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9. CENNI SULLA POSA IN OPERA 336 Figura 35 Rassegna dei più usuali sistemi di fissaggio di un rivestimento esterno. Nella parte “A” sono riportate le connessioni con l’elemento di rivestimento vero e proprio (le lastre lapidee); nella parte “B” sono riportate le connessioni con il supporto (la parete dell’edificio)

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Figura 35 Rassegna dei più usuali sistemi di fissaggio di un rivestimento esterno. Nella parte “A” sono riportate le connessioni con l’elemento di rivestimento vero e proprio (le lastre lapidee); nella parte “B” sono riportate le connessioni con il supporto (la parete dell’edificio)

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CONNESSIONI LASTRA-ELEMENTO DI FISSAGGIOLe connessioni tra lastra ed elemento di fis-saggio sono rappresentate da tutta una se-rie di accessori come profili, piastre, staffe, squadrette, perni ecc. Oltre alla macroscopi-ca suddivisione tra connessioni a scomparsa e connessioni in vista, di ovvio significato, si possono sostanzialmente distinguere due gruppi fondamentali (figura 35, parte “A”):

di tipo puntuale (o isostatico);di tipo diffuso (o iperstatico).

I più comuni tra i sistemi puntuali sono i per-ni (chiamati anche pioli) e le piastrine (chia-mate anche palette, o placchette) (figure 36, 37).

Come indirettamente desumibile dalla figu-ra 35, in linea del tutto generale, ogni si-stema di ancoraggio si articola in elementi funzionali componibili e di facile montaggio; vi sono degli elementi-base, per l’ancorag-gio al supporto, e dei collegamenti tra gli elementi-base e la lastra. In altre parole, vi sono almeno due punti di connessione: uno è dato dall’ancoraggio della lastra, l’altro è dato dall’ancoraggio alla parete.La Tabella XXXI riporta una classificazione generica dei sistemi di fissaggio che tiene conto di differenti elementi di valutazione. Si tratta, in ogni caso, di notevoli semplifica-zioni poiché, nei rivestimenti esterni in pie-tra, i componenti possono essere veramente numerosi e diversificati e, come precedente-mente detto, vengono progettati e realizzati espressamente per ogni singola opera.

Per modalità di ancoraggio al supporto

diretto -

indiretto (mediante sottostruttura) -

Per natura del supporto

supporto con buone caratteristiche meccaniche (continuità spaziale; resistenza; consistenza; compattezza ecc.)

ancoraggio mediante tasselli ad espansione meccanica

supporto con caratteristiche meccaniche modeste o scadenti (discontinuità; inconsistenza; porosità; fessuramento ecc.)

ancoraggio mediante tasselli chimici

Per possibilità di regolazionenon regolabili -

regolabili in una, due o tre direzioni -

Per tipo di connessione con la lastra di rivestimento

con perno orizzontale o verticale sulle coste richiede la perforazione puntuale delle lastre

con piastrine/placchette sulla costa superiore o inferiore

richiede l’esecuzione di tasche o alloggi sulle coste orizzontali (slot semplice, slot con ribasso, slot inclinato – vedi Appendice V)

con piastrine/placchette sulle coste orizzontali

richiede l’esecuzione in fabbrica di scanalature continue sulle coste orizzontali (kerf semplice, kerf continuo ribassato, kerf continuo inclinato - vedi Appendice V)

con inserto nella parte posteriore della lastra richiede l’esecuzione in fabbrica di fori sottosquadro

Tabella XXXI - Classificazione dei sistemi di ancoraggio sulla base di differenti elementi di valutazione Nota: questa classificazione riporta i dispositivi di ancoraggio più comuni, dei quali possono esistere innumerevoli varianti

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Esistono due varianti a questo tipo di instal-lazione, illustrate dai seguenti schemi (figure 39, 40).

Il carico orizzontale Fh (qui interessa soprat-tutto l’azione del vento) deve essere riparti-to su due ancoraggi, ciascuno dei quali ne sopporterà, pertanto, la metà. Come regola generale, il foro sui lati orizzontali viene po-sizionato ad una distanza dal bordo pari a circa 1/5 della larghezza della lastra, anche se sono possibili schemi geometrici assai va-riabili.

Dal punto di vista della geometria, le disposi-zioni più comuni prevedono:1. perni (o piastrine) posti sui lati orizzontali

delle lastre;2. perni (o piastrine) posti sui lati verticali

delle lastre (ancoraggio laterale);Un terzo sistema puntuale prevede l’anco-raggio retrolastra, per la descrizione del qua-le si rimanda poco oltre.

Con il sistema 1) (figura 38) il carico verticale Fv trasmesso da ciascuna lastra viene soste-nuto da due ancoraggi che funzionano an-che da ritegno per la lastra sottostante. Ogni elemento - qui si supponga di riferirsi ad un perno inserito in foro - sopporta la metà del carico verticale Fv trasmesso dalla lastra su-periore ed opera il ritegno della la-stra inferiore. Il perno ha quindi funzione portante per la lastra sovra-stante e di tratte-nimento per quel-la sottostante, della quale con-trolla la verticalità e alla quale impe-disce l’eventuale ribaltamento.

Figure 36, 37 A sinistra: rappresentazione schematica di un perno; a destra: rappresentazione schematica di una piastrina (o paletta, o placchetta)

Figura 38Schematizzazione di aggancio delle lastre mediante perni inseriti sui lati orizzontali

Figure 39, 40A sinistra: aggancio di lastre sovrapposte (giunto allineato). A destra: aggancio di lastre sfalsate (giunto alternato)

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Fori sulla costa delle lastre

una fresatura parziale (vedi APPENDICE V: slot semplice, slot con ribasso, slot inclinato).

