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7. IL SUOLO E IL SOTTOSUOLO 7.1 La geologia del territorio ostunese
Il territorio comunale di Ostuni è formato principalmente da due tipologie geologiche:
• la prima è compresa tra la linea di costa, una linea ideale che parte da Masseria Refrigerio,
passa da Masseria Lamasanta, Mangiamuso e Sansone e arriva fino alla Masseria
Lamacornola e Due Trappeti. L’area è caratterizzata da calcareniti detritico-organogene di
colore bianco-giallastro, ben stratificate;
• la seconda, che caratterizza il resto del territorio comunale, è formata da calcari grigio
chiari, talora vacuolari a grana generalmente fine, in banchi potenti di circa 1 metro, con
abbondanti Rudiste.
In particolare la prima zona (CALABRIANO) è caratterizzata da depositi bioclastici di tipo
calcarenitico, localmente chiamati "tufi", di norma ricoperti da un sottile livello di terreno agrario,
tali sedimenti costituiscono l'unico litotipo affiorante. Le calcareniti rilevabili in questi luoghi hanno
origine quaternaria, con notevole presenza macrofossilifera, di colore giallastro, distribuite in
banchi di spessore anche superiore ai 10 - 15 metri, sono appoggiate sui sottostanti calcari cretacei e
presentano una discreta, ma non rilevante, permeabilità. In alcuni punti le calcareniti sono in
affioramento specialmente nei tratti di maggiore energia erosiva dell'acqua. I terreni di copertura
sono di origine alluvionale-eluviale di alterazione, dello spessore di qualche decimetro e sfruttato
come terreno agricolo. Nel complesso calcarenitico a luoghi si evidenziano delle superfici rossastre
per alterazioni e/o parziale dissoluzione del materiale carbonatico ed, inoltre, delle superfici a
minore continuità, sub-verticali a spaziatura medio-elevata.
Nelle calcareniti sono pure evidenti vacuoli e microcavità paracarsiche in parte riempite da
materiale detritico carbonatico.
Questi sedimenti sono caratterizzati da lievi anisotropie di alcune caratteristiche intrinseche del
materiale, quali la granulometria, il grado di cementazione, il grado di diagenesi, quello di
fessurazione, ecc..
Morfologicamente la zona si presenta sub-pianeggiante, con lieve declivio verso il mare, con quote
di 5-7 mt. s.l.m.. La costa rivela ancora tracce di un cordone dunare recente che, a causa
dell'aggressione antropica, è stato ridotto a cumuli di sabbia. L'acquifero sotterraneo è presente ad
una profondità di mt 5-6 dal p.c., alloggiato per la parte più superficiale nei tufi calcarenitici e per la
parte più profonda nei sottostanti calcari cretacei.
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Queste rocce di colore giallastro sono deposte in banchi e composte da granuli di medie dimensioni
ed eterometrici, diversamente cementati e risultano abbastanza porosi.
I tufi calcarenitici sono materiali le cui caratteristiche geotecniche hanno consentito l’insediamento
di strutture edilizie, s'intende opportunamente calcolate, senza che si siano avutii nel tempo
inconvenienti particolari né per le costruzioni né per il sottosuolo.
La seconda zona (GENOMANIANO– SENONIANO) presenta depositi residuali di terreno vegetale
tipo terra rossa, di spessore variabile e comunque nell'ordine di alcuni decimetri, le rocce del tipo
carbonatiche del Mesozoico, spesso in manifesto affioramento, rappresentano l'unico litotipo della
zona. Tali rocce sono rappresentate da depositi normalmente stratificati, sono deposti in strati di
colore biancastro e con presenza macrofossilifera e risultano abbastanza compatti, con granuli ben
cementati e con una vasta diffusione areale.
Non si evidenziano aspetti macroscopici di vacuolarità, di inclusioni terrose o processi di
dissoluzione che possano far ipotizzare gravose condizioni nelle caratteristiche meccaniche del
materiale presente negli strati più superficiali. La successione in profondità di questi depositi, più
volte accertata con sondaggi di diversa natura, nonché in ripetute campagne di ricerche acquifere è
da valutare perlomeno nell'ordine di alcune centinaia di metri.
I calcari del cretaceo presenti in questi luoghi appartengono alla imponente successione carbonatica
delle Murge. Gli studiosi hanno denominato la formazione presente col nome "Calcare di
Altamura", la quale si trova nella serie carbonatica cretacea in sovrapposizione stratigrafica alla
formazione denominata "Calcare di Bari". Il calcare di Altamura è costituito da strati di varia
potenza, che sono di norma calcari e calcareniti detritici a grana non molto fine, a luoghi
dolomizzati.
Questa serie calcareo cretacea delle Murge risulta essersi formata in un ambiente di sedimentazione
marino assai tipico, caratterizzato da estesi bassifondi e coperti da un'esigua lama d'acqua.
L'area in esame rappresenta di fatto la parte medio-superiore della piana che collega la zona costiera
con il ripido versante della collina che comprende le parti più elevate dell'entroterra di questo lembo
delle Murge sud-orientali.
I litotipi calcarei e le coperture terrose qui presenti danno ai luoghi una configurazione morfologica
quasi del tutto pianeggiante, leggermente sottoposti (circa 2 metri) rispetto al vicino assetto viario
dell'area industriale e con una lieve pendenza rivolta verso un adiacente canale di accumulo e
dispersione delle acque di pioggia (canale Grisiglio) che più a valle nelle calcareniti tufacee si
trasforma in una vera e propria "lama". L'acquifero profondo è localizzato ad una profondità di circa
85 mt..
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7.2 Gli aspetti pedologici del territorio di Ostuni
Il suolo è la parte più esterna della superficie terrestre, essenziale per tutti gli ecosistemi terrestri e
indispensabile per la vita delle piante. Esso rappresenta un sottile comparto fisico localizzato in un
sistema ambientale costituito da rocce, acqua, atmosfera e mondo biologico. Per tale motivo in esso
si ritrovano sostanze chimiche di origine organica e inorganica, che nel loro insieme, e a seguito di
processi di interazione, garantiscono la crescita ed il rinnovo della vegetazione.
