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Cristiana Anna AddessoNovelle Scene e Racconti di Francesco Mastriani

Con appendice di testi inediti

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Copyright © MMXIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma(06) 93781065

ISBN 978–88–548–4634–0

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: marzo 2012

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Indice

7 Introduzione Mastriani novelliere? 33 Criteri editoriali 43 Novelle Scene e Racconti di Francesco Mastriani

Stella, 45 – Il diavoletto, 50 – Il padre di una bella figliuola, 55 – L’intagliatore, 61 – Cinque grana, 65 – Primo amor più lega il cuore, 68 – Armonia prestabilita. Memorie di due sposi, 72 – La pastorale, 88 – Gra-ziella, 92 – I tre studenti, 95 – Brissard, 100 – Lo sposo di provincia, 103 – Adolfo, 107 – Vito Bergamaschi, 127 – Due tradimenti, 135 – Ludovica, 141 – Un brodo, 146 – Un incontro, 150 – Due gondolette, 154 – Amicizia alla rococò, 157 – Ella!, 160 – Brown, 163 – Egli stesso, 168 – Il fidanzato, 171 – Quattro anni, 175 – Un matrimonio, 181 – Nuovo modo di farsi a-mare, 186 – Taddeo lo stoico, 189 – Tre numeri al lotto, 196 – Una serata musicale, 199 – Filomena, 203 – Lucia, 207 – Un mese, 211 – Un pezzo anatomico, 215 – Due passioni, 218 – La botta del maestro, 223 – L’artista, 228 – La dimanda di matrimonio, 231 – Classificazione delle donne, 234 – Lazzaro, 237

265 Appendice di testi inediti

Novelle: Luciano, 267 – Lo sposo della capitale, 285 – Una paura per la strada di ferro, 290 – I due dominò, 301 – Scene: Un male irrimediabile, 305 – Il commesso viaggiatore, 308 – Un duello, 313 – Un romantico, 320 – Un prodigio, 327 – Compar Basilio e Compar Saverio, 330 – Una gior-nata in campagna, 336 – Racconti: Cecco l’idiota, 341 – Gennaro, 345 – Caricature, Schizzi, Ritratti e Fisiologie: L’innamorato, 351 – Il litigioso, 352 – Le persone interrogative, 354 – Le persone negative, 357 – Il Lion napolitano, 360 – I nostri salons, 363 – Il guaglione, 366 – In casa, 369 – La dama del gran mondo, 376 – Le visite, 379 – La cantante, 383 – La donna di 30 anni, 386 – La donna di 40 anni, 388 – L’industrioso, 390 –

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Indice

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Lo spezzacuore, 393 – L’adulatore, 395 – Il cenciaiuolo, 397 – L’attore, 399 – L’autore drammatico, 402 – Il pittore, 405

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Introduzione Mastriani “novelliere”?

I. Nel 1867, presso l’editore Rondinella, Francesco Mastriani rac-

coglie in volume i «primi passi» della sua «letteraria carriera», un nu-trito novero di scritti ascrivibili alla tipologia del “narrar breve” che vanno sotto il titolo di Novelle Scene e Racconti. È il decennio in cui sta pubblicando le pagine della nota «trilogia socialista»1 e nel biennio 1866–1867 contemporaneamente attende alla compilazione del foglio settimanale «La Domenica», di cui figura come «scrittore unico».

Dedicata ai suoi «dilettissimi figli» Sofia, Filippo e Edmondo2, la raccolta è topicamente offerta alle «cortesi leggitrici» e – considerata la «benigna accoglienza» che stanno frattanto ricevendo le sue «opere di maggior lena» – nasce dalla volontà di dare «la veste e l’importanza di un libro» alle «imperfette scritture» della sua gioventù, ai «primi incerti passi» mossi «nella spinosa via della narrazione e del romanzo di famiglia».

Si tratta di «coserelle», di nugae, già pubblicate (o meglio “disse-minate”) su numerosi periodici letterarî del tempo («sparse in fugge-voli effemeridi») ed ora selezionate e riproposte sotto una nuova ve-ste:

1 L’efficace definizione è di A. PALERMO, Nel vestibolo della letteratura: Francesco Ma-

striani, in ID., Da Mastriani a Viviani. Per una storia della letteratura a Napoli fra Otto e Novecento, Liguori, Napoli 1972 (poi 1987), p. 14. La «trilogia», come è ben noto, risulta composta da: I vermi. Studi storici su le classi pericole in Napoli (1863–1864); Le ombre: la-voro e miseria (1867); I misteri di Napoli. Studi storico–sociali (1869–1870).

2 La dedica è datata 30 settembre 1866.

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Introduzione 8

Facendo una scelta delle più sopportabili, abbiamo condannato all’eterno ob-blio quelle che ci son parute non poter rispondere assolutamente al gusto pre-sente. […] Comeché ci siamo studiati di raddrizzare e correggere parecchie cose, le quali, rilette dopo molti anni, ci son parute aver d’uopo di emende e pel subbietto e per lo stile […]3.

Sorta di “pausa” che Mastriani sembra concedersi e concedere ai

propri lettori dal «catasto del male» della «trilogia», o più probabil-mente ennesima operazione editoriale all’insegna dell’assemblaggio e del riciclaggio di materiali che per certi versi gli sembrano ancora vi-tali per un determinato target, la raccolta Novelle Scene e Racconti comprende 40 scritti (15 nel I volume e 25 nel II volume), già pubbli-cati sui periodici letterarî ai quali Mastriani collaborò alacremente da-gli anni Trenta agli anni Cinquanta dell’Ottocento (da «Gli Animosi» del 1837, a «Il Campanello» del biennio 1859–60, ma giungendo – si è detto – anche a «La Domenica» nel 1866–67)4. I testi riproposti da Mastriani nella maggior parte dei casi presentano varianti, introdotte sia a livello linguistico che contenutistico e strutturale.

