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GLI IMPIANTI TECNOLOGICIGLI IMPIANTI TECNOLOGICI

a cura di: arch. Andrea Carcereri

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SOMMARIOSOMMARIO

CAP 1 – L’IMPIANTO DI RISCALDAMENTO

CAP 2 – L’IMPIANTO ASCENSORE

CAP 3 – L’IMPIANTO ELETTRICO

Il comfort termicoTipologie di impianto di riscaldamentoLa progettazione di un impiantoTipologie di corpi scaldanti

Il Dlgs 192/05Il solare termicoIl Fotovoltaico

CAP 4 – RISPARMIO ENERGETICO

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IL COMFORT TERMICO

DEFINIZIONE: Mantenimento artificiale dell’aria in condizioni ritenute idonee per temperatura e umidità allo svolgimento dell’attività richiesta

RISCALDAMENTO RAFFRESCAMENTO

SODDISFACIMENTO DEL COMFORT TERMICO

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IL COMFORT TERMICO

Parametri fisici che contribuiscono alla definizione del comfort termico

Temperatura dell’aria

Umidità relativa Velocità dell’aria

Temperatura effettiva

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IL COMFORT TERMICO

  estate inverno

Temperatura dell’aria

26 °C 20 °C

Umidità relativa 30 % < U < 60 % 30 % < U < 50 %

Velocità dell’aria 0,1-0,2 m/s 0,05-0,1 m/s

Temperatura effettiva

20-22 °C 16-18 °C

Limiti medi per condizioni igrotermiche considerate ottimali (Melino C. 1992).

Perché il benessere sia soddisfatto bisogna che i parametri fisici considerati ricadano all’interno di determinati intervalli

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IL RISCALDAMENTO

DEFINIZIONE: Mantenimento artificiale dell’aria dell’ambiente interno ad una temperatura superiore rispetto la temperatura dell’aria esterna e tale da soddisfare le condizioni di comfort termico

QUALI SONO GLI ELEMENTI COSTITUENTI UN IMPIANTO DI RISCALDAMENTO?

GRUPPO TERMICO

SISTEMA DI DISTRIBUZIONE DEL FLUIDO TERMOVETTORE

TERMINALI SCALDANTI

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IL RISCALDAMENTO

LA COMBINAZIONE DEI TRE ELEMENTI GENERA IMPIANTI DIVERSI

TELERISCALDAMENTO

IMPIANTO AUTONOMO

IMPIANTO CENTRALIZZATO

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RISCALDAMENTO CENTRALIZZATO

Centrale termica

Sistema di distribuzione

Terminali scaldanti

Dall’acquedotto

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RISCALDAMENTO AUTONOMO

Centrale termica

Sistema di distribuzione

Terminali scaldanti

Dall’acquedotto

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IL TELERISCALDAMENTO

Centrale termica

Sistema di distribuzione

Terminali scaldanti

Sottocentrale termica

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RISCALDAMENTO CENTRALIZZATO

Gli impianti di riscaldamento centralizzato possono essere divisi in base alla tipologia di

distribuzione

IMPIANTI A COLONNE MONTANTI

IMPIANTI A ZONE

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RISCALDAMENTO CENTRALIZZATO

La distribuzione è caratterizzata da due reti orizzontali, una di andata e una di ritorno, alla quali si allacciano un certo numero di colonne montanti poste in corrispondenza delle pareti perimetrali del fabbricato e alle quali sono collegati i diversi corpi scaldanti

posti a vari piani

IMPIANTO A COLONNE MONTANTI

Le colonne montanti richiedono la predisposizione di opportuni passaggi attraverso i solai prevedendo la presenza di un’asola

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RISCALDAMENTO CENTRALIZZATOIMPIANTO A COLONNE MONTANTI

Colonne montanti

Reti orizzontali

Corpi scaldanti

Reti orizzontali secondarie

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RISCALDAMENTO CENTRALIZZATO

Questa tipologia impiantistica non è più applicabile alle nuove costruzioni o a quelle esistenti per le quali è prevista la realizzazione di un nuovo impianto di riscaldamento

IMPIANTO A COLONNE MONTANTI

La normativa di riferimento è la Legge 10/91 (art. 26) che prevede che gli impianti debbano essere realizzati in modo tale da

consentire l’adozione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore per ogni singola unità immobiliare

N.B.

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RISCALDAMENTO CENTRALIZZATO

La produzione del calore è sempre centralizzata, ma le colonne montanti vengono notevolmente diminuite e aumentano le reti di

distribuzione orizzontale autonome per appartamento

IMPIANTO A ZONE

Questo tipo di impianto sta avendo un continuo e crescente sviluppo poichè consente all’utente una distribuzione

personalizzata del calore all’interno dell’appartamento

LA DISTRIBUZIONE ORIZZONTALE PUO’ ESSERE

A COLLETTORI A MONOTUBO

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RISCALDAMENTO CENTRALIZZATOIMPIANTO A ZONE – A COLLETTORI

L’impianto è caratterizzato da uno speciale collettore doppio che consente un alternarsi degli attacchi di mandata e ritorno, di modo da ridurre il più possibile gli accavallamenti dei tubi posti a pavimento

Il vantaggio di questa distribuzione sta nella possibilità di ridurre i diametri delle tubazioni che servono i singoli corpi scaldanti

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RISCALDAMENTO CENTRALIZZATOIMPIANTO A ZONE – A COLLETTORI

Colonna montante

Reti orizzontali

Corpi scaldanti

Reti orizzontali secondarie

Collettore

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IMPIANTO A ZONE – A MONOTUBORISCALDAMENTO CENTRALIZZATO

Colonna montanteReti orizzontali

Corpi scaldanti

Reti orizzontali secondarie

Attacco circuiti ad anello

Il principio su cui si basano gli impianti a monotubo è quello di collegare sia l’entrata che l’uscita dei corpi scaldanti ad un unico tubo che li alimenta in sequenza, formando un circuito idraulico ad anello

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RISCALDAMENTO AUTONOMO

Ogni alloggio è servito da una caldaia semplice per la produzione del calore necessario al solo riscaldamento, o

combinata per riscaldamento e produzione di acqua calda ad uso sanitario

GLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO AUTONOMI SONO DI GRAN LUNGA I PIU’ DIFFUSI

Il combustibile utlizzato in prevalenza per tutti gli impianti è il metano, sostituito nelle località ove non è presente il gas di

rete dall’impiego del gasolio

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RISCALDAMENTO AUTONOMO

I generatori di calore (caldaie) possono essere installati sia all’interno che all’esterno dell’appartamento.

CALDAIA INTERNA CALDAIA ESTERNASi devono utilizzare

apparecchi di tipo C, cioè caldaie stagne

Si devono utilizzare apparecchi di tipo B (caldaie

che prelevano l’aria comburente dall’esterno)

La rete di distribuzione è , in entrambi i casi, prevalentemente orizzontale, sia con il sistema a collettori che con quello a

monotubo

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RISCALDAMENTO AUTONOMOIMPIANTO A COLLETTORI

Reti orizzontali

Corpi scaldanti

Collettore

Caldaia

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RISCALDAMENTO AUTONOMOIMPIANTO A MONOTUBO

Reti orizzontali

Corpi scaldanti

Collettore

Caldaia

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IL TELERISCALDAMENTO

L’IMPIANTO E’ COSTITUITO DA

Sistema di distribuzione

DEFINIZIONE: E’ una soluzione alternativa, rispettosa dell’ambiente, per la produzione di acqua calda igienico sanitaria e per il riscaldamento degli edifici.

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IL TELERISCALDAMENTO

La centrale termica scalda l’acqua fino ad una temperatura di circa 120°C e può essere di due tipologie

COME FUNZIONA UN IMPIANTO DI TELERISCALDAMENTO (TLC)???

Produzione semplice Produzione combinata

produce solo calore produce calore ed energia elettrica (cogenerazione) o in aggiunta energia frigorifera (trigenerazione)

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IL TELERISCALDAMENTO

L’acqua calda, prodotta dalla centrale termica, viene distribuita ai singoli edifici attraverso una rete di distribuzione.

Anche la rete di distribuzione può essere di due tipi

COME FUNZIONA UN IMPIANTO DI TELERISCALDAMENTO (TLC)???

Distribuzione diretta Distribuzione indiretta

Un unico circuito idraulico collega la centrale con i corpi scaldanti dell’utente

Sono presenti due circuiti separati, messi in contatto attraverso uno scambiatore

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IL TELERISCALDAMENTO

VANTAGGI DEL TELERISCALDAMENTO

Acquisto del prodotto finito “calore” e non di combustibili

Assenza di manutenzione e certificazione dell’impianto

Sicurezza;assenza di locale caldaia con presenza di fumi

Economicità Quanto costa scaldarsi?

In presenza di centrali a produzione combinata (cogenerazione), produzione di energia elettrica attraverso il recupero di parte dell’energia termica normalmente dispersa

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LA PROGETTAZIONE ESEMPIO – TLC con centrale a produzione semplice, distribuzione

indiretta, pannelli radianti a pavimento

1 TELERISCALDAMENTO

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VALVOLA DI SICUREZZA POMPA INVERTER

VASO DI ESPANSIONE

VALVOLA DI NON RITORNO

IL TELERISCALDAMENTO

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LA PROGETTAZIONE ESEMPIO – TLC con centrale a produzione semplice, distribuzione

indiretta, pannelli radianti a pavimento

2 ACQA FREDDA SANITARIA

ANTINCENDIO

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ACQUA SANITARIA E ANTINCENDIO

DALL’ACQUEDOTTO POZZETTO INTERRATO

VASO DI ESPANSIONE

VALVOLA DI NON RITORNO

DISCONNETTORE DISCONNETTORE

IRRIGAZIONE

FILTRI

ADDOLCITORE SERBATOI

POMPA ACQUA

FREDDA SANITARIA

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LA PROGETTAZIONE ESEMPIO – TLC con centrale a produzione semplice, distribuzione

indiretta, pannelli radianti a pavimento

3 COLONNE MONTANTI

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COLONNE MONTANTI

VALVOLA DIINTERCETTAZIONE

VALVOLA DIREGOLAZIONE

SATELLITIDI UTENZA

VALVOLA DIINTERCETTAZIONE

ATTACCOAUTOPOMPA

IDRANTE ANTINCENDIOA MURO

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TIPI DI CORPI SCALDANTI

UTILITA’: I corpi scaldanti o apparecchi di utilizzazione hanno lo scopo di trasferire il calore prodotto dal gruppo termico, e distribuito dalla rete idraulica, direttamente all’interno dei singoli locali mantenendo il comfort termico

A convezione naturale A scambio termico radiativo

I TERMINALI SCALDANTI POSSONE ESSERE DI 3 TIPI:

A convezione forzata

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TIPI DI CORPI SCALDANTI

Tra i corpi scaldanti a convezione naturale si possono distinguere

A CONVEZIONE NATURALE

RADIATORIPIASTRE RADIANTITERMOCONVETTORIRADIATORI A BATTISCOPA

I CORPI SCALDANTI A CONVEZIONE NATURALE PIU’ DIFFUSI SONO I RADIATORI AD ELEMENTI

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TIPI DI CORPI SCALDANTI

LA MAGGIOR PARTE DEI RADIATORI E’ REALIZZATA IN:

A CONVEZIONE NATURALE – I RADIATORI

I radiatori ad elementi scaldano l’ambiente grazie al fluido scaldante che, proveniente dalla caldaia, cede calore

all’ambiente attraverso le pareti dei radiatori stessi

GHISA ALLUMINIO

ACCIAIO

La temperatura normale di esercizio prevede l’ingresso dell’acqua (dall’alto) a 85°C e una differenza in uscita di 10°C

N.B.

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TIPI DI CORPI SCALDANTI A CONVEZIONE NATURALE – I RADIATORI IN GHISA I radiatori in ghisa sono costituiti da elementi realizzati per

fusione e assemblati con particolari raccordi detti nippli

+ Resistenza ai fenomeni di corrosioneTotale componibilitàAssenza di rumore a causa delle dilatazioni

- Maggior costoElevato pesoMaggior inerzia termica che rende meno efficienti i sistemi di regolazione

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TIPI DI CORPI SCALDANTI A CONVEZIONE NATURALE – I RADIATORI IN ACCIAIO

I radiatori in acciaio sono realizzati mediante saldatura o di tubi o di elementi in lamiera prestampata. La facilità di lavorazione dell’acciaio ha portato a realizzare modelli che soddisfino il gusto estetico (termoarredo)

+ Costo più contenuto (normali)Peso inferiore a parità di resa termicaBassa inerzia termica

- Scarsa componibilitàPossibili fenomeni di corrosione

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TIPI DI CORPI SCALDANTI A CONVEZIONE NATURALE – I RADIATORI IN ALLUMINIO

I radiatori in alluminio sono costituiti da elementi realizzati per pressofusione o più raramente per estrusione. Gli elementi sono

collegati attraverso nippli

+ Costo contenuto (alluminio)Notevole leggerezza (30% di quelli in ghisa a parità di resa)ComponibilitàBassissima inerzia termica(ottimi per impianto discontinuo-2° casa)- Possibili fenomeni di

corrosione interna

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TIPI DI CORPI SCALDANTI A CONVEZIONE NATURALE – TERMOCONVETTORI

I termoconvettori ad acqua, nella loro forma più semplice, contano di un blocco di tubi alettati (batterie di scambio) posto

orizzontalmente a breve distanza dal pavimento, racchiuso in una nicchia addossata alla parte e chiuso anteriormente da un

pannello dotato di apertura inferiore e superiore.

L’aria scaldata dalla batteria sale nella nicchia per “tiraggio naturale” ed esce dall’apertura superiore entro l’ambiente da

riscaldare: essa richiama naturalmente dell’aria fredda che entra dall’apertura inferiore e che essendo obbligata ad attraversare la

batteria si riscalda a sua volta in un ciclo continuo.

L’impiego di questi terminali era molto diffuso negli Anni ’60, per motivazioni essenzialmente legate al bassissimo costo,

oggi non sono molto utilizzati

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TIPI DI CORPI SCALDANTI A CONVEZIONE NATURALE – I RADIATORI A BATTISCOPA

Vengono, come concezione, dagli Stati Uniti e sono abbastanza diffusi nel Nord Europa. Sono costituiti da una coppia di tubazioni in rame fittamente alettate, poste all’interno di un carter che nella

parte frontale lascia uno spazio sufficiente per il passaggio dell’aria.

Si collocano al posto dei

battiscopa, limitando gli

ingombri, avendo un’altezza di circa

14 cm e una profondità di 3 cm

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TIPI DI CORPI SCALDANTI A CONVEZIONE FORZATA – I VETILCONVETTORI

E’ utilizzato sia per il raffrescamento che per il riscaldamento; lo schema di funzionamento è uguale a quello del termoconvettore,

solo che l’aria è spinta da un ventilatore anzichè dal tiraggio naturale

+ Maggior potenza termicaInerzia termica nulla (uso discontinuo – uffici)Risparmio energetico

- Rumore anche a bassi regimi, sconsigliato nell’uso residenziale

Possono essere utilizzati a pavimento,a parete, a soffitto

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TIPI DI CORPI SCALDANTI A SCAMBIO TERMICO RADIATIVO – PANNELLI RADIANTI

A PAVIMENTO A PARETE

I PANNELLI RADIANTI POSSONE ESSERE DI 3 TIPI:

A SOFFITTO

Attualmente la tecnica si è indirizzata verso l’utilizzo di pannelli radianti a pavimento costituiti da pannelli “galleggianti” ben isolati

su tutti i lati

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TIPI DI CORPI SCALDANTI A SCAMBIO TERMICO RADIATIVO – PANNELLI RADIANTI Il sistema di realizzazione classico di un impianto a pavimento comporta la presenza di tubi annegati nella soletta del solaio,

cosa che comporta un’elevata inerzia termica essendo interessata l’intera struttura alla distribuzione del calore

Il limite maggiore di questa tecnologia era la scarsa flessibilità alle variazioni climatiche interne all’ambiente, dovuta all’elevata

inerzia termicaTale limite è stato superato attualmente isolando lo strato di

materiale in cui sono annegate le tubazioni, facendo si che sia solo lo strato interessato a concorrere alla massa termica e non

l’intera soletta.Ciò ha portato ad un maggior controllo delle variazioni di

temperatura

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TIPI DI CORPI SCALDANTI A SCAMBIO TERMICO RADIATIVO – PANNELLI RADIANTI L’evoluzione dell’impianto di riscaldamento a pavimento nel

contenimento dell’inerzia termica, ha portato alla realizzazione di impianti a “secco”

Su un pannello di circa 3 cm di fibra di legno, si preincolla l’elemento diffusore in foglio di alluminio, sagomato per aderire

perfettamente al tubo scambiatore di calore

Particolarmente adatto in caso di ristrutturazione, dove è necessario limitare gli spessori del solaio per mantenere altezze

dei locali adeguate.

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TIPI DI CORPI SCALDANTI A SCAMBIO TERMICO RADIATIVO – PANNELLI RADIANTI

TUBI DI ACCIAIO TUBI DI MATERIE PLASTICHE

I TUBI COSTITUENTI I PANNELLI RADIANTI POSSONE ESSERE:

TUBI DI RAME

I tubi di acciaio con cui sono stati costruiti i primi impianti negli Anni ’50-’60, non vengono più impiegati, di fatti quindi il mercato è

diviso tra tubi in rame e di materie plastiche (i più utilizzati)

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TIPI DI CORPI SCALDANTI A SCAMBIO TERMICO RADIATIVO – PANNELLI RADIANTI

Col passaggio da tubi in acciaio a rotoli di tubi in rame o materie plastiche, si è raggiunta anche una maggior flessibilità di posa

dell’impianto, passando dalla tipologia a pettine a quella a chiocciola

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TIPI DI CORPI SCALDANTI A SCAMBIO TERMICO RADIATIVO – PANNELLI RADIANTI

La disposizione dei tubi a chiocciola permette l’alternanza delle tubazioni di mandata e di ritorno, garantendo così una

distribuzione più uniforme del calore

La temperatura dell’acqua che passa attraverso i pannelli radianti è circa 30-35°C, la metà della temperatura dell’acqua che passa

normalmente nei radiatori.

Questa differenza di temperatura, in alloggi con impianto misto pannelli-radiatori, è regolata attraverso uno scambiatore di calore che abbassa la temperatura dell’acqua, ed è posto nelle vicinanze

del collettore da cui partono i tubi di mandata e ritorno dell’impianto a pannelli

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TIPI DI CORPI SCALDANTI A SCAMBIO TERMICO RADIATIVO – PANNELLI RADIANTI

I pannelli radianti a parete vengono utilizzati principalmente nei Paesi del Centro e Nord Europa

ANNEGATI NELL’INTONACOPOSIZIONATI SOTTO

L’INTONACO CON UNA RETE PREFABBRICATA

I PANNELLI POSSO ESSERE POSIZIONATI

La presenza di serpentine in plastica o in rame a pochi centimetri dalla superficie della parete richiede una particolare attenzione

nella realizzazione di fori successivi

La tecnica di pannelli radianti a parete può essere molto utile in casi di ristrutturazioni in cui non si vogliano toccare i pavimenti

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CAPITOLO 2CAPITOLO 2

L’IMPIANTO ASCENSOREL’IMPIANTO ASCENSORE

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L’ASCENSORE DEFINIZIONE: Sistema meccanizzato che permette

l’interrelazione e il collegamento tra spazi posizionati su differenti quote di uno o più edifici

Normativa di riferimento Dpr 30/04/1999, n° 162

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L’ASCENSORE

L’ASCENSORE PUO’ ESSERE

ELETTRICO TRADIZIONALE

OLEODINAMICO

ELETTRICO A FUNI SENZASALA MACCHINA

Si tratta di tre diversi sistemi tra cui il progettista può scegliere in funzione della destinazione d’uso dell’edificio, del numero di utenti, dell’altezza dell’edificio, del prestigio che si vuole dare all’impianto.

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L’ASCENSORE LE PARTI DELL’ASCENSORE

LOCALE MACCHINA: luogo progettato per ospitare l’impiantoIMPIANTO: sistema che muove la cabinaVANO CORSA: volume entro cui si sposta la cabina con l’eventuale contrappeso e le opere murarie necessarie per la sua delimitazione

TESTATA E FOSSA: spazio superiore ed inferiore del vano corsa per lo spazio di extracorsa

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L’ASCENSORE Ascensore elettrico

- Il movimento della cabina avviene attraverso un argano azionato da un motore elettrico

- Possono essere collocati in edifici alti fino a decine di piani

- Possono avere portate massime dell’ordine di decine di persone

- Possono raggiungere velocità comprese tra 0,5 e 2,5 m/s

Impianto molto diffuso negli edifici residenziali degli Anni ’60-’70

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L’ASCENSORE Ascensore elettrico

Trazione a semplice frizione: il motore mette in moto la puleggia e le funi di sospensione della cabina si muovono per attrito

La presenza del contrappeso (posteriore o laterale) consente di non dover sollevare completamente il peso della cabina

IL SISTEMA DI FUNZIONAMENTO

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L’ASCENSORE Ascensore elettrico

Il locale macchine è generalmente messo al di sopra del vano corsa con conseguenti vantaggi in termini di manutenzione e gestione dell’impianto

LA SALA MACCHINE

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L’ASCENSORE Ascensore oleodinamico(idraulico)

- Lo spostamento verticale della cabina è azionato mediante un pistone il cui movimento è regolato da un olio minerale (poco infiammabile e piuttosto viscoso; in origine si utilizzava l’acqua)

- Possono essere collocati in edifici di modeste altezze

IL SISTEMA DI FUNZIONAMENTO

- Possono raggiungere velocità di esercizio media di 0,6 m/s

Impianto utilizzato nelle nuove realizzazioni o nel recupero di edifici degli Anni ’80-’90

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L’ASCENSORE Ascensore oleodinamico

Rispetto all’ascensore elettrico, l’impiantistica deve essere concentrata ai piedi del vano corsa, ma può essere anche ad alcuni metri di distanza dallo stesso vano

Bisogna garantire l’ispezionabilità del tubo che porta l’olio dal serbatoio al cilindro in cui è annegato il pistone

L’impianto necessita di sistemi di sicurezza per evitare il surriscaldamento dell’olio e la sua fuoriuscita

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L’ASCENSORE Ascensore oleodinamico

L’ascensore oleodinamico permette libertà di inserimento rispetto alle strutture dell’edificio poiché non richiede ulteriori spazi oltre al suo stesso ingombro

Non necessita infatti di alcun locale sopra il vano corsa e l’extracorsa superiore è molto ridotto

L’altezza della fossa è compresa tra 1,5 e 2 m, a seconda del tipo di pistone

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L’ASCENSORE Ascensore oleodinamico

AZIONAMENTO IDRAULICO DIRETTO

- Il cilindro è annegato nel terreno (fossa di circa 2 metri)

- Il pistone è direttamente collegato alla cabina; è telescopico e non prevede la presenza di funi

- È utilizzabile per corse brevi (massimo 10 metri) e presenta delle problematiche di realizzabilità

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L’ASCENSORE Ascensore oleodinamico

AZIONAMENTO IDRAULICO LATERALE

- Nessun foro sul fondo della fossa

- Il pistone è collegato al retro della cabina, è sempre telescopico e c’è assenza di funi

- È utilizzabile per corse brevissime (massimo 3-4 metri) e presenta delle problematiche di ribaltamento dovuto all’eccentricità del carico

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L’ASCENSORE Ascensore oleodinamico

AZIONAMENTO IDRAULICO INDIRETTO

- È utilizzabile per corse più lunghe(fino a 18 metri) ed ha una velocità superiore

- Nessun foro sul fondo della fossa

- Il pistone è collegato al retro della cabina, è sempre telescopico ma c’è presenza di funi in acciaio

- Presenta un paracadute come ulteriore sistema di sicurezza

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L’ASCENSORE Ascensore elettrico senza sala macchine

E’ IL SISTEMA PIU’ INNOVATIVO, INTRODOTTO IN ITALIA SOLO NEL 1998

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L’ASCENSORE Ascensore elettrico senza sala macchine

- Il movimento è garantito da un argano elettrico collegato ad una delle guide all’interno del vano corsa- Il quadro elettrico viene posizionato lateralmente alla porta dell’ultimo piano

IL SISTEMA DI FUNZIONAMENTO

- Garantisce l’elevazione fino a 40 metri con portate notevoli fino a 13 persone- Pesi contenuti, ingombro minimo, impatto ecologico ridotto (assenza di olio)

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L’ASCENSORE La scelta dell’ascensore ha delle ricadute compositive e

tecnologiche sull’edificio

Con locale macchine sul tetto Senza locale macchine sul tetto

In fase di progettazione bisogna considerare bene l’effetto sulla volumetria finale dell’edificio della presenza di un locale macchine

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L’ASCENSORE

Negli edifici bassi il vano corsa può essere utilizzato

per captare la luce naturale;

dove l’ascensore è collocato all’esterno,

l’accesso deve comunque

avvenire da uno spazio coperto

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L’ASCENSORE

ASCENSORE ELETTRICO + Costo standard+ Consumi standard+ Altezze elevate- Cabina elettrica (spazio perso)

ASCENSORE ELETTRICOSENZA CABINA

+ Spazio Ridotto+ Velocità di corsa+ Consumi ridotti- Costo elevato- Difficoltà di manutenzione

ASCENSORE IDRAULICO + Facilità di installazione+ Costo basso- Consumi elevati- Lentezza di corsa- Altezze limitate

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L’ASCENSORE

L’ascensore è anche lo strumento principale per il superamento delle barriere architettoniche all’interno di un

edificio

Tutti gli edifici di nuova costruzione, privati e pubblici, e tutti gli edifici ristrutturati devono ottemperare alla Legge n°13/1989 “Disposizioni per favorire il superamento e

l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”(per gli edifici pubblici dal DPR 503/96)

Il D.M. n°236/89 fornisce il regolamento di attuazione della legge n° 13/89, specificando tutte le prescrizioni dimensionali

Alcune leggi regionali (Es. Lombardia L.R. n° 6/1989) sono più restrittive della legge nazionale

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L’ASCENSORE

L’obligatorietà all’installazione di un ascensore in condominio è normata dalle leggi sul superamento delle barriere architettoniche

e in particolare da:

l’articolo 1, comma 3, lettera b), della legge 9 gennaio 1989, n. 13, che rende obbligatoria "l’installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini".

Il riferimento secondario è il regolamento attuativo, approvato con d.m. 14 giugno 1989, n.236, e in particolare l’allegato A.

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L’ASCENSORE EDIFICIO

Nuovo non residenziale

Nuovo residenziale

Preesistente

PROFONDITA’(mm)

1400(1500)

1300(1300)

1200(…)

LARGHEZZA(mm)

1100(1370)

950(950)

800(…)

PORTA(mm)

800(900)

800(850)

750(…)

LE DIMENSIONI RIPORTATE SONO QUELLE MINIME PER LA CABINA ASCENSORE

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CAPITOLO 3CAPITOLO 3

L’IMPIANTO ELETTRICOL’IMPIANTO ELETTRICO

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IMPIANTO ELETTRICO

L’impianto elettrico è costituito da classi di elementi

Centrale di generazione;

Rete di trasporto;

Apparecchiature di trasformazione;

Rete di distribuzione;

Componenti di protezione e controllo;

utilizzatori;

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IMPIANTO ELETTRICO Le centrali di generazione sono di 2 tipi:

Centrali termoelettriche;

Centrali idroelettriche;

Esistono poi le centrali che sfruttano le ENERGIE RINNOVABILI quali l’energia eolica, l’energia solare e l’energia geotermica

L’energia ad oggi prodotta dalla centrali che sfruttano tali forme di energia, è pressochè irrilevante…

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IMPIANTO ELETTRICO

Il trasporto dell’energia elettrica si rende necessario in quanto i siti di produzione risultano sempre lontani dai luoghi di utilizzo

Il trasporto dell’energia elettrica avviene generalmente attraverso elettrodotti ad alta tensione realizzati con tralicci e cavi aerei metallici

Gli elettrodotti ad Alta Tensione (AT) presenti in Italia trasportano energia elettrica a tensioni nominali di 220000 V e 380000V

I terminali degli elettrodotti in AT arrivano solitamente nelle periferie delle città in sottocentrali di distribuzione; da queste sottocentrali ha origine la distribuzione dell’energia alle utenze

segue…

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IMPIANTO ELETTRICO

Nelle sottocentrali di distribuzione viene realizzato un primo abbassamento di tensione per mezzi di trasformatori che portano la tensione nominale a 30000 V (Media Tensione)

Le reti di distribuzione in MT possono essere di due tipi:

Le linee in MT giungono alle cabine di traformazione dove avviene l’ultimo abbassamento di tensione ai valori nominali di 230/400 V (Bassa Tensione)

Reti aeree

Reti in cavo

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IMPIANTO ELETTRICO

Dalla cabina di trasformazione il gestore (ENEL…) porta l’energia elettrica alle varie utenze…

L’energia arriva al contatore generale dell’edificio (posto nell’interrato o ultimamente su strada per comodità di lettura)

In modo analogo arriva ai singoli contatori delle varie unità abitative

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IMPIANTO ELETTRICO Dal locale contatori partono i cavi che vanno a servire ogni singolo alloggio seguendo, per gli edifici ad uso residenziale, una struttura ad albero

La distribuzione all’interno dell’edificio può essere poi realizzata con diverse tecniche

Impianti a esecuzione esternaImpianti a esecuzione incassata

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IMPIANTO ELETTRICO

Tutti i componenti dell’impianto sono montati all’esterno delle pareti e quindi completamente visibili

IMPIANTO ELETTRICO A ESECUZIONE ESTERNA

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IMPIANTO ELETTRICO

Le condutture elettriche, con rivestimento isolante, sono raggruppate, circuito per circuito, e inserite entro tubi di

contenimento ( a sezione circolare o quadra)

IMPIANTO ELETTRICO A ESECUZIONE ESTERNA

QUESTO SISTEMA DI DISTRIBUZIONE E’ STATO ABBANDONATO NELL’EDILIZIA RESIDENZIALE PER MOTIVI ESTETICI, MENTRE VIENE ANCORA UTILIZZATO IN AMBITO

INDUSTRIALE

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IMPIANTO ELETTRICO

Tutte le linee sono disposte raggruppate in tubazioni incassate sotto intonaco o sotto pavimento.

IMPIANTO ELETTRICO A ESECUZIONE INCASSATA

Gli interruttori sono anch’essi incassati in apposite scatole murate

Le scatole di derivazione vengono incassate ma presentano un coperchio a filo parete che le rende ugualmente ispezionabili

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IMPIANTO ELETTRICO

A monte di ogni contatore viene installato l’interruttore MAGNETOTERMICO

LA SICUREZZA DELL’IMPIANTO ELETTRICO

A COSA SERVE IL MAGNETOTERMICO?

E’ un dispositivo di protezione dell’impianto elettrico, serve a preservare la linea dal CORTO CIRCUITO, cioè si attiva nel caso di surriscaldamento dei cavi

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IMPIANTO ELETTRICO

In abbinamento al magnetotermico, sempre a monte di ogni contatore viene installato un interruttore con relè differenziale, più comunemente noto come SALVAVITA

LA SICUREZZA DELL’IMPIANTO ELETTRICO

A COSA SERVE IL SALVAVITA?

Il salvavita è un dispositivo di protezione delle persone, esso si attiva quando la corrente che entra non è uguale a quella che esce, ciò significa che lungo il circuito c’è stata una dispersione

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IMPIANTO ELETTRICO

Per raggiungere il miglior livello di sicurezza si deve ricorrere all’IMPIANTO DI MESSA A TERRA

LA SICUREZZA DELL’IMPIANTO ELETTRICO

A COSA SERVE L’IMPIANTO DI MESSA A TERRA?

L’impianto è costituito da conduttori di colore GIALLO-VERDE e da uno o più dispersori collocati nel terreno.Se, per qualsiasi motivo, si dovesse verificare un contatto tra la rete elettrica e l'involucro metallico dell'utilizzatore domestico (lavatrice, forno elettrico ecc.), la corrente troverà nel conduttore GIALLO-VERDE la via più facile da seguire e si disperderà verso terra senza causare danno alle persone

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IMPIANTO ELETTRICO

QUESTI DISPOSITIVI DI SICUREZZA SONO NECESSARI?

SI, ne stabilisce l’obbligatorietà la Legge 46/1990 sulla sicurezza degli impianti elettrici, che obbliga l’installatore ad operare a “regola d’arte”, quindi secondo le norme CEI-UNI e individua la figura professionale che fornisce la certificazione di sicurezza dell’impianto

Il professionista, essendo tale,quindi iscritto alla Camera di Commercio o all’albo provinciale delle imprese artigiane, al termine dei lavori, siano essi di installazione, ampliamento, trasformazione o manutenzione straordinaria, deve rilasciare la DICHIARAZIONE DI CONFORMITA’ (abrogato l’obbligo di allegarla ai contratti di compravendita come previsto dal DM 37/2008)

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CAPITOLO 4CAPITOLO 4

RISPARMIO ENERGETICORISPARMIO ENERGETICOEE

CERTIFICAZIONE ENERGETICACERTIFICAZIONE ENERGETICA

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D.LGS. 192/05 e 311/06 “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico

nell’edilizia”

Il D.LGS. 192/05 recepisce la direttiva Europea 2002/91, e dà una nuova regolamentazione alle prestazioni energetiche degli edifici

Tale Decreto modifica la precedente Legge 10/91

Integrato con il Decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311, “Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 19agosto 2005, n. 192…”

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OBIETTIVI GENERALI

Stabilire i criteri, le condizioni e le modalità per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici

D.LGS. 192/05 e 311/06“Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico

nell’edilizia”

Favorire lo sviluppo, la valorizzazione e l’integrazione delle fonti rinnovabili e la diversificazione energetica

Contribuire a conseguire gli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal protocollo di Kyoto

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AMBITO D’INTERVENTO

a) progettazione e realizzazione di edifici di nuova costruzione installazione impianti in edifici di nuova costruzioneinstallazione nuovi impianti in edifici esistentiristrutturazione degli edifici e degli impianti esistenti ***

D.LGS. 192/05 e 311/06

b) all’esercizio, controllo, manutenzione e ispezione degli impianti termici degli edifici, anche preesistenti

c) alla certificazione energetica degli edifici

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***EDIFICI ESISTENTIDiversi gradi di applicazione (in termini di requisiti minimi prestazionali)

INTEGRALE A TUTTO L’EDIFICIO• ristrutturazione integrale di edifici esistenti di superficie utile > a 1000 metri quadrati• demolizione e ricostruzione in manutenzione straordinaria di edifici esistenti di superficie utile > 1000 metri quadrati

D.LGS. 192/05 e 311/06

INTEGRALE AL SOLO AMPLIAMENTO• ampliamento > 20 percento dell’intero edificio esistente

LIMITATA A SPECIFICI PARAMETRI• ristrutturazioni totali o parziali, manutenzione straordinaria dell’involucro edilizio • nuova installazione di impianti termici in edifici esistenti o ristrutturazione degli stessi impianti•sostituzione di generatori di calore.

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D.LGS. 192/05 e 311/06 “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico

nell’edilizia”

CHI POTRA’ FARE IL CERTIFICATORE?

CHI FORMERA’ I CERTIFICATORI?

CON QUALI CRITERI E METODOLOGIE SI CERTIFICHERA’ UN EDIFICIO?

SONO STATE EMANATE DELLE LINEE GUIDA NAZIONALI D.M. 26/06/2009 DA APPLICARSI ALLE REGIONI CHE NON ABBIANO

PROVVEDUTO A DOTARSI SPECIFICA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI CERTIFICAZIONE ENERGETICA (VENETO)

POSSONO REDIGERE LA CERTIFICAZIONE I PROFESSIONISTI ISCRITTI AD ORDINI O COLLEGI PROFESSIONALI E ABILITATI

ALL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE PER LA PROGETTAZIONE DI EDIFICI ED IMPIANTI ASSERVITI AGLI EDIFICI STESSI, CHE

NON ABBIANO PRESO PARTE DIRETTAMENTE O INDIRETTAMENTE ALLA PROGETTAZIONE O REALIZZAZIONE

DELL’EDIFICIO DA CERTIFICARE E CHE NON SIANO COLLEGATI CON I PRODUTTORI DEI MATERIALI E DEI COMPONENTI

UTILIZZATI

A LIVELLO NAZIONALE NON ESISTONO CORSI SPECIFICI PER CERTIFICATORI

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D.LGS. 192/05 e 311/06 “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico

nell’edilizia”CERTIFICAZIONE ENERGETICA: a regime dal 25/07/2009 (D.M. 26/06/2009)Art. 6 comma 1bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano agli edifici che non ricadono nel campo di applicazione del comma 1 con la seguente gradualità temporale e con onere a carico del venditore o, con riferimento al comma 4, del locatore:

a) a decorrere dal 1 luglio 2007, agli edifici di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati, nel caso di trasferimento a titolo oneroso dell’intero immobile;b) a decorrere dal 1 luglio 2008, agli edifici di superficie utile fino a 1000 metri quadrati, nel caso di trasferimento a titolo oneroso dell’intero immobile con l’esclusione delle singole unità immobiliari; c) a decorrere dal 1 luglio 2009 alle singole unità immobiliari, nel caso di trasferimento a titolo oneroso.

Art. 6 comma 1-ter. A decorrere dal 1° gennaio 2007, l’attestato di certificazione energetica dell’edificio o dell’unita immobiliare interessata, conforme a quanto specificato al comma 6, è necessario per accedere agli incentivi ed alle agevolazioni di qualsiasi natura….

Art. 6 comma 5. L’attestato relativo alla certificazione energetica, rilasciato ai sensi del comma 1, ha una validità temporale massima di dieci anni a partire dal suo rilascio, ed è aggiornato ad ogni intervento di ristrutturazione che modifica la prestazione energetica dell’edificio o dell’impianto.

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D.LGS. 192/05 e 311/06 “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico

nell’edilizia”

45% di emissioni di CO2 in Italia proviene dagli edifici civili (ENEA).

Consumi energetici nelle abitazioni:

15% energia elettrica per acqua calda sanitaria, illuminazione e climatizzazione;

80% energia termica per riscaldamento ambientale e produzione acqua calda

EDIFICIO “MEDIO”Fabbisogno per riscaldamento: 100 kWh/m2 annoFabbisogno elettrico: 40 kWh/m2 annoEmissioni CO2: 60 kg/ m2 anno

SITUAZIONE ODIERNA ITALIANA

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CASACLIMA BOLZANO Il certificato CasaClima informa il consumatore attraverso una presentazione semplificata riguardo al fabbisogno energetico di una casa. Il senso del certificato CasaClima è, tra le altre cose, quello di facilitare l’utente nel decidere l‘acquisto o l’affitto di un’abitazione mediante la trasparenza dei costi energetici

L'art. 51 ter del Regolamento Edilizio del Comune di Bolzano, introdotto con deliberazione di C.C. n. 96 dell'8.10.2002, ha previsto l'obbligo del certificato CasaClima per tutti gli edifici residenziali di nuova costruzione e per quelli sottoposti a ristrutturazione per almeno il 50% della superficie calpestabile complessiva, ai fini del rilascio del certificato di abitabilità.

In data 12.01.2005 è entrato in vigore il D.P.P. 29.09.2004 n. 34 avente ad oggetto il "Regolamento di esecuzione della Legge Urbanistica in materia di risparmio energetico", che ha imposto l'obbligo dell'ottenimento del certificato CasaClima su tutto il territorio provinciale per gli edifici ad uso abitativo e per gli uffici, con eccezione degli edifici ubicati in zona produttiva.

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CASACLIMA BOLZANO

Livello minimo di costruzione

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CASACLIMA BOLZANO

La denominazione di CasaClimapiú viene data a quegli edifici abitativi che vengono costruiti in modo ecologico e che utilizzano energie rinnovabili per il proprio fabbisogno di calore. Lo scopo di questa denominazione é di promuovere lo sviluppo di costruzioni realizzate nel pieno rispetto dell’ambiente.

Tutti i costruttori,non appena entrata in vigore CASACLIMA, hanno costruito in classe C (il minimo richiesto). Ora quasi tutti costruisco in classe A o B, perché il mercato richiede un casa ecologica e poco dispendiosa nel tempo!!!!!!

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CASACLIMA BOLZANO

REGIONE LOMBARDIA

Esistono altre iniziative, sempre a livello Regionale o di regolamenti edilizi, che vanno nella direzione tracciata da

Casaclima.

Regione Lombardia norma la Certificazione energetica degli edifici con DGR VIII/5018 e s.m.i. (enti riconosciuti Sacert e Cened)

CERTIFICAZIONE ENERGETICA OBBLIGATORIA:

- dal 1° Settembre 2007 per edifici di nuova costruzione

-dal 1° Luglio 2009 in caso di trasferimento a titolo oneroso di singole unità

-dal 1° Luglio 2010, nel caso di locazione dell’edificio o singola unità

Anche la Regione Liguria,Piemonte ed Emilia hanno normative Regionali!

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Regione LombardiaAttestato di certificazione energetica

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IMPIANTO SOLARE TERMICO

POTENZA SOLARE TERMICA INSTALLATA IN EUROPA

LA CRESCITA MEDIA E’ DEL 12%, SPAGNA E FRANCIA CRESCONO DEL 30%,PERCHE’?

REGOLAMENTI EDILIZI E PIANO NAZIONALE DI SVILUPPO

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IMPIANTO SOLARE TERMICO

IMPIANTO SOLARE TIPO

STANDARD: ACS (acqua calda sanitaria) nelle singole unità abitative

COMBINATI: ACS nelle singole unità abitative e l‘integrazione al riscaldamento centralizzato (o singole unità abitative)GRANDI IMPIANTI: impianti per la produzione di ACS nelle strutture ricettive

COMBINATI FREDDO: impianti per il condizionamento estivo delle unità abitative (estate), ACS (tutto l’anno) e riscaldamento invernale

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IMPIANTO SOLARE TERMICO

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IMPIANTO SOLARE TERMICO IL CIRCUITO SOLARE

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IMPIANTO SOLARE TERMICO

-L‘isolamento delle tubazioni deve resistere ad alte temperature 180°C a 6 BAR

-L‘isolamento delle tubazioni deve resistere e ai raggi u.v. e alle intemperie nei tratti esposti

-L‘isolamento deve essere protetto nei tratti esposti

- L‘isolamento delle tubazioni deve essere pari al diametro del tubo

L’ISOLAMENTO DELLE TUBAZIONI

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IMPIANTO SOLARE TERMICO IMPIANTO SOLARE TIPO

STANDARD: ACS (acqua calda sanitaria) nelle singole unità abitative

COMBINATI: ACS e l‘integrazione al riscaldamento nelle singole unità abitative

GRANDI IMPIANTI: impianti per la produzione di ACS nelle strutture ricettive

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IMPIANTO SOLARE TERMICO

L’ACS NELLE SINGOLE UNITA’ ABITATIVE

ORIENTAMENTO: da Est ad Ovest – IDEALE SUD

INCLINAZIONE: da 20° a 60° - IDEALE pari alla latitudine

DIMENSIONAMENTO DI BASE

SUPERFICIE COLLETTORE: 1 mq-1,5 mq per persona

VOLUME DI ACCUMULO: 70 L – 100 L per persona

COPERTURA ACS CON IL SOLARE: 60% - 80%

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IMPIANTO SOLARE TERMICO

PERDITA % RISPETTO AL MASSIMO OTTENIBILE

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IMPIANTO FOTOVOLTAICO

E’ un processo di conversione della radiazione solare in corrente elettrica

Di tutta l'energia che investe la cella solare sotto forma di radiazione luminosa, solo una parte viene convertita in energia elettrica disponibile ai suoi morsetti.

IN COSA CONSISTE IL FOTOVOLTAICO?

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IMPIANTO FOTOVOLTAICO

MODULO FOTOVOLTAICO CELLA FOTOVOLTAICA

Silicio

MONOCRISTALLINO

Silicio

POLICRISTALLINO

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IMPIANTO FOTOVOLTAICO

MODULO FOTOVOLTAICO A FILM SOTTILE

IntegrazioneArchitettonica!!!

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RENDIMENTI

 

 

13,9 % 10,8 % 6,3 %

SUPERFICIE NECESSARIA (a parità di kW installati)

L'efficienza di conversione per celle commerciali al silicio è in genere compresa tra il 6 % e il 14%, mentre realizzazioni speciali di laboratorio hanno raggiunto valori del 32,5%.

IMPIANTO FOTOVOLTAICO

SILICIOSILICIOMONOCRISTALLINOMONOCRISTALLINO

SILICIOSILICIOPOLICRISTALLINOPOLICRISTALLINO

SILICIO AMORFOSILICIO AMORFO

PER INSTALLARE UN KW DI POTENZA CON PANNELLI IN SILICIO MONOCRISTALLINO OCCORRONO 8m2

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IMPIANTO FOTOVOLTAICO COME ORIENTARE IL COLLETTORE FOTOVOLTAICO?

Per quanto riguarda invece l'energia annuale complessivamente raccolta da un pannello con inclinazione fissa, è sufficiente considerare il grafico seguente.Un pannello inclinato di 45° circapotrebbe annualmente raccogliere circa 1570 kWh/m2 contro 1150 kWh/m2 di un collettoreorizzontale, con un incremento di oltre il 30%.

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IMPIANTO FOTOVOLTAICO COME ORIENTARE IL COLLETTORE FOTOVOLTAICO?

In conclusione, la posizione dei collettori (pannelli solari termici o moduli fotovoltaici) rispetto al sole influisce notevolmente sulla quantità di energia captata.

I parametri che influiscono sul fenomeno sono l'angolo di inclinazione rispetto al terreno e l'orientamento rispetto al Sud (detto angolo di azimut).

L'energia raccolta su base media annua è massima per una esposizione Sud con un angolo di inclinazione pari alla latitudine locale sottratta di 10° circa.

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IMPIANTO FOTOVOLTAICO IL QUADRO LEGISLATIVO OGGI1999 – LEGGE 133/1999

2000 – DELIBERA 224/2000 (AEEG)

2000 – NET METERING PER FV

2003 – DECRETO N°387

2005 – DECRETO 28 LUGLIO 2005

“CONTO ENERGIA” per il Fotovoltaico

2007 – DECRETO 19 FEBBRAIO 2007

2° CONTO ENERGIA

2010 – DECRETO 6 AGOSTO 2010

2011 – DECRETO 5 MAGGIO 2011

3° CONTO ENERGIA

4° CONTO ENERGIA

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IMPIANTO FOTOVOLTAICO PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEL NUOVO DECRETO

DI INCENTIVAZIONE DEL FOTOVOLTAICO:

1) 5 categorie di impianti: - impianti su edifici (Grandi e piccoli)

- impianti a terra (Grandi e piccoli)

- impianti su serre, tettoie,pensiline

- impianti integrati negli edifici

- impianti a concentrazione

2) Nuove tariffe incentivanti in base alla categoria di impianto

3) Introduzione di “Tetti” all’incentivazione di grandi impianti (<1MW)

nella programmazione biennale

4) Premi aggiuntivi per impianti su edifici (0.05 €/kWh) e impianti

realizzati con materiale prodotto per almeno il 60% in UE (+10%)

5) Modifica dell’iter autorizzativo dei grandi impianti

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IMPIANTO FOTOVOLTAICO

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COME FUNZIONA IL NUOVO CONTO ENERGIA?

IMPIANTO FOTOVOLTAICO

SCAMBIO SUL POSTO CESSIONE ALLA RETE

Energia Elettrica Prodotta

100 kWh

Pagata con tariffa incentivante!!!

Autoconsumo = 80 kWh 20 kWh

20 kWh a credito

Acquisto da rete = 0 kWh

Autoconsumo = 120 kWh

Acquisto da rete = 20 kWh

20 kWh

100 kWh

Pagata con tariffa minima garantita in convenzione con GSE

€ per i 20 kWh

Energia Elettrica Prodotta

100 kWh

Pagata con tariffa incentivante!!!

Acquisto da rete tuttociò che consumo

KWh

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IMPIANTIPotenza nominale

dell’impianto P (kW)

1

Impianti su

edifici

2

A terra

3

Tettoie

serre

4

Integrati in edifici

5

A concentra

zione

AA 1 P < 3 0,274 0,240 0,2570 1 P < 20 0,4181 P <

2000,352

BB 3 P 20 0,247 0,219 0,233020 P <

2000,380

200 P

< 10000,304

CC20< P

2000,233 0,206 0,2195 P>200 0,352 P >1000 0,266

TUTTA L’ENERGIA PRODOTTA VIENE PAGATA CON LA SEGUENTE TARIFFA INCENTIVANTE – 1° semestre 2012

IMPIANTO FOTOVOLTAICO

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IMPIANTO FOTOVOLTAICO

INTEGRAZIONE ARCHITETTONICA PARZIALE

FonteGSE: “Guida agli interventi validi ai fini del riconoscimento dell’integrazione architettonica del fotovoltaico”

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IMPIANTO FOTOVOLTAICO

INTEGRAZIONE ARCHITETTONICA

TOTALE

INTEGRATI IN BARRIERE ACUSTICHE

SOSTITUTIVI DI RIVESTIMENTI

SOSTITUTIVI DI SUP. TRASPARENTI

INTEGRATI IN PENSILINE

FonteGSE: “Guida agli interventi validi ai fini del riconoscimento dell’integrazione architettonica del fotovoltaico”

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VARIAZIONE DELLE TARIFFE NEL TEMPO

L’energia prodotta dagli impianti FTV ha diritto all’incentivazione per un periodo di 20 anni a decorrere dall’entrata in esercizio degli impianti (tariffe di riferimento anno 2007 riportate nel DM).

Le tariffe, per gli impianti entrati in esercizio dal 1 gennaio 2009 al 31 dicembre 2010, saranno decurtate del 2 % rispetto al valore di riferimento dell’anno 2007 per ciascuno degli anni successivi al 2008.

Il valore della tariffa è costante in moneta corrente per tutto il periodo dell’incentivazione.

Con successivi decreti (a partire dal 2009) MSE e MATT provvederanno ad aggiornare il quadro delle tariffe incentivanti per gli impianti che entreranno in esercizio dopo il 2010.

IMPIANTO FOTOVOLTAICO

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Arch. Andrea Carcereri

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