Alessandro Volpi - Una Crisi Tante Crisi

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    a se mana n cu crea amo e va avevo assun o aspe o un pe e an ropo e eQuando stavo progettando il Prototipo N. 22, invece, avevo assunto una forma completameMa noto che date segni dinsofferenza e non vedete lora che vi descriva la creazione dellaComunque, dopo aver fatto pratica con gli altri pianeti, pensai di aver risolto quasi tutti i pro

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    a se mana n cu crea amo e va avevo assun o aspe o un pe e an ropo e eQuando stavo progettando il Prototipo N. 22, invece, avevo assunto una forma completameMa noto che date segni dinsofferenza e non vedete lora che vi descriva la creazione dellaComunque, dopo aver fatto pratica con gli altri pianeti, pensai di aver risolto quasi tutti i pro

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    ALESSANDRO VOLPI

    UNA CRISI TANTE CRISICrollo della finanza

    e dellidea di mercato

    a se mana n cu crea amo e va avevo assun o aspe o un pe e an ropo e eQuando stavo progettando il Prototipo N. 22, invece, avevo assunto una forma completameMa noto che date segni dinsofferenza e non vedete lora che vi descriva la creazione dellaComunque, dopo aver fatto pratica con gli altri pianeti, pensai di aver risolto quasi tutti i pro

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    Progetto grafico e impaginazione: fuoriMargine (Vr)

    2009 BFS edizioni

    Biblioteca Franco Serantini

    Amministrazione e distribuzione:Libercoop

    via I. Bargagna, 60 56124 Pisa

    tel./fax 050 [email protected]

    ISBN 978-88-89413-40-1

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    9 UNA BREVE PREMESSA

    19 I CAPITALI TORNANO A CASA

    27 I PREZZI IMPAZZISCONO

    33 ARRIVA LO STATO

    45 LE POLITICHE COMMERCIALI

    49 DIFFICOLT A STELLE E STRISCE

    59 POLITICHE MONETARIE AFONE E CRISI DI FIDUCIA

    69 INCUBI EUROPEI

    75 SOLUZIONI NAZIONALI

    87 UN CASO SPECIFICO. IL MERCATO DEI PRODOTTI AGRICOLIIN AFRICA DI FRONTE ALLA CRISI

    101 EPILOGO

    INDICE

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    Ad Anna, perch non abbia paura

    Watch out, the worlds behind youtehres always somone around youWho will callits nothing at all

    The Velvet Underground, Sunday Morning

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    La natura stessa dellattuale crisi finanziaria, esplosa con una for-

    za per molti versi inattesa e in verit difficilmente prevedibile, consi-glia unestrema cautela nel tracciare scenari futuri1. Diverse sono in-fatti le contraddizioni in atto ma sicuramente una delle pi gravi, cherende complessa ogni analisi del futuro, data dalla modifica pro-fonda intervenuta nelle strutture proprietarie del sistema economicointernazionale. Dalla met degli anni Ottanta si assistito ad une-stensione della nozione stessa di mercato finanziario, con laccre-sciuto ruolo di vari soggetti a partire dalle banche che in moltiordinamenti hanno ottenuto la prerogativa di creare prodotti finan-

    ziari, di acquisire partecipazioni rilevanti in imprese e di produrre inproprio gli strumenti per sostenere tali imprese, spesso attingendo apiene mani alle innovazioni dellingegneria finanziaria. Espressionetipica di questo processo stata labolizione nel 1999 da parte del-lamministrazione Clinton dello storico Glass-Steagall Act, introdot-

    UNA BREVE PREMESSA

    1. Tra le opere dedicate agli attuali sviluppi della crisi finanziaria, di particolare interes-se risulta il contributo di R. SHILLER,Finanza shock, Milano, Egea, 2008. Lo stesso Shilleraveva dedicato allanalisi delle criticit finanziarie il volume Il nuovo ordine finanziario,

    pubblicato in Italia dalla casa editrice Il Sole 24 ore. Ancora molto utili sono poi le notazioniespresse da L. BINI SMAGHI, Chi ci salva dalla prossima crisi finanziaria?, Bologna, IlMulino, 2000; cos come assai stimolante il contributo di M. AGLIETTA,Le capitalisme, debulle en bulle, Le Monde, 1 settembre 2007. Letture molto singolari sono invece quelledi: G. SOROS, Cattiva finanza. Come uscire dalla crisi: un nuovo paradigma per i mercati,Roma, Fazi, 2008, B. EMMOTT,Asia contro Asia, Milano, Rizzoli, 2008, H.J. CHANG, Cattivi

    samaritani. Il mito del libero mercato e leconomia globale, Milano, Universit Bocconi,2008, F. ZAKARIA,Lera post americana, Milano, Rizzoli, 2008, G. SAPELLI,La crisi econo-mica mondiale, Torino, Bollati Boringhieri, 2008. Decisamente pi ortodossa linterpreta-zione di F. ALLEN, D. GALE, Understanding Financial Crises, Oxford, Oxford UniversityPress, 2008. Di notevole interesse risulta il dossier dedicato alla crisi finanziaria 2007-

    2008 presente sul sito www.lavoce.info, curato da Massimo Bordigon. Fra le ultime usci-te: A. BERRINI, Come si esce dalla crisi finanziaria, Torino, Bollati Boringhieri, 2009,M. GAGGI, La valanga. Dalla crisi americana alla recessione globale, Roma, Laterza,2009. La casa editrice Garzanti ha pubblicato una nuova edizione aggiornata e ampliata diP. KRUGMAN,Il ritorno delleconomia della depressione e la crisi del 2008, che di fatto nonaggiunge molto alle precedenti edizioni e in realt tratta pochissimo della crisi in atto.

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    to nel 1931 dopo la grande crisi il quale imponeva una netta distin-zione delle banche commerciali da quelle di investimento. Simili

    processi non solo hanno modificato la nozione stessa di rischio permilioni di utenti bancari, inseriti di fatto senza troppa consapevolez-za nel mercato finanziario, ma hanno anche alterato la catena di con-trollo delle societ, riproponendo e amplificando a dismisura i con-flitti di interesse tipici delle banche miste2. La stessa ingegneria fi-nanziaria ha poi permesso a queste banche proprietarie di distribuirei pericoli delle operazioni aperte creando appositi strumenti-veicoloche determinano una vera e propria invisibilit delle esposizioni edelle stesse filiere di controllo. Accanto al nuovo ruolo delle banche

    esiste, come noto, il peso crescente dei fondi hedge e private chehanno comprato utilizzando un pronunciato effetto leva, destinato acostringerli a rispondere in termini brevissimi ai loro sottoscrittori,con la preoccupante conseguenza della trimestralizzazione degliandamenti perseguiti; sempre pi evidente quindi una prospettivainteramente finanziaria, attratta dalle sirene della speculazione e checerto mal si concilia con i tempi degli investimenti di natura produt-tiva. Un fenomeno tuttaltro che trascurabile qualora si tenga presen-te, solo per citare un dato, che in Inghilterra oltre 3 milioni di lavora-

    tori, il 20% degli occupati nel settore privato, erano ancora nel luglio2008 dipendenti di imprese di propriet dei fondi o da essi partecipa-te; si tratta di un comparto ora talmente in crisi da costringere ad unripensamento lintero sistema economico britannico, il quale paga il

    peso di una eccessiva terziarizzazione finanziarizzata e il venir menodi grandi marchi nazionali: ormai solo 1/3 del sistema manifattu-riero britannico in mani inglesi3.

    La distinzione tra fondi attivisti, che intendono cio partecipare

    alla gestione delle imprese finanziate, e fondi neutrali pare, in ultimaanalisi, abbastanza debole visto che comunque entrambe le tipologiedevono rispondere ai loro sottoscrittori sulla base di scadenze moltoravvicinate. In particolare i fondi hedge hanno ulteriori controindica-zioni proprio in relazione alla struttura proprietaria; il fatto di ricor-rere cos massicciamente allindebitamento per finanziarsi, con

    UNA CRISI TANTE CRISI10

    2. Si possono citare fra gli altri i contributi di R. RAJAN, L. ZINGALES, Salvare il capita-lismo dai capitalisti, Torino, Einaudi, 2004, C. BBAR, P. MANIRE, Uccideranno il capita-

    lismo, Milano, Bompiani, 2004, R. R. BOTTLE, Soldi dal nulla, Milano, Il Sole 24 ore, 2006,J. SACHS,La fine della povert, Milano, Mondadori, 2005, M. VITALE,America punto a ca-

    po. Una lettura non conformista della crisi dei mercati mobiliari, Milano, Scheiwiller, 2002,S. ANDRIANI, Lascesa della finanza. Risparmio, banche, assicurazioni: i nuovi assetti del-leconomia mondiale, Roma, Donzelli, 2006.

    3. L. MAISANO,Londra rimpiange le sue fabbriche, Il Sole 24 ore, 22 gennaio 2009.

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    Una breve premessa

    unincidenza sulle loro disponibilit effettive che supera di molto lacapitalizzazione, e la logica determinante del breve termine non con-sentono di sapere in realt a chi appartengano nei diversi momentidella loro esistenza e dunque di chi siano dipendenti i lavoratori del-le imprese acquistate. A causa degli strumenti che utilizzano, non dirado tali fondi coprono infatti il finanziamento con il loro capitale

    per una percentuale pari al 20%, mentre il restante 80% frutto didebiti che hanno bisogno, per essere sostenibili, di tassi decisamente

    bassi. Rispetto ad un simile quadro, a volte le immagini sono moltopi chiare delle descrizioni minuziose e argomentate. Quella di unvero e proprio allagamento dei mercati finanziari internazionali

    pu servire a rendere bene lidea della strabordante liquidit genera-ta negli ultimi anni da tassi dinteresse molto bassi, dal risparmioforzato dei cinesi, dai giganteschi surplus delle bilance commercialidei paesi emergenti e da vari altri fattori difficili da raccontare in po-che righe. Questo allagamento ha contribuito a scatenare molteplicieffetti; in primo luogo ha trasformato in soggetti finanziari intere fa-sce sociali che non lo erano a causa delle debolezze del loro reddito.I mutui concessi a potenziali insolventi e poi cartolarizzati per pro-durre ricchezza finanziaria non sarebbero stati possibili senza gli ec-

    cessi di liquidit. Cos come senza una tale, ampia disponibilit dicarta monetaria e commerciale non sarebbe stato possibile ridurre

    per molti mesi la volatilit dei mercati fino a ingenerare lillusioneottica della scomparsa stessa della nozione di rischio; e un capitali-smo senza la percezione del rischio, perch i titoli del Tesoro USArendevano come quelli di un paese dei Balcani, dava corpo ad unasorta di Eden arredato in pieno stile Las Vegas. Un allagamento irro-rato da una enorme messe di dollari, capace di tenere in piedi la dis-

    astrata bilancia commerciale della pi grande economia del pianeta,alle prese con la perdita di potere dacquisto dei salari dei cittadinistatunitensi che solo le merci sottocosto di cinesi e cinesizzati, pa-gate appunto in dollari creati alloccorrenza, erano in grado di conti-nuare a far consumare.