La triplice indicazione di “genere” contenuta nel titolo della raccol-ta sembra anticipare la «sostanziale indistinzione» nel binomio novel-la–racconto che Antonio Palermo rilevava (e suggeriva di analizzare più compiutamente), affondando il suo acuto sguardo critico fra gli autori della seconda metà dell’Ottocento5. Serao, Verdinois, Di Gia-como, Mezzanotte, Imbriani si incagliano e si arenano sullo scoglio “novella–racconto” quale alternativa al “romanzo”, rendendo difficile «una spiegazione unitaria di così eterogenee eppur analoghe incertez-ze della coscienza letteraria sulle strutture portanti del ‘narrar breve’»6.

Il discorso su Mastriani, tuttavia, sembra esulare dalle motivazioni alle quali Palermo rimanda per gli autori presi in considerazione nelle sue riflessioni, quali: le scarse teorizzazioni desanctisiane in merito al-

3 F. MASTRIANI, Novelle Scene e Racconti, Giosuè Rondinella Editore, Napoli 1867, vol. I, p. 5 (d’ora in poi NSR).

4 Per un profilo di Mastriani giornalista ed un primo (ma per molti tratti impreciso) spo-glio dei periodici letterari ai quali collaborò cfr. ancora il solo A. DI FILIPPO, Lo scacco e la ragione. Gruppi intellettuali, giornali e romanzi nella Napoli dell’800. Mastriani, Milella, Lecce 1987.

5 A. PALERMO, La coscienza degli scrittori, in ID., Il vero, il reale e l’ideale. Indagini na-poletane fra Otto e Novecento, Liguori, Napoli 1995, pp. 33–48.

6 Ivi, p. 47.

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Mastriani novelliere? 9

le tipologie del narrare breve, le azzardate sinonimie di Torraca, l’insofferenza napoletana per i generi letterari quale conseguenza dell’hegelismo. Nel caso di Mastriani, infatti, sembra più opportuna da un lato la contestualizzazione della sua produzione “novellistica” nella prima metà dell’Ottocento, e dall’altro soprattutto la messa in eviden-za dell’originaria destinazione “periodica”, ovvero giornalistica, di questi suoi scritti.

Come è stato efficacemente rilevato7, i periodici di quegli anni cer-cavano di rispondere alla domanda di testi narrativi che il pubblico let-tore (femminile ma non solo) avanzava, non dimenticando un sano o-raziano utile dulci:

Perché un numero almeno di giovani non si affatica d’introdurre in Italia quel genere ameno e leggiero di letteratura in che tanto valgono oggi i francesi? Novelle e romanzi di piccola lena, ma che tutti sieno utili per la esposizione di patri costumi, scene storiche e domestiche, dialoghi, lettere, commedie da sala, sono senza dubbio quelle operette che ànno potere d’insinuarsi negli a-nimi della moltitudine, di occupare il tempo soverchio con utile e diletto, di condurre insensibilmente la società a un grado con le idee e con le conoscen-ze del giorno8.

I redattori de «L’Omnibus», tra gli altri, costretti finanche a conte-

nere una «folla ribellata di associati» reclamante un maggior numero di novelle9, risponderanno negli anni alla richiesta di testi narrativi con fogli supplementarî e con un’inondazione di racconti, novelle, dialoghi, scene storiche, aneddoti, amenità, con una «varietà di deno-minazioni» che non corrispondeva certo «a rigidi e schematici criteri di catalogazione», ma rifletteva piuttosto «l’esigenza di una sistema-zione – per quanto provvisoria – di un materiale, quello narrativo, che veniva scoperto come magmatico e aperto all’esplorazione di varie

7 L. PALMA, Vincenzo Torelli. Il padre del giornalismo napoletano, in Giornalismo lette-

rario a Napoli tra Otto e Novecento. Studi offerti ad Antonio Palermo, a cura di P. Sabbatino, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2006, pp. 25–66 (con Appendici contenenti puntuali spogli dei testi narrativi e dei romanzi d’appendice pubblicati su «L’Omnibus» nelle annate 1833–1847 e 1850–1860).

8 Della letteratura delle donne, «L’Omnibus», I, n. 3, 16 marzo 1833 (citato in L. PALMA, op. cit., p. 40).

9 Cronichetta, «L’Omnibus», I, n. 24, 10 agosto 1833 (citato in ivi, p. 41).

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Introduzione 10

possibilità espressive»10. Si tratta di un fenomeno giornalistico che caratterizza non solo il diffusissimo e longevo «Omnibus» torelliano, ma la maggior parte dei periodici napoletani di «amena letteratura» dell’Ottocento cui Mastriani collaborava (uno per tutti «Il Sibilo», 1843–1846).

Né è il caso di dimenticare il diluvio di strenne letterarie su cui si abbatteranno le critiche di Carlo Tenca e Francesco De Sanctis11.

A dispetto del titolo della raccolta, i testi narrativi in Novelle Scene e Racconti non riportano alcuna indicazione di genere, ma recuperano la loro originaria “etichettatura” sulle colonne dei periodici che ne vi-dero la prima pubblicazione, intrecciandosi così la nobile questione del “genere letterario” con la spinosa e anguilliforme “rubrica”12.

10 L. PALMA, op. cit., p. 41. 11 Cfr. C. TENCA, Delle strenne e degli almanacchi. Saggi sull’editoria popolare (1845–

1859), a cura di A. Cottignoli, Liguori, Napoli 1995; F. DE SANCTIS, La letteratura italiana del secolo XIX. II. La scuola liberale e la scuola democratica (part. La letteratura a Napoli), a cura di F. Catalano, Laterza, Bari 1953, pp. 53–141; ID., Le strenne, in L’arte, la scienza e la vita. Nuovi saggi critici, conferenze e scritti vari, a cura di M.T. Lanza, Einaudi, Torino 1972, pp. 300–302; quindi A. PALERMO, Carlo Tenca. Un decennio di attività critica (1838–’48), Liguori, Napoli 1967; ID., Ottocento italiano. L’idea civile della letteratura. Cattaneo, Tenca, De Sanctis, Carducci, Imbriani, Capuana, Liguori, Napoli 2000.

