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NUMERO UNO A CHILDREN‘S MAGAZINE IMPARARE A CAMMINARE: DAI BAMBINI AI ROBOT! L’ALBERO: TV E GIORNALI HANNO PARLATO DI NOI! Bambini, in occasione della Festa della Solidarietà, il 9 giugno 2019 in Piazza Tricolore a Senago, venite a disegnare un albero nel nostro stand e portate un amico per disegnare tutti insieme!

A CHILDREN‘S MAGAZINE

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Page 1: A CHILDREN‘S MAGAZINE

NUMERO UNO

A CHILDREN‘S MAGAZINE

IMPARARE A CAMMINARE: DAI BAMBINI AI ROBOT!

L’ALBERO:TV E GIORNALI HANNO

PARLATO DI NOI!

Bambini, in occasione della Festa della Solidarietà, il 9 giugno 2019 in Piazza Tricolore a Senago, venite a disegnare un albero nel nostro stand e portate un amico per disegnare tutti insieme!

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Sono trascorsi solo tre mesi da quando questa rivista ha visto la luce, nella sua prima edizione del dicembre 2018.

Nel giro di poche settimane i riscontri sono stati ampiamente positivi e di grande soddisfazione per tutti coloro che sono entrati in contatto e hanno avuto modo di leggere il magazine, ideato e promosso da un gruppo di genitori della scuola elementare S. Maria di Loreto.

L’Albero nasce con la finalità di creare un filo diretto tra la nostra scuola e la realtà esterna che ci circonda, permettendo ad entrambi di esprimersi e di dialogare.

E questa idea, nel suo genere, è subito piaciuta!

Agli alunni, che hanno avuto modo di divulgare alcuni loro pensieri e vederli pubblicati su una rivista.

Agli adulti, non solo ai genitori dei bambini che frequentano la scuola, ma anche ai tanti simpatizzanti che condividono e apprezzano il progetto educativo proposto dalla scuola S. Maria di Loreto.

Anche i giornali e programmi radiotelevisivi hanno apprezzato la nostra rivista: ricordiamo l’articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 27 dicembre 2018 e sul Cittadino il 5 gennaio 2019, così come sul Notiziario l’8 febbraio 2019. Ma la stessa Radio 24 e il TGR di RAI 3 hanno dedicato un servizio sull’Albero.

Non dimentichiamo i nostri sponsor, a cui l’idea della rivista era piaciuta fin da subito: credendo al progetto, ne hanno permesso la realizzazione. A loro un sentito ringraziamento.

L’educazione dei nostri ragazzi non è una partita a due tra genitori e insegnanti, ma è un progetto che deve essere condiviso e sostenuto dall’intera comunità, perché insieme dobbiamo preparare la società del domani.

L’Albero diventa quindi uno strumento essenziale per permettere questa condivisione di intenti tra scuola, famiglia e società, dove, insieme, è possibile dialogare ed esprimersi su disparati argomenti.

Il lavoro prodotto dai genitori impegnati nella realizzazione della rivista, diventa altresì una forma di risorsa economica a sostegno della scuola stessa, dimostrando che, in ambito di assoluto volontariato, si può far molto per il raggiungimento di un ideale.

L’Albero appena piantato, dovrà crescere molto negli anni, ma mi sento di affermare con marcata convinzione che fin dai sui primi mesi di vita le radici sono già profonde e ben solide e con l’arrivo della primavera, ormai alle porte, si riempirà di tante gemme rigogliose, espressione di tutto l’impegno e dell’entusiasmo che ci accomuna nella realizzazione di questo progetto finalizzato al bene dei nostri figli.

Dott. Alderino Dalla Pria Presidente della Scuola Paritaria

e Parificata S. Maria di Loreto

L’idea piace!

4 Le ginocchia: fedeli compagne del cammin di nostra vita…

6 Casette e mangiatoie per uccelli…

7 Chi è il naturopata?

8 Il pranzo al Sacco

10 Il duro cammino del pendolare

11 Le pentolate solidali della Confraternita

12 Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino...

13 Controvento. Storie e viaggi che cambiano la vita

14 Viaggio nel Sapere

18 In cammino verso la sostenibilità

19 Cresce lungo il cammino il suo vigore

20 Libertà, amicizia, comunione, ascolto

21 L’agognata vetta del sentiero degli studi

22 Evoluzione della camminata nei robot

24 Il Cammino di Sant’Agostino

25 Croce Rossa Italiana Comitato di Paderno Dugnano

26 Il bambino che impara a camminare

27 Fotografia: quale percorso scegliere?

28 Il senso del cammino. Il punto di vista di un montanaro.

EditoreScuola S. Maria di Loreto - Via Padova, 23 - 20030 Senago - Tel. [email protected] - www.santamariadiloreto.it

Direttore responsabileLuigi D’Urso

Progetto graficoEmanuele Andreoni

StampaPaolo Maron - Via Parigi 3 - 20030 Senago

RegistrazioneTribunale di Milano N. 8 del 23/01/2019

PubblicitàPaolo Rossetti - Tel. 339.4500274 - [email protected]

A CHILDREN‘S MAGAZINESO

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Dott. Alderino Dalla Pria

arebbe impossibile alzarsi dal letto ogni mattina, iniziare a muovere i primi passi, salire e

scendere le scale, correre e saltare… se il buon Dio non ci avesse fornito le ginocchia!Si tratta dell’articolazione più impor-tante e complessa di tutto l’arto infe-riore, grazie alla quale riusciamo a fare mille cose nell’arco della nostra giornata.I molteplici movimenti spontanei e na-turali che facciamo quotidianamente non sarebbero possibili se le nostre gi-nocchia non potessero piegarsi. Basti pensare ai viaggi aerei dove ci vorreb-

be il doppio dello spazio tra una fila e l’altra se i passeggeri non potessero flettere le ginocchia almeno di 90°!Il ginocchio è costituito da due estre-mità ossee, la parte distale del femore e quella prossimale della tibia che, ben affrontate, si muovono l’una sull’al-tra rendendo possibile il piegamento. Sono tenute insieme da una serie di legamenti e fasce muscolari che con-trollano la flessibilità e dai menischi ossia due “guarnizioni” interposte tra femore e tibia che riducono l’attrito e l’usura delle cartilagini.Il nostro scheletro termina l’accresci-mento intorno ai 18 anni nei ragazzi e ai 16 nelle ragazze e, mentre le ossa si allungano, si possono verificare i fa-

mosi “dolori della crescita” che impat-tano principalmente le ossa più lunghe del corpo e in modo specifico femore e tibia, che trovano nel ginocchio il loro fulcro di movimento. In età adolescen-ziale, nel momento di maggior svilup-po, può quindi capitare che il ginoc-chio possa far male dopo uno sforzo prolungato, una partita di calcio o una corsa, e successivamente con il riposo si attenua per ripresentarsi dopo un en-nesimo sforzo. Questa sintomatologia è destinata a risolversi spontaneamen-te al termine dello sviluppo.Invece una patologia frequente sia in giovani che adulti è la lesione meni-scale. Ogni ginocchio ha due meni-schi, mediale e laterale paragonabili a

due guarnizioni di tessuto fibrocartila-gineo, che riducono gli attriti tra osso del femore e tibia, favorendo i movi-menti del ginocchio. Ad ogni passo i menischi sono sottoposti al carico del nostro peso corporeo, comportandosi come due cuscinetti meccanici.Un trauma distrattivo a carico del gi-nocchio, conseguenza di attività spor-tive come calcio e sci, o una caduta a

terra, possono determinare la rottura del menisco, causando dolore al gi-nocchio ogni volta che tentiamo di camminare. La Risonanza Magnetica Nucleare è l’esame più specifico per accertare tale patologia che può essere risolta solo con l’intervento chirurgi-co. Oggi l’intervento al menisco viene eseguito mediante tecniche innovative

artroscopiche di carattere mininvasivo, che permettono di ripristinare la fun-zione del ginocchio in un brevissimo tempo. Al di sopra dei 50 anni è invece riscontrabile l’usura della cartilagine che riveste le ossa creando dolore ogni volta che camminiamo. Un fattore di rischio oltre all’età può essere il so-vrappeso. Tuttavia oggi grazie all’a-

cido ialuronico utilizzato mediante infiltrazioni a livello del ginocchio, si ottiene un processo di lubrificazione dell’articolazione e di cura per la cel-lula cartilaginea, così da ridurre il do-lore. Il danno della cartilagine, se non curato, evolve verso una lesione artro-sica irreversibile dell’articolazione.Per artrosi intendiamo una scomparsa completa della cartilagine ed un’usu-ra con deformità dell’osso sottostante. Tale patologia purtroppo difficilmente trova beneficio con i trattamenti con-servativi. Acido ialuronico, antinfiam-matori e terapie fisiche non possono portare giovamento se il danno è avan-zato ed in questi casi si dovrà effettuare l’intervento di protesi che, sostituen-do per intero l’articolazione, elimina la causa del dolore e dell’impotenza funzionale. Il sovraccarico ponderale, l’eccessiva sedentarietà, l’assenza di moto e l’obesità sono fattori di rischio elevati per l’artrosi del ginocchio.Ai primi sintomi di dolore articolare, è corretto e urgente fare le opportune in-dagini al fine di prevenire danni gravi e irreversibili.

Le ginocchia: fedeli compagne del cammin di nostra vita…Prendiamoci cura dell’articolazione più importante per la nostra camminata.

