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A. Fornasari, F. Schino, A. Cassano, M. C. Giorda, M. Stranisci, L. Bossi, F. Michielin DIETRO LO SCHERMO Gli adolescenti e la comunicazione ai tempi di Facebook Biblioteca della Fondazione

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A. Fornasari, F. Schino, A. Cassano, M. C. Giorda,M. Stranisci, L. Bossi, F. Michielin

DIETRO LO SCHERMOGli adolescenti e la comunicazione

ai tempi di Facebook

Biblioteca della Fondazione

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DIETRO LO SCHERMOGli adolescenti e la comunicazione ai tempi di Facebook

Proprietà letteraria della Fondazione InterculturaI testi di questo volume possono essere riprodotti gratuitamente

citando la fonte e purchè per scopi non commerciali.Non se ne possono trarre opere derivate.

Immagine in copertina © del proprietario

Visitate il sito www.fondazioneintercultura.org

Finito di stampare nel mese di settembre 2013

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Sommario

Gruppo di ricerca 7Gli autori e le autrici 8

1. Presentazione della ricerca (A. Fornasari) 151.1 Introduzione al tema 151.2 Significati, finalità, metodologie della ricerca 241.3 Tappe e strumenti della ricerca 27

2. Introduzione alla ricerca: analisi dei dati a livellonazionale (F. Schino) 312.1 Alcuni dati strutturali 312.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero 322.3 Social network e dinamiche di relazione 342.4 La rete e l’altro 412.5 Cosmopolitismo web 2.0 44

3. Analisi dei dati a livello regionale – Piemonte/Puglia(F. Schino) 473.1 Alcuni dati strutturali – Piemonte 473.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero 473.3 Social network e dinamiche di relazione 493.4 La rete e l’altro 563.5 Cosmopolitismo web 2.0 593.6 Alcuni dati strutturali – Puglia 613.7 L’utilizzo di internet e dei social network 62

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3.8 Social network e dinamiche di relazione 643.9 La rete e l’altro 713.10 Cosmopolitismo web 2.0 753.11 Sintesi Piemonte/Puglia 77

4. Analisi generale dei questionari returnees (F. Schino) 814.1 Alcuni dati strutturali 814.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero 834.3 Social network e dinamiche di relazione in Italia e all’estero 874.4 La rete e l’altro 974.5 Cosmopolitismo web 2.0 105

5. Analisi regionale dei questionari retunees (F. Schino) 109Piemonte 1095.1 Alcuni dati generali 1095.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero 1115.3 Social network e dinamiche di relazione in Italia e all’estero 1155.4 La rete e l’altro 1245.5 Cosmopolitismo web 2.0 131Puglia 1355.6 Alcuni dati generali 1355.7 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero 1365.8 Social network e dinamiche di relazione in Italia e all’estero 1405.9 La rete e l’altro 1505.10 Cosmopolitismo web 2.0 1575.11 Sintesi 160

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6. Media Education (A. Cassano) 1656.1 Media education e intercultura 1656.2 Nuovi media e identità 1706.3 I media tra consumi e saperi 1786.4 Crescere con i media. La costruzione dei significati

nei nativi digitali 1826.5 La terza cultura: uno spazio per la condivisione 1846.6 La società dell’informazione nelle strategie dell’Unione

Europea 1866.7 Cittadinanza ed e-democracy 1896.8 Multimedialità e didattica: studenti web 2.0 193

7. Report Regionale Piemonte (M.C. Giorda, M. Stranisci, L. Bossi) 2037.1. Introduzione: il contesto regionale 2037.2 La ricerca in Piemonte: le scuole campione 2077.3 Istruzione e media education nelle scuole campione 2127.4 Vivere in rete o i giovani e la rete 2157.5 Social network e dinamiche di relazione 2237.6 La rete e l’altro 2327.7 La rete come strumento di educazione al cosmopolitismo 2347.8 Scuola 2.0: la sfida del nuovo millennio 2377.9 I giovani si raccontano 2397.10 Returnees e Internet 250

8. Report Regionale Puglia (A. Fornasari) 2578.1 Il contesto regionale letto attraverso una comparazione

con i dati nazionali e internazionali (dati Audiweb) 257

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8.2 La ricerca in Puglia: le scuole campione e la media education 267

8.3 I giovani e la rete: social network e dinamiche di relazione 2978.4 La rete: strumento di educazione al cosmopolitismo 3098.5 Scuola web 2.0: la sfida del nuovo millennio 3118.6 Analisi dei POF delle scuole partecipanti alla ricerca 323

9. La rete strumento di educazione al cosmopolitismo(A . Fornasari) 3299.1 Il cosmopolitismo ed i suoi significati 3299.2 Cosmopolitismo e globalizzazione 3369.3 La rete ed il cosmopolitismo 339

10. Conclusioni (A. Fornasari) 35110.1 Glocalismo e mondo digitale 35110.2 I risultati emersi per mappe concettuali (A. Fornasari, F. Schino) 355

Riferimenti bibliografici generali: 361

Allegati 365

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Gruppo di ricerca

Progettazione e coordinamento

Alberto Fornasari (Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Laboratorio di Pedagogia Interculturale, Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione)

Realizzazione

Alberto Fornasari (predisposizione piattaforma moodle, sommini-strazione on-line questionari, gestione focus group/interviste etno-grafiche, revisione statistica, predisposizione questionari) Francesco Schino (elaborazione statistica e grafica, gestione FG/in-terviste etnografiche, predisposizione questionari)Andrea Cassano (gestione FG/interviste, revisore bozza, predisposi-zione questionari)Maria Chiara Giorda con la collaborazione di Marco Stranisci, Luca Bossi e Filippo Michielin (gestione FG/interviste etnografiche)

Si ringrazia il prof. Maurizio Seggioli per la consulenza informatica.

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Gli autori e le autrici Alberto Fornasari [email protected] PhD, Dottore di Ricerca in “Dinamiche Formative ed Educazione alla Politica”, Ricercatore in Pedagogia Sperimentale presso il Di-partimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione (M-PED/04), già Professore a contratto in Pedagogia Sociale e In-terculturale, Pedagogia Generale e Sociale, Pedagogia Sperimentale, Programmazione e Valutazione Scolastica, Metodologie e Tecniche del Gioco e dell’animazione presso la Facoltà di Scienze della For-mazione e di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Esperto in processi Multi/Interculturali. Membro delle seguenti società scientifiche nazionali e internazionali: Siped (So-cietà Italiana di Pedagogia), IAIE (International Association for In-tercultural Education), SIREM (Società Italiana Ricerca Educazione Mediale), CIRSE (Centro Italiano Ricerca Storico Educativa); co-ordinatore di ricerche nazionali. Consulente per l’intercultura della Biblioteca del Consiglio della Regione Puglia, ha all’attivo svariate pubblicazioni, relatore in convegni accademici nazionali e interna-zionali. Membro del Laboratorio di Pedagogia Interculturale e del Laboratorio di Pedagogia Sperimentale del Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione. Consulente esterno per programmi comunitari (Commissione Europea). Coordinatore del gruppo di ricerca universitario “Religioniindalogo” attivato con la Prefettura di Bari e l’Assessorato Regionale al Mediterraneo. Si occupa, da svariati anni, di ricerca nelle discipline socio-pedagogi-che con un approccio sperimentale, autore di varie pubblicazioni, formatore, all’interno di corsi di aggiornamento per docenti, per con-to dell’Ufficio Scolastico della Regione Puglia, misura art 9. scuole a forte processo immigratorio, sulle misure d’integrazione.

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Francesco Schino [email protected] Socio-antrolopogo, docente liceale di Scienze Sociali, già Coordina-tore didattico dello STESAM (Istituto Superiore di Scienze e Tecno-logie per lo Sviluppo) di Bari; già professore a contratto di Sociologia della Famiglia presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’U-niversità degli Studi di Bari “Aldo Moro” e di Sociologia Generale presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Bari. Autore di pubblicazioni e ricerche nel settore educativo, intercultu-rale, del disagio, della devianza. Esperto in metodologia di ricerca.

Andrea Cassano [email protected] PhD, Dottore di ricerca in “Dinamiche Formative ed Educazione alla Politica”, si occupa dell’influenza delle tecnologie digitali sui proces-si di crescita e di apprendimento delle nuove generazioni e, in parti-colare, dell’incidenza degli spazi online sui processi di formazione del sé, sui profili cognitivi e metacognitivi, nonché sulle modalità di partecipazione politica dei cosiddetti digital learners. Ha svolto numerose ricerche sulle più diffuse piattaforme online impiegate dai giovani in contesti informali, testandone direttamente l’incidenza sui modi di comunicare, apprendere e pensare. Autore di pubblicazioni sui predetti temi.

Maria Chiara Giorda [email protected], Dottore di ricerca in Sciences Religieuses all’Ecole Pratique des Hautes Etudes della Sorbonne di Parigi. Il suo campo di ricerca è l’epistemologia della storia delle religioni, con un approccio in-terdisciplinare e aperto alla comparazione. Nel campo della ricerca da alcuni anni si occupa di didattica e di divulgazione di storia delle religioni, con studenti delle scuola superiore, studenti universitari e adulti.Dal 2011 coordina il progetto sperimentale del Corso di Storia

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delle religioni e del libero pensiero per l’Attività Alternativa nella scuola secondaria superiore

Marco Stranisci [email protected] in Linguistica Cognitiva con una tesi sulle metafore del Partito Democratico, dal 2005 collabora con l’associazione Acmos ricoprendo il ruolo di educatore in diverse scuole della provincia di Torino. Dal 2006 fa parte dell’équipe del Performing Media Lab, centro di sperimentazione e studio sui nuovi linguaggi che ha sede in un bene confiscato alle mafie. Dal 2011 ne è diventato responsabile. Dal 2006 fa parte della redazione che cura i contenuti della testata http://acmos.net e del blog http://liberapiemonte.it.

Luca Bossi Laureato in Sociologia e Ricerca Sociale presso l’Università degli Studi di Torino, con una tesi sul giornalismo online. Dal 2008 col-labora con l’associazione Acmos, in qualità di membro del Centro Studi, referente di progetto per Biennale Democrazia, progettista per bandi europei, nazionali e locali. Dal 2011 collabora in qualità di re-dattore e formatore al progetto sperimentale del Corso di Storia delle religioni e del libero pensiero per l’Attività Alternativa nella scuola secondaria superiore. Dal 2012 è fondatore e membro di Se.Ri.So, rete di professionisti per Servizi di Ricerca Sociale.

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È caduto ogni limite,in terre sconosciutesorgono mura di città,le strade del mondo si spalancano,muta sede ogni cosa.Si disseta l’indiano al gelido Arasse,bevono i persiani all’Elba e al Reno.Verrà il giorno, in secoli lontani,che Oceano sciolga le catenedelle cose e immensa si riveli una terra.Nuovi mondi Teti scoprirà.Non ci sarà più sul pianetaun’ultima Tile.

Seneca, Medea

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1. Presentazione della ricerca A. Fornasari

1.1 Introduzione al tema

Ragazzi e internet: un tema di riflessione e di dibattito cui è difficile sottrarsi in una società globalizzata e cosmopolita. Genitori, insegnanti, educatori operanti del terzo settore e dell’asso-ciazionismo, nonché studiosi di campi disciplinari che vanno dalla sociologia alla pedagogia, sino alla psicologia, non possono eludere le domande che la rapida diffusione della rete e l’appropriazione che ne è stata fatta da parte dei più giovani sollecitano abbondantemente. Sulla base di una ricognizione critica della letteratura scientifica e di un’ampia serie di ricerche quantitative e qualitative condotte in Europa di grande interesse appaiono gli indirizzi di ricerca tesi all’a-nalisi degli ambienti digitali online a partire dalla pratiche quotidiane che i ragazzi vi mettono in atto per apprendere, comunicare con il gruppo dei pari, costruire la propria identità o esercitare i propri di-ritti di cittadinanza, “costruire” una mentalità interculturale, sentirsi cittadini del mondo.I new media favoriscono infatti lo sviluppo di un particolare tipo di intelligenza che Gardner ha definito “intelligenza relazionale” la quale si configura come matrice del pensiero interculturale. Questo tipo di intelligenza, infatti, apre a qualcosa di più significati-vo rispetto alla tolleranza o all’accoglienza; introduce a un pensiero flessibile, mobile, lontano da ogni forma di irrigidimento, capace di operare all’interno di una cultura polidimensionale, dinamica, pro-cessuale; in altre parole ad una cultura che riconosce come proprio luogo di nascita le differenze. Da queste considerazioni scaturisce un primo interrogativo: attraverso le tecnologie multimediali impariamo

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a spostarci da una forma di conoscenza all’altra allenando la mente al viaggio?La rete web infatti costituisce oggi uno dei luoghi principali dell’in-novazione, volano di un rapido mutamento sociale che finisce facil-mente per apparire inquietante o problematico agli occhi degli adulti. Questa preoccupazione può sembrare, al contempo, giusta e sbaglia-ta: giusta perché rappresenta la consapevolezza di quanto i mezzi di comunicazione (intesi come dispositivi simbolici attraverso i quali viene prodotta e riprodotta su base quotidiana la cultura di una col-lettività e come apparati socio-tecnici che ridefiniscono le condizioni dell’interazione personale e delle relazioni sociali) costituiscano una parte considerevole dell’ambiente. Sbagliata perché in una prospetti-va storica non fa altro che aggiornare paure antiche quanto l’avvento dei primi media di massa dal fumetto al cinema fino alla televisione, applicando più o meno fedelmente gli stessi modelli discorsivi e le medesime argomentazioni al ruolo che internet gioca nell’esperienza dei giovani dimenticando sia l’infondatezza o la parzialità di molte di quelle paure sia le novità introdotte dalla digitalizzazione. Avviene in modo paradossale che chi, in una prospettiva educativa, lamentava la sostanziale passività del mezzo televisivo a confronto della lettura, oggi manifesti la sua preoccupazione per l’eccesso di interattività della rete. Appare importante, a tal proposito, sostenere un uso di internet più ricco e creativo da parte di giovani che siano davvero ca-paci di coglierne tutte le opportunità e una conoscenza approfondita e documentata delle pratiche quotidiane di navigazione che i ragazzi tra i 16 e i 18 anni mettono in atto e del significato che esse assumono ai loro occhi. Tutto ciò richiede tipi di ricerca e di indagine complementari: l’ap-proccio quantitativo in grado di misurare su un vasto campione la reale portata dei fenomeni e quello qualitativo capace di rendere meglio conto della dimensione soggettiva dell’esperienza di “essere online”.Tale mutamento sociale ha inciso sulle modalità con cui gli adole-

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scenti usano i media per tenersi in contatto e comunicare tra di loro e con il mondo intero. Mentre gli accademici e i politici discutono sul-le strategie migliori per “massimizzare le opportunità minimizzando i rischi”, gli adolescenti affrontano giorno dopo giorno, con entusia-smo, questo scenario in mutamento: costantemente immersi nei me-dia, li hanno incorporati fisicamente (nelle tasche o nelle orecchie), come parte integrante dell’arredamento dei loro spazi, pubblici o pri-vati. Convivono con le tecnologie della comunicazione dal momento in cui si alzano al mattino e accendono internet, all’istante in cui si addormentano la sera con l’Ipod o il cellulare sotto il cuscino, al punto che non riescono a immaginare di poter vivere diversamente. Si direbbe che quasi tutte le esperienze, per questa generazione che, non a caso, è stata definita always on (sempre connessa) o digitale, passino attraverso i media: dallo studio al tempo libero, dal rapporto con gli amici più vicini a quello con gli “altri” più lontani.Indipendentemente dal fatto che la rete sia vista come causa o conse-guenza del mutamento sociale, o che se ne accentuino le potenzialità piuttosto che gli aspetti problematici, l’ampiezza degli interrogativi e la quantità dei riferimenti disciplinari sembrano scoraggiare qual-siasi tentativo di restituire in modo sintetico le conoscente fin qui acquisite. Lo stesso si può dire per quell’ambito di ricerca che si oc-cupa degli adolescenti: la quasi totalità delle domande sul loro conto – come apprendono, come interagiscono, come partecipano, come affrontano il rischio, come costruiscono la realtà nella quale vivono – è stata riformulata nei termini del loro rapporto con la rete. Dalle ricerche internazionali sinora condotte emerge l’importanza delle variabili sociali che influenzano le modalità con cui usiamo in-ternet e che ne ridimensionano le ricadute e le implicazioni negli am-biti di studio, dell’istruzione, della partecipazione sociale e politica, della famiglia e dell’identità. Comprendere l’effettiva realtà dell’uso di internet rappresenta la nuova vera sfida. Come avevano osservato Meyerowitz (1985) e Postam (1983), i mass media hanno permesso agli adolescenti un inedito accesso al mon-

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do adulto sfumando i confini tra le rispettive esperienze conoscitive. D’altra parte la contemporanea affermazione della cultura giovanile (i minori di 18 anni rappresentano circa il 20% della popolazione dei paesi sviluppati e il 50% di quelli in via di sviluppo) suggerisce che i ragazzi, pur desiderando ampliare le loro conoscenze, sembrano maggiormente motivati a sperimentare e mettere alla prova identità e relazioni nell’ambito del gruppo dei pari, spesso inaccessibile allo sguardo degli adulti. Per Gergen questo slittamento da una relazione verticale (intergenerazionale) a una orizzontale (il gruppo dei pari) è ben altra cosa rispetto il processo di democratizzazione descritto da Giddens. Esso sfocerebbe piuttosto in una “svalutazione comples-siva della dimensione profonda delle relazioni”, dal momento che gli adolescenti sono sempre più assorbiti dallo sforzo di mantenere una pluralità di rapporti orizzontali con la loro rete di riferimento e sempre meno disposti a sviluppare quei legami ricchi e intensi che caratterizzano le relazioni con il nucleo degli adulti significativi e fisicamente presenti attorno a loro. Eppure il “nuovo mondo fluttuante” espresso da Gergen sembra con-sentire il tentativo di realizzare autoriflessivamente il proprio pro-getto di sé ricorrendo alla rete internet come a un nuovo spazio in cui esplorare relazioni sociali e forme di espressività. Drotner (2000) propone tre diversi modi di concepire gli adolescenti come pionieri nell’uso delle nuove tecnologie della comunicazione, rispettivamen-te incentrati su innovazione (l’attitudine multitasking ad esempio, sfumando i confini tra produzione e consumo, porta i giovani ad un uso creativo delle opportunità che hanno a disposizione, Bruns, 2008), interazione (i ragazzi entrano in relazione gli uni con gli al-tri all’interno e attraverso i media sviluppando nuove opportunità in termini di intertestualità, Bruns 2002) e integrazione (la trasforma-zione tra interazione primaria “faccia a faccia” e secondaria “legata ai mass-media” nelle diverse forme della comunicazione mediata, Thompson, 1995).Attraverso i suoi contenuti la rete fornisce prodotti mediali non im-

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pegnativi, personalizzabili e mobili, in grado di segnare l’adozione di determinati stili di vita e marcare tempi e spazi della quotidiani-tà dei ragazzi. Nella tarda modernità stanno cambiando non solo le condizioni dell’adolescenza, ma anche gli ambienti comunicativi e i contesti in cui si sviluppa e matura l’identità. Quest’ultima è sempre più spesso definita attraverso i segnali mutevoli degli stili di vita che i ragazzi fanno propri e delle pratiche di consumo mediale, piuttosto che attraverso tradizionali indicatori quali età, genere, appartenenza etnica e luogo di nascita.Le scelte di vita sono sempre più spesso governate da una dialettica di “disintegrazione e reinvenzione” (Elliot, 2002); se per certi ver-si questo alimenta preoccupazioni diffuse circa l’affermarsi di una me-generation sempre più egocentrica, per altri lascia intuire inedite opportunità strettamente legate all’autorealizzazione personale e ri-flessiva degli individui.Ciò che assorbe maggiormente gli adolescenti di oggi nella loro quo-tidianità è la transizione psicologica e sociale tra l’ambiente familia-re e domestico in cui affondano le radici e la partecipazione attiva alle dinamiche del mondo più ampio che li circonda.Non a caso, secondo i dati dell’indagine Pew Internet, due terzi dei teenager americani ritiene che internet sottragga loro tempo da tra-scorrere in famiglia e metà di loro la usa per coltivare i rapporti di amicizia, costruirsi una personale idea del mondo che li circonda, di altre realtà, altre culture, altri stili di vita, cosa che suggerisce uno slittamento dall’ambito delle relazioni familiari (verticali) a quello dei legami tra pari (orizzontali). Ma al di là di questa ampia possibi-lità di rimanere sempre in contatto con i propri amici, anche quando sono fisicamente lontani, quali sono le risorse comunicative e identi-tarie che internet mette a disposizione dei più giovani? Il tema dell’i-dentità – sia offline sia online – pone ovviamente questioni molto complesse. Da una parte alcuni autori tra cui Hall, Giddens, Postam hanno sviluppato una concezione non essenzialista e discorsiva che interpreta l’identità in modo performativo e plurale, prodotta sulla

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base delle contingenze contestuali – seppure attraverso la mediazio-ne del gender e della posizione sociale (Walkerdine, Lucey, Melody, 2001); dall’altra gli studiosi dei media (Buckingam, 2008; Slater, 2002, Turkle, 1995) hanno indagato come questa produzione si gio-chi nel contesto dell’ambiente digitale, attraverso forme di scrittura eterogenee che comprendono testi scritti, fotografia, video, musica e grafica, e mediante pratiche di contaminazione, prestito, citazione e ricontestualizzazione proprie sia della cultura convergente, sia delle culture giovanili.L’adozione delle e-mail e delle chat-room prima e dei programmi di messagistica (Msn, Skype) e dei social network in un secondo mo-mento (Facebook, Twitter) è un fenomeno che quasi è sfuggito alla previsione dei loro produttori. Ciò che spinge la comunicazione onli-ne in mobilità è il bisogno degli adolescenti di rimanere in contatto con i propri pari sempre e ovunque. Negli adolescenti che ad esempio sperimentano con Intercultura un anno di vita all’estero o per gli studenti esteri che trascorrono un anno nelle nostre scuole quanto influenza negativamente l’ “adattamento” ad una nuova cultura e a nuovi amici il rimanere costantemente in contatto con il Paese di Provenienza? I ricercatori hanno anche impa-rato che, contrariamente a molte mitologie diffuse, la distinzione tra ragazzi socievoli che interagiscono faccia a faccia e ragazzi solitari e isolati che passano il tempo a chattare con sconosciuti è priva di senso. La base teorica di questo profilo che vede gli adolescenti interagi-re online a causa di un mix di isolamento e curiosità (Kraut, 1998) è oggi infatti messa in discussione da diversi ricercatori tra i quali Gross (2004), proprio in forza del fatto che l’affermazione di tale visione risale ad una fase di sviluppo della rete in cui la presenza degli adolescenti in internet non aveva ancora raggiunto una certa massa critica. In altre parole la rete sembra funzionare – salvo che per coloro che sono già isolati – come elemento di rinforzo e non di allentamento delle relazioni sociali (Mesch, 2001). Data la forte inte-

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grazione tra forme di comunicazione offline e online i contatti in rete avvengono più frequentemente con persone vicine che con persone lontane e con amici piuttosto che estranei.Da questo punto di vista l’accesso alle nuove tecnologie della co-municazione non produce necessariamente cerchie sociali più vaste o geograficamente più estese. In particolare ci sono pochi riscontri empirici rispetto alla retorica del “villaggio globale”. Ad ogni modo la rete consente di ampliare la sfera delle proprie relazioni quotidiane e di consolidare quelle che altrimenti sarebbe difficile mantenere, come gli amici che vivono all’estero, i parenti lontani, i conoscenti che si sono trasferiti e gli amici che i ragazzi hanno lasciato per un periodo. La difficoltà del mondo adulto sta spesso nel riuscire a deco-dificare conversazioni simbolicamente inaccessibili e le strategie che gli adolescenti sperimentano per costruire l’identità online diventano sempre più complicate. Alcuni ragazzi in precedenti ricerche ame-ricane e olandesi hanno rivelato di avere fino a otto indirizzi mail, molti dei quali attivi contemporaneamente. Sebbene realizzate a cuor leggero queste pratiche identitarie possono a volte essere molto serie. Le regole dell’interazione online consentono la messa alla prova di ruoli alternativi, permettono ai giovani di giocare tra realtà e fantasia, conoscenza e immaginazione, reale e irreale, senza compromettete la vera identità. Creare e condividere contenuti online (Youtube) sta diventando così per molti ragazzi un modo per elaborare la propria identità, il proprio stile di vita, le proprie relazioni sociali. “Studian-do gli utenti adolescenti dei social network ho notato una grande varietà di strategie adottate per l’autorappresentazione” ( Livingsto-ne, 2008). Quello che colpisce non è tanto il fatto che le identità online possano essere riscritte più facilmente di quelle offline, quanto la natura meno vincolante della relazione tra autorappresentazione e identità personale (Thumim, 2008).Possiamo quindi dire che i social network riguardano il me nel senso che rivelano la dimensione del sé socializzate nel gruppo dei pari, così come è conosciuto e rappresentato dagli altri, piuttosto che l’io

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intimo e personale. Le convenzioni culturali più fortemente codifica-te e le preferenze sociali finiscono così per costituire, secondo Ziehe, le basi della rappresentazione del proprio oggetto identitario .Si tratta di una nozione di identità come esibizione che viene gradualmente sostituita col passare del tempo, da una nozione di identità come con-nessione.Sarà interessante dialogare con gli studenti circa le tecnologie che utilizzano, di come esprimono la propria identità, di cosa creano in formato digitale, come ricercano nuovi argomenti, come vengono a conoscenza di quello che succede nel mondo e come interagiscono tra loro.Indipendentemente dal fatto che si trovino fisicamente a Rio de Ja-neiro, Shanghai, Boston, Oslo o Città del Capo, i nativi digitali sono parte integrante di un movimento globale di ragazzi accomunati dal modo con cui si rapportano alle informazioni, alle nuove tecnologie e tra di loro. Quando chattano trasmettono i propri video più recenti, postano messaggi sui blog e i profili di social network , oppure condividono le ultime novità in campo musicale sulle reti P2P, essi valicano stati, confini nazionali e continenti. Ma parallelamente all’accesso globale alla rete di internet e alla cultura digitale condivisa i nativi digitali sono anche coinvolti in tradizioni, costumi e valori regionali e locali. Ma come realizzano le proprie opportunità e affrontano le sfide della “città mondo”?Per facilitare la contestualizzazione delle riflessioni che emergeranno nel corso della ricerca può essere utile ricordare qualche dato di sfon-do relativo allo scenario nazionale; la fonte più aggiornata a questo scopo è l’indagine Istat Cittadini e nuove tecnologie (2009) da cui risulta che il 47.3% delle famiglie italiane dispone di un accesso do-mestico a internet.In un ottica europea il rapporto Istat fa notare come l’Italia sia ri-masta indietro rispetto a molti Paesi della Comunità Europea, risul-tando al ventunesimo posto, con un tasso di penetrazione web del

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53% rispetto alla media europea del 65%. Vicini all’Italia troviamo Paesi come Cipro (53%) e Repubblica Ceca (54%), mentre Olanda, Svezia, Lussemburgo e Danimarca registrano un tasso di penetrazio-ne che supera l’83%. In questo scenario i dati però relativi all’uso di internet da parte dei ragazzi sono confortanti: per la fascia 11-19 anni il dato si attesta all’82%. Un vero e proprio picco nel panorama nazionale che lascia intendere l’esistenza di diverse forme di digital divide.Da altre fonti (Audiweb, 2010) emerge, per esempio, una maggiore diffusione di internet presso gli studenti universitari (92.7%) rispetto agli studenti della scuola secondaria di secondo grado (73.8%).A questa fonte di differenza bisogna poi aggiungere quella tra Nord e Sud Italia e tra piccoli centri e aree metropolitane. Nel complesso appare veritiero il rapporto che lega i giovani italiani a internet e che, soprattutto in questi ultimi anni, sembra concentrarsi sul cosiddetto web 2.0 e, in particolare, sui siti di social network, Facebook in testa.Si tratta di un rapporto che pur alimentandosi soprattutto delle rela-zioni all’interno del gruppo dei pari, rispecchia alcune tradizionali disuguaglianze su base socioeconomica rispetto alle quali la scuola non sembra costituire un elemento di equilibrio. Eppure l’internet literacy costituisce a livello europeo una delle parole chiave delle po-litiche dell’Unione per una nuova società dell’informazione e della e-inclusion. Anche per i ragazzi italiani, insomma, internet costitui-sce sempre più una forma comune dell’esperienza che coniuga rela-zioni e saperi, identità e differenze, rischi e opportunità in grado di incidere tanto sulla sfera privata quanto su quella pubblica. Come è stato evidenziato da più parti sono in gioco una nuova forma di cit-tadinanza la – cittadinanza digitale – e le condizioni che rendano la rete un autentico strumento di inclusione e di sviluppo.

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1.2 Significati, finalità, metodologie della ricerca

Come vengono utilizzati questi strumenti dai giovani? Rappresenta-no reali dispositivi di socializzazione in una dimensione virtuale che poi si traduce su un piano di realtà o allontanano il personale e vissu-to incontro con l’altro? Vi è la possibilità di una positiva interazione tra le due esperienze? Che differenze intercorrono tra la costruzione della realtà appresa online e quella esperita nella vita reale? Che rap-porto intercorre tra comunicazione e identità? Negli adolescenti che ad esempio sperimentano con Intercultura un anno di vita all’estero o per gli studenti esteri che trascorrono un anno nelle nostre scuole quanto influenza negativamente l’“adattamento” ad una nuova cultu-ra e a nuovi amici il rimanere costantemente in contatto con il Paese di Provenienza? Cosa se ne fanno gli adolescenti di queste nuove possibilità di riorganizzare le loro relazioni sociali in contesti spazio – temporali nuovi e mutevoli? La rete può essere un dispositivo di educazione al cosmopolitismo? Questi alcuni degli interrogativi ai quali abbiamo cercato di dare una risposta con questa ricerca. L’im-pianto pedagogico è stato costituito dalla Pedagogia Sperimentale, dall’Educazione Interculturale e dalla Media Literacy Education.L’ équipe di ricerca composta da ricercatori e ricercatrici provenien-ti non solo da diverse istituzioni universitarie ma anche da diver-si ambiti disciplinari umanistici (antropologia culturale, pedagogia interculturale, scienze del linguaggio, comunicazione, formazione, media literacy education), hanno apportato al progetto percorsi e competenze differenti, per arrivare a costituire un gruppo di ricerca composito, i cui singoli punti di vista invece di rimanere arroccati su posizioni di monopoli disciplinari sono confluiti nella scelta di una metodologia (pedagogia sperimentale) e di un lessico comune.

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Il lavoro di ricerca si è svolto nel secondo quadrimestre dell’a.s. 2011/2012 .

Campione regionale stimato: 630 unità Campione nazionale stimato: 1260 unità

Campione nazionale effettivo: 596 in Piemonte, 553 in Puglia.Unità nazionale del campione effettiva: 1149

Indice di mortalità del campione: molto basso ( inferiore al 10%)

La scelta del campione è avvenuta sulla base di un modello stratifi-cato in cui la popolazione è stata divisa in strati quanto più possibile omogenei al loro interno e da ciascuno è stato estratto un campione casuale di soggetti (attraverso quindi una tecnica di campionatura probabilistica). Poi abbiamo proceduto nel trasformare le informa-zioni desunte dai questionari in una matrice rettangolare di numeri, detta “matrice dei dati”, ottenuta codificando in maniera sistematica le risposte ai questionari. Il questionario costruito per la rilevazione presenta al suo interno domande relative a proprietà sociografiche di base (genere, età, ect.), domande relative ad atteggiamenti (percezio-ni) e a comportamenti. All’interno del questionario sono state svilup-pate batterie di domande con risposte semanticamente autonome e con risposte a parziale autonomia semantica. Per la rilevazione degli atteggiamenti si è utilizzata la scala di Likert. Per l’analisi quantitativa dei dati si è utilizzato il software SPSS (Sta-tistical Package for Social Sciences). Per l’analisi delle interviste realizzate nel corso dei focus group con gli studenti delle scuole pie-montesi e pugliesi costituenti il nostro campione si è seguita la stessa strategia metodologica praticata per i questionari strutturati. Infatti si è preferito l’utilizzo di livelli di analisi non complessi, pur nel ri-

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spetto della rigorosità, per consentire la lettura e comprensione delle informazioni emerse anche ai non addetti ai lavori.Allora, tra i metodi di analisi riconosciuti in ambito di ricerca qua-litativa, abbiamo voluto riferirci in particolare alla grounded theory rinunciando – per le ragioni sopra indicate – all’utilizzo del software ad essa “naturalmente” associato: l’ATLAS.ti.La grounded theory non è, come sarebbe ovvio ritenere, una teoria, bensì un metodo di ricerca. Metodo che, in conformità all’approccio fenomenologico – ermeneutico a cui si ispira, ha l’obiettivo di:- far emergere i dati dal basso, così come vengono detti, riducendo al limite l’intervento del ricercatore che potrebbe, invece, produrne dei suoi;- far emergere dai dati la teoria interpretativa.Seguendo i criteri generali della grounded theory, quindi, abbiamo considerato come unità ermeneutiche le stesse quattro domande aperte poste agli studenti nel corso dei focus group. Le risposte di ciascuno studente ad ognuna di quelle domande sono state registra-te, previo consenso informato. Successivamente, si è proceduto alla “sbobinatura” delle stesse e a trascriverne le risposte fedelmente a quanto da loro stessi detto.La lettura, per ogni studente, “riga per riga” ha consentito per ciascu-na delle risposte date alle singole domande di rilevare alcune cate-gorie concettuali più ricorrenti di altre, che sono state graficamente messe in relazione alla stessa domanda. Terminata l’attività descrit-tiva, proprio grazie ai grafici costruiti, è stato possibile passare alla fase interpretativa.Le interviste sono state poi soggette ad un ulteriore livello di ana-lisi attraverso l’utilizzo del software C-MAP TOOLS ( sviluppato dall’Institute for Human and Machine Cognition della Cornell Uni-versity of West Florida, basandosi sugli studi di Joseph Novak) che ha consentito una sintesi dei concetti in mappe concettuali.

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1.3 Tappe e strumenti della ricerca

Il lavoro è stato condotto dalle singole unità di lavoro, ma coordinato a livello nazionale attraverso incontri periodici e si è articolato nelle seguenti fasi:

1. Individuazione delle due Regioni campione della ricerca (Nord-Sud) sulla base degli Indici web di penetrazione (Audiweb, 2010 e Istat, 2009 Dossier Cittadini e Nuove Tecnologie.) Per il Sud (dove l’utilizzo di internet si attesta su di un valore del 38%) la Puglia che presenta un basso indice web di penetrazione, per il Nord (dove l’utilizzo di internet si attesta su un valore del 48%) il Piemonte che presenta un alto indice web di penetrazione. Da rilevare che 8.1 sono i punti che rappresentano la distanza tra nord e sud Italia relativamente all’accesso a internet;

2. individuazione di 6 scuole per regione (professionali quinquen-nali e licei) quattro complessivamente per le due città metropo-litane selezionate per regione e due inserite in una cittadina non metropolitana (con una popolazione compresa tra i 10.000 e i 50.000 abitanti);

3. illustrazione del progetto tramite lettera di presentazione e in-contri con i singoli dirigenti scolastici e professori di classi terze e quarte, per presentazione delle modalità di ricerca e condivisio-ne dei dati di contesto utili ad impostare il lavoro;

4. individuazione di un/una docente referente per ciascuna scuola, che ha seguito le varie fasi della ricerca;

5. raccolta dati relativi alla programmazione didattica (verifica del-la presenza di progetti inerenti lo studio e la pratica di attività multimediali e informatiche e della realizzazione di un sito inter-net della scuola con spazio per blog e community) nelle scuole attraverso l’acquisizione dei POF;

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6. individuazione di 5 classi campione per Istituto; 7. somministrazione di un questionario online agli studenti cam-

pione volta a monitorare come vengono utilizzati da loro gli strumenti informatici e la rete internet, se rappresentano reali dispositivi di socializzazione in una dimensione virtuale che poi si traduce su un piano di realtà o allontanano il personale e vis-suto incontro con l’altro. Ci siamo proposti di rilevare se vi sia la possibilità di una positiva interazione tra le due esperienze, che differenze intercorrano tra la costruzione della realtà appresa online e quella esperita nella vita reale, che rapporto emerga tra comunicazione e identità, e se la rete possa essere un dispositi-vo di educazione al cosmopolitismo;

8. somministrazione di un questionario a un campione di 60 retur-nees (che abbiamo fatto l’esperienza di un anno o di sei mesi all’Estero con Intercultura da non oltre tre anni) per comprendere che differenze intercorrano tra la costruzione della realtà appresa online e quella esperita nella vita reale, che rapporto emerga tra comunicazione e identità. Nello specifico sarà utile indagare se e quanto influenzi negativamente l’”adattamento” ad una nuova cultura e a nuovi amici il rimanere costantemente in contatto con il Paese di Provenienza e se la costruzione della realtà esperita nel Paese straniero nel quale si è vissuto differisca da quella “ela-borata” tramite web prima della partenza;

9. identificazione su segnalazione della docente di lettere (in ter-mini di apertura vs chiusura) di sei studenti italiani da coinvol-gere in focus group (FG) in ciascuna scuola in orario scolastico; conduzione e analisi dei focus group della durata di circa 1h 30 ciascuno da parte di uno o due membri del gruppo di ricerca;

10. selezione di alcuni degli studenti che hanno partecipato al fo-cus group per interviste etnografiche in orario scolastico (tre per scuola); la traccia dell’intervista semi – strutturata è stata elabo-rata da ciascun gruppo di ricerca tenendo conto dei dati emersi dai questionari e FG; ciascuna intervista – della durata di 50/60

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minuti – è stata registrata e successivamente trascritta;11. interviste etnografiche ai 60 returnees; la traccia dell’intervista

semi – strutturata è stata elaborata da ciascun gruppo di ricerca tenendo conto dei dati emersi dai questionari e FG; ciascuna in-tervista – della durata di 50/60 minuti – è stata registrata e suc-cessivamente trascritta;

12. restituzione dei risultati dell’indagine alle classi o gruppi di stu-denti che hanno partecipato alla ricerca nel corso del secondo quadrimestre dell’ a.s. 2011/2012;

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Riferimenti bibliografici: - Adoni, H – Nossek, H. (2001), - Attewel, P. (2001), - Aufderheide, P. (1993), - Bakardjieva, M. (2005), - Bauman, Z. (2001), - Bennet, W.L. (2008), - Boneva, B. – Quinn, A. – Kraut, R. – Kiesler, S. – Shklovski, J. (2006), - Buckingham, D. (2005), - Cola, M. – Prario, B. – Richeri, G. (2010), - Comscore (2008), - Crook, C. (2008), - Drtotner, K. (1992), - Erstad, O. – Wertsch, J. (2008), - European Commission, The (2007), - Ferraris, M. (2011), - Flichy, P. (1995), - Fornas, G. (2002), - Giddens, A. (1991), - Goffman, E. (1959), - Halls, S. (1996), - Hinduja, S. (2008), - Jenkins, H., (2007), - Kline, S. (2003), - Livingstone, S. (2008), - Thumim N., (2008) - Turkle, S. (1995), - Wolak, J. (2003).

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2. Introduzione alla ricerca: analisidei dati a livello nazionaleF. Schino

2.1 Alcuni dati strutturali

La ricerca è stata realizzata su un campione di studenti del Piemonte e della Puglia frequentanti nel secondo quadrimestre del 2011/2012 le classi terze e quarte di alcuni licei ed istituti tecnici di Alessandria, Ivrea, Torino, Bari, Lecce e Martina Franca.Di seguito viene riportata la ripartizione degli studenti per città e scuola che hanno compilato il questionario sottoposto alla loro at-tenzione.

Tab. 1: Distribuzione dei questionari compilati dagli studenti coinvolti nella ricerca per città e scuola di appartenenza

Città Scuola Studenti intervistati

Frequenze Percentuali

MARTINA FRANCALiceo Statale “Tito Livio” 81 7.0ITCG “Da Vinci” 95 8.3

LECCELiceo Scientifico “Banzi” 103 9.0IISS “De Pace” 111 9.7

BARILiceo Scientifico “Salvemini” 96 8.4ITC “Lenoci” 67 5.8

ALESSANDRIALiceo Scientifico “Galilei” 59 5.1IIS “Volta” 95 8.3

IVREALiceo Scientifico “Gramsci” 102 8.9IIS “Olivetti” 121 10.5

TORINOLiceo Statale “Bruno” 115 10.0ITES “Luxemburg” 104 9.1

Totale 1149 100.0

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La scelta di individuare per ogni città campione un liceo ed un isti-tuto tecnico rispondeva all’esigenza di intercettare giovani con dif-ferenti interessi, stili cognitivi e di apprendimento per valutare l’in-cidenza dei digital media nella loro vita quotidiana. Gli studenti che hanno partecipato all’indagine hanno, in genere, manifestato molto interesse per l’iniziativa, ma la loro individuazione o meglio la loro messa a disposizione è stata faticosa e ha richiesto molto più tempo di quanto preventivato.Alla codifica dei questionari, pertanto, sono risultati 1149 questionari compilati, di cui 596 (pari al 51.9%) provenienti da studenti del Pie-monte e 553 (pari al 48.1%) da studenti della Puglia.Lievemente superiore è stata la partecipazione femminile rispetto a quella maschile, sia in generale (51.5%) che su base regionale ( in Piemonte si è attestata al 51.0% ed in Puglia al 52.1% ).

Tab. 2: Questionari ricevuti per regione

REGIONE Frequenze PercentualiPuglia 553 48.1Piemonte 596 51.9Totale 1149 100.0

Tab. 2.1: Distribuzione per sesso dei questionari ricevuti su base complessiva e regionale

Sesso COMPLESSIVI PIEMONTE PUGLIAFrequenze % Frequenze % Frequenze %

Maschi 557 48.5 292 49.0 265 47.9Femmine 592 51.5 304 51.0 288 52.1Totale 1149 100 596 100 553 100

2.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero

I figli della Digital generation confermano il dato inequivocabile: in casa è quasi impossibile non avere l’accesso ad internet. Solo il 2.5%

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degli intervistati dichiara di esserne sprovvisto, contro il 96.3% di “internauti” casalinghi.

Tab. 3: Accesso internet a casa

Internet a casa Frequenze PercentualiNessuna risposta 13 1.1Si 1107 96.3No 29 2.5Totale 1149 100.0

Internet non manca quasi mai a casa e l’accesso è pressoché libero, perché solo il 6.2% degli intervistati (71 studenti) dichiara di naviga-re con dei limiti di connessione.

Tab. 4: Come si accede ad internet

Accesso ad internet Frequenze PercentualiNessuna risposta 11 1.0Posso accedervi liberamente 1067 92.9Ho dei limiti di connessione 71 6.2Totale 1149 100.0

Circa i tempi medi giornalieri di connessione, si osserva che oltre il 41.0% (474 studenti) dedica dalle tre ore in poi alla navigazione, mentre il 17.8% riesce a contenersi entro l’ora.

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Tab.5: Ore di connessione giornaliera ad internet

Ore di connessione giornaliera Frequenze PercentualiNessuna risposta 7 0.6Non più di un’ora al giorno 205 17.8Da 1 a 2 ore 463 40.33 ore al giorno 236 20.5Più di 3 ore al giorno 238 20.7Totale 1149 100.0

2.3 Social network e dinamiche di relazione

Connessione ad internet per i nostri giovani corrisponde quasi sem-pre all’utilizzo di un social network. Solo il 5.1% degli studenti (pari a 59 casi) non è iscritto a questo tipo di piattaforme, invece il 57.0% (598 casi) li utilizza ogni giorno. Il 33.2%, invece, si collega con questi siti periodicamente.

Tab. 6: Frequenza con cui si utilizza un social network

Frequenza utilizzo social network Frequenze PercentualiNessuna risposta 11 1.0Tutti i giorni 621 59.1Non tutti i giorni 381 33.2Ho dei profili, ma vi accedo raramente 77 6.7Non sono iscritto ad alcun social network 59 5.1Totale 1149 100.0

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Facebook è il social network più utilizzato, impiegato dal 91.9% degli studenti intervistati (Tab. 7). L’uso prevalente – come da Tab. 8 – è chattare con gli amici (56.4%), meno frequente è condividere link (16.8%) o leggere quello che fanno gli altri (13.3%).

Tab. 7: Iscrizione a Facebook

Iscrizione a Facebook Frequenze PercentualiNessuna risposta 25 2.2Si 1056 91.9No 68 5.9Totale 1149 100.0

Tab. 8: Utilizzo prevalente del social network

Utilizzo prevalente del social network Frequenze PercentualiNesuna risposta 63 5.5Chattare con gli amici 648 56.4Scrivere post e messaggi personali 88 7.7Condividere link o postare delle foto 193 16.8Scrivere tutto quello che si fa 4 0.3Leggere solo quello che fanno gli altri 153 13.3Totale 1149 100.0

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Quasi la metà dei giovani intervistati (47.0%) dichiara di avere più di 500 contatti, “solo” il 16.7% ha meno di 200 contatti. (Tab. 9)Si conferma, quindi, la facilità di tessere relazioni sui social network, ma questo non dice nulla sull’intensità delle stesse. Infatti, oltre il 51.0% ritiene che non oltre un quarto dei contatti siano da conside-rarsi davvero amici, mentre il 10.1% (116 casi) considera più della metà dei contatti su Facebook delle amicizie. (Tab. 9.1)

Tab. 9: Quanti contatti su Facebook

Quanti contatti su Facebook Frequenze PercentualiNessuna risposta 80 7.0Da 50 a 100 55 4.8Da 100 a 200 137 11.9Da 200 a 400 337 29.3Più di 500 540 47.0Totale 1149 100.0

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Tab. 9.1: Quanti contatti su Facebook sono veri amici

Contatti su Facebook con veri amici Frequenze PercentualiNessuna risposta 72 6.3Nessuno 33 2.9Circa un quarto 558 48.6Meno della metà 215 18.7Circa la metà 155 13.5Più della metà 75 6.5Circa i due terzi 33 2.9Tutti 8 0.7Totale 1149 100.0

La preminenza da essi attribuita alle relazioni interpersonali, al con-tatto face to face rispetto a quello virtuale della rete è ampiamente confermata dal fatto che solo l’11.4% (130 casi) dei nostri studenti preferisce contattare le persone via internet, piuttosto che per tele-fono o direttamente, anzi il 44.5% esclude nel modo più assoluto questa possibilità di interazione dalle modalità favorite.

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Tab. 10: Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto

Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 3 0.3Assolutamente falso 511 44.5Piuttosto falso 261 22.7Né vero, né falso 244 21.2Abbastanza vero 104 9.1Assolutamente vero 26 2.3Totale 1149 100.0

Contrariamente ai luoghi comuni, gran parte dei ragazzi (85.3% dei casi) non ama nascondersi, falsare la descrizione di sè chattando in rete.

Tab. 11: Tendenza a descriversi in rete in modo diverso dalla realtà

Tendenza a descriversi in rete in modo diverso dalla realtà

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 12 1.0Assolutamente falso 807 70.2Piuttosto falso 173 15.1Né vero, né falso 98 8.5Abbastanza vero 41 3.6Assolutamente vero 18 1.6Totale 1149 100.0

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Né l’uso di internet, ancora una volta, li porta (87.4%) ad isolarsi ed evitare amici o familiari (Tab. 12) o, addirittura, preferire la rete (78.3%) al trascorrere una serata con questi. (Tab. 13)

Tab. 12: Utilizzo di internet e relazioni con amici e familiari

A causa di internet tendo ad evitare amici o familiari Frequenze %Nessuna risposta 10 0.9Assolutamente falso 854 74.3Piuttosto falso 150 13.1Né vero, né falso 79 6.9Abbastanza vero 26 2.3Assolutamente vero 30 2.6Totale 1149 100.0

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Tab. 13: Preferire internet ad una serata con amici o familiari

Non mi capita mai di preferire internet ad una serata con amici o familiari

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 9 0.8Assolutamente falso 154 13.4Piuttosto falso 41 3.6Né vero, né falso 46 4.0Abbastanza vero 101 8.8Assolutamente vero 798 69.5Totale 1149 100.0

Insomma, la percezione che internet sia una sorta di rifugio dal mon-do in cui ritrovarsi e star bene con se stessi, dimenticando la “matri-gna” vita reale è più adatta ad una trama di un movie o di un best – seller che ad una fotografia fedele della condizione giovanile attuale, fatta eccezione per le singole specifiche situazioni. Dalla presente ricerca emergono dati confortanti sull’attuale digital generation. giovani certamente abili nel muoversi nelle nuove tecnologie mul-timediali e che trascorrono molto del loro tempo (libero o non) sulla rete, ma ben ancorati al mondo della vita reale che non è considerata per nulla subalterna a quella online. Giovani che credono e cercano relazioni sociali, affettive dirette e solo dopo, per incrementarle o perfezionarle, ricorrono alla rete.Le relazioni online sono decisamente meno attraenti, soddisfacenti rispetto a quelle reali e sono molto meno di quanto siamo portati, o indotti, a pensare i giovani che si mascherano o si preoccupano di quello che gli altri possono pensare di loro quando sono in rete e nei social networks. Il limite a tutto ciò è che il loro interesse si muove nello stretto ambito del proprio mondo vitale, locale, territo-riale, poco ancora aperto (e formato) ad aperture più ampie, diciamo “extraterritoriali” su cui molto l’educazione interculturale può fare.

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2.4 La rete e l’altro

I social network si confermano un utile strumento di relazioni multi-culturali. Ne dà ragione il fatto (Tab. 14) che il 58.6% (673 casi) ha contatti con ragazzi non italiani e che il 32,5% di questi sono anche incontrati offline. (Tab. 14.1)Invece il 37.0% (249 casi) sono relazioni online originatesi però da una conoscenza diretta avvenuta nel corso di un viaggio. Importante, anche per gli obiettivi della nostra ricerca, è che i social network sembrano essere particolarmente utilizzati dai “nostri” giovani per attivare e/o aumentare contatti intraterritoriali, molto meno quelli extraterritoriali (dove, certamente, il fattore della competenza lingui-stica influisce decisamente). Lo dimostrerebbe, a riguardo, il dato esiguo di ragazzi non italiani non residenti in Italia conosciuti in rete che si attesta al 9.5%.

Tab. 14: Contatti online con ragazzi non italiani

Chatting con ragazzi non italiani Frequenze PercentualiNessuna risposta 54 4.7Si 673 58.6No 422 36.7Totale 1149 100.0

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Tab. 14.1: Conoscenza di questi non italiani

Come sono stati conosciuti questi ragazzi non italiani Frequenze %Sono ragazzi che vivono in Italia che conosco anche offline 219 32.5Sono ragazzi che vivono in Italia che conosco solo in rete 65 9.7Sono ragazzi conosciuti durante un viaggio 249 37.0Sono ragazzi che non vivono in Italia conosciuti in rete 64 9.5Sono ragazzi inseriti nei contatti di miei amici su social network

23 3.4

Altro 53 7.9Totale 673 100.0

Inoltre chi ha contatti online con ragazzi non italiani nel 45,5% dei casi (306 preferenze) chatta con loro scambiandosi le proprie espe-rienze, mentre nel 23,3% si limita, tendenzialmente, a qualche breve comunicazione. A volte si tratta di contatti (31.2%) da considerare nel significato formale che viene attribuito all’amicizia nei social network.

Tab. 14.2: Contenuti di confronto con ragazzi non italiani

Come ci si confronta con questi amici non italiani Frequenze PercentualiSi chatta con loro discutendo della propria vita 306 45.5Ci si scambia solo qualche contenuto da condividere 157 23.3Si è amici, ma di fatto non si interagisce con loro 210 31.2Totale 673 100.0

Introdotta la questione di come gli scambi cross – culturali possano essere facilitati o meno dall’utilizzo di Facebook, alcune domande successive del questionario somministrato agli studenti coinvolti nel-la ricerca hanno cercato di capire se questi strumenti possano aiutare a conoscere le culture altre. Le risposte disattendono le aspettative. Perché, da un lato i nostri studenti ci dicono nel 45.0% dei casi che raramente utilizzano social network per conoscere aspetti sociocul-turali riferiti ad altre nazioni – il 36.9% dei ragazzi addirittura non

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lo fa mai (Tab. 15) – ; dall’altro ritengono tali strumenti inadatti per conoscere le culture differenti da quella di appartenenza (19.1%). Il 30.4%, dei giovani, invece, ha usufruito del web per confrontarsi con altre realtà culturali ma solo per puro caso, mentre soltanto il 4.4% (51 casi) ne riconosce l’utilità. (Tab. 16) Queste risposte invitano a pensare che i ragazzi della digital generation siano poco esercitati a collocarsi nel mondo e molto interessati a vivere il proprio mondo quotidiano e locale. Per cui l’interesse per il diversamente altro non scaturisce spontaneamente, ma solo dopo esserne venuto a contatto. Ed è allora che i social network possono risultare strumenti di facili-tazione della conoscenza.

Tab. 15: Utilizzo di social network per conoscere aspetti riferiti ad altre culture

Utilizzo di social network per conoscere aspetti riferiti ad altre culture

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 48 4.2Sì, ma raramente 517 45.0Con una certa frequenza 123 10.7Mai 424 36.9Mi capita quasi tutti i giorni 37 3.2Totale 1149 100.0

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Tab. 16: I social network aiutano a conoscere le altre culture

I social network aiutano a conoscere le altre culture Frequenze %Nessuna risposta 64 5.6No, per niente perchè strumento inadatto 219 19.1No, anche se avrei potuto perchè le informazioni ci sono 240 20.9Si, ma per puro caso 349 30.4Si, ma solo grazie all’aiuto di esperienze esterne 226 19.7Si, molto. Mi interessava farlo. I social network aiutano molto 39 3.4Si, molto. La mia visione è cambiata grazie ai social network 12 1.0Totale 1149 100.0

2.5 Cosmopolitismo web 2.0

Nel questionario somministrato agli studenti coinvolti nella ricerca sono state inserite delle domande per analizzare un aspetto centrale della nostra ricerca quale è quello del cosmopolitismo e, in partico-lare, quanto la diffusione di questo atteggiamento esistenziale e re-lazionale possa essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo rilevare che il 37.2% degli intervistati è convinto che internet aiuti a costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il 33.0% è indeciso, confermando che la vita reale costituisce fattore insostitu-

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ibile per la formazione della propria percezione del mondo. (Tab. 17)

Tab. 17: Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 25 2.2Assolutamente falso 170 14.8Piuttosto falso 147 12.8Né vero, né falso 379 33.0Abbastanza vero 337 29.3Assolutamente vero 91 7.9Totale 1149 100.0

Nessuna risposta

Assolutamente falso

Piuttosto falso Nè vero, nè falso

Abbastanza vero

Assolutamente vero

2.2%

14.8%12.8%

33.0%

29.3%

7.9%

Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Inoltre, un buon numero dei nostri giovani (69.8%, contro il 12.9% che ha convinzioni opposte) pur riconoscendo che con internet le distanze geografiche siano state definitivamente abbattute (Tab. 18), ritiene che questo potere della rete non li faccia sentire cittadini del mondo. Infatti (Tab. 19), il legame internet – cosmopolitismo è per-cepito dal 29.6% degli studenti intervistati, contro il 42.1% che non sente tale relazione ed il 25.8% che non sa esprimersi in merito.

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Tab. 18: Internet ha abbattuto le distanze geografiche

Grazie ad internet sono state abbattute le di-stanze geografiche

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 30 2.6Assolutamente falso 76 6.6Piuttosto falso 72 6.3Né vero, né falso 169 14.7Abbastanza vero 368 32.0Assolutamente vero 434 37.8Totale 1149 100.0

Tab. 19: Internet fa sentire cittadini del mondo

Internet mi fa sentire cittadino del mondo Frequenze PercentualiNessuna risposta 28 2.4Assolutamente falso 331 28.8Piuttosto falso 153 13.3Né vero, né falso 297 25.8Abbastanza vero 254 22.1Assolutamente vero 86 7.5Totale 1149 100.0

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3. Analisi dei dati a livello regionale Piemonte/Puglia F. Schino

3.1 Alcuni dati strutturali – Piemonte

Il campione piemontese della ricerca è stato costituito da 596 stu-denti frequentanti nel corso del secondo quadrimestre del 2011/2012 le classi terze e quarte di alcuni licei o istituti tecnici di Alessandria, Ivrea e Torino. Di seguito viene riportata la ripartizione degli studen-ti per città e scuola che hanno compilato il questionario sottoposto alla loro attenzione.

Tab. 1: Distribuzione dei questionari compilati dagli studenti coinvolti nella ricerca per città e scuola di appartenenza

Città Scuola Studenti intervistatiFrequenze Percentuali

ALESSANDRIALiceo Scientifico “Galilei” 59 9.9IIS “Volta” 95 15.9

IVREALiceo Scientifico “Gramsci” 102 17.1IIS “Olivetti” 121 20.3

TORINOLiceo Statale “Bruno” 115 19.3ITES “Luxemburg” 104 17.4

Totale 596 100.0

3.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero

Anche per il Piemonte, la digital generation conferma come in casa sia quasi impossibile non avere l’accesso ad internet. Solo il 2.3% degli intervistati dichiara di esserne sprovvisto, contro il 97.1% di “internauti” casalinghi.

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Tab. 2: Accesso internet a casa

Internet a casa Frequenze PercentualiNessuna risposta 3 0.5Si 579 97.1No 14 2.3Totale 596 100.0

Internet non manca quasi mai a casa e l’accesso è pressoché libero, perché solo il 6.2% degli intervistati (37 studenti) dichiara di naviga-re con dei limiti di connessione.

Tab. 3: Come si accede ad internet

Accesso ad internet Frequenze PercentualiNessuna risposta 4 0.7Posso accedervi liberamente 555 93.1Ho dei limiti di connessione 37 6.2Totale 596 100.0

Circa i tempi medi giornalieri di connessione, differentemente dai dati generali si rileva la minore presenza di studenti (quasi il 35.0%, pari a 208 scelte) che dichiarano di dedicare molto tempo – dalle 3 ore in poi – alla navigazione, di conseguenza è decisamente maggio-re il numero di intervistati che non supera le 2 ore al giorno (con il 19.5% che riesce a contenersi entro l’ora).

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Tab. 4: Ore di connessione giornaliera ad internet

Ore di connessione giornaliera Frequenze PercentualiNessuna risposta 4 0.7Non più di un’ora al giorno 116 19.5Da 1 a 2 ore 268 45.03 ore al giorno 102 17.1Più di 3 ore al giorno 106 17.8Totale 596 100.0

3.3 Social network e dinamiche di relazione

Connessione ad internet per il nostro campione corrisponde quasi sempre all’utilizzo di un social network. Solo il 6.7% degli studenti piemontesi (pari a 40 casi) non ne è iscritto; invece esattamente la metà (298 casi) lo utilizza ogni giorno, mentre il 34.6% si collega con esso periodicamente.

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Tab. 5: Frequenza con cui si utilizza un social network

Frequenza utilizzo social network Frequenze PercentualiNessuna risposta 3 0,5Tutti i giorni 298 50.0Non tutti i giorni 206 34,6Ho dei profili, ma vi accedo raramente 49 8,2Non sono iscritto ad alcun social network 40 6,7Totale 596 100.0

Facebook è il social network più utilizzato dal 90.4% degli studenti intervistati (Tab. 6). L’uso prevalente – come da Tab. 7 – è chatta-re con gli amici (52.9%), molto meno frequente è condividere link (16.4%) o leggere quello che fanno gli altri (15.8%).

Tab. 6: Iscrizione a Facebook

Iscrizione a Facebook Frequenze PercentualiNessuna risposta 14 2.3Si 539 90.4No 43 7.2Totale 596 100.0

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Tab. 7: Utilizzo prevalente del social network

Utilizzo prevalente del social network Frequenze PercentualiNesuna risposta 42 7.0Chattare con gli amici 315 52.9Scrivere post e messaggi personali 44 7.4Condividere link o postare delle foto 98 16.4Scrivere tutto quello che si fa 3 0.5Leggere solo quello che fanno gli altri 94 15.8Totale 596 100.0

Il 38.3% dei giovani piemontesi intervistati dichiara di avere più di 500 contatti, percentuale notevolmente inferiore (di oltre il 18.0%) a quella risultante dai dati aggregati con la Puglia, mentre è più elevata la percentuale di studenti (35.1%) che dichiara di avere dai 200 ai 400 contatti. Invece, “solo” il 18.5% ha meno di 200 contatti (Tab. 8).Tessere relazioni sui social network si conferma quindi estrema-mente facile, ma questo non fornisce indicazioni sull’intensità delle stesse. Infatti, oltre il 50.0% ritiene che non oltre un quarto dei con-tatti siano da considerarsi davvero amici, mentre il 12% (71 casi)

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considera almeno più della metà dei contatti su Facebook autentiche amicizie (Tab. 8.1).

Tab. 8: Quanti contatti su Facebook

Quanti contatti su Facebook Frequenze PercentualiNessuna risposta 49 8.2Da 50 a 100 31 5.2Da 100 a 200 79 13.3Da 200 a 400 209 35.1Più di 500 228 38.3Totale 596 100.0

Tab. 8.1: Quanti contatti su Facebook sono di amici

Contatti su Facebook con veri amici Frequenze PercentualiNessuna risposta 47 7.9Nessuno 9 1.5Circa un quarto 292 49.0Meno della metà 96 16.1Circa la metà 81 13.6Più della metà 51 8.6Circa i due terzi 13 2.2Tutti 7 1.2Totale 596 100.0

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La preminenza da essi attribuita alle relazioni interpersonali, al con-tatto face to face rispetto a quello virtuale della rete è ampiamente confermata dal fatto che solo il 10.4% (62 casi) del nostro campione preferisce contattare le persone via internet, piuttosto che per telefo-no o direttamente, anzi il 46.6% esclude il ricorso al web per relazio-narsi nel modo più assoluto.

Tab. 9: Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto

Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 278 46.6Piuttosto falso 127 21.3Né vero, né falso 129 21.6Abbastanza vero 49 8.2Assolutamente vero 13 2.2Totale 596 100.0

Ribadiamo anche per gli studenti piemontesi che, contrariamente ai luoghi comuni, gran parte di loro (85.7% dei casi) non ama nascon-dersi, falsare la descrizione di sè chattando in rete. Solo il 4.7% (28 casi) dichiara la tendenza a “bluffare” sulla propria identità quando è in rete.

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Tab. 10: Tendenza a descriversi in rete in modo diverso dalla realtà

Tendenza a descriversi in rete in modo diverso dalla realtà

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 5 0.8Assolutamente falso 418 70.1Piuttosto falso 93 15.6Né vero, né falso 52 8.7Abbastanza vero 19 3.2Assolutamente vero 9 1.5Totale 596 100.0

Né l’uso di internet, ancora una volta, li porta (85.7%) ad isolarsi ed evitare amici o familiari (Tab. 11) o, addirittura, a preferire la rete (78.6%) al trascorrere una serata con questi (Tab. 12).

Tab. 11: Utilizzo di internet e relazioni con amici e familiari

A causa di internet tendo ad evitare amici o familiari

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 3 0.8Assolutamente falso 458 70.1Piuttosto falso 68 15.6Né vero, né falso 39 8.7Abbastanza vero 10 3.2Assolutamente vero 18 1.5Totale 596 100.0

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Tab. 12: Preferire internet ad una serata con amici o familiari

Non mi capita mai di preferire internet ad una serata con amici o familiari

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 3 0.5Assolutamente falso 90 15.1Piuttosto falso 18 3.0Né vero, né falso 17 2.9Abbastanza vero 54 9.1Assolutamente vero 414 69.5Totale 596 100.0

Sostanzialmente i dati emersi dalle sole risposte fornite dagli studenti piemontesi si allineano in gran parte con i dati generali (costituiti dall’aggregazione delle risposte fornite dagli stessi studenti piemon-tesi con quelle degli studenti pugliesi). Per questo le conclusioni for-nite al termine dell’analisi dei dati generali possono valere anche per commentare brevemente le indicazioni emerse dall’analisi dei dati degli studenti piemontesi.

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3.4 La rete e l’altro

I social network si confermano un utile strumento per relazioni mul-ticulturali. Ne dà ragione il fatto (Tab. 13) che il 55.9% (333 casi) ha contatti con ragazzi non italiani e che il 35,4% di questi sono anche incontrati offline (Tab. 13.1). Invece, il 35.1% (117 casi) sono relazioni online originatesi però da una conoscenza diretta avvenuta nel corso di un viaggio. Importante, anche per gli obiettivi della no-stra ricerca, è che i social network sembrano essere particolarmente utilizzati dai “nostri” giovani per attivare e/o aumentare contatti in-traterritoriali, molto meno quelli extraterritoriali (dove, certamente, il fattore della competenza linguistica influisce decisamente). Lo di-mostrerebbe, a riguardo, il dato esiguo di ragazzi non italiani non residenti in Italia conosciuti in rete che si attesta all’8.4%.