Il suolo, oltre ad essere il luogo di crescita delle colture agricole, è anche il luogo su cui si svolgono
tutte le attività umane. Inoltre, il suolo riveste un importante ruolo di filtro “biologico”, capace di
degradare tutte le sostanze chimiche che si depositano sulla superficie e ne impedisce il
trasferimento verso le acque sotterranee.
Per tutti questi motivi il suolo costituisce una risorsa essenziale, praticamente non rinnovabile, da
conservare e utilizzare in una ottica di sostenibilità.
Uno dei problemi fondamentali nella gestione della risorsa suolo è la parziale incompatibilità tra le
sue varie funzioni: ad esempio, una superficie di suolo utilizzata come luogo per lo scarico dei
rifiuti non può essere utilizzata in seguito come terreno per la produzione agricola. E’ perciò
indispensabile conoscere preventivamente il comportamento di ogni tipo di suolo sotto il profilo di
ciascuna specifica funzione, come la capacità produttiva o la vulnerabilità nei confronti degli agenti
degradanti.
Informazioni utili alla comprensione della tipologia dei suoli si ricavano dalle Carte Pedologiche
(scala 1:250.000 e in scala 1:50.000) dell’Ufficio Cartografico Regionale.
Dalla visione della carta pedologica si rileva che il territorio di Ostuni è composto principalmente
da sei “paesaggi” pedologici rappresentati nella tavola apposita (Tav. 9), i cui caratteri si
evidenziano nella carta più dettagliata (Tav. 10) in scala 1:50.000, le caratteristiche pedologiche
sono:
Complesso DIM3/GDM3
Questo complesso tipicizza la fascia costiera. Di solito sono suoli sabbiosi–argillosi, posati su
perfidie calcaree, poco interessate dai fenomeni carsici, ma caratterizzate dall’abrasione marina,
localmente incise da linee di drenaggio.
Consociazione PLM2
Tale consociazione caratterizza il paesaggio degli ambiti delle lame le quali si dilungano dalla base
delle pendici delle Murge verso il mare, tagliando la piana degli ulivi; si tratta di suoli argillosi,
moderatamente profondi su superfici pianeggianti o lievemente ondulate, presentanti depositi
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alluvionali (Pleistocene – Olocene); sviluppate lungo corsi d’acqua attivi solo in corrispondenza di
precipitazioni elevate e con alternanza di processi erosivi e di accumulo colluviale.
Complesso DIM2/ALB1
Caratterizza la piana degli uliveti. Si tratta di suoli molto argillosi, con substrato entro i 25 cm,
molto rocciosi. Questo complesso pedologico ha inizio a nord-ovest in prossimità dell’insediamento
di Montalbano, corre quasi parallelamente alla linea ferroviaria fin oltre Ostuni per poi volgere
leggermente verso ovest, sfiorare il limite comunale e proseguire in direzione di Ceglie Messapica.
Suoli non associati CLD1 o DIM1 o DIM2
Queste componenti si estendono sino a raggiungere la sommità del rilievo, seguendo l’andamento
dell’isoipsa 150. I suoli CLD1 sono sabbiosi argillosi, scheletrici, profondi; i suoli DIM1 sono
argillosi, sottili, con substrato entro i 50 cm, poco rocciosi, così come i suoli DIM2, i quali però si
presentano rocciosi con substrato entro i 25 cm.
Complesso DIM4/DIM1
Interessa la sommità del rilievo. Nel territorio ostunese ha inizio in direzione ovest nei presi della
località la Specchia e, procedendo verso est, ingloba il centro storico del paese, per terminare poi in
corrispondenza del confine comunale. E’ un complesso pedologico costituito da suoli argillosi,
sottili, da poco a molto rocciosi, pendenti.
Complesso CUT1/SFE1/ALB1
Caratterizza alcune aree circoscritte nella zona dell’altopiano collinare; esso è caratterizzato da suoli
argillosi e profondi.
Complesso DIM1/DIM2/ALB1
Contraddistingue tutta la superficie dell’altopiano delle Murge che volge poi verso la Valle d’Itria.
Esso è costituito da argille medio-fini, relativamente profonde.
Complesso DIM1/DIM2/BRE1
Si rinviene nella zona più orientale del territorio di Ostuni, a ridosso del suo confine comunale. E’
un complesso costituito da suoli argillosi, sottili.
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In alcuni punti del territorio di Ostuni è stata fatta l’analisi dei profili pedologici.
Codice Profilo: P0351AC2
Unità tassonomica: GDC2
Delineazione: 591 Unità cartografica: 129
Unità morfologica: 531 Classificazione USDA (1998) Petrocalcic Palexeralf fine loamy misto termico Classificazione WRB (1998) Endo Rhodic Luvisols Località: MASS. DON CARLOTTO Data: 15/12/99 Localizzazione su CTR: 475 Quota (m s.l.m.): 21 Pendenza %: 0 Morfologia: Terrazzo marino Substrato litologico: Tufi delle Murge Pietrosità superficiale: assente ; frequenza 6% Uso del suolo: incolti improduttivi Drenaggio: buono Falda (cm da p.c.): assente
Ap da 0 a 20 cm; umido; matrice di colore bruno rossastro scuro; franco; molto
scarsamente calcareo; struttura assente; pori comuni fini; radici molte molto fini; limite inferiore chiaro lineare.
Bt1 da 20 a 45 cm; umido; matrice di colore bruno rossastro scuro; franco argilloso; molto scarsamente calcareo; struttura poliedrica subangolare media moderata; pori comuni fini; radici comuni molto fini; limite inferiore abrupto lineare; rivestimenti di argilla ( 2 %).
Bt2 da 45 a 65 cm; umido; argilloso limoso; non calcareo; struttura poliedrica subangolare grossolana moderata; concrezioni di ferro e manganese ( 2 mm; 2 %); pori scarsi fini; limite inferiore abrupto irregolare; rivestimenti di argilla ( 4 %).