    Parallelamente ad una simile crescita, le invenzioni dellingegneriafinanziaria sono state applicate nel concepire strumenti per un radicaleabbattimento dei rischi connessi allattivit di mercato. Al fine di au-mentare in modo esponenziale il numero dei soggetti finanziarizzati,

    interessati dai prodotti delle banche e dai titoli dei fondi, e di quelli in-debitati, che hanno contratto debiti per operare tali acquisti, divenutonecessario infatti contenere le eventualit di perdite sia per chi prestasia per chi destinatario del prestito. Alla luce di ci si affermato unmodello di allocazione del rischio di credito che passato dallo sche-

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    ma originate and holdal pi avanzato originate to distribute4. Nelprimo caso le banche concedevano il credito e si facevano carico delcompito di vigilare sulla solvibilit del destinatario del credito stesso,avendo la preoccupazione principale di evitarne il fallimento. Nel se-condo, ora pi diffuso, loriginatore dei crediti li assembla in combina-zioni di varia qualit e di vario livello di rischio in strumenti cartolaristrutturati in strati con diverso grado di subordinazione che poi cede adinvestitori istituzionali e gestori di patrimoni; in tale sequenza il rap-

    porto tra il soggetto che eroga il credito e il beneficiario di esso diven-ta di fatto quasi anonimo e linteresse per una restituzione certa scema.Anzi, qualora la concessione del credito si sia abbinata a forme di assi-

    curazione contro il rischio, appare assai pi conveniente il fallimentodel creditore. La strada per limitare i rischi quindi quella di spalmarlisu una platea molto ampia di compratori di titoli rappresentativi delcredito originario che risultano di conseguenza partecipi di una solvi-

    bilit non pi singola ma collettiva. Di questa frammentazione sonostati a pi riprese illustrati molteplici vantaggi, spesso con enfasi ec-cessiva. Nelle nuove condizioni sarebbe pi semplice ilpoolingdei ri-schi e si contrarrebbe il fabbisogno di capitale in rapporto al creditooriginato; al tempo stesso gli investitori dispongono di nuove opportu-

    nit in merito alla combinazione rischio-rendimento e soprattutto sog-getti che prima erano esclusi dal credito perch giudicati sprovvisti digaranzie vengono ammessi ai finanziamenti per effetto, appunto, delladistribuzione collettiva dellincertezza circa la loro capacit di salda-re. Il pericolo di crisi sistemiche si riteneva scongiurato accrescendo la

    percezione della sicurezza per effetto di un ampliamento delle dimen-sioni dei fenomeni finanziari tale da garantire una costante disponibili-t di risorse liquide da parte di soggetti resi affidabili dalla catena delle

    cartolarizzazioni. A questo fine hanno concorso le gi ricordate strate-gie di alcune banche centrali, in particolare della Federal reserve gui-data da Alan Greenspan, attenta ad allagare di liquidit con tassi molto

    bassi e con iniezioni di pronti contro termine le diverse piazze del pia-neta5. La sensazione di sicurezza stata rafforzata anche dalla limita-zione della volatilit dei mercati, dipendente in gran parte proprio dal-la grande liquidit disponibile e dagli strumenti pensati per veicolarlache hanno permesso a titoli ad alto rischio di pagare interessi decisa-mente contenuti, di fatto stabilizzandone gli andamenti. Si definito

    pertanto un circolo vizioso nel quale il basso costo del denaro ha faci-

    UNA CRISI TANTE CRISI

    4. L. SPAVENTA,Per la finanza la fine di un modello, Affari e finanza, 21 gennaio 2008.5. Greenspan ha fornito unesplicita testimonianza del suo modus operandi nel volume

    Lera della turbolenza, Milano, Sperling & Kupfer, 2007, in particolare pp. 425-429.

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    Una breve premessa

    litato il ricorso a modelli di indebitamento molto azzardati, con effettoleva fino a trenta volte il capitale effettivamente disponibile, ma dove,al contempo, il livello di azzardo morale rimasto occultato propriodal denaro a buon prezzo. Ad accrescere limpressione della cornuco-

    pia ha concorso parimenti quello che Nouriel Rubini ha qualificato co-me il sistema finanziario ombra, composto da istituzioni non banca-rie ma che alla stregua delle banche ottengono prestiti a breve termi-ne e in forme liquide mentre concedono prestiti a lungo termine e inasset molto meno liquidi6. Tale sistema include veicoli di investimen-to strutturati come i SIV, i veicoli finanziari extrabilancio, i conduit, ifondi monetari, le assicurazioni monoramo, oltre ai gi ricordati

    hedge: tutte realt che hanno la caratteristica di dipendere dalla prero-gativa di rinnovare le scadenze debitorie in quanto le loro passivit abreve termine possono essere inventariate facilmente, mentre i loro as-set sono a lungo termine e illiquidi. Unasimmetria sanabile, ancorauna volta, solo con tanta liquidit che nel caso del sistema ombranon ha potuto derivare direttamente dalle banche centrali che gli sononormalmente precluse data lassenza in tale sistema di istituzioni de-

    positarie. Spesso per i conduitrisultano una filiazione pi o meno le-gittima delle banche stesse che hanno preferito fare ricorso ad essiper

    evitare di sopportare i costi legati al fatto di detenere il capitale. A dif-ferenza delle societ industriali che dispongono di un capitale compre-so tra il 30 e il 50% e un debito tra il 70 e il 50%, le banche fanno am-

    pio ricorso alla leva finanziaria con un capitale fino al 12%, ma talvol-ta solo fino al 5%, e con la percentuale restante composta da capitaledi bassa qualit o da debito7. In questo contesto, data lassoluta centra-lit di una fiducia diffusa per il mantenimento delle condizioni di unafacile liquidit, la struttura dei modelli di valutazione del rischio non

    stata perfezionata in maniera altrettanto minuziosa rispetto allinge-gneria finanziaria. Le agenzie di ratinghanno mostrato infatti una no-tevole accondiscendenza nei confronti di molti prodotti finanziari, dif-ficili da valutare per la scarsa esperienza storica e per lopacit in-trinseca dei crediti strutturati. I prezzi dei titoli valutati sembravano ingrado di sfornare sempre e comunque premi allettanti e le agenzie diratinghanno evitato di mettergli un freno, sfruttando la loro condizio-ne di pressoch assoluto monopolio della valutazione che la legislazio-ne USA gli attribuisce sia in rapporto al controllo degli intermediari sia

    allammissibilit degli strumenti finanziari nel portafoglio degli inve-

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    6. N. ROUBINI,Dodici tappe verso la crisi pi grave, La Repubblica, 28 febbraio 2008.7. M. LONGO, Sar improbabile assistere al crack di grandi banche, Il Sole 24 ore, 25

    marzo 2008.

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    stitori istituzionali. In tale ottica la filiera della costruzione del valoresi snodava attraverso una serie di passaggi il cui grado di sicurezza,

    per quanto artificiale, stato a lungo sovrastimato; una sopravvaluta-zione decisamente poco costosa nel particolare caso dei derivati chehanno raggiunto il valore nominale abnorme di 360 mila miliardi didollari, potendo disporre della solidit attribuita loro dalle frequentiesternazioni di Alan Greenspan che li ha definiti gli strumenti in gradodi differenziare il rischio e di allocarlo agli investitori pi capaci e de-siderosi di assumerlo. Se per ottenere 100 mila dollari in azioni aWall Street servono 50 mila dollari in contanti e per comprare a termi-ne con un future 100 mila dollari di greggio sono sufficienti 5 mila

    dollari, evidente che questultima operazione abbia avuto un appealmaggiore e abbia attirato molti soggetti altrimenti privi di risorse chehanno contribuito cos alla generalizzata fame di liquidit e ad uninsi-cura sicurezza8. Le molteplici contraddizioni insite nelle pratiche dellanuova ingegneria finanziaria hanno cominciato ad esplodere nellestatedel 2007 con la crisi degli ormai noti mutuisubprime, prestiti concessia clienti di fatto privi delle garanzie per accedere a forme di creditostandard. Tali mutui che nel 1998 erano circa 600 mila, pari al 2% ditutti i mutui USA, sono saliti a quasi 6 milioni alla fine del 2006 per una

    percentuale del 13,5% del totale. Una crescita tanto tumultuosa si le-gata alla progressiva contrazione del reddito medio degli americani ealla vera e propria bolla immobiliare per cui chi si indebitava anche atassi molto alti aveva la certezza quasi matematica di un rialzo del

    prezzo dellimmobile acquistato decisamente superiore a quello paga-to. Al contempo listituto che erogava il credito poteva spalmarlo attra-verso le cartolarizzazioni su altri soggetti disposti ad assumere porzio-ni di rischio in cambio di un interesse. Lintero sistema si reggeva dun-

    que su due elementi: il prezzo delle case in continua crescita e i bassitassi dinteresse che facilitavano la catena dellindebitamento e la ge-stione del debito9. Quando il mercato immobiliare nellagosto 2007 hamanifestato chiari segni di regressione10, il primo perno del sistema ha

    UNA CRISI TANTE CRISI14

    8. M. RICCI, Cos la speculazione affonda leconomia, La Repubblica, 28 febbraio 2008.9. Stephen Roach ha messo in luce come dal 2000 il sistema dellindebitamento, a parti-

    re dal settore immobiliare, ha reso il Prodotto interno lordo statunitense dipendente dai con-sumi interni per il 72% (M. MARGIOCCO, Finisce con questa crisi la societ del debito faci-le, Il Sole 24 ore, 5 aprile 2008).

