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30 Advertiser Communication Strategies R isale a poche settimane fa l’intervista di Sir Martin Sorell sul ruolo del Lions Festival di Cannes per l’Adv industry e la polemica sul rapporto costi/benefici. “There’s no guarantee Cannes will always be worth the expense” ha affermato il CEO di WPP. Il Festival è diventato un enorme evento, dove - soprattutto - fare networ- king. Quest’anno gli occhi erano puntati sul Festival of Entertainament, che, di fatto, ha sostituito la categoria Branded Content & Entertainment, nella quale per due anni non c’è stato nessun Gran Prix. A mio avviso questo nuovo festi- val, come Health e Innovation nelle specifiche industry, sembra catalizzare l’attenzione dei player delle industrie che ruotano attorno all’intratteni- mento: Broadcaster, Publisher, Media Platforms, Cinema, Musica. Ma non gli investitori, e nemmeno le agenzie: in- somma, poco Madison e molto Vine. E nel disordine che può caratterizzare una prima edizione, anche l’agenda è stata tutto sommato un po’ deludente: gli in- contri più stimolanti sul tema specifico del branded content & entertainment, quelli cioè che mettevano a confronto le aziende, l’Adv industry e l’entertainmnet industry, almeno dal mio punto di vista, si sono tenuti al Palais, non al Palais II (con poche eccezioni). La sensazione è che il Festival of Entertainment voglia mobilitare l’interesse delle media e pro- duction companies (che storicamente frequentano altri Festival - come il Mip) senza però trovare un forte legame con il settore pubblicitario. Conferma ne è che il Gran Prix Branded Entertainment è stato assegnato a un progetto che non vede protagonista alcun investitore, ma “solo” il publisher (NYT) con un’ambi- zione: dimostrare che la Realtà Virtuale sarà per il nuovo giornalismo tanto importante quanto lo fu, un secolo fa, la fotografia. La Grey Lady ha così lanciato l’app NYTVR. con l’obiettivo di sensibi- lizzare l’opinione pubblica americana su un tema di urgenza umanitaria: l’esodo di milioni di profughi dalle aree dilania- te dalle guerre. Progetto coraggioso e innovativo. Ma meritava di ereditare il lascito della categoria Branded Content & Entertainment ormai dispersa per sempre? Esistono 65 sottocategorie in cui inserire un progetto. Se volevano complicare ulteriormente le cose e ren- dere questo territorio ancora più con- fuso, ci sono riusciti. In shortlist coesi- stono progetti molto eterogenei (tanto che l’anno prossimo la categoria Sports diventerà un altro Festival a parte!) Best in Show? Non per essere polemici a tutti i costi (lo siamo stati anche l’anno scorso, a causa della difficoltà di cogliere il vero senso della categoria BC&E), ma rispetto alla definizione proposta da OBE e dalla BCMA, avrebbe meritato il Gran Prix (e invece ha ottenuto “solo” un Oro nella categoria Non-Fiction Series) “the most dangerous town on the internet” una se- rie di documentari realizzata da Norton by Symantec (con Grey San Francisco). Obiettivo molto semplice, sfida piutto- Da categoria (Branded Content & Entertainment) all’interno del Festival della Creatività a evento a se stante: Lions Entertainment, appunto. Il passo è stato significativo, ma il Branded Content è ancora alla ricerca di un suo equilibrio sulla Croisette. Inside Cannes Lions Articolo di Elena Grinta Direttore Generale OBE COMMUNICATION