Ckm da 65 a 999 cm; limite inferiore sconosciuto.
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Codice Profilo: P0353AC2
Unità tassonomica: CHI1
Delineazione: 873 Unità cartografica: 128
Unità morfologica: 531 Classificazione USDA (1998) Typic Haploxeralf fine misto termico Classificazione WRB (1998) Chromic Luvisols Località: SAN LORENZO Data: 15/12/99 Localizzazione su CTR: 475 Quota (m s.l.m.): 95 Pendenza %: 0 Morfologia: Terrazzo marino Substrato litologico: Calcari di Altamura Pietrosità superficiale: assente ; frequenza 8% Uso del suolo: oliveti Drenaggio: buono Falda (cm da p.c.): assente
Ap da 0 a 28 cm; umido; matrice di colore bruno rossastro scuro; argilloso; non
calcareo; struttura poliedrica subangolare media debole; pori comuni fini; radici molte molto fini; limite inferiore chiaro lineare.
Bt1 da 28 a 60 cm; umido; matrice di colore bruno rossastro; argilloso limoso; non calcareo; struttura poliedrica subangolare grossolana moderata; masse non cementate di ferro e manganese ( 2 mm; 3 %); pori scarsi fini; radici molte fini; limite inferiore graduale lineare; rivestimenti di argilla ( 4 %).
Bt2 da 60 a 105 cm; poco umido; matrice di colore rosso giallastro; argilloso limoso; non calcareo; struttura assente; masse non cementate di ferro e manganese ( 3 mm; 6 %); pori scarsi fini; radici molte fini; limite inferiore graduale lineare; rivestimenti di argilla ( 4 %).
Bt3 da 105 a 140 cm; poco umido; matrice di colore bruno rossastro; franco argilloso; non calcareo; struttura prismatica media forte; masse non cementate di ferro e manganese ( 5 mm; 9 %); pori scarsi fini; radici comuni fini; limite inferiore abrupto ondulato; rivestimenti di argilla ( 4 %).
R da 140 a 999 cm; limite inferiore sconosciuto.
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Codice Profilo: P0355AC2
Unità tassonomica: DIM2
Delineazione: 960 Unità cartografica: 100
Unità morfologica: 421 Classificazione USDA (1998) Lithic Ruptic-inceptic Haploxeralf fine misto termico Classificazione WRB (1998) Rendzic Leptosols Località: MASS. MOLILLO GRANDE Data: 15/12/99 Localizzazione su CTR: 475 Quota (m s.l.m.): 195 Pendenza %: 6 Morfologia: Depressione carsica Substrato litologico: Calcari di Altamura Pietrosità superficiale: assente ; frequenza 17% Uso del suolo: frumento, orzo, avena Drenaggio: buono Falda (cm da p.c.): assente
Ap da 0 a 5 cm; umido; argilloso; calcareo; struttura assente; radici molte molto fini;
limite inferiore abrupto lineare. A da 5 a 19 cm; umido; matrice di colore bruno scuro; argilloso limoso; scarsamente
calcareo; struttura poliedrica subangolare media moderata; masse non cementate di ferro e manganese ( 1 mm; 2 %); pori scarsi molto fini; radici molte molto fini; limite inferiore abrupto ondulato.
R da 19 a 999 cm; limite inferiore sconosciuto.
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Codice Profilo: P0357AC2
Unità tassonomica: SFE2
Delineazione: 957 Unità cartografica: 107
Unità morfologica: 423 Classificazione USDA (1998) Typic Palexeroll very fine misto termico Classificazione WRB (1998) Endolepti Luvic Phaeozems Località: D'AMICO Data: 15/12/99 Localizzazione su CTR: 475 Quota (m s.l.m.): 164 Pendenza %: 0 Morfologia: Superficie strutturale Substrato litologico: Calcari di Altamura Pietrosità superficiale: assente ; frequenza 20% Uso del suolo: drupacee Drenaggio: buono Falda (cm da p.c.): assente
Ap1 da 0 a 15 cm; umido; matrice di colore bruno rossastro scuro; franco limoso
argilloso; non calcareo; struttura assente; pori scarsi fini; radici molte molto fini; limite inferiore chiaro lineare.
Ap2 da 15 a 50 cm; umido; matrice di colore bruno rossastro scuro; franco limoso argilloso; non calcareo; struttura assente; pori comuni fini; radici molte molto fini; limite inferiore abrupto lineare.
Bt da 50 a 80 cm; umido; argilloso; non calcareo; struttura poliedrica subangolare grossolana moderata; pori scarsi fini; radici comuni molto fini; limite inferiore abrupto lineare; rivestimenti di argilla ( 4 %).
R da 80 a 999 cm; limite inferiore sconosciuto
87
7.3 La vulnerabilità dei suoli: costruzione della matrice di valutazione
Non tutti i suoli sono uguali e per un loro corretto utilizzo e una loro corretta gestione è
indispensabile conoscerne la vulnerabilità. Viene definita “vulnerabilità del suolo” l’incapacità del
suolo stesso di resistere alle forze degradanti che, in modo più o meno intenso, possono creare
condizioni di rischio per la conservazione delle caratteristiche naturali dello stesso in un particolare
ambito geografico. Spesso è lo stesso uso agricolo del suolo che minaccia la sua qualità e conduce
perciò al suo degrado. La matrice della vulnerabilità dei suoli, di conseguenza la carta della
vulnerabilità, comporta però un lavoro particolarmente specialistico ma che si consiglia di redigere
con studi futuri per l’utilità che potrebbe avere per l’attività di pianificazione e di progettazione a
livello comunale.
In questa Relazione si anticipa la matrice, indispensabile per la sua realizzazione, e la tipologia di
degrado di suolo che di solito viene usata.