    10. Nel giro di pochi mesi circa 8 milioni di famiglie americane si sono trovate proprieta-rie di case il cui valore era inferiore al mutuo da pagare e uneventuale riduzione del valoredegli immobili, pari al 30%, avrebbe portato il numero delle famiglie in tali condizioni a 16milioni. Jacques Attali ha tratteggiato la previsione delle conseguenze della crisi finanziaria inun lungo articolo comparso sul Corriere della sera (La crisi della finanza globale finir percastigare lEuropa, 5 aprile 2008), in cui immagina il decisivo intervento della finanza cinese.

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    Una breve premessa

    cominciato a cedere e la rincorsa verso il basso posta in essere dallaFederal reserve fino a portare i tassi ben sotto il livello dellinflazio-ne cos da rendere conveniente indebitarsi non sembrata in grado dimettere un argine vero alla crisi. Il problema infatti era duplice: capirele dimensioni reali del fenomeno subprime e individuare quanta partedei prodotti finanziari circolanti per i ben poco definiti mercati del pia-neta fosse stata contaminata dalla cartolarizzazione dei medesimisub-

    prime. Soltanto dando una risposta convincente a queste due domandesarebbe diventato possibile limitare gli effetti di un credit crunch, diuna restrizione dei cordoni del credito dovuta alla paura da parte di

    banche e operatori di finanziare attivit gi compromesse. Ci risul-

    tato particolarmente importante perch, a differenza di quanto avveni-va fino al 2004 allorch gran parte dei mutui era gestita da due socie-t pubbliche o semipubbliche (come Fannie Mae, Guinnie Mae eFreddie Mac responsabili del 70% di tutte le emissioni di titoli conmutui o asset immobiliari come collaterali) dal 2006 oltre il 57% ditali titoli finito nellorbita di banche e finanziarie, sia di quelle spe-cializzate come Indymac, Wamu e Countrywide sia di quelle di grannome, da Leheman Brothers a Jp Morgan, da Goldman Sachs fino aBear Sterns; tutte realt che hanno pagato a caro prezzo una simile

    esposizione, senza peraltro che le agenzie pubbliche siano riuscite adavere conti migliori vista la mole di mutuisubprime cartolarizzati. Lasicurezza generata dalla distribuzione del rischio divenuta cos, conestrema velocit, paura dilagante11. Davanti ad una dispersione tantomarcata, laccennata stima delle perdite connesse alla bolla subprimerisulta estremamente complessa e tale da scatenare vere e proprie con-troversie. Le sterminate distese dei mercati non sono pi rappresentatein nessuna mappa del rischio e forse nemmeno rappresentabili.

    Quando Goldman Sachs, con le sue enormi difficolt, stata costrettaa rivedere in poco tempo le valutazioni circa le perdite indotte dallacrisi globale del credito, portandole da 445 a oltre 1.200 miliardi didollari, lunica certezza rimasta quella di navigare a vista, senza car-te nautiche e armati della speranza di non incappare negli scogli di unarecessione gi affiorata.

    derivata da qui lenorme instabilit dei mercati, messi costante-mente sotto pressione dal bisogno di liquidit per alimentare erogatoridi credito e acquirenti di carta commerciale a corto di risorse e senza

    una propriet certa. La mancanza di una struttura proprietaria stabileha portato con s, altrettanto frequentemente, rischi di insider trading

    11. M. MARGIOCCO, I dieci perch della crisi dei mutui, Il Sole 24 ore, 16 dicem-bre 2007.

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    finalizzati a stravolgere il valore reale degli asset a cui i fondi, per icaratteri prima accennati, non sono mai legati in maniera duratura.Lessere inoltre fuori dalle Borse ha accentuato ancora di pi questaopacit, che si estende ovviamente alle societ in cui tali fondi decido-no di entrare; ma anche nel caso in cui i fondi scelgano di quotarsi, co-me ha fatto Blackstone, permane il pericolo che diventino delle gigan-tesche investment banks, senza sopportarne il costo fiscale e senza sot-tomettersi alle regole previste per tali funzioni. Proprio la vicendaBlackstone permette peraltro di allargare ancora il ventaglio dei pro-

    blemi in quanto nel suo capitale ha fatto ingresso uno degli ormai notifondi sovrani in mano al governo cinese, con lacquisizione di una si-

    gnificativa quota del 10%. Un fondo opaco risulta cos partecipato dauno Stato del tutto estraneo a forme democratiche sia in campo politi-co che in quello economico; se tale fondo controlla pezzi del sistema

    produttivo in varie parti del pianeta, lidea che il mercato abbia delleregole a cui iplayers devono correttamente rispondere appare assaidebole, tanto pi se, come avvenuto, gli esiti dellintera operazionesono stati decisamente negativi.

    Ai fini della trasparenza della catena della propriet societaria certonon giova neppure il continuo abuso che i fondi fanno dei paradisi fi-

    scali. Le isole Cayman sono la capitale mondiale dellindustria deglihedge, tanto che su 9.000 fondi censiti nel primo semestre 2007, 8.522

    pari all87% del totale risultavano registrati a George Town.Qualche preoccupazione in tal senso emerge anche in relazione alla

    propriet delle ruggenti imprese cinesi, dove accanto allo Stato com-paiono investimenti diretti esteri che provengono per quasi 15 miliardida paradisi fiscali (11 miliardi dalle sole Virgin Islands), contro i soli 3miliardi provenienti formalmente dagli Stati Uniti. Del resto, non-

    ostante la definizione nel 2000 di una black listda parte dellOCSE checonteneva lindicazione di 35 Stati qualificati come paradisi fiscali acui venivano richiesti precisi chiarimenti in termini di trasparenza, gliultimi anni hanno conosciuto solo un adeguamento formale da parte ditali soggetti a regole condivise in sede internazionale. Le isole Caymandal 2000 al 2008 hanno ad esempio registrato una crescita delle loro

    passivit bancarie con gli investitori esteri da 781 a 1.721 miliardi didollari. La presenza di un sistema dai contorni cos indefiniti, in parti-colare in relazione alla questione decisiva degli assetti proprietari, e che

    ha gi conosciuto una violenta deflagrazione non permette dunque disapere molto in merito a cosa potr accadere sui mercati nei prossimitempi. interessante notare a questo riguardo lo sforzo posto in essereda G8 e dalle autorit finanziarie internazionali per stabilire, proprio perfronteggiare la crisi, degli argini al fenomeno stesso dei paradisi fiscali

    UNA CRISI TANTE CRISI16

    a se mana n cu crea amo e va avevo assun o aspe o un pe e an ropo e eQuando stavo progettando il Prototipo N. 22, invece, avevo assunto una forma completameMa noto che date segni dinsofferenza e non vedete lora che vi descriva la creazione dellaComunque, dopo aver fatto pratica con gli altri pianeti, pensai di aver risolto quasi tutti i pro

  • 7/31/2019 Alessandro Volpi - Una Crisi Tante Crisi

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    Una breve premessa

    spingendo la Svizzera allabbandono del segreto bancario, attraverso ilsuperamento della distinzione fra evasione fiscale e frode fiscale, inmaniera da scatenare un processo virtuoso anche in realt analoghe.

    Nel momento in cui deflagrata la crisi e serve denaro pubblico chia-ro che la permanenza dei paradisi fiscali non pi tollerabile e forseimporre regole migliori diventa pi facile se una larga parte dei 2.000miliardi di dollari di asset depositati in Svizzera stanno dirigendosi inmaniera inattesa verso gli Stati Uniti, a dimostrazione del materializ-zarsi della paura anche nei confronti dei luoghi tipici della finanza ano-nima. Il capitalismo finanziario, nel costante tentativo di perfezionarsi edi creare nuova ricchezza ben oltre la disponibilit del sistema produtti-

    vo, ha smarrito ogni traccia di identificazione fino a perdere la propriaidentit e a rendere anonimo e imprevedibile il rischio connesso alleproprie attivit. In un arco di tempo molto breve si passati dalla scom-parsa del rischio alla sua assoluta dilatazione, due dimensioni entrambeevidentemente artificiali.

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    a se mana n cu crea amo e va avevo assun o aspe o un pe e an ropo e eQuando stavo progettando il Prototipo N. 22, invece, avevo assunto una forma completameMa noto che date segni dinsofferenza e non vedete lora che vi descriva la creazione dellaComunque, dopo aver fatto pratica con gli altri pianeti, pensai di aver risolto quasi tutti i pro

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    a se mana n cu crea amo e va avevo assun o aspe o un pe e an ropo e eQuando stavo progettando il Prototipo N. 22, invece, avevo assunto una forma completameMa noto che date segni dinsofferenza e non vedete lora che vi descriva la creazione dellaComunque, dopo aver fatto pratica con gli altri pianeti, pensai di aver risolto quasi tutti i pro

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    Pur tra mille incertezze, tuttavia alcuni elementi sembrano profilar-

    si gi con una notevole evidenza tanto da suggerire almeno qualcheipotesi credibile di lettura delle trasformazioni in atto. In primo luogo,di fronte alla crisi finanziaria mondiale in corso un fenomeno di evi-dente ritorno a casa dei capitali; i grandi investitori internazionali che avevano fatto ampio uso negli anni passati del carry trade, indebi-tandosi laddove il denaro costava poco, per effetto dei bassi tassi e del-lampia liquidit, e mettendo le risorse cos ottenute nei mercati emer-genti pi redditizi stanno smontando queste posizioni divenutetroppo rischiose per tornare a impiegare le loro disponibilit nelle eco-

    nomie di provenienza, Stati Uniti in primis, dove puntano a rimborsareed estinguere crediti contratti a tassi molto bassi. I flussi di capitale dai

    paesi occidentali a quelli in via di sviluppo sono crollati tra il 2007 e il2009 dell82%, coinvolgendo persino gli investimenti diretti esteri, laforma pi stabile dei flussi, che sono scesi dai 304 miliardi di dollaridal 2007 ai 197 del 2009. Anche le rimesse degli emigrati stanno sub-endo una marcata riduzione per effetto della crisi, con una diminuzio-ne del 20% nel corso degli ultimi mesi del 2008. Crescono invece i

    flussi netti, dati dalla differenza fra gli acquisti e le vendite, di capitaliverso gli Stati Uniti, pari a quasi 160 miliardi di dollari che si articola-no in rientro di capitali dallestero, passivit bancarie e acquisto di ti-toli di Stato USA. Questo fenomeno crea grandi tensioni valutarie per-ch rende ostica ogni previsione sulle sorti del dollaro, da un lato raf-forzato dal ritorno in patria dei capitali nonostante il bassissimo tas-so di interesse praticato dalla Federal reserve, fissato a met dicembre2008 tra lo 0 e lo 0,25% e dallaltro penalizzato dalle stime relativealleconomia USA e al debito federale. Difficile dire come si evolver

    una tale situazione, decisamente anomala e legata anche ai giganteschipiani di sostegno messi in campo dai governi nazionali, con fini di sta-bilizzazione. Si profila infatti uno scenario in cui leconomia america-na attrae la propria moneta grazie agli aiuti pubblici ma al tempo stes-so il tasso zero spinge gli investitori a dar corpo ad un nuovo carry tra-