Le connessioni tra lastra e perno (piastrina) non devono essere totalmente rigide; deve essere sempre prevista l’interposizione di un cappuccio in poliammide (o, più gene-ricamente, di guarnizioni in nylon) tra l’ac-ciaio del perno e la pietra (foto 784); questi dispositivi evitano il contatto diretto tra le parti, possibile fonte di rotture indesiderate ed innesco di tensioni delicate, costituisco-no l’elemento deformabile elasticamente per meglio ripartire i carichi, consentono un qualche movimento alle lastre (soprattutto quelli di dilatazione), oltre - infine - a chiude-re gli spazi liberi tra il perno e l’alloggiamen-to, impedendo così l’accumulo di acqua (e sporcizia) e la possibile azione del ghiaccio.È importante che ognuno dei componen-ti di un sistema di ancoraggio sia dotato di una elevata resistenza alla corrosione; sono vivamente raccomandati componenti in ac-ciaio inossidabile, la tipologia del quale, da mettere in relazione alla severità atmosferi-ca (temperature; gelo-disgelo; atmosfere ad

Con il sistema 2) (figura 41) si considera che sul singolo ancoraggio agisca la totalità del carico verticale Fv trasmesso da una lastra: questo perché non è possibile garantire che fissaggi compresi tra due lastre siano carica-ti con la stessa intensità; che ricevano, cioè, metà del carico ciascuno.

A fronte di questa considerazione, il carico Fv è doppio rispetto al caso precedente; gli ancoraggi inferiori sono considerati portanti (ma anche di ritegno) mentre quelli superiori sono di ritegno.Analogamente al caso 1), il carico orizzonta-le Fh (anche qui il riferimento principale è al carico del vento) deve essere ripartito su due ancoraggi, ciascuno dei quali ne sopporterà, pertanto, la metà.L’ancoraggio laterale si rivela molto utile quando è previsto l’impiego di lastre molto alte (con il lato più lungo disposto nel sen-so dell’altezza) e/o in condizioni ambientali sfavorevoli. Infatti, questa modalità di appli-cazione permette di ridurre il valore massimo del momento flettente, in quanto la presen-za di staffe di trattenimento sulle coste ver-ticali consente la riduzione della distanza fra i loro appoggi. Anche in questo caso, come regola generale, il foro sui lati verticali viene posizionato ad una distanza dal bordo pari ad 1/5 dell’altezza della lastra anche se, in virtù di quanto detto, con lastre particolar-mente alte, i fori possono essere più verso la mezzeria della lastra.Come precedentemente anticipato, oltre al perno può essere impiegata una piastrina; mentre il perno deve essere inserito in un foro sulle coste (foto 783) la piastrina abbi-sogna di una “tasca” per l’alloggio, cioè di

Figura 41Schematizzazione di aggancio delle lastre mediante perni inseriti sui lati verticali

Esempio di cappuccio in materiale plastico a copertura del perno metallico

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Figura 43 Schematizzazione del sistema di ancoraggio puntuale, di cui alla figura precedente, in posizione di esercizio.Fy ed Fx simbolizzano i carichi rispettivamente verticali ed orizzontali �nel caso dei carichi orizzontali, il riferimento principale è a quelli del vento, positivi Fh(+), e negativi Fh(-)�

Le figure 42 e 43 illustrano un prodotto per l’ancorag-gio di tipo puntuale che, per caratteristiche costruttive, rappresenta bene lo stato dell’arte tecnologico. Pensa-to per fornire possibilità di regolazione nelle tre direzio-ni X, Y, Z, esso prevede una staffa la cui geometria con-sente la riduzione del carico agente sulla parete, comportando quindi l’uso di tasselli e fori più piccoli e aumentan-do la possibilità di applicazione nel caso di sottofondi diversi dal calcestruzzo.

Il sistema con connessioni di tipo puntuale è molto frequente, efficiente ed economica-mente vantaggioso per rivestimenti di for-mato medio-grande e con una limitata di-stanza parete-rivestimento (max. 7÷10 cm);

elevato tasso di aggressivi chimici; salsedine ecc.), dovrà essere AISI 304 o AISI 306, in funzione del grado di aggressività ambien-tale, rispettivamente minore o maggiore. Il mercato offre numerosissimi prodotti in altre leghe metalliche, il ricorso alle quali è, purtroppo, assai frequente; l’impiego di componenti più economici, giustificato dal fatto che l’applicazione avverrà in ambienti non particolarmente aggressivi, rappresenta un grave errore poiché, anche in assenza di azione diretta sul componente, permane il rischio, altissimo, di innesco di corrosioni di tipo elettrolitico, dovute a reazioni galvani-che tra metalli. Gli inconvenienti e i danni generati da questo tipo di scelte possono essere anche ben maggiori di quelli da cor-rosione atmosferica diretta.La possibilità di regolazione dell’ancoraggio è un altro fattore di grande rilevanza. Al mo-mento della installazione vera e propria, per-ni, placchette ecc. devono trovare una per-fetta corrispondenza con le rispettive fessu-re, tasche, fori, per essi predisposti. Il punto dove si realizza la connessione vera e propria tra lastra di pietra ed elemento di ancorag-gio è quello dove si producono i maggiori inconvenienti in assoluto; detti inconvenienti sono tanto maggiori quanto minori sono le possibilità di regolazione di un ancoraggio. Quanto maggiori sono gli scostamenti tra le parti che devono corrispondere perfetta-mente, tanto più l’operatore cerca di forzare la lastra di pietra nella sede; se l’ancoraggio non è regolabile, o la regolazione avviene con difficoltà (caso degli ancoraggi allog-giati nel supporto mediante malte-grout), si produrranno sicuramente in futuro inconve-nienti e lesioni al materiale.

Figura 42 Esempio di sistema di ancoraggio di tipo puntuale

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kerf semplice sulle coste (frecce rosse). In due lastre si nota anche il foro per l’inserimento del perno

kerf semplice, kerf continuo ribassato, kerf continuo inclinato) (foto 785)

Questo sistema facilita la regolazione del posizionamento ma non è evidentemente applicabile nel caso di ancoraggi laterali. Occorre anche tener conto che la fresatura, soprattutto se estesa all’intera lunghezza dell’elemento, lo indebolisce in misura mag-giore rispetto a un foro, riducendo la sezione resistente dell’elemento stesso praticamente in ogni suo punto.