12 Cfr. G. PAGLIANO, La novella nella cornice del periodico, in EAD., Il mondo narrato. Scritti di sociologia della letteratura moderna e contemporanea, Liguori, Napoli 1985, pp. 75–84, part. pp. 79–80: «ci sembra tuttavia che intorno alla medesima epoca [1850 ca.] possa essere individuata un’altra e nuova forma di cornice. Le novelle infatti vengono pubblicate nei periodici, sia popolari sia letterari. La maggior parte delle novelle dell’Ottocento sono state i-nizialmente pubblicate in quelle sedi e il lettore le ha conosciute attraverso la mediazione del periodico. Riteniamo che sarebbe opportuno studiare la relazione fra le novelle e i periodici dove sono apparse, in quanto storiografia e critica letteraria, che hanno esaminato le varianti d’autore, tra apparizione sul periodico ed edizione in volume oppure i rapporti dell’autore con il periodico a livello di biografia intellettuale, non sembrano invece aver preso in considera-zione tale problema. Il periodico si presenta come contesto esterno alla novella e che tuttavia la ingloba in modo concreto. Da un punto di vista metodologico può costituire la prima strut-tura inglobante, secondo la terminologia di Goldmann, mediante la quale si può passare dalla interpretazione alla comprensione. Potrebbe rappresentare il primo punto di imputazione della struttura significativa della novella, commentario sul mondo, esplicito in quanto leggibile, implicito nel suo rapporto celato con la novella e comunque rappresentante per il lettore un re-ferente immediato di lettura. Si può avanzare l’ipotesi che nei periodici letterari dell’Ottocento e del Novecento, il commentario al mondo si configuri come interrogazione, come quesito aperto. Nei periodici popolari si troverebbe invece una visione globalizzante, sovente parziale e ideologica, che chiude le domande con risposte già pronte, indirizzate a un pubblico nuovo al quale offrono, e che chiede, conferme. Lo studio della relazione novella–periodico dovrebbe individuare da un lato la struttura costante delle novelle pubblicate e dall’altro la visione del mondo o l’ideologia espressa negli articoli, tenendo conto della loro

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Mastriani novelliere? 11

Uno spoglio attento delle collaborazioni giornalistiche di Mastria-ni13 consente infatti di constatare anzitutto la portata della sua “sele-zione” operata su un materiale magmatico, in cui accanto a «novelle», «scene» e «racconti» si collocano anche «caricature», «ritratti», «fisio-logie», «costumi», «varietà», «impressioni», «aneddoti», «fantasie», «bizzarrie» e via dicendo. Si tratta di “rubriche”, che non mancano di specificarsi ulteriormente (la «scena» può essere «domestica», «arti-stica», «storica», «sociale», così come il «racconto» essere «fantasti-co» e «popolare») o intrecciarsi ed addizionarsi fra loro, diventando «novelle e caricature», «novelle e scene artistiche», «novelle e scene storiche», «scene e caricature sociali», «scene, costumi e caricature».

I testi che è stato possibile individuare quali precedentemente ap-parsi sui periodici letterarî rivelano che Mastriani opera, per la pubbli-cazione in volume, prelievi non soltanto dalle tre “categorie” indicate nel titolo, ma anche dai «ritratti», dai «costumi» e dalle «caricature», imponendo allora definitivamente di considerare vano il discorso per generi letterarî e riconducendo decisamente nell’ottica del giornalismo letterario ottocentesco.

II. Operazioni interpretative lecite sembrano allora il tentativo di individuare alcuni tratti comuni della «novella» e del «racconto» così come Mastriani li concepisce sulle colonne dei periodici, il loro di-stinguersi e/o intrecciarsi alla «scena», l’addizionarsi di quest’ultima al «costume» e alla «caricatura»; ed ancora cercare di motivare cosa spinga il Mastriani «socialista» degli anni Sessanta dell’Ottocento a recuperare e riproporre testi nati e appositamente confezionati per il pubblico aristocratico e borghese degli anni Quaranta e Cinquanta.

All’interno della raccolta del 1867 spicca anzitutto un modesto gruppo di «novelle» (La pastorale, Egli stesso, Due gondolette e collocazione, lunghezza, risalto tipografico etc. (abituale lavoro di analisi della stampa perio-dica)».

13 È opportuno sottolineare la perfettibilità di tali operazioni sui periodici letterarî napole-tani dell’Ottocento, che purtroppo risultano spesso di difficile reperibilità nelle Biblioteche locali che nazionali e pagano il prezzo di una problematica lacunosità (per numeri o intere an-nate). A ciò si aggiunga l’abitudine di Mastriani a ripubblicare i propri “pezzi” su più periodi-ci e a distanza di anni, talvolta naturalmente con titoli diversi, rendendo così difficile una pre-cisa ricostruzione delle sue collaborazioni giornalistiche. Una “mappa” del Mastriani giornali-sta è in corso di sistemazione e di pubblicazione a mia cura.

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Introduzione 12

L’artista) che, assieme al «racconto» Brissard, risulta caratterizzato dalla presenza di un protagonista d’eccezione realmente esistito, abba-stanza in linea con i profili biografici artistico–letterarî che spesso i periodici proponevano ai lettori14.

La pastorale, che Mastriani ripropone negli anni su diversi periodi-ci,15 al tempo stesso «novella» e «scena artistica», è incentrata ad e-sempio sulla figura del musicista Giovanni Paisiello, la cui prima cre-azione artistica si immagina qui ispirata al dolce ricordo infantile delle zampogne e delle cennamelle dinanzi ad un’edicola votiva:

[…] ciascuno può da sé immaginare, come il cuore gli battesse trovandosi in quello stesso luogo, testimone un tempo delle sue sofferenze infantili, e come l’anima gli si scaldasse d’amore ascoltando un’altra fiata, vicino a quel-la stessa immagine, il cennamella che faceva la sua novena. Gli occhi del no-stro giovine brillarono d’una rapida ispirazione; ei si toccò la fronte quasi a-vesse voluto ritenere un pensiero che gli era volato per la mente; e corse a to-gliere di mano al cennamellaro il campestre istrumento; inginocchiossi di-nanzi alla sacra immagine, e suonò una pastorale da lui creata, parto divino di quell’arte che tenea celata da tanto tempo nel petto; l’uomo grande si mostrò agli occhi della stupefatta brigata che tutta si scioglieva in lagrime di tenerez-za. Iddio l’ispirava. Egli suonò, svenne, ma non cadde, perché molte braccia volarono a sostenerlo.

