20
Il mecenate Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore e padre del pittore Arnaldo (1869-1949), si è occupata di recente Michela D’Alessio. L’Autrice, cultore della materia presso la Cattedra di Letteratura Italiana all’Università degli Studi del Molise, nel giro di pochi mesi ha dedicato al poliedrico personaggio ben tre interventi: il primo in un volume col- lettaneo su Castelbottaccio, 1 altri due su riviste. 2 Si tratta di testi con ripetizioni, aggiusta- menti e integrazioni nei vari passaggi, ma l’intento di queste iniziative rimane alta- mente meritorio, venendosi a specchiare, nella personalità di Vincenzo De Lisio, quella figura del galantuomo tardo-ottocen- tesco al quale Castelbottaccio in particolare ma anche tutto il Molise devono profonda riconoscenza. Riconoscenza dovuta, va an- che detto, più per le cose che sfuggono alla trattazione dell’illustre studiosa, che non per quelle effettivamente trattate. Prendia- mo come primo esempio le attenzioni che De Lisio dedicò a un giovanissimo France- sco Jovine, contribuendo con un notevole apporto alla sua formazione. Jovine lo ripa- gherà, in Signora Ava, mettendo una buona parte di Vincenzo De Lisio nella figura di don Giovannino de Risio. Da parte di alcuni critici si è voluto vede- re in De Lisio la figura di Don Giovannino forse per quell’arguto, divertito osservare uomini e cose che caratterizzava il medico 3 di Castelbottaccio o per gli interessi cultu- rali che lo animavano, ma in don Giovanni- no non c’è solo questo, egli rappresenta un momento particolare di crisi che riguarda non solo la cultura, ma l’intera società. In don Giovannino Jovine sottolinea l’involu- zione dell’intellettuale molisano che alla fine del Settecento e ai primi dell’Ottocen- to aveva attivamente operato per il rinnova- mento della società. 4 Una involuzione amara: il vecchio colon- nello don Giovannino de Risio, giovane soldato napoleonico, veterano della cam- pagna di Russia, 5 poi carbonaro, nell’età matura si trasforma in intellettuale di pro- vincia, direttore e docente di una scuola privata molto frequentata, versificatore ri- nomato ma soprattutto filosofo. E in que- sta figura Jovine incarna la parabola del- l’intellettuale borghese molisano, giacobi- no e carbonaro nelle stagioni eroiche del 1799 e del 1820, che ormai stanco, con il 1848 che bussa alle sue porte, pur se Dete- sta Pio, non ama Ferdinando, / a freno tiene la sua vecchia spada. In questo galantuomo che rifugge dai tu- multi, e prende le distanze dalla lotta poli- tica, qualcuno ha voluto vedere riflesso Ga- briele Pepe, Generale della Guardia Nazio- nale, che nel maggio del 1848 è a Napoli a rabbonire gli insorti sulle barricate. Ma la corrispondenza tra Gabriele Pepe e don Giovannino, che pure fu Capitano della Guardia, è tutta qui. 17 n. 40, ott./dic. 2006 A proposito di Vincenzo De Lisio Giovanni Mascia

A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

  • Upload
    others

  • View
    0

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

Il mecenate

Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio1833-1919), poeta, folclorista, glottologo,uomo politico, nonché pittore e padre delpittore Arnaldo (1869-1949), si è occupatadi recente Michela D’Alessio. L’Autrice,cultore della materia presso la Cattedra diLetteratura Italiana all’Università degliStudi del Molise, nel giro di pochi mesi hadedicato al poliedrico personaggio bentre interventi: il primo in un volume col-lettaneo su Castelbottaccio,1 altri due suriviste.2

Si tratta di testi con ripetizioni, aggiusta-menti e integrazioni nei vari passaggi, mal’intento di queste iniziative rimane alta-mente meritorio, venendosi a specchiare,nella personalità di Vincenzo De Lisio,quella figura del galantuomo tardo-ottocen-tesco al quale Castelbottaccio in particolarema anche tutto il Molise devono profondariconoscenza. Riconoscenza dovuta, va an-che detto, più per le cose che sfuggono allatrattazione dell’illustre studiosa, che nonper quelle effettivamente trattate. Prendia-mo come primo esempio le attenzioni cheDe Lisio dedicò a un giovanissimo France-sco Jovine, contribuendo con un notevoleapporto alla sua formazione. Jovine lo ripa-gherà, in Signora Ava, mettendo una buonaparte di Vincenzo De Lisio nella figura didon Giovannino de Risio.

Da parte di alcuni critici si è voluto vede-re in De Lisio la figura di Don Giovannino

forse per quell’arguto, divertito osservareuomini e cose che caratterizzava il medico3

di Castelbottaccio o per gli interessi cultu-rali che lo animavano, ma in don Giovanni-no non c’è solo questo, egli rappresenta unmomento particolare di crisi che riguardanon solo la cultura, ma l’intera società. Indon Giovannino Jovine sottolinea l’involu-zione dell’intellettuale molisano che allafine del Settecento e ai primi dell’Ottocen-to aveva attivamente operato per il rinnova-mento della società.4

Una involuzione amara: il vecchio colon-nello don Giovannino de Risio, giovanesoldato napoleonico, veterano della cam-pagna di Russia,5 poi carbonaro, nell’etàmatura si trasforma in intellettuale di pro-vincia, direttore e docente di una scuolaprivata molto frequentata, versificatore ri-nomato ma soprattutto filosofo. E in que-sta figura Jovine incarna la parabola del-l’intellettuale borghese molisano, giacobi-no e carbonaro nelle stagioni eroiche del1799 e del 1820, che ormai stanco, con il1848 che bussa alle sue porte, pur se Dete-sta Pio, non ama Ferdinando, / a freno tiene lasua vecchia spada.

In questo galantuomo che rifugge dai tu-multi, e prende le distanze dalla lotta poli-tica, qualcuno ha voluto vedere riflesso Ga-briele Pepe, Generale della Guardia Nazio-nale, che nel maggio del 1848 è a Napoli arabbonire gli insorti sulle barricate. Ma lacorrispondenza tra Gabriele Pepe e donGiovannino, che pure fu Capitano dellaGuardia, è tutta qui.

17n. 40, ott./dic. 2006

A proposito di Vincenzo De LisioGiovanni Mascia

Page 2: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

Gabriele Pepe morì prima di potersi riti-rare nella cura dei propri interessi perso-nali, come avverrà al notaio Scansi e all’av-vocato Cannavale, altri personaggi di Fran-cesco Jovine, o nella cura dell’insegnamen-to e dei propri studi, come avviene tanto aldon Giovannino di Signora Ava quanto,nella vita reale, al personaggio che ne ful’ispiratore, Vincenzo De Lisio. Ma di tuttoquesto, nelle varie monografie della D’A-lessio, non si rinviene traccia.

E anche volendo sorvolare sul primo in-tervento della D’Alessio, inserito in unamonografia paesana come “sezione, soloin parte rielaborata... del più disteso sag-gio” poi pubblicato su «Misure Critiche»,6

gli altri due interventi si caratterizzano perl’imprudenza nelle valutazioni critiche,per la pigrizia nelle indagini bibliografi-che, in particolare per una disattenzioneverso la bibliografia già prodotta sull’argo-mento, e alla fine per il fraintendimento

della reale sostanza di certi aspetti ideolo-gici, politici o religiosi della figura di Vin-cenzo De Lisio.

***

Il poeta

Poche parole andrebbero spese sull’esor-dio letterario di De Lisio. Le sue prime pro-ve poetiche videro la luce a metà Ottocen-to, proprio in “quel decennio o dodicen-nio, corso tra il 1848 e il 1860, che – comescrive Croce – era stato tra i più squallididella cultura napoletana”, allorché, tantopiù nella provincia che nella capitale,“disperse le scuole letterarie e filosoficheche avevano prenunziato e accompagnato ilmoto politico del Quarantotto, la letteratu-ra si era ristretta quasi affatto nelle esercita-zioni dei linguai e dei verseggiatori roman-tico-arcadi”.7 E proprio di verseggiatore ro-mantico-arcade si può parlare a propositodel giovane poeta molisano. Basta leggere ititoli delle due raccolte, Le lucciole, armoniegiovanili,8 del 1857, e Fiori campestri. Cantipopolari e lirici,9 del 1859. Viceversa, secondola D’Alessio, “l’autore si esprime con accen-ti sentiti”, dando “liricamente voce alle piùintime sensazioni dell’anima”, con la poesiache, “connotandosi come popolare”, rappre-sentava “un’occasione per espandere un bi-sogno individuale verso finalità educativepiù estese”.10

Sempre a quegli anni, al 1857 per la pre-cisione, risale L’Arpa Sannita,11 pubblica-zione curata da Vincenzo De Lisio e LuigiDe Marco. È un esemplare di quella modadelle strenne che nel periodo aveva attec-chito a Napoli e che Raffaele de Cesare,12

fatta salva l’eleganza formale e tipograficadi quei prodotti, stigmatizza come “cala-mità” da inserire tra “tutte le pubblicazioniveramente inutili, perché vuote d’ognicontenuto poetico”. Quella delle strenne,come tutte le mode della capitale, si pro-

18 n. 40, ott./dic. 2006

Ritratto di Vincenzo De Lisio, realizzato dal figlio Arnaldo nel1906

Page 3: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

pagò nelle province e a riprova, parlandodi “esempio contagioso”, de Cesare cita frale altre la strenna molisana:

Anche a Campobasso si pubblicò unastrenna molisana, con prose del Chiavitti(Chiovitti), del De Lisio e di Don PasqualeAlbino, e versi dei signori Buccione, Ferro-ne e Cerio.13

Nell’Arpa Sannita erano incluse due poe-sie di De Lisio. Nella prima, All’ultima luc-ciola,14 la mossa iniziale fa il verso al Leo-pardi del Pastore errante dell’Asia: “Che fai tuluna in ciel?... Ancor sei vaga?”. Nella se-conda, L’addio dell’Abruzzese,15 sembra rico-noscersi una di quelle “esercitazioni deilinguai”, “vuote d’ogni contenuto poeti-co”, alle quali faceva riferimento Croce:

O dell’Abruzzo fredda montagna;gioie tranquille del tetto mio,Figli diletti, dolce compagna,

vi lascio – AddioAddio – Addio.