CONNESSIONI ELEMENTO DI FISSAGGIO-SUPPORTO Come anticipato inizialmente, l’ancoraggio al supporto può avvenire o direttamente, in forma puntuale, o indirettamente, tramite interposizione di sottostrutture. Indipenden-temente dall’opzione, la stragrande maggio-ranza delle opere di rivestimento in pietra ri-chiede ormai che il fissaggio sia pensato già durante il progetto e non possa essere de-terminato dopo, nella fase finale di cantiere. Nel primo caso ogni lastra risulta connessa al supporto mediante ancoraggi puntuali; il posizionamento di questi ultimi dipende dal layout scelto per le lastre e dal loro forma-to; si tratta, in ogni caso di predisporre una “maglia” di ancoranti (foto 786) per la quale è necessario un supporto con continuità spa-ziale e di provate caratteristiche meccaniche, come una parete in muratura, in cemento, in calcestruzzo in buone condizioni di eserci-zio (non degradato e/o fessurato), oppure in conci di pietra, in laterizio pieno o in legno. In tutti quei casi in cui l’ancoraggio diretto non è né possibile, né consigliabile, e/o non

quanto più il formato tende al medio-piccolo tanto più - evidentemente - aumenta la den-sità delle perforazioni sull’esterno dell’edifi-cio, senza poi dimenticare che ogni punto di ancoraggio costituisce un ponte termico. Da questo punto di vista, occorre sottoline-are che la distanza tra i punti di ancoraggio alla parete (interasse) influenza significativa-mente la resistenza degli ancoranti, deter-minando progressive diminuzioni della loro caricabilità, fino a un limite inferiore (inte-rasse critico minimo), al di sotto del quale si possono verificare condizioni di fessurazione del supporto in fase di installazione.

Come accennato in precedenza, le connes-sioni lastra-elemento di fissaggio possono poi essere anche di altro tipo, cioè di tipo diffuso. Qui interessa solamente menzionare uno solo dei tipi riportati in figura 35, spe-cificamente il sistema a profili continui en-tro scanalature sui bordi (vedi APPENDICE V,

Una facciata predisposta con ancoraggi puntuali per l’installazione diretta delle lastre di rivestimento

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Esempi di sottostrutture su prospetti di facciata di edifici

tura e materiali, sono poi fissati gli elementi di connessione vera e propria a seconda del disegno che è stato previsto per la facciata e delle esigenze di ogni singolo progetto. La già menzionata facciata ventilata (foto 788a, 788b) esemplifica bene i principi ap-plicativi dei sistemi di posa in opera a secco su sottostruttura ed è da considerare uno dei più avanzati sistemi di isolamento ester-no, capace di coniugare efficacemente pre-stazioni meccaniche, termo-energetiche ed acustiche. Le ragioni che spingono all’impiego della sottostruttura possono essere molte: un ag-getto del rivestimento dalla parete conside-revole, la scadente qualità della muratura di supporto, le frequenti zone tese e fessurate del calcestruzzo, una scarsa conoscenza del-le caratteristiche meccaniche del supporto, la necessità di ridurre al minimo le perfora-zioni, e via dicendo. Altre ragioni, non ne-cessariamente legate al supporto (che resta, peraltro, assolutamente cruciale ai fini della scelta) derivano dalla gestione dell’intera fac-ciata, in termini di assemblaggio, operazioni di cantiere, facilità di ispezione, controllo, manutenzione e (eventuale) sostituzione di lastre difettose, operazioni di movimentazio-ne delle lastre stesse ecc.Le tipologie possibili sono numerosissime e impongono il rimando alla bibliografia specializzata. Ai fini della presente opera è sufficiente menzionare i sistemi lineari, i sistemi continui (a montanti+correnti; a montanti+piastre) (foto 789, 790) ed i siste-mi mediante reticolo di profilati con aggan-cio posteriore della lastra; cui viene dedicato un breve approfondimento poco oltre, in vir-tù delle loro caratteristiche peculiari.

sarebbero soddisfatti i necessari requisiti di sicurezza, occorre optare per l’ancoraggio indiretto, con impiego di una sottostruttura. Tale sistema consiste nel predisporre inte-laiature metalliche a formare telai portanti, strutturati per ricevere il rivestimento lapideo e i serramenti, inseriti nei campi liberi tra pi-lastri e travi di bordo (o testate di solette), e svincolati così dal resto della parete. Un sistema questo che prevede un numero relativamente limitato di ancoraggi (rispetto al sistema diretto), concentrati sugli elementi strutturali principali dell’edificio.Per sottostruttura si intende un insieme di componenti assemblati (saldati e/o bullonati) a formare un reticolo di profili, disposti verti-calmente e orizzontalmente (montanti e cor-renti) (foto 787, 788); a questo reticolo, che può essere di varia sezione, forma, profila-

Un esempio di rivestimento a facciata ventilata in Marmo di Orosei, con elementi di formato rettangolare, posati a giunto allineato. Nel dettaglio si possono osservare le scanalature (kerf) sulle coste inferiore e superiore delle lastre, per accogliere gli elementi di ancoraggio, e la finitura superficiale rigata

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intonaci degradati, murature di consistenza sconosciuta, materiali tipo-Leca-Block, pietre tufacee ecc. In questi casi per l’ancoraggio si deve ricorrere a perni filettati fissati alla pa-rete tramite tasselli chimici.Il principio di funzionamento tipico dei tas-selli chimici si basa sull’adesione; in questo caso, a differenza dei tasselli ad espansione meccanica, il carico viene trasferito dall’an-corante al supporto tramite forze tangenziali di interfaccia resina-acciaio e resina-materia-le del supporto. Il legante chimico è costi-tuito principalmente da una resina organica (poliestere o epossidica), che indurisce per polimerizzazione, e componenti riempitivi che conferiscono varie proprietà chimico-fisiche. I tipi più comuni di tasselli chimici sono i tas-selli a calza e i tasselli a rete (figura 44).