Tabella n. 23 – Matrice della vulnerabilità del suolo
TIPO DI PAESAGGIO (classificaz. pedologica)
TIPI DI DEGRADO VULNERABILITA’
Inquinamento Compattazione Erosione Salinizzazione Complesso DIM3/GDM 3 3 2 0 0 Media Consociazione PLM2 3 1 4 1 Alta Complesso DIM2/ALB1 1 1 2 3 Media Suoli non associati CLD1 o DM1 o DM2
1 0 4 0 Media
Complesso DIM4/DIM1 1 1 3 0 Media Complesso CUT/SFE/ALB1
2 2 2 0 Media
Complesso DIM1/DIM2/ALB1
3 1 1 0 Media
Complesso DIM1/DIM2/BRE1
2 1 1 0 Bassa
Tipologia e classi di vulnerabilità
1 : vulnerabilità molto bassa al tipo di degrado
2 : vulnerabilità bassa al tipo di degrado
3 : vulnerabilità media al tipo di degrado
4 : vulnerabilità alta al tipo di degrado
5 : vulnerabilità molto alta al tipo di degrado
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I tipi di degrado che di solito si considerano sono:
L’erosione
Ovvero perdita dell’orizzonte organico. L’erosione dipende essenzialmente dalla pendenza e dalla
tessitura del suolo, in parte dipende dall’uso agricolo stesso, cioè dal tipo di coltura e dalle pratiche
colturali. E’ possibile prevedere che i suoli in erosione siano quelli in pendenza del territorio
ostunese e quelli posti negli ambiti fluviali. Si nota anche un certa erosione dei terreni per
dilavamento dovuto spesso ad una eccessiva aratura della terreno.
L’inquinamento chimico
Nel territorio di Ostuni è principalmente dovuto alla somministrazione dei prodotti chimici in
agricoltura. L'utilizzo di fitofarmaci è uno dei fattori di pressione ambientale tra i più studiati, essendo stato trattato da varie pubblicazioni quali EU 1998 (EEA), Dobris +3 (EEA), EUROSTAT, Relazione sullo Stato dell'Ambiente (Ministero dell'Ambiente); poiché il suo studio fornisce una stima del grado di contaminazione del suolo e della tendenza al loro uso in agricoltura. I dati utilizzati per costruire l'indicatore sono tratti dall'Annuario ISTAT 1999 sulle statistiche dell'agricoltura (dati 1996) e relativi alle dichiarazioni di vendita rese dalle ditte produttrici ed importatrici di prodotti fitosanitari. Tali dati non corrispondono quindi al reale impiego di sostanze chimiche nell'ambiente rurale, e di ciò bisogna tenerene conto per una corretta interpretazione degli stessi. I valori forniti dall'Istat sono peraltro valori assoluti in kg, non riferiti all’utilizzo sul territorio; è stato necessario quindi rapportare i dati alle Superfici Agricole Utilizzate (SAU) di ogni regione in modo da ottenere dei valori riconducibili al reale impiego in ambito regionale. Attualmente sono autorizzati in Italia circa 500 principi attivi che, miscelati in opportune dosi tra di loro e/o con altre sostanze coformulanti e sostanze inerti, costituiscono i cosiddetti prodotti fitosanitari, il cui impiego è essenzialmente destinato alla protezione delle piante coltivate da insetti, acari, muffe e funghi parassiti, roditori e erbe infestanti.
La salinizzazione
Generalmente è dovuta a due cause: la prima dovuta dagli effetti dei venti che spirano dal mare
verso l’entroterra, trascinando aria carica di essenze saline che si depositano sui terreni; la seconda
da eventuale irrigazione dei suoli con acque salate infiltrate nelle falde acquifere dolci.
La compattazione
È un fenomeno di degrado dei suoli derivante dal carico esercitato dalle macchine agricole. I
fenomeni di compattazione provocano una generale riduzione degli scambi idrici e gassosi di un
terreno creando fenomeni di anaerobiosi (assenza di ossigeno) che impediscono la normale crescita
delle radici delle piante.
89
7.4 Forme e tipologie del degrado dei suoli
Nella tavola n. 11 “Aree degradate e siti potenzialmente inquinati” sono stati individuati i vari
luoghi dove sono avvenute forme di degrado dei suoli. In particolare sono state localizzate delle
aree usate temporaneamente per discariche di rifiuti solidi urbani, luoghi di escavazione, aree di
accumulo di auto (autodemolizioni), l’area industriale in località Grisilio.
Non sono state considerate le aree di spandimento delle sanse umide, residuate dalla lavorazione
meccanica delle olive, in quanto l’attività avviene con le modalità e nei limiti previsti dalla legge n.
574 dell’11 novembre 1996 “Nuove norme in materia delle acque di vegetazione e di scarichi dei
frantoi oleari”. Lo spandimento dei liquami avviene a seguito di denuncia e da calendario presso
l’Ufficio Ecologia del Comune di Ostuni.
L’area dove sono concentrate la maggior parte delle situazioni di degrado del territorio si trova in
direzione est, verso la strada per il comune di Carovigno; si rileva, in particolare, una forte presenza
di aree di coltivazione di cava per l’estrazione di materiale lapideo ornamentale.
Per i siti potenzialmente inquinati di contrada San Lorenzo e di Pezza La Spina sono in corso studi
di caratterizzazione del sito, onde avviare successivamente la bonifica dell’area.
Mentre nel “Piano di gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree inquinate” – Decreto del
Commissario Delegato per l’emergenza dei rifiuti 6 marzo 2001 n. 41, viene segnalata come
situazione di inquinamento il sito nei pressi della Masseria Grottone.
La zona industriale in località “Grisilio” viene segnalata nella tavola delle aree degradate e dei siti
potenzialmente inquinati in quanto si presenta molto “caotica” e mancante in buona parte delle
opere di urbanizzazione primaria, in particolar modo delle reti di approvvigionamento e di
smaltimento delle acque, inoltre, le attività produttive non presentano sistemi di gestione ambientale
dichiarati. Sono da valutare con apposita analisi le ricadute sul suolo delle emissioni provocate dal
sansificio posto nei pressi della stazione ferroviaria.
