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Direttore Responsabile Luisastella Bergomi Editore Gianluca Chiarenza Redazione / Uffici Amministrativi Via Raffaello 7/C, 26900 Lodi, LO. www.aksaicultura.net Registro Stampa n° 362 del 02/02/06 Tribunale di Lodi Chiuso in Redazione il g. 30/04/2012 Torino ......pag. 03 Addio a Pier Manca .. pag. 04 Lo stile Liberty pag. 06 Gli antichi Maestri pag. 13 Napoleone . .pag. 14 Abbeyschool pag. 02 Omaggio a Lucio Dalla pag. 16 Maggio 2012 Le donne kazake pag. 22 Il punto 18 della Conferenza Mondiale sui diritti umani, Dichiarazione di Vienna e programma d’azione del 1993, ha affermato che la violenza contro le donne e’ da ritenersi viola- zione dei diritti umani. Tutti i governi, pertanto, hanno l’obbligo di prevenire ed all’occorrenza punire severamente qualsiasi atto violento nei confronti delle donne, che continuano a subire, sia in tempo di pace che in tempo di guerra, efferate barbarie solo per il fatto di appartenere al genere femmi- nile. Dati recenti riportano che milioni di donne oggi vengono picchiate, ag- gredite, stuprate, mutilate, assassi- nate, viene loro tolta la libertà, il diritto di esistere. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel mondo una donna su cinque ha subito abusi ses- suali e violenze, nella maggior parte dei casi perpetrate all’interno delle mura domestiche, per mano di fidan- zati, mariti e persino fratelli e padri, e poi vicini di casa, amici, colleghi di la- voro e di studio. Minacce, maltratta- menti fisici e psicologici, percosse, abusi sessuali, portano a conse- guenze sulla salute della donna quali depressione ed ansia, abuso di alcool e droghe, attacchi di panico e soprat- tutto senso di vergogna e di colpa ed alla mancanza di autostima, fino al suicidio. E’ un dovere di tutti, quindi, agire per contrastare questa piaga di- lagante, attraverso la denuncia, so- prattutto da parte delle donne, vittime troppo spesso silenziose di uomini che non accettano una parità fatta di do- veri, ma soprattutto di diritti. Uomini che non hanno diritto di essere chia- mati tali. (P.B.) Esistono valori che rappresentano il perno stesso su cui ruota la nostra civiltà. Il lavoro e’ lo strumento di espressione delle potenzialità umane, nel giu- sto rispetto dell'altro, della sua dignità e del diritto al miglioramento economico e sociale. Un trampolino verso l'affermazione di sé ed il raggiungimento dell'au- tonomia e quindi, in definitiva, della libertà. Concetti che festeggiando il Primo Maggio vale più che mai la pena ribadire e difendere. Se, da sempre, la dignità del lavoro ha conosciuto le offese più vigliacche e crudeli oggi, a causa di una crisi sempre meno decodificabile, assistiamo ad un'involuzione preoccupante che, prendendo spesso la crisi come mero pretesto, provoca terremoti nella vita delle persone e delle loro famiglie. La disoccupazione é una realtà terribile, sia per chi ambisce ad affacciarsi al mondo del lavoro, sia per chi, in età più matura, cerca un reinserimento quanto mai aleatorio. La cronaca é zeppa di episodi che sanciscono in maniera inequivocabile tutta la drammaticità del mo- mento. Non é giusto accettare la sofferenza di chi vede svanire il proprio amato posto di lavoro, de localizzato magari in aree più appetibili o, semplicemente, tagliato senza motivo e quella di chi, senza santi in paradiso, bussa a tutte le porte non trovando risposta. Anno bisesto! Anno funesto?pag. 10 Poesie di Pietro Terzini pag. 18

AKSAINEWS Maggio 12 Layout 1 fileLo stile Liberty pag. 06 Gli antichi Maestri pag. 13 Napoleone . .pag. 14 Abbeyschool pag. 02 Omaggio a Lucio Dalla pag. 16 Maggio 2012 Le donne kazake

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Direttore ResponsabileLuisastella Bergomi

EditoreGianluca Chiarenza

Redazione / Uffici AmministrativiVia Raffaello 7/C, 26900 Lodi, LO.

www.aksaicultura.netRegistro Stampa n° 362 del 02/02/06

Tribunale di LodiChiuso in Redazione

il g. 30/04/2012

Torino ......pag. 03

Addio a Pier Manca .. pag. 04

Lo stile Liberty pag. 06

Gli antichi Maestri pag. 13

Napoleone . .pag. 14

Abbeyschool pag. 02

Omaggio a Lucio Dalla pag. 16

Maggio 2012

Le donne kazake pag. 22

Il punto 18 della Conferenza Mondialesui diritti umani, Dichiarazione diVienna e programma d’azione del1993, ha affermato che la violenzacontro le donne e’ da ritenersi viola-zione dei diritti umani. Tutti i governi,pertanto, hanno l’obbligo di prevenireed all’occorrenza punire severamentequalsiasi atto violento nei confrontidelle donne, che continuano a subire,sia in tempo di pace che in tempo diguerra, efferate barbarie solo per ilfatto di appartenere al genere femmi-nile. Dati recenti riportano che milionidi donne oggi vengono picchiate, ag-gredite, stuprate, mutilate, assassi-nate, viene loro tolta la libertà, il dirittodi esistere. Secondo l’OrganizzazioneMondiale della Sanità nel mondo unadonna su cinque ha subito abusi ses-suali e violenze, nella maggior partedei casi perpetrate all’interno dellemura domestiche, per mano di fidan-zati, mariti e persino fratelli e padri, epoi vicini di casa, amici, colleghi di la-voro e di studio. Minacce, maltratta-menti fisici e psicologici, percosse,abusi sessuali, portano a conse-guenze sulla salute della donna qualidepressione ed ansia, abuso di alcoole droghe, attacchi di panico e soprat-tutto senso di vergogna e di colpa edalla mancanza di autostima, fino alsuicidio. E’ un dovere di tutti, quindi,agire per contrastare questa piaga di-lagante, attraverso la denuncia, so-prattutto da parte delle donne, vittimetroppo spesso silenziose di uomini chenon accettano una parità fatta di do-veri, ma soprattutto di diritti. Uominiche non hanno diritto di essere chia-mati tali.

(P.B.) Esistono valori che rappresentano il perno stesso su cui ruota la nostraciviltà. Il lavoro e’ lo strumento di espressione delle potenzialità umane, nel giu-sto rispetto dell'altro, della sua dignità e del diritto al miglioramento economicoe sociale. Un trampolino verso l'affermazione di sé ed il raggiungimento dell'au-tonomia e quindi, in definitiva, della libertà. Concetti che festeggiando il PrimoMaggio vale più che mai la pena ribadire e difendere. Se, da sempre, la dignitàdel lavoro ha conosciuto le offese più vigliacche e crudeli oggi, a causa di unacrisi sempre meno decodificabile, assistiamo ad un'involuzione preoccupanteche, prendendo spesso la crisi come mero pretesto, provoca terremoti nellavita delle persone e delle loro famiglie. La disoccupazione é una realtà terribile,sia per chi ambisce ad affacciarsi al mondo del lavoro, sia per chi, in età piùmatura, cerca un reinserimento quanto mai aleatorio. La cronaca é zeppa diepisodi che sanciscono in maniera inequivocabile tutta la drammaticità del mo-mento. Non é giusto accettare la sofferenza di chi vede svanire il proprio amatoposto di lavoro, de localizzato magari in aree più appetibili o, semplicemente,tagliato senza motivo e quella di chi, senza santi in paradiso, bussa a tutte leporte non trovando risposta.

Anno bisesto! Anno funesto?pag. 10

Poesie di Pietro Terzini pag. 18

pag. 2Maggio 2012

ABBEYSCHOOL - LE LINGUE SI IMPARANO A TORINO

La Scuola fondata da Chiara Avidano e’ entrata in Aksaicultura

E’ con grandissimo piacere che diamoil benvenuto alla Scuola Abbeyschooldi Torino ed alla Prof.ssa Chiara Avi-dano, la Direttrice didattica, che ha for-temente voluto aderire al progetto diAksaicultura di mettere a disposizionel’istituto per l’insegnamento della lin-gua italiana agli studenti che giungonoin Italia dal Kazakhstan grazie alleborse di studio che vengono asse-gnate ogni anno. L’entusiasmo ed ilcoinvolgimento della Prof.ssa Avidanoe’ stato oltremodo gratificante e sicu-ramente il suo impegno risulterà pre-zioso per l’Associazione Aksaicultura,soprattutto la sua esperienza pre-gressa con gli studenti kazaki, deiquali ci ha detto:” ..molti sono gli amici

kazaki che mi sono rimasti nel cuore…

alcuni di loro, ancora mi telefonano”.Tutto e’ partito da una graditissima let-tera ricevuta dalla dottoressa, che haaffermato di aver conosciuto le nostreiniziative tramite un amico comune,Timur Naurzgaliyev, di cui e’ stata in-segnante di lingua italiana presso ilPolitecnico di Torino. Timur, che dal2005 lavora presso il KCO, ha iniziatola sua carriera di insegnante nel set-tembre 2011 presso la Scuola di Ita-liano di Aksai, dopo aver conseguito lalaurea specialistica in lingua ingleseproprio a Torino. Lo scambio culturalecon questi nuovi amici offrirà sicura-mente un valore aggiunto alle propo-ste dell’Associazione Aksaicultura.Molteplici sono i corsi organizzati dalCentro Linguistico Internazionale Ab-beyschool per imparare, mantenere eperfezionare le lingue inglese, fran-cese, tedesco, spagnolo, portoghese,russo, rumeno, polacco, arabo, cinese,

nelle nostre iniziative ringrazio dicuore la dott.ssa Avidano per il suograditissimo coinvolgimento ed il suodesiderio di condividere le mete che cisiamo prefissati. In particolare per lasua adesione al progetto di organizza-zione di conferenze dedicate al Kaza-khstan, attraverso l’ausilio del libro diRoberto D’Amico dal titolo “Un segnonella sabbia”. Lo scopo e’ quello di farconoscere questo meraviglioso paesea tutti gli italiani e, non ultimo, conti-nuare a reperire fondi per le futureborse di studio dedicate agli studentikazaki più meritevoli. A nome dell’As-sociazione e di tutti i soci un grazie dicuore, quindi, a Chiara Avidano ed atutti gli insegnanti che parteciperannoall’iniziativa. Gianluca Chiarenza

Torino, la Mole Antonelliana

giapponese, olandese, svedese,serbo, croato e, naturalmente, l’ita-liano, con l’ausilio di docenti madrelin-gua altamente qualificati e di testappositamente redatti per avviare glistudenti allo studio delle lingue pre-scelte. Centro di eccellenza per lo stu-dio delle lingue dal 1996 e dal 2012membro dell’ASILS, la scuola vantanon solo la certificazione UNI EN ISO9001: 2008, ma numerosi successipresso molte aziende, con la crea-zione di profili lavorativi mirati di otti-mizzazione e valorizzazione dellerisorse umane aziendali. E’ possibilepertanto partecipare a corsi individuali,collettivi, ad incontri di conversazione,anche a distanza, scegliendo un per-corso che rispetti il potenziale lingui-stico gli obbiettivi professionali e letempistiche degli studenti. Un istitutoaltamente qualificato, che da oggi e’entrato a far parte della grande fami-glia dell’Associazione Aksaicultura edinsieme si giungerà sicuramente agrandi traguardi. Pertanto, a nome del-l’Associazione e di tutti i soci coinvolti

