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DIREZIONE GENERALE DELLE POLITICHE ESTERNE DELL'UNIONE DIPARTIMENTO TEMATICO RELAZIONI ESTERNE DGEXPO/B/PolDep/Note/2015_227 IT Luglio 2015-PE549.054 ©Unioneeuropea, 2015 ANALISI APPROFONDITA Il futuro della politica commerciale dell’Unione Europea Autore: Roberto BENDINI SINTESI Dopo anni di relativa stasi e di enfasi sulle negoziazioni multilaterali (OMC), l’Unione europea ha aperto un impressionamene numero di negoziazioni commerciali alcune delle quali sono state concluse con successo. La scena è attualmente dominata dalla negoziazioni con gli Stati Uniti (TTIP) e con il Giappone. Da esse dipenderà molto del successo dell’attuale Commissione. La strategia commerciale dell’Unione non potrà limitarsi ad aprire nuovi tavoli negoziali ma dovrà altresì garantire la corretta messa in opera degli accordi negoziati e lottare contro il sorgere di nuovi ostacoli non tariffari. L’Unione europea e i suoi organi dovranno inoltre essere capaci di convincere la società civile della correttezza del loro operato e ottenere il sostegno convinto degli Stati membri e dell’opinione pubblica ai nuovi accordi internazionali che gradualmente entreranno in vigore. Questo importante obiettivo non potrà essere raggiunto che se la politica commerciale dell’Unione sarà in grado di comprendere le aspirazioni degli europei e fornire delle risposte coerenti basate sulla difesa costante e incondizionata dell’interesse comune. Questa riflessione non coinvolge ovviamente soltanto la Commissione ma richiede un contributo fattivo e credibile da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

ANALISI APPROFONDITA Il futuro della politica commerciale ... · del loro operato e ottenere il sostegno convinto degli Stati membri e dell’opinione pubblica ai nuovi accordi internazionali

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DIREZIONE GENERALE DELLE POLITICHE ESTERNEDELL'UNIONE

DIPARTIMENTO TEMATICO RELAZIONIESTERNE

DG EXPO/B/PolDep/Note/2015_227 IT

Luglio 2015-PE 549.054 © Unione europea, 2015

ANALISI APPROFONDITA

Il futuro della politica commercialedell’Unione Europea

Autore: Roberto BENDINI

SINTESI

Dopo anni di relativa stasi e di enfasi sulle negoziazioni multilaterali (OMC), l’Unioneeuropea ha aperto un impressionamene numero di negoziazioni commerciali alcunedelle quali sono state concluse con successo. La scena è attualmente dominata dallanegoziazioni con gli Stati Uniti (TTIP) e con il Giappone. Da esse dipenderà molto delsuccesso dell’attuale Commissione.

La strategia commerciale dell’Unione non potrà limitarsi ad aprire nuovi tavolinegoziali ma dovrà altresì garantire la corretta messa in opera degli accordi negoziatie lottare contro il sorgere di nuovi ostacoli non tariffari. L’Unione europea e i suoiorgani dovranno inoltre essere capaci di convincere la società civile della correttezzadel loro operato e ottenere il sostegno convinto degli Stati membri e dell’opinionepubblica ai nuovi accordi internazionali che gradualmente entreranno in vigore.

Questo importante obiettivo non potrà essere raggiunto che se la politicacommerciale dell’Unione sarà in grado di comprendere le aspirazioni degli europei efornire delle risposte coerenti basate sulla difesa costante e incondizionatadell’interesse comune. Questa riflessione non coinvolge ovviamente soltanto laCommissione ma richiede un contributo fattivo e credibile da parte del Parlamentoeuropeo e del Consiglio.

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Dipartimento tematico Relazioni esterne

Il documento è un'iniziativa del dipartimento tematico, DG EXPO

Testo italiano ultimato il 26 giugno 2015

Traduzioni in FR DE EN

Stampato in Belgio

Assistenza editoriale: Jakub PRZETACZNIK

Eventuali osservazioni sono gradite e possono essere inviate al seguente indirizzo:

[email protected].

Per richiedere copie cartacee, inviare un'e-mail al seguente indirizzo: [email protected].

Il presente documento è disponibile sul sito intranet della direzione generale delle Politiche esterne

Le opinioni espresse nel presente documento sono di responsabilità esclusiva dell'autore/degli autori e non riflettononecessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo. Si rivolge ai membri e il personale del PE per agevolare illoro lavoro parlamentare. Riproduzione e traduzione autorizzate, salvo a fini commerciali, con menzione della fontenonché previa informazione dell'editore e invio di una copia a quest'ultimo.

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Il futuro della politica commerciale dell’Unione Europea

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Indice

Introduzione 4

1 Uno scenario profondamente mutato 4

2 La nuova politica commerciale dell’Unione europea 92.1 Una nuova strategia negoziale? 132.2 Politica industriale o politica estera? 142.3 La nuova generazione di accordi commerciali 16

3 Il quadro istituzionale 173.1 Relazioni con gli Stati Membri e il Consiglio 183.2 Ruolo del Parlamento 193.3 L’opinione pubblica 213.4 Valutazione degli accordi commerciali e delle proposte

legislative della commissione 23

Conclusioni 25

Bibliografia 27

Annex 28

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Introduzione

La Commissione europeapubblicherà nella secondametà del 2015 una nuovacomunicazione strategica inmateria di commercio

La Commissione europea pubblicherà a breve una nuova comunicazionestrategica che è destinata a ispirare l’azione dell’esecutivo comunitario neiprossimi anni. Dopo anni di relativa stasi e di enfasi sulle negoziazionimultilaterali (OMC), l’Unione europea ha aperto un impressionante numerodi negoziazioni commerciali alcune delle quali sono state concluse consuccesso. La scena è attualmente dominata dai negoziati con gli Stati Uniti(TTIP) e con il Giappone, da cui dipenderà molto del successo dell’attualeCommissione.

La strategia commerciale dell’Unione non potrà limitarsi ad aprire nuovitavoli negoziali ma dovrà altresì garantire la corretta messa in opera degliaccordi già in essere e lottare contro il sorgere di nuovi ostacoli non tariffari.L’Unione europea e i suoi organi dovranno inoltre essere capaci diconvincere la società civile della correttezza del loro operato e ottenere ilsostegno convinto degli Stati membri e parte dell’opinione pubblica ainuovi accordi internazionali che gradualmente entreranno in vigore.

Questo importante obiettivo potrà essere raggiunto solamente se lapolitica commerciale dell’Unione sarà in grado di comprendere leaspirazioni degli europei e fornire delle risposte coerenti basate sulla difesacostante e incondizionata dell’interesse comune. Questa riflessione noncoinvolge ovviamente soltanto la Commissione ma richiede un contributofattivo e credibile da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

1 Uno scenario profondamente mutato

Grazie al progressotecnologico il concettostesso di “commerciointernazionale” èprofondamente cambiatonegli ultimi anni

La politica commerciale dell'Unione Europea è cambiata profondamentenegli ultimi anni. Le negoziazioni commerciali hanno per molto temporiguardato soltanto il commercio di beni e la progressiva eliminazione delletariffe doganali. Il progresso tecnologico ha soltanto recentementepermesso di creare un genuino commercio di servizi a livello internazionalementre gli investimenti esteri sono rimasti nell'ambito di competenzaesclusiva dei singoli Stati Membri fino all’entrata in vigore del Trattato diLisbona.

L'esplosione degli scambi internazionali, l'introduzione di nuove tecnologiee la progressiva affermazione di sistemi di produzione integrati (lecosiddette "global value chains") hanno rivoluzionato il sistemacommerciale mondiale. L'Unione Europea ha certamente tratto beneficioda questa rivoluzione commerciale e tecnologica ma ne ha anche subito glieffetti non sempre positivi (de-industrializzazione, delocalizzazione,competizione spesso scorretta).

L’Unione europea habeneficiato del processo diGlobalizzazione in atto mane ha anche subito alcuneconseguenze negative

La progressiva affermazione di nuove potenze commerciali ha di fattomesso a dura prova il primato economico che l'Europa ha goduto da secoli.La persistente crisi finanziaria e la scarsa crescita economica hannocontribuito ad accelerare il declino economico del nostro continente. Perquanto l'Unione Europea sia ancora una potenza economica mondiale, il

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futuro riserva all'Europa un ruolo da comprimario piuttosto che daprotagonista.

Figura 1:Quote di commerciomondiale (in %)

Il metodo multilateraleimpersonato dall’OMC èentrato in una crisiprofonda

Il sistema commerciale multilaterale (GATT e, in seguito, WTO), una voltaco-gestito dagli Stati Uniti e dai paesi europei, è diventato il terreno discontro per interessi spesso divergenti e contradditori di paesi emergentiche non sempre accettano le regole del gioco. Il recente accordo di Bali(dicembre 2013) non deve illudere. Nella sua configurazione attuale il 'DohaDevelopment Round' è in fase di stallo e lo stesso WTO - che ha appenacompiuto 20 anni – è molto “invecchiato” e avrebbe bisogno di unaprofonda ristrutturazione e modernizzazione. Non vi sono tuttavia allo statole condizioni per lanciare una riflessione seria sul futuro del sistemacommerciale internazionale.

