita, perde tutto il valore («pregio») che prima («inanti») aveva nel cuore degli amanti.

1.3 Nell’incontro tra Angelica e Sacripante è presente un’analessi. Evidenzia la definizione giusta.

Analessi Introduzione all’interno di un racconto, di un evento successivo al tempo della storia in cui ci si trova e che verrà sviluppato nel corso della narrazione

Introduzione all’interno di un racconto, di blocchi narrativi che si riferiscono a eventi passati e che hanno la funzione di fornire informazioni utili alla comprensione della trama

1.4 Il narratore interviene per chiarire l’identità del cavaliere (Sacripante) che piange disperato per amore. Qual è secondo lui, la prima e sola causa della sua pena?

□ Sapere che Angelica aveva seguito Orlando in Occidente

□ Essere innamorato

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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Il cavaliere «candido come neve»Il saraceno, adirato per la presenza di un cavaliere, balza a cavallo e gli si avventa addosso, ma l’avversario ha la meglio. Il cavallo di Sacripante muore nello scontro e cade sul padrone disarcionato. Il cavaliere “bianco” scompare e Angelica libera Sacripante dal peso del cavallo. La situazione in cui si trova è imbarazzante e ridicola mentre Angelica tenta di confortarlo, perché non perde di vista l’obiettivo di servirsene come scorta nel viaggio di ritorno in patria (ottave 60-67). Giunge infine un messaggero, che rivela a Sacripante l’identità del cavaliere bianco: era Bradamante, una donna! Venire a sapere di essere stato battuto in modo ridicolo e per di più da una donna accresce la vergogna del Saraceno (ottave 68-70).

1.6 Come si presenta Bradamante?

1.7 Quale funzione ha nella vicenda il messaggero?

1.8 Come reagisce Sacripante alle sue parole?

□ S’infuria con il messaggero e lo sfida

□ Diventa rosso in faccia per la vergogna

□ Corre all’inseguimento di Bradamante

2. SACRIPANTE

Ariosto presenta Sacripante come un personaggio per molti aspetti comico, soprattutto perché contrappone la sua arroganza al modo goffo e ridicolo con cui viene sconfitto. Un altro aspetto comico del personaggio è la sua convinzione di essere il padrone del gioco, nelle schermaglie amorose con Angelica, mentre non si rende conto che la giovane è ben più scaltra e calcolatrice di lui, dato che finge di assecondarlo per il proprio tornaconto. L’ironia del poeta si manifesta nel momento in cui egli ammicca al lettore che sa bene quanto l’ingenuità di Angelica sia una posa calcolata.

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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2.1 Spiega perché Sacripante si mostra sicuro di sé e assume un atteggiamento arrogante, nelle ottave 57 e 58.

«Se mal si seppe il cavallier d’Anglante pigliar per sua sciocchezza il tempo buono, il danno se ne avrà; che da qui inante nol chiamerà Fortuna a sì gran dono – tra sé tacito parla Sacripante –: ma io per imitarlo già non sono, che lasci tanto ben che m’è concesso, e ch’a doler poi m’abbia di me stesso10.

Corrò la fresca e matutina rosa, che, tardando, stagion perder potria11. So ben ch’a donna non si può far cosa che più soave e più piacevol sia, ancor che se ne mostri disdegnosa, e talor mesta e flebil se ne stia12: non starò per repulsa o finto sdegno, ch’io non adombri e incarni il mio disegno13».