Torino, Piazza Castello - foto da it.wikipedia

pag. 3Maggio 2012

Torino: dalla Porta dell’Inferno alla Porta dell’Infinito

Tra passato e presente la magìa di una città

Torino – Palazzo Reale in Piazza Castello

Torino, prima capitale d’Italia, rac-chiude in sé il mistero e la magia.Sede di importanti musei, meraviglieartistiche, delizie culinarie, la città sa-bauda è stata meta dei più grandi eso-terici fin dai tempi di Paracelso. Situatosul 45° parallelo, esattamente a metàdell’emisfero settentrionale, il capo-luogo piemontese ha sempre mante-nuto la sua fama di città magica. Sidice, infatti, che sia collocato al verticedi due triangoli esoterici: quello biancodi Lione e Praga e quello nero di Lon-dra e San Francisco. Sorge nel puntod’incontro di due fiumi, la Dora ed il Poche rappresentano, come il sole e laluna, la vita e la morte, la parte femmi-nile e maschile del cosmo; cioè partidi uno stesso ciclo che esistono in fun-zione del loro opposto. Il cuore nerodella città è rappresentato da PiazzaStatuto con la sua Fontana del Fre-jus, un monumento in pietra nera chericorda le vittime dei lavori per la co-struzione dell’omonimo traforo (1857-1871). Collocata in cima ad esso, lastatua di un angelo pare essere alle-goria della difficoltà della conquistadella Vera Conoscenza da parte del-l’uomo; ma si dice anche che la figurarappresenti l’immagine di Lucifero,l’angelo perduto in seguito alla sua

ribellione verso Dio. A ben guardare,nel piccolo giardino della piazza, sitrova un tombino, che è consideratoda molti la Porta dell’Inferno. Realtà eleggenda sembrano fondersi nella re-putazione “infernale” dell’area che,oggi, è il centro dell’impianto fognariodella città e che, fin dall’epoca ro-mana, fu il luogo delle esecuzioni ca-pitali. Il vicino Corso Valdocco prendeaddirittura il nome dal latino Vallis oc-

cisorum (valle degli uccisi) che identi-ficava la zona con la sede di unagrande necropoli. Forse ancora oggisotto la piazza si trovano sepolti i corpidi coloro che furono giustiziati. L’animabianca della città si colloca, invece, inPiazza Castello, che costituisce ilcentro delle energie positive e benefi-che. Il punto di massima positività sitrova esattamente fra le statue deidue Dioscuri, i gemelli Castore e Pol-luce, che ornano la cancellata di Pa-lazzo Reale. Bisogna dirigersi, però,in Piazza Solferino per trovare laPorta dell’Infinito. Al centro dellapiazza si trova, infatti, la Fontanadelle Quattro Stagioni, nota anchecome Fontana Angelica.Il monu-mento, costruito secondo le regoledella Massoneria, si compone di quat-tro gruppi statuari ciascuno rappresen-

tante una stagione dell’anno. Ai lati delmonumento, siedono due figure fem-minili che sono allegoria della Prima-vera e dell’Estate, mentre al centro sitrovano due figure maschili, l’Autunnoe l’Inverno, che guardano rispettiva-mente ad Oriente e Occidente ver-sando acqua da due otri. Lo spazio trale due statue è ben delineato e sem-bra demarcare un immaginario por-tale: la Porta dell’Infinito che,....contrapposta alla Fontana del Frejus,aprirebbe la via verso l’Eternità e l’Illu-minazione. Secondo l’interpretazioneesoterica le due figure rappresente-rebbero Jachin e Boaz, i sostenitoridelle colonne d’Ercole, e secondo lasimbologia massonica, i due principifondamentali dell’uomo, le basi dellaSapienza: Stabilità e Forza. La cono-scenza sarebbe simboleggiata dall’ac-qua che i due personaggi versano.Uno degli otri, inoltre, ha la forma di unariete che rimanda al mitico Vello d’oro

inseguito dagli Argonauti che, nel si-gnificato alchemico, rappresenta il mo-mento di trasformazione della materiain perfezione assoluta.......................

Chiara Avidano

L’angelo di Piazza dello Statuto (particolare del monumento del Frejus)

Maggio 2012 pag. 4

ESPERIENZEESPERIENZEADDIO A PIER MANCA

L’artista lodigiano che sapeva essere un amicoFacebook e’ sicuramente uno stru-mento valido per scambiare idee econcetti tra persone che si trovano fi-sicamente lontane e stringere amiciziee collaborazioni. Facebook osannato,facebook denigrato, ma se usato cor-rettamente può offrire grandi occasionidi scambio culturale. Mi sono avvici-nato a questo social network con unpoco di diffidenza, ma presto mi sonoaccorto delle infinite possibilità cheoffre ed ho avanzato, dapprima timida-mente e poi con sempre maggior com-petenza ed autorità dettate...dall’esperienza, varie richieste di ami-cizia. Si dice che da cosa nasce cosae da un’amicizia si passa all’altra, in-trecciando discorsi soprattutto con gliamici degli amici. Avevo già alcuni co-noscenti che contattavo regolarmente,ma una persona in particolare ha at-tratto la mia attenzione, in quanto af-frontava spesso argomenti artistici,dissertando sulla fotografia che para-gonava all’arte pittorica, esprimendoconcetti che condividevo come pittore.Quindi, ho lanciato la mia richiesta esono stato scioccato positivamentedalla risposta ricevuta, che diceva ”Come potrei rifiutare l’amicizia al fra-tello di Marcello?” (Marcello Chiarenzan.d.) Fu così che strinsi amicizia conPier Manca. Insieme a lui e ad altri ar-tisti lodigiani, Franco, Angelo ed Anto-nio ci trovavamo ogni mattina pressoil bar Calicantus di Lodi per il consuetocaffè e la classica chiacchierata chespaziava dal tempo alla politica, anchese poi si finiva sempre per parlare diarte, pittura e fotografia. Pier mi stu-piva sempre per la sua competenza incampo artistico e le ore volavano insua compagnia. Purtroppo erano sem-pre troppo poche e tornavamo troppovelocemente alle nostre faccendequotidiane. Mi piaceva stare con lui ese non lo vedevo chiedevo sempre “ePier..? Dall’angolo del bar preferitosentivo allora la sua voce che mi

diceva “ sono qui, siediti Luca, gradisciun caffè?” E’ veramente incredibilequanta affinità di intenti si può scoprirein una persona appena conosciuta! Elui sapeva farti sentire a tuo agio inogni occasione e ti regalava un affettoveramente gratificante. E.. quando ini-ziava a parlare di pittura sarei statoore ad ascoltarlo. Abbiamo anche fre-quentato alcune mostre insieme, ri-cordo in particolare quella della pittricePaola Blesio, dove ho potuto dilettarmiscattando alcune fotografie in cui luicompare sempre ed ora queste istan-tanee mi sono divenute oltremodo pre-ziose. E poi un triste giorno lui non miha più risposto da

quell’angolo del bar ed io mi sono sen-tito solo, ho capito di aver perso uncaro amico. Come il vento fa cadere leultime foglie strappandole dal ramoche le nutre di linfa vitale, Pier e’ statostrappato improvvisamente e prema-turamente da questa nostra vita, la-sciando nel nostro cuore un grandevuoto. Resta però la consapevolezzadi aver percorso un piccolo tratto distrada con una persona di grandecuore, piacevole ed oltremodo simpa-tica, un uomo che ha fatto dell’arte lasua ragione di vita, dispensando apiene meni quell’amicizia che scalda ilcuore. Addio Pier, resterai per sempredentro di noi. Gianluca Chiarenza

Nato a Bertonico (LO) nel 1947, Pier Manca e’ stato artista da sempre, seb-bene con alle spalle un trascorso di operaio e piu’ tardi di insegnante e presidein vari istituti, quali il Liceo Artistico Statale di Cagliari, l'Istituto Statale d'Artedella Villa Reale di Monza e il Liceo Artistico 1° di Milano. A Lodi ha contribuitoa far nascere il Liceo Artistico Statale "Callisto Piazza" di cui è stato per 3 annicoordinatore. La sua attività di pittore, scultore, incisore e ceramografo è statariconosciuta con vari premi tra cui, nel 1999, la medaglia d'oro Oldrado daPonte in memoria dell'artista lodigiano Giovanni Tedeschi. Nel 2003 è stato in-signito dal Comune di Lodi dell'onorificenza civica "Il Barbarossa d'Oro". Suesono le opere scultoree situate in varie piazze nelle città di Lodi, Casalpuster-lengo e Secugnago. Ha illustrato liriche inedite di vari poeti e la sua attivitàespositiva, iniziata nel 1964, lo ha visto partecipare a collettive e personali inItalia ed all'estero. Ha inoltre partecipato alle manifestazioni tenutasi presso imagazzini del cotone - Porto Antico - della città di Genova (capitale della cul-tura europea 2004) nelle edizioni del 2003-2004 ed ha aderito alle edizioni diNaturarte dal 1998 al 2002.

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pag. 5Maggio 2012

CONCORSO DI POESIA E DI NARRATIVA ZINA SMERZY

Prima Edizione

Disegno di Maddalena Rossetti

Nel primo anniversario della scomparsa di Zina Smerzy, per ricordarla con tutto l’affetto di un’amicizia sincera

che ha unito i nostri passi verso una meta comune, Aksainews, l’Associazione Aksaicultura e Libroforum

indicono il Primo Concorso di Poesia e Narrativa dal titolo “DENTRO E FUORI” dedicato ai detenuti della

Casa Circondariale di San Vittore, Sezione maschile del VI raggio II e Sezione femminile.

Questa donna forte e sincera ha dato un grande esempio di vita a chi le e’ stato vicino, sul lavoro ed in famiglia, ma soprattutto ha attraversato la vita con un sorriso, che ha voluto portare anche tra le tristi mura del carcere per alleviarela sofferenza e lo strazio di chi, sebbene in colpa, non debba essere abbandonato al proprio devastante destino, ma indirizzato con amore verso un’esistenza più giusta e vera.

Regolamento

Sezione PoesiaSi partecipa a questa sezione con una o più poesie (non più di 3) in lingua italiana.Sarà discrezione dell’autore apporre sullo scritto il proprio nome oppure una sigla od un motto.

Sezione NarrativaSi partecipa a questa sezione con un racconto in lingua italiana.Sarà discrezione dell’autore apporre sullo scritto il proprio nome oppure una sigla od un motto.

La partecipazione al Premio e’ gratuita.Le opere dovranno essere consegnate ai volontari di Libroforum durante i giorni e gli orari in cui si svolge l’attività culturale di Libroforum.

Termine di partecipazione.Il Termine di partecipazione e’ è stato prorogato fino al 30 giugno 2012.