Quel giovine era GIOVANNI PAISIELLO. Egli offriva la sua prima creazione a quella stessa immagine, onde aveva

attinto il pensiero e la prima ispirazione dell’arte.

Al noto attore François Joseph Talma (1763–1826) sono dedicate le pagine di Egli stesso!, che prende spunto dagli amori del grande inter-prete francese per Charlotte (Caroline) Vanhove, sua compagna nella Comédie–Française16. Il tenore Adolphe Nourrit (1802–1839), con la sua passione per il teatro inizialmente contrastata dal padre e alimenta-

14 Lo stesso Mastriani, ad esempio, pubblica un profilo biografico dell’attore Pietro Monti

su «La Toletta», IV, n. 14, 5 gennaio 1840 (poi riproposto su «Il Tempo», III, n. 181, 16 otto-bre 1850 e anche su «La Rondinella», I, n. 19, 9 maggio 1855).

15 Novelle e scene artistiche. La pastorale, in «Salvator Rosa», I, n. 8, 16 dicembre 1838, poi «La Toletta», VI, n. 32, luglio 1843; «L’Omnibus» (strenna 1845, cfr. L. PALMA, Indice dei testi narrativi cit.); «Il Tempo», III, n. 238, 24 dicembre 1850; «La Rondinella», I, n. 81, 22 dicembre 1855.

16 Raccolto in NSR apparve inizialmente nella rubrica Novelle. Egli stesso! in «Il Sibilo», I, n. 25, 8 febbraio 1844.

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Mastriani novelliere? 13

ta dall’ammirazione per Maria Malibran, occupa L’artista17. D’altro canto Mastriani non risulta immune dalla moda del byronismo, al pun-to da rendere Lord Byron, il «cantore delle tempeste e degli amori», protagonista del breve testo Due gondolette, cogliendolo sullo sfondo del suo soggiorno veneziano, preso dai tormenti interiori, dall’ennesima passione per una dolce fanciulla ma anche dalla fierezza del nascondere il suo essere claudicante18.

Percorso dal profondo interesse di Mastriani verso la realtà teatra-le19 è anche il «racconto» Brissard:

Brissard, come tutt’i grand’ingegni, e specialmente come tutt’i grandi attori, avea le sue originalità, fra le quali primeggiava quella di contraffare tutte le deformi e ridicole sembianze; a ciò si prestavano benissimo la squisita tem-pera dei suoi nervi, la dilicata tessitura de’ suoi muscoli, e sovrattutto l’esercizio d’un’arte per eccellenza imitativa. Un po’ più tardi si vide rinno-vato questo fenomeno in Garrik; ed a’ nostri giorni il vedemmo nell’insigne Marchionni, cui la natura creò per l’arte, com’egli avea creato la natura nell’arte20.

Si tratta, quindi, di un “sotto–insieme” artistico–teatrale nel quale è

possibile inserire anche Adolfo, sorta di “racconto–lungo” che Ma-striani pubblica dapprima a puntate sulle pagine de «Il Sibilo» (sottoti-tolandolo I misteri del genio) ed in seguito “in appendice” a «Il Tem-po»21. Vi si narra la tragica vicenda del contino Adolfo Benincasa,

17 Era già stato pubblicato come Novella. L’artista ne «La Toletta», III, n. 35, 31 luglio

1840. 18 Già apparso nella rubrica Novelle. Due gondolette, «Il Sibilo», I, n. 46, 4 luglio 1844. 19 Su Mastriani autore di teatro e critico teatrale si consenta il rimando a C.A. ADDESSO,

Francesco Mastriani a teatro, Fridericiana Editrice Universitaria, Napoli 2009. 20 Prima di essere edito in NSR appare come Racconto. Brissard ne «L’Innominato», I, n.

10, 22 ottobre 1840 e poi ne «La Toletta», VI, n. 28, 1 giugno 1843. Il personaggio protagoni-sta è forse da identificare nell’attore del Théâtre–Française Jean Baptiste Britard (o Brizard) (Parigi, 1721–1791), di cui fa menzione anche Goldoni nei suoi Memoires.

21 «Il Sibilo», II, nn. 7, 9, 11–14, 13 febbraio–3 aprile 1845 (intitolato I misteri del genio), poi «Il Tempo», I, nn. 136, 138 e 140, 25 agosto–30 agosto 1848 (in appendice); si trova an-che ripubblicato in coda al romanzo Il Duca di Calabria, Regina, Napoli 1879, vol. V, pp. 39–74. All’interno di NSR Mastriani pubblica anche un secondo “racconto–lungo”, o forse un ro-manzo breve, intitolato Lazzaro, già apparso in Galleria letteraria scientifica e di aneddoti. Scelta raccolta di opere diverse, Stab. Tipografico Seguin, Napoli 1842, vol. I, pp. 57–71 e pp. 191–192 (Misteri del cuore. Lazzaro) e poi pubblicato anche singolarmente come Lazzaro. Racconto, Tipografia Androsio, Napoli 1847.

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Introduzione 14

preso da insana passione per l’arte della recitazione, che pratica as-sieme ad un gruppetto di amici accademici e cui viene definitivamente avviato da una particolare “profezia” formulatagli dal celebre attore Giuseppe De Marini:

Senti, figliuol mio, se il destino vuole che tu divenga attore, non ho altro da dirti se non che ami l’arte con vera passione, e sarai grande e immortale; ma già è inutile dirti ciò, imperocché tu amerai tanto quest’arte fatale, che la ti ucciderà.

Fatale sarà infatti per il sensibile Adolfo l’interpretazione del Luigi Rolla da Genova ossia Il capolavoro ignoto, dramma del Lafont tra-dotto in italiano da Gottardo Calvi (1838) e in seguito da Luigi Mar-chionni (1855) e fonte di ispirazione anche per un melodramma di Salvatore Cammarano (1846), immedesimandosi nel quale il giovane conte Adolfo troverà la morte in scena.