Cade la neve su la Maiella,d’erba soltanto la Puglia è bella

e col suo grege il mandrianosen va lontano,

lontan – lontano.

La D’Alessio vede invece questo compo-nimento “imperniato su un ritmo cadenza-to popolare che andrà certamente scheda-to nel più ampio diagramma dell’operadel nostro autore tra gli scritti d’interessedemologico, senza svuotarlo della sua piùintima carica poetica”.16

Oltre a queste due esercitazioni, De Lisiopubblica uno scritto polemico molto inte-ressante, Una rivindica,17 che la D’Alessiopresenta come una “risposta alle accuse in-dirizzate al Comune di Cercepiccola in unadelle sette monografie molisane apparsesul Regno delle due Sicilie, circa la carenza in

quel paese di una specifica tradizione storica eculturale, alle quali con tono duro e polemi-co si ribatte portando al centro dimostra-zioni serie e circostanziate sull’infondatezzadelle opinioni sollevate”.18

Torneremo su questo scritto, perché ilgiovane De Lisio magari lasciava a deside-rare sul versante poetico, ma esibiva giàuna dirittura morale di prim’ordine, e cer-tamente non limita la sua risposta all’argo-mento indicato dall’Autrice.

***

Il traduttore

Redigendo la monografia di Rocchettaal Volturno, e in particolare della Badia diSan Vincenzo al Volturno, GiambattistaMasciotta (che nonostante la gran messedi informazioni non rientra tra le fonti del-la D’Alessio), ricorda la figura di Autperto,il Cancelliere di Carlo Magno che si fecemonaco benedettino nel 774 e poi visse aSan Vincenzo al Volturno.

Nella sua breve vita claustrale (morì nel778), Autperto scrisse le Vite dei tre fonda-tori dell’antico cenobio e curò la traduzio-ne di alcuni libri biblici, tra cui il Canticodei Cantici.19 Questa notizia in particolaredà a Masciotta l’estro di ricordare le tradu-zioni che del Cantico dei Cantici fecero trenostri corregionali: Luca Nicola De Luca,Leonardo Girardi e, appunto, VincenzoDe Lisio. Masciotta spende parole ammira-te per la traduzione del Girardi che a suoavviso, pur essendo “purtroppo poco nota,è bellissima oltre ogni dire per eleganza epurezza di stile e per fedeltà all’originale”,e rimanda alle monografie di Ripalimosani(De Luca), Petrella Tifernina (Girardi) eCastelbottaccio (De Lisio), per le figure deitre autori.

Nella biografia di Girardi, Masciotta ag-giunge altri particolari sulla popolarità delCantico e dei suoi traduttori, soffermando-

19n. 40, ott./dic. 2006

Page 4: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

si in particolare su Vincenzo De Lisio, all’e-poca ancora vivente. Nella monografia diCastelbottaccio, però, nonostante l’ulterio-re richiamo nell’Indice delle Biografie comunicomprese nel IV volume, Circondario diLarino, di Vincenzo De Lisio non si trova-no notizie. È una delle numerose incon-gruenze che si registrano nei quattro volu-mi dell’opera di Masciotta, ed è da verifica-re, in questo caso, se sia dovuta a una svistadell’autore o dell’editore, l’Amministrazi-one Provinciale di Campobasso, che pub-blicò il volume postumo.

A un primo esame, il manoscritto di Ma-sciotta conservato presso la biblioteca “Pas-quale Albino” di Campobasso sembra com-plicare ulteriormente le cose. L’ultimo fo-glio della monografia di Castelbottaccio, ilfoglio, cioè, che avrebbe dovuto accoglierela biografia del De Lisio, è stato asportato,mentre su parte del foglio precedente èstata incollata una targhetta di carta pernascondere la scrittura sottostante. Chi loha fatto e perché? La lettura in trasparen-za del passo occultato rimuove i dubbi eoffre una spiegazione ragionevole. Nell’in-confondibile grafia di Masciotta, si legge:

Biografia. Vincenzo de Lisio. Nato inCastelbottaccio il 9 dicembre 1833 da Fran-cesco e Anna Emilia Lembo, fece buonistudi presso i privati docenti del suo tempoed acquisì una non comune coltura nellebelle lettere. Sono ancora piacevoli a leg-gersi i suoi “Fiori campestri” canti popolarich’egli pubblicò in Napoli nel 1859; ma ilsuo maggior lavoro...

La frase, come si vede, è troncata di net-to, e nel manoscritto l’intero rigo apertoda “lavoro”, anzi dalle sillabe finali “voro”,rimane in bianco, lasciando al lettore la cu-riosità su quale fosse, secondo Masciotta, ilmaggior lavoro di De Lisio. Si può comun-que concludere che l’autore, non avendocompletato la trascrizione del profilo bio-grafico, avesse lasciato lo spazio da riempi-

re in un momento successivo. Nella fase dipubblicazione (avvenuta, com’è noto, do-po la morte di Masciotta), gli editori nonhanno avuto scelta: non volendo accoglie-re una nota biografica appena abbozzata,ne hanno decretato la soppressione, senzadare nessun avviso ai lettori, asportandopoi dal volume manoscritto il foglio inbianco e ricoprendo il resto.20

Da altra fonte21 sappiamo che VincenzoDe Lisio, il 5 novembre 1869, aveva inviatouna copia della sua traduzione del Canticodei Cantici22 a Niccolò Tommaseo. “Perdo-ni alla mia giovanile arditezza, – scrivevaDe Lisio nella lettera che accompagnava laspedizione – se il desiderio grande di ma-nifestarle la mia profonda stima mi spingea presentarle una mia povera traduzionedel Cantico de’ Cantici, pregandola che miaiuti di consigli in questo buio e faticososentiero delle lettere, ove la sua parola edispensiera di generosa luce, di conforto edi amore”.23

La risposta di Tommaseo, secondo laD’Alessio, è un “parere non troppo entusia-stico”,24 ma, se si dovesse giudicare dalle ci-tazioni prodotte dalla stessa, e conoscendola tradizionale severità dei giudizi del Tom-maseo, non del tutto scoraggiante: “Inqualche locuzione attenendosi a interpre-tazione più fedele che quella della volgatao più conveniente al sentire moderno –riporta la D’Alessio – mi pare che meritilode la versione di Lei; ma l’andare è trop-po moderno”,25 con le successive osserva-zioni dell’Autrice su “almeno due pregi nellavoro”, ossia “la buona conoscenza dellalingua originaria” e “una indubbia e ap-prezzabile capacità metrica di versificazio-ne”.26

In realtà la risposta del Tommaseo, tantogarbata nella forma quanto ferma nellasostanza, è una inappellabile stroncaturadel lavoro di De Lisio, dissimulata, per ra-gioni che rimane difficile comprendere,dalla D’Alessio, che in questo modo contri-

20 n. 40, ott./dic. 2006

Page 5: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

buisce a presentare una visione distortadella questione, dei due protagonisti e del-l’intera fase storica.

Tommaseo disapprova lo stile troppospregiudicato, la sovrabbondanza di escla-mazioni, gli artifici metrici, l’incapacità direndere la freschezza e la grazia del testoantico. Risulta poi stonata, per il Tomma-seo, quasi una profanazione, l’epigrafe delpoeta tedesco Gessner posta “in fronte al-l’inno amoroso del re di Giudea”. Questa,insomma, la risposta dell’illustre letterato,rispetto alla quale si potranno meglio valu-tare i giudizi dell’Autrice.

Preg. Sig.In qualche locuzione attenendosi a inter-

pretazione più fedele che quella della vol-gata o più conveniente al sentire moderno,mi pare che meriti lode la versione di Lei;ma l’andare è troppo moderno, e sin dalprimo verso offenderà forse taluno l’ellissi,a cui dichiarare richiedesi un punto d’escla-

mazione D’un bacio di sua bocca essere baciata!Gli antichi erano d’esclamazione assai par-chi; e noi col tanto abbondarne mostriamodi sentirne anzi poco che molto. Nel secon-do verso Più soave del vino egli è il tuo amore,risica quel egli di parere una zeppa. Nel ter-zo Di balsami fragranza delicata, ritorna l’e-sclamazione superflua, e quella lunga paro-la alla fine non so se renda delicata armo-nia; né baciata suona gentile alla fine: mafragranza, come è qui posto, mi pare bello.Nel pieno del suo lavoro non si sente del-l’antico la freschezza e la grazia: né quel-l’aura spirituale che nel testo delle immagi-ni stesse corporee spira. E il porre in fronteall’inno amoroso del re di Giudea versi diGessner tedesco parrà stonatura profana[…].

Quest’è, giacché da Lei mi si chiede, ilrispettoso sentimento del suo

[Tommaseo].27

Memore, probabilmente, della lezionedel Tommaseo, su questa traduzione tor-nerà anni dopo Raffaello De Rensis, in un

21n. 40, ott./dic. 2006

Page 6: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

bell’articolo sulle diverse edizioni molisa-ne del Cantico dei Cantici.28 Il giudizio saràaltrettanto severo.

