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Verso le Grandi Gallerie Acquisti per le Gallerie dell'Accademia in occasione del bicentenario della prima apertura pubblica Gallerie dell'Accademia, MiBACT e Comitati collaborano ad arricchire il patrimonio del museo Un impegno comune per Venezia Oltre alla mostra in corso Canova, Hayez, Cicognara. L'ultima gloria di Venezia, il bicentenario della prima apertura pubblica del museo è l'occasione per continuare un ampio programma di iniziative di conservazione e valorizzazione. L’importante ricorrenza è celebrata attraverso un eccezionale incremento del patrimonio artistico del museo con dipinti di Giorgio Vasari, Bernardo Strozzi, Pietro Bellotti e diciotto disegni di Francesco Hayez, reso possibile dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, con la collaborazione di Venetian Heritage e Venice in Peril Fund (Londra). La dott.ssa Paola Marini, Direttrice delle Gallerie dell'Accademia di Venezia, afferma: “I quattro milioni di euro investiti dal MiBACT tra il 2016 e il 2017, e la pari cifra prevista nel bilancio 2018 per arricchire le collezioni dei Musei italiani, sono un segnale forte e positivo di adeguamento agli standard internazionali che vedono i principali musei particolarmente attivi in quest'ambito. Desideriamo testimoniare il nostro apprezzamento al MiBACT, al Comitato tecnico-scientifico per le belle arti, alla Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, alla Direzione Generale Musei, e ai Comitati privati che ci hanno affiancato nell'acquisto de La Speranza di Giorgio Vasari: Venetian Heritage, che sta sostenendo anche il restauro dell'intera serie di tavole che costituivano il soffitto di Palazzo Corner Spinelli, e Venice in Peril Fund (Londra); un ulteriore ringraziamento va ad Sattis-Arterìa Srl che ha offerto il trasporto de La Speranza da Londra, dove è stata acquistata da Christie's.” in occasione del bicentenario della prima apertura pubblica ACQUISTI GALLERIE ACCADEMIA per le dell’ Verso le Grandi Gallerie

ACQUISTI Verso le Grandi Gallerie Acquisti per le Gallerie ... · Emanuela Carpani Direttore della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e laguna,

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Verso le Grandi Gallerie

Acquisti per le Gallerie dell'Accademiain occasione del bicentenario della prima apertura pubblica

Gallerie dell'Accademia, MiBACT e Comitati collaborano ad arricchire il patrimonio del museo

Un impegno comune per Venezia

Oltre alla mostra in corso Canova, Hayez, Cicognara. L'ultima gloria di Venezia, il bicentenario della prima apertura pubblica del museo è l'occasione per continuare un ampio programma di iniziative di conservazione e valorizzazione.

L’importante ricorrenza è celebrata attraverso un eccezionale incremento del patrimonio artistico del museo con dipinti di Giorgio Vasari, Bernardo Strozzi, Pietro Bellotti e diciotto disegni di Francesco Hayez, reso possibile dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, con la collaborazione di Venetian Heritage e Venice in Peril Fund (Londra).

La dott.ssa Paola Marini, Direttrice delle Gallerie dell'Accademia di Venezia, afferma:

“I quattro milioni di euro investiti dal MiBACT tra il 2016 e il 2017, e la pari cifra

prevista nel bilancio 2018 per arricchire le collezioni dei Musei italiani, sono un

segnale forte e positivo di adeguamento agli standard internazionali che vedono i

principali musei particolarmente attivi in quest'ambito. Desideriamo testimoniare il

nostro apprezzamento al MiBACT, al Comitato tecnico-scientifico per le belle arti,

alla Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, alla Direzione Generale

Musei, e ai Comitati privati che ci hanno affiancato nell'acquisto de La Speranza di

Giorgio Vasari: Venetian Heritage, che sta sostenendo anche il restauro dell'intera

serie di tavole che costituivano il soffitto di Palazzo Corner Spinelli, e Venice in Peril Fund (Londra); un ulteriore ringraziamento va ad Sattis-Arterìa Srl che ha offerto il

trasporto de La Speranza da Londra, dove è stata acquistata da Christie's.”

in occasione del bicentenario della prima apertura pubblica

ACQUISTIGALLERIEACCADEMIA

per ledell’