ADV Strategie Agosto 2016 pp30-33

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Risale a poche settimane fa l’intervista di Sir Martin Sorell sul ruolo del Lions Festival di Cannes per l’Adv industry e la polemica sul

rapporto costi/benefici. “There’s no guarantee Cannes will always be worth the expense” ha affermato il CEO di WPP. Il Festival è diventato un enorme evento, dove - soprattutto - fare networ-king. Quest’anno gli occhi erano puntati sul Festival of Entertainament, che, di fatto, ha sostituito la categoria Branded Content & Entertainment, nella quale per due anni non c’è stato nessun Gran Prix. A mio avviso questo nuovo festi-val, come Health e Innovation nelle specifiche industry, sembra catalizzare l’attenzione dei player delle industrie che ruotano attorno all’intratteni-mento: Broadcaster, Publisher, Media Platforms, Cinema, Musica. Ma non gli investitori, e nemmeno le agenzie: in-somma, poco Madison e molto Vine. E nel disordine che può caratterizzare una prima edizione, anche l’agenda è stata

tutto sommato un po’ deludente: gli in-contri più stimolanti sul tema specifico del branded content & entertainment, quelli cioè che mettevano a confronto le aziende, l’Adv industry e l’entertainmnet industry, almeno dal mio punto di vista, si sono tenuti al Palais, non al Palais II (con poche eccezioni). La sensazione è che il Festival of Entertainment voglia mobilitare l’interesse delle media e pro-duction companies (che storicamente frequentano altri Festival - come il Mip) senza però trovare un forte legame con il settore pubblicitario. Conferma ne è che il Gran Prix Branded Entertainment è stato assegnato a un progetto che non vede protagonista alcun investitore, ma “solo” il publisher (NYT) con un’ambi-zione: dimostrare che la Realtà Virtuale sarà per il nuovo giornalismo tanto importante quanto lo fu, un secolo fa, la fotografia. La Grey Lady ha così lanciato l’app NYTVR. con l’obiettivo di sensibi-lizzare l’opinione pubblica americana su un tema di urgenza umanitaria: l’esodo di milioni di profughi dalle aree dilania-

te dalle guerre. Progetto coraggioso e innovativo. Ma meritava di ereditare il lascito della categoria Branded Content & Entertainment ormai dispersa per sempre? Esistono 65 sottocategorie in cui inserire un progetto. Se volevano complicare ulteriormente le cose e ren-dere questo territorio ancora più con-fuso, ci sono riusciti. In shortlist coesi-stono progetti molto eterogenei (tanto che l’anno prossimo la categoria Sports diventerà un altro Festival a parte!)

Best in Show? Non per essere polemici a tutti i costi (lo siamo stati anche l’anno scorso, a causa della difficoltà di cogliere il vero senso della categoria BC&E), ma rispetto alla definizione proposta da OBE e dalla BCMA, avrebbe meritato il Gran Prix (e invece ha ottenuto “solo” un Oro nella categoria Non-Fiction Series) “the most dangerous town on the internet” una se-rie di documentari realizzata da Norton by Symantec (con Grey San Francisco). Obiettivo molto semplice, sfida piutto-

Da categoria (Branded Content & Entertainment) all’interno del Festival della Creatività a evento a se stante: Lions Entertainment, appunto. Il

passo è stato significativo, ma il Branded Content è ancora alla ricerca di un suo equilibrio sulla Croisette.

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Articolo diElena Grinta

Direttore Generale OBE

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sto complessa: l’azienda si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica sugli strumenti e le informazioni che sono necessarie per sfruttare al meglio la rete. (Brief: Inspire, educate, and arm people with the tools and information they need to take advantage of everything this amazing new world has to offer). L’idea creativa poggia su un insight for-te: internet è metafora per antonomasia della dialettica tra le infinite possibilità che può aprire e i pericolosi rischi a cui può esporre. Per questo oggi le persone necessitano molto più che un software anti virus per proteggere I propri com-puter. Hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a dare senso e a gestire il loro mon-do “sempre connesso”. La serie di docu-mentari è stata distribuita su un totale di 40 Paesi, su iTunes, Amazon, Hulu, Xbox, Google Play, tradotta in 8 lingue. Gli obiettivi del progetto sono stati lar-gamente raggiunti: le conversazioni sui social media sono aumentate del 50%, l’awareness top-of-mind è cresciuta del 75%, la percezione del brand ha bene-