La traduzione di Vincenzo de Lisio diCastelbottaccio, [è] condotta nella volgatacon opportune variazioni, ispirate da con-cetti individuali: una delle spiegazioni rite-nute più eque e più naturali. “la [sic, inminuscolo] cantica, dice il de Lisio in unanota, non è che una lirica in tutta la bellez-za della magnificenza orientale – una su-prema manifestazione dell’artista che can-ta l’amore e volerne stiracchiare le parole,contorcerne i concetti e attenagliare le al-lusioni... mi sembra proprio un’inquisizi-one”. E mentre è convinto di quanto affer-ma, l’Autore, sfortunatamente, cade, a cau-sa di moltissime e quasi testarde divergen-ze con gli altri traduttori, per mancanza ditecnica poetica italiana e per frequenti in-fedeltà, derivate dall’uso della terza rima,nei medesimi errori che vorrebbe e crededi sfuggire.29

Non sfuggirà come De Rensis, precisan-do che “la traduzione di Vincenzo de Lisiodi Castelbottaccio [è] condotta nella volga-ta con opportune variazioni”, smentisca la“buona conoscenza della lingua origina-ria” che la D’Alessio attribuisce al poeta,forse sulla base di un vecchio articolo pub-blicato su «Luci Molisane», dove si asse-gnava al De Lisio, sempre a proposito del-la traduzione del Cantico dei cantici, “la per-fetta conoscenza della lingua originaria”.30

Ma non c’era bisogno di scomodare Raf-faello De Rensis, quando è lo stesso DeLisio a precisare in nota alla sua traduzio-ne che il suo “volgarizzamento è stato con-dotto su la Volgata”.31

Lo ribadirà nell’Avvertenza alla traduzio-ne dell’Ecclesiaste,32 avviata in età giovanile,elaborata poi dal 1886 al 1901, e carat-terizzata dagli stessi difetti del Cantico de’Cantici, a giudicare già dall’incipit, cheimbruttisce il celebre “vanitas vanitatum et

omnia vanitatum”:

Vanità! Vanità! Nulla di nulla,E tutte cose vanità del nulla! 33

***

L’anticlericale

Una annotazione a parte merita un altrorilievo del Tommaseo, che nella risposta aDe Lisio risuona secco come una scudiscia-ta, vibrata con la severità del credente chevede calpestati i fondamenti della propriafede e con la lapidarietà del grande epigra-fista: “Il dispregio da Lei ostentato, Signo-re, verso le pagine sacre, confesso, io nonlo saprei ammirare”.34

Anche questo giudizio risulta completa-mente trascurato dalla D’Alessio e in que-sto caso non si tratta della semplice dimen-ticanza di un dettaglio bensì della svaluta-zione di un aspetto importante della perso-nalità di Vincenzo De Lisio e del suo lega-me con un quadro storico e culturale benpreciso, se solo si fosse voluto considerareche nel dicembre del 1869 (ossia un mesedopo la lettera di De Lisio al Tommaseo),in evidente concomitanza con l’aperturadel XX Concilio Ecumenico Vaticano, Car-ducci pubblica il suo Inno a Satana.

Siamo, dunque, nella fase in cui si sentenell’aria quell’anticlericalismo, che poi di-venterà laicismo, spirito libertario, solidari-smo, che tanto contraddistingueranno l’at-tività pubblicistica di De Lisio, trovando isuoi attestati di più immediata evidenza nelgiornale «La Mosca», di cui diremo piùavanti, quanto resteranno estranei, sostan-zialmente, all’attività politica e amministra-tiva di De Lisio. Il quale fu “consigliere pro-vinciale in maniera ininterrotta per oltreventicinque anni, membro della De-putazione, oltre che amministratore stra-ordinario in numerosi Comuni della Pro-vincia, quindi Sindaco di Castelbottaccio

22 n. 40, ott./dic. 2006

Page 7: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

dal 1870 al 1884, dal 1892 al 1895 e dal1908 al 1911”,35 come la D’Alessio dovero-samente registra, senza, peraltro, andareoltre il nudo resoconto di episodi, discorsi,interventi che potevano assegnarsi indiffe-rentemente a qualunque galantuomo mo-lisano della seconda metà dell’Ottocento, ecomunque risultano tutt’altro che idoneiad “attestare la competenza e la concretez-za dell’operato politico con cui De Lisioperseguì progrediti programmi di crescitasociale e civile”.36 A meno che non si vogliafar rientrare in questa categoria il ruolodella Tassa di famiglia pubblicato nel 1892,lo statuto di trasformazione del Monte Fru-mentario in Cassa di Prestanza Agrariaapprovato nel 1894, la commissione per larevisione dei nomi delle vie urbane istituitae il poco altro che compare nell’elencoriassuntivo presentato dalla D’Alessio.37

Tanto meno si troverà traccia di questoamministratore progressista negli scritti diDe Lisio e meno che mai sulle colonne de«La Mosca», il quindicinale stampato a Lu-para dal 26 agosto 1888 al 15 luglio 1889,del quale Vincenzo De Lisio era il redatto-re principale e forse unico. Stando alla re-lazione della stessa D’Alessio, «La Mosca» sicaratterizza piuttosto per le polemiche con«Il Sannio», le tipiche polemiche che por-tavano gli atleti di simili palestre, anche dasedi periferiche, a rivaleggiare gli uni congli altri per rivendicare la propria indipen-denza di giudizio non asservito a partiti,sette o cause interessate, e tessere lodi e pa-negirici nell’immancabile galleria di moli-sani benemeriti o annotare l’andamentodelle stagioni e dei raccolti.

Né alcun cenno è fatto a quello spirito deltempo che pervade le colonne de «LaMosca», con i segni dell’epoca nuova cheavrebbero dovuto costituire i rimedi ap-prontati dalla scienza e dal progresso con-tro i vecchi schemi della religione e dellasuperstizione. Anticlericalismo, laicismo osolidarismo che sia, s’intende, piuttosto pa-

rolaio e fine a se stesso: un modo come unaltro per tacitare la cattiva coscienza di ga-lantuomini benestanti, che si guardano be-ne dal calarsi nella realtà; e rivendicazionifumose da letterati di provincia, con po-chissime conseguenze pratiche, o iniziativeche possano in qualsiasi modo rimandareai “Progrediti programmi di crescita socia-le e civile” pretesi dalla D’Alessio.

Per la quale, questo De Lisio sulfureo, in-triso dell’anticlericalismo in certi tratti an-che violento della sua epoca, semplicemen-te non esiste. Non esiste il De Lisio che confurore iconoclasta si scaglia contro il clero ela Chiesa nella ricorrenza del XX settem-bre.38 Non esiste il De Lisio che applaudeal monumento di Giordano Bruno, cam-pione dell’anticlericalismo e della libertàdi pensiero, eretto il 9 giugno 1889 a Ro-ma, a Campo dei Fiori, tra polemiche fero-ci.39 Non esiste il De Lisio che con tuttol’ardore rende omaggio al martirio eroicodi quanti cospirarono in segreto per spez-zare le catene della servitù dell’assolutismopolitico e teocratico e per assicurare allanazione la via del progresso in nome dellafratellanza e del lavoro.40

In assenza di questi presupposti, si com-prende come l’Autrice, nonostante la lun-ga disamina, non interpreti nei termini gi-usti il manoscritto Divagazioni storiche e ri-cordi paesani sopra San Oto, dedicato il 22maggio 1891 al protettore di Castelbottac-cio,41 con tutta la serie di espressioni irri-guardose e in certi casi apertamente bef-farde: “la leggenda del santo coi soliti fattisopranaturali”; “la vantata protezione di S.Leonardo” (con il timore che “non si ridu-ca ad altro che alla corruzione de’ carcerie-ri, o a qualche evento favorevole alla evasio-ne”); S. Oto raffigurato come un vecchio“dal bitorzolo sulla fronte calva”, e altre.

Così per i rilievi sulle “miracolose pietredi San Oto”, dal De Lisio riconosciute per“nient’altro che conchiglie di Panopee fos-sili”; le considerazioni sulle antiche lotte

23n. 40, ott./dic. 2006

Page 8: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

24 n. 40, ott./dic. 2006

Page 9: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

per il possesso delle reliquie, relegate daDe Lisio nel passato, “essendo da noi mol-to lontani i tempi in cui il fanatismo re-ligioso faceva accoltellare le genti per unostinco di santo più o meno autentico”. Ri-flessi salaci, e anche abbastanza divertiti, diun pensatore positivista che guarda conocchio tutto sommato benevolo alle inno-cue debolezze del suo popolo,42 sfruttatemalignamente dalla Chiesa.

E rispetto al brano finale:

Intanto se la questione del luogo dovemorì e del suo corpo non può risolversi, ècerto che nella Chiesa di Castelbottaccio sivenera una reliquia del Santo, quantunquenon si sappia in che consista, né si trovi diessa alcuna autentica, a confessione dellostesso Arciprete Berardino Listorti…

con uno scherno così feroce risuona forseancora più ironica, involontariamente, laD’Alessio che prende tutto sul serio, con lesue osservazioni sulla “maniera documenta-ta” con la quale il De Lisio ci informa, sullo“spiccato senso critico”, sul “giudizio moltooggettivo”, sulla “elaborazione del tutto au-tonoma e criticamente fondata”.43

***

Il glottologo e folclorista

Ne «La Mosca», De Lisio riversa anchel’attenzione per il dialetto di Castelbottac-cio, e vi comincia a pubblicare qualcheparola che inizia per “a”, con ampie di-gressioni sugli usi e le curiosità storichelocali, nonché qualche proverbio dedicatoai mesi e alle stagioni.

Con l’interessante sperimentazione, co-munque limitata a poche prove,44 De Lisiochiude definitivamente il discorso sulla fal-lita, aulica esperienza di poeta di maniera,classico o protoromantico che dir lo si vo-glia, della quale esperienza, grazie agli stu-di positivistici, salva e recupera gli sparsi

spunti antropologici, e nello stesso tempogetta le basi per gli Appunti e note per il dizio-nario della lingua parlata in Castelbottaccio,con alquante notizie sulla vita del paese. Si trat-ta in assoluto del lavoro più importante delDe Lisio, il “maggior lavoro” – rimastoincompleto e inedito – del quale probabil-mente parlava il Masciotta nella nota di cuisi è accennato.

Ai due quadernoni manoscritti, conser-vati presso l’Archivio di Stato di Campo-basso, Michela D’Alessio ha dedicato duedei tre articoli incentrati su Vincenzo DeLisio, nonché una corposa segnalazionenel terzo.45 Nel saggio pubblicato su «Mi-sure Critiche», in particolare, si rielaborae si amplia il primo intervento scritto dal-la D’Alessio nella monografia dedicata aCastelbottaccio, inserendo già nel titolo ilDizionario di De Lisio “tra gli scritti lessico-grafici del secondo Ottocento Molisano”,ovvero gli scritti di Nicola Maria Fruscella(studioso del dialetto di Montagano), Giu-seppe Cremonese (dialetto di Agnone), eLuigi Alberto Trotta (dialetto di Toro).