    I CAPITALI TORNANO A CASA

    a se mana n cu crea amo e va avevo assun o aspe o un pe e an ropo e eQuando stavo progettando il Prototipo N. 22, invece, avevo assunto una forma completameMa noto che date segni dinsofferenza e non vedete lora che vi descriva la creazione dellaComunque, dopo aver fatto pratica con gli altri pianeti, pensai di aver risolto quasi tutti i pro

  • 7/31/2019 Alessandro Volpi - Una Crisi Tante Crisi

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    de, questa volta con la presa in prestito gratis del denaro negli StatiUniti per impiegarlo altrove. La crisi e i bassi rendimenti generalizzatiin giro per il mondo rendono per difficile trovare soluzioni realmentealternative; le autorit americane sembrano scommettere sulla perma-nenza in patria dei capitali presi in prestito e per questo hanno fatto indodici mesi quello che il Giappone ha impiegato 12 anni a fare1. In talsenso, dopo un brusco arresto del processo di globalizzazione sembraessersi avviata una vera e propria deglobalizzazione. certo che ilquadro di riferimento internazionale sta mettendo in tensione le valute

    pi fragili e in una simile ottica le questioni monetarie risultano parti-colarmente spinose per i microstati, per gli Stati di ridottissime di-

    mensioni che ormai da tempo dimostrano di soffrire le instabilit delleproprie valute di riferimento. Le vicende dellIslanda, che ha cono-sciuto una vera e propria bancarotta del sistema bancario ed ha avuto

    bisogno di ben 10 miliardi di dollari di aiuti internazionali, sono em-blematiche di questa condizione; il cambio rapidamente crollato,rendendo molto difficili le importazioni e azzerando le riserve valuta-rie, con immediata scomparsa degli investitori esteri. Si tratta di realt

    piccole che per, come gi avvenuto in passato, possono innescarefenomeni di pi ampie dimensioni, scatenando reazioni a catena.

    Stanno sparendo, in parallelo con i fenomeni sopra ricordati, i pre-stiti internazionali ad opera delle banche che sono coinvolte in manie-ra profonda nella crisi: i dati della Banca dei regolamenti internaziona-li indicano in 1.100 miliardi di dollari, pari al 3%, la riduzione che si verificata nel solo 2008; una fuga che, bene precisarlo, si avviatanegli ultimi mesi dellanno con una notevolissima consistenza e non fa

    presumere nulla di buono. In maniera analoga, si stima che nel 2009 ilcredito ai paesi emergenti crolli da oltre mille miliardi a 150 miliardi

    di dollari. Solo le banche americane, che hanno subto nel terzo trime-stre 2008 il ritiro dai loro conti correnti di 483 miliardi di dollari daparte di possessori esteri, hanno erogato 587 miliardi di dollari in me-no agli investitori non americani. Dopo il noto fallimento del fondoLTCM, avvenuto nel 1998, il calo dei prestiti bancari internazionali fusoltanto dell1,2% mentre in seguito allo scoppio della bolla di inter-net, nel 2001, la contrazione sfior appena l1%. In questo contesto

    particolari preoccupazioni interessano lAfrica subsahariana dove 11paesi hanno un sistema bancario per oltre il 70% in mani estere e dun-

    que subiscono il rischio di un rapido rientro dei capitali. Anche i fondihedge, che come le banche daffari si finanziano sul mercato emetten-do titoli, hanno scontato enormi difficolt e per ripagare le proprie

    UNA CRISI TANTE CRISI20

    1. R. SORRENTINO, Calo record per il dollaro, Il Sole 24 ore, 18 dicembre 2008.

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  • 7/31/2019 Alessandro Volpi - Una Crisi Tante Crisi

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    I capitali tornano a casa

    esposizioni debitorie hanno cercato di stabilizzare il loro portafogliovendendo i titoli migliori e riducendo drasticamente lattivit.

    Nonostante ci ormai evidente che queste realt, importanti nel farcircolare i capitali negli ultimi anni, sono destinate a scomparire alme-no nella percentuale del 50-60%, una sparizione accelerata dal fattoche molti di tali fondi sono di piccole dimensioni: oltre l80% del tota-le dei fondi hedge gestisce meno di 100 milioni di dollari2. In questistessi mesi sta profilandosi un altro dato preoccupante: nel 2009 sca-dranno i debiti del sistema industriale mondiale per oltre 1.000 miliar-di di dollari, senza considerare i bond, e sar certo pi difficoltoso rifi-nanziarli dal momento che nella parte finale del 2008 oltre l83% delle

    banche americane hanno ridotto o reso maggiormente onerosi i proprifinanziamenti. Della montagna di debiti in scadenza quasi 600 miliardifanno capo a societ statunitensi e molte di esse hanno visto duramen-te penalizzato il proprio rating, alla luce della vigorosa stretta che leagenzie di valutazione hanno dovuto imporre ai propri criteri. evi-dente quindi che tale sistema abbia bisogno di nuova liquidit bancariae molto difficilmente la otterr in queste condizioni. Ci provochernumerose chiusure di aziende in giro per il mondo con una crescita deidefault del 7,5%: solo negli USA questo significa la bancarotta di circa

    125 grandi societ nel corso di un anno, fatti salvi interventi esterni,ad esempio da parte dellautorit federale3. Pi in generale, secondo levalutazioni di Euler Hermes uno dei pi grossi assicuratori mondialidi rischi sul credito nel corso del 2009 falliranno in Europa ben 200mila imprese, 1/3 in pi di quelle fallite nel 2007. Si tratta di stimeconcepite peraltro prima dellulteriore aggravarsi della crisi.

    CASI DI INSOLVENZA NEL 2008 PREVISIONI 2009

    Stati Uniti 41.200 +50%Giappone 15.800 +8%

    Cina 4.570 +10%

    Germania 30.100 +12%

    Francia 56.000 +12%

    Gran Bretagna 28.500 +34%

    Non bisogna dimenticare che nel giro di pochissimi mesi statastravolta la geografia di un intero settore come quello delle banche

    21

    2. M. NIADA,Hedge a rischio estinzione, Il Sole 24 ore, 26 ottobre 2008.3. Si vedano in tal senso le considerazioni di M. LONGO,Industria esposta per mille mi-

    liardi di dollari, Il Sole 24 ore, 9 novembre 2008.

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  • 7/31/2019 Alessandro Volpi - Una Crisi Tante Crisi

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    dinvestimento: Lehman Brothers fallita, Merrill Lynch stata acqui-stata da Bank of America, Bear Stearns, grazie ad un prestito ponte, stata rilevata da JP Morgan Chase, che ha acquisito anche WashingtonMutual, mentre Wachovia stata comprata da WellsFargo. inevitabiledunque una fortissima contrazione del credito specializzato. Nel pigenerale comparto bancario poi Citigroup ha dovuto accettare, incambio di uniniezione di liquidit pari a 52 miliardi di dollari e di ga-ranzie per oltre 300 da parte del Tesoro federale, una profonda ristruttu-razione con il siluramento di Robert Rubin e soprattutto con labbando-no del modello, a lungo inseguito, del conglomerato finanziario globa-le, peraltro perdendo subito molti soldi vista la cessione di Smith

    Barney ad un prezzo di 2,7 miliardi contro gli 11 a cui era valutata dalmercato. Leffetto di ci un sostanziale ridimensionamento dellistitu-to, che dovrebbe ridurre le proprie ambizioni, stabilendo maggiori lega-mi con Morgan Stanley in tema di brokeraggio.

    GENNAIO 2007 GENNAIO 2009

    JP Morgan Chase 167 84

    Citigroup 273 20

    Bank of America 239 42

    Morgan Stanley 86 17

    Goldman Sachs 84 27

    Lehman Brothers 41 0,03

    BNP Paribas 101 28

    Royal Bank of Scotland 123 7

    Deutsche Bank 69 13

    Lloyd Bank 63 10

    Barclays 93 7

    Ubs 127 32Credit Suisse 84 23

    Nel febbraio 2009 lamministrazione americana di fronte, al perdu-rare delle difficolt dellistituto, ha prefigurato lipotesi di acquistare fi-

    no al 40% del capitale di Citigroup, convertendo in azioni ordinarie i ti-toli privilegiati gi ottenuti in precedenza in cambio di iniezioni di capi-tali pubblici per circa 45 miliardi di dollari. Anche Bank of America, do-

    po il salvataggio di Merrill Lynch, ha registrato in un trimestre perditeper quasi 1,8 miliardi di dollari e ha avuto bisogno quindi dellinterven-

    UNA CRISI TANTE CRISI22

    * Valore di mercato in miliardi di dollari. Tra gennaio e marzo2009 Citigroup ha perso il 78%, Bank of America il 72%, Ubs il37%, Deutsche Bank il 25%.

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  • 7/31/2019 Alessandro Volpi - Una Crisi Tante Crisi

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    I capitali tornano a casa

    to del Tesoro USA, ricevendo uniniezione di 20 miliardi di dollari e lagaranzia per future perdite dovute ad asset in pessime condizioni per al-tri 118 miliardi4.

