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nonèunamela - Storia ed Epistemologia per una Nuova Didattica delle Scienze (SENDS) 1 5. I PASSAGGI DI STATO FISICO - LE TECNICHE DI SEPARAZIONE DELLE MISCELE Introduzione Nei passaggi di stato e in altri fenomeni fisici come la dissoluzione, si ha conservazione della quantità di materia e conservazione dell’identità delle sostanze che entrano in gioco: in altre parole, i fenomeni fisici sono caratterizzati dal fatto che una sostanza conserva inalterata la propria massa e la propria identità, l’unica cosa che cambia è il suo stato fisico. Nella sequenza, si prendono in considerazione alcuni passaggi di stato sia dal punto di vista empirico, sia dal punto di vista dell’interpretazione mediante il modello particellare. Formulazioni di riferimento (livello macroscopico-microscopico) un corpo può essere un sistema omogeneo o eterogeneo un sistema omogeneo è costituito da una sola fase; non sono riconoscibili interfacce un sistema eterogeneo è costituito da due o più fasi; sono riconoscibili una o più interfacce un corpo può essere costituito da una o più sostanze un corpo costituito da più sostanze è una miscela di sostanze una miscela è omogenea se costituita da una fase, è eterogenea se costituita da due o più fasi Ogni sostanza può assumere, a seconda delle condizioni ambientali, uno dei tre stati fisici della materia la sostanza conserva la propria identità nei vari stati fisici la sostanza mantiene la propria identità nelle trasformazioni fisiche una sostanza è formata da un solo tipo di particelle le particelle che costituiscono una sostanza conservano la propria identità nei vari stati fisici le particelle che costituiscono una sostanza assumono le proprietà definite dal modello particellare

5. I PASSAGGI DI STATO FISICO - LE TECNICHE DI SEPARAZIONE ... · Si riscalda il sistema, leggendo la temperatura ogni trenta secondi, fino a quando la sostanza solida non è diventata

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5. I PASSAGGI DI STATO FISICO - LE TECNICHE DI SEPARAZIONE DELLE MISCELE

Introduzione

Nei passaggi di stato e in altri fenomeni fisici come la dissoluzione, si ha conservazione della quantità di materia e conservazione dell’identità delle sostanze che entrano in gioco: in altre parole, i fenomeni fisici sono caratterizzati dal fatto che una sostanza conserva inalterata la propria massa e la propria identità, l’unica cosa che cambia è il suo stato fisico. Nella sequenza, si prendono in considerazione alcuni passaggi di stato sia dal punto di vista empirico, sia dal punto di vista dell’interpretazione mediante il modello particellare.

Formulazioni di riferimento (livello macroscopico-microscopico)

• un corpo può essere un sistema omogeneo o eterogeneo • un sistema omogeneo è costituito da una sola fase; non sono riconoscibili interfacce • un sistema eterogeneo è costituito da due o più fasi; sono riconoscibili una o più interfacce • un corpo può essere costituito da una o più sostanze • un corpo costituito da più sostanze è una miscela di sostanze • una miscela è omogenea se costituita da una fase, è eterogenea se costituita da due o più

fasi • Ogni sostanza può assumere, a seconda delle condizioni ambientali, uno dei tre stati fisici

della materia • la sostanza conserva la propria identità nei vari stati fisici • la sostanza mantiene la propria identità nelle trasformazioni fisiche • una sostanza è formata da un solo tipo di particelle • le particelle che costituiscono una sostanza conservano la propria identità nei vari stati fisici • le particelle che costituiscono una sostanza assumono le proprietà definite dal modello

particellare

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Reticolo di concetti (livello macroscopico-microscopico)