Tutte le opere saranno valutate dai volontari di Libroforum e da quelli della Redazione di Aksainews. Il loro giudizio e’insindacabile.Per entrambe le Sezioni saranno decretati un Primo, un Secondo ed un Terzo Premio.I premi consisteranno in libri e materiale didattico.Tutte le opere pervenute saranno pubblicate sulla testata Aksainews. L’organizzazione del Premio si riserva la facoltà di riunire in un volume tutte le opere pervenute. I partecipanti al Premio danno fin d’ora il loro consenso a titolo gratuito.

pag. 6Maggio 2012

segue

PROFILI DI DONNA - Olympe de GougesLa prima coraggiosa sostenitrice dei diritti femminili

al tempo della rivoluzione francese

Alexander Kucharski - Ritratto di Olympes de GougesFine XVIII secolo – collezione privata

Come si scrive la storia se non tra lepieghe dei pensieri e le azioni degliuomini? Pensieri spesso scritti con l’in-delebile inchiostro del sangue, sug-gello di un credo lasciato comegratuito bene ai posteri. La storia èdonna, ma a lei spesso non ha datovoce. Muta, silente allo scorrere deltempo. Tracce chiuse nel gineceo delconsolatorio focolare, ma esseri vi-branti in cerca di esaudire quella chia-mata alla quale nessuno è escluso.Quella di avvicinarsi il più possibile alprogetto originario, depositario in noi,il divenire alla luce dei nostri doni, ta-lenti. E la natura che forgia e insegnanon ha certo mancato il suo compito,al di fuori d’imbrigliati e logici schemi,disattendendo spesso radicate con-venzioni. Così entrambi gli elementi,maschile e femminile, partecipano aun progetto unitario e immanente “lacomplementarietà” e questa nozione,persa nella notte della storia ha sov-

vertito, imprigionatoe stigmatizzato ilruolo della donnadentro stolti e indottipregiudizi. D’altraparte ci basti pen-sare all’ipotesi dimatriarcato soste-nuta da JohannJakob Bachofen nelsaggio “Il matriar-cato” del 1856, dovesi asserisce chequesta fu l'organiz-zazione originaledell'umanità, poi so-stituita dal patriar-cato. Oltre alle....società preistoriche,vi sono stati in se-guito luminosi.....esempi, uno tra que-sti è stato dato daIpazia d’Alessandria(IV secolo d.c.),donna di grandescienza e sapienzache insegnava ad al-

lievi uomini. Ancora oggi possiamo tro-vare società che continuano a mante-nere le caratteristiche matriarcalicome quella Tuareg, Irochese, Minan-gkabau in Indonesia o alcune popola-zioni delle isole Comore, l'indianoKerala, i Khasi, abitanti dalle monta-gne Khasi e gli Jaintia dello Stato au-tonomo Meghalaya nel nord-estdell'India. Insomma, la scintilla divinae sapienziale non è certamente ap-pannaggio di genere ma fertile attec-chimento in terreno ben predisposto ecoltivato. E la storia è piena di donneche hanno inciso un loro segno.Olympe de Gouges ha sicuramenteben rappresentato una singolare vocein questo coraggioso e folto coro. Notadrammaturga francese, Olympie fuun’antesignana dei diritti della donna,vissuta durante il periodo della Rivolu-zione francese condotta dal contro-verso Robespierre. Il suo vero nomeera Maria Gouze e crebbe allevata da

Pier Gouze ma in realtà era la figlianaturale di un poeta dell’aristocraziafrancese, il marchese Lefranc dePompignan. Nacque il 7 maggio del1748 nel Montauban, fu adottata da unmacellaio e da una venditrice di abitiusati. Cresciuta in fretta e desiderosadi cambiare la sua situazione, fece unprimo matrimonio a soli sedici anni dalquale nascerà un figlio. Vedova poi asoli diciassette anni, partì alla volta diParigi con l’ingegnere militare JaquesBéatrix. Qui entrò in contatto con i piùimportanti scrittori e filosofi del suotempo. Bella e intelligente, sarà cor-teggiata e invitata dai più importantisalotti dell’epoca. Nel 1778 mise afrutto le sue doti e la grande passioneper il teatro, iniziando a scrivere com-medie di successo, tra cui la più im-portante sarà “Esclavage des noir”pubblicata nel 1792. Il suo spiccatosenso di giustizia e la coraggiosa sen-sibilità, la farà schierare a difesa deglischiavi. Si batterà per le tante e di-verse ingiustizie sociali, chiedendo adesempio l’eliminazione del censo,tassa necessaria per esprimere il pro-prio voto, ma che costava però a unoperaio ben tre giorni di lavoro.

Esecuzione di Olympe de Gouges

pag. 7Maggio 2012

PROFILI DI DONNA

Inoltre chiese e ottenne che le donnefossero ammesse alle cerimonie di ca-rattere nazionale. Scriverà in proposito“Se la donna ha il diritto di salire sulpatibolo, dovrà anche avere il diritto disalire sulla tribuna”. Domandò anchel'instaurazione del divorzio, propo-nendo un contratto firmato tra i concu-bini e la libera ricerca della paternità,oltre al riconoscimento dei figli natifuori dal matrimonio. Inoltre auspicòun sistema di protezione materna e in-fantile premendo per l’attuazione diseminari nazionali al fine di combat-tere la disoccupazione e propose l’edi-ficazione di alloggi per i non abbienti ericoveri dignitosi per i mendicanti.Scrisse anche l’importante testo “Di-chiarazione dei diritti della donna edella cittadina” che indirizzerà a MariaAntonietta, dove chiedeva la restitu-zione alla donna dei suoi diritti naturali.Una dichiarazione, volutamente, e peralcuni passi, sovrapponibile a quelladei diritti dell’uomo, rimarcando il falli-mento che ha rappresentato la Rivolu-zione Francese, che aveva reclamatodiritti per una sola metà del genereumano, quella maschile. Delusa daRobespierre e dalle sue politiche e in-dignata per le sue efferatezze, gli inviòun’accorata lettera chiedendo di re-staurare misure a favore di quegli ispi-rati principi repubblicani. La sua lettera

fu censurata prima ancora di essereletta e lei arrestata e deferita al tribu-nale rivoluzionario il 6 agosto 1793dove verrà messa sotto accusa, quasiper beffa, come ostile alla Repubblica.Fu poi processata e condannata allaghigliottina. Persino suo figlio, gene-rale dell’esercito, la disconobbe perpaura di essere accomunato con leinella riprovazione sociale. Olympe deGouges fu ghigliottinata il 3 novembredel 1793 a soli quarantacinque anni,con una banale quanto ad oggi ridicolamotivazione: “…aver dimenticato levirtù che convengono al suo sesso edessersi immischiata nelle cose dellaRepubblica”. Con lei se ne andò laprima e generosa voce alzatasi a di-fesa di quegli stolti pregiudizi che ave-vano ammutolito e leso per secoli ladignità della donna. Il suo sangue nongettò quell'auspicato ponte d’alleanzae comprensione con i suoi posteri, masubì un’altra perdurante condanna, ladamnatio memoriae. Infatti, sparì qual-siasi testimonianza scritta dai deputatilibri, facendo così scivolare nell’oblioquell’eroico grido di libertà e ugua-glianza. Ancora oggi però, la nostra ci-viltà evoluta ha mancato di quel graziea questa ispirata ed eroica donna, cheha segnato il primo passo nel lungocammino del recupero dei diritti fem-minili. A tutt’oggi molte enciclopedie distoria presentano questa lacuna. In-fatti, Olympe de Gouges sarà trala-sciata per secoli dalla storiografia.

Solo verso la fine della seconda metàdel XX secolo si avranno alcuni ac-cenni, tra l’altro fuorvianti, che assolu-tamente non le resero la dovutagiustizia. Queste menzioni furono fatteper opera degli storici Louis-AdolpheThiers, Alphonse-Marie-Louis de La-martine e Louis Blanc. Solo verso lafine della Seconda Guerra Mondiale,Marie-Olympe de Gouges troverà unpo’ di riscatto. Finalmente la sua figurasarà adeguatamente rivalutata, stu-diata e discussa, particolarmente negliStati Uniti, in Giappone e in Germaniaper la sua originalità e indipendenza dispirito, oltre che per i suoi scritti e lasua onestà intellettuale, tratteggian-done così una delle più belle figureumaniste della fine del settecento. Re-cuperare un così lungo lasso di temponon e’ facile e bisognerà attendere“l'ottobre 1989 quando, grazie all’ini-ziativa della storica Catherine Marand-Fouquet, che, attraverso le tantepetizioni indirizzate alla presidenzadella Repubblica, fu inviata” l’accoratarichiesta che le ceneri di Olympe deGouges fossero traslate al Pantheon.Il 7 marzo 2007 a Digione, durante lacampagna presidenziale, SégolèneRoyal, facendosi carico di questo im-pegno promise che, nel caso fossestata eletta alla Presidenza della Re-pubblica, avrebbe trasferito le ceneridi Olympe de Gouges al Pantheon diParigi, dove riposano con i dovutionori tutte le altre grandi figure della

Eugène DelacroixLa Libertà

che guida il popolo (1830), Museo del Louvre

storia di Francia. Pur-troppo, questo appunta-mento verrà disatteso,insieme alla promessa diSégolène Royal ed allasua mancata elezione.....Mariagrazia Anglano

pag. 8Maggio 2012

FUORISALONE 2012 – BRERA DESIGN DISTRICT

Allo spazio Tra le Pagine di Via Palermo Le Riflessioni di cinque artisti

In occasione del Fuorisalone 2012,svoltosi a Milano dal 17 al 22 aprile, trai numerosi eventi che il Progetto BreraDesign District ha proposto, lo Spazio“Tra le pagine” di Via Palermo 11 hapresentato la rassegna “Riflessioni”con le opere di Luca M. Arosio, PaoloE. Nava, Sara Ugazio, MaddalenaRossetti e Rosy Zulian Dus. Luca M.Arosi e Paolo E. Nava incarnando ilpiù attuale modo di concepire l’arte deldesign, hanno proposto in questasede una collezione particolarmenteaccattivante di specchi dal titolo Ma-niacal Mirrors, somma riflettente di os-sessioni che da uno spazio profondogiungono ad espandersi negli anfrattidei pensieri e nelle azioni quotidiane,come nell’opera Housewife, dove latensione costante ad una puliziaestrema si contrappongonotracce/schizzi di normale vita quoti-diana. Lo scorrere inesorabile deltempo non risparmia in Narcissus ladecadenza fisica che lo specchio nontarderà a rimandare, sottolineando ilconcetto attraverso oscillazioni rego-lari ed inesorabili; la paura di guardarsidentro e’ gestita in Uncover dalla pos-sibilità di osservare la realtà gradata-mente, senza traumi, fino a Crash,dove le superstizioni e le angoscevengono abbattute. Il progetto e’ statoselezionato tra i finalisti del ConcorsoYoung & Design 2012 di Roma Edi-

trice, ricevendo una menzione. E dopogli specchi le radiazioni luminose diSara Ugazio, solo apparentemente in-gabbiate in forme geometriche dallequali si espandono per inondare diluce/verità lo spazio di un vivere più lu-minoso e vero, senza compromessi.Le accattivanti trasparenze di questeopere emergono dalla tecnologia delsistema led-oled, con diodi organici ademissione di luce e sono state presen-tate al 100% Design di Londra. Intrec-ciando l’arte con la storia Rosy ZulianDus costruisce immagini sorprendentiper chi voglia osservare, senza fretta,i suoi panorami urbani frutto di un’ac-curata ricerca dei materiali, come gliinchiostri d’epoca e le lettere distampa in legno e metallo. Da tutto ciòemerge l’intenso lavorio interiore, cherielaborando pensieri ed immagini rap-presenta, oltre il soggetto, sensazioniprofonde in un labirinto di percezioni incui vita, morte e rinascita si collocanotra le pieghe del tempo, in trame di re-miniscenza, verità e sogno. La dina-mica del percorso cognitivo diMaddalena Rossetti si avvale di parolecome eco dei pensieri del mondo, dacatturare e riordinare, mentre si snodail racconto della vita tra passato, pre-sente e futuro. In un frammento cristal-lizzato di ricordi scorre l’elementovitale, espressione del passaggio si-lente del tempo, che nel fluttuare dellasostanza materica rappresenta la glo-balità dell’esistenza, restituendo va-lenza profonda al dettaglio, a ciò chee’ stato accantonato e dimenticato, orasottolineato da quel rifare in cui svilup-pare tutta la propria ricerca artistica.L’irreprimibile bisogno di cercare, sa-pere e trovare si concentra in quel-l’anima in scatola dove confluisconoumori universali, attraverso la rappre-sentazione di volti e corpi che non ac-cettano vincoli e costrizioni. Opere incui l’anima entra non per nascondersio sfuggire alla realtà, ma per uscirnedopo un viaggio alla scoperta di séstessa. Recentemente l’artista haesposto presso la Galleria Blanchaert,la Galleria Cavenaghi e presso Glieroici Furori Arte Contemporanea.