7.5 Il consumo di suolo
Il comune di Ostuni ha una superficie territoriale pari a kmq 223.84, su tale territorio risiede una
popolazione pari a 32.216 abitanti al 2001 (ISTAT dati provvisori) e una densità di popolazione pari
a 144 ab./Kmq, la più bassa di tutta la Provincia di Brindisi. Mentre, se componiamo la densità
edilizia data dal rapporto tra il totale delle abitazioni e la superficie territoriale, il comune di Ostuni
ha l’indice più elevato della Provincia pari a 160,9 Abitaz/Kmq.
90
Il dato significativo sull’occupazione di suolo è quello delle abitazioni non occupate. Nel comune di
Ostuni le abitazioni non continuamente occupate ovvero le “Altre abitazioni” (definizione Istat)
sono pari 24.600 unità, corrispondente a circa il 33% dell’intero comparto “Altre abitazioni” di tutta
la provincia di Brindisi, mentre le abitazioni occupate dai residenti sono 11.412. In totale nel
comune di Ostuni le abitazioni sono 36.012.
Per fare un esempio: il comune di Brindisi, a fronte di una popolazione di 90.164 abitanti, ha
complessivamente 35.295 abitazioni.
Gli indici che ci permettono una valutazione sulla quantità di suolo urbanizzato normalmente sono:
• il consumo di suolo ovvero il rapporto tra la Superficie Agricola Utile (SAU) del 2001 con
quella del 1991, che indica la quantità di superficie agricola che è passata ad essere
urbanizzata. Il consumo di suolo, in letteratura scientifica (ricerca CNR-IPRA), è la parte di
territorio urbanizzata che viene sottratta all’utilizzazione agricola;
• la quantificazione delle are urbanizzate sulla costa compiuta, per questa Ricerca in ambiente
CAD, perimetrando tutte le aree urbanizzate tra la linea di costa e la S.S. 379.
SAU 1991-2001 = - 5.914,37 ha
quantità di area urbanizzata sulla costa = 348 ha.
Ma per avere una immagine della dimensione dell’urbanizzato, sull’elaborato grafico Tav. 12,
utilizzando l’aerofotogrammetrico del 1997 del Comune di Ostuni, si sono isolate ed evidenziate le
abitazioni, togliendo il resto dei segni grafici.
Di seguito, nelle tav. 14a e 14b, sono stati fatti due raffronti: il primo tra l’area urbana e l’area del
villaggio di Rosa Marina il secondo tra l’area urbana e una area adiacente compresa tra la strada
provinciale per Ceglie Messapica e la strada per Carovigno. Nel primo caso il cerchio ha identico
diametro su entrambe le zone pari a 2.000 mt. che sviluppa una superficie complessiva di 314 ha.
Nel secondo caso il cerchio sull’area ricompressa tra le due strade, ha un diametro di 3.250 mt. e
sviluppa una supeficie complessiva di 830 ha, la zona evidenzia un nuovo modello insediativo a
carattere diffuso che si allunga dalla fine del centro urbano fino a, quasi, Lamacoppa Piccola.
Il comune di Ostuni, rispetto ai comuni contermini, ha, già dagli inizi degli anni 60, presentato una
propensione all’urbanizzazione del suolo.
La ricerca CNR-IPRA (Interazione e competizione dei sistemi urbani con l’agricoltura della risorsa
suolo), riportata sulla monografia n. 29 “Collana di orientamenti geomorfologici ed agronomico-
forestali”, Pitagora Editrice, Bologna, 1988, riporta una scheda che mette in evidenza come il PRG
91
del 1977 conteneva delle previsioni urbanizzative pari a 3.920 ha ossia il 17% della superficie
territoriale comunale, una delle più estese nella nostra Regione. L’espansione stabiliva di destinare
il 67% alla edilizia per la villeggiatura, localizzata lungo la costa, in cui si preveda di insediare circa
16.200 nuovi abitanti.
Inoltre, nel PRG del 1977, erano previste due aree rilevanti per superficie territoriale impegnata,
destinata a edilizia e attrezzature turistiche, localizzate nella parte collinare: una compresa tra la
strada provinciale per Ceglie Messapica e la strada provinciale per Carovigno e l’altra compresa
sempre tra la strada provinciale per Ceglie Messapica e la strada provinciale per Cisternino.
Nel centro urbano l’edificazione stabilita dal PRG è rimasta contenuta prevedendo la nuova
urbanizzazione verso monte, a corona, interessando le aree agricole comprese tra la provinciale per
Cisternino e la provinciale per Carovigno.
Le previsione urbanizzative, divenute poi i luoghi della nuova parte urbana di Ostuni, impongono
delle riflessioni: le abitazioni non occupate, che sono una costante nei cicli edilizi di Ostuni (a
partire dal censimento ISTAT 2001), hanno impatto ambientale per il consumo di suolo e per lo
smaltimento delle acque piovane. Essendo le nuove parti edificate collocate sulle parti alte del
territorio lo scorrimento delle acque meteoriche, che per la maggior parte avviene in direzione nord
verso mare e in direzione sud verso Ceglie Messapica, per la riduzione delle superfici permeabili
nel centro urbano provoca lo scorrimento torrentizio delle acque con le conseguenze a tutti note.
Grafico n. 5 – Confronto tra superficie permeabile e superficie impermeabile nel centro urbano
11%
89%
aree permeabili aree impermeabili
Tabella n. 24 – Confronto tra superficie permeabile e superficie impermeabile nel centro urbano
Valori assoluti (Ha) Percentuale
Superficie del centro urbano impermeabile
185.5 89%
Superficie del centro urbano permeabile
23,38 11%
92
La campagna, ovvero la superficie coltivabile, è quella che ha risentito di più dell’urbanizzazione,
in quanto ad essa si sottrae Superficie Agricola Utile.
Il processo di continua “erosione” di aree agricole a scopi urbanizzativi è evidente nell’area
compresa tra la strada provinciale per Ceglie Messapica e la strada provinciale per Carovigno, che
con la sua superficie territoriale pari a 830 ha, come già detto, sta consolidando un nuovo modello
di insediamento: quello diffuso che normalmente ha un impatto ambientale maggiore di quello del
modello insediativo compatto.