Tab. 13: Contatti online con ragazzi non italiani

Chatting con ragazzi non italiani Frequenze PercentualiNessuna risposta 33 5.6Si 333 55.9No 230 38.6Totale 596 100.0

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Tab. 13.1: Conoscenza di ragazzi non italiani

Come sono stati conosciuti questi ragazzi non italiani Frequenze %Sono ragazzi che vivono in Italia che conosco anche offline 118 35.4Sono ragazzi che vivono in Italia che conosco solo in Rete 32 9.6Sono ragazzi conosciuti durante un viaggio 117 35.1Sono ragazzi che non vivono in Italia conosciuti in Rete 28 8.4Sono ragazzi inseriti nei contatti di miei amici su social network

11 3.3

Altro 27 8.1Totale 333 100.0

Inoltre, chi ha contatti online con ragazzi non italiani nel 46.5% dei casi (155 preferenze) chatta con loro scambiandosi le proprie espe-rienze, mentre il 23.3% si limitata a qualche breve comunicazione. A volte si tratta solo di contatti (29.7%) da considerare nel significato formale che viene attribuito all’amicizia nei social network.Tab. 13.2: Contenuti di confronto con questi ragazzi non italiani

Come ci si confronta con questi amici non italiani Frequenze PercentualiSi chatta con loro discutendo della propria vita 155 46.5Ci si scambia solo qualche contenuto da condividere 79 23.3Si è amici, ma di fatto non si interagisce con loro 99 29.7Totale 333 100.0

Seguendo lo stesso procedimento compiuto per l’analisi dei dati complessivi, introdotta la questione di come gli scambi cross – cultu-rali possano essere facilitati o meno dall’utilizzo di Facebook, alcu-ne domande successive del questionario somministrato agli studenti piemontesi coinvolti nella ricerca hanno cercato di capire se questi strumenti possano aiutare a conoscere le culture altre. Le risposte disattendono le aspettative, ancor più dei dati complessivi ottenuti aggregando le risposte in merito degli studenti piemontesi e quelli pugliesi. Perché, da un lato i nostri studenti ci dicono nel 43% dei casi che raramente utilizzano social network per conoscere aspetti

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socioculturali riferiti ad altre nazioni – il 41.3% addirittura non lo fa mai (Tab. 14); dall’altro ritengono tali strumenti inadatti per co-noscere le culture differenti da quella di appartenenza (21.0%); il 28.2%, invece, ne ha usufruito, ma solo per puro caso. Soltanto il 2.5% (15 casi) ne riconosce l’utilità (Tab. 15).Riproponiamo anche per il Piemonte, quanto già ipotizzato nell’ana-lisi dei dati generali, ossia che queste risposte invitano a pensare che i ragazzi della digital generation siano poco esercitati a collocarsi nel mondo e molto interessati a vivere il proprio universo quotidiano e locale. Per cui l’interesse per il diversamente altro non scaturisce spontaneamente, ma solo dopo esserne venuto a contatto. Ed è allora che i social network possono risultare strumenti di facilitazione della conoscenza.

Tab. 14: Utilizzo di social network per conoscere aspetti riferiti ad altre culture

Utilizzo di social network per conoscere aspetti riferiti ad altre culture

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 30 5.0Sì, ma raramente 256 43.0Con una certa frequenza 50 8.4Mai 246 41.3Mi capita quasi tutti i giorni 14 2.3Totale 596 100.0

Nessuna risposta Sì, ma raramente Con una certa frequenza

Mai Mi capita quasi tutti i giorni

5.0%

43.0%

8.4%

41.3%

2.3%

Utilizzo di Social Network per conoscere aspetti riferiti ad altre culture

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Tab. 15: I social network aiutano a conoscere le altre culture

I social network aiutano a conoscere le altre culture Frequenze %Nessuna risposta 35 5.9No, per niente perchè strumento inadatto 125 21.0No, anche se avrei potuto perchè le informazioni ci sono 137 23.0Si, ma per puro caso 168 28.2Si, ma solo grazie all’aiuto di esperienze esterne 116 19.5Si, molto. Mi interessava farlo. I social network aiutano molto 12 2.0Si, molto. La mia visione è cambiata grazie ai social network 3 0.5Totale 596 100.0

3.5 Cosmopolitismo web 2.0

Nel questionario somministrato agli studenti coinvolti nella ricerca sono state inserite delle domande per analizzare un aspetto centrale della nostra ricerca quale è quello del cosmopolitismo e, nello speci-fico, quanto la diffusione di questo atteggiamento esistenziale e re-lazionale possa essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo rilevare che il 36.2% degli intervistati è convinto che internet aiuti a costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il 34.9% è indeciso, confermando che la vita reale costituisce fattore insosti-tuibile per la formazione della propria percezione del mondo (Tab. 17).

Tab. 17: Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 15 2.5Assolutamente falso 81 13.6Piuttosto falso 76 12.8Né vero, né falso 208 34.9Abbastanza vero 177 29.7Assolutamente vero 39 6.5Totale 596 100.0

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60

2.5%

13.6% 12.8%

34.9%29.7%

6.5%

Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Inoltre, un buon numero del nostro campione (69.3% contro il 12.4% che ha convinzioni opposte), pur nella consapevolezza che con in-ternet le distanze geografiche siano state definitivamente abbattute (Tab. 18), tuttavia non ha ritenuto che questo potere della rete li fac-cia sentire cittadini del mondo. Infatti (Tab. 19) il legame internet – cosmopolitismo è percepito dagli studenti piemontesi in manie-ra marcatamente più debole rispetto ai “colleghi” pugliesi. Così al 24.5% di favorevoli, si oppone ben il 46.7% del campione che non si sente affatto o poco cittadino del mondo grazie ad internet, mentre il 26.7% non sa esprimersi in merito.

Tab. 18: Internet ha abbattuto le distanze geografiche

Grazie ad internet sono state abbattute le distanze geografiche

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 17 2.9Assolutamente falso 34 5.7Piuttosto falso 40 6.7Né vero, né falso 92 15.4Abbastanza vero 180 30.2Assolutamente vero 233 39.1Totale 596 100.0

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Tab. 19: Internet fa sentire cittadini del mondo

Internet mi fa sentire cittadino del mondo Frequenze PercentualiNessuna risposta 13 2.2Assolutamente falso 184 30.9Piuttosto falso 94 15.8Né vero, né falso 159 26.7Abbastanza vero 114 19.1Assolutamente vero 32 5.4Totale 596 100.0

3.6 Alcuni dati strutturali – Puglia

Il campione pugliese della ricerca è stato costituito da 553 studenti frequentanti nel corso del secondo quadrimestre 2011/2012 le classi terze e quarte di alcuni licei o istituti tecnici di Martina Franca, Lecce e Bari ( viene riportata nella successiva tabella la ripartizione degli studenti per città e scuola che hanno compilato il questionario).

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Tab. 20: Distribuzione dei questionari compilati dagli studenti coinvolti nella ricerca per città e scuola di appartenenza

Città Scuola Studenti IntervistatiFrequenze Percentuali

Martina FrancaLiceo Statale “Tito Livio” 81 14.6ITCG “Da Vinci” 95 17.2

LecceLiceo Scientifico “Banzi” 103 18.6IISS “De Pace” 111 20.1

BariLiceo Scientifico “Salvemini” 67 12.1ITC “Lenoci” 96 17.4

Totale 553 100.0

3.7 L’utilizzo di internet e dei social network

Anche per la Puglia appare evidente come, per il nostro campione, solo il 2.7% sia sprovvisto a casa di una connessione ad internet.

Tab. 21: Accesso internet a casa

Internet a casa Frequenze PercentualiNessuna risposta 10 1.8Si 528 95.5No 15 2.7Totale 553 100.0

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Internet risulta essere sempre presente (95,5%) nelle case degli stu-denti costituenti il campione e l’accesso è pressoché libero, perché solo il 6.1% degli intervistati (34 studenti) dichiara di navigare con dei limiti di connessione.

Tab. 22: Come si accede ad internet

Accesso ad Internet Frequenze PercentualiNessuna risposta 7 1.3Posso accedervi liberamente 512 92.6Ho dei limiti di connessione 34 6.1Totale 553 100.0

Circa i tempi medi giornalieri di connessione, differentemente dai dati del Piemonte si rileva la decisa maggiore presenza di studenti (il 48.1% pari a 266 scelte) che dichiarano di dedicare molto tempo – dalle 3 ore in poi – alla navigazione, di conseguenza è sensibilmente minore il numero di intervistati che non supera le 2 ore al giorno (con il 16.1% che riesce a contenersi entro l’ora).

Tab. 23: Ore di connessione giornaliera ad internet

Ore di connessione giornaliera Frequenze PercentualiNessuna risposta 3 0.5Non più di un’ora al giorno 89 16.1Da 1 a 2 ore 195 35.33 ore al giorno 134 24.2Più di 3 ore al giorno 132 23.9Totale 553 100.0

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3.8 Social network e dinamiche di relazione

Connessione ad internet per il nostro campione corrisponde quasi sempre all’utilizzo di un social network. Solo il 3.4% degli studenti pugliesi – percentuale ancora più bassa dei coetanei piemontesi – non ne è iscritto; invece il 58.4% (323 casi) interagisce ogni giorno su siti di questo genere, evidenziando una fruizione superiore cir-ca dell’8.5% rispetto al campione piemontese intervistato, mentre il 31.6% si collega periodicamente con un social network.

Tab. 24: Frequenza con cui si utilizza un social network

Frequenza utilizzo social network Frequenze PercentualiNessuna risposta 8 1.4Tutti i giorni 323 58.4Non tutti i giorni 175 31.6Ho dei profili, ma vi accedo raramente 28 5.1Non sono iscritto ad alcun social network 19 3.4Totale 553 100.0

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Facebook è il social network più utilizzato dal 93.5% degli studen-ti intervistati (Tab. 25), utilizzato essenzialmente per chattare con gli amici (60.2%), molto meno frequentemente per condividere link (17.2%) o leggere quello che fanno gli altri (10.7%); da evidenziare che in quest’ultimo item, invece, la differenza percentuale – in meno rispetto agli studenti piemontesi – è di oltre il 5.0%.

Tab. 25: Iscrizione a Facebook

Iscrizione a Facebook Frequenze PercentualiNessuna risposta 11 2.0Si 517 93.5No 25 4.5Totale 553 100.0

Tab. 26: Utilizzo prevalente del social network

Utilizzo prevalente del social network Frequenze PercentualiNessuna risposta 21 3.8Chattare con gli amici 333 60.2Scrivere post e messaggi personali 44 8.0Condividere link o postare delle foto 95 17.2Scrivere tutto quello che si fa 1 0.2Leggere solo quello che fanno gli altri 59 10.7Totale 553 100.0

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Uno dei dati che decisamente ha differenziato il campione pugliese da quello piemontese è il numero di contatti su Facebook dichiarati. Ben il 56.4% del campione pugliese (rispetto al 38.3% del campione piemontese intervistato) ha dichiarato di avere più di 500 contatti sul social network. Molto meno (23.1%) coloro che hanno tra i 200 ed i 400 contatti (rispetto al 35.1% sullo stesso item dichiarato dagli studenti piemontesi). ”Solo” il 14.8% ha meno di 200 contatti (Tab. 27). Si conferma, quindi, la facilità di tessere relazioni sui social network, ma come già ribadito nelle questo non dice nulla sull’inten-sità delle stesse. Infatti, oltre il 52.0% ritiene che non oltre un quarto dei contatti siano da considerarsi davvero amici, mentre il 7.9% (44 casi) considera amicizie almeno più della metà i contatti su Facebook (Tab. 27.1).

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Tab. 27: Quanti contatti su Facebook

Quanti contatti su Facebook Frequenze PercentualiNessuna risposta 31 5.6Da 50 a 100 24 4.3Da 100 a 200 58 10.5Da 200 a 400 128 23.1Più di 500 312 56.4Totale 553 100.0

Nessuna risposta Da 50 a 100 Da 100 a 200 Da 200 a 400 Più di 500

5.6% 4.3%

10.5%

23.1%

56.4%

Contatti su Facebook

Tab. 27.1 Quanti contatti su Facebook sono amici

Contatti su Facebook con veri amici Frequenze PercentualiNessuna risposta 25 4.5Nessuno 24 4.3Circa un quarto 266 48.1Meno della metà 119 21.5Circa la metà 74 13.4Più della metà 24 4.3Circa i due terzi 20 3.6Tutti 1 0.2Totale 553 100.0

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La preminenza da essi attribuita al contatto face to face rispetto a quello virtuale della rete è ampiamente confermata dal fatto che solo il 13.3% (68 casi) del nostro campione preferisce contattare le per-sone via internet, piuttosto che per telefono o direttamente, anzi il 42.1% esclude il web per l’interazione con gli altri nel modo più assoluto.

Tab. 28: Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto

Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 3 0.5Assolutamente falso 233 42.1Piuttosto falso 134 24.2Nè vero, nè falso 115 20.8Abbastanza vero 55 9.9Assolutamente vero 13 2.4Totale 553 100.0

Ribadiamo anche per gli studenti pugliesi che, contrariamente ai luo-ghi comuni, gran parte di loro (84.8% dei casi) non ama nascondersi, falsare la descrizione di sé chattando in rete. Solo il 5.6% (31 casi)

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dichiara la tendenza a mentire sulla propria identità quando è in rete.

Tab. 29: Tendenza a descriversi in rete in modo diverso dalla realtà

Tendenza a descriversi in rete in modo diverso dalla realtà

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 7 1.3Assolutamente falso 389 70.3Piuttosto falso 80 14.5Né vero, né falso 46 8.3Abbastanza vero 22 4.0Assolutamente vero 9 1.6Totale 553 100.0

L’uso di internet, ancora una volta, non porta (86.4%) ad isolarsi ed evitare amici o familiari (Tab. 30) o, addirittura, a preferire la rete (77.9%) al trascorrere una serata con questi (Tab. 31).

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Tab. 30: Utilizzo di internet e relazioni con amici e familiari

A causa di internet tendo ad evitare amici o familiari Frequenze %Nessuna risposta 7 1.3Assolutamente falso 396 71.6Piuttosto falso 82 14.8Né vero, né falso 40 7.2Abbastanza vero 16 2.9Assolutamente vero 12 2.2Totale 553 100.0

Tab. 31: Preferire internet ad una serata con amici o familiari

Non mi capita mai di preferire internet ad una serata con amici o familiari

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 6 1.1Assolutamente falso 64 11.6Piuttosto falso 23 4.2Né vero, né falso 29 5.2Abbastanza vero 47 8.5Assolutamente vero 384 69.4Totale 553 100.0

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Sostanzialmente i dati emersi dalle sole risposte fornite dagli stu-denti pugliesi si allineano in gran parte con i dati generali (costituiti dall’aggregazione delle risposte fornite dagli studenti piemontesi con quelle degli stessi studenti pugliesi). Per questo le conclusioni forni-te al termine dell’analisi dei dati generali possono valere anche per commentare brevemente le indicazioni emerse dall’analisi dei dati degli studenti pugliesi.

3.9 La rete e l’altro

I social network rappresentano un utile strumento per relazioni mul-ticulturali. Ne dà ragione il fatto (Tab. 32) che il 61.5% (340 casi) ha contatti con ragazzi non italiani e che il 29.7% di questi sono anche incontrati offline (Tab. 32.1). Invece, il 38.8% (132 casi) sono relazioni online originatesi però da una conoscenza diretta avvenu-ta nel corso di un viaggio. Importante, anche per gli obiettivi della nostra ricerca, è la constatazione che i social network sembrano es-sere particolarmente utilizzati dai “nostri” giovani per attivare e/o aumentare contatti intraterritoriali, molto meno quelli extraterritoria-li (dove, certamente, il fattore della competenza linguistica influisce decisamente). Lo dimostrerebbe, a riguardo, il dato esiguo di ragazzi non italiani non residenti in Italia conosciuti in rete che si attesta al 10.6%.

Tab. 32: Contatti online con ragazzi non italiani

Chatting con ragazzi non italiani Frequenze PercentualiNessuna risposta 21 3.8Si 340 61.5No 192 34.7Totale 553 100.0

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Tab. 32.1: Conoscenza di questi ragazzi non italiani

Come sono stati conosciuti questi ragazzi non italiani Frequenze %Sono ragazzi che vivono in Italia che conosco anche offline 101 29.7Sono ragazzi che vivono in Italia che conosco solo in Rete 34 10.0Sono ragazzi conosciuti durante un viaggio 132 38.8Sono ragazzi che non vivono in Italia conosciuti in Rete 36 10.6Sono ragazzi inseriti nei contatti di miei amici su social network 12 3.5Altro 25 3.4Totale 340 100.0

Inoltre, chi ha contatti online con ragazzi non italiani nel 45.6% dei casi (155 preferenze) chatta con loro scambiandosi le proprie espe-rienze, mentre per il 20.9% tendenzialmente i contatti sono limitati a qualche breve comunicazione, oppure sono da considerarsi solo dei contatti (33.5%), nel significato formale che viene attribuito all’ami-cizia nei social network.

Tab. 32.2: Contenuti di confronto con questi ragazzi non italiani

Come ci si confronta con questi amici non italiani Frequenze PercentualiSi chatta con loro discutendo della propria vita 155 45.6Ci si scambia solo qualche contenuto da condividere 71 20.9Si è amici, ma di fatto non si interagisce con loro 114 33.5Totale 340 100.0

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Seguendo lo stesso procedimento compiuto per l’analisi dei dati complessivi, introdotta la questione di come gli scambi cross – cultu-rali possano essere facilitati o meno dall’utilizzo di Facebook, alcu-ne domande successive del questionario somministrato agli studenti piemontesi coinvolti nella ricerca hanno cercato di capire se questi strumenti possano aiutare a conoscere le culture altre. Le risposte disattendono le aspettative, ancor più dei dati complessivi ottenuti aggregando le risposte in merito degli studenti piemontesi e quelli pugliesi. I nostri studenti ci dicono nel 47.2% dei casi che raramente utilizza-no social network per conoscere aspetti socioculturali riferiti ad altre nazioni e nel 32.2% (Tab. 33) di non impiegarli mai per questo scopo – lo stesso item è stato selezionato da oltre il 9.0% in più di studenti piemontesi. Spesso tali strumenti sono considerati inadatti per co-noscere le culture differenti da quella di appartenenza (17.0%). Il 32.7%, invece, ha usufruito dei social network per interfacciarsi con altre realtà culturali, ma solo per puro caso, mentre soltanto il 6.5% (36 casi) ne riconosce l’utilità (Tab. 34). Riproponiamo anche per la Puglia, quanto già ipotizzato nell’analisi dei dati generali, ossia che queste risposte invitano a pensare che i ragazzi della digital genera-tion siano poco esercitati a collocarsi nel mondo e molto interessati a vivere il proprio universo quotidiano e locale. Per cui l’interesse per il diversamente altro non scaturisce spontaneamente, ma solo dopo esserne venuto a contatto. Ed è allora che i social network possono risultare strumenti di facilitazione della conoscenza.Tab. 33: Utilizzo di social network per conoscere aspetti riferiti ad altre culture

Utilizzo di social network per conoscere aspetti riferiti ad altre culture

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 18 3.3Sì, ma raramente 261 47.2Con una certa frequenza 73 13.2Mai 178 32.2Mi capita quasi tutti i giorni 23 4.2Totale 553 100.0

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Tab. 34: I social network aiutano a conoscere le altre culture

I social network aiutano a conoscere le altre culture Frequenze %Nessuna risposta 29 5.2No, per niente perché strumento inadatto 94 17.0No, anche se avrei potuto perché le informazioni ci sono 103 18.6Si, ma per puro caso 181 32.7Si, ma solo grazie all’aiuto di esperienze esterne 110 19.9Si, molto. Mi interessava farlo. I social network aiutano molto 27 4.9Si, molto. La mia visione è cambiata grazie ai social network 9 1.6Totale 553 100.0

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3.10 Cosmopolitismo web 2.0

Nel questionario somministrato agli studenti coinvolti nella ricerca sono state inserite delle domande per analizzare un aspetto centrale della nostra ricerca quale è quello del cosmopolitismo e, in partico-lare, quanto la diffusione di questo atteggiamento esistenziale e re-lazionale possa essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo rilevare che il 38.3% degli intervistati è convinto che internet aiuti a costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il 30.9% è indeciso, confermando che la vita reale costituisce un fattore inso-stituibile per la formazione della propria percezione del mondo (Tab. 35).

Tab. 35: Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 10 1.8Assolutamente falso 89 16.1Piuttosto falso 71 12.8Né vero, né falso 171 30.9Abbastanza vero 160 28.9Assolutamente vero 52 9.4Totale 553 100.0

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Tale ipotesi interpretativa sembrerebbe avallata anche dal fatto che un buon numero del nostro campione (70.3% contro il 13.4% che ha convinzioni opposte), pur nella consapevolezza che con internet le distanze geografiche siano state definitivamente abbattute (Tab. 36), non ha ritenuto tuttavia che questo potere della rete li faccia sentire cittadini del mondo. Infatti (Tab. 37), il legame internet – cosmopo-litismo è percepito dagli studenti pugliesi in maniera marcatamente più forte rispetto ai “colleghi” piemontesi. Così al 35.1% di favo-revoli, si oppone il 37.7% che non si sente affatto o poco cittadino del mondo grazie ad internet, mentre il 25.0% non sa esprimersi in merito.

Tab. 36: Internet ha abbattuto le distanze geografiche

Grazie ad internet sono state abbattute le distanze geografiche Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 13 2.4Assolutamente falso 42 7.6Piuttosto falso 32 5.8Né vero, né falso 77 13.9Abbastanza vero 188 34.0Assolutamente vero 201 36.3Totale 553 100.0

Tab. 37: Internet fa sentire cittadini del mondo

Internet mi fa sentire cittadino del mondo Frequenze PercentualiNessuna risposta 15 2.7Assolutamente falso 147 26.6Piuttosto falso 59 10.7Né vero, né falso 138 25.0Abbastanza vero 140 25.3Assolutamente vero 54 9.8Totale 553 100.0

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3.11 Sintesi Piemonte/Puglia

Comparando i dati emersi dall’analisi delle risposte fornite dagli studenti frequentanti nel corso del secondo quadrimestre 2011/2012 le classi terze e quarte di alcuni licei ed istituti tecnici del Piemon-te e della Puglia si evidenzia su gran parte delle questioni oggetto di riflessione una sostanziale specularità, poiché in gran parte dei quesiti posti le oscillazioni percentuali non supera il 5.0%. Questo è fatto particolarmente significativo, perché attesta che sui temi og-getto d’indagine, in gran parte, sussiste omogeneità di percezioni e comportamenti tra i giovani al di là delle distanze territoriali. Assu-mono, in tale contesto, rilevanza le poche differenze statisticamente significative emerse tra le risposte fornite degli studenti piemontesi e quelli pugliesi che di seguito vengono sintetizzate.

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Piemonte

1. Circa i tempi medi giornalieri di connessione è decisamente su-periore rispetto agli studenti pugliesi il numero di intervistati che non supera le 2 ore al giorno (con il 19.5% che riesce a contener-si entro l’ora).

2. Un po’ meno del della metà degli studenti piemontesi utilizza quotidianamente un social network.

3. L’uso prevalente è chattare con gli amici, molto meno frequente è condividere link o leggere quello che fanno gli altri. In quest’ul-timo item il dato supera quello degli studenti pugliesi di oltre il 5.0%.

4. Più di un terzo dichiara di avere dai 200 ai 400 contatti e tale per-centuale supera più del 12.0% quella espressa sullo stesso item dagli studenti pugliesi.

5. Per quanto riguarda la questione se internet ed i social network possano aiutare a conoscere le culture altre, quasi il 42.0% degli studenti piemontesi – con oltre il 9.0% di preferenze dei “colle-ghi” pugliesi – non utilizza quasi mai tali strumenti per conosce-re aspetti socioculturali riferiti ad altre nazioni

Puglia

1. Circa i tempi medi giornalieri di connessione, differentemente dai dati del Piemonte, si rileva la decisa maggiore presenza di studenti che dichiarano di dedicare molto tempo – dalle 3 ore in poi – alla navigazione.

2. Più della metà degli studenti pugliesi (con una differenza in più, intorno al 10.0%, rispetto agli studenti piemontesi) utilizza quo-tidianamente un social network.

3. L’uso prevalente – ancor più degli “amici” piemontesi – è chat-tare con gli amici, meno frequente è condividere link o leggere quello che fanno gli altri.

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4. Uno dei dati che decisamente ha differenziato il campione pu-gliese da quello piemontese è il numero di contatti su Facebook dichiarati. Infatti, quasi il 57.0% (un po’ meno del 20.0% di pre-ferenze in più) dei “pugliesi” ha dichiarato di avere più di 500 contatti sul social network.

5. Il legame internet – cosmopolitismo è percepito dagli studenti pugliesi in maniera marcatamente più forte. Infatti, poco oltre il 35.0% (quasi il 10.0% di preferenze in più) si sente cittadino del mondo grazie ad internet.

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4. Analisi generale dei questionarispecchio (returnees) F. Schino

4.1 Alcuni dati strutturali

Come specificato nella precedente presentazione delle metodologie della ricerca, unitamente alla somministrazione di un questionario strutturato a scelta multipla, al campione di studenti del Piemonte e della Puglia si è proceduto a contattare giovani italiani – residenti sempre nelle due regioni campione – che nei precedenti ultimi due anni scolastici hanno vissuto l’esperienza della permanenza all’este-ro con Intercultura (da ora: returnees).Contattati i referenti di Intercultura abbiamo potuto ricavare l’uni-verso statistico di riferimento, pervenendo alla definizione di 60 stu-denti returnees. A questi è stata fatta recapitare la nostra richiesta di partecipazione alla ricerca tramite la compilazione di un questiona-rio strutturato a scelta multipla, pressoché simile nella prima parte a quello somministrato agli studenti piemontesi e pugliesi per consen-tire eventuali possibili comparazioni e specifico nella seconda par-te, volta a verificare se proprio l’esperienza all’estero potesse essere considerata la variabile interveniente capace di modificare il modus vivendi dei giovani in riferimento alla routinaria fruizione dei digital media e le proprie relazioni interpersonali (incluse quelle multi-in-terculturali).Considerate alcune difficoltà tecniche – essere studenti universitari fuori sede, indirizzi e-mail non corretti o modificati – ed altre moti-vazionali – non essere interessati alla compilazione del questionario, non voler essere coinvolti nella ricerca, sono giunti all’equipe di ri-cerca 46 questionari compilati, pari al 76.7% dei questionari attesi, di cui 22 questionari (47.8%) dalla Puglia e 24 (52.2%) dal Piemonte. A compilare il questionario sono state prevalentemente donne (71.7%,

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pari a 33 casi), l’età dei returnees ha oscillato dai 17 anni (però solo 3 casi) ai 21 anni (solo 2 casi). Quella più ricorrente si è attestata tra 19 ed 20 anni (entrambi al 30.4%), a seguire i 18enni (28.3%). I re-turnees coinvolti nella ricerca hanno in gran parte svolto l’esperienza all’estero con Intercultura nel corso dell’anno scolastico 2009/2010 (34.8%) e 2010/2011 (45.7%) ed è durata quasi per tutti – tranne in un caso – un intero anno (97.8%). Nord Europa ed il continente americano – da Nord a Sud – i luoghi più praticati, mentre gli USA (43.5% dei casi) sono stati la nazione più frequentata, seguiti da Bel-gio, Norvegia e Germania (3 returnees a testa, pari al 6.5%).

Tab. 1: Distribuzione per sesso dei returnees coinvolti nella ricerca

Sesso COMPLESSIVI PIEMONTE PUGLIAFrequenze % Frequenze % Frequenze %

Maschi 13 28.3 5 20.8 8 36.4Femmine 33 71.7 19 79.2 14 63.6Totale 46 100 24 100 22 100

Tab. 2: Età dei returnees coinvolti nella ricerca

Età Frequenze Percentuali21 anni 2 4.320 anni 14 30.419 anni 14 30.418 anni 13 28.317 anni 3 6.5Totale 46 100.0

Tab. 3: Anno scolastico in cui è stata svolta l’esperienza all’estero con Intercultura

Anno scolastico dell’esperienza all’estero con Intercultura Frequenze %2010/2011 21 45.72009/2010 16 34.82008/2009 9 19.6Totale 46 100.0

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Tab. 4: Durata dell’esperienza all’estero con Intercultura

Durata dell’esperienza all’estero con Intercultura

Frequenze Percentuali

6 mesi 1 2.21 anno scolastico 45 97.8Totale 46 100.0

Tab. 5: Dove i returnees hanno realizzato l’esperienza con Intercultura

Luogo dell’esperienza all’estero con Intercultura Frequenze PercentualiIndia 2 4.3Belgio 3 6.5USA 20 43.5Svezia 1 2.2Canada 1 2.2Brasile 1 2.2Finlandia 1 2.2Danimarca 1 2.2Cile 1 2.2Honduras 1 2.2Norvegia 3 6.5Olanda 2 4.3Germania 3 6.5Cina 1 2.2Argentina 2 4.3Repubblica Dominicana 2 4.3Thailandia 1 2.2Totale 46 100.0

4.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero

Anche i “nostri” returnees confermano quanto già emerso nell’ana-lisi dei dati sui questionari somministrati agli studenti campione del-la ricerca: il 93,5% dispongono in casa di una connessione internet, solo il 4.3% dichiara di esserne sprovvisto.

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Tab. 6: Accesso internet a casa

Internet a casa Frequenze PercentualiNessuna risposta 1 2.2Si 43 93.5No 2 4.3Totale 46 100.0

Nessuna risposta2.2%

Si93.5%

No4.3%

Internet a casa

Internet, come detto, non manca quasi mai tra le mura domestiche e l’accesso è pressoché libero, perché solo 1 returnee ha dichiarato di navigare con dei limiti di connessione.

Tab. 7: Come si accede ad internet

Accesso ad internet Frequenze PercentualiNessuna risposta 4 8.6Posso accedervi liberamente 41 89.1Ho dei limiti di connessione 1 2.2Totale 46 100.0

Si osserva che quasi il 33.0% (15 returnees) dedica dalle tre ore in poi alla navigazione - oltre l’8.0% in meno di quanto dichiarato dagli studenti piemontesi e pugliesi -, mentre il 15.2% riesce a contenersi entro l’ora.

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Tab.8: Ore di connessione giornaliera ad internet

Ore di connessione giornaliera Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 4.3Non più di un’ora al giorno 7 15.2Da 1 a 2 ore 22 47.83 ore al giorno 7 15.2Più di 3 ore al giorno 8 17.4Totale 46 100.0

Nessuna risposta Non più di un'ora al giorno

Da 1 a 2 ore 3 ore al giorno Più di 3 ore al giorno

4.3%

15.2%

47.8%

15.2%17.4%

Connessione giornaliera ad Internet

Come a casa propria, nell’esperienza all’estero con Intercultura quasi tutti i returnees (42 casi, pari al 91.3%) avevano una connessione in-ternet in casa (Tab. 9) e per 40 di loro (pari all’87.0%) l’accesso era in gran parte senza limiti (Tab. 10).

Tab. 9: Accesso ad internet nella casa di residenza all’estero nell’esperienza con Intercultura

Internet nella casa di residenza all’estero nell’esperienza con Intercultura

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 2 4.3Si 42 91.3No 2 4.3Totale 46 100.0

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Nessuna risposta4.3%

Si91.3%

No4.3%Internet nella casa all'estero

Tab. 10: Come si accedeva ad internet

Accesso ad internet nel paese estero Frequenze PercentualiNessuna risposta 3 6.5Potevo accedervi liberamente 40 87.0Avevo dei limiti di connessione 3 6.5Totale 46 100.0

Pur potendo usufruire di internet praticamente nelle stesse condizio-ni di casa, nell’esperienza estera con Intercultura i returnees hanno avuto tempi di connessione decisamente più ridotti rispetto alle loro abitudini. “Solo” il 6.5% (3 casi) ha dichiarato di essersi connessi ad internet oltre le 3 ore al giorno (a casa era il 17.4% – Tab. 8), mentre ben il 32.6% (15 casi) si connetteva non più di 1 ora al giorno (con un incremento di oltre il 17% rispetto alle abitudini quotidiane a casa).

Tab. 11: Ore al giorno di connessione giornaliera ad internet all’estero

Ore di connessione giornaliera ad internet all’estero Frequenze %Nessuna risposta 3 6.5Non più di un’ora al giorno 15 32.6Da 1 a 2 ore 19 41.33 ore al giorno 5 10.9Più di 3 ore al giorno 3 6.5Altro 1 2.2Totale 46 100.0

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4.3 Social network e dinamiche di relazione in Italia e all’e-stero

Connessione ad internet per il nostro campione specchio corrisponde quasi sempre all’utilizzo di un social network. Solo 2 returnees (pari al 4.3%) vi accedono raramente, invece il 56.5% (26 casi) lo utilizza ogni giorno, mentre il 34.8% lo fa periodicamente.

Tab. 12: Frequenza con cui si utilizza un social network

Frequenza utilizzo social network Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 4.3Tutti i giorni 26 56.5Non tutti i giorni 16 34.8Ho dei profili, ma vi accedo raramente 2 4.3Totale 46 100.0

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Facebook è il social network più utilizzato dal 95.7% degli intervi-stati (Tab. 13).L’uso prevalente (Tab. 14) è chattare con gli amici (65.2%) – an-che su questo item le percentuali dei returnees sono notevolmente superiori (quasi del 9.0%) rispetto a quelle espresse dagli studenti piemontesi e pugliesi – meno frequente è condividere link (15.2%) o leggere quello che fanno gli altri (10.9%).

Tab. 13: Iscrizione a Facebook

Iscrizione a Facebook Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 4.3Si 44 95.7Totale 46 100.0

Tab. 14: Utilizzo prevalente del social network

Utilizzo prevalente del social network Frequenze PercentualiNesuna risposta 2 4.3Chattare con gli amici 30 65.2Scrivere post e messaggi personali 7 15.2Condividere link o postare delle foto 2 4.3Leggere solo quello che fanno gli altri 5 10.9Totale 46 100.0

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Verrebbe da dire, analizzando i dati a disposizione, che tra i giovani più si sale in età e più aumentano i contatti online. Infatti, ben il 69.6% (32 casi) dei returnees – con oltre il 22% in più dei giovani piemontesi e pugliesi – ha dichiarato di avere più di 500 contatti, “solo” il 6.5% ha meno di 200 contatti. Nessun returnee ha meno di 100 contatti (Tab. 15).Ancor più confermata, quindi, la facilità di tessere relazioni sui so-cial network, ma questo anche stavolta non dice nulla sull’intensità delle stesse. Infatti, ben il 37.0% (17 casi) ha sostenuto che nessun contatto su Facebook è da considerarsi davvero un’amicizia, mentre il 30.4% (14 casi) ritiene che siano da considerarsi vere amicizie non oltre un quarto dei contatti. Un solo returnee ha dichiarato che più della metà dei suoi contatti sul social network sono da considerarsi amicizie (Tab. 15.1).

Tab. 15: Quanti contatti su Facebook

Quanti contatti su Facebook Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 4.3Da 100 a 200 3 6.5Da 200 a 400 9 19.6Più di 500 32 69.6Totale 46 100.0

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Tab. 15.1: Quanti contatti su Facebook sono amici

Contatti su Facebook con veri amici Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 4.3Nessuno 17 37.0Circa un quarto 14 30.4Meno della metà 10 21.7Circa la metà 2 4.3Più della metà 1 2.2Totale 46 100.0

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Questi ultimi dati sono in sintonia con quanto evidenziato sulle stes-se questioni nell’interpretazione delle risposte fornite dagli studenti piemontesi e pugliesi Anche i giovani returnees danno preminenza alle relazioni interpersonali, al contatto face to face rispetto a quello virtuale della rete.Nel corso della permanenza all’estero l’84.7% dei returnees ha incre-mentato il numero delle “amicizie” di almeno 100 nuovi contatti (il 54.3% di questi anche oltre 100) su Facebook (Tab. 16). Tuttavia, a differenza dei contatti italiani, molti di quelli inseriti nel corso dell’e-sperienza all’estero corrispondevano a persone davvero frequentate e conosciute. Infatti, il 30.4% dei returnees (contro il 6.5% in Italia, Tab. 15.1) ha dichiarato che circa la metà/più della metà dei nuovi amici su Facebook erano da considerarsi realmente tali, mentre il 28.3% (13 casi) ha indicato che il numero di amicizie su Facebook non corrispondeva affatto ad amicizie reali (Tab. 17).

Tab. 16: Nuovi contatti inseriti su Facebook nel Paese estero

Nuovi contatti inseriti su Facebook nel paese estero Frequenze %Nessuna risposta 3 6.5Circa 25 2 4.3Circa 50 2 4.3Circa 100 14 30.4Più di 100 25 54.3Totale 46 100.0

Tab. 17: Nuovi contatti su Facebook inseriti nel corso dell’esperienza all’estero da conside-rarsi amici

Nuovi contatti su Facebook da considerarsi veri amici Frequenze %Nessuna risposta 3 6.5Nessuno 13 28.3Circa un quarto 9 19.6Meno della metà 7 15.2Circa la metà 8 17.4Più della metà 6 13.0Totale 46 100.0

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La primazia alle relazioni interpersonali dirette è ampiamente con-fermata dal fatto che solo 2 ragazzi (4.3%) preferiscono contattare le persone via internet, piuttosto che per telefono o direttamente, anzi il 47.8% (22 casi) esclude l’impiego del web per tale scopo nel modo più assoluto.

Tab. 18: Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto

Preferenza del contatto on-line a quello telefonico o diretto Frequenze %Assolutamente falso 22 47.8Piuttosto falso 17 37.0Né vero, né falso 5 10.9Abbastanza vero 2 4.3Totale 46 100.0

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Gran parte dei returnees (93.5% dei casi) non ama nascondersi, fal-sare la descrizione di sé chattando in rete.

Tab. 19: Tendenza a descriversi in rete in modo diverso dalla realtà

Tendenza a descriversi in rete in modo diverso dalla realtà

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 36 78.3Piuttosto falso 7 15.2Né vero, né falso 2 4.3Assolutamente vero 1 2.2Totale 46 100.0

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L’uso di internet, ancora una volta, non porta (97.8%) ad isolarsi ed evitare amici o familiari (Tab. 20) o addirittura a preferire la rete (86.9%) al trascorrere una serata con questi (Tab. 21).

Tab. 20: Utilizzo di internet e relazioni con amici e familiari

Tendenza ad evitare amici o familiari quando si è su Internet

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 43 93.5Piuttosto falso 2 4.3Assolutamente vero 1 2.2Totale 46 100.0

Tab. 21:Preferire internet ad una serata con amici o familiari

Non mi capita mai di preferire internet ad una serata con amici o familiari

Frequenze %

Assolutamente falso 6 13.0Abbastanza vero 2 4.3Assolutamente vero 38 82.6Totale 46 100.0

Conformemente a quanto sostenuto nel corso di tutta l’analisi dei dati, internet ed i social network si specificano sempre più come stru-menti utili, necessari per il mantenimento delle relazioni interperso-nali. Il momento più difficile da gestire è stato il ritorno a casa dopo

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la permanenza all’estero, come spesso accade per esperienze analo-ghe all’anno di scambio culturale proposto da Intercultura. Infatti, il 26.1% (pari a 12 casi) ha utilizzato maggiormente i social network nei primi tre mesi. Dopo il “riassestamento”, i contatti si diradano e per il 45.7% vengono mantenuti attivi soprattutto nel corso di ricor-renze particolari, come durante il Natale o per i compleanni. (Tab. 22). In generale, il 50.0% dei returnees chatta ancora spesso con le nuove amicizie fatte, mentre il 34.8% cerca i contatti, anche se spes-so non ci riesce (Tab. 23).Oppure i social network servono per socializzare e raccontare la pro-pria esperienza. Infatti, il 56.5% (26 casi) ha condiviso molte foto con i propri amici ed il 17.4% (8 casi) ha scritto dei post per comu-nicare gli stati d’animo durante il soggiorno (Tab. 24), questi ultimi difficili da comunicare ai familiari e/o agli amici al momento, come indicato dal 56.5% (26 casi) dei returnees (Tab. 25).

Tab. 22: In quale fase dell’esperienza estera i social network sono stati utilizzati maggiormente

In quale fase dell’esperienza estera i social network sono stati utilizzati maggiormente

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 2 4.3Nei primi tre mesi 12 26.1Negli ultimi tre mesi 2 4.3Tutto il periodo 9 19.6In ricorrenze particolari (Natale, compleanni, ecc.) 21 45.7Totale 46 100.0

Tab. 23: Utilizzo dei social network al ritorno per mantenere i contatti con le persone cono-sciute

Al ritorno i social network hanno permesso di mantenere i contatti con le persone conosciute

Frequenze %

Nessuna risposta 2 4.3Si molto. Chatto spesso con loro 23 50.0Ho mantenuto i contatti, ma non ho usato i social network 5 10.9Ho usato i social network, ma molto spesso non sono riuscito 16 34.8Totale 46 100.0

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Tab. 24: Utilizzo dei social network al ritorno per raccontare la propria esperienza

Al ritorno usati i social network per raccontare la pro-pria esperienza

Frequenze %

Nessuna risposta 3 6.5No, mai 4 8.7Si, ho scritto soprattutto dei post con i miei stati d’animo 8 17.4Ho condiviso molte foto dell’esperienza all’estero 26 56.5Si, soprattutto chattando con i miei amici italiani 5 10.9Totale 46 100.0

Tab. 25: Condivisione con familiari e/o amici degli stati d’animo durante l’esperienza all’e-stero

Condivisione con famigliari e/o amici degli stati d’animo in momenti difficili dell’esperienza all’estero

Frequenze %

Nessuna risposta 3 6.5Si 17 37.0No 26 56.5Totale 46 100.0

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Condivisione con familiari e/o amici degli stati d’animo durante l’esperienza all’estero

Nessuna risposta6.5%

Si37.0%

No56.5%

4.4 La rete e l’altro

In aggiunta alle stesse domande poste agli studenti delle scuole pie-montesi e pugliesi, che ci hanno consentito di comparare le risposte e ricavare importanti considerazioni sulla fruizione dei digital media da parte delle nuove generazioni, sono state inserite nel questionario somministrato ai returnees alcune domande volte a comprendere in che modo i new media possano o meno aver influito sulle esperienze all’estero e se la stessa esperienza extraterritoriale abbia modificato o meno anche le proprie abitudini a riguardo dell’uso di internet, dei social network.Anche da questa sezione del questionario abbiamo ricavato dati mol-to interessanti. Un primo elemento rilevante è che, nonostante il largo utilizzo di internet e dei social network, i nostri giovani sembrano non conside-rare tali strumenti validi alla stessa stregua e/o sostituibili l’esperien-za sul campo. Al 65.2% dei returnees (30 casi) non è mai venuto in mente di usare i networks per conoscere il paese nel quale avrebbero fatto l’esperienza dello studio all’estero con la proposta di Intercul-tura (Tab. 26).

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Però con internet ed i social network i returnees costituenti il cam-pione specchio hanno attivato contatti prima della partenza; in parti-colare lo hanno fatto in 25, pari al 54.3% (Tab. 27). Questi contatti per il 52.1% (24 casi) si sono rivelati utili, contro il 28.3% (13 casi) che non ha riscontrato alcun vantaggio da tali con-fronti (Tab. 28). Certo, per questi risultati si potrebbero proporre spiegazioni che rimanderebbero alla superficialità, al non interesse, a motivazioni generiche nell’affrontare l’impresa. Tuttavia, in continu-ità con i risultati già emersi dai dati precedenti e di quelli che segui-ranno, ci sentiamo – invece – di sposare l’idea che su certe questioni, quali la costruzione e il mantenimento delle relazioni interpersonali e le esperienze di vita extraterritoriali, i giovani per ora mantengono la netta distinzione tra vite reale e vita virtuale, preferendo decisamente la prima alla seconda.

Tab. 26: Utilizzo di social networks per conoscere il nuovo Paese dove si sarebbe realizzata l’esperienza con Intercultura

Prima di partire è venuto in mente di usare i social network per conoscere qualcosa del nuovo Paese

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 2 4.3Si, ho cercato e condiviso post 14 30.4No, mai 30 65.2Totale 46 100.0

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Tab. 27: Contatti prima della partenza su Facebook con persone residenti nella nazione ospite

Contatti anticipati su FB con persone della nuova realtà Frequenze %Nessuna risposta 2 4.3Si 25 54.3No 19 41.3Totale 46 100.0

Tab. 28: Utilità dei contatti attivati con internet prima della partenza verso lo Stato estero

Sono serviti i contatti attivati su Internet prima della partenza?

Frequenze %

Assolutamente falso 4 8.7Piuttosto falso 9 19.6Né vero, né falso 9 19.6Abbastanza vero 14 30.4Assolutamente vero 10 21.7Totale 46 100.0

Anche per la stessa esperienza all’estero vissuta dai returnees con Intercultura solo il 19.6% ha ritenuto almeno abbastanza utile quanto aveva appreso da internet per adattarsi alla nuova realtà culturale.

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Poco e per nulla proficue si sono rivelate le conoscenze pregresse per il 32.6% (Tab. 29).Infatti, l’idea di partenza sulla cultura del Paese ospitante è sta-ta disattesa per il 52.2% (24 casi), confermata – invece – soltanto dall’8.7% (4 casi) dei returnees (Tab. 30).A giustificazione di ciò la convinzione di quasi tutti (93.5%) è che le emozioni provate durante il soggiorno all’estero fossero impreve-dibili (Tab. 31).

Tab. 29: Utilità di quanto appreso attraverso internet per adattarsi alla nuova realtà culturale

Ciò che è stato appreso da internet è stato utile per adattarsi alla nuova realtà culturale

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 3 6.5Piuttosto falso 12 26.1Né vero, né falso 22 47.8Abbastanza vero 8 17.4Assolutamente vero 1 2.2Totale 46 100.0

Tab. 30: L’idea di partenza della cultura del Paese ospitante è corrisposta a quella verificata

L’idea di partenza della cultura del Paese ospitante è corrisposta a quella verificata

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 9 19.6Piuttosto falso 15 32.6Né vero, né falso 18 39.1Abbastanza vero 4 8.7Totale 46 100.0

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Tab. 31: Imprevedibilità delle emozioni provate durante il soggiorno all’estero

Le emozioni provate durante il soggiorno all’Estero erano imprevedibili

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 1 2.2Piuttosto falso 1 2.2Né vero, né falso 1 2.2Abbastanza vero 15 32.6Assolutamente vero 28 60.9Totale 46 100.0

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L’esperienza reale all’estero è risultata, dunque, essere differente da quella ipotizzata a tavolino. L’impatto emotivo è stato notevole, ma quasi il 57.0% dei returnees ha deciso di non condividere con fami-liari ed amici i propri stati d’animo vissuti nel corso dei momenti difficili, probabilmente perché – nella consapevolezza della barriera oggettiva data dalle distanze – hanno ritenuto opportuno non trasfe-rire le proprie ansie sui propri cari e mettersi in gioco nello gestire lo stress emozionale (Tab. 31.1). Il 76.5% tra coloro che hanno, inve-ce, deciso di condividere le proprie difficoltà ha considerato i social network particolarmente utili per alleggerirne il peso (Tab.31.2).

Tab. 31.1: Condivisione con familiari e/o amici degli stati d’animo nei momenti difficili dell’e-sperienza all’estero

Condivisione con famigliari e/o amici degli stati d’animo in momenti difficili dell’esperienza all’estero

Frequenze %

Nessuna risposta 3 6,5Si 17 37,0No 26 56,5Totale 46 100,0

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Tab. 31.2 Utilità dei social network in queste situazioni emotive

Utilità dei social network In queste situazioni emotive

Frequenze Percentuali

Lo stato d’ansia è aumentato 2 6,5La condivisione con loro ha generato agitazione anche a loro

2 6,5

Mi è servito ad alleggerire il peso 13 76.5Totale 17 100,0

Dunque, nell’esperienza all’estero l’utilizzo della rete non è da con-siderarsi strumento essenziale per la conoscenza della nuova realtà culturale, né per avviare e gestire relazioni interpersonali, dove – in-vece – il contatto diretto, i rapporti faccia a faccia risultano insosti-tuibili. Diventa, al contrario, necessario per mantenere i contatti più con gli amici italiani che con i propri familiari come si evince dalla lettura delle tabelle 32 e 33, nelle quali emerge da un lato il dato che “solo” il 19.6% (9 casi) non poteva fare a meno di connettersi con la propria famiglia (di contro al 45.6% che non sentiva tale urgenza) e dall’altro che al 58.7% (27 casi) interessava contattare gli amici ita-liani (contro il 17.3%, pari a 8 casi, che non sentivano tale bisogno).

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Tab. 32: Necessità di connettersi con la propria famiglia nel corso dell’esperienza all’estero

Non si poteva fare a meno di connettersi con la propria famiglia in Italia

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 7 15.2Piuttosto falso 14 30.4Né vero, né falso 16 34.8Abbastanza vero 8 17.4Assolutamente vero 1 2.2Totale 46 100.0

Tab. 33: Necessità di contattare i propri amici nel corso dell’esperienza all’estero

Non interessava contattare gli amici italiani Frequenze PercentualiAssolutamente falso 10 21.7Piuttosto falso 17 37.0Né vero, né falso 11 23.9Abbastanza vero 6 13.0Assolutamente vero 2 4.3Totale 46 100.0

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4.5 Cosmopolitismo web 2.0

Un aspetto centrale della nostra ricerca è rappresentato dal cosmopo-litismo e attraverso il questionario somministrato ai returnees coin-volti nella ricerca sono state inserite domande utili a rilevare quanto la diffusione di questo atteggiamento esistenziale e relazionale possa essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo rilevare che il 39.2% degli intervistati è convinto che internet aiuti a costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il 37.0% è indeciso, confermando che la vita reale costituisce fattore insostituibile per la formazione della propria percezione del mondo (Tab. 34). Tutta-via, come gli studenti piemontesi e pugliesi, anche i nostri returnees sono d’accordo quasi all’unanimità (91.3%, pari a 42 casi) sul fatto che grazie ad internet sono state abbattute le distanze geografiche (Tab. 35). Ma, a differenza dei primi, in loro emerge una maggiore convinzione sia della relazione tra internet e la propria dimensione cosmopolita, sia di che quella tra internet (i social networks in pri-mis) e l’educazione alla mondialità. Infatti, il 65.2% (pari a 30 casi) è convinto che internet li faccia sentire cittadini del mondo (Tab. 36) e, soprattutto, il 58.7% (27 casi) – contro il 17.4% che la pensa in maniera opposta – ritiene che internet ed i social network siano utili strumenti di educazione interculturale (Tab. 37).

Tab. 34: Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Frequenze Percentuali

Piuttosto falso 11 23.9Né vero, né falso 17 37.0Abbastanza vero 13 28.3Assolutamente vero 5 10.9Totale 46 100.0

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Tab. 35: Internet ha abbattuto le distanze geografiche

Grazie ad internet sono state abbattute le distanze geografiche

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 1 2.2Assolutamente falso 1 2.2Né vero, né falso 2 4.3Abbastanza vero 12 26.1Assolutamente vero 30 65.2Totale 46 100.0

Tab. 36: Internet fa sentire cittadini del mondo

Internet mi fa sentire cittadino del mondo Frequenze PercentualiAssolutamente falso 3 6.5Piuttosto falso 5 10.9Né vero, né falso 8 17.4Abbastanza vero 23 50.0Assolutamente vero 7 15.2Totale 46 100.0

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Tab. 37: Internet, i social network e l’educazione alla mondialità

Internet e social network possono essere utile strumento di educazione alla mondialità

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 1 2.2Piuttosto falso 7 15.2Né vero, né falso 11 23.9Abbastanza vero 21 45.7Assolutamente vero 6 13.0Totale 46 100.0

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5. Analisi regionale dei questionarireturnees (Piemonte, Puglia) F. Schino

Piemonte

5.1 Alcuni dati generali

Come indicato nell’analisi dei dati complessivi (par. 4.1) sono giunti all’equipe di ricerca 24 questionari compilati da returnees piemon-tesi.A rispondere sono state prevalentemente donne (79.2% pari a 19 casi) e l’età dei returnees ha oscillato dai 17 anni (però solo 3 casi) ai 21 anni (solo 2 casi). Quella più ricorrente si è attestata sui 20 anni (29.2%) a seguire i 18-19 anni (entrambi al 25.0%).Più della metà dei returnees piemontesi (54.2% pari a 13 casi) coin-volti nella ricerca ha svolto l’esperienza all’estero con Intercultu-ra nel corso dell’anno scolastico 2010/2011, i restanti in parte nel 2008/2009 ed in parte nel 2009/2010. La durata in media è stata – tranne per un returneè – di un anno scolastico. Nord Europa ed il continente americano – da Nord a Sud – i luoghi più praticati. Gli USA (8 casi pari al 33.3% ) sono stati la nazione più frequentata, a seguire la Norvegia e la Germania (3 returnees a testa, pari al 6.5%).

Tab. 1: Età dei returnees coinvolti nella ricerca

Età Frequenze Percentuali19 anni 6 25.020 anni 7 29.221 anni 2 8.318 anni 6 25.017 anni 3 12.5Totale 24 100.0

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Tab. 2: Anno scolastico in cui è stata svolta l’esperienza all’estero con Intercultura dai re-turnees piemontesi

Anno scolastico dell’esperienza all’estero con Intercultura

Frequenze Percentuali

2010/2011 13 54.22009/2010 6 25.02008/2009 5 20.8Totale 24 100.0

Tab. 3: Durata dell’esperienza all’estero con Intercultura dei returnees piemontesi

Durata dell’esperienza all’estero con Intercultura Frequenze Percentuali6 mesi 1 4.21 anno scolastico 23 95.8Totale 24 100.0

Tab. 4: Dove i returnees piemontesi hanno realizzato l’esperienza con Intercultura

Luogo dell’esperienza all’estero con Intercultura Frequenze PercentualiIndia 1 4.2USA 8 33.3Honduras 1 4.2Norvegia 3 12.5Olanda 2 8.3Germania 3 12.5Cina 1 4.2Argentina 2 8.3Repubblica Dominicana 2 8.3Thailandia 1 4.2Totale 24 100.0

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5.2 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero

Anche i “nostri” returnees piemontesi confermano il dato inequivo-cabile già emerso nell’analisi dei dati sui questionari somministrati agli studenti campione della ricerca: in casa è quasi impossibile non avere l’accesso ad internet. Solo 1 tra gli intervistati dichiara di es-serne sprovvisto (Tab. 5).Come pure la modalità di accesso che, tranne in 1 caso, è senza limiti di connessione (Tab. 6).

Tab. 5: Accesso internet a casa

Internet a casa Frequenze PercentualiSi 23 95.8No 1 4.2Totale 24 100.0

Tab. 6: Come si accede ad internet

Accesso ad internet Frequenze PercentualiPosso accedervi liberamente 23 95.8Ho dei limiti di connessione 1 4.2Totale 24 100.0

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Circa i tempi medi giornalieri di connessione, si osserva che quasi il 25% (returnees) dedica dalle 3 ore in poi alla navigazione, mentre il 20.8% riesce a contenersi entro l’ora.

Tab. 7: Ore di connessione giornaliera ad internet

Ore di connessione giornaliera Frequenze PercentualiNon più di un’ora al giorno 5 20.8Da 1 a 2 ore 13 54.23 ore al giorno 4 16.7Più di 3 ore al giorno 2 8.3Totale 24 100.0

Durante l’esperienza all’estero con Intercultura quasi tutti i returnees piemontesi (22 casi, pari al 91.7%) avevano internet in casa (Tab. 8) e l’accesso alla rete è avvenuto senza limiti di connessione, eccezion fatta per un solo caso (Tab. 9).

Tab. 8: Accesso ad internet nella casa di residenza all’estero nell’esperienza con Intercultura

Internet nella casa di residenza all’estero nell’esperienza con Intercultura

Frequenze Percentuali

Si 22 91.7No 2 8.3Totale 24 100.0

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Tab. 9: Come si accedeva ad internet

Accesso ad Internet nel paese estero Frequenze PercentualiNessuna risposta 1 4.2Potevo accedervi liberamente 22 91.7Avevo dei limiti di connessione 1 4.2Totale 24 100.0

Pur potendo usufruire di internet praticamente nelle stesse condizioni di casa, nell’esperienza estera con Intercultura i returnees piemontesi hanno avuto tempi di connessione decisamente più ridotti rispetto alle loro abitudini. “Solo” l’8.3% (2 casi) ha dichiarato di essersi connesso ad internet oltre le 3 ore al giorno (a casa era il 25% , vedi Tab. 7), mentre ben il 50.0% (12 casi) si connetteva non più di un’ora al giorno (con un incremento di quasi il 30.0% rispetto alle abitudini quotidiane a casa).L’esperienza all’estero, dunque, appare nei returnees piemontesi es-sere stata particolarmente coinvolgente ed assorbente tanto da ridur-re e/o rendere poco necessario connettersi con la rete.

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Tab. 10: Ore al giorno di connessione ad internet all’estero

Ore al giorno di connessione ad internet all’estero Frequenze PercentualiNessuna risposta 1 4.2Non più di un’ora al giorno 12 50.0Da 1 a 2 ore 9 37.53 ore al giorno 2 8.3Totale 24 100.0

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5.3 Social network e dinamiche di relazione in Italia e all’estero

Essere connessi ad internet per i nostri giovani corrisponde quasi sempre alla fruizione di un social network utilizzato giornalmente dal 45,8% di loro.

Tab. 11: Frequenza con cui si utilizza un social network

Frequenza utilizzo social network Frequenze PercentualiTutti i giorni 11 45.8Non tutti i giorni 11 45.8Ho dei profili, ma vi accedo raramente 2 8.3Totale 24 100.0

Tutti sono iscritti a Facebook (Tab. 12). L’uso prevalente è chattare con gli amici (62.5%) – come già rilevato nell’analisi dei dati gene-rali dei returnees, su questo item tali percentuali sono decisamen-te superiori (oltre il 6.0%) rispetto a quelle espresse dagli studenti piemontesi e pugliesi – meno frequente è scrivere post e messaggi personali (20.8%, pari a 5 casi) (Tab. 13).

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Tab. 12: Iscrizione a Facebook

Iscrizione a Facebook Frequenze PercentualiSi 24 100.0

Tab. 13: Utilizzo prevalente del social network

Utilizzo prevalente del social network Frequenze PercentualiChattare con gli amici 15 62.5Scrivere post e messaggi personali 5 20.8Condividere link o postare delle foto 2 8.3Leggere solo quello che fanno gli altri 2 8.3Totale 24 100.0

Confermando quanto sostenuto nell’analisi dei dati generali, salendo in età – rispetto ai giovani studenti piemontesi e pugliesi coinvolti nella ricerca – aumentano i contatti online. Infatti ben il 66.7% (16 casi) dei returnees – con circa il 19.0% in più degli stessi studenti – ha dichiarato di avere più di 500 contatti, mentre il 12.5% ha meno di 200 contatti. Nessun returnee ha meno di 100 contatti (Tab. 14). An-cor più confermata, quindi, la facilità di tessere relazioni sui social network, anche se questo dato da solo non dice nulla sull’intensità delle stesse. Infatti, ben il 37.5% (9 casi) ha sostenuto che nessun contatto su Facebook è da considerarsi davvero un’amicizia, mentre

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il 25% (6 casi) ritiene che le vere amicizie siano da considerarsi non oltre un quarto dei contatti. Un solo returnee piemontese ha dichia-rato che più della metà dei propri contatti sul social network sono da considerarsi amicizie (Tab. 14.1).

Tab. 14: Quanti contatti su Facebook

Quanti contatti su Facebook Frequenze PercentualiDa 100 a 200 3 12.5Da 200 a 400 5 20.8Più di 500 16 66.7Totale 24 100.0

Tab. 14.1: Quanti contatti su Facebook sono di amici

Contatti su Facebook con veri amici Frequenze PercentualiNessuno 9 37.5Circa un quarto 6 25.0Meno della metà 6 25.0Circa la metà 2 8.3Più della metà 1 4.2Totale 24 100.0

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Nel corso della permanenza all’estero il 79.1% dei returnees pie-montesi ha incrementato il numero delle “amicizie” di almeno 100 nuovi contatti (il 33.3% di questi anche oltre 100) su Facebook (Tab. 15). Tuttavia il 33.3% dei returnees (contro il 6.5% in Italia, Tab. 14.1) ha dichiarato che circa la metà/più della metà dei nuovi amici su Facebook erano da considerarsi realmente tali, mentre il 20.8% (5 casi) ha indicato che il numero di contatti su Facebook non corri-spondeva affatto ad amicizie reali (Tab. 16).

Tab. 15: Nuovi contatti inseriti su Facebook nel paese estero

Nuovi contatti inseriti su Facebook nel paese estero Frequenze PercentualiNessuna risposta 1 4.2Circa 25 2 8.3Circa 50 2 8.3Circa 100 11 45.8Più di 100 8 33.3Totale 24 100.0

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Tab. 16: Nuovi contatti su Facebook inseriti nel corso dell’esperienza all’estero da conside-rarsi amici

Nuovi contatti su Facebook da considerarsi veri amici Frequenze %Nessuna risposta 1 4.2Nessuno 5 20.8Circa un quarto 3 12.5Meno della metà 7 29.2Circa la metà 5 20.8Più della metà 3 12.5Totale 24 100.0

Questi ultimi dati sono in sintonia con quanto evidenziato sulle stes-se questioni nell’interpretazione delle risposte fornite dagli studenti piemontesi e pugliesi Anche i giovani returnees piemontesi danno priorità alle relazioni interpersonali, al contatto face to face rispetto a quello virtuale della rete. Tale primazia è ampiamente confermata dal fatto che solo 1 preferisce contattare le persone via internet, piut-tosto che per telefono o direttamente. Il 41.7% (10 casi), invece, non considera affatto il web uno strumento primario per relazionarsi e interfacciarsi agli altri.

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Tab. 17: Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto

Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 10 41.7Piuttosto falso 11 45.8Né vero, né falso 2 8.3Abbastanza vero 1 4.2Totale 24 100.0

Anche gran parte dei returnees (95.8% dei casi) non ama nasconder-si, falsare la descrizione di sé chattando in rete.

Tab. 18: Tendenza a non nascondere la vera identità quando si è in rete

Tendenza a non nascondere la vera identità quando si è in rete

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 20 83.3Piuttosto falso 3 12.5Né vero, né falso 1 4.2Totale 24 100.0

L’uso di internet, anche per questa parte del campione, non porta ad isolarsi ed evitare amici o familiari (Tab. 19) o, addirittura, preferire la rete (82.3%) al trascorrere una serata con questi (Tab. 20).

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Tab. 19: Utilizzo di internet porta ad evitare amici e familiari

Tendenza ad evitare amici o familiari quando si è su Internet

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 23 95.8Piuttosto falso 1 4.2Totale 24 100.0

Tab. 20: Preferire internet ad una serata con amici o familiari

Non mi capita mai di preferire internet ad una serata con amici o familiari

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 4 16.7Abbastanza vero 2 8.3Assolutamente vero 18 75.0Totale 24 100.0

Conformemente a quanto sostenuto nel corso di tutta l’analisi dei dati, internet ed i social network si specificano sempre più come stru-menti utili, necessari per il mantenimento delle relazioni interperso-nali. Il momento più difficile da gestire è stato il ritorno a casa dopo la permanenza all’estero, come spesso accade ai più giovani dopo l’esperienza di un viaggio. Infatti, il 20.8% (pari a 5 casi) ha utilizza-to maggiormente i social network nei primi tre mesi. Dopo il “rias-

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sestamento”, i contatti si diradano e per il 62.5% vengono mantenuti attivi soprattutto nel corso di ricorrenze particolari, come durante il periodo di Natale, per i compleanni. (Tab. 21). Così il 54.2% anco-ra adesso chatta spesso con gli “amici aggiunti” dopo l’esperienza all’estero, mentre il 25.0% cerca di mantenere i contatti, anche se spesso non ci riesce (Tab. 22).Oppure i social network servono per socializzare e raccontare la pro-pria esperienza. Infatti il 58.3% (14 casi) ha condiviso molte foto con i propri amici ed il 12.5% (3 casi) ha chattato con i contatti “italiani” e ha scritto dei post per comunicare gli stati d’animo durante il sog-giorno (Tab. 23), questi ultimi difficili da comunicare ai familiari e/o agli amici al momento, come indicato dal 62.5% (15 casi) dei retur-nees piemontesi (Tab. 24).

Tab. 21: In quale fase dell’esperienza estera i social network sono stati utilizzati maggiormente

In quale fase dell’esperienza estera i social network sono stati utilizzati maggiormente

Frequenze Percentuali

Nei primi tre mesi 5 20,8Negli ultimi tre mesi 1 4,2Tutto il periodo 3 12,5In ricorrenze particolari (Natale, compleanni, ecc.) 15 62,5Totale 24 100,0

Tab. 22: Utilizzo dei social network al ritorno per mantenere i contatti con le persone cono-sciute

Al ritorno i social network hanno permesso di mantenere i contatti con le persone conosciute

Frequenze %

Si molto. Chatto spesso con loro 13 54.2Ho mantenuto i contatti, ma non ho usato i social network 5 20.8Ho usato i social network, ma molto spesso non sono riuscito 6 25.0Totale 24 100.0

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Tab. 23: Utilizzo dei social network al ritorno per raccontare la propria esperienza

Al ritorno usati i social network per raccontare la propria esperienza

Frequenze %

Nessuna risposta 1 4.2No, mai 3 12.5Si, ho scritto soprattutto dei post con i miei stati d’animo 3 12.5Ho condiviso molte foto dell’esperienza all’estero 14 58.3Si, soprattutto chattando con i miei amici italiani 3 12.5Totale 24 100.0

Tab. 24: Condivisione con familiari e/o amici degli stati d’animo durante l’esperienza all’e-stero

Condivisione con famigliari e/o amici degli stati d’animo in momenti difficili dell’esperienza all’estero

Frequenze %

Nessuna risposta 1 4.2Si 8 33.3No 15 62.5Totale 24 100.0

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5.4 La rete e l’altro

In aggiunta alle stesse domande poste agli studenti delle scuole pie-montesi e pugliesi, che ci hanno consentito di comparare le risposte e ricavare importanti considerazioni sulla fruizione dei digital media da parte delle nuove generazioni, sono state inserite nel questiona-rio somministrato ai returnees alcune domande volte a comprendere in che modo i new media possano o meno influire sulle esperienze all’estero e se la stessa esperienza extraterritoriale abbia modificato o meno anche le proprie abitudini a riguardo dell’uso di internet, dei social network.Anche da questa sezione del questionario abbiamo ricavato dati mol-to interessanti. Un primo elemento rilevante è che nonostante il largo utilizzo di in-ternet e dei social network i nostri giovani sembrano non considerare tali strumenti validi alla stessa stregua dell’esperienza sul campo. Al 70.8% dei returnees piemontesi (17 casi) non è mai venuto in mente di usare i networks per conoscere il Paese nel quale avrebbero fatto l’esperienza dello studio all’estero con la proposta di Intercultura. Lo ha fatto invece il 29.2% condividendo post (Tab. 25).