All’analisi degli scritti del Trotta è riser-vata buona parte del saggio in questio-ne,46 e una prima, desolante sorpresa arri-va proprio con la nota biografica sul dia-lettologo torese,47 quando la si scopre suf-fragata da nient’altro che il modesto Dizio-nario biografico del Tirabasso48 e dall’anco-ra più modesto Molisani: milleuno profili ebiografie della coppia Bertolini-Frattolil-lo.49 Dal che si dovrebbe evincere che uncultore della materia presso la Cattedra diLetteratura Italiana all’Università degliStudi del Molise, che scrive per la presti-giosa rivista fondata da Gioacchino Papa-rella, un tempo onorata dalla cura e dagliscritti di Pasquale Alberto De Lisio, ignorila bibliografia già abbondantemente pro-dotta su uno degli argomenti trattati, chedovrebbe essere l’abc delle pubblicazioniscientifiche.

Ciò vuol dire ignorare i molteplici inte-

25n. 40, ott./dic. 2006

Page 10: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

ressi che portarono il Trotta a intrecciarecarteggi epistolari con personaggi di fama,come il Pepe, il Cantù, il Tommaseo, ilPanzini e altri.50 Ma vuol dire soprattuttoignorare ciò che su un autore trattato –Trotta – scrive l’autore stesso, di propriopugno,51 tanto più per un arco biografico(1835-1921) che ricalca quasi fedelmentequello di Vincenzo De Lisio, con le ovviesuggestioni, in sede di studio, che dovreb-bero scaturire dalle comuni esperienze digalantuomini che curarono con pari impe-gno il patrimonio avito e gli studi, dialettocompreso, e rivestirono entrambi caricheamministrative, a livello comunale e a livel-lo provinciale, anche se in questo caso suversanti opposti: cattolico moderato ilTrotta, laico e filomassonico il De Lisio.

Per stessa ammissione dell’Autrice, ladisamina del lavoro filologico del Trotta sibasa solo sul Terzo saggio di voci del vernaco-lo di Toro (1889) e sul Quarto saggio dellaparlata di Toro, comparata con la toscanavivente (1891),52 non avendo rinvenuto iprimi due.53 Non li ha rinvenuti – verreb-be da commentare – perché non li ha cer-cati. In caso contrario li avrebbe trovati,ristampati in un libro di Giovanni Mascia,dedicato al dialetto di Toro e in gran par-te al lessicografo Luigi Alberto Trotta.54

Nello stesso libro, avrebbe trovato ristam-pata anche la novella del Boccaccio (citatadalla stessa D’Alessio55), tradotta da Trot-ta nel dialetto di Toro e pubblicata ne Iparlari italiani, del Papanti, nel 1875, inoccasione del V centenario della morte diGiovanni Boccaccio.56

E tanto più la cosa sbalordisce perché ilprofessor Sebastiano Martelli, che da sem-pre tanta attenzione riserva all’accademicarivista salernitana, conosce molto bene illibro di Mascia, avendo presenziato allaconferenza di presentazione (Toro, 19agosto 1995) con Luigi Biscardi, Felice DelVecchio e il compianto Giuseppe Jovine.Invitato a commentare gli interventi dei

relatori, il professor Martelli, si soffermòprecisamente sul recupero di “questo capi-tolo della storia molisana”, ovvero gli studilinguistici del Trotta, su cui poco prima siera soffermato il senatore Biscardi.

Biscardi – disse il professor Martelli inquella circostanza – sa quanto me che Trot-ta s’inserisce in questa linea dei molisanidell’Ottocento, con attardamento sulle po-sizioni linguistiche. Anche a me, leggendoil libro di Mascia, è venuto in mente il con-fronto con D’Ovidio, ovviamente con posi-zioni molto più avanzate. Rimane comun-que interessante tale esperienza di Trottache emerge dal libro di Mascia, e questo èun altro merito del libro. Cioè come unostudioso, un intellettuale così legato al pas-sato di una tradizione storico-linguisticache nel Molise poi ha una lunga durata nel-l’Ottocento, pure lui abbia un’apertura nelconfronto del dialetto. E quindi bene hafatto Mascia a recuperare questo capitolodella storia molisana.

Rimane dunque, in pratica come unicafonte, per i dettagli sulla biografia di Trot-ta, il dizionario biografico redatto a quattromani da Rita Frattolillo e Barbara Bertoli-ni.57 Il quale dizionario, a sua volta, per lavoce “Trotta” aveva largamente adoperatoil libro di Mascia, come bene evidenziatonella recensione del dizionario stesso che sifece su una rivista dell’epoca, laddove siparla delle

parti relative al Luigi Alberto Trotta dialet-tologo (pp. 335-336: Trotta che volge adesinenza regolare i termini dialettali,Trotta che non presta attenzione alle fila-strocche ecc.), riprese, con qualche pigraparafrasi, dal libro di Giovanni Mascia suToro.58

“Questo è prima di tutto un lavoro sca-dente” – è il giudizio del recensore; e lariprova migliore arriva proprio dalla sche-da dedicata a Vincenzo De Lisio, che in-

26 n. 40, ott./dic. 2006

Page 11: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

troduce un particolare biografico che me-rita qualche considerazione.

La poca accuratezza – si dice nella recen-sione – poi consente anacronismi vistosicome quello di Vincenzo De Lisio che sco-priva “il talento di Francesco Jovine, inco-raggiandolo e aiutandolo finanziariamen-te” (pp. 104-105): essendo De Lisio mortonel 1909, secondo i dati biografici dellarelativa scheda, e Jovine nato nel 1902, DeLisio doveva aver scoperto il suo talentonel fare le aste, e averlo aiutato finanziaria-mente comprandogli qualche pacchetto dicaramelle.59

In nota, poi si specificava che i dati ana-grafici di Vincenzo De Lisio erano statipedestremente “desunti da Renato Lalli,come tutta la parte riferita ai rapporti DeLisio-Jovine”,60 e alle notizie di Lalli (aggi-ungiamo) le successive pubblicazioni si e-rano adeguate,61

Come le pecorelle escon del chiusoa una, a due, a tre, e l’altre stannotimidette atterrando l’occhio e ’l muso;e ciò che fa la prima, e l’altre fanno.

(Purgatorio, III)

Finché è arrivata Michela D’Alessio, pocointeressata, come abbiamo visto, alla bibli-ografia, ma inflessibile sui dati anagrafici:

Possibili incertezze appaiono legateall’anno di morte di De Lisio: alcune fontiriferiscono il 1909 mentre da altre indica-zioni si è potuto ricavare che in realtà essoè il 1919.62

Avrò modo di soffermarmi su queste in-dicazioni biografiche – allude al lavoro diBertolini e Frattolillo –, per correggerle al-meno in parte: De Lisio è in realtà mortonel 1919.63

Nella generalità dei casi le fonti riferi-scono il 1909, mentre dal vaglio di altre in-dicazioni, prima ancora che dall’accerta-

mento dei registri dell’anagrafe comunaleho potuto ricavare con certezza che in re-altà esso è il 1919…64

Siamo quindi già oltre il 1909 che finoraè stato ritenuto il suo anno di morte.65

Dopo questa clamorosa scoperta,66 l’Au-trice si produce immediatamente in un’al-tra, rivelando come il Dizionario del DeLisio sulla lingua parlata a Castelbottacciosia stato “finora del tutto ignorato e solomarginalmente segnalato”, e garantendo daparte sua che l’importanza “da attribuire aquesto documento sconosciuto tanto aglistudiosi quanto ai cultori di storia locale, èindubitabile”.67

A parte il potente ossimoro (poi ripetuto,ma al plurale, con gli Appunti e note per ildizionario del De Lisio, “finora del tutto igno-rati e solo marginalmente segnalati”68), lamateria sembra ignorata soprattutto dallaD’Alessio. In caso contrario avrebbe saputoche il manoscritto del De Lisio risulta nonsolo conosciuto ma anche apprezzato, stu-diato e utilizzato per pubblicazioni sia dinatura linguistica, sia di natura antropolo-gica. Ancora da Mascia, per esempio, chelo ha posto tra le fonti principali del volu-me dedicato alla liturgia, il lessico e il fol-clore di un vecchio e dimenticato ritualedi Pasqua.69

Sarebbe piuttosto da interrogarsi sul per-ché questo libro di Mascia (come il pre-cedente sul lessico torese e sul lessicografoTrotta) resti sconosciuto alla conterraneaMichela D’Alessio, mentre sia conosciuto(insieme al precedente), da un luminaredegli studi linguistici italiani come GianLuigi Beccaria, che nel suo Sicuterat,70 unodei libri più brillanti e diffusi dell’ultimodecennio, cita frequentemente il lavoro diMascia, a parte gli attestati di stima e diamicizia tributati all’autore.71

Tra i lessicografi menzionati dal Becca-ria c’è anche Michele Colabella, con il suo

27n. 40, ott./dic. 2006

Page 12: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

monumentale Dizionario illustrato bonefra-no-italiano,72

un libro che appartiene alla sfera dellostraordinario, di impianto colossale. Levoci sono spesso autentiche monografie. Ilcorredo etimologico si estende a padro-neggiare decine e decine di lingue e dia-letti italiani, europei e mondiali. La fraseo-logia attinge a una miriade di autori, tuttipuntualmente citati e introdotti da unsistema di segni e di rimandi convenziona-li che può apparire balzano, fatto com’è ditelefoni, tende canadesi, palazzetti e sim-boli taoisti, ed è invece coerente. I sistemianalogici, le tavole di nomenclatura, il cor-redo etnografico e fotografico, la biblio-grafia sterminata e mai fine a sé stessa:sono tutti aspetti che fanno del Dizionariodi Colabella un’opera che non ha riscontriné in Molise, né in Italia e, forse, da nessu-na parte di questo mondo.73

Perché lo si cita qui? Per la semplice ra-gione che il Dizionario di Colabella non po-teva ignorare il dizionario inedito del DeLisio, studiato, analizzato e riproposto de-cine di volte a supporto e ad integrazionedelle innumerevoli voci e sempre con ildoveroso tributo bibliografico.