La zona costiera
Per la zona costiera il dimensionamento del consumo di suolo è stato fatto con due modalità: la
quantità di urbanizzato compresa tra la linea di costa e la S.S. 379 e la quantità di urbanizzato
compresa nella fascia geologica della Marina.
Nel primo caso abbiamo la seguente situazione:
Tabella n. 25 – Confronto tra superficie permeabile e superficie impermeabile nell’area costiera
Valori assoluti (Ha) Percentuale
Superficie territoriale compresa tra la linea di costa e la S.S. 379
1.282 100%
Superficie territoriale urbanizzata 348 27%
nel secondo caso abbiamo la seguente situazione:
Tabella n. 26 – Confronto tra superficie permeabile e superficie impermeabile nell’area della Marina
Valori assoluti (Ha) Percentuale
Superficie territoriale della fascia geologica “Marina”
3.770 100%
Superficie territoriale urbanizzata 414 11%
La problematica del consumo di suolo nella fascia costiera è una questione particolarmente delicata.
Le aree costiere stanno ricevendo una particolare attenzione da parte dell’Unione Europea in quanto
aree ad elevata sensibilità ambientale, ricche di risorse naturali e di beni culturali. Per cui
l’attenzione per la sua gestione è molto elevata. Lo stesso Ministero dell’Ambiente ha avviato un
programma di protezione della aree costiere denominato “Coste Italiane Protette”.
Per quanto riguarda in particolare il territorio comunale di Ostuni si evidenzia che l’urbanizzazione
oltre al consumo di suolo, ovvero alla sottrazione di aree per le attività agricole, porta alla riduzione
di aree ad elevata sensibilità naturale, il che vuol dire anche riduzione e perdita di biodiversità e alla
riduzione delle superfici permeabili non contribuendo alla ricarica naturale della falda e non
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permettendo la riduzione dei problemi già accennati nel capitolo dedicato alle acque. In quest’area
la questione è ancora più problematica perché, come si evince dalla tav. 5 “Carta delle permeabilità
dei terreni in affioramento”, viene definita area “discretamente permeabile”.
Grafico n. 6– Confronto tra superficie permeabile e superficie impermeabile nell’area costiera compresa tra la SS. 379 e la linea di costa
73%
27%
aree permeabili aree impermeabili
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Nota 2 - Riferimenti Comunitari sulla gestione integrata delle coste
La soluzione: una politica comunitaria per le zone costiere Le regioni costiere comunitarie sono esposte a pressioni molteplici e spesso contrastanti: per questo
la Commissione ritiene che nell’Unione europea sia necessaria una politica coordinata per le coste.
Nel 2000 la Commissione ha presentato, in una relazione approfondita, i programmi relativi
all’Adozione di una strategia di gestione integrata delle zone costiere (GIZC) per l’Unione europea.
La relazione afferma che le zone costiere europee potrebbero trarre vantaggio da una serie di misure
su scala comunitaria, a cui deve affiancarsi, in ogni Stato membro, una strategia nazionale per la
gestione integrata delle zone costiere.
Attraverso le strategie nazionali i diversi responsabili politici, da cui dipende la gestione delle
regioni costiere, possono garantire un coordinamento molto più efficace delle proprie iniziative. Le
strategie nazionali permettono anche di armonizzare le diverse leggi e politiche settoriali nazionali
che influiscono sulle zone costiere, nonché di facilitare gli interventi delle amministrazioni locali e
regionali. Nelle regioni costiere europee i protagonisti sono le amministrazioni locali: solo loro,
insieme con altri soggetti ancorati al territorio come le imprese, i residenti e gli organismi non
governativi, sanno veramente quali sono i reali problemi delle zone di loro competenza.
Agli enti regionali spetta invece una funzione di orientamento e coordinamento delle iniziative
locali che nascono dalla base, mentre alle politiche e ai programmi nazionali spetta il compito di
fornire il quadro giuridico-istituzionale per facilitare gli interventi a livello regionale e locale.
La GIZC prevede che le decisioni che incidono sulle regioni costiere vengano prese al livello più
opportuno, ma sottolinea la necessità di armonizzare gli interventi dei vari livelli
dell’Amministrazione. In molti casi è necessaria anche una cooperazione tra Stati: ad esempio,
sarebbe opportuno che i Paesi che si affacciano sullo stesso mare cercassero di coordinare i propri
interventi, anziché mettere in atto politiche nazionali diverse o addirittura contrastanti.
La strategia di gestione integrata delle zone costiere dell’UE incoraggia proprio questo tipo di
approccio transnazionale per le politiche costiere dei Paesi che si affacciano su mari regionali come
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il Mediterraneo o il Baltico. La strategia di GIZC ha anche lo scopo di impedire che politiche che,
apparentemente, non hanno alcuna attinenza con le regioni costiere arrechino danni alla costa.
Nel caso dell’inquinamento agricolo, la GIZC permetterà ai responsabili della PAC di tener conto
maggiormente dell’impatto dei fertilizzanti sulle acque costiere.
La Commissione si è già messa al lavoro per attuare una strategia di GIZC su scala europea
attraverso la normativa ed i programmi comunitari esistenti. Frattanto, i Governi e il Parlamento
europeo stanno valutando l’invito della Commissione ad elaborare e mettere in atto strategie
nazionali e la nuova politica costiera dovrebbe, come è auspicabile, concretizzarsi in tempi brevi.
La strategia dell’UE per le zone costiere trova un valido complemento nel sesto programma
ambientale della Commissione, che insiste in modo particolare sull’importanza di un approccio
territoriale efficace per i problemi ambientali.
I cardini della GIZC I cardini della GIZC
• Avere una panoramica di ampio respiro su problemi interconnessi
• Fondare le decisioni su dati precisi e completi
• Cercare di assecondare le forze naturali
• Tener conto di possibili sviluppi inattesi
• Coinvolgere tutti i soggetti interessati e tutti i livelli dell’Amministrazione
• Usare una molteplicità di strumenti (leggi, programmi, strumenti economici, campagne
informative, agende 21 locali, accordi volontari, promozione delle buone prassi, ecc.).