    Gi nel 2008, inoltre, a conferma della difficolt di rastrellamentodei capitali, sono crollate le operazioni di IPO (Initial Public Offering),

    pari a 95 miliardi di dollari contro i 257 dellanno passato, e si sonoconcentrate per oltre il 62% nei paesi in via di sviluppo5. Come pesan-te corollario di ci, sar inevitabile che le imprese, al pari degli Stati,che vorranno rifinanziarsi dovranno pagare interessi sensibilmente pialti, per molti versi in maniera indipendente dalle sempre meno effica-ci politiche monetarie. Una recente ricerca di Barclays Capital ha ag-

    giunto elementi di preoccupazione nella misura in cui ha dimostratoche nel corso del periodo 1998-2008 le azioni hanno costituito unadelle classi di attivit con il peggior ritorno, pari negli Stati Uniti a uno0,3% annualizzato; in tal senso verrebbe smentito uno degli assiomi

    pi frequentemente ribaditi dagli analisti, per il quale proprio le azioninel lungo periodo sono la tipologia di investimento pi remunerativa6.In questo senso in atto un fenomeno assai particolare per cui moltiinvestitori tendono a vendere azioni e comprare obbligazioni dellestesse societ di cui hanno venduto le azioni. Non a caso nel mese di

    gennaio 2009 sono stati emessi sui mercati corporate bondper quasi170 miliardi di dollari, una vera e propria cifra record, giustificata ingran parte dallelevato ratingdei titoli emessi e dal discretospreadri-spetto ai titoli di Stato. Al maggior costo del rifinanziamento si ag-giunge quello dei credit default swap (CDS), gli strumenti nati per pro-teggere i possessori di titoli di societ dal rischio del fallimento diqueste ultime; il loro costo ormai salito alle stelle e costituisce una

    pericolosa fonte di instabilit qualora tali titoli diventassero, per effet-

    to dellallargarsi della crisi, non pi solvibili. Nel caso italiano i CDShanno accresciuto il loro costo in termini di percentuali di punto, rife-riti al sistema bancario, dai 6 del maggio 2007 ai 185 di gennaio 2009,mentre in Inghilterra sono saliti da 4 a 145, in Francia da 1 a 72, inGermania da 6 a 63. Proprio alla luce di queste difficolt da pi partisi sostiene lesigenza di costituire una clearing house europea, unacamera di compensazione che dia corpo ad una controparte centrale

    per i CDSper limitare le paure di fallimenti diffusi anche dei titoli de-stinati a proteggere dai fallimenti.

    23

    4. M. VALSANIA, Bankamerica-Merrill, il Tesoro salva la fusione, Il Sole 24 ore, 17gennaio 2009.

    5. M. MONTI,Borse senza matricole: 2008 nero per le IPO, Il Sole 24 ore, 13 dicem-bre 2008.

    6. A. MERLI, Cera una volta il culto delle azioni, Il Sole 24 ore, 11 febbraio 2009.

    a se mana n cu crea amo e va avevo assun o aspe o un pe e an ropo e eQuando stavo progettando il Prototipo N. 22, invece, avevo assunto una forma completameMa noto che date segni dinsofferenza e non vedete lora che vi descriva la creazione dellaComunque, dopo aver fatto pratica con gli altri pianeti, pensai di aver risolto quasi tutti i pro

  • 7/31/2019 Alessandro Volpi - Una Crisi Tante Crisi

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    Per citare un esempio eloquente delle ricadute di questo quadro,caratterizzato da minori propensioni al rischio e da costi maggiori,nei confronti delle economie deboli possibile fare riferimento alcaso sudafricano dove il randha perso il 43% del suo valore in rela-zione alla forte crescita del deficit estero che in pochi mesi ha rag-giunto quasi l8% del PIL. Anche in Kenya il deficit annuale con le-stero aumentato del 63% gi nellestate, toccando un valore di cir-ca 1,5 miliardi di dollari, oltre il 5% del PIL. Una situazione simile ri-guarda la Georgia, che ha un deficit con lestero pari al 26% del PIL e

    per finanziarlo ha emesso un prestito da 750 milioni di dollari, orasottoposto alle intemperie dei mercati7. In condizioni forse ancora

    peggiori si trovano Lettonia, Ucraina e Romania, che hanno cono-sciuto un brusco declassamento del loro debito pubblico. A met di-cembre 2008 poi esploso il caso clamoroso dellEcuador che ha di-chiarato la propria impossibilit a pagare 31 milioni di dollari sulleobbligazioni in scadenza. Il vero timore in un contesto siffatto pro-viene dal pericolo che la fuga dei capitali esteri, la svalutazione dellamoneta e il crollo dei prezzi delle materie prime spingano le econo-mie di molti paesi deboli verso linformalit, verso la fuga in dire-zione di dimensioni degli scambi caotiche in cui si rafforzano ele-

    menti di marcata illegalit. In maniera analoga, alcune economiedellEst Europa stanno conoscendo un brusco indebolimento dellaloro moneta; in particolare lo zloty polacco e il fiorino ungheresehanno incontrato gravi difficolt mettendo a rischio i risparmiatoriche negli ultimi anni avevano contratto mutui denominati in euro oin franchi svizzeri e si trovano ora a pagare rate decisamente pesanti.Questo tracollo cos pesante rischia di colpire duramente anche leu-ro per gli ormai stretti legami con le valute dellEst, soprattutto qua-

    lora si tenga presente che secondo recenti stime di Ubs le aziende e irisparmiatori dellEst Europa dovranno rimborsare alle banche occi-dentali ben 400 miliardi di dollari di debiti. Recentemente il presi-dente della Banca mondiale, Robert Zoellick, ha fornito fosche pre-visioni in merito allimpatto globale della crisi nei confronti dellezone pi fragili del pianeta, stimando 46 milioni di nuovi poveri cheandranno ad aggiungersi nel 2009 ai circa 50 milioni di poveri gene-rati lanno precedente dal fenomeno dellagroinflazione. Per evita-re ci ha proposto che lo 0,7% degli interventi a sostegno delle eco-

    nomie dei vari paesi, messi in essere in questi mesi, confluisca in unfondo di vulnerabilit finalizzato ad attenuare le conseguenze dellacrisi nei riguardi delle realt pi povere.

    UNA CRISI TANTE CRISI24

    7. R. SORRENTINO,Allarme prestiti nei Paesi poveri, Il Sole 24 ore, 30 novembre 2008.

    a se mana n cu crea amo e va avevo assun o aspe o un pe e an ropo e eQuando stavo progettando il Prototipo N. 22, invece, avevo assunto una forma completameMa noto che date segni dinsofferenza e non vedete lora che vi descriva la creazione dellaComunque, dopo aver fatto pratica con gli altri pianeti, pensai di aver risolto quasi tutti i pro

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    I capitali tornano a casa

    Stati e aziende, in una simile bufera, sembrano essere nella mede-sima situazione; a reggere meglio sono quelle realt in cui il creditocontinua ad essere erogato come avviene nel caso del Brasile dove ilrapporto tra credito e PIL salito dal 28 al 35% nel periodo 2005-2008.In questo paese, per, alla stregua di quanto accade in altre realt suda-mericane, per consentire il normale funzionamento del sistema banca-rio in atto una riduzione del costo del denaro: il tasso brasiliano cos sceso gi a gennaio 2009 al 13,75%, quello dellArgentina al 12,quello della Colombia al 9,50, quello del Messico al 7,75 e quello delPer al 6,50. Questo sta determinando una bassa remunerazione garan-tita dai titoli di Stato di tali paesi e gli effetti di ci potrebbero essere

    una rapida fuga dei capitali esteri8

    . Contro un simile rischio le politicheeconomiche di alcuni Stati latinoamericani hanno previsto un ingentestanziamento di fondi pubblici nel settore delle infrastrutture; il Brasileha messo sul tavolo 280 miliardi di dollari dal 2007 al 2010, il Messico44,6, la Colombia 24,5 e il Per 10. Nonostante ci le stime per il 2009vedono per il Brasile una crescita del PIL ferma allo 0,5% contro il 5,5del 2008 soprattutto per le difficolt dellindustria siderurgica, mecca-nica e della plastica. Ormai le difficolt investono anche la Svezia, do-ve il PIL ha registrato una perdita vicina al 5% nel quarto trimestre

    2008, la Finlandia, ufficialmente in recessione dal febbraio 2009, e laDanimarca. Di fronte alla crisi il mondo diventato realmente piatto,

    pi di quanto non lo sia stato duramente la globalizzazione.

    25

    8. R. DA RIN,Il Sudamerica corre ai ripari con unondata di tagli ai tassi, Il Sole 24ore, 21 gennaio 2009.

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  • 7/31/2019 Alessandro Volpi - Una Crisi Tante Crisi

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    UNA CRISI TANTE CRISI26

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  • 7/31/2019 Alessandro Volpi - Una Crisi Tante Crisi

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    La crisi finanziaria e la temporanea scomparsa della liquidit, pur

    con tassi vicini allo zero, che hanno portato lEuribor a livelli moltobassi, hanno provocato parimenti un andamento schizofrenico e deltutto imprevedibile del prezzo delle materie prime, dei beni agricoli edellenergia. Nel corso del 2008 si assistito ad un incredibile rialzodei prezzi, non certo dettato dagli andamenti del mercato reale, e poidurante lestate con lesplosione della crisi finanziaria, interpretata co-me lavvio di una dura recessione anche nei paesi emergenti, ad un al-trettanto rapido ribasso, con leffetto di produrre una vera e propriadoccia scozzese su molte economie, in particolare su quelle fragili,

    private di ogni possibilit di consolidamento. Nel giro di qualche me-se, rispetto alla primavera 2008, il prezzo del nickel ha perso circa il70%, il piombo, lo zinco e il rame poco meno del 60%, mentre lallu-minio ha subto una contrazione del 40%. La fibra di cotone sul mer-cato a termine di New York passato dai 68 cents per libbra alla finedel 2007 agli 89,15 cents a marzo 2008 per scendere a 49 a fine anno.Una sorte analoga hanno conosciuto le commodities con lindiceReuters-Jefferies Crb che caduto del 36%, a 229,54 cents, il peggiore

    crollo dal 1956, anno di debutto di tale misurazione. Anche lindiceBaltic dry, che misura il corso dei noli marittimi per carichi secchi crollato del 91%, scendendo al livello del 1986. Solo il minerale diferro riuscito a conservare le proprie posizioni perch i contratti difornitura si reggono su negoziazioni annuali1 e tra le commodities han-no tenuto cacao e zucchero, questultimo sospinto in particolare dalladecisa diminuzione della produzione indiana, secondo produttoremondiale, costretto ad importare fino a 2 milioni di tonnellate digrezzo per compensare il calo dellofferta locale. Ancora il

    Sudafrica fornisce un esempio di questo processo: da l proviene infat-ti l80% del platino mondiale e in pochissimi mesi questo metallo,

    I PREZZI IMPAZZISCONO

    1. R. CAPEZZUOLI,La crisi riduce i mercati per miniere e fonderie, Il Sole 24 ore, 19novembre 2008.

    a se mana n cu crea amo e va avevo assun o aspe o un pe e an ropo e eQuando stavo progettando il Prototipo N. 22, invece, avevo assunto una forma completameMa noto che date segni dinsofferenza e non vedete lora che vi descriva la creazione dellaComunque, dopo aver fatto pratica con gli altri pianeti, pensai di aver risolto quasi tutti i pro

  • 7/31/2019 Alessandro Volpi - Una Crisi Tante Crisi

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    fondamentale per la bilancia commerciale del paese, ha perso il 60%del suo valore di mercato. In Kenya, per usare lesempio precedente,la rapida discesa del prezzo del caff ha ridotto drasticamente le entra-te e ha convinto il governo a rimandare, anche alla luce delle nuovecondizioni dei mercati finanziari, lemissione di un eurobond per 500milioni di dollari.