Sempre Mascia è tornato ad attingeredall’inedito Dizionario di De Lisio, a corre-do di una favola di Nicola Iacobacci ripub-blicata su «L’Arcolaio»,74 rivista che la D’A-lessio conosce benissimo, avendola citatapiù volte nei suoi tre articoli. La favola èquesta:

LA LUCERTOLA. Si era arrampicata sullegno della croce e guardava Gesù. Gli oc-chi chiusi. Le labbra viola. Il sangue sullafronte rigata dalle spine. Sulla sua gola ilcuore accelerava i battiti.

Commozione. Pietà. O la semplice avver-sione degli animali per la crudeltà.

I chiodi nelle mani. Nei piedi. E il gridoche aveva spezzato la roccia e l’aveva sve-gliata dal letargo.

Cominciò a togliere le spine. Per ognispina una ferita sulla bocca.

Quando la corona cadde, Gesù aprì gliocchi e la guardò come una figlia prediletta.

Non strisciò più sul ventre. Aveva quattrozampe, ora. E la bocca bianca. E il petto.75

E questa è la chiosa di Mascia:

Sebbene Iacobacci giuri sul frutto esclu-sivo della sua fantasia, la paternità dellaleggenda va assegnata alla creatività popo-lare molisana, essendo stata riportata innuce nel Dizionario della lingua parlata inCastelbottaccio col ricordo di alquante notiziedel paese compilato da Vincenzo De Lisio, docu-mento inedito conservato presso la biblio-teca dell’Archivio di Stato di Campobasso.Per una datazione di massima del mano-scritto, interessante non solo per i risvoltilessicali ma anche per le ampie digressionifolcloristiche e storiche, occorre tenerepresente gli estremi anagrafici del mul-tiforme De Lisio (Castelbottaccio, 9 dicem-bre 1833 - 11 gennaio 1919, come riporta-to sul frontespizio da aliena mano) e lacitazione da Pindemonte, posta in epigra-fe dallo stesso autore che temeva gli artiglidella morte prima della conclusione del-l’opera, iniziata in età canuta:

... già il mio capello imbiancae questo, ov’or mi metto, è mar sì largoche paventar degg’io, non su la nave

s’affacci a me l’invidiosa mortepria, ch’io del corso al fin, cali la vela.

Alla voce lucerta, dopo la descrizione ac-curata dell’animale, De Lisio annota:

Vive negli orti, abita nelle siepi – fra levecchie mura – e si avvicina e spesso entranelle case, quasi volesse addomesticarsi. Iragazzacci danno la caccia a questa poverae innocua bestiolina, la quale non ha altracolpa che quella di essere parente delramarro, cioè della famiglia de’ rettili sau-ri; le mamme però li rimproverano dicen-do che la lucerta levò i chiodi a Gesù Cristosulla croce, e gli leccò le piaghe.76

28 n. 40, ott./dic. 2006

Page 13: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

Notevole, la conclusione, dettata anch’es-sa dalle credenze locali:

Vi è un pregiudizio fra le donnicciuoleche è giustificato dall’amore di mamma: achi nel giorno di Natale non porterà nellevestimenta, e sia pur nei semplici arredidella persona, alcunché di nuovo – unpaio di calze, una camicia, il cappello, lagiacca, etc. – entrerà la lucerta nell’ano.77

Sarebbe, perciò, bastata una semplicepanoramica degli studi locali prodotti sul-l’argomento per comprendere che nonc’era un gran bisogno delle sollecitazionidi un cultore della materia presso la Catte-dra di Letteratura Italiana all’Universitàdegli Studi del Molise, per dare a De Lisioquello che è di De Lisio, avendo già prov-veduto studiosi molisani con tutte le cartein regola.

Né c’era bisogno “dei registri dell’anagra-fe comunale” per appurare una data di na-scita, già riportata con precisione da Gio-vanni Mascia, come abbiamo visto, in unarticolo del 1999. Lo stesso Mascia, due an-ni dopo, avendo profusamente citato il Di-zionario di De Lisio nel suo lavoro su Le tene-bre nel Molise, ne forniva tutti i corretti rife-rimenti in bibliografia, con le precisazionisui “2 grossi volumi manoscritti conservatipresso l’Archivio di Stato di Campobasso, IA/N, II O/Z” e sulla “nota apposta sul fron-tespizio”, secondo la quale De Lisio “nac-que nel 1833 e morì nel 1919”.78

Lo stesso aveva fatto Michele Colabellanella “Bibliografia” del suo Dizionario Illu-strato.79

Mese e anno della morte di Vincenzo DeLisio erano stati correttamente indicati an-che in due vecchi articoli, a firma di Cen-sino Del Vizio e Carlo Sardelli,80 utilizzatidalla D’Alessio per attingervi notizie bio-grafiche.81 Il che, volendo assolutamenteescludere la malafede, sembrerebbe por-tare alla conclusione che quei contributisiano stati letti senza attenzione.

Una conclusione che potrebbe essere av-valorata dal mancato scioglimento dellopseudonimo Censino Del Vizio, già segna-lato,82 e dalla inspiegabile annotazione po-sta a margine dell’articolo di Sardelli, chesecondo la D’Alessio “si occupa di alcunicorregionali illustri”, mentre in realtà sioccupa del solo De Lisio. A parte qualifica-re l’articolo di Sardelli come una specie difoglio volante, “rinvenuto senza indicazionibibliografiche più complete”,83 dunque co-me una specie di colorato pianeta della fortu-na pizzicato dal becco del pappagallo inqualche fiera, quando a qualsiasi ricercato-re serio competono per l’appunto accerta-menti di questo genere.

Scrive Censino Del Vizio nel 1935:

[Vincenzo De Lisio] visse la tragedia san-guinosa della guerra nostra e ne predissecon cuore di veggente la fine gloriosa. Eproprio ai primi giorni del 1919 quasi cheuna forza sovrumana avesse voluto farlosopravvivere per assistere al tripudio deigiovani di Vittorio Veneto, il suo cuore dipatriota cessò di battere con questi ultimipalpiti di gioia.84

Gli fa eco, alla lettera, Carlo Sardelli nel1949:

Cittadino integerrimo, ardente, si spenseserenamente nei primi giorni del 1919, altripudio degli italiani per il vittorioso epi-logo della prima guerra mondiale.85

Nonostante tutto ciò, e nonostante le al-tre avventate valutazioni, la D’Alessio nonsi perita di annotare quanto segue a con-clusione del suo primo articolo:

Da circa due anni è stato da me presenta-to alla direzione dell’Archivio di Stato diCampobasso un progetto di ricerca sulla fi-gura e l’opera di Vincenzo De Lisio, conparticolare riguardo alla edizione critica deidue preziosi volumi manoscritti sul dialettodi Castelbottaccio lì conservati. Attraverso

29n. 40, ott./dic. 2006

Page 14: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

una proficua collaborazione tra studiosi,amministrazione comunale ed Archivio diStato si stanno definendo le fasi di re-alizzazione sotto il profilo finanziario, ope-rativo e scientifico. Contando sulla dichia-rata volontà dell’amministrazione di Castel-bottaccio di patrocinare l’importante ricer-ca sull’illustre concittadino De Lisio, ringra-zio espressamente il sindaco per il sostegnoche intende assicurare all’iniziativa.86

Petizione poi ripetuta, con una certa im-pazienza, nell’articolo pubblicato sulla«Rivista Storica del Sannio», che pure do-vrebbe costituire tutt’altra sede, rispetto auna pubblicazione di carattere paesano,

per rinverdire ai possibili sostenitori dell’i-niziativa la necessità di decidere in ma-niera stringente sugli esiti della stessa…87

***

Il galantuomo

In Cara Italia tuo Molise, Nicoletta Pietra-valle ha riconosciuto a Vincenzo De Lisiola paternità del ritratto a carboncino diGabriele Pepe, conservato presso la biblio-teca provinciale “P. Albino” di Campobas-so.88 Nella circostanza, la studiosa ha pub-blicato una dichiarazione stilata e firmatain data 9 dicembre 1891, relativa a mate-riale autografo inedito del Pepe, tra cui ilParallelo fra Cesare e Napoleone, che Vincen-zo De Lisio aveva ricevuto in custodia daMarcello Pepe, nipote di Gabriele. La Pie-travalle ha giudicato “interessante” la di-chiarazione, che con gli autografi pepianiè confluita nel fondo Pepe presso la citatabiblioteca “Albino”, dove tuttora è conser-vata.89 In effetti, il documento è interes-sante soprattutto nel passaggio iniziale, do-ve De Lisio informa:

Questi preziosi autografi di Gabriele Pe-pe, contenenti le Vite di Cesare e di Napo-leone, mi vennero affidati in deposito dal

suo nipote Marcello Pepe con lettera del10 novembre 1890 da Resina – ordinando-mi di non pubblicarli in nessun modo, es-sendo questo il comando che gli dettero lozio Gabriele e il genitore Carlo.90

Non consta che Vincenzo De Lisio né al-tri dopo di lui abbiano mai disatteso all’or-dine del Pepe nipote, che ripeteva il preci-so divieto impartito da Gabriele Pepe. Ni-coletta Pietravalle, invece, proprio lei cheha ricopiato e trovato “interessante” la di-chiarazione e reso partecipi i lettori dellavolontà precisa del defunto Pepe e deisuoi familiari, non si è preoccupata affattodi osservare il divieto. Senza avvertire, osenza comunque esibire scrupoli morali,lei che di lì a qualche lustro sarebbe diven-tata soprintendente ai Beni Culturali diCampobasso ha dato alle stampe l’ineditoParallelo fra Cesare e Napoleone, così como-damente a portata di mano. E lo ha fattonello stesso volume ricordato, Cara Italiatuo Molise.