Cercare di ottenere una panoramica d’insieme
Uno dei cardini su cui si regge l’efficacia di una politica di GIZC consiste nell’esaminare i problemi
delle zone costiere in un contesto più ampio possibile. In passato, molti tentativi di migliorare lo
stato delle regioni costiere dell’Unione europea sono falliti, malgrado le buone intenzioni, perché si
sono dedicati ad alcuni aspetti isolati. Ad esempio, la questione del turismo nelle zone costiere non
può essere amministrata in modo efficace se non tenendo conto di una molteplicità di fattori, come:
l’approvvigionamento idrico, l’assetto territoriale, l’occupazione e l’impatto del turismo sugli
habitat naturali esistenti.
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A rendere ancora più complessa la situazione contribuisce il fatto che, in molte parti dell’Unione, le
zone costiere sono attraversate da più confini amministrativi. A causa di ciò, le politiche che mirano
a migliorare la situazione delle coste sono spesso estremamente disorganiche e i vari distretti
attuano misure diverse senza il minimo coordinamento. Se poi la zona costiera è divisa da un
confine nazionale il problema è acutizzato.
Tener conto delle specificità locali
Il litorale dell’Unione europea ha una morfologia estremamente variegata: per questo, una strategia
di GIZC che si possa definire efficace deve basarsi su soluzioni locali progettate su misura per le
condizioni locali. Una politica studiata per arrestare l’infiltrazione dell’acqua di mare nelle falde
freatiche in Grecia, ad esempio, difficilmente sarebbe appropriata per le coste della Svezia sul Mar
Baltico.
Per questo, la strategia europea di gestione integrata delle zone costiere si fonda sul principio della
sussidiarietà in base al quale le decisioni politiche importanti devono sempre essere prese ad un
livello il più vicino possibile ai cittadini. Questo significa che i soggetti locali interessati nelle
regioni costiere dell’UE devono essere al centro della GIZC, dal momento che nessuno meglio di
chi vive e lavora nelle zone costiere conosce i problemi e le difficoltà reali di queste aree. Non
sarebbe logico né giusto che i governi nazionali o le istituzioni europee cercassero di imporre
dall’alto a queste regioni soluzioni uniformi.
Il ruolo che spetta alle amministrazioni nazionali e comunitarie invece è quello di fornire assistenza
ed orientamento alle iniziative locali, facendo in modo che le numerose politiche nazionali ed
europee che interessano le zone costiere non siano in contraddizione tra loro. Le amministrazioni
nazionali e comunitarie devono anche intervenire affinché le politiche settoriali tengano conto delle
specificità delle zone costiere. Il coordinamento tra le politiche nazionali e comunitarie riguardanti
temi come la qualità delle acque, la protezione degli habitat, i trasporti, la pesca e il turismo può
contribuire a rendere più roseo il futuro delle zone costiere dell’Unione europea, ma solo se le varie
politiche saranno attuate in modo coerente a livello locale.
Per far sì che i problemi siano affrontati tenendo conto delle necessità locali, è necessario che la
pianificazione e la gestione delle zone costiere siano condotte sulla scorta di informazioni precise e
sufficientemente dettagliate, raccolte dagli Stati membri.
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Assecondare la natura
Come ci ricorda la leggenda di re Canuto, i tentativi di piegare il mare alla volontà dell’Uomo sono
quasi sempre destinati a fallire. Per questo, le tecniche moderne di gestione delle zone costiere
cercano di assecondare la natura, invece di contrastarla.
In passato la lotta contro il mare ha spesso finito per aggravare, anziché risolvere, i problemi delle
zone costiere. Ad Aveiro in Portogallo, ad esempio, i lavori di miglioria delle strutture portuali
hanno accelerato l’erosione delle rive adiacenti a causa della modifica dei flussi di marea, di cui non
si era tenuto conto a sufficienza in fase di pianificazione. Gli interventi attuati successivamente per
cercare di proteggere la costa con barriere di calcestruzzo e acciaio non hanno sortito i risultati
sperati. Se prima dell’inizio dei lavori di costruzione del porto le Autorità di Aveiro avessero avuto
maggiori informazioni sui processi naturali in atto nelle zone costiere della regione, avrebbero forse
potuto evitare l’aggravamento dei fenomeni erosivi, nonché ridurre i costi di realizzazione delle
opere. Adottando un approccio integrato sin dalle prime fasi del progetto, inoltre, probabilmente
avrebbero potuto evitare di costruire le nuove barriere di protezione.
Nella regione belga delle Fiandre, le autorità stanno cercando di adeguare alle dinamiche naturali
gli interventi di gestione della costa, molto edificata. Dove è possibile, stanno cercando di gestire il
problema dell’erosione in modo dolce, eliminando le barriere di protezione e sostituendole ad
esempio con dune di sabbia coperte di vegetazione, in grado di assorbire naturalmente l’energia del
mare.
Essere lungimiranti, adattarsi alle situazioni
Spesso è estremamente arduo prevedere con esattezza quali problemi dovrà affrontare in futuro una
particolare regione costiera. Proprio per questo, la GIZC nasce come un processo in costante
evoluzione, che non solo affronta i problemi di oggi ma, grazie alla sua flessibilità, è in grado di
adattarsi agli imprevisti che potrebbero verificarsi in futuro.
Questo tipo di approccio è molto importante perché se, per fare un esempio, una volta che si sia
costruita una nuova marina, ci si accorge che sta causando gravi danni all’ambiente, ben
difficilmente si può smantellarla ripristinando le condizioni di partenza. Una buona gestione delle
zone costiere deve riconoscere esplicitamente che non vi è certezza sulle condizioni future e
promuovere quindi politiche flessibili ed adattabili. La pianificazione e la gestione delle zone
costiere devono necessariamente fondarsi sul cosiddetto principio di precauzione: i responsabili
delle politiche devono cercare di prevedere in anticipo i potenziali danni alle zone costiere e quindi
individuare le soluzioni più appropriate prima che i problemi si verifichino. Sempre per il principio
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di precauzione, se non sono del tutto certi che un determinato intervento sia privo di ripercussioni
negative per una zona costiera, devono ispirare il proprio operato alla massima cautela.