Luisastella Bergomi

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Paolo E. Nava e Luca M. Arosio con le opere Crash e Uncover

Maddalena Rossetti – L’Anima in scatola

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Le creazioni luminose di Sara Ugazio

pag. 9Maggio 2012

PASSIONE MOSTREdi Silvia Panza

Il Divisionismo

La luce del moderno

Rembrandt

Incidere la luce

I capolavori della grafica

I tesori del Principe

Palazzo Roverella - Rovigo25 Febbraio – 24 Giugno 2012www.mostradivisionismo.it

Scuderie Castello Visconteo-Pavia17 Marzo – 1 Luglio 2012www.scuderiepavia.com

Forte di Bard – Aosta9 Dicembre 11 - 31 Maggio 12www.fortedibard.it

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Finalmente una mostra che proponeuna delle più grandi stagioni pittoricheitaliane degli ultimi secoli. A PalazzoRoverella è di scena una rivisitazionedel Divisionismo con una scelta diopere che ne allargano i confini tem-porali dal 1890 fino ai primi anni dopola Grande Guerra. Negli anni del“Pointillisme” francese di Seraut e Si-gnac, che prediligevano scenari al-l'aria aperta, in Italia, con una nuovatecnica pittorica, gli artisti riproduconoscenari legati alle problematiche so-ciali ed alla vita quotidiana. La mostrasi articola in sei sezioni nelle qualisono proposte opere di grandi maestricome Giuseppe Pellizza da Volpedo,Giovanni Segantini, Gaetano Previatied Umberto Boccioni.

Le scuderie del Castello Visconteo diPavia ospitano una mostra dedicata aRembrandt. In quest’occasione ilgrande artista olandese ci viene pre-sentato, non come solitamente ac-cade in qualità di pittore, ma nellaveste di geniale incisore. Il percorsoespositivo presenta quaranta incisioni,la gran parte delle quali esposte per laprima volta al pubblico, tutte prove-nienti dalla grandiosa raccolta graficadel marchese Malaspina. Oltre ai ca-polavori grafici, sarà possibile ammi-rare alcune delle famose scene sacree dei ritratti ed autoritratti di Rem-brandt. La mostra propone inoltreanche tre opere di Albrecht Durer, ilquale ebbe una grande influenza suRembrandt e che con il pittore olan-dese è considerato uno dei massimiincisori di sempre.

Per la prima volta in assoluto in Italia,al Forte di Bard di Aosta, è espostauna selezione di capolavori pittorici enon solo, provenienti dalla Collezionedel Principe del Liechtenstein e realiz-zati, tra il XVI secolo e la secondametà del XIX secolo, da grandi maestriquali Rubens, Van Dick, Rembrandt,Giambologna, Guido Reni, Canalettoe Hayez. Una delle più antiche fami-glie nobili austriache ha creato, in cin-que secoli di collezionismo, una dellepiù importanti collezioni d’arte privataal mondo. La mostra propone 80opere ed è suddivisa in correnti stilisti-che. La prima sala è dedicata comple-tamente a Rubens, seguono iFiamminghi, Cranach e gli Olandesi,l’Italia, il Vedutismo ed il Classicismo.

pag. 10Maggio 2012

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Febbraio, dal Très riches heures du duc de Berry

ANNO BISESTO! ANNO FUNESTO?Storia del calendario e la superstizione popolare

La superstizione viene intesa normal-mente come un insieme di credenze dinatura irrazionale che possono influirenegativamente sulla vita delle personesenza che tra evento e comporta-mento vi sia una relazione logica ocausale; probabilmente essa è vec-chia quanto la storia dell'uomo. Unodei primi a parlarne è Cicerone, a cuisi deve anche il termine "superstitiò-nem" dalle parole latine "sùper" soprae "stìtio" stato, per indicare coloro che

si rivolgevano alle divinità con insi-stenti preghiere, voti o sacrifici affinchéi figli rimanessero "superntiti" cioè sanie salvi. Nel corso dei secoli la super-stizione si è radicata nelle credenzepopolari, spesso sostituendosi alla re-ligione o incarnandosi in credenzepseudoscientifiche. Dopo Freud è di-venuta terreno di studio soprattuttoquando eccede oltre i confini del "nor-male buon senso" per trasformarsi indisturbo psichico o comportamentale,

fino a rappresentare un comodo scudoper evitare di affrontare la realtà echiudersi in un proprio mondo pieno didivieti ma molto più rassicurante.Senza arrivare a questi eccessi, siamotutti testimoni giornalieri delle male-fatte di un gatto nero che attraversa lastrada, di un pizzico di sale o di unagoccia d'olio che si rovescia ed an-cora, di una persona con abiti viola.Una delle credenze più impalpabili èquella che riguarda gli anni bisestili,che secondo la leggenda popolare sa-rebbero forieri di disgrazie e malattie eper capire come sia nata e’ necessa-rio, come nei peggiori romanzi d'ap-pendice, fare alcuni passi indietro.Innanzitutto bisogna spiegare l'originedel termine bisesto o bisestile. Si de-signa con questo termine l'anno cheha un giorno in più, passando dai nor-mali 365 ai bisestili 366, con l'aggiuntadel giorno in questione tra il 28 feb-braio ed il 1 marzo, chiamandolo 29Febbraio; questa pratica viene effet-tuata ogni quattro anni e serve per evi-tare lo sfasamento del calendariocivile con il calendario astronomicoche porterebbe, con l'andare deltempo, ad uno slittamento dell'iniziodelle stagioni. Questa modifica fu ap-portata da Giulio Cesare nel calenda-rio che porta il suo nome e che sostituìquello del re Numa Pompilio (calenda-rio Numano) che a sua volta sostituivaquello di Romolo, il mitico fondatore diRoma. Il calendario giuliano, basatosulle osservazioni dell'astronomogreco Sosigene, riallineava il calenda-rio civile e quello astronomico ogniquattro anni con l'aggiunta di un giornodopo il 24 febbraio. Ricordiamo che imesi del calendario giuliano erano tuttidi 30 o 31 giorni eccetto febbraio chene aveva solo 29 e che gli antichi ro-mani non numeravano i giorni comefacciamo oggi, ma li calcolavano inbase alla festività più vicina, per cui il24 febbraio veniva chiamato "sexto dieante kalendas martias" il sesto giornoprima delle calende di marzo, cioè seigiorni prima dell'inizio del nuovo mese.Il giorno in più viene chiamato di con-seguenza "bis sexto die", il sestogiorno ripetuto, da cui il nostro termine

pag. 11Maggio 2012

ANNO BISESTO! ANNO FUNESTO?

di bisesto o bisestile che ha denomi-nato successivamente tutto l'anno. Aquesto punto è d'obbligo una precisa-zione. Quando Giulio Cesare venneinsignito del titolo di dittatore a vita, ilsenato per onorarlo gli dedicò il mesedelle sua nascita, il Quintile, rinomi-nandolo Jiulius (il nostro luglio); il suosuccessore Cesare Augusto, per nonessere da meno, si auto dedicò ilmese della propria nascita, il Sextilis,ribattezzandolo Augustus (agosto), mapoiché questo aveva solo 30 giornicontro i 31 di Julius, ne aggiunse unotogliendolo a febbraio, che rimase congli attuali 28 giorni. La nascita della di-ceria sulla presunta malignità deglianni bisestili nacque sia dal calendarioromano che dalle credenze popolaripseudo cristiane. Innanzitutto, nel ca-lendario istituito da Romolo febbraioera l'ultimo mese dell'anno, in cui ilvecchio tempo moriva per rigenerarsicon le Calende di Marzo, primo giornodel nuovo anno; dopo la riforma delcalendario Numano, che portava l'ini-zio dell'anno al 1 gennaio, febbraio ri-mase il "Mesis Feralis", il mese in cuisi onoravano i morti e gli antenati conle celebrazioni solenni del "Feralia", incui si svolgevano i riti di costrizione epurificazione (da "februare" purificare,dal dio etrusco Februus che sovrain-tendeva ai morti ed ai riti purificatori).Sempre a febbraio si celebravano i ritidelle "Terminalia" in onore di Termine,il dio dei confini e le "Equirie", gare dicorsa di cavalli che si svolgevano nelCampo di Marte attraverso 12 porte (isegni zodiacali) e sette giri (il numerodei pianeti conosciuti), gare che fe-steggiavano la fine dell'anno maanche di un ciclo cosmico: come sivede un mese carico di riti, magia esuperstizione, il passaggio dal vecchioe conosciuto al nuovo ma scono-sciuto. Uno dei primi letterati a mettereper iscritto le credenze sull'anno bise-stile è stato il medico del XV secoloMichele Savonarola, nonno del benpiù temibile Gerolamo. Egli affermavache questi anni sono nefasti per legreggi e per la vegetazione, che cisono epidemie di malaria e che sonocontroindicati per tutto ciò che ri-guarda l'acqua, quindi niente bagni,niente cure termali e attenzione ad al-luvioni e diluvi. Da questo momento in

poi è stato tutto un fiorire di profeti e dipresagi di sventure, dai terremoti alleprofezie maya. Un anno anomalo conun giorno in più doveva per forza por-tare ad eventi anomali. Vogliamo peròfinire queste righe con qualcosa di piùleggero e parlare di un giorno vera-mente speciale, in tutti i sensi, cioè del30 di febbraio. Per ben tre volte nellastoria il mondo occidentale ha cono-sciuto questo giorno straordinario, laprima fu nel 1712 quando l'imperosvedese decise di risolvere il ginepraioin cui si era ridotto il proprio calenda-rio. Nel 1582 papa Gregorio XIII avevariaffrontato la questione dello slitta-mento degli equinozi; era dalla riformagiuliana che non si ritoccava il calen-dario e lo sfasamento dell'inizio dellestagioni aveva raggiunto oramai i diecigiorni. Papa Gregorio decise che ilmodo più pratico per riallineare il ca-lendario civile con quello astronomicoera quello di "saltare" questi giorni econ una bolla papale decretò che ilgiorno successivo il 5 di ottobre fosseil 14 e che gli anni bisestili non fosseropiù solo quelli divisibili per 4, come nelcalendario giuliano, ma anche per400. I paesi cattolici introdussero su-bito questa riforma mentre i paesi pro-testanti rifiutarono sdegnati....."il complotto papista", per poi accet-tarlo quando i loro calendari risulta-rono incompatibili con quelli del restod'Europa. Nel 1699 la Svezia decise diadottare il calendario gregoriano e nonvolendo togliere i 10 giorni di diffe-

renza in una volta sola, decise di eli-minare tutti gli anni bisestili tra il 1700ed il 1740 in modo che il 1 marzo del1740 il loro calendario avrebbe coin-ciso con quello europeo. Venne quindisoppresso il 29 febbraio 1700, e qui sifermò perché la Svezia aveva iniziatouna lunga guerra contro l'impero russoe ci si dimenticò di aggiornare il calen-dario negli anni bisestili; nel 1712 de-cisero di ritornare al calendariogiuliano recuperando il giorno sop-presso istituendo il 30 di febbraio. Ri-tornarono al calendario "papista" nel1753 saltando i giorni dal 18 al 28 diFebbraio. Il secondo caso è stato nel1931 con il Calendario RivoluzionarioSovietico entrato in vigore il 1929, cheprevedeva 12 mesi di trenta giorni cia-scuno, formati da settimane di cinquegiorni, più cinque giorni festivi non ap-partenenti a nessun mese. Quindi il1930 ed il 1931 avevano febbraiocomposto da 30 giorni. Nel 1932 il go-verno sovietico decise di tornare al ca-lendario gregoriano in quanto quellorivoluzionario era risultato ingestibile.Il terzo caso è avvenuto l'11 Ottobre2006, quando il presidente degli StatiUniti George W. Bush in un discorsoindicò la data del 30 Febbraio come iltermine dell'anno fiscale statunitense.Egli non si accorse dell'errore, nes-suno lo corresse (non si corregge unpresidente USA) ed il discorso ufficialevenne archiviato nella sua trascrizionefede le . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Franco Rossi