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Cristina Vilardo

l Naturopata è un operatore del benessere che utilizza tecniche e terapie naturali al fine di mi-

gliorare lo stato di salute e la qualità della vita delle persone.

Educazione: informare le persone che ricorrono alla sua consulenza su quelli che sono i comportamenti più idonei per il raggiungimento o il man-tenimento dello stato di salute.

Prevenzione: riconoscere predispo-sizioni e comportamenti inadeguati o tali da non favorire uno stato di salute ottimale e fornendo consigli idonei a prevenire l’insorgenza dei disturbi.

Assistenza-Terapia: supportare eventuali terapie mediche convenzio-nali per ottimizzarne l’efficacia; soste-nendo psicologicamente il cliente aiu-tandolo a riconoscere e ad affrontare gli squilibri psico-fisico-emozionali.Considera il cliente nella globalità della sua persona e ricostruendo la sua storia, indaga sulle diverse cause che hanno determinato lo squilibrio psico-fisico e di conseguenza l’insor-gere del disturbo. Stimola la capacità di guarigione e di autoconsapevolezza.Utilizza tecniche come la kinesiologia, l’iridologia, la fisiognomica, la postu-rologia e il colloquio per individuare la tipologia della persona, le sue tenden-ze e predisposizioni costituzionali e i suoi squilibri energetici.Consiglia un corretto stile alimentare, esercizi e tecniche di rilassamento e di respirazione, integratori alimentari, fitoterapici, rimedi floreali, oli essen-ziali per uso esterno, oligo elementi, decotti.Applica tecniche manuali e manipo-latorie, esegue tecniche di riflesso sti-molazione drenante simili al linfodre-

naggio, può effettuare trattamenti per il riequilibrio energetico, decontrarre la muscolatura, può insegnare tecniche di automassaggio.Il naturopata pur non essendo laureato in Medicina e Chirurgia deve seguire un percorso formativo (tendenzial-mente della durata di 3 anni) durante il quale studia e sostiene esami inerenti la biologia, la chimica, l’anatomia, la fisiologia, l’alimentazione e apprende tutte le tecniche precedentemente de-scritte.È un operatore non medico, non for-mula diagnosi e non interferisce sulle prescrizioni dei farmaci e dei rimedi dati dai medici.Non rilascia ricette ma fornisce con-sigli su come utilizzare al meglio i ri-medi naturali ritenuti più idonei per il miglioramento del proprio benessere.Coadiuva una seria e accurata politica di prevenzione ed educazione alla sa-lute.Concludendo possiamo sostenere che il naturopata aiuta l’individuo a stare in una situazione di benessere e vitalità facendo prevenzione.

Daniele Mileto

a primavera è il periodo dell’anno in cui la natura si esprime al massimo e proprio

in questa stagione gli uccelli selvatici sfoderano le loro capacità di infallibili costruttori.L’istinto naturale di cui la gran parte dei volatili sono dotati fa si che possa-no realizzare autonomamente il proprio nido. Tuttavia le specie che non posseg-gono tali abilità utilizzano come tana delle cavità ambientali o rifugi abban-donati costruiti da altri simili.In città queste operazioni diventano più difficili e faticose ed ecco che quindi possiamo aiutarli con la realizzazione di casette nido o di mangiatoie.

Costruiamo una casetta per le cinceLa versione di casetta più semplice da

realizzare e collocare è quella per le cin-ce. Una specie molto diffusa che non co-struisce il proprio nido e che è solita oc-cupare cavità naturali in tronchi di alberi.

MaterialeUtilizzare un buon legno che resista senza problemi alle condizioni am-bientali esterne.

Misure- Base 14 cm x 14 cm;- parete posteriore h 26 cm;- parte anteriore h 23 cm;- tetto 18 cm x 18 cm (è necessario che

sia inclinato per consentire all’acqua di grondare);

- il foro di entrata nella parete anterio-re dovrà avere un diametro di 2,8 cm.

Rispettare queste precise misure sarà un utile deterrente per l’accesso in casetta di specie invasive di uccelli e predatori.

Si potrebbe rivestire la casetta con del-la corteccia per renderla più uniforme all’ambiente naturale.

PosizionamentoAl fine di dare il tempo necessario agli uccelli di scoprire, conoscere e pren-dere confidenza con la casetta, sarebbe opportuno montarla precedentemente, nel periodo autunno/inverno. Il luogo più adatto dove collocare la casetta, do-vrà essere non meno di 3 metri da terra, verso nord, lontano da fonti di disturbo, di fondamentale importanza, in quanto la nidificazione è una fase delicata nella vita di un volatile e i disturbi potrebbe-ro causare l’abbandono del nido con la conseguente morte dei piccoli.

Costruiamo una mangiatoiaLe mangiatoie, più semplici nella loro realizzazione, possono invece attirare diverse specie di uccelli che duran-te l’inverno, quando la vegetazione è “dormiente” non permette loro di ci-barsi normalmente. La realizzazione può essere più fantasiosa utilizzando diversi materiali di riciclo e/o di facile reperibilità.

Materiale- Cassetta di legno (ad esempio quelle

di frutta e verdura);- pezzetti di sughero e/o legnetti;- ciotoline e/o sottovasi piccoli.

Procedimento e ubicazioneLa cassetta di legno sarà la base della nostra mangiatoia che potremo collo-care in un posto tranquillo del nostro balcone o terrazzo se non disponiamo di un giardino.All’interno potremo inserire dei ra-metti e dei sottovasi con diversi tipi di cibo e acqua.

Un rivestimento per il fondo della cas-setta che permetterà di mettere diretta-mente i vari tipi di cibo senza utilizzare dei vasetti, se non quello per l’acqua.Tra i cibi principali possiamo mettere semi di girasole, semi di miglio, mais, arachidi e noci intere. Alimenti di facile reperibilità e dal costo sostenibile che faranno la gioia nostra e dei nostri piccoli amici alati!

Casette e mangiatoie per uccelli…Aiutare i nostri amici volatili per avere in cambio, perché no, qualche bella foto

Chi è il naturopata?Una presentazione di una disciplina non medica che si sta proponendo in questi anni

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Silvia Diamanti

l suo volto sottile e sorridente faceva capolino da sotto la re-tina bianca per trattenere i ca-

pelli. Quando si era affacciata alla por-ta della stanza n.1, del reparto di medicina, dell’ospedale Sacco, aveva già il fiatone per aver attraversato di corsa il cortile, tra la cucina e i padi-glioni. I due uomini erano intenti a guardare la televisione. I medici avevano già fatto il giro visite e loro ave-vano davanti una lunga giornata, fat-ta di ore vuote, da riempire. Un b u o n g i o r n o , p ronunc i a to leggero nell’a-ria, li aveva portati a vol-tare lo sguar-do verso quel-la piccola donna, una ra-gazzina, avvolta nel camice bian-co e con ai piedi degli zoccoli buffi.“È la ragazza della prenotazione del pran-zo” sussurrò l’uomo dal letto vicino alla finestra al giovane, smarrito, compagno di

stanza, arrivato solo quella stessa mat-tina.“Cosa ci riserva di buono il menù, ca-rissima?”“Mi dispiace signor Goloso, ma pur-troppo lei ha una dieta leggera”.Erano settimane che Sottiletta, così la chiamavano in cucina, e il signor Go-

loso, un vecchietto arzillo e spiritoso, si incontravano, per lui però non c’era mai nulla da scegliere.Sottiletta aveva de-dicato pochi minuti al nuovo ragazzo e si era lasciata alle spalle la stanza numero 1 per

passare alla porta attigua.

L’orologio se-gnava già le

9.00, doveva fare in fretta.

Come il gran coniglio di

A l i c e a n c h e Sot t i -l e t t a

doveva c o r r e r e ,

tenere il pas-so. La stanza

numero due, la tre e poi la quat-

tro, una pausa nel-la stanza numero

cinque dove aveva incontrato un vecchio

amico di famiglia. Con alcuni degenti era facile

scambiare due parole tra un primo e un secondo elencati a me-

moria. Nella stanza numero sei ad at-tenderla trovò un orco. Era preparata, il giorno prima la caposala aveva chia-mato per avvisare che un degente era molto arrabbiato. Non aveva fatto in tempo neppure a varcare la soglia che il signor Contrario, l’aveva aggredita: “come è possibile che mi sia arrivata la pasta al posto del riso che avevo prenotato ieri?” Sottiletta non sapeva darsi una risposta. In cucina qualcuno aveva invertito le schede o era stata proprio lei a digitare sul suo palmare un menù diverso? Non si dava pace. Il direttore avrebbe fatto una bella sfuria-ta, alla riunione del pomeriggio.Sottiletta aveva perso il sorriso, ma in fondo era andata meglio del previsto.Sette, otto, nove e poi dieci. Aveva fat-to in fretta e chiuso la parte maschile ed era pronta a ricominciare dal settore femminile.La stanza numero undici era tappez-zata di foto, una vestaglia rosa era abbandonata sulla sponda del letto. Sottiletta amava incontrare la signora Carmen, era stata un’attrice di avan-spettacolo quando la televisione era ancora in bianco e nero, ed era solita regalarle una Rossa Rossana. Era fa-cile accontentarla, prendeva sempre le stesse cose: riso bianco, pollo ai ferri, un’insalatina fresca e per chiudere una mela verde, croccante. “Non posso in-grassare!” era solita dire, “neppure ora che ho quasi novanta anni”. Era diffi-cile staccarsi da lei, le sue storie erano fatte di bauli pieni di ricordi.Ma il tempo scorreva veloce e, seppur a malincuore, Sottiletta si lasciò alle spalle la stanza numero undici per arri-vare alla dodici, poi via di corsa verso la stanza tredici e quattordici.