10. Se mal si seppe… di me stesso: se Orlando («il cavallier d’Anglante») non seppe per sua stupidità cogliere la buona occasione («il tempo buono») si tenga il suo danno, perché, d’ora in poi («da qui inante»), la Fortuna non gli offrirà un dono così grande – così dice tra sé e sé Sacripante –; ma io non ho intenzione di imitarlo («per imitarlo già non sono») e lasciare un bene così grande (cioè Angelica) che mi è concesso, per dovermi poi dolere di me stesso.11. Corrò… perder potria: coglierò («Corrò») la fresca rosa del mattino che, tardando, potrebbe perdere la sua freschezza («stagion», metafora della giovinezza).12. So ben… stia: Sacripante è convinto che alla donna non si può far cosa più dolce e più gradevole dell’assalto amoroso, benché («ancor che») si mostri sdegnosa oppure triste («mesta») e restia («flebile»).13. non starò… disegno: non esiterò, nonostante il suo rifiuto («repulsa») e la sua giusta indignazione, a portare a termine il mio disegno.

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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3. IL TOPOS DELLA ROSA

Il topos della rosa, che rimanda al motivo tradizionale trattato in particolare da Poliziano, viene ripreso e rielaborato da Ariosto in modo originale, anche in funzione della caratterizzazione comica del personaggio di Sacripante, il quale, prima paragona la «verginella» alla rosa con accenti commossi, ma poi, al pensiero che qualcun altro prima di lui possa cogliere la rosa (metafora della verginità di Angelica) va per le spicce e, paragonandosi per opposizione a Orlando, così sciocco da non aver approfittato di Angelica (ottava 57), decide di passare, senza troppi scrupoli, all’azione. Il saraceno, convinto di essere un grande conoscitore dell’animo femminile, sostiene che le donne, anche se appaiono disdegnose, non desiderano altro che quello che desidera l’uomo: non gli resta, dunque, che mettere in atto la sua intenzione, incurante del fatto che Angelica possa mostrargli «repulsa o finto sdegno».

3.1 In questo passo Sacripante si dimostra

□ un perfetto conoscitore della psicologia femminile

□ un uomo presuntuoso ed egoista

□ un amante appassionato, ma anche razionale

□ un alter ego del poeta, anche lui tormentato dall’amore

4. LA QUÊTE E L’ENTRELACEMENT

Il motivo dell’inchiesta (quête) compare anche in questo passo: Angelica cerca la propria libertà e la propria patria, Sacripante insegue il sogno di possedere Angelica, Bradamante cerca Ruggiero.Mentre i fili narrativi che riguardano i diversi personaggi si intersecano, secondo il procedimento narrativo dell’entrelacement, anche le inchieste si interecciano l’una all’altra e finiscono per ostacolarsi: ne è un esempio Bradamante che blocca le intenzioni di Sacripante nei confronti di Angelica. L’inseguimento dell’oggetto del desiderio è continuamente differito nello spazio e nel tempo e quasi sistematicamente si assiste al rovesciamento delle aspettative dei protagonisti della ricerca mai appagata: Sacripante pensa di avere perduta Angelica per sempre e la donna è proprio accanto a lui, spera di averla e l’arrivo di Bradamante glielo impedisce, è convinto di vincere ed è invece battuto dal cavaliere sconosciuto, che, per di più, si rivelerà essere una donna.

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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4.1 Barra la risposta sbagliata

Entrelacement Incastro di più storie legate tra loro nella narrazione e che avvengono in contemporanea

Narrazione che si sviluppa su più piani temporali in un continuo andare avanti e indietro nel tempo

5. IL SIGNIFICATO E LA DINAMICITÀ DEL TESTO

Alla molteplicità e imprevedibilità delle situazioni corrisponde nell’episodio riportato un andamento dinamico che si esprime nella presenza di interventi dell’autore, nella vivacità del linguaggio, nella pluralità di registri, ora lirico, come nel topos della rosa, ora comico come in alcuni momenti del duello tra Sacripante e il cavaliere “bianco”, e anche nell’uso delle più svariate figure retoriche.

5.1 Ariosto usa frequentemente la figura retorica dell’iperbole. Sottolineala nelle ottave 48 e 62 riportate sotto.

Mentre costui così s’affligge e duole, e fa degli occhi suoi tepida fonte14, e dice queste e molte altre parole, che non mi par bisogno esser racconte15; l’aventurosa sua fortuna vuole ch’alle orecchie d’Angelica sian conte16: e così quel ne viene a un’ora, a un punto, ch’in mille anni o mai più non è raggiunto17.