In risposta al persistente stallo in ambito multilaterale, l'Unione Europea hagradualmente e con grande riluttanza modificato la propria strategiacommerciale basata sul primato delle negoziazioni in sede WTO, aprendouna nuova fase basata su accordi bilaterali e plurilaterali il più importantedei quali è certamente quello con gli Stati Uniti (noto come TTIP, Trans-Atlantic Trade and Investment Partnership).

Gli accordi commerciali dinuova generazioneincludono anche servizi,investimenti e materie nondirettamente legate alcommercio

La stessa natura delle negoziazioni commerciali è profondamentecambiata. Le questioni doganali e tariffarie hanno infatti lasciato il posto adaccordi che prevedono una più forte cooperazione e approssimazione inmateria di standard tecnici e di scientifici. La nuova generazione di accordicommerciali non copre soltanto aspetti economici e commerciali ma ancheelementi quali la protezione dell’ambiente, la difesa degli standard sociali ela tutela dei valori culturali. Le cosiddette "barriere non tariffarie"1 avranno

1 Barriere non tariffarie (definizione) Misure di protezione, diverse dalle tariffe, che hanno loscopo di ridurre le importazioni (o le esportazioni). Possono consistere in restrizioniquantitative o in regole, applicate in modo tale da rendere impossibile, difficile o

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un ruolo crescente nella definizione delle priorità commerciali. I nuovitrattati commerciali avranno in futuro un aspetto del tutto differente daquello attuale e toccheranno materie tradizionalmente considerate al difuori della sfera commerciale. Questa "rivoluzione" avrà certamente unimpatto sul modo in cui le negoziazioni commerciali sono condotte e sullastruttura stessa del processo decisionale dell'Unione in materia.

L'economia dell'Unione Europea dipende grandemente dal commercio siainterno che con paesi terzi. L'Unione importa la maggior parte dell'energiae delle materie prime di cui ha bisogno ed esporta una vasta gamma diprodotti industriali, derrate agricole e beni di consumo. La progressivaintegrazione delle economie mondiali e il crollo dei costi di trasporto hafatto sì che la produzione e la commercializzazione di beni e servizi si siasempre più internazionalizzata. Il forte crollo degli scambi commercialiregistrato nel 2008-09 a seguito della crisi dei mutui "sub-prime" negli StatiUniti ha rivelato quanto interdipendenti siano diventate le economiemondiali.

Figura 2:Volume delle esportazionimondiali di merci e delprodotto interno lordo,2005-2012

Fonte: WTO International Trade Statistics 2013

Il sistema del commerciomondiale è assai fragile esottoposto a rischio in casodi urti esterni o di crisi

Le recenti crisi ai confini dell'Europa (Ucraina, Medio-Oriente) ma anche iconflitti latenti in aree più remote ma certamente strategiche per l'UnioneEuropea (le dispute nel Mar Cinese Meridionale e Orientale per esempio),possono avere un effetto estremamente negativo sulla performance

particolarmente costoso il loro recepimento e/o rispetto da parte dei produttori stranieri.Esempi: embarghi, quote all'import, restrizioni quantitative, licenze, barriere tecniche e distandard (fonte: Il Sole 24 Ore).

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generalizzate commerciale europea e in casi più estremi causare un danno ingenteall'economia dell'Unione nel suo complesso. In altre parole, laglobalizzazione ha permesso di moltiplicare gli scambi commerciali e diintegrare le economie nazionali a un livello che non ha precedenti nellastoria dell'umanità, ma ha reso il sistema commerciale mondiale ben piùfragile ed esposto a shock esterni di quanto non fosse in precedenza. Ciò èparticolarmente importante per l’Europa che, nonostante il relativo declino,resta comunque la prima potenza commerciale mondiale in termini discambi e d’investimenti.

La crisi economica, iniziata nel 2007 e non ancora completamente conclusa,ha danneggiato in modo serio l'economia europea ma anche quella di altripaesi. Contrariamente a quanto avvenuto negli anni '30 del secolo scorso,quando la Grande Depressione aveva avviato una spirale protezionista cheridusse di due terzi gli scambi commerciali mondiali (vedi sotto), non sonostate registrate misure di protezione tale da mettere in discussione il buonfunzionamento del sistema.

Dopo un promettente avvioil G20 sembra segnare ilpasso e il sistema manca diun organo di governanceaffidabile

Questo importante risultato è stato ottenuto grazie alla mobilitazionecongiunta delle maggiori economie mondiali (riunite nel gruppo del G 20)supportate dalle principali istituzioni economiche e finanziarie mondiali.Alla fine del decennio scorso, il G 20 sembrava essere in grado di rilanciare ilDDA e di garantire una maggiore trasparenza della grande finanzainternazionale. Sfortunatamente il G 20 sembra aver perso il suo slancio enon pare allo stato in grado di contribuire a rafforzare e riformare il sistemaeconomico e finanziario mondiale. Esiste quindi un "vuoto" di governance alivello mondiale che può avere delle conseguenze gravi qualora lasituazione economica e politica mondiale dovesse ulteriormentedeteriorarsi.

Alcuni scenari alternativi possono essere ipotizzati: (1) più globalizzazione;(2) meno globalizzazione (3) situazioni di conflitto latente e (4) conflittibellici su scala mondiale. La velocità del processo d'integrazione dipendesoprattutto dalla volontà degli stati di cooperare in materia economica ecommerciale e di trovare nuove intese (spesso bilaterali e plurilateralipiuttosto che multilaterali) che permettano la progressiva integrazionedell’economia mondiale. Il perdurare delle tensioni con la Russia e ilconfronto tra Cina e Stati Uniti nel Mar Cinese Meridionale potrebbero dareluogo a un conflitto latente che potrebbe danneggiare sensibilmente gliinteressi economici dell’Unione europea. Un conflitto aperto egeneralizzato in aree strategiche del globo potrebbe avere effettiincalcolabili sull’economia dell’Unione anche qualora gli stati europei nonsiano direttamente coinvolti.

La recente diminuzione deldeficit commerciale el’aumento delleesportazioni sono unacausa della crisi economica

L'economia europea come detto non ha ancora ritrovato lo smalto di untempo. La recessione ha ulteriormente eroso la base industriale delcontinente, ha comportato la perdita di milioni di posti di lavoro e ha avutoun impatto negativo sulla modernizzazione e competitività dell'economiaeuropea. Le differenze interne in materia di competitività si sonoaccentuate durante l’ultimo decennio. La domanda interna di beni e di

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servizi rimane depressa e il rischio di fenomeni deflazionistici non puòessere escluso. Il fatto che la bilancia commerciale europea sia attualmentein sensibile attivo non deve trarre in inganno. Mentre le esportazionicrescono o rimangono a livelli pre-crisi (anche grazie alla recentesvalutazione dell'euro e al calo del prezzo del petrolio), le importazionihanno subito una forte contrazione, segno che l'economia nel suocomplesso non è ancora tornata ai livelli precedenti alla crisi.

Il commercio estero puògiocare un ruolo chiave nelfuturo economicodell’Europa

In una situazione simile, l'apporto che il commercio estero può apportare alrisanamento dell'economia europea è vitale. La conquista di nuovi mercatiemergenti, la difesa dei prodotti di eccellenza europei e la lotta contro ognitipo di protezionismo sono ovviamente altrettante priorità per l'Unione e ipaesi che ne fanno parte. La crescita economica dell'Unione rimarrà neiprossimi anni su livelli più bassi di quelli pre-crisi, rendendo di fatto il ruolodel commercio estero ancor più centrale nella definizione delle politicheeconomiche dell'Unione. Si è spesso parlato del secolo XXI come del "secolodell'Asia" e, secondo le previsioni attuali, i paesi emergenti (specialmenteasiatici) contribuiranno in modo determinante alla crescita mondiale. Ilcentro economico del mondo si sta lentamente ma inesorabilmentespostando dall'oceano Atlantico a quello Pacifico e non sarà l’ancora incertoaccordo con gli Stati Uniti (TTIP) a restituire il ruolo centrale che l’Unioneeuropea ha goduto in materia commerciale negli ultimi decenni.

Secondo il WTO il “peso” dell’Unione europea in materia di scambiinternazionali potrebbe sensibilmente ridursi o (nel migliore dei casi)restare sui livelli pre-crisi (vedi tabella 1).

Figura 3:Esportazioni globali:percentuali nazionali eregionali (prezzi costanti del2004)

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Nella definizione dellapolitica commercialeoccorrerà prendere inmaggior conto elementicome la demografia,l’accesso alle materie primee all’energia e l’educazione

Altre variabili giocheranno un ruolo importante nel futuro del commerciointernazionale. Il mondo sta entrando in quella che il Premio Nobel PaulKrugman chiama una "transizione demografica". La caduta della natalità sista accentuando non soltanto nei paesi più industrializzati ma anche inmolti paesi emergenti. L’invecchiamento della popolazione, i fenomenimigratori, l’accesso all’educazione superiore in paesi in via di sviluppo, lapartecipazione delle donne al ciclo produttivo e l’emergenza di una forteclasse media al di fuori dei paesi industrializzati sono altrettanti fenomeniche avranno un inevitabile impatto sui flussi commerciali del XXI secolo.