Verso le Grandi Gallerie

Presentazione delle opere, 26 gennaio 2018

Conferenza stampaSala XIII, 12.00-13.00

Paola MariniDirettrice delle Gallerie dell'Accademia di Venezia

Manuel Roberto GuidoDirettore del Servizio II, Gestione e valorizzazione dei musei e dei luoghi della cultura, Direzione Generale Musei, MiBACT

Giulio Manieri EliaCuratore delle Gallerie dell'Accademia di Venezia

Roberta BattagliaCuratrice delle Gallerie dell'Accademia di Venezia

Valeria PolettoCuratrice delle Gallerie dell'Accademia di Venezia

Valentina Marini Clarelli NasiPresidente della Fondazione Venetian Heritage Onlus

John MillerchipTrustee, Venice in Peril Fund (Londra)

Emanuela CarpaniDirettore della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e laguna, MiBACT

Dopo la presentazione seguirà la visita all’esposizione delle opere nelle sale XVIa e 11, aperta fino al 26 febbraio.

Informazioni:Maria Teresa Dal BòPromozione e Comunicazione

Tel. 0039 041 5222247E-mail: [email protected]

Gallerie dell'Accademia di VeneziaCampo della Carità, Dorsoduro 1050, 30123 Venezia

in occasione del bicentenario della prima apertura pubblica

ACQUISTIGALLERIEACCADEMIA

per ledell’

Giorgio Vasari(Arezzo 1511 - Firenze 1574)

La Speranza1542

Olio su tavola, cm 79,4 x 178,4Già Venezia, Palazzo Corner Spinelli

Il dipinto di Giorgio VasariLa Speranza

Giorgio Vasari a Venezia. L’artista giunge a Venezia nel dicembre 1541 per un soggiorno che durerà alcuni mesi; il conterraneo Pietro Aretino lo aveva invitato per realizzare le scenografie per La Talanta, commedia da lui scritta in occasione del Carnevale del 1542, per un gruppo di giovani patrizi veneziani dediti al teatro: i Sempiterni.Il soffitto di Palazzo Corner Spinelli. Grazie all’interessamento dell’architetto Michele Sanmicheli, Vasari ottiene da Giovanni Corner la commissione di alcuni dipinti su tavola destinati al soffitto di una sala del palazzo (già Lando) che aveva acquistato sul Canal Grande. Nove sono gli scomparti che realizza e che lui stesso descrive: «in uno di mezzo la Carità … in quattro quadri la Fede, la Speranza e la Giustizia e la Pazienza…. e di più 4 quadri drentovi quatro putti ne’ canti». Le figure, costruite utilizzando scorci audaci e distribuite entro uno spazio chiuso da una balaustra, sono proiettate su di un cielo aperto e luminoso. La complessa costruzione e il linguaggio maturato sull’arte tosco-romana, soprattutto di Raffaello e Michelangelo, di cui sono portatori hanno un grande effetto sulla pittura veneta e in particolare su Tintoretto, ma anche sul più maturo Tiziano e su Veronese.Dispersione e acquisto dei comparti del soffitto. Sul finire del Settecento, i comparti del soffitto vengono smontati e dispersi sul mercato antiquariale internazionale. La Giustizia e La Pazienza e due Putti con tabella, in casa Mocenigo a San Stae nel 1842, passano nella collezione Giovanelli e poi dal 1932 nella raccolta Di Capua a Roma da dove, nel 1987, vengono acquistati dallo Stato. La Carità, a Milano nel 1819, viene ceduta da un antiquario alla Pinacoteca di Brera, in cambio di altre opere. Esposta nel Museo di Storia Patria di Gallarate, viene concessa in deposito alle Gallerie dell’Accademia nel 2002. Lo stesso anno, un Putto con tabella, passato nelle raccolte private Grüneisen, Radicati di Brozolo e, infine, in due collezioni anonime di Terni e di Milano, si unisce alle altre tavole. La Fede, in Germania nella prima metà del XIX (Francoforte, Berlino, quindi, Amburgo), passa nel 1953 nelle mani di un antiquario di Zurigo e poi nel 1963 nella proprietà della famiglia Kennet a Londra. Da qui, con fondi del Ministero, di Enti pubblici, di Venetian Heritage e Venice in Peril Fund, viene acquisita nel 2013. Poche sono le informazioni collezionistiche su La Speranza, che già nel 1952 era di proprietà di lord Weidenfeld a Londra.La ricostruzione del complesso. Il progetto finale è la ricostruzione dell’insieme nella sala XIIIA delle Gallerie dell’Accademia. A tal fine, è in corso un generale intervento di restauro delle tavole, accompagnato da uno studio di ricomposizione, in collaborazione con il Polo Museale della Toscana. Questa fase di conoscenza materiale del complesso ha permesso di acquisire informazioni di grande interesse sulle opere. Si è potuto stabilire che la tavola, attualmente in Casa Vasari ad Arezzo e raffigurante Giuda, non è altro che un frammento di una composizione più grande comprendente il comparto con La Speranza.