14. tepida fonte: una fontana di tiepide lacrime.15. racconte: raccontate.16. sian conte: siano conosciute («conte» è contrazione di “cognite”, “conosciute”).17. e così... raggiunto: e così Sacripante ottiene in un momento («a un’ora, a un punto») quello che non avrebbe ottenuto («non è raggiunto») in mille anni (iperbole).

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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Non si vanno i leoni o i tori in salto a dar di petto, ad accozzar sì crudi18, sì come i duo guerrieri al fiero assalto, che parimente si passâr19 gli scudi. Fe’ lo scontro tremar dal basso all’alto l’erbose valli insino ai poggi ignudi20; e ben giovò che fur buoni e perfetti gli osberghi21 sì, che lor salvaro i petti.

18. Non... crudi: i leoni o i tori non si affrontano («Non si vanno... a dar di petto»), non cozzano con tanta cruda violenza; è una delle numerose similitudini di cui è intessuto il poema.19. si passâr: si trapassarono.20. Fe’... ignudi: fece («Fe’») lo scontro tremare dal basso all’alto le valli erbose fino alle colline spoglie («poggi ignudi»); è un’iperbole.21. osberghi: corazze.

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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5.2 Spiega l’intento dell’autore.

Ottava 48

Ottava 62

� LIVELLO INTERTESTUALE

6. I PERSONAGGI

Il poema ariostesco si riallaccia a una tradizione culturale e a un ambiente cortigiano a cui si era ispirato anche Boiardo nel suo Orlando innamorato. Sebbene sia diverso il modo di trattare la materia e di considerare la realtà, meno problematica in Boiardo, più complessa in Ariosto, nelle due opere compaiono gli stessi personaggi, tra i quali Angelica, Orlando e Rinaldo.

6.1 Approfondisci il rapporto tra due personaggi presenti nei due poemi riguardo a:

• tratti del carattere

• ruolo nel racconto

• rapporti che intercorrono tra loro

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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� LIVELLO EXTRATESTUALE

7. LA FERRARA DEGLI ESTENSI

Il poema è dedicato al cardinale Ippolito d’Este, come lo stesso poe ta dichiara nel proemio, signore di Ferrara, una delle corti culturalmente più vivaci dell’epoca, dove Ariosto trascorse gran parte della sua vita.

7.1 Spiega brevemente il ruolo culturale della città di Ferrara in epoca rinascimentale

8. LA CRITICA

Il Furioso, il poema del «movimento»Italo Calvino, già a partire dall’inizo del poema, ne coglie due aspetti essenziali: la rapidità dell’azione, che si dilata nello spazio e nel tempo, e la particolare poesia del «movimento errante».

8.1 Condividi il giudizio di Calvino? Spiega brevemente il tuo punto di vista facendo riferimento al contenuto del poema (episodi, personaggi, incontri, ecc.)

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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� ARIOSTO E IL SUO TEMPO

Storia

• Scoperta dell’America (1492).

• Discesa di Carlo VIII in Italia (1494).

• Riforma protestante (dieta di Augusta, 1530).

• Impero di Carlo V (1519-1558).

• Guerre tra Francia e Spagna per il controllo dell’Italia.

Società

• Crisi dei valori rinascimentali dovuta a guerre e sconvolgimenti politici.

• Crisi delle corti signorili.

Economia

• Economia mercantile su scala mondiale.

• Economia agricola ancora a carattere feudale.

Cultura

• Politica culturale delle corti e mecenatismo.

• L’intellettuale cortigiano.