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pag. 12Maggio 2012

GIOVANNI CERRI

Lo sguardo dentro,

lo sguardo fuori Opere

2001-2012

Dal prossimo 21 maggio e fino al 21giugno, presso lo Spazio AREA 35 diVia Vigevano a Milano, sarà aperta alpubblico la mostra personale di Gio-vanni Cerri dal titolo “Lo sguardo den-tro, lo sguardo fuori – Opere 2001 -2012”. La rassegna, che vanta la col-laborazione delle Gallerie Palmieri diBusto Arsizio e Cortina Arte di Milano,proporrà una selezione di opere degliultimi dieci anni di attività dell’artistamilanese, con opere, anche di grandedimensione, che illustrano il percorsopittorico incentrato dapprima sull’ar-cheologia industriale (con i dipinti rea-lizzati su carta di giornale fino al 2009)e poi, nella fase più recente, sull’inter-pretazione più metafisica della città edel paesaggio. Con il ritorno alla telaavvenuto nel 2010, l’artista haespresso una nuova identità dell’im-magine, sviluppando anche altre te-matiche, concentrandosi sullaspazialità e sulla luminosità del colore.Nelle nuove opere, infatti, è presenteuna riflessione sul ricordo e sulla me-moria del proprio vissuto che vieneraccontato con maggiore sintesi edessenzialità. Catalogo Edizioni ArteLi-zea di Acqui Terme con testi di RaoulMontanari. Per saperne di piùwww.area35artgallery.com

Lidia Lorenzi ospite

del Kiwanis Orobico

di Bergamo

Un’opera dell’artista

nella mostra benefica

Kivanis Art 2

Dal prossimo 11 giugno fino al 3 luglio,il Kiwanis Bergamo Orobico Onlus,club di servizio che sin dalla sua fon-dazione si occupa di assistenza ai bi-sognosi, con particolare attenzione aibambini, propone la seconda edizionedella mostra a scopo benefico dal ti-tolo “KiwanisArt2” che si svolgeràpresso l’ex chiesa della Maddalena, inVia Sant’Alessandro a Bergamo, conla collaborazione dell’Assessorato allaCultura del Comune di Bergamo. Il ri-cavato della vendita delle cinquantaopere in rassegna, dipinti, disegni esculture, offerte dai maggiori artistibergamaschi tra i quali figura l’artistaLydia Lorenzi, verrà destinato all’Inter-national Heart School, con sedepresso gli Ospedali Riuniti di Bergamoe diretta, dal 2010, dal dott. Paolo Fer-razzi, direttore del Dipartimento Car-diovascolare e dell’Unità diCardiochirurgia degli stessi OspedaliRiuniti. Accompagnerà la mostra uncatalogo con oltre 120 pagine, chesarà stampato dal Kiwanis BergamoOrobico Onlus con le opere di tutti gliartisti che parteciperanno all’iniziativa.Per saperne di più www.cosasifa.it

VICOLO DEI LAVANDAI

Dialogo con

Arnoldo Pomodoro

Dal prossimo 7 giugno sarà disponi-bile in libreria il volume dal titolo “Vi-colo dei lavandai”, Con Fine Edizioni,un dialogo tra Arnaldo Pomodoro eFlaminio Guardoni realizzato in colla-borazione con la Fondazione ArnaldoPomodoro di Milano. Un colloquioconfidenziale che ripercorrere il cam-mino della Fondazione dedicata algrande protagonista della scultura ita-liana, giunto a Milano nel 1954 con ilfratello Giò e che racconta del suo fu-turo. Il colloquio riporta ai primi anni diArnaldo a Milano, alla scelta del suostudio nel cuore dei Navigli, alla finedegli anni Sessanta, e dopo un grossolavoro di archiviazione e cataloga-zione, all’istituzione della FondazioneArnaldo Pomodoro il 7 aprile 1995,con sede in Vicolo dei Lavandai. Illibro fa parte della collana “ai dialogoi”a cura di Gino Flenga, nata con l’in-tento di raccontare conversazioni,confronti, discussioni con e fra i prota-gonisti della cultura contemporanea.Non fredde interviste, dialoghi intimi ecolloquiali che restituiscono libera-mente l'umanità che sta dietro le ideedegli scrittori, degli artisti e degli intel-lettuali della nostra società.

Maggio 2012 pag. 13

GLI ANTICHI MAESTRI NEL CASTELLO DI MIRAMAREMassimiliano d’Asburgo e le opere pittoriche

Prosegue con grande successo il ciclodi appuntamenti artistici e culturali pro-mossi dal Museo Storico del Castellodi Miramare di Trieste, in occasionedell’anniversario dei 150 anni dall’in-sediamento di Massimiliano d’Asburgoe Carlotta del Belgio, con la mostra daltitolo “Gli Antichi Maestri. Massimilianod’Asburgo e le opere pittoriche” a di-sposizione del pubblico fino al pros-simo 3 giugno. L’esposizione proponeuna selezione della collezione pittoricadella nobile coppia conservata nei de-positi del Museo Storico del Castellodi Miramare, mostrando l’interesse diMassimiliano verso l’arte del passato,il suo rivolgersi ad un mercato antiqua-rio che gli permise di costituire unaraccolta pittorica arricchita anche daopere di grandi

maestri, spesso acquisite su consigliodi esperti del settore, presso nume-rose botteghe antiquarie a Vienna e aVenezia. Opere dalle quali traspare lapreferenza verso la Scuola italiana,quella tedesca e la fiamminga dal XVIal XVIII secolo, con lavori di BernardoStrozzi, Jan van den Hoecke, le alle-gorie del Gusto e dell’Odorato di Jo-hann Heinrich Schönfeld. Inoltre, dalloscorso mese di aprile alcune opere delMuseo Storico di Miramare sono leprotagoniste di una mostra presso IlMuseo BELvue di Bruxelles in Belgio,patria natale di Carlotta. Il Castello diMiramare, che vanta anche uno splen-dido parco, è sorto per volontà dell’ar-ciduca Massimiliano d’Asburgo intornoal 1855, alla periferia della città di Trie-ste, sullo sperone carsico del promon

torio di Grignano ed è stato progettatodall’ingegnere austriaco Carl Junker.La dimora presenta uno stile ecletticosulla moda dell’epoca, con modellitratti dal periodi gotici, da quello me-dievale e rinascimentale che si combi-nano in una sorprendente fusione,trovando diversi riscontri nelle resi-denze che al tempo i nobili si facevanocostruire in paesaggi alpestri, sullerive di laghi o fiumi. Gli interni portanola firma degli artigiani Franz e JuliusHofmann, con il pianoterra riservatoagli appartamenti privati di Massimi-liano e Carlotta, mentre il primo pianodi rappresentanza, era riservato agliospiti, sicuramente abbagliati dai son-tuosi ornati istoriati di stemmi e dallerosse tappezzerie con i simboli impe-riali.

SCULTURE DALLE COLLEZIONI SANTARELLI E ZERIAlla Fondazione Roma le raccolte di due grandi personaggi del collezionismo italiano

Fino al prossimo 1 luglio la Fondazione Roma, Arte, Museicon Arthemisia Group, in collaborazione con la FondazioneDino ed Ernesta Santarelli propone, nelle sale del MuseoFondazione Roma in Palazzo Sciarra, un’inedita esposi-zione intitolata “Sculture dalle Collezioni Santarelli e Zeri”dedicata a due grandi esponenti del collezionismo italiano,il famoso critico d’arte Federico Zeri e la famiglia Santarelli.La mostra, che si avvale della consulenza scientifica diDario del Bufalo, presenta in prevalenza statue, grandi fram-menti lapidei e bassorilievi dall’antichità all’epoca barocca,che vengono esposti per la prima volta e rappresentano gliinteressi sulla scultura di Federico Zeri, condivisi dalla Fon-dazione Santarelli istituita dai figli nel ricordo dei genitoriDino ed Ernesta Santarelli. La collezione in mostra contienereperti archeologici sino al "700, con un particolare interesseper i marmi colorati e per la storia di Roma. Di inestimabilevalore storico, artistico e filologico sono le opere provenientidal lascito del grande Federico Zeri (Roma, 12 agosto 1921- Mentana, 5 ottobre 1998), che il critico raccolse nell’arcodi tutta la vita, grazie alla sua curiosità e ricercando sempre

la qualità, assistito dalla sua grande competenza tecnicae dalla dimestichezza nel commercio dell’arte. L'occa-sione consente inoltre interessanti considerazioni sullafigura di quello che è stato probabilmente lo studiosod'arte figurativa più insigne dalla metà del XX secolo inpoi. In questa appetibile occasione e’ possibile fruire dioltre 90 opere tra statue, reperti archeologici e ri-tratti provenienti dalle due Collezioni private e da im-portanti istituzioni museali, quali l’Accademia diFrancia a Roma Villa Medici, l’Accademia Carrara diBergamo e i Musei Vaticani, in un percorso espositivosuddiviso in tre sezioni: la Statuaria e frammenti mag-giori; quella delle Sculture piccole e campionari di marmie quella dei Ritratti. Infine, nello Lo studio dello scultoree’ stata ricostruita la bottega di uno scultore, con i varistrumenti ed i materiali di lavoro, per offrire un'ideaconcreta delle tecniche esecutive. All’interno dellastanza sono stati collocati lavori dei due celebri fal-sari romani della prima metà del Novecento: GildoPedrazzoni e Alceo Dossena.Catalogo Skira

pag. 14Maggio 2012

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NAPOLEONE, GIUSEPPINA E MARIA LUISALe ardenti passioni del grande condottiero francese

Napoleone al Gran San Bernardo - Jacques-Louis David (1748–1825)Museo Nazionale del Castello di Malmaison

Giuseppina Tascher de La Pagerie,madre di Eugenio e di Ortensia, ri-mase vedova del visconte Alessandrode Beauharnais, presidente della Co-stituente, ghigliottinato nel 1794.Aveva gli occhi turchini ed era ricciuta,snella ed avvenente. Non seguì lasorte del marito per intervento di Na-poleone Bonaparte, che si era inna-morato di lei e la sposò il 7 marzo del1796; testimoni alle nozze civili e se-grete della focosa creola nativa dellaMartinica e del giovane generalecorso di sicuro avvenire, furono Barrase Tallien, protettori interessati. Glisposi presentarono certificati di batte-simo falsi. Giuseppina aveva 32 anni(sei più di Napoleone) e se ne tolsequattro, Napoleone se ne aggiunseuno e mezzo. Questi donò alla sposaun medaglione con incise due parole:

“Au destin”. Nominato generale incapo dell’Armata d’Italia, due giornidopo le nozze egli partì per il fronte ecominciò a scrivere le famose letterea Giuseppina frementi di desiderio e digelosia. Napoleone non può viveresenza di lei e la reclama a Milano, maGiuseppina risponde di non poterviaggiare essendo incinta (in verità eras t e r i l e ) . Intanto, l’ardente creola, rimasta solaa Parigi, si consola col giovane te-nente degli ussari Hippolyte Charles.Pare che lo stesso Gioacchino Murat,mandato nella capitale per far cono-scere al Direttorio i termini dell’armisti-zio di Cherasco, non mancò diapprezzare le grazie dell’attraenteGiuseppina. In compenso, anche Na-poleone ebbe una sfilza di amanti, ingenere attrici e cantanti, ma non sfug-

palazzo, come la dama di compagniadella stessa Giuseppina, dalla qualeebbe un figlio e la nobile polaccaMaria Walewska, che gli darà un altrofiglio. Forse, ne ebbe degli altri, comela figlia reclamata dalla moglie del ge-nerale Montholon, che lo consolò aSant’Elena. Giuseppina rimase ac-canto a Napoleone tredici anni. I cro-nisti riportano la data del 30 novembre1809 come quella in cui l’imperatoredei francesi le chiese il divorzio per ra-gioni di Stato ed asseriscono che lastessa svenne prima di aderire alla se-parazione. Napoleone, per garantirsiuna discendenza diretta, cominciò acercare moglie: esclusa la grandu-chessa Anna, sorella dello zar Ales-sandro I, orientò i suoi sentimentisull’asse Parigi-Vienna, preferendo lafiglia di Francesco I, imperatore d’Au-stria. Maria Luisa aveva 18 anniquando, l’11 marzo 1810, nella goticaAugustinerkirche di Vienna, sposò perprocura Napoleone I (rappresentatodall’arciduca Carlo, fratello di France-sco I e zio della sposa). Si trattava diuna fanciulla “deliziosa, dolce, buona,

ingenua e fresca come una rosa”,come la definì l’imperatore francese ilquale, superando il protocollo stabilitoper l’incontro fissato a Compiègne, ac-compagnato da Gioacchino Murat, laraggiunse sulla strada percorsa dalleberline austriache prima che giunges-sero alla sede prefissata. I cronisti rac-contano che Napoleone, in.....quell’occasione, si confrontò per laprima volta con una donna illibata.Quando chiese alla principessa impe-riale se i genitori le avevano dato istru-zioni per il matrimonio, la risposta fuche le era stato raccomandato di con-sacrare la sua vita al grande condot-tiero francese. Maria Luisa, dopo lenozze, venne accompagnata a Parigied installata alle Tulleries, nell’appar-tamento già occupato da Giuseppina.Il 19 marzo del 1811 si sparse la noti-zia che l’imperatrice aveva le doglie.Napoleone annunciò che se fossenato Francesco Carlo Giuseppe, fu-turo re di Roma, avrebbe fatto sparare101 colpi di cannone, e soltanto 21colpi se fosse nata la principessa di

pag. 15Maggio 2012

NAPOLEONE, GIUSEPPINA E MARIA LUISAVenezia. Il giorno successivo nacqueun bel maschio e mentre Napoleonepresentava il neonato alle elegantidame di corte ed ai generali dell’eser-cito imperiale che attendevano nel sa-lone, furono sparati 101 colpi dicannone. Maria Luisa rimase accantoa Napoleone meno di quattro anni.Quando l’imperatore, sconfitto a Lip-sia, venne esiliato all’Elba, la giovaneconsorte fece ritorno a Vienna, allareggia del padre, dove condusse unavita di austero ritiro provvedendo al-l’educazione del figlio (proclamatodalla nascita re di Roma). Non pensòminimamente a raggiungere il maritoall’isola d’Elba (dove si recò, invece,Maria Walewska con il piccolo Ales-sandro) e lo dimenticò del tuttoquando l’astuto conte di Neipperg lasedusse. Napoleone in esilio fu rag-giunto dalla madre e dalla sorella chefissarono la loro dimora nell’isola. Il 29maggio 1814 morì Giuseppina, stron-cata in pochi giorni dalla polmonite.Nessuno avvertì l’imperatore, chelesse la triste notizia su un giornale ar-rivato all’Elba da Ginevra. Dopo lamorte del marito, Maria Luisa potésposare il conte di Neipperg, ma restòvedova per la seconda volta e si sposòper la terza volta con il conte di Bom-belles, maestro di cerimonie. Nel1814, il Congresso di Vienna la investìdella sovranità dei ducati di Parma,Piacenza e Guastalla. Trasferitasi de-finitivamente a Parma, instaurò un re-gime relativamente liberale rispettoagli altri Stati italiani. Alla sua morte(1847) fu seppellita a Vienna, nellacripta della chiesa dei Cappuccini, ac-canto al figlio deceduto nel 1832 di tu-bercolosi. Sulla sua tomba figura iltitolo di contessa di Neipperg e suquella del figlio il titolo di duca di Rei-chstadt. Eppure Napoleone, nel suotestamento stilato nella residenza diLongwood a Sant’Elena il 15 aprile del1821, aveva scritto:”Sono stato sem-

pre soddisfatto dalla mia sposa Maria

Luisa verso cui conservo fino all’ultimo

momento i più teneri sentimenti. La

prego vigilare per proteggere mio figlio

dalle insidie che circondano ancora la

sua infanzia”. Questo testamento nontrovò la censura del generale poliglottaHudson Lowe, che sorvegliava l’impe-

François Gérard (1801 c.a) - Giuseppina di Beauharnais

ratore fino ad imporgli limitazioni umi-lianti comunicate spesso anche in lin-gua italiana. Nel 1815 il Lowe era statonominato governatore dell’isola diSant’Elena dopo che Bonaparte si erarifugiato a Rochefort sulla nave in-glese Bellerophon, che lo aveva abordo dal 15 luglio. La decisione di re-legare lo scomodo prigioniero in quel-l’isola remota, sperduta nell’Atlanticomeridionale, fu presa dalle potenzeche avevano vinto a Waterloo. Mentrela Bellerophon navigava verso Ply-mouth, Napoleone conobbe la sua de-stinazione finale. A nulla valse la suaprotesta. Trasbordato sulla Northum-berland, dopo 72 giorni di navigazione,il 14 ottobre giunse a Sant’Elena, doverimase per quasi sei anni (tra il 1815 eil 1821). In passato sorsero seri dubbisull’effettiva presenza dell’imperatoredei francesi a bordo della Northumber-

land. Dalle memorie di Las Cases e daquelle dello stesso Hudson Lowe sievince che il prigioniero “aveva un por-

tamento privo di qualsiasi dignità”.Miss Maud Bichin, che si era recata aSant’Elena, dichiarò d’essere certache sull’isolotto dell’Atlantico non viera Napoleone, ma “un prezioso misti-

ficatore che si sacrificava per lui”. Di certo l’imperatore si servì di diversisosia; uno di loro, il Robeau, fu rintrac-ciato da un emissario di Fouchè. Si di-ceva che anche il fratello Giuseppe,

che gli somigliava moltissimo, sarebbestato pronto a sostituirlo. Un tal SilvioLandò di Marsiglia, fu il presceltocome sosia per la sua somiglianza. Damolti episodi nacque la leggenda se-condo la quale l’imperatore sarebbevissuto fino al 1823. Se così fosse,l’opera di Carlo Steuben che lo ritraesul letto di morte assistito dal medicoAntonmarchi a Sant’Elena, esposta alMuseo della Malmaison, alimente-rebbe sorprendenti congetture per de-finire quanto di vero accadde aNapoleone dopo la tragica disfatta diWaterloo. Il conte Carlo Federico di Ar-nestein, amministratore del Castello diSchoenbrunn, annotò nei suoi diariche una sentinella del Castello nellanotte del 4 luglio 1823 uccise uno sco-nosciuto, privo di documenti, che ten-tava di scavalcare il muro di cinta delparco imperiale. La rassomiglianza delmalcapitato con Napoleone era indi-scutibile, tanto che l’ambasciatore diFrancia, avvertito dell’accaduto,chiese la salma della persona uccisa.Non si è mai saputo l’esito degli esamidefinitivi effettuati sulla vittima di Scho-enbrunn. Secondo gli atti ufficiali, Na-poleone Bonaparte morì a Longwood,nell’isolotto di Sant’Elena, e fu sepoltonei pressi della sua residenza. Le sueceneri vennero riportate in Francia nel1 8 4 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Lucio Causo

pag. 16Maggio 2012

OMAGGIO A LUCIO DALLACanzoni ed emozioni che ci appartengono attraversando tutta

la nostra vita. Un ricordo appassionato per un artista ed un

........................uomo sempre coerente e sincero

Wikipedia Creative Commons LicenseNon é facile parlare di qualcuno chenon c'é più se questo qualcuno ha rap-presentato molto nella vita di tantepersone, compresa la tua. Non é cosasemplice cercare di descrivere la per-sonalità poliedrica di un uomo comeLucio Dalla, scomparso i primi giorni dimarzo a Montreux, poco dopo un con-certo. Ognuno di noi ha un suo ricordodi quell'omino buffo e sorridente cheha saputo, con le sue canzoni dai testiinnovativi e pieni di poesia, farci riflet-

tere, sorridere, sperare in un mondonuovo e non violento. Anche chi scriveha spesso trovato in lui un amico che,pur nella sua limitatezza ha saputo, inpiù occasioni, illuminare un momento,magari critico, o confermare uno statodi particolare felicità. Da dove comin-ciare per parlare di un artista a 360gradi cui andava certo stretta qualun-que catalogazione preconfezionata?Probabilmente dalla propria espe-rienza personale, risalendo nel tempo

alla fine degli anni 60, quando un bam-bino di otto-nove anni guardava, cometutti i suoi coetanei, una trasmissionedi cartoni animati, durante la tanto ce-lebrata Tv dei ragazzi. Succedevaanche che quello stesso bambino ri-manesse volentieri ad ascoltare lasigla del programma, cantata da unavoce che, tra onomatopee ed asso-nanze, rivelava all'ignaro fanciullo unadelle caratteristiche essenziali di LucioDalla, la capacità di cercare nuovestrade, di sperimentare, di mettersi ingioco, sulla scia dei grandi maestri deljazz e non solo. Il bambino cresce enel 1971, ormai alla fine delle elemen-tari, risente quella voce, anzi la rivedein carne ed ossa sul palcoscenico diSan Remo, ad interpretare “4 Marzo1943”, una storia inventata, ma con lavera data di nascita del cantante. Unacanzone, leggermente ferita dalla cen-sura, che ci portiamo tutti dentro e cheproiettò sulla scena l'immagine di unuomo dall'aria semplice, che sapevanarrare in modo coinvolgente una sto-ria carica di pathos e di lirismo. L'annodopo, la conferma, con un'altra can-zone altrettanto poetica come “Piazzagrande”, dedicata alla vita grama ma,forse serena, di un clochard bolo-gnese. Passa qualche anno ed il ra-gazzino, arrivato al liceo, tra unaversione di latino ed un'espressionealgebrica, si sintonizza sulle adorateradio libere che inondavano l'etere coni brani dei lanciatissimi cantautori, trai quali il grande Lucio. Quest'ultimo,abbandonati i panni del cantante me-lodico, in collaborazione con il poetaRoberto Roversi, dando il massimodelle sue potenzialità vocali, raccon-tava la storia di Tazio Nuvolari, leggen-dario mito dell'automobilismopionieristico. Ma sarà l'anno succes-sivo, il 1977, a sancire la definitivaconsacrazione dell'omino con barba,berretto di lana ed occhiali, grazie a“Com'é profondo il mare”, un album eduna canzone che, per musica, testi, at-mosfere spopolò ovunque, compresi i

segue

pag. 17Maggio 2012

licei, dove creò divisioni e fratture, mo-mentaneamente insanabili, tra i fan deivari cantautori. Il nostro liceale, cheascoltava tutte le canzoni, non potevanon amare quella che tanto parlava dilibertà, in un mondo dove tutto sem-brava sul punto di crollare, dove ognigiorno qualche bomba faceva esplo-dere le tue certezze, i tuoi ideali piùprofondi. Anni terribili, di piombo, se-gnati da episodi che hanno sfregiatoper sempre la nostra storia. Nel 1979,con l'album “Lucio Dalla” e la canzone“L'anno che verrà”, l'autore ci lancia unmessaggio non di generica speranzama orientato a farci capire quanto siaimportante, comunque, il coinvolgi-mento personale, l'impegno indivi-duale, pur nella consapevolezza che,in questo mondo, non potremo trovarela felicità perfetta. Da questo momentonon ci sono più pause nel successo diDalla che, all'inizio degli anni Ottanta,inizia una feconda collaborazione conFrancesco De Gregori, che porta al-l'uscita del disco “Banana Republic”ed all'organizzazione di una tournéerealmente trionfale, rinverdita dopotrent'anni nel 2010, sempre con DeGregori. Ma Lucio Dalla aveva un'altragrande passione, la musica lirica, in-contrata a sette anni giocando unapiccola parte nel “Gianni Schicchi” diPuccini, e poi metabolizzata continua-mente nel corso della sua carriera, ri-vissuta in mille rielaborazioni econtaminazioni che solo lui potevaosare. In questo senso va colta lasplendida Caruso del 1986, dove e’ben presente l’omaggio sincero ad ungrande tenore, colto al crepuscolodella sua esistenza. Nel 1988 l'artistabolognese ritrova l'amico di sempreGianni Morandi, suo quasi coetaneo,e con lui dà vita ad uno splendidoalbum doppio dal titolo “Dalla- Mo-randi”, che riscuote un enorme suc-cesso grazie all’inserimento di branicollaudati e di altri totalmente nuovicome “Vita”, “Felicità”, “Disperati com-plici” ed alla collaborazione di artisticome Ron, presenza costante nellavita di Lucio, di Gaetano Curreri, Fran-cesco Guccini, autore con Dalla dellasuggestiva “Emilia”, un canto dedicatoalle proprie radici comuni. Una vita,quella di Dalla, fatta di incontri, mo-menti esaltanti, grandi passioni, fra le