ficiato di un incremento di 5 punti per-centuali trasversalmente su tutti i valori di marca. Ex aequo avrebbe meritato il Gran Prix la scripted series “Margot VS. Lily” realizzata da Nike per il sub brand Better For It, “a new voice for Nike Wo-men that distinguished it from the ma-ster brand and reignited its relationship with young women around the world”. Per arrivare a cambiare la percezione che le giovani donne avevano di Nike (un brand aggressivo per atlete competitive, non adatto alle donne comuni, amanti dello sport e del fintess) era necessario narrativizzare la marca in un contesto di vita reale, personificandolo attraver-so personaggi vicini, empatici. Le due sorelle Lily e Margot rappresentano appieno i due opposti (l’atleta fissata che ha un suo canale Youtube con milioni di follower ma nessun amico vero e la party girl avversa allo sport) e le loro vicende hanno saputo conquistare un vasto pub-blico generando due milioni di visite al sito Nike.com e due milioni di workout nella App Nike Training Club.

Un Oro (o forse il Grand Prix) lo avrebbe vinto sicuramente anche “Justino” rea-lizzato da Loterías Y Apuestas Del Esta-do che infatti ha vinto un Gold Lions nella categoria Film (TV & Cinema). Perché Leo Burnett non lo ha iscritto al Festival of Entertainment (FE)? Saving o strategia? Stessa domanda per Watts Of Tokyo che non ha iscritto al FE il bellissimo (sia eticamente che esteti-camente) progetto “High School Girl?” realizzato per Shiseido, che infatti ha vinto al Festival l’Oro nella categoria Viral Film. Forse perché il Festival della Creatività è solo uno, e, come afferma Sir Martin Sorrell, tutte le altre iniziati-ve satellite stanno rendendo questa oc-casione un po’ troppo dispersiva. O forse perché non sono ancora chiarissimi i ripettivi territori se, potendo iscrivere uno stesso progetto a entrambi, i criteri con cui vengono assegnati i premi sono quanto meno poco intelligibili. È il caso stupefacente di Never Alone, realizzata per Guinness “Made of More”, che ha ottenuto dalla giuria del FE solo il Bron-

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zo nella categoria Visual Storytelling per l’uso del Talent Gareth Thomas, con una storia commuovente che lo vede protagonista quando, dopo anni sofferti, ha deciso di fare coming out. Lo stesso progetto ha invece ottenuto un Oro nella categoria Film ai Cannes Lions! Non altrettanto forte è apparso il progetto “The Family” di Ford che ha ottenuto invece il Gold al FE con l’idea di sollevare all’interno della co-municazione pubblicitaria un tema - il divorzio - che tocca il 54% dei danesi, favorendo però un atteggiamento fi-nale positivo. Domanda: considerato l’impianto narrativo e l’esecuzione piuttosto limitati, decidere piuttosto di fare product placement in una serie TV o in un film non avrebbe garantito una visibilità maggiore e uno storytel-ling più ingaggiante? O ancora poco convincente “Out There” per Canada Goose che ha ricevuto l’Oro al FE per la Digital Brand Experience. La forza risiede principalmente nella regia di Paul Haggis che ha curato il trailer, l’e-

sperienza digitale in realtà è stranian-te, quando si decide di approfondire una delle storie accennate nel teaser: voice over su fotografie d’epoca che testimo-niano l’uso dell’abbigliamento tecnico di Canada Goose. Grande assente dal FE l’Italia, con solo due Brand (Hei-neken e SCA - Tempo) in shortlist, ma nessun riconoscimento, neppure a “The dilemma”, già vincitore di un Gold ai Clio Awards, di un Bronzo al NY Festivals e del Grand Prix Adver-tising Strategies e che a Cannes ha conquistato un Leone d’Oro nel Media, un oro e un argento in PR, un argento in Promo&Activation, un Bronzo in Outdoor.

Non solo videoIL FE però è stata l’occasione di esplo-rare nuovi territori, magari uscendo dai confini del Video, e utilizzando media diversi da TV e internet, come “The Message” un progetto realizzato per General Electrics dall’agenzia BBDO NY, che ha vinto un Oro usando la radio.