L'accesso alle materie prime, all'acqua e alle fonti di energia diventerà ancorpiù importante. I paesi che avranno accesso ad abbondanti fonti di energiaa basso prezzo (potrebbe essere il caso degli Stati Uniti qualora la "shale gasrevolution" vada avanti) avranno un "vantaggio comparativo" sui paesi qualiquelli europei che sono quasi interamente dipendenti dall'importazione difonti di energia fossili. Il recente (e transitorio) crollo delle quotazioni delgreggio ha beneficiato l’economia europea nel suo complessorafforzandone la ripresa ma non vi è dubbio che il costo dell’energia sarà unelemento importante nel determinare la competitività del commercioestero europeo.

L’Europa deve ritrovare ilproprio primatotecnologico per poteressere competitiva nelmondo

Il progresso tecnologico è generalmente considerato uno dei motori dellacrescita economica. Il fenomeno della globalizzazione si basaessenzialmente sul progresso tecnologico che ha ridotto i tempi e i costi deltrasporto delle merci e delle persone e ha permesso di commercializzareservizi che fino a pochi anni fa non potevano essere venduti. Ciò hapermesso l’imponente sviluppo degli scambi registrato negli ultimi anni,imponendo tuttavia un ripensamento spesso radicale del concetto stesso dicommercio internazionale. Il primato tecnologico è altresì essenziale perconservare quella posizione di privilegio economico e commerciale di cuil’Europa ha goduto negli scorsi secoli. Ma sotto questo punto di vista lestatistiche rivelano il costante declino in materia di ricerca e svilupporegistrato negli ultimi decenni e la difficoltà per molti Stati Membri araggiungere i pur limitati obiettivi inclusi nella strategia EU 2020, lanciataalcuni anni orsono.

La nuova strategiadell’Unione dovrà dare dellerisposte chiare a questiinterrogativi piuttosto chelimitarsi a strategieconservatrici

I rapidi cambiamenti a cui stiamo assistendo richiedono una reazione fortee rapida e una strategia commerciale ma soprattutto economica dinamica emoderna. È importante dunque chiedersi se l’Unione europea siaequipaggiata a fare fronte a questi cambiamenti epocali e se vi sia laconsapevolezza che in ambito economico e commerciale si gioca molto delfuturo del nostro continente e dell’integrazione europea.

2 La nuova politica commerciale dell’Unione europea

Global Europe 2006: DalDDA all’esplosione deinegoziati bilaterali

L’impossibilità di concludere il ciclo di Doha (DDA) nonostante l’accordolimitato raggiunto a Bali nel dicembre 2013 ha avuto pesanti ripercussionisulla politica commerciale dell’Unione europea. Il progressivo distaccodall’approccio multilaterale preferito dalla Commissione europea e la

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contestuale apertura di un imponente numero di negoziati bilaterali daparte di alcuni concorrenti commerciali dell’Unione hanno imposto undrastico cambio di strategia.

Benché la Commissione europea avesse già negoziato numerosi accordi dilibero scambio (essenzialmente di beni) con paesi terzi, la maggior parte diessi riguardava paesi in via di sviluppo o paesi dell’area Mediterranea edell’Europa orientale. Le sole eccezioni riguardavano due paesi dell’Americalatina (il Cile e il Messico) e l’Africa del Sud. Anche in questi casi si trattavatuttavia di accordi con una valenza più politica che economica.

Il lancio della Comunicazione “Global Europe” (2006) ha segnato il gradualeabbandono dell’approccio multilaterale in favore di quello bilaterale oplurilaterale. Dopo un inizio stentato i tavoli negoziali aperti dallaCommissione europea si sono moltiplicati. Alcuni negoziati sono terminaticon l’entrata in vigore di accordi di libero scambio relativamente ambiziosi(Corea del Sud, Colombia e Peru) mentre altri negoziati sono stati conclusicon successo ma gli accordi non sono ancora entrati in vigore (Singapore,Canada).

La mappa riprodotta qui di seguito riassume lo stato delle negoziazioni incorso ma presenta alcuni aspetti fuorvianti. Le negoziazioni con alcunipaesi (Mercosur, Gulf Cooperation Council – GCC e India) sono di fattosospese mentre i negoziati con alcuni partner commerciali chiave sono benlontani dall’essere terminati (vedi il TTIP per esempio).

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Figura 4:Unione Europea: Accordi commerciali in vigore e in fase di negoziazione

Fonte: DG Trade (14 novembre 2014)

La strategia negoziale dellaCommissione copre buonaparte del mondo con alcuneimportanti eccezioni

Lo sforzo organizzativo profuso dalla Commissione è comunque lodevole,considerando sia la complessità dei nuovi accordi sia il fatto che molte dellenegoziazioni più recenti coinvolgono paesi industrializzati dotati diun’economia molto diversificata e con forti interessi commerciali sia attiviche passivi.2

Le poche eccezioni si spiegano sia per ragioni eminentemente politiche(Russia, Bielorussia) che per ragioni economiche maggiori (Cina ma ancheAustralia e Nuova Zelanda). Non è tuttavia escluso che una decisionepolitica o mutate circostanze internazionali non possano permetterel’apertura di nuovi negoziati non sempre previsti nei documenti strategicidella Commissione. I negoziati per un accordo di libero scambio con gliStati Uniti e il Giappone sono stati aperti appena qualche mese dopo che la

2 Un elemento che dovrebbe essere chiarito con la Commissione è se l’attuale sovra-esposizione permetta di seguire realmente i negoziati e il monitoraggio degli accordi già invigore in modo continuo ed efficace.

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Comunicazione della Commissione “Commercio, Sviluppo e AffariMondiali” (2011) ne aveva di fatto escluso la fattibilità nel breve periodo.

Il TTIP e l’accordo con ilGiappone saranno il verobaco di prova dellaCommissione Juncker

Non tutti i negoziati hanno lo stesso peso politico. Il successo della nuovastrategia commerciale dell’Unione dipenderà essenzialmente dal risultatodei negoziati con gli Stati Uniti e, in misura minore, con il Giappone. Perquanto importanti, gli altri negoziati aperti dalla Commissione non hannoné la medesima portata né la medesima rilevanza politica ed economica diquesti due accordi (vedi tabella allegata). Un'eventuale fallimento deinegoziati TTIP provocherebbe una vera e propria crisi istituzionale emetterebbe in pericolo il concetto stesso di politica commerciale comunecome emerso dal Trattato di Lisbona e da più di 30 anni di messa in operada parte della Commissione europea.

Figura 5:Impatto potenziale degliaccordi commerciali sul PIL,esportazioni e impiego

Come dimostrato daMercosur e GCC, concludereun accordo commercialenon è sempre facile eveloce

Altri negoziati importanti sono quelli che coinvolgono gli altri paesiemergenti, la cui crescita tumultuosa rappresenta una risorsa importanteper la ripresa economica in Europa. La Commissione ha aperto negoziaticon alcuni paesi dell’ASEAN3 (Vietnam, Tailandia, Malesia), con i paesi delMercosur e con l’India (attualmente in una fase di stallo). La Cinarappresenta un caso a parte. I negoziati per un accordo bilaterale sugliinvestimenti sono iniziati nel 2014 e hanno progredito abbastanzarapidamente mentre l’UE sembra riluttante a prendere in considerazionel’offerta cinese di concludere uno storico accordo di libero scambio.

La prossima comunicazione strategica della Commissione in materia dicommercio dovrà quindi tenere necessariamente conto dell’importantenumero di negoziati in corso e impegnarsi a concluderli rapidamente e consuccesso. Non si tratterà di un risultato scontato sia per le persistentidifficoltà politiche che influiscono su molti di questi negoziati sia per lareale complessità delle materie trattate.

3 I negoziati con Singapore sono terminati ma il processo di ratifica è fermo a causa delricorso introdotto dalla Commissione contro il Consiglio circa la base giuridica del trattato.

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2.1 Una nuova strategia negoziale?

La Cina e altri paesi dellaregione Asia Pacificopremono per aprirenegoziati commerciali conl’UE

La nuova comunicazione della Commissione dovrà certamente concentrarsisugli accordi attualmente in corso di negoziazione da cui dipendesostanzialmente il futuro della politica commerciale dell'Unione.

Sono numerosi gli stati che hanno recentemente espresso interesse aprirenuovi tavoli negoziali con l'Unione Europea. Il Mercato Unico rimanecomunque un irresistibile polo di attrazione per gli operatori economiciesteri i quali per varie ragioni considerano prioritario rafforzare o stabilireuna forte base commerciale in Europa. L'Australia e la Nuova Zelanda inparticolare nonostante la loro forte presenza sul mercato asiatico eamericano, sembrano riconsiderare la loro presenza in Europa e spingonoper un accordo che possa permettere loro di esportare i loro prodotti(essenzialmente agricoli nel nostro continente). Non si tratta di volumiimportanti ma il settore agro-alimentare è di per sé sensibile e l'UnioneEuropea potrebbe trarre vantaggio da questi accordi soltanto qualora sidotasse di una strategia coerente e chiara di penetrazione e rafforzamentodella sua presenza nella regione Asia-Pacifico.

Un’altra priorità dellaCommissione è valutareseriamente l’offerta cinesedi aprire un negoziatocommerciale globale

Diverso è il caso della Cina. La Cina rappresenta un'opportunità e una sfidasenza precedenti. La nuova generazione di accordi commerciali con paesiindustrializzati (in primis il TTIP) ha messo in luce tutta una serie diproblematiche negoziali legate soprattutto alla dimensione normativa deitrattati commerciali di ultima generazione mai trattate in precedenza. Uneventuale negoziato con la Cina potrebbe essere ancora più complesso ecarico d'incognite vista la vitalità e la competitività dell'economia cinese e lasua graduale modernizzazione e internazionalizzazione.

