Alessandro Politi - I significati politici e geostrategici del Risveglio Arabo

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    Glocal BookGlocal University Network

    http://www.glocaluniversitynetwork.eu/

    I sIgnIfIcatIpolItIcI

    egeostrategIcI

    del rIsveglIoarabo

    Alessandro Politi

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    pag. 3

    Glocal Book

    Gc Uvy [email protected]

    www.gcuvywk.uA gh v

    Dbu u c Cv CmmPm Ez, Nvmb 2011

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    pag. 4

    Edre

    D pm cmucz u c cu cmucz.

    In pochi vivono dentro la comunicazione.

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    Alessandro Politi un analista politicoe strategico. stato consigliere per decisori dialto livello nei settori governativo,parlamentare, privato ed accademico.Ha lavorato come ricercatore senior alWEU ISS (Western European Union Istitute for Security Studies) di Parigi.Pioniere italiano ed internazionaledell'OSINT (Open Source Intelligence),ha diretto l'OSSS (Osservatorio Scenari

    Strategici e di Sicurezza) di Nomisma, prevedendo nel 2006 la crisieconomica globale. La sua attivit didattica si svolta in quattrocontinenti.

    Ricercatore senior del CeMiSS (Centro Militare Studi Strategici)per il monitoraggio strategico dell'America Latina.

    Docente di geopolitica per la SIOI (Societ Italiana perlOrganizzazione Internazionale) e di analisi ed OSINT per laLinkCampus University

    Cofondatore del movimento European Common Goods.

    Speech Area

    http://www.glocaluniversitynetwork.eu/consulenza/alessandro-politi

    profIlo bIografIco

    http://www.glocaluniversitynetwork.eu/consulenza/alessandro-politihttp://www.glocaluniversitynetwork.eu/consulenza/alessandro-politi
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    C I (pag. 10)

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    C II (pag. 20)

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    C III (pag. 22)

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    C IV (pag. 25)L uz g c bv

    C V (pag. 31)

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    IndIce

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    Il Risveglio Arabo un fenomeno sociopolitico che rischia di essereparticolarmente mal interpretato dai decisori politici ed economici perch ha

    tutte le caratteristiche del 1848 dei nostri avi: imprevisto, non desideratodalle cancellerie, non rientra nei rassicuranti stereotipi che hanno governatoil tran tran delle politiche passate, non ha esiti facili da predire e soprattuttoda gestire. effettivamente successo un 48 in cui non mancano certo i

    propugnatori del cambiamento: i giovani innanzitutto, le donne, gli stratisociali che non vedono un futuro, gli attori lasciati ai margini dei correntisistemi politici, glinteressi economici pi agili e pi portati al rischio, le

    potenze con pi occasioni di crescita del proprio ruolo e di disarticolazione diun ordine mondiale sempre pi evanescente. Ci sono diversi saggi accademicie articoli di giornale che descrivono queste rivolte con le analogie e gli aggettivi

    pi vari: 1848, 1968, 1989, rivoluzioni colorate, populiste, neonasseriste,lotte tribali. Lanalogia pi interessante certamente quella dei moti e dellerivoluzioni del 1848 perch ha in comune la variet delle situazioni e degliesiti, lesistenza di unideologia ampia e unicante (allora la nazione, oggi la

    dumukratiyya - democracy), la frequenza nelluso della violenza e una fortedi dose di spontaneismo attraverso la circolazione di idee e notizie (la stampaun tempo e Internet adesso).

    Altre descrizioni rischiano di tradire un disprezzo interessato e preconcetto.Dire che queste sommosse sono populiste signica dire implicitamente che non

    sono veramente democratiche occidentali, ma che sono contrarie aglinteressi

    del moribondo Washington consensus, quasi comuniste (ben sapendo che ilcomunismo non esiste pi, tranne che nel dibattito politico italiano, e tradendocos un rimpianto per un nemico/avversario intellegibile).

    IntroduzIone

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    Islamico o islamista sottintende governo con forti tendenze oscurantiste,rese accettabili solo se si islamici moderati, dunque vicini aglinteressidellOccidente. Se invece emerge il termine neonasserista va tradotto conrivoluzione panaraba falsamente democratica in attesa del salvico messia

    antioccidentale, mentre lotta tribale riservato a chi non merita nemmenoil superciale rispetto che si tributa a tunisini ed egiziani. Sono pezzi direalt usati strumentalmente per imporre delle etichette per di pi fuori dallarealt corrente, visto che politicamente lOccidente non c pi, sostituito dacoalizioni variabili di democrazie opulente e spesso indebitate.

    In realt, la ricerca della democrazia nel mondo arabo e musulmano risaletranquillamente al XIX secolo sotto la guida intellettuale e politica di Egitto

    e Tunisia, cui seguirono nel 1860 delle costituzioni ottriate di scarsaincisivit perch troppo potere restava nelle mani del sovrano. Questoport a un indebitamento fuori controllo parlamentare e a una situazionedebitoria a tal punto ingestibile che entrambi i paesi furono colonizzati.

    Oltre alla potente spinta delle necessit sociale dovuta a una crisieconomica senza precedenti, nella quale i privilegi dei pochi risaltano

    cos fortemente da indignare anche i moderati, la motivazione principaledi questi moti e rivoluzioni chiaramente libertaria e democraticanel senso pi globale del termine, a patto di tener conto del sostratoculturale e politico da cui parte la societ. Nel XVIII secolo la vantatademocrazia britannica era una monarchia afancata da unoligarchia,

    basata sul censo, dove le famiglie contavano e dove le divisioni etnicheerano assai visibili (p.e. tra scozzesi, inglesi, gallesi ed irlandesi).

    In questo la classica distinzione tra democrazia e oclocrazia (il poteredelle masse secondo Polibio), glia della demagogia, interessante per

    prevedere la gamma dei possibili punti darrivo del Risveglio Araboalmeno nel primo quinquennio di rodaggio:

    1. democrazia fragile (forte corruzione, incerto Stato di diritto,faticoso sviluppo dei corpi politici e sociali);

    2. democrazia sotto tutela (i militari possono o non possonointervenire direttamente, ma condizionano pesantemente il gioco

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    politico oppure la costituzione ottriata dal re non incisiva);

    3. democradura (democrazia autoritaria);

    4. golpe bianco o reale, controrivoluzione con dictadura o dictablanda.

    Passato il lustro davviamento le possibilit residue sono, al di ldella persistenza degli esiti gi citati:

    I. democrazia emergente (tenendo conto che non esiste pi un chiaromodello da seguire perch anche le democrazie consolidate sono statemesse in crisi dalla globalizzazione);

    II. democrablanda (una democrazia light dove tutte le forme

    democratiche sono mantenute, ma lesecutivo ha un peso preponderantecon forme di manipolazione economica e politica occulte e palesi,mentre la certezza del diritto sfuma nel malfunzionamento dellagiustizia e nellimprevedibilit dei tempi processuali). 1

    Evidentemente non si tratta di pessimismo eurocentrico, ma diosservazione storica proprio a partire dalle esperienze di democrazielocali, come quella turca per esempio.

    1 Questesito improbabile nel contesto in quanto richiede per esperienza storica unademocrazia con un maggior numero danni dattivit (circa mezzo secolo) e un brododi cultura politico molto innovativo ed avanzato. LItalia ha inventato questo tipo diformula parademocratica.

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    capItolo I

    Fra petromonarchie e reduci di guerra in tempo di pace

    Come altri, anche questo cambiamento dipende in una certamisura dalla collaborazione pi o meno positiva o negativa di chi

    cerca di resistere al mutamento; per questo vale la pena di guardareagli attori apparentemente fuori scena: Marocco, Algeria, Israele,Palestina, Giordania, Libano, Iran, Iraq e la grande maggioranza dellepetromonarchie1.

    I motivi specici per cui questi paesi si ritrovano insieme sono

    diversi, ma sono accomunati da una forza di gravit che la paura

    del cambiamento dal basso e lincapacit relativa delle differenti classidirigenti di capirlo, interpretarlo e gestirlo. Allinterno del gruppo cpoi la netta separazione tra (petro)monarchie del Golfo e paesi reducidi guerra.