Il tempo di scendere le scale e riat-traversare il cortile. La giornata si era fatta più fredda, ma preferiva passare all’esterno, piuttosto che in quel labi-rinto di corridoi.Prima di entrare in cucina si era cam-biata gli zoccoli, il copricapo e aveva indossato i guanti. Aveva fatto due chiacchiere con il cuoco e impartito le disposizioni per attrezzare il nastro, il rullo che permette di preparare i vassoi con dentro le pietanze. Sottiletta si era posizionata a capo, è da lì che avrebbe comandato la linea.“Reparto medicina, Stanza 1 letto A” era la voce, questa volta imperiosa e determinata, di Sottiletta “spaghetti al pomodoro, manzo ai ferri, spinaci e mela cotta”. Una mano a posare il pri-mo, una il secondo, il contorno e poi la frutta. “Stanza 1 letto B. Dieta legge-ra”, sul volto di Sottiletta era apparso un sorriso, non poteva non pensare al

signor Goloso. Come avrebbe voluto regalargli anche solo la caramella che portava in tasca.Arrivato il turno del vassoio della si-gnora Carmen, Sottiletta avrebbe volu-to aggiungere una rosa rossa.I carrelli erano pronti. Il segnale ora-rio della stazione radio annunciava un gracchiante mezzogiorno. Pronti via! Finalmente la distribuzione poteva avere inizio. Sui tavolini incomincia-vano a fiorire tovagliette di carta, po-sate sigillate e i vassoi caldi. Il cibo era servito. Il lavoro di tante persone era arrivato a compimento.Rimaneva solo la cucina da pulire, ma non era compito di Sottiletta, lei final-mente era libera di sciogliersi i capelli. Le signore avrebbero svuotato i carrel-li e pulito i vassoi dagli avanzi.Le luci della cucina si stavano per spe-gnere, la storia del pranzo, nei corridoi dell’ospedale si era conclusa.

Il pranzo al SaccoIl racconto simpatico di cosa stia dietro a un pranzo all’interno di un ospedale.

“Cosa ci riserva

di buono il menù,

carissima?”

“Mi dispiace

signor Goloso,

ma purtroppo lei,

ha una dieta

leggera”.

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ono passati ormai più di 10 anni da quando un gruppo di amici, amanti del buon cibo, ha deciso

di dedicare parte del tempo libero ad ini-ziative di solidarietà, si è finanziato e ha acquistato una grande pentola per cuci-nare.È così che sulla base delle parole di Don Milani “Se la povertà bussa alla tua por-ta e risponde la solidarietà, la povertà è vinta” nasce la “Confraternita della Pen-tola”, che si mette al servizio degli altri e di tutti coloro che vogliono sostenere iniziative di beneficenza. In questi anni di iniziative ne abbiamo sostenute tante. Armati delle nostre pentole, del nostro entusiasmo di stare insieme e divertirci, abbiamo animato le cene e i pranzi nelle piazze della nostra zona, non solo co-struendo momenti di convivialità e forte aggregazione, ma soprattutto sostenendo importanti progetti quali:• Associazione Bianca Garavaglia per

l’aiuto nel campo dei tumori infantili;• Una borsa di studio per la ricerca pres-

so l’istituto Mario Negri;• La nostra Famiglia di Bosisio Parini;• Emergency;

• Il Fondo Famiglia lavoro della diocesi di Milano per chi ha perso il lavoro;

• Il Fondo Famiglia Comunità Pastorale S. Paolo, aiuto di prima necessità per chi ha difficoltà economiche;

• La casa della carità di Don Colmegna• Associazione Albero;• Acquisto mezzo di trasporto per disabili;• Navetta della solidarietà per gli anziani

di Senago;• Progetti per le missioni in Zambia

(Don Paolo Pupillo) e in Brasile (Padre Ciceri);

• Costruzione di una casa orfanotrofio a Sarajevo

… e tanti altri.

Dopo 11 anni siamo ancora qua. Le dif-ficoltà non sono mancate ma la passione e la tenacia ci spingono ancora a condi-videre tanti altri progetti.

Donare un piccolo aiuto a qualcuno semplicemente cucinando risotti, trippe o cassoeule ti riempie il cuore di gioia.C’è piu gioia nel dare che non nel riceve-re e fare del bene è il miglior modo per sentirsi bene.

Puoi seguirci sul nostro sito www.con-fraternitadellapentola.it o su Facebook.

Luigi D’Urso

Il duro cammino del pendolareRitardi, treni soppressi, gente arrabbiata… però alla fine ci sono anche aspetti positivi

ivere in provincia significa dipendere dal treno, quindi, essere un pendolare: il tri-ste personaggio che, come svela il nome,

oscilla tra l’angoscia e il ritardo.Ho incontrato pendolari professionisti, gente con anni di chilometri ferrati sulla pelle. Li riconosci da molti particolari. Per esempio, non guardano il tabellone elettronico di arrivi e partenze per-ché hanno downlodato sullo smartphone una app che, in real time, trasmette warnings precisi su: posizione, velocità, binario e tempo di attesa.Camminano con passo lento e sicuro. Scelgono sempre i posti migliori. Non rimangono mai in piedi come i pivellini.Io sono un apprendista e, ogni giorno, mi accor-go che manca ancora molto per una dignitosa formazione pendolare.Più volte, nell’oscurità autunnale del ritorno, cullato dal ritmo frequente di stazioni clonate, ammetto di aver usato il navigatore per scendere alla fermata giusta.Dal paese all’ufficio in città, impiego un’ora e venti minuti all’andata e altrettanto in senso in-verso. Altro che qualità della vita!Significa alzarsi sempre alle sei, raggiungere a piedi la stazione, una camminata di circa un chilometro, prendere il treno, scendere, risalire in superficie, aspettare l’autobus…e, finalmente, varcare la soglia già stanchi.All’inizio del viaggio, il mio treno s’infila tra ca-sermoni poi buca la periferia della città e striscia sotto terra per un lunghissimo tratto. I vagoni del treno-pendolari si dividono in due tipologie: ‘silenziosa’ e ‘rumorosa’.Col tempo ho imparato l’esatta posizione da te-nere in banchina per centrare matematicamente il vagone desiderato. Il trucco è contare i pilastri.Nella tipologia silenziosa, i pendolari fissano i propri cellulari. A volte digitano sulla minuscola tastiera e sorridono leggendo la risposta del loro interlocutore misterioso. Le notifiche sonore dei messaggi in entrata e uscita formano una mo-notona sinfonia. Nessuno parla. Sembra di stare in mezzo a manichini. Scelgo questa soluzione quando desidero assentarmi. Mi piazzo gli auri-colari e cerco di pensare al nulla.Nei vagoni rumorosi salgono vari gruppi, suddi-visi per aziende.Si possono ascoltare barzellette o storie incredi-bili che hanno spesso come protagonisti i parenti, non del narratore, bensì di qualche suo amico e conoscente. I più gettonati sono cugini e cognate.All’inizio ho avuto col treno un approccio sba-gliato. Abituato all’automobile e a prendere i mezzi pubblici solo nelle feste comandate, ero arrabbiato e l’ho trattato male. Poi ho capito la sua offerta: un tempo di sospensione esistenziale elargito a rate quotidiane.

Le pentolate solidali della ConfraternitaQuando basta una pentola per dare una mano.

La Confraternita della Pentola

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Elio e Max

a musica dei nostri lontani an-tenati la immaginiamo molto improntata sulla base ritmica.

Battere un qualsiasi oggetto può non richiedere alcuna manifattura. Lo possiamo fare con le dita o con un bastone. La im-maginiamo anche quando ascoltiamo delle musiche tribali africane o quelle dei pellirossa o le musi-che popolari di origi-ne celtica. Con la mu-sica si accompagnano feste, situazioni magi-che, momenti o rituali importanti delle piccole collettività, ovvero, delle tribù.Fra i primi strumenti sono stati ritrovati dei pifferi e delle ocarine. Insieme alla voce, si è così affiancata una base melodica. Pensiamo ai cori dei monaci che sono pura melodia. A partire dal Rinasci-mento si sono moltiplicati gli strumenti e la musica, soprattut-to nella melodia, si è resa sempre più complessa. La “Musica Clas-sica” rappresenta questa ricchezza.Con il mondo verso l’era contempo-ranea, le comunità si sono avvicinate e le musiche autoctone si sono incro-ciate. Nuove forme si sono sviluppate

fondendo gli elementi originari delle musiche autoctone e, su questa base, sono nate forme originali di nuove ten-denze.

Siamo passati così al jazz, al pop, al progressive, al rock, al rap...Con la voce e i testi, le parole espri-mono i nostri sentimenti e ci raccon-tano storie. I brani, in forma di poesia

Federico PaceControvento. Storie e viaggi che cambiano la vita172 pagineEinaudi

Il significato del viaggio, dentro e fuori di sé, per autori ed artisti che hanno segnato il patrimonio culturale dell’umanità.