Si ricorda che Il reticolo di concetti e le relative formulazioni di riferimento che vengono proposte all’insegnante all’inizio delle sequenze didattiche costituiscono una guida progettuale e non devono mai essere fornite agli allievi. A ciascuno di questi verrà richiesto di costruire il proprio reticolo di concetti al termine di ogni sequenza o di una serie di sequenze. Questo reticolo rappresenta una tappa verso la costruzione del reticolo generale riportato all’inizio del capitolo 2 e permetterà a ogni studente di rappresentare con questo strumento l’evoluzione della propria rete concettuale. L’insegnante avrà così modo di confrontare i reticoli costruiti dagli allievi con quelli forniti nel testo. Sarà quindi possibile, come già detto, sia verificare la significatività dell'apprendimento e valutare la qualità delle attività di insegnamento/apprendimento, sia ricavare informazioni sulle concezioni degli studenti e scoprire la presenza di concezioni difformi.

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Sequenza didattica

ATTIVITÀ 1: FUSIONE DEL GHIACCIO

In questa attività vengono proposti due fogli di lavoro, il secondo dei quali viene introdotto dopo aver ampiamente discusso il primo. Il FOL 5.1 consente di rilevare le concezioni degli allievi a proposito del fenomeno della fusione del ghiaccio dopo aver affrontato la sequenza riguardante le miscele, al termine della quale qualche allievo ha evidenziato la necessità di fondere dei metalli per poterli miscelare e formare una lega.

FOL 5.1a Si mette un pezzo di ghiaccio in un recipiente che viene subito chiuso. La massa complessiva è 150 g.

1. Secondo te, che cosa succede al ghiaccio con il passare del tempo? …………………………………………………………………………………………………………………………….. Spiega la tua risposta: …………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………………….

2. Secondo te, quale nome danno gli scienziati al fenomeno che si verifica? …………………………………………………………………………………………………………………………….

3. Dopo un po’ di tempo si pesa di nuovo il recipiente chiuso. Secondo te la massa che si ottiene è:

q maggiore di 150 g q uguale a 150 g q minore di 150 q non so rispondere Giustifica la tua scelta: ..……………………………………………………………………………………………….

……………………………………………………………………………………………………………………………

Occorre comunque fare i conti con le abitudini consolidate. Per questo motivo, la prima domanda riguarda una previsione (anticipazione) su ciò che avverrà con il passare del tempo: la sostanza solida acqua (ghiaccio) si trasforma nella sostanza liquida acqua. Parte delle risposte fa riferimento al solo livello macroscopico, altre spiegano il fenomeno ricorrendo anche al modello particellare, alcune si limitano al solo livello microscopico. L’insegnante sollecita una discussione a questo proposito e chiede agli studenti come si debba rappresentare con il modello particellare il passaggio dell’acqua dallo stato solido allo stato liquido. Il lavoro svolto in precedenza sulle rappresentazioni iconiche consente agli studenti di giungere alla rappresentazione di figura 1.

Figura 1 – Rappresentazione microscopica della fusione del ghiaccio In una rappresentazione di questo tipo sono esplicitate due idee fondamentali:

1. Si è in presenza della stessa sostanza “acqua” sia nel caso dell'"acqua liquida” che nel caso del ghiaccio che è “acqua solida”. Ciò risulta evidente dall’uso dello stesso simbolo iconico per rappresentare le particelle sia nello stato liquido sia nello stato solido dell’acqua.

2. La quantità di acqua (la quantità di materia) non cambia. La rappresentazione indica lo stesso numero di particelle prima e dopo il passaggio di stato.