GE voleva creare awareness attorno alla propria innovativa strumentazione medica che utilizza le onde sonore per curare il corpo umano. L’agenzia ha re-alizzato un progetto di science-fiction alternate reality game che vede prota-gonista un giovane podcaster, Nicky Tomalin, che deve decodificare un messaggio alieno pervenuto 70 anni fa. Gli 8 episodi sono stati scaricati 4 mi-lioni di volte e il progetto ha coinvolto moltissimi fan, sia sul web che On The Ground. Sicuramente innovativa nell’uso del media (e mal compresa dalla giuria, a mio avviso, visto che ha guadagno solo un Bronzo per Innova-tion in Brand Experience) è “Van Gogh BnB”, la campagna ideata da Leo Burnett Chicago per Art Institute of Chicago, col fine di promuovere una ampia retrospet-tiva sull’artista, non solo rivolgendosi agli amateurs ma anche a un più vasto pubblico. Idea sempilce, realizzazione molto originale: far vivere al pubblico una notte nei panni di Van Gogh. Come? Riproducendo nel vero la famosa came-

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ra dell’artista e affittandola su AirBnb. Usare Airbnb come media channel ha permesso all’esibizione di generare un impatto sui media globali altissimo, con risultati concreti per il Museo: preven-dite +250%, business target +73%, paid media reach +950%.Anche il survival billboard realizzato per il lancio di Tomb Rider ha saputo innovare usando un media tradizio-nale in modo decisamente inaspettato trasformando un cartellone stradale in un reality show per 22 ore. L’esempio di Air New Zeland e Quantar, invece, forse non rispecchia a pieno le carat-teristiche di un progetto di Branded content & Entertainment ma piutto-sto di social activation, l’idea è però accattivante e l’outcome importante. Nonostante le due compagnie aeree siano in concorrenza, hanno lavorato insieme a un evento la cui ricaduta è stata globale. Tutto è iniziato quando Air New Zealand ha inviato un tweet a Qantas sfidandola a scommettere sul vincitore dell’evento sportivo più atte-

sa in Asia Pacific: la finale della Rugby World Cup 2015. Se avessero perso, Air New Zealand sarebbe stata disposta a far indossare ai propri equipaggi di volo la maglietta dell’Australia e sfidava a fare altrettanto la compagnia australiana. Anche i fan si sono inseriti nella contesa cominciando a twittare le proprie idee di “penitenze” sempre più audaci, quali ad esempio suggerire che la compagnia aeree perdente dovesse far riverniciare i propri aerei con i colori dei rivali. La fi-nale si è conclusa con la vittoria degli All Black e Qantas ha assolto la scommessa generando una seconda ondata di inte-resse, sia sui social media sia sui media globali, con i propri equipaggi ritratti con le maglie nere dei rugbisti neozelan-desi. Tra tutte le innovazioni, quella che ha caratterizzato il Festival di quest’an-no è la Realtà Virtuale (ne sono testimo-nianza i metri quadri di postazioni per sperimentare gli headset di Samsung e il Grand Prix a NYTVR) La declinazione in un formato branded content che, a oggi, ho personalmente trovato più si-

gnificativa è quella di Lockheed Martin realizzata da McCann New York. “The field trip to Mars” è l’esempio di come la VR cambierà il futuro della percezione e dell’apprendimento, fin dall’infan-zia. Per preparare i viaggiatori dello spazio di domani Lockheed Martin, che prevede di organizzare il primo viaggio turistico su Marte tra meno di 20 anni, ha trasformato uno scuolabus nel primo “headset” di realtà virtuale. L’impatto è stato enorme: i principali broadcaster (NBC, ABC, Fox) hanno coperto la notizia, così come i blog e i giornali di settore. Anche Silicon Val-ley non si è fatta sfuggire l’opportuni-tà, e il bus è stato presentato nel corso del Samsung Developers Conference Keynote di quest’anno. Certo è difficile dire se con questo tipo di attività rima-niamo nel campo del branded enter-tainment oppure si trascende qualsiasi definizione. Forse l’unica certezza è che innovazione del media e brand storytel-ling sono i due vettori lungo i quali co-struire il futuro dell’advertising.

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