La Cina per ragioni geo-politiche ed economiche ha mostrato un forteinteresse ad aprire negoziati con l'Unione. L'accresciuta presenzastatunitense nel Pacifico, la negoziazione di mega-accordi regionali sia inAsia (TPP, Trans Pacific Partnership) che nell'emisfero Nord occidentale(TTIP) e il relativo sviluppo di nuovi paesi emergenti (specialmente nel Sud-Est Asiatico) che competono direttamente con Pechino, ha prodotto unforte impatto sull'esecutivo cinese. La Cina pur non abbandonando latradizionale politica volta a garantirsi l'accesso a fonti di energia e a materieprime e a rafforzare il proprio primato commerciale in Asia (anche inrelazione al crescente ruolo giocato dalle "global value chains", catene delvalore globale, nell'economia cinese) ha chiaramente optato per unastrategia commerciale che attribuisce all'accesso al mercato dei paesiindustrializzati e in primis all'Europa un ruolo ben più importante che inpassato. La visita del Presidente Xi Jingping nel marzo 2014 aveva appuntocome scopo principale quello di favorire l'apertura di negoziati verso uninedito accordo di libero scambio tra l'Unione Europea e la Cina.

La Cina attribuisce unacrescente importanza aduna accordo con l’UE inrisposta all’attivismo

La proposta cinese merita un'attenta valutazione. Per quanto sia evidenteche i tempi potrebbero non essere maturi per un accordo di questa portatacon un paese le cui dimensioni, potenzialità e capacità di crescita sonoenormi, lasciar cadere una simile offerta potrebbe essere un errore.

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negoziale degli Stati Uniti L'Unione potrebbe infatti cominciare il negoziato da una posizione di forzae imporre, come già fatto con il Giappone, alcune condizioni preliminari inmateria di accesso al mercato e rimozione della barriere non tariffarie piùinsidiose. D'altro canto, un accesso preferenziale al mercato cinesepotrebbe avere dei vantaggi comparativi notevoli in quanto potrebbepermettere di rafforzare la posizione dell'industria europea a scapito diquella dei propri concorrenti diretti e di introdurre, almeno parzialmentestandard e regolamenti tecnici europei. La conclusione di un simileaccordo non potrebbe non avere positive ricadute in termini di relazionipolitiche bilaterali con Pechino e rafforzerebbe naturalmente la posizionepolitica e commerciale europea nell'intero continente asiatico.

“West against the rest” o unaccordo tripartito?

Accordi come il TTIP e un eventuale accordo di libero scambio con la Cinanon sono evidentemente soltanto accordi commerciali. Riguardo al TTIP siè parlato di "NATO economica" suggerendo che la valenza commercialedell'accordo sia soltanto una componente e forse non la più importante deinegoziati in corso. Il concetto di "West against the rest" ("l'occidente controtutti") è pericoloso e non più di attualità, vista la progressiva multi-polarizzazione del mondo. L'Unione Europea potrà conseguire alcunivantaggi importanti dall'accordo con gli Stati Uniti qualora non siaobbligata a perdere parte della propria autonomia e del proprio margine dimanovra.

D'altro canto, sarebbe altresì opportuno riflettere seriamente su unastrategia regionale coerente in Asia ma anche in altri continenti e di cercare,nella misura del possibile, di evitare una situazione in cui l'Europa divengadi fatto il junior partner degli Stati Uniti ed sia incapace di formulare unastrategia commerciale coerente, aggressiva e moderna in rispostaall'attivismo dei nostri partner principali.

2.2 Politica industriale o politica estera?

La politica commerciale nonpuò servire obiettivi dipolitica estera e di politicaindustriale al medesimotempo

Il Trattato di Lisbona ha collocato la politica commerciale comunenell’ambito dell’azione esterna dell’Unione (articolo 207 TFUE): “La politicacommerciale comune è condotta nel quadro dei principi e obiettividell'azione esterna dell'Unione”.

È quindi evidente che la politica commerciale comune non può e non deveessere avulsa né dalle linee guida dall’azione esterna dell’Unione né dai suoiprincipi inspiratori previsti dall’Articolo 3(5) del trattato sull’UnioneEuropea:

5. Nelle relazioni con il resto del mondo l'Unione afferma e promuove i suoi valori einteressi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini. Contribuisce alla pace, allasicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciprocotra i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla tuteladei diritti umani, in particolare dei diritti del minore, e alla rigorosa osservanza eallo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi dellaCarta delle Nazioni Unite.

L’applicazione dell’articolo 3(5) TUE alla politica commerciale comune ha

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tuttavia delle implicazioni importanti che vanno tenute in considerazionenella definizione degli obiettivi economici e commerciali dell’Unione. Perquanto molti di questi elementi sono stati già inclusi nelle precedentinegoziazioni (per esempio: Accordi di Partenariato Economico con i paesidell’ACP - Africa Caraibi e Pacifico) o almeno se ne è tenuto conto, sarebbeopportuno che la nuova comunicazione chiarisse l’ambito di applicazionedi questi principi e ne garantisse una messa in opera coerente e costantenel tempo.

La politica commercialecomponente essenzialedella Strategia Europa 2020

La politica commerciale comune è tuttavia anche un pilastro irrinunciabiledella politica industriale ed economica dell’Unione. La ComunicazioneEuropa 2020 considera le relazioni economiche esterne un potenzialecatalizzatore della crescita economica e nella creazione di posti di lavoro inEuropa e riconosce la necessità di meglio coordinare le politiche esterne edinterne dell’Unione.

Nella Comunicazione in parola, la Commissione europea si è impegnata apromuovere l’Unione europea in modo più efficace sulla scena mondialecontribuendo attivamente a formare “il futuro ordine economico globale” ea difendere gli interessi europei nel mondo. La strategia Eu2020 si prefiggedi conseguire questi risultati:

Un miglior equilibrio traobiettivi politici edeconomici della politicacommerciale è necessarioper raggiungere risultatiapprezzabili

Rafforzando gli espetti esterni della politiche interne dell’Unione (comel’energia, i trasporti, l’agricoltura e la ricerca e sviluppo) e

Assicurando che il commercio estero e le politiche macro-economicheinternazionali siano perseguite in una maniera più efficiente ecoordinata.

Nella comunicazione, la Commissione riconosce che uno sforzo serio èrichiesto per assicurare che i servizi e i beni prodotti nell’Unione possanobeneficiare di un libero ed equo accesso ai mercati dei paesi emergenti inparticolare in quelli in cui la crescita economica sarà più forte e la domandapiù sostenuta. Ciò impone alla Commissione l’onere di adottare unastrategia di accesso al mercato più aggressiva e determinata e apromuovere iniziative (come dei tavoli tecnici) volte a combattere lebarriere non tariffarie e a garantire l’armonizzazione degli standard tecnici.

Si tratta in questo caso di obiettivi prettamente economici. In un similecontesto è importante che la nuova comunicazione chiarisca quale sial’equilibrio tra gli obiettivi “politici” dell’Unione e quelli economici e comeintenda portarli entrambi a compimento.

Questo dibattito è essenziale per poter valutare l’effettiva ampiezza dellastrategia proposta dalla Commissione e garantire che essa risponda aiprincipi ispiratori dell’Unione europea ma anche ai propri interessieconomici. Non si tratta di un esercizio facile. L’Unione europea èattualmente divisa tra paesi produttori (che tendono a seguire unapproccio più difensivo nelle relazioni commerciali estere) e paesiimportatori che prediligono una linea più liberale. Per quanto sia evidenteche non è opportuno difendere settori obsoleti e non più competitivi, èaltrettanto evidente che le scelte operate in materia di politica commerciale

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possono avere conseguenze importanti sulla competitività di specificisettori industriali, specialmente in presenza di comportamenti e misuredistorsive e protezionistiche poste in essere dai nostri partner commerciali.

Le grandi scelte ideologichee strategiche sottintesedalle proposte dellaCommissione devono farel’oggetto di una valutazionepiù approfondita

La Commissione ha sovente mostrato di preferire la liberalizzazione delsettore dei servizi (nei quali l’Europa è un leader indiscusso) a scapito disettori industriali a volte già toccati dalla crisi economica e del crollo delladomanda in Europa. Si tratta di una scelta legittima ma sarebbe tuttaviaopportuno che essa fosse discussa e approvata formalmente sia dalParlamento Europeo che dal Consiglio invece di essere “sottintesa” all’attodell’apertura delle negoziazioni o al momento della definizione delmandato negoziale da parte del Consiglio.

2.3 La nuova generazione di accordi commerciali

Gli accordi commerciali dinuova generazione sonomolto più completi maanche più complessivo diquelli che li hannopreceduti

Tradizionalmente gli accordi commerciali riguardavano la liberalizzazionedel commercio di beni tramite la riduzione o la rimozione di tariffe e quotedoganali. La nuova generazione di accordi è molto più complessa dellaprecedente e include capitoli importanti in materia di investimenti e diservizi.