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L’accordo su queste idee rende implicito che, dal punto di vista macroscopico, la massa di acqua resti costante, ottenendo quindi la risposta corretta alla domanda 3. Occorre comunque prevedere la richiesta da parte di qualche allievo di controllare sperimentalmente la massa dell'acqua prima e dopo la fusione. La seconda domanda chiede di indicare il nome del fenomeno. Gli allievi confondono ancora la dissoluzione con la fusione? Usano ancora l’espressione comune “Il ghiaccio si scioglie”? È lo stesso fenomeno in cui lo zucchero si scioglie in acqua? Questi quesiti vengono affrontati in una discussione collettiva. A questo punto, in genere, gli studenti concordano nel dire che i fenomeni sono differenti e quindi hanno nomi differenti. Si giunge a condividere che il ghiaccio fonde, che la neve, essendo ghiaccio, fonde; che il passaggio di stato fisico di una sostanza dallo stato solido allo stato liquido prende il nome di fusione. Ora, l’insegnante chiede: a quale temperatura fonde il ghiaccio? Parecchi studenti ricordano questo dato, che hanno appreso in precedenti anni scolastici o attraverso letture, documentari, ecc. Possiamo misurare questa temperatura? Come dobbiamo operare? In genere, le proposte sono contradditorie e si genera un po’ di confusione; l’insegnante propone allora di sperimentare in piccoli gruppi seguendo le indicazioni del FOL 5.1b. FOL 5.1b

Si mette del ghiaccio in un bicchiere. Si introduce un termometro nel ghiaccio, in modo tale che non tocchi le pareti del recipiente. Occorre sostenere il termometro per mantenerne fissa la posizione.

1. Ogni minuto (t) si legge la temperatura (T) sul termometro. Si riportano i dati nella seguente tabella:

tempo (t) min

temperatura (T) °C

tempo (t) min

temperatura (T) °C

2. Utilizzando i dati della tabella, costruisci un grafico T vs t su un foglio di carta millimetrata.

3. Modellizza la sostanza acqua prima di iniziare l’esperienza, durante il riscaldamento e dopo la trasformazione

Prima Durante Dopo

Giustifica il tuo disegno ..…………………………………………………………………………………………………… ..……………………………………………………………………………………………………………………………

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Il grafico in figura 2 indica l’andamento della temperatura col passare del tempo. Tuttavia, i grafici ottenuti dagli studenti spesso rendono meno esplicita l’interpretazione. È possibile comunque pervenire a distinguere tre settori distinti: nel primo la temperatura cresce rapidamente e si ha solo la fase solida; nel secondo la temperatura si mantiene costante sul valore 0 °C e sono presenti due fasi, quella solida e quella liquida; nel terzo, la temperatura torna a salire e si ha solo la fase liquida. L’insegnante chiede agli studenti di commentare l’andamento della curva e si perviene a condividere che la temperatura rimane costante quando coesistono la fase solida e quella liquida, ossia quando il fenomeno della fusione è in atto. Spesso qualche studente parla di sosta termica e diventa manifesto che gli studenti hanno già affrontato questo fenomeno in corsi scolastici precedenti. Però la loro conoscenza risulta non significativa e rivela un apprendimento mnemonico e la mancanza di comprensione dei concetti. È compito dell’insegnante esplicitare i problemi non risolti, per esempio domandando:

Figura 2 – Curva di fusione dell’acqua alla pressione atmosferica normale (101,3 kPa) Come mai il ghiaccio fonde spontaneamente? La risposta più frequente a questa domanda è: perché la temperatura sale. Si percepisce che qualche cosa non torna. Abitualmente si pensa che la temperatura di un sistema salga quando lo si scalda. Chi scalda, in questo caso? La discussione a questo proposito viene favorita dall’analisi delle rappresentazioni che sono richieste alla domanda 3 del FOL 5.1b (Figura 3).

Figura 3 – Rappresentazione microscopica della fusione del ghiaccio Nelle giustificazioni, alcuni allievi dicono che nel passaggio dell’acqua dallo stato solido allo stato liquido, aumenta il movimento delle particelle, che si possono spostare le une rispetto alle altre e assumere una disposizione disordinata. È molto interessante notare che, in genere, siccome non si scalda, nessuno dice che si fornisce calore. L’insegnante DEVE EVITARE di introdurre la parola calore, ma ricorrere alla parola energia. Per muoversi più velocemente le particelle devono avere