    Pi in generale la discesa dei prezzi delle materie prime e delle-nergia render ben pi difficile sia la rinegoziazione da parte dei go-verni di vari Stati africani delle concessioni minerarie con compagnieestere (si pensi al caso del rame, il cui prezzo era passato da 1.178dollari la tonnellata nel 2003 a 8.348 dollari allinizio del 2008), sia

    lintroduzione di forme di tassazione degli utili delle stesse societestere basate sulla crescita del prezzo dei beni da esse commerciati(secondo il modello della windfall tax).

    Al tempo stesso la riduzione dei prezzi dei prodotti agricoli potrdisinnescare i fenomeni di agroinflazione che hanno caratterizzatoil 2007 e parte del 2008: il rischio tuttavia costituito dal fatto che ilcalo del prezzo dei prodotti agricoli, come gi sembra, sia decisamen-te pi lento (nellordine solo del 5%) rispetto allandamento di prezzodelle materie prime o dellenergia, colpite pi duramente dalle paure

    di recessione. significativo rilevare a riguardo che il biennio 2008-2009 sta registrando una forte diminuzione di soia e mais per effettodei cattivi raccolti di Argentina e Brasile, con un calo delle quotazionideifutures inferiore all1%, mentre il crollo dei consumi del cotone alivello planetario sta riducendo drasticamente le aree coltivate conconseguenze non ancora prevedibili. Alla luce di simili dati diventasempre pi difficile distinguere fra prezzi finanziari e prezzi realidelle commodities originando un quadro in cui la stessa definizione di

    prezzo assai complessa.Nel caso del petrolio la questione cruciale rappresentata dal prez-zo di riferimento internazionale che, ovviamente, non lo stesso pertutti i paesi produttori, neppure per quelli presenti nel cartello OPEC.Un prezzo al barile compreso fra i 40 e i 50 dollari significa un livellodi remunerazione per molti paesi inferiore ai costi di produzione e la-vorazione, con possibili conseguenze in termini di riduzione futuradella produzione e quindi di nuovi rialzi di prezzo; lAgenzia interna-zionale dellenergia, che riunisce 28 paesi consumatori di petrolio, ha

    segnalato il pericolo che vengano meno gli investimenti indispensabiliper mantenere la produzione in molte realt destinate a scontare le dif-ficolt planetarie del credito. Questa situazione determinata anchedal fatto che molte majors sia pubbliche che private hanno preferito ri-comprare proprie azioni piuttosto che fare investimenti negli impianti

    UNA CRISI TANTE CRISI28

    a se mana n cu crea amo e va avevo assun o aspe o un pe e an ropo e eQuando stavo progettando il Prototipo N. 22, invece, avevo assunto una forma completameMa noto che date segni dinsofferenza e non vedete lora che vi descriva la creazione dellaComunque, dopo aver fatto pratica con gli altri pianeti, pensai di aver risolto quasi tutti i pro

  • 7/31/2019 Alessandro Volpi - Una Crisi Tante Crisi

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    I prezzi impazziscono

    e nella ricerca2 genera delle evidenti conflittualit; se per lArabiaSaudita sufficiente un prezzo di 54 dollari al barile per conservare inequilibrio i conti con lestero, per il Venezuela, dato il pesante sistemadi costi interni, necessario che il prezzo del barile stia stabilmentesopra i 102 dollari3, pena un ulteriore aggravarsi delle condizioni mo-netarie, faticosamente tenute insieme dal cambio fisso del bolivarconil dollaro, stabilito nel 2003 ad un impossibile 2,15 (che scatena un gi-gantesco cambio nero). chiaro quindi che per i due paesi, entrambimembri influenti dellOPEC, le quantit di produzione da immettere sulmercato debbano essere assai diverse, con conseguenti tensioni inter-nazionali; il Venezuela in particolare sembra costretto a rivedere le

    proprie posizioni nei confronti delle compagnie petrolifere occidentalicercando di indurle a fare nuovi investimenti per sviluppare le riservedellOrinoco Belt4. Un atteggiamento molto differente adottato inve-ce dalla Bolivia e dalla Libia che, di fronte alla previsione di una ridu-zione drastica del prezzo dellenergia, tendono ad accelerare i processidi nazionalizzazione delle proprie risorse. Il presidente Morales ha ac-quisito per via legislativa il controllo della societ petrolifera Chaco,mentre il colonnello Gheddafi ha indicato in 100 dollari il prezzo ra-gionevole del barile di petrolio, al di sotto del quale ritiene necessario

    procedere alla nazionalizzazione. Le stesse tensioni, sia pur con inten-sit diversa, attraversano Iran e Iraq, beneficiati nellultimo anno dai

    prezzi alti. Per lIraq, dove le esportazioni di petrolio garantiscono il95% delle entrate, la discesa dei prezzi provoca enormi problemi allaricostruzione del paese, mentre lIran continua a sperare nella Cinacon cui ha firmato un contratto per sviluppare il giacimento petroliferodi Azadegan. Considerazioni analoghe sono possibili per le compagnie

    petrolifere private; solo le pi grandi hanno i mezzi per continuare ad

    investire, nel caso i prezzi del barile crollino per un periodo di temponon breve. Di questo passo ha dichiarato Christophe de Margerie,amministratore delegato di Total c il rischio che una produzionegi debole si presenti ancora pi indebolita allappuntamento con la ri-

    presa economica causando una nuova fiammata dei prezzi e, quel che peggio, compromettendo le possibilit di rilancio5. I budgetstanzia-ti per il 2009 dalle principali majors certificano un simile dato con evi-denti restrizioni; ConocoPhillips, il terzo gruppo USA, ha limitato i

    2. Un rilievo di questo tipo stato espresso dal petroliere russo Valere Golovushkin inunintervista concessa a F. FUBINI, Petrolio, a questi prezzi la produzione si fermer,Corriere della sera, 11 dicembre 2008.

    3. R. CAPEZZUOLI, OPECverso un rinvio dei tagli, Il Sole 24 ore, 29 novembre 2008.4. L. DAVI,Petrolio, investimenti fermi, Il Sole 24 ore, 18 gennaio 2009.5. A. GERONI, Petrolio, prezzi troppo bassi, Il Sole 24 ore, dicembre 2008.

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    a se mana n cu crea amo e va avevo assun o aspe o un pe e an ropo e eQuando stavo progettando il Prototipo N. 22, invece, avevo assunto una forma completameMa noto che date segni dinsofferenza e non vedete lora che vi descriva la creazione dellaComunque, dopo aver fatto pratica con gli altri pianeti, pensai di aver risolto quasi tutti i pro

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    propri stanziamenti del 18% (12,5 miliardi DI DOLLARI?) e persinoTotal, che aveva annunciato un piano di sviluppo, ha dovuto riconside-rare i suoi impegni. davvero singolare peraltro che la contrazionedegli investimenti da parte delle compagnie petrolifere si sia manife-stata nellanno degli utili record, quando Exxon ha chiuso con 45 mi-liardi di dollari di utili e Chevron con 24 miliardi; nonostante ci, sonostati sufficienti i dati in flessione dellultimo trimestre per convincere ivertici delle majors a rivedere i loro investimenti.

    Non certo un caso cos che, davanti ad una situazione siffatta, al-cuni paesi membri dellOPEC stiano facendo pressione su esportatoricome Russia, Messico e Norvegia perch entrino a far parte dellorga-

    nizzazione allo scopo di raggiungere un prezzo stabile intorno ai 75dollari il barile. Non casuale neppure, per gli stessi motivi, che le au-torit russe abbiano manifestato il proprio interesse nei confronti di si-mili proposte. Rimane per la grande attrazione esercitata dalla possi-

    bilit di vendere senza quote e questo ha indotto il vicepremier IgorSechin a dichiarare che nel 2009 la Russia non ancora in grado pren-dere impegni definitivi in termini di produzione, tanto pi se i prezzicontinueranno a scendere.

    Nel 2009 stata prevista infatti una riduzione di 1,4 milioni di ba-

    rili al giorno della domanda di greggio negli Stati Uniti, una diminu-zione reale quindi del mercato fisico, per quanto a livello planetario lacontrazione sia soltanto di 200 mila barili. A tale riduzione si unisceun sensibile aumento delle scorte negli Stati Uniti, che spinge lArabiaSaudita in direzione di una riduzione complessiva della produzione di2 milioni di barili dal momento che, dopo anni di dominio finanziario,la questione cruciale sembra tornare ad essere quella dei consumiveri6. Il rischio che la via duscita da parte dellOPEC sia individuata

    in unulteriore accentuazione del monopolio delloro nero, soprattuttose si approfondisce lattuale fase di contango, la situazione in cui ifuturesper consegna lontana costano pi di quelli a scadenza imme-diata, con leffetto di provocare un costante accumulo di giacenze nelterminale di Cushing, in Oklahoma, punto di consegna del Nymex7.

    A conoscere una tendenza al ribasso non solo il petrolio ma an-che la benzina, soprattutto per quel che riguarda la componente finan-ziaria; ilfuture sulla benzina Rbob passato dai 3,57 dollari al gallonedel 3 luglio a 1,07 di met novembre, con un crollo del 72%. Simili ri-

    bassi stanno provocando dunque scossoni violenti nel settore delle ma-

    UNA CRISI TANTE CRISI

    6. D. TABARELLI,Dal greggio un anticipo di deflazione, Il Sole 24 ore, 18 dicembre 2008.7. R. CAPEZZUOLI,La manovra ribassista altera ancora il mercato, Il Sole 24 ore, 18

    gennaio 2009.