I nuovi accordi commerciali non toccano tuttavia soltanto le barrieredoganali che per quanto riguarda i paesi industrializzati sono relativamenteridotte, ma anche e soprattutto gli standard tecnici e normativi (spessoconsiderati come delle vere e proprie barriere non tariffarie). In questo casol’onere per il negoziatore è più importante perché oltre a eliminarepotenziali ostacoli al commercio deve anche introdurre dei meccanismi chepossano permettere un’armonizzazione delle regole in questione e chepermettano dunque di estendere e rendere duraturi i vantaggi conseguitidalla negoziazione.

La definizione deglistandard tecnici e normativiè diventata il cuore dellenegoziazioni commercialimoderne

I nuovi accordi commerciali toccano quindi settori sensibili che sono statifinora considerati di esclusiva competenza dell’Unione e che concernonomaterie legate al Mercato unico e alle politiche generalmente definiteinterne. Nei casi in cui l’Unione europea impone i propri standard ai paesiterzi, la questione non si pone in quanto essi sono di fatto tenuti adaccettare il le regole europee senza poterlo per questo modificare. Laquestione cambia in modo radicale quando occorre negoziare con paesiindustrializzati e sviluppati. Il caso più eclatante è quello rappresentato dainegoziati con gli Stati Uniti (TTIP). L’Unione europea e gli Stati Uniti si sonosovente trovati in disaccordo circa alcuni standard tecnici e hanno fattospesso ricorso all’organo di risoluzione delle dispute dell’OMC per dirimerela controversia.

La Commissione dovràessere in grado dirassicurare circa il rischioche i nuovi accordiindeboliscano l’autonomiadell’Unione in materia di

Per quanto la Commissione abbia a più riprese assicurato che un eventualeaccordo con gli Stati Uniti non avrà ripercussioni sulla capacità di legiferarein autonomia dell’Unione, la mancanza di coesione e il potere di attrazionepolitica e economica degli Stati Uniti rende in teoria possibile unindebolimento del mercato unico. Questo è senz’altro un elemento che

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legislazione dovrà essere chiarito ulteriormente con la Commissione e che, se nonadeguatamente analizzato, potrebbe avere un impatto sui poteri e sulmargine di manovra del Parlamento europeo in materia legislativa.

La Commissione in passatonon si è distinta perl’elevato livello dicoordinazione interno

Un altro punto importante di questi accordi di seconda generazione è dinatura organizzativa. Trattandosi di materie di natura interna è inevitabileche altre Direzioni Generali (DGs) della Commissione affianchino laDirezione Generale per il Commercio (DG Trade) nel condurre lenegoziazioni. In passato, la coordinazione tra Direzioni Generali in materiadi commercio non è stata ideale come dimostrato dai frequenti dissensiespressi dalle DG per l’Agricoltura e per la politica doganale o industriale.La coordinazione interna è dunque un potenziale tallone d’Achille dellaCommissione ed è auspicabile che la riorganizzazione operata dalPresidente Juncker porti a dei risultati concreti (Maggiori dettagli in par. 3).

I oi accordi commercialirichiedono una revisioneorganizzativa anche daparte del Parlamento

Anche il Parlamento dovrà prendere in considerazione l’evoluzione degliaccordi internazionali in materia commerciale. Il ruolo della CommissioneCommercio Internazionale (INTA) non potrà non essere mantenuto masarebbe necessario garantire da un lato una più intensa cooperazione conla Commissione Affari Esteri (AFET) e dall’altro la responsabilizzazione delleCommissioni parlamentari che si occupano di politiche interne dell’Unionee che saranno ad un certo punto incaricati di mettere in opera l’accordoconcluso in base alle proprie competenze specifiche. In questo caso laproposta per una maggiore cooperazione tra Commissioni parlamentariavanzata alcuni mesi fa dal Gabinetto del Segretario Generale delParlamento non può che essere benvenuta.

3 Il quadro istituzionaleLa commissione continua agiocare un ruolo chiavenella definizione dellapolitica commercialeeuropea ma non ha semprevita facile

La Commissione Europea gioca un ruolo chiave nella definizione enell'esecuzione della politica commerciale comune (PCC). L'organoesecutivo dell'Unione mantiene un solido potere d'iniziativa in materialegislativa, rappresenta l'UE nel WTO ed è incaricata di condurre lenegoziazioni commerciali sia multilaterali che bilaterali. La DG Trade èresponsabile della politica commerciale dell'Unione in seno allaCommissione Europea.

La politica commerciale dell'Unione tradizionalmente tecnocratica (di fattoco-gestita in esclusiva dalla Commissione e dal Consiglio) è stata messa adura prova dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona che oltre adattribuire nuove competenze all'Unione Europea (specialmente in materiadi investimenti esteri diretti) ha garantito al Parlamento Europeo un ruolo dico-legislatore su un piede (quasi) partitario con il Consiglio.

Il Trattato di Lisbona ha sensibilmente accresciuto i poteri dell’UnioneEuropea in materia commerciale, togliendo agli Stati membri lacompetenza in materia di protezione degli investimenti esteri e di servizi egarantendo al Parlamento europeo un ruolo da protagonista nelladefinizione degli obiettivi e delle finalità della politica commerciale

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comune.

Il quadro di riferimento è tuttavia sostanzialmente mutato. LaCommissione nonostante i nuovi poteri guadagnati dal Trattato di Lisbonasi trova in una difficile situazione. La tradizionale divisione dei ruoli tra StatiMembri che garantivano la "copertura" politica all'esecutivo comunitario, ilquale a sua volta si occupava della messa in opera di questo mandatopolitico, è gradualmente venuta meno.

3.1 Relazioni con gli Stati Membri e il Consiglio

La Politica commercialeeuropea soffre dellamancanza di supportopolitico da parte degli Statimembri

La Commissione europea si è recentemente trovata in difficoltà di frontealla riluttanza e spesso all’ostilità mostrata da alcuni Stati membri asostenere politicamente alcune delle sue iniziative. Un caso esemplare èstato quello rappresentato dal trattato ACTA, prima fortemente voluto (oalmeno non avversato da nessun stato membro) e poi, una volta che lapressione dell’opinione pubblica si era fatta insostenibile, diventatoimprovvisamente “scomodo” e criticato da molti dei governi che l’avevanoin precedenza sostenuto.

Un altro caso è quello rappresentato dal negoziato TTIP che ha evidenziatouna volta di più il relativo isolamento della Commissione di fronte all’iper-attivismo di alcuni stati membri e alla critica spesso radicale di forticomponenti della società civile.

La Commissione ha inalcuni casi cercato di“forzare la mano” ailegislatori con risultatispesso negativi

La Commissione ha bisogno del supporto politico degli stati membri(specialmente di quelli più grandi e influenti) ma si trova a competere conloro sul piano politico-istituzionale. Una strategia più “aggressiva” dellacommissione e una politica dell’informazione più trasparente ed efficacesono condizioni necessarie per rafforzare il ruolo dell’esecutivo comunitarioe aumentarne il peso politico interno. Va ricordato che già in passato alcuneiniziative strenuamente difese dal Commissario in carica ma non condivisedal Consiglio e/o dal Parlamento si sono saldate in uno scacco cocente perl’esecutivo comunitario (vedi le riforme degli strumenti di difesacommerciale dell’Unione sotto i Commissari Mandelson e De Gucht) che inquesta occasione ha anche perso parte del credito che godeva presso ipropri interlocutori istituzionali. Sarebbe dunque opportuno che ad unastrategia più “audace” della Commissione si affianchino considerazionitattiche e strategiche dettate dal buon senso se non dalla ragion politica.

Gli Stati membri si sonoaccordi in ritardodell’importanza dellapolitica commerciale ecercano di “correre ai ripari”

Una simile strategia non può tuttavia non innervosire gli Stati membri chenonostante il trattato di Lisbona interferiscono in modo sempre piùpesante sulla determinazione delle politiche e sulle scelte dellaCommissione. Molti degli Stati membri hanno profondamentesottostimato l’importanza del commercio internazionale sia nelle lororelazioni esterne che nelle loro dinamiche politiche interne e sono per cosìdire “corsi al riparo”.

Il tentativo neppure troppo velato di impedire che l’Unione europea e i suoiorgani decidano da soli sui trattati commerciali internazionali è evidente.

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L’inserzione di clausole e di articoli spesso fuori dal contesto dell’accordo inquestione (vedi il “Trade Agreement” con Colombia e Peru) per trasformarequesti trattati in accordi misti, sottoposti cioè al processo di ratificazionenazionale, è diventata la regola più che l’eccezione. La Commissione puraccettando a denti stretti questo stato di cose ha mostrato insofferenza eha recentemente attaccato il Consiglio davanti alla Corte di Giustizia inrelazione alla contestata natura dell’accordo commerciale con Singapore(per quanto riguarda il capitolo investimenti esteri).

Nei prossimi anni, la Commissione europea dovrà quindi cercare di rivederele proprie relazioni con gli Stati Membri mirando nella misura del possibilead associarli più strettamente alle decisioni politiche (specie quelle piùscomode e controverse) senza per questo rinunciare alle proprieattribuzioni e al principio fondamentale che la politica commercialecomune è una competenza esclusiva dell’Unione Europea.

Un punto importante è quello rappresentato dalla lingua usata nellacomunicazione della Commissione. La traduzione in tutte le lingue ufficialidei documenti più importanti relativi alla politica commerciale per quantocostosa potrebbe servire a rendere questi documenti più accessibili anche acoloro che non parlano fluentemente l’inglese (o in casi limitati il francese eil tedesco).