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più energia e la prendono dall’ambiente. La temperatura del sistema è dunque in relazione con il movimento delle particelle. Qualche studente potrebbe dire che l’ambiente (la stanza) possiede una temperatura più elevata di quella del ghiaccio e quindi ne fa aumentare la temperatura. In questo contesto, è bene evitare di introdurre i concetti legati al trasferimento di energia che verranno sviluppati e precisati in una sequenza dedicata a questi problemi. Occorre chiedere agli studenti di prendere nota delle loro domande che troveranno risposta più avanti. Al termine di questa attività è sufficiente che gli allievi condividano che:

All’aumentare della temperatura il ghiaccio fonde, ossia avviene il passaggio dallo stato solido a quello liquido.

Durante la fusione, l’acqua esiste contemporaneamente nei due stati fisici solido e liquido, e la temperatura resta costante.

La temperatura alla quale avviene la fusione è detta “temperatura (o punto) di fusione” (t.f. o p.f.).

A livello macroscopico, nel processo di fusione la sostanza acqua:

a. conserva la propria identità; b. conserva la propria massa.

A livello microscopico, nel processo di fusione della sostanza acqua: a. lo stesso tipo di particella rappresenta la sostanza solida e la sostanza liquida;

b. il numero di particelle si conserva.

ATTIVITÀ 2: TEMPERATURA DI FUSIONE E TEMPERATURA DI SOLIDIFICAZIONE

Le conclusioni dell’attività 1 devono essere estese a tutte le sostanze. Per questo motivo, agli allievi, divisi in piccoli gruppi, vengono consegnate alcune sostanze tra quelle disponibili in laboratorio. È conveniente che ciascun gruppo determini il punto di fusione di una sola delle sostanze e che la stessa sostanza sia utilizzata da almeno due gruppi. Nella tabella 1 vengono indicate alcune sostanze che fondono al di sotto dei 100 °C. In questo modo è possibile effettuare l’esperimento a bagnomaria.

sostanza T.f. °C naftalina (naftalene) 80 p-diclorobenzene (1,4-diclorobenzene) 54 acqua 100 acido stearico 69

Tabella 1 – Temperatura di fusione di diverse sostanze alla pressione atmosferica normale (101,3 kPa)

Gli studenti conoscono il nome della sostanza che sottopongono a riscaldamento e di cui devono stabilire in un primo tempo il punto di fusione e successivamente il punto di solidificazione. Essi seguono le indicazioni del FOL 5.2.

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FOL 5.2

Sostanza da sottoporre a fusione: ………………………….

Una provetta contenente la sostanza solida viene immersa nell’acqua contenuta in un becher (bagnomaria); si introduce un termometro nella sostanza contenuta nella provetta, in modo tale che non tocchi le pareti del recipiente. Occorre sostenere il termometro per mantenerne fissa la posizione. Si riscalda il sistema, leggendo la temperatura ogni trenta secondi, fino a quando la sostanza solida non è diventata completamente liquida. A questo punto si toglie la provetta dall’acqua, continuando a leggere la temperatura sul termometro.

1. Ogni trenta secondi (t) si legge la temperatura (T) sul termometro. Si riportano i dati nella seguente tabella:

tempo (t) min temperatura (T) °C tempo (t) min temperatura (T) °C

2. Utilizzando i dati della tabella, costruisci un grafico T vs t su un foglio di carta millimetrata.

3. Modellizza la sostanza prima di iniziare l’esperienza, durante il riscaldamento e dopo la fusione.

Prima Durante Dopo

Giustifica il tuo disegno ..……………………………………………………………………………………………………….. ..…………………………………………………………………………………………………………………………………….

Come già visto per l’acqua, l’evoluzione delle curve è simile per tutte le sostanze utilizzate; varia ovviamente la temperatura di fusione. Il grafico di figura 4 riporta un esempio delle due curve che si dovrebbero ottenere per ciascuna sostanza: una (1) viene costruita utilizzando i valori di temperatura durante la fusione, l’altra (2) seguendo i valori di temperatura durante la solidificazione; poi le due curve vengono sovrapposte.