    Per quel che riguarda il primo insieme di paesi, notorio dai tempidella Santa Alleanza che i re non amano particolarmente le rivoluzionie fanno lega per schiacciarle, anche se oggi e qui la dimensione

    specica in larga misura quella del petrolio e della diversicazionedalla petroeconomia. Queste monarchie hanno presto ritrovato i lorointeressi comuni ancor pi nel reprimere i cittadini bahreiniti che non nelresistere allinuenza iraniana. Naturalmente stato agitato lo spettro

    dellinuenza iraniana per giusticare la repressione a Manama, per

    la posta in gioco la conservazione del potere senza cedere troppo aquesta moda dellapartecipazione democratica, mentre a livello

    1 Un utile ausilio, per quanto inevitabilmente imperfetto, il diagramma interattivosu http://www.guardian.co.uk/world/interactive/2011/mar/22/middle-east-protest-interactive-timeline (consultato il 23/8/2011. Il graco stesso aggiornato al 14/8/2011).

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    internazionale e regionale si continua un difcile equilibrismo tra

    una potenza americana, sostanzialmente battuta nella guerra dIraq edin ritirata dal paese1, ed una potenza iraniana uscita geopoliticamenterafforzata dalla scontta americana anche se frenata dal proprio dossier

    nucleare ambiguo2

    .Il fulcro della reazione petromonarchica naturalmente lArabia

    Saudita per la sua storia politica e culturale e per la preponderanzaeconomica e militare nella Penisola Arabica. Sin dal 1991 ar-Riyadh stata fermamente contraria a qualunque apertura democraticanellarea, come dimostr il Quwait. Quando lemiro Sheikh Jaber Al-Ahmad Al-Jaber Al-Sabah fu cacciato dal paese dallinvasione delletruppe di Saddam Hussein, egli promise riforme democratiche dopola liberazione. Promessa mantenuta solo formalmente proprio perchla monarchia wahabbita temeva il contagio liberale3.

    Riyadh particolarmente vulnerabile al cambiamento perch premuta da diversi fattori:

    Una successione incerta (nel luglio 2011 il principe ereditario era

    entrato in coma durante un trattamento medico per un cancro)4; Una perdurante tensione sociale, nonostante la sostanziale vittoria

    sul movimento terroristico di al Qaeda nella Penisola Araba, checoinvolge la popolazione giovanile, quella femminile e limportante

    1 Nella prima settimana del luglio 2012 lamministrazione statunitense ed il governo diBaghdad stanno considerando lalternativa fra un ritiro totale ed il mantenimento di

    un contingente di appena 10.000 soldati. Il senso di un simile contingente con ogniprobabilit di fornire una capacit residua di addestramento e rassicurazione rispettoalle necessit di controllo interno e, soprattutto, di lasciare un gettone di presenza perimpedire un troppo rapido ravvicinamento fra Iraq ed Iran.

    2 Con ogni probabilit lIran non ha nessun interesse a dotarsi di ordigni nucleari, masolo di una credibile capacit di soglia, da usare come strumento di pressione a livelloregionale. Dato il relativo peso politico del presidente Mahmoud Ahmadinejad, le suerituali dichiarazioni contro Israele sono da ritenersi propagandistiche, specialmente sefanno allusione alluso di armi nucleari.

    3 Allepoca circol una battuta in Medio Oriente Lemiro del Quwait vuole introdurre lademocrazia. Allora tornano i carri armati di Saddam No, arrivano quelli sauditi.4 Al 18 agosto 2011 risultava che il principe ereditario Sultan bin Abdulaziz fosse ancora

    in cura presso un ospedale statunitense.

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    minoranza sciita nella provincia orientale di as-Sharqiyya;

    Lindebolimento della potenza americana tanto per la scontta in

    Iraq, quanto per lesito probabile di una guerra indecisa in Afghanistan,quanto per il declassamento del debito sovrano;

    Lascesa dellIran come potenza regionale con pretese di

    rappresentare tutte le minoranze sciite nellarea, ma piagata da unascarsa stabilit politica per via dellaspro scontro di potere tra ilpresidente Mahmoud Ahmadinejad e la guida suprema Ali Khamenei.

    Per questo motivo il paese stato rapido nel reprimere i moti delBahrein, anche con lausilio di ex-poliziotti pachistani in funzione di

    addestratori e di supporto tattico, e si sta adoperando per gestire nelmodo pi favorevole alla propria stabilit la rivoluzione in corso nelloYemen.

    Le petromonarchie minori con leccezione del Quwait e dellOman nonhanno conosciuto agitazioni signicative. In entrambi i casi le proteste

    sono state affrontate con un misto di repressione blanda e di paternalismo,se necessario sostenuto da manifestazioni a favore del sovrano regnante.Il comportamento pi interessante per quello del Qatar il quale,nonostante la TV al-Jazeera abbia energicamente sostenuto il RisveglioArabo, ha adottato una linea diplomatica molto composita. Se ha inviatoun contingente per pacicare il Bahrein, ha anche inviato armi e munizioni

    in Libia (unica eccezione insieme agli EAU, rispetto a paesi arabi aderentiad una linea di non intervento), si dissociato dalla mediazione del GCC

    (Gulf Co-operation Council) nella crisi yemenita ed ha ritirato il proprioambasciatore dalla Siria (21/7/2011) appena lambasciata stata attaccatada dimostranti logovernativi che dissentivano proprio dai servizi di al-

    Jazeera sul proprio paese.

    Cosa ha fatto la lega degli emiri concretamente? Non appena scoppiata la questione del Bahrein, sotto la preponderante guida diRiyad:

    hanno stretto un patto sottobanco con Washington, assicurando

    il formale sostegno della Lega Araba alla lotta contro linfedele

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    Muammar Ghedda, garantendosi in cambio la tanto preziosa stabilit

    nel proprio cortile e cio lassenza di appoggio diplomatico ancheindiretto agli attivisti locali;

    hanno pompato denaro per comprare lacquiescenza dei sudditi;

    hanno aiutato il paese fratello sotto presunto attacco rivoluzionario

    iraniano a riportare lordine a Manama con pugno di ferro, appenamascherato dal velluto delle convenzioni diplomatiche5;

    parte dei membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC,

    Gulf Co-operation Council) ha offerto la propria mediazione perrisolvere la crisi yemenita;

    hanno proposto fondi allEgitto in modo da imbrigliare

    preventivamente le sue politiche con mezzi economici, con lacquiescenzadello SCAF (Supreme Council of Armed Forces) ancora al potere sinoalle elezioni;

    hanno allargato il GCC a Giordania e Marocco in modo da

    creare un efciente club di monarchi con teste di ponte extraregionali,

    proponendo in agosto anche di allargarlo allEgitto6

    .Non certamente poco, ma i punti deboli della strategia sono:

    conservazione senza prospettiva di reale cambiamento, illusione che leinformazioni e le idee non circolino, appesantimento del bilancio dellostato senza sviluppare una sana crescita del mercato del lavoro.

    A queste debolezze si prepotentemente aggiunto il doppio

    declassamento del debito sovrano statunitense da parte dellagenziacinese di rating Dagong (signicativamente la prima ad annunciarlo)

    5 A ne agosto 2011 la rivolta in Bahrein si pu considerare sedata. La condanna da parte

    di una corte marziale di 8 dichiarato di considerare seriamente un boicottaggio delleprossime elezioni in settembre

    6 I petromonarchi hanno capito con un trentennio di ritardo quello che lIran rivoluzionarioha dovuto apprendere subito: il Libano e Hamas sono preziose valvole di sfogo strategico.

    Non cambiano i fondamentali strategici, ma sono fattori di disturbo sufcienti per fareleva sugli avversari. In questo caso, oltre ad aumentare rappresentativit e popolazione,il GCC esce dal ristretto bacino del Golfo Arabico o Persico ed espande la sua inuenza

    in modo pi articolato.