Se una maggiore leggerezza nel “novellare” sull’arte della scrittura drammatica e della recitazione aleggia ne I tre studenti22, tratti satanici avvolgono invece i protagonisti di Il diavoletto e di Vito Bergama-schi23. Con Il diavoletto ci si sposta nella realtà del napoletano Gran Circo Equestre per narrare il tragico destino dell’acrobata Giacomino, soprannominato «diavoletto» per l’aspetto luciferino oltre che per la diabolica agilità, innamorato di Angiolina ma obbligato a rinunciare a lei per l’arte che lo divora e che presto o tardi lo ucciderà. Fine natu-ralmente destinata ad avverarsi durante uno spettacolo cui assiste la sua amata:

Quella sera parea che un pensiero il preoccupasse; i suoi occhi erano di-stratti; le sue gambe muovevansi come per abito sul cavallo galoppante; avre-sti creduto vedere un fantoccino, le cui membra sono mosse dal filo del giuo-catore; tanta era l’indifferenza, con che eseguiva i più strani movimenti. Quella sera parea che avesse anche smesso il pensiero di brillare per pochi

22 I tre studenti viene pubblicata la prima volta come Novella in «Il Sibilo», I, n. 13, 16

novembre 1843, poi «La Rondinella», I, n. 63, 17 ottobre 1855. Vi si narra di tre studenti spiantati, dagli altisonanti ed improbabili nomi di Orlando, Rinaldo e Argante, quest’ultimo versato nella scrittura di una tragedia a fronte degli altri due presi invece dalla preoccupazione di come procurarsi del denaro per tirare avanti.

23 Il primo appare su «La Toletta», V, n. 30, giugno 1841 (ma non è rubricato). Non è stato invece possibile individuare il secondo al suo primo apparire su un periodico.

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momenti e di sorprendere il pubblico che il seguitava cogli occhi ansiosi; pa-rea che quella efimera gloria non più avesse incanti per lui: la febbre gli cir-colava forse per le vene, perché se tolto gli si fosse dal volto il belletto, si sa-rebbe visto scolorato e sparuto più del solito.

Dovevasi eseguire lo sfondamento di due palloni col dorso, e il Diavoletto doveasi trovar sul cavallo col capo in giù e colle gambe in aria.

Ricomincia un’allegra musichetta; egli sferza con la voce il destriero; il suo sguardo si ravviva; fa tre volte il giro dello steccato nello spazio di tempo che ci vuole per un atto di respirazione, e già, voltatosi di spalle al cavallo, spiccava d’un salto a’ palloni, per trapassarvi, quando gittò un grido soffoca-to, tremò tutto; parve si sospendesse nell’aria un istante, sfondò i due palloni; ma egli avea già perduto il tempo; il cavallo era sfuggito, e l’infelice cadde sul parapetto che lo divideva dagli spettatori.

Ad un palchetto avea veduto Angiolina!! Il teatro parea volesse crollare sotto gli applausi che il pubblico prodiga-

lizzava al miserello per incuorarlo; ma quelle grida e que’ rumori soffocava-no l’ultimo gemito di Giacomino.

Una vertebra dorsale gli si era rotta.

Ugualmente satanico è Vito Bergamaschi, protagonista del raccon-to omonimo, di cui già altrove ci si è occupati avendovi tratto Ma-striani uno dei suoi primi drammi (Stabilimento Tipografico Seguin, Napoli 1844) andato in scena con successo al Teatro Fiorentini di Na-poli il 25 agosto 184024.

L’arte quale pericoloso strumento di perdizione torna anche nella «novella/scena artistica» L’intagliatore25, il cui protagonista è Pietro, un “forzato”, messo ai ceppi per aver ucciso il rivale in amore, ma consacrato all’Arte per esserne riuscito a scolpire in legno la testa mozzata con tale realismo da ingannare la giovane amante:

«[…] Una testa livida, cogli occhi socchiusi, grondante di sangue, era po-sata su quel muro calcinato; quella testa era dell’uffizialetto; ma non vi era il busto.

Pietro si era preso una vendetta da artista. Quella testa era un pezzo di le-gno intagliato e dipinto; era il ritratto dell’uffizialetto sfigurato in quel modo. Il biondo innamorato era stato quella sera tratto alla caserma militare tutto malconcio e storpiato per una forte battitura venutagli da un uomo ammanta-

24 Cfr. C.A. ADDESSO, Francesco Mastriani a teatro, cit., pp. 3–9. 25 Già apparsa nella rubrica Novelle e scene artistiche. L’intagliatore, «Salvator Rosa», I,

n. 6, 25 novembre 1838 e anche nella strenna 1847 de «L’Omnibus».

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to, di cui potè appena vedere i capelli rossi. L’uffizialetto morì capo di un mese.

Quella testa fu venduta come un capolavoro dell’arte; ma l’autore di quel-la testa ha oggi un ferro al piede. Il povero Pietro sono io!»

Un grido di plauso e di ammirazione mise la brigata… Io sospirai… Un grande artista si perdeva ne’ ferri della galera.26

Un ulteriore gruppo “novellistico” si struttura invece intorno al to-

pico tema amoroso, raramente presentato in termini tragici, più fre-quentemente calato in contesti beffardi, ironici o comunque segnati da una certa leggerezza sentimentale.