Emanuela Faloppa

dolescenza. Un viaggio che tra-ghetta, quasi inconsapevolmen-te, verso terre sconosciute, il

cui esito è tremendamente incerto, ma il percorso è obbligato: “Il mondo dell’in-fanzia è un’isola che si abbandona sen-za saperlo. Non si fa in tempo a voltare lo sguardo su quella sponda che è già scomparsa”. La ricerca delle proprie origini, che non sempre regala un ap-prodo felice. V. S. Naipaul che parte per l’India per conoscere i luoghi di

provenienza della sua famiglia e ne ri-mane deluso: “La terra della sua infan-zia rimaneva una zona oscura, un para-diso perduto, come per Adamo che per sempre rimaneva fuori dal giardino che pensava di aver abitato”, ma impara una cosa importante: si sentiva a casa solo dentro se stesso. Julio Cortazar che vuole ritrovare i luoghi d’infanzia, sen-za riuscirci: “Una volta giunti, è possi-bile che neppure si riconoscano le co-ordinate di quel luogo, tanto che lo si potrà percepire estraneo a causa dei cambiamenti e delle persone che non ci sono più”. Ferdinando Pessoa che sco-pre come il vero viaggio avvenga den-tro di sé: “Un vero viaggiatore è chi sa “quanto sia non solo migliore ma più vero sognare Bordeaux che sbarcare a Bordeaux”. Elizabeth Bishop che pren-de coscienza di sé, delle proprie fragili-tà e debolezze grazie alla solitudine che il viaggio le offre. “I viaggi aprono var-chi su ciò che stiamo diventando. Ci scuotono dall’inconsapevolezza e in quell’andare altrove, nel confrontarci con l’altro, ci obbligano a prendere consapevolezza di ciò che altrimenti cerchiamo di nascondere a noi stessi. Il velo che cela le cose, in viaggio viene strappato senza esitazione”. Il viaggio come metafora dell’avvicinarsi al dolo-re della perdita. È ciò che accade a Fri-da Kahlo, che si mette in viaggio per raggiungere la madre morente a Samuel Beckett, che deve misurarsi con l’ineso-rabile malattia dell’amato padre e a Joni Mitchell, che deve fari i conti con la do-lorosa separazione dal compagno. E poi c’è lo straordinario viaggio di chi - cata-

pultato in una realtà cruenta - compren-de che, nelle situazioni più estreme, ciascuno trattiene le parti di sé più au-tentiche. È la storia di Antonio Lobo Antunes, scrittore e medico portoghese, inviato in Agola durante la fine della guerra coloniale: “Qualcosa di ciò che siamo resta immutato, come una voce profonda che nel cavo di noi stessi con-tinua a cantare una piccola melodia. Non solo. Il viaggio è anche metafora dei tormenti interiori di pittori come Chagall, Van Gogh e Gaugin o di musi-cisti come Keith Jarrett o Dimitrij So-stakovic. È la metamorfosi che speri-menta David Bowie nel viaggio transiberiano, in seguito al quale smette di essere Ziggy Stardust. È il tentativo disperato di chi, come l’angolano Mata-da cerca un futuro migliore, o di chi - come Einstein - scappa dalla follia del nazismo. Ma il viaggio è anche il con-solidamento - semplice e straordinario allo stesso tempo - di abitudini che fan-no nascere un’amicizia eterna, come quella tra Jorge Luis Borges e Adolfo Bioy Casares. Qualunque sia il “viag-gio”, ciò che rimane a chi lo compie è l’acquisizione di una nuova consapevo-lezza. Un cambiamento. Un nuovo ini-zio.

Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino...I vari generi musicali raccontati a partire da una bellissima canzone di Edoardo Bennato

Recensione

Federico Pace è nato nel 1967 a Roma, dove vive. Scrittore e giornali-sta, da vent’anni lavora per il Gruppo Espresso. Ha pubblicato Senza volo. Storie e luoghi per viaggiare con lentezza (Einaudi 2008) e La libertà viaggia in treno (Laterza 2016).

o di filastrocca, ci parlano di amore, di rabbia, di speranza, di guerra. Le paro-le, le melodie e i ritmi arrivano al no-stro orecchio e al nostro cuore. Fanno emergere i nostri sentimenti e le nostre sensazioni. La musica si specchia con la nostra anima.La musica unisce e mette a confronto popoli distanti, è l’espressione di noi stessi, della gioia, del dolore, delle tra-dizioni, della fede e, insieme alla na-tura e all’amore, è il motore della vita, ciò che ci fa andare avanti.Il cammino musicale è infinito, non si sa se ci porterà all’isola che non c’è, ma è una strada che percorriamo ogni giorno, cogliendo ogni attimo in essa contenuta.

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Conoscere è bello. Con i miei amici, i miei compagni e le maestre è più bello imparare a leggere e a scrivere: tutti insieme è meglio! Gli amici servono per farci compagnia e poi ci aiutano quando non sappiamo qualcosa e abbiamo bisogno di una mano. A scuola impariamo anche a fare i bravi bambini e a capire cosa è giusto e cosa è sbagliato.

Noi stiamo facendo un viaggio insieme, dandoci la mano, per conoscere. È un cammino iniziato in prima, l’anno scorso. È un viaggio lungo e faticoso, ma anche importante e divertente. Lo stia-mo facendo con gli amici e con le maestre. Le maestre aiutano a conoscere: abbiamo imparato a scrivere e leggere in corsivo, i numeri, la matematica, una lingua nuova. Abbiamo imparato anche a conoscerci. Abbiamo scoperto che gli amici sono importanti. Abbiamo imparato a fare cose e le abbiamo poi insegnate a casa ai nostri cugini. Ora sappiamo che non si deve mollare mai, non ci si deve arrendere.

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Viaggio nel SapereBambini delle classi della S. Maria di Loreto

Pensieri condivisi tra i bambini in classe e raccolti dalle insegnanti.

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In prima abbiamo iniziato un viaggio, abbiamo cominciato a studiare e abbiamo imparato tante cose nuove come leggere e scrivere. È un viaggio faticoso ma da fare insieme. Abbiamo conosciuto nuovi amici e nuove maestre con cui stiamo benissimo. Questo viaggio è fatto sia di studio che di gioco. Gli amici ti aiutano quando sei in difficoltà, come quando le maestre vanno un po’ veloce. Durante il viaggio abbiamo fatto anche degli spettacoli: a noi è piaciuto molto cantare e stare sul palco.

Conoscere è bello: prima non sai ma poi lo sai, ogni volta impari qualcosa di nuovo. Il viaggio nel sapere lo faccio con i miei amici e la mia famiglia, loro ti aiutano quando sei in difficoltà. Ci sono poi anche le maestre che ci insegnano tante cose e anche l’educazione. Ora sappiamo leggere, scrivere, conosciamo la storia e le tabelline, sappiamo usare il computer e giocare a scacchi e a rugby. Adesso abbiamo iniziato ad imparare anche la lingua dei segni. È un viaggio un po’ in salita e un po’ in di-scesa, a volte facile a volte difficile, è come andare in montagna: si fa fatica ma poi quando arrivi in cima è bello e ti senti bene.

Conoscere è un viaggio che fai con gli amici, la famiglia e le maestre. Ti permette di scoprire cose nuove. Ab-biamo imparato a leggere, scrivere, contare e cantare. Ma abbiamo im-parato anche a conoscerci, a rispet-tarci e a rispettare le maestre e gli altri, a non dire parolacce, a giocare con tutti, a non litigare e a non di-scutere per le cose poco importanti, a non alzare le mani ma a chiarire le questioni. Ci hanno insegnato a par-lare e a non tenerci tutto dentro e ad aiutare le persone in difficoltà.

Conoscere è un viaggio: quando parti non sai cosa ti aspetta. Ma è un viaggio un po’ speciale, metaforico. È iniziato quando siamo nati e abbiamo imparato le cose basilari come parlare e camminare. Ci sono stati dei momenti che ci hanno fatto un po’ paura, per esempio quando siamo arrivati a scuola non sapevamo chi avremmo incontrato e le esperienze che avremmo vissuto. Ora siamo in quinta, abbiamo imparato tanto. Ci dispiace lasciare amicizie e maestre che ci hanno aiutato a crescere. Quando andremo alle medie non dimenticheremo i momenti importanti vissuti, ci aiuteranno ad essere forti quando saremo in diffi-coltà. Speriamo che nel futuro vada tutto bene e che il nostro viaggio sia altrettanto fantastico.

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Filippo Asnaghi

un “triste mondo malato” quel-lo che si presenta oggi ai nostri occhi, fantasma di un passato

glorioso in cui il nostro bel pianeta era davvero la cosa più simile al giardino dell’Eden.In passato la terra era molto diversa da oggi semplicemente perché non aveva avuto ancora il “piacere” di conoscerci.Fin dall’alba dei tempi abbiamo mo-strato la tendenza a piegare la natura al nostro volere.In principio era una cosa assolutamen-te normale dato che tutti gli animali tendono a cercare le comodità maggio-ri per vivere meglio ma, a differenza nostra, hanno sempre rispettato i limiti imposti dall’ambiente che li circonda.