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    e dellagenzia Standard & Poors, non a caso arrivata in ritardo nellavalutazione. Questo signica che diverse valute del Golfo Arabico,

    agganciate al dollaro, dovranno considerare se assorbire le spinte inattive

    dellindebolimento del dollaro oppure se sganciarsi dallex valuta globale.

    Il secondo gruppo di paesi quello che si possono denire reduci diguerra, cio quelli dove lo sfruttamento politico del trauma da guerracivile o esterna continua ad essere il mezzo per bloccare gli assetti politici.

    LIran il primo ad usare pesantemente a livello interno la misticadella guerra Iran-Iraq e del sacricio eroico di Pasdaran e Baseej,

    oltre ad enfatizzare il lungo duello rivoluzionario con le potenzeimperialistiche di USA e Regno Unito. La mistica di quella guerra,largamente metabolizzata e stemperata nella memoria delle generazionipi giovani (molti sono i nati nel 1980) serve soprattutto ai Pasdaran

    per massimizzare gli effetti della loro rendita ed espansione politica,possibilmente ai danni dei petrochierici e di chi rimasto nelle retrovie,mentre la minaccia dei complotti e delle forze imperialiste alle porte

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    un tentativo di assicurare la compattezza nazionalistica anche quando ireali rischi dinvasione, attacco o bombardamento sono molto relativi.

    Poich per la politica nonsi pu nutrire a lungo di miti

    e nemmeno la popolazione,allora la lotta tra Pasdaran evecchio establishment clericalee lo clericale si intensicata

    dopo unaltra onda verdegiovanile, abortita sotto unarapida repressione. Per tutto il

    luglio ed agosto 2011 la stampapolitica stata dominatada campagne diffamatorieincrociate, mentre alla ne di

    luglio si creata una correntepolitica (il Fronte per la Stabilitdella Rivoluzione Islamica) il

    cui scopo appunto quello didifendere il corrente sistemadel velayat-e-fageh (governodel giurisperito islamico).

    Tuttavia il primo nemico dei principalisti non sono n i riformisti(specie quelli come Khatami che vogliono cambiare il regimedallinterno), n i protestatari verdi, ma proprio la casta dei Pasdaranstretta intorno al presidente Mahmoud Ahmadinejad. Il 3 agosto scorso,dopo aver incassato per anni lumiliazione di un parlamento che siriutava di raticare secondo i desiderata, Ahmadinejad ha piazzato

    un proprio fedelissimo nel posto chiave del ministero del Petrolio,Rostam Ghassemi. Non una coincidenza che alcune settimane dopoil neoministro abbia invitato il suoi camerati del corpo dei Pasdaranad abbandonare i sicuri pascoli della piccola e media impresa e adespandere il controllo economico sulle grandi imprese, ovviamentecon lo scopo di rilanciare leconomia.

    Mohammad Khatami

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    Come era chiaro, sin dai primi giorni dellascesa al potere diAhmadinejad, il presidente vuole aprire la strada ad un governo islamicocon un clero sempre pi emarginato, mentre i principalisti, a voltealleandosi tatticamente ai riformisti, si stanno preparando a dichiarare

    non islamico loperato del loro avversario. La seriet dello scontropolitico tale che Ahmadinejad si spinto a dichiarare pubblicamentedurante unintervista alla Russian TV (13 agosto) che le armi nuclearisono roba del XX secolo e che lIran non vuole cacciarsi nel ginepraio diun arsenale nucleare, quando il XXI secolo caratterizzato dalla forzadella conoscenza e dei popoli. Il che signica che preferisce allentare il

    livello dello scontro internazionale, specie dopo le accuse di violazione

    dei diritti umani rivoltegli da diversi paesi, in modo da avere le manipi libere allinterno.

    Sullintera lite iraniana pesa comunque una situazione economicamolto critica, in cui la disoccupazione, la corruzione e la fragilit dellabase produttiva nazionale sono mali che si sono aggravati con lattualegoverno. Nonostante la guida suprema religiosa Ali Khamenei dichiariche le rivolte in Iran sono a stomaco pieno, mentre quelle nei paesi

    arabi sono a pancia vuota, la maggioranza della popolazione vivein ristrettezze e la popolazione giovanile avverte lo stesso senso dicostrizione e mancanza di futuro dei loro compagni arabi.

    I differenti settori delllite in Iraq hanno ovviamente tre guerre (unain pareggio e due perse tra il 1980 ed il 2003) e lemergenza dellagestione della ne delloccupazione statunitense ed annesse guerra di

    liberazione/guerra civile per giusticare una persistente solidicazionedei loro equilibri sociopolitici ai danni delle concrete necessit dilarghi settori della popolazione. Non un caso che ci siano stateviolente proteste, senza esito concreto per la debolezza del governo dicoalizione guidato da Nouri al-Maliki, sullonda del Risveglio Araboproprio criticando la corruzione e linefcienza degli amministratori.

    Il dibattito politico sta ruotando intorno a tre questioni. Due sonottizie: il ritiro degli Stati Uniti e il numero dei ministri nel governo

    attuale. Discutere sul se e sul quanto le forze americane possano restare

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    nel paese un puro dibattito di posizionamento mediatico in quanto ovvio che Washington uscita scontta dallavventura, che non ha

    pi denaro proprio per mantenere una presenza signicativa e che, se

    resta un contingente daddestratori, una misura per salvare la faccia.

    Altrettanto vacuo preoccuparsi se un gabinetto dotato di 43 ministripossa essere efcace o no, perch il sistema sociale e politico delpaese frammentato e che una misura ovvia quella di includere nelgoverno ogni possibile attore politico in modo da anticipare dei veti.LIraq riuscito sinora con molto sforzo ad evitare la disintegrazione,ma per ricostruire una coerenza nazionale democratica i tempi sononecessariamente lunghi.

    Una questione invece seria in quanto dimostra che la tanto temutainuenza iraniana nel paese non affatto cos salda come Tehran

    vorrebbe. Il capo sciita Moqtada al-Sadr, a lungo considerato unapedina iraniana, ha dichiarato di aver rotto i rapporti con i suoi sponsorper la mancata estradizione di un suo avversario politico, Ismail al-Lami detto Abu Deraa, macchiatosi di numerosi omicidi politici ancheai danni della comunit sciita. Come vedremo in seguito nellarticolo,

    il mito della mezzaluna sciita appunto un mito rispetto ad una realtmolto pi sfuggente nelle mani dei vari attori locali ed internazionali.

    Altri stati dove le memorie di guerra agiscono da freno al

    cambiamento sono:

    La Palestina, divisa tra le due pseudo capitali rivali di Gaza eRamallah, con il peso di sessantennali catastro militari, terroristiche,

    diplomatiche, politiche. Il grande tema la presentazione allONU peril 20 settembre della proposta di riconoscimento della Palestina comestato indipendente, ma il problema persistente quello di una dirigenzapalestinese logora, spesso corrotta, chiusa nelle logiche di uno sterilenegoziato con glisraeliani e con il problema di un costante disimpegnostatunitense dalla questione della pace. In Palestina i giovani e lapopolazione hanno manifestato per lunit e lintegrit morale dellaloro nazione, ma questo stato un problema sia per Fatah che ancorpi per HAMAS, che con la rivolta siriana rischia di perdere il proprio

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    appoggio principale nella regione.

    La Giordania, con le sue memorie del Settembre Nero (1970) eil successivo pesante controllo sui campi profughi palestinesi, ripresocon pi rigore quando Arafat si schier nel 1991 a favore dellinvasione

    del Quwait condotta da Saddam Abdallah II di Giordania ha compiutouna delle pi riuscite disinformazioni di questo decennio quando hacreato il concetto di mezzaluna sciita, la falce verde con epicentro inIran e metastasi in Afghanistan, Pakistan, Golfo e Levante. Strano chequesta distorsione abbia avuto tanta fortuna quando stato dimostratodurante Hussein. Oggi il re Abdallah II tenta la carta della costituzioneottriata in modo da interrompere la proteste paciche inscenate

    allinizio della Primavera Araba e continuate con diversa intensit. Inrealt i progressi democratici sono stati piuttosto cosmetici, il che nonha favorito lo svanire del movimento di protesta. Per questo la Giordaniha accolto volentieri linvito a far parte del GCC allargato.