L’amore passionale, vissuto quale fonte di sacrificio, è al centro di Taddeo lo stoico, novella pubblicata in due puntate su «L’Innominato» (1841) e poi su «La Toletta» (1843)27. Ambientata a Parigi, la novella – giocata sul travestimento/svelamento finale – vede agire Carlo, aitante giovanotto dedito al gioco e alle fanciulle, sul qua-le veglia il generoso amico Taddeo, soprannominato «stoico», «non già perché professasse le dottrine di Zenone, ma perché non bestem-miava mai (presso la gente da gioco e da caffè ogni parola è una be-stemmia); proferiva un sol monosillabo inglese yes; non mai si adirava, non facev’all’amore, non fumava, non beveva, ed era sempre freddo, non curante, e qualche volta scortese col bel sesso, la cui società egli pareva che con solerzia evitasse». Rifiutato un tempo l’amore della dolce Maria, Carlo è preso da passione per Annetta, la quale tuttavia non lo ricambia, finendo per innamorarsi anzi di Taddeo, giunto ad implorarla di corrispondere Carlo. Inizialmente presentatosi alla fan-ciulla quale fratello di Carlo, Taddeo svela la sua vera identità quando Annetta gli dichiara amore: gli sarà impossibile amarla essendo Tad-deo una donna, ovvero quella Maria un tempo rifiutata da Carlo ma desiderosa comunque di vegliare sempre su di lui e seguirne i passi come un tempo gli aveva promesso: «Voi non mi vedrete più; ma una

26 Toni diversi ha invece l’altra «scena artistica» inserita nella raccolta, per di più in aper-tura: Stella (già apparsa ne «Il Sibilo», I, n. 9, 19 ottobre 1843). L’atelier di alcuni giovani pit-tori, cui la protagonista Stella fa da modella per una tela con Giove e Minerva non prima di aver loro narrata la sua triste storia di amante tradita ed ancora in cerca del suo Pietro, diventa luogo di ricongiungimento per i due innamorati, essendo fatalmente Pietro il modello per il viso di Giove.

27 «L’Innominato», I, nn. 27–28, 3–17 aprile 1841, poi «La Toletta», VI, nn. 29–30, 10–20 giugno 1843.

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mano invisibile veglierà sui vostri passi a Parigi e la sventura si dile-guerà da voi, come la felicità da me».

Maggiormente tragica è Due passioni, il cui protagonista Stanislao – reo di aver provocato il suicidio per amore di una fanciulla – si in-namora di Costanza «per fatalità, per giustizia del cielo o per capriccio del suo cattivo destino», venendone naturalmente rifiutato e finendo così per decidere di togliersi anche lui la vita28.

Sulla stessa linea, ma non incasellabile quale «novella» non essen-done stata individuata una precedente pubblicazione su periodico, si pone anche Due tradimenti. Matilde, innamorata di Paolo che non la corrisponde, è a sua volta amata da Isidoro, che per conquistarla è pronto a sfidare il rivale in amore in un duello che Paolo però rifiuta in nome di un’interpretazione razionale del sentimento amoroso. A di-stanza di due anni, Matilde e Isidoro sono diventati amanti e vengono sorpresi dal marito della donna: Paolo, che – a fronte del tradimento e dell’onore ferito – non esita questa volta a trapassare con un pugnale il rivale. Parimenti “tragica” è la «scena» Quattro anni29, ambientata a Londra, in cui il giovane Sir John, un tempo povero ed ipocondriaco, si vede costretto a mantenere la solenne promessa di togliersi la vita una volta raggiunto il culmine della propria felicità con l’amata Erne-stina e la sognata tranquillità economica.

Sul versante dell’amore calato – si è detto – in contesti ironici e beffardi si collocano invece le «novelle» Primo amor più lega il cuore, Ludovica, Un incontro, Un matrimonio e La botta del maestro, cui sembra opportuno accostare per somiglianza di stile e contenuti anche Amicizia alla rococò, Il fidanzato, Nuovo modo di farsi amare, La di-manda di matrimonio ed il lungo doppio–diario Armonia prestabilita. Memorie di due sposi.

Si tratta di un gruppo abbastanza nutrito di scritture leggere e pas-satempo, tutte ambientate in contesti alto–borghesi ed aristocratici, in città anonime, oppure a Napoli come a Parigi, in cui agiscono giova-notti e fanciulle impegnati in avventure galanti, amoretti, matrimoni di interesse, delusioni sentimentali o strani scherzi del destino funzionali

28 Già apparso come Due passioni. Novella in «Salvator Rosa», III, n. 47, 8 aprile 1843. 29 Già pubblicato nella rubrica Scene e costumi in «La Toletta», II, nn. 12–13, 10–20

dicembre 1839.

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ad impartire una morale spicciola e di corta gittata. Temi e protagoni-sti, insomma, perfettamente confacenti nella loro “amenità” alle co-lonne di periodici letterarî indirizzati non semplicemente ad un pub-blico borghese, ma soprattutto femminile (si pensi solo a «La Toletta. Giornale di mode, belle arti, amena letteratura, notizie, varietà e tea-tri», che offriva anche un elegante “figurino” a colori di moda parigi-na). Così è possibile imbattersi nella superficialità degli amori adole-scenziali di Primo amor più lega il cuore; nella scaltra giovane vedova Ludovica, che evita l’ostacolo di un matrimonio di convenienza per attirare a sé l’innamorato Armando, ben consapevole che «nulla vi è al mondo che tanto fissi un uomo quanto il denaro»; nelle “beffe del destino” di cui sono vittime il giovane Orazio che, giunto da Napoli a Parigi per soggiornare dalla zia e dare così un freno alle dissipazioni patrimoniali, “pedina” per ore una nobile bella signora che si rivela essere proprio la zia Luisa (Un incontro); Leone e la sua promessa sposa Alfonsina in Un matrimonio, l’uno giovanotto indebitato dal gioco, l’altra figlia di un negoziante fallito: «lo sposo e la sposa avevano avuto un sequestro pochi giorni prima del ma-trimonio, e sperava ciascuno di loro accomodare le faccende con gli sponsali»; infine Sofia, prototipo delle «fanciulle romanzesche ed esaltate», che sposa col cuore vibrante d’amore il misterioso Conte Fi-lippo, salvo scoprire l’indomani del matrimonio che si tratta solo di un danaroso coiffeur parigino (La botta del maestro). In contesti simili agiscono Federico e Adolfo (Amicizia alla rococò), pronti a dividersi un mese per ciascuno il superficiale amore della «farfalluccia» Rosalba; beffe affini alle precedenti sono quelle che il destino gioca alla supponente ed orgogliosa Adele, sicura dell’adorazione del promesso sposo Felice che finisce però per impalmare la più bruttina ma dolce sorella minore Beatrice (Il fidanzato); a Maria, che pensa di poter rimediare ai tradimenti dell’amato Gustavo facendolo rinchiudere in carcere per debiti, salvo sapere che è riuscito ad amoreggiare persino dalla cella (Nuovo modo di farsi amare); alle so-relle–rivali Alzira e Lilà, entrambe sicure dei corteggiamenti di Alberto che tuttavia sceglie di sposare invece la loro giovane madre (La dimanda di matrimonio)30.