Benché l’impiego dei tasselli chimici sia as-solutamente prioritario in tutte le situazioni

Per l’ancoraggio al supporto, con strutture murarie continue e compatte, come calce-struzzo o murature di materiali con buone proprietà meccaniche (mattoni pieni, pietre naturali; strutture in cemento armato) si im-piegano normalmente tasselli ad espansione meccanica; si tratta di dispositivi in metallo o in plastica speciale (poliammide), di fissaggio semplice, con eccellenti doti di tenuta allo sfilamento, subito caricabili ed economici, ma che richiedono, comunque, molta at-tenzione nell’esecuzione del foro, nella sua pulizia, nelle operazioni di serraggio, non-ché nel rispetto dei parametri geometrici di posizionamento. Fondamentali, in questo senso, la distanza dai bordi del manufatto e, come abbiamo già accennato, l’interasse fra tasselli vicini. Sono usualmente impiegati tasselli in acciaio per applicazioni di carichi da medio-elevati a molto elevati e tasselli convenzionali in poliammide per carichi da medi a leggeri.Il principio di funzionamento dei tasselli ad espansione meccanica si basa sull’attrito; la tenuta viene realizzata per effetto della pres-sione dell’ancorante generata contro le pa-reti del foro dalla forza di espansione.Con strutture murarie continue, semi-com-patte e/o non compatte, il supporto non è in grado di offrire la necessaria tenu-ta ad ancoranti ad espansione mec-canica; è il caso di calcestruzzi tesi, fessurati e/o cellu-lari, pareti in lateri-zio semicompatto-forato-alveolare,

Posa in opera di un rivestimento in granito su sottostruttura metallica a “sistema continuo”. L’immagine in alto mostra uno stadio più avanzato rispetto all’immagine in basso, mentre, in entrambe, sono chiaramente distinguibili i montanti ed i correnti della sottostruttura

Figura 44 Successione delle fasi di installazione di un tassello chimico, del tipo a rete, su supporto strutturale non compatto (laterizio forato)

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consentono alla lastra stessa i movimenti di dilatazione. Essi si integrano funzionalmen-te con sistemi di profilati i quali, costrutti-vamente parlando, non si differenziano in modo particolare da quelli menzionati in precedenza per le sottostrutture (figure 45, 46); cambiano sensibilmente, invece, il di-spositivo di aggancio della lastra e il “modo di lavorare” del dispositivo stesso.Collocato a tergo, il dispositivo, a differenza dei perni in foro, delle piastrine nelle tasche, e dei profili nei kerf, non impegna le coste della lastra. Esso è inoltre alloggiato in punti ben precisi (ve ne sono sempre perlomeno tre per lastra), all’interno di un foro avente una geometria realizzata espressamente per accoglierlo (“sottosquadro”) (figura 47). Indipendentemente dalle numerose varianti offerte dai diversi fabbricanti (es.: foro cilin-drico; foro conico; foro cilindrico con gola sul fondo ecc.), è importante sottolineare il

di supporto strutturale non compatto, essi possono essere utilizzati anche con supporti compatti. La loro applicazione richiede una foratura della parete di diametro di poco superiore a quello del perno filettato ed è sempre economicamente più impegnativa dell’ancoraggio per espansione meccanica.

INSTALLAZIONE DI RIVESTIMENTI CON SISTEMI DI ANCORAGGIO RETROLASTRA Il sistema di ancoraggio con aggancio po-steriore della lastra, pur non costituendo un’innovazione, è una tecnologia che è stata introdotta grazie alla disponibilità di inserti speciali cosiddetti “ad espansione geometri-ca controllata”, detti anche “a scomparsa” per il loro fissaggio sul retro delle lastre, in posizione quindi non visibile. Detti inserti, appositamente studiati per non indurre sollecitazioni nella lastra lapidea du-rante il serraggio, funzionano da ritegno e

Figure 45, 46 Due esempi di sottostruttura con aggancio posteriore della lastra. Nello schema di sinistra, le frecce azzurre indicano i dispositivi di aggancio in posizione retrostante alla lastra. I disegni si riferiscono al sistema FZP (Fischer)

1. Montante verticale 2. Traverso orizzontale 3. Staffa superiore di ancoraggio

alla parete 4. Staffa inferiore di ancoraggio

alla parete 5. Kit collegamento verticale 6. Kit collegamento orizzontale 7. Staffa doppia per sostegno

traverso orizzontale 8. Staffa superiore per sostegno

traverso orizzontale 9. Staffa inferiore per sostegno

traverso orizzontale 10. Tassello fzp con dado in allumi-

nio 11. Vite per regolazione altezza

lastra

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Figura 47 Successione di operazioni per realizzare un foro “in sottosquadro” atto a contenere un inserto del tipo retrolastra. Un particolare trapano, con azione leggermente eccentrica ( e ), realizza al fondo del foro una svasatura (tronco-conica in questo caso). In quest’ultima si andrà a collocare una rosetta la quale, quando il cilindro esterno alla filettatura viene colpito (d, doppia freccia rossa), si deforma e si allarga, occupando lo spazio della sede tronco-conica precedentemente creato

ta (foto 791) hanno una maggior capacità di carico all’estrazione (“pull-out”) e riesco-no a trasferire carichi da tre a sei volte su-periori rispetto ai dispositivi più tradizionali (perni, piastrine); essi interessano una estesa sezione di rottura non influenzata dagli ef-fetti riduttivi delle coste e garantiscono, nel complesso, maggiori capacità di carico glo-bale sulle lastre rispetto a quelli posizionati in costa. Proprio grazie alla presenza della gola alla base del foro, l’inserto si deforma plastica-mente in corrispondenza della gola stessa, non genera sollecitazioni nocive sulla lastra e garantisce il necessario gioco tra inserto e foro che compensa facilmente gli sposta-menti relativi di due inserti, che fissano una stessa lastra, dovuti alla dilatazione termica.

principio di funzionamento: il sistema lavo-ra, infatti, “per geometria”, realizzando la tenuta grazie alla reazione di contrasto tra l’elemento e la lastra (figura 48). Questo tipo di installazione non induce ten-sioni nel materiale, essendo il funzionamen-to collegato alla geometria e non all’attrito. Il sottosquadro consente infatti all’ancorante di lavorare “appoggiandosi”, non generan-do alcun attrito sulle pareti del foro e non determinando alcuno stress nel materiale. Oltretutto non sussiste l’eventualità, purtroppo frequen-te nei sistemi che lavorano per attrito, di serraggi applicati con errati valori della coppia, con il rischio di scarsa tenuta (valori di coppia insufficienti) o di rottura del supporto e/o dell’ancorante (valori di coppia eccessivi; sner-vamento dell’acciaio dell’anco-rante).Gli ancoranti retrolastra ad espansione geometrica controlla-

a

c

b

d

Figura 48 Schematizzazione del principio di funzionamento per sottosquadro in un ancorante retrolastra

Un inserto di tipo retrolastra (tipo FZP Fischer) “annegato” nello spessore di una lastra (volutamente rotta per far vedere l’interno del foro)

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forniscono una pratica soluzione in quei casi in cui le coste hanno una rifinitura par-ticolare, tale da non accettare alcun tipo di connessione.