    LAlgeria e i suoi strascichi dei fantasmi della feroce guerracivile, ancora pi dura e spietata della lotta di liberazione contro la

    colonizzazione francese e che non ha risolto il problema dellingessamentodella vecchia classe dirigente dellFNL (Front de Libration Nationale,Jabhat at-Tahrr al-Waan). La tattica del governo dAlgeri di parlare

    di riforme, ma non avere nessuna intenzione di farle, mentre vi sonotre generazioni che sono presenti sulla scena politica. La prima, quella dellFNL; la seconda costituita da tecnocrati cresciuti dopo ladecolonizzazione e la terza quella pi giovane, pi colpita dalla crisi

    ed aperta ai movimenti ed alle reti sociali. Le possibilit di transizionesono essenzialmente due: il passaggio pacico del potere dai vecchi aidelni della seconda generazione oppure lo scontro fra terza e prima

    generazione.

    Il Libano, con le cicatrici della ventennale guerra civile, non stato praticamente toccato dal Risveglio Arabo. Ci sono statedelle manifestazioni per superare lirrigidimento confessionale e

    familistico del paese, ma erano troppo limitate; invece i partiti nonhanno perso occasione per dividersi sulla questione siriana tra pro-

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    ed anti-Bashar con evidenti allusioni agli equilibri interni del paese.A questa contrapposizione legata anche quella intorno allinchiestasullassassinio del premier Rak Hariri. Il rapporto del TSL (Tribunal

    Spcial pour le Liban) ha generato in agosto un mandato darresto

    per quattro libanesi legati a Hizb-Allah e ad interessi iraniani conlappoggio dei servizi segreti siriani.

    Il Marocco, caratterizzato da un timido disgelo dagli anni dipiombo del precedente re Hassan II e da una costosa guerra bloccata nelSahara Occidentale contro il movimento indipendentista POLISARIO(Frente Popular de Liberacin de Sagua el Hamra y Ro de Oro) chesostiene le aspirazioni della popolazione saharaoui. Il movimento del

    20 febbraio (M20) era riuscito inizialmente a scuotere limmobilismodella scena politica locale non solo con grandi manifestazioni, maanche con una capillare diffusione in tutte le citt importanti del paese.Tuttavia lM20 da un lato era troppo frammentato al suo interno edallaltro non ancora riuscito a conquistare una societ che pronta acredere in una soluzione dallalto. Il Makhzen (palazzo reale) ha colto,dopo un paio di maldestre repressioni delle piazze, loccasione per

    offrire una costituzione ottriata che garantisce comunque al re i poteriessenziali, mantenendoli immutati, mentre bilancia differentementequelli tra premier e parlamento.

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    Capitolo 2

    La favola degli sciiti e la realt delle minoranza

    Tutte queste situazioni geopolitiche rappresentato

    plasticamente le difcolt a rinunziare ai confortevoli

    schemi amico-nemico per entrare in una realt pi libera,uida, contestabile. Il problema reale del Risveglio Arabo

    molto semplice nella sostanza e non ha a che fare con le

    solite divisioni religiose.

    Abh II G h cmpu u p ucmz qu c qu h c cc mzzu c, c v c pc I m Agh, Pk, G Lv. S ch qu bb vu u qu m u la guerraIran-Iraq e durante la guerra dellIraq che gli sciiti iracheni sono statiin ordine decrescente prima di tutto iracheni, poi sciiti e poi amici diTeheran. Certo la convergenza dinteressi fra neocon, reazionari sunniti,likudnik ed altri prottatori politici ha favorito la diffusione di un pezzo

    di propaganda di uguale valenza rispetto a quello di islam=terrorismo.

    Tuttavia, se si guarda pi da vicino, il problema si riduce alla benpi comprensibile questione del rapporto tra minoranze al governo e

    maggioranze oppresse. Questo succede: nellIran sciita e in Afghanistan(perch altrimenti brogliare nel voto?); nelle petromonarchie sunnite;

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    nella repubblica yemenita; in Giordania (dove i palestinesi sono il60%); nella Palestina degli apparatchik; in Israele dove un pugnodi colonizzatori domina la maggioranza degli arabi palestinesi e lamaggioranza degli israeliani che sono stu di guerra; nella Siria degli

    alauiti; nellAlgeria dei generali in doppiopetto e nel Marocco dellamonarchia scerifana.

    In Libano e in Iraq c invece un governo della maggioranza, in Egittoe Tunisia nito lo strapotere di una data minoranza, nello Yemen ed

    in Libia sta per nire con il nire dellestate, mentre in Siria la partita

    a ne agosto cos incerta da sembrare quasi impossibile immaginare

    il crollo di quel regime.

    Questo non signica che, andata al potere la maggioranza, tutto

    diventi rose e ori perch, come si riscontra in Italia ed in altre

    democrazie e postdemocrazie, la qualit di una maggioranza e del modoin cui promuove i suoi interessi non implica che sappia tener contocon equilibrio dellinteresse generale o quanto meno di altri interessiminoritari. Il familismo, la corruzione, il frazionamento partitico

    e la manipolazione della sono i pi forti tratti negativi delle fragilidemocrazie a Kabul, Baghdad e Beirut e possono rivelarsi in modotransnazionale, come i casi di diverse governi in Europa dimostrano.

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    Capitolo 3

    La strana coppia: Turchia e Israele

    Se prima abbiamo visto gli stati regionali che si tengono al marginedella pista da ballo interessante vedere come due coprotagonisti

    di vecchia data possano illuminare a vicenda i loro percorsi politici.Lasciamo il passato troppo remoto della Guerra Fredda, dove entrambierano pi saldamente inquadrati e inquadrabili, e vediamo in cosadialogano le loro esperienze pi recenti, cio da quando la Turchiacessa di essere una democrazia sotto tutela e diventa un esperimentodi democrazia islamica, cio una democrazia con una componenteideologica religiosa simile per molti versi alle democrazie cristiane

    europee.La Turchia sembra muoversi particolarmente a suo agio nel nuovo

    scenario regionale: a partire dalla crisi delle vignette islamiche sicomporta da battitore libero mantenendo da un lato le vecchie alleanzeed aspirazioni con gli USA e la UE ed aprendo dallaltro nuovecombinazioni con la Grecia (riavvicinamento economico stabile e

    continuo sforzo di migliorare le relazioni di sicurezza), la Russia (MarNero, Caucaso, Asia turanica), Iran e Brasile (proposta di mediazione suldossier nucleare)1. Nonostante due pesanti questioni rimosse ed irrisolteche riguardano il genocidio armeno e la questione curda, Ankara ha

    1 Il neo-ottomanesimo non esiste in realt nella politica turca con questo nome, unetichetta intellettuale per esprimere il nuovo dinamismo turco che supera le vecchiedivisioni con il mondo arabo e che in grado di proiettare in profondit una visione e

    una proposta politica al di l della vecchia collocazione kemalista. Il primo simbolo dellanuova Turchia sono state in realt le vignette islamiche, attraverso il ruolo che il paeseha svolto nella crisi; ma era un ruolo dietro le quinte, mentre quello della controversaFreedom Flotilla era mediaticamente visibile.

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    riscoperto uninuenza culturale e religiosa che passa anche attraverso

    la comune fede islamica e che permette relazioni con il mondo araboprima impensabili. Al suo interno si sta chiaramente avvertendo ilpassaggio da una democrazia sotto tutela, in cui dominava in paradigma

    laico-militarista, ad una dove linuenza dei costumi islamici pimarcata ma dove le elezioni sono libere e corrette in uneconomia inespansione. Il che nulla toglie alla necessit di continuare ad adeguarecultura e societ a livelli di libert europei, se la politica dingresso inEuropa continua ad essere una scelta convinta.