30 In questo gruppo, come si è sopra indicato, è possibile inserire anche Armonia prestabi-lita. Memorie di due sposi, (apparso a puntate dapprima su «Il Palazzo di Cristallo» nel 1855

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Il ridotto manipolo di «racconti» pubblicati da Mastriani sui perio-dici è rappresentato nella raccolta del 1867 (oltre dal già citato Bris-sard) dal «fantastico» Brown – cui accostare per certi aspetti Un pezzo anatomico – e dal «popolare» Graziella, quest’ultimo accomunabile a Tre numeri al lotto e Filomena (purtroppo non individuabili su perio-dici) e a due «racconti» esclusi dalla raccolta, Cecco l’idiota31 e Gen-naro32.

Con Brown Mastriani dà una prima prova della sua adesione all’ampio e variegato contesto letterario del gothic33, consentendo alle lettrici de «La Toletta» 34 e quindi di Novelle Scene e Racconti l’ingresso nel laboratorio dello scienziato Brown, impegnato a speri-mentare una polverina in grado di riportare in vita i morti. Gli fa da cavia l’innamorata Jenny, salvo trasformarsi – in un terribile incubo notturno, frutto del rimorso – in un orrido spettro in decomposizione, descrivendo il quale Mastriani fa sfoggio di quelle che dovevano cer-tamente essere le sue prime letture del gothic inglese ed europeo (Ann Radcliffe, M.G. Lewis, Edgar Allan Poe, Hoffmann)35:

Le cortine del letto, si aprirono, e si levò dritta dritta, lunga lunga, un’ombra umana concava, pallidissima, assottigliata, come un profilo senza sfumo: era Jenny, non la fanciulla cogli occhi soavi, colle guance colorite, col sorriso d’amore; ma sibbene uno spettro trasparente per ischifosa magrezza, colle lu-ride trecce scompigliate sulle spalle. Chi ne volesse una immagine più perfetta, si figuri uno di quei pezzi anatomici, che servono per la prima lezione d’Osteologia. E la fantasima che pareva avesse gli occhi di vetro abbassò la mascella inferiore, aprì una bocca sdentata e puzzolente, e tirò dall’ossea caverna del petto un soffio che accese di nuovo la lucerna, e sparse

e poi su «La Domenica» nel 1867), un gustosissimo “doppio” diario di Egli e di Ella, ovvero di due fanciulli, poi adolescenti e quindi promessi sposi, in cui con stile comico si descrive il loro rispettivo prepararsi al giorno delle nozze.

31 Appare come «racconto popolare» su «L’Innominato», I, n. 6, 17 settembre 1840, poi «La Toletta», VI, n. 26, 10 maggio 1843 e «La Domenica», II, n. 51, 27 ottobre 1867.

32 Questo «racconto popolare» viene inizialmente pubblicato col titolo di Liborio sul «Salvator Rosa», III, n. 22, 3 settembre 1842 e viene poi riproposto con il titolo mutato di Gennaro su «Il Sibilo», I, n. 33, 4 aprile 1844.

33 Cfr. A. PALERMO, Il socialismo gotico di Francesco Mastriani, in ID, Da Mastriani a Viviani, cit., pp. 106–130.

34 Brown. Racconto fantastico, «La Toletta», III, n. 11, 30 novembre 1839. 35 La bibliografia sul genere gothic è molto ampia, per cui mi limito a rimandare al recen-

te B. BATTAGLIA, Paesaggi e misteri. Riscoprire Ann Radcliffe, Liguori, Napoli 2008, in cui si potrà trovare altra bibliografia di riferimento specifica.

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verna del petto un soffio che accese di nuovo la lucerna, e sparse all’intorno un fetore di cimitero.

Assieme a Un pezzo anatomico, il cui protagonista è il raziocinante

ed illuminista Dottor Menier, Brown sembra formare un dittico basato sulla presenza dello scienziato–carnefice (e della sua innamorata–vittima), un personaggio che continuerà ad aleggiare nella produzione narrativa di Mastriani (si vedano Il materialista del 1862 e Un musco-lo cavo del 1876) assieme alle tematiche dello spiritismo, del magneti-smo e delle morti apparenti che attraversano la sua produzione da Il mio cadavere a Cenere. La sepolta viva, per citare solo alcuni titoli.36

Il riferimento esplicito al “popolare” in Graziella37 (e nei due rac-conti invece esclusi dalla raccolta del 1867, intitolati Cecco l’idiota e Gennaro) ed implicito in Tre numeri al lotto e in Filomena, non va in-teso come un’anticipazione della ben più profonda attenzione che Ma-striani saprà rivolgere agli strati bassi della società e del suo sociali-smo evangelico che troverà espressione dalla «trilogia socialista» in poi. In questi racconti, “popolari” sono unicamente l’ambientazione ed i personaggi appartenenti a classi sociali lontane dal lettore borghese ed aristocratico cui la scrittura giornalistica di Mastriani è al momento rivolta e che continua a veicolare tematiche letterarie (e non messaggi sociali) attraverso un’immagine tranquillizzante del popolo. Lungi dal contenere denunce, riflessioni sulle «piaghe» cittadine o descrizioni del “ventre” napoletano, questi racconti (in cui Napoli fa da sfondo con l’Albergo dei Poveri, le «grade del Petraro», un viottolo della Ri-viera di Chiaia, la Strada dei Sette Dolori) consentono piuttosto di compatire la delusione amorosa di Aniello, suonatore girovago figlio dell’Albergo dei Poveri, per la tessitrice Graziella; addolorarsi e riflet-tere sul fatale destino di Giuseppe, che ha ridotto la povera famigliola sul lastrico per debiti di gioco e rimane vittima del colera il giorno stesso in cui ottiene una fortunata vincita al Lotto, e di Filomena, sor-presa dal terremoto di Montemurro (nel potentino) del 1857 assieme

36 È opportuno far rientrare in questo contesto anche Lucia e Un mese, raccolti in NSR (non

ne sono state individuate le precedenti apparizioni su periodici), l’uno sul tema del sonnambu-lismo (che Mastriani tratterà anche nel romanzo La sonnambula di Montecorvino) e l’altro sull’idrofobia.