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Figura 4 – Curve di fusione e di solidificazione (sovrapposte) della naftalina alla pressione atmosferica normale (101,3 kPa) Questo comportamento è tipico di tutte le sostanze (figura 5): stabilita una certa pressione, la loro fusione avviene a una temperatura costante e ben definita, chiamata temperatura o punto di fusione. La fase solida e la fase liquida della sostanza sono presenti contemporaneamente soltanto a questa temperatura.

Figura 5 – Curva di fusione di diverse sostanze pure alla pressione atmosferica normale (101,3 kPa) Le temperature di fusione e di solidificazione di ciascuna sostanza dovrebbero coincidere, ma spesso gli studenti ottengono curve che non seguono le previsioni. Il dispositivo indicato nel FOL 5.2 presenta delle caratteristiche che possono condurre a rilevare temperature dipendenti

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dall’intensità del riscaldamento. Per diminuire questi inconvenienti, è consigliabile utilizzare provette con una sezione non troppo grande rispetto alle dimensioni del termometro. In tal modo la quantità di sostanza su cui rilevare il cambiamento di stato non è eccessiva. Inoltre, se il raffreddamento della sostanza fosse troppo lento, si può accelerare la solidificazione introducendo la provetta in acqua fredda. Le rappresentazioni con il modello particellare sono simili a quelle della fusione dell’acqua (figura 3). Per studiare la curva di raffreddamento e rilevare la temperatura di solidificazione dell’acqua, è necessario che il sistema sia raffreddato a temperature inferiori a 0 °C. L’insegnante fa presente agli studenti che alla pressione atmosferica normale, una miscela di acqua e sale solidifica a temperature inferiori a 0,0°C. Per questo motivo una simile miscela può essere usata come miscela refrigerante; la temperatura di solidificazione dipende dalla quantità di sale presente nella miscela. Si può sfruttare questa caratteristica per studiare l’andamento della temperatura durante la solidificazione dell’acqua. Questo esperimento viene effettuato utilizzando il foglio di lavoro FOL 5.3.

FOL 5.3

Una provetta contenente acqua liquida viene immersa nella miscela refrigerante (ghiaccio e sale) contenuta in un becher; si introduce un termometro nell’acqua contenuta nella provetta, in modo tale che non tocchi le pareti del recipiente. Occorre sostenere il termometro per mantenerne fissa la posizione. Si legge la temperatura ogni trenta secondi, fino a quando l’acqua non è diventata completamente solida.

1. Ogni trenta secondi (t) si legge la temperatura (T) sul termometro. Si riportano i dati nella seguente tabella:

tempo (t) min temperatura (T) °C tempo (t) min temperatura (T) °C

2. Utilizzando i dati della tabella, costruisci un grafico T vs t su un foglio di carta millimetrata.

3. Modellizza la sostanza acqua prima di iniziare l’esperienza, durante il raffreddamento e dopo la solidificazione.

Prima Durante Dopo

Giustifica il tuo disegno ..……………………………………………………………………………………………………….. ..…………………………………………………………………………………………………………………………………….

Nella figura 6 viene riportato un grafico della temperatura in funzione del tempo che rappresenta la solidificazione dell’acqua. Anche in questo caso, è possibile distinguere tre distinti settori del grafico

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che indicano lo stato dell’acqua in ogni tappa. Gli studenti arrivano a condividere che:

nella tappa 1, la temperatura scende progressivamente fino a raggiungere 0 °C e l’acqua è allo stato liquido;

nella tappa 2, la temperatura si stabilizza a 0 °C (sosta termica) per tutta la durata della solidificazione e nel sistema sono presenti contemporaneamente acqua liquida e ghiaccio;

nella tappa 3, la temperatura riprende di nuovo a scendere e tutta l’acqua liquida si è trasformata in ghiaccio.