    Il contrasto con Israele durante il Risveglio Arabo non potrebbeesser pi netto. Israele non riesce a capacitarsi del cambiamento che

    investe la regione; le sue relazioni con gli USA sono irrimediabilmenteafevolite dal declino dellalleato e dal declassamento del suo debito

    sovrano (entrambe i mutamenti strategici non sono stati previsti oipotizzati, se non a cose fatte); il suo ruolo di unica democrazia nellarea ridotto al silenzio, se non allo spietato appoggio a dittatori di lungocorso. Il paese, con una classe politica irrigidita da 60 anni di conitto

    gestito a proprio protto, non in grado di rispondere alla domanda di

    cambiamento e di equit della propria societ portata dal movimentoJ14, anche perch la presenza e la mentalit dei militari particolarmentepervasiva a livello politico. Basti pensare che, nonostante unovviasuperiorit militare, i militari hanno preteso un aumento delle spesee che il bilancio militare assorbe ufcialmente il 7% del PIL (16%

    secondo stime OCSE)2, senza contare i costi delloccupazione ed icosti di un servizio di leva di 2-3 anni, pari alla perdita di decine dimigliaia di ore/uomo/anno (incluse la bassa scolarit dei settori socialipi poveri e ultraortodossi e lassenza delle donne arabe israeliane nellavoro).

    In sintesi ci che paradossalmente unisce Israele e Turchia lislam:per Ankara un ponte per superare vecchie difdenze verso il passato

    dominio imperiale ottomano e per proporre sistematicamente una

    2 Nellestate il governo riuscito a non aumentare la spesa militare, ma nessuno sinoraha redatto un documento governativo di valutazione rigorosa sulle necessit di spesadel complesso militar-industriale israeliano. Uno degli esiti della protesta della giustiziasociale (Mechaat Tzedek Hevrat) o delle tende (Mechaat HaOhalim).

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    mediazione in caso di conitto, per Tel Aviv invece il punto di partenza

    per accettare lidea di democrazie islamiche anche lungo i propri conni

    deniti prima del 1967, perch, se non lo far, difcilmente riuscir

    ad essere rilevante ed a modellare gli eventi anche secondo i propri

    interessi3

    .

    Fonte Immagine :http://denverpost.slideshowpro.com/albums/001/496/album-201383/cache/revolt12.sJPG_950_2000_0_75_0_50_50.sJPG?1298791527

    3 Tanto nella crisi libica quanto in quella siriana il primo ministro turco Erdogan haproposto ai due governi una mediazione politica in vista di riforme, in entrambi i casirespinta daglinteressati. Solo dopo aver tentato questa strada, la Turchia si unita allacondanna internazionale.

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    Capitolo 4

    La situazione e gli scenari a breve

    A inizio estate 2011 tutto sembrava andare quasi secondo i desideratadelle petromonarchie: la manovra controrivoluzionaria sembrava aver

    contenuto i disordini nel Nord Africa, con Tunisia ed Egitto persi allacausa della stabilit. Certo, cera il problematico precedente della Libiacon un controverso impegno internazionale e il duro intervento inBahrein, ma erano considerabili o crisi circoscritte oppure risolte colpugno di ferro.

    Durante la stagione invece i fronti caldi sono diventati tre: Libia,Yemen e Siria. La campagna tripolina era prevista per una durata di tremesi ed invece sembra concludersi a ne agosto con la presa di Tripoli

    dopo cinque mesi.

    La campagna, nonostante la vittoria che ogni sbaglio condona, stata basata sul wishful thinking e sulla confusione politica, come nellamigliore tradizione euroamericana. Linizio della crisi jugoslava nel1991 somiglia molto allattuale crisi libica: gli americani non volevano

    intervenire; era suonata lora dellEuropa; Francia Germania e RegnoUnito in prima la, pronti a dividersi politicamente e, last but not least,

    ad usare lo strumento militare al risparmio.

    A livello politico c stato un dittatore che ha cercato di guadagnaretempo, sperando che il fronte degli oppositori si sfaldasse per discordieinterne e che la coalizione si rassegnasse alla soluzione di compromesso.

    Nonostante serie divisioni tra i rivoltosi, emerse con lassassinio delcomandante delle truppe ribelli Abd Al-Fatteh Younis, il ConsiglioNazionale di Transizione riuscito ad imprimere una svolta della

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    guerra civile a proprio favore. Proprio quelle divisioni avevano fattobalenare alle nazioni guida della NATO, insieme alla pressione dellespese di guerra su bilanci gi in decit, la possibilit per alcuni giorni

    daccettare un compromesso che contemplasse un conno di Ghedda

    in Libia. Si sarebbe trattato di una soluzione altamente rischiosa perun nascente governo democratico nel paese perch avrebbe esposto losviluppo politico aglintrighi della famiglia del dittatore. Tuttavia, comesi visto anche nella guerra del Kossovo, le democrazie difcilmente

    cambiano rotta dopo aver dichiarato guerra, anche se in questo caso ladefezione tedesca e la tiepidezza italiana hanno pesato a livello politicoe diplomatico.

    Invece nello Yemen, nonostante le pressioni saudite per annacquarela rivolta, la congiura interna ha ottenuto il risultato di mettere fuoricombattimento il presidente Ali Abdullah Saleh sino ad inizio agosto.Riyadh pu ancora sperare di pilotare il risultato di una riconciliazionenazionale a suon di soldi e diplomazia, mettendo in conto che lo Yemen in fondo una repubblica periferica, ma il paese ha una lunga storiadi saper regolare i suoi conti in modo autonomo e di esser piuttosto

    intrattabile. Il presidente, nonostante sia scampato ad un attentato conserie ferite curate in un ospedale saudita, ha dichiarato di voler tornarenel paese, mentre il GCC e gli Stati Uniti stanno premendo perchrinunci a questa mossa e consegni pacicamente il potere in modo

    istituzionale per preparare nuove elezioni. Dal canto suo lopposizionesi riorganizzata in un nuovo consiglio nazionale ed stata incoraggiatadai positivi sviluppi in Libia. Tuttavia la creazione di un consenso non facile perch vi sono profonde divisioni tra Nord e Sud Yemen, duemovimenti secessionisti, diverse rivalit tribali ed un focolaio qaedistapiuttosto importante. Uno scenario estremo sarebbe quello di unazionemilitare saudita, ma il rischio di provocare migrazioni di terroristi e didestabilizzare il Dhofar omanita troppo grande perch venga presoin considerazione.

    La Siria la terza zona di zona di scontri armati. assolutamente chiaroche il presidente Bashar el Assad ha abbandonato qualunque pretesa diriforma e si sta preparando a calcare le orme del padre, Hafez, che ordin

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    il famigerato massacro di Hama. Alla ne delloagosto del 2011 Deraa,

    Deir ez-Zor, Jisr al-Shughour, Banyas, Latakia, Homs, Hama, Alepposono state attaccate da forze regolari con blindati da combattimentoda fanteria, cannoncini antiaerei, carri armati ed altre armi pesanti. La

    sola speranza degli insorti che vi sia una combinazione tra la fugadei profughi in Turchia, con un effetto simile a quello delle migrazionidalla DDR in Ungheria nel 1989, e soprattutto un disgregamentoprogressivo nelle forze armate. Questo lo scenario che probabilmenteeviterebbe una guerra civile. se massicce defezioni isolassero le pocheunit fedelissime al governo. Scartata da Bashar al Assad la possibilitdi riforme tempestive e credibili, lesito attualmente indeciso tra una

    guerra civile prolungata causata dalle repressioni e dei massacri o dallane delle rivolte nel sangue.

    Bisogna ricordare che gli alauiti, come gli spartani, hanno concentratoi loro cittadini nelle strutture di comando, combattimento dlite e disicurezza interna, in modo da controllare una maggioranza di coscrittied iloti sunniti, oltre ad aver impiegato la tipica cooptazione baathistadelle minoranze.