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Però con internet ed i social network i “nostri” returnees hanno atti-vato contatti prima della partenza; in particolare lo hanno fatto in 14, pari al 58.3% (Tab. 26). In controtendenza, tali contatti per il 41.7% degli studenti (10 casi) – oltre il 10% in meno rispetto ai dati aggregati con i returnees pugliesi – si sono rivelati utili, contro però altrettanti casi in cui questi non hanno garantito alcun vantaggio (Tab. 27). Ribadiamo che per tali risultati si potrebbero proporre spiegazioni che rimanderebbero alla superficialità, al non interesse, a motivazioni superficiali nell’affron-tare l’impresa. Tuttavia, in continuità con i risultati già emersi dai dati precedenti e di quelli che seguiranno, ci sentiamo – invece – di sposare l’idea che su certe questioni, come la costruzione e il man-tenimento delle relazioni interpersonali o le esperienze di vita extra-territoriali, i giovani per ora mantengono la netta distinzione tra vite reale e vita virtuale, preferendo decisamente la prima alla seconda.

Tab. 25: Utilizzo di social networks per conoscere il nuovo Paese dove si sarebbe realizzata l’esperienza con Intercultura

Prima di partire è venuto in mente di usare i social network per conoscere qualcosa del nuovo Paese

Frequenze Percentuali

Si, ho cercato e condiviso post 7 29.2No, mai 17 70.8Totale 24 100.0

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Tab. 26: Contatti prima della partenza su Facebook con persone residenti nella nazione ospite

Contatti anticipati su FB con persone della nuova realtà culturale

Frequenze Percentuali

Si 14 58.3No 10 41.7Totale 24 100.0

Tab. 27: Utilità dei contatti attivati con internet prima della partenza

Sono serviti i contatti attivati attraverso internet prima della partenza

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 2 8.3Piuttosto falso 8 33.3Né vero, né falso 4 16.7Abbastanza vero 6 25.0Assolutamente vero 4 16.7Totale 24 100.0

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Anche per la stessa esperienza all’estero vissuta dai returnees pie-montesi con Intercultura solo il 16.7% ha ritenuto almeno abbastanza utile quanto aveva appreso da internet per adattarsi alla nuova realtà culturale. Poco e per nulla proficue si sono rivelate le conoscenze pregresse per il 37.5% (Tab. 28).Infatti, l’idea di partenza sulla cultura del Paese ospitante è stata di-sattesa secondo il 62.5% (15 casi), mentre è stata pienamente confer-mata solo da un intervistato (Tab. 29).A giustificazione di ciò la convinzione di tutti i returnees piemontesi che le emozioni provate durante il soggiorno all’estero fossero im-prevedibili (Tab. 30).

Tab. 28: Utilità di quanto appreso attraverso internet per adattarsi alla nuova realtà culturale

Ciò che è stato appreso da internet è stato utile per adattarsi alla nuova realtà culturale

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 2 8.3Piuttosto falso 7 29.2Né vero, né falso 11 45.8Abbastanza vero 4 16.7Totale 24 100.0

Tab. 29: L’idea di partenza della cultura del Paese ospitante è corrisposta a quella verificata

L’idea di partenza della cultura del Paese ospitante è corrisposta a quella verificata

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 5 20.8Piuttosto falso 10 41.7Né vero, né falso 8 33.3Abbastanza vero 1 4.2Totale 24 100.0

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Tab. 30: Imprevedibilità delle emozioni provate durante il soggiorno all’estero

Le emozioni provate durante il soggiorno all’Estero erano imprevedibili

Frequenze Percentuali

Abbastanza vero 10 41.7Assolutamente vero 14 58.3Totale 24 100.0

L’esperienza reale all’estero è risultata, dunque, essere differente da quella ipotizzata a tavolino. L’impatto emotivo è stato notevole, ma

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il 62.5% dei returnees ha deciso di non condividere con familiari ed amici i propri stati d’animo vissuti nel corso dei momenti difficili, probabilmente perché – nella consapevolezza della barriera oggetti-va data dalle distanze – hanno ritenuto opportuno non trasferire le proprie ansie sui propri cari e mettersi in gioco nello gestire lo stress emozionale (Tab. 30.1). Il 65.5% tra coloro che hanno, invece, deciso di condividere le proprie difficoltà ha considerato i social network particolarmente utili per alleggerirne il peso (Tab. 30.2).

Tab. 30.1: Condivisione con familiari e/o amici degli stati d’animo nei momenti difficili dell’e-sperienza all’estero

Condivisione con famigliari e/o amici degli stati d’animo in momenti difficili dell’esperienza all’estero

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 1 4,2Si 8 33,3No 15 62,5Totale 24 100,0

Tab. 30.2 Utilità dei social network in queste situazioni emotive

Utilità dei social network in queste situazioni emotive Frequenze %La condivisione con loro ha generato agitazione anche a loro 3 37.5Mi è servito ad alleggerire il peso 5 65.5Totale 8 100,0

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Dunque, si conferma che nell’esperienza all’estero l’utilizzo della rete non è da considerarsi strumento essenziale per la conoscenza della nuova realtà culturale, né per avviare e gestire relazioni inter-personali, dove – invece – il contatto diretto, i rapporti faccia a faccia risultano insostituibili. Diventa, al contrario, necessario per mante-nere i contatti più con gli amici italiani che con i propri famigliari come si evince dalla lettura delle tabelle 31 e 32, nelle quali emerge da un lato (Tab. 31) il dato che “solo” il 20.9% (5 casi) non poteva fare a meno di connettersi con la propria famiglia, di contro al 62.5% che non sentiva tale urgenza – dato superiore del 17.0% rispetto allo stesso items con i dati aggregati dei returnees piemontesi e pugliesi – dall’altro (Tab. 32) che al 45.8% (11 casi) interessava contattare gli amici italiani (contro il 25.0%, pari a 6 casi, che non sentiva tale bisogno).

Tab. 31: Necessità di connettersi con la propria famiglia

Non si poteva fare a meno di connettersi con la propria famiglia in Italia

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 6 25.0Piuttosto falso 9 37.5Né vero, né falso 4 16.7Abbastanza vero 4 16.7Assolutamente vero 1 4.2Totale 24 100.0

Tab. 32: Necessità di contattare i propri amici

Non interessava contattare gli amici italiani Frequenze PercentualiAssolutamente falso 3 12.5Piuttosto falso 8 33.3Né vero, né falso 7 29.2Abbastanza vero 5 20.8Assolutamente vero 1 4.2

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Totale 24 100.0

5.5 Cosmopolitismo web 2.0

Nel questionario somministrato ai returnees piemontesi coinvol-ti nella ricerca sono state inserite delle domande per analizzare un aspetto centrale della nostra ricerca quale è quello del cosmopoliti-smo e, soprattutto, quanto la diffusione di questo atteggiamento esi-stenziale e relazionale possa essere favorita dai nuovi media. In me-rito possiamo rilevare che il 45.8% degli intervistati è convinto che internet aiuti a costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il 33.3% è indeciso, confermando che la vita reale costituisce fattore insostituibile per la formazione della propria percezione del mondo (Tab. 33). Tuttavia, i returnees piemontesi sono totalmente d’accordo nell’ammettere che grazie ad internet sono state abbattute le distanze geografiche (Tab. 34). Ma, a differenza degli studenti del-le scuole superiori che hanno partecipato alla ricerca, in loro emerge una maggiore convinzione sia della relazione tra internet e la propria dimensione cosmopolita sia di che quella tra web (i social networ-ks in primis) e l’educazione alla mondialità. Infatti il 70.9% (pari a

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17 casi) è convinto che internet li faccia sentire cittadini del mondo (Tab. 35), mentre il 45.8% (11 casi) – con il 33.3% di indecisi (8 casi) – ritiene che internet ed i social network siano utili strumenti di educazione interculturale (Tab. 36).

Tab. 33: Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Frequenze Percentuali

Piuttosto falso 5 20.8Né vero, né falso 8 33.3Abbastanza vero 8 33.3Assolutamente vero 3 12.5Totale 46 100.0

Tab. 34: Internet ha abbattuto le distanze geografiche

Grazie ad internet sono state abbattute le distanze geografiche

Frequenze Percentuali

Abbastanza vero 9 37.5Assolutamente vero 15 62.5Totale 24 100.0

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Tab. 35: Internet fa sentire cittadini del mondo

Internet mi fa sentire cittadino del mondo Frequenze PercentualiAssolutamente falso 1 4.2Piuttosto falso 2 8.3Né vero, né falso 4 16.7Abbastanza vero 16 66.7Assolutamente vero 12 4.2Totale 24 100.0

Tab. 36: Internet, i social network e l’educazione alla mondialità

Internet e social network possono essere utile strumento di educazione alla mondialità

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 1 4.2Piuttosto falso 4 16.7Né vero, né falso 8 33.3Abbastanza vero 9 37.5Assolutamente vero 2 8.3Totale 24 100.0

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Puglia

5.6 Alcuni dati generali

Come indicato nell’analisi dei dati complessivi (par. 4.1) sono giunti all’equipe di ricerca 22 questionari compilati da returnees pugliesi. A rispondere sono state prevalentemente donne (63.6% pari a 14 casi), l’età dei returnees ha oscillato dai 18 anni ai 20 anni con percentua-li di distribuzione piuttosto omogenee. Quasi il 46.0% dei returne-es pugliesi coinvolti nella ricerca ha svolto l’esperienza all’estero con Intercultura nel corso dell’anno scolastico 2009/2010, i restanti in parte nell’anno scolastico 2010/2011 (36.4%), in parte in quello 2008/2009 (18.2%). La durata in media è stata prevalentemente di 10 mesi (54.5%) o un anno (45.5%).Nord Europa ed il continente americano – da Nord a Sud – i luoghi più praticati. Gli USA (12 casi, pari al 54.5% ) sono stati la nazione più frequentata, a seguire il Belgio (3 returnees, pari al 13.6%).

Tab. 37: Età dei returnees pugliesi coinvolti nella ricerca

Età Frequenze Percentuali19 anni 8 36.420 anni 7 31.818 anni 7 31.8Totale 22 100.0

Tab. 38: Anno scolastico in cui è stata svolta l’esperienza all’estero con Intercultura dai returnees pugliesi

Anno scolastico dell’esperienza all’estero con Intercultura

Frequenze Percentuali

2010/2011 8 36.42009/2010 10 45.52008/2009 4 18.2Totale 22 100.0

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Tab. 39: Durata dell’esperienza all’estero con Intercultura dei returnees pugliesi

Durata dell’esperienza all’estero con Intercultura Frequenze Percentuali1 anno 10 45.510 mesi 12 54.5Totale 22 100.0

Tab. 40: Dove i returnees pugliesi hanno realizzato l’esperienza con Intercultura

Luogo dell’esperienza all’estero con Intercultura Frequenze PercentualiIndia 1 4.5Belgio 3 13.6USA 12 54.5Svezia 1 4.5Canada 1 4.5Brasile 1 4.5Finlandia 1 4.5Danimarca 1 4.5Cile 1 4.5Totale 22 100.0

5.7 Modi di vivere la rete in Italia e all’estero

Anche i “nostri” returnees pugliesi confermano il dato già emerso nell’analisi dei dati sui questionari somministrati agli studenti cam-pione della ricerca: in casa è (quasi) impossibile non avere l’accesso ad internet. Solo uno tra gli intervistati dichiara di esserne sprovvisto (Tab. 40).La modalità di accesso è in gran parte senza limiti di connessione per l’81.8%, pari a 18 casi (Tab. 41).

Tab. 41: Accesso internet a casa

Internet a casa Frequenze PercentualiNessuna risposta 1 4.5Si 20 90.9No 1 4.5Totale 22 100.0

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Tab. 42: Come si accede ad internet

Accesso ad internet Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 9.1Posso accedervi liberamente 18 81.8Ho dei limiti di connessione 2 9.1Totale 22 100.0

Circa i tempi medi giornalieri di connessione, si osserva che quasi il 41.0% (9 returnees) dedica dalle 3 ore in poi alla navigazione, mentre solo il 9.1% (2 returnees) riesce a contenersi entro l’ora. Si evidenzia, quindi, su questo aspetto una netta differenziazione con i dati provenienti dai returnees piemontesi.

Tab. 43: Ore di connessione giornaliera ad internet

Ore di connessione giornaliera Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 9.1Non più di un’ora al giorno 2 9.1Da 1 a 2 ore 9 40.93 ore al giorno 3 13.6Più di 3 ore al giorno 6 27.3Totale 22 100.0

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Come a casa propria, nell’esperienza all’estero con Intercultura quasi tutti i returnees pugliesi (20 casi, pari al 90.9%) avevano internet in casa (Tab. 43) e l’accesso per gran parte era senza limiti di connes-sione (18 casi, pari all’81.8%), invece per 2 casi con dei limiti (Tab. 44).

Tab. 44: Accesso ad internet nella casa di residenza all’estero nell’esperienza con Intercultura

Internet nella casa di residenza all’estero nell’esperienza con Intercultura

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 2 9.1Si 20 90.9Totale 22 100.0

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Tab. 45: Come si accedeva ad internet

Accesso ad internet nel paese estero Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 9.1Potevo accedervi liberamente 18 81.8Avevo dei limiti di connessione 2 9.1Totale 22 100.0

Pur potendo usufruire di internet praticamente nelle stesse condizio-ni di casa, nell’esperienza estera con Intercultura anche i returnees pugliesi hanno avuto tempi di connessione decisamente più ridotti rispetto alle loro abitudini, sebbene più lunghi di quelli piemontesi. Infatti in 6 casi (27.2%) in media la connessione ad internet è stata pari o superiore alle 3 ore al giorno (a casa era il 40.9%, Tab. 42), mentre il 45.5% (10 casi) si connetteva non più di 2 ore al giorno. Dunque, l’esperienza all’estero ha certamente modificato le abitudini quotidiane circa l’utilizzo della rete, ma appare essere stata meno coinvolgente ed assorbente rispetto al modo con cui è stata vissuta dai returnees piemontesi.

Tab. 46: Ore al giorno di connessione ad internet all’estero

Ore al giorno di connessione ad internet all’estero Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 9.1Non più di un’ora al giorno 3 13.6Da 1 a 2 ore 10 45.53 ore al giorno 3 13.6Più di 3 ore al giorno 3 13.6Totale 22 100.0

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5.8 Social network e dinamiche di relazione in Italia e all’estero

Connessione ad internet per i nostri giovani returnees pugliesi cor-risponde quasi sempre all’utilizzo di un social network, anche se il 68.2% di essi lo utilizza ogni giorno – ossia, quasi il 18% in più rispetto ai returnees piemontesi.

Tab. 47: Frequenza con cui si utilizza un social network

Frequenza utilizzo social network Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 9.1Tutti i giorni 15 68.2Non tutti i giorni 5 22.7Totale 22 100.0

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Il 90.9% è iscritto a Facebook (Tab. 47).L’uso prevalente è chattare con gli amici (68.2%), molto meno fre-quente (13.6%, pari a 3 casi) è leggere quello che fanno gli altri (Tab.48).

Tab. 48: Iscrizione a Facebook

Iscrizione a Facebook Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 9.1Si 20 90.9No 22 100.0

Tab. 49: Utilizzo prevalente del social network

Utilizzo prevalente del social network Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 9.1Chattare con gli amici 15 68.2Scrivere post e messaggi personali 2 9.1Leggere solo quello che fanno gli altri 3 13.6Totale 22 100.0

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Confermando quanto sostenuto nell’analisi dei dati generali, salendo in età – rispetto ai giovani studenti piemontesi e pugliesi coinvolti nella ricerca – aumentano i contatti online. Infatti ben il 72.7% (16 casi) dei returnees pugliesi – con circa il 24.0% in più degli stessi studenti – ha dichiarato di avere più di 500 contatti, mentre nessuno ha dichiarato di avere meno di 200 contatti (Tab. 50).Ancor più confermata, quindi, la facilità di tessere relazioni sui social network, sebbene questo dato non ci dica nulla sull’intensità delle stesse. Infatti, ben il 13.6% (3 casi) ha sostenuto che nessun contatto su Facebook è da considerarsi davvero un’amicizia, ma soprattutto per tutti i returnees pugliesi le vere amicizie nei contatti online sono poco più di un quarto (Tab. 50.1).

Tab. 50: Quanti contatti su Facebook

Quanti contatti su Facebook Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 9.1Da 200 a 400 4 18.2Più di 500 16 72.7Totale 22 100.0

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Tab. 50.1: Quanti contatti su Facebook sono amici

Contatti su Facebook con veri amici Frequenze PercentualiNessuna risposta 2 9.1Nessuno 3 13.6Tra zero e un quarto 4 18.2Circa un quarto 6 27.3Più di un quarto 7 31.8Totale 22 100.0

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Nel corso della permanenza all’estero il 90.9% dei returnees puglie-si ha incrementato il numero delle “amicizie” di almeno 100 nuovi contatti (il 77.3% di questi – ben oltre il doppio delle percentuali su questo item dichiarate dai returnees piemontesi – anche oltre 100) su Facebook (Tab. 51).Tuttavia, a differenza dei contatti italiani, molti più numerose sono state, nel corso dell’esperienza all’estero, le persone davvero fre-quentate e conosciute. Infatti, il 27.2% dei returnees (contro il 12.5% dei contatti in Italia, Tab. 50.1) ha dichiarato che circa la metà/più della metà dei nuovi amici su Facebook erano da considerarsi re-almente tali, mentre il 36.4% (8 casi) ha indicato che il numero di contatti su Facebook non corrispondeva ad amicizie reali (Tab. 52).

Tab. 51: Nuovi contatti inseriti su Facebook nel paese estero

Nuovi contatti inseriti su Facebook nel paese estero

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 2 9.1Circa 100 3 13.6Più di 100 17 77.3Totale 22 100.0

Tab. 52: Nuovi contatti su Facebook inseriti nel corso dell’esperienza all’estero da conside-rarsi amici

Nuovi contatti su Facebook da considerarsi davvero amici

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 2 9.1Nessuno 8 36.4Circa un quarto 6 27.3Circa la metà 3 13.6Più della metà 3 13.6Totale 22 100.0

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Questi ultimi dati sono in sintonia con quanto evidenziato sulle stes-se questioni nell’interpretazione delle risposte fornite dagli studenti piemontesi e pugliesi Anche i giovani returnees pugliesi danno pre-minenza alle relazioni interpersonali, al contatto face to face rispetto a quello virtuale della rete.Tale primazia è ampiamente confermata dal fatto che solo 1 preferi-sce contattare le persone via internet, piuttosto che per telefono o di-rettamente, mentre il 54.5% (12 casi) esclude il web quale strumento adatto a questo scopo nel modo più assoluto.

Tab. 53: Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto

Preferenza del contatto online a quello telefonico o diretto

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 12 54.5Piuttosto falso 6 27.3Né vero, né falso 3 13.6Abbastanza vero 1 4.5Totale 22 100.0

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Anche gran parte dei returnees (90.9% dei casi) non ama nasconder-si, falsare la descrizione di sé chattando in rete.

Tab. 54: Tendenza a non nascondere la vera identità quando si è in rete

Tendenza a non nascondere la vera identità quando si è in rete

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 16 72.7Piuttosto falso 4 18.2Né vero, né falso 1 4.4Assolutamente vero 1 4.5Totale 22 100.0

Assolutamentefalso

Piuttosto falso Nè vero, nè falso Assolutamentevero

72.7%

18.2%

4.4% 4.5%

Tendenza a non nascondere la vera identitàquando si è in rete

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L’uso di internet poi, anche per questa parte del campione – tranne in 1 caso – non porta ad isolarsi ed evitare amici o familiari (Tab. 55) o, addirittura, preferire la rete (90.9%) al trascorrere una serata con questi (Tab. 56).

Tab. 55: L’utilizzo di internet porta ad evitare amici e familiari

A causa di internet tendo ad evitare amici o familiari

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 20 90.9Piuttosto falso 1 4.5Assolutamente vero 1 4.5Totale 24 100.0

Assolutamente falso Piuttosto falso Assolutamente vero

90.9%

4.5% 4.5%

Tendenza ad evitare amici o familiari quando si è su Internet

Tab. 56: Preferire internet ad una serata con amici o familiari

Non mi capita mai di preferire internet ad una serata con amici o familiari

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 2 9.1Assolutamente vero 20 90.9Totale 22 100.0

Conformemente a quanto sostenuto nel corso di tutta l’analisi dei dati, internet ed i social network si specificano sempre più come stru-menti utili, necessari per il mantenimento delle relazioni interperso-

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nali. Contrariamente all’esperienza prevalente dei returnees piemon-tesi, il 31.8% dei pugliesi li ha utilizzati soprattutto negli ultimi tre mesi della permanenza all’estero, mentre il 27.3% ne ha fatto uso per tutto il periodo come anche nel corso di ricorrenze particolari (Tab. 57). Così il 45.5% ancora adesso chatta spesso con loro e una stessa percentuale di returnees cerca di mantenere i contatti, anche se spes-so non ci riesce (Tab. 58).Talvolta i social network servono per socializzare e raccontare la pro-pria esperienza. Infatti, il 54.5% (12 casi) ha condiviso molte foto con i propri amici ed il 22.7% (5 casi) ha scritto dei post per comunicare gli stati d’animo durante il soggiorno (Tab. 59), questi ultimi non sempre facili da comunicare ai familiari e/o agli amici al momento, come indicato dal 50.0%. (11 casi) dei returnees pugliesi (Tab. 60).

Tab. 57: In quale fase dell’esperienza estera i social network sono stati utilizzati maggiormente

In quale fase dell’esperienza estera i social network sono stati utilizzati maggiormente

Frequenze Percentuali

Nei primi tre mesi 2 9.1Negli ultimi tre mesi 7 31.8Tutto il periodo 6 27.3In ricorrenze particolari (Natale, compleanni, ecc.) 6 27.3Totale 22 100,0

Tab. 58: Utilizzo dei social network al ritorno per mantenere i contatti con le persone cono-sciute

Al ritorno i social network hanno permesso di mantenere i contatti con le persone conosciute

Frequenze %

Nessuna risposta 2 9.1Si molto. Chatto spesso con loro 10 45.2Ho usato i social network, ma molto spesso non sono riuscito 10 45.2Totale 22 100.0

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Tab. 59: Utilizzo dei social network al ritorno per raccontare la propria esperienza

Al ritorno usati i social network per raccontare la propria esperienza

Frequenze %

Nessuna risposta 2 9.1No, mai 1 4.5Si, ho scritto soprattutto dei post con i miei stati d’animo 5 22.7Ho condiviso molte foto dell’esperienza all’estero 12 54.5Si, soprattutto chattando con i miei amici italiani 2 9.1Totale 22 100.0

Tab. 60: Condivisione con familiari e/o amici degli stati d’animo durante l’esperienza all’e-stero

Condivisione con famigliari e/o amici degli stati d’animo in momenti difficili dell’esperienza all’estero

Frequenze %

Nessuna risposta 2 9.1Si 9 40.9No 11 50.0Totale 22 100.0

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5.9 La rete e l’altro

Un primo elemento rilevante è che, nonostante il largo utilizzo di in-ternet e dei social network i nostri giovani sembrano non considerare tali strumenti in grado di sostituire l’esperienza sul campo. Sebbene in maniera decisamente meno evidente dei “colleghi” piemontesi, quasi al 60% dei returnees pugliesi ( oltre 10% in meno) – 13 casi – non è mai venuto in mente di usare i networks per conoscere il Paese nel quale avrebbero fatto l’esperienza dello studio all’estero con la proposta di Intercultura; lo ha fatto invece il 31.8% condividendo post (Tab. 61).Però con internet ed i social network una parte dei “nostri” returnees ha attivato contatti prima della partenza. In particolare lo ha fatto il 50.0% del campione (Tab. 62). In controtendenza, tali contatti per il 63.7% (14 casi) si sono rivelati utili – 22.0% in più rispetto alle pre-ferenze sullo stesso item fornite dai returnees piemontesi – mentre per il 13.6% dei casi non si sono riscontrati vantaggi particolari (Tab.

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63). Ribadiamo che per tali risultati si potrebbero proporre spiega-zioni che rimanderebbero alla superficialità, al non interesse, a moti-vazioni superficiali nell’affrontare l’impresa. Tuttavia, in continuità con i risultati già emersi dai dati precedenti e di quelli che seguiran-no, ci sentiamo – invece – di sposare l’idea che su certe questioni, come la costruzione e il mantenimento delle relazioni interpersonali o le esperienze di vita extraterritoriali, i giovani per ora mantengono la netta distinzione tra vite reale e vita virtuale, preferendo decisa-mente la prima alla seconda.

Tab. 61: Utilizzo di social network per conoscere il nuovo Paese dove si sarebbe realizzata l’esperienza con Intercultura

Prima di partire è venuto in mente di usare i social network per conoscere qualcosa del nuovo Paese

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 2 9.1Si, ho cercato e condiviso post 7 31.8No, mai 13 59.1Totale 22 100.0

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Tab. 62: Contatti prima della partenza su Facebook con persone residenti nella nazione ospite

Contatti anticipati su FB con persone della nuova realtà culturale

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 2 9.1Si 11 50.0No 9 40.9Totale 22 100.0

Tab. 63: Utilità dei contatti attivati con internet prima della partenza

Sono serviti i contatti attivati attraverso internet prima della partenza

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 2 9.1Piuttosto falso 1 4.5Né vero, né falso 5 22.7Abbastanza vero 8 36.4Assolutamente vero 6 27.3Totale 22 100.0

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Anche per la stessa esperienza all’estero vissuta dai returnees puglie-si con Intercultura solo il 22.7% ha ritenuto almeno abbastanza utile quanto aveva appreso da internet per adattarsi alla nuova realtà cul-turale. Poco e per nulla proficue si sono rivelate le conoscenze pre-gresse per il 27.2% (Tab. 63). Infatti, l’idea di partenza sulla cultura del Paese ospitante è stata disattesa secondo il 40.9% (9 casi) – quasi il 22% di preferenze in meno di quelle espresse sullo stesso item dai returnees piemontesi – mentre è stata pienamente confermata solo da 3 intervistati (Tab. 65). La convinzione di gran parte dei returnees pugliesi (86.3%, pari a 19 casi) è che le emozioni provate durante il soggiorno all’estero fossero imprevedibili (Tab. 66).

Tab. 64: Utilità di quanto appreso attraverso internet per adattarsi alla nuova realtà culturale

Ciò che è stato appreso da internet è stato utile per adattarsi alla nuova realtà culturale

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 1 4.5Piuttosto falso 5 22.7Né vero, né falso 11 50.0Abbastanza vero 4 18.2Assolutamente vero 1 4.5Totale 22 100.0

Tab. 65: L’idea di partenza della cultura del Paese ospitante è corrisposta a quella verificata

L’idea di partenza della cultura del Paese ospitante è corrisposta a quella verificata

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 4 18.2Piuttosto falso 5 22.7Né vero, né falso 10 45.5Abbastanza vero 3 13.6Totale 22 100.0

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Tab. 66: Imprevedibilità delle emozioni provate durante il soggiorno all’estero

Le emozioni provate durante il soggiorno all’Estero erano imprevedibili

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 1 4.5Piuttosto falso 1 4.5Né vero, né falso 1 4.5Abbastanza vero 5 22.7Assolutamente vero 14 63.6Totale 22 100.0

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L’esperienza reale all’estero è risultata, dunque, essere differente da quella ipotizzata a tavolino. L’impatto emotivo è stato notevole, ma il 50.0% dei returnees ha deciso di non condividere con familiari ed amici i propri stati d’animo vissuti nel corso dei momenti difficili, probabilmente perché – nella consapevolezza della barriera ogget-tiva data dalle distanze – hanno ritenuto opportuno non trasferire le proprie ansie sui propri cari e mettersi in gioco nello gestire lo stress emozionale (Tab. 66.1). Il 66.7% di coloro che hanno, invece, deciso di condividere le proprie difficoltà ha considerato i social network particolarmente utili per alleggerirne il peso (Tab. 66.2).

Tab. 66.1: Condivisione con familiari e/o amici degli stati d’animo nei momenti difficili dell’e-sperienza all’estero

Condivisione con famigliari e/o amici degli stati d’ani-mo in momenti difficili dell’esperienza all’estero

Frequenze %

Nessuna risposta 2 9.1Si 9 40.9No 11 50.0Totale 22 100,0

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Tab. 66.2: Utilità dei social network in queste situazioni emotive

Utilità dei social network in queste situazioni emotive

Frequenze Percentuali

Lo stato d’ansia è aumentato 3 33.3Mi è servito ad alleggerire il peso 6 66.7Totale 9 100,0

Dunque, si conferma che nell’esperienza all’estero l’utilizzo della rete non è da considerarsi strumento essenziale per la conoscenza della nuova realtà culturale, né per avviare e gestire relazioni inter-personali, dove – invece – il contatto diretto, i rapporti faccia a faccia risultano insostituibili. Diventa, al contrario, necessario per mantene-re i contatti più con gli amici italiani che con i propri familiari come si evince dalla lettura delle tabelle 67 e 68. Da queste emerge da un lato (Tab. 67) il dato che “solo” il 18.2% (4 casi) non poteva fare a meno di connettersi con la propria famiglia, contro il 27.2% che non sentiva tale urgenza – dato notevolmente inferiore sullo stesso items a quello corrispondente fornito dai returnees piemontesi – dall’al-tro (Tab. 68) che al 72.7% (16 casi) – percentuale notevolmente superiore rispetto a quella espressa sullo stesso item dai returnees piemontesi – interessava contattare gli amici italiani, contro solo 9%, pari a 2 casi, che non sentiva tale bisogno (anche in questo caso per-centuale bassissima rispetto a quella espressa dai returnees piemon-tesi sullo stesso item).

Tab. 67: Necessità di connettersi con la propria famiglia

Non si poteva fare a meno di connettersi con la propria famiglia in Italia

Frequenze Percentuali

Assolutamente falso 1 4.5Piuttosto falso 5 22.7Né vero, né falso 12 54.5Abbastanza vero 4 18.2Totale 22 100.0

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Tab. 68: Necessità di contattare i propri amici

Non interessava contattare gli amici italiani Frequenze PercentualiAssolutamente falso 7 31.8Piuttosto falso 9 40.9Né vero, né falso 4 18.2Abbastanza vero 1 4.5Assolutamente vero 1 4.5Totale 22 100.0

5.10 Cosmopolitismo web 2.0

In merito possiamo rilevare che il 31.8% degli intervistati (il 14.0% in meno rispetto ai returnees piemontesi) è convinto che internet aiu-ti a costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il 27.3% è indeciso, confermando che la vita reale costituisce fattore insostituibile per la formazione della propria percezione del mondo (Tab. 70).Tuttavia, i returnees pugliesi sono particolarmente d’accordo (81.8%) nel sostenere che con internet sono state abbattute le distan-

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ze geografiche (Tab 70). Ma, a differenza degli studenti delle scuole superiori che hanno partecipato alla ricerca, in questi ultimi emerge una maggiore convinzione sia della relazione tra internet e la propria dimensione cosmopolita sia di quella tra il web (i social networks in primis) e l’educazione alla mondialità. Infatti, il 59.1% (pari a 13 casi) – percentuale di oltre l’11.0% inferiore a quella indicata dai returnees piemontesi sullo stesso item – è convinto che internet li faccia sentire cittadini del mondo (Tab. 71); mentre, più convinti dei loro amici piemontesi (percentuali superiori quasi del 27.0%), il 72.7% (16 casi) ritiene che internet ed i social network siano utili strumenti di educazione interculturale (Tab. 72).

Tab. 69: Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Internet aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante

Frequenze Percentuali

Piuttosto falso 6 27.3Né vero, né falso 9 40.9Abbastanza vero 5 22.7Assolutamente vero 2 9.1Totale 22 100.0

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Tab. 70: Internet ha abbattuto le distanze geografiche

Grazie ad internet sono state abbattute le distanze geografiche

Frequenze Percentuali

Nessuna risposta 1 4.5Assolutamente falso 1 4.5Né vero, né falso 2 9.1Abbastanza vero 3 13.6Assolutamente vero 15 68.2Totale 22 100.0

Tab. 71: Internet fa sentire cittadini del mondo

Internet mi fa sentire cittadino del mondo Frequenze PercentualiAssolutamente falso 2 9.1Piuttosto falso 3 13.6Né vero, né falso 4 18.2Abbastanza vero 7 31.8Assolutamente vero 6 27.3Totale 22 100.0

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Tab. 72: Internet, i social network e l’educazione alla mondialità

Internet e social network possono essere utile strumento di educazione alla mondialità

Frequenze Percentuali

Piuttosto falso 3 13.6Nè vero, nè falso 3 13.6Abbastanza vero 12 54.5Assolutamente vero 4 18.2Totale 22 100.0

5.11 Sintesi

Comparando i dati emersi dall’analisi delle risposte fornite dai retur-nees piemontesi e pugliesi si evidenzia su gran parte delle questio-ni oggetto di riflessione una sostanziale specularità, poiché in gran parte dei quesiti posti le oscillazioni percentuali non supera il 5.0%. Come per l’indagine nazionale realizzata con gli studenti delle scuo-le secondarie di II grado delle stesse regioni, questo attesta che sui temi oggetto d’indagine, in gran parte, sussiste omogeneità di perce-

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zioni e comportamenti tra i giovani al di là delle distanze territoriali. Assumono, in tale contesto, rilevanza le limitate differenze statisti-camente significative emerse tra le risposte fornite degli studenti pie-montesi e quelli pugliesi che di seguito vengono sintetizzate.

Per quanto riguarda i returnees piemontesi:

1. Oltre il 20.0% riesce a contenere la connessione giornaliera entro l’ora. Tale percentuale supera di oltre il 10.0% quella indicata in merito dai returnees pugliesi.

2. Pur potendo usufruire di internet praticamente nelle stesse con-dizioni di casa, nell’esperienza estera con Intercultura meno del 10.0% dei returnees piemontesi ha dichiarato di essersi connesso ad internet oltre le 3 ore al giorno, percentuale inferiore di quasi il 20.0% rispetto ai returnees pugliesi. Emerge anche il dato che ben il 50.0% si connetteva non più di un’ora al giorno contro quasi il 14.0% dei returnees pugliesi.

3. Nel corso della permanenza all’estero quasi l’80.0% dei retur-nees piemontesi ha incrementato il numero delle “amicizie” di almeno 100 nuovi contatti (un terzo di questi anche oltre 100) su Facebook.

4. Internet ed i social network si specificano sempre più come stru-menti utili, necessari per il mantenimento delle relazioni inter-personali. Infatti, nel corso dell’esperienza all’estero, poco più del 20.0% ha utilizzato maggiormente i social network nei primi tre mesi. Percentuale che si rivela superiore ad oltre il 10.0% rispetto ai returnees pugliesi.

5. I social network sono risultati indispensabili per mantenere i contatti più con gli amici italiani che con i propri familiari, tanto che (ben) quasi il 63.0% – quasi il 35.0% di preferenze in più rispetto ai returnees pugliesi – non sentiva il bisogno di connet-

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tersi con la propria famiglia.6. Nonostante il largo utilizzo di internet e dei social network i no-

stri giovani returnees piemontesi sembrano non considerare tali strumenti validi alla stessa stregua dell’esperienza sul campo. A poco meno dei due terzi di loro non è mai venuto in mente di usare i networks per conoscere il Paese nel quale avrebbero fatto l’esperienza dello studio all’estero con la proposta di Intercultura (10.0% di scelte in più rispetto ai returnees pugliesi).

7. Le stesse idee di partenza sulla cultura del Paese ospitante è stata disattesa per oltre il 60.0% , con più del 20.0% di preferenze in più rispetto ai returnees pugliesi.

8. L’esperienza reale all’estero è risultata essere differente da quel-la ipotizzata a tavolino. L’impatto emotivo è stato notevole, ma quasi il 63.0% dei returnees (13.0% in più dei returnees pugliesi) ha deciso di non condividere con famigliari ed amici i propri stati d’animo vissuti nel corso dei momenti difficili.

9. Circa la diffusione o meno della dimensione cosmopolita, oltre il 45.0% – 14.0% in più dei returnees pugliesi – è convinto che internet aiuti a costruirsi una personale idea del mondo circo-stante. Inoltre, quasi tre quarti – oltre il 10.0% in più dei retur-nees pugliesi – è convinto che internet li faccia sentire cittadini del mondo.

Per quanto riguarda i returnees pugliesi:

1. Circa i tempi medi giornalieri di connessione, si osserva che ol-tre il 40.0% dedica dalle 3 ore in poi alla navigazione, percentua-le superiore del 15.0% a quella espressa dai returnees piemontesi mentre solo il 9.1% (2 returnees) riesce a contenersi entro l’ora. Si evidenzia, quindi, su questo aspetto una netta opposizione con i dati provenienti dai returnees piemontesi.

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2. Pur potendo usufruire di internet praticamente nelle stesse con-dizioni di casa, nell’esperienza estera con Intercultura anche i returnees pugliesi hanno avuto tempi di connessione decisamen-te più ridotti rispetto alle loro abitudini, sebbene più lunghi di quelli piemontesi.

3. Nel corso della permanenza all’estero oltre il 90.0% ha incre-mentato il numero delle “amicizie” di almeno 100 nuovi contatti, con percentuale superiore di oltre il 10.0% rispetto ai returnees piemontesi. Inoltre, tra questi oltre i due terzi hanno attivato an-che oltre i 100 contatti, ben oltre il doppio delle percentuali su questo item dichiarate dai returnees piemontesi.

4. Internet ed i social network si specificano sempre più come strumenti utili, necessari per il mantenimento delle relazioni in-terpersonali. Così, nel corso dell’esperienza all’estero, contra-riamente al comportamento dei returnees piemontesi, più del 30.0% dei pugliesi (25.0% di scelte in più rispetto ai “colleghi” piemontesi) li ha utilizzati soprattutto negli ultimi tre mesi della permanenza all’estero.

5. Con internet ed i social network una parte dei “nostri” returnees pugliesi ha attivato contatti prima della partenza. Tali contatti secondo più del 60.0% campione (più del 20.0% di scelte in più rispetto ai returnees piemontesi) si sono rivelati utili serviti nel corso dell’esperienza.

6. Per quasi i tre quarti i social network sono risultati indispensabili nell’esperienza all’estero per mantenere i contatti soprattutto con gli amici italiani (molto meno con i propri familiari), percentuale superiore di oltre il 25.0% a quella espressa dai returnees pie-montesi sullo stesso item.

7. Circa la diffusione o meno della dimensione cosmopolita, quasi i tre quarti – quasi il 27.0% in più dei returnees piemontesi – ri-tengono che internet ed i social network siano utili strumenti di educazione interculturale.

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6. Media Education A. Cassano

6.1 Media education e intercultura

Nuove generazioni e nuovi media: questo binomio sembra connotare in forma inequivocabile gli studi, le analisi, gli interventi scientifi-ci contemporanei che hanno come oggetto i giovani. Del resto non vi è nessun dubbio che il web sia una delle principali innovazioni socioeconomiche degli ultimi anni e che quindi possa giocare una particolare influenza sugli abiti sociali, comportamentali e cogniti-vi di quelle generazioni per cui “internet è come l’aria”(Veen, Van Staalduinen, 2009).Le difficoltà maggiori incontrate nelle ricerche, effettuate in vari am-biti disciplinari, sul rapporto tra web e giovani riguardano l’indivi-duazione di categorie stabili con cui definire tale relazione. In effetti, nel passato, gli studi sulle culture giovanili riuscivano a scorgere le-gami tra modelli comportamentali e modi di affermare l’appartenen-za a una determinata generazione piuttosto solidi e duraturi, ma la flessibilità delle nuove tecnologie spesso incide in maniera fluida e cangiante sui giovani. La nostra ricerca, in qualche modo, è in grado di sfatare alcuni luoghi comuni, sia positivi sia negativi, legati alle rappresentazioni sociali più diffuse delle generazioni digitali. Luoghi comuni che sono connettibili proprio a quella tendenza all’etichet-tamento che hanno mostrato molti studi e analisi sulle coorti nate e cresciute tra realtà corporee e virtuali.Se spesso la letteratura ha ribadito che i nativi digitali, in quanto figli della cultura globale, vivono in un’epoca caratterizzata dalla lique-fazione dei concetti di spazio e tempo, altrettanto spesso gli studi sulla net generation hanno trascurato temi come il rapporto tra inter-

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culturalità e nuove tecnologie. Eppure alcuni dei primi studi sul web erano incentrati sulla relazione tra sviluppo dei media e rimozione di barriere spaziali, in continuazione con la ormai celebre concezione sviluppata da McLuhan (1964) del moderno “villaggio globale” .Con questa locuzione il celebre esponente della scuola di Toronto, la cosiddetta corrente determinista, vedeva nei media elettronici gli strumenti in grado di segnare il passo tra il modello spaziale urba-no-centrico, saldamente ancorato all’idea di città come fulcro della civiltà, e il modello appunto globale, basato su una società vasta, in cui individui e istituzioni vivono liberi da confini e barriere territoria-li. Altro termine accostato all’aggettivo globale con frequenza è “co-munità” anch’esso saldamente connesso al ruolo dei nuovi media. Di “comunità virtuali” ha iniziato a parlare Rheingold (1993), altro guru degli studi sociali su internet negli anni Novanta, prevedendo la pos-sibilità che attraverso la rete sarebbe stato possibile sviluppare rela-zioni tanto vaste e profonde da portare alla formazione di una sorta di nazione virtuale, composta da cittadini consapevoli, in grado di fare dei siti telematici dei veri e propri spazi di confronto democratico.Sebbene questa profezia possa oggi risultare disattesa, dal momento che il ciberspazio è sempre più caratterizzato da comunità comples-se, spesso frammentate, sembra poter riportare i concetti di cittadi-nanza digitale e di e-democracy tra i temi di maggior interesse negli studi sui media attuali.In particolare la letteratura sui mezzi di comunicazione digitali si è soffermata sulle forme e sui modi in cui attraverso il web soggetti e istituzioni interagiscano tra loro su scala nazionale e globale. Le nuove tecnologie coinvolgono la sfera pubblica soprattutto nella mi-sura in cui favoriscono una disintermediazione, come sottolinea So-nia Livingstone (2009, p.150), tra soggetti privati e soggetti pubblici e un ampliamento del dibattito tra soggetti privati su temi pubblici. I giovani vengono visti come gli utenti maggiormente interessati da tali processi proprio perché il web favorisce un approccio anti-autori-tario, accattivante e ricco di possibilità di interazione per la sua stessa

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architettura. È innegabile che si tratti di un tema complesso: dal suc-cesso elettorale di Obama, all’affermazione della primavera araba, alla crescita dei partiti “pirati” in Europa, agli inaspettati successi di politici locali in Italia come Vendola, Renzi o Pisapia, abbiamo as-sistito a una serie di eventi sociopolitici fortemente legati alla nuova tecnologia e al ruolo dei giovani attivi nella web-sfera. Tali eventi rivelano quanto siano sfuggenti gli effetti dei new media sulle dina-miche sociali, in barba a qualsiasi ottica iperdeterminista, e quanto siano influenti i contesti culturali sul rapporto tra universi digitali e realtà corporee. Il punto è che i nuovi media non sono tecnologie che spuntano dal nulla, ma artefatti che dialogano con sistemi culturali complessi, con storie e strutture diverse. Si pone, quindi, a partire da questa riflessione, la questione cruciale su cui ci si intende sofferma-re, ovvero il rapporto tra interculturalità e nuove medialità, nell’otti-ca delle nuove generazioni. La nostra ricerca come molti studi simi-lari d’altronde, tra cui quello già citato di Sonia Livingstone, sembra indicare la via di una contraddizione sostanzialmente irrisolta: da un lato il web e le tecnologie connettive si propongono come finestre sul mondo, in grado di fornire informazioni e incuriosire su quanto ac-cade a comunità cui non si appartiene, dall’altro però questa apertura non determina la formazione di quella community “grande quanto il mondo” che Rheingold auspicava.Nella nostra ricerca sono emersi casi, affermazioni, che denotano una certa voglia di apertura dei giovani, come questa

Penso ai NO TAV. Mi sono sentito vicino al problema, ma anche a vari disastri capitati in altre parti del mondo. Possiamo sentire altre realtà più vicine a noi.

Tuttavia è apparso piuttosto raro che i giovani digitali siano entrati, grazie alle tecnologie, in contatto o in comunicazione con culture altre, a meno che non siano intervenuti fattori esterni in grado di fungere da stimolo (come la scuola).

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Se mi capita di fare un viaggio all’estero prima di partire mi infor-mo. Deve esserci l’occasione. Ma normalmente non mi interesso alla cosa.

Per quanto riguarda lo studio di culture nuove… Le ho studiate principalmente per motivi scolastici. Quasi mai invece per motivi personali. Per quanto riguarda i social network ritengo che possa-no essere degli strumenti utili per relazioni con persone straniere anche se i contatti di persona forse sono sempre i migliori.

Con la scuola è capitato che siamo venuti proprio in questi labora-tori dove ci hanno fatto vedere le usanze di altre città per esempio come Istanbul. Attraverso dei siti web ci hanno fatto vedere la città, le usanze, i costumi.

In queste condizioni è difficile che si sviluppi nei gangli e nei nodi della rete digitale quella formazione interculturale auspicata dalle correnti pedagogiche attente al tema in questione, autentica e com-pleta. Questo perché resta, come anticipato, determinante il rapporto tra spazio digitale e tutti i campi esperienziali che contrassegnano il percorso formativo di ciascun giovane.Spesso sono i ragazzi a scoprire tramite l’esperienza diretta di un’al-tra cultura, come tanti siano i luoghi comuni che circolano anche nel mondo online. È il caso ad esempio di una studentessa che, dopo aver soggiornato in Inghilterra, ha rivelato di aver decostruito tutti gli stereotipi con cui aveva convissuto prima di quell’esperienza che di-pingevano gli inglesi come soggetti freddi e un po’ flemmatici e tutto questa senza l’apporto del web che per lei era stato uno strumento utile solo per assumere informazioni tecniche (clima, abitudini cu-linarie ecc.).

Di Londra ho avuto un’impressione che non c’entrava nulla con

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quello che avevo visto sul web. Lo stile di vita era molto diverso, il mangiare, le persone. Il web poteva aiutare solo per piccole cose come il clima.Per capire una cultura occorre viverla.Dell’Inghilterra mi ero fatta un’idea più in base ai film o ad altre persone che al web. Pensavo a un paese piovoso e a gente fredda, a un modo di mangiare male. Invece mi ha colpito la frenesia delle persone, nelle metropolitane. Solo in alcune zone si aveva un’impressione di maggiore tranquillità, come Nothing Hill.

Ovvio che internet possa poi rivelarsi per i giovani uno strumento rafforzativo dell’esperienza in presenza. Molti dei ragazzi intervi-stati hanno poi mantenuto contatti tramite i social network con ami-ci conosciuti all’estero. Eppure nel mondo digitale sembra sempre sfuggire qualche elemento, qualche sapore dell’esperienza diretta. Qualcuno, infatti, dice di aver mantenuto relazioni online, qualcuno di aver solo stabilito una forma di contatto sporadica e molto forma-le, nei modi consentiti dalle piattaforme dei social network (ovvero il solo aver aggiunto un “amico” all’elenco). Interessante il caso di una studentessa che rimarca come, anche dopo essere stata in contatto con ragazzi di altri paesi grazie ad un’esperienza lavorativa come animatrice, abbia percepito un certo senso di diversità nei confronti di questi coetanei, nelle abitudini e nel modo di comunicare, rivelan-do anche di aver avvertito tutto ciò come un limite alle possibilità relazionali sia nell’online, che nell’offline.

Io ho notato immediatamente che queste fossero straniere non solo per la carnagione chiarissima, perché sono bianche cadave-riche, ma anche per il modo di vestire, completamente diverso dal nostro. O sono io fissata con l’abbigliamento e cose del gene-re…Però…Certo preferisco assolutamente il mio modo di vestire. Certamente mi viene da dire “stile diverso”. Anche in magliettine

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corte.. queste non si usano da almeno 5/6 anni. Forse anche 10 anni. È diverso tutto. Tutto nel modo di fare. Nel modo di presen-tarsi, di approcciare, di vestire, di...Con questi ragazzi su Facebook ho mantenuto un contatto ma solo formale...

D’altro lato, come detto, tra gli intervistati sono spiccati diversi gio-vani che hanno sviluppato attraverso il web un certo senso di curiosi-tà e di interesse nuovo nei confronti dell’alterità culturale, come quei studenti che hanno usato la rete per cercare di capire qualcosa di più comunità lontane, come quella dei no tav o della primavera araba. Il punto è proprio questo: se da un lato la voglia di scoprire, conside-rabile una costante delle giovani generazioni, viene in qualche modo appagata dalla presenza nella quotidianità delle nuove tecnologie, dall’altro proprio l’architettura del web, basata sempre più sulla con-formazioni di comunità che come sistemi di sottoinsiemi vivono una nell’altra, tiene i membri della net generation sempre più ancorati agli spazi informali vissuti tutti i giorni. Per tale ragione, dunque, im-portanti processi di interculturalità sembrano essere favoriti limita-tamente dalle nuove tecnologie a meno che non intervengano, come anticipato, fattori stimolo quali viaggi all’estero per studio, lavoro o intrattenimento, ovvero fattori stimolo che afferiscono per lo più alla sfera corporea e che trovano nel mondo digitale strumenti di ampli-ficazione o duplicazione.

6.2 Nuovi media e identità

Tema strettamente connesso all’analisi delle caratteristiche delle cul-ture giovanili è quello dell’identità. È opportuno che tale termine, indicando un concetto di particolare complessità, venga focalizzato nell’ambito della presente indagine.

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Parlare di identità porta su un terreno tortuoso che connota una di-mensione dell’essere a metà tra mondo interiore del soggetto e con-testo sociale affrontato. La psicologia sociale, nello specifico, tende a distinguere tra identità personale e identità sociale dell’individuo (Tajfel, 1981), ovvero tra quell’insieme di caratteristiche personaliz-zanti che connotano ciascuno di noi, nella relazione con se stesso, e il modo di presentarsi, di interagire con gli altri, di modulare i propri atteggiamenti in base alla situazione.Ovviamente si tratta di un argomento che ha assunto particolare ri-levanza negli studi sulle culture giovanili. L’età adolescenziale, in particolare, è considerata nell’ambito psicologico una fase della vita in cui i modi e le forme di auto-rappresentazione diventano partico-larmente complessi e decisivi, soprattutto se considerati nella dimen-sione sociale.Sappiamo che per gli adolescenti le variazioni fisiche, il sentire ine-dite pulsioni e bisogni possono essere processi fortemente influen-ti sulla formazione del sé, creando spesso i cosiddetti “turbamenti” giovanili di cui finanche la narrativa è intrisa. Il fatto che i ragazzi spesso possano vivere anche le situazioni più comuni come strappi interiori dà la cifra di quanto sia delicata questa fase della vita. Uno dei nodi cruciali riguardanti la costruzione identitaria dei soggetti in età adolescenziale tocca soprattutto la dimensione sociale e conte-stuale. Ci si riferisce all’importanza che giocano gli altri, il gruppo, la sfera relazionale. È nell’adolescenza che ci si inizia a interrogare sul modo in cui si viene “visti” all’esterno, su quale sia il proprio ruolo all’interno delle comunità e questo influenza enormemente in modo in cui ci si auto-percepisce.Al contempo, però, l’adolescenza è condizionata dal contesto socio-culturale in cui si vive e ogni giovane sviluppa forme e modi di re-lazionarsi che sfruttano gli strumenti, gli spazi, le possibilità offerte dal macrosistema di riferimento. Per le generazioni digitali i nuovi media sono un elemento che accomuna e che diventa un mezzo di socializzazione utilizzato quotidianamente, in modo talvolta spon-

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taneo. Del resto tutti gli studi sociali sulle culture giovanili hanno individuato forme generazionali di affermazione identitaria e di con-fronto tra pari. Ad esempio per i ragazzi delle controculture afferma-tesi negli anni Sessanta piazze e raduni adempivano a questo ruolo.Internet in qualche modo può svolgere questo compito, seppure si parli di uno strumento in grado di sviluppare delle sotto-forme di socialità, varie e complesse. Si pensi a come i social network, pur definendo un universo di codici comunicativi condivisi da un ampio numero di utenti, poi diano impulso al sorgere di diverse community.Dunque le tecnologie connettive possono assurgere al ruolo di fatto-re “generazionale”, portatore di un sentire comune che si traduce in identità collettiva. Tale concezione ci riporta e si ricollega al bisogno di categorizzare in qualche modo le giovani coorti sulla base di abiti cognitivi. Di qui le note definizioni: digital natives, net generation, y generation e così via.Una lettura che va anche al di là di questo ambito di indagine e che entra a pieno nel discorso sulle identità sociali collettive la propone Vincenzo Susca (2010) nel suo testo Gioia Tragica.L’autore riprende, nello specifico, il discorso sulle controculture gio-vanili, constatando come queste si siano caratterizzate soprattutto grazie al bisogno di affermare una propria identità collettiva corri-spondente – aggiungiamo noi – al bisogno individuale di riconosci-mento ed emancipazione dei sé adolescenti. Tale processo ha sempre avuto negli universi relazionali e informali, come quelli creati anche dal sistema dei consumi, comprendente le tecnologie, potenti veicoli. La musica, l’abbigliamento, la televisione sono stati, ad esempio, tra i principali strumenti comunicativi con cui i giovani si sono presen-tati al mondo degli adulti in passato. Alle generazioni digitali spesso non si riconosce tale forza espressiva perché, sottolinea Susca, i new media esautorano il bisogno di identità dei giovani: tali strumenti ampliano così tanto la sfera pubblica e relazionale, offrono così tante possibilità di auto-rappresentazione da non riuscire a formare un col-lante generazionale vero e proprio. Si potrebbe parlare per la always

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connected generation di un effetto saturated self, parafrasando il ti-tolo di un vecchio ma preveggente testo di Kenneth Gergen (1991), ovvero di un sé particolarmente fluido e flessibile, perché rimodulato costantemente in base alle numerose occasioni comunicative offerte anche dai media. Del resto i new media appaiono spesso, come vedremo anche nella ricerca qui presentata, non tanto come strumenti identitari primari, ma piuttosto come dei mediatori che permettono di regolare i modi di presentare il proprio sé in molteplici palcoscenici, per dirla con Goffman (1959), in base anche a fattori personali legati al mondo corporeo. Questo perché il web è parte indistinta del quotidiano per le nuove generazioni, componente di contesti informali dove matu-rano processi di educazione e socializzazione. Anche per questo i giovani da noi interpellati tendono a dichiarare di non sentirsi diversi quando navigano in rete, di non dover modulare il proprio sé con forme specifiche legate al mondo digitale, di non dover agghindare la propria personalità.

Su Facebook non mi nascondo e mantengo la mia identità perché non ho bisogno di crearmene altre. Non mi vado a rifugiare nel mondo di internet perché è una cosa completamente inutile per come la vedo io.

Rispetto alle relazioni alla stessa identica maniera. Come comuni-co lì posso comunicare allo stesso modo a voce. C’è chi ad esem-pio in rete fa il bullo e poi nella vita non vale niente. Io gestisco i rapporti in internet come nella vita normale.

Su Facebook, internet non ho bisogno di un vero nome quindi non mi nascondo. Quando contatto gli amici parlo in modo semplice. Non sono né un aggressivo, né un gradasso.

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Internet dunque sembra proporsi come strumento utile per rafforzare le relazioni orizzontali di cui parla Gergen (2002), legate al rapporto con i pari, fungendo, quindi, da estensione della vita sociale corpo-rea. In tal senso il web viene percepito più come oggetto “naturale” che come oggetto “culturale” e differenziante.Certo con l’occhio smaliziato del ricercatore è doveroso tenere in considerazione, nell’analisi dei discorsi prodotti dai ragazzi interpel-lati, due variabili che riguardano la formazione del sé degli adole-scenti.In primo luogo i ragazzi intervistati potrebbero voler affermare la continuità delle forme di auto-rappresentazione impiegate tra mon-do online e corporeo per questioni di desiderabilità sociale. E que-sto perché, e siamo qui alla seconda variabile, sovente il bisogno di emancipazione dei più giovani porta a cercare forme unitarie e integre di percezione del sé. Si tratta di una visione che sembra non considerare la molteplicità delle possibilità di modulazioni del sé che caratterizza tutti noi nei vari contesti che affrontiamo. Questa com-plessità sfugge ai giovani da noi interpellati che pensano ai nuovi media come mezzi di confronto con i pari, inseriti in solide routines. Un altro elemento interessante, emergente dalla nostra indagine, ri-guarda la preferenza manifestata costantemente dai ragazzi intervi-stati per i contesti in presenza, rispetto quelli virtuali, per sviluppare relazionalità più profonde.

Ovviamente un rapporto faccia a faccia è totalmente diverso. Ritengo che le amicizie tipo Facebook, Twitter o quant’altro si utilizzi in Italia non si possono propriamente chiamare amicizie rispetto alle amicizie di tutti i giorni Alcune volte, quando devo descrivere un certo comportamento, un certo stato d’animo personale evito di pubblicarlo e di mostrar-lo a tutti quanti perché cerco di tenerlo per me.

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Se devo comunicare qualcosa di negativo preferisco sicuramente il faccia a faccia con il confronto nella realtà.

Preferisco di più avere amici di persona, anche se, non nascondo che alle volte, non avendo la possibilità di uscire con le persone passo spesso abbastanza tempo a chattare con loro. Talvolta ho bisogno di dire qualcosa e mi innervosisco perché non voglio dir-la tramite Facebook. Preferisco aspettare il momento opportuno per poterla dire di persona.

Se devo magari litigare con una persona...Devo chiarirmi con una persona...Preferisco farlo attraverso gli occhi e non attraverso lo schermo. Perché per me uno schermo è solo una copertura. Ho avuto esperienze belle solamente nella vita reale. Su internet non penso si possano avere delle belle soddisfazioni. Una sod-disfazione è trovare una versione di latino su internet, ma non penso si possa trovare nient’altro. È molto meglio la vita reale di internet.

Questa tendenza potrebbe apparire come la percezione di una netta divisione tra contesti corporei e digitali. Ad un’analisi maggiormente attenta, però, sembra di poter affermare che sia proprio l’integrazio-ne tra i due universi a determinarne e delimitarne le forme di utilizzo.Gli intervistati considerano i social network e il web come parti fon-danti della propria quotidianità, adibite ad alcune funzioni sociali, talvolta limitate, tra le quali spicca quella di strumento di raccordo con i pari.

Ho molti amici su Facebook, ma non vedo tutti i giorni queste mille persone. Vedo solo una parte di queste persone anche se le

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altre poi comunque le conosco. La maggior parte delle amicizie che ho nella vita reale la ritrovo tutta su Facebook.

Sicuramente è meglio avere contatti diretti. Quando ho avuto con-tatti diretti c’è stato un rapporto diverso. Un rapporto diverso è meno superficiale di circostanza di quello che ho ora. I social network comunque servono: possono essere uno strumento per tenersi in contatto.

Facebook, c’è da dire, che è utile per organizzare le uscite, per chiedere compiti: è questo l’uso che ne faccio con gli amici che frequento.

É vero, tuttavia, che ci sono sempre casi di adolescenti che ammet-tono di vivere “sempre connessi”. Spesso dichiarano di non esibirsi troppo sul web, ma di avere bisogno di sentirsi sempre raggiungibili per sentire il proprio sé completo.

Sì, lo accendo appena arrivo a casa e se non esco sto sempre al pc. Saranno 6 ore al giorno.Posso rendermi conto, se sono online, se succede qualcosa. Non voglio perdermi niente.

Anche a scuola... Io ho internet costantemente aperto. Avendo il telefono, sono parecchie le ore. Non è che passo 10 ore piene e continuate. Sono ad esempio 10 minuti su Facebook…Poi lo chiudo… Poi lo apro…Poi lo chiudo…

Emerge un approccio che riporta in mente l’idea di cybercorporeità, trattata da molti autori ed esperti di tecnologia già nei primi anni No-vanta, cogliendo alcune suggestioni della letteratura fantascientifica.

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In realtà i giovani non integrano le tecnologie nel proprio corpo in senso letterale (almeno che non si voglia considerare l’uso di aurico-lari o dispositivi vari un’autentica estensione sensoriale o una sorta di ibridazione) ma le annettono ai propri tempi, alle proprie socialità, ai propri abiti mentali, alle proprie routine, sino a non metterle in discussione e ad avvertirne una sorta di autentico bisogno. Concludiamo la nostra riflessione sull’identità parlando del rappor-to tra sé adolescenti e interculturalità, cioè di come il contatto con l’alterità culturale possa influire sulle forme di auto-percezione dei giovani digitali. Il web, da quanto affiora dalle interviste raccolte, si rivela uno strumento sicuramente in grado di svolgere una qual-che influenza, ma sempre in base al dialogo svolto con le altre realtà microsistemiche vissute da ciascun individuo. Infatti i ragazzi che parlano dei loro “sé” in rapporto con “sé” provenienti da altri con-testi culturali, in genere hanno avuto esperienze dirette all’estero o comunque con altri giovani stranieri: viaggi studio, incontri con pa-renti immigrati in altre nazioni, esperienze lavorative in altri paesi. In questi casi il ruolo dei social network e i loro effetti sulle modalità di auto-percezione rispetto ad altre culture appaiono ambigui. Alcuni ragazzi evidenziano come i social media possano servire soprattutto per “mantenere i contatti” con i coetanei di altri paesi, sottolineando come il digitale funga da strumento per lo sviluppo di forme di socia-lità “ridotta” e mettendo in rilievo l’affiorare di un senso di diversità percepito nei confronti di altri sé, provenienti da altri contesti nazio-nali. Una diversità che si manifesta soprattutto nella abitudini, nelle succitate routines, quasi come dato confermativo del proprio sé, in chiave, questa volta, culturale ed etnocentrica.

Con ragazzi italiani che ho conosciuto quando ho fatto l’animatri-ce sicuramente ho mantenuto i contatti su Facebook.. Non è che sia più facile. Ma ho legato di più. Soprattutto con quelli dello stage… C’è continuità. Abbiamo voglia di lavorare insieme. Con ragazzi stranieri sinceramente no.I contatti sono rimasti più formali... c’è meno intesa.

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6.3 I media tra consumi e saperi

Come accennato nei precedenti paragrafi il rapporto tra identità e mercato è profondo per le nuove generazioni, tanto che si potrebbe dire che le forme identitarie con cui più comunemente interagiamo, quando ci interfacciamo con i rappresentanti della net generation, non potrebbero esistere senza l’architettura del mondo dei consumi con cui conviviamo.Significativo ad esempio è il parallelo creato tra moda e new media da Maria Grazia Simone (2007): entrambi sono universi che richie-dono la conoscenza di codici comunicativi condivisi che toccano in modo particolare i giovani e le loro socialità e relazionalità.Tuttavia non è pensabile che il mondo digitale possa sostituire tutti gli spazi interazionali pregnanti per i giovani: sicuramente li integra, li connota e ne viene a sua volta influenzato.Per quanto riguarda il rapporto tra consumi e socialità mediatiche, possiamo scorgere l’esistenza di un’ imprescindibilità alquanto ov-via: essere online richiede tecnologia, oggi sempre più sofisticata eppure immediata, e la tecnologia è consumo. Talvolta navigando abbiamo l’impressione di essere in una realtà naturale e in quanto tale gratuita. In realtà tale apparente gratuità viene pagata con por-zioni della nostra privacy. Mentre siamo online disseminiamo dati personali, con le nostre ricerche e le nostre attività, che sono merce preziosa per le aziende che acquistano informazioni dai colossi della rete come Google o Facebook.Si potrebbe pensare, a partire da questa riflessione, che nell’epoca attuale in cui gli spazi e i tempi di vita sono sempre meno separati e sempre più diluiti tutto ciò sia piuttosto logico.Tempo di lavoro e tempo libero, ad esempio, non vivono più ormai in due dimensioni scisse. Le nuove professionalità spesso richiedono un impegno immateriale che non può essere confinato in fasce orarie e il precariato richiede, a sua volta, una dedizione totale al lavoro: anche quando quest’ultimo non c’è, il tempo “libero” viene dedicato

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alla ricerca di lavoro. Si consideri inoltre come, a proposito del web, sia stato coniato il neologismo prosumer per indicare gli utenti della rete che, in quanto perennemente attivi online, inseriscono costante-mente contenuti nel cyberspazio. Tali contenuti, come già accennato, diventano poi materiali utili per le aziende della net economy. Il ri-sultato è una sorta di mano d’opera a costo zero. Se pensiamo alla net generation tale discorso è ancor più valido visto che le giovani coorti convivono da sempre con questi nuovi paradig-mi. Per i ragazzi interpellati a volte, ad esempio, tempo di studio, socialità e consumo vivono in simbiosi. Essere significa essere anche online.

Avendo uno smartphone tramite WhatsApp, queste applicazioni qui... sto anche su internet. Poi faccio i compiti senza farmi tra-scinare. Come succede... perché ci sono persone che dicono che non riescono a stare senza internet. Anche quando fanno i compiti stanno su internet.

Questo frammento è uno dei più significativi perché riporta, in modo piuttosto esplicito, alla sovrapposizione tra consumi e socialità (la terminologia impiegata richiama tecnologie di consumo tipiche del mondo digitale) che connota le giovani generazioni.Dunque l’essere consumatori può trasformarsi in una condizione pe-renne dell’essere sempre connessi e questo dato si riverbera anche sui modi di costruire il sapere.Il web è dotato di un’architettura che influenza i nostri modi di na-vigare e che è manifestazione di una sorta di volontà di sapere, per dirla con Focault1.I social network ci chiedono di comunicare e di socializzare in forme e modalità rigidamente strutturate e non consentono una forte auto-

1 Sull’uso dei paradigmi foucoltiani per l’analisi degli spazi online si rimanda all’opera di Maddalena Mapelli e del suo gruppo di ricerca.