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UNITÀ 12 LUDOVICO ARIOSTO

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� LUDOVICO ARIOSTO (1474-1533)

La vita

• Nasce a Reggio Emilia nel 1474.• Diviene intellettuale stipendiato alla

corte degli Estensi (1497).• Si fa chierico al servizio del cardinale

Ippolito d’Este (1503).• Passa al servizio di Alfonso I d’Este (1517).• È governatore della Garfagnana

(1522-1525).• Torna a Ferrara, dove muore nel 1533.

Il pensiero e la poetica

• Esaltazione degli ideali rinascimentali di armonia, eleganza e cortesia.

• Visione pessimistica della natura umana debole e preda delle passioni.

• La follia come rottura dell’equilibrio e dell’armonia rinascimentali.

Le opere

Opere in volgare più importanti

• Orlando furioso (1516-1532).• Genere, fonti e temi: il Furioso è un poema epico-cavalleresco di 46 canti in

ottave, dedicato al duca Ippolito d’Este. Le vicende dei personaggi si intrecciano (entrelacement) lungo tutto il poema. Motivo conduttore dell’opera è la quête (ricerca), che spinge i personaggi a muoversi continuamente alla ricerca di qualcuno o di qualcosa che non riescono mai a raggiungere.

• Altri temi principali sono la follia, l’amore, l’inganno e l’errore, il meraviglioso, la guerra e l’eroismo.

• Elementi caratteristici: secondo Ariosto il desiderio può annullare la ragione e la condizione umana è intricata e senza possibilità di uscita. Il Furioso si fa così specchio della decadenza dell’ideale rinascimentale di equilibrio e armonia.

• Stile: la struttura dell’ottava è equilibrata e armoniosa, la sintassi è complessa ma elegante e curata. • Satire (1517-1525 ca.).

Opere in prosa

• Cassaria (1508) e I suppositi (1509): commedie poi trasposte in endecasillabi sciolti. • Epistolario (a partire dal 1498): composto di 214 lettere.

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UNITÀ 13 NICCOLÒ MACHIAVELLI

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� LA VITA

1. Nasce a Firenze nel 1469.

2. Partecipa alla vita politica fiorentina dopo la cacciata dei Medici (1494).

3. Diviene segretario della seconda Cancelleria (1498) ed effettua numerose missioni diplomatiche.

4. In seguito al ritorno dei Medici (1512), viene allontanato dalle cariche pubbliche e si dedica all’attività letteraria a San Casciano.

5. Grazie al cardinale Giulio de’ Medici viene nominato storico ufficiale della Signoria (1525).

6. Muore a Firenze nel 1527.

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UNITÀ 13 NICCOLÒ MACHIAVELLI

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Opere politiche più importanti

Opere storiche più importanti

Opere letterarie più importanti

• Il principe (1513-1516): trattato in cui Machiavelli mostra quale debba essere il corretto comportamento del principe, riguardo alla conquista del potere, al suo mantenimento e alla solidità dello Stato. Per raggiungere questi obiettivi il principe deve utilizzare ogni mezzo, anche la forza e la crudeltà: il raggiungimento dei risultati giustifica l’eventuale male commesso.

• Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1513-1519): osservazioni di carattere politico e sociale sui primi dieci libri dell’opera dello storico latino Tito Livio, Ab Urbe condita. • Dell’arte della guerra (1519-1520): trattato in forma di dialogo incentrato sul problema dell’esercito e sulla necessità che esso sia composto da milizie cittadine e non mercenarie.

• Istorie�fiorentine (1525): opera in otto libri, scritta su commissione di Giulio de’ Medici, in cui si ricostruiscono i principali avvenimenti fiorentini dalla fine dell’Impero romano d’Occidente al 1492, anno della morte del Magnifico.

• L’asino (1516): poemetto allegorico in terzine, incompiuto.• La mandragola (1518): commedia che offre un amaro

spaccato della società fiorentina dell’epoca.• Belfagor arcidiavolo (1518?): novella incentrata sul tema

popolare della donna come fonte di guai. • Clizia (1525): commedia con numerosi spunti autobiografici.

• Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua (datazione e attribuzione incerte): il modello di volgare letterario va ricercato nel fiorentino parlato.

• Epistolario (1497-1527): raccolta di lettere indirizzate a familiari, amici e importanti personalità dell’epoca.

� LE OPERE

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1. La politica come scienza della «verità effettuale», svincolata dalla morale.

3. Concezione della storia come maestra di vita.

4. Binomio «virtù» e «fortuna»: il principe deve usare ogni mezzo («virtù») e saper cogliere il momento favorevole («fortuna»).

6. Preferenza per la lingua volgare.

� IL PENSIERO E LA POETICA

2. Sfiducia nel genere umano, visto come naturalmente incline al male.

5. La sicurezza dello Stato dipende dalle capacità («virtù») del principe che lo governa.

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NICCOLÒ MACHIAVELLI, LA NOTTE DEI TRAVESTIMENTI

ANALISI OPERATIVA

� LIVELLO TESTUALE

1. LA BEFFA

La beffa organizzata da Callimaco e Ligurio con l’aiuto di frate Timoteo ai danni di Nicia, giunge a compimento. Il giovane lascia i panni del medico, prende quelli del «garzonaccio» e finalmente si unirà a Lucrezia. Così si chiude l’atto e si consuma la sconfitta della stupidità, impersonata da Nicia.

1.1 Come possiamo definire il personaggio di Nicia?

□ borioso e sciocco □ presuntuoso e scaltro □ volgare e furbo

1.2 Leggi il testo: come appare Nicia agli occhi di Ligurio?

ligurio Non perdiam più tempo qui. Io voglio essere el capitano, e ordinare l’esercito per la giornata. Al destro corno1 sia preposto Callimaco, al sinistro io, intra le due corna starà qui el dottore2, Siro fia retroguardo per dare sussidio a quella banda che inclinassi3. El nome sia San Cucù4.

nicia Chi è San Cucù? ligurio È el più onorato santo che sia in Francia. Andiàn via, mettiàn l’aguato a

questo canto. State a udire: io sento un liuto.

1. Al destro corno: all’ala destra.2. intra le due corna... el dottore: tra le due ali («corna») starà il dottore. Allusione alla condizione di cornuto di Nicia, che lui non può cogliere.3. Siro… inclinassi: Siro farà da retroguardia per aiutare («dare sussidio») la parte («banda») che fosse in difficoltà («che inclinassi»). 4. San Cucù: cocu in francese, anche oggi, significa “cornuto”. E san Cucù è, come dice Ligurio nella battuta successiva, il più onorato santo di Francia.

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1.3 Come viene sconfitta la stupidità?

2. LIGURIO

Ligurio è il personaggio che tira le fila dell’intrigo, lo guida con determinazione e raggiunge l’obiettivo che si è prefisso. Egli persegue i propri scopi senza esitazioni, sa calcolare e prevedere ogni mossa con freddezza, è spregiudicato nell’agire e privo di scrupoli morali. Anche l’imprevisto non lo spinge a desistere dai suoi propositi.

2.1 Callimaco ha detto a Nicia che anche lui con gli altri avrebbe portato un uomo nel letto di Lucrezia. In che modo Ligurio permette a Callimaco di andare da Lucrezia, senza che Nicia si insospettisca della sua assenza?

□ inventa una scusa per giustificare l’assenza di Callimaco

□ fa travestire il frate da Callimaco

□ fa travestire Callimaco da dottore

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3. UN FRATE PARTICOLARE

Frate Timoteo presenta caratteristiche simili a quelle di Ligurio: è freddo e calcolatore, non si lascia fermare dalle norme morali, è lucido e intelligente. A differenza di Ligurio, che non agisce per il proprio tornaconto, frate Timoteo è mosso dall’interesse economico, dal denaro che ipocritamente fa credere destinato ai poveri. Questo personaggio si sofferma spesso a riflettere, traendo dagli eventi, di cui lui stesso è protagonista o artefice, alcuni principi di carattere generale: nella scena sesta, travestito e pronto all’inganno, osserva come le cattive compagnie portino gli uomini, buoni o malvagi, alle «forche». Ma, conclude – e con questo si dà conforto – quando una cosa è importante per molte persone, è necessario che molti se ne occupino.