L’acquisto del dipinto è stato reso possibile grazie a MiBACT, Direzione Generale Musei, Fondazione Venetian Heritage Onlus e Fondazione Venice In Peril Fund (Londra). Fondazione Venetian Heritage Onlus finanzia, inoltre, il restauro e la revi-sione conservativa dei supporti di tutte le tavole del soffitto.Sattis-Arterìa Srl è intervenuta come sponsor tecnico per il trasporto de La Speranza da Londra a Venezia.

La monumentale figura di re – facilmente identificabile dalla corona che reca sul capo – è un frammento di una composizione più ampia di formato ovale, rappresentante la Parabola del banchetto di nozze (Matteo 22, 1-14). La grande tela fu dipinta da Bernardo Strozzi intorno al 1636 per la chiesa dell’Ospedale degli Incurabili a Venezia e faceva parte della decorazione del soffitto insieme alla Parabola delle vergini savie e delle vergini stolte di Padovanino (1644 circa), anch'essa appartenente alle Gallerie dell’Accademia (cat. n. 627), alla scena del Paradiso, iniziata da Sante Peranda (1638) e terminata da Francesco Maffei (documentata da Ridolfi) e a una serie di dodici Virtù di cui si è persa traccia. All'inizio del XIX secolo la chiesa degli Incurabili fu sconsacrata e spogliata dei suoi arredi (1825), ricoverati prima in parte in Palazzo Ducale e poi nel deposito di San Giuliano, per essere infine messi all’incanto nel 1865. In questa occasione il dipinto di Strozzi (già molto danneggiato) fu acquistato dal fotografo Giovanni Secretant, che ne ricavò alcuni ritagli, salvando le parti in migliore stato di conservazione. Oltre a questo frammento, già documentato in due collezioni private italiane nel corso del Novecento, se ne conosce un secondo raffigurante un paggio, sempre conservato in collezione privata. Due bozzetti preparatori (agli Uffizi e all’Accademia Ligustica di Genova) permettono di documentare l'aspetto che aveva l'intera composizione, che metteva in scena il momento più significativo della parabola ovvero la punizione impartita dal sovrano a colui il quale si era presentato al banchetto privo di abiti nuziali, con allusione a chi non sarà ritenuto degno di entrare nel Regno dei Cieli il giorno del Giudizio.

Bernardo Strozzi(Genova 1581 – Venezia 1644)

Parabola del banchetto di nozze (frammento)1636 circa

Olio su tela, cm 183 x 126,5Già Venezia, chiesa dell'Ospedaledegli Incurabili

Il dipinto di Bernardo StrozziParabola del banchetto di nozze (frammento)

Il dipinto è stato acquistato nel 2017 dallo Stato Italiano attraverso acquisto coattivo in occasione della sua presentazione presso l’Ufficio Esportazione di Bologna.

L’identificazione del ritrattato e la datazione del dipinto sono fornite dal letterato veneziano Giovan Giorgio Nicolini ne Le ombre del pennello glorioso (1659), sorta di panegirico del pittore lombardo Pietro Bellotti: “Egli è un giovane armato […] con un pomo nella destra e il bastone del comando nella sinistra, guarda fisso il frutto, stringendo le labbra, grinzando il mento, increspando la fronte ed inarcando le ciglia; che gli descrive su la faccia un eccesso di maravigliosi pensamenti”. Si tratta quindi di un autoritratto dell’artista in veste di Stupore anche se l'esatta interpretazione dei diversi simboli presenti nella composizione è ancora oggetto di dibattito, oscillando tra l’esoterico e lo scher- zoso. Il soggetto si segnala come uno dei più singolari e evocativi della vasta produzione di Bellotti, artista specializzato nella produzione di mezze figure, rese con vivo realismo e atteggiate nelle espressioni più varie, atte ad illustrare i differenti moti dell’animo umano. L’interesse dell'artista per questo tipo di soggetti è confermato da un altro autoritratto, stavolta in veste di Riso (Firenze, Uffizi), firmato e datato 1658, possibile pendant della tela oggi alle Gallerie dell'Accademia. Giunto a Venezia ancora giovane, Bellotti dimostra di aver recepito, in questo ritratto, le suggestioni provenienti dagli esempi locali forniti da un artista come Girolamo Forabosco (1605-1679), ma anche il tentativo – comune a diversi pittori seicenteschi attivi in laguna – di recupero della tradizione cinquecentesca veneziana, in particolare attraverso l’evocazione dei prototipi di Giorgione, cui pure questo Autoritratto è stato avvicinato in passato.