    Dal punto di vista puramente militare, importanti diserzioni di coscrittie poliziotti sunniti non cambierebbero subito in modo irreversibilela sicurezza sica del regime, ma lo schiaccerebbero nellisolamento

    politico con una dinamica simile a quella libica. Una seconda ondatadi massacri segnerebbe la ne dello sviluppo economico siriano e la

    completa stagnazione politica per Damasco, una vittoria di Pirro in

    attesa di una caduta differita nel tempo.Nel frattempo il Libano, con il governo di Nagib Mikati a maggioranza

    Hizb-Allah, offre ai cittadini siriani lesempio di un governo dimaggioranza etno-confessionale e a quelli iraniani il paradigma diuna politica dove ci sono sciiti liberi di dire di no e di determinareil loro ruolo politico. Una democrazia con i seri problemi citati, madecisamente pi libera della Siria e dellIran.

    Ci sono molti timori sulla caduta del regime alauita in merito allastabilit regionale, ma raramente sono stati elencati e chiariti. In genere

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    possono essere riassunti cos:

    1. Guerra civile nellintera regione a seguito del contagio siriano;

    2. Arrivo di jihadisti che approttano della destabilizzazione delpaese;

    3. Un governo sunnita in Siria signica un rivale per lIraq;

    4. Una guerra per il Golan se un governo populista sinsedia aDamasco;

    5. Contagio in Libano dellinstabilit siriana;

    6. Rischio di una riacutizzazione della questione curda in Turchia.

    Visti nel loro insieme sembrano tutti scenari credibili e dotati di uncombinato disposto in grado dinammare lintero Medio Oriente, ma

    se analizzati pi da vicino perdono molto della loro incisivit. Dallapace di Camp David e dalla caduta dellURSS in poi la Siria baathistapu impedire una pace, ma stata drasticamente ridimensionatariguardo la sua capacit di prendere iniziative belliche e strategiche.Non in grado di scatenare una guerra contro Israele, non pu contaresullappoggio iraniano per una simile impresa e riesce con fatica acontrollare le sue posizioni in Libano. Il suo maggior ruolo statoquello di essere elemento di disturbo contro gli USA in Iraq ed Israelein Libano, grazie alla sua alleanza con Tehran, ma nulla di pi. Sequesto si vericato con un governo sino a ieri stabile e saldamente

    organizzato, quali risorse in pi avrebbe un governo rivoluzionario conun paese da ricostruire? Cadono quindi gli scenari del Golan e dellarivalit con lIraq.

    Lidea che una guerra civile si possa estendere come un contagio viraleattraverso unintera regione talmente vaga da essere difcilmente

    credibile: la recente lunga ed impressionante guerra civile in Iraq haavuto ripercussioni molto limitate nei paesi limitro e non si vede in

    virt di cosa un evento simile in Siria dovrebbe essere pi pericoloso

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    per tanti paesi. Non il paese in guerra con se stesso che un pericolo,ma i suoi vicini per lui, che possono manipolarlo a piacimento, come esattamente accaduto in Libano e Yugoslavia.

    Larrivo di jihadisti dallestero non pu essere escluso, ma il jihadismo

    internazionale ha perduto dal 2004 la guerra in Iraq e liniziativapolitica dappertutto, incluso nei paesi che hanno abbattuto le dittaturein questanno. Pu costituire un focolaio pericoloso, come in Yemen,ma i moti del Risveglio Arabo sono lesatto opposto di quellideologiaterrorista che ha mancato di conquistare il consenso nei paesimussulmani.

    Restano in piedi solo lo scenario curdo per la Turchia (possibile, ma dipoco impatto se il PKK continuasse ad essere debole politicamente ela riconciliazione di Ankara fosse efcace) e quello libanese, che per

    non inevitabile e che sarebbe principale responsabilit dei politicilibanesi. Se cade il principale sponsor vicino di Hizb-Allah, quando ilpartito forte politicamente e militarmente, pu essere solo un fattoredi moderazione rispetto ad alla percezione di uno strapotere sciita in

    Libano ed alla tentazione del Partito di Dio di abusarne.Non viene citato invece lo scenario di unaltra guerra israeliana controHizb-Allah per approttare del momento e, soprattutto, per riaffermare

    il proprio potere dinterdizione politica e strategica nellarea. Unoscenario disgraziato per glinteressi di Tel Aviv a medio termine, mache corrisponderebbe molto alle inclinazioni dellattuale maggioranza.

    In conclusione, la caduta del regime alauita sarebbe pi unopportunitper i popoli della regione in termini di disarmo e possibilit di pace epi un incubo per gli altri autocrati al potere.

    Cosa succede se in Tunisia, Egitto, Libia e Yemen i vecchi regimisono sostituiti da nuovi? Tanto per cominciare, se i primi tre sono inqualche modo democratici, possibile davvero pensare a un iniziodi coordinamento economico nordafricano, ad una massa critica per

    una transizione energetica al post-fossile, basata per esempio su unacombinazione di grandi progetti solari e generazione distribuita di

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    rinnovabili1. Signica aprire un capitolo completamente nuovo nellagestione della libera circolazione di merci, capitali e persone nelMediterraneo, aprendo opportunit nei due sensi e rivoluzionando i vecchidialoghi mediterranei, sinora condotti sempre dietro il muro dacqua

    del mare. Signica togliere una pericolosa sponda allanarchia somala,se il nuovo governo di Sanaa ha pi democrazia, meno corruzione, pisviluppo delle zone arretrate (e forse meno khat e meno maschilismo).Forse la ne della dittatura in Yemen ed la sua stabilizzazione potrebbe

    persino offrire un modello locale per levoluzione della stessa Somalia.

    Fonte Immagine: http://www.asianews.it/notizie-it/Senza-Saleh-gli-yemeniti-esultano.-In-dubbio-il-suo-ritorno-21759.html

    1 Cfr. C. BETTIOL, La rivoluzione ambientale parte dalle teste, Limes QuadernoSpeciale Il clima del G2, dicembre 2009; A. CONSOLI, Lenergia della libert, Ics

    Magazine, maggio 2011, pp. 14-17. Da segnalare per lEgitto che i Fratelli Mussulmanihanno subito una spaccatura dellala giovanile del movimento che ha abolito dallostatuto la parola Sharia e vuole candidare il suo capo a presidente, nonostante decisionecontraria del politburo del vecchio partito.

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    Capitolo 5

    Il Cambiamento che viene da lontano

    Quello che si sta vericando nellarea mediterranea un evento di

    trasformazione profonda con portata sicuramente globale per quel che

    riguarda gli effetti di comunicazione e percezione e forse con effettialtrettanto profondi nel cambiamento dei rapporti e nelle politica delmondo.

    Se si vuole individuare una tendenza strategica lunga di quantosta succedendo bisogna necessariamente partire dallanalisi politicadegli eventi e bisogna risalire necessariamente alla met della Guerra

    Fredda. Quando termin la guerra del Ramadan-Yom Kippur nel1973 si crearono le premesse di molti degli assetti apparentementeindiscutibili di quello che allora veniva chiamato Medio Oriente.

    A sua volta il Medio Oriente come entit geopolitica era glio della

    vittoria alleata nella Seconda Guerra Mondiale in quanto raggruppavain un continuum territoriale i paesi di lingua prevalentemente arabae di religione in larga parte mussulmana dal Marocco sino allIran

    con liniziale sottinteso implicito che si trattasse di paesi dinuenzaoccidentale in quanto ex-coloniali1. Il sottinteso non resse alladecolonizzazione, ma larea continu ad essere vista in quel modo,grazie alla spinta panaraba, alla creazione dellOPEC (Organization ofthe Petroleum Exporting Countries) ed ai conitti arabo-israeliani.

    La pace tra Egitto ed Israele nel 1979 (preparata dagli accordi Camp

    David, 1978), al di l della lettera del trattato, affermava che la stabilit1 La Turchia infatti non era considerata Medio Oriente (esplicitamente out of area per

    evitare coinvolgimenti americani in questioni postcoloniali), ma NATO.