OMAGGIO A LUCIO DALLA

quali il basket, anche praticato conuna certa padronanza nonostante lastatura non proprio adeguata. Ma nonvanno dimenticate le numerose sco-perte di nuovi talenti, a cominciare daun certo Rino Gaetano, scomparsoprematuramente, con il quale Dallaaveva forse in comune quella legge-rezza un po' sfrontata. Basterebbe poicitare lo stesso Ron, Luca Carboni,Samuele Bersani, ricordare la collabo-razione importante con gli Stadio diGaetano Curreri, fino a Pierdavide Carone, apparso nell'ultima edizione

Lucio Dalla e Francesco De Gregori durante il tour Banana Republic del 1979di San Remo sotto l'ala protettiva del

maestro. In quel famoso album in cop-pia con Morandi, interpretando Bat-tiato, Lucio cantava “Che cosa resteràdi me? Del transito terrestre? Di tuttele impressioni che ho avuto in questavita?” Non possiamo rispondere Lucioma, certamente, tu ci hai aiutato acondividere le nostre sensazioni, anon chiuderci in noi stessi, a guardareil mondo con occhi fanciulli ma furbi, acredere di più nell'amore che tutti ciportiamo dentro.................................

Paolo Bergomi

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pag. 18Maggio 2012

DIARIO DI UNO PSICOLOGO DI CAMPAGNA

Il primo volume di poesie di Pietro Terzini

Parafrasando Bernanos, il titolo dellaprima raccolta di poesie che PietroTerzini ha appena dato alle stampeper L’Autore Libri Firenze, rimanda aduna missione di salvezza di animeperse che l’autore incontra ogni giornodurante il suo cammino professionale.Come il personaggio del romanzo alquale si ispira, Terzini affida alla poe-sia pensieri e tormenti, una sorta didiario segreto, uno strumento di presadi coscienza della propria interiorità econseguentemente di auto-libera-zione. Non a caso ogni lirica e’ con-traddistinta dalla data in cui e’ stataredatta e la narrazione si apre sull’au-tunno: “lo scalpiccio di gomme sulla

pioggia/d’ottobre penetra il mio stu-

pianto, delle “..parole non dette adagiate/sui fondali del

cuore”. Nei mesi della “clausura” invernale “sto in una nic-

chia/con quattro ricordi/assemblati a fatica..” s’affollanoalla mente i “..mille nomi di persone/fatti, sentimenti,

azioni..” mentre ”..l’eco di parole lontane/di soppiatto ti pe-

dina..”. Notevole e’ la portata espressiva di Terzini, scatu-rita dall’analisi rigorosa di un sentire interiore rapportatoall’esperienza diretta con un’umanità’ dolente, fino al tra-sferimento di emozioni: “anche in un artigiano della psi-

che/può vacillare il fuoco di alleviare/l’altrui disagio..” Maprocede con fermezza il viaggio del poeta verso la prima-vera: “sembra in questo/scorcio di morte/di udire (nelle

orecchie)/l’eco del sol nascente” e mentre le lunghe ditadell’inverno stanno per ritrarsi il poeta si affaccia alla fine-stra della speranza: “..il mio gomito appoggiato/al davan-

zale ha germinato/un fiore: una piantina di geranio/gambe

di vetro e petali di bambagia” ancora schivo, “devoto pel-

legrino” sulla via di un’estate che diviene culmine d’amoree di passione: “il raggio di sole/ti dipinge un arcobaleno/sul

viso mentre ti chini/su di me…”. La raccolta poetica si con-clude con “Diario di bordo”, sintesi dell’andare della vita,insieme di illusioni e delusioni, ma sempre e comunquenella speranza di “..rattoppare le vele/fiutare il miglior

vento/per puntare al porto escondido/che per magia tor-

nerà a brillare”. Luisastella Bergomi

dio/mentre spulcio

i cento e cento per-

sonaggi/che mi se-

dettero di fronte…”sorta di intervallosospeso nell’at-tesa: “Sento l’ul-

timo fischio di

sole…./e da sta-

sera a marzo/ne’ la

luna più/ne’ più

stelle (il sole poi)/ti-

reranno il fiato/per

non precipitare”verso il buio:..”di

nebbia carburo..”E’ il momento dellanostalgia e del rim-

GABRIELE POLIPercorsi Cromatici – Opere dal 2009 al 2011

Dal 13 al 27 maggio,presso Bazzini15 Arte-SpazioCulture in Via A.Bazzini 15 a MILANO,MM2 fermata PIOLA,Gabriele Poli propone isuoi “Percorsi Cromatici”.La mostra, che segue lapersonale tenuta nel2011 al Palazzo Comu-

nale di Merate “Territori della Luce”, presenta una serie didipinti recenti dove la figura e il paesaggio, attraverso iltema degli Angeli della Periferia, dei Ciclisti, dei Muri, deiVarchi, vengono reinterpretati alla luce di un rinnovato sen-timento plastico cromatico. Inaugurazione lunedì 21 mag-gio dalle ore 18.30. Catalogo con testi di Anna Finocchi,Luca Nicoletti e Giulio Dotto. Gabriele Poli vivo e lavora aMilano, dove è nato e dove si é diplomato in Pittura all’Ac-cademia di Belle Arti di Brera nel 1979. Dai primi anni ’80comincia la sua attività espositiva partecipando a nume-rose mostre e rassegne di pittura nazionali e internazionali.Sue opere sono presenti in diversi luoghi pubblici milanesie al Museo d'Arte Contemporanea della Città di Monti-chiari, al Museo d’Arte Contemporanea Paolo Pini di Mi-lano, al Civico Museo Parisi-Valle di Maccagno e allaGalleria d'Arte Contemporanea di San Donato Milanese.

pag. 19Maggio 2012

QUASI AMICIIl film sull’amicizia che unisce due mondi diversi

Forse é proprio vero che spesso il cinema riesce ad aprire, con lasua geniale capacità di sintesi, orizzonti e prospettive che gli studiosipiù autorevoli della realtà non sempre sono in grado di cogliere. Inquesto contesto é poi la commedia il genere che, per le sue caratte-ristiche innate, riesce meglio di qualunque altro a parlarci del nostromondo, strappandoci anche qualche sana risata. Sempre che si trattidi commedie degne di questo nome. Il film dei registi francesi OlivierNakache ed Eric Toledano, Quasi amici, prodotto in Francia nel 2011,rientra in questa categoria. La storia racconta l'incontro tra un miliar-

dario paraplegico, Philippe, bisognoso di curecontinue, e Driss,da lui scelto, reduce da una vitaassai difficile tra carcere, disoccupazione, contutte le ricadute del caso nei rapporti umani e fa-migliari. A complicare il tutto il fatto che Driss éun uomo di colore, cresciuto non nella Franciabrillante di luce e grandeur ma in quella delle pe-riferie più difficili. Due facce dello stesso paeseche si incontrano per collaborare, quella dellatradizione borghese, gelosa delle sue radici equella della nuova Francia, con tutti i suoi latioscuri ed irrisolti. Come accade spesso in questogenere di situazione, i due opposti stringonoun'amicizia anomala ed a tratti esilarante, graziealla spontaneità di Driss capace, con la sua vi-talità e le sue gaffe, di scardinare le ordinate cer-tezze di Philippe, entrando nel suo mondo comeun meteorite. Il cliché dell'ospite esotico, del-l'estraneo perturbatore funziona anche questavolta, regalandoci un film che non cade nelletrappole della sdolcinatezza e dell'ottimismo atutti i costi ma che, navigando tenendo semprein vista l'irrinunciabile componente realistica,propone una visione liberatoria, nata dalla capa-cità di mettersi in gioco, di non chiudersi a riccionei confronti di ciò che sembra ostile o lontano.Il rapporto tra i protagonisti non ricalca schemiconsueti ma risulta determinato essenzialmentedal modo in cui il mondo esterno alla coppiavede e giudica le loro azioni. Un film di estremaattualità per un paese, o meglio, per un conti-nente che deve fare i conti con la propria capa-cità di rapportarsi con situazioni e persone ormairadicate nel proprio territorio ma ancora lontanedalla piena integrazione, economica e sociale. Ilfilm può valersi di un cast interessante a comin-ciare da François Cluzet nel ruolo di Philippe,Omar Sy in quello di Driss, Anne Le Ny, AudreyFleurot ed ha ottenuto in Francia un successostraordinario, testimonianza di quanto queste te-matiche siano, volenti o nolenti assai sentite e dicome il mezzo migliore per esorcizzare certi fan-tasmi sia il ricorso ai canoni della commedia.Non secondario é poi il modo in cui viene trattatoil tema della disabilità, qui privo di patetismi edipocrisie ma capace di presentare due persone,in fondo due diversi, appartenenti a categorie dasempre ghettizzate. Forse per questo tra loro rie-sce a nascere un rapporto più sincero e vitale,senza sovrastrutture mentali. Un rapporto, ini-zialmente generato dalla necessità ma chesaprà diventare più profondo e coinvolgente...................................................Paolo Bergomi

Jean Turcan - Il cieco e lo zoppo (Creative Commons License)

pag. 20Maggio 2012

segue

Lo specchio del Mantegnaracconto di Marco Righetti

Dettaglio della Presentazione al Tempio con il presunto autoritratto giovanile di Mantegna

La tunica le girava intorno senza con-cedere nulla al movimento. Di pellenera, era un elemento permanente,brullo di luce, del paesaggio padovanodel terzo millennio; il ginocchio sinistropiegato a metà, l’altra gamba distesa,il bicchiere per una carità volante. Fa-ceva corpo con l’asfalto, ma la sua di-gnità nobilitava quell'angolo apolide.Aveva spesso la dolcezza incipiente dichi ha appena finito di nutrire un figlioal seno. Il viso scoperto lasciava intra-vedere pianure e deserti, latitudinidove forse era ancora dispersa. Qual-che passante depositava una moneta.Andrea non le aveva mai rivolto un’at-tenzione precisa, non avrebbe nem-meno saputo descriverne i tratti del

volto. Quel giorno un bambino sfuggìalla mano della madre e franò ad-dosso alla donna, che l’accolse con unsorriso largo, sorgivo. Il ragazzino ri-cambiò appena. La madre se lo ri-prese subito, lo sgridò per l’iniziativa,gli pulì prontamente i vestiti e gli riag-guantò la mano come un vaccino con-tro altre simili idee. Devo dire chealmeno fece un gesto di scusa versola donna. Andrea si trovava a duepassi, le mani reggevano chili di vetto-vaglie, adesso la giovane scura te-neva aperto un libretto. Trascurando ilpeso sbirciò protendendosi fin quasi aperdere l’equilibrio: era una piccolapubblicazione d’arte caduta al bam-bino che le era finito tra le braccia.