In un empito d’ironia, proprio lei, chein modo così palese ha mancato di rispet-to alla memoria del grande conterraneo,ha sentito poi ineluttabile lo scrupolo diprofessare obbedienza a ogni più riposto evirtuoso scrupolo filologico, con l’impe-gno a rispettare “fin nelle imperfezioni itesti autografi del soldato letterato”.91

Scrupoli di altri tempi, palpiti di una di-rittura morale di prim’ordine, che avevaportato il giovane De Lisio a pubblicarenell’Arpa Sannita la Rivindica cui già abbia-mo accennato e che forse merita un’analisipiù dettagliata, per il suo carattere di stret-ta attualità e per la pertinenza con il discor-so svolto finora. In quel testo, come si è det-to, De Lisio bolla una serie di errori in cuiera incorso il redattore della monografia suCercepiccola che era comparsa sul Regnodelle Due Sicilie del Cirelli. E lo fa con un tra-sporto e con una passione che potranno ri-sultare perfino esagerati, in considerazionedell’esiguità del documento che li motiva.

30 n. 40, ott./dic. 2006

Page 15: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

In effetti, la monografia di Cercepiccola,che insieme a quelle sulle altre sette localitàmolisane è stata riproposta da Gioielli, dap-prima su «L’Arcolaio»92 e quindi in un vo-lume a sé,93 più che una monografia è unascheda sommaria, che fu redatta da Ce-lestino Mucci. De Lisio prende in esame leseguenti asserzioni:

Nel volume XIV, Fascicolo 1°del Regno delle Due Siciliedescritto e illustrato, sotto ladata Cercepiccola (pag.14) tra l’altro leggesi

1. Etimologia e storia“Molte cose dicono

intorno alla sua origi-ne ed etimologia, maperché sanno di favola,anziché di storicarealtà, tralasciamoqualsiasi congettura”.

2. Fontane“Nell’interno del paese

non vi ha alcuna fontana, egli abitanti escono fuori lemura per attingere a circa unmiglio di distanza, in una sorgente,acqua non fresca ma leggiera”.

3. Indole“Sono i cercepiccolesi divoti e religiosi,

obbedienti, rispettosi, pacifici e non vendi-cativi; se non che l’ambizione di occupar cari-che comunali ha reso da poco in qua discor-di e divisi gli animi”.

4. Istruzione“Le lettere sono in molto avvilimento, e

tranne l’Arciprete D. Vincenzo Mastropie-tro, niuno è versato nelle SCIENZE!”.

Ne contesta la validità:

ISa di favola quel che dicesi intorno alle

origine di Cercepiccola? E chi, dove lodice? – Ma che! è surto forse da’ dentistrappati da Cadmo al serpente, o da’ sassidietro lanciatisi da Pirra a Deucalione? No:a tanto non giunge la vanità dei suoi abi-

tanti. Pure qualche nozione non dubbia, ecertamente non favolosa se ne avrebbe, sela mano di un fanatico, che Dio punì di fol-lia, non avesse nelle rivolture del 1820 por-tato il guasto a quante scritte eranvi, e spe-cialmente a quella messa sulla porta d’in-gresso del palazzo ducale, ed all’altra suquella di casa Tata, casa che pur accolse i

primi vagiti di un Domenico, mortoin onoranza di uomo veramente

scientifico, e segnato fra gli uo-mini illustri del Regno.

IILa fontana dove

attingono, per gli usidella vita, i cercepicco-lesi acqua non fresca(dunque tiepida!),non è ad una distanzamaggiore dall’abitatodi un trar di mano. La

verità e la importanzastorica di un paesello il

quale, perché appunto diorigine favolosa, debbe sen-

za dubbio interessare le mentide’ tardi nepoti, mal consentono

ad un errore siffatto. Alla sua favolo-sità verrebbe di giunta l’inesattezza.

IIIDonde mai è scaturita la peregrina eru-

dizione, che dalla protervia di un solo siala massa del popolo giudicata e definita?Se havvi in Cercepiccola taluno che agognicariche comunali (io l’ignoro), non è cer-to quest’uno (di poca onoranza invero setanto interessamento riferisca ad un im-piego amministrativo in un paesello, e ne’contrasti civici, come si vuole dal fornitorede’ cenni statistici), non è certo quest’unocotale e tanto che spinga egli e solo tuttoun popolo, lo trascini ed involva nelle suebasse pratiche di ambizione, lo marchi didiscorde e di scisso. – Avventata, e più cheavventata, da un tristo vezzo, o da alcunrancore quest’altissima erudizione puòben dirsi suggerita.

31n. 40, ott./dic. 2006

Page 16: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

IVIl reverendo Arciprete Mastropietro,

uomo di senno egli è certo, ma avrà sicura-mente riso di un riso compassionevole nelleggere (se pure la cura e le pratiche delsuo ministero avrangli dato a leggere) chein Cercepiccola e di lettere e di scienze eglisolo vada instrutto. Noi che il sappiamo perrelazioni, non direttamente, fregiarlo lavirtù della modestia, della temperanza, del-la umiltà, della continenza, noi garantiamodel suo dispiacimento, od almeno del suodisapprovo in cotanto asserto.

E si lascia andare a una condanna senzaappello:

Protestiamo solennemente non conosce-re chi sia stato il felice raccoglitore ed im-parziale fornitore di tali cenni statistici sulpaesello di Cercepiccola, che ci è occorsodi passeggiare all’occasione di visitare colàun nostro amicissimo: che se avessimo lafortuna di saperlo, e più – di conoscerlo, cisaremmo fatto un debito a lui direttamentevolgere i seguenti rilievi:

1. È una brutta superbia quella di dirfavolosa la origine di un paese, per nonconfessarla ignorata.

2. Quando trattasi di fornir cenni statisti-ci bisogna esser sincero, non fanatico, –esatto, non esagerato: – al che riuscire iocredo debbasi quasi dimenticar avere unapatria – l’amore della quale fa spesso risi-bilmente trascendere.

3. È una impertinenza, se non voglian di-re un sacrilegio storico, il definire una po-polazione con note che la rendona odiosa;e questo al muliebre addentellato del fuor-viare di uno o due de’ suoi cittadini.

4. Non è ad imprendersi mai un lavoroquando si è parziali o non bene informati.

Abbiamo creduto opportuno chiuderequeste annotazioni sui lavori dedicati a Vin-cenzo De Lisio da Michela D’Alessio con laRivindica che, come si vede, non si limitaaffatto a una “risposta alle accuse indirizza-te al Comune di Cercepiccola in una delle

sette monografia molisane apparse sul Re-gno delle due Sicilie, circa la carenza in quelpaese di una specifica tradizione storica eculturale”. Tale documento è sì una con-danna del “sacrilegio storico” di rendereodiosa una popolazione che non merita diesserlo ma è anche una pesante requisitoriacontro la superbia, per non confessare l’i-gnoranza, contro il fanatismo e l’esagera-zione, contro la parzialità e l’approssima-zione.

Del tutto condivisibile, infine, l’invito ri-volto da Vincenzo De Lisio agli studiosi a“quasi dimenticar avere una patria”, pernon trascendere in forza di quell’amore.Non si crede di stravolgerne il messaggiose ci permettiamo di abbassare la patria alrango di “presunzione di sé” e “consorte-ria”, nella convinzione che Vincenzo DeLisio, stroncando senza mezzi termini lascheda sommaria di Celestino Mucci, au-torizzi a onorare dello stesso trattamentoquanti operano in modo approssimativo.

Campobasso, Natale 2006

32 n. 40, ott./dic. 2006

Page 17: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

Note

1 Il dizionario di Vincenzo De Lisio sulla lingua parlatain Castelbottaccio: il dialetto e le tradizioni popolari delpaese, in ANNALISA BIANCHI, CAMILLO CARBONE, MI-CHELA D’ALESSIO, Castelbottaccio nella linea del tem-po: storia di una comunità, Castelbottaccio, Ammi-nistrazione Comunale 2004, pp. 157-178.

2 Il profilo letterario e politico di Vincenzo De Lisio nel-l’Ottocento molisano, in «Rivista Storica del San-nio», 23, 3a serie, a. XII (2005), pp. 155-180; Il di-zionario di Vincenzo De Lisio sul dialetto di Castelbot-taccio tra gli scritti lessicografici del secondo Ottocentomolisano, apparso su «Misure critiche», a. 2004(ma a stampa nel 2005), n. 1-2, gennaio-dicem-bre, pp. 82-100. Michela D’Alessio si è laureata inLettere e Filosofia presso l’Università di Napolicon una tesi in Storia della lingua italiana su Scuo-la e lingua nel Molise di fine Ottocento, con la qualeha ottenuto nel 2001 il premio letterario interna-zionale “Piedicastello”. Cultore della materia pres-so la Cattedra di Letteratura Italiana all’Universitàdegli Studi del Molise, ha pubblicato insieme aRITA FRATTOLILLO DI ZINNO, Lingua e dialetto a Mon-tagano nel Sannio tra passato e presente, Edizioni En-ne, Ferrazzano 2003, e MICHELA D’ALESSIO, Scuolae lingua nel Molise di fine Ottocento, Edizioni Scienti-fiche Italiane, Napoli 2005.