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nomia interazionale all’utente. Ora, coma abbiamo visto, tale archi-tettura è legata al mondo dei consumi: un social network come Fa-cebook, una delle aziende più produttive del contesto attuale, basa la sua fortuna su tale struttura che consente di raccogliere informazioni semplici da trasformare in dati, sondaggi utili per altre aziende (basta cliccare su un “mi piace” per diventare parte di questi dati). Tuttavia tale strutturazione, per chi vive perennemente online, può plasmare abiti comunicativi e talvolta cognitivi in modo quasi impalpabile.Alcuni studi hanno demonizzato tale condizione: si pensi ad esem-pio al recente testo di Carr (2010), che, attraverso analisi avvenute nell’ambito delle neuroscienze, evidenzia come le forme frammen-tarie di accesso/costruzione di conoscenze favorite dal web portino a una parcellizzazione dell’attenzione e delle capacità di concentra-zione.Altri studi invece, molti dei quali specificatamente interessati alle nuove generazioni, hanno cercato di approfondire le modalità di co-struzione del sapere più diffuse tra i giovani, legate spesso al multi-tasking, all’abilità di lettura di materiali multimediali, alla condiviso-ne e alle capacità pratiche.Dalle nostre indagini spesso traspaiono forme di sapere connotate da frammentarietà, ma anche da una certa consapevolezza dei limiti di spazi come Facebook, dei rischi anche presenti negli spazi preordi-nati del web.

...Comunque in tempo reale si riesce a capire la situazione estera, anche dall’altra parte del mondo: conflitti, politica. In Paesi ma-gari meno fortunati di noi in cui non c’è questa opportunità: nei Paesi mussulmani c’è la censura anche su internet. Noi abbiamo la fortuna di utilizzare internet per queste cose. Però internet oltre a essere un veicolo dell’informazione, può essere anche un’arma a doppio taglio: un effetto boomerang.

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...Quando sono su Facebook sono abbastanza tranquillo. Preferi-sco comunque non crearmi un’altra identità. Però talvolta prefe-risco crearmi un po’ di privacy: cioè non come fa qualcuno che pubblica tutto ciò che gli viene in mente. Ma pubblicare uno stato, una qualsiasi cosa preferisco pensarci su. Non vedo motivo per cui tutte le persone che sono su Facebook dovrebbero vedere le mie cose.

Ancora un volta, per evitare il rischio di adagiarsi su forme di cono-scenza/sapere troppo frammentarie e legate al mondo ibrido del web, appare determinante l’influenza degli spazi corporei, l’integrazione orizzontale e verticale tra ambiti educativi. Ce lo dimostrano le pa-role di alcuni intervistati che, mostrando una maggiore abilità critica nell’approccio alle varie realtà vissute, evidenziano una buona matu-rità anche quando affrontano l’online

Penso che internet un po’ abbia cambiato la vita di tutti, nel bene nel male. Per me è stato un bene perché riesco ad accedere a più fonti di informazione. Ma ci sono altrettanti aspetti negativi. Ma sicuramente il web differenzia la nostra generazione da chi ci ha preceduto, soprattutto per la relazionalità...Penso sia una porta di accesso a tutto quello che ci serve.. Amplia il nostro mondo. Lo uso quando mi serve.Il web non è da confondere come la realtà, sui social network abbiamo una realtà diversa da quello che è…

…Si io uso molto i giornali in rete e lo trovo utile. L’informazio-ne sul web è molto diversa da quelle televisiva, anche se in rete cambiano da fonte a fonte. Trovi spesso la stessa notizia in modo diverso. Dipende da noi.

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6.4 Crescere con i media. La costruzione dei significati nei nativi digitali

Come visto nei paragrafi precedenti, per parlare del rapporto tra gio-vani generazioni e tecnologie digitali, si è spesso ricorso a sigle, bi-nomi o etichette.La prima definizione ad aver ottenuto grande popolarità sia nella let-teratura scientifica, sia in quella divulgativa è stata quella di digital natives coniata da Marc Prensky (2001) ormai undici anni fa. L’au-tore intendeva così definire le coorti nate dai primi anni Ottanta in poi, abituate all’utilizzo delle tecnologie analogiche, che avrebbero avuto poi la possibilità di approcciarsi per prime, con un buon grado di intuitività, ai nascenti media digitali. Già tale processo sembrava poter determinare grandi cambiamenti negli abiti sociali e cognitivi dei più giovani.Il web 2.0 di lì a poco, tuttavia, avrebbe generato ulteriori trasfor-mazioni in molti contesti socioculturali e le categorie di lettura del-le forme di costruzione di significati e saperi nelle culture giovanili sarebbero cambiati. Coorti tra loro ravvicinate avrebbero avuto la possibilità di crescere a contatto con tecnologie in rapida trasforma-zione, sempre più in grado di incidere sugli universi comunicativi. Una chiara idea di questo processo ce la può dare la rilettura di alcuni testi degli anni Novanta sull’affermazione delle tecnologie informa-tiche. Si pensi, in particolare, al concetto di ipertesto introdotto da Landow nel suo celebre testo del 1994. Si tratta di una modalità di lettura e di interazione con il concetto di testualità altamente inno-vativa, perché in grado, come sappiamo, di generare un superamen-to cognitivo dell’approccio lineare “orizzontale”, paradigma affer-matosi con la diffusione della stampa. Su questo tema molti hanno scritto. Tuttavia l’ipertesto multimediale di prima generazione, pur richiedendo una partecipazione del lettore alquanto attiva, ondivaga e innovativa, prevedeva un rapporto tra testo e utente piuttosto isola-to, individuale. Per tale ragione le scienze sociali e umanistiche, per

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analizzare questo tema, sono ricorse soprattutto a un’epistemologia della rappresentazione, mettendo al centro del loro discorso il testo e la tecnologia, con il loro carattere innovativo e la loro capacità di rappresentare nuove realtà, definite virtuali.Il soggetto immerso nel mondo 2.0 vive invece in una condizione differente, in universi basati sulla condivisione, sulla socializzazione di risorse e conoscenze, sulla tracciabilità dei propri dati personali. In poche parole su quella che Castells (2009) definisce auto-comuni-cazione di massa. Per tanto la letteratura sull’online contemporanea costruisce il suo discorso su un’epistemologia della costruzione. Il web è considerabile, in tale prospettiva, spazio e strumento di costru-zione e scambio di significati, soprattutto per le coorti più giovani, che crescendo a contatto con la rete e il mondo digitale sin dall’infan-zia, hanno in essa un riferimento importante. Processi di comprensio-ne del mondo, che sono sempre in fieri, che in passato riguardavano solo l’ambito corporeo non possono non svolgersi anche nel web 2.0 e il web 2.0 è soprattutto socialità e condivisione. Questo segna una differenza decisiva tra le coorti nate negli anni Novanta ed i nativi di-gitali di Prensky, portatori comunque di abiti cognitivi sociali legati a un contesto culturale pre-digitale.Riprendendo Habermas, Pier Cesare Rivoltella (2003), ci ricorda che per costruire un’epistemologia adatta per analizzare il mondo digita-le occorre riformulare l’approccio ermeneutico gadameriano. Se per Gadamer il rapporto tra lettore e testo era un rapporto uno ad uno, ba-sato sull’unicità dell’interpretazione da parte di quest’ultimo, Haber-mas ci ricorda che l’interpretazione è la maniera comune di costruire la conoscenza. Dunque per “comprendere” occorre la partecipazio-ne. Sulla base di questa semplice riflessione possiamo capire come l’online abbia, comunque la si pensi, la capacità di divenire luogo e strumento di co-costruzione di significati e di condivisione di saperi.

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6.5 La terza cultura: uno spazio per la condivisione

Come si è potuto constatare una delle key word che permea la presen-te ricerca è condivisione. Si è parlato di socialità, dell’area relazio-nale come ambito di mutazione socioculturale principale nelle prassi e nelle abitudini della net generation. Si è considerata la fusione dei tempi che naturalmente è anche, in parte, fusione degli spazi e come ciò favorisca, naturalmente, la condivisione che diventa nuovo para-digma. Nel momento in cui si entra nella websfera diventa normale condividere qualcosa, anche solo la stessa presenza online, magari attestata dall’immissione di qualche dato personale. Se la scuola di Palo Alto ha introdotto, riferendosi alla comunicazione umana in ge-nerale e non già a quella specificatamente online, l’assioma “non si può non comunicare”, nell’ambito del discorso sulle nuove tecnolo-gie, si potrebbe introdurre l’assioma “non si può non condividere”.Per i giovani, naturalmente, questa strutturazione del contesto sociale assume un carattere particolarmente determinante, in quanto sistema in cui da sempre sono immersi. L’influenza della net culture agisce sulle giovani coorti in più direzioni. Nel precedente paragrafo ci si è soffermati soprattutto sull’ambito cognitivo, su quello della costru-zione dei saperi, in questo si vedrà come il paradigma della condivi-sione tocchi anche l’ambito emotivo ed affettivo:

Riguardo l’aspetto dello stato d’animo mentre navigo...Secondo me quando si fa a meno di questi social network si ha un po’ l’ani-mo triste e non si riesce a reggere un tale distacco. Mentre quando li si usa si è più tranquilli e felici.

Per me Facebook è come la vita reale. Per me è una interazione, è quasi uno sfogo. Quando ho uno stato d’animo particolare, quan-do c’è qualcosa che non va bene o che invece va bene lo scrivo...

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Questi due frammenti, come i tanti che evocano gli stati più intimi degli intervistati, trasmettono una sensazione comune: il condividere è un bisogno quasi naturale delle generazioni digitali che percepi-scono l’online un po’ come lo spazio attraverso cui soddisfare questa necessità. E non si tratta di una dinamica, come già visto affrontando la questione relativa all’identità, che porta i giovani nati con la rete a vivere perennemente in una condizione di esibizionismo voyeuristico come spesso si teme. I ragazzi intervistati hanno dimostrato di posse-dere competenze digitali tali da non giocare pericolosamente con la propria identità in rete. Piuttosto pensano al web come a un collante utile per coltivare la proprie relazioni (soprattutto orizzontali, come visto) e per sentirsi parte di un collettività generazionale, che ha nel-la cultura della condivisione una delle caratteristiche primarie. Tale processo tocca, naturalmente, anche i percorsi di costruzione della conoscenza e dell’accesso ai saperi: da un lato, se ne è parlato nel precedente paragrafo, i neo nativi digitali attraverso il web sono in perenne confronto con gli altri e questo favorisce processi di co-co-struzione di significato, dall’altro è la stessa divulgazione del sape-re che viene mutata dall’economia digitale. Le giovani generazioni, naturalmente, sono parecchio avvezze alle nuove forme di fruizione culturali, sempre più frammentate e settorializzate, disseminate nel web. La terza cultura, di cui parlava Brookman (1995) negli anni No-vanta, si basava proprio sull’idea di un sapere scientifico sempre più divulgabile attraverso i flussi mediatici. L’autore sottolineava che i risultati della ricerca scientifica dovessero essere condivisi e comuni-cati, affinché fossero in grado di avere concrete ricadute sociali. Tale impostazione ha avuto una certa risonanza con l’avvento dei new media: la cultura e l’informazione hanno moltiplicato i loro spazi di fruizione attraverso i media digitali. Oggi la questione fondamentale per le giovani generazioni, per quanto concerne la formazione cul-turale, è come gestire e orientarsi nel magma di informazioni circo-lanti nel web. La facilità di accesso alla rete permette a chiunque di inserire contenuti e per gli utenti è forte il rischio di impantanarsi in circoli viziosi di riciclaggi e scopiazzamenti di informazioni, senza

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dimenticare come le forme sincopate delle nuove tecnologie spesso favoriscano soluzioni tendenti al sensazionalismo, come sostiene an-che Castells2. Occorre dunque uno spirito critico forte che solo una buona alfabe-tizzazione digitale può dare. In tal senso, come abbiamo visto in altri frammenti, i ragazzi intervistati sembrano aver gli occhi aperti e una buona capacità di discernimento.

6.6 La società dell’informazione nelle strategie dell’Unione Europea

Il rapporto tra tecnologie e sviluppo sociale è stato sempre centrale nelle politiche economiche pianificate dall’Unione Europea. Con la strategia di Lisbona, sviluppata tra il 2000 e il 2010, le istituzioni eu-ropee avevano già sottolineato quanto fosse importante, per garantire un processo di crescita economica e sociale ai Paesi membri, un’im-plementazione della presenza delle tecnologie digitali, sia in ambito prettamente produttivo sia per quanto concerne i servizi al cittadino.Tale impegno è stato confermato ed adeguato al contesto attuale con il recente lancio da parte della Commissione Europea della strate-gia Europa 2020. Si tratta di un intervento che si pone in continuità con il precedente accordo di Lisbona e fondamentalmente ne ripren-de i principi. In particolare resta obiettivo centrale l’accrescimento culturale e formativo dei cittadini europei, in termini di sviluppo di competenze personali, intellettive e professionali, finalizzato ad un migliore inserimento lavorativo che risponda a criteri di flessibilità e predisposizione alla mobilità.In tal senso il riferimento ai nuovi media appare ovvio: internet è co-2 Secondo l’autore catalano, proprio perché nella rete la comunicazione passa attraverso collegamenti, link o filmati brevi, quindi attraverso formati che richiedono un forte impatto visivo e poco approfondimento, spesso si ricorre a scelte divulgative che richiamano emozioni forti, proprio per ottenere un riscontro immediato, potente sul fruitore, anche dal punto di vista cognitivo (Castells, 2009).

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munemente considerato lo strumento in grado di veicolare le istanze della new economy, sempre più votata alla velocizzazione dei tempi e all’abbattimento di barriere spaziali.Europa 2020 individua tre priorità: lo sviluppo di un’economia dell’innovazione, la promozione di una crescita sostenibile, l’incre-mentazione della coesione sociale e territoriale.Il perseguimento di tali obiettivi, secondo la Commissione Europea, è possibile attraverso il raggiungimento di determinati risultati (che riguardano il raggiungimento di specifici valori percentuali in vari ambiti come l’investimento in ricerca, i tassi di occupazione, il PIL dei Paesi membri, la scolarizzazione) e l’impegno in sette iniziative faro.In particolare una di queste iniziative riguarda lo sviluppo di “un’a-genda europea del digitale” finalizzata all’accelerazione della dif-fusione di internet ad alta velocità e allo sfruttamento dei vantaggi offerti da un mercato unico digitale per la famiglia. Alla base di questo impegno c’è l’idea di compiere un investimen-to in tecnologie che miri a uno sviluppo sociale ed economico, ga-rantendo opportunità alle aziende della net economy e possibilità di accesso a servizi digitali ai cittadini. Attraverso un piano di spese che intende ampliare notevolmente l’accesso a banda larga entro il 2013 e portare alla presenza di connessioni veloci (oltre 100MbP) per almeno il 50% delle famiglie europee, la Commissione si è im-pegnata a creare un quadro giuridico stabile per garantire investi-menti in tecnologie e promuovere un mercato unico per i contenuti e i servizi online, adeguatamente regolamentato e tutelato. Sempre nell’ambito della stessa manovra, la Commissione intende stimolare i Paesi membri a finanziare i settori di ricerca relativi all’Information Technology e progetti atti a favorire l’alfabetizzazione digitale dei cittadini europei. I Paesi dell’Unione Europea, dunque, sono chia-mati ad un impegno preciso: favorire politiche di digitalizzazione di strutture amministrative, sociali ed economiche in forma coordinata e coerente. Inoltre le tecnologie connettive attraversano anche altri

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punti analizzati e ampliati dal documento. In particolare, ove si fa ri-ferimento allo sviluppo economico e dell’occupazione, spesso i nuo-vi media vengono annoverati, come strumenti in grado di fomentare nuove possibilità di crescita produttiva (come detto i servizi online sono considerati risorse preziose per fomentare settori produttivi in-novativi, su cui investire per superare l’attuale crisi economica). Dunque il ruolo delle nuove generazioni sullo scenario economico e sociale sembrerebbe centrale (a patto che gli obiettivi europei siano correttamente ed efficacemente perseguiti dai Paesi membri e dalle istituzioni) perché, come anche traspare dalle interviste, le giovani coorti sono depositarie di un livello di competenza digitale sempre più alto.Occorre ribadire, tuttavia, l’importanza dell’influenza dei vari ambiti formativi che fungono da cornice all’interazione tra giovani e tecno-logie, affinché questa competenza non si risolva solo in una scontata abilità strumentale, ma determini lo sviluppo di uno spirito critico sempre più raffinato. Proprio tale abilità critica rappresenta una pre-rogativa perché i giovani online siano in grado di orientarsi nella websfera e di interfacciarsi positivamente con le possibilità comu-nicative offerte dagli ambienti multimediali. La scuola, ovviamente, gioca un ruolo importante nel percorso di formazione digitale dei giovani. Tuttavia è possibile riscontare solo in parte, in ambito scola-stico, la presenza di una reale progettualità negli interventi educativi volti ad incentivare la presa di coscienza dell’importanza delle nuove tecnologie sul piano dello sviluppo economico, sociale ed anche in chiave personale. Non a caso tra gli studenti interpellati, i ragazzi che hanno partecipato a scambi interculturali hanno indubbiamente evi-denziato l’acquisizione, seppure parziale, di una maggiore sensibilità nei confronti delle opportunità offerte dalla crescita della mobilità sociale.

Quello che vorrei io, magari finita la scuola, vorrei intraprendere la vita politica. Oppure visto che ormai sono 5 anni che faccio il

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cameriere, andare a Londra. Ma più che Londra in Inghilterra. Tipo Sheffield. Paesi meno conosciuti. Perché faccio lì magari la vita per qualche mese da cameriere, così imparo di più la lingua. Magari posso avere opportunità di viaggiare per ampliare sempre più il mio bagaglio.

Si vuole sottolineare, anche attraverso la scelta di questo frammento, come le più disparate esperienze formative, legate sia all’ambito sco-lastico che extrascolastico, possano favorire le condizioni affinché i ragazzi diventino consapevoli dell’importanza dell’acquisizione di determinate competenze nel contesto contemporaneo. Lo studente protagonista dell’intervista succitata ha avuto una serie di esperien-ze, legate a vari contesti coinvolgenti sia l’online che l’offline, che lo hanno portato a maturare la consapevolezza dell’importanza dell’es-sere cittadini aperti al confronto, al dialogo con altre realtà, nel con-testo attuale. L’arricchimento intellettivo consentito dal contatto con l’alterità culturale rientra tra le opportunità di crescita che debbono essere coltivate, affinché vi sia la reale integrazione delle giovani generazioni in una prospettiva socioeconomica in cui i media digi-tali siano il volano di un concreto progresso sociale, come auspicato dagli organi istituzionali europei. Per tanto occorre che le agenzie formative, scuola in primis, conferiscano maggiore progettualità e sistematicità ad interventi educativi che abbiano al centro il rapporto tra competenza digitale ed interculturalità.

6.7 Cittadinanza ed e-democracy

Gli argomenti trattati nel precedente paragrafo, come la questione principale, oggetto della ricerca, che è il rapporto tra nuove tecno-logie ed interculturalità, non possono non svilupparsi attorno ad un tema chiave nel mondo digitale: quello della e-democracy. Da quando internet e le tecnologie digitali hanno iniziato ad assumere rilevanza nello scenario sociale contemporaneo, molti intellettuali si

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sono interrogati sulla possibilità di una riconfigurazione del concetto di democraticità. Del resto, se parlare di democrazia significa analiz-zare le opportunità di partecipazione politica ai sistemi decisionali offerte ai cittadini, appare quasi ovvio considerare la rete come uno strumento decisivo. In tal senso, infatti, nel mondo online le possibi-lità di interazione, comunicazione e quindi anche di partecipazione beneficiano di un aumento quasi strutturale. Il web è stato pensato, talvolta, come medium in grado di ampliare la sfera del dibattito pub-blico ed appare evidente come le modalità comunicazionali offerte da social network e spazi digitali giochino un ruolo fondamentale nel muovere l’opinione pubblica e la cosiddetta agenda setting. Si pensi alle sempre più frequenti dichiarazioni su Twitter rilasciate da perso-naggi politici, che seppure caratterizzate da quell’estrema sinteticità tipica delle bacheche online, diventano frequentemente il punto di partenza per dibattiti e discussioni.Si tratta di un aspetto che lascia pensare che possa esserci sempre più spazio per i giovani nei processi partecipativi. Infatti un numero sem-pre maggiore di attori politici tende ad adeguarsi alle modalità intera-zionali caratteristiche del mondo digitale, con le quali senza dubbio le nuove generazioni hanno ampia confidenza e dimestichezza.Al di là di queste supposizioni, però, agiscono una serie di filtri e va-riabili che intervengono sulle forme e sui modi impiegati dai giovani per diventare cittadini digitali.Innanzitutto, come sottolineato da Palfrey e Gasser (2008), il web non è uno strumento politico o democratico in sé, ma svolge una funzione di collante sociale molto importante per i giovani, con ri-svolti che toccano la sfera della democraticità e dell’essere cittadini. Chi è online può imbattersi in rete in molte forme di socialità che ri-guardano la partecipazione attiva alla vita democratica della propria comunità. Questi incontri, talvolta casuali, talvolta voluti, possono portare gli utenti del web ad integrarsi in comunità di pratiche che si interessano di temi pubblici o politici. I due autori rafforzano la loro riflessione con alcuni dati riferiti alle campagne statunitensi più

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recenti, comprese quelle precedenti l’affermazione di Obama, la cui (prima) elezione è stata in un certo senso il simbolo delle possibili-tà politico-promozionali offerte dal mondo digitale. Durante questi confronti elettorali la presenza di strumenti di raccordo online, utili per organizzare eventi, raccogliere fondi e coordinare l’operato di sostenitori e volontari, ha facilitato la partecipazione politica, coin-volgendo un’ampia fascia della popolazione giovanile. Anche in Ita-lia, alcune ricerche hanno evidenziato come vi siano stati personaggi politici più sensibili al web, in grado di precettare le abilità comuni-cative dei nativi digitali. Le campagne di alcuni amministratori locali come Vendola o Pisapia si sono molto incentrate sulle abilità creative di giovani prosumer, utenti attivi del web, e sulla loro capacità di immettere e condividere contenuti in rete3. In questi casi i giova-ni hanno dato vita ad una sorta di volontariato, in forma gratuita e spesso non pienamente consapevole. Dinamiche che si ricollegano ad un altro aspetto della e-democracy analizzato da Palfrey e Gasser, ovvero al fatto che il web permette un’interazione attiva e creativa ai cybernauti. Un’interazione che può anche consentire agli utenti di rimodellare l’agenda setting e di porre l’attenzione su temi vari, differenti da quelli che verrebbero imposti da attori politici in un si-stema comunicativo top-down. Sonia Livingstone, che ha fatto ricerche concernenti questi temi ri-guardanti la popolazione americana, ha notato che spesso la parteci-pazione attiva dei giovani avviene anche attraverso la sensibilizza-zione a temi pubblici o etici di ampio respiro, le cosiddette “buone cause”. Si tratta di un interesse che sorge anche dalla difficoltà ad avvicinarsi a quella faccia della politica più legata a questioni me-ramente amministrative, da cui i giovani spesso si sentono lontani e sulle quali sentono di non avere grande potere. Inoltre vi è sem-pre il rischio che social network e spazi analoghi forniscano sbocchi partecipativi troppo limitati e superficiali. Iscriversi a un gruppo su temi pubblici è molto semplice, ma può non implicare forme di reale 3 Per esempio sui casi elettorali pugliesi è possibile leggere gli studi curati da Mele e For-menti (2010)

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coinvolgimento e ridursi a una mera questione di design. Da queste riflessioni emerge come divenire cittadini digitali consa-pevoli, anche per un giovane, sia un processo complesso per il qua-le occorrano determinate azioni educative e socializzanti. Il web, se utilizzato con pochi margini di consapevolezza, difficilmente può incentivare alla partecipazione attiva online. In questo caso solo at-traverso situazioni fortuite legate magari all’influsso dei pari, all’in-contro circostanziale con ambienti stimolanti, un giovane può en-trare in contatto con community in grado di coinvolgerlo in processi virtuosi. Ma non si può affidare al caso la formazione culturale dei ragazzi che sono gli attori principali anche di quelle politiche euro-pee che mettono al centro dei principali interventi socioeconomici l’agenda digitale.Molti spunti di riflessione su questa problematica sono stati offerti dalle interviste effettuate durante la ricerca. I ragazzi interpellati ven-gono da scuole diverse, in termini di indirizzo, ubicazione geografica e condizione economico-sociale media degli studenti iscritti, hanno avuto situazioni familiari e stimoli educativi differenti e hanno posto i temi relativi alla cittadinanza attiva in forma contrastante, proprio a dimostrare che fuori dal web e sul web agiscono altre forze che possono incentivare forme di e-citizenship diverse. Si sono incontra-ti, ad esempio, alcuni ragazzi interessati a raccogliere informazioni su problematiche pubbliche, anche attraverso fonti disparate, e con-sapevoli dell’importanza di essere critici di fronte al materiale che scorre nella rete.

Come studente e come cittadino, perché mi ritengo un cittadino, se la rete viene sfruttata nella maniera giusta penso che sia una cosa molto importante.

Da un punto di vista informatico, come hai detto tu, sono molto interessato alla politica, quindi magari utilizzo internet per capire

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usi e costumi che magari poi sfociano nei vari ideali politici. Op-pure nella situazione che vivono altri Paesi…

Il processo che si delinea, in queste frasi, fa pensare ad una capacità di essere cittadini digitali ancora da sviluppare, ma che parte già da un buon senso critico che è condizione necessaria per incamminar-si verso un percorso virtuoso di e-citizenship. Probabilmente però questi ragazzi hanno avuto la possibilità di rafforzare dentro la rete stimoli provenienti da altri contesti, che li hanno portati poi a pensare ad un determinato modo di usare le risorse del web.La maggior parte degli intervistati vive internet più all’interno di una dimensione privata, legata alla socializzazione con i pari o con perso-ne vicine. Ciò non significa che vi sia superficialità nella conoscenza di internet e disinteresse su questioni di ampio respiro, piuttosto è un segnale dell’occorrenza di ulteriori stimoli formativi per questi giovani. Ci sono molti modi di coinvolgere gli studenti in confronti positivi. Una scuola che ha preso parte alla nostra ricerca, ad esem-pio, ha inserito nel sito web dei forum aperti agli studenti per trattare questioni pubbliche, attraverso il dibattito.Non si dimentichi, infine, che una maggiore esperienza e competenza nell’ambito della partecipazione democratica può incentivare una più ampia apertura all’altro, attraverso la pratica del confronto costante. Proprio dall’abitudine a voler entrare in relazione con l’alterità e la diversità può svilupparsi poi nel giovane una crescente sensibilità interculturale.

6.8 Multimedialità e didattica: studenti web 2.0

Una delle questioni centrali che ha accompagnato tutta l’indagine è l’individuazione delle caratteristiche maggiormente diffuse dello studente 2.0 e delle strategie didattiche e pedagogiche più efficaci

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con la net generation.Inutile ripercorrere in queste righe i tanti passaggi che hanno con-trassegnato il complesso e lungo rapporto tra media ed educazione. Indubbiamente dall’affermazione dell’approccio comportamentista skinneriano, che vedeva nei computer delle mere macchine atte a valutare l’operato di studenti seguendo un principio di stimolo/ri-sposta, si sono susseguite posizioni molto diverse nella letteratura scientifica. Attualmente il paradigma più affermato in media educa-tion è probabilmente quello socio-costruzionista. Il web è, per tanto, considerato da molti insegnanti ed educatori uno spazio che consente di costruire saperi, di condividere pratiche e apprendimenti. Secondo tale approccio una didattica “mediatica” al passo con i tempi deve sapere sfruttare queste opportunità, considerando i profili cognitivi caratterizzanti i nativi digitali. Ovviamente non sono mancati ap-procci educativi in controtendenza in grado di esercitare una certa influenza anche su alcune correnti dell’educazione mediale. Si pensi, ad esempio, a come il noto mass mediologo e docente Neil Postman (1985) abbia sostenuto nei suoi testi l’importanza di difendere un apprendimento di stampo alfabetico-lineare, almeno nella didattica scolastica, piuttosto che riprodurre in contesti formali stili educativi mutuati dai mezzi di comunicazione di massa.Diversi sono stati i paradigmi affermatisi nell’ambito della media education negli anni più recenti, tesi ad affrontare differenti proble-matiche di partenza, legate all’uso delle tecnologie in ambito scola-stico e formativo.Pier Cesare Rivoltella (2012) ha cercato di mettere ordine al quadro complesso di teorie e approcci epistemologici legati all’educazione mediale individuando quattro “correnti di pensiero”. La prima, de-finita dall’autore Education as design, parte dalla crisi del modello trasmissivo nella costruzione/circolazione della conoscenza per pro-porre forme di insegnamento ripensate in termini di contenuti e am-bienti educativi, dotati appunto di design efficaci, che siano condivisi dai docenti e in grado di fornire risultati riscontrabili sul campo. Un

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secondo approccio individuato da Rivoltella è quello della Multilite-racy, che ha come obbiettivo principale quello di sfruttare le nuove tecnologie per rafforzare le abilità meta-disciplinari degli alunni. Il terzo paradigma è quello della Comunicazione generativa e affronta principalmente la questione relativa a come le forme sincopate della scrittura digitale possano limitare lo sviluppo delle abilità testuali, narrative e partecipative. La Literacy of imagination, quarto approc-cio individuato da Rivoltella, considera la necessità di recuperare il valore della storia, del racconto come dispositivo di (ri)composizio-ne esistenziale e di collocazione nel mondo. In particolare questo paradigma propone una didattica che abbia come obiettivo quello di sviluppare una nuova idea di literacy, costruita su identità individua-li, significati collettivi e sulla promozione delle abilità auto-espressi-ve attraverso strumenti come lo story telling. Dopo aver costruito questa tassonomia delle “pedagogie mediatiche” contemporanee lo stesso Rivoltella ha individuato alcuni elementi che dovrebbero essere presi in considerazione da educatori e inse-gnanti nell’ambito della media education: l’impiego di più piattafor-me per creare esperienze educative unificate, la capacità di usare i media come strumenti che stimolino l’immissione di contenuti piut-tosto che un’interazione passiva, la capacità di individuare supporti adatti al contesto educativo e che permettano agli studenti di coo-perare e imparare attraverso l’esperienza. Lo studente 2.0, secondo tale prospettiva, deve saper ricercare/remixare/diffondere contenuti su varie piattaforme e gestire flussi simultanei di informazioni, rap-presentare idee usando combinazioni di linguaggi e, infine, essere in grado di confrontarsi con forme fluide di saperi4.Al di là di quanto viene proposto dalla letteratura sull’educazione ai media e sulla scuola digitale, bisogna fare i conti con quelle che sono talvolta le difficoltà strutturali e concrete delle istituzioni educative. Come abbiamo visto anche l’Unione Europea è attenta alla digita-4 Si fa riferimento all’intervento proposto da Pier Cesare Rivoltella e Laura Messina dal titolo Educazione transmediale. Significati e trend di ricerca in occasione del convegno nazio-nale della Sirem (Società Italiana di Ricerca Mediale) il 5 giugno 2012

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lizzazione delle principali strutture sociali che forniscono servizi ai cittadini e le istituzioni cercano di incentivare, con gli strumenti a di-sposizione, la presenza delle nuove tecnologie tra i banchi di scuola.Si potrebbe citare il progetto classi 2.0, cui hanno partecipato an-che alcune scuole coinvolte nell’indagine, volto a finanziare, nelle istituzioni aderenti, la presenza di strumenti didattici digitali (come le LIM) e la preparazione dei docenti in materia di media education 2.05. In tal senso la ricerca presentata in queste pagine consente di tastare il polso della situazione e di comprendere quali siano le reali condizioni in cui i nuovi media entrano nelle scuole italiane, proprio perché è andata a interpellare i principali protagonisti della vita sco-lastica: gli studenti.Dalle parole dei ragazzi intervistati traspare un quadro ancora piut-tosto frastagliato sia delle modalità con cui i nuovi media vengono usati nelle scuole, sia del modo in cui essi vengono percepiti dagli studenti. Spesso l’impiego di questi strumenti appare connesso alle competenze e alla voglia di sperimentare dei singoli docenti:

Per quanto riguarda ricerche e l’uso di internet con la scuola non abbiamo mai fatto niente di speciale se non vedere film. Qualche volta con la professoressa di matematica andammo a fare qualco-sa in 1° ma niente di che. Che io sappia neanche nella scuola non ci sono sperimentazioni.

L’anno scorso è capitato che la professoressa ci ha portato in la-boratorio, in biblioteca...per usare il computer e fare delle ricer-che per quanto riguarda l’italiano o altro. Poi ho fatto un corso a scuola su Autocad e a casa ho scaricato questo programma per esercitarmi.

La precisazione “è capitato”, usata dallo studente citato in questo

5 Cfr. http://www.scuola-digitale.it/classi-2-0/il-progetto/introduzione-2/

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frammento, da l’idea di una sorta di estemporaneità nell’uso delle tecnologie a scuola. Alcuni docenti dei giovani interpellati si sono avvalsi di strumenti per l’e-learning già affermati da qualche tempo come Moodle, che dalle interviste emerge come una delle piattaforme più utilizzate.

La nostra professoressa di matematica un paio di volte ha pubbli-cato dei documenti che ci servivano, tipo collezioni di compiti su una piattaforma Moodle alla quale accedeva tutta la classe trami-te un account creato dalla professoressa. E dopo un compito in classe ci ha consegnato i risultati e poi per la correzione, per farci vedere i voti, li ha pubblicati sulla piattaforma. E noi siamo andati con la professoressa in laboratorio per controllarli. Anche altri tipi di informazioni come ad esempio approfondimenti su matematici e cose del genere.

Tra gli studenti di classi con indirizzo informatico è stato possibile riscontrare maggiore varietà e progettualità nell’uso del web a scuo-la, anche se anche in questi casi si è avuta l’impressione che decisiva sia stata in tal senso l’iniziativa personale di alcuni docenti, piuttosto che una precisa condizione strutturale.

Da questo punto di vista vedo che la mia scuola è abbastanza avanti. Infatti con i professori di informatica abbiamo dei blog, tipo “web Alice”. E lui, l’insegnante di informatica, lì ci mette delle spiegazioni. Magari ci evita di utilizzare il libro.

Questo frammento conduce ad un’altra problematica molto sentita dagli studenti e che senza dubbio toccherà ampiamente la scuola del futuro, ovvero il progressivo passaggio da testi cartacei a e-books digitali. Problematica questa che tra l’altro mette in connessione due questioni legate al profilo degli studenti 2.0: quella del bisogno, per-

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cepito dai giovani, di usare strumenti didattici innovativi e quella della formazione di una coscienza civica nell’ambito dell’e-demo-cracy.

Il libro ormai potrebbe anche non servire più perché anche il mon-do è in un momento di crisi dal punto di vista economico e anche ambientale...per i libri ci vuole il disboscamento. Adesso stiamo parlando ormai di un vicolo cieco.

Si tratta, in questo caso, di parole che evidenziano un buon grado di alfabetizzazione digitale da parte dello studente che dimostra un’ottima capacità di mettere in relazione contenuti, problematiche e linguaggi diversi. Abilità queste che Rivoltella, come visto in pre-cedenza, individua nel profilo “ideale” dello studente 2.0. Tuttavia non tutti i ragazzi interpellati sono sembrati attratti dalle forme di ap-prendimento legate ai nuovi media, anzi ci sono stati alcuni giovani che hanno rivelato di sentirsi più a loro agio con i libri tradizionali.

Secondo me solo per le lingue (internet) può servire. Per vedere filmati, ascoltare canzoni.Però ho bisogno del libro per studiare, la lavagna nera va bene. Non sento il bisogno di altre tecnologie.

Se si considera che nella maggior parte delle scuole le lezioni e le attività didattiche vengono sviluppate secondo modalità lineari, top-down, legate a paradigmi apprenditivi consolidati e tecnologicamen-te poveri, si può anche comprendere come non sia così scontato che i giovani studenti vivano con entusiasmo la presenza di nuove media-lità a scuola. L’abitudine, magari sviluppata sin dalla scuola prima-ria, ad impegnarsi in didattiche lineari e analogiche può portare gli studenti a sentirsi a proprio agio solo con libri di testo tradizionali e con lavagne nere e, contestualmente, a percepire il mondo del web

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come qualcosa di legato soltanto ai momenti di svago.Una scuola che voglia integrare le nuove tecnologie all’interno di processi formativi deve assolutamente sviluppare le proprie capacità progettuali relative alla media education, considerando l’uso delle nuove tecnologie non come un elemento aggiuntivo alla didattica tradizionale ma come qualcosa di contestuale ad essa. Tuttavia tale processo sarà possibile solo con un impegno istituzionale teso ad investire in risorse economiche (attrezzamento delle scuole con stru-menti digitali) ed umane (aggiornamento professionale dei docenti). Solo così si potrà arrivare ad un quadro meno frastagliato e disor-ganico dei risultati raggiunti dall’educazione mediale nelle pratiche scolastiche. Uno sviluppo della media education inoltre potrebbe aiutare a colmare tra i giovani sia il divario digitale, esistente tra ragazzi che hanno facile accesso alla rete e quelli che per motivi di carattere socioeconomico non hanno la stessa fortuna, sia il diva-rio partecipativo tra studenti che hanno sviluppato autonomamente buone competenze nell’interazione con il web e quelli che devono ancora maturare un giusto senso critico. Non si dimentichi, infatti, quanto sia importante un buon apporto della media education affin-ché i giovani sviluppino un forte senso di cittadinanza e comprenda-no l’importanza di una partecipazione attiva alla vita comunitaria. I nuovi media, come visto, offrono enormi possibilità in tale direzione, a patto che vi sia la capacità da parte delle agenzie formative di sfrut-tare le tecnologie digitali nell’attuazione di dinamiche educative. Se nei contesti formali e non formali si realizzeranno positivi interventi educativi nell’ambito della formazione mediale, si potrà auspicare, per le nuove generazioni, lo sviluppo di una buona alfabetizzazione digitale che tocchi anche il tema dell’apertura ad altre culture.Utili indicazioni, in tal senso, possono arrivare dalla stessa popola-zione studentesca. Nelle interviste, ad esempio, è stato chiesto agli studenti come utilizzerebbero le nuove tecnologie a scuola e sono venute fuori interessanti proposte come questa:

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Penso che debba essere registrata ogni parola dei docenti, ogni parola è importante e poterla sentire tante volte sarebbe importan-tissimo se si usassero i social media per questo. Se fossi il diri-gente, più che lavagne luminose farei fare dei video da pubblicare sui social network. Una sorta di biblioteca virtuale.

Dal momento che la cultura digitale, come visto, è una cultura fon-damentalmente partecipativa, potrebbe essere davvero positivo per i docenti raccogliere le proposte degli studenti in materia di educazio-ne mediale. Un’attività didattica condivisa e co-costruita tende a fa-vorire la formazione di giovani studenti 2.0 in grado di rappresentare, in modo positivo, nuove forme di cittadinanza, attive e responsabili.

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7. Report Regionale PiemonteM.C. Giorda, M. Stranisci, L. Bossi

7.1,3,4,5,6,7,8: M. Stranisci 7.2: M.C. Giorda7.9,10: L. Bossi

7.1 Introduzione: il contesto regionale

Il contesto territoriale piemontese è contraddistinto da tre aspetti principali:

Un’alta percentuale di famiglie che posseggono tecnologie ICT e connessione a banda larga.Un’alta percentuale, rispetto al numero di abitanti, di utenti connessi a internet quotidianamente.Un uso di internet da parte dei due generi, che si attesta a livello della media nazionale.

Dal rapporto Istat Cittadini e nuove tecnologie (20/12/2011), riferito all’anno 2011, emerge un divario marcato tra l’area centrosettentrio-nale e il sud d’Italia per quanto riguarda il possesso di tecnologie ICT e l’accesso a internet:

Le famiglie delle regioni del Centro e del Nord Italia si conferma-no maggiormente equipaggiate con beni e servizi ICT. Il personal computer, ad esempio, è ormai disponibile in oltre il 61.0% delle famiglie del Centro e del Nord e solo nel 53.0% delle famiglie re-sidenti nelle regioni del Sud e nel 54.2% delle Isole. Analogamen-

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te, nel Centro Nord si riscontra la quota più elevata di famiglie che dispongono di un accesso a internet (oltre il 56.0%, contro il 48.6% nel Sud) e di una connessione alla banda larga (circa il 49.0%), mentre nel Sud la quota di famiglie scende al 37.5% (Cittadini e nuove tecnologie, 2011, p. 6).

Se in Italia la media di persone che posseggono il personal computer è del 58.8% sul totale della popolazione, la forbice tra “Centro-nord” e “Sud e isole” si aggira intorno agli 8 punti percentuali. Un simile divario è confermato anche dal numero di famiglie che posseggono internet. Questo scarto non è imputabile soltanto a deficit tecnologi-ci. Ad esempio, sono solo il 5.6% le famiglie italiane con almeno un minorenne che non si connettono da casa per assenza di connessione a banda larga. Il 35.7% di queste invece, non possiede internet o per incapacità d’utilizzo o perché lo ritiene uno strumento inutile, mentre l’alto costo degli strumenti tecnologici e della connessione è il moti-vo che adduce il 46.5% delle famiglie senza internet a casa. Il 4.4% infine, non accede per questioni di privacy e di sicurezza. L’assenza di una correlazione forte tra la presenza della connessione a banda larga nel proprio territorio e l’accesso a internet è confermata nel caso del Piemonte che, pur presentando un divario digitale del 7.8% (fonte: http://www.sviluppoeconomico.gov), maggiore rispetto a Pu-glia (1.4%), Sicilia (2.6%), Campania (3.8%) e Sardegna (2.9%), fa parte di un’area territoriale, “Il Nord-ovest”, contraddistinta dal 57% di famiglie con internet. Questa caratteristica è confermata dai rap-porti sul mensili pubblicati da Audiweb, “organismo super partes che rileva i dati di audience di internet in Italia, offrendo al mercato dati obiettivi, di carattere quantitativo e qualitativo, sulla fruizione del mezzo” (http://www.audiweb.it). I dati forniti da questo organismo riguardano l’uso effettivo delle tecnologie informatiche da parte de-gli utenti. Bisogna infatti distinguere tra utenti connessi a internet, ovvero coloro che hanno accesso potenziale al medium, utenti attivi mensilmente, che cioè si collegano per almeno un secondo durante

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il periodo di rilevazione, e utenti attivi nel giorno medio rilevato, fruitori per almeno un secondo del mezzo nel giorno medio rilevato. Nell’ultimo report pubblicato, relativo al mese di giugno 2012, il primi sono 40.457.000, i secondi 28.296.00, i terzi 14.083.000. Se si considera soltanto l’ultima delle tre tipologie di rilevazioni, ci si ac-corge di come la forbice tra aree geografiche sia meno aperta rispetto ai dati Istat. Come mostrato nel Grafico 1, l’intera area “Nord-ovest” (Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia e Liguria) che rappresenta il 28.4% degli utenti attivi in Italia, si colloca soltanto dietro l’area “Sud e Isole” (Abruzzo Molise, Basilicata, Campania, Puglia, Cala-bria, Sicilia, Sardegna) in cui vive il 30.7% degli utilizzatori totali. Se si considera il rapporto tra utenti attivi e numero di abitanti per area geografica, allora il “Nord-Ovest” si posiziona al vertice di que-sta classifica con una percentuale del 27.3% (2.202 connessioni su 8.369 abitanti), mentre l’area “Sud e Isole” scivola all’ultimo posto con il 21.8%. Il divario del 5.5% è comunque meno marcato rispetto alle percentuali Istat sull’accesso a internet (57.0% nel “Nord-Ovest contro il 49.0% dell’Italia insulare e il 48.6% dell’Italia meridionale).

Nord Ovest 4.005 28,4% 14.663 27,3%

Liguria 344 2,4% 1.386 24,8%

Lombardia 2.564 18,2% 9.358 27,4%

Piemonte Valle d'Aosta 1.097 7,8% 3.919 28,0%

Sud e Isole 4.324 30,7% 19.855 21,8%

Abruzzo Molise 336 2,4% 1.377 24,4%

Basilicata 152 1,1% 610 24,9%

Calabria 372 2,6% 1.861 20,0%

Campania 1.147 8,1% 5.162 22,2%

Puglia 817 5,8% 4.004 20,4%

Sardegna 514 3,6% 2.032 25,3%

Sicilia 987 7,0% 4.809 20,5%

Utenti attivi nel giorno medio (.000)

% sugli utenti attivi* nel giorno medio

Popolazione di riferimento (.000)

% utenti attivi sulla popolazione di

riferimento

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L’utente attivo per giorno medio è l’unico tipo di rilevazione che, inoltre permette di effettuare una comparazione tra livello nazionale e regionale e di suddividere i dati in base al genere. Non è infatti, presente nei rapporti Audiweb il dato degli utenti attivi mensilmente suddivisi per regione. Nel giugno 2012 sono 1.097.000 gli utenti piemontesi attivi nel gior-no medio, un incremento di 68.000 unità rispetto al mese di giugno dello scorso anno. Con questi numeri il Piemonte insieme alla Val-le d’Aosta si attestano al quarto posto tra le regioni italiane con un maggior numero di utenti attivi nel giorno medio, dietro Lombardia (2.564.000), Lazio (1.174.000), e Campania (1.147.000). Analizzan-do invece regione per regione, il rapporto utenti/popolazione si può notare che il Piemonte, con il 28.0% di accessi nel giorno medio, si trova al terzo posto dietro Trentino Alto Adige (32.3%) e Umbria (29.9%), superando per la prima volta la regione Lombardia, che in-vece totalizza il 27.4% di connessioni. Nel Grafico 1 si può notare come nel periodo da giugno 2011 a giugno 2012 la percentuale di utenti attivi in Piemonte Valle d’Aosta (colonna E) sia costantemente al di sopra della media nazionale (colonna F), con un’oscillazione che varia dallo 0.7% di agosto 2011 a 2.7% di maggio 2012.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 130,00%

5,00%

10,00%

15,00%

20,00%

25,00%

30,00%

35,00%

24,6% 24,1%

20,3%

25,2% 25,9% 26,7%25,1% 25,6%

27,3% 27,4% 27,5%28,7% 28,0%

23,8%22,3%

19,6%

23,5% 24,0% 24,5%23,2%

24,4% 25,2% 25,1% 25,1%26,0% 25,6%

Colonna EColonna F

giugno 2011-2012

Grafico 1: Percentuale di ‘utenti attivi nel giorno medio’ in Piemonte rispetto alla media na-zionale (fonte: http://www.audiweb.it)

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Sono 609.000 gli uomini piemontesi attivi nel giorno medio rileva-to, 480.000 le donne. Nella più ampia area “Nord-ovest” gli uomini sono 2.192.000 e le donne 1.812.000. In valori percentuali, però le donne rappresentano il 28.9% della rilevazione nazionale, mentre gli uomini si attestano al 28%. In Piemonte e Valle d’Aosta entrambi i generi rappresentano il 7.8% dei rispettivi totali. Nell’area “Sud e Isole” gli uomini attivi nel giorno medio rilevato sono maggiori rispetto alle donne sia in termini assoluti (2.407.000 – 1.917.000) sia in termini percentuali (30.8% – 30,6%). Si nota, attingendo nuova-mente al rapporto Istat, che il divario legato al genere si sta progres-sivamente assottigliando:

Le differenze di genere si vanno attenuando nel tempo: se nel 2005 le donne internaute erano poco più di un quarto (26.9%), nel 2011 sono quasi la metà (il 46.7%), a fronte di una quota di uomini pari, rispettivamente, al 37.1% e 56.6%. Fino ai 34 anni le differenze di genere sono molto contenute e tra i ragazzi di 11 e 19 anni si registra il “sorpasso” femminile. (Cittadini e nuove tecnologie, 2011, p. 1)

7.2 La ricerca in Piemonte: le scuole campione

L’Istituto Tecnico Commerciale Rosa Luxemburg (http://www.luxemburg.it) nato nel 1977 come Istituto Tecnico Commerciale (I.T.C.S.), e ora con il riordino rinominato Istituto tecnico Economi-co Statale (I.T.E.S.) è situato in corso Caio Plinio 6 a Torino, di fronte alla Stazione Lingotto ed è ben servito da collegamenti ferroviari e da autolinee urbane ed extraurbane. L’Istituto si trova nel quartiere Lingotto di Torino, luogo storicamente connotato dalle attività della Fiat e del suo indotto, e oggi caratterizzato da una popolazione varie-gata. Ulteriore forte riqualificazione e rinnovamento dell’intero quar-tiere e dei suoi servizi è dovuta alle recenti opere urbanistiche in oc-

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casione dei XX Giochi Olimpici invernali del 2006. Oggi l’Istituto è frequentato da oltre 700 studenti provenienti per oltre il 50% circa da scuole medie statali ubicate nelle vicinanze, soprattutto Santa Rita, Lingotto, Mirafiori Nord; il 20.0% da scuole medie statali dei co-muni limitrofi (Moncalieri, Airasca, Beinasco, Candiolo, Nichelino), mentre il restante 12.0% da scuole di vari altri quartieri della città. La scuola è sensibile all’accoglienza di alunni stranieri e disabili e valorizza la diversità quale risorsa significativa per la realizzazione di quei valori di rispetto, tolleranza e cittadinanza che il Collegio dei Docenti ha indicato come finalità irrinunciabili. L’Istituto pianifica lo sviluppo di proprie infrastrutture logistiche at-trezzature tecnologiche, che attualmente constano in:

- 5 laboratori di informatica, di cui alcuni multimediali, dotati di PC collegati in rete locale, stampanti, scanner, collegamento a internet tramite linea ADSL.

- 1 laboratorio per attività progettuali dotato di PC collegato in rete e a stampanti.

- 1 laboratorio linguistico multimediale per l’apprendimento delle lingue straniere, collegato in rete.

- 2 laboratori audiovisivi dotati di videoteca, videoregistratori, vi-deoproiettori e antenna satellitare, lettori per diapositive, ampli-ficatori.

- 2 laboratori di scienze, fisica e chimica. - 1 biblioteca con sala lettura/studio con una dotazione di circa

11.000 volumi, riviste di settore e CD rom e PC. - 1 aula dotata di lavagna interattiva multimediale (LIM) ed un’al-

tra in fase di allestimento.Gli assi culturali della scuola sono linguistico, matematico, stori-co-sociale e scientifico-tecnologico: in particolare, l’asse scientifi-co-tecnologico viene consolidato dagli apporti specialistici, finaliz-

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zati a far comprendere anche la continua evoluzione delle normative e degli standard tecnici, nazionali ed internazionali, operanti a livello settoriale.

Il Liceo Scientifico Statale Antonio Gramsci (http://www.lsgramsci.it) nasce ad Ivrea nel 1960. Realtà contraddistinta da una costan-te attenzione ai bisogni del territorio, il liceo si va profondamente rinnovando a partire dalle molteplici domande che le trasformazioni sociali e culturali in atto sollecitano, pur mantenendo una forte ca-ratterizzazione in senso liceale che garantisce: la formazione globale della persona; la preparazione culturale di base di ampio raggio; l’ac-quisizione degli strumenti di analisi della realtà nella sua complessità e di comunicazione; la riflessione critica. Gli studenti provengono prevalentemente dal distretto 40, distretto di Ivrea, ma, grazie alla collocazione territoriale più favorevole o alla varietà di indirizzi di studi attivati, sono numerosi gli studenti provenienti da altri distret-ti, anche di province limitrofe (Vercelli e Biella). Questo comporta un notevole pendolarismo, di cui si tiene conto, comunque, nella programmazione di tutte le attività scolastiche. Il Liceo ospita pe-riodicamente alunni stranieri. Le classi sono 49 di cui 17 del Liceo scientifico di ordinamento, 15 dell’indirizzo scientifico tecnologico e Scienze Applicate e 17 degli indirizzi Socio-psico-pedagogico, Scienze Umane e Economico Sociale. Il Laboratorio multimediale, dotato di 16 computer (una postazione insegnante e 15 PC per gli allievi), consente di studiare le lingue avvalendosi delle nuove tecnologie e di avvicinarsi alle diverse di-scipline, umanistiche e scientifiche, utilizzando strumenti più mo-derni. Da ogni postazione è possibile l’accesso ad internet e la co-municazione con il PC Docente. Altri due laboratori di informatica sono attrezzati con 15 computer e una stampante laser. La dotazione software permette di svolgere i programmi curricolari di informati-ca e di costruire elaborati complessi (ipertesti, pagine Web, progetti con Autocad) anche all’interno delle Aree di Progetto degli indirizzi

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sperimentali. I computer e le stampanti laser sono collegati in rete in modo da ampliare le potenzialità del laboratorio attraverso lo scambio di dati tra postazioni. Da tutte le macchine è anche pos-sibile accedere simultaneamente ad internet. Per lezioni teoriche e dimostrazioni sono inoltre disponibili 3 video proiettori mobili. La biblioteca della scuola raccoglie circa 11.000 volumi. Oltre ad ospi-tare il ricco patrimonio librario della scuola, è utilizzata come aula studio per gli studenti, come luogo alternativo per lezioni o piccoli seminari e come centro servizi dotato di 5 PC collegati ad internet. La rete ha punti di accesso ad internet nei locali dei primi due piani dell’edificio (laboratori, aule, biblioteca, uffici) e offre la possibilità di accessi simultanei ad internet ed è particolarmente efficace per l’utilizzazione didattica di internet in biblioteca e nei laboratori di informatica e multimediale. Il Liceo da molti anni è impegnato a consolidare l’introduzione delle nuove tecnologie sia nella didattica che nella gestione amministra-tiva. Si è quindi posta una particolare attenzione al potenziamento tecnologico della scuola e alla formazione del personale. Tale obiet-tivo viene costantemente perseguito con attività di formazione in ambito informatico. La scuola, grazie al progetto “Web e Scuola” fi-nanziato dal Miur e dalla Fondazione CRT, ha consolidato l’uso della rete (internet) sia nello studio delle lingue straniere (inglese) sia nella comunicazione attiva con le famiglie (sito ufficiale e pagina su Lo-calport). A partire dal corrente a.s. 2010/2011 il Liceo dispone di tre lavagne interattiva multimediale (LIM), collocate nell’Aula Video e nei laboratori di informatica.

L’Istituto Tecnico Industriale Camillo Olivetti (http://www.istitutoo-livetti.it) viene istituito nell’a.s. 1997/98 in seguito all’aggregazione tra l’I.T.I.S. Camillo Olivetti e l’I.P.S.I.A. Massimo Olivetti di Ivrea. L’I.T.I.S. nasce come emanazione del Centro Formazione Meccanici, la scuola aziendale della Ditta Olivetti, che diventa statale nel 1960. L’offerta formativa dell’Istituto si adegua alla tendenza alla terziariz-

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zazione delle attività formative degli Istituti Professionali, attivan-do gli indirizzi per Operatore e Tecnico delle Telecomunicazioni e Meccanico-Termico. Nell’ambito della sezione tecnica diurna tutte le specializzazioni dedicano tempo e risorse alle nuove tecnologie, in particolare l’indirizzo “informatica e telecomunicazioni” che sia nel biennio sia nel triennio è volto alla costruzione di un sapere e un saper fare basato in modo consistente sulle nuove tecnologie e sull’u-tilizzo e sviluppo delle risorse informatiche. La scuola è un centro accreditato ECDL (ECDL Center), dove oltre sostenere gli esami, è possibile seguire corsi di formazione in aula finalizzati al consegui-mento della Certificazione ECDL.

Il Liceo Scientifico Galileo Galilei di Alessandria (http://www.scien-tificogalilei.net) fu istituito nel 1948, mentre dal 1967 occupa l’attua-le sede situata in Spalto Borgoglio. A causa del progressivo aumen-to del numero degli iscritti, alcune classi sono oggi ospitate presso la sede distaccata di Via Lumelli. Nel corso dell’ultimo decennio il Liceo Scientifico Galilei, per rispondere alle esigenze formative e culturali degli studenti in un contesto sociale ed economico profon-damente mutato rispetto alle origini, ha progressivamente arricchito l’offerta formativa, pur mantenendo la continuità di indirizzo che ca-ratterizza l’identità di liceo. sono stati attivati i corsi di sperimenta-zione in matematica e fisica P. N. I., in matematica ed informatica P. N. I., in fisica ed informatica P. N. I. e si svolgono attività didattiche extra curricolari con particolare attenzione all’approfondimento del-le materie scientifiche, allo studio delle lingue straniere, agli aspetti di educazione sociale ed alla salute. Attualmente il Liceo Scientifi-co Galileo Galiei prosegue con le classi terze, fino alla conclusione del quinto anno, le quattro opzioni curricolari pre-riforma già attive: - Liceo Scientifico Tradizionale, con sperimentazione di storia

dell’Arte - Liceo scientifico Tradizionale - Liceo Scientifico Con Sperimentazione di Fisica secondo il Pia-

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no Nazionale di Informatica (P.N.I.) - Liceo Scientifico Con Sperimentazione di Matematica secondo il

Piano Nazionale di Informatica (P.N.I.)

L’Istituto Tecnico Industriale Alessandro Volta di Alessandria (http://itis.volta.alessandria.it) è un Istituto principale di II grado. Dotato di laboratori informatici e aule Lim, l’istituto propone agli studenti quattro tipologie di corsi di studio: - Elettrotecnica - Informatica - Meccanica - Liceo Scientifico Tecnologico - Costruzioni Aeronautiche

Il sito dell’istituto presenta caratteristiche molto interessanti. Esso infatti è connotato da una forte interattività. In particolare, la sezione dedicata alla didattica è composta da forum moderati dai docenti, dove vengono inseriti materiali e stimoli per la discussione online e offline con i ragazzi. Il sito, inoltre, è sincronizzato con un gruppo di Facebook per raggiungere un più ampio numero di studenti della scuola.

7.3 Istruzione e media education nelle scuole campione

Le sperimentazioni realizzati all’interno delle scuole campione si possono suddividere in tre categorie.Da un lato ci sono una serie di attività realizzate in ambito dei corsi di informatica, volti alla costruzione da parte degli studenti di infra-strutture per la scuola, per altri enti o inserite in percorsi didattici multidisciplinari. Dall’anno 2004 gli studenti di informatica del Li-ceo Giordano Bruno vengono coinvolti nell’allestimento di due la-

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boratori multimediali che installano il sistema operativo Linux: uno di questi è stato per cinque anni, fino al 2009, l’aula computer degli insegnanti. L’Istituto Tecnico Industriale Alessandro Volta vanta una lunga esperienza di progetti didattici multidisciplinari, aventi come fulcro la realizzazione di siti internet. Nella sezione del sito dedica-ta, http://itis.volta.alessandria.it/progetti/index.html, è possibile con-sultare lo storico di queste sperimentazioni. Il primo progetto risale all’anno scolastico 1996/1997. Il valore didattico di queste iniziative è molto alto, se si considera l’assenza, in quegli anni, di servizi di hosting come Wordpress. Il sito della scuola, inoltre, denota una for-te attenzione da parte della scuola alla partecipazione online dello studente. Le lezioni di informatica sono contraddistinte da un’impo-stazione didattica costruttivista. Ogni anno, parte del programma di quinta superiore consiste nell’allestimento e nella manutenzione del laboratorio di informatica Linux. Nell’Istituto Olivetti sono state rea-lizzate diverse sperimentazioni basate sull’ipotesi di offerte di servizi a enti esterni. Tra queste la realizzazione di un software per la gestio-ne di un campo accoglienza, la realizzazione di un sito per un asilo nido (progetto Asilo Nido Peter Pan), la progettazione di un modello di pannello solare mobile gestito con Arduino (progetto Girasole) e la costruzione e somministrazione di un questionario agli studenti delle scuole di Ivrea nell’ambito di un concorso indetto dall’Istituto Nazionale di Statistica.Una seconda categoria riguarda l’uso da parte dei docenti di software dedicati alla didattica. Due esempi di queste sperimentazioni sono: Scratch, linguaggio di programmazione semplificato sviluppato dal Lifelong Kindergarten Group dei Media Lab del MIT che permette di creare storie interattive, animazioni, giochi, musica, arte e Geogebra, applicazione per lo studio di algebra e geometria che permette di disegnare forme geometriche e grafici di funzioni e di modificarli in tempo reale. Nel piano per l’offerta formativa del Liceo Gramsci di Ivrea è sottolineata la scelta, da parte della scuola, di far partecipare i propri docenti a corsi di formazione sull’uso della multimedialità

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nella didattica.Una terza categoria riguarda le sperimentazioni relative all’uso di tablet e portatili in classe. Tra le scuole coinvolte nella ricerca soltan-to il Liceo Galilei ha avuto la possibilità, grazie ad un finanziamento, di dotare una classe delle tecnologie necessarie allo sviluppo di un percorso di questo genere. Riportiamo dal Piano dell’Offerta Forma-tiva la descrizione del progetto:

L’attenzione alle nuove tecnologie da parte del Liceo Galilei è esplicita nel progetto: “Sperimentazione didattica delle tecnolo-gie di informazione e comunicazione” [...] Il progetto si propone di sperimentare l’efficacia delle TIC nei processi di insegnamento e apprendimento relativi a un ristretto gruppo-classe del Liceo Scientifico Statale Galilei di Alessandria. L’idea è di fornire in uso a ciascun alunno della classe un tablet per la gestione quoti-diana dei compiti di apprendimento scolastici, in particolare per gli insegnamenti di Matematica e Fisica, Filosofia e Storia, Lin-gua e Letteratura Inglese. Gli insegnanti di queste discipline pre-dispongono materiali didattici appositamente concepiti per questo uso. Grazie alla memoria della tavoletta digitale, gli studenti pos-sono avere con sé, sempre a disposizione in aula e a casa, tutti i materiali didattici in formato digitale. Dai propri tablet studenti e docente possono collegarsi alla rete internet con facilità, senza doversi trasferire nell’aula di informatica. Il progetto ha diverse finalità. La diffusione commerciale di questo tipo di supporto informatico permette di sperimentare, in una situazione controllata, la pos-sibilità di fare scuola con le nuove tecnologie digitali. Natural-mente non si tratta di eliminare i libri: il libro a stampa rimane lo strumento essenziale, centrale e indispensabile della cultura. Resta la necessità di verificare se una modalità di interazione do-centi-studenti mediata attraverso le TIC sia più o meno efficace di un’interazione didattica tradizionale.

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Permette di verificare con precisione i risultati dell’intervento di-dattico, per vagliare la possibilità di impiegare, in futuro, analo-ghe modalità di insegnamento con gruppi-classe più numerosi.Un’ultima finalità riguarda più direttamente gli alunni: il siste-ma scolastico italiano dedica molta attenzione e molte risorse agli studenti in difficoltà, e non altrettante ai “capaci e meritevoli” che rischiano spesso di essere trascurati. Questo progetto è rivolto ad un gruppo di studenti seri e motivati, offrendo loro un ambiente di apprendimento interessante e coinvolgente, in grado di valoriz-zare la loro curiosità intellettuale.

7.4 Vivere in rete o i giovani e la rete

Chiedersi come sia strutturata la vita online dei giovani non è una domanda banale. Molto spesso, infatti, si rischia di rispondere ad essa in modo semplicistico. Durante i focus group realizzati nelle sei scuole piemontesi si è cercato di strutturare questa riflessione in quat-tro sotto temi: due di questi (trattati contemporaneamente) riguarda-no i tempi e le modalità d’utilizzo del medium (1); un terzo aspetto riguarda la tipologia di attività che i ragazzi svolgono su internet (2); il quarto aspetto, infine, elenca e analizza i siti effettivamente visitati dai partecipanti del focus group (3). Una domanda che occuperà in modo trasversale l’intero capitolo riguarda il modo in cui i giova-ni attingono e producono informazione su internet. Se infatti, nella prossima sezione ci si occuperà di analizzare gli aspetti relazionali della vita in rete (v. 7.5), in questa si darà conto di come e quanto la fascia d’età oggetto della ricerca dedica tempo della sua vita online.

1

Come emerso dal capitolo dedicato all’analisi quantitativa, ormai è raro incontrare studenti che non abbiano la possibilità in termini tec-

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nologici di connettersi con una frequenza quotidiana. Dei 596 ragazzi a cui è stato somministrato il questionario, il 97.1% dichiara di pos-sedere internet a casa. Assumendo quindi, che per il nostro campione il digital divide sia pressoché nullo è interessante analizzare più nel dettaglio i tempi di connessione e il modo in cui i differenti supporti per la navigazione influenzino lo stare online dei ragazzi. Gli studenti del Liceo Scientifico Giordano Bruno, del Liceo Scientifico Gramsci e degli Istituti Tecnici Galilei e Olivetti dichiarano di stare on line per un periodo di tempo che oscilla tra una e due ore giornaliere. I ragaz-zi del Liceo Scientifico Volta e dell’Istituto Tecnico Rosa Luxemburg invece, ammettono di connettersi per un periodo di molto superiore. I primi dicono di stare su internet tra le quattro e cinque ore al giorno, mentre i secondi generalmente oscillano tra le tre e le quattro ore. Le risposte, però non sono omogenee in tutti i focus group. Un esempio di partecipanti alla discussione che stanno al di fuori della media di ore dichiarate è tratto dall’Istituto Galilei:

A casa mia il computer è acceso otto ore su ventiquattro, perché uso internet per scaricare e quando lo utilizzo, circa due ore mas-simo tre al giorno, lo uso anche per chattare su Facebook e uso la connessione dell’X-box.