9.5 Rivestimenti interni

La frequente mancanza dei fattori di aggres-sione tipici dell’esterno e il tipo di prestazioni richieste al rivestimento interno fa sì che la scelta del sistema di posa sia meno delicata rispetto all’esterno anche se ciò non signifi-ca ovviamente una sottovalutazione dell’ap-proccio.Tutto quanto espresso nei precedenti § 9.2, § 9.3, § 9.4 per le tecniche “a umido” e “a secco” mantiene intatta la propria validità anche per i rivestimenti interni, e si rimanda pertanto ad essi. La minor estensione delle superfici rivestite, il minor grado di sollecita-zioni e la frequente posa di elementi sottili portano a privilegiare i sistemi a umido per incollaggio con adesivo. Al sistema a secco con intercapedine si ricorre più raramente: ad esempio, con accertata risalita di umidità dalle pareti, in rivestimenti di grande pregio, di elevata altezza e/o quando sia necessario sfruttare la camera d’aria per il passaggio dell’impiantistica. Vi sono – piuttosto – altri aspetti di interes-se legati non tanto al sistema di posa pre-scelto quanto proprio all’utilizzo della pie-tra nell’ambiente interno la cui fruizione da parte dell’utente è molto diversa rispetto all’esterno. A titolo di esempio: spesso, in interni, l’os-servazione del rivestimento e, conseguen-temente, della pietra, è ravvicinata, con di-

Oltre a queste caratteristiche, essi si distinguo-no per molteplici aspetti e correlati vantaggi:

a parità di dimensioni di un pannello il fat-tore di sicurezza è sempre più elevato per trazione e momento flettente;incremento della sicurezza in caso di rot-ture delle lastre, in quanto la quantità e la posizione degli inserti consentono di evi-tare il distacco delle porzioni fratturate. Vi sono sempre – infatti – almeno tre anco-ranti a tergo di ogni lastra e, nell’eventuali-tà di rotture, la probabilità che il frammen-to rotto contenga un ancoraggio (e quindi non cada) è altissima;grazie alle migliorate prestazioni mecca-niche ed all’assenza di tensioni indotte, è possibile impiegare lastre con spessore inferiore rispetto ai sistemi con fissaggio sui bordi (in genere 20 mm). Ciò signifi-ca anche un notevole risparmio di peso e conseguenti facilitazioni in trasporti e sol-levamenti;possibilità di impiego di lastre di gran-de formato (si pensi all’azione del vento) poiché i punti di aggancio possono essere disposti nelle posizioni più favorevoli dal punto di vista statico;miglioramento estetico della facciata, in quanto, con l’inserto in posizione re-trostante, nessun elemento è in vista nei giunti aperti;semplificazione del fissaggio, dato che i tasselli possono essere predisposti in la-boratorio. Ciò significa anche assenza di macchine in cantiere e possibilità di tra-sporto sul medesimo di lastre già pronte;inoltre, non sono direttamente esposti alle intemperie, come gli alloggiamenti per perni e piastrine sulle coste delle lastre, e

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incorrere nei predetti disallineamenti che, in esterno, a una certa altezza e distanza, sono oggettivamente meno visibili. In considera-zione, poi, del fatto che la posa con ade-sivo in interni è piuttosto frequente e che il limitato spessore del medesimo non con-sente grandi compensazioni, la regolarità e la planarità del supporto assumono anch’es-si maggior peso, pena una chiara visibilità degli “scalini” tra elementi adiacenti e la percezione degli “avvallamenti” sull’intera superficie.

stanze di osservazione che possono essere inferiori a un metro. Ciò significa che tutto diventa particolarmente evidente anche agli occhi del profano: difetti, giunti, imprecisio-ni, disallineamenti ecc. Elementi di lavorazio-ne come lo smusso perimetrale, o il bisello, diventano – allora – non solo consigliabili, ma anche importanti al fine di agevolare la posa, evitare eventuali sbeccature, e ma-scherare i difetti ai bordi. Il rispetto delle tol-leranze dimensionali e geometriche diventa anch’esso fondamentale proprio per non

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quelle risposte scientifico-tecniche che, in li-nea con le tendenze normative e commer-ciali, sono oggi un insostituibile strumento di competitività.

Il presente capitolo raccoglie in forma sinte-tica i risultati del Progetto-Pilota “innovazio-ne e tecnologia nel settore lapideo. Pannelli sandwich”, un progetto di ricerca promosso da Sardegna Ricerche, coordinato da PRO-MEA Società Consortile a r.l. e svolto in stret-ta collaborazione fra operatori industriali afferenti a vario titolo al settore della pietra naturale, e cinque gruppi di ricerca apparte-nenti ai sottoelencati Dipartimenti della Fa-coltà di Ingegneria dell’Università di Cagliari:

DIEE (Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica);DIGITA (Dipartimento di Geoingegneria e Tecnologie Ambientali);DIMECA (Dipartimento di Ingegneria Mec-canica);DIS (Dipartimento di Ingegneria Struttura-le);DIT (Dipartimento di Ingegneria del Terri-torio).