Figura 6 – Curva di solidificazione dell’acqua alla pressione atmosferica normale (101,3 kPa)

A questo punto, è possibile condividere che:

Il passaggio di una sostanza dallo stato liquido allo stato solido prende il nome di solidificazione.

La temperatura alla quale avviene la solidificazione di una sostanza è detta temperatura (o punto) di solidificazione e coincide con la temperatura di fusione; il valore è costante a pressione costante

Si è utilizzata la miscela refrigerante ghiaccio e sale. Quale sarà la sua temperatura di fusione? Gli studenti sono invitati a predisporre un esperimento che consenta di registrare la variazione della temperatura in funzione del tempo. Nella figura 7, viene riportata una curva ottenuta da alcuni studenti. Come si può notare, la temperatura muta in continuazione e non è possibile individuare un valore che rimanga costante durante la fusione.

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Figura 7 – Evoluzione dei valori della temperatura durante la fusione dell’acqua salata

Come mai la temperatura di fusione non rimane costante durante il passaggio di stato? Cosa cambia rispetto ai passaggi di stato studiati in precedenza? Gli allievi individuano in poco tempo la differenza: nei casi precedenti il sistema era costituito di una sola sostanza, mentre in questo caso si tratta di una miscela. Qualcuno prova anche a dare una giustificazione all’andamento della temperatura: le due sostanze, acqua e sale, possiedono temperature di fusione molto diverse e la composizione del sistema muta in continuazione, perché le particelle di acqua si allontanano e si svincolano più facilmente di quelle del sale. L’insegnante prende atto di queste spiegazioni, ma, in questo contesto, non deve approfondire ulteriormente l’argomento. Chiede invece agli studenti come si potrebbe utilizzare la conoscenza di questo diversa evoluzione della temperatura di fusione. È possibile giungere alla conclusione che quando il passaggio di una corpo dallo stato solido allo stato liquido avviene a un valore di temperatura ben determinato, a pressione costante, si tratta di una sostanza. Se invece il passaggio di un corpo da solido a liquido avviene in un intervallo più o meno ampio di temperatura si è in presenza di una miscela. Inoltre, nel caso di una sostanza, il valore della temperatura è un dato significativo per la sua individuazione.

ATTIVITÀ 3: TEMPERATURA DI EBOLLIZIONE E TEMPERATURA DI CONDENSAZIONE

Se gli studenti hanno avuto modo di discutere e comprendere i concetti introdotti nelle precedenti attività ora saranno in grado di procedere più speditamente. Sulla cattedra viene posto un bicchiere contenente un po’ d’acqua. L’insegnante chiede agli allievi cosa succede al sistema con il passare del tempo? Alcuni rispondono che l’acqua evapora, altri che il livello dell’acqua diminuisce. Nella figura 8 viene raffigurata l’evoluzione del sistema.

Figura 8 - Abbassamento del livello dell’acqua in un bicchiere

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Le due risposte sono equivalenti? Dicono la stessa cosa? Durante la discussione, qualche allievo afferma che ciò che si vede è l’abbassamento del livello dell’acqua. Altri dicono che si vede che è evaporata l’acqua. L’insegnante deve condurre gli studenti a chiarire bene quale sia la differenza tra le due affermazioni. Egli può porre le domande: cosa si vede cambiare nel sistema con il passare del tempo? Cosa significa che l’acqua evapora? Lo scopo della discussione è giungere a condividere che nel corso del tempo:

• Si vede diminuire il livello dell’acqua e questo è il fatto che si percepisce • si spiega questo fatto come il passaggio dell’acqua dallo stato liquido allo stato gassoso e

questa è una interpretazione del fatto che si è percepito Questo fenomeno è noto a tutti e ne parliamo utilizzando le frasi che il linguaggio comune ci mette a disposizione; è giunto il momento di riflettere e di attribuire significati corretti alle nostre espressioni verbali. La seguente domanda può aiutare a chiarire: è possibile vedere l’acqua quando si trova allo stato gassoso? Questa domanda scatena una varietà di risposte che fanno riferimento a eventi che si incontrano quotidianamente e alle espressioni che comunemente vengono utilizzate per descriverli. Per esempio, in ogni cucina quando l’acqua viene messa a bollire per cucinare, dalla massa liquida si vede salire qualcosa che viene chiamato da alcuni vapore e da altri fumo. L’insegnante deve favorire la messa in discussione dell’uso meccanico di queste espressioni, facendo ricorso alle conoscenze che gli studenti hanno appreso nelle attività precedenti. È di grande aiuto ricorrere alla rappresentazione con il modello particellare delle sostanze gassose: gli spazi tra le particelle sono molto più grandi delle dimensioni delle particelle che hanno disposizione disordinata, non sono sottoposte a vincoli e sono in continuo movimento. Queste sono le caratteristiche delle particelle che gli studenti hanno ipotizzato per giustificare il comportamento dell’aria, nella quale è presente anche acqua allo stato gassoso. Dunque, la discussione rivela i concetti che parecchi studenti non padroneggiano ancora, ma li aiuta a condividere l’idea che quando l’acqua evapora, le particelle di acqua che si trovano al confine tra acqua e aria (interfaccia) grazie ai loro movimenti possono allontanarsi dal liquido e miscelarsi con le particelle dei gas che compongono l’aria: entrano a far parte del vapore d’acqua che è uno dei costituenti dell’aria (Figura 9).

Figura 9 - Rappresentazione con il modello particellare del fenomeno dell’evaporazione

Resta da comprendere cosa sia la nube che si leva da una pentola di acqua in ebollizione; la risposta gli studenti la trovano tra le miscele prese in considerazione nelle attività precedenti: si tratta di una

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nebbia, ossia di una sospensione di piccole gocce d’acqua liquida in un gas. L’interpretazione dell’evaporazione con il modello particellare consente di rendersi conto facilmente che si tratta di un processo lento e regolare che avviene unicamente alla superficie del liquido. Infatti, le particelle interessate sono quelle disposte sulla superficie di confine tra l’acqua e l’aria, le uniche che abbiano la possibilità di staccarsi dal liquido passando nell’aria sovrastante. Dunque, se aumenta la superficie del liquido a contatto con l’aria, aumenta la velocità di evaporazione. Inoltre, si può notare che questo fenomeno avviene a qualunque temperatura, ma se questa aumenta diventa più consistente. Per rafforzare questo concetto, si consiglia di mettere un poco di acetone in un bicchiere aperto e poi valutare la velocità di evaporazione a temperatura ambiente; in un secondo tempo, si mette un’identica quantità di acetone nello stesso bicchiere, lo si pone a bagnomaria in acqua calda e si valuta come cambia la velocità di evaporazione. Sarebbe molto utile far progettare questo esperimento agli allievi. Durante la discussione, gli studenti hanno sicuramente fatto riferimento all’ebollizione. È giunto il momento di chiarire la differenza tra l’evaporazione e l’ebollizione, anche se entrambi questi fenomeni si riferiscono al passaggio di una sostanza dallo stato liquido allo stato gassoso. L’insegnante propone il FOL 5.4.

FOL 5.4

In un bicchiere contenente dell’acqua, si introduce un termometro in modo tale che non tocchi le pareti del recipiente. Occorre sostenere il termometro per mantenerne fissa la posizione. Si riscalda il sistema, leggendo la temperatura ogni trenta secondi.

1. Ogni trenta secondi (t) si legge la temperatura (T) sul termometro. Si riportano i dati nella seguente tabella:

2. Utilizzando i dati della tabella, costruisci un grafico T vs t su un foglio di carta millimetrata.

3. Modellizza la sostanza prima di iniziare l