È interessante notare come venga sottolineata una sorta di connessio-ne passiva su internet, determinata dal download di musica e film da parte del ragazzo e dall’uso delle modalità online di alcuni videogio-chi. In questo caso internet anziché essere uno spazio comunicativo in cui il ragazzo è inserito, assume un valore strumentale all’otteni-mento di beni oppure ludico. Quest’ultimo caso fa spesso lievitare i tempi giornalieri di connessione, anche se spesso non sono percepiti come momenti di effettiva “vita” online. Molti partecipanti ai focus group hanno, infatti escluso dal computo di ore totale le attività di questo genere. Un altro fenomeno che determina la percezione di stare in rete per un tempo maggiore (e che sembra spiegare i picchi

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di quattro/cinque ore giornaliere) è l’intermittenza delle connessioni. Alcuni partecipanti, soprattutto quelli in possesso di uno smart phone, dichiarano di essere sempre online, perché ricevono continuamente input dai social network a cui sono iscritti (attraverso le notifiche) e perché hanno la possibilità di connettersi ovunque grazie alla rete del proprio telefono. La moltiplicazione degli schermi a disposizione dell’utente comporta secondo Rivoltella (2006) una trasformazione “delle modalità attraverso cui i soggetti si appropriano del sapere. La moltiplicazione degli schermi […] comporta sia una crescita espo-nenziale dell’informazione disponibile che un venir meno dei punti di vista centrali.” (ivi, p. 220). Questa modalità di accesso al sapere attraverso l’uso della rete permea anche le abitudini di chi possiede soltanto una postazione fissa nella propria abitazione, tendenza che porta con sé problematiche da non ricondurre soltanto a semplici di-strazioni dallo studio. “Moltiplicare i punti di accesso al sapere, se da una parte aumenta la probabilità di adeguare gli stili cognitivi dei soggetti, dall’altra ne produce una continua dislocazione […] com-promettendo l’unità di quanto viene rappresentato e rendendo perciò più difficile la navigazione tra le informazioni.” (ivi, p. 221).

2

Le attività che i ragazzi dichiarano di svolgere su internet appaiono in contrasto con il report redatto dall’Istat (Cittadini e nuove tecnolo-gie, 20/12/2011). Secondo l’Istituto nazionale di statistica:

Comunicare scambiandosi messaggi di posta elettronica si con-ferma la principale attività svolta in rete. L’80.7% delle persone di 6 anni e più che si sono collegate a internet negli ultimi tre mesi lo hanno fatto prevalentemente per spedire e ricevere e-mail (Figura 4). Al web ci si rivolge, inoltre, in quanto fonte di informazioni e conoscenza, sia per acquisire notizie su beni e servizi commercia-li (68.2%), sia per documentarsi su temi di attualità, consultando,

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leggendo o scaricando giornali, news e riviste (51.0%). (Cittadini e nuove tecnologie, 2011, p.15).

Soltanto durante il focus group realizzato al Gramsci i ragazzi hanno esplicitamente detto di usare internet per inviare e ricevere e-mail. Lo stesso vale per la lettura di quotidiani. Gli studenti che abitual-mente consultano la versione web di una testata giornalistica sono pochi, molti di più (pressoché la totalità) usano internet per ricerche di informazioni ad hoc. Si tratta molto spesso di notizie apprese da altri media e verificate online. Da una delle interviste etnografiche realizzate al Giordano Bruno emerge nello specifico questo aspetto:

Sì. A volte capita che mi informi cercando notizie che magari ho letto o sentito precedentemente sui telegiornali o sui quotidiani; sulle agenzie di informazione per avere una versione più ogget-tiva e meno manipolata dell’informazione. Il telegiornale a volte mi capita di ascoltarlo. Ma se sono davanti alla televisione e pas-sano determinate notizie cerco sempre di prenderle con una certa distanza, cercando di valutarle per quello che secondo me sono. E poi magari eventualmente informandomi dopo, piuttosto che prendere per oro colato quello che mi si dice.

Si avverte in queste parole una differenza fondamentale tra i due medium. Se la televisione appare come strumento di comunicazione capace di trasformare fino a manipolare l’informazione, internet è considerato uno strumento dove poter ottenere informazione ogget-tiva. Si può ipotizzare che questo giudizio sia dovuto alla differente natura dei due strumenti di comunicazione:

Per capire gli sviluppi della tecnologia bisogna anche considerare come essa è usata per produrre mezzi di comunicazione. Vi sono due grandi opzioni sistemiche, ben note e discusse nella lettera-

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tura. Le stesse tecnologie possono essere usate per mezzi broa-dcasting dove gli emittenti sono pochi (al limite uno), i riceventi molti e la comunicazione è formalizzata in generi e palinsesti; oppure a networking dove ogni ricevente è anche un emittente. (Volli 2008, p. 201).

Il web, che può essere considerato uno strumento intermedio “dove il broadcasting è mediato da opinion leaders locali, che comunicano con la loro audience locale per lo più a networking” (Volli 2008, p. 201), è percepito dallo studente intervistato un ambiente comunicati-vo in cui costruire in autonomia il proprio “palinsesto”.

3

Il giudizio di valore positivo attribuito alla qualità dell’informazione su internet dovrebbe correlare, passando da una riflessione generale sul medium a un’indagine specifica su quali siti e applicazioni venga-no utilizzati, con un’ampia varietà di pagine visitate. Si rileva al con-trario, un numero esiguo di siti consultati. Nessuno dei partecipanti al focus group dice di usare come fonte di informazione i cinque blog italiani con il ranking più alto nell’analisi realizzata da Vincen-zo Cosenza (http://vincosblog.it): Il Post, Manteblog, Piovono Rane, Wittgenstein, Beppe Grillo. Allo stesso modo emerge, nonostante il cospicuo numero di social network presenti in rete, l’uso prevalente fino quasi a essere esclusivo di Facebook (v. 7.5). Ciò può essere interpretato come una mutazione delle dinamiche di ricerca dei con-tenuti online da parte dell’utente. La modalità d’uso “navigazionale”, che comprende le ricerche orientate all’ottenimento di informazioni su argomenti circoscritti, si è progressivamente trasformata:

Le query [le domande] ai motori di ricerca diventano a un tempo più generiche e astratte: sono meno collegate a siti specifici, ma si presentano come domande relative a un topic, un argomento.

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L’obiettivo dell’utente non è quello di arrivare a un “sito” preciso, ma di ottenere informazioni riguardo a un tema. (Monaci 2008, pp. 32-33).

L’esiguo numero di siti che i ragazzi dichiarano di utilizzare può es-sere spiegato dal fatto che “l’interfaccia della ricerca si sta lenta-mente sovrapponendo alla rete stessa fino a identificarsi con essa” (Monaci 2008, p. 34). Il processo di sovrapposizione dei motori di ri-cerca alla rete è risultato ben evidente durante la ricerca quantitativa. Durante la somministrazione dei questionari online è infatti emersa nei ragazzi la tendenza a utilizzare i motori di ricerca anche avendo l’indirizzo completo a disposizione. Sebbene, infatti, l’url del sito da cui scaricare il questionario fosse scritto alla lavagna, molti lo hanno digitato interamente nello spazio per la ricerca in alto a destra, ormai integrato in tutti i browser principali. L’elenco che segue riporta, indicizzati per tipologia, i siti che i ragaz-zi hanno dichiarato di utilizzare durante i focus group:

- Social network: Facebook è, tra i social network, quello più cita-to. Un’unica ragazza afferma di possedere un profilo su Twitter, altri tre dichiarano di aver avuto un account su Netlog, ma lo giudicano negativamente e considerano un’esperienza conclusa le loro attività su questo sito. In alcuni casi emerge una sorta di confusione su quale sia il significato di social network. Alcuni ragazzi ad esempio annoverano Skype, software di messaggisti-ca Voip, tra i servizi di questo tipo. Un ultimo sito citato dai ra-gazzi e che possiede alcune caratteristiche riconducibili ai social network è Yahoo Answers!, anche se soltanto uno studente del Giordano Bruno ha fatto riferimento a esso come tale, alludendo all’aumento del ranking da parte dell’utente. Altri invece lo uti-lizzano come semplice motore di ricerca.

- Siti di informazione: come già scritto, non sono molti i parteci-panti del focus group che hanno detto di seguire con costanza

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i quotidiani sul web. Sono spesso generici i riferimenti a quali siano le testate online letti dai ragazzi. Una studentessa del Liceo Scientifico Gramsci cita LaStampa.it, mentre una ragazza del Li-ceo Scientifico Galilei afferma di tenersi aggiornata attraverso le notizie “ultim’ora” del sito SkyTg24. Altri, nonostante dichia-rino di usufruire spesso dei servizi di informazione online, non specificano alcun sito in particolare. Un ultimo gruppo di studen-ti, in prevalenza appartenenti all’istituto Olivetti, dichiarano di seguire i blog dei quotidiani sportivi.

- Servizi di streaming: la maggior parte degli studenti afferma di guardare video in streaming, nonostante la chiusura del servizio Megavideo, avvenuta pochi mesi prima lo svolgimento dei focus group. Diverso è il caso di Youtube, connotato da una doppia funzione. Esso infatti, da un lato raccoglie video in streaming, dall’altro possiede tratti di interazione tipici dei social network, particolarmente sviluppati nell’ultimo anno.

- Giochi online: anche in questo caso gli studenti non fanno riferi-mento a siti specifici, ma in generale all’attività svolta.

- Forum: il ricorso a questi strumenti appare di nicchia tra i ragaz-zi dei focus group, confermando lo slittamento dalla ricerca di un sito specifico alla ricerca di un argomento astratto. Ad esem-pio uno di questi, studente dell’Istituto Olivetti, frequenta forum dove può trovare tutorial sul linguaggio di programmazione in-formatico.

- Motori di ricerca: Google è il più utilizzato. Non è propriamen-te un motore di ricerca Wikipedia, enciclopedia user generated content. Nessuno dei ragazzi che hanno partecipato al focus group ha, però affermato di aver modificato voci all’interno di questo sito.

- Servizi per gli studenti: si tratta in questo caso di dizionari online e piattaforme dove poter trovare traduzioni, tracce per i temi, etc. (http://studenti.it, http://splash.it...).

- Instant messaging: in questo ambito i tre strumenti più cita-

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ti sono Skype, MSN messenger e WhatsApp, applicazione per smartphone.

Dalla lista appena citata emerge una maggiore caratterizzazione di due tipologie di utilizzo: l’uso ‘ludico’ del medium (giochi online, streaming) e gli strumenti orientati alla costruzione di relazioni inter-personali (social network, instant messaging). Collegata alla preva-lenza di attività relazionali e ludiche in rete, emersa dai focus group, è la contemporanea scarsa produzione di contenuti in rete da par-te loro. Essi, infatti, dichiarano di non possedere un blog e di non contribuire in prima persona alla diffusione di notizie online, se non all’interno dei social network a cui sono iscritti. La questione non si presta a conclusioni univoche. Questa tendenza, infatti, può essere interpretata sia come un mancato sfruttamento delle potenzialità a disposizione dei ragazzi, sia come un’ulteriore mutazione delle for-me di diffusione dei contenuti in rete. Paul Boutin in un articolo pub-blicato su Wired ipotizza che il social network sia uno strumento più adatto all’utente singolo rispetto al blog:

Thinking about launching your own blog? Here’s some friendly advice: Don’t. And if you’ve already got one, pull the plug. Writ-ing a weblog today isn’t the bright idea it was four years ago. The blogosphere, once a freshwater oasis of folksy self-expres-sion and clever thought, has been flooded by a tsunami of paid bilge. Cut-rate journalists and underground marketing campaigns now drown out the authentic voices of amateur wordsmiths. It’s almost impossible to get noticed, except by hecklers. And why bother? The time it takes to craft sharp, witty blog prose is better spent expressing yourself on Flickr, Facebook, or Twitter. (Bou-tin, 22/10/2008).

La nascita di nuovi servizi come Tumblr, che presentano caratteristi-

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che sia dei social network sia dei blog, mette in luce la fluidità delle dinamiche in rete, anche sei dai focus group con gli studenti non è emersa la tendenza alla sperimentazione costante di nuovi strumenti.

7.5 Social network e dinamiche di relazione

Prima di analizzare quanto è emerso dai focus group sulle dinamiche di relazione in rete, è necessario esplicitare due premesse che guide-ranno l’intera sezione e, soprattutto, porranno le basi per mettere in luce le problematiche emerse trattando il tema della rete come stru-mento per la conoscenza di altre culture:1. Nel linguaggio dei ragazzi emerge infatti, un uso del termine Fa-

cebook come sineddoche della più ampia categoria dei social network. Questo slittamento semantico non è neutrale. Esso, ol-tre a influenzare il gergo utilizzato per riferirsi alle proprie atti-vità (ad esempio l’uso del termine “amico” il luogo della parola “contatto”, che possiede un’accezione più neutra), le modella imponendo l’uso di determinati strumenti piuttosto che altri. Ciò che è emerso dai focus group è quindi, prevalentemente una di-scussione sul modo che i ragazzi hanno di stare su Facebook. Altri servizi o sono marginali, o sono sconosciuti, o rappresen-tano una “vita digitale” ormai passata. Se si ipotizza che, come i motori di ricerca (v. 7.4), i social network si siano sovrapposti alla rete come servizio di mediazione tra web superficiale e web profondo, fornendo un’indicizzazione dei contenuti fruiti dai ra-gazzi, allora il fatto che Facebook sia utilizzato come servizio di social networking prevalente da parte loro è un dato di cui tenere conto, soprattutto perché questo strumento caratterizza in modo peculiare le modalità con cui gli utenti veicolano i propri contenuti.

2. La percezione del web come surrogato della vita reale emerge costantemente dalle discussioni nei focus group. I ragazzi, nel

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valutare le proprie esperienze in rete, difficilmente escono al di fuori del nesso virtualità/realtà, conferendo al primo dei due termini di questa antinomia un valore negativo, illusorio. Però, come spiega Levy (1997), questa contrapposizione non permette di analizzare in profondità il concetto di virtualità:

Generalmente, la parola virtuale viene utilizzata per signi-ficare l’assenza di esistenza pura e semplice, dal momento che la “realtà” implicherebbe una effettività materiale, una presenza tangibile. […] Come vedremo più avanti, questo approccio contiene una parte considerevole di verità, ma è decisamente troppo rozzo per costituire il fondamento di una teoria generale. […] Il virtuale è come il complesso proble-matico, il nodo di tendenze e di forze che accompagna una situazione, un evento un oggetto o un’entità qualsiasi, e che richiede un processo di trasformazione: l’attualizzazione (Levy 1997, pp. 5-6).

La virtualità così concepita non è semplice derealizzazione, ma una caratteristica immanente all’esistere, un modo di scavare “pozzi di senso al di sotto della piattezza della presenza fisica” (Levy, 1997, p.2). Dalla discussione con i ragazzi emerge costantemente una con-cezione svalutativa del web quando si affronta il tema su un piano generale, mentre quando la questione si affronta a un livello più det-tagliato, toccando i temi dell’identità digitale, del valore attribuito ai contatti, allora dalla discussione emerge una concezione del so-cial network concreta, centrale per i ragazzi. Per tornare al lessico di Levy, i partecipanti alla ricerca sembrano consci di quanto gli spazi digitali che ‘abitano’ si attualizzino nelle loro vite quotidiane.La sezione, che prenderà le mosse da queste due premesse, si artico-lerà in quattro passaggi: in primo luogo si analizzerà il tema dell’i-dentità online dei ragazzi, mettendolo in relazione con l’antinomia realtà/virtualità (1), ci si soffermerà, poi sul ruolo centrale delle re-

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lazioni online nella vita digitale dei ragazzi (2) e il valore che attri-buiscono ai loro contatti (3). Si toccherà, infine, il tema dello stile comunicativo dei ragazzi sui social network (4).

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La prima caratteristica che colpisce delle discussioni è una contrap-posizione tra una concezione svalutativa (emersa con frequenza) del-lo stare online, basata sull’antinomia realtà/virtualità e, contempora-neamente, un alto valore attribuito dai ragazzi all’essere se stessi su internet. È interessante citare, a questo proposito, la percezione di uno dei partecipanti al focus group:

Bisogna saper dividere le due cose, essere coscienti che è tutto falso, è facile alterare la propria identità. Uno sa che non è vero, punto e basta.

Riflessione che trova conferma nel modo in cui i ragazzi descrivono i propri stati d’animo in rete. Per loro infatti questi, sovente, non cor-rispondono a quelli della vita reale. Uno degli studenti dell’Istituto Olivetti di Ivrea spiega:

Chattando spesso mostri delle emozioni che non stai provando, ma non è detto che siano finte. Le emozioni sono solo meno in-tense rispetto alla vita reale.

Un altro spiega che ciò che prova su internet dipende dalla vita reale. Ancora, riferendosi ai propri stati d’animo mentre si naviga, alcuni di loro spiegano che internet è un ripiego rispetto ad altri impegni e che, in presenza di altre attività non si connetterebbero. Un ulteriore aspetto sottolineato dai ragazzi è che i social network sono una “per-dita di tempo”:

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Internet è virtuale, non lo vivi sulla pelle. Divertimento è fare un giro con gli amici non stare davanti al computer. Su internet scrivi e basta, la parola, la gestualità e le espressioni facciali sono meglio. Molto spesso capita di ‘scrivere’ una risata, ma non ridi.

Da altre opinioni emerge una polarizzazione tra una vita passata in cui le relazioni si sviluppavano in luoghi d’incontro fisici come la piazza, mentre oggi il punto di ritrovo tra persone sia il social network. Questo aspetto è considerato dai ragazzi una deriva nega-tiva. Intrattenere rapporti online non ha lo stesso valore che farlo di persona. Uno studente del Liceo Galilei aggiunge che le due tipolo-gie di relazioni possono convivere tra loro, a patto che sia chiara la subordinazione dei rapporti digitali rispetto a quelli reali. L’antino-mia reale/virtuale viene, però meno quando la discussione nei focus group si sposta sulle modalità specifiche con cui i ragazzi vivono la rete. In quel caso emerge da parte loro l’importanza di essere se stessi online. Il web quindi diventa un ambiente comunicativo in cui il mantenimento della propria identità è un aspetto fondamentale e il tema della discussione si sposta verso una nuova questione, ovvero come attualizzare il proprio sé sul web (nel cyberspazio, cf. Levy 1997, pp. 25-41). Internet, secondo quasi tutti i partecipanti al focus, può influire in negativo sulla possibilità di essere sinceri. Dimostrare una certa rispondenza tra la propria identità davanti allo schermo e nelle relazioni faccia a faccia è indice della bontà d’intenti dell’uten-te, mentre chi “camuffa” la propria identità su internet è giudicato negativamente. Ci sono comunque temi più importanti che non pos-sono essere affrontati sul web, ma di persona. La comunicazione fac-cia a faccia, infatti, permette di catturare meglio le emozioni. Si svela così uno degli aspetti più interessanti dell’intera sezione, ovvero il corto circuito tra una categorizzazione del web come spazio di finzio-ne e la contemporanea stigmatizzazione degli utenti che mascherano o deformano la propria identità. Questo aspetto sembra correlare con

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quanto emerge dalla tabella 16 (v.3.2), in cui il 85.7% dei ragazzi, rispondendo alla domanda “Tendo a descrivermi in modo diverso da quello che sono quando uso chat, posta elettronica o giochi di ruolo”, si sono divisi tra “assolutamente falso” (70.1%) e “piuttosto falso” (15.6%), mentre soltanto 38 di loro (il 4.7% del totale) dichiarano di trasformare la propria identità online. Quando, però da una valutazio-ne generale si passa a un’indagine più specifica sulle caratteristiche del proprio stare in rete, emerge uno scarto tra il sé e il modo in cui è rappresentato. Uno di loro spiega che gli strumenti da lui utilizzati su Facebook influenzano i temi e le modalità con cui interagisce. Nella chat, che è considerata uno spazio intimo, si può lasciare andare a discorsi più seri e personali, mentre sul proprio profilo (ora diario) scrive soltanto cose allegre e divertenti. Nell’intervista successiva al focus group chiarisce la sua posizione:

Come dicevo prima cerco di rimanere me stesso. Non metto foto false di altri ragazzi, tento di essere me stesso. Comunque in chat non so come mai, ma sono un po’ più serio rispetto ai link che pubblico. Solitamente pubblico link divertenti, oppure aforismi presi da un fumetto che mi piace o da un film. Recentemente ne ho pubblicato uno di Dylan Dog che è abbastanza divertente. In chat di solito sono un po’ più serio, sono meno esuberante rispetto ai link che pubblico.

Un altro ragazzo invece, nonostante sottolinei di essere online come nella vita reale, spiega che spesso questo spazio permette di eludere situazioni spiacevoli, anche se la “scappatoia” non è definitiva:

Su internet sono come nella vita reale. Non fingo di avere doti nascoste ma mi mostro esattamente come sono nella realtà. Può essere utile qualche volta la maschera, quando magari si trova una persona più insistente, che vuole avere una risposta a tutti i

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costi e costringerti a fare qualcosa. Su internet, grazie a frasi come “scusa devo andare, devo spegnere il computer”, alcune volte si può scappare da queste situazioni. Anche se secondo me non è comunque una cosa che va fatta perché sono situazioni che si-curamente saranno riaffrontate nella realtà. Però magari in quel momento uno non ha tanta voglia di parlarne, preferisce sentirsi dopo e utilizza il computer come via di fuga.

Una riflessione molto articolata sulla contrapposizione tra realtà e virtualità è portata da una studentessa dell’Istituto Rosa Luxemburg:

Su Facebook la mia vita è quella che dimostro anche di avere nella vita reale. Cosa che invece non era fino a qualche anno fa con Netlog, perché tendevo un po’a nascondere il mio aspetto fisico o comunque a non far apparire certe cose di me. Ero molto più scrupolosa nel fare apparire le mie foto. Invece crescendo non mi interessa più fare così. Mi sono accettata per come sono nella realtà. Tuttavia, usare Facebook può essere comodo sotto certi aspetti. Magari durante un litigio online, esprimo le mie posizioni con parole più dure. È una cosa che faccio inconsciamente per-ché tanto io non ho la persona d’avanti e non vedo gli sguardi di questa quando legge ciò che le scrivo.

Si nota in particolare in quest’ultimo “frammento”, come la dico-tomia vero/falso acquisti sempre maggiori sfumature mano a mano che si riportano le riflessioni dei ragazzi. Infatti, più essi attingono alle proprie esperienze personali, più si rendono conto che giudicare la vita online in modo così rigido non sia né utile, né auspicabile. Emerge, però allo stesso tempo il tentativo da parte loro di giustifi-care il naturale scarto che avvertono tra le interazioni faccia a faccia che intrattengono e quelle mediate da uno strumento comunicativo. Nonostante siano stati in molti a protestare con forza contro la policy

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anti soprannome di Google+ che recita, “To help fight spam and pre-vent fake profiles, use the name your friends, family or co-workers usually call you”, dai focus group non emerge l’esigenza da parte dei ragazzi di poter manipolare la propria identità. Anche se non tutti i nickname sono rifiutati dai ragazzi. Il soprannome, quando persegue un effetto comico, è da essi accettato.

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Il peso che le relazioni interpersonali hanno sulla qualità del tempo che i ragazzi passano su internet è molto alto. Prova ne è il fatto che molti di essi dichiarano di annoiarsi di fronte a Facebook, soprattutto quando non intrattengono relazioni, ma osservano passivamente il flusso di post generato dai propri contatti. Uno dei partecipanti al focus group spiega: “Dopo i primi 10 minuti su Facebook mi annoio. Dopo poco tempo non so più cosa fare”. La sensazione di noia infatti, appare scaturire dall’uso passivo del medium, ovvero al tempo pas-sato davanti allo schermo in cui i ragazzi non intrattengono scambi comunicativi, né usano internet per ricerche (v. 7.4). In queste situa-zioni Facebook diventa una piattaforma di broadcasting, connotata però da notizie (gli aggiornamenti di stato dei propri contatti) dal contenuto poco informativo.

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Un ulteriore aspetto interessante riguarda il valore che i ragazzi as-segnano alle relazioni che costruiscono online. I focus group rispec-chiano in sostanza quanto è emerso dall’analisi quantitativa. Nella tabella 9.1 (v. 3.2), alla domanda “contatti su Facebook da conside-rarsi davvero amici”, il 49.0% (292) sostiene che siano solo un quar-to del totale e il 16.1% (96) meno della metà. Sono invece, soltanto il 8.6% coloro che considerano veramente amici più della metà dei propri contatti su Facebook, il 2.2% circa i due terzi e il 1.2% tutti.

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Ci sono, però tre elementi interessanti che completano i dati emersi dai questionari. Il primo riguarda i criteri di selezione delle proprie amicizie:

Su Facebook in generale se si conosce una persona si stringe subi-to amicizia con lei. Io ho 700 amici all’incirca. Di questi conosco i ¾, il 75% delle persone. Cioè ho parlato con loro una volta. Mentre il restante sono magari persone che le ho viste per il corri-doio della scuola o magari sono amici di amici. Sono pochissime le persone che aggiungo ma non le ho mai viste e che non conosco mai. Di solito non le aggiungo io, mi aggiungono loro.

E ancora:

Di solito io aggiungo tutti, però poi capitano delle volte in cui quelli che aggiungo diventano troppo ossessivi e quando ti con-netti ti scrivono subito e quindi è un po’ fastidioso. E allora lo fai una volta, due, tre. Alla quarta ti cancello.

Questa strategia di gestione dei propri contatti è molto comune alla maggior parte dei partecipanti al focus group. Quasi tutti conside-rando l’amicizia online non sullo stesso piano rispetto a quella reale, tendono ad accettare un maggior numero di richieste. Un’unica ecce-zione riguarda una studentessa del Giordano Bruno, che interpreta in modo letterale il concetto di amicizia online:

Ho amici solo persone che conosco. Prima di accettare qualcuno su Facebook lo conosco di persona. Cercare la persona su Facebo-ok è un fatto conseguente. [...] Ho circa 130 amici che rispetto alla media di amici degli altri profili è un numero ridicolo. […] Non mi interessa che ci siano persone tra i miei amici che si facciano i

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fatti miei. […] Non accetto chi non conosco anche perché non mi piace conoscere su internet.

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L’ultimo aspetto riguarda lo stile comunicativo degli studenti. Essi riconoscono il fatto di essere più attenti alla pianificazione del di-scorso, rispetto a quanto non lo sarebbero in una situazione di comu-nicazione faccia a faccia. Ciò sembra, però, essere connaturato allo strumento in cui la dicotomia scritto/parlato presenta confini meno netti:

La tradizionale divisione tra scritto e parlato viene […] in qual-che modo superata nella scrittura mediata dal computer. Si tratta, infatti, di una comunicazione scritta con una forte componente in-terattiva, che configura una varietà di lingua a sé. (Berruto 2004, p. 106).

Questa varietà di lingua, che si contraddistingue per la presenza di caratteristiche tipiche dell’oralità all’interno della comunicazione scritta (ad esempio la scarsa pianificazione del discorso), è influen-zata dalla percezione del contesto enunciativo in cui i ragazzi intrat-tengono i loro scambi comunicativi. Dai focus group emergono tre caratteristiche della comunicazione mediata dal computer:

- Il numero limitato di situazioni comunicative possibili, da cui sono esclusi gli argomenti più intimi e personali

- L’influenza del contesto enunciativo sugli stili e i registri dei ra-gazzi

- I contenuti dell’interlocutore, la cui natura è soggetta a manipo-lazione e non verificabile da parte dei ragazzi

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7.6 La rete e l’altro

Lo stereotipo emerso nei focus group secondo cui il web, essendo virtuale, sia da considerarsi un’assenza di realtà (v. 7.5) influisce sul-la valutazione che i ragazzi attribuiscono al ruolo delle tecnologie digitali per lo sviluppo di rapporti con studenti provenienti da altri paesi. In particolare è sottovalutata l’immagine del web come spazio dove intrattenere relazioni nate e cresciute online (1), mentre sono ritenute maggiormente importanti le relazioni nate offline e prosegui-te in rete, in cui Internet diventa uno strumento utile per mantenere i contatti con persone in altre parti del mondo (2). Come abbiamo però visto (v. 7.5), questa distinzione riguarda anche le amicizie instaurate con persone provenienti dallo stesso paese ed emigrate, come fami-liari o ex compagni di classe. Dalla tabella 10.2 (v. 3.3) emerge che soltanto il 18% di coloro a cui è stato somministrato il questionario afferma di aver conosciuto persone di altra nazionalità direttamente online. Il 70.1% invece in-trattiene contatti con ragazzi stranieri che vivono in Italia oppure con persone conosciute durante il viaggio. Queste percentuali inoltre, si riferiscono al 55.9% degli intervistati. I restanti hanno affermato di non essersi mai relazionati online con ragazzi stranieri oppure non hanno risposto. I focus group confermano questa scarsa attitudine alla costruzione di relazioni con stranieri? In parte sembrerebbe di no. Gli studenti, infatti, sono convinti che il web sia uno strumento capace di agevolare lo sviluppo di queste relazioni. Quando, però raccontano le loro esperienze, ci si accorge che la loro valutazione rimane a un piano potenziale, non si concretizza in relazioni intratte-nute con un’alta frequenza.

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Innanzitutto sono molto pochi coloro che hanno relazioni nate onli-ne con ragazzi stranieri. C’è chi, tra loro, fa conoscenza attraverso videogames, discutendo, però soltanto sul gioco e in lingua inglese.

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Altri, invece, hanno intrattenuto rapporti con persone riguardo argo-menti di loro interesse, come i linguaggi di programmazione in in-formatica. Sembra quindi, che gli “agganci” online siano orientati al soddisfacimento di obiettivi specifici dei ragazzi e non alla semplice curiosità di conoscere persone straniere. Altri utenti, anche stranieri, fanno parte di un processo di ricerca dell’informazione su internet più generale. Confermano questa caratteristica le dichiarazioni dei ragazzi sulla sporadicità dei rapporti costruiti in questo modo.

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Il discorso è diverso quando si tratta di relazioni maturate offline e strutturate su internet. In questo caso gli studenti affermano di dedi-care più tempo a chattare con le persone che hanno conosciuto. Sono due in particolare le tipologie di contatto: nel primo caso si tratta di studenti conosciuti durante scambi culturali o viaggi, come nel seguente passaggio:

Noi abbiamo conosciuto dei ragazzi in un viaggio di istruzione che abbiamo fatto più o meno un mese fa. Lì abbiamo conosciuto dei ragazzi di altri Paesi con cui stiamo continuando a tenerci in contatto. È bello ed è utile sia per la lingua che per il rapporto umano che si è instaurato durante il viaggio. In effetti senza inter-net sarebbe difficile.

I temi su cui i ragazzi affrontano temi che riguardano la loro vita quotidiana. Molti di loro ad esempio, raccontano di aver discusso su come funziona il sistema scolastico nei rispettivi paesi d’origine. Nella maggior parte dei casi, la relazione con una persona che vive all’estero è descritta dai ragazzi come un unicum. Non emerge dai loro racconti una rete sociale consolidata con abitanti di altre nazio-nalità. Ciò è probabilmente dovuto alla giovane età dei partecipanti al focus group e alle poche esperienze fatte al di fuori dell’Italia. Il

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secondo tipo di contatto non riguarda in realtà ragazzi stranieri, ma italiani che vivono in altre parti del mondo (parenti, vecchi compa-gni di classe trasferitisi). Nuovamente, un motivo di interesse per gli studenti intervistati riguarda temi che toccano da vicino la loro vita quotidiana.

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Un ultimo tema trattato nei focus group riguarda la possibilità di migliorare la propria padronanza con le lingue straniere (soprattutto l’inglese). È importante sottolineare come alcuni ragazzi siano con-vinti che online si “parli” un inglese più vero rispetto a quello che si apprende in classe. Ciò è interessante perché, come si è notato in pre-cedenza (v. 7.5), viene messa in luce la natura del web come modello comunicativo misto, paragonato sul piano linguistico a esperienze di contatto diretto con la lingua straniera.

7.7 La rete come strumento di educazione al cosmopoliti-smo

Interrogati sulla possibilità che internet renda più cosmopolita la no-stra società, i ragazzi hanno risposto in due modi diversi. Un primo gruppo ha sottolineato la potenzialità dello strumento, ca-pace di avvicinare luoghi, culture e persone:

Essendo un mezzo che fa circolare le notizie molto velocemente ha sicuramente questo lato positivo per costruire un mondo diver-so e con persone più consapevoli e più informate.

Abbatte barriere di qualsiasi genere secondo me. Di distanza, di opinione. E da alle persone che sono distanti tra loro con idee

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contrastanti, di potersi confrontare. Ad esempio: si è arrivati al punto, ho letto qualche tempo fa, di partecipare a votazioni indi-rette online. Certi argomenti che rimarrebbero circoscritti ad un certo ambito, grazie a internet raggiungono quasi tutto il mondo.

I confini del mondo si sono un po’ allagati. Io ad esempio ho pro-vato ad utilizzare per un periodo internet in inglese per imparare meglio la lingua e ho scoperto che ci sono contenuti veramente molto diversi. Quindi ho imparato “com’è il Mondo nel vero sen-so del Mondo”.

L’idea di conoscere come sia il mondo nel vero senso del mondo sembra in un certo modo contrastare con la natura derealizzata del web 2.0 sottolineata dai ragazzi. Come suggerito in precedenza, sem-bra che ci si trovi di fronte a un modello generale spesso interioriz-zato dai ragazzi, quello dell’antinomia reale/virtuale, che, quando si passa ad analizzare in modo più specifico le dinamiche online, viene messo in discussione dai ragazzi stessi. Un secondo gruppo di ragazzi ha invece messo in luce i pericoli rela-tivi alla diffusione di Internet:

È un’arma a doppio taglio internet perché alla fine io, ad esempio, posso esprimere la mia idea che è contro il razzismo, e può invece esserci qualcun altro razzista. Se però i contenuti positivi ci sono in internet, alla fine sta alla coscienza dell’utente ascoltare ciò che c’è di positivo anziché di negativo.

Sicuramente è un mezzo che permette questo [di costruire una società cosmopolita], però bisogna capire chi lo usa: alla fine di-pende tutto dalle persone. Perché se ad esempio le persone sono infantili o razziste, non si potrà mai migliorare e sviluppare una società migliore. Il mezzo è potente e può permettere di raggiun-

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gere questi obiettivi, ma dipende sempre dalle persone che lo uti-lizzano.

Questo genere di argomentazione si focalizza sulla neutralità della rete, che può essere utilizzata per perseguire obiettivi nobili o de-plorevoli, e sull’assenza di controllo editoriale sull’informazione prodotta online. Essendo molti contenuti user generated content, ge-nerati dall’utente stesso che diventa sia consumatore che produttore di notizie, non esistono filtri o censure possibili secondo i ragazzi e quindi chiunque può diffondere contenuti, anche i più moralmente condannabili. Negative o positive che siano, le riflessioni degli studenti descrivono comunque un mondo interconnesso, dove è più facile incontrare l’al-terità ma, come scritto in precedenza (v. 7.6), da un lato essi dichia-rano di non relazionarsi spesso e con scarsa frequenza con studenti stranieri, dall’altro questo tipo di relazione è considerata un surroga-to delle possibilità di confronto che si avrebbero da un incontro vis à vis e da un’esperienza di viaggio vera e propria:

Attraverso internet si possono fare degli scambi, però poi lo scam-bio solo attraverso internet non basta: c’è bisogno dello scambio fisico, materiale. Solo attraverso internet è difficile secondo me creare proprio uno scambio, una educazione al cosmopolitismo. Sono dubbiosa. Sarebbe molto bello ma non saprei come fare, non saprei trovare un modo per unire tutto perché le cose che si possono fare per educare al cosmopolitismo sono cose reali.Attraverso internet posso informarmi però sono solo cose scrit-te; puoi afferrare dei concetti ma finché non li vivi non li puoi comprendere realmente. Il social network va bene per educare al cosmopolitismo ma solo se affiancato da esperienze di vita reale.

Cittadina del mondo no. Diciamo che con internet ho la possibi-

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lità di conoscere un pochino tutto quello che mi circonda. Però sentirmi cittadina del mondo è forse una parola grossa.

Finché non vai a visitare il mondo in prima persona, viaggiando e facendo esperienze, non potrai conoscerlo. L’esperienza non è la stessa cosa che guardare su internet.

7.8 Scuola 2.0: la sfida del nuovo millennio

Sul tema della new media education è interessante notare come emer-ga forte scetticismo da parte dei ragazzi sulla possibilità di integrare la didattica con gli strumenti del web 2.0. Si consideri la proposta di Pier Cesare Rivoltella (2006) per un modello educativo influenzato dai nuovi media:

Sul piano didattico occorre lavorare in due direzioni. Da una par-te si tratta di sviluppare pratiche di docenza che includano i me-dia, aiutando gli alunni a divenire più esploratori, a raccogliere informazioni, a studiare le potenzialità di internet (da questo pun-to di vista sarebbe opportuno promuovere la ricerca in internet già a partire dai 9-10 anni) e a sfruttare la sua disponibilità al lavoro collaborativo, trasferendo la logica P2P ai processi di apprendi-mento. D’altra parte va anche adottato dalla scuola un concetto largo di Media Education, promuovendo uno sforzo per rendere operative le indicazioni dei curricoli nazionali […] integrandole nell’attività didattica. Si tratta in particolare di discutere degli usi di internet e degli altri media in classe e di promuovere il senso critico dei soggetti […] abituandoli a distinguere tra spazio pub-blico e spazio privato in relazione a dei media che, come abbiamo visto, tendono a riconfigurare e sovrapporre l’uno e l’altro. (Ri-voltella 2006, pp. 233-234).

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Dai focus group, invece, emerge una concezione della rete come “grande magazzino” di informazioni da cui attingere e non un am-biente di crescita personale. La battuta di uno dei ragazzi, “i valori non si possono scaricare da internet” spiega con chiarezza questa forma di scetticismo per lo più immotivato. Temi come il diritto d’autore, la privacy, la qualità e la libertà di informazione potrebbero essere messi al centro di percorsi didattici volti all’acquisizione sia di competenze tecniche che di contenuti relativi all’educazione alla cittadinanza. Nonostante le sperimentazioni di cui si è dato conto in precedenza (v. 7.3) in cui molto spesso i docenti scommettono sulle potenzialità collaborative introdotte dalle tecnologie informatiche, non sono presenti nelle scuole campione modelli strutturati di new media education. Il nodo della problematica emersa dalle discussioni nei focus group non riguarda però questo aspetto, inevitabilmente influenzato dal forte investimento economico che comporterebbe la scelta di dotare tutte le classi della tecnologia necessaria, ma la per-cezione dei ragazzi di quanto sia auspicabile l’introduzione di questo elemento nella didattica. I commenti a riguardo sono spesso negativi:

- In precedenza si è scritto dell’uso prevalentemente ludico del web da parte dei ragazzi (v. 7.4), che li porta a svalutarne le po-tenzialità a fini didattici. Essi, infatti, esprimono una sorta di ‘autodenuncia’ nello spiegare che l’introduzione di strumenti per avere la connettività in classe sarebbe una fonte di distrazione dalle lezioni. Questa concezione crediamo maturi da una scarsa capacità critica nell’analizzare gli strumenti che utilizzano quoti-dianamente. Ciò confermerebbe la necessità di educare i ragazzi a un utilizzo più vario e consapevole di internet.

- Una seconda fonte di scetticismo riguarda le abilità dei docenti. Non si tratta soltanto di ridurre il gap che loro hanno “rispetto alle competenze dei ragazzi” (ivi, p. 234), ma di capire come si ristrutturi il ruolo dell’insegnante. I ragazzi, stimolati su que-sto punto, si sono domandati su quale sarebbe la funzione del

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docente in una dinamica educativa permeata dai nuovi media. Questo aspetto è condensato in una provocazione emersa da al-cuni di loro “quale funzione potrebbe assumere il professore se avessimo già a disposizione delle informazioni online?”. Altri invece avvertono la necessità di essere guidati alla scoperta delle potenzialità del web ma, nuovamente, torna nelle loro riflessioni il tema delle competenze informatiche del docente. Non sempre, però, questa fonte di criticità è imputabile al professore. Anche nei casi in cui chi insegna fa uso delle tecnologie informatiche, i ragazzi rimangono scettici rispetto alla possibilità di introdurre percorsi di new media education.

In generale, sembra essere presente una confusione dei ragazzi su che cosa significhi realmente new media education. Spesso, interro-gati su quali siano le attività di questo tipo realizzate a scuola, essi hanno fatto riferimento all’uso di strumenti multimediali (fruibili sul web) a supporto della lezione dei docenti e non ad attività collabo-rative o di riflessione sul senso del web come spazio da abitare, con i propri rischi e le proprie potenzialità. Questa concezione ridutti-va delle potenzialità didattiche di internet spiega così la diffidenza emersa diffusamente dai ragazzi su questo tema.

7.9 I giovani si raccontano

I dati emersi dai questionari somministrati e dai focus group esplora-tivi condotti sono stati verificati attraverso 18 interviste in profondi-tà, raccolte nelle stesse scuole coinvolte in precedenza dall’indagine. Nel corso di tali interviste si è cercato di acuire le nozioni emerse, approfondendo in particolare:

- Il rapporto con il medium internet (definizione, attività, tempi,

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siti visitati) - Il rapporto tra l’attività online e la costruzione della persona (an-

tinomie realtà/virtualità e identità individuale/sociale, percezio-ne delle e valore attribuito alle relazioni interpersonali mediate, apporto alla crescita culturale, sociale e linguistica del soggetto)

- Il rapporto tra il medium e la didattica scolastica

I risultati sembrano assumere una tendenza conforme alle informa-zioni emerse nelle prime due sessioni d’indagine, in modo particola-re per quanto riguarda, anzitutto, l’uso di internet: l’attività più fre-quentemente citata come primaria è sicuramente il mantenimento di relazioni sociali, spesso connotata come svago, seguita dalle attività ludiche propriamente dette e dalla ricerca di contenuti. L’utilizzo de-gli strumenti comunicativi per la produzione personale di contenuti appare molto ridotto, limitato al post su Facebook o al rebound di contenuti pubblicati da altri.

La mia produzione di contenuti è molto poca. Io più che altro uso il social network per parlare con i miei amici. Non lo uso per scrivere. Non credo d’aver scritto tante cose su Facebook. Magari pubblico una notizia che mi piace.

Nessuno degli studenti intervistati possiede un blog personale, né un sito internet; tre su quindici frequentano forum tematici, tutti cono-scono o fanno uso di Wikipedia e di piattaforme dedicate alla didat-tica, ma nessuno di loro dichiara un apporto attivo.Interessante appare il dato sulla percezione della natura di internet: gli studenti intervistati citano spontaneamente la rapidità d’utilizzo e il carattere pluralistico del medium, attribuendogli un significativo vantaggio rispetto a media tradizionali (la televisione più che altro) one to many, che impedivano il confronto delle fonti.

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Io sinceramente penso che sia una grande opportunità per impara-re tante cose. Usato nel modo giusto ovviamente. Perché è pieno internet di informazioni importanti, poi bisogna naturalmente ri-conoscere quelle giuste da quelle sbagliate, ciò che è vero da ciò che non è vero. Per esempio ormai ci sono tutti i giornali che han-no la pagina web… Io non sono abituata a prendere il giornale, però in internet mi collego e guardo le notizie de La Stampa o La Repubblica; dovrebbero comunque essere attendibili abbastanza. Poi non si sa mai.

Il vantaggio dato da pluralità di punti di vista e ruolo attivo dell’u-tente, riconosciuti dai giovani come punti di forza di internet, si af-fiancano tuttavia ad un uso molto ridotto di tali potenzialità. Gli in-tervistati dichiarano per lo più di fare ricorso a poche fonti ritenute attendibili (siti di testate giornalistiche affermate per l’informazione – LaStampa, Corriere e Repubblica le uniche citate – Wikipedia o le piattaforme didattiche per l’approfondimento). Il confronto tra punti di vista istituzionali, dunque, resta ad un livello potenziale, mentre alle fonti attendibili si aggiunge il circuito informale, spesso amicale, degli “esperti per esperienza”, in un’ottica più che altro inconsapevo-le di produzione grassroots di conoscenze e circolazione di queste tra comunità – non virtuali - di pari.Quest’ultimo dato è particolarmente interessante trattando di un pos-sibile ampliamento degli orizzonti culturali: tra gli intervistati è re-lativamente frequente il riferimento a conversazioni intrattenute con amici all’estero come momenti di acquisizione di informazioni di prima mano da testimoni privilegiati, capaci di fornire conoscenze e interpretazioni dei caratteri culturali non offerte dai canali istituzio-nali. Si tratta per lo più di conoscenze relative ad abitudini, rapporti famigliari e con i pari, modalità della didattica scolastica, scoperte musicali, stili di vita: ovvero quegli argomenti che più direttamente si legano alle sfere di vita quotidiana degli intervistati e che più facil-mente si prestano a confronti interculturali.

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C’è la possibilità di scambiare opinioni e di parlare con persone che sono distanti da te, e appartengono a culture anche molto dif-ferenti dalle tue. Con un’amica indiana i siamo scambiati qualche idea sull’impostazione della giornata tipo. Ed è venuto fuori che alla fine non è così diversa dalla mia. Cambia solamente il con-testo in cui lei vive; le modalità con cui lei agisce, ma i fini sono comunque pressoché identici.

I testimoni privilegiati cui si fa ricorso in questi casi sono persone note sulle quali si sa di poter fare affidamento: amicizie di lunga data, o più in generale persone conosciute nell’ambito di una relazione vis à vis.

Secondo me può essere molto utile da questo punto di vista, se quella persona con cui hai contatti dall’estero è una persona che conosci già. Se è una persona che invece conosci attraverso Face-book, forse il rapporto è un po’ diverso. Però se è una persona che tu hai conosciuto in vacanza per esempio, con cui hai stretto un legame, anche a vacanza finita mantieni dei contatti.

Il dato sulla presenza pressoché irrilevante di relazioni nate e cresciu-te online assume così una forma interpretabile, anche nel più ampio contesto dei rapporti internazionali. Da un lato, infatti, la preferenza per rapporti online con soggetti conosciuti offline si spiega con il concetto, diffuso tra gli intervistati, di social networking come pro-lungamento delle attività sociali quotidianamente condotte: si condi-vidono link, video, fotografie, contenuti in genere afferenti ad episodi della vita reale, rinsaldando o confermando una relazione fondata su interessi ed esperienze condivise. Da un altro lato, la conversazione a distanza costituisce fonte di un confronto di opinioni con perso-ne autorevoli perché “direttamente” conosciute: la loro esperienza della cultura altra diventa conoscenza sicura proprio perché deriva

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da soggetti ritenuti affidabili, spesso più di agenzie d’informazione istituzionali.

Hai direttamente le persone davanti e loro ti possono dire come è la realtà. Invece il resto della rete non è così.

Laddove non si profili la possibilità di un confronto con persone note, l’acquisizione di conoscenze e la costruzione di opinioni fa af-fidamento sul concetto di controllo pubblico: l’affidabilità delle fonti è garantita dal parere diffuso sull’agenzia (es. i siti di testate giornali-stiche, il sito di Emergency), o dal controllo collettivo della bontà dei contenuti apportati (es. Wikipedia, forum specialistici, piattaforme didattiche o di altro genere, in primis Studenti.it e Yahoo Answer).

Per esempio su un sito che non ho mai sentito cerco di non an-darci. Se invece è un sito come Wikipedia che comunque è mon-dialmente famoso, o mondialmente approvato per le sue fonti mi sembra più affidabile.

Una sola studentessa tra i quindici alunni intervistati dichiara di orientarsi verso firme particolari nella sua ricerca di informazioni giornalistiche e di verificare per quanto possibile le fonti citate, so-prattutto nel caso di Wikipedia.I tempi di utilizzo variano profondamente, dividendo gli intervistati tra quanti frequentano il web per un massimo di due ore quotidiane e quanti dichiarano sei o sette ore di navigazione al giorno (nessuno di loro, però fa riferimento al downloading). Abbiamo tuttavia visto come il tempo dedicato ad internet non sia equamente distribuito tra le diverse attività da svolgersi: il tempo dedicato all’informazione o alla ricerca di contenuti scolastici è subordinato all’uso ludico e a quello relazionale del medium.

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È soprattutto quest’ultimo ad impegnare maggiormente i giovani, che dichiarano di dedicare la parte più considerevole del loro tempo su Facebook, l’unico social network realmente utilizzato (nessuno degli intervistati cita Twitter, tre citano Netlog, affermando di averne smesso l’uso). Proprio sulla creatura di Zuckerberg si concentrano le riflessioni degli studenti, su questa si basano la maggior parte delle dichiarazioni in merito alla “costruzione della persona” e della sua identità. Dalle interviste emerge uno scenario non dissimile da quello ottenuto attraverso i focus group: il primo dato che desta attenzione è proprio la contrapposizione tra il valore negativo attribuito allo stare online (in rapporto alla più genuina vita offline) e l’elevata importanza di rappresentarsi nel modo più autentico attraverso i social networks.

Non hai la persona di fronte, quindi può essere diverso il rapporto. Non è un rapporto: è un rapporto virtuale, quindi non hai il contat-to. Puoi essere chi vuoi, cioè se hai una webcam, è diverso. Cerco sempre di essere me stessa. È normale che se inizi a conoscere una persona virtualmente non devi nasconderti, ma andare con calma, non puoi presentarti subito. Devi fare attenzione perché non sai mai chi ti trovi dall’altra parte.

In particolare, anche qui si rileva un netto cambio di registro nel pas-saggio dalle valutazioni lato sensu a quelle relative alle pratiche per-sonali di utilizzo: da un lato si sottolinea la diffusa perdita del valore dell’incontro fisico, della condivisione non mediata, della compre-senza spaziale che genera emozioni non riproducibili. D’altro lato si tiene molto a testimoniare come il proprio uso del mezzo non condu-ca all’alterazione dei rapporti sociali, né a quella della propria iden-tità (v. 7.5). Tale testimonianza passa sovente attraverso la condanna di atteggiamenti volti alla distorsione della realtà, percepiti da tutti gli intervistati come ampiamente diffusi.

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Quando creo una immagine sul social network, tento di creare quell’immagine su me stesso. Non è che io sul social network diventi una persona e nella vita reale sono un’altra. Le due cose almeno per me vanno un po’ insieme. Perché questa cosa non è molto ben vista.

Troviamo, così, un’ulteriore conferma della percezione del social network come estensione della vita reale, luogo sociale nel quale l’i-dentità acquisisce nuovi canali espressivi ma che non deve, in alcun modo, travisare il sé autentico della persona.Approfondendo, tuttavia, ci si accorge di come il medium spesso in-fluisca sulle modalità di presentazione e di conversazione, incenti-vando pratiche volte al riconoscimento sociale.

Inconsciamente cerco di adeguarmi, oppure cerco sempre di pia-cere agli altri. Si cerca di adeguarsi, sta però ad ognuno di noi secondo me, a partire dal profilo di Facebook che si costruisce, magari essere, sentirsi alla moda. […] Forse “mi adatto” è meglio. Cioè non proprio adatto, però cerco di scrivere una cosa che io penso, e non scrivo assolutamente falsità su di me, cercando di scrivere in modo da piacere poi agli altri.

In altri casi le conseguenze possono avere forti ricadute sulla costru-zione dell’immaginario legato all’altro, coinvolgendo in senso stretto l’attribuzione d’identità e, dunque, le modalità di relazione con que-sto nella vita offline.

Alla fine quello che decido di fare nella mia vita reale di sicuro non è influenzato da Facebook. Certo si ha un pregiudizio poi nella vita reale. Se si vede una persona che si è presentata in un certo modo, nel primo approccio si ha comunque l’idea di quella persona e i pregiudizi ci sono. Poi magari conoscendola, si può

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capire che è una persona bravissima o una persona stupida. Co-munque un pregiudizio si ha.

Ancor più nella dichiarazione di un altro intervistato:

Forse questo mi influenza un po’. Se vedo cioè che una persona pubblica certe cose, automaticamente mi faccio un’idea di quella persona. Quando molti amici condividono queste cose qua e li vedo poi nella vita reale, il mio giudizio rimane quello che ho avuto su Facebook quindi questa cosa ti influenza. Si, perché se non mi influenzasse nella vita reale forse non avrebbe neanche utilità pubblicarla.

Il nesso costante tra carattere fittizio del medium e necessità di coe-renza nelle forme del presentarsi appare così contestualizzato come la dura lotta per la riconferma identitaria da parte di un altro genera-lizzato, per dirla con Mead (1934), che non soltanto nella vita offline è coinvolto nella costruzione di sé. Ad essere messa in discussione è tanto la considerazione di cui si può godere in un contesto virtuale, costituito da regole del gioco e principi valutativi peculiari, quanto il controllo delle conseguenze che questa può avere sulla conside-razione dei pari nella vita reale. Se è vero che tutti gli intervistati sottolineano come il social network rappresenti in sé uno strumento comunicativo capace di connotare e definire entro una certa gamma di possibilità le espressioni della persona, se è vero che i sogget-ti dichiarano perlopiù di non pubblicare su Facebook che una parte delle informazioni riguardanti se stessi, preservando le dimensioni strettamente personali per le relazioni più intime della vita offline, l’identità che si costruisce sul social network appare a tutti gli effetti come estensione dell’identità sociale più che di quella individuale. Un’identità per l’altro che lascia intravedere sezioni d’intimità, ma che non può presentare incrinature o incoerenze, pena una dissonan-

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za cognitiva che può mettere a rischio il tacito accordo tra le parti. Tanto che, riferendosi all’estratto sopra citato, se l’atto virtuale non influisse sull’atteggiamento altrui nella vita reale non avrebbe senso pubblicarlo, perché ogni atto su Facebook è rivolto ad altri.A tale proposito, le interviste consegnano una duplice coppia antite-tica:

- identità reale vs. virtuale - identità individuale vs. sociale

A questa si accompagnano strategie possibili per la preservazione della sfera individuale, strategie che in qualche modo concorrono a definire uno stile espressivo peculiare al medium: l’uso della ma-schera per la modalità offline della chat, l’utilizzo, spesso dichiara-to, della chat per discussioni approfondite, più intime, o più “serie” rispetto a quelle che si potrebbero intrattenere in un post pubblico, laddove possono arrivare non solo gli occhi degli amici più stretti, ma anche quelli di parenti o conoscenti/contatto, soggetti con i quali rimediare un’eventuale incoerenza può risultare più complesso.Si conferma, d’altronde, il dato già ottenuto nelle sessioni d’indagine precedenti: dei contatti su Facebook, una parte molto ridotta riguarda persone con le quali si gode di una relazione stabile e continuativa nella vita quotidiana. I valori oscillano tra il 4.0% ed il 10.0% e su-perano questa soglia solo quando l’intervistatore non distingue tra amici e persone conosciute. A fronte di un tale dato, tuttavia, esistono casi nei quali la maggiore frequentazione online non corrisponde alla maggiore frequentazione fisica:

Se si tratta invece di amicizie con persone che non ho possibilità di vedere molto spesso e di relazionarmi al di fuori dell’ambito virtuale, quelle le considero cioè più importanti perché è l’unico mezzo con cui ho la possibilità di interagire con loro.

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Come già detto in precedenza, questo è vero più che altro per quelle relazioni che, nate offline, si trasferiscono per questioni geografiche online.In linea generale, e volgendo in conclusione, possiamo dire anzitutto cosa internet non è per gli intervistati:

Sicuramente io non parlerei di fuga dalla realtà ma più di sempli-ce svago. Sfogare frustrazioni non è una cosa che non concepi-sco come lo scappare dalla realtà. Se voglio qualcos’altro ho altri modi e non rifugiarmi su internet; non lo vedo come un rifugio assolutamente.

In secondo luogo, possiamo affermare che internet è visto dagli stu-denti come medium di comunicazione privilegiato, capace di con-nettere le persone tra sé e con altri mondi conoscibili; come mezzo d’intrattenimento, in prima battuta attraverso video in streaming, album fotografici e giochi online, anche se non è da sottovalutare il lato ludico che la relazione sociale sviluppata nella rete genera. L’informazione, come abbiamo visto, passa dalla ricerca attiva e dal confronto delle fonti, istituzionali o grassroots, alla semplice fruizio-ne di versioni digitali di giornali cartacei (anche se, come scritto in 7.4, questo aspetto è meno diffuso tra i ragazzi), sino al ricorso alla selezione di link postati dagli amici sulla bacheca del social network. Quanto alle ricerche culturalmente orientate, queste si limitano mol-to spesso all’integrazione di informazioni a fini scolastici, se non alla ricerca di versioni facilitate o ready made dei contenuti didattici.Proprio questa tendenza all’uso ludico ed alla semplificazione è alla base dei principali dubbi degli stessi studenti circa l’utilizzo delle tecnologie web per la didattica: le potenzialità percepite per il pas-saggio a metodi d’insegnamento più contemporanei si scontrano spesso con i limiti dati dalla distrazione dell’intrattenimento.

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Amplierebbe tutti e due gli estremi. Nel senso: si studierebbe di più perché le persone magari sarebbero più stimolate a studiare e per qualcosa sarebbe più facile. Però avendo internet c’è più possibilità di fare altro.

Le proposte avanzate dagli intervistati sembrano tuttavia orientate favorevolmente verso l’adozione di internet come supporto, poten-ziamento o sostituzione dei media tradizionali:

Lo userei sostituendo i libri se durante le lezioni ogni alunno aves-se il suo computer o il suo Ipad sarebbe utile potersi sincronizzare tutti su uno stesso sito. I testi scolastici costerebbero meno perché sarebbe possibile scaricarli. Sarebbe più comodo anche prendere appunti perché un professore gli appunti presi li può mandare a tutti tramite mail. Avendo internet si potrebbero consultare diver-si siti, ottenendo maggiori informazioni diverse, e avere una co-noscenza più approfondita dell’argomento piuttosto che limitarsi esclusivamente al testo scolastico.

Lo stesso ruolo del docente verrebbe implicato nella rivoluzione di-gitale della didattica scolastica:

Il professore deve essere all’altezza della situazione della classe: deve essere in grado di gestire una classe che può essere disat-tenta avendo internet come fonte di disattenzione. Deve essere sicuramente capace ad utilizzare un computer. Avrei un modo di interagire fra i ragazzi diretto e divertente spiegando la mia lezio-ne. Ossia normalmente facendo prendere appunti, ma integrando le miei spiegazioni con documenti e foto, video su quello che sto spiegando.Il ruolo del professore, secondo me, diventa da unico distributore dell’informazione della cultura a una sorta di mediatore che cerca

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di filtrare i contenuti di internet e poi farli arrivare ai suoi studenti.

Queste affermazioni, che sembrano in qualche modo contrastare con le criticità delineate nel precedente capitolo (v. 7.9), in realtà restrin-gono le potenzialità di una didattica integrata con le nuove tecno-logie, perché sottolineano solo la natura del web come deposito di informazioni, senza sottolineare la possibile dimensione pedagogica di questo strumento.

7.10 Returnees e Internet

Soffermiamoci ora sui returnees e sull’uso che fanno di internet: - lo utilizzano per contattare la famiglia? - per tenersi in contatto con i nuovi amici del Paese ospitante? - attivano nuove amicizie online? - loro cosa ne pensano di internet come strumento di educazione

al cosmopolitismo? - l’idea che si erano fatta attraverso il web del Paese in cui avreb-

bero soggiornato un anno corrispondeva alla realtà?

Il questionario strutturato a risposte multiple è stato somministrato anche a due gruppi di giovani piemontesi e pugliesi reduci da un’e-sperienza all’estero, trascorsa in famiglie ospitanti tramite il progetto Intercultura (i returnees). Tale questionario risulta nella prima parte identico a quello somministrato ai giovani delle scuole, mentre ri-porta nella seconda domande appositamente preparate per rilevare eventuali differenze dovute alla particolare esperienza vissuta, al fine di valutare l’ipotesi di una variabile interveniente in merito. Sono stati inviati 60 questionari in totale; di questi sono giunti 46 compilati, corrispondenti al 76.7%, tra i quali 23 afferenti ai giovani

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piemontesi, di cui si tratterà in questa sezione.

L’uso di internet nella quotidianità

Il primo dato confortante riguarda l’alto tasso di penetrazione di in-ternet nelle case degli intervistati: ad esempio nel caso dei returnees pugliesi, un giovane soltanto non dispone di una connessione casa-linga al web. In mancanza di dati più dettagliati, non siamo purtroppo in grado di definire il tipo di connessione né gli strumenti (pc fisso, portatile, tablet, smartphone) utilizzati.I dati sui tempi medi di connessione rivelano che quasi il 25.0% (re-turnees) dedica ogni giorno alla navigazione un tempo pari o supe-riore alle tre ore (il 16.0% circa in meno di quanto dichiarato dai giovani studenti); il 21.0% riesce a contenersi entro l’ora quotidiana. Per i giovani returnees, tuttavia, internet corrisponde per lo più alle relazioni sociali che vi si possono intrattenere: l’attività preminente è infatti l’utilizzo di social networks (quasi esclusivamente Facebook) con una frequenza d’utilizzo che risulta quotidiana nel 46.0% dei casi. Tutti i rispondenti dichiarano di preferire le relazioni offline, nelle quali il rapporto è più profondo e le emozioni provate più in-tense (e non manca chi denuncia l’assenza di emozioni nella vita online). La rinuncia al vis à vis può essere dunque ricondotta, da un lato, alla distanza spaziale ed alla necessità di uno strumento capace di mettere in relazione persone distanti; da un altro lato, e confer-mando i risultati ottenuti dall’indagine sui giovani delle scuole, l’uso dei social networks può essere ricollegato alla diffusa percezione di questi come estensioni delle relazioni sociali in compresenza fisica, “autentiche”. Su Facebook si possono scambiare contenuti – dalle foto ai video, dai link esterni a siti e blog ad appuntamenti offline – rimandando continuamente ad aspetti della vita “reale”, ribadendo affinità e condivisioni, confermando e fondando in modo continuati-vo, semplice, rapido, la relazione amicale.Si conferma, così il dato sull’uso di internet per la tessitura o il man-

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tenimento anche a distanza di relazioni sociali; l’intensità che queste assumono online non è tuttavia un dato scontato: il 37.0% dei casi sostiene infatti che nessun contatto su Facebook sia da considerarsi amicizia, mentre il 17.0% individua in più di un quarto dei contatti i rapporti amicali autentici e il 25.0% ne dichiara non più di un quarto.

L’uso di internet nella fase precedente la partenza

Un primo dato interessante è quello relativo alla comparabilità delle conoscenze ottenibili attraverso internet e quelle accumulabili attra-verso l’esperienza diretta sul campo. Alla stragrande maggioranza (71.0%) dei returnees piemontesi non è mai venuto in mente di usare internet in vista di una socializzazione anticipatoria alle caratteristi-che ed alla cultura del Paese estero meta della loro esperienza di studio. Il restante 29.0% che si è servito di internet per simili ricerche ha anche condiviso le conoscenze acquisite tramite post. Per il 58.0% dei rispondenti piemontesi, in questa fase l’uso prevalente di inter-net e dei social networks in particolare ha riguardato l’attivazione di contatti in vista della partenza.È interessante notare come una discreta maggioranza (62.5%) di giovani denunci la poca aderenza alla realtà delle conoscenze di cui godeva sul Paese ospitante prima dell’esperienza: che queste derivassero da ricerche online, da studi scolastici, letture o “sentiti dire”, per molti rispondenti sono state per lo più disattese, a riprova dell’importanza data all’esperienza offline in prima persona.

L’uso di internet nell’esperienza all’estero

Un risultato rilevante giunge dal confronto tra i tempi di connessio-ne nella quotidianità della vita in patria e quelli dichiarati durante il soggiorno all’estero: anche disponendo delle stesse condizioni di ac-cesso, nell’esperienza estera con Intercultura i returnees piemontesi hanno avuto tempi di connessione decisamente ridotti rispetto alle

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loro abitudini. L’8.0% circa dei rispondenti ha dichiarato di essersi connesso ad internet più di 3 ore al giorno, contro il 25.0% relati-vo alle connessioni in patria; la metà dei casi (50.0%) non superava i sessanta minuti al giorno (+30.0% circa rispetto alle abitudini di casa). Si può affermare che poter godere di esperienze non comuni abbia distratto i giovani da internet: secondo quanto emerge da focus group condotti in seconda battuta, nonostante la grande quantità di novità da condividere con amici e parenti lontani, i giovani preferiva-no sfruttare appieno il tempo concesso loro, vivendo il più possibile offline e rimandando il tempo del resoconto.Nel corso della permanenza all’estero il 79.0% dei returnees pie-montesi ha incrementato il numero delle “amicizie” di almeno 100 nuovi contatti su Facebook (il restante 33.3% ha superato la soglia dei 100) su Facebook. A differenza dei contatti italiani, però, una quota maggiore di quelli ottenuti all’estero consiste in persone fre-quentate con assiduità offline. Infatti, il 33.0% circa dei returnees (contro il 6.5% in Italia) ha dichiarato che almeno la metà o più della metà dei nuovi amici su Facebook sono da considerarsi effettivamen-te tali, mentre per il 21.0% circa ha negato corrispondenza tra ami-cizie sul online ed offline. Su questo dato può pesare la qualità delle relazioni intessute nel corso di un’esperienza assolutamente fuori dal comune, nella quale per la prima volta ci si ritrova lontani da casa, in un contesto socioculturale e linguistico differente: la natura di una simile esperienza porta a pensare che i rapporti siano vissuti più in-tensamente, dando maggiore valore alle nuove conoscenze.Tal considerazione trova conferma nel dato sulla qualità dei nuovi rapporti intrattenuti durante il soggiorno estero: la gran maggioranza dei returnees piemontesi (92.0% circa) dichiara di aver coltivato rela-zioni profonde e positive con molte persone. Il 54.0% dei rispondenti mantiene i contatti tramite chat anche dopo l’esperienza; il 25.0% dichiara di utilizzare Facebook per la ricerca di persone incontrate, senza riuscire nell’intento. Internet ed i social networks in particolare si confermano, dunque,

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sempre più come, estensioni spaziali e temporali della persona e del-le relazioni che intrattiene offline: strumenti utili a fondare o rafforza-re rapporti di amicizia o conoscenza, nel caso di alta frequenza d’in-contri vis à vis; necessari, se non fondamentali, per il mantenimento di relazioni interpersonali a distanza, sebbene sempre originate da un incontro “reale” e dalla condivisione di esperienze.Ancora, i social networks diventano il primo luogo dove socializzare e raccontare il proprio vissuto: nonostante il tempo ridotto dedicato alla navigazione, il 58.0% dei partecipanti piemontesi al programma di Intercultura, che abbiamo coinvolto nell’indagine, ha condiviso foto con i propri amici; il 12.5% ha usato la chat per parlare con amici italiani e ha pubblicato post per comunicare gli stati d’animo durante il soggiorno, sebbene la difficoltà incontrata nel restituire appieno, a genitori e amici, la dimensione del coinvolgimento e delle emozioni vissute nell’esperienza è testimoniata dal 62.5% dei casi.