In linea con gli altri settori i cui prodotti sono oggetto di continui perfezionamenti ed affi-namenti, anche il comparto dei materiali la-pidei non può sottrarsi al contributo dell’in-novazione tecnologica. La pietra naturale, in considerazione del suo raggio di azione planetario, della pertinenza al settore edile (nel quale rappresenta uno dei materiali principali) e dell’ampiezza della gamma di impieghi, si trova oggi ad affron-tare nuove ed importanti sfide, la cui dimen-sione non coinvolge più “solo” gli aspetti progettuali, tecnici ed applicativi, ma anche quelli ambientali, sociali ed economici. Per essa non sono più differibili la ricerca e l’innovazione tecnologica, il cui contributo è assolutamente necessario per ridefinirne le credenziali sotto ottiche diverse da quelle che l’hanno caratterizzata fino a ieri; ottiche che, oggi, vanno sotto il nome di normazio-ne, riciclabilità, sicurezza, eco-sostenibilità, risparmio termo-energetico, performances acustiche, ciclo di vita del prodotto ecc. I fu-turi vantaggi competitivi di questo antichissi-mo - quanto attuale - materiale da costruzio-ne non potranno più prescindere da questi aspetti, ed ecco perché sarà indispensabile dedicar loro un’attenzione sempre maggiore.Consapevole di ciò, il comparto lapideo sar-do ha ritenuto opportuno, già alcuni anni fa, attivare linee di ricerca avanzata che possano garantire quanto prima per il prodotto-pietra

10. L’innovazione - il progetto-pilota: “innovazione e tecnologia nel settore lapideo. Pannelli sandwich”(*)

(*) Per esigenze di sintesi editoriale, la notevole mole di risultati raggiunti nell’ambito del Progetto è stata condensata in poche pagine. Tutti coloro che sono interessati ad approfondire le tematiche esposte sono invitati a prendere contatto direttamente con i sopra-citati Dipartimenti.

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10. L’INNOVAZIONE - IL PROGETTO-PILOTA: “INNOVAZIONE E TECNOLOGIA NEL SETTORE LAPIDEO. PANNELLI SANDWICH”

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Un pannello sandwich, oltre allo strato lapi-deo esterno, è costituito da vari strati, i quali possono avere funzione portante, come la vetroresina, o isolante, come la schiuma pla-stica, l’honeycomb di alluminio, o il sughe-ro. Esso quindi si presenta, per sua natura, fortemente orientabile all’applicazione, e costituisce un valido esempio di innovazio-ne e di valorizzazione del prodotto lapideo tradizionale.

Nel corso del Progetto:sono stati realizzati pannelli sandwich con 2 strati (lapideo/vetroresina) e 4 strati (la-pideo/vetroresina/isolante/vetroresina), di varie dimensioni (300 mm � 400 mm; 1000 mm � 2000 mm) e spessori del lapi-deo (da 5 mm a 10 mm), indagando anche la forma curva; sono state effettuate misure di proprietà termiche di cui, normalmente, il settore la-pideo non dispone (conducibilità, condut-tanza, trasmittanza);sono state affrontate, per la prima volta con una certa sistematicità nel settore lapi-deo, tematiche connesse alla efficienza di schermatura elettromagnetica;è stata approfondita significativamente la possibilità di applicare una finitura su-perficiale (water-jet) che, oltre ad essere altamente ecocompatibile, offre anche la maggior gamma di textures ottenibili usando una sola tipologia di macchina;sono state acquisite le principali tecnologie di lavorazione e di fissaggio ad un substra-to portante.

Il Progetto ha permesso di dimostrare la rea-lizzabilità tecnologica dei pannelli e di speri-mentarne le diverse caratteristiche in funzio-

10.1 Premessa

Il Progetto pannelli-sandwich si prefiggeva i seguenti scopi principali:

messa a punto di tecnologie di lavorazio-ne, produzione e installazione di pannelli-sandwich aventi una faccia costituita da uno strato lapideo sottile, e destinati ad applicazioni edili, prevalentemente sotto forma di rivestimenti esterni ed interni ma, subordinatamente, anche come elementi portanti.istituzione di procedure di previsione di proprietà meccaniche, termiche ed elettro-magnetiche in esercizio.indagini sulle modalità di collegamento dei pannelli, sia reciprocamente, sia alle strut-ture murarie di supporto.

Costituiva scopo ausiliario - inoltre - il facile recepimento da parte dell’ambito industria-le di riferimento (il settore lapideo sardo) sia delle tecnologie sviluppate, sia delle proce-dure stabilite. La ricerca è stata focalizzata su materiali la-pidei prodotti in Sardegna (graniti sensu lato; marmo di Orosei; basalto; “trachiti”), ma le procedure di svolgimento mantengono la loro validità anche per altri materiali lapidei, aventi caratteristiche e provenienza diverse.Sulla base delle proprie competenze, i cin-que Dipartimenti hanno condotto la propria attività di ricerca sulle seguenti tematiche:

DIEE: schermatura elettromagnetica; DIGITA: lavorazioni superficiali; DIMECA: sperimentazione tecnologica di incollaggio e caratterizzazione meccanica; DIS: collegamenti dei pannelli alle strutture edilizie;DIT: caratterizzazione termica.

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quattro differenti tipi di strato lapideo (“tra-chite”, basalto, marmo di Orosei e granito).La fase preliminare delle attività è consisti-ta nella valutazione, su provini di piccola di-mensione, dell’efficienza strutturale otteni-bile mediante l’accoppiamento della lastra di materiale lapideo sottile (con spessori com-presi tra i 5 e 10 mm) con uno strato di rin-forzo in materiale composito o con un pan-nello sandwich strutturale; le strutture san-dwich, come è noto, consentono di ottenere elevatissimi valori di resistenza e rigidezza flessionali per unità di peso della struttura.I pannelli con supporto di tipo sandwich sono stati realizzati investigando il possibile uso di diverse tecnologie di produzione, qua-li il wet layup con co-curing (nel processo di co-curing l’incollaggio delle pelli con l’anima avviene contemporaneamente al consolida-mento delle pelli), il wet layup con co-curing in sacco a vuoto, e l’incollaggio (con o senza uso del sacco a vuoto) dello strato lapideo sul sandwich già consolidato. Sono stati uti-lizzati tessuti in fibre di vetro o di carbonio in resina epossidica per le pelli del sandwich, e schiume polimeriche di diversa densità, honeycomb in alluminio, od agglomerato di sughero per l’anima.Dai pannelli lapidei rinforzati sono stati inol-tre ricavati provini di larghezza compresa tra i 30 e i 40 mm, e di lunghezza di 300 mm (foto 792, 793), per l’esecuzione di prove di flessione ai fini della caratterizzazione della resistenza strutturale dei pannelli.