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    e lassenza di guerre interstatali erano il principale interesse degli StatiUniti nellarea a danno dei tentativi dellUnione Sovietica di sostenerei suoi alleati principali (Iraq, Siria, Egitto).

    Infatti quattro anni prima lo shah dIran, Reza Pahlevi (alleato

    USA), aveva imposto con la sua preponderanza regionale laccordodAlgeri (marzo 1975) in cui lallora vicepresidente del ConsiglioDirettivo della Rivoluzione (Vice-Chairman of the RevolutionCommand Council) irachena aveva dovuto accettare la pretesairaniana di dividere a met il controllo sullo Shatt el-Arab,nonostante avesse rmato un trattato damicizia con lURSS2.

    Con la pace del 1979 la Siria perdeva la possibilit di fare (e vincere)la guerra con Israele per la riconquista delle alture del Golan e restavaisolata. Tuttavia, al tempo stesso, la stabilit del regime si consolidavaed interessante ricordare che nessuno pens di aiutare la guerrigliadei Fratelli Mussulmani (Al-Ikhwn Al-Muslimn) nel 1979 e non vi

    fu nessuna condanna seria da parte del mondo libero quando avvennelincidente di Hama, quando vennero massacrati circa 38.000-40.000

    oppositori dopo un assedio di 21 giorni condotto con carri armati edartiglieria pesante.

    Israele non fu capace daccorgersi che, agli occhi degli Stati Uniti, lasua funzione principale di baluardo antisovietico stava obbiettivamentecominciando a venir meno con il disinnesco della coppia Egitto-Siria:una tendenza che diveniva un fatto dieci anni dopo.

    In breve, la stabilit nel Medio Oriente era basata su queste premesse:intangibilit dei regimi che fossero internazionalmente riconosciutie non rivoluzionari, non-ingerenza seria nella gestione della

    2 Conosciuto anche come Arvand Rud. Il precedente assetto connario riconosceva

    allimpero ottomano la frontiera sino alla riva persiana del corso dacqua in quanto vitaleper il porto di Basra (Bassora). Lo shah di Persia non riconobbe la successione neltrattato e pretese una delimitazione secondo il principio del Thalweg (la linea medianache segue la parte pi profonda del ume). Tale accordo, tuttora valido, ma la difcile

    delimitazione del Thalweg a causa di movimenti dei detriti uviali rende difcile stabilirele frontiere anche se ci fossero aggiornamenti mensili, come ha dimostrato lincidentedellaprile 2007, quando alcuni Royal Marine britannici vennero catturati dagliraniani

    per presunte violazioni connarie marittime.

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    repressione interna comunque fosse condotta e da chiunque, sostegnodellintegralismo islamico in funzione antisovietica, supremaziadeglinteressi statunitensi, ne delle guerre arabo-israeliane fra stati e

    tolleranza per i paesi nellorbita sovietica. Esistevano delle eccezioni

    come la guerra del Libano (1975-1990) e delle conferme guerra (Iran-Iraq 1980-1988, una tipica guerra controrivoluzionaria).

    Tutto questo comincia ad entrare in crisi a differenti velocit con lane della Guerra Fredda:

    lURSS crolla, lasciando un vuoto di controllo nel Medio Oriente e

    sconvolgendo la valenza strategica delle singole pedine nello scacchieredel Mediterraneo Allargato (denito come tale dalla Marina Militare

    Italiana nel 1999);

    il Medio Oriente, nonostante tentativi di creare un Grande Medio

    Oriente, si suddivide per gravit geopolitica in tre aree distinte: NordAfrica, Levante e Golfo Persico (o Arabico);

    la ne della guerra allAfghanistan e lattenzione concentrata sul

    Golfo Persico, insieme alla disattenzione per gli sviluppi in ArabiaSaudita e Pakistan, lasciano campo libero alla creazione ed allosviluppo di al-Qaeda sino alla strage dell11/9/2001, che pone fuorigioco il vecchio sostegno al jihadismo della Guerra Fredda;

    il principio dingerenza umanitaria, nato dopo la guerra di

    dissoluzione della Jugoslavia e sulla base delle esperienze della guerradel Kossovo (1999) riduce gradualmente i margini repressivi dei

    governi locali3; al tempo stesso lo stretto coordinamento politico di quello

    che durante la Guerra Fredda si chiamava Occidente si sgretolagradualmente sulla base di strutturali divergenze dinteresse (guerradel Kossovo, inane invocazione dellart. V del Trattato di Washingtonnel 2001, guerra aggressiva allIraq nel 2003);

    3 Il principio viene mantenuto da George Herbert Bush nel 1991 dopo la guerra del Quwaitin ossequio al principio di stabilit regionale in funzione antiiraniana, ma viene prestosmentito dalla no-y zone imposta per un decennio allIraq, insieme ad un embargo, in

    funzione anche locurda.

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    la rivoluzione dellinformazione permette la circolazione didee

    e notizie, aggirando loccupazione dei media tradizionali da parte deipotentati locali;

    la deregulation del 1981 comincia a corrodere fortemente il

    controllo politico delleconomia anche nei regimi autocratici, dittatorialie teocratici4.

    In sintesi lintelaiatura politica che avvolgeva Nord Africa, Levantee Golfo Persico non regge pi, i circuiti darricchimento nazionali sonomeno controllabili dalle lite locali e lesplosione della circolazionedinformazioni producono nuove realt generazionali e sociali chepartono dalla voglia di futuro di giovani e donne. In questo contesto imoti arabi del 2011 erano solo questione di tempo e soltanto la cecitsociologica dei differenti strumenti danalisi ed informazione di governied imprese ha impedito di vederne i segni precursori.

    Bisogna premettere che valutare le conseguenze strategiche dellarivoluzione mediterranea ancora un esercizio di scenario perchmolto dipende delle scelte immediate (e talvolta immeditate) dei vari

    attori locali ed in rete.Cominceremo perci dal vedere il contesto geostrategico di cui il

    Mediterraneo una parte attiva. Oggi la denizione di Mediterraneo

    o anche Mediterraneo Allargato non coglie il dato fondamentale dellavalenza di questo mare: un terminale di livello mondiale per i trafci

    che da Cina, India, Golfo, Africa passano per Suez ed arrivano ai porti

    locali, Gioia Tauro in primo luogo. Per questo gi dal 2006 si creatoin Italia il termine di Cindoterraneo ad esprimere questa realt5.

    Il motivo di questevoluzione legato allarea commerciale e logisticadella Banana Blu in Europa che ancora tra i principali attrattori delcommercio oceanico mondiale. Questa situazione non ovviamenteimmutabile, perch dipende da tre fattori variamente concatenati: la4 Una parziale eccezione rappresentata dallunico regime totalitario sopravvissuto nella

    Corea del Nord.5 Cfr. Alessandro Politi, Sintesi decisionale e Visione dinsieme, Verso un Ordine Pacico?,nel volume Nomos & Khaos Rapporto Nomisma 2006 sulle prospettive economico-strategiche, OSSS, Nomisma, Bologna Roma 2007

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    mancanza di un collegamento ferroviario merci ad alta capacit fraGioia Tauro e Milano, la sviluppo del grande terminale containerTanger Med a Tangeri e lo scioglimento dei ghiacci polari.

    Il combinato disposto di due sviluppi ed una scelta dinazione potrebbe

    essere signicativo per il Cindoterraneo in quanto circa il 50% deitrafci sarebbero perduti a favore di rotte esterne pi rapide nel percorso

    e/o nella gestione dei carichi.

    Il Cindoterraneo non pi il vecchio Mediterraneo inteso comeestensione dellAtlantico dal 1941 al 1989, ma piuttosto il terminaledi scambio di alcune delle pi importanti economie emergenti nel G20attraverso un Oceano Indiano che in piena mutazione strategica.