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    I prezzi impazziscono

    jorspetrolifere, modificando alcune delle gerarchie consolidatesi negliultimi anni in relazione ai dividendi distribuiti e al valore di capitaliz-zazione societaria. Sul mercato fisico, quello della domanda e del-lofferta reale, sta scendendo altrettanto rapidamente il prezzo dellanafta, a testimonianza di una profonda crisi dellintero settore petrol-chimico. Ma siamo davvero sicuri che questa riduzione sia destinata adurare? LEuropa importa il 50% del suo gas dalla Russia tramite duesoli grandi gasdotti che attraversano Ucraina e Bielorussia, due paesituttaltro che tranquilli. Entrambi i paesi si battono con Gazprom, la

    principale compagnia energetica russa, per ottenere prezzi molto bassiper le loro forniture di gas. Il ricatto posto in essere assai semplice;

    se la Russia intende attraversare con il proprio gas il territorio ucrainoe bielorusso per portarlo in Europa, dove si trova il suo principale mer-cato di destinazione, deve accettare di distribuirlo in Ucraina e Bielo-russia a prezzi popolari. Nel momento in cui per Gazprom deve fa-re i conti con prezzi del gas pi bassi del passato, non pu permettersisconti e di conseguenza indotta a chiudere i rubinetti del gas versolUcraina che a sua volta, di riflesso, rallenta i flussi in transito versolEuropa. Derivano da qui le preoccupazioni dei governi del Vecchiocontinente che temono una guerra del gas tra Russia e Ucraina

    motivata anche dalle accuse rivolte da Kiev a Mosca di utilizzare inter-mediari come RosUkrEnergo, molto costosi e politicamente ostili algoverno ucraino con pesanti effetti sui propri approvvigionamenti.Se a ci aggiungiamo che la Russia, per rafforzare la sua posizione dimonopolista, si fatta promotrice della nascita di unOPEC del gas conIran e Algeria, chiaro che la tendenza dei prezzi del gas a ribassarenon per nulla scontata. Dal 2001, infatti, esiste il Gas ExportingCountries Forum, che riunisce ormai ben 15 paesi e ha sede a Doha, in

    Qatar; tale organismo controlla di fatto il 73% delle riserve mondialidi gas e il 42% della produzione. Non prevede ancora la determinazio-ne di quote finalizzate a definire i prezzi, limitandosi a costituire unasede privilegiata per lo scambio di informazioni tra i paesi membri: molto probabile tuttavia che sotto la spinta della Russia possa divenirea breve il luogo delle politiche energetiche di alcune realt esportatricidi primissimo piano8. Una considerazione analoga si potrebbe fare peril petrolio. vero che gli Stati Uniti hanno, questanno (2009?), ridot-to la loro domanda, ed vero che leconomia cinese si raffreddata,

    cos come vero che la speculazione finanziaria si sgonfiata. Ma altrettanto vero che le grandi compagnie petrolifere hanno limitato gliinvestimenti e che, con un mercato caratterizzato da prezzi molto bas-

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    8. A. SCOTT,La Russia fonda il club del gas, Il Sole 24 ore, 24 dicembre 2008.

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    si, numerosi paesi non sono pi nelle condizioni di estrarre greggioperch i loro costi di produzione non rendono pi remunerativi gli in-vestimenti. Di nuovo dunque saranno decisive le aree dove estrarre pe-trolio costa poco: il Medio Oriente e il Golfo Persico, ora minacciatida gravissime tensioni. Non bisogna dimenticare infatti che se il fabbi-sogno globale di idrocarburi dovesse crescere nei prossimi dieci anni

    persino di un modesto 1% lanno, saranno necessari 48 milioni di bari-li di petrolio in pi rispetto al consumo attuale. probabile quindi cheanche questi prezzi torneranno a crescere in tempi non troppo lunghi.Per i generi alimentari il declino dei prezzi in realt non si ancoraneppure consolidato e i dati ISTAT, relativi al nostro paese, segnalano

    che a dicembre (anno?) laumento di pane e cereali stato del 7,8%.Nonostante la crisi finanziaria tuttavia non sono cessate le tanto depre-cate cartolarizzazioni; nel 2008 il volume delle nuove operazioni di ta-le tipo stato pari a 711 miliardi di euro per il 95% utilizzate comecollaterale per la BCE e con una crescita del 56% rispetto allanno pre-cedente. Negli Stati Uniti invece le cartolarizzazioni nel corso del2008 si sono ridotte, ma hanno continuato ad avere un valore di pocosuperiore ai 930 miliardi di dollari. Se anche solo una parte di questacarta, come naturale, finisce nel mercato petrolifero, ai primi segnali

    di aumento dei prezzi reali pu scatenarsi di nuovo una forte specula-zione rialzista. Una tendenza che la Cina comunque non smetter dialimentare, pur nelle difficolt attuali di cui si tratter in seguito. un fenomeno strutturale; ha dichiarato Wei Wang, fondatore dellaM&A Association grazie alla globalizzazione, la Cina diventata il

    principale polo manifatturiero del pianeta. In quanto tale ha bisogno diuna quantit crescente di materie prime per produrre ci che viene ri-chiesto dalla domanda mondiale. Dunque la pressione sui prezzi sar

    costante, ben oltre la recessione che rende la deflazione un effetto tan-to profondo quanto transitorio.

    UNA CRISI TANTE CRISI32

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    Alle principali trasformazioni in atto nel mercato dei capitali privati

    si affianca un ulteriore dato nuovo rappresentato dallintervento delloStato nelleconomia che si articola in molte forme, ma che sul pianodella circolazione internazionale dei capitali significa in primo luogouna forte concorrenza tra i buoni del Tesoro emessi dai paesi europei edagli Stati Uniti per alimentare gli interventi a sostegno delle loro eco-nomie; una concorrenza molto dura per soprattutto nei confronti deititoli del debito estero di molti Paesi in via di sviluppo. Solo gli USA sicalcola che emetteranno oltre 2 mila miliardi di dollari di buoni delTesoro e circa 600 saranno emessi dalla Germania, scatenando di fatto

    una vera e propria competizione internazionale in tale ambito; peraltrola fuga verso la qualit da parte di risparmiatori, fondi e banche sta fa-cendo crollare i rendimenti dei treasury bonda due e dieci anni, conevidenti benefici in termini di costi in conto interessi da parte delle au-torit americane che godono di una condizione di chiaro favore anchealla luce del contemporaneo aumento di prezzo dei credit default swap.Lattuale massa di debito trasferita sul mercato dallamministrazioneamericana rischia tuttavia di scatenare, prima o poi, un downgrading

    dei titoli a stelle e strisce, un deprezzamento con effetti pesanti per i lo-ro possessori che sono, come ricordato, in larghissima parte non ameri-cani1. In maniera analoga la Germania, che gode di conti pubblici in

    buona salute, non deve garantire interessi troppo alti e questa condizio-ne la induce a non caldeggiare ipotesi di bond europei ben pi graditead altri partner europei, introducendo cos altri elementi di tensione, acui si aggiunge la concorrenza fatta ai titoli di Stato dai bond emessiora dalle banche con garanzia dello Stato. Lemissione contemporaneadi ingenti quantit di titoli di Stato ad opera di molti paesi, rispetto alla

    quale per di pi non esiste alcuna forma di programmazione condivisanelle date delle aste, sta gi producendo leffetto di rendere pi pesanti

    ARRIVA LO STATO

    1. M. MARGIOCCO,La prossima bolla il debito federale, Il Sole 24 ore, 16 dicem-bre 2008.

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    glispreadspagati dai paesi con debiti maggiori e soprattutto con ratingin forte ribasso, come nel caso di Grecia, Spagna e Portogallo, con undeficit della bilancia commerciale del 10%. Il rischio insito in questocontesto rappresentato dal fatto che molti governi, nella speranza difar rientrare i capitali finiti nei paradisi fiscali, costruiscano percorsi direcupero basati sulla sottoscrizione di titoli pubblici, in maniera taleche la riduzione delle aliquote per il rientro sia legata proprio allacqui-sizione di debito pubblico da parte degli evasori di ritorno. In un pano-rama simile, se i paesi pi deboli per finanziarsi dovranno tornare a ri-alzare i tassi probabile che conoscano difficolt analoghe a quelle givissute alla fine degli anni Novanta, questa volta senza la necessit di

    difendere le proprie monete. Il nuovo statalismo avr conseguenze an-che sul piano delle politiche di cooperazione, in termini di disponibilitdi aiuti, e su quello degli accordi commerciali, rafforzando la gi decisaspinta alla conclusione di accordi bilaterali a scapito delle sedi multila-terali. evidente inoltre che gli interventi statali faranno lievitare il de-ficit dei conti pubblici, che dovrebbe crescere dal 2,6% del 2008 al6,8% del 2009, con punte del 7,7 per le economie pi ricche, raggiun-gendo un livello sconosciuto ormai da cinquantanni.