La donna sfogliava le pagine con sicu-rezza. Contemplava le immagini sottogli occhi attenti di Andrea, erano ripro-duzioni di autoritratti rinascimentali.Alzò il viso verso di lui, ebbe il sussultodi chi riconosce una persona. Andreaposò il carico e le dette credito. Ladonna indicò una figura. Lui portò a séil libro, ebbe un lampo e glielo restituì.A un ragazzo del ventunesimo secolofece rintracciare un nome e un co-gnome, quindi si fece porgere l’appa-recchio e chiese all’interlocutore diraggiungerlo al mercato. Si voltò versodi lei con un gesto d’intesa. Nessunonotò il muto dialogo, quella improvvisacomplicità. Quando prese a disegnare,pochi minuti dopo l’arrivo di Stefano,suo amico (come riferisce il Vasari)che gli aveva portato l’occorrente, losfondo era già fermo. L’atmosfera di-venne asettica, impediva l’ingressodell’ordinario. Ogni cosa viveva invecenella tavola che si andava formandosotto gli occhi degli spettatori. Avvoltiormai in quell’isolamento spaziale,partecipavano alle vicende del quadro.La donna, rinserrata nella tunicascura, sporgeva la testa in avanti,vinta dalla curiosità. Con un cenno An-drea le chiese di non guardare. Impo-neva profondità urbanistica alle figureche andava tratteggiando, un’abitabi-lità nella città rinnovata, materia incor-ruttibile il colore. Poneva la vita su unpiano d’eccellenza, come aveva giàfatto, da ultimo, nella Camera Picta. Elei, la donna d’Africa, viveva un’esi-stenza elevata e resa a se stessanell’antiretorica degli sguardi, fatta di-stante dal soffio di dolore eppure diesso pienamente partecipe. Mineralitàdel ritratto, sullo sfondo una natura im-provvida e pregiata: nel più acuto egeniale stridore pittorico del Quattro-cento. Ho ricostruito come andò: qual-che minuto prima, puntando il dito suuna figura del libro, gli aveva mormo-rato nella sua lingua “questo sei tu”,come a rimarcare il fatto che lei, in-vece, provenendo da un altro tempo,da un altro continente, non avrebbemai potuto far parte di quel mondo

pag. 21Maggio 2012

Lo specchio del Mantegna

privilegiato. Vedendola allora in quel-l’abbandono dimesso le aveva risoltoi problemi da par suo. Ora la giovaneera centro prospettico di una vita pul-sante, i volumi evidenziati dalla mate-matica perfetta delle linee. Nel ritrattoaveva adesso un panneggio prezioso;la maestà era visibilmente pari alla di-gnità, e alla certezza che “quello” erail reale. Gli altri, la città assistevanosenza moto, disinfettati da ogni inten-zione, alle premure di questo pittore di“gentilissimi costumi”. E lei, guardan-dosi riprodotta, entrava in una nuovacomprensione di se stessa. Dopoaverle consegnato il quadro Andreanon sapeva congedarsi. Emozionata,balbettò ancora qualche parola. In-tuendo, le indicò la firma che vi avevaappena apposto: Andreas Mantinia

pinxit. La donna lesse, rimase turbatae addossò l’opera alla parete. Grazieall’illusione di elementi architettonici lospazio rappresentato appariva dila-tato, il quadro era un padiglioneaperto: ogni persona che si avvicinavaincuriosita s’identificava in uno degliastanti della plastica narrazione, comein uno specchio. Piovvero spiccioli nelbicchiere davanti a lei, ritenuta autricedel prodigio. Dovette svuotarlo piùvolte. E così per alcuni giorni. Quelsalto in un’astrazione viva donava luceai suoi stessi vestiti, chi passava inter-pretava la giovane in un possibile apo-geo figurativo; vedendosi poiinspiegabilmente raffigurato, sentivaun moto di riconoscenza e facevaun’offerta degna. Ma un Mantegna au-tentico non poteva restare espostosenza protezione alcuna, affidato uni-camente alla vigilanza dell'ispiratrice ededicataria. Quando il fatto avvennenon sembrò meravigliarsi troppo.Semplicemente, quella mattina nontrovò più la tela a fianco. Eppure qual-cosa di nuovo stava accadendo.Adesso guardare la donna suscitava,in quelli che l’avevano conosciuta conil ritratto vicino, un’intenzione segreta,una celata visionarietà verso la lucen-tezza del panneggio perduto, di quelvolto che era tornato amorfo, inebetitodall’asfalto. Lo scatto avveniva pun-tualmente: chiunque l’avesse vista conla tela vicino non notava che era statasottratta. La realtà non esiste mai al

presente: la volta in cui accadesse sa-rebbe terrificante. Sarebbe come vol-tarsi repentinamente e cogliere il vuotodietro di sé (con le parole del poeta).La realtà è quella che abbiamo vistoieri e conserviamo in memoria, oggi èsolo un confronto, un sovrappiù di cer-tezza o l’indicazione di un dubbio.L'oggi di quella donna non faceva ec-cezione. I passanti avevano intattonegli occhi lo spazio dove anche lorosi erano riconosciuti, beatificati dalricco decoro, dalle figurazioni mitolo-giche tra finte colonne e stucchi illu-sori: una scenografia troppocoinvolgente per lo spettatore, fermaal giorno prima. L'arte tratteneva ilpassato perché ne restasse svelatol'azzardo, l'aspirazione, l'incanto.

Andrea MantegnaMadonna con Bambino

(incisione)

Andrea MantegnaAltare di San Zeno in Verona,

trittico, pannello centrale, Scene:

Madonna e angeli, particolare

pag. 22Maggio 2012

segue

Le donne kazakeSaggezza e dignità dell’altra metà del cielo

Famiglia nomade kazaka (Wikipedia Creative Commons Liccense)na nomade era casalinga nella casamobile che si chiama “yurta”. Lo spiritodi libertà vive nel suo cuore, ma siprende cura della famiglia, con moltibambini ed i figli maggiori hanno curadei loro fratelli minori. Com’è commo-vente vedere una bambina di sei anniche accudisce con amore il suo fratel-lino! I genitori mostrano tenerezza in-finita per le figlie. I vecchi dicono:“Kuzdi silandar, kuzdun zholu biik” chesignifica “La bambina sarà onoratasempre, perché ha fatto un grandecammino nella vita”, evidenziando ladonna è la genitrice del genere umanoe che le sarà data sempre particolare

attenzione. C'è un proverbio che de-scrive la dedizione femminile alla fa-miglia: “Kelin - tastai batup, sudaisinedi” che significa “la donna sposataaffonda come una pietra e lei è comel’acqua, che si è infiltrata nel suolo”. Ipassi leggeri, i gesti quasi impercetti-bili, l`amore, il buon umore e la fami-glia sono parti integranti della vita diogni donna kazaka, che possiedeanche l’arte dell`ospitalità, immensaed inesauribile. L`instancabilità misticae la cordialità sono i suoi segreti, men-tre la pazienza è un principio fonda-mentale di tutte. Pertanto, sono mogli,madri ed occupano un posto impor-

Nel mese di marzo anche in Kazaki-stan e’ stato festeggiato il giorno inter-nazionale delle donne, che sonosempre state le compagne d'armi degliuomini, alcune famose come combat-tenti. Le donne kazake hanno datomolteplici contributi alla cultura ed allaspiritualità della nazione, con dirittiuguali agli uomini. Esse hanno sag-gezza ed un senso profondo della di-gnità, unito ad un carattere pacifico egrande diplomazia, sono modeste, co-municative e timide. Colgo perciò l’oc-casione per congratularmi con tutte ledonne che nel mondo hanno festeg-giato l’8 marzo ed augurare loro tantasalute, amore, felicità. Sarà interes-sante per tutti conoscere qualcosa dipiù sulle donne del Kazakistan. Indub-biamente ogni persona è diversa inquesto mondo, però la gente con lacultura somigliante ha tante cose incomune in ogni aspetto della vita. Percui vorrei porre un accento sugli ste-reotipi del particolare modo di fare edell’aspetto. Anche le nostre donnekazake hanno il loro. Il nomade deitempi antichi trattava la sua donna conrispetto ed amore, ricambiato. La don-

tante nella società. Janagul..............

Yespulayeva

Interno di una yurta

Maggio 2012 pag. 23

Le donne Kazake

Kazakh womenRecently, we`ve celebrated the Inter-national Women`s Day on 8th ofMarch and I would like to congratulateall women in the world with such greatevent! I wish health, love and happi-ness to them and their families. Tou-ching upon the issue of women, it willbe interesting for all of you to knowmore about Kazakh women. Undoub-tedly each person is individual in thisworld, but the people with the sameculture have a lot of things in com-mon, which follow during their life.Thereby I would like to accent on thestereotypes with a specific mannerand an image related to. Our Kazakhwomen have their own ones. Thenomad from the ancient time, treatedhis woman with respect, love and ofcourse it was mutually. The nomadicwoman was a keeper of the portablehouse, called “yurta”. At that time itwas really hard to organize the move-ment from one place to another in thenot so good climate conditions. Theywere also deserved companions-in-arms of the men and some of them be-came famous as the brave warriors.The Kazakh ladies contributed a lot to

the culture and spirituality of their na-tion, having the equal rights in the so-ciety. They possess a wisdom and adeep sense of dignity, but a peaceful-ness and a flexibility make them morepleasant. The Kazakh ladies are sin-cere, modest, communicative and su-rely without excessive familiarities.Almost of all them are charming andmany others are very pretty. The spiritof freedom lives in their hearts andthey look after whom she feel a re-spect. Generally, the Kazakh familieshave a lot of children. The eldest onestake care about the youngest ones.How it is touching to see how a sixyears old girl is looking after her littlebrother! The parents show their infinitetenderness and love to their dau-ghters. The old men say : “Kuzdi silan-dar, kuzdun zholu biik” which means“The girl should be honoured always,because she has a big lifeline ” Thereis highlighted the point, that thewoman is a successor of the mankindand she has to be given special atten-tion. The art of devotion is not the artitself, it`s a natural feeling of joy andhappiness for herself and others,being more precisely for her sweet-heart. The Kazakh ladies were bornfor family life and it`s their essential

nature. There is a proverb that descri-bes their adhesion to her family: “kelin,tastai batup, sudai sinedi” whichmeans “married woman sinks as astone and she is like a water, whichsoaking into the soil”. They are not en-cumbered with the wedding, maternityand usual domestic responsibilities re-spectively. The light steps, the almostperceptible gestures, the love, thegood mood and family are integralcomponents of theirs being. There arenot separating themselves from thetheir vocation calling woman, owing tothe fact that their families are well-being and prosper. It`s fair enough tomention about observable Kazakh ho-spitality, which is immense, inexhausti-ble and the main merit of showing it, ofcourse is women`s one. The my-sterious tirelessness and cordialityare theirs secrets. The patience,the patience and again the pa-tience is a main principle of the allwomen and advantageously of theKazakh women as well. Thereforethe Kazakh ladies are good wifes,mothers and at the time have astatus in society. The nature awar-ded them with respect to others,friendship and independence wi-thout pretence and aggression.

Donna kazaka in abito da sposa tradizionale, a cavallo. Sullo sfondo una yurta

Maggio 2012 pag. 24

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