Le prove di flessione sono state condotte in conformità alla norma UNI EN 12372 (Meto-di di prova per pietre naturali - Determina-zione della resistenza a flessione sotto carico

ne della richiesta del mercato; in parallelo, ha inoltre evidenziato anche una serie di pro-blematiche tecnologiche, sicuramente meri-tevoli di future indagini ed approfondimenti.Due aspetti particolarmente importanti per le aziende locali, anche in considerazione del loro ruolo di fornitrici del lapideo, sono stati il coinvolgimento nei processi di realizzazione e caratterizzazione dei pannelli, e la possibili-tà di accedere a numerosi dati ingegneristici, sicuramente utili per valutare la fattibilità di una futura produzione commerciale.

La notevole mole di lavoro sperimentale e modellistico ha posto le basi per un effetti-vo approccio ingegneristico alla produzione di pannelli da parte di piccole e medie im-prese del settore lapideo sardo e, sulla base dei risultati conseguiti, è lecito affermare che un ulteriore impegno di ricerca orientato in modo specifico alla produzione, piuttosto che al prodotto, potrà rendere il pannello “maturo” per una produzione commerciale, con potenziale immissione sul mercato.

10.2 Sintesi dei risultati

10.2.1 Sperimentazione tecnologica di incollaggio e caratterizzazione meccanica (DIMECA)Presso il Dipartimento di Ingegneria Mec-canica, è stata dimostrata la realizzabilità di diverse tipologie di pannelli, sia a dimensioni mm 300÷400 circa, con differenti materia-li di supporto strutturale e diverse tecnolo-gie di realizzazione, sia a dimensioni mm 1000÷2000. Sono stati prodotti, e sottopo-sti a sperimentazione, pannelli realizzati con

Pannelli (in alto) ed elementi-trave (in basso) con rivestimento in lapideo

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to dell’anima in corrispondenza di carichi concentrati. L’adozione di rinforzi fibrosi in direzione ortogonale al piano del pan-nello (ad esempio mediante l’adozione di una struttura a sezione chiusa) è in tal caso consigliabile, soprattutto per pannelli di grandi dimensioni, per migliorare le presta-zioni di resistenza a carichi localizzati;significativi incrementi nella resistenza fles-sionale sono stati osservati, rispetto alle lastre lapidee, anche nel caso di pannelli sandwich con rivestimento lapideo posto al lembo in trazione.

In parallelo alle attività di sperimentazione in laboratorio, sono stati sviluppati e validati semplici modelli di previsione delle caratte-ristiche di resistenza flessionale di pannelli sia con semplice rinforzo composito che con rinforzo sandwich. Nello sviluppo dei modelli si è scelto di adottare ipotesi di base e pro-cedure di calcolo che necessitino un numero limitato di parametri costitutivi dei materiali, in modo da privilegiare la facilità d’uso e la praticità di utilizzo. Nella predisposizione delle procedure di cal-colo si è fatto essenzialmente riferimento alle raccomandazioni: CNR DT 200-2004: Istruzioni per la Progettazione, l’Esecuzione ed il Controllo di Interventi di Consolidamen-to Statico mediante l’utilizzo di Compositi Fi-brorinforzati - Materiali, strutture di c.a. e di c.a.p., strutture murarie, 2004, e alle Norme tecniche per le costruzioni del Ministero del-le Infrastrutture e dei Lavori Pubblici, 2008.Il calcolo delle deformazioni e degli sforzi nel materiale lapideo e nelle pelli composi-te fibrorinforzate si basa sull’uso di semplici equazioni di equilibrio alla rotazione e alla

concentrato); in sede di esecuzione del test, gli elementi sono stati in generale disposti sul sistema di appoggio in modo che il rive-stimento lapideo giacesse sul lato soggetto a compressione della trave inflessa. Su un numero limitato di provini sono state tutta-via eseguite prove di controllo collocando il rivestimento lapideo sul lato in trazione della trave.I principali risultati dei tests possono essere riassunti in quanto segue:

per tutte le tipologie di sandwich con ri-vestimento in materiale lapideo esaminate e per tutte le tecnologie realizzative inve-stigate è stato osservato un rilevante in-cremento della resistenza e della rigidezza flessionali;le proprietà di resistenza e rigidezza del pannello possono essere scelte e modula-te, entro un ampio campo di valori, me-diante una selezione opportuna delle pelli fibrorinforzate (materiale, stratificazione e spessore) e dell’anima (materiale e spesso-re);le modalità di cedimento riscontrate nel caso di sollecitazione di flessione con lo strato lapideo in compressione si possono far ricadere nelle due tipologie principali di rottura a compressione dello strato lapideo e di collasso per schiacciamento localizzato dell’anima. Nel caso di sollecitazione con materiale lapideo posto al lembo compres-so, la condizione limite dei pannelli rea-lizzati è usualmente contraddistinta dalla rottura del materiale lapideo;nel caso di impiego di schiume a bassa densità per l’anima, le condizioni di uso del pannello possono risultare limitate dal raggiungimento del collasso localizza-

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to della configurazione strutturale e delle dimensioni desiderate. I pannelli sandwich sono stati successivamente incollati alla la-stra lapidea prima del taglio per la riduzione di spessore del rivestimento lapideo.Il ricorso ad elementi trave a sezione chiusa consente di garantire la presenza di elementi fibrorinforzati nella direzione dello spessore del pannello (e quindi utili per resistere a ca-richi localizzati) e di ridurre la possibilità di delaminazione tra anima del sandwich e pelli in materiale composito fibroso. L’utilizzo di elementi modulari consente inoltre un’age-vole realizzazione di pannelli sandwich di diverse dimensioni e geometrie, anche non piane. A tal proposito, allo scopo di dimo-strare la fattibilità di realizzazione di pannel-li sandwich con rivestimento lapideo curvo mediante assemblaggio di elementi modu-lari, sono stati inoltre prodotti alcuni proto-tipi di pannelli con strato lapideo a semplice curvatura (settore di cilindro) rinforzati con sandwich.