    Seguendo le sorti del declino dellImpero Britannico e dellascesa dellatalassocrazia statunitense, questoceano si trasformato nel giro dimezzo secolo da tramite fra Londra e Bombay in unestensione militaredel Pacico dominato dalla US Navy. Oggi, con lascesa dellIndia,

    la scontta militare degli USA in Iraq e lavvio di faticose trattative

    multilaterali sul dossier nucleare e bilaterali segrete con lIran, la

    funzione di questo spazio sul dossier nucleare e bilaterali segrete conlIran, la funzione di questo spazio marittimo pu cambiare.

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    Il motivo di questevoluzione legato allarea commerciale e logisticadella Banana Blu in Europa che ancora tra i principali attrattori delcommercio oceanico mondiale. Questa situazione non ovviamenteimmutabile, perch dipende da tre fattori variamente concatenati: la

    mancanza di un collegamento ferroviario merci ad alta capacit fraGioia Tauro e Milano, la sviluppo del grande terminale containerTanger Med a Tangeri e lo scioglimento dei ghiacci polari.

    Il combinato disposto di due sviluppi ed una scelta dinazione potrebbeessere signicativo per il Cindoterraneo in quanto circa il 50% dei

    trafci sarebbero perduti a favore di rotte esterne pi rapide nel percorso

    e/o nella gestione dei carichi.

    Il Cindoterraneo non pi il vecchio Mediterraneo inteso comeestensione dellAtlantico dal 1941 al 1989, ma piuttosto il terminaledi scambio di alcune delle pi importanti economie emergenti nel G20attraverso un Oceano Indiano che in piena mutazione strategica.

    Seguendo le sorti del declino dellImpero Britannico e dellascesa dellatalassocrazia statunitense, questoceano si trasformato nel giro di

    mezzo secolo da tramite fra Londra e Bombay in unestensione militaredel Pacico dominato dalla US Navy. Oggi, con lascesa dellIndia,

    la scontta militare degli USA in Iraq e lavvio di faticose trattative

    multilaterali sul dossier nucleare e bilaterali segrete con lIran, lafunzione di questo spazio sul dossier nucleare e bilaterali segrete conlIran, la funzione di questo spazio marittimo pu cambiare.

    Se le trattative di pace fra Tehran e Washington dovessero andarein porto, allora possibile immaginare un condominio indoiranicosulloceano, con una divisione dei ruoli sotto unegida politica degliStati Uniti. Una variabile importante sar data dal grado dinuenza

    cinese nellarea per effetto dei suoi molteplici legami con Pakistan,India e paesi africani ed arabi rivieraschi.

    Se invece lo stallo negoziale perdurer, allora la possibilit che, con

    il passare del tempo, si assister ad una determinazione autonoma diquesto spazio oceanico da parte delle due potenze emergenti India edIran, insieme ad un graduale ritiro americano imposto dalle ristrettezze

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    di bilancio. Anche in questo caso la variante cinese importante, ma legata pi a decisioni interne di Pechino che non ad una sotterranearivalit con Washington.

    Le conseguenze per il dialogo politico nel Mediterraneo (Unione per

    il Mediterraneo, quadro 5+5, dialogo NATO nel Mediterraneo e nelGolfo) appaiono chiare se si combinano queste variabili geoeconomichee geopolitiche con lo stato delle questioni aperte in questo mare internoe le possibili scelte.

    evidente che tutti questi ambienti di dialogo non solo non sonoin grado dinuenzare il futuro della zona, ma saranno fortemente

    condizionati dagli sviluppi politici ed economici del prossimo futuro.Probabilmente assisteremo a rimaneggiamenti signicativi nelle

    formule e nella composizione dei fori di dialogo, forse anche accorpandopragmaticamente dialoghi paralleli. La scelta cruciale, solo in partedeterminabile dai paesi dellUE e dagli USA se appoggiare londatadi cambiamento senza eccessive riserve o no.

    Pi che lasciarsi inuenzare da scenari catastrosti, frutto spesso pi di

    paure interessate che di Realpolitik, bisogna capire che un passaggio aregimi pi liberali e maggiormente democratici secondo le scelte locali unopportunit ed un rischio.

    Lopportunit di avere attori politici pi pacici, pi aperti alleconomia

    mondiale, pi capaci di contribuire vigorosamente ad un vero dialogoculturale mediterraneo e globale, come si gi visto nella maggioranza

    dei casi nellAmerica Latina.Il rischio consiste nella sostenibilit nanziaria dei nuovi governi su

    due fronti. Il fronte interno essenziale perch altrimenti si avrannoscenari alla Weimar o alla Mossadegh1.

    1 In Germania la Repubblica di Weimar, sorta dopo la prima guerra mondiale, fugradualmente screditata agli occhi della popolazione anche perch, a causa di onerose e

    miopi riparazioni di guerra, non pot in alcun modo mitigare la Grande Depressione del1929. In Iran il governo democraticamente eletto guidato da Mohammad Mossadegh fuabbattuto nel 1953 da un colpo di stato angloamericano (TP-Ajax), favorito dal precedente

    boicottaggio economico in risposta alla nazionalizzazione del petrolio iraniano.

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    Il fronte esterno dato da quei paesi che sono effettivamente in grado dinanziare un piano Marshall a sostegno dei nuovi governi democratici.

    In genere sono detentori di avanzi di bilancio trasformabili in fondi sovrani(Cina, Russia, Norvegia, petromonarchie del Golfo) e il loro sostegno

    economico sar dettato tanto da ragioni economiche quanto strategiche.Le uniche leve di cui dispongono i paesi dellUE (tutti pi o menoindebitati) sono labbattimento dei dazi agricoli ed una politica comunesui ussi migratori, pi alcuni stanziamenti per lo sviluppo che per non

    possono essere a fondo perduto e delle azioni incisive nelleducazionepolitica e di governo per le nuove classi dirigenti. Secondo le possibiliscelte, vi sono allora tre scenari possibili. Li possiamo chiamare:

    Cindoterraneo circa

    Cindo-terraneo

    Margi-terraneo

    Lo scenario Cindoterraneo circa fotografa una situazione in cui c unaumento dei regimi liberali nel Mediterraneo (tre potenziali candidati,

    a vario titolo, possono essere Giordania, Siria ed Algeria) e quindi unamaggiore apertura delle possibilit di pace israelo-palestinese e dellepossibilit di combinazioni politiche attive europee e mediterranee, main una situazione di minor crescita economica.

    Lo scenario Cindo-terraneo indica un legame che resta ancora fortefra economia indopacica ed economia euromediterranea, dove per

    lo spazio mediterraneo (in quanto euromediterraneo) attraversa unafase dintroversione dovuta sia alla crisi economica perdurante chealla necessit di riassetto politico-strategico dellarea. uno scenariosostenibile perch i ussi economici alimentano le iniziative politiche,

    tese per soprattutto ad un consolidamento ordinato dei cambiamentipositivi ed alla gestione pi organica dei rischi.

    Lo scenario Margi-terraneo prospetta unepoca dove da un lato c

    pi libert nel Maghreb e pi pace nel Mashreq, ma vengono anchemeno alcuni riferimenti prima considerati importanti, rendendo la

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    zona piuttosto marginale nello scacchiere mondiale. Da un lato, sottoil peso della crisi economica, dellinsipienza politica e della fragilitdelleuro, lUnione Europea collassa politicamente, facendo venirmeno un riferimento chiaro nel Mediterraneo. Dallaltro linuenza

    di USA ed Iran diminuisce nel Golfo Persico a causa dei rispettiviproblemi sociopolitico-economici, mentre la presenza indiana restapiuttosto debole e quella cinese promette di essere in ascesa, pur tramille difcolt. Il fatto che vi saranno diversi regimi democratici

    arabi sar un aspetto positivo nel sistema mediterraneo sia in fasieconomiche espansive, sia ancor pi in fasi di contrazione perchhanno la possibilit di suddividere pi equamente i carichi sociali a

    livello nazionale, perch il loro partenariato con i paesi europei puincontrare meno barriere (specie sulle questioni dellimmigrazioneclandestina e dei dazi agricoli) e perch possono essere meno inclini aprovocare e sostenere conitti armati.

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