3.2 Ruolo del Parlamento

Il Parlamento gioca un ruolocrescente nella politicacommerciale ma ha ancoramargini di miglioramento

Il Parlamento europeo ha visto il proprio ruolo rafforzarsi grandementedopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona grazie ai nuovi poteri (co-legislatore su un piano di quasi-uguaglianza con il Consiglio e potere diconsenso sui trattati internazionali) ad esso conferiti.

Contrariamente alle previsioni di molti commentatori, il Parlamento haprivilegiato un atteggiamento responsabile che ha permesso una graduale“democraticizzatone” del dibattito europeo in materia di commerciointernazionale. Nonostante alcuni episodi di dissenso e qualche sporadicoscontro (cfr. il caso ACTA o l’agonizzante riforma degli strumenti di difesacommerciale), le relazioni tra Parlamento e Commissione sono stategeneralmente buone e hanno permesso un reale progresso della politicacommerciale comune. Il quadro non è tuttavia cosi positivo come potrebbea prima vista sembrare.

Le elezioni del 2014 hanno visto il successo di formazioni euroscettiche espesso contrarie ideologicamente alla politica di “libero commercio” difesadalla commissione. Questa deriva potrebbe a lungo andare influenzare ilruolo e l’azione del parlamento in materia commerciale a meno che le forzepolitiche tradizionali non siano determinate a difendere alcune posizioni diprincipio ben definite.

La Commissione ha in parteadattato la sua strategia allerichieste legittime del

La Commissione ha ben capito l’importanza di allargare la base di consensoche la politica commerciale gode nel nostro parlamento inserendoelementi negoziali non commerciali (promozione dei diritti dell’uomo,difesa dei diritti sindacali, protezione dell’ambiente, etc.) che sono

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Parlamento fortemente sostenuti da alcune forza politiche moderate e/o riformiste manon necessariamente e incondizionatamente pronte a sottoscrivere ledecisioni della Commissione in materia di commercio.

Il Parlamento può ancorarafforzare sensibilmente ilproprio e diventare un veropunto di riferimento perl’opinione pubblica

Rafforzare il proprio ruolo discrutinio della politicacommerciale dell’Unione

Dettare l’agenda politicainvece che reagire alleproposte dellaCommissione

Verificare la messa in operadelle politiche comunitarie

Aumentare il livello dicompetenza del Parlamento

La Commissione ha quindi tutto l’interesse a mantenere e rafforzare ilegami con il Parlamento ma ciò non può avvenire che a scapito dei ben piùsensibili rapporti con il Consiglio e con gli Stati Membri. La ricerca di unequilibrio istituzionale dinamico e funzionale sarà con ogni probabilità unodei principali obiettivi della Commissione Juncker.

In questo contesto è lecito chiedersi che cosa possa fare il Parlamento perrafforzare ulteriormente il proprio ruolo e accreditarsi come uninterlocutore credibile non solo della Commissione e del Consiglio maanche e soprattutto dell’opinione pubblica:

1) Rafforzare il proprio ruolo di scrutinio della politica commercialedell’Unione

I dibattiti a porte chiuse con il Commissario e il Direttore generaleper il commercio sono diventati la regola. Ma questi dibatti perquanto importanti e politicamente sensibili dovrebbero esseremeglio preparati e inquadrati in un’azione di monitoraggio e divalutazione politica dell’operato della Commissione di più ampiorespiro;

2) Dettare l’agenda politica invece che reagire alle proposte dellaCommissione

Seppure la Commissione ha in materia di politica commercialel’importante diritto di iniziativa, è altrettanto evidente che ilparlamento non dovrebbe limitarsi a “replicare” alle propostedell’esecutivo ma dovrebbe essere in grado di dettare la proprialinea politica preventivamente concentrandosi sui principi e sullescelte fondamentali che la politica commerciale comporta sia inpolitica estera che nella sua dimensione interna;

3) Verificare la messa in opera fedele delle politiche comunitarie

La nuova sfida che aspetta il parlamento non sarà soltanto quella –mediatica – di seguire e eventualmente approvare i grandi accordiinternazionali. Sarà al contrario importante garantire uno scrutiniodemocratico anche per la messa in opera degli accordi già esistenti.Questo esercizio, ancora embrionale, diventerà con tuttaprobabilità l’ambito principale di attività della Commissione INTA erichiederà una particolare disciplina da parte dei membri oltre cheuna riorganizzazione profonda dei metodi di lavoro finora seguiti.

4) Aumentare il livello di competenza del Parlamentoe la sua capacitàdi anticipazione

Il Parlamento ha fatto un importante sforzo organizzativo percoprire le nuove competenze in materia commerciale e le attivitàdella Commissione europea. Il segretariato INTA è più cheraddoppiato in cinque anni e il servizi tecnici di supporto, Servizio

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Giuridico, Dipartimento tematico e Servizio ricerca del Parlamento(“EPRS”) sono stati altresì rafforzati. Ciò ha permesso una coperturapiù precisa ed assidua di un settore conosciuto per la sua tecnicità ecomplessità.

Nonostante questa importante riorganizzazione, il Parlamento è benlontano dal poter competere ad armi pari con la Direzione GeneraleCommercio della Commissione e con i servizi tecnici degli stati membrispecie quelli più grandi. Allo stato attuale i servizi possono coprire le grandilinee della politica commerciale ma non hanno né i mezzi né la competenzatecnica per garantire una copertura del dettaglio delle proposte legislativee dei grandi accordi internazionali neppure facendo ricorso a contrattantiesterni. Questa situazione, che è comune a molti stati membri, dovrebbeessere presa in più seria considerazione nella definizione delle priorità delParlamento in materia di commercio estero.

Alcuni correttivi potrebbero essere facilmente posti in essere:

a) Investire sulla specializzazione del personale e favorire un piùintenso scambio di informazioni (anche confidenziali) e dibuone pratiche tra i Servizi interessati.

b) Garantire una copertura “tecnica” di tutte le proposte ecomunicazioni provenienti dalla Commissione e di tutte quellequestioni che pur non interessando direttamente l’Unioneposso produrre un impatto importante sugli interessi economicie politici dell’UE.

Rafforzare ulteriormente i legami con gli analoghi organi dellaCommissione e degli Stati membri, creando nella misura del possibile“gruppi di lavoro” volti a valutare le proposte della Commissione già in fasedi concezione e di finalizzazione.

3.3 L’opinione pubblica

La politica commercialeeuropea è seguita da unnumero crescente dicittadini europei

In passato la politica commerciale dell’Unione europea è statacontraddistinta da un elevato livello di tecnicità e da una gestione spessopoco trasparente delle negoziazioni. La maggior parte dei negoziati nonattirava l’interesse dell’opinione pubblica e l’attenzione dei media. Soltantogruppi di pressione sia economico-finanziari che del terzo settore(organizzazioni non governative) sembravano interessate alla definizione ealla messa in opera della politica commerciale comune. Il processodecisionale era interamente nella mani del Consiglio che decideva inmaniera spesso rapida e, spesso, senza veramente coinvolgere i parlamentinazionali anche quando questi erano chiamati a ratificare importantiaccordi internazionali.

il futuro della politicacommerciale dipenderàcapacità delle istituzionieuropee di spiegare e di far

Il Trattato di Lisbona ha cambiato le cose gettando le basi per una politicacommerciale comune più trasparente e democratica. L’opinione pubblica èsempre più interessata alle dinamiche della globalizzazione e ai grandiaccordi internazionali che vengono attualmente negoziati. Seppure

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accettare le grandi linee delprocesso di integrazioneeconomica in corso

l’opposizione si è spesso dimostrata ideologica e spesso non molto beninformata, non vi è dubbio che il futuro della politica commercialedell’Unione dipenderà come non mai dalla capacità delle istituzionieuropee di spiegare e di far accettare le grandi linee del processo diintegrazione economica attualmente in corso. L’uso delle nuove tecnologiee dei c.d. “social media” ha reso possibile una diffusione senza precedentidell’informazione e ha permesso la creazione di nuovi centri diaggregazione della società civile che hanno già dimostrato di essere capacidi influenzare il processo decisionale in materia commerciale (vedi il casoACTA).

La Comunicazione dellaCommissione per quantomigliorata resta deficitaria

La Commissione ha ben compreso l’importanza della posta in gioco e sirelativamente aperta alla società civile cercando di creare una base diconsenso più ampia per le proprie iniziative e cercando un contatto conl’opinione pubblica diretto e non più mediato dai governi nazionali. Laqualità e la quantità delle informazioni disponibili sul sito dellaCommissione è decisamente migliorata e la qualità della comunicazione(precedentemente molto deficitaria) è molto migliorata. Per quantoapprezzabili questi sforzi non sono tuttavia sufficienti.

Il ruolo preminentedell’Unione in materiacommerciale è spesso“usurpato” dagli Statimembri

L’opinione pubblica (non sempre a ragione) ha mostrato di avere una scarsastima dell’esecutivo comunitario, il quale, a sua volta, si vede spessocontraddetto se non cancellato dalla ben più incisive capacità dicomunicazione degli Stati membri. Questa situazione di per séinaccettabile produce risultati negativi sia in Europa che nei paesi terzi.Come accade in altri settori di competenza dell’Unione, in molti statimembri il ruolo dell’Unione europea è spesso minimizzato quando si trattadi attribuirsi uno o più successi mentre è eccessivamente enfatizzatoquando, per varie ragioni, non si raggiungono i risultati ottenuti o si devefare fronte a una forte critica interna anche quando gli stati membri hannoin precedenza supportato o addirittura fatto pressioni affinché unadeterminata proposta legislativa e non vedesse la luce.