37 Già apparso come Racconto popolare. Graziella, in «Il Sibilo», I, 21, 11 gennaio 1844.

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all’innamorato e impazzita per un misto di trauma e follia d’amore. Ed ancora, ci si commuove per il povero calzolaio Cecco, reso “idiota” dall’insano gesto di una testata contro un muro alla notizia della morte della madre e trovato poi morto accoccolato sotto la finestra di Lauret-ta, l’amata di un tempo; si è complici del segreto di Gennaro, che fug-ge dalle angherie del fratello e della cognata e si allontana dalla cara madre per andare in cerca di fortuna, salvo tornare a Napoli dopo anni sotto mentite spoglie perseguitato da una condanna a morte e scam-biando la sua identità con quella di un cadavere esposto alla Vicaria.

Appartengono infine alla «caricatura» e/o al «ritratto sociale»: Il padre d’una bella figliuola, Cinque grana, Lo sposo di provincia, Un brodo, Ella!, Una serata musicale, cui sembra possibile accostare an-che la Classificazione delle donne. Si tratta di “rubriche” molto fre-quenti sui periodici letterarî ottocenteschi, che Mastriani ed altri autori rimpinguano anche con «fisiologie» e «schizzi di costumi» (sociali e popolari), finalizzate ad offrire godibili ritratti ed ironici figurini di de-terminati “tipi” sociali. La selezione di Mastriani è in tal settore opera-ta su un nutrito numero di pezzi giornalistici che, ad esempio, detta-gliano con sarcasmo l’innamorato, il figlio unico, il litigioso, le perso-ne «interrogative» e «negative», lo spezzacuore, l’industrioso, l’adulatore, ma anche il pittore, l’attore e l’autore drammatico38, così come (con toni fortemente oleografici) il guaglione, il pulizza–stivali, il cenciaiuolo, la capera, l’oliandolo, il venditore di polli39. Gli scritti in Novelle Scene e Racconti non ne sono quindi che un parziale cam-pione, tutto sommato abbastanza rispondente ai gusti cittadini, bor-ghesi ed aristocratici che la raccoltina sembra soddisfare. Con tali pre-supposti, allora, ci si prende gioco del povero Anatolio, padre bistrat-tato della capricciosa Giulietta (Il padre di una bella figliuola) 40; si ride della “miope” Luisella che non riconosce nel povero distributore del «Poliorama pittoresco» il giovane Ciccillo conosciuto la sera pri-

38 Sono qui pubblicati, assieme ad altri scritti del medesimo “genere”, nell’Appendice di

testi inediti. 39 Ad eccezione de Il guaglione e de Il cenciaiuolo, qui pubblicati nella suddetta Appen-

dice, tutti gli altri ritratti indicati sono raccolti in Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti. Opera diretta da Francesco De Bourcard, Napoli, Stab. Tipografico Gaetano Nobile (i due frontespizi, l’uno interno e l’altro esterno, riportano date diverse: 1853 e 1857).

40 Appare tra gli «schizzi di ritratti sociali» su «Il Sibilo», I, n. 20, 4 gennaio 1844.

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ma ad un ballo (cfr. Cinque grana)41; dell’impacciato Gennarino, lo «sposo di provincia» 42 che marita la bella e volitiva Rosina; dell’esigente Barone di Weisslach, cui lo scaltro cuoco Valois rifila comunque – a dispetto dei suoi ordinativi per il divieto a mangiar car-ne – un tradizionalissimo brodo di lesso43; di Federico, cui la fidanzata Bettina e la sua «mammà» fanno credere di essere gran signore, salvo riconoscerle una sera sulle tavole del Teatro Sebeto recitare nelle parti di «madre nobile» e figlia44; degli sgraziatissimi “talenti” musicali in-vitati in casa del ricco provinciale Tilbury (Una serata musicale)45.

III. Accanto alla disamina meramente contenutistica di questi brevi scritti mastrianeschi è anche il caso di collocare qualche osservazione inerente lo stile di scrittura.

La destinazione “periodica” delle narrazioni raccolte in Novelle Scene e Racconti è tradita dal residuo stile allocutivo che molte di esse presentano e attraverso il quale Mastriani–giornalista instaura un dia-logo diretto e confidenziale con il lettore («intendete», «capite», «udi-te», «sapete», «non saprei dirvi», «non sappiamo ciò che accadde», «mi dimenticava di dirvi», «credo» e simili). Gli esempi in tale dire-zione possono essere numerosi e diversificati.

Significativa sembra l’abitudine ai richiami interni, utili a ricordare al lettore uno specifico momento della narrazione (in qualche caso strutturata originariamente in più puntate, come Adolfo ad esempio), espediente che Mastriani utilizza e utilizzerà a piene mani e con scal-trita maestria nei ben più complessi intrecci dei romanzi d’appendice:

Vi ricordate, signor lettore, d’un chiassolino di campagna, ove osservammo un’immaginetta, e quel fanciullo che ascoltava zampogne? (La pastorale)

41 Appare inizialmente su «L’Innominato», I, n. 2, 20 agosto 1840, poi fra le «Scene co-

stumi e caricature» su «La Toletta», VI, n. 24, 20 aprile 1843. 42 Nello specifico si tratta della «caricatura sociale» che sulle pagine de «Il Sibilo» era ab-

binata alle «novelle» Lo sposo della capitale (I, n. 14, 23 novembre 1843) e Un altro sposo di provincia, quest’ultimo riproposto in NSR con il titolo Il fidanzato.

43 Già apparso come Caricature. Un brodo, «Il Sibilo», I, n. 41, 30 maggio 1844. 44 Appare fra le «caricature sociali» intitolata Ventun’ore e mezzo su «Il Sibilo», I, n. 45,

27 giugno 1844. 45 Già apparso come Caricature sociali. Una serata musicale, «La Toletta», VI, n. 25, 1

maggio 1843.