Internet come palestra di cosmopolitismo?

Un’ultima considerazione deve riguardare il dato sulla percezione di internet come strumento utile all’insorgere o alla promozione del cosmopolitismo. Innanzitutto, i returnèes piemontesi sono totalmen-te d’accordo con la dichiarazione secondo la quale internet abbia contribuito all’abbattimento delle distanze geografiche. A differenza degli studenti delle scuole superiori coinvolti dall’indagine, in loro emerge una maggiore consapevolezza tanto della stretta relazione tra il web e la dimensione cosmopolita della persona, quanto del ruolo rivestito dalle nuove tecnologie nell’educazione alla mondialità: il 71.0% dei casi si sente più facilmente cittadino del mondo grazie ad internet, mentre il 46.0% ritiene che internet ed i social networks siano utili strumenti di educazione interculturale.

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8. Report Puglia A. Fornasari

8.1 Il contesto regionale letto attraverso una comparazione con i dati nazionali e internazionali (dati Audiweb)

Gli studi sul rapporto tra i cittadini e le nuove tecnologie (rapporti Audiweb e indagini Multiscopo dell’Istat1) sottolineano come rispetto al 2009 sia cresciuta in Italia costantemente la quota di famiglie che possiede un personal computer (dal 54.3% al 57.6%) e che dispone dell’accesso ad internet (dal 47.3% al 52.4%) e di una connessione a banda larga (dal 34.5% al 43.4%). Le famiglie con almeno un mi-norenne risultano le più tecnologiche: l’81.8% possiede il personal computer, il 74.7% l’accesso ad internet e il 63.0% possiede una con-nessione a banda larga. All’estremo opposto si collocano le famiglie di soli anziani di 65 anni e più che continuano ad essere escluse dal possesso di beni tecnologici. Tra il 2009 e il 2011, rimane stabile il divario tecnologico tra il Nord e il Sud del Paese, mentre si riducono le differenze sociali per quasi tutti i beni tecnologici considerati. Ad esempio la quota di famiglie con capofamiglia dirigente, imprendi-tore o libero professionista che possiedono l’accesso ad internet pas-sa dal 78.6% all’84.2% (+7.1%) mentre tra quelle con capofamiglia operaio passa dal 49.4% al 59.4% (+20.2%). Tra i motivi per cui le famiglie non possiedono accesso ad internet al primo posto si colloca la mancanza di capacità (40.8%). Il 23.2% delle famiglie considera internet inutile e non interessante, il 13.2% non ha accesso ad inter-1 Audiweb Trends è il report trimestrale sui dati sintetici della Ricerca di Base sulla diffu-sione dell’online in Italia realizzata dall’istituto di ricerca DOXA per Audiweb. La Ricerca di Base è la ricerca quantitativa che rileva la diffusione dell’online in Italia (potenziale d’accesso) e che contribuisce alla definizione dell’universo degli utenti.

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net da casa perché accede da un altro luogo, il 10.2% perché consi-dera costosi gli strumenti necessari per connettersi e l’8.2% perché ritiene alto il costo del collegamento. L’Italia continua a rimanere indietro rispetto a molti dei paesi dell’Unione europea sia rispetto al possesso di internet sia alla qualità della connessione. Il nostro Paese, infatti, si colloca al ventesimo posto sia per quanto riguarda il possesso di internet da casa (con un tasso di penetrazione tra le famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni del 59.0% rispetto alla media europea del 70.0%) sia per l’accesso mediante banda larga (con un tasso di penetrazione del 49% rispetto alla media europea del 61%). Rispetto al 2009 si evidenzia nel nostro Paese un incremento dell’accesso ad internet (+11.3%) e della connessione a banda larga (+25.6%). Nel 2010 il 51.0% della popolazione di 3 anni e più ha utilizzato il personal computer e il 48.9% della popolazione di 6 anni e più ha navigato su internet.In linea con gli anni precedenti, si riscontrano forti differenze di genere, generazionali e territoriali sia nell’uso del personal com-puter che in quello di internet, ma diminuiscono le differenze sociali. Tra gli operai l’uso del personal computer è passato dal 45.1% nel 2009 al 51.4% nel 2010 e l’uso di internet dal 40.9% al 48.4%, men-tre i dirigenti, imprenditori, liberi professionisti, che presentano tassi di utilizzo molto superiori a quelli degli operai, fanno registrare in-crementi più contenuti: l’uso di internet passa dal 79.1% all’85.0% e l’utilizzo del personal computer dall’81.3% all’85.9%. Le persone di 6 anni e più che si sono connesse ad internet negli ultimi tre mesi hanno utilizzato la rete prevalentemente per spedire o ricevere e-mail (78.5%), per apprendere (67,7%) e per cercare informazioni su merci e servizi (62.8%). Le attività di socializzazione hanno un ruolo importante nell’utilizzo di internet: il 45.0% degli utenti di inter-net utilizza siti di social networking (Facebook, Twitter, Myspace, ecc.), il 36.7% inserisce messaggi in chat, blog, newsgroup o forum di discussione online e il 26.8% utilizza i servizi di instant messa-ging. Le famiglie con almeno un minorenne sono le più tecnologi-

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che. Tra le famiglie si osserva un forte divario tecnologico da ricon-durre a fattori di tipo generazionale, culturale ed economico. Le famiglie costituite da sole persone di 65 anni e più continuano ad essere escluse dal possesso di beni tecnologici: appena il 9.8% di esse possiede il personal computer e soltanto l’8.1% ha l’accesso ad internet. Inoltre in queste famiglie è più limitato il possesso delle nuove tecnologie collegate alla tv, come il decoder digitale terrestre (37.5%) o l’antenna parabolica (16.7%). L’unico bene diffuso (a par-te il tv color) è il cellulare il cui possesso è comunque molto inferio-re alla media nazionale (il 63.6% rispetto all’89.5%). All’estremo opposto si collocano le famiglie con almeno un minorenne che pos-siedono il personal computer e l’accesso ad internet rispettivamente nell’81.8% e nel 74.7% dei casi. Sono queste famiglie ad avere il più alto tasso di possesso di una connessione a banda larga (63.0%) e del telefono cellulare (98.5%), il quale ha raggiunto e superato i livelli di diffusione della televisione. Si riducono le differenze sociali nel possesso di beni tecnologici, infatti le famiglie con capofamiglia dirigente, imprenditore o libero professionista e quelle con capofa-miglia direttivo, quadro, impiegato sono le più tecnologiche. In par-ticolare, l’89.9% delle famiglie con capofamiglia dirigente, impren-ditore o libero professionista possiede il personal computer, l’84.2% l’accesso ad internet, il 70,8% la connessione a banda larga e il 53,5% l’antenna parabolica. Il possesso del cellulare ha superato quello del televisore in quasi tutte le famiglie, eccetto quelle in cui il capofami-glia risulta non occupato. Le famiglie più svantaggiate sono quelle con capofamiglia operaio e quelle con capofamiglia non occupato. Ad esempio, tra le prime e le famiglie in cui il capofamiglia è diri-gente, imprenditore o libero professionista si registra, a favore di queste ultime, una differenza di 23 punti percentuali nel possesso del personal computer, di oltre 24 punti nel possesso dell’accesso ad in-ternet e di circa 21 punti per la connessione a banda larga. Tra il 2009 e il 2010 si riduce il divario tra le famiglie con capofamiglia dirigen-te, imprenditore o libero professionista e quelle con capofamiglia operaio per quasi tutti i beni tecnologici considerati. Il Sud è più

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svantaggiato, infatti sono le famiglie del Centro e del Nord a posse-dere le quote più elevate di beni tecnologici. Il personal computer, ad esempio, è diffuso in uguale misura nel Centro e nel Nord (circa il 60.0%) e meno nel Sud (51,8%). Inoltre, nel Centro-nord si riscontra la quota più alta di famiglie che possiede l’accesso ad internet (oltre il 54%) e la connessione a banda larga (circa il 46.0%), mentre nel Sud e nelle Isole le quote scendono e si attestano rispettivamente (nello specifico in Puglia) intorno al 47.0% e al 37.0%. Tra il 2009 e il 2010 rimane stabile il divario tecnologico tra il Nord e il Sud del Paese per tutti i beni ad eccezione del decoder digitale terrestre. Le famiglie non hanno internet a casa per l’incapacità di utilizzarlo: questo il motivo maggiormente indicato dalla parte del campione che dichiara di non navigare (40.8%). Il 23.2% delle famiglie considera internet inutile e non interessante, il 13.2% non ha accesso ad inter-net da casa perché accede da un altro luogo, il 10.2% perché conside-ra costosi gli strumenti necessari per connettersi e l’8.2% perché ri-tiene alto il costo del collegamento. Decisamente residuale la quota di famiglie che indica tra le motivazioni la disabilità fisica (3.2%), i motivi di privacy e di sicurezza (2.6%) e la pericolosità dei contenu-ti di internet (1.6%). Le motivazioni si distribuiscono diversamente a seconda della tipologia familiare. Nelle famiglie di soli anziani è più elevata della media la quota di coloro che non possiedono accesso ad internet da casa per mancanza di capacità (55.7%), perché lo consi-derano inutile (28.0%) e per disabilità fisica (5.8%). Tra le famiglie con almeno un minorenne è superiore alla media la quota di chi non accede ad internet da casa per l’alto costo degli strumenti necessari alla connessione e del collegamento (rispettivamente 26.3% e 22.2%) o perché vi si accede da altro luogo (22.1%). Rispetto al 2008 non si registrano cambiamenti significativi nella graduatoria dei motivi del non accesso ad internet da casa. La mancanza di accesso continua ad essere in primo luogo un problema culturale; infatti, tra le motivazio-ni rimane stabile al primo posto la mancanza di capacità. Per quanto concerne le differenze internazionali nell’accesso ad internet, bi-sogna sottolineare che l’Italia è indietro in Europa. Infatti è possi-

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bile effettuare dei confronti internazionali sulla base dei dati raccolti con l’indagine comunitaria sulla diffusione delle ICT presso le fami-glie e gli individui realizzata dagli istituti di statistica dei paesi mem-bri dell’Unione europea. Considerando la percentuale di famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni che possiede un acces-so ad internet da casa, l’Italia è rimasta indietro rispetto a molti dei paesi dell’Unione europea, risultando al ventesimo posto, con un tas-so di penetrazione del 59.0% rispetto alla media europea del 70.0%. Vicini all’Italia troviamo la Spagna (59.0%) e la Lettonia (60.0%), mentre Olanda, Lussemburgo, Svezia e Danimarca registrano un tas-so di penetrazione che supera l’86.0%. Rispetto al 2009 l’Italia regi-stra una crescita nell’accesso ad internet pari all’11.3%. Un altro in-dicatore importante per misurare il digital divide è dato dalle famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni che possiedono un accesso ad internet da casa mediante banda larga: anche in questo caso l’Italia si colloca in fondo alla graduatoria, con un tasso di pe-netrazione del 49.0% rispetto alla media europea del 61.0%. Valori vicini a quello dell’Italia si riscontrano per la Slovacchia (49.0%), il Portogallo (50.0%), mentre Svezia, Danimarca e Finlandia registra-no un tasso di penetrazione che supera il 76.0%. Rispetto al 2009 i Paesi che registrano la crescita maggiore nell’accesso ad internet me-diante banda larga sono l’Italia e la Grecia, entrambe con un incre-mento superiore al 24.0%. Per quanto concerne l’utilizzo delle tec-nologie da parte degli individui permangono forti differenze generazionali. Nel 2010 il 51.0% della popolazione di 3 anni e più utilizza il personal computer e il 48.9% della popolazione di 6 anni e più naviga su internet. Se si considera la frequenza di utilizzo, si evidenzia che il 30.7% delle persone di 3 anni e più usa il personal computer tutti i giorni e il 26.4% di quelle di 6 anni e più usa Internet quotidianamente . Rispetto al 2009, aumenta la quota degli utenti sia del personal computer (3.5 punti percentuali) sia di internet (4.5 pun-ti percentuali), confermando così il trend crescente registrato dal 2008 dopo il susseguirsi di due anni di stagnazione (2006 e 2007). In particolare, si registra un incremento significativo nell’uso quotidia-

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no: dal 27.0% al 30.7% per il personal computer e dal 21.8% al 26.4% per internet. Il picco di utilizzo del personal computer e di internet si ha tra i giovani di 11-24 anni (oltre l’82.0% e oltre il 75.0%), per poi decrescere rapidamente all’aumentare dell’età. Già tra le persone di 35-44 anni l’uso del personal computer (66,6%) e di internet (64,6%) è molto più contenuto. Tra le persone tra i 60 e i 64 anni solo il 28.3% usa il personal computer e il 25.2% naviga in in-ternet, mentre tra gli ultra sessantacinquenni l’uso di queste tecnolo-gie è ancora un fenomeno marginale. In linea con gli anni precedenti, si riscontrano forti differenze di genere sia nell’uso del personal computer che in quello di internet. Dichiara, infatti, di utilizzare il personal computer il 56.5% degli uomini, a fronte del 45.8% delle donne, e naviga in internet il 54.6% degli uomini e il 43.6% delle donne. Va rilevato, comunque, che fino ai 34 anni le differenze di genere sono molto contenute o nulle, mentre si accentuano a partire dai 35 anni a favore degli uomini, per raggiungere il massimo tra le persone tra i 55 e i 64 anni, con oltre 16 punti percentuali a favore degli uomini sia per quanto riguarda l’utilizzo del personal computer che di internet. Tale divario a favore degli uomini si registra anche tra gli utenti che si connettono giornalmente al web o che utilizzano quo-tidianamente il personal computer . È forte lo svantaggio del Sud, ma diminuiscono le differenze sociali, infatti nel 2010 permane lo squilibrio territoriale sia nell’uso del personal computer che in quello di internet: utilizza il computer oltre il 53.0% della popolazione resi-dente nel Centro-nord a fronte di una quota che nel Sud e nelle Isole è rispettivamente del 43.5% e del 47.0%; l’uso di internet supera il 51.0% nel Centro-nord e si attesta al 41.9% nel Sud e al 44.5% nelle Isole. Particolare rilevanza assume anche l’ampiezza del comune di residenza. Ad esempio, nei comuni fino a 2.000 abitanti la quota di chi si connette ad internet è pari al 42.4%, mentre nei comuni centro e periferia dell’area metropolitana la quota supera il 53.0%. Gli uten-ti del personal computer si attestano al 46.0% nei comuni fino a 2.000 abitanti, mentre superano il 54.0% nei comuni centro e della periferia dell’area metropolitana. Tra il 2009 e il 2010 si registrano incre-

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menti significativi in tutte le ripartizioni territoriali sia nell’uso del personal computer sia nell’accesso ad internet, ma nonostan-te ciò le differenze territoriali tra il Nord e il Sud del paese ri-mangono stabili. L’uso del personal computer e di internet è conno-tato anche da un forte divario sociale che comunque appare in attenuazione. Tra gli “over 15” usano di più il personal computer e internet gli studenti (rispettivamente 92.1% e 91.8%), per i quali la sovrapposizione nell’uso dei due strumenti è quasi totale, seguiti da-gli occupati (71.1% e 68.7%); all’ultimo posto si collocano le casa-linghe (18.4% e 17.1%) e i ritirati dal lavoro (15.4% e 13.3%). Tra gli occupati l’uso del personal computer prevale tra i direttivi, quadri, impiegati (87.3%). Seguono i dirigenti, imprenditori, liberi profes-sionisti (85.9%) e, a grande distanza, i lavoratori in proprio e i coa-diuvanti (59.2%), mentre tra gli operai e apprendisti la quota di chi utilizza il personal computer scende al 51.4%. Internet è utilizzato soprattutto dai dirigenti, imprenditori, liberi professionisti e i diretti-vi, quadri, impiegati (circa l’85.0%). Solo il 48.4% degli operai e apprendisti usa, invece, la rete. Il luogo privilegiato di utilizzo è la casa, pochi si connettono a internet senza fili. Infatti la maggio-ranza dei soggetti interpellati dichiara di collegarsi dalla propria abitazione. L’88.8% delle persone con età superiore ai 3 anni che ha utilizzato il personal computer nei tre mesi precedenti l’intervista lo ha fatto da casa. Seguono le connessioni dal posto di lavoro (37.5%), da casa di altri (22.8%), dal luogo di studio (15.8%) e da altri luoghi (17.4%). Per internet si riscontra una situazione simile con l’87.2% degli utilizzatori di 6 anni e più che lo usa da casa, il 35.9% dal luogo di lavoro, il 23.4% da casa di altri, il 12.6% dal luogo di studio e il 17.5% da altro luogo. Considerando i figli dai 3 ai 17 anni che vivono con i genitori (con uno o entrambi), si evidenzia che il 21.5% usa il personal computer solo a casa, il 13.8% sia a casa, sia a scuola (ma non altrove) e il 12.2 % utilizza il personal computer sia a casa, sia a scuola e sia in altri luoghi. Appena l’1.7% lo usa solo a scuola. Il di-vario tra i bambini e ragazzi dai 3 ai 17 anni, dovuto al titolo di studio dei genitori, è molto forte. Infatti, ha usato il personal computer negli

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ultimi tre mesi il 66.5% dei bambini e ragazzi con almeno un genito-re laureato rispetto al 43.2% di quelli con i genitori con la licenza elementare. I bambini e ragazzi con genitori con titoli di studio bassi sono svantaggiati sia nell’uso a casa, sia nell’uso combinato a casa e a scuola, il che dimostra che la scuola non riesce a colmare il profon-do divario dovuto ad un ambiente familiare non favorevole. Conside-rando, infine, il collegamento ad internet senza fili, si evidenzia che sono ancora poche le persone che lo usano. Il 38.8% degli utenti di internet usa un portatile con collegamento senza cavi (WIFI). Più contenute le quote di coloro che usano un cellulare via UMTS, 3G, 3G+ (9.5%), un cellulare via GPRS (6.5%) e un computer palmare (5.0%). La quota di coloro che utilizzano collegamenti senza fili è sempre più alta tra gli uomini e nella fascia d’età tra i 18 e i 44 anni. Rispetto all’anno precedente la situazione è piuttosto stabile, ad ec-cezione di chi usa il portatile con collegamento senza cavi (WIFI) che passa dal 32.0% nel 2009 al 38.8% nel 2010. Per quanto concer-ne le abilità informatiche degli utilizzatori del personal computer il 35.5% delle persone di 3 anni e più che usano il personal computer ha seguito uno o più corsi relativi al suo utilizzo (10 milioni 541 mila persone). La quota di chi ha seguito corsi è più alta fra le donne (38.1% contro il 33.2% degli uomini), tra i 55 e i 59 anni (44.5%), tra i 20 e i 24 anni (41.5%) e tra la popolazione residente nel Nord, dove oltre il 38.0% dichiara di aver seguito corsi relativi all’uso del perso-nal computer a fronte di una quota che si attesta al 30.9% nel Sud e al 31.1% nelle Isole. La quasi totalità degli utenti di internet di 6 anni e più sa usare un motore di ricerca (94.2%) e una quota molto eleva-ta sa spedire e-mail con allegati (82.5%). Oltre la metà degli utenti sa inserire messaggi in chat, newsgroups o forum di discussione online (55.0%). Più contenute le quote di utenti che dichiarano di saper te-lefonare tramite internet (34.4%), che sanno usare il peer to peer per scambiare film, musica, ecc. (23.3%) e che affermano di saper creare una pagina web (18.5%). Rispetto alle abilità informatiche emergono differenze di genere solo relativamente ad alcune di esse: il 28.0% degli uomini sa usare il peer to peer per scambiare film, musica, ecc.

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rispetto al 16.8% delle donne, il 21.9% sa creare una pagina web mentre tra le donne è il 14.6% e il 37.1% degli uomini utilizza inter-net per effettuare telefonate contro il 31.3% delle donne. La quota di coloro che sanno inserire messaggi in chat, newsgroup o forum di discussione online e creare una pagina web è più elevata tra i 15 e i 24 anni; in particolare, oltre il 79.0% degli utenti di questa fascia di età sa inserire messaggi online e oltre il 27.0% è in grado di creare una pagina web. L’utilizzo di internet per telefonare è più diffuso tra i 18 e i 44 anni, nello specifico più del 34.0% sa effettuare telefonate via internet, mentre più del 32.0% delle persone tra i 15 e i 34 anni sanno impiegare il peer to peer per scambiare film, musica, ecc. Cir-ca le attività svolte con internet, le persone di 6 anni e più che si sono connesse ad internet negli ultimi tre mesi hanno utilizzato la rete prevalentemente per comunicare attraverso l’uso della posta elettronica, ovvero per spedire o ricevere e-mail (78.5%), hanno con-sultato internet per apprendere (67.7%) e per cercare informazioni su merci e servizi (62.8%). Di rilievo è la quota di chi si connette al web per usare servizi relativi a viaggi e soggiorni (45.1%), per usare siti di social networking (Facebook, Twitter, Myspace), per leggere o scaricare giornali, news, riviste (44%), per giocare o scaricare giochi, immagini, musica (41.2%), per cercare informazioni sanitarie (40.1%), per inserire messaggi in chat, blog, forum (36.7%), per cer-care informazioni su attività di istruzione o su corsi di qualunque tipo (36.5%) o per caricare testi, immagini, fotografie, ecc. su siti web per condividerli (36.4%). Rispetto al 2009 tra gli utenti di internet au-menta il ricorso ai sistemi di comunicazione in tempo reale: aumen-tano le telefonate via internet, le videochiamate e l’inserimento dei messaggi in chat, blog, newsgroup o forum di discussione online. In crescita anche l’ascolto della radio e la visione di programmi televi-sivi su web. Se, invece, si analizzano le attività svolte su internet sul totale della popolazione di 6 anni e più, non solo le attività di comu-nicazione ma anche tutte le altre attività mostrano una crescita rispet-to al 2009. Ciò significa che la crescita degli utenti di internet potrebbe essere dovuta essenzialmente a persone che usano la

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rete per attività di comunicazione. Le attività svolte con il web sono strettamente correlate con l’età: tra i 18 e i 59 anni oltre l’81.0% degli utilizzatori di internet usa la rete per mandare o ricevere e-mail. L’utilizzo del web per cercare informazioni su attività d’istruzione o su corsi di qualunque tipo è particolarmente diffuso tra le persone tra i 18 e i 24 anni (oltre il 51.0%). Consultare internet per apprendere è un’attività svolta prevalentemente dalle persone di tra i 15 e i 24 anni (oltre il 72.0%), mentre la ricerca di lavoro su internet prevale nella fascia tra i 20 e i 34 anni (oltre il 32.0%). Cercare informazioni sani-tarie e leggere giornali, news, riviste sono, invece, le attività più dif-fuse tra le persone tra i 25 e i 64 anni. L’uso di servizi bancari via internet è molto diffuso tra le persone tra i 35 e i 44 anni (41.4%). Caricare testi, immagini, fotografie sul web per condividerli e ascol-tare la radio, guardare programmi televisivi su web è più diffuso tra le persone tra i 15 e i 24 anni (rispettivamente oltre il 59.0% e oltre il 45.0%). Le attività di comunicazione hanno un ruolo importante nell’utilizzo di internet. Il 45.0% degli utenti di internet utilizza siti di social networking (Facebook, Twitter, Myspace, ecc.), il 36.7% inserisce messaggi in chat, blog, newsgroup o forum di discussione online e il 26.8% utilizza i servizi di instant messaging. Internet ri-sulta meno usato per effettuare videochiamate (22.4%) e per telefo-nare (18.9%). L’uso della rete per comunicare è fortemente connota-to con l’età: sono soprattutto i giovani tra i 15 e i 24 anni ad usare siti di social networking (oltre il 73.0% rispetto al 45.o% della media), ad inserire messaggi in chat, blog, newsgroup o forum (oltre il 66.0% contro il 36.7% della media nazionale), ad utilizzare i servizi di in-stant messaging (più del 50.0% contro il 26.8% della media naziona-le). Non emergono differenze territoriali rilevanti nell’uso di internet per comunicare ad eccezione per l’inserimento di messaggi in chat, blog, newsgroup o forum di discussione online e nell’uso di siti di social networking che risultano maggiormente diffusi nel Sud ri-spetto al resto del Paese. In particolare nel Sud il 52% degli uten-ti di internet ha usato siti di social networking rispetto al 39.1% degli utenti residenti nel Nord-est. Nel Sud il 42.0% degli utenti ha

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usato internet per inserire messaggi in chat, blog, newsgroup o forum rispetto al 32.7% del Nord-ovest.

8.2 La ricerca in Puglia: le scuole campione e la media edu-cation

Il Liceo scientifico Gaetano Salvemini sorge nel quartiere Japigia di Bari, in prossimità della tangenziale, all’interno di un complesso di edifici scolastici denominato “Polivalente”.Il quartiere può essere definito semi-popolare. L’edificio, che si svi-luppa su tre piani, ospita su ogni livello, insieme alle aule, diversi laboratori e locali destinati ad attività didattiche.

- Auditorium con 450 posti a sedere - Biblioteca con oltre 5500 volumi - Laboratori di chimica e di biologia - Laboratorio scientifico multimediale - Laboratorio linguistico audio-attivo comparativo // centro poli-

valente di apprendimento e di auto-apprendimento - Laboratorio linguistico multimediale - Laboratorio di fisica - Laboratorio di informatica - Aula multimediale - Laboratorio di educazione stradale - Palestra attrezzata con annessa sala di riabilitazione e di poten-

ziamento muscolare e campi interni ed esterni per giochi di squa-dra.

- Aula attrezzata per il Tennis da tavolo in convenzione con CONI e FITET

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- Aula attrezzata per il centro di informazione e consulenza/CIC

I bisogni formativi generali ai quali la scuola cerca di rispondere Cosa chiede (1) la società globalizzata della conoscenza, e la comu-nità europea, alla scuola per costruire il suo futuro? Cosa chiede (2) la nostra società nazionale?1.Un mondo globalizzato e multiculturale, caratterizzato: - dalla società della conoscenza e dell’informazione, dall’accele-

razione del tempo storico, dalla velocità e dalla problematicità dello sviluppo (in cui ricerca e formazione sono nodi decisivi dello sviluppo, su cui non si ha tempo e modo di riflettere ade-guatamente), dalla complessità, dalla caduta delle grandi cer-tezze culturali, ideologiche e scientifiche dei secoli passati, dal mutamento della stessa natura del lavoro e delle forme di vita;

- dal pluralismo di culture e linguaggi; - dalla crisi giovanile, nelle sue varie manifestazioni: identità, in-

determinazione etica, narcisismo, sentimento di marginalità e frustrazione, scarsa fiducia in sé e nel futuro, ecc..;

- dalla crisi del civismo, dell’etica e della responsabilità pubblica, della cittadinanza democratica attiva, della coesistenza pacifica e inclusiva in una società multiculturale e multietnica, in una di-mensione solidaristica e giusta;

- dalla minaccia ad uno sviluppo futuro socialmente ed ecologica-mente sostenibile e giusto.

Propone nuove sfide alla scuola. 2.In particolare l’Istituto si propone di: - promuovere una solida identità, critica e propositiva, della perso-

na degli alunni, da un punto di vista cognitivo, emotivo, sociale, relazionale. L’identità personale è composta anche di futuro, di fiducia nella possibilità di contribuire a costruirlo e a progettar-lo: l’Istituto valorizza la globalità della persona, la sua autono-

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ma capacità di conoscersi, di orientarsi, di comprendere critica-mente la realtà, di partecipare creativamente e responsabilmente alla costruzione di un personale progetto di vita e della società, nell’ottica di una civile convivenza;

- promuovere lo sviluppo di una cultura che valorizzi le identità e le differenze, che contribuisca all’integrazione, alla costruzione negoziata di una nuova cultura attraverso il dialogo e il confronto democratico;

- promuovere la coscienza europea di cittadino, la consapevole accettazione dei principi della Carta europea, fondata sul rico-noscimento dei valori della persona, dei suoi diritti e della sua dignità, della pace, del dialogo tra i popoli e tra le culture; sul riconoscimento della differenza come valore e dei valori della solidarietà verso i deboli.

Principi generali di riferimento per la costruzione dell’offerta formativaIl Liceo Salvemini fornisce una preparazione culturale di base com-pleta in tutte le sezioni di cui è composto, assicurando l’unità e l’or-ganicità dell’offerta; essa risulta equilibrata tra le discipline caratte-rizzanti gli indirizzi sperimentali (PNI e LINGUISTICO) e le aree comuni linguistico-storico-letteraria e matematico-scientifica. Tale preparazione è conseguita attraverso una pluralità di metodologie, comunemente caratterizzate da una didattica rigorosa e innovativa, attiva e coinvolgente, resa completa con attività di laboratorio che, almeno nella maggioranza dei casi, utilizzano le più moderne tec-nologie in molti ambiti disciplinari. L’Istituto, in relazione alla di-mensione europea della formazione, della cittadinanza e delle future professioni, assicura la conoscenza delle lingue straniere in tutti gli indirizzi e offre una particolare preparazione in due lingue europee nella sezione linguistica. L’Istituto, nella progettazione e nella rea-lizzazione dell’offerta formativa, attribuisce rilevante importanza ai seguenti elementi:

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- la centralità della relazione umana nel rapporto formativo; - la dimensione unitaria della cultura, umanistica e scientifica; - l’attenzione verso le problematiche giovanili; - la diversificazione e la flessibilità dell’offerta formativa, in rela-

zione alla specificità dei bisogni e della utenza; - la compartecipazione e la collaborazione tra famiglia e scuola; - la promozione di esperienze di cittadinanza attiva e di forme di

solidarietà, nella scuola e nel territorio; - la cultura dell’’integrazione, della coesione e dell’inclusione so-

ciale; - l’attenzione alle dinamiche di sviluppo del territorio, l’indivi-

duazione di indirizzi formativi e di nuove figure professionali richieste dal mondo del lavoro e orientate al futuro;

- la promozione di capacità di apprendere attraverso la relazione umana, il lavoro in gruppo, l’uso delle nuove tecnologie comu-nicative.

Finalità educativeL’Istituto individua, dunque, le seguenti aree formative in cui operareprincipalmente:1. FORMAZIONE DELLA PERSONA, in cui rientrano le attività riguardanti: - area di orientamento - area creativo-espressiva - socializzazione e sport - incontri culturali e di approfondimento - viaggi di istruzione - stare bene a scuola e salute

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2. FORMAZIONE DEL CITTADINO, in cui rientrano le attività ri-guardanti: - area della cittadinanza - educazione alla legalità - educazione alla salute ed ecologica - educazione alla valorizzazione della diversità - educazione alla solidarietà

3. FORMAZIONE DELL’ALUNNO, in cui rientrano le attività ri-guardanti: - innovazione didattica - sostegno, recupero, eccellenza - valutazione - didattica laboratoriale - spazi e tempi per l’espressività dei giovani attraverso una plura-

lità di linguaggi

Curricoli esistentiIl Liceo Salvemini è consapevole del fatto che un’operazione soli-da e organica sui curricoli sarà possibile solo con una riforma della Scuola Secondaria Superiore, con la chiarificazione della specificità dell’offerta formativa regionale, del monte orario, del rapporto tra parte obbligatoria e parte opzionale del curricolo stesso, del ruolo della scuola autonoma e dei singoli docenti nella definizione della parte flessibile dei curricoli. Tuttavia, nel quadro delle possibilità consentite dall’autonomia, tenendo conto delle indicazioni europee per l’educazione, delle indicazioni nazionali esistenti, tenendo con-to dello sviluppo teorico e delle sperimentazioni attuate nel nostro Paese e all’estero, facendo tesoro delle migliori pratiche disponibili, cercherà, a piccoli passi e gradualmente, di attuare un ampliamento

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e una caratterizzazione della propria offerta formativa per rispondere nel modo più adeguato ai bisogni formativi delle nuove generazioni. A questo fine, il Liceo tiene conto di alcuni punti critici nei curricoli esistenti per cercare possibili cambiamenti efficaci.

a) Curricoli di area umanistica e relativi punti critici - Persiste una impostazione storicistica enciclopedica nei pro-

grammi, che impedisce la qualità dell’insegnare e dell’apprende-re. Un insegnamento che non vuole soltanto trasmettere nozioni, ha bisogno di metodologie più efficaci, attive, coinvolgenti, la-boratoriali, in grado di promuovere apprendimenti significativi, personalizzati, capitalizzabili, duraturi, flessibili, attraverso la progettazione di ambienti formativi più radicati nell’esperienza e nei contesti problematici concreti, realizzabili, quindi, in tempi più dilatati e in spazi più disponibili per la comunicazione didat-tica.

- Occorrono scelte curricolari che selezionino i nuclei fondamen-tali delle discipline, sia da un punto di vista dei contenuti (le conoscenze) sia dal punto di vista epistemologico (il modo di produrre conoscenza) e che rendano liberi i docenti e i consi-gli di classe di progettare percorsi plurali, rispettosi di criteri di rigore storico-critico, di rappresentatività della ricchezza della tradizione nella pluralità degli ambiti di conoscenza e di metodi di produzione di conoscenza, di espressività artistica e di generi e codici comunicativi.

- Presenza flebile del ‘900 nei curricoli di quasi tutte le materie. - Ancora scarsa l’attenzione al rapporto con altri campi del sape-

re e della cultura; produzione e fruizione artistica, produzione e fruizione del sapere scientifico, l’area di cittadinanza del sapere, in un momento storico in cui molti problemi e temi hanno la ca-ratteristica della multidimensionalità e complessità, richiedono la valorizzazione di approcci multidisciplinari e convergenti di

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conoscenza.

b) Curricoli di area scientifica e relativi punti critici - In un moderno curricolo scientifico non può essere del tutto as-

sente la dimensione tecnologica, perché questo darebbe un’im-magine falsa di come la scienza è oggi, poiché il mondo costruito dall’uomo è altrettanto degno di indagine quanto quello naturale e perché, sul piano cognitivo, la soluzione di problemi pratici dovrebbe essere una componente essenziale della formazione. Quindi, deve essere messo in evidenza il legame e la continuità fra aspetti scientifici e aspetti tecnologici.

- La pratica sperimentale nelle sue diverse forme deve essere in-trodotta mediante adeguate soluzioni curricolari. Nell’insegna-mento scientifico la pratica del metodo sperimentale deve essere non solo conosciuta teoricamente ma “sperimentata”, in situa-zioni problematiche, per provare stili e competenze della ricer-ca scientifica, per mettere alla prova e applicare le conoscenze teoriche .

- Deve essere fatto ogni sforzo perché nelle programmazioni di-dattiche sia dato spazio all’approccio storico delle discipline scientifiche e a un loro raccordo con le discipline umanistiche, per collocare la nascita dei concetti, delle teorie e delle invenzio-ni nel loro contesto culturale e sociale, anche al fine di rendere evidente il ruolo della scienza e della tecnologia nell’attività in-tellettuale del genere umano. La dimensione storica dello svilup-po e della crescita della ricerca scientifica, emblematicamente, serve a promuovere la comprensione del senso costruttivo e pro-blematico del progresso, più aderente all’immagine attuale della conoscenza scientifica.

Il curricolo si è arricchito a partite dall’a.s. 2009/2010 delle seguenti caratterizzazioni:

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1. Biomedica-Biotecnologica2. Fisico-ginnico-sportiva3. Ecologico-ambientale4. Linguistica: L2 italiano o L3 lingua straniera/insegnamento inte-

grato: una disciplina in lingua straniera

Nel quadro della innovazione didattica perseguita dal Liceo Salve-mini, vanno menzionate le caratterizzazioni – ecologica, linguistica e ginnico sportiva – inserite nel curricolo delle classi prime nelle sezioni A, C, D, E, o in continuità nelle classi seconde e terze nelle sezioni E, F e G. L’uso dei laboratori e delle aule multimediali è prassi consolidata in più discipline, come le uscite didattiche per visitare mostre e musei o per assistere a spettacoli cinematografici e/o teatrali. Il curriculum liceale può essere potenziato, arricchito o diversificato attraverso la partecipazione ai Corsi previsti dai Progetti interni all’istituto e/o finanziati dalla Comunità europea. Il Liceo aderisce altresì al programma Intercultura, che favorisce l’integrazione di studenti stranieri nelle classi per l’apprendimento della lingua e cultura italiana. Tale esperienza si rivela proficua sia per gli studenti stranieri, sia per gli studenti italiani, nell’ottica del confronto e dell’apertura dei propri orizzonti culturali. Gli studenti stranieri opportunamente seguiti da un docente tutor vengono inseriti in classi diverse, a seconda delle discipline selezionate e dei diversi livelli di conoscenze. Ciò consente allo studente straniero di avere un piano di studi personalizzato e di seguire più discipline in più gruppi classe e di allargare le proprie conoscenze e familiarizzare con diver-si studenti e docenti. Presenti corsi ECDL, Progetti Pon sulla multimedialità – (Pon su realizzazione di disegni tridimensionali, sulla catalogazione multi-mediale di testi), presenta un sito internet estremamente ricco di col-legamenti e informazioni, ma non particolarmente interattivo (pre-senza di un blog degli studenti ma non costantemente aggiornato).

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L’Istituto Tecnico Statale Commerciale e per Geometri Leonardo da Vinci nasce a Martina Franca nell’ a.s. 1962/63 come sezione stac-cata del Pitagora di Taranto. Dichiarata autonoma nel 1968, in poco più di trent’anni la scuola si è sviluppata enormemente nonostante le difficoltà strutturali connesse alla provvisorietà e precarietà del-le sedi di volta in volta messe a disposizione dall’Amministrazione Provinciale di Taranto.Nell’anno scolastico 1991/92 l’Istituto ottiene la propria sede defini-tiva in Contrada Pergolo, dove è attualmente ubicato, e nello stesso anno inizia in due prime classi la sperimentazione I.G.E.A. (Indiriz-zo Giuridico Economico Aziendale) divenuta ordinamento nell’a.s. 1999/2000.A partire dall’anno scolastico 2000/2001, la graduale introduzione dell’autonomia ha permesso di avviare significative innovazioni di carattere didattico e organizzativo (“Laboratorio di Filosofia” e “Mo-duli integrati”) e ha favorito l’inserimento dell’Istituto nel Program-ma Operativo Nazionale (P.O.N. 2000-2006) con obiettivi di grande rilievo.Nell’anno scolastico 2004/2005 viene attivata la prima sezione del Corso per perito aziendale e corrispondente in lingue estere (Progetto E.R.I.C.A.).A partire dallo stesso anno, inoltre, l’Istituto risulta inserito nell’e-lenco regionale quale sede operativa accreditata per la Formazione Superiore (IFTS) e per la Formazione Continua.Successivamente, in ordine al Piano provinciale di organizzazione della rete scolastica l’istituto viene autorizzato dalla Regione Pu-glia ad ampliare la propria offerta formativa, per l’a.s. 2007/2008, con l’istituzione dell’indirizzo Tecnico Turistico “Progetto ITER”, per l’a.s. 2008/2009, con l’istituzione del Progetto SIRIO (un corso IGEA e un corso per Geometri). Tutti i corsi hanno durata di 5 anni e si suddividono in un biennio e in un triennio per i Corsi Igea, Erica e Geometri e in due bienni e un quinto anno per i Corsi di AFM, TUR e CAT.

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Le principali innovazioni dei rispettivi curricoli riguardano:1. la suddivisione, nel biennio, delle discipline tra area comune e

area di indirizzo;2. l’ aggiunta di ore di insegnamento da destinare all’attività di la-

boratorio;3. l’inserimento nell’area comune del biennio di una materia deno-

minata Diritto ed economia per rispondere alle esigenze di for-mazione del cittadino in quanto tale;

4. la revisione sostanziale dell’insegnamento della Matematica in-tegrato con l’insegnamento di Informatica (PNI);

5. l’istituzione delle materie Scienza della Materia e Scienza della Natura per l’insegnamento integrato delle discipline scientifiche;

6. la creazione di un’area operativa denominata Trattamento testi e dati, per l’acquisizione delle abilità necessarie ad operare in ambiente informatico previste per il conseguimento della patente europea del computer ECDL;

7. l’introduzione della seconda lingua straniera nell’IGEA e della terza lingua straniera nell’ ERICA e nell’ITER;

8. l’insegnamento della lingua straniera per tutto il quinquennio (Geometri);

9. nei Geometri l’inserimento nel triennio di una nuova materia de-nominata Impianti, lo studio della Fotogrammetria a integrazio-ne della Topografia, l’inserimento della Geopedologia nell’am-bito dello studio dell’Estimo e dell’Economia agraria.

Il BIENNIO ha un carattere introduttivo e informativo-cultu-rale: nei primi due anni gli obiettivi di istruzione e socializza-zione sono collocati all’interno di una prospettiva unitaria che ha come finalità fondamentale quella di portare tutti gli alun-ni ad un livello di istruzione e socializzazione adeguato a pro-seguire autonomamente ed efficacemente il percorso di studio. La presenza, quindi, di un’area di indirizzo nel biennio risponde a

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tre esigenze: - partecipare alla formazione generale dell’alunno - anticipare qualche tema dell’area professionale - orientare la scelta dell’indirizzo

Il TRIENNIO ha un carattere prevalentemente tecnico-professionale ed è finalizzato all’acquisizione da parte dello studente di un livello di professionalità di base che sia spendibile nel mondo del lavoro. Presenta un sito internet ricco, una piattaforma Moodle per l’e-lear-ning, un blog per gli studenti e la possibilità di scaricare materiale didattico interattivo. Vengono organizzati corsi ECDL e sono presen-ti 3 LIM. Si annoverano diversi progetti e laboratori legali alla mul-timedialità: tra questi segnaliamo il progetto “dall’aula alla classe virtuale Al web OB.D1. Il progetto ha come obiettivi : - conoscere i vantaggi apportati dalle ITC alla didattica - apprezzare la valenza dell’approccio costruttivistico - conoscere le potenzialità di specifici strumenti d’interazione e di

apprendimento - conoscere la piattaforma di e-learning Moodle - acquisire la capacità di gestire le attività didattiche di una classe

virtuale in ambiente Moodle - saper usare gli strumenti per la realizzazione di un corso - progettare un corso o in alternativa un ambiente aperto per la

comunicazione e la costruzione dei saperi (blog, podcast)

IISS Antonietta de Pace di Lecce. La sede centrale dell’Istituto si trova in Viale Marche, a pochi metri dal centro della città, ed ospi-ta gli Uffici di Presidenza e di Segreteria. Poiché la sede centrale ospita oltre agli indirizzi Grafico-Pubblicitario e Chimico-Biologico anche i percorsi serali degli Indirizzi Moda e Grafico Pubblicitario, la sede è aperta dalle 8.00 alle 21.00 con un Servizio Accoglienza Orientamento. La sede è dotata di Biblioteca centrale (con oltre 2000

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volumi pregiati) e di Biblioteca didattica/ CDD. L’edificio che ospi-ta la scuola è stato per lunghi anni sede dell’importante istituzione IPAI. La sede di via Miglietta ospita gli ambienti attrezzati interni ed esterni del Centro Risorse FRECCIA, presidio provinciale contro la dispersione scolastica e la disgregazione sociale. Il progetto è tra i finalisti nell’ambito del concorso internazionale GLOBAL JUNIOR CHALLENGE 2012 promosso dalla Fondazione Mondo Digitale, a Roma, in Campidoglio, come esempio di buona pratica per la pro-mozione dell’integrazione sociale e del successo formativo. L’inno-vazione didattica rappresenta un punto di forza dell’offerta formativa realizzata dall’IISS Antonietta de Pace di Lecce e ha sviluppato un nuovo concetto di “ambiente d’apprendimento”: oltre all’aula tradi-zionale, infatti, la laboratorialità si declina in ambienti di tipo interat-tivo, adeguati a stimolare l’apprendimento per problemi e le strategie cooperative che facilitano lo sviluppo di competenze per la vita, per lo studio, per la professione. Sulla base di questo convincimento, pertanto, grazie ad un FESR Misura 4. Azione 4.1, l’Istituto ha dato vita al Centro Risorse FRECCIA, acronimo di Formazione Rie-quilibrio Educazione Comunicazione Crescita Integrazione Acco-glienza, contro la dispersione scolastica e la frammentazione sociale, realizzato in partenariato con la Provincia di Lecce e inaugurato nel corso dell’a.s. 2007/2008 come laboratorio di ricerca azione e raccordo tra ricerca accademica e istituzioni in fatto di formazione professionale, educazione alla cittadinanza attiva, istruzione di base, Life Long Learning ed utilizzo delle nuove tecnologie. I laborato-ri sono accessibili gratuitamente a tutti e supportano le più svariate attività: Lingue Straniere, Grafica e Fotografia, Giornalismo e Multi-medialità, Teatro, Danza e Musica, Serra biologica e Orto botanico, Scienze e Biotecnologie, Meteorologia, Moda, Artigianato e Brico-lage, Simulazione d’Impresa, Informatica ed ECDL, Accoglienza ed Integrazione con intermediazione culturale e Italiano per Stranieri, Laboratori ed NT di supporto alla diversa abilità, Palestra e Campi attrezzati per i diversi sport. La progettualità in rete (internazionale, nazionale e locale) esplicitata dall’Istituto in questi anni è stata sor-

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retta, diffusa e promossa dal team strategico formato da docenti ed esperti dell’Istituto, grazie agli ambienti attrezzati del Centro Risorse FRECCIA che hanno costituito un esempio di nuovo “ambiente di ap-prendimento” in cui l’educazione formale, informale e non formale concorre allo sviluppo di competenze di cittadinanza e professiona-lità nei diversi settori ed indirizzi previsti dal Quadro Europeo delle Qualifiche e in ottemperanza agli obiettivi di occupabilità e sviluppo auspicati dal Consiglio di Lisbona. L’IISS de Pace, professionale per vocazione e tecnico per evoluzione, ha interpretato ed utilizzato in tal senso i dati nazionali e regionali relativi all’abbandono dei currico-la tradizionali da parte di moltissimi giovani prima del compimento del 18° anno di età e la conseguente necessità ribadita dal Consiglio d’Europa e sottolineata attraverso la legislazione nazionale sull’ob-bligo formativo, di dare vita a percorsi irrituali, attraenti, in grado di far dialogare scuola e territorio al fine di arginare il fenomeno della “dispersione”, in particolar modo nelle regioni del sottosviluppo de-stinatarie di fondi europei speciali, quelli del cosiddetto Obiettivo 1. Il cambiamento auspicato e preparato dall’Istituto ha inteso attra-versare, infatti, sistematicamente lo stesso concetto di “fare scuola”, utilizzando l’innovazione tecnologica come acceleratore di processo e strumento formativo d’eccellenza nell’ambito delle chances offerte dall’autonomia organizzativa e didattica al fine di rendere interattivo il processo di apprendimento/insegnamento nel contesto territoria-le d’appartenenza. L’Istituto, attraverso il suo Centro Risorse si è posto nell’ambito del territorio di riferimento come soggetto attivo e propositivo in grado di dare alla propria offerta formativa quella valenza orientativa necessaria alla costruzione di progetti di vita per-sonali spendibili per l’utenza. Avvalendosi delle opportunità offerte dai Fondi Europei, l’Istituto ha pianificato e gestito la propria proget-tualità sulla base di un’attenta autodiagnosi, implementando azioni di tipo sistemico in grado di potenziare ed animare il Centro Risorse FRECCIA rendendolo un presidio prezioso ai fini dello sviluppo del territorio di riferimento e della comunità d’appartenenza in termini di coesione sociale, supporto al disagio, riequilibrio culturale e co-

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gnitivo, promozione delle competenze trasversali, di base e profes-sionali nell’ottica del life long learning e della peer education.

Il centro servizi polifunzionale L@bNetIl Centro Servizi polifunzionale L@bNet nasce per implementare e potenziare gli ambienti di FRECCIA, grazie al Programma Operati-vo Nazionale n. 1999 IT 05 1 PO 013 Annualità 2003 – 2006 e alla Misura 2 – azione 2.2, relativo alla “Costituzione e potenziamento di reti telematiche e di comunicazione, sia interne che esterne, negli istituti scolastici, compresi quelli sedi di centri servizi”.L@bNet costituisce per l’area della provincia salentina (oltre 800.000 abitanti distribuiti su 100 e più comuni) il punto nodale di una rete telematica nella quale ogni istituzione scolastica del territorio può trovare sostegno per l’utilizzo ottimale delle nuove tecnologie nella realizzazione di processi innovativi in ambito didattico ed organizza-tivo, avviando un profondo rinnovamento che ha ospitato percorsi af-ferenti alle varie misure del Pon legate alla formazione tecnologica a partire dalla riscoperta di ambienti di apprendimento diversi dall’au-la e dalla tradizionale lezione frontale, e conducendo docenti ed allie-vi alla gestione consapevole di strumenti tecnologici funzionali alle strategie formative richieste dalla didattica laboratoriale finalizzata allo sviluppo del curricolo per competenze. Gli ultimi progetti in or-dine di tempo sono i percorsi E2 e D4 per i quali ancora una volta l’IISS de Pace di Lecce ha funto da presidio provinciale.L’IISS de Pace di Lecce, Scuola d’Eccellenza, del circuito europeo ENIS, (European Network of Innovative Schools (ENIS) ha potuto così potenziare la propria capacità di offrire percorsi d’eccellenza relativi all’impiego delle TIC a supporto del processo di insegna-mento/apprendimento, promuovendo innovazione e mobilitando co-noscenze ed abilità nello sviluppo di competenze anche nell’ambito dei progetti internazionali Leonardo e Comenius, dell’ECDL (per cui la scuola è test center), della certificazione linguistica, della for-mazione formatori per l’alternanza scuola/lavoro, della centrale di

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simulazione nazionale a supporto dell’agenzia delle entrate per la rete delle Imprese Formative Simulate sostenuta dal portale ANSAS per conto del MIUR (www.ifsnetwork.net).La rete interistituzionale costituita dall’Istituto e dalle scuole ad esso afferenti organizza già da quattro anni la manifestazione “Nella Rete del PON” che promuove e socializza best practices e progettualità sostenute dai Fondi Europei consentendo una indispensabile e mirata comunicazione tra utenza e territorio. Obiettivi ed elementi di innovazioneQuali sono gli obiettivi specifici del progetto e quali sono i mezzi usati per raggiungerli? Attraverso il centro risorse ed ai suoi laboratori attrezzati con le più moderne tecnologie relative ai diversi settori produttivi, con un ma-gnifico Auditorium, attrezzato con sala di registrazione audio- video, teatro, sala conferenze e video-conferenze è possibile:

- realizzare attività formative e ludico-ricreative mirate a compen-sare e rimotivare adolescenti in situazione di disagio, valoriz-zando talenti ed attitudini (Laboratorio dell’arte bianca, Internet Cafè, Emeroteca multimediale, Laboratorio tecnologico polifun-zionale di orientamento per disabili, Serra con indicatori biolo-gici vegetali e piante commestibili ed ornamentali della macchia mediterranea)

- realizzare attività di formazione sulle nuove tecnologie della di-dattica rivolte agli insegnanti delle scuole del primo ciclo desti-natarie di finanziamenti sulle nuove tecnologie, potenziando la didattica ECDL per cui la nostra scuola è Test Center e dando vita al Centro SERVIZI L@B-Net che ha ulteriormente imple-mentato le strutture con nuovi ed aggiornati ambienti laborato-riali

- realizzare per conto dell’USR Puglia, con il supporto della piat-

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taforma ANSAS, attività di formazione come presidio provin-ciale per la diffusione del programma OCSE PISA e INVALSI, al fine di innalzare le competenze degli studenti attraverso l’im-plementazione delle competenze didattico/valutative dei docenti con la costruzione di prove mirate a rilevare processi cognitivi di base e livelli di competenza

- attivare sportelli di supporto e consulenza per attività legate alla cittadinanza attiva come la formazione in alternanza scuola/la-voro, anche in modalità di simulazione d’impresa offrendo con-sulenza specialistica per l’Orientamento Professionale in colla-borazione con il Centro Territoriale per l’Impiego, Borsa Lavoro e CCIA

- attivare laboratori in rete su progettualità finanziata dal FSE con Istituti d’istruzione secondaria di primo e secondo grado per lo sviluppo di competenze nell’utilizzo delle nuove tecnologie a supporto della didattica (con certificazione esterna) e per il re-cupero delle competenze base degli allievi italiani e stranieri in Italiano, Lingua Straniera, Matematica (la scuola è sede di Certi-ficazione Trinity; Certificazione CILS per Stranieri; Formazione [email protected] POSEIDON)

Grazie al progetto di internazionalizzazione Italia – Giordania, che ha visto coinvolti l’Istituto de Pace e l’Istituto femminile di istruzione se-condaria giordano di Fuhais, è nata la piattaforma “De Pace-learning” strumento didattico completamente basato sul web che permette sia di gestire corsi a distanza sia di supportare docenti e studenti durante lo svolgimento dei corsi curriculari che si tengono all’interno dell’Istituto. La piattaforma che ospita la classe virtuale “Let us meet!” composta da studenti di entrambi le Nazioni che, a partire dal 2009, si scam-biano materiale inerente la cultura e le tradizioni dei rispettivi Paesi, supporterà a partire dall’a.s. 2012/2013 la sperimentazione CON-FAO sul tempo d’apprendimento, consentendo a due classi terze di affrontare l’e-learning in regime curricolare attraverso l’utilizzo ra-

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gionato delle nuove tecnologie e degli strumenti già funzionali in tal senso nell’ Istituto. “De Pace-learning” permette ai docenti, in modo semplice ed autonomo, di pubblicare e rendere accessibile agli studenti il materiale didattico delle lezioni, di veicolare comunica-zioni, di pubblicare informazioni sul corso, di somministrare com-piti/esercitazioni, test ed altro ancora. “De Pace-learning” è basata su Moodle, la piattaforma di e-learning open source più diffusa al mondo, in particolar modo nelle Istituzioni accademiche e scolasti-che: moltissime organizzazioni di vario genere e tipologia, in nu-merosi paesi del mondo, hanno scelto la piattaforma Moodle per gestire le attività di e-learning. L’utilizzo delle nuove tecnologie è stato sicuramente promosso e supportato sia in ambito europeo che nazionale e locale anche dalla sperimentazione MIUR della Cl@sse 2.0, ovvero una classe interamente gestita attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie in funzione formativa con grande successo, come dimostrano i numerosi materiali multimediali prodotti da allievi e docenti e il successo formativo di ciascun allievo della classe (nor-modotato o diversamente abile) che non ha registrato alcun allievo non ammesso alla classe successiva e una media più alta delle classi ad essa parallele. Il processo di apprendimento attivato in cl@ssi 2.0 è di tipo multidirezionale contrariamente al classico sistema unidire-zionale. In questo clima, è stato possibile sviluppare UDA trasversali che hanno conseguito esiti in termini di “prestazioni osservabili e valutabili” come, ad esempio, l’O.L. su un processo di lavorazione relativo alla ideazione e realizzazione della “gonna dritta”, inserito nella piattaforma “AScuolaOnLine”. Stimolando in modo nuovo la riflessione e il ragionamento, il Consiglio di Classe che ha sperimen-tato il progetto [email protected] (partecipando anche ad una formazione ad hoc) e che è stato monitorato da un esperto ANSAS attraverso l’apposita piattaforma ministeriale, ha notato un miglioramento dei risultati grazie anche al lavoro cooperativo, all’uso di peer tutoring e soprattutto alla personalizzazione dell’apprendimento che riesce ad ottenere i migliori livelli di comprensione e assimilazione fino all’ec-cellenza. I software didattici facilitano percorsi diversificati in base

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alle particolari esigenze di ciascuno studente in modo da focalizzare maggiormente l’attività didattica sugli aspetti più congeniali ed ade-guati allo stile cognitivo. Tali successi sono registrati anche per l’in-troduzione di Socialprof, strumento di interazione che accompagna e potenzia il forum istituzionale aiutando allievi e docenti a interagire, riequilibrare, potenziare le proprie performance. Esistono infatti pro-grammi che consentono di lavorare con l’intera classe, con piccoli gruppi o con singoli studenti predisponendo attività comuni e diver-sificate. La personalizzazione consente agli studenti di accedere alla formazione secondo i propri ritmi, ripercorrendo consapevolmente l’attività anche in orario extracurricolare, esercitandosi a casa o in un’aula laboratorio. L’IISS Antonietta de Pace di Lecce ha aderito alla sperimentazione proposta dal CONFAO e riassunta nel docu-mento dal titolo: “Ipotesi sperimentale – Il tempo scuola: dall’orario scolastico all’orario di apprendimento”. Per tale ragione si è dotata di una piattaforma tecnologica in grado di supportare le attività pre-viste dalla sperimentazione stessa. Tale piattaforma, inoltre, deve costituire uno strumento utile da utilizzare per eventuali altre ini-ziative finalizzate all’erogazione di contenuti formativi a distanza. È stata proposta una soluzione tecnologica per l’implementazione una piattaforma software in grado di supportare lo svolgimento di attività di e-learning presso l’IISS Antonietta De Pace di Lecce (piattaforma di e-learning). La piattaforma hai implementato un LMS (Learning Management System) offrendo anche funzioni di CMS (Content Ma-nagement System) e deve permettere di gestire classi virtuali organiz-zate in base alle specifiche esigenze. In particolare ha reso possibile: - l’interazione tra docenti e studenti, supportando, ad esempio, l’i-

stituzione di strumenti didattici grazie ai quali i docenti possano rispondere in modalità sincrona o asincrona alle richieste degli studenti;

- gestire attività laboratoriali da remoto in cui i docenti assegnano compiti ed esercizi ben definiti che lo studente può eseguire in

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autonomia e da remoto; - avere la possibilità, per docenti e studenti, di utilizzare e con-

servare del materiale didattico come ad esempio i “Learning Object”;

- gestire l’integrazione con la piattaforma CONFAO; - l’organizzazione di “Webinar” durante i quali i docenti tengono

lezioni/seminari ed interagiscono in tempo reale con gli studenti; - effettuare un controllo delle attività effettuate online.

La soluzione tecnologica proposta ha previsto l’utilizzo di un LMS open source, in particolare la piattaforma Moodle (Modular Object Oriented Dynamic Learning Enviroment), il cui impiego è tra l’altro suggerito nella stessa proposta di sperimentazione CONFAO. Moo-dle è un software progettato per aiutare gli educatori a creare corsi online di alta qualità. Uno dei vantaggi principali di Moodle rispetto ad altri sistemi risiede nelle solide basi di pedagogia sociocostru-zionista. È completamente basato sul web e mette a disposizione di docenti e studenti una serie di strumenti finalizzati all’apprendimen-to a distanza. Ad esempio, il software permette ai docenti, in modo semplice ed intuitivo, di pubblicare e rendere accessibile agli studen-ti i Learning Object, di veicolare comunicazioni, di somministrare compiti/esercitazioni, test ed altro ancora. Inoltre, dà agli studenti la possibilità di effettuare degli elaborati in modalità collaborativa. Moodle è la piattaforma di e-learning open source più diffusa al mondo, in particolar modo nelle Istituzioni accademiche e scolasti-che. Essendo open source è molto flessibile e permette di effettuare autonomamente eventuali personalizzazioni. Inoltre, moltissimi svi-luppatori nel mondo lavorano continuamente per migliorarla. Un’ul-teriore motivazione all’uso di Moodle deriva dal fatto che l’Istitu-to de Pace ha già utilizzato tale piattaforma con successo durante il progetto internazionale “Italia – Giordania”. In tale occasione la piattaforma è stata utilizzata per permettere di creare un ambiente virtuale in cui docenti e studenti italiani e giordani potessero condivi-

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dere del materiale didattico, scambiare opinioni attraverso l’utilizzo dei forum, interagire in modalità sincrona sfruttando la chat interna, ecc. Grazie a tale esperienza, che ha permesso anche ad alcuni do-centi di familiarizzare con la piattaforma Moodle, si può certamente affermare di non essere nella condizione di “partire da zero” nella realizzazione della sperimentazione. La piattaforma Moodle non include la possibilità di effettuare delle lezioni a distanza in modalità di videoconferenza come i Webinar. Per questa ragione è generalmente integrata con altri software spe-cifici, alcuni dei quali free (ed in alcuni casi open source) ed altri a pagamento. Tale attività dovrà partire dall’analisi di tali prodotti cercando di privilegiare quelli free ed open source ed effettuare l’in-tegrazione tra Moodle e il prodotto scelto. - Integrazione con la piattaforma CONFAO. Dovranno essere va-

lutate le modalità di integrazione della piattaforma dell’Istituto con quella CONFAO e, qualora sia necessario, progettare ed im-plementare l’apposito software che permetta tale integrazione.

- Formazione sull’utilizzo della piattaforma rivolta agli attori coinvolti (docenti, studenti, tutor,..). Tale fase ha previsto l’ero-gazione di uno o più corsi durante i quali sono state illustrate le funzionalità della piattaforma e le modalità di utilizzo.

Inoltre la piattaforma “A Scuola Online” già utilizzata dall’Istituto per il progetto “classi 2.0” è stata utilizzata come strumento di sup-porto, ad esempio per la catalogazione e conservazione dei Learning Object che è stato possibile caricare ed utilizzare all’occorrenza sulla piattaforma di e-learning Moodle.

Il Liceo Scientifico Banzi di Lecce si trova in piazza Palio e propone agli studenti i seguenti indirizzi di studio: scientifico; scientifico Pro-getto Brocca; linguistico CM27.Analisi del contesto - Numero della popolazione scolastica: 1402 alunni

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- Numero di classi: 54 - Numero alunni pendolari: 906 - Condizione socio-economica di provenienza: medio-alta - Percentuale di promossi: 96% - Percentuale di non promossi: 4%

Bisogni formativi rilevati e risposte educativeNella realtà del terzo millennio, dinamica e turbolenta, nella quale le variabili mutano rapidamente ed in modo imprevedibile, la scuola si presenta come laboratorio di competenze spendibili nel territorio. Il Liceo unitas multiplex, attento alla complessità dei processi sociali, sempre aperto agli input situazionali ,è fortemente legato al territorio ed ai segmenti di società delle cui esigenze si sente chiamato a farsi carico; pertanto ai fruitori del servizio il Liceo Banzi-Bazoli offre una realtà scolastica intesa come una comunità di dialogo, di ricer-ca, di esperienza sociale, volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni; all’interno di questa comunità tutti collaborano con pari dignità e nella diversità dei ruoli. I fruitori indiretti (le fami-glie degli studenti) sono sempre più direttamente chiamate in causa per assicurare quel reticolo di relazioni con l’ambiente che diven-ta, ormai, indispensabile alla scuola per adempiere alle sue nuove funzioni. Al Liceo Banzi-Bazoli spetta il compito di “costruire una persona fornita di un habitus scientifico” nell’approccio ai proble-mi, di un uso rigoroso dei contenuti, metodologie e strumenti per le possibili soluzioni, di capacità critiche e creative. L’allievo in uscita dal Liceo scientifico Banzi-Bazoli dovrà, pertanto, aver maturato la consapevolezza del dinamismo storico-culturale della lingua, della sua funzionalità pragmatica, volta alla corretta “lettura” della realtà sociale e naturale.L’istituto conferisce al termine del ciclo di studi il diploma liceale che consente l’accesso a tutti i corsi di laurea e la partecipazione ai concorsi della pubblica amministrazione per i quali sia richiesto il possesso del titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado.

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LE FINALITA’ EDUCATIVE1° BIENNIO – NUOVO ORDINAMENTO

Conoscere se stessiMettere lo studente in grado di:1. superare gli atteggiamenti egocentrici e gli stati d’ansia;2. rafforzare il senso di responsabilità e l’autostima;3. migliorare e potenziare l’autocontrollo.Educare a vivere democraticamenteMettere lo studente in grado di:1. rispettare le risorse materiali, gli orari, gli impegni;2. accettare la diversità di opinioni e di idee;3. mantenere atteggiamenti rispettosi nei confronti degli altri, rico-

noscendone i diritti e i ruoli;4. sviluppare atteggiamenti e comportamenti di solidarietà e di col-

laborazione.Promuovere capacità di scelte autonomeMettere lo studente in grado di:1. sapersi interrogare sugli obiettivi delle diverse attività;2. saper verificare e valutare il proprio comportamento in relazione

al lavoro svolto;3. essere attivo e propositivo nelle scelte.

UTILIZZARE E PRODURRE TESTI MULTIMEDIALI:1. comprendere i prodotti della comunicazione audiovisiva2. elaborare prodotti multimediali (testi, immagini, suoni , ecc.),an-

che con tecnologie digitali3. principali componenti strutturali ed espressive di un prodotto au-

diovisivo

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4. semplici applicazioni per la elaborazione audio e video5. uso essenziale della comunicazione telematica

ESSERE CONSAPEVOLE DELLE POTENZIALITÀ DELLE TECNOLOGIE RISPETTO AL CONTESTO CULTURALE E SO-CIALE IN CUI VENGONO APPLICATE1. Riconoscere il ruolo della tecnologia nella vita quotidiana e

nell’economia della società.2. Saper cogliere le interazioni tra esigenze di vita e processi tec-

nologici.3. Adottare semplici progetti per la risoluzione di problemi pratici.4. Saper spiegare il principio di funzionamento e la struttura dei

principali dispositivi fisici e software5. Utilizzare le funzioni di base dei software più comuni per produr-

re testi e comunicazioni multimediali, calcolare e rappresentare dati, disegnare, catalogare informazioni, cercare informazioni e comunicare in rete.

TRIENNIO – VECCHIO ORDINAMENTOConoscere se stessiMettere lo studente in grado di:1. saper costruire consapevolmente la propria identità culturale e

relazionale;2. saper valutare i propri interessi, attitudini e capacità in relazione

alle scelte formative successive;3. sapersi dare un progetto di vita autonomo.Educare a vivere democraticamenteMettere lo studente in grado di:1. comprendere, analizzare e valorizzare il punto di vista altrui;2. saper valutare e valorizzare il lavoro degli altri;

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3. assumere atteggiamenti propositivi e positivi nello studio e nelle relazioni interpersonali.