3.1 Nella scena sesta fra’ Timoteo giustifica il proprio coinvolgimento e, quindi, anche se stesso. Evidenzia nel testo riportato sotto la frase in cui ti sembra più esplicito questo atteggiamento.

SCENA SESTA. Frate solo travestito E’ dicono el vero quelli che dicono che le cattive compagnie conducono gli uomini

alle forche, e molte volte uno càpita male, così per essere troppo facile5 e troppo buono, come per essere troppo tristo6. Dio sa che io non pensavo ad iniurare persona7, stavomi nella mia cella, dicevo el mio ufizio8, intrattenevo e’ mia devoti; capitommi inanzi questo diavolo di Ligurio, che mi fece intignere el dito in uno errore, donde io vi ho messo el braccio e tutta la persona9, e non so ancora dove io m’abbia a capitare. Pure mi conforto che quando una cosa importa a molti, molti ne hanno a avere cura. Ma ecco Ligurio e quel servo che tornono.

5. facile: disponibile.6. tristo: malvagio.7. iniurare persona: offendere nessuno.8. el mio ufizio: le mie preghiere.9. che mi fece... persona: che mi coinvolse nei suoi intrallazzi («mi fece intignere el dito in uno errore») e poi («donde») mi sono impegnato in prima persona («vi ho messo el braccio e tutta la persona»).

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3.2 Nella scena decima, Fra’ Timoteo ripete più volte il verbo “dormire”: leggi il testo e spiega come si può interpretare questa occorrenza.

SCENA DECIMA. Fra’ Timoteo solo E’ sono intanati in casa, e io me ne andrò al convento. E voi, spettatori, non ci

appuntate10: perché in questa notte non ci dormirà persona11, sì che gli Atti non sono interrotti dal tempo12. Io dirò l’ufizio. Ligurio e Siro ceneranno, ché non hanno mangiato oggi, el dottore andrà di camera in sala, perché la cucina vadia netta13. Callimaco e madonna Lucrezia non dormiranno, perché io so, se io fussi lui, e se voi fussi lei, che noi non dormiremmo.

10. appuntate: biasimate.11. persona: nessuno. 12. sì che…. tempo: si tratta di un’allusione alla regola aristotelica sull’unità di tempo.13. perché… netta: modo di dire che significa “per controllare che vada tutto per il meglio”; «netta», “pulita”.

� LIVELLO INTERTESTUALE

4. BEFFATI E BEFFATORI

Come avviene in altre pagine dell’opera, la dabbenaggine e l’ingenuità sono peccati imperdonabili nel mondo che Machiavelli va descrivendo. Perciò il modo crudele con cui la stupidità di Nicia viene beffata somiglia a una giusta punizione: certo, i beffatori possono essere individui spregevoli (si pensi al parassita Ligurio e al «mal vissuto» Timoteo), ma non si spreca mai pietà per colui che è vittima del loro gioco.

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4.1 Confronta la stupidità di Nicia e la cattiveria di Ligurio con la visione pessimistica della natura umana espressa nel Principe (vedi analisi operativa di Cesare Borgia) e scrivi le tue riflessioni.

Un altro tipico eroe machiavellico è Ligurio, che da un lato possiede le stesse virtù del principe, dall’altro rappresenta la corruzione e la disonestà della società del tempo, contro cui si rivolge la satira dell’autore.