La mancanza di chiarezzasulla suddivisione dei ruoliha un impatto negativo nonsolo all’interno dell’Unionema anche presso i suoipartner esterni

Questo stato di cose, non soltanto non permette ai cittadini europei direndersi conto in modo chiaro di quali siano le reali responsabilità in ambitocomunitario ma produce anche gravi effetti di immagine all’estero. In molticasi, l’attivismo di alcuni capi di stato e di governo che si impegnounilateralmente nei confronti dei partner esteri dell’Unione ad ottenere undeterminato risultato (vedi per esempio lo statuto di economia di mercatoper la Cina o l’apertura di negoziazioni commerciali con altri paesi terzi) perquanto comprensibile nuoce al ruolo e all’immagine dell’Unione europeanel mondo. Molti interlocutori esteri sono spesso confusi dall’incapacitàdell’Unione di parlare con una sola voce e dalla molteplicità di messaggi,spesso contradditori, che sono quotidianamente lanciati. La Commissione ètuttavia troppo debole e dipendente dagli stati membri per poterrealmente opporsi a questo inaccettabile stato di cose.

La posizione del Consiglio è per le ragioni appena menzionate ben piùdefilata. Il Consiglio in quanto entità unica non sembra pronto a prenderein considerazione le aspirazioni e i desideri dell’opinione pubblica e lascia

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ampio margine ai governi nazionali. In ambito nazionale tuttavia la qualitàdel dibattito, anche parlamentare, è spesso insufficiente e frammentaria esovente influenzata da questioni di politica interna o di interesse locale.

Il parlamento ha posto latrasparenza e la accessibilitàal centro del propriooperato

Il Parlamento europeo ha fatto alcuni sforzi per poter dare delle rispostechiare e convincenti all’opinione pubblica. Il sito del parlamento permettedi seguire in dettaglio le attività dell’Istituzione e il contatto con la societàcivile è permanente e spesso estremamente fruttuoso. Nella scorsalegislatura, la Commissione INTA sotto la presidenza del professor VitalMoreira ha investito importanti risorse nella comunicazione aprendo peresempio l’accesso ai cosiddetti Workshop anche ai cittadini che caso piùunico che raro era messi nella posizione di partecipare attivamente ai lavoriparlamentari spesso in presenza del Commissario al commercio e di ospitiaccademici di alto livello.

La vera sfida per ilParlamento è quella disaper parlare ai cittadinirassicurandoli e garantendoche le loro legittimeaspirazioni non venganodimenticate

Nella società di internetl’Unione dovrà essere ingrado di resistere apotenziali “manipolazioni”da parte di gruppi dipressione ben orchestratima minoritari

Il Parlamento dovrebbe quindi investire ulteriormente sulla sua immagine esulla comunicazione rendendo le proprie attività ancora più aperte eaccessibili al grande pubblico. A parte i sopracitati workshop potrebbeessere importante considerare l’organizzazione di conferenze internazionalidi alto livello e aumentare il numero di pubblicazioni tecnico-divulgativedisponibili su internet. Sarebbe inoltre importante associare piùstrettamente ai lavori i parlamenti nazionali degli Stati membri i quali, puravendo in ambito commerciale un ruolo limitato da giocare, potrebberofare da ponte tra le istituzioni di Bruxelles e i cittadini. Sarebbe inoltreimportante lanciare dei sondaggi autonomi (rispetto a quelli di tanto intanto promossi dalla Commissione) per verificare l’opinione e gliorientamenti dell’opinione pubblica in materia. In altre parole per averesuccesso il Parlamento deve far entrare maggiormente i cittadini nelle suesedi o in alternativa uscire da Bruxelles e andare incontro ai cittadiniaccreditandosi come il loro interlocutore principale e il garante dellapolitica commerciale in Europa. Se il Parlamento sarà capace di ottenerequesto importante risultato vedrà accrescersi in modo sensibile il proprioruolo e la propria capacità di influenzare la politica commercialedell’Unione.

Il Parlamento non deve tuttavia dipendere eccessivamente dagli umori edalla pretese di gruppi spesso minoritari della società civile. L’unica istanzademocratica europea dovrebbe invece rafforzare il proprio ruolo dirappresentate e di garante delle aspirazioni degli europei i quali, adifferenza di altre organizzazioni non democraticamente elette, ha ricevutoil proprio mandato direttamente dai cittadini. Credibilità e visibilità sono lecondizioni per poter conseguire questo importante risultato.

3.4 Valutazione degli accordi commerciali e delle proposte legislativedella commissione

La politica commerciale peressere credibile deve avere

Attualmente la Commissione prepara un “impact assessment” sulle nuoveproposte legislative che intende presentare al Consiglio e al Parlamento.Non si tratta in molti casi di documenti dettagliati e analitici e l’impressione

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una base tecnica più seria econdivisa

è quella che essi siano per così dire “self serving”, piegati cioè alla tesi difesadalla Commissione. Per quanto la pratica delle valutazioni di impatto siacentralizzata a livello di Segretariato Generale e rappresenti un passo avantirispetto al passato, questo sistema è lacunoso e meriterebbe di essererivisto e rafforzato.

Nel caso di accordi internazionali, la Commissione si affida a contrattantiesterni (spesso consorzi di università) il cui mandato è quello di produrreuno studio di impatto sostenibile (“Sustainability Impact Assessment”).Questi studi spesso complessi e dettagliati forniscono alcune indicazioniutili sugli effetti previsti da un accordo internazionale ma sono di tuttaevidenza basati su criteri e formule matematiche che rimangonocomunque imprecisi e soggetti agli avvenimenti politici e economicisuccessivi alla loro finalizzazione.

L’analisi d’impatto ex post èessenziale per valutare ireali effetti dellaliberalizzazionecommerciale

Per lungo tempo la Commissione non ha prodotto analisi d’impatto ex post.Questa decisione recentemente corretta non permetteva di verificare lareale incidenza degli accordi internazionali firmati dall’Unione con i paesiterzi né di verificare che le ipotesi contenute negli studi ex ante fosserosufficientemente accurate. La recente decisione di esaminare gli effettidegli accordi di libero scambio con il Messico e il Cile è dunque positiva edovrebbe diventare la regola per ogni accordo concluso dall’Unione.4

La Commissione potrebbe tuttavia andare oltre e prendere inconsiderazione la creazione di una sorta di piattaforma accademica gestitadal contrattante selezionato dalla Commissione e dall’esecutivocomunitario stesso ma aperta anche al dibattito e al dialogo permanentecon altri esperti e esponenti accademici che desiderino essere associatiall’esercizio in parola. Una simile piattaforma accademica non soltantoavrebbe il merito di rilanciare il dibattito sulla politica commerciale inambito accademico ma potrebbe contribuire a migliorare la politicacommerciale dell’Unione rendendola meno arbitraria e discrezionale.

Da una valutazione diimpatto statica ad unadinamica e condivisa

La valutazione d’impattodeve anche analizzare gliaspetti “interni” della

L’analisi inoltre non dovrebbe essere statica (fotografare cioè la situazioneal momento della finalizzazione dello studio) ma dinamica e quindi poteressere modificata qualora i parametri di base siano modificati da sviluppisuccessivi e non previsibili. Allo stesso modo una simile analisi dovrebbeessere disponibile nel corso delle negoziazioni e al momento in cui laproposta legislativa o il trattato vengono votati. Sotto questo punto di vistauna qualche forma di cooperazione inter-istituzionale potrebbe rivelarsinon solo utile ma anche necessaria al successo dell’iniziativa.5

Un elemento essenziale dell’analisi in parola dovrebbe essere quello

4 La Corte dei Conti ha recentemente criticato l’operato della Commissione concludendoche gli accordi preferenziali dell’Unione non sono sempre monitorati in modo ideale e haproposto diversi correttivi alcuni dei quali sono stati presi in conto dalla Commissione.5 La Commissione ha recentemente abbordato questo problema cercando di correggerealcune delle distorsioni descritte in questo capitolo ma la riforma non é ancora entrata invigore.

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politica commerciale epermetterne se del caso lacorrezione

dell’impatto sull’economia europea non solo nel suo complesso ma a livellodi settore e di stato membro ed evidenziare eventuali settori e categorie dilavoratori danneggiati dall’accordo in parola. 6

Conclusioni

L’Unione europea deverivedere la propria politicacommerciale per poterrestare al passo con i suoipartner

L’Unione europea sarà chiamata nei prossimi anni a rivedere la propriastrategia commerciale. Il relativo declino economico dell’Unione el’emergere di nuove potenze commerciali rendono necessaria una piùintensa integrazione economica e, indirettamente, politica.

La crisi del metodo multilaterale impersonato dall’OMC ha aperto la via auna serie impressionamene di negoziazioni bilaterali e plurilaterali.L’Unione europea dopo un inizio stentato ha decisamente imboccato lastrada del negoziato bilaterale non solo con partner tradizionali ma anche esoprattutto con paesi industrializzati e emergenti. Nonostante l’elevatonumero di negoziati in corso, non vi è dubbio che il successo dellaCommissione Juncker dipenderà essenzialmente dalla capacità diconcludere un accordo soddisfacente con gli Stati Uniti e con il Giappone.