Questo modo di affrontare il processo di pianificazione assume particolare importanza nelle zone
che potrebbero subire conseguenze negative in seguito all’urbanizzazione o allo sviluppo turistico.
Con l’aggravarsi del rischio di mutamenti climatici, le zone costiere saranno probabilmente
costrette ad affrontare nuovi problemi e nuove difficoltà nei prossimi decenni. Dobbiamo fare in
modo che i nostri sistemi di pianificazione e gestione siano sufficientemente flessibili da
permetterci di affrontare i nuovi problemi mano a mano che si presenteranno. La GIZC ha lo scopo
di favorire i contatti tra le amministrazioni locali, regionali e nazionali e tra i settori che ne fanno
parte, in modo da consentire ai responsabili politici di ottenere un quadro preciso delle necessità
reali delle zone costiere europee.
Ma per dare i risultati sperati, nella pianificazione e nella gestione delle zone costiere devono essere
coinvolte anche le organizzazioni non governative e i soggetti locali interessati:senza l’input
regolare da parte delle imprese, delle ONG e dei cittadini che risiedono e lavorano nelle zone
costiere europee,la GIZC non potrà funzionare. Senza una piena partecipazione dei soggetti locali
interessati, le strategie di gestione costiera non avranno mai successo.Se le persone non si sentono
coinvolte nelle decisioni che riguardano la loro regione,non è raro che si risentano nei confronti dei
responsabili politici e respingano i piani di miglioramento delle zone costiere.Nel 1993,ad
esempio,nel Regno Unito un piano d’Assetto dell’Estuario dell’ Axe redatto da una società di
consulenza fu respinto dalla cittadinanza, che lamentava di non essere stata consultata su
determinati temi,in primo luogo l’applicazione di diritti sui servizi portuali a carico degli utilizzatori
dell’Estuario. L ‘Esperienza indusse i responsabili politici a ripensare tutta la strategia per l’Estuario
e portò alla creazione di una serie di gruppi di studio composti da residenti della zona. In seguito ad
un ampio processo di consultazione concretizzatosi in numerosi incontri a livello locale,si giunse
all’elaborazione di una nuova strategia che gode del sostegno di tutti. Ancor oggi i residenti si
riuniscono periodicamente per discutere i problemi locali ed hanno costituito un forum di
coordinamento delle iniziative finalizzate al miglioramento della vita nella loro regione. Analoghe
esperienze maturate in tutta l’Unione europea dimostrano che fondamentale coinvolgere sin
dall’inizio nelle discussioni sulla politica per le zone costiere i soggetti locali interessati,che devono
sempre essere al centro delle strategie di GIZC;altrettanto importante è coinvolgere nelle attività
finalizzate al miglioramento delle zone costiere tutti coloro che esercitano un influsso su tali zone.
Spesso questo implica un coordinamento tra le iniziative locali e le politiche nazionali più
generali,in modo da evitare che insorgano conflitti tra i vari livelli dell’Amministrazione. E’ inutile
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ad esempio un iniziativa locale per ridurre l’inquinamento alla foce di un fiume senza il diretto
coinvolgimento delle autorità competenti in materia di politica agricola e industriale a livello
nazionale. Per alcune situazioni il coordinamento deve estendersi anche alle politiche europee: è il
caso ad esempio delle zone costiere che fanno parte di regioni dichiarate protette ai sensi delle
norme europee sulla salvaguardia degli habitat. L’integrazione tra le normative europee e le
strategie di GIZC a livello locale è opportuna anche per gli aspetti legati ad esempio
all’agricoltura,alla qualità delle acque e ai trasporti.
I soggetti locali da soli non possono risolvere i problemi delle zone costiere.Le difficoltà con cui si
scontrano le zone costiere sono molteplici e,in assenza di una cooperazione tra tutti i livelli
dell’Amministrazione,la GIZC è inevitabilmente destinata a fallire.
Conclusioni La strategia costiera europea: una necessità urgente Per evitare che i problemi che affliggono le regioni costiere dell’Europa peggiorino ulteriormente, è
necessaria una politica costiera coordinata a livello comunitario;si prevede in generale che l’utilizzo
di queste aree continuerà ad aumentare nell’immediato futuro. Se non si interverrà per gestire le
pressioni sempre più forti cui sono sottoposte le regioni costiere,la perdita di habitat,
l’inquinamento e l’erosione finiranno per distruggere alcune delle zone più belle,fragili e
biologicamente ricche dell’Unione europea,aggravando la disoccupazione e la disgregazione sociale
delle comunità locali e causando un drastico depauperamento del valore delle zone costiere e la
distruzione di risorse preziose per l’economia. Solo promuovendo l’introduzione di strategie
coordinate di GIZC a livello comunitario e nazionale l’Unione europea potrà valorizzare le regioni
costiere,metterle in condizione di sviluppare un economia moderna e vitale e allo stesso tempo
salvaguardarne la straordinaria bellezza naturale. Per poter funzionare adeguatamente,la gestione
integrata delle zone costiere deve fondarsi sul principio che i problemi locali vanno risolti a livello
locale. I soggetti locali saranno sempre il cardine delle iniziative finalizzate alla tutela e alla
valorizzazione delle regioni costiere,ma per garantire una gestione quanto più efficace e corretta
possibile sarà necessario un coordinamento tra i programmi e i provvedimenti di chi vive e lavora in
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queste zone e le politiche decise a livello regionale,nazionale ed europeo. Nell’immediato,la GIZC
comporterà indubbiamente dei costi, che perché saranno abbondantemente compensati dai vantaggi
che essa offrirà nel medio e lungo periodo. Per secoli,le zone costiere europee hanno dovuto subire
le conseguenze di politiche incaute e interventi frammentari.Ma con l’introduzione coordinata della
GIZC in tutto il territorio europeo è possibile che il vento cambi.