Un semplice esempio può essere il pensare ad un cervo che deve guada-re un fiume. Il cervo, se in un punto l’acqua è troppo alta, si muoverà fino a trovare un luogo dove poter attraver-sare mentre l’uomo abbatte numerosi alberi e costruisce un ponte.Si può considerare una soluzione inge-gnosa e intelligente?Forse si, ma quando si arriva a essere in 9 miliardi di abitanti le conseguenze dei gesti che si compiono quotidiana-mente possono avere risvolti negativi!Nonostante ciò, esiste un luogo nel nostro Pianeta Terra dove il concetto di sfruttamento della natura è stato ri-dotto ai minimi termini: L’Isola dello Sri Lanka, la vecchia Ceylon, situata nell’Oceano Indiano a circa 35 km dal-la costa sud orientale dell’India.In questo posto le tradizioni umane, fin

dalla notte dei tempi, si sposano il più possibile con le esigenze della natura.Essendo una nazione in via di sviluppo con 21 milioni di abitanti ha ovviamente dovuto in qualche modo “rubare” dello spazio naturale e sarebbe utopico il con-trario, tuttavia il popolo cingalese conser-va tradizioni di grande rispetto e sosteni-bilità nei confronti di Madre Natura.La caccia ad esempio non è contemplata dai sui abitanti, eccezion fatta per qual-che sporadico episodio di bracconaggio e selezione delle specie più invasive.Questo ha portato la fauna ad avere comportamenti molto “strani” a cui noi europei non siamo certo abituati.È possibile infatti ammirare molteplici specie animali muoversi in tutta tran-quillità tra le giungle intricate della co-sta oppure tra gli aridi deserti dell’en-troterra, vicino anche ai centri recettivi.Ciò ha creato un incremento del turi-smo in quest’isola non solo legato al classico soggiorno in spiagge paradi-siache ma si sta osservando una sem-pre maggiore richiesta turistica pro-prio per l’osservazione degli animali.La vita in Sri Lanka ci insegna che a volte basterebbe essere un po’ meno egoisti, pensare meno ai nostri bisogni e imparare a rispettare le creature che ci circondano e che occupano il nostro pianeta da molto prima di noi per ren-dere la nostra casa un posto migliore.

Don Giovanni Vergani

Vicario della Comunità Pastorale “S. Paolo Apostolo” in Senago

«L’immagine del cammino comporta quella della fatica, del tempo da tra-scorrere nel deserto, delle insidie e degli ostacoli da superare. Eppure il cammino, secondo l’esperienza dei pellegrini, non consuma le forze, non spegne il desiderio, non induce allo sconforto, non fa spazio alla tentazione di “tornare indietro” o di abbandonare la carovana, finché resta viva la pro-messa di Dio e l’attrattiva della città santa. Il popolo in cammino condivide l’esperienza: ‘Cresce lungo il cammino il suo vigore’ (Sal 84,8)». (1)

e parole con cui Monsignor Delpini, Arcivescovo di Mila-no, ha esposto il tema centrale

della sua “Lettera Pastorale per l’anno 2018-2019” stupiscono forse nella loro “semplice profondità”. Sono pa-role che colpiscono per il tono così di-verso dalle ormai consuete voci di lamento sulle fatiche del vivere. Al contrario, ci dice che “più si cammina, più ci si fortifica”, perché solo conti-nuando a camminare ci si può rendere conto, non senza sorpresa, che il vigo-re cresce. Dunque, piuttosto che stare fermi nell’illusione di goderci una vita senza fatiche – sembra dirci Delpini – è meglio riconoscere che abbiamo tutti un cammino da fare ... anzi un pelle-grinaggio.

Di questo appassionante pellegrinare Mario Delpini è un testimone autore-vole. Egli ci invita ad assumere l’at-teggiamento dei pellegrini che ricono-scono in questo camminare incontro al Signore il senso della loro vita: questa è stata l’esperienza anche di “Don Ma-rio”, come lui stesso ha raccontato ai ragazzi delle scuole della città di Se-nago riuniti in gran numero lo scorso 24 gennaio in occasione dell’incontro organizzato dalla Comunità Pastorale nell’ambito della “Settimana dell’e-ducazione”. In questa occasione, ha ricordato innanzitutto un’antica pas-sione per le storie della mitologia e dell’epica classica, che hanno suscita-to in lui il fascino per la letteratura, poi coltivato negli studi universitari, ma soprattutto hanno acceso la passione per la vita, la vita di quegli eroi – come Ulisse – che hanno affrontato il cam-mino dell’esistenza guidati da grandi ideali. A chi gli ha chiesto in quali mo-menti ha sentito la voce di Dio nella sua vita, l’Arcivescovo ha risposto di averla ritrovata nell’ascolto della Paro-la e nella partecipazione alla S. Messa, non dunque in luoghi eccezionali, ma lungo le vie “ordinarie” indicate da Gesù attraverso cui Dio parla alla no-stra vita. Qui pos-siamo ascoltare la sua voce, una voce che, come ci ha confidato, non lo ha mai deluso. Questo Signore, da cui si è lascia-to chiamare fin

da ragazzo alla fede e alla vocazione sacerdotale, è colui che attrae a sé il cammino di ogni uomo, è colui che su-scita in noi il desiderio del bene, che «mette nel cuore delle persone l’idea che andare d’accordo è meglio che li-tigare», come ha detto ai ragazzi com-mentando la storia “Un mucchio di sassi”, contenuta nella raccolta di rac-conti da lui scritta “E la farfalla volò”. Questo Signore è Colui che oggi gli affida il ministero di Vescovo in questa Chiesa milanese, un compito “facile” - a suo dire! - perché fondato sul Si-gnore e legato all’opera di tante altre persone: alla domanda “che cosa fa un vescovo?”, Mons. Delpini ha indicato, da un lato, il dovere di lavorare per l’unità dei fedeli della diocesi coordi-nando i sacerdoti, suoi collaboratori, e, dall’altro, la responsabilità di mante-nersi in contatto con il popolo di Dio, visitandolo il più possibile. L’Arcivescovo ha raccomandato ai ra-gazzi di avere fiducia negli adulti e di non temere di raccontare loro il pro-prio vissuto, anche nelle sue difficoltà; ha inoltre esortato a condividere con i coetanei momenti di autentica gioia, in cui si impara a fare del bene per gli al-tri e non solo sciocchezze.

(1) M. Delpini, Cresce lungo il cammino il suo vigore. Il po-polo in cammino verso la città santa, la nuova Gerusalem-me. Lettera Pastorale per l’anno 2018-2019, Centro Ambro-siano, 2018, 13.

In cammino verso la sostenibilitàSri Lanka: un esempio da seguire.

Cresce lungo il cammino il suo vigoreLa testimonianza e l’insegnamento di Mons. Mario Delpini

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Scoiattolo striato

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Sciacallo doratoMartin Pescatore asiatico

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Maddalena e Pietro Zanola

uest’estate siamo stati sulle Tre Cime di Lavaredo. La salita è piuttosto lunga, con continui tornanti, prima in mezzo al bosco, poi su per un ghiaione e

alla fine le ultime curve nei prati. Era agosto e faceva piutto-sto caldo e, a parte quando eravamo nel bosco, il sole non ha mai dato tregua. Alla fine, però, un piatto di uova e speck e una fetta di Sacher davanti alle Tre Cime hanno ampiamen-te ripagato la fatica fatta.Io mi chiamo Pietro e ora studio economia a Milano e per parlare del cammino, almeno per quanto riguarda il mio, partirei dalla fine. Infatti il mio percorso scolastico è quasi concluso dal momento che proprio pochi giorni fa ho fatto l’ultimo esame universitario della mia laurea Magistrale in Bocconi e non mi resta ora che scrivere la tesi. I passi del mio cammino mi hanno portato molto lontano da Senago, fino in Svezia per l’Erasmus, passando prima da Seveso, e poi, da Milano, dove ho frequentato il liceo classico. Lunga e bella come tutte le camminate che si rispettino, ha avuto i suoi momenti di difficoltà, ma il panorama che si vede dalla cima non fa pesare la fatica fatta per raggiungerlo.Se mi giro, posso vedere la strada che ho fatto, proprio come dal rifugio Locatelli sulle Tre Cime si vedevano i mille tor-nanti affrontati per salire, e la mia base di partenza è stata la S. Maria di Loreto, che già mi sembrava distante da casa

quando la mattina dovevo andarci a piedi con la nonna. Sono stati anni

molto belli, quelli del-le elementari.

Eravamo una classe molto unita e ricordo bene come molti piangessero di ritorno dalla gita di quinta, l’ultima insieme. A partire dalle medie ci siamo sparpagliati anche lontano da Senago, ma questo non ha impedito di rimanere molto amici. Io mi chiamo Maddalena. Sono la sorella citata sopra, quel-la che ha raggiunto la cima camminando al fianco di un fratello di nove anni più grande. Per quanto mi riguarda, ho iniziato il mio percorso scolastico nel 2011 alla scuola S. Maria di Loreto quando ancora non sapevo né leggere né scrivere. Inizialmente sono rimasta molto legata alle mie amicizie della scuola dell’infanzia, per poi ambientar-mi nella mia meravigliosa classe all’interno della quale ho stretto amicizie indimenticabili a cui tengo moltissimo an-che oggi dopo otto anni.Alla primaria sono cresciuta tanto, ho imparato tanto, ho riso tanto e mi sono divertita tanto. Nei miei cinque anni ho fatto moltissime belle gite e capito con molta tristezza che era ora per me di iniziare un nuovo percorso alla scuo-la media. Frequento, come mio fratello, lontano da casa, la PG Frassati di Seveso, dove stanno per concludersi tre anni meravigliosi e intensi. Non ho avuto nessuna difficoltà nel passaggio tra scuola elementare e media essendo molto preparata ad affrontare il mio futuro e questo grazie alla S. Maria di Loreto.Di recente invece ho dovuto scegliere la scuola superiore: frequenterò anch’io il liceo classico, come mio fratello. In questo percorso sono stata aiutata dai miei insegnanti e dal-la famiglia che mi ha supportata in questa scelta, importan-te. Sono nel pieno del mio cammino, ma piano piano posso scorgere un panorama sempre più spettacolare, nonostante

la fatica.