Pietro Bellotti(Volciano, Brescia 1625 – Gargnano, Brescia 1700)

Autoritratto come allegoria dello Stupore1658 circa

Olio su tela, cm 51 x 43Già mercato antiquario

Il dipinto di Pietro BellottiAutoritratto come allegoria dello Stupore

L’opera è entrata in possesso dello Stato Italiano nel 2017 attraverso acquisto coattivo, su proposta dell’Ufficio Esportazione di Pisa.

Francesco Hayez

Studi di soldati, gruppo in lotta per il dipinto La Distruzione del tempio di Gerusalemme

matita nera su carta, mm 150 x 248, cat. 2646

I disegni di Francesco Hayezper il dipinto La distruzione del tempio di Gerusalemme

I disegni, qui presentati al pubblico per la prima volta in assoluto, sono schizzi preparatori per il grande dipinto su tela La distruzione del tempio di Gerusalemme di Francesco Hayez.L’artista, veneziano di nascita e formazione, fu senza dubbio un protagonista assoluto del Romanticismo italiano e uno dei maggiori pittori europei dell’Ottocento. La sua incontestabile statura creativa gli permise di sperimentare generi diversi, ma fu nella composizione storica che raggiunse forse i vertici concettualmente più alti della sua produzione. Un genere che poteva essere investito di moderni valori civili contribuendo a creare l’identità di un popolo, alla stregua di quanto fatto da Giuseppe Verdi in musica. La distruzione del tempio di Gerusalemme è un capolavoro della tarda attività del pittore, una sorta di testamento spirituale che emblematicamente egli decise di destinare all’Accademia di Venezia motivando la sua donazione “[…] come testimonianza della mia riconoscente memoria dei primi studi fatti in questa R.I. Accademia di Belle Arti […] contento di dare uno degli ultimi lavori dove esistono i miei primi”. La gestazione del dipinto, presentato a Brera nel 1867 e accolto con grandi onori dalla critica, fu lunga e laboriosa a riprova del valore che Hayez attribuiva al progetto. L’opera mette in luce il dramma del popolo ebraico assoggettato allo straniero e diventa emblema di quanto subito dalle genti italiche da poco redente. L’impostazione generale trasmette un impressionante impeto visivo: l’episodio della distruzione del tempio è raffigurato nel momento in cui la strage è al colmo, l’edificio è già in fiamme e il massacro e la furia distruttiva sono al loro apice. Nulla si sottrae alla violenza che non può essere fermata neppure all’imperatore Tito, isolato in tunica bianca e manto rosso, mentre in gravido silenzio assiste alla scena. La composizione comprende una moltitudine di figure lungamente e attentamente studiate in ogni loro posizione e atteggiamento. I disegni qui esposti, assieme a quelli da tempo noti (sei già presenti nelle collezioni delle Gallerie e due nuclei consistenti conservati all’Accademia di Brera e nelle raccolte grafiche del Castello Sforzesco a Milano) testimoniano proprio la complessità dell’elaborazione e l’evolversi dei progressivi aggiustamenti attraverso una miriade di soluzioni indirizzate a comunicare al meglio le diverse tipologie espressive, i gesti, gli stati d’animo dei vincitori e dei vinti, delle vittime e dei carnefici. In alcuni casi la corrispondenza tra prova grafica e porzioni del dipinto è puntuale, in altri invece i fogli testimoniano soluzioni poi scartate dall’autore. Il corpus grafico relativo all’opera consente quindi di fare luce sul metodo di lavoro di Hayez e di ricostruirne, attraverso le molte varianti, la genesi creativa. Al gruppo di diciassette fogli relativi a La distruzione del tempio di Gerusalemme, si aggiunge un disegno dello stesso autore con studi preparatori per un soggetto storico non ancora identificato.

I disegni di Francesco Hayez sono stati acquistati con i fondi di bilancio del museo.