3 De Lisio in realtà era un avvocato.4 RENATO LALLI, La radice meridionale di Francesco Jo-

vine, Editoriale Rufus, Campobasso 1981, p. 16.In effetti è lo stesso Francesco Jovine a lasciare inSignora Ava precisi riferimenti alla figura di Vin-cenzo De Lisio, quando descrive i libri che donGiovannino aveva sul suo tavolo: “c’era un volu-me de L’Esprit de l’Encyclopédie pubblicato dal Di-dot, l’Aritmetica del Carovita, e alcune copie del-la Strenna del ’57 pubblicata a Campobasso conversi suoi e di altri poeti del contado di Molise»,cfr. FRANCSCO JOVINE, Signora Ava, Einaudi, Tori-no 1973 [rist.], p. 56. Casa De Lisio era tradizio-nalmente aperta ad artisti e letterati. Nel mano-scritto Memorie Patrie (1893) di Vincenzo De Lisio“si attesta che in data 22 agosto 1857 fu portata aCastelbottacccio la statua di San Rocco, sistema-ta nell’omonima chiesa. L’opera, che pesa 130rotola, fu pattuita per 60 ducati; ma perché illavoro fu accetto lo scultore ottenne 15 piastre inregalo, il rimborso delle spese di trasporto e altridoni. Per completare e verniciare la statua l’arti-sta si trattenne in casa del De Lisio per otto gior-ni”. Cfr. DANTE GENTILE LORUSSO, Uomini Virtuosi.Il “caso” Oratino nella geografia culturale molisana,Edizioni Limiti inchiusi, Campobasso 2002, p.57. Lo scultore di cui si parla è Crescenzo Ranal-

lo (Oratino 1816-1892).5 Anche il padre di Vincenzo De Lisio era stato

maresciallo d’alloggio delle truppe napoleoni-che, e alla caduta dell’imperatore aveva abban-donato la carriera delle armi, cfr. CENSINO DEL

VIZIO, Il Sannio letterario e scientifico. Poeti nostri delRisorgimento. Vincenzo de Lisio, in «Luci Molisane»,a. I, n. 7-9, aprile-giugno 1935, pp. 5-6.

6 M. D’ALESSIO, Il dizionario… cit., in Castelbottacciop. 159, n. 1.

7 BENEDETTO CROCE, La vita letteraria a Napoli dal1860 al 1900, in Letteratura della Nuova Italia, IV,Laterza, Bari 1922, p. 263.

8 VINCENZO DE LISIO, Le lucciole. Armonie giovanili,Tipografia Nuzzi, Campobasso 1857.

9 ID., I fiori campestri. Canti popolari e lirici, Tip. del-l’Industria, Napoli 1859.

10 M. D’ALESSIO, Il profilo letterario… cit,, p. 159-160.11 VINCENZO DE LISIO – LUIGI DE MARCO, L’Arpa San-

nita. Strenna per la Pasqua del 1857 compilata abeneficio de’ poveri, Stamperia e Calcografia VicoFreddo Pignasecca 15, Napoli 1857.

12 RAFFAELE DE CESARE, La fine di un Regno, Longa-nesi, Milano 1969, pp. 146-151 (I ediz. Lapi, Cittàdi Castello 1895).

13 Ivi, p. 150. Campobasso è chiaramente da inten-dere non come il luogo della stampa, che sappia-mo essere stato Napoli, ma il luogo di redazionedel volume.

14 V. DE LISIO – L. DE MARCO, L’Arpa Sannita… cit.,pp. 129-131.

15 Ivi, pp. 175-176.16 M. D’ALESSIO, Il profilo letterario… cit., p. 163. 17 V. DE LISIO – L. DE MARCO, L’Arpa Sannita… cit.,

pp. 155-157.18 M. D’ALESSIO, Il profilo letterario… cit,, pp. 162-

163. Corsivo nostro. 19 GIAMBATTISTA MASCIOTTA, Il Molise dalle origini ai

nostri giorni, Circondario di Isernia, III, Cava deiTirreni 1952, Ristampa Campobasso 1984, p. 347e p. 461, n. 372.

20 Nella monografia di Castelbottaccio, De Lisiocompare comunque nella nota che riguarda il fa-moso cenacolo giacobino della baronessa Olim-pia Frangipane in Cardona, ubicato secondoPasquale Albino nel “casino baronale” dei Cardo-na in agro di Castelbottaccio. Forte del mano-scritto inedito dei Ricordi paesani, di Vincenzo DeLisio, Masciotta invece smentisce l’esistenza delpreteso casino e lo etichetta come parto della fan-tasia dell’Albino e dei successivi scrittori che han-no acriticamente mutuato dall’Albino l’informa-zione. Nota bene: Masciotta dice di avere avutoquesta notizia, con altre sui Cardona, dal Dott.Vincenzo De Lisio juniore. Cfr. GIAMBATTISTA

33n. 40, ott./dic. 2006

Page 18: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

MASCIOTTA, Il Molise dalle origini ai nostri giorni, Cir-condario di Larino, IV, Cava dei Tirreni 1952,ristampa Campobasso 1985, p. 396, n. 106. SulDott. Vincenzo De Lisio juniore, torneremo piùavanti, n. 30. Per il momento importa sottolinea-re come anche questa importante informazionesul conto del De Lisio, unitamente allo strale cri-tico del Masciotta di perdurante attualità, sia sta-ta ignorata dalla D’Alessio.

21 ACHILLE DE RUBERTIS, Niccolò Tommaseo nelle suerelazioni con alcuni letterati molisani, in «Rassegnastorica del Risorgimento», 1938, fasc. VIII, pp.969-980.

22 VINCENZO DE LISIO, Il Cantico de’ Cantici fatto ita-liano, Tipografia fratelli Giovanni e Nicola Colit-ti, Campobasso 1868.

23 A. DE RUBERTIS, Niccolò Tommaseo… cit., p. 980.24 M. D’ALESSIO, Il profilo letterario… cit., p. 163.25 Ivi.26 Ivi, pp. 162-163.27 A. DE RUBERTIS, Niccolò Tommaseo… cit., p. 980.28 RAFFAELLO DE RENSIS, Il “Cantico dei Cantici” e gli

scrittori molisani, «Idea Nova», a. I, n. 3, 25 marzo1900, pp. 21-22. Devo la segnalazione dell’artico-lo, comparso su una rivista irreperibile in Molise,alla cortesia di Michele Tuono, che ringrazio dicuore. Raffaello De Rensis (Casacalenda 1880,Roma 1970), critico e storico della musica. Allie-vo di Giovanni Gentile, abbandonò gli studi giu-ridici per dedicarsi alla letteratura e alla musica.Pioniere del giornalismo musicale, fu animatoredella vita musicale romana e, nel 1938, fondatoree segretario dell’ “Istituto Italiano per la Storiadella Musica”, presieduto da Ildebrando Pizzetti.La produzione bibliografica di De Rensis è im-mensa: i suoi saggi e le sue pubblicazioni musicali,che spaziano su oltre mezzo secolo (1910-1961),vertono sui grandi nomi della musica nazionale emondiale: Palestrina, Gluck, Haydn, Beethoven,Boito (il suo prediletto), Wolf-Ferrari, BeniaminoGigli, Zandonai, Giordano, Leoncavallo, Cilea,etc. Per più precisi rimandi bibliografici cfr. Dizio-nario biografico degli italiani, vol. 39, Treccani 1960-1991, ad vocem. Va aggiunto che De Rensis nontrascurò la cultura molisana. Nel 1898 avrebbefondato «Il pensiero dei giovani» di Campobasso.La notizia è nel citato Dizionario Treccani (ripre-sa puntualmente in un’opera su cui torneremo conagio, BARBARA BERTOLINI – RITA FRATTOLILLO, Mo-lisani. Milleuno profili e biografie, Edizioni Enne,Campobasso 1998, ad vocem), ma del giornale nonè stato rintracciato alcun numero. Di sicuro, inve-ce, De Rensis collaborò con diverse testate regio-nali di fine secolo e dei decenni successivi, con ar-ticoli di critica letteraria e di rievocazione di figu-

re di illustri conterranei. Il Molise è fonte di ispi-razione e oggetto di indagine anche dei volumiSannio dimenticato, Benevento 1900, Rinascienzasannitica, Milano 1907. Il valore di Raffaello DeRensis non fu disconosciuto nella sua regione:già nel 1924 Cirese gli dedicava la musica a stam-pa di Canzone d’atre tiempe (cfr. E. CIRESE, Oggi do-mani ieri. Tutte le poesie in molisano, le musiche e altriscritti, II, Marinelli, Isernia, 1997, pp. 398, 401). Inseguito, il suo nome finirà quasi per essere dimen-ticato (cfr. MICHELE TUONO, Letterati e riviste nelMolise del tardo Ottocento, in «L’Arcolaio», n. 3, gen-naio 1997, p. 33, nota 32; MAURO GIOIELLI, Unmusicologo molisano: Raffaello de Rensis, in «Extra»,a. V, n. 20, 23 maggio 1998).

29 R. DE RENSIS, Il “Cantico dei Cantici” e gli scrittori mo-lisani, cit.

30 C. DEL VIZIO, Il Sannio letterario... cit. Nonostantel’anagramma così facilmente riconoscibile, laD’Alessio non si è lasciata sfiorare dal dubbio chea firmare l’articolo con lo pseudonimo di CensinoDel Vizio possa essere stato un Vincenzo De Lisio.Probabilmente il nipote omonimo del Nostro, exfilio Decio (Castelbottaccio 1911, Campobasso1988), giornalista pubblicista, collaboratore di im-portanti testate nazionali, fondatore e direttore didue quindicinali, nel secondo dopoguerra «LaMosca» (chiaro omaggio al giornale pubblicato dalnonno nel 1888, sul quale ci soffermeremo più a-vanti), e sul finire degli anni Cinquanta «Il Moli-se». Presentando la ristampa dell’articolo pubbli-cato a suo tempo su «Luci Molisane», Mauro Gio-ielli (Vincenzo De Lisio, un intellettuale molisano del-l’Ottocento, in «Extra», a. XI, n. 44, 10 dicembre2004, pp. 16-17) ipotizza invece che Censino DelVizio possa essere un altro nipote omonimo delNostro, figlio del pittore Arnaldo, e “apprezzatomusicista e direttore d’orchestra (cfr. Vincenzo DeLisio, Musico, in «Luci Sannite», N.S., III, 1937, p.48)”. C’è una terza possibilità: il non meglio iden-tificato “Dott. Vincenzo De Lisio juniore”, referen-te del Masciotta, citato nella n. 20, che non puòessere identificato nel giornalista figlio di Decioné nel musicista figlio di Arnaldo, perché i duecugini erano ancora bambini nel 1915, quando lostoriografo di Casacalenda andava completandola sua opera monumentale.