Nonna Gabriella

ono la nonna di due bambini che frequentano la Scuola S. Maria di Loreto, e ho molto

apprezzato l’articolo del numero zero, dei bambini di quinta elementare sull’amicizia.Anche noi nonni e genitori abbiamo bi-sogno di amici, di fratelli e sorelle, di essere accolti, di prenderci cura gli uni degli altri, di fidarci, di creare legami, di sentirci parte della Comunità per condi-videre gli affanni, le solitudini, quello che abbiamo nel cuore di bene e di male.Ma per noi adulti è difficile incontrar-si, perché abbiamo il cuore indurito dalle prove della vita, e non siamo pienamente liberi perché ci sentiamo avviluppati in una rete di condiziona-menti che opprimono la libertà.Io ho scoperto che stare insieme ad al-tre persone nell’esperienza dell’ascol-to e della condivisione della Parola di

Dio, ha reso possibile conoscere se stessi e quindi aprirsi agli altri.La libertà, l’amicizia e la comunione fra di noi, è il risultato di quella pie-nezza di vita che desideriamo raggiun-gere, ma come ci si arriva?È così difficile incontrarsi veramente con gli altri.Questo è il miracolo di Dio, il miraco-lo di farci incontrare davvero, il Signo-re sa come condurci e perciò ci mette in cammino attraverso l’ascolto.Ma come facciamo a mettere d’accor-do le nostre idee che sono così dispa-rate, come si fa ordine nella mente di ciascuno di noi?E pensare allo stesso modo e a sentire le stesse cose?È il Signore che ci istruisce, che ci in-segna a pensare, ci educa alla stessa verità e poi a volere e sentire le stesse cose: perché davvero siamo tutti fratel-li e sorelle!La Parola è straordinaria, ci interpella,

ci legge dentro e ci consola, ci dà spe-ranza, ed è sorprendente scoprire che fa verità in me, così come fa verità in te e in ciascuno di noi.È questa esperienza di verità che ci accomuna e che ci permette di ricono-scerci gli uni negli altri, che ci libera dalle catene della paura e del potere, perché il Signore non si rassegna a ve-derci arrancare, annaspare, agonizzare nella nostra povertà di ogni giorno.È possibile anche a noi diventare come i nostri bambini e aprirci all’amicizia, anche se ci sembra impossibile perché i nostri “io” entrano in conflitto.Questa è la mia esperienza, anche se il cammino è ancora lungo, perché le de-lusioni, le amarezze, le fatiche di tutti i giorni ci sono, ma vedo gli altri con uno sguardo nuovo, perché riconosco nell’al-tro lo stesso mio bisogno che è quello di essere compreso e amato. E trovo che questa frase sia vera: “quando ti lasci ab-bracciare da Dio ritorni intero”.

Paolo TrilliniAgente Generale

Largo Garibaldi, 11/B - 20030 Senago (MI)Tel. 02.99.48.92.91 Fax 02.99.48.87.78

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Libertà, amicizia, comunione, ascoltoLa testimonianza di una nostra lettrice.

L’agognata vetta del sentiero degli studiDue carriere scolastiche, una a metà ed una alla fine,

raccontate attraverso l’esempio di una gita in montagna.

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siano a terra. Questo significa che per mantenere l’equilibrio e non cadere ci deve essere un sistema dinamico che ef-fettua in continuazione micro correzioni in modo che il baricentro del robot sia sempre all’interno dei due appoggi. Di contro quando il robot è fermo appog-gia su quattro punti quindi il sistema è stabile, ossia non ha bisogno di continui interventi per mantenere l’equilibrio.I robot quadrupedi stanno vivendo un momento di discreta fama: il diparti-mento di difesa Americano sta effettuan-do dei test dove questi affiancano una troupe di Rangers portando attrezzature da centinaia di chili in percorsi difficili come zone collinari ed attraverso abitati in rovina, esattamente come facevano i nostri alpini con i muli… Aziende come Boston Dynamic (di proprietà di Goo-gle) mostrano filmati in cui robot simili ad un cane si muovono in modo ‘natura-le’ all’interno degli edifici della stessa o ETH Zurich che ha costruito un robot a quattro zampe che riesce a muoversi in mezzo alle macerie.La camminata bipede, quella umana, è sicuramente quella che richiede mag-giore sforzo per essere riprodotta. Sia da fermo che in movimento non è stabile e necessita di continue correzioni per mantenere l’equilibrio, ha bisogno di una serie di pesi (per l’uomo questi sono la testa e le braccia) che possono essere spostati per facilitare la partenza e la fine della camminata.Un altro ostacolo è costituito dalla dif-ficoltà di riprodurre la meccanica di ba-cino, femore, ginocchio e caviglia. Basti sapere che nei robot umanoidi attuali vengono utilizzati almeno 12 motori, ossia due per il femore, uno per il ginoc-chio ed ancora due per la caviglia per un totale di cinque per gamba, oltre ai due per il bacino.Valutate quindi la complessità del software che deve coordinare tutti que-sti motori con i dati in arrivo dai sensori di posizione per mantenere il robot in equilibrio durante la sosta, la partenza, la camminata, la fermata, il cambio di direzione o, ancora peggio, in caso di imprevisti come la perdita di aderenza di un piede o una spinta esterna.Lo studio trentennale ed il progresso tec-nologico attuale nel calcolo, nella senso-ristica e nella dimensione degli attuatori garantiscono cinematica e dinamica, ma

rimane però un punto dove l’attuale ro-botica rimane ancora lontana: il consu-mo di energia.Una persona mentre cammina o corre consuma energia solo durante le fasi ini-ziali e finali della camminata, mentre per il restante movimento si affida al peso del proprio corpo ed alle oscillazioni dei pro-pri giunti, in quanto le gambe oscillano naturalmente come farebbe un pendolo.I robot umanoidi invece hanno, durante la camminata, più della metà dei motori atti-vi alla massima potenza. Questo si tradu-ce in autonomia limitata, cosa che riduce l’impiego pratico di questi robot al campo delle ricerca e della ‘ricreazione’.Dovremmo aspettare ancora qualche anno per avere alta efficienza e auto-nomie utili, mentre per la diffusio-ne di massa bisognerà aspettare ancora parecchio tempo, per-ché i costi per realizzare dei simili ‘giocattolini’ sono ancora estremamente alti.

Enzo Congiu

a camminata dell’uomo rappre-senta il risultato finale di milioni di anni di evoluzione. Nei robot

invece è necessario semplificare, ossia ridurre ai minimi termini, quello che è il complesso di movimenti che le nostre gambe sono in grado di compiere.L’estrema sintesi della camminata dell’uomo in robotica è la ruota. Se fate un piccolo sforzo di fantasia e visualizza-te una ruota a raggiera non è difficile im-maginare di trasformare in gambe i raggi che vanno dal mozzo al cerchio, mentre gli archi di cerchio che vanno da un rag-gio all’altro si trasformano in piedi.I robot con le ruote sono attualmente i più numerosi. Sono usati per il trasporto di materiali nelle fabbriche automatiz-zate o come sistemi autonomi che pos-sono essere inseriti per fare ispezioni in spazi angusti, anche le macchine a guida autonoma possono essere considerate parte di questa famiglia. Anche nell’e-splorazione spaziale i rover sono usati per effettuare analisi in luoghi distanti da quello di atterraggio.La ruota, nonostante la sua semplicità, ha dei grossi limiti: non può, ad esem-pio, superare ostacoli o buche più grandi del suo raggio e si blocca se il terreno è sabbioso.Il secondo gradino della evoluzione nel-la camminata dei robot è arrivato con lo studio degli insetti. Gli insetti sono gran-de fonte di ispirazione in quanto, nono-stante le limitate dimensioni e capacità del cervello di questi ultimi, essi sono in grado di spostarsi facilmente su terreni molto difficili per le loro dimensioni.Con 6 arti, la camminata si definisce tripode: in ogni istante almeno 3 zampe (due da un lato ed una dall’altro) sono al suolo. Questo ha un enorme vantaggio,

ossia il baricentro del corpo dell’insetto è sempre stabilmente all’interno dell’a-rea di appoggio formata dalle tre zampe che sono appoggiate a terra. In parole semplici, in qualunque istante fermate la camminata di un insetto questi non cade.Se portiamo questa capacità in robotica significa che se adottiamo la camminata tripode degli insetti avremo un robot che sarà sempre stabile sulle sue ‘zampe’, anche se questo, per un problema mec-canico o nel software che lo controlla, smette di funzionare.I robot a sei o più zampe di certo non trovano grande spazio nella fantascienza o nell’esperienza comune, ma sono usati come base di studio in numerose univer-sità e centri di ricerca. Un esempio arri-va dal campo minerario, in cui vengono usati per ancorare saldamente al terreno strumenti come trapani e martelli pneu-matici oppure per muoversi in fessure e cunicoli presenti nella roccia, oppure da prototipi di macchine agricole che usano sei gambe al posto delle ruote per essere usate su pendii.Il grosso svantaggio della camminata tripode è legato alla bassa velocità che si può raggiungere ed alle dimensioni. Quindi finché il robot ha dimensioni contenute l’aumento di ingombro cau-sato dagli arti è trascurabile, ma appena questi raggiungono una certa dimensio-ne l’ingombro diventa troppo oneroso.Il gradino più alto dell’evoluzione del movimento dei robot coincide con quel-lo più alto dell’evoluzione animale: la camminata quadrupede (quella tipica dei mammiferi) e bipede (quella umana e dei primati).La camminata a quattro zampe, più sem-plice da riprodurre, ha sempre le sue difficoltà per un robot. Durante il movi-mento non è stabile, in quanto prevede in alcuni momenti che solo due zampe

Evoluzione della camminata nei robot

Difficoltà e successi nel riprodurre quel che a noi appare naturale: camminare.