Promuovere capacità di scelte autonomeMettere lo studente in grado di:1. saper individuare gli scopi delle attività e saper scegliere gli stru-

menti più idonei a perseguirli;2. saper verificare e valutare criticamente il proprio lavoro operan-

do per il superamento dei limiti evidenziati;3. saper formulare proposte in rapporto a criteri propri che riesce a

giustificare;4. saper compiere autonomamente scelte relative al proprio proget-

to di vita.La realizzazione di tali finalità è perseguita prevalentemente nel con-testo della normale attività didattica, che risulterà tanto più efficace quanto maggiormente sarà capace di promuovere un sereno e co-struttivo confronto di idee e di comportamenti. In tale ottica, lo stesso svolgimento dei programmi di insegnamento costituirà non il fine dell’azione dei docenti, ma il mezzo attraverso cuipromuovere le capacità critiche degli studenti e la riflessione sui va-lori umani, tra i quali soprattutto il rispetto della “persona” propria ed altrui.

L’Istituto Tecnico Economico Statale Vito Vittorio Lenoci di Bari, divenuto autonomo nell’a.s. 1977/78, è localizzato presso il Centro Studi Polivalente di Bari nella Circoscrizione Japigia Torre a Mare. Unico I.T.E. presente nel quartiere, è frequentato da una utenza pro-veniente anche da tutti gli altri quartieri della città di Bari e da molti centri vicini. L’Istituto opera in una zona facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici e collegata direttamente anche ai Quartieri San Paolo, San Girolamo, Fesca, Torre a Mare. La possibilità di fruire di importanti contenitori culturali e sportivi nelle immediate adiacenze

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(Teatroteam, Auditorium, Palazzetto dello Sport) stimola le attività didattiche e culturali e rende più proficuo il rapporto scuola/territo-rio. Nell’ambito del Quartiere esistono realtà economiche prevalen-temente legate al settore terziario ed alla Pubblica Amministrazione. Uno degli obiettivi dell’I.T.C.S. Lenoci è quello di curare la prepa-razione di un ragioniere che, partendo dalla realtà microeconomica circostante, sappia disporre delle competenze che possano consenti-re l’inserimento nel mondo del lavoro o la prosecuzione negli studi universitari, un ragioniere che punti a diventare un vero e proprio consulente d’azienda, che sappia orientarsi nell’informazione online, dalla ricerca nelle banche dati al giornale elettronico, nella consa-pevolezza che la information technology ormai è utilizzata in tutti i settori aziendali, sia per snellire e rendere efficienti i processi di pro-duzione interni, sia per migliorare i rapporti con clienti e fornitori. Le nuove tecnologie, ed in particolare internet, hanno portato ad un cambiamento radicale nelle strategie aziendali, ridefinendo i canali di comunicazione tra aziende, offrendo nuove opportunità di busi-ness. Si punta alla formazione di un ragioniere che possa agevolmen-te inserirsi in un moderno studio professionale commerciale e sappia utilizzare i principali pacchetti applicativi di tutti i tipi di contabilità (ordinaria, semplificata, professionisti, ritenute d’acconto e cespiti) oltre a collaborare alla redazione del bilancio ed alle dichiarazioni fiscali. È prevista anche la istituzionalizzazione di specifici corsi con docenti interni ed esterni per quanto attiene la contabilità pubblica, la cui conoscenza rappresenta un importante requisito per chiunque debba cimentarsi in prove concorsuali. Si cerca quindi di formare un ragioniere che sappia utilmente orientarsi nella realtà socioecono-mica in rapida evoluzione della nostra città, da sempre ponte verso l’Oriente ed oggi, più di prima, attenta alle prospettive offerte dal settore turistico e dai trasporti intermodali. L’istituto dispone di ampi spazi per la didattica e laboratori dotati di moderne tecnologie. Gra-zie ai finanziamenti europei l’Istituto, negli ultimi anni, ha rinnovato Laboratori Informatici, Linguistici e Scientifici e sono state installate nella gran parte delle aule le LIM (lavagne interattive multimedia-

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li). L’utilizzo delle nuove tecnologie si rivela prezioso per modellare un cammino didattico più coinvolgente, permettendo di realizzare percorsi individuali e cooperativi finalizzati sia al recupero di co-noscenze ed abilità, sia al potenziamento di competenze chiave per l’apprendimento permanente. Il sito dell’Istituto dispone di Moodle (http://www.moodle.org), una piattaforma per la formazione a distanza, cioè un pacchetto software per erogare e gestire corsi di formazione online. Potete utilizzarlo come repository per i materiali didattici da rendere di-sponibili per i vostri studenti, ma potete anche realizzare interi corsi completi e ben articolati, con esercizi di autovalutazione ed esami. Moodle fornisce un supporto all’attività didattica attraverso una serie di strumenti molto ampia e articolata. I docenti e gli allie-vi, tramite password, possono accedere alle aree dei singoli corsi. Le attività standard che Moodle permette sono: compiti, domande, fo-rum, diari, risorse (cioè contenuti del corso), quiz, sondaggi, inchieste. Il sito è aperto a tutti i docenti della scuola che vogliono sperimenta-re questo software per vivere l’esperienza dell’e-learning. Inoltre al percorso base di Amministrazione Finanza e Marketing si aggiungo-no le seguenti articolazioni: - Amministrazione Finanza e Marketing Sportivo - Sistemi Informativi aziendali Sportivo (Indirizzo Informati-

co Aziendale Sportivo) - Sistemi Informativi Aziendali (Indirizzo Informatico Azien-

dale) - TURISMO Indirizzo linguistico e turistico aziendale - SIRIO Serale adulti Indirizzo Informatico ed Indirizzo Eco-

nomico Aziendale.Il perito in amministrazione finanza e marketing, con specializ-zazione informatica aziendale, è in possesso di capacità logico in-terpretative che si concretizzano in abilità relative allo sviluppo del software legato alle solide conoscenze aziendali; è in grado di utiliz-

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zare con facilità prodotti applicativi anche complessi; sa effettuare interventi di manutenzione e adattamento dei programmi alle esigen-ze aziendali. Possiede conoscenze dei processi che caratterizzano la gestione aziendale sotto il profilo economico giuridico, contabile e informatico, oltre che una buona cultura generale accompagnata da adeguate capacità linguistiche sia nella lingua madre che nella lingua inglese. Attraverso lo studio dell’informatica lo studente è in grado di: - Sviluppare software gestionali - Progettare, creare e mantenere siti web anche complessi (ge-

stione data base) - Effettuare interventi di manutenzione e adattamento dei

programmi utilizzati L’indirizzo di studi è caratterizzato dallo studio dell’informatica in ambito economico e nella gestione dei sistemi informativi azien-dali. Approfondimenti riguardano l’introduzione dei temi della new economy in ambito economico-giuridico-informatico e web manage-ment (creazione, pubblicazione e gestione dei siti web). Sono previ-ste attività di stage presso aziende del settore e creazione di Impre-se Formative Simulate.Risorse strutturali dell’Istituto - Biblioteca - Sala audiovisivi per le Discipline Scientifiche - Sala audiovisivi per tutte le discipline - Impianto di Antenna Parabolica - Laboratorio di Scienza della Materia - Laboratorio di Scienza della Natura - Laboratorio di Chimica - Laboratorio di Fisica - Laboratorio di Geografia Economica - 1 Sala di Videoscrittura e Trattamento testi

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- 2 Laboratori Multimediali destinati ai due Corsi MERCURIO - 3 Laboratori tecnologicamente avanzati a finanziamento euro-

peo (FESR e PSTD) con collegamento in rete e ad internet, per l’insegnamento delle Lingue Comunitarie e delle altre Discipline

- 1 Laboratorio linguistico multimediale per l’autoapprendi-mento delle lingue comunitarie realizzato con finanziamento FESR PON 2002

- 1 Laboratorio di Economia Aziendale realizzato con finanzia-mento FESR PON 2008

- 1 Laboratorio Multimediale di Simulazione Agenzia di Viag-gio attivato per il percorso formativo ITER

- 1 Laboratorio multimediale con collegamento in rete e ad inter-net

- Cablaggio di tutte le aule dell’istituto, per consentire, attraver-so postazioni mobili, l’uso delle risorse internet nella didattica ordinaria (progetto realizzato con finanziamento FESR PON annualità 2002)

- Rete intranet d’Istituto Informatica terzo anno

CONOSCENZE:

caratteristiche del com-puter

sistema operativo: Win-dows, MS-DOS

soluzioni algoritmiche di problemi

linguaggio di programma-zione: Pascal

strutture di dati fonda-mentali:

vettori, matrici, tabelle

COMPETENZE:

programmazione nel lin-guaggio studiato

uso appropriato della ter-minologia tecnica

sviluppo metodologico nella stesura di program-mi per la risoluzione di problemi semplici e com-plessi

fasi del compilatore

CAPACITÀ:

acquisizione di una di-screta manualità

partecipazione attiva nel-lo sviluppo di lavoro in gruppo

uso dei software applicati-vi più rilevanti

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Informatica quarto annoCONOSCENZE:

concetti principali su ar-chivi e supporti di memo-rizzazione

files sequential, indexed e relative

linguaggio di programma-zione: Visual Basic

metodologie di documen-tazione problematiche di lavoro nell’area di pro-getto

COMPETENZE:

esecuzione di tutte le ope-razioni di I/O sui files

fasi di introduzione, veri-fica,debugging ed esecu-zione relative alla gestio-ne dei files

autonomia progettuale e realizzativa di applica-zioni

CAPACITÀ:

padronanza nello sviluppo dei problemi di archivia-zione

uso e consultazione di ma-nuali tecnici

Informatica quinto annoCONOSCENZE:

concetti basilari dei siste-mi operativi

database

sistemi informativi azien-dali

trasmissione di dati a di-stanza

problematiche di svilup-po e di approfondimento dell’area di progetto inter-disciplinare

COMPETENZE:

sistemi operativi centra-lizzati e in rete

gestione di un database con ACCESS

creazione di pagine WEB con FrontPage specifiche della rete Internet

CAPACITÀ:

gestione di comandi e tasks per tecnologie har-dware e software innova-tive

sviluppo di database rela-zionali

attivazione, ricerche e operazioni varie su Inter-net

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Liceo Statale Tito Livio (Classico, Scientifico, Linguistico) di Mar-tina Franca. RISORSE E DOTAZIONI TECNOLOGICHETipi di collegamento LANInfrastruttura di rete INTERNET – INTRANET

Aree collegate dalla rete locale Didattica – Gestione personale e Amministrazione

Ambienti collegati alla rete locale 74Dotazioni informatiche Numero

PC DESKTOP 14MONITOR (CTR LCD) 46 + 50PC Master 1PC portatile 4SOFTWARE (Sistema Operativo) 112LIM fisse laboratori 4Stampante 15Scanner 10

Dotazioni multimediali NumeroFotocamera digitale 1Videocamera digitale 2Videoproiettore 5Videoproiettore per LIM 4Videoregistratore, Lettore DVD 9Televisori 8

L’istituto permette il conseguimento dell’ECDL Core Level, rila-sciata dall’AICA (Associazione Italiana per l’Informatica ed il Calcolo Automatico), che attesta la capacità di utilizzare il PC nelle applicazioni più comuni. Per ottenere la certificazione completa (ECDL Full) il candidato è tenuto a: - procurarsi, presso un Test Center accreditato, un libretto d’esa-

mi (Skills Card personale, di validità triennale) su cui registrare l’esito dei test previsti, che di fatto corrisponde all’iscrizione al programma ECDL;

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- superare i 7 test d’esame, corrispondenti alle aree di conoscenza previste. Le conoscenze teoriche e pratiche necessarie per su-perare i singoli test sono descritte in un documento denominato Syllabus.

Come ogni anno il Test Center del Liceo Tito Livio organizza per i suoi studenti corsi di preparazione al superamento degli esami per ot-tenere la certificazione finale dall’AICA. Utili materiali, esercitazioni ed importanti informazioni per la preparazione e prenotazione degli esami sono disponibili nel corso online ECDL presente nell’ambien-te e-learning dell’Istituto a cui è possibile accedere con l’inserimento di una “chiave di accesso” fornita dai docenti agli studenti iscritti ai corsi. Il materiale contenuto nella piattaforma di e-learning del Liceo Statale Tito Livio di Martina Franca, erogato con tecnologie e me-todologie web learning, è indirizzato prioritariamente agli utenti del Liceo e viene fruito in sinergia con le metodologie utilizzate nell’in-segnamento in aula reale per: - migliorare i risultati dell’apprendimento - supportare alunni impossibilitati a frequentare - partecipare a progetti europei incentrati sulla creazione di cam-

pus virtuali e/o forme di collaborazione tra istituti per dare una dimensione europea all’istruzione e rafforzare nei giovani la consapevolezza del modello di società multilinguistica e mul-ticulturale

- affrontare le emergenze che limitano le possibilità di fruizione in ambiente reale dell’offerta formativa garantendo continuità for-mativa in modalità blended learning.

8.3 I giovani e la rete: social network e dinamiche di rela-zione

Nel rilevare l’incidenza delle tecnologie elettroniche sui modi di per-

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cepire e interpretare la realtà da parte di larghe fasce della popola-zione adolescente, Meyrowitz ha dimostrato come queste abbiano a tal punto cancellato le distanze e annullato gli spazi che separano gli individui e i luoghi fisici da portare l’uomo contemporaneo a rielabo-rare totalmente i propri modelli di interazione sociale, proiettandolo in una prospettiva che va al di là dello stesso senso del luogo. Sono i nuovi media a trasformare radicalmente l’organizzazione spazio temporale se è vero che essi distruggono le caratteristiche del luogo e dello spazio e rendono i luoghi un tempo privati più accessibili al mondo esterno e dunque più pubblici. Questo essere dovunque, dappertutto, ha una valenza fattuale, potenziale e anche psicologica. Il cittadino globale, il cittadino del mondo, si sente dappertutto; le interazioni mediate elettronicamente non permettono più alla collo-cazione fisica di definire situazioni e comportamenti. Meyrowitz, nel quadro dell’influenza dei media elettronici sul comportamento socia-le, non dà peso al potere dei loro messaggi, piuttosto alla riorganizza-zione degli ambienti sociali di interazione: e così che si indebolisce il rapporto luogo fisico/luogo sociale.Questi media hanno dato un nuovo assetto a molte occasioni sociali e in questo modo la maggioranza degli individui si trova ora a contatto con altre persone in nuovi modi.Ma nella nostra ricerca queste dimensioni nuove della comunicazio-ne sono state confermate?

La cosa che più mi affascina di internet e la possibilità di essere nel mondo e nel suo flusso di informazioni ogni qualvolta io lo voglia ..indipendentemente dal fatto che io mi trovi nel piccolo paese di provincia o in una metropoli, basta un pc ed una connes-sione…non conta dove ti trovi E. (Liceo)

Il campione pugliese della ricerca (costituito da 553 studenti fre-

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quentanti nel corso del secondo quadrimestre 2011/2012 le classi terze e quarte di alcuni licei o istituti tecnici di Martina Franca, Lec-ce e Bari) riveste tutte quelle caratteristiche della digital generation confermando il dato inequivocabile: in casa è quasi impossibile non avere l’accesso ad internet. Solo il 2.7% degli intervistati dichiara di esserne sprovvisto, contro il 95.5% di “internauti” casalinghi.Internet non manca quasi mai a casa e l’accesso è pressoché libero, perché solo il 6.1% degli intervistati (34 studenti) dichiara di naviga-re con dei limiti di connessione.Circa i tempi medi giornalieri di connessione, differentemente dai dati del Piemonte, si rileva la decisa maggiore presenza di studenti (il 48.1% pari a 266 scelte) che dichiarano di dedicare molto tempo – dalle 3 ore in poi – alla navigazione, di conseguenza è sensibilmente minore il numero di intervistati che non supera le 2 ore al giorno (con il 16.1% che riesce a contenersi entro l’ora).Connessione ad internet per i nostri giovani corrisponde quasi sem-pre all’utilizzo di un social network. Solo il 3.4% degli studenti pu-gliesi – percentuale ancora più bassa dei coetanei piemontesi – non è iscritto a siti di questo genere; invece il 56.8% (314 casi) li utilizza ogni giorno, evidenziando una fruizione superiore quasi del 10.0% rispetto ai giovani piemontesi intervistati, mentre il 31.6% si collega periodicamente con un social network.Social network che ampliano quindi la sfera delle possibilità? Sareb-be utile riflettere su come la comunicazione online consenta infatti nuove forme di “pubblici connessi” perché caratterizzata in modo peculiare dalla persistenza (i suoi contenuti sono registrati e dunque consentono la comunicazione asincrona), dalla ricercabilità (cosa che agevola la costruzione di nuove relazioni, sia estensive sia di nicchia), dalla replicabilità (che consente la produzione di più ver-sioni dei medesimi contenuti senza alcuna distinzione tra copia ed originale) e infine, dalla invisibilità dei pubblici (una condizione di radicale incertezza a proposito di chi sta partecipando alla comuni-cazione insita nell’architettura degli spazi online e accentuata dalla

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condizione di anonimato). Facebook è il social network più utilizza-to dal 93.5% degli studenti intervistati. L’uso prevalente, ancor più degli “amici” piemontesi, è chattare con gli amici (60.2%), molto meno frequente è condividere link (17.2%) o leggere quello che fan-no gli altri (10.7%); da evidenziare che in quest’ultimo item, invece, la differenza percentuale – in meno rispetto agli studenti piemontesi – è di oltre il 5%.Uno dei dati che decisamente ha differenziato il campione pugliese da quello piemontese è il numero di contatti su Facebook dichiarati. Ben il 56.4% dei “pugliesi” (rispetto al 38.3% dei giovani pie-montesi intervistati) ha dichiarato di avere più di 500 contatti sul social network. Molto meno (23.1%) coloro che hanno tra i 200 ed i 400 contatti (rispetto al 35.1% sullo stesso item dichiarato dagli studenti piemontesi). ”Solo” il 14.8% ha meno di 200 contatti.Si conferma, quindi, la facilità di tessere relazioni sui social network, ma come già ribadito questo non dice nulla sull’intensità delle stesse. Infatti, oltre il 52.0% ritiene che non oltre un quarto dei contatti sia-no da considerarsi davvero amici, mentre l’8.1% (42 casi) considera amicizie almeno più della metà i contatti su Facebook. La preminen-za da essi attribuita alle relazioni interpersonali, al contatto face to face rispetto a quello virtuale della rete è ampiamente confermata dal fatto che solo il 13.3% (68 casi) dei nostri studenti preferisce contat-tare le persone via internet, piuttosto che per telefono o direttamente, anzi il 42.1% esclude il ricorso al web per tale scopo nel modo più assoluto. Per inciso, un pericolo potenziale nella relazione tra me e l’altro nella rete riguarda il concetto di omofilia (descritto per la prima volta da Lazarsfeld e Merton) che consiste in quella che potremmo definire come la tendenza a scegliere informazioni e circondarci di persone che hanno le nostre medesime posizioni o interessi. L’esito temuto di tale tendenza sarebbe un generale estre-mizzarsi delle diverse posizioni con una riduzione di circolazione di informazioni e la creazione di cluster di utenti sempre più uniformi al loro interno e distinti da confini sempre più netti. Si può quindi

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immaginare che l’omofilia sia un rischio nella misura in cui si possa tradurre in limitazioni nella innovazione e nella circolazione delle in-formazioni, costrette all’autoreferenzialità dei singoli gruppi omofili, chiusi nei loro confini. Ribadiamo anche per gli studenti pugliesi che, contrariamente ai luoghi comuni, gran parte di loro (84.8% dei casi) non ama nascondersi, falsare la descrizione di sé chattando in rete. Solo il 5.6% (31 casi) dichiara la tendenza a mentire sulla propria identità quando è in rete.

Il mio profilo su Facebook corrisponde alla mia reale identità; che senso avrebbe fingere mettendo un nome e delle foto false? Tanto non andrei mai a conoscere in rete qualcuno che non conosco nella realtà. Forse è vero che sul profilo di un social network scri-viamo dei nostri interessi e delle nostre passioni ma tendiamo ad evidenziare quelle che passano per buone e filtriamo altri aspetti più intimi della nostra personalità.M. (Istituto Professionale)

Né l’uso di internet, ancora una volta, li porta (86.4%) ad isolarsi ed evitare amici o familiari o addirittura a preferire la rete (77.9%) al trascorrere una serata con questi.

Non mi è mai capitato di rinunciare a trascorrere del tempo con amici o familiari per rimanere chiuso in camera collegato al pc. Il rapporto diretto con l’altro, vedere il suo sguardo, sentire il suo tono di voce, ridere e scherzare insieme sono cose possibili sono nel contatto reale. Internet e i social network mi consentono di or-ganizzare questi momenti in modo veloce e senza spendere soldi per telefonate.L. (Liceo)

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Sostanzialmente i dati emersi dalle sole risposte fornite dagli stu-denti pugliesi si allineano in gran parte con i dati generali (costituiti dall’aggregazione delle risposte fornite dagli studenti piemontesi con quelle degli stessi studenti pugliesi). I social network si confermano un utile strumento per relazioni mul-ticulturali che diversamente difficilmente si potrebbero innescare. Ne dà ragione il fatto che il 58.6% (673 casi) ha contatti con ragazzi non italiani e che il 32,5% di questi sono anche incontrati offline.Invece, il 37.0% (249 casi) sono relazioni online originatesi però da una conoscenza diretta avvenuta nel corso di un viaggio.

Io trovo che Facebook sia molto utile per mantenere i contatti con gli amici e le amiche anche conosciute durante viaggi, vacanze o periodi di studio all’estero. Come potrei altrimenti rimanere in contatto quotidianamente con loro che magari vivono in un’altra regione o in un altro Paese? L. (Liceo)

Importante, anche per gli obiettivi della nostra ricerca, è che i social network sembrano essere particolarmente utilizzati dai “nostri” gio-vani per attivare e/o aumentare contatti intra-territoriali, molto meno quelli extra-territoriali (dove, certamente, il fattore della competenza linguistica influisce decisamente). Lo dimostrerebbe, a riguardo, il dato esiguo di ragazzi non italiani non residenti in Italia conosciuti in rete che si attesta al 6.5%.

Non mi capita mai di digitare nomi a caso di ragazzi o ragazze di altri Paesi per estendere le mie amicizie a ragazzi stranieri. Se gli amici dei miei conoscenti esteri però mi chiedono l’amicizia io gliela concedo.A. (Professionale)

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Inoltre, chi ha contatti online con ragazzi non italiani nel 45.6% dei casi (155 preferenze) chatta con loro scambiandosi le proprie espe-rienze, mentre per il 20.9% tendenzialmente i contatti sono limitati a qualche breve comunicazione, oppure sono da considerarsi solo dei contatti (33.5%), nel significato formale che viene attribuito all’ami-cizia nei social network.Seguendo lo stesso procedimento compiuto per l’analisi dei dati com-plessivi, introdotta la questione se gli scambi cross-culturali possano essere facilitati o meno dall’utilizzo di Facebook, alcune doman-de successive del questionario somministrato agli studenti pugliesi coinvolti nella ricerca hanno cercato di capire se questi strumenti possano aiutare a conoscere le culture altre. Le risposte disattendono le aspettative, ancor più dei dati complessivi ottenuti aggregando le risposte in merito degli studenti piemontesi e quelli pugliesi. Perché, se da un lato i nostri studenti nel 47.2% dei casi raramente utilizzano social network per conoscere aspetti socioculturali riferiti ad altre nazioni e nel 32.2% non lo fanno mai – lo stesso item è stato selezionato da oltre il 9.0% in più di studenti piemontesi – dall’altro ritengono tali strumenti inadatti per conoscere le culture differenti da quella di appartenenza (17.0%). Solo il 32.7% ha usufruito dei media digitali per approcciarsi a culture altre, ma solo per puro caso e sol-tanto il 6.5% (36 casi) ne riconosce l’utilità per tale scopo. Ripropo-niamo anche per la Puglia, quanto già ipotizzato nell’analisi dei dati generali, ossia che queste risposte invitano a pensare che i ragazzi della digital generation siano poco esercitati a collocarsi nel mondo e molto interessati a vivere il proprio mondo quotidiano e locale.

Io mi sento aperto a voler conoscere altre tradizioni e stili di vita ma se tu mi chiedi se mi sento più cittadino del mondo o leccese ti rispondo leccese. Con internet allargo i miei orizzonti ma riman-go centrato nella mia realtà.M. (Professionale)

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Per cui l’interesse per il diversamente altro non scaturisce sponta-neamente, ma solo dopo esserne venuto a contatto ed è allora che i social network possono risultare strumenti di facilitazione della co-noscenza.

I nostri returneesCome indicato nell’analisi dei dati complessivi sono giunti all’e-quipe di ricerca 22 questionari compilati da returnees pugliesi. A ri-spondere sono state prevalentemente donne (63.6% pari a 14 casi), l’età dei returnees ha oscillato dai 18 anni ai 20 anni con percentua-li di distribuzione piuttosto omogenee. Quasi il 46.0% dei returne-es pugliesi coinvolti nella ricerca ha svolto l’esperienza all’estero con Intercultura nel corso dell’anno scolastico 2009/2010 i restanti in parte nell’anno scolastico 2010/2011 (36.4%) in parte in quello 2008/2009 (18.2%). La durata in media è stata prevalentemente di 10 mesi (54.5%) o 1 anno (45.5%). Nord Europa ed il continente ameri-cano – da Nord a Sud – i luoghi più praticati. Gli USA (12 casi, pari al 54.5% ) sono stati la nazione più frequentata; a seguire, il Belgio (3 returnees, pari al 13.6%). Anche i “nostri” returnees pugliesi confermano il dato inequivocabi-le già emerso nell’analisi dei dati sui questionari somministrati agli studenti campione della ricerca: in casa è (quasi) impossibile non avere l’accesso ad internet. Solo uno tra gli intervistati dichiara di esserne sprovvisto.La modalità di accesso è in gran parte senza limiti di connessione per l’81.8%, pari a 18 casi.Circa i tempi medi giornalieri di connessione, si osserva che oltre il 40.0% (9 returnees) dedica dalle 3 ore in poi alla navigazione, men-tre solo il 9.1% (2 returnees) riesce a contenersi entro l’ora. Si evi-denzia, quindi, su questo aspetto una netta differenziazione con i dati provenienti dai returnees piemontesi. Come a casa propria, nell’e-sperienza all’estero con Intercultura quasi tutti i returnees pugliesi

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(20 casi, pari al 90.9%) avevano internet in casa e l’accesso per gran parte era senza limiti di connessione (18 casi, pari all’81.8%), invece per 2 casi con dei limiti.Pur potendo usufruire di internet praticamente nelle stesse condizio-ni di casa, nell’esperienza estera con Intercultura anche i returnees pugliesi hanno avuto tempi di connessione decisamente più ridotti rispetto alle loro abitudini, sebbene più lunghi di quelli piemontesi. Infatti, in 6 casi (27.2%) in media la connessione ad internet è stata pari o superiore alle 3 ore al giorno (a casa era il 40.9%), mentre il 45.5% (10 casi) si connetteva non più di 2 ore al giorno. Dunque, l’e-sperienza all’estero ha certamente modificato le abitudini quotidiane circa l’utilizzo della rete, ma appare essere stata meno coinvolgente ed assorbente rispetto al modo con cui è stata vissuta dai returnees piemontesi. Connessione ad internet per i nostri giovani returnees pugliesi corrisponde quasi sempre all’utilizzo di un social network e il 68.2% di essi utilizza ogni giorno questo tipo di piattaforma, ossia quasi il 18.0% in più rispetto ai returnees piemontesi. Il 90.9% è iscritto a Facebook .L’uso prevalente è chattare con gli amici (68.2%), molto meno fre-quente (13.6%, pari a 3 casi) è leggere solo quello che fanno gli altri. Confermando quanto sostenuto nell’analisi dei dati generali, salendo in età – rispetto ai giovani studenti piemontesi e pugliesi coinvolti nella ricerca – aumentano i contatti online. Infatti ben il 72.7% (16 casi) dei returnees pugliesi – con circa il 24.0% in più degli stessi studenti – ha dichiarato di avere più di 500 contatti, mentre nessuno ha dichiarato di avere meno di 200 contatti. Confermata, quindi, ap-pare la facilità di tessere relazioni sui social network, ma confermata appare pure l’assenza di indicatori sull’intensità delle stesse. Infatti, ben il 36.4% (8 casi) ha sostenuto che nessun contatto su Facebook è da considerarsi davvero un’amicizia, come anche il 36.4% ritiene che le vere amicizie siano da considerarsi non oltre un quarto dei contatti. Comunque per i returnees pugliesi le vere amicizie non van-no oltre la metà dei contatti online.

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Nel corso della permanenza all’estero il 90.9% dei returnees pu-gliesi ha incrementato il numero delle “amicizie” di almeno 100 nuovi contatti (il 77.3% di questi – ben oltre il doppio delle per-centuali su questo item dichiarate dai returnees piemontesi – an-che oltre 100) su Facebook.Tuttavia, a differenza dei contatti italiani, un ampio numero delle amicizie aggiunte nel corso dell’esperienza all’estero corrisponde-vano a persone davvero frequentate e conosciute. Infatti, il 27.2% dei returnees (contro il 12.5% dei contatti in Italia) ha dichiarato che circa la metà/più della metà dei nuovi amici su Facebook erano da considerarsi realmente tali, mentre il 36.4% (8 casi) ha indicato che il numero di amicizie su Facebook non corrispondeva per nulla ad amicizie reali.Questi ultimi dati sono in sintonia con quanto evidenziato sulle stes-se questioni nell’interpretazione delle risposte fornite dagli studenti piemontesi e pugliesi. Anche i giovani returnees pugliesi danno pre-minenza alle relazioni interpersonali, al contatto face to face rispetto a quello virtuale della rete. Tale primazia è ampiamente confermata dal fatto che solo uno preferisce contattare le persone via internet, piuttosto che per telefono o direttamente, mentre il 54.5% (12 casi) esclude l’uso del web per tale scopo nel modo più assoluto. Come anche gran parte dei returnees (90.9% dei casi) non ama nascondersi, falsare la descrizione di sé chattando in rete. L’uso di internet – tran-ne in un caso – non porta ad isolarsi ed evitare amici o familiari o, addirittura, a preferire la rete (90.9%) al trascorrere una serata con questi. Conformemente a quanto sostenuto nel corso di tutta l’a-nalisi dei dati, internet ed i social network si specificano sempre più come strumenti utili, necessari per il mantenimento delle re-lazioni interpersonali. Contrariamente all’esperienza prevalente dei returnees piemontesi, il 31 8% dei pugliesi li ha utilizzati soprattutto negli ultimi tre mesi della permanenza all’estero. Mentre il 27.3% ne ha fatto uso per tutto il periodo come anche nel corso di ri-correnze particolari, come a Natale o per i compleanni. Così il

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45.5% ancora adesso chatta spesso con loro e una stessa percentuale di returnees cerca di mantenere i contatti, anche se spesso non ci riesce. Oppure i social network servono per socializzare e raccon-tare la propria esperienza. Infatti, il 54.5% (12 casi) ha condiviso molte foto con i propri amici ed il 22.7% (5 casi) ha scritto dei post per comunicare gli stati d’animo durante il soggiorno, questi ultimi non sempre facili da comunicare ai familiari e/o agli amici al mo-mento, come indicato dal 50.0% (115 casi) dei returnees pugliesi. In aggiunta alle stesse domande poste agli studenti delle scuole pie-montesi e pugliesi, che ci hanno consentito di comparare le risposte e ricavare importanti considerazioni sulla fruizione dei digital media da parte delle nuove generazioni, sono state inserite nel questiona-rio somministrato ai returnees alcune domande volte a comprendere in che modo i new media possano o meno influire sulle esperienze all’estero e se la stessa esperienza extra-territoriale abbia modificato o meno anche le proprie abitudini a riguardo dell’uso di internet, dei social network. Anche da questa sezione del questionario abbiamo ricavato dati molto interessanti. Un primo elemento rilevante è che nonostante il largo utilizzo di internet e dei social network i nostri giovani sembrano non considerare tali strumenti sostituibili all’espe-rienza sul campo. Quasi al 60.0% dei returnees pugliesi (oltre 10% in meno) – 13 casi, un numero meno ampio rispetto ai “colleghi” piemontesi – non è mai venuto in mente di usare i networks per co-noscere il Paese nel quale avrebbero fatto l’esperienza dello studio all’estero con la proposta di Intercultura, lo ha fatto invece il 31.8% condividendo post. Però con internet ed i social network una par-te dei “nostri” returnees ha attivato contatti prima della partenza: in particolare lo ha fatto il 50.0%. In controtendenza, tali contatti per il 63.7% (14 casi) – 22.0% in più rispetto alle preferenze sullo stesso item fornite dai returnees piemontesi – sono serviti, contro il 18.1% non ne ha tratto alcun vantaggio. Ribadiamo che per tali risultati si potrebbero proporre spiegazioni che rimanderebbero alla superficialità, al non interesse, a motivazioni scarse nell’affrontare l’impresa, ma in continuità con i risultati già emersi dai dati prece-

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denti e da quelli che seguiranno, ci sentiamo – invece – di sposare l’idea che su certe questioni, come la costruzione e il mantenimento delle relazioni interpersonali e le esperienze di vita extra-territoriali, i giovani per ora mantengono la netta distinzione tra vite reale e vita virtuale, preferendo decisamente la prima alla seconda. Anche per la stessa esperienza all’estero vissuta dai returnees pugliesi con Intercultura solo il 22.7% ha ritenuto almeno abbastanza utile quanto aveva appreso da internet per adattarsi alla nuova realtà culturale. Poco e per nulla proficue si sono rivelate le conoscenze pregresse per il 27.2%. Infatti, l’idea di partenza sulla cultura del Paese ospitante è stata disattesa secondo il 40.9% (9 casi) – quasi il 22.0% di preferenze in meno di quelle espresse sullo stesso item dai returnees piemontesi – mentre è stata pienamente confermata solo da 3 intervistati. A giustificazione di ciò la convinzione di gran parte dei returnees pugliesi (86.3%, pari a 19 casi) è che le emozioni provate durante il soggiorno all’estero fossero imprevedibili.L’esperienza reale all’estero è risultata, dunque, essere differen-te da quella ipotizzata a tavolino. L’impatto emotivo è stato no-tevole, ma il 50.0% dei returnees ha deciso di non condividere con familiari ed amici i propri stati d’animo vissuti nel corso dei momenti difficili, probabilmente perché – nella consapevolez-za della barriera oggettiva data dalle distanze – hanno ritenu-to opportuno non trasferire le proprie ansie sui propri cari e mettersi in gioco nello gestire lo stress emozionale. Il 66.7% tra coloro che hanno, invece, deciso di condividere le proprie difficoltà ha considerato i social network particolarmente utili per alleggerirne il peso. Dunque, si conferma che nell’esperienza all’estero l’uti-lizzo della rete non è da considerarsi strumento essenziale per la conoscenza della nuova realtà culturale, né per avviare e ge-stire relazioni interpersonali, dove – invece – il contatto diretto, i rapporti faccia a faccia risultano insostituibili. Diventa, al contrario, necessario per mantenere i contatti più con gli amici italiani che con i propri famigliari. “Solo” il 18.2% (4 casi) non poteva fare a meno

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di connettersi con la propria famiglia, di contro al 27.2% che non sentiva tale urgenza – dato notevolmente inferiore sullo stesso items a quello corrispondente fornito dai returnees piemontesi – dall’altro che al 72.7% (15 casi) – percentuale notevolmente superiore rispetto a quella espressa sullo stesso item dai returnees piemontesi – interes-sava contattare gli amici italiani (contro solo 9%, pari a 2 casi, che non sentiva tale bisogno – anche in questo caso percentuale bassis-sima rispetto a quella espressa dai returnees piemontesi sullo stesso item).

8.4 La rete: strumento di educazione al cosmopolitismo

Nel questionario somministrato agli studenti coinvolti nella ricerca sono state inserite delle domande per analizzare un aspetto centrale della nostra ricerca, quale è quello del cosmopolitismo, e quanto la diffusione di questo atteggiamento esistenziale e relazionale possa essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo rilevare che il 38.3% degli intervistati è convinto che internet aiuti a costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il 30.9% è inde-ciso, confermando che la vita reale costituisce fattore insostituibile per la formazione della propria percezione del mondo. Tale ipotesi interpretativa sembrerebbe avallata anche dal fatto che un buon nu-mero dei nostri giovani (il 70.3% contro il 13.4% che ha convinzioni opposte), pur nella consapevolezza che con internet le distanze ge-ografiche siano state definitivamente abbattute, non ha ritenuto – da quanto emerso dalla compilazione dei questionari – che questo pote-re della rete faccia sentire cittadini del mondo semmai cittadini nel mondo. Quando poi nel corso dei focus group e delle interviste etnografiche si è approfondito il concetto di cosmopolitismo e dei suoi significati gli stessi studenti hanno invece confermato che la rete costituisce un prezioso strumento di educazione nel diventa-re cittadini del mondo. Segnale questo che pone all’attenzione del

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mondo scolastico e dell’educazione in generale come il termine “cosmopolitismo” appaia oscuro nei suoi significati ai più.Infatti, il legame internet – cosmopolitismo è percepito dagli studen-ti pugliesi in maniera marcatamente più forte rispetto ai “colleghi” piemontesi. Così al 35.1% di favorevoli, si oppone ben il 37.7% che non si sente affatto o poco cittadino del mondo grazie ad internet, mentre il 25.0% non sa esprimersi in merito. Anche nel questionario somministrato ai returnees pugliesi coinvolti nella ricerca sono state inserite delle domande per analizzare un aspetto centrale del nostro studio, quale è quello del cosmopolitismo e, nello specifico, quanto la diffusione di questo atteggiamento esistenziale e relazionale possa essere favorita dai nuovi media. In merito possiamo rilevare che il 31.8% degli intervistati (il 14.0% in meno rispetto ai returnees pie-montesi) è convinto che internet aiuti a costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il 27.3% è indeciso, confermando che la vita reale costituisce fattore insostituibile per la formazione della propria percezione del mondo.Tuttavia, i returnees pugliesi sono convergono particolarmente (81.8%) sul fatto che con internet siano state abbattute le distanze geografiche. Ma, a differenza degli studenti delle scuole superiori che hanno partecipato alla ricerca, in loro emerge una maggiore convinzione sia della relazione tra internet e la propria dimen-sione cosmopolita sia di quella di internet (i social networks in primis) e l’educazione alla mondialità (e questo già dalle risposte fornite nel questionario). Infatti, il 59.1% (pari a 13 casi) – percen-tuale di oltre l’11.0% inferiore a quella indicata dai returnees pie-montesi sullo stesso item – è convinto che internet li faccia sentire cittadini del mondo; mentre, più convinti dei loro “amici” piemontesi (percentuali superiori quasi del 27.0%), il 72.7% (16 casi) ritiene che internet ed i social network siano utili strumenti di educazione interculturale.

Grazie alla rete ed al mio tablet ho la possibilità di leggere gior-

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nali internazionali, di capire cosa succede nel mondo e nel mio Paese da diversi punti di vista, di trovare in una dimensione mon-diale le proposte di studio più interessanti per i miei futuri studi universitari, per leggere di eventuali master o per capire già da ora nel mercato economico internazionale quali sono le figure pro-fessionali maggiormente ricercate. Tutte queste possibilità i miei genitori non le hanno mai avute...per questo mi sento fortunata e cosmopolita. E nel confronto con l’altro e le culture altre capisco anche meglio chi sono.V. (Liceo)

8.5 Scuola web 2.0: la sfida del nuovo millennio

Le ICT possono migliorare la qualità complessiva dell’insegnamento, dell’ap-prendimento e dell’organizzazione scolastica. Per questa ragione, le ICT sono al centro dell’impegno del DCSF per migliorare gli standard di apprendimen to per tutti gli alunni (ICT in Schools).( http://about.becta.org.uk/5/09/08).

Non c’è dubbio che le più rilevanti aspettative che la società nutre rispetto all’uso che i giovani fanno di internet siano incen-trate sulle sue potenzialità educative, in contesti sia formali (come nelle strutture scolastiche) sia informali (come in famiglia). Oggi come oggi in Gran Bretagna ad esempio tutti i bambini usano la rete e le altre tecnologie online: la maggior parte di loro sia a scuola sia a casa, alcuni solo a scuola, altri anche in qualche altro contesto. Ma non si tratta solo di avere a disposizione un compu-ter per ogni banco, perché le ICT sono ormai parte integrante di qualsiasi attività, un’infrastruttura su cui, sempre di più, si basano l’apprendimento, la comunicazione e la partecipazione. Ma le aspettative nei confronti delle potenzialità educative del web

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non hanno soltanto un carattere strumentale. Quando parlano di in-ternet, sia gli adulti sia i più giovani guardano con entusiasmo alla possibilità di “avere il mondo intero a portata di mano”, tanto che per molti di loro è ormai difficile immaginare un altro modo di reperire informazioni. Gli accademici concordano e molti sono impegnati in ricerche (ora pragmatiche, ora forse idealistiche) sui possibili vantaggi pedagogici delle tecnologie educative. I go-verni dal canto loro stanno investendo risorse economiche per fornire alle scuole ogni sorta di tecnologia informatica, non solo sul piano dell’hardware ma anche della connettività, del software e dei prodotti digitali da utilizzare all’interno dei programmi di studio. Nel Regno Unito, la British Educational Commu-nications and Technology Agency (Becta) ad esempio si propone di promuovere e indirizzare, a livello nazionale, l’applicazione concreta e innovativa delle tecnologie all’istruzione per offrire agli studenti di qualsiasi età un’esperienza didattica più stimolante, gratificante ed effica-ce, per consentire loro di sviluppare al massimo le proprie potenzialità. La speranza non è soltanto quella di migliorare i tradizionali risultati scolastici, ma piuttosto di ampliare gli orizzonti dell’istruzione anche attraverso metodi informali e formazione permanente. Nel corso dell’ultimo decennio, l’idea che saper usare le ICT costitui-sca una terza forma di alfabetizzazione, insieme al saper leggere e al saper fare di conto (Office of the e-Envoy, 2004), una volta considerata eccentrica è diventata centrale: non perché le abilità relative alle ICT siano importanti in sé, ma perché, con la stampa, sono il mezzo attraverso il quale è possibile accedere a informazioni di qualsiasi tipo, imparare in ambienti multimediali, comunicare in contesti globali, partecipare a iniziative pubbliche, esprimersi cre-ativamente e, non ultimo, trovare un lavoro in una società della conoscenza sempre più competitiva. Come asserisce l’Office of the e-Envoy (2004, p. 11) lo scopo

è fornire a tutti gli adulti le abilità relative alle ICT per istru-

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irsi proficua mente online, per essere cittadini attivi nell’età dell’informazione e [...] per contribuire produttivamente allo sviluppo economico.

Sembra che le tecnologie digitali siano, nel XXI secolo, tanto importanti quanto, nel XIX, lo erano il libro stampato e il mo-vimento per l’alfabetizzazione di massa (Luke, 1989). E il mu-tamento sociale che esse incoraggiano potrebbe essere altrettanto radicale. Visto lo sforzo dei governi per varare politiche a favore dell’accesso alle ICT come risorsa per sviluppare al massimo le capacità di apprendimento dei giovani, il sostegno delle aziende informatiche e l’impegno delle famiglie per mettere a loro dispo-sizione un accesso domestico a internet, dubbi o perplessità sem-brano fuori luogo. Eppure vale la pena porsi qualche domanda. Questi progetti così ambiziosi si stanno realizzando? L’accesso scolastico a internet produce realmente dei benefici dal punto di vista educativo? I bambini e i ragazzi di oggi imparano di più, o in modo diverso, rispetto a quelli delle generazioni pre-cedenti?Alcuni critici hanno accolto lo sviluppo di queste politiche met-tendo in discussione il fatto che a un incremento quantitativo o qualitativo della presenza delle ICT si accompagni necessaria-mente un’analoga crescita delle potenzialità educative. Secondo queste posizioni, l’uso del computer nei contesti di apprendimen-to rischia di minare la creatività, sottraendo i bambini all’inte-razione faccia a faccia e amplificando le disuguaglianze sociali, oltre a distrarre l’attenzione degli insegnanti dalle reali esigenze dell’allievo per concentrarla sulla tecnologia. Sperare che le ICT, di per sé, trasformino i processi di istruzione è un’aspettativa mol-to diffusa che, in effetti, può essere accusata di determinismo, come nel caso di quei genitori che giudicano la scuola dei loro figli dall’attrezzatura informatica a disposizione, prima ancora di aver visto in faccia gli insegnanti. Le iniziative volte a diffondere

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l’accesso domestico a internet danno spesso più peso al nume-ro di computer connessi che al loro uso o alla loro utilità. Anche il dibattito presso l’opinione pubblica si focalizza più facilmente sull’introduzione fisica della tecnologia nel contesto scolastico che sulla sperimentazione di nuove metodologie di insegnamento che siano in grado di utilizzarla a vantaggio degli allievi. In molti sostengono che sia la scuola a dover rispondere al compito di edu-care su larga scala le nuove generazioni a divenire cittadini di quel nuovo ambiente culturale e sociale nel quale i media digitali hanno un ruolo così centrale, e a divenire cittadini consapevoli, capaci di operare razionalmente scelte e valutazioni. Se la scuola non riuscisse a rispondere a questo compito, sarebbe la società nel suo complesso a correre un grosso rischio.Da questo punto di vista, risultano particolarmente preoccupanti al-cuni fra i dati che emergono dalle statistiche esistenti sulla diffusione del le tecnologie multimediali nella scuola italiana, statistiche che mostrano come soprattutto i Licei classici, ma anche i Licei scien-tifici, siano in deciso ritardo, in questo settore, rispetto agli Istituti tecnici e professionali. Se è confortante rilevare che molte scuole tecniche e professionali hanno già imboccato la strada della multime-dialità, colpisce tuttavia che siano proprio le scuole tradizionalmen-te considerate “culturalmente più formative” (stereotipo discutibile) a denunciare un ritardo maggiore. L’idea che la formazione della “classe dirigente” del futuro spetti solo ai Licei classici/scientifici è per fortuna superata, ma questi dati tradiscono un’immagine “tecni-cista” delle nuove tecnologie del cui pericolo è bene essere coscienti. Se non si corre ai ripari, il rischio è che gli studenti che escono dai Licei classici e scientifici siano non già i più preparati, ma i meno preparati a rispondere a molte delle sfide culturali del mondo in cui si troveranno a vivere (vedi indicazioni Ministeriali PSTD)2. Ma se 2 Le linee guida delle iniziative miranti all’introduzione delle nuove tecnologie nella scuola ed alla relativa formazione docenti sono fornite dal Programma di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche (PSTD) elaborato dal Ministero della Pubblica Istruzione. Si tratta di un programma su vasta scala che coinvolge l’intera sistema scolastico italiano, basato su un forte investimento

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tralasciamo le critiche puramente arti-tecnologiche restano due interrogativi. Abbiamo a disposizione evidenze empiriche a sostegno dell’idea che le ICT migliorino i processi di insegna-mento? E, dal punto di vista più teorico, cosa intendiamo per “istruzione” e come sta cambiando la nostra idea in proposito? Non appare semplice dare una risposta a queste due domande.La prima può essere affrontata abbastanza direttamente, anche se in merito è necessario fare ancora molta ricerca. La seconda, inve-ce, è più complicata e le risposte sono controverse: come osserva-vano Scribner e Cole (1973), infatti, “ogni teoria dell’educazione implica chiaramente una teoria complessiva della società e di come i processi sociali influiscono sull’educazione” (p. 553).A molti anni di distanza, è ancora difficile raccogliere il consenso generale intorno a una teoria della società, anche perché la società stessa continua a cambiare. Altre domande si pongono all’oriz-zonte. Le ICT sono destinate a sostituire il libro? O dovranno integrarsi in qualche modo con esso? La tecnologia decisiva è rappresentata dalla LIM al posto della vecchia lavagna o dal portatile sul banco di ogni studente? Ancora una volta la storia delle nuove tecnologie dimostra che esse tendono a integrare, piut-tosto che a sostituire, le tecnologie precedenti (Adoni – Nossek, 2001; Livingstone, 2002; Neuman, 1988). Come hanno dimostrato Bolter e Grusin (1999), sebbene i nuovi media difficilmente riesca-no a sostituire completamente quelli precedenti, essi li ri-mediano, cioè ne modificano le potenzialità o ne incoraggiano un’ulteriore

pubblico. Il programma ha fissato tre grandi categorie di obiettivi:• promuovere negli studenti la padronanza della multimedialità sia come capacità di com-

prendere e usare i diversi strumenti, sia come adozione di nuovi stili cognitivi nello stu-dio, nell’indagine, nella comunicazione e nella progettazione

• migliorare l’efficacia dei processi di insegnamento-apprendimento e la stessa organizza-zione della didattica sia per quanto riguarda le singole discipline sia per le acquisizioni di abilità di tipo generale

• migliorare la professionalità degli insegnanti non solo attraverso la formazione, ma anche fornendo strumenti e servizi per il lavoro quotidiano.

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specializzazione. In altre parole, dopo l’avvento di internet, nep-pure il libro è più lo stesso: da una parte, infatti il modello lineare dei tradizionali media a stampa sembra ancora inaccessibile, fa-ticoso, o semplicemente “noioso” per molti ragazzi (Livingstone, 2002); dall’altra, gli stessi libri di testo, come molti altri supporti didattici “cartacei”, sono cambiati nel corso degli ultimi decenni: “L’attuale libro di testo scientifico non è più un libro nel senso tradizionali della parola; funziona, piuttosto, come un kit di risorse didattiche pronte per l’uso” (Kress 1998, p.65). I libri di testo di oggi, insomma, richiedono ai loro lettori la stessa alfabetizza-zione visuale enfatizzata anche dalle tecnologie che si basano sullo schermo (Kress, 2003). Curiosamente, non sono solo gli adulti a nutrire dubbi circa il fatto che internet possa o debba rimpiazzare i libri. Anche se è convinzione ampiamente diffusa che internet for-nisca un accesso a quasi tutte le forme di sapere e di conoscenza, consentendo di distribuire i diversi contenuti sulla base di ritmi di apprendimento personalizzati e di sostenere test su misura, cercan-do suggerimenti just in time e condividendo risorse informative grazie a network di specialisti, se proviamo ad analizzare questo stralcio di discussione tra ragazzi di 17 anni, tratto dal focus group da noi realizzato, troviamo qualcosa di diverso:

Mi sembra inimmaginabile dover fare i compiti a casa attraverso il pc; il web e la rete possono aiutarci a migliorare il nostro livello di conoscenza della lingue straniere o per approfondire ciò che leggiamo sui libri ma mai potrebbe sostituirli. Il rapporto con il testo cartaceo è essenziale e bisognerebbe evitare l’eccessiva di-pendenza dalle nuove tecnologie E. (Liceo) .

Il tablet a scuola potrebbe essere una buona idea in termini di praticità considerando che invece di mettere nello zaino tutti i testi necessari alle lezione del giorno o i dizionari (aggravando il

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peso sulla colonna vertebrale) potrebbe sostituirli tutti in appena un kg di peso. Ma per studiare io personalmente ho bisogno del testo cartaceo per sottolineare con diversi colori, creare mappe concettuali ai margini del testo.L. (Liceo )

Trovo l’utilizzo della LIM in classe molto utile per gli infiniti collegamenti ipertestuali il problema è che molti docenti non le sanno ancora usare e rimangono in classe come arredo.A. (Professionale)

Trovo utile l’utilizzo di internet a scuola ma come strumento di supporto ai metodi tradizionali di insegnamento e non come stru-mento sostitutivo.G. (Liceo)

Dovremmo imparare a scuola ad utilizzare le mille applicazioni della rivoluzione digitale perché queste faranno parte delle com-petenze richieste a noi nel mondo del lavoro. Ma per fare questo occorre un corpo docente che sia preparato su questi temi. Molti dei miei docenti non sanno leggere un sms sul proprio telefono.M. (Professionale)

Star e Bowker (2006) sottolineano come le infrastrutture (in questo caso facendo riferimento a quelle informatiche) siano connesse alle abitudini dei gruppi sociali che le usano. Man mano che il sostegno delle politiche pubbliche, i cambiamenti legati alle ICT trovano spa-zio nella formazione degli insegnanti, nella pratica didattica, nella definizione dei curricola e nelle forme di valutazione, appare evi-dente che fare entrare l’hardware nelle scuole è solo l’inizio di un lungo processo di trasformazione dell’infrastruttura educativa. Si

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tratta di un processo complesso, che vede gli obiettivi dei governi definirsi strada facendo e modificare, di conseguenza, sia le aspet-tative degli studenti e dei genitori, sia le pratiche didattiche. Molto ancora rimane da fare prima che le ICT costituiscano realmente una parte integrante delle nostre infrastrutture educative. Ma un primo problema che ci si trova ad affrontare nel programmare, in ambito scolastico, iniziative di educazione ai nuovi media, è quello della loro collocazione nell’ambito del curriculum didattico. Possiamo indivi-duare, a questo riguardo, tre possibili soluzioni, ciascuna delle quali ha i suoi sostenitori, e presenta vantaggi e svantaggi.In primo luogo, è possibile prevedere una materia apposita, da aggiungere al curriculum didattico tradizionale. Si tratta di una strada esplorata soprattutto in ambito americano, dove i media stu-dies fanno ormai parte del curriculum di moltissime scuole superio-ri e college.Una seconda possibilità è quella di riservare a tali argomenti uno spazio extracurrícolare, all’interno delle ore di attività integrative previste nella maggior parte degli istituti scolastici. Per vari motivi – non ultimo quello rappresentato dalla flessibilità di questa scelta, che permette al singolo istituto di organizzare e calibrare in ma-niera totalmente autonoma le attività didattiche previste nell’am-bito dell’educazione ai nuovi media – si tratta di una strada che sembra incontrare un certo favore nel nostro paese.Infine, si può pensare di integrare in maniera “distribuita” lo studio dei nuovi media all’interno del curriculum didattico esistente, pre-vedendo che un’introduzione al loro uso sia fornita contestualmente alle singole attività di studio nell’ambito delle diverse materie, in tutte le occasioni nelle quali tali attività comprendano l’impiego di strumenti multimediali.Così, mentre i governi e il sistema scolastico puntano sulle ICT per migliorare i punteggi finali, ridurre la forbice tra più e meno dotati e garantire a tutti le basi del sapere umanistico e scientifico, alcuni osservatori prendono le distanze da queste priorità, criticando una

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visione della formazione priva di immaginazione, basata su esercizi ripetitivi ed esami e degna del XX se non, addirittura, del XIX se-colo (per esempio, vedi Smith – Curtin, 1998), per proporre idee alternative. Una di queste, che sta raccogliendo grande interesse ed entusiasmo, vede nelle ICT lo strumento per sviluppare, sia all’interno sia all’esterno della scuola, le cosiddette soft skills, cioè quelle competenze trasversali sempre più richieste dall’e-conomia globale dei servizi e della conoscenza che caratterizza il XXI secolo (Gee, 2008; Jenkins, 2006b; Merchant, 2007; Shaffer et alii, 2005; Squire, 2005). Questa concezione dell’istruzione mira a valorizzare l’evidente entusiasmo con cui i bambini e i ragazzi usano internet nel contesto domestico per esplorare, divertirsi ed esprimersi creativamente (Livingstone - Bober, 2004b). In essa tro-vano posto sia l’istruzione formale mediata dalle ICT, sia le infor-mazioni che esse mettono a disposizione, ma è soprattutto l’uso dell’instant messaging, dei giochi online e dei social network ad attirare l’attenzione, perché favoriscono forme cooperative di ap-prendimento e incoraggiano le motivazioni personali. In altre pa-role, la difficoltà di cogliere con chiarezza i benefici delle ICT sul fronte dell’istruzione dipenderebbe più dalle limitate aspettati-ve dei pedagogisti e degli insegnanti che dalle scarse potenzialità delle ICT stesse: affermazione che chiaramente comporta impor-tanti conseguenze a proposito della formazione degli insegnanti, della gestione delle classi e della definizione dei curricula. E che fornisce un’altra chance a coloro che sono delusi dall’attuale stato delle cose. Diverse sperimentazioni in ambito internazionale illustrano come le ICT siano non solo in grado di motivare un ragazzo poco interessato alla scuola, ma anche di aiutarlo a esprimere le proprie idee, a trovare la propria voce e a comu-nicare in modo efficace. Se solo la scuola superasse il model-lo individualistico dell’apprendimento ripetitivo, il rapporto gerarchico tra insegnante e allievo e la definizione di obiettivi didattici rigidamente strumentali, potrebbe conseguire, anche grazie all’uso delle ICT, quella nuova alfabetizzazione che è

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richiesta dalla “cultura convergente”. Jenkins (2006, p. 4) identifica così queste nuove competenze:

- Gioco: la capacità di sperimentare il proprio ambiente circo-stante come una forma di problem solving

- Performance: la capacità di assumere identità alternative per improvvisare ed esplorare nuove attività

- Simulazione: la capacità di costruire modelli dinamici per in-terpretare i processi che avvengono nel mondo reale.

- Appropriazione: la capacità di campionare e re-mixare in modo significativo i contenuti dei media

- Multitasking: la capacità di monitorare il proprio ambiente e di spostare la propria attenzione sugli elementi più rilevanti quando necessario

- Conoscenza diffusa: la capacità di interagire adeguatamente con strumenti tecnologici che espandono le capacità cognitive

- Intelligenza collettiva: la capacità di condividere il sapere e di scambiare idee con altri per conseguire un obiettivo comune

- Giudizio: la capacità di valutare l’affidabilità e la credibilità di differenti fonti di informazione

- Navigazione trasnsmediale: la capacità di seguire flussi narrativi e informativi attraverso modalità espressive diverse

- Networking: la capacità di cercare, sintetizzare e ridistribuire le informazioni

- Negoziazione: la capacità di muoversi attraverso diverse comu-nità, riconoscendo e rispettandone le differenti prospettive, cogliendo e accettandone le regole

Questo elenco è una boccata di aria fresca, una celebrazione della creatività giovanile, dell’intelligenza e del desiderio di imparare

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sempre e dovunque. La sua concezione di didattica si scontra con il modello tradizionale di trasmissione del sapere da un’autorità ad allievi che devono competere l’uno con l’altro per adeguarsi a un curriculum definito a livello nazionale. Certo, si potrebbe osservare che anche in questo caso, come per l’insegnamento tra-dizionale, mancano le prove evidenti che le ICT siano in grado di stimolare nuove e più creative forme di apprendimento. Una ragione potrebbe essere la mancanza di criteri per valutare simi-li competenze, trasversali o alternative, nel quadro dell’istituzione scolastica: detto altrimenti, non è ancora chiaro come integrare nella prassi didattica i software educativi e le altre risorse elettroni-che che vengono spesso proposti come “una forma divertente di apprendimento’’. Vale la pena osservare che i tratti ottimistici riconosciuti nel la-voro di Marsh, Drotner e Cassell derivano dal modo in cui la tecnologia rende possibili occasioni di collaborazione orizzon-tale e di apprendimento condiviso; le indicazioni più negative, invece, come quelle contenute nel lavoro di Willet hanno a che fare con l’uso delle tecnologie per supportare una relazione di-dattica che Cassell definisce come una forma di insegnamento guidata verticalmente dall’insegnante. L’impiego delle tecnolo-gie, insomma, sembra didatticamente più efficace in contesti di apprendimento orizzontali più che verticali; ciò che conta, ancora una volta, non è la tecnologia in sé, ma il modo in cui la si utilizzerà nei diversi ambiti educativi.

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Riferimenti bibliografici

- Adoni, (2001)

- Bolter, (1999)

- Bowker, (2006)

- Cassell, (2004)

- Cole, (2007)

- Curtin, (1998)

- Drotner, (2000)

- Gee, (2008)

- Grusin, (1999)

- Jenkins, (2006)

- Kress, (1998)

- Lazarsfeld (2006)

- Livingstone,(2002)

- Marsh, (2000)

- Merchant, (2007)

- Merton, (2004)

- Meyrowitz, (1985)

- Ministero della Pubblica Istruzione, Indicazioni PSTD (Programma di Svilup-po delle Tecnologie Didattiche), (2000)

- Neuman, (1988)

- Nossek, (2001)

- Report Audiweb (2011)

- Report Istat Cittadini e nuove Tecnologie, (2009)

- Shaffer, (2005)

- Scribner, (1973)

- Smith, (1998)

- Squire,(2005)

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- Star, (2006)

8.6 Analisi dei POF delle scuole partecipanti alla ricerca

Scuole Puglia (A. Fornasari)Nome scuola, indirizzi, note su popolazio-

ne e territorio LIM PON/ECDL Sito

Liceo Salvemini Bariwww.liceosalvemini.it

circoscrizione Japigia

Liceo scientifico - con indirizzo P.N.I e indi-rizzo bilinguismo

Presenti in labo-ratorio

Corsi ECDL, Progetti Pon sulla multimedialità – (Pon su realizza-zione di disegni tridimensionali, sulla catalogazio-ne multimediale di testi)

E s t r e m a m e n t e ricco di colle-gamenti e infor-mazioni, ma non particolarmente interattivo (pre-senza di un blog degli studenti ma non constante-mente aggiornato)

ITC Leonardo Da Vinci Martina Franca – Contrada Pergolowww.itcgdavinci.it

Indirizzi: Amministrazione finanza e turi-smo, Giuridico, economico aziendale, Lin-guistico aziendale, Costruzioni ambienti e territorio, Costruzione, territorio, ambiente

Popolazione studentesca: poco omogenea per preparazione e motivazione, prove-niente da vari comuni della provincia di Taranto, Brindisi, Bari (Valle d’Itria)

Presenti 3 LIM Corsi ECDL Ricco, presenza di una piattafor-ma Moodle per l’e-learning e di un blog per gli studenti, possibli-tà di scaricare ma-teriale didattico. Interattivo

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IISS Antonietta de Pace Leccewww.ipdepace.com

Quartiere centro-storico

Indirizzi Istituto Professionale:Servizi commerciali (Gestione aziendale – servizi turistici-grafica pubblicitaria), Produzioni industriali e artigianali (Moda – Chimico biologico –Audiovisivo).

Indirizzi Istituto Tecnico, Tessile – settore moda, Grafica e comunicazione

Popolazione studentesca: preparazione di partenza medio-bassa, provenienza soprattutto da paesi limitrofi, ampia pre-senza di ragazzi con genitori operai con livello di istruzione medio-basso. Contesto territoriale ritenuto pericoloso per quanto concerne fenomeni di abbandono scolasti-co e carenza occupazionale

Sono presenti LIM e laboratori multimediali (La scuola ha fatto parte del progetto classi 2.0)

Corsi ECDL e PON che inte-ressano l’area informatica, attra-verso l’ultilizzo di software specifici (Auto-CAD ad esempio)

Ricco e interatti-vo. Sono presenti piattaforme multi-mediali per alun-ni con problemi motori

Liceo Linguistico Tito Livio Martina Franca – Contrada Pergolowww.titoliviomartinafranca.it

Liceo classicoLiceo scientificoLiceo linguistico

Popolazione studentesca: prevalentemen-te femminile, proveniente soprattutto da paesi limitrofi della provincia di Taranto e, in misura maggiore, dalla Valle d’Itria

Presenti 4 LIM Corsi ECDL Il sito presenta spazi interattivi e piattaforme per l’e-learning e per l ’ e - d e m o c r a c y (possono acceder-vi solo gli iscritti).

Liceo Scientifico Banzi Barzoli Leccewww.liceobanzibarzoli.it/index.php

Zona polo fieristico-stadio

Indirizzi:Liceo scientifico corso ordinarioLiceo scientifico corso P.N.I,Liceo scientifico corso bilingue,Liceo progetto maxiscientifico cod.min. ISFN,Liceo maxilinguistico COD. MIN.ISFU

Popolazione scolastica: 1239 studenti di cui 726 pendolari, condizione socio-econo-mica prevalente medio-alta, percentuali di promozione del 95%

Sono presenti LIM

Corsi ECDL Sito internet con informazioni ma non interattivo. Presenta alcuni difetti di funzio-namento

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Istituto Lenoci Bariwww.itclenoci.it

Circoscrizione Japigia – Torre a Mare

Indirizzi:Amministratore Finanza e Marketing,Economico aziendale sportivo,Sistemi informativi aziendali (Indirizzo in-formatico aziendale),TURIMO Indirizzo linguistico e turistico aziendale, SIRIO Serale-adulti indirizzo informatico aziendale

Cablaggio di tutte le aule dell’istitu-to, per consentire attravreso posta-zioni mobili, l’uso di internet nella didattica ordina-ria. Presenti anche 8 laboratori multi-mediali

Corsi ECDL e corsi Pon su stru-menti informatici specifici (in par-ticolare su reti di connessioni)

Sito aggiorna-to. Presenti un giornalino online degli studenti, un blog e colle-gamenti a social network.Presenza di piat-taforma Moodle per l’e-learning. Pubblicati online lavori degli stu-denti

Scuole PiemonteNome scuola, indirizzi, note su popolazio-

ne e territorioLIM

PON/

ECDLSito

Liceo Scientifico Giordano Bruno di Torino

Via Marinuzzi 1, Torino 011-2624884

www.gbruno.it

3 LIM Il sito della scuola contiene tutta la mo-

dulistica e offre uno spazio agli studenti

per la narrazione delle proprie iniziative.

Il liceo Scientifico Giordano Bruno è

dotato di una rete wireless che permette

di utilizzare PC e netbook in ogni zona

dell’edificio anche in palestra. Esso si

inserisce in un processo di digitalizza-

zione della documentazione, comincia-

to nel 2008 con la scelta di adottare il

registro online. Sulla piattaforma sono

inoltre presenti tutte le circolari, visua-

lizzabili solo dagli utenti registrati (a

ogni studente e a ogni docente viene

fornito un identificativo a inizio anno).

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xemburg

Corso Caio Plinio 6 - 10127 Torino -

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Oggi l’Istituto è frequentato da oltre 700

studenti provenienti per oltre il 50% circa da

scuole medie statali ubicate nelle vicinanze,

soprattutto Santa Rita, Lingotto, Mirafiori

Nord; il 20% da scuole medie statali dei co-

muni limitrofi (Moncalieri, Airasca, Beina-

sco, Candiolo, Nichelino), mentre il restante

12% da scuole di vari altri quartieri della città.