4.2 Quali sono le virtù di Ligurio messe in luce da Machiavelli?

� LIVELLO EXTRATESTUALE

5. IL TEATRO DEL CINQUECENTO

Il Rinascimento conobbe una grande fioritura del genere della commedia che proprio con la Mandragola raggiunse la sua più alta espressione e originalità. L’argomento è scabroso, ma, secondo Attilio Momigliano, non scade mai nell’osceno come si riscontra in tante commedie dell’epoca.

Tutto nella Mandragola è semplice e grandioso, tutto è insieme realistico e lirico. Il Machiavelli ha ricavato in essa i maggiori effetti di quella sua personale poesia che consiste nel non intesser fregi al vero, nel non farsi illusioni. [...] La materia sudicia qui è librata continuamente nell’atmosfera cristallina e immobile della poesia [...]: il Machiavelli non ne è tocco, come ne sono tocchi invece il Bibbiena e il Bandello; non se ne diletta come uomo che si immagini mescolato in quella tresca e ordirla e goderne.

5.2 Approfondisci in un breve elaborato le linee essenziali del teatro rinascimentale, soffermandoti sulle caratteristiche più originali della Mandragola e utilizzando, se necessario, il giudizio di Momigliano.

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� MACHIAVELLI E IL SUO TEMPO

Storia

• Signoria di Lorenzo de’ Medici a Firenze (1469-1492).

• Discesa di Carlo VIII in Italia (1494).

• Declino politico delle signorie.

• Impero di Carlo V (1519-1558).

• Guerre tra Francia e Spagna per il controllo dell’Italia e tra Francia e Impero.

Società

• Crisi dei valori rinascimentali dovuta a guerre e sconvolgimenti politici.

Economia

• Economia mercantile su scala mondiale.

• Economia agricola ancora arretrata.

Cultura

• Interessi culturali delle corti Rinascimentali e mecenatismo.

• Affermazione della lingua volgare.

• Intellettuale cortigiano.

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� NICCOLÒ MACHIAVELLI (1469-1527)

La vita

• Nasce a Firenze nel 1469. • Partecipa alla vita politica fiorentina

dopo la cacciata dei Medici (1494). • In seguito al ritorno dei Medici

(1512), viene allontanato dalle cariche pubbliche.

• Viene nominato storico ufficiale della Signoria (1525).

• Muore a Firenze nel 1527.

Il pensiero e la poetica

• La politica come scienza della «verità effettuale», svincolata dalla morale.

• Sfiducia nel genere umano, visto come naturalmente incline al male.

• Binomio «virtù» e «fortuna»: il principe deve usare ogni mezzo («virtù») e saper cogliere il momento favorevole («fortuna»). Da questo atteggiamento dipende la sicurezza dello Stato.

Le opere

Opere politiche più importanti

• Il principe (1513-1516): trattato in cui Machiavelli mostra quale debba essere il corretto comportamento del principe, riguardo alla conquista del potere, al suo mantenimento e alla solidità dello Stato. Per raggiungere questi obiettivi il principe deve utilizzare ogni mezzo, anche la forza e la crudeltà: il raggiungimento dei risultati giustifica l’eventuale male commesso.

• Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1513-1519): osservazioni politiche e sociali sui primi 10 libri dell’opera dello storico latino Tito Livio, Ab Urbe condita.

Opere storiche più importanti

• �Istorie�fiorentine (1525): opera in otto libri, scritta su commissione di Giulio de’ Medici, in cui si ricostruiscono i principali avvenimenti fiorentini dalla fine dell’Impero romano d’Occidente al 1492, anno della morte del Magnifico.

Opere letterarie più importanti

• La mandragola (1518): commedia che offre un amaro spaccato della società fiorentina dell’epoca.

• Belfagor arcidiavolo (1518?): novella sul tema della donna come fonte di guai.• Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua (datazione e attribuzione incerte): il

modello di volgare letterario va ricercato nel fiorentino parlato.