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Anna RusielloEmiliano Bina

ualche giorno fa, nelle imme-diate vicinanze di Senago, a “vegliare sul nostro cammino

quotidiano”, abbiamo incontrato i vo-lontari della Croce Rossa di Paderno Dugnano, in via Marzabotto 3. Sono uomini e donne, come noi.Dei più di 150 anni della Croce Rossa (l’idea ispiratrice risale infatti alla bat-taglia di Solferino del 1859), il comi-tato di Paderno Dugnano ne ha già vis-suti 50 e oltre. Oggi in tutto sono 312, tra volontari e professionisti, a decli-nare nell’attività quotidiana i 7 princi-pi cardine della Croce Rossa: umanità, neutralità, imparzialità, indipendenza, volontarietà, unità, universalità.Abbiamo intervistato Alice, la respon-sabile, nei suoi occhi prevalgono il ri-cordo di tante persone cui ha dato una

mano e la voglia di migliorare sempre più, invece che la fatica di tanti anni di assistenza alle spalle. Il comitato vede infatti come fulcro della propria attività il proprio cen-tralino, che gestisce le comunicazioni interne ed esterne. Da Paderno Dugna-no attendono la chiamata del 112 e si spostano in tutti i paese vicini: Varedo, Calderara, Muggiò, Senago…CRI Paderno mette, 24 ore su 24, un’ambulanza nelle disponibilità del 112, ed una seconda nei giorni in cui, grazie ai volontari presenti riescono a garantire di più. Ognuno di loro trova dentro di sè le motivazioni per fare del volontariato. Una per tutti? Aiutare sen-za chiedere nulla in cambio. Di sicuro, fare loro un sorriso sincero, ed inse-gnare ai propri bambini che sia bello fare altrettanto, è il modo migliore per ripagarli. Come si diventa volontari? A partire da 14 anni, con un corso di

formazione. Anche CRI Paderno ne tiene costantemente: www.cripaderno.it è il sito di riferimento per avere tutte le informazioni necessarie.Si parte con i corsi di base, poi cor-si sempre più avanzati. Far parte del-la CRI non vuol dire solo salire su di un’ambulanza o gestire le emergenze internazionali, ci si può infatti occu-pare di corsi nelle scuole (bullismo, educazione sessuale, …) o di raccolta fondi o di giovani (feste, eventi). Non solo si possono coltivare relazioni di amicizia con altri volontari e con la popolazione del territorio stesso, ma anche unire le proprie competenze ed abilità a quelle degli altri. Qualunque sia la nostra strada, il nostro cammino, può succedere di “inciampare”, di farsi male. È bello sapere che, in questi casi, ci sono persone che ci aiutano a rialzarci e ci accompagnano alle cure.

Via Repubblica, 2820030 Senago (MI)02 9988063

[email protected]

Paolo Rossetti

Il Cammino di Sant’AgostinoSpiritualità e svago a due passi da casa.

Cinzia Rodini

ualche tempo fa regalai alla mia amica Melissa un taccuino molto spe-ciale; su quel quadernino avrebbe annotato le sue emozioni ed i suoi pensieri durante un viaggio molto importante.

Da lì a pochi giorni Melissa sarebbe partita per il Cammino di Santiago de Compostela; da sola avrebbe percorso 1050 chilometri a piedi.Si era preparata per mesi, fisicamente e spiritualmente e questa cosa mi affasci-nava incredibilmente; era talmente lontana da me… io che avevo un bimbo di pochi anni mai me la sarei sentita di affrontare un tale percorso.Così ho incominciato le mie ricerche, volevo capire cosa ti spinge ad una simile avventura ed in men che non si dica ho scoperto che proprio vicino a casa no-

stra si possono percorrere le tappe di un famoso pellegrinaggio: il Cammino di Sant’Agostino.Aurelio Agostino d’Ippona, conosciuto come Sant’Agostino, è stato de-finito “il massimo pensatore cristiano del primo millennio e certamente uno dei più grandi geni dell’umanità in assoluto”. Le “Confessioni” sono

la sua opera più celebre. Ed è proprio in quest’opera che cita il Comune di Cassago Brianza (Rus Cassiciacum), suo domicilio in Brianza.Il Cammino di Sant’Agostino è un percorso lungo complessivamente 563 chi-lometri che prevede 23 giorno di cammino ed è diviso in tre fasi.La prima di queste è quella che più ci è vicina e collega, attraverso un itinera-rio molto ricco dal punto di vista paesaggistico, i 25 Santuari dedicati a Maria presenti in Brianza, attraverso un percorso circolare di 15 tappe che vede la Ba-silica di Santa Maria delle Grazie di Monza come punto di partenza ed arrivo.Esistono poi due altre fasi: il gambo milanese, che parte sempre da Monza, rag-giunge Milano ed infine Pavia ed il gambo Genovese che conta cinque tappe.La meraviglia di avere questo percorso vicino a casa è che permette a tutti noi di percorrerne anche solo un piccolo tratto. Una gita domenicale, a piedi o in bicicletta, con la famiglia a respirare anche solo un pochino di quella spiritua-lità che caratterizza il percorso, unendo un po’ di sano svago e chissà, magari anche un bel picnic primaverile!Comunque oggi anche Melissa è mamma di uno splendido bambino e chissà che leggendo queste parole possa prendere spunto per una nuova avventura.Il cammino di Sant’Agostino. (http://www.camminodiagostino.it/it/)

Croce Rossa Italiana Comitato di Paderno Dugnano

Una tra le migliori espressioni del volontariato sul territorio.

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Circolo Fotografico Varedese

e vuoi che la fotografia sia più che un hobby, allora pensa al tipo di fotografo che vorresti essere! Scegli verso quale genere di fotografia orientarti.

Paesaggio.Assicurati di uscire un giorno dove il tempo è dalla tua parte. L’ora magica in fotografia è subito dopo l’alba o poco prima del tramonto quando la luce è più soffusa. Questo non vuol dire che la fotografia in una giornata di pioggia non sia altrettanto bella, basta ricordarsi di portare una cover per fotocamera per proteggere l’equipaggiamento!

Fotografia naturalistica.Un fotografo naturalista deve essere disposto a fare una seria pianificazione per ottenere risultati soddisfacenti. Ciò non si-gnifica solo pianificare gli spostamenti in un luogo, ma sce-gliere il miglior momento per vedere gli animali in azione. Per iniziare è sufficiente andare verso l’area verde più vicina a casa e vedere quali uccelli o altri animali si possono catturare con l’obiettivo e, se ti piace, allora saprai che è la tua vocazione. Una volta che hai fatto tutto questo, ti aspettano esperienze estremamente gratificanti!

Sport e fotografia d’azione.È uno dei percorsi più estremi che un fotografo possa intra-prendere. Questo non significa iniziare inseguendo una mac-china da rally. Ci si può semplicemente impratichire rimanen-do nell’ambito dell’atletica o degli sport da campo.

Fotografia di strada.Dove alcuni vedono un deprimente grigiore e dei brutti pavi-menti, altri vedono un’opera d’arte urbana bellissima. Non c’è una chiave nascosta per ottenere una buona fotografia di strada poiché è una delle forme più semplici in termini di accessibili-tà, basta uscire e iniziare a scattare foto! C’è sempre creatività da trovare in quel che sembra banale.

Animali domestici e bimbi.Le persone sono pazze per i loro bimbi ed i loro animali dome-stici e quindi crearsi una serie di foto con soggetti così a portata di mano è più semplice ed efficace che mai! È un autentico punto di partenza per coltivare la passione della fotografia in formato casalingo.

Matrimoni.È un’esperienza interessante catturare i momenti che si presen-tano nel giorno più speciale degli sposi, specialmente se ami-ci, i quali gradiscono sempre inquadrature al di fuori di quelle ufficiali.

Persone e ritratti.Le persone rappresentano dei soggetti ricorrenti più di quanto si possa pensare, sia quando si mettono in posa che quando vengono catturati spontaneamente. Un ritratto riguarda sempre l’interpretazione e la rappresentazione della persona e l’abilità sta nel trovare la semplicità e la naturalezza del momento.Man mano che si accumula esperienza, si possono approfondi-re i vari generi fotografici ed imparare le tecniche per immorta-lare i soggetti più disparati in situazioni diverse. E oggi è reso ancora più facile con l’avvento del digitale.