1 LIM ECDL Ricco e aggiornato. Contiene tutte le in-

formaizoni utili per studenti e genitori in

modalità downloading e top-down.

Liceo Scientifico Statale Antonio Gramsci

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9. La rete strumento di educazione alcosmopolitismoA . Fornasari

La carta d’identità terrestre del nuovo cittadino

del mondo comporta una raccolta d’identità

concentriche, che parte dall’identità familiare, locale,

regionale, nazionale.

(Morin – Kern, Terra-Patria, p. 123)

9.1 Il cosmopolitismo ed i suoi significati

L’aggettivo “cosmopolita” e il sostantivo “cosmopolitismo” come sostenuto da Pierluigi Valenza nel suo saggio (“Da Atene a Seattle. Sguardo storico e considerazioni attuali sul cosmopolitismo”, in «Rivista della Scuola superiore dell’economia e delle finanze», 1, 2004, pag. 95-116) cui facciamo ampio riferimento “intendono en-trambi, nell’accezione più comune del linguaggio corrente, l’idea che il mondo possa essere riconducibile ad un’unità, da cui si ha poi un’unica cittadinanza: l’uomo cosmopolita è, per l’appunto, il citta-dino del mondo, colui che è a casa e può essere a casa dappertutto. Il cosmopolitismo sarebbe allora quella teoria filosofico-politica che sostiene questa possibilità: che il mondo sia un’unica città, ovvero sia retto da un unico sistema di regole nel quale l’uomo, ogni uomo, può essere cittadino. In realtà poi il binomio mondo-città si dipana, sempre nel linguaggio e nell’uso corrente, in una quantità di sfuma-ture: l’uomo cosmopolita in realtà non è l’uomo in quanto tale, né è reso tale dal fatto che il mondo effettivamente sia ricondotto sotto un unico sistema di regole. Se così fosse si potrebbe anche argomentare

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che l’aver valore dei diritti umani sanciti nella Carta dell’ONU del 1948 configurerebbe per ciò stesso un unico sistema di regole, una sorta di città, di repubblica mondiale, della quale gli uomini, per il solo fatto di essere uomini, farebbero parte, e allora saremmo tutti cosmopoliti”. Continua Valenza “è sufficiente richiamare alla mente il senso di quell’aggettivo applicato all’uomo nel linguaggio ordina-rio per renderci conto che il senso è anche altro, che noi cioè usiamo quella parola ugualmente per intendere una persona che ha vissuto in molti paesi, che ne conosce le lingue, gli usi e i costumi, e quindi vive in diverse parti del mondo come a casa sua perché si è adattato ai diversi contesti e ci sa stare dentro. Ancora diverso poi l’uso quan-do lo riferiamo alla città: quando parliamo di città cosmopolita inten-diamo dire che la città si è fatta mondo, è cioè abitata da una quantità di persone di culture, costumi, razze diverse, le quali vivono fianco a fianco senza particolari problemi. Questa adattabilità, in questo caso della città, di nuovo non necessariamente ha a che fare con l’introdu-zione di un sistema di regole valido universalmente, una città può essere cosmopolita naturalmente, per storia e tradizione, per l’indole accogliente degli abitanti, perché gli interessi oggettivi, i vantaggi economici, ad esempio, del viverci dentro hanno fatto sì che rispetto alle incompatibilità delle differenze prevalessero le ragioni della convivenza. Questa premessa dovrebbe chiarire, proprio attraverso il riferimento a tre plessi tematici – l’unità di regole per soggetti diver-si e provenienti da contesti, ordini valoriali, culture giuridiche diffe-renti, l’adattabilità di singoli soggetti, la capacità di accoglienza del diverso, cioè l’adattabilità dei luoghi – quanto la parola “cosmopoli-ta” e la teorizzazione ad essa relativa, il “cosmopolitismo” rivestano attualità nella fase storica che stiamo vivendo, nella quale fenomeni imponenti, quali le migrazioni di massa o la comunicazione istanta-nea tra le diverse parti del mondo (attraverso la rete internet), paiono realizzare quell’idea espressa nel linguaggio comune, che il mondo si riduca a città, che gli uomini si facciano cittadini del mondo, che la città stessa si faccia mondo perché abitata da uomini molto diversi tra loro”. In realtà non è sufficiente che questi fenomeni si diano perché

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si possano usare i termini in questione, non solo nella loro accezione colta, ma probabilmente anche in quell’accezione deformata del lin-guaggio ordinario che da quell’accezione colta dipende: un uomo che viva in un altro paese, in una cultura completamente differente, non per questo è cosmopolita, né è ipso facto cosmopolita una città nella quale vivano persone di molteplici culture, costumi, razze. Va-lenza sottolinea come il fermarsi su alcuni momenti significativi del-la storia del termine possa aiutare ad entrare meglio dentro i problemi su menzionati e a vederli innestati all’interno della tradizione cultu-rale cui apparteniamo: le diverse stratificazioni di senso mostrano come l’idea del cosmopolitismo ha accompagnato le trasformazioni nella convivenza tra gli uomini. Può essere utile - prosegue l’autore - “partire, ad esempio, dal significato che hanno, nella cultura greca, le singole parole che formano le radici dei termini composti qui in discussione: polis e cosmos. “Polis è termine ambiguo, come ricorda nel Politico Aristotele: ambiguo in quanto nomina, come d’altra par-te il nostro “città”, sia il luogo geografico, ovvero il luogo in quanto abitato dagli uomini, sia il luogo sociale, ovvero lo Stato che gli uo-mini che vivono in quel luogo organizzano dandosi una costituzione. “Quest’ambiguità tende a trasferirsi sul polites, perché analogamente il cittadino potrà essere semplicemente l’uomo che vive in un luogo, o l’uomo in quanto dotato di diritti, partecipe della vita politica del luogo in cui vive”. Nella discussione che Aristotele, sempre nel Po-litico, fa della nozione di cittadino la prima possibilità è però senz’al-tro esclusa, e si può dire in questo senso che la prima possibilità non appartiene all’orizzonte di pensiero dell’uomo greco dell’età pre-el-lenistica: “il cittadino non è cittadino in quanto abita in un certo luo-go”; piuttosto cittadino in senso proprio, o, come dice Aristotele, “in senso assoluto”, è colui che ha facoltà di partecipare alla vita pubbli-ca, più esattamente “quegli che ha la facoltà di partecipare all’ufficio di consigliere e di giudice questo noi diciamo senz’altro cittadino dello stato in cui ha tale diritto”. Si tratta, sostiene Valenza, come emerge dalle riflessioni che Aristotele svolge immediatamente dopo, di una questione di fatto, che prescinde da come un uomo sia arrivato

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a godere di tale facoltà, perché si può essere cittadini per discenden-za, lo si può essere ugualmente per sanzione giuridica, come ad esempio, al momento della fondazione di una nuova città. “I termini polis e polites definiscono un ambito che è umano e convenzionale, quello del luogo abitato fondato o governato da un numero più o meno grande di persone, che si sono date un ordine, ordine che varia nella Grecia di allora anche profondamente da luogo a luogo. Anche il termine cosmos designa un ordine, questo però è un ordine che non dipende da volontà di uomo, è un ordine naturale. In quanto ordine naturale esso è anzitutto uno, rispetto ai molteplici ordini delle diver-se polis, anche se non originario, perché prima nel mito, poi nelle prime riflessioni filosofiche sulla natura, i Greci avevano visto il co-smos come ordine contrapposto al caos originario”. Anche in questo Valenza ricorda di come facendo riferimento ad un classico della fi-losofia greca, il Timeo di Platone, possiamo trovare sintetizzata que-sta contrapposizione nella descrizione dell’attività dell’artefice nel mito del demiurgo: “dio volendo che tutte le cose fossero buone e, per quant’era possibile, nessuna cattiva, prese dunque quanto c’era di visibile che non stava quieto, ma si agitava sregolatamente e disordi-natamente, e lo ridusse dal disordine all’ordine, giudicando questo del tutto migliore di quello”. Le due parole allora, associate l’una all’altra, continua Valenza parrebbero generare una sorta di corto cir-cuito: la parola polites riferita al cosmos sarebbe impropria perché l’essere cittadino ha senso solo all’interno di realtà costituite dall’uo-mo, di istituzioni che hanno valore convenzionale. La nascita del ter-mine “cosmopolita” però proprio questo intende realizzare, la rottura dell’ordine politico ovvio della Grecia classica organizzata in una molteplicità di polis. I primi usi del termine e soprattutto la concezio-ne politica che ne assume il nucleo cadono nella fase in cui il mondo delle libere città greche tramonta con l’egemonia macedone. È l’idea di cittadino prima ricordata che viene meno: “L’uomo come essere politico, elemento della polis o responsabile del governo della cit-tà-stato, era morto con Aristotele; con Alessandro si concepisce l’uo-mo come individuo”. Superata la polis si diventa cittadini di che

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cosa? La parola cosmos intenderebbe, per quanto sostenuto da Valen-za, la natura come insieme ordinato, tuttavia dipende dalla concezio-ne che si sostiene della natura, e se si fa riferimento propriamente alla natura, o alla natura in senso traslato, mondo come insieme più vasto nel quale l’uomo si trova. Schematicamente: “le prime accezioni si-gnificative dell’espressione “cosmopolita”, cittadino del mondo, al-ludono a due concezioni dell’uomo che, oltrepassando entrambe la polis, considerano l’uomo come individuo in termini molto diversi. Il primo uso del termine è attestato presso il cinico Diogene di Sinope, in Diogene Laerzio: “Interrogato sulla sua patria – scrive Diogene Laerzio a proposito di Diogene – rispose: “Cittadino del mondo”. Diogene deve sicuramente buona parte della sua fama, con l’anedot-tica che ne è fiorita ampiamente riportata nelle Vite dei filosofi, pro-prio al distacco dal consesso sociale e alla vita provocatoriamente fuori dalle regole. L’opposizione della natura alla convenzione, l’as-sunzione di una regola dell’universo come unica, si realizza in una vita che è precisamente negazione dell’idea di cittadinanza, di qual-siasi cittadinanza, sebbene, sempre secondo quanto riporta Diogene Laerzio, Diogene di Sinope abbia riconosciuto comunque un valore alla convivenza entro la città governata da leggi. Rispetto a questo primo senso di “cosmopolita” quello maturato nello Stoicismo antico si stacca radicalmente perché qui la natura coincide con una legge divina, fondamento delle diverse costituzioni politiche, con un senso nettamente più forte di regola morale, che bandisce il disimpegno teorizzato e vissuto dal cinismo”. L’idea, balenata ad Alessandro Ma-gno, di un’unione dei popoli, diviene in Zenone l’idea di uno stato ideale, “un mondo non più formato da stati separati, ma come una grande città retta da leggi divine dove tutti erano cittadini, vincolati tra loro non da leggi umane, ma da un loro spontaneo assenso o ... Amore”. La definizione di polis attribuita allo Stoicismo antico ripe-te quella della filosofia politica dell’età pre-ellenistica: la città “è una moltitudine di uomini che abitano nello stesso luogo”, la novità è che quest’idea di città può essere estesa al mondo. Quest’affermazione rimonta alla convinzione che il mondo sia governato da una legge

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che accomuna uomini e dei, che, sempre con riferimento allo Stoici-smo antico, nel De legibus di Cicerone viene definita come “ragione suprema, insita nella natura” o anche “forza insita in natura”, dove la naturalità intende il suo carattere originario: “Essa è nata prima del tempo, prima che fosse stata scritta una qualsiasi legge o fondata una qualsiasi città”. Nel suo scritto Valenza ricorda come “non solo, come per i Cinici, si ricava da questa nuova idea di cittadinanza che la provenienza da diversi luoghi non fa gli uomini diversi; si ricava anche l’idea che l’assenza di un luogo privilegiato di riferimento non cancella l’idea di una legge e di una regola da seguire, che questa non è prodotto di una convenzione, ma è iscritta nella natura (questo il senso della sua originarietà e provenienza divina) e, stando al fondo delle legislazioni storiche, ne è il riferimento e la misura”. Come sarà espresso nel modo più chiaro dall’imperatore romano Marco Aure-lio, l’imperatore filosofo, il riferimento al “cosmo” può rappresentare una sorta di cittadinanza superiore, l’appartenenza all’umanità, che può convivere in modo non conflittuale con l’appartenenza ad uno Stato, così come è espresso nel frammento: “La mia città e la mia patria è Roma in quanto sono Antonino. In quanto uomo, è l’univer-so”. La compatibilità di cittadinanza universale e identità locale (sia-mo in presenza ante litteram del significato oggi attribuito al termine glocal) si annuncia, per le premesse poste dalla situazione contempo-ranea, particolarmente interessante, e tuttavia il senso apparentemen-te negativo, soltanto di rottura, proprio del Cinismo, potrebbe an-ch’esso annunciare una duplicità inevitabile nella nozione di cittadino del mondo, forse non meno attuale. Per trovare un contesto culturale altrettanto significativo che quello rapidamente visitato nella tratta-zione di Valenza, occorre compiere un grande salto nel tempo ed ar-rivare alla cultura del Settecento. In questo caso l’uso e la diffusione del termine si accompagna ad un’altra radicale trasformazione, quel-la che porta all’affermarsi, con le rivoluzioni americana e francese che hanno un qualche antecedente nella Gloriosa Rivoluzione della fine del Seicento in Inghilterra, del modello dello Stato moderno. In altre aree di Europa si consolidano processi centralistici e assolutisti-

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ci, dall’Austria asburgica alla Prussia alla Russia. “Rispetto alla rela-tivizzazione dell’appartenenza ad un luogo implicita nell’idea di co-smopolitismo si assiste nell’ultimo scorcio del Settecento al crescere del valore delle diversità culturali e linguistiche con l’elaborazione di idee sul valore dell’identità di un popolo nelle sue specifiche caratte-ristiche, che, da Rousseau a Herder, sfociano nella definizione dell’i-dea di nazione che alimenta movimenti politici e cospirativi nei due secoli successivi, in Europa e nel mondo”. Quest’idea a sua volta forma il motore del perfezionarsi del modello di Stato moderno come Stato nazionale; il predominio di questo modello risulterà più evi-dente con la fine, tra XIX e XX secolo, dei grandi imperi multietnici. Le domande che Valenza pone riguardano il fatto che l’idea di citta-dinanza mondiale non sorga dunque in corrispondenza di un proces-so univoco come quello della fine delle polis greche. Come si connet-ta essa allora alle radicali trasformazioni prima ricordate? Certamente - prosegue l’autore- “c’è in essa il senso dell’uguaglian-za di tutti gli uomini, motivo ispiratore di fondo della visione eman-cipatrice dell’illuminismo, e quindi essa si pone in continuità con il riferimento ad una legge universale che aveva visto nello Stoicismo antico il suo albore. Ma, ovviamente, storia della cultura e contesti sociali e politici sono troppo diversi per non far ritrovare questa idea in termini anche molto mutati”. Concentrarsi sui alcuni passaggi di una delle menti più alte della cultura settecentesca, Immanuel Kant, può consentire di fare, come per il cosmopolitismo antico, un punto sul senso del termine utile per una riflessione sull’oggi. Per Valenza due sono i testi più significativi nei quali Kant parla di cosmopoliti-smo: “il saggio Idee zu einer allgemeinen Geschichte in weltbürgerl-ich Absicht (Idea di una storia universale dal punto di vista cosmo-politico, del 1784) e il saggio Zum ewigen Frieden (Per la pace perpetua, del 1795). In entrambi i testi l’idea di cosmopolitismo è strettamente legata con quella della costituzione di un diritto di valo-re universale”. Nel primo saggio Kant indica come massimo proble-ma del genere umano, alla cui soluzione esso è spinto dalla stessa natura, quello del “pervenire ad una società civile che faccia valere

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universalmente il diritto”, ponendosi poi l’interrogativo di quale pos-sa essere l’esito più alto del processo della storia nella soluzione di questo problema e individuando quest’esito in una “lega dei popoli” che rappresenti, sul piano del rapporto tra gli Stati, la stessa dimen-sione comunitaria che il singolo Stato rappresenta rispetto ai singoli individui. In Zum ewigen Frieden, delineando principi e articoli fon-damentali per una pace perpetua Kant distingue tre livelli di diritto: il diritto pubblico, il diritto internazionale ed infine il “diritto cosmo-politico”, il diritto secondo il quale “uomini e Stati in rapporto este-riore reciproco gli uni con gli altri sono da considerare come cittadini di uno Stato universale degli uomini”.

9.2 Cosmopolitismo e globalizzazione

Alcuni dei problemi che il termine cosmopolitismo evoca hanno por-tato filosofi, sociologi, studiosi della politica, a schierarsi, più o meno dichiaratamente, sul diritto del termine a sussistere e a rappresentare una prospettiva possibile di convivenza tra gli uomini. Vorremmo cercare, sostiene Valenza “restringendo lo sguardo ad alcune pub-blicazioni recenti, di fissare alcune posizioni rispetto alle quali far ordine sul possibile attuale significato del termine e sulle prospettive che esso designa, completando, con uno sguardo rivolto agli antece-denti trattati, il nostro excursus tra storia e attualità. In un suo recente saggio, Pluralismo, multiculturalismo e estranei, Giovanni Sartori fa valere le ragioni del pluralismo contro quelle del multiculturalismo di matrice americana e che comincia ad allignare anche nella cultu-ra europea. Il multiculturalismo irrigidirebbe le diversità all’interno della società creando una molteplicità di comunità chiuse, comunità poi il cui legame è dato da caratteri, quali la religione e l’etnia, che prospettano “estraneità radicali” Non che con questo Sartori inten-da negare o cancellare le differenze, o riportarle alle differenze di opzioni politiche, di visioni della società, delle quali si sostanzia il pluralismo. Il contesto presupposto dal suo ragionamento contro il

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multiculturalismo è quello dello Stato nazionale come ambito ancora ovvio e naturale dell’organizzazione politica, quello del resto ancora ampiamente vigente anche se in crisi, o al più di comunità politiche di diversa dimensione, quindi anche sovranazionali, ma comunque omogenee”. La crisi dello Stato nazionale, crisi, ricorda anche Sar-tori, costituita da un’erosione sia verso il basso, in direzione delle comunità locali, sia verso l’altro, in direzione di organismi sovrana-zionali, non ha affatto come suo sbocco il ridefinirsi di un’identità comunitaria in termini di cittadinanza mondiale. Proprio l’erosione della cornice nella quale si è costituita l’idea di cittadinanza nella quale viviamo, erosione dal basso e dall’alto, ha portato a formula-re concezioni del cosmopolitismo più ambiziose di quelle di Kant. “Mentre l’erosione dal basso, come rifiuto della burocrazia statale e della politica centralistica, porta alla richiesta di una maggiore im-portanza del locale, dell’amministrazione più facilmente controllabi-le e interpellabile, e dunque al rafforzamento dell’identità particola-re, l’erosione dall’alto evidenzia l’insufficienza tanto di questa sola identità, quanto di quella nazionale e pone l’esigenza di assumerne una superiore, planetaria. Anche questa esigenza si può presentare, si è di fatto presentata, in una molteplicità di toni: la cittadinanza mon-diale può configurarsi come superamento della rigidità delle strutture nazionali, con strutture in cui prevale il lato federativo o anche il carattere transnazionale, proprio di organismi o associazioni inter-nazionali”. Esempio di queste strutture, vincenti rispetto agli Stati nazionali e alle superpotenze nazionali, possono essere la Comunità europea come federazione di Stati, ma anche associazioni transna-zionali di consumatori o associazioni come Amnesty International, dotate di alto valore morale e in questo senso legittimate a criticare l’operato di governi. Nell’esporre questa visione delle prospettive dell’età oltre lo Stato nazionale Valenza riprende il pensiero di Ste-phen Toulmin il quale sintetizza i due modelli contrapposti attraverso le figure del Leviatano (lo Stato) e di Lilliput (strutture più piccole in grado però di prevalere sul gigante Gulliver). “Qui però il termi-ne cosmopolis non allude tanto al formarsi di una nuova identità,

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quanto ad una visione armonizzante del mondo propria di ogni epo-ca: la nuova prospettiva enunciata non sarebbe altro che una nuova cosmopolis caratterizzante la post-modernità o una nuova fase della modernità e contrapposta a quella che ha segnato la scienza moder-na e, in politica, la formazione e il dominio degli Stati nazionali. In senso ancora più forte però l’urgenza di problemi non risolvibili entro i confini del vecchio Stato nazione potrebbero richiedere non soltanto strutture diverse e più adattabili, ma, a livello individuale, la formazione di una vera e propria coscienza planetaria”. È questa la prospettiva ancora più forte che ispira il testo-manifesto scritto a quattro mani da Edgar Morin e Anne Brigitte Kern. La necessità di un senso forte di “cosmopolitismo” prima ancora dei recentissi-mi processi di interdipendenza e integrazione va riportata all’intera storia moderna, fino agli esiti tragici del XX secolo. Gli Stati nazio-nali sono anche in quest’analisi delle cornici ormai inadeguate, non senz’altro da superare, ma almeno da integrare in strutture più vaste, perché “l’associazione planetaria è l’esigenza razionale minima per un mondo interdipendente”. La carta d’identità terrestre del nuovo cittadino del mondo compor-ta una raccolta d’identità concentriche, che parte dall’identità fa-miliare, locale, regionale, nazionale. L’identità occidentale, anche quando avrà integrato in sé, come è auspicabile, componenti che derivano da altre civiltà, dovrà essere concepita come una compo-nente dell’identità terrestre, e non come questa identità. L’interna-zionalismo voleva fare della specie un popolo. Il mondialismo vuole fare del mondo uno Stato. Si tratta di fare della specie un’umanità, del pianeta una casa comune per la diversità umana. La società/co-munità planetaria dovrebbe essere il compimento stesso dell’unità/diversità umana. (Morin – Kern, Terra-Patria, p. 123)Anche da qualche accento di questa descrizione traspare il senso di vera e propria mutazione antropologica che la formazione della cittadinanza planetaria richiede nella concezione dei nostri autori. “La legittimità, giuridica e non solo morale, dei diritti umani può

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essere argomentata anche in un mondo multiculturale, come risposta adeguata alla globalizzazione come portato della modernità e del-la post-modernità” prosegue Valenza. “Questo vale per la capacità di integrazione dello Stato nazionale in una società multietnica, uno Stato che oltre a riconoscere la cittadinanza non su base etnica, la riconosca di fatto non chiudendo nei ghetti, urbani e sociali; vale, e in termini più problematici, per organizzazioni sovranazionali come l’Unione europea”. Infine Valenza sottolinea un altro aspetto signifi-cativo della concezione di cosmopolitismo quale emerge nella visio-ne di Habermas: “qui, diversamente che nelle altre posizioni prese in considerazione, l’assunzione di un’identità cosmopolita non riguarda il pianeta e non si aggiunge come identità ulteriore rispetto ad altre già acquisite. Qui la rinuncia ad un’identità etnica già configura, con il prevalere di una base di integrazione giuridico-democratica guida-ta dal senso ampio di “giustizia” di cui abbiamo detto, l’assunzione di una visione cosmopolitica: questa vale per le organizzazioni so-vranazionali, vale per gli Stati nazionali sempre più, in prospettiva, a popolazione multietnica, vale addirittura, potremmo aggiungere rispetto ad Habermas, anche per le comunità locali”. Il cosmopoliti-smo, inteso in questo senso, potrebbe designare l’identità possibile nell’età della globalizzazione, un’identità che, senza cancellare le identità culturali e linguistiche di una maggioranza, assuma come base di integrazione un nucleo che non prende quelle come bagaglio di partenza, semmai come punto d’arrivo, nella consapevolezza però che in individui, famiglie, comunità con un’altra storia dietro, non saranno più quelle, ma altre.

9.3 La rete ed il cosmopolitismo

I primi studi sul web erano incentrati sulla relazione tra sviluppo dei media e rimozione di barriere spaziali, in continuum con la or-mai celebre concezione sviluppata da McLuhan (1964) del moder-no “villaggio globale”. Con questa locuzione il celebre esponente della scuola di Toronto, la cosiddetta corrente determinista, vedeva

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nei media elettronici gli strumenti in grado di segnare il passo tra il modello spaziale urbano-centrico, saldamente ancorato all’idea di città come fulcro della civiltà, e il modello appunto globale, basato su una società vasta, in cui individui e istituzioni vivono liberi da confini e barriere territoriali. Altro termine accostato all’aggettivo globale con frequenza è “comunità” anch’esso saldamente connesso al ruolo dei nuovi media. Di “comunità virtuali” ha iniziato a parla-re Rheingold (1993), altro guru degli studi sociali su internet negli anni Novanta, prevedendo la possibilità che attraverso la rete sarebbe stato possibile sviluppare relazioni tanto vaste e profonde da portare alla formazione di una sorta di nazione virtuale, composta da citta-dini consapevoli, in grado di fare dei siti telematici dei veri e propri spazi di confronto democratico. In questo anno trascorso in cui in tanti luoghi di cultura e formazione hanno celebrato l’anniversario della nascita di McLuhan (100 anni) e nell’attuale in cui sono già annunciati convegni, dibattiti per il centenario della nascita di Alan Turing, la riflessione sulle modificazioni sociali e umane portate dal-la tecnologia della rete è determinante per capire la contemporaneità, in specie quella legata alla comunicazione. La rete ha avuto nella sua breve vita (in termini temporali ha solo circa 20 anni, ma la sua esistenza è stata già piuttosto intensa per gli effetti prodotti) alcune differenti fasi.Si è partiti dall’entusiasmo per giungere a un’attenta considerazio-ne del suo uso, passando attraverso lo scetticismo di molti. Nella rete c’è davvero tutto. Dal sapere enciclopedico, alla ricerca di ami-ci spesso solo coetanei (per Gergen questo slittamento da una rela-zione verticale – intergenerazionale – a una orizzontale – il gruppo dei pari – è ben altra cosa rispetto al processo di democratizzazione descritto da Giddens; esso sfocerebbe, piuttosto, in una “svaluta-zione complessiva della dimensione profonda delle relazioni”, dal momento che gli adolescenti sono sempre più assorbiti dallo sforzo di mantenere una pluralità di rapporti orizzontali con la loro rete di riferimento e sempre meno disposti a sviluppare quei legami ricchi e

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intensi che caratterizzano le relazioni con il nucleo degli adulti signi-ficativi e fisicamente presenti attorno a loro), al commento in tempo reale a qualcosa che sta accadendo, c’è paura di perdita di identità, di delega, di assenza dalla vita reale, ma c’è di contro la possibilità di trovarsi ed incontrarsi a distanza, c’è la possibilità di tele-lavo-rare quando non ci è possibile spostarci. C’è la possibilità di essere informati in modo plurale, veloce, in tempo reale. Viviamo indiscu-tibilmente in una epoca di “globalizzazione”, dove la nostra fortuna è stata anzitutto quella di aver potuto usufruire delle strutture che ci hanno permesso di viaggiare molto ed anche di trascorrere periodi più o meno lunghi di soggiorno all’estero. Una boutade come quella che spesso sentiamo: “La Ryanair ha fatto l’Europa!” può sembrare banale, ma dovremmo riflettere seriamente con Rémi Brague quando dice che gli acquedotti e le strade sono stati dei contributi fondamen-tali della Romanità alla formazione di un concetto concreto di res publica maior (Seneca). La possibilità di un contatto reale, ancor più della globalizzazione digitale di internet e dei social network, con gli abitanti di qualsivoglia regione del mondo ha fatto cadere molti miti e sorgere molti interrogativi. Siamo in una società dove il paradigma auspicabile sembra essere rappresentato, come sostenuto da Bennet, dalla cittadinanza autodeterminata, caratteristica cioè di una società globalizzata, strutturata su relazioni reticolari e su un consegunente modello di comunicazione orizzontale, privo di gerarchie, dinamico e implementato dall’evoluzione di strumenti che non fanno altro che alimentare la collaborazione, l’interazione e la partecipazione per-manente tra soggetti, non più considerati come interlocutori passivi ma dotati di un diritto di cittadinanza positivo, pro-attivo.In questa direzione si è mossa la campagna “Internet for Peace” pro-mossa da Wired Italia per candidare internet al Nobel per la pace.

Perché internet è un enorme propulsore di messaggi di pace e di libertà ed è sempre più un vero e proprio luogo del possibile, in cui milioni di persone dialogano, si scambiano speranze ed espe-

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rienze, scienza e conoscenza.

Con queste parole anche il governatore della Puglia Nichi Vendola ha ufficializzato il suo appoggio alla campagna aggiungendo che in-ternet è una

Chance per la democratizzazione della società, come rottura delle barriere culturali, come abbattimento di quel muro invalicabile che rende il rapporto tra i pubblici poteri e i cittadini come una corsa a ostacoli. Internet ci fa vedere la faccia pulita della globalizzazione, quella dell’estensione dei diritti civili e sociali e della rivendicazione di libertà e giustizia per gli oppressi.

La Rete quindi come una formidabile palestra di democrazia, dove esercitarsi in “forme di democrazia partecipata, in cui ognuno è chiamato al proprio compito di cittadino del mondo”.Il noto sociologo tedesco Ulrich Beck nel suo testo La società co-smopolita (2003) usa il termine “cosmopolita” in un’accezione ri-vista e corretta rispetto al suo significato corrente: qui non si parla infatti più di un vago e ideale amore per l’umanità tutta ma, citando l’autore, di uno sguardo che si interroga sul senso del mondo, senso della mancanza di confini. Uno sguardo quotidiano, vigile sulla sto-ria, riflessivo. Questo sguardo dialogico nasce in un contesto in cui confini, distinzioni e contraddizioni culturali svaniscono. Esso non mostra soltanto la lacerazione, ma anche le possibilità di organizzare in una cornice culturale multietnica la propria vita e il vivere insieme. Sin dalla premessa, Beck si scaglia contro ciò che bolla come l’errata teoria territoriale dell’identità.

Ciò non toglie che la teoria territoriale dell’identità sia un errore fatale, che possiamo definire errore-prigione dell’identità. Perché le persone diventino consapevoli di se stesse e agiscano politi-

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camente non è necessario tenerle separate le une dalle altre, né orientarle e organizzarle le une contro le altre, men che meno nel-lo spazio di una nazione.

L’identità odierna di coloro che abitano il pianeta Terra sta, infatti, assumendo viepiù le sembianze di un composito intreccio di appar-tenenze collegate fra di loro secondo lo schema della rete. La glo-balizzazione - scrive Beck - implica la nascita di lealtà multiple e lo sviluppo di molteplici stili di vita transnazionali e più in là sintetizza così li suo pensiero:

Sguardo cosmopolita significa che in un mondo di crisi globali e di pericoli generati dal progresso le vecchie distinzioni - tra den-tro e fuori, nazionale e internazionale, noi e gli altri - perdono il loro carattere vincolante e che per sopravvivere c’è bisogno di un nuovo realismo, un realismo cosmopolita.

In seguito, Beck approfondisce così il suo rifiuto degli ormai obsoleti steccati nazionali:

In base all’immagine dello sguardo nazionale la cultura viene intesa come unità territorialmente delimitata, introvertita; tra le culture domina il silenzio (che nel migliore dei casi si pone in ascolto) dell’incomparabilità (incommensurabilità) dei punti di vista. La fede in ciò esime dal lavoro del dialogo, conduce con una certa necessità all’imperialismo, allo scontro di culture, allo scontro di civiltà (clash of civilisations).

Infatti, ribadisce Beck

Il nazionalismo metodologico pensa e studia la dimensione socia-

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le, quella culturale e quella politica mediante categorie del tipo ‘o... o’, mentre il cosmopolitismo metodologico pensa e studia la dimensione sociale e quella politica servendosi di categorie del tipo ‘sia... sia’.

E la rete che ci consente di essere glocali ed il localismo è oramai un dato empirico che non può essere messo in discussione. Questo ter-mine è stato introdotto dagli studi di sociologi come Roland Rober-tson e Zygmunt Bauman per indicare i fenomeni derivanti dall’im-patto della globalizzazione sulle realtà locali e viceversa. Oggi, non esistono luoghi che non siano in misura crescente attraversati da flussi globali di varia natura, né flussi globali che non siano declinati secondo le molteplici particolarità dei luoghi. La glocalizzazione è dunque una svolta epocale, determinata dal mutamento dei paradig-mi organizzativi del mondo e della società, soprattutto per effetto dell’innovazione tecnologica, che ha profondamente cambiato il no-stro modo di rapportarci ai concetti di tempo e di luogo. Oggi l’uomo sta sperimentando la scoperta dell’opportunità di vivere in un conte-sto dominato dalla mobilità, delle persone, delle cose e dei segni. Nel passaggio da un mondo inter-nazionale ad uno glocal, è stata proprio la nuova concezione della mobilità a modificare profondamente tut-ta una serie di parametri concettuali ai quali eravamo abituati, fra i quali l’idea di cittadinanza, di appartenenza e di nazionalità (e dun-que anche del concetto stesso di relazioni inter-nazionali). Su questa trasformazione e sulle conseguenti nuove concettualizzazioni legate alla definizione di confine e di territorio si dovrebbero sviluppare profonde riflessioni. Lo studio della rete e dei social network, una delle emergenze più rilevanti degli ultimi anni, per chi si occupa di educazione e comunicazione, deve ancora fornirci molte risposte, ma credo sia comunque possibile fare ora alcune osservazioni a partire dai risultati della nostra ricerca. I social network si confermano strumento di relazioni multiculturali. Ne dà ragione il fatto che il 58.6% (673 casi) ha contatti con ragazzi

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non italiani e che il 32.5% di questi si sono anche incontrati offli-ne. Importante, anche per gli obiettivi della nostra ricerca, è il fatto che i social network sembrino essere particolarmente utilizzati dai “nostri” giovani per attivare e/o aumentare contatti intra-territoriali, molto meno quelli extra-territoriali (dove, certamente, il fattore della competenza linguistica influisce decisamente). Lo dimostrerebbe, a riguardo, il dato esiguo di ragazzi non italiani non residenti in Italia conosciuti in rete che si attesta al 9.5%.Introdotta la questione se gli scambi cross-culturali possano esse-re facilitati o meno dall’utilizzo di Facebook, alcune domande suc-cessive del questionario somministrato agli studenti coinvolti nella ricerca hanno cercato di capire se questi strumenti possano aiutare a conoscere le culture altre. Le risposte disattendono le aspettative. Perché, da un lato i nostri studenti ci dicono nel 45.0% dei casi di utilizzare raramente i social network per conoscere aspetti sociocul-turali riferiti ad altre nazioni e nel 36.9% di non impiegarli mai a tale scopo (Tab. 15); dall’altro – soprattutto – ritengono tali strumenti inadatti per conoscere le culture differenti da quella di appartenenza (19.1%), mentre il 30.4% ne ha usufruito, ma solo per puro caso. Soltanto il 4.4% (51 casi) ne riconosce l’utilità (Tab. 16). Queste ri-sposte invitano a pensare che i ragazzi della digital generation siano poco esercitati a collocarsi nel mondo e molto interessati a vivere il proprio universo quotidiano e locale. Per cui l’interesse per il diver-samente altro non scaturisce spontaneamente, ma solo dopo esserne venuto a contatto. Ed ed è allora che i social network possono risul-tare strumenti di facilitazione della conoscenza – Scarsa percezione dell’essere glocali –.Nel questionario somministrato agli studenti coinvolti nella ricerca sono state inserite delle domande per analizzare un aspetto centrale della nostra ricerca quale è quello del cosmopolitismo e, in parti-colare, quanto la diffusione di questo atteggiamento, esistenziale e relazionale, possa essere favorita dai nuovi media. In merito pos-siamo rilevare che il 37.2% degli intervistati è convinto che internet

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aiuta a costruirsi una personale idea del mondo circostante, mentre il 33.0% è indeciso, confermando che la vita reale costituisce un fattore insostituibile per la formazione della propria percezione del mondo (Tab. 17).Inoltre, un buon numero dei nostri giovani (69.8%, contro il 12.9% che ha convinzioni opposte) pur riconoscendo che con internet le distanze geografiche siano state definitivamente abbattute (Tab. 18), ritiene che questo potere della rete non li faccia sentire cittadini del mondo. Infatti (Tab. 19), il legame internet – cosmopolitismo è per-cepito dal 29.6% degli studenti intervistati, contro il 42.1% che la pensa in maniera differente ed il 25.8% che non sa esprimersi in meri-to. Il legame internet – cosmopolitismo è percepito dagli studenti pu-gliesi in maniera marcatamente più forte. Infatti, poco più del 35.0% (10.0% di preferenze in più) si sente cittadino del mondo. Confor-memente a quanto sostenuto nel corso di tutta l’analisi dei dati, in-ternet ed i social network si specificano sempre più come strumenti utili, necessari per il mantenimento delle relazioni interpersonali. Il momento più difficile da gestire è stato il ritorno a casa dopo la per-manenza all’estero, come spesso accade dopo lunghe esperienze di viaggio. Infatti, il 26.1% (pari a 12 casi) ha utilizzato maggiormente i social network nei primi tre mesi. Dopo il “riassestamento” i con-tatti si diradano e per il 45.7% vengono mantenuti attivi soprattutto nel corso di ricorrenze particolari, come a Natale, per i compleanni. (Tab. 22). In generale, il 50.0% dei returnees chatta ancora spesso con le nuove amicizie fatte, mentre il 34.8% cerca di mantenere i contatti, anche se spesso non ci riesce (Tab. 23).Oppure i social network servono per socializzare e raccontare la pro-pria esperienza. Infatti, il 56.5% (26 casi) ha condiviso molte foto con i propri amici ed il 17.4% (8 casi) ha scritto dei post per comu-nicare gli stati d’animo durante il soggiorno (Tab. 24), con questi ultimi rivelatisi difficili da esprimere ai familiari e/o agli amici al momento, come indicato dal 56.5% (26 casi) dei returnees. Un primo elemento rilevante è che nonostante il largo utilizzo di internet e dei

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social network i nostri giovani sembrano non considerare tali stru-menti validi alla stessa stregua dell’esperienza sul campo. Al 65.2% dei returnees (30 casi) non è mai venuto in mente di usare i networks per conoscere il Paese nel quale avrebbero fatto l’esperienza dello studio all’estero con la proposta di Intercultura (Tab. 26). Però con internet ed i social network i “nostri” returnees hanno attivato con-tatti prima della partenza, in particolare lo hanno fatto in 25, pari al 54.3% (Tab. 27). Anche per la stessa esperienza all’estero vissuta dai returnees con Intercultura, solo il 19.6% ha ritenuto almeno abbastanza utile quan-to aveva appreso da internet per adattarsi alla nuova realtà culturale. Poco e per nulla proficue le conoscenze pregresse per il 32.6% (Tab. 29). Infatti, l’idea di partenza sulla cultura del Paese ospitante è sta-ta disattesa per il 52.2% (24 casi), confermata – invece – soltanto dall’8.7% (4 casi) dei returnees (Tab. 30). A giustificazione di ciò, la convinzione di quasi tutti (93.5%) che le emozioni provate duran-te il soggiorno all’estero fossero imprevedibili (Tab. 31). Dunque, nell’esperienza all’estero l’utilizzo della rete non è da considerarsi strumento essenziale per la conoscenza della nuova realtà culturale, né per avviare e gestire relazioni interpersonali, dove – invece – il contatto diretto, i rapporti faccia a faccia risultano insostituibili. Il che sembrerebbe confermare le dimensioni cardinali del progetto educativo di Intercultura. Diventa, al contrario, necessario per man-tenere i contatti più con gli amici italiani che con i propri famigliari come si evince dalla lettura delle tabelle 40 e 41, nelle quali emerge da un lato il dato che “solo” il 19.6% (9 casi) non poteva fare a meno di connettersi con la propria famiglia (di contro al 45.6% che non sentiva tale urgenza) e dall’altro che al 58.7% (27 casi) interessava contattare gli amici italiani (contro il 17.3%, pari a 8 casi, che non sentivano tale bisogno). Tuttavia, come per gli studenti piemonte-si e pugliesi, anche i nostri returnees sono pienamente d’accordo, quasi all’unanimità, (91.3%, pari a 42 casi) sul fatto che grazie ad internet siano state abbattute le distanze geografiche (Tab. 35). Ma, a

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differenza dei primi, in questi emerge una maggiore convinzione sia della relazione tra internet e la propria dimensione cosmopolita, sia di quella tra il web (i social networks in primis) e l’educazione alla mondialità. Infatti, il 65.2% (pari a 30 casi) è convinto che internet li faccia sentire cittadini del mondo (Tab. 36) e, soprattutto, il 58.7% (27 casi) – contro il 17.4% che la pensa in maniera opposta – ritiene che internet ed i social network siano utili strumenti di educazione interculturale (Tab. 37).

Dicono :

Di Londra ho avuto un’impressione che non c’entrava nulla con quello che avevo visto sul web. Lo stile di vita era molto diverso, il mangiare le persone. Il web poteva aiutare solo per piccole cose come il clima. Per capire una cultura occorre viverla.

Dell’Inghilterra mi ero fatto un’idea più in base ai film o ad altre persone che al web. Pensavo a un paese piovoso e a gente fredda, a un modo di mangiare male. Invece mi ha colpito la frenesia delle persone, nelle metropolitane. Solo in alcune zone si aveva un’impressione di maggiore tranquillità come Nothing Hill.

La rete potrebbe essere uno strumento di cosmopolitismo. In rete sembra di essere in uno stesso posto, non si avvertono distanze e sembra di essere più vicini.

Perchè no? Penso ai NO TAV. Mi sono sentito vicino al problema, ma penso anche ai vari disastri. Li possiamo sentire più vicini a noi. Molti aspetti ci vengono avvicinati (Come attraverso una sorta di lente).

Un rete quindi che connette e non che separa.

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10. ConclusioniA. Fornasari

10.1 Glocalismo e mondo digitale

Da quanto esplicitato nel precedente paragrafo appare quindi, in ma-niera molto più marcata nei returnees che nei loro compagni di scuo-la, l’idea che l’identità odierna di coloro che abitano il pianeta Terra stia assumendo sempre più le sembianze di un composito intreccio di appartenenze collegate fra di loro secondo lo schema della rete.Sguardo cosmopolita significa che in un mondo di crisi globali e di potenziali pericoli generati dal progresso le vecchie distinzioni - tra dentro e fuori, nazionale e internazionale, noi e gli altri - perdono il loro carattere vincolante e che per sopravvivere c’è bisogno di un nuovo realismo, un realismo cosmopolita (Beck, 2002). E la rete che ci consente di essere glocali ed il localismo è oramai un dato empi-rico che non può essere messo in discussione. Oggi, non esistono luoghi che non siano in misura crescente attraversati da flussi globali di varia natura, né flussi globali che non siano declinati secondo le molteplici particolarità dei luoghi. La glocalizzazione è dunque una svolta epocale, determinata dal mutamento dei paradigmi organiz-zativi del mondo e della società, soprattutto per effetto dell’innova-zione tecnologica, che ha profondamente cambiato il nostro modo di rapportarci ai concetti di tempo e di luogo (Orgad, 2007). Oggi l’uomo sta sperimentando la scoperta dell’opportunità di vivere in un contesto dominato dalla mobilità, delle persone, delle cose e dei segni. Nel passaggio da un mondo inter-nazionale a uno glocal, è stata proprio la nuova concezione della mobilità a modificare pro-fondamente tutta una serie di parametri concettuali ai quali eravamo abituati, fra i quali l’idea di cittadinanza, di appartenenza, e di nazio-nalità (e dunque anche del concetto stesso di relazioni inter-naziona-li). Su questa trasformazione e sulle conseguenti nuove concettualiz-

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zazioni legate alla definizione di confine e di territorio si dovrebbero sviluppare profonde riflessioni. Comprendere a fondo la portata di una rivoluzione, in qualunque sfera essa si manifesti, proprio mentre è in pieno svolgimento, è impresa ardua se non impossibile (Bakar-djieva, 2005).Come prevedere quali e quante tra le promesse o le minacce, le aspet-tative o i timori saranno confermati tra dieci o venti anni? Il nostro tempo appare caratterizzato da un vivere sociale nel quale la sfera economica, quella politica e quella culturale mostrano rapporti re-ciproci sempre più fitti e interconnessioni che oltrepassano i confini locali e nazionali delle comunità tradizionali. Proprio in questa idea di interconnessione, di rete, si colloca il complesso intreccio tra feno-meni sociali e fenomeni tecnologici sul quale sarebbe utile riflettere (Tapscott, 2008).Il rapporto tra lo sviluppo tecnologico e la sfera economica è infat-ti sempre stato una delle chiavi di lettura privilegiate delle scienze sociali al fine di comprendere e descrivere i sistemi sociali e la loro evoluzione storica. Certamente esso non esaurisce tutti gli aspetti del problema, ma è un dato di fatto che ogni tappa dello sviluppo che ha caratterizzato la società occidentale negli ultimi due secoli sia stata legata strettamente all’introduzione di grandi innovazioni tecnologi-che.A partire dalla macchina a vapore (che ebbe un ruolo importante nel-la prima rivoluzione industriale), per passare al treno, all’elettricità, all’automobile con il motore a scoppio, alla radio, alla televisione, ogni nuova tecnologia ha cambiato il modo di produrre ricchezza e aperto nuovi mercati, favorendo grandi cambiamenti sociali e con-flitti profondi.Altrettanto interessanti appaiono, inoltre, i fenomeni che si colloca-no sull’asse del rapporto tra tecnologie e politica. Anche in questo caso ci possiamo aspettare notevoli cambiamenti nel funzionamento della politica e delle sue istituzioni. Non solo perché come sempre è avvenuto l’economia influisce sulle forme politiche di una società,

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ma anche perché le nuove tecnologie della comunicazione potrebbe-ro modificare i meccanismi stessi della politica. Ritroviamo anche in questo campo i due poli della dialettica. Alcuni entusiasti della rivoluzione digitale sostengono che siamo in procinto di sviluppare un nuovo modello di rapporto tra cittadini e istituzioni, un nuovo modello di democrazia (Livingstone, 2005). Ma non sono in pochi a far notare i rischi impliciti in diversi aspetti i questo cambiamento, soprattutto se esso non è governato in modo consapevole (Castell, 2000). E quante volte ciò che al momento sembrava una rivoluzione, riconsiderata con la consapevolezza che la storia ci regala, si rive-la una semplice correzione di rotta o una superficiale agitazione? È questa la situazione in cui ci troviamo oggi: la rivoluzione digitale promette, attraverso i suoi sostenitori e i suoi protagonisti, di cambia-re radicalmente e in meglio sia il funzionamento globale della società sia la vita degli individui (Buckingham, 2006). E naturalmente gene-ra simmetriche paure tra quanti temono invece che tali cambiamenti si possano rivelare involuzioni e regressioni. Le tensioni ideologiche sono tanto più acute in quanto alla base del cambiamento si pone una pervasiva diffusione della tecnologia nella vita sociale. Abbiamo cer-cato di assumere in questo contesto una posizione equidistante dalle opposte ideologie e cercato semplicemente di descrivere i processi di cambiamento in atto senza concedere troppo all’apologia o alla detrazione. Per questo abbiamo ritenuto opportuno fornire i dati sca-turiti dalla ricerca per capire a fondo in che cosa consista e che uso ne venga fatto dagli adolescenti italiani del complesso di tecnologie che sono alla base della rivoluzione digitale. Supportati da tale bagaglio ci siamo volti a studiare come tali tecnologie stiano influenzando va-rie sfere della vita sociale e culturale, cercando di individuare quelle che riteniamo tendenze del cambiamento piuttosto che risultati con-seguiti e processi conclusi.

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10.2 I risultati emersi per mappe concettuali. (A. Fornasa-ri, F. Schino)

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Internet serve per organizzare

Viaggi

Incontri con compagni di classe

Attività di ricerca e di studio

Lettura articoli quotidiani on-line

Collegamento su siti specializzati

Approfondimenti su culture altre (spesso con aspettative non confermate nelle esperienze dirette)

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Nelle relazioni internet è utile

Superare la timidezza

Rinforzare il senso di appartenenza ad un gruppo

Per avere visibilità

Tuttavia -Avere più contatti sulla rete non equivale ad avere più amici -Le relazioni su internet non sostituiscono quelle faccia a faccia

Con la condivisione delle proprie esperienze

Verificare i legami affettivi e/o amicizia in contesti di lontananza

Con l’inserimento nei gruppi (“scalata”) attirando l’attenzione su di sé (Foto,Messaggi)

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Utilizzo di Internet

Ascoltare musica

Per collegarsi con Social Network

Navigare

Chattare

Visibilità

PER Percepirsi Glocali (radicati nella propria cultura ma inseriti in una rete sovranazionale )

Perché è una finestra per conoscere il mondo

Relazionarsi con persone

Condividere esperienze

Gestire il tempo libero

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Considerazioni essenziali dei returnees

Nell’esperienza all’estero, non positivo condividere con familiari eventuali momenti difficili

Le idee maturate in rete prima della partenza sulla cultura del Paese ospitante sono risultate differenti sul campo

La condivisione piena delle finalità di Intercultura consente di non inficiare i processi di nuova socializzazione in assenza di contatti con l’ambiente di origine

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Reteurnees, internet e relazioni

Utile per attivare contatti prima della partenza

Rinforza i contatti con i nuovi amici di classe conosciuti nell’esperienza all’estero

Mantiene al rientro la conoscenza dei nuovi contatti

Fa sentire cosmopoliti (consente di condividere i diversi codici culturali come modo di essere nel mondo)

E’ necessario per mantenere contatti con il proprio Paese

Nel primo mese all’estero non aiuta. Occorre gettarsi nelle relazioni

Condividere con gli amici italiani la nuova esperienza all’estero

Educa alla mondialità

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Allegati

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QUESTIONARIO PER STUDENTI

Per conto della Fondazione INTERCULTURA stiamo svolgendo un’indagine su un campione rappresentativo di studenti di alcune scuole secondarie di secondo gra-do della Puglia e del Piemonte per conoscere l’utilizzo della rete virtuale (Internet, social networks ,Facebook,Twitter…) ed i suoi effetti sulle relazioni sociali.Per favore, rispondi con sincerità alle seguenti domande, il contenuto delle ri-sposte è strettamente riservato e visionato solo da ricercatori universitari ester-ni alla scuola; il questionario è anonimo.Rispondi ad ogni domanda con una X. In alcune domande, quando indicato, sono possibili 2 risposte.

Data di compilazione:…./…../2012Scuola:………………………………………………………… Classe: ….………………….……Regione:………………………………Città: ……………..………

1) Hai Internet a casa?□ Si □ No

Se hai risposto “SI”, vai subito alla domanda (2)Se hai risposto “No”, continua:

1.1. Accedi ugualmente e regolarmente ad Internet?□ Si □ No

Se hai risposto “NO”, la tua collaborazione termina qui. GrazieSe hai risposto “SI”, continua 1.2. Come accedi ad Internet?□ con computer della scuola□ con computer di un amico

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□ con un Internet point□ con connessione sul mio cellulare□ con I-Pad o Tablet, smarphone,ecc. □ Altro (specificare) ………………………………………………….

2) Puoi accedervi liberamente o ti vengono dati dei limiti?□ Posso accedervi liberamente□ Ho dei limiti di connessione

3) Quante ore al giorno resti connesso su Internet?□ Non più di 1 ora al giorno□ Da 1 a 2 ore al giorno□ 3 ore al giorno□ 3 o più ore al giorno

4) Usi Internet prevalentemente per: (massimo due risposte)□ effettuare ricerche scolastiche□ avere informazioni riguardo attualità, curiosità, sport…□ giocare on-line□ ascoltare musica□ cercare e vedere video□ chattare (Messenger o altre chat)□ navigare su social-network ( tipo ..Facebook, Twitter ,Badoo) □ scaricare musica□ altro (specificare) ………………………………………………..

5) Usi abitualmente Social Network (Facebook, Twitter ecc..)?□ tutti i giorni □ si ma non tutti i giorni □ ho dei profili ma vi accedo raramente □ 3 o più ore al giorno□non sono iscritto a Social Network

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6) Se sei iscritto a social network quali attività fai più spesso?□ chatto con gli amici □ scrivo post e messaggi personali□ condivido link o posto delle foto□ scrivo tutto quello che faccio □ leggo solo quello che fanno gli altri

7) Sei iscritto a Facebook (FB)? □ Si□ No

8) Quanti contatti hai su FB? □ da 50 a 100□ da 100 a 200□ da 200 a 400□ più di 500

9) Tra gli amici che hai su FB quanti sono quelli che conosci solo di vista (o non conosci)?□ nessuno□ circa un quarto□ meno della metà□ circa la metà□ più della metà□ circa i due terzi□ tutti

10) Tra gli amici che hai su FB quanti sono quelli che frequenti e consideri davvero amici?□ nessuno□ circa un quarto□ meno della metà□ circa la metà

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□ più della metà□ circa i due terzi□ tutti

11) Nei social network hai avuto modo di conoscere o chattare con ragazzi/e stranieri ?□ si□ no

12) Se hai risposto SI alla precedente domanda, indica come li hai conosciuti (max due risposte):□ sono ragazzi/e che vivono in Italia che conosco anche off-line (per esempio amici, compagni di classe, amici di palestra...)□ sono ragazzi/e che vivono in Italia, ma che conosco solo in Rete□ sono ragazzi/e che ho conosciuto durante un viaggio (ad esempio vacanze, college estivi)□sono ragazzi/e che non vivono in Italia e che ho conosciuto in rete□ sono ragazzi/e inseriti/e nei contatti di miei amici che hanno un profilo su social network □ altro(specificare).………………………………………………..

12.1) Che tipo di confronti hai con loro?□ chatto con loro discutendo della mia vita □ ci scambiamo solo qualche contenuto da condividere (ad esempio condividiamo dei post )□ siamo amici ma di fatto non interagisco con loro 13) Hai mai usato i Social Network per conoscere aspetti riferiti ad altre nazio-nalità? (ad esempio la lingua, le abitudini, il clima, la musica, la cultura ecc..)□ Si, ma raramente□ Con una certa frequenza□ Mai□ Mi capita quasi tutti i giorni

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14) Generalmente credi che i Social Network ti abbiano aiutato a conoscere altre culture? (max 2risposte)□ No, per niente perchè sono uno strumento inadatto e non avevo interesse a farlo□ No, anche se avrei potuto perchè le informazioni ci sono□ Si, ma per puro caso perchè ho trovato di tanto in tanto post o messaggi su altre nazioni che ho trovato interessanti, inseriti dagli amici□ Si ma solo grazie anche all’aiuto di esperienze esterne (ad esempio dopo viaggi all’estero o dopo aver conosciuto ragazzi stranieri)□ Si, molto. Mi interessava farlo e i Social Network si sono dimostrati uno strumen-to adatto□ Si, molto. La mia visione delle altre culture è cambiata tanto da quando uso i social network

15) Leggi le seguenti affermazioni e per ciascuna barra con una “X” il numero che corrisponde alla tua opinione, tenendo conto della seguente scala1 Assolutamente falso 2 Piuttosto falso 3 Né vero né falso 4 Abbastanza vero 5 Assolutamente vero

Quando sono in rete ho la sensazione che il tempo voli □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Preferisco contattare le persone via Internet, piuttosto che per telefono o di persona □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Ho l’impressione che in rete sia tutto più facile □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Quando sono in rete non nascondo la mia vera identità □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

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Divento di malumore se ho problemi tecnici di connessione (lentezza di collega-mento, linea occupata, etc.) □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Mi sembra che la rete sia una sorta di mondo parallelo □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Internet facilita i miei rapporti sociali □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Amici o familiari non si lamentano perché trascorro troppo tempo “on-line” □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Spesso le cose mi riescono meglio grazie a Internet □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Tendo a descrivermi in modo diverso da quello che sono quando uso chat, posta elettronica o giochi di ruolo □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

A causa di Internet tendo ad evitare amici o familiari □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Mi sembra che in Internet la mia identità (sessuale, sociale o professionale) sia più sfumata e meno soggetta a vincoli □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Penso che Internet sia il mio rifugio □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Non mi capita mai di preferire Internet a una serata con amici o familiari □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

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Dopo alcune ore di collegamento ho la sensazione che il mondo intorno a me abbia qualcosa di irreale □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Qualche volta penso che la vita reale sia più deprimente della vita “on-line”□ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Non penso che le relazioni “on-line” siano più soddisfacenti di quelle reali □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

In rete non mi preoccupo di quello che gli altri possono pensare di me □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Internet influenza i miei pensieri o i miei sogni □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Internet mi fa sentire cittadino del mondo□ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Grazie ad internet sono state abbattute le distanze geografiche □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5 Internet mi aiuta a costruirmi una personale idea del mondo che mi circonda □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Mi piacerebbe che i docenti usassero le nuove tecnologie web per la didattica □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5 GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE! (Questionario elaborato da Alberto Fornasari, Francesco Schino,Andrea Cassano)

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QUESTIONARIO PER STUDENTI “RETURNEES”

Per conto della Fondazione INTERCULTURA stiamo svolgendo un’indagine su un campione rappresentativo di studenti di alcune scuole secondarie di secondo gra-do della Puglia e del Piemonte per conoscere l’utilizzo della rete virtuale (Internet, social networks,…) ed i suoi effetti sulle relazioni sociali. Vorremmo poi confronta-re i dati emersi con quelli di 60 returnes di Intercultura. Sei stato selezionato come parte importante di questo campione nazionale!Per favore, rispondi con sincerità alle seguenti domande, il contenuto delle ri-sposte è strettamente riservato ed il questionario è anonimo.Rispondi ad ogni domanda con una X. In alcune domande, quando indicato, sono possibili 2 risposte.

Data di compilazione:…./..../2012Scuola:…………………………………………………………....... Classe: ….………………….……Regione:………………………………..Città: ………...........…….

A riguardo dell’esperienza fatta all’Estero con INTERCULTURA:Anno………………............. Periodo: dal …………al ……............Stato …………………….…Luogo ………………………………………….................................Scuola frequentata………………………………..............................

1) Hai Internet a casa?□ Si □ No

Se hai risposto “SI”, vai subito alla domanda (2)Se hai risposto “No”, continua:

1.1. Accedi ugualmente e regolarmente ad Internet?□ Si

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□ No

Se hai risposto “NO”, vai subito alla domanda (9)Se hai risposto “SI”, continua

1.2. Come accedi ad Internet?□ con computer della scuola□ con computer di un amico□ con un Internet point□ con connessione sul mio cellulare□ con I-Pad o Tablet, ecc. □ Altro (specificare) ………………………………………………….

2) Puoi accedervi liberamente o ti vengono dati dei limiti?□ Posso accedervi liberamente□ Ho dei limiti di connessione

3) Quante ore al giorno resti connesso su Internet?□ Non più di 1 ora al giorno□ Da 1 a 2 ore al giorno□ 3 ore al giorno□ 3 o più ore al giorno

4) Usi Internet prevalentemente per: (massimo due risposte)□ effettuare ricerche scolastiche□ avere informazioni riguardo attualità, curiosità, sport…□ giocare on-line□ ascoltare musica□ cercare e vedere video□ chattare (Messenger o altre chat)□ navigare su social-network□ scaricare musica□ altro (specificare).................……………………………………..

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5) Usi abitualmente Social Network (Facebook, Twitter ecc..)?□ tutti i giorni □ si ma non tutti i giorni □ ho dei profili ma vi accedo raramente □ 3 o più ore al giorno□non sono iscritto a Social Network

6) Se sei iscritto a social network quali attività fai più spesso?□ chatto con gli amici □ scrivo post e messaggi personali□ condivido link o posto delle foto□ scrivo tutto quello che faccio □ leggo solo quello che fanno gli altri

7) Sei iscritto a Facebook (FB)? □ Si□ No

8) Quanti contatti hai su FB? □ da 50 a 100□ da 100 a 200□ da 200 a 400□ più di 500

9) Tra gli amici che hai su FB quanti sono quelli che conosci solo di vista (o non conosci)?□ nessuno□ tra 0 e un quarto□ circa un quarto□ più di un quarto

10) Tra gli amici che hai su FB quanti sono quelli che frequenti e consideri davvero amici?

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□ circa un quarto□ meno della metà□ circa la metà□ più della metà□ circa i due terzi□ tutti

A riguardo dell’esperienza fatta all’Estero con INTERCULTURA11) Avevi anticipatamente acquisito informazioni su Internet sulla nuova realtà culturale nella quale ti accingevi a vivere? □ Si□ No

12) Avevi anticipatamente stabilito contatti su FB (o altro social network) con persone/amici del posto?□ Si□ No

13) Se si erano tuoi futuri compagni di classe ?□ Si□ No

14) Avevi Internet nella casa dove eri ospitato/a?□ Si □ No

Se hai risposto “SI”, vai subito alla domanda (12)Se hai risposto “NO”, continua

14.1. Accedevi ugualmente e regolarmente ad Internet?□ Si □ No

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Se hai risposto “NO”, la tua collaborazione termina qui. Grazie!Se hai risposto “SI”, continua 14.2. Come accedevi ad Internet?□ con computer della scuola□ con computer di un amico□ con un internet point□ con connessione sul mio cellulare□ con I Pad o Tablet, ecc. □ Altro (specificare) ………………………………………………….

15) Potevi accedere liberamente o ti venivano dati dei limiti?□ Potevo accedervi liberamente□ Avevo dei limiti di connessione

16) Quante ore al giorno restavi connesso su Internet?□ Non più di 1 ora al giorno□ Da 1 a 2 ore al giorno□ 3 ore al giorno□ 3 o più ore al giorno

17) Usavi Internet prevalentemente per: (massimo due risposte)□ effettuare ricerche scolastiche□ avere informazioni riguardo attualità, curiosità, sport…□ giocare on-line□ ascoltare musica□ cercare e vedere video□ chattare (Messenger o altre chat)□ navigare su social-network□ scaricare musica□ altro (specificare)………………………………………………..

18) Eri iscritto a Facebook (FB)?

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□ Si□ No

19) Quanti nuovi contatti avevi inserito su FB?□ circa 25□ circa 50 □ circa 100□ più di 100

20) Tra i nuovi amici che avevi inserito su FB quanti erano quelli che conoscevi solo di vista (o non conoscevi)?□ nessuno□ tra 0 e un quarto□ circa un quarto□ più di un quarto

21) Tra gli amici che avevi inserito su FB quanti erano quelli che frequentavi e consideravi davvero amici?□ circa un quarto□ meno della metà□ circa la metà□ più della metà□ circa i due terzi□ tutti

22) Leggi le seguenti affermazioni e per ciascuna barra con una X il numero che corrisponde alla tua opinione, tenendo conto della seguente scala1 Assolutamente falso2 Piuttosto falso3 Né vero né falso4 Abbastanza vero 5 Assolutamente vero

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Quando sono in rete ho la sensazione che il tempo voli □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Preferisco contattare le persone via Internet, piuttosto che per telefono o di persona □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Ho l’impressione che in rete sia tutto più facile □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Quando sono in rete non nascondo la mia vera identità □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Divento di malumore se ho problemi tecnici di connessione (lentezza di collega-mento, linea occupata, etc.) □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Mi sembra che la rete sia una sorta di mondo parallelo □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Internet facilita i miei rapporti sociali □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Qualche volta, quando sono in rete, ho la sensazione di allontanarmi dalla real-tà o di essere altrove □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Amici o familiari non si lamentano perché trascorro troppo tempo “on-line” □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Spesso le cose mi riescono meglio grazie a Internet □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

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Tendo a descrivermi in modo diverso da quello che sono quando uso chat, posta elettronica o giochi di ruolo □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

A causa di Internet tendo ad evitare amici o familiari □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Mi sembra che in Internet la mia identità (sessuale, sociale o professionale) sia più sfumata e meno soggetta a vincoli □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Penso che Internet sia il mio rifugio □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Non mi capita mai di preferire Internet a una serata con amici o familiari □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Dopo alcune ore di collegamento ho la sensazione che il mondo intorno a me abbia qualcosa di irreale □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Qualche volta penso che la vita reale sia più deprimente della vita “on-line” □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Non penso che le relazioni “on-line” siano più soddisfacenti di quelle reali □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

In rete non mi preoccupo di quello che gli altri possono pensare di me □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Internet influenza i miei pensieri o i miei sogni □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Internet mi fa sentire cittadino del mondo

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□ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Grazie ad internet sono state abbattute le distanze geografiche □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5 Internet mi aiuta a costruirmi una personale idea del mondo che mi circonda □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

Mi piacerebbe che i docenti usassero le nuove tecnologie web per la didattica □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5 Quando sono stato all’Estero con Intercultura:mi sono serviti i contatti che avevo attivato già prima della partenza □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

ciò che avevo appreso da Internet mi è stato utile per adattarmi subito alla nuova realtà culturale □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5 non mi interessava contattare gli amici “italiani” □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

non riuscivo a non connettermi con i miei genitori/fratelli □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

l’idea della cultura del Paese ospitante che mi ero fatto su internet corrispon-deva con quella verificata nella realtà □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

internet e i social network posso essere un utile strumento di educazione alla mondialità □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

le emozioni che ho provato durante il mio soggiorno all’estero non le avevo

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previste □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

la conoscenza reale di amici e compagni di scuola si è rivelata più complessa che on-line □ 1 □ 2 □ 3 □ 4 □ 5

GRAZIE PER LA COLLABORAZIONE!(Questionario elaborato da Alberto Fornasari, Francesco Schino, Andrea Cassano)

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Biblioteca della Fondazione

Nella stessa collana:

1. M. Furloni, AFS e Intercultura - un viaggio per il mondo, un viaggio per la vita

2. Atti del Convegno, Identità italiana tra Europa e società multiculturale

3. Autori Vari, L’altro/a tra noi. La percezione dei confini da parte delle e degli adolescenti italiani

4. Autori Vari, Internazionalizzazione della scuola e mobilità studentesca. Il ruo-lo degli insegnanti

5. A. Fornasari, F. Schino e M.C. Spotti, Interpretare il successo. L’integrazione e il successo scolastico degli studenti esteri di Intercultura in Italia

6. Atti del Convegno, Ricomporre Babele. Educare al cosmopolitismo

7. C. Roverselli e A. R. Paolone, Competenze trasversali. Valutazione e valorizza-zione delle esperienze di studio all’estero.

8. Atti del Convegno, Il corpo e la rete. Strumenti di apprendimento interculturale