10.2.2 Il collegamento dei pannelli alle strutture edilizie (DIS)Presso il Dipartimento di Ingegneria Struttu-rale è stato studiato il collegamento del pan-nello lapideo all’edificio. I pannelli lapidei per rivestimento, resi assai sottili dalla possibilità di abbinamento ad un materiale composito, possono essere, secon-do i casi, o collegati direttamente ad una fac-ciata con collanti e/o dispositivi di tipo mec-canico, oppure a questa installati attraverso sottostrutture metalliche (facciate ventilate).Nel primo caso, allo strato sottile di lapideo è incollato uno strato di composito, la cui superficie esterna, per migliorare l’adesione,

traslazione della sezione. In particolare, la sti-ma della resistenza flessionale della sezione si fonda sull’ipotesi che lo stato limite della struttura si manifesti quando si verifica il rag-giungimento della deformazione massima a compressione nel materiale lapideo o il rag-giungimento della deformazione massima a trazione negli strati compositi fibrorinforzati. Sulla base di tali ipotesi è stato predisposto un foglio di calcolo Excel che permette, tra-mite una semplice interfaccia per l’inseri-mento dei dati, una stima immediata della resistenza flessionale dei pannelli.

Le attività pertinenti alla fase finale del Pro-getto hanno riguardato la realizzazione di pannelli lapidei con supporto sandwich di grandi dimensioni (mm 1000�2000). Le procedure di realizzazione sono state indivi-duate e messe a punto sulla base delle in-dicazioni ricavate durante le sperimentazioni condotte nelle precedenti fasi. A causa delle difficoltà legate al taglio e alla successiva movimentazione di lastre lapidee sottili non rinforzate di rilevanti dimensioni, si è previsto di realizzare i manufatti finali effettuando l’incollaggio delle lastre lapi-dee (aventi spessore di 3 cm circa) su pan-nelli sandwich strutturali precedentemente consolidati, ed operando successivamente il taglio della lastra lapidea per l’ottenimento dello spessore desiderato (tipicamente infe-riore a 10 mm). Sono stati pertanto realizzati in laboratorio, mediante la tecnica del wet-layup in sacco a vuoto, pannelli sandwich strutturali di dimensioni 100 cm � 200 cm, ottenuti mediante l’affiancamento di ele-menti trave modulari a sezione chiusa, libe-ramente assemblabili per il raggiungimen-

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ter fornire un sufficiente momento resistente tramite il doppio strato di composito sepa-rato dal core. Il collegamento tra i pannelli e l’edificio avviene mediante sottostrutture di profilati metallici (a montanti e correnti) e mediante apposite connessioni tra questi ed i pannelli. In figura 50 è illustrato schemati-camente il sistema di montanti studiato.Per quanto concerne l’ancoraggio dei pan-nelli ai profilati dei montanti, questo può essere realizzato mediante giunzione bullo-nata, da ottenersi tramite inserti apposita-mente studiati per essere inseriti nei pannel-li, e da questi emergenti con una filettatura. Poiché il pannello, come precedentemente ricordato, è soggetto sia a pressioni nega-tive (convenzionalmente quelle con dire-zione dall’interno all’esterno dell’edificio), sia a pressioni positive (dall’esterno verso l’interno), la connessione deve essere effi-ciente in entrambi i versi. Si può ottenere ciò collegando fra loro i due strati di com-posito del sandwich, rivestendo il foro pas-sante il “core” con uno strato (a sua volta) in composito uguale a quelli costituenti il sandwich, il quale viene poi girato e sovrap-posto a questi ultimi rendendolo ad essi so-lidale mediante impregnazione (figura 51). Lo strato di composito che riveste il foro è sagomato intorno ad un bullone in modo tale da risultare filettato. Quando il pannello è finito, si possono avvitare su ciascun foro le barre filettate bagnate di resina epossidi-ca, in modo tale da ottenere, a polimeriz-zazione avvenuta, un pannello solidarizzato alle barre stesse. A queste ultime è infine affidata l’imbullonatura ai montanti della profilatura. La giunzione è stata provata sia singolar-

è resa ruvida spolverando della sabbia sul-la resina ancora fresca; queste applicazioni sono adatte per interni, ma anche in esterni. In quest’ultima situazione, i collanti, senza ausilio di vincolo meccanico, sono usati solo per realizzare rivestimenti limitati ad altezze modeste, dal momento che un eventuale di-stacco, per una messa in opera non accurata o per danneggiamento dell’adesione, po-trebbe avvenire senza segni di preavviso. In interni, le colle sono prevalentemente quelle tipiche per edilizia, cioè a base cementizia, con aggiunta di resina acrilica; ciò consente di raggiungere adesioni per pull-off di circa 1 MPa. Per pannelli di dimensioni maggiori di quelle di una piastrella, usati specialmente in esterni, si ottengono migliori prestazioni con adesivi bicomponenti a base poliuretani-ca, con adesione per pull-off di circa 3 MPa. Più sicuro è l’incollaggio con ausilio di vinco-lo meccanico: oltre che incollati con adesivo bicomponenti a base poliuretanica, i pannelli vengono anche assicurati ai quattro spigoli con clips d’acciaio inox vincolate alla sotto-stante struttura muraria con viti e tasselli (fi-gura 49). Il sistema non può non essere visi-bile all’esterno, poiché i pannelli con un solo strato di composito hanno spessore inferiore al centimetro; le clips possono essere però di dimensioni molto contenute ed estetica-mente accettabili.Nelle facciate ventilate si utilizzano invece i pannelli sandwich, in cui il foglio sottile di lapideo è incollato ad un doppio strato di composito secondo la sequenza lapideo-composito-core-composito. Il pannello di una facciata ventilata, infatti, potendo esse-re soggetto a pressioni nei due versi, e dun-que a momenti di segno opposto, deve po-

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Figura 49 Incollaggio con ausilio di vincolo meccanico

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Figura 50 Sistema di giunzione per pannelli di rivestimento con foglio lapideo incollato ad un sandwich con due strati di composito