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Emanuela Faloppa

uando il bambino muove i primi, cauti e incerti passi suscita sempre un’emozione forte in chi lo osserva. È la prima grande conquista verso l’autonomia, verso la

scoperta del mondo! Ciascun bambino incomincia a muoversi in maniera del tutto personale: c’è chi ha già imparato a gatto-nare, chi ha sperimentato la cosiddetta “marcia dell’orso”, chi ha imparato a “mettersi in piedi” attaccandosi ai mobili, chi sperimenta direttamente la deambulazione aiutato da un adul-to e chi quasi all’improvviso “parte” da solo, sorprendendo tutti. Generalmente tutti i bambini imparano a camminare tra gli 11 e i 18 mesi di vita. Tale acquisizione, che si fonda sulla maturazione dell’apparato neuro-muscolare, assume – al con-tempo – una valenza fondamentale per lo sviluppo psichico. Lo sviluppo parallelo della componente motoria e di quella cognitivo-linguistica permettono al bambino di farsi sempre più autonomo e di “auto-determinarsi”. Margaret Mahler, parla di fase di “sperimentazione” tra l’8º e il 14º mese e di fase di “riavvicinamento” tra il 14º e il 24º mese. In questo lasso temporale il bambino sperimenta la distanza dalla pro-pria figura di riferimento, generalmente la madre, continua-mente allontanandosi e riavvicinandosi. Tale processo ha un’importanza fondamentale non solo per il consolidamento, e quindi la migliore acquisizione, degli schemi motori, ma an-che perché consente di avviare l’importantissimo processo di separazione dal caregiver e, successivamente, quello di indivi-duazione. Alzarsi, raggiungere una palla e tirarla alla mamma: un gesto per noi adulti semplice, banale scontato. Per il bam-bino, invece, è una conquista incredibile: significa che lui ha interagito con il suo ambiente, modificandolo. Donald W. Winnicott parla di tre categorie: la “dipendenza assoluta” in cui il bambino è completamente dipendente dalle cure mater-ne, senza esserne consapevole; la “dipendenza relativa” in cui incomincia a rendersi conto che la madre è necessaria e, infi-ne, “il cammino verso l’indipendenza”, in cui il bambino di-venta un po’ alla volta in grado di affrontare il mondo. Non a

caso questa fase è stata chiamata il “cammino verso l’indipen-denza”. Il cammino, dunque, è allo stesso tempo sia il concre-to muovesi nello spazio, sia – metaforicamente – il processo evolutivo attraverso il quale si entra a far parte del mondo. Certamente come il bambino camminerà nel mondo dipen-derà da tanti fattori: dalla sua indole, dagli stimoli e dalle op-portunità che gli verranno offerti, ma anche – in larga par-te – dalle risposte che riceve dalle sue figure di riferimento. I bambini che muovono i primi passi devono essere lasciati liberi di sperimentare, di cimentarsi e anche di fallire, di capire fin dove possono arrivare e dove invece è troppo ri-schioso avventurarsi. I genitori in questo processo evolutivo hanno un compito importantissimo: devono osservare con amorevole attenzione i propri bambini, naturalmente aiutarli se chiedono aiuto, senza però sostituirsi a loro o limitarli nel pro-cesso esplorativo. I bambini, dal can-to loro, devono sentir-si liberi di muoversi, di incuriosirsi delle cose che li circondano, sapendo che mamma e papà sono “a portata di mano” e possono correre a tro-vare conforto tra le loro braccia ogni volta che lo desi-derano.

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Il bambino che impara a camminareGli studiosi ci raccontano il significato più intimo dell’imparare a camminare.

Fotografia: quale percorso scegliere?La fotografia è un percorso del tutto personale che dipende da quale percorso si voglia intraprendere.

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Gianpaolo Monti

Presidente sez. CAIdi Bovisio Masciago

amminare, non ci riflettiamo mai abbastanza, insieme alla parola è una grande conquista

del neonato: ora può esplorare il mon-do più velocemente, toccare oggetti, spingersi financo in condizioni perico-lose senza avere alcun bisogno di chi lo porti a contatto con una determinata realtà, incomincia l’esplorazione auto-noma del mondo.Oggi abbiamo in parte dimenticato il

senso di muoversi a piedi per raggiun-gere un obbiettivo qualsiasi, abbiamo quasi sempre a portata di mano un mezzo meccanico che ci trasporti da un luogo ad un altro anche se questi sono molto vicini, si ha quasi un senso di inadeguatezza a “spostarsi” a piedi mentre non proviamo alcun disagio a usare piedi e gambe per correre e man-tenerci in forma.Ci sono però parti del mondo bellis-sime non facilmente raggiungibili dai soliti mezzi meccanici che con un po’ di buona volontà, qualche ora a dispo-sizione e con l’uso delle nostre gambe possono essere raggiunte regalandoci

momenti indimenticabili. La montagna è senza dubbio uno di questi luoghi, la struttura geologica non consente facilmente lo sviluppo di grandi strade di comunicazione, in compenso è facile imbattersi in una moltitudine di sentieri, percorribili a piedi, che collegano località diverse.Iniziare a percorrere un sentiero è l’i-nizio di un’avventura. Ognuno di noi su quel percorso vedrà cose diverse che in gran parte non dipenderanno dai suoi occhi ma dal suo stato d’animo momentaneo: c’è chi abbassa la testa e guarda il suolo scoprendo una miriade di animaletti, piante, funghi, minerali,

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E MENO DAL DENTISTA!Educare i bambini a un’igiene orale corretta è fondamentale

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altri alzano la testa al cielo magari per scrutare una possibile meta sul pendio o semplicemente per assicurarsi delle condizioni meteorologiche, mai tra-scurabili in montagna!Quando partiamo e il sentiero comin-cia a salire, il nostro cuore inizia a bat-tere più velocemente e il nostro respiro diventa un po’ più affannoso e i nostri occhi guardano alternativamente in alto verso la meta e in basso verso i nostri piedi finché prendiamo “il rit-mo”, tutto diventa automatico, anche il nostro cuore e respiro si stabilizzano. Se siamo in compagnia dal chiacchie-riccio iniziale si passa a qualche breve parola e poi al silenzio per “risparmia-re il fiato”, come dicono gli esperti.

In questa singolare situazione di si-lenzio e apparente solitudine sono in genere i pensieri che si affollano: tra quanto arriviamo alla meta? Speriamo che il tempo rimanga bello per tutto il giorno! Chissà cosa cucinano di buono al rifugio. Anche l’alpinista più esper-to prima di iniziare la scalata cammina per raggiungere la parete di roccia o il ghiacciaio da dove comincerà la sua ascensione e durante quel cammino ritmato, portando il peso dell’attrezza-tura necessaria, ripassa nella sua men-te i passaggi chiave che ha studiato guardando da lontano quella parete e, di tanto in tanto, alza gli occhi al cielo per guardare se il “tempo regge”.E noi, cosa abbiamo scoperto sul no-

stro sentiero? Sicuramente ad ascol-tare il nostro silenzio, i nostri pensieri e il rumore della natura che può esse-re vento, pioggia, ma anche di tanti animali che vivono accanto al nostro percorso: i miei figli ed io non dimen-ticheremo mai l’aquila reale che ci os-servava così vicina, sopra di noi, chissà cosa pensava lei nel vederci così impe-gnati ad entrare nel suo regno: l’alpe Money circondata dalle vette del Gran Paradiso, neanche il tempo di estrarre la macchina fotografica ed era già lon-tanissima, un ricordo e un’emozione che porteremo nella nostra mente solo noi che in quel momento camminava-mo in silenzio, in fila indiana su quel sentiero.

Il senso del cammino. Il punto di vista di un montanaro.

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Il sole non è mai così bello quanto nel giorno che ci si mette in cammino.(Jean Giono)

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Non è abbastanza fare dei passi che un giorno ci condurranno alla meta, ogni passo deve essere lui stesso uno meta, nello stesso momento in cui ci porta avanti.(Goethe)

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Il giovane cammina più veloce dell’anziano, ma l’anziano conosce la strada.(Proverbio africano)

Apri con AnteprimaIn ogni cammino che si biforca, da una parte vanno i nostri passi e dall’altra i nostri dubbi.(Eise Osman)

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C’è chi viaggia per perdersi, c’è chi viaggia per trovarsi. (Gesualdo Bufalino)

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Anche un viaggio di mille miglia inizia con un singolo passo. (Lao Tzu)

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Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti. (Luigi Pirandello)

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Non puoi viaggiare su una strada senza essere tu stesso la strada.(Buddha)

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Non ricorderai i passi che hai fatto nel camminoma le impronte che hai lasciato.(Anonimo)

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Troppa gente si occupa dei sensi unici e dei sensi vietati, senza mai mettersi in cammino.(Fabrizio Caramagna)

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La via non può essere lasciata un solo istante. Se potessimo lasciarla, non sarebbe la via.(Confucio)

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Tutti i più grandi pensieri sono concepiti mentre si cammina.(Friedrich Nietzsche)

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Seconda stella a destra, questo è il cammino.. e poi dritto fino al mattino!(Edoardo Bennato)

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Abbandona le grandi strade, prendi i sentieri.(Pitagora)

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Ai più importanti bivi della nostra vita non c’è segnaletica. (Ernest Hemingway)

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La vita stessa è un viaggio da fare a piedi.(Bruce Chatwin)

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