31 V. DE LISIO, Il Cantico… cit., p. 41. “Condotto sul-la Volgata”, quindi, e non “condotto in prevalen-za… sulla Volgata”, come la D’Alessio è costrettaa scrivere per accreditare la “buona conoscenzadella lingua originaria” attribuita al poeta. Cfr.M. D’ALESSIO, Il profilo letterario… cit., p. 164.

32 V. DE LISIO, L’Ecclesiaste in verso libero italiano, N.De Arcangelis, Casalbordino 1902.

34 n. 40, ott./dic. 2006

to

Page 19: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

33 Ivi. Al lettore de «La Mosca», a. II, n. 2, 11 gen-naio 1889, p. 1, De Lisio aveva offerto un assaggiode Le concioni di Salomone, il cui incipit era, se pos-sibile, ancora più stonato: Vanità! Vanità! Vana va-nissima... / Tutto il mondo è vanità infinita!

34 A. DE RUBERTIS, Niccolò Tommaseo… cit., p. 980.35 M. D’ALESSIO, Il profilo letterario… cit., pp. 164-165.36 Ivi, p. 169.37 Ivi.38 T., XX settembre, «La Mosca», a. I, n. 3, 20 settem-

bre 1888. Si leggano ancora i versi, davvero pocodevoti, composti per una campana, fusa a Lucitonel 1867, e pubblicati nel numero successivo (deL., Per una campana, «La Mosca», a. I, n. 4, 7 otto-bre 1888).

39 Giordano Bruno, ivi, a. II, n. 11, 5 giugno 1889.40 T., Fratellanza e lavoro, ivi, a. I, n. 1, 26 agosto

1888.41 M. D’ALESSIO, Il profilo letterario… cit., pp. 175-180.42 Cfr. supra, nota 4, l’episodio raccontato da Genti-

le Lorusso, tratto dal manoscritto delle MemoriePatrie di De Lisio.

43 M. D’ALESSIO, Il profilo letterario… cit., p. 178 e pas-sim.

44 V. DE LISIO, Saggio di uno studio sopra la lingua par-lata in Castelbottaccio, in «La Mosca», a. I, n. 8, 5 di-cembre 1888; ID., ivi, a. II, n. 2, 19 gennaio 1889;ID., Proverbi paesani sulle stagioni raccolti in Castelbot-taccio. Aprile – Maggio, ivi, a. II, n. 9, maggio 1889.

45 M. D’ALESSIO, Il profilo letterario… cit., p. 173-175.46 ID., Il dizionario… cit., in «Misure critiche», pp. 84-

85 e pp. 88-92.47 Ivi, p. 85, n. 8.48 ANGELO TIRABASSO, Breve dizionario biografico, La

Squilla del Molise, Oratino 1932. 49 B. BERTOLINI – R. FRATTOLILLO, Molisani… cit. 50 NICOLETTA PIETRAVALLE, Cara Italia, tuo Molise,

Società Editrice Napoletana, Napoli 1983.51 LUIGI ALBERTO TROTTA, Cronistoria della mia vita,

Gnecco, Genova 1913.52 L.A. TROTTA, Terzo saggio di voci del vernacolo di

Toro, in Studi letterari e morali (Tomo V, Fasc. 14,n. 177 voci), Roma 1889; ID., Quarto saggio di vocidel vernacolo di Toro, in Studi letterari e morali(Tomo VI, Fasc. 18, n. 403 voci), Modena 1891.

53 M. D’ALESSIO, Il dizionario... cit., in «Misure criti-che», p. 85. Suona pleonastica la nota apposta incalce, con le indicazioni bibliografiche del Terzo eQuarto saggio. Scrive la D’Alessio a proposito delterzo saggio: “Qui, in una nota introduttiva, vienesegnalato che questo saggio ‘fu preceduto da altridue, dallo stesso chiarissimo autore pubblicati…’ ”.

54 GIOVANNI MASCIA, ’A tavele de Ture (La Tavola diToro). Reperti dialettali di una comunità molisana,Lampo, Campobasso 1994, in Appendice, pp. 158-

197; L.A. TROTTA, Saggio di voci del vernacolo diToro, in Opuscoli Religiosi Letterari e Morali (SerieIV, tomo VI, n. 59 voci), Roma 1879; ID., Secondosaggio di voci del vernacolo di Toro, in Opuscoli Relig.Lett. e Morali (Serie IV, tomo 12, n. 92 voci), Ro-ma 1882.

55 M. D’ALESSIO, Il dizionario... cit., in «Misure criti-che», pp. 88-89.

56 Decamerone, Novella IX, Giornata I, in G. MASCIA,’A tavele de Ture… cit., p. 125, n.10, e pp. 128-129.

57 B. BERTOLINI – R. FRATTOLILLO, Molisani… cit.58 L.F., in “Bibliografia”, «Sannitica», a. I, n. 1, set-

tembre 1999, pp. 35.59 Ivi.60 R. LALLI, La radice meridionale… cit., p. 15 e segg.

La svista è riproposta in ID., Vita e cultura del Moli-se, dal Medioevo ai tempi nostri, Editrice Samnium,Campobasso 1987, p. 239.

61 Si veda anche SEBASTIANO MARTELLI – GIAMBATTI-STA FARALLI, Molise, Editrice La Scuola, Brescia1994, p. 32, dove si incorre nello stesso errore.

62 M. D’ALESSIO, Il dizionario… cit., in Castelbottaccio,p. 162, n. 7. L’esatto anno di morte di VincenzoDe Lisio è segnalato anche da MAURO GIOIELLI,Emerologia ed emerografia del folklore molisano. I. Gliscritti apparsi sulla «Rivista delle tradizioni popolariitaliane», in «Utriculus», a. VI, n. 3 (23), luglio-set-tembre 1997, p. 22, n. 25).

63 ID., Il profilo letterario… cit., p. 155, n. 3.64 Ivi, p. 157 e n. 9.65 Ivi, p. 158. La data di morte di De Lisio. 66 Sulla quale cfr. infra. 67 ID., Il dizionario… cit., in Castelbottaccio, pp. 159-

160. Corsivo nostro.68 ID., Il dizionario… cit., in «Misure critiche», pp. 85-

86.69 GIOVANNI MASCIA, Le tenebre nel Molise. Liturgia, les-

sico e folclore di un antico rituale di Pasqua, Palladi-no Editore, Campobasso 2001.

70 GIAN LUIGI BECCARIA, Sicuterat. Il latino di chi non losa: Bibbia e liturgia nell’italiano e nei dialetti, Garzan-ti, Milano 1999.

71 Cfr. “Bibliografia” [I contributi molisani al Sicute-rat di G.L. Beccaria], «Sannitica», a. II, n. 1-2, gen-naio 2000, pp. 54-57.

72 MICHELE COLABELLA, Dizionario Illustrato Benefrano-Italiano, Amodeo, Milano 1993.

73 LUIGI FRATANGELI – GIOVANNI CIMA, Su alcuni auto-ri contemporanei, in «Sannitica», 1998, n. 0, p. 18.

74 GIOVANNI MASCIA, Sei favole di Nicola Iacobacci, in«L’Arcolaio», n. 8, luglio 1999, pp. 85-94.

75 Ivi, pp. 90-91. La favola è tratta da NICOLA IACO-BACCI, Hàmichel, Introduzione e note di GiovanniMascia, Marinelli, Isernia 1995, p. 140.

76 Il corsivo è nostro.

35n. 40, ott./dic. 2006

Page 20: A proposito di Vincenzo De Lisio - Toro, Molise · 2007. 12. 25. · Di Vincenzo De Lisio (Castelbottaccio 1833-1919), poeta, folclorista, glottologo, uomo politico, nonché pittore

77 G. MASCIA, Sei favole… cit., pp. 90-91. Fra le altrevoci del Dizionario di De Lisio, oltre quelle trascrit-te alla buona dalla D’Alessio, piace segnalare vocicome auliva, uliva, con un’ampia monografia sultema, quelle che rimandano a giochi popolari(per esempio ache, ago) e quelle che esibisconoampi riferimenti alla letteratura latina e naziona-le, e ai primi scrittori in vernacolo medievale.Come era lecito attendersi, anche come compila-tore del Dizionario De Lisio si compiace dimostrarsi positivista e ferocemente anticlericale,dedito a sferzare compaesani e corregionali, spe-cie quelli di classe elevata o che la pretendonoelevata (alla voce medico, per esempio, De Lisioprende di mira la serie dei medici non proprioesemplari che si sono succeduti in paese, incuran-te del fatto che l’ultimo della serie sia uno dei suoifigli).

78 G. MASCIA, Le tenebre… cit., p. 112.79 M. COLABELLA, Dizionario Illustrato… cit., p. 462.80 C. DEL VIZIO, Il Sannio letterario… cit.; CARLO SAR-

DELLI, Corregionali illustri. Vincenzo De Lisio animagentile di poeta, in «Corriere Molisano - MomentoSera», a. IV, n. 157, sabato 25 giugno 1949.

81 M. D’ALESSIO, Il profilo letterario… cit., pp. 155-156.82 Vedi supra, n. 30. 83 M. D’ALESSIO, Il profilo letterario… cit., p. 155 e n.

5.84 C. DEL VIZIO, Il Sannio letterario… cit., p. 5.85 C. SARDELLI, Corregionali illustri… cit.86 M. D’ALESSIO, Il dizionario… cit., in Castelbottaccio,

p. 178, n. 40.87 ID. Il profilo letterario… cit., pp. 174-175, n. 79.88 N. PIETRAVALLE, Cara Italia… cit., p. 45.89 Ivi, pp. 58-59.90 Ivi, p. 58.91 Ivi, p. 63, in nota.92 MAURO GIOIELLI, Il Molise preunitario. Monografie

tratte dal Regno delle Due Sicilie descritto ed illustratoda Filippo Cirelli, in “L’Arcolaio”, n. 6, luglio 1998,pp. 41-108.

93 Molise preunitario. Monografie municipali tratte da “IlRegno delle Due Sicilie” descritto ed illustrato da Filip-po Cirelli, ristampa anastatica, Palladino Editore,Campobasso 2001.

36 n. 40, ott./dic. 2006

Ritratto di Vincenzo De Lisio, realizzato dal figlio Arnaldo