La messa in opera degliaccordi commerciali è lanuova priorità dellaCommissione.

La priorità della politica commerciale comune non sarà più l’apertura dinuovi tavoli negoziali quanto piuttosto la conclusione e la messa in opera dinegoziati già aperti. Una parte importante delle risorse della DG Tradedovranno quindi essere dedicate al monitoraggio degli accordi di liberoscambio al fine di evitare che nuove barriere non tariffarie siano introdottedai nostri partner commerciali in spregio agli accordi conclusi. LaCommissione dovrà tuttavia dare delle risposte convincenti alle richiestedella Cina di aprire un accordo di libero scambio che per importanza esensibilità politica non è certo inferiore al TTIP. Una simile scelta dovràtenere conto non solo degli attuali flussi commerciali e del bisogno perl’Unione di aprire i mercati dei paesi emergenti piuttosto che di rafforzare lapropria posizione in mercati maturi come quello degli Stati Uniti. Dal puntodi vista politico bisognerà decidere se divenire un partner ancora più legatoa Washington (creando quella che è stata definita una “NATO economica”)o se sarebbe invece opportuno giocare in modo più spregiudicatocercando di ottenere un vantaggio competitivo nei confronti dei nostricompetitori diretti.

6 Un accordo commerciale è se ben negoziato suscettibile di apportare un vantaggio adentrambi i contraenti. Questi accordi possono tuttavia avere dei risultati negativi su alcunecategorie di lavoratori, su alcuni settori economici specifici o su alcune aree determinatedell’Unione. SI tratta in genere dei lavoratori meno qualificati, delle donne e dei settorimeno competitivi specie in ambito industriale. Ad oggi l’Unione europea garantisce unammontare limitato di aiuti finanziari (sottoposto a condizioni alquanto stringenti) tramitelo European Globalisation Adjustment Fund (recentemente esteso alle vittime della crisieconomica). Una simile analisi se accompagnata da un’adeguata volontà politica potrebbeda un lato correggere le peggiori distorsioni della altrimenti positiva liberalizzazionecommerciale ma potrebbe altresì garantire un supporto più convinto da parte dell’opinionepubblica (spesso spaventata dai rischi che l’entrata in vigore di nuovi accordi commercialicomporta).

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Le competenze istituzionaliuscite dal trattato diLisbona devono esseremeglio chiarite

Per fare questo è tuttavia necessario procedere senza ritardo a unchiarimento delle rispettive competenze istituzionali a livello dell’Unione ein relazione ai singoli Stati membri cosi come determinate dal Trattato diLisbona. La Commissione dovrà assicurare il delicato equilibrio tra la sueaspirazioni di autonomia, le pretese non sempre giustificate degli Statimembri e il crescente ruolo politico giocato dal Parlamento europeo. LaCommissione non avrà vita facile vista lo scarso supporto politico e l’ostilità,spesso ideologica, di una parte dell’opinione pubblica. Sotto questo puntodi vista sarà necessario investire in una politica di comunicazione piùefficace e generalizzata che permetta una migliore comprensione dellequestioni commerciali e un più convinto supporto politico e istituzionale.

Il parlamento devecontinuare la propria operadi democraticizzatone dellapolitica commerciale ediventare l’interlocutoreprivilegiato dell’opinionepubblica europea

Per quanto riguarda il Parlamento, il periodo che si apre dovrà vederenecessariamente un rafforzamento del proprio ruolo di scrutinio e divalutazione delle politiche e delle iniziative dell’Unione in materia dicommercio estero. Il Parlamento dovrà non soltanto essere capace dirispondere in maniera rapida e efficace alle sollecitazioni dellaCommissione ma anche e soprattutto diventare il cuore di una nuovapolitica commerciale più democratica e trasparente. Per la nostraistituzione la sfida reale è quella di sapersi accreditare come l’unica e veraistanza democratica a livello comunitario in materia di commercio estero edi conquistare la fiducia dei cittadini europei nel mandato che hannoconferito ai loro deputati.

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Il futuro della politica commerciale dell’Unione Europea

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BibliografiaRoberto Bendini, The European Union’s trade policy, five years after theLisbon Treaty (2014)

Roberto Bendini, Marika Armanovica, The role of the EP in shaping the EU’strade policy after the entry into force of the Treaty of Lisbon (2014)

Roberto Bendini, EU and US trade policy and its global Implications (TPP,TTIP and China) (2014)

Jean-Claude Juncker, Political Guidelines for the next EuropeanCommission (Strasburgo 22 ottobre 2014)

Stephen Woolcock, The impact of mega regional agreements oninternational investment rules and norms (2015)

European Commission, Singapore: The Commission to Request a Court ofJustice Opinion on the trade deal (2014)

European Commission, Concept Paper, Investment in TTIP and beyond –the path for reform. Enhancing the right to regulate and moving fromcurrent ad hoc arbitration towards an Investment Court (2014)

European Court of Auditors, Are preferential trade arrangementsappropriately managed? (Special report, 2014)

European Commission, Replies of the Commission to the special report ofthe European Court of Auditors "are preferential trade arrangementsappropriately managed?" (2014)

European Commission, "How trade policy and regional trade agreementssupport and strengthen EU economic performance" (2015)

Youri Devuyst, The European Parliament and International TradeAgreement, practice after the Lisbon Treaty (21013)

Copenhagen economics, Ex-post assessment of six EU free tradeagreements an econometric assessment of their impact on trade, February2011

WTO, World Trade Report 2013

OECD, WTO, UNCTAD, Implications of global value chains for trade,investment, development and jobs (6 August 2013)

Cecilia Malmström, The Future of Trade and the Retail Sector (speech) - 5March 2015.

Christina Eckes, How the European Parliament’s Participation inInternational Relations Affects the Deep Tissue of the EU’s Power Structures(2014)

Laura Richardson, The post-Lisbon Role of the European Parliament in theEU’s Common Commercial Policy: Implications for Bilateral TradeNegotiations (College of Europe, 2012)

The future of EU trade policy, A Vox EU debate moderated by RichardBaldwin (2012)

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Annex

Allegato: Status degli accordi di libero scambio dell'UE

In vigoreIn fase di

negoziazioneIn fase di esame

Paesi del vicinato

Georgia Marocco* Egitto*

Moldova Israele* Giordania*

Ucraina (concluso) CCG Tunisia*

Albania Libia

Bosnia-Erzegovina

Ex Repubblica jugoslavadi Macedonia

Montenegro

Serbia

Svizzera

Algeria

Libano

Palestina

* - potenziamento degli accordi commerciali preferenziali esistenti

America settentrionale e meridionale

Canada (concluso) Stati Uniti (TTIP) Bolivia

Cile Mercosur7

America centrale8

Colombia

Messico

Perù

Ecuador (concluso)

Asia

Repubblica di Corea Cina (trattato sugliinvestimenti)

Singapore (concluso) Myanmar/Birmania

India

Giappone

Malesia

Vietnam

7 La regione del Mercosur comprende Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela.8 La regione dell'America centrale comprende Costa Rica, El Salvador, Guatemala,Honduras, Nicaragua e Panama.

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Thailandia

Regioni ACP

Regione dell'Africaoccidentale (ECOWAS)(concluso)9

Madagascar, Maurizio,Seychelles, Zimbabwe -APEI (concluso)

Africa orientale emeridionale10

Camerun (concluso) Regione dell'Africacentrale11

Comunità dell’Africaorientale (concluso)12

Comunità per lo sviluppodell'Africa australe(concluso)13

Cariforum

Papua Nuova Guinea Gruppo del Pacifico14

Figi

Fonte: Dipartimento tematico e Commissione europea

9 La regione dell'Africa occidentale comprende la Mauritania e 15 membri della Comunitàeconomica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS): Benin, Burkina Faso, Capo Verde,Costa d'Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Mali, Niger, Nigeria, Senegal,Sierra Leone e Togo.10 La regione dell'Africa orientale e meridionale ha una composizione molto eterogenea.Comprende paesi del Corno d'Africa (Gibuti, Etiopia, Eritrea e Sudan), paesi situati nell'Africameridionale (Malawi, Zambia and Zimbabwe) e diversi Stati insulari nell'Oceano Indiano(Comore, Madagascar, Maurizio e Seychelles). Tutti i paesi sono membri del COMESA.11 La regione dell'Africa centrale comprende Repubblica centrafricana, Ciad, Congo,Repubblica democratica del Congo, Guinea equatoriale, Gabon, Sao Tomé e Principe; ilCamerun ha già firmato un accordo separato.12 La Comunità dell'Africa orientale comprende Burundi, Ruanda, Tanzania, Uganda (tuttipaesi meno sviluppati, o PMS) e Kenya (non PMS)13 Il gruppo APE della Comunità per lo sviluppo dell'Africa australe comprende Angola,Botswana, Lesotho, Mozambico, Namibia, Swaziland e Sudafrica.14 Il gruppo di negoziato APE del Pacifico comprende 12 Stati insulari nel Pacifico: IsoleCook, Timor Leste, Kiribati, Isole Marshall, Micronesia, Nauru, Niue, Palau, Samoa, IsoleSalomone, Tonga, Tuvalu e Vanuatu; due Stati, ossia Papua Nuova Guinea e Figi, hannosottoscritto un APE.