    Il dato che maggiormente balza agli occhi di tale finanziamento del

    debito costituito dalle sue dimensioni; il governo statunitense avevagi stanziato, a fine 2008, 8.560 miliardi di dollari a sostegno della

    propria economia. Ben 3.800 miliardi erano stati destinati allacquistodi azioni e debiti di banche e societ, insieme a mutui e quote di credi-to al consumo, altri 1.700 sono stati indirizzati a fornire liquidit pergarantire prestiti di dubbia solvibilit e altri 3.100 miliardi, emessi conlappoggio della Federal reserve, per garantire prestiti interbancari, va-lori mobiliari e depositi di vario titolo. Si tratta di una somma gigante-

    sca pari ad oltre la met del PIL americano2

    . Ad essa il presidenteObama ha aggiunto ulteriori misure riprendendo la strategia deglisgravi fiscali a famiglie e aziende per oltre 300 miliardi di dollari. Sitratta di una cifra superiore a quella prevista da George W. Bush, cheaveva contemplato nellambito di un programma decennale da 1.350miliardi di dollari un primo biennio di 174 miliardi. Nellottica diObama, invece, il piano in due anni dovrebbe superare, come detto, i300 miliardi. Tuttavia la differenza con la presidenza repubblicana stanella natura degli sgravi, non pi generalizzati, ma mirati ai ceti medio

    bassi e ai lavoratori dipendenti3. Gi a marzo 2009 per queste cifre

    UNA CRISI TANTE CRISI34

    2. M. MARGIOCCO, Oltre la met delPIL USA a sostegno delleconomia, Il Sole 24 ore,27 novembre 2008.

    3. M. VALSANIA, Obama, tagli fiscali da 300 miliardi, Il Sole 24 ore, 6 gennaio 2009.

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    Arriva lo Stato

    sono di nuovo cresciute: con un totale che ha raggiunto e superato i 13mila miliardi, calcolati mettendo insieme gli stanziamenti del bilanciofederale, lintervento della Federal reserve e degli enti di garanzia deidepositi bancari. Durante la Seconda guerra mondiale la spesa com-

    plessiva posta in essere dal governo degli Stati Uniti, attualizzata a va-lori correnti, fu di 3.600 miliardi di dollari, mentre il New deal costsolo 500 miliardi e la guerra in Vietnam 698. In Europa sono passatida 2 mila a 6 mila i miliardi messi a disposizione dagli Stati per forni-re garanzie al fine di agevolare il normale funzionamento del sistema

    bancario e altri 250 miliardi sono stati stanziati per il rilancio delleco-nomia nel suo complesso. Anche in alcuni paesi, Germania e Inghi-

    lterra in primis, sono stati avviati piani di sgravio fiscale per rilanciarela domanda interna, ma al di l delle cifre la differenza tra le due pigrandi economie del pianeta, ha notato Mario Monti, consiste nel fattoche il bilancio pubblico europeo composto quasi interamente dai bi-lanci degli Stati e quello comunitario un piccolo fregio sulledifi-cio, pari a poco pi dell1% del PIL, mentre negli Stati Uniti il bilan-cio pubblico dipende in pratica interamente dallautorit federale; unadifferenza che certo pesa rispetto allorganicit degli interventi ed forse ancora pi importante delle loro(?) dimensioni4. Anche Mario

    Draghi, convinto fautore delladozione di unglobal legal standard, vol-to ad adottare regole comuni in tema di standard finanziari mondiali, hasostenuto che unazione fiscale coordinata a livello europeo produrreb-

    be effetti del 30% pi incisivi rispetto a misure prese da un singolopaese5. Dopo simili interventi su entrambe le sponde dellAtlantico ap-pare comunque in tutta chiarezza il definirsi di un nuovo rapporto trapolitica ed economia. Si profila infatti una marcata dipendenza dellesorti delleconomia dalle scelte, e per alcuni versi dallarbitrio, della

    politica. Come hanno testimoniato gli andamenti al rialzo di molti titolinel corso dellautunno 2008, poi soggetti ad altrettanto repentine rica-dute, sar sempre pi determinante capire in anticipo quali saranno lesociet che godranno dellaiuto statale, soprattutto qualora la crisi ten-da a non ridimensionarsi rapidamente. Non sar infatti possibile salva-re tutte le istituzioni bancarie e finanziarie in difficolt; dunque do-vranno essere operate delle scelte che, vista lassoluta precariet mani-festatasi per numerosi parametri di misurazione del mercato, si fonde-ranno innanzi tutto sulle convinzioni delle autorit monetarie, a partire

    da quelle di natura politica, certamente non insensibili ai meccanismi

    4. D. DI VICO, Maastricht non pi un alibi per non investire sulla crescita ,Corriere della sera, 30 novembre 2008.

    5. A. MERLI, Servono nuove misure, Il Sole 24 ore, 17 dicembre 2008.

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    del consenso e talvolta non estranee ai pericoli di conflitti di interessee alle sirene speculative. Gi gli sbalzi dei listini che hanno premiatoalcuni titoli sicuramente contraddistinti da un rapporto assai sottova-lutato tra utili e prezzo ma, in larga misura, giudicati ben protetti intermini politici sembrano suggerire letture di questo tipo. assai

    probabile che le autorit pubbliche aiutino i campioni nazionali, chevedranno cos risollevate le loro quotazioni forse al di l del valorereale, cos come pensabile che gli aiuti finanzieranno quelle societdisposte a collaborare al salvataggio di altre, magari procedendo adacquisizioni e fusioni su cui i soggetti regolatori tenderanno a chiudereun occhio. Inoltre, il pericolo paventato dal presidente della Consob

    italiana, Lamberto Cardia, di potenziali scalate di societ italiane datala brusca perdita di valore azionario un fenomeno questo assai diffu-so anche in altre parti del mondo ha condotto ad un ulteriore restrin-gimento delle normative sulle offerte pubbliche di acquisto e in altri

    paesi ha spinto i governi a ricapitalizzazioni operate con denaro pub-blico. Al contempo sta rapidamente contraendosi il volume complessi-vo delle privatizzazioni condotte nel mondo, che nel 2008 si ridotto a110 miliardi di dollari; per trovare un anno in cui gli Stati hanno com-

    prato pi di quanto abbiano venduto bisogna risalire ad oltre trentanni

    fa6. Considerazioni simili sono possibili in tema di politiche fiscali,dove le strategie di riduzione delle imposte tendono a diventare sem-

    pre meno neutre e a riassumere la natura dello strumento fortementecaratterizzato da tratti specifici in termini sociali.

    In mercati che abbandonano sia pur temporaneamente il mark tomarkete rischiano quindi di essere pi opachi, la dipendenza dallaiuto

    pubblico pu ingenerare lulteriore danno del diffondersi di fenomenidi insider trading, di passaggio di informazioni dalla politica ai merca-

    ti volte a favorire qualcuno. In tale ottica messa a repentaglio lindi-pendenza delle banche centrali e in particolare della BCE che dovr, an-chessa, fare delle scelte precise vista la gigantesca massa di liquiditrichiestale; quando ben 600 banche chiedono di essere ammesse alleaste di rifinanziamento e le somme messe a disposizione superano,ogni volta, i 300 miliardi di euro, evidente che criteri di utilit politi-ca entrino in gioco data limpossibilit di accogliere tutte le richiestenel lungo periodo. Questo anche se il bilancio consolidato dellistitutocentrale europeo ha registrato un forte aumento dei depositi, pari a 281

    miliardi di euro nel gennaio 2009 contro un solo miliardo iscritto nelgiugno 2007, prima dello scoppio della crisi dei subprime. Quale saril paese politicamente pi forte in Europa non risulter certo trascura-

    UNA CRISI TANTE CRISI36

    6. F. LOCATELLI, Se lo Stato compra il mondo, Il Sole 24 ore, 26 febbraio 2009.

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    Arriva lo Stato

    bile in simili scelte condotte dallistituto centrale. Persino gliswaps tratitoli di Stato e portafogli critici delle banche, annunciati dalla BancadItalia, imporranno selezioni non neutre e potranno dare adito a ri-schiose preferenze. In estrema sintesi, il massiccio intervento degliStati, nelle pi diverse forme, apre scenari in cui la discrezionalit e lavalutazione dellopportunit maturate in sedi ben distinte dal mercatoavranno un peso crescente. Nel rapporto tra politica e mercato, che ne-gli ultimi decenni ha visto la ritirata della prima, le cose stanno quindicambiando con estrema rapidit; una trasformazione a cui contribui-scono in maniera molto avvertibile i fondi sovrani, che dispongonocomplessivamente di quasi 3 mila miliardi di dollari e che hanno dato

    gi prova di scegliere i propri impieghi abbinando valutazioni econo-miche e considerazioni politiche. Per capire quanto possano pesarequesti fondi sufficiente ricordare che le migliori societ italiane ave-vano alla fine del 2008 un valore complessivo di circa 200 miliardi dieuro, poco meno del 7% del portafoglio dei fondi sovrani. A complica-re le cose contribuisce lassenza di una definizione comunemente ac-cettata di cosa sia un fondo sovrano: secondo lOCSE si tratta di stru-menti di propriet dei governi che vengono finanziati dagli scambi conlestero, mentre per il Tesoro degli Stati Uniti sono strumenti statali

    che gestiscono in maniera separata i propri beni rispetto alle riserve uf-ficiali delle autorit monetarie. A giudizio del McKinsey GlobalInstitute i fondi sovrani hanno tale qualit in quanto finanziati dalle ri-serve della Banca centrale di un paese e hanno lobiettivo di massimiz-zare il ritorno finanziario entro certi margini di rischio7. Alla luce di si-mili differenze risulta assai complesso individuare regole comuni sia intermini di regolamentazione della operativit dei fondi sia in relazionealla richiesta di una vera trasparenza. Anche da questo punto di vista

    quindi la discrezionalit della politica risulta accresciuta.In un panorama mondiale cos agitato sta cambiando rapidamenteanche il ruolo della Cina, una delle economie pi statalizzate del pia-neta e ormai al terzo posto mondiale per ricchezza generata (le stimeaggiornate del 2007 indicano un PIL di 3.380 miliardi di dollari ). Difronte ad un sia pur parziale rallentamento del suo sistema produttivo,testimoniato dal brusco raffreddamento dellinflazione, la Cina hamesso a disposizione di esso e del proprio mercato 585 miliardi didollari, investendo nelledilizia, nelle infrastrutture, nella rete energe-

    tica, nella sanit e nellambiente. Agli interventi del governo centralesi affiancano le misure adottate dalle province, che stanno imponendoalle imprese locali di utilizzare materie prime e semilavorati cinesi.

    7. A. DINI,La geografia dei fondi sovrani, Il Sole 24 ore, 11 novembre 2008.

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    a se mana n cu crea amo e va avevo assun o aspe o un pe e an ropo e eQuando stavo progettando il Prototipo N. 22, invece, avevo assunto una forma completameMa noto che date segni dinsofferenza e non vedete lora che vi descriva la creazione dellaComunque, dopo aver fatto pratica con gli altri pianeti, pensai di aver risolto quasi tutti i pro

  • 7/31/2019 Alessandro Volpi - Una Crisi Tante Crisi

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    Nella stessa direzione si muovono la deducibilit dellIVA sugli in-vestimenti in conto capitale e labolizione del massimale bancario al-la concessione di crediti alle imprese, destinate a evitare il crollo deiconsumi, certificato da una rapida discesa dellinflazione dal 7 al 4%in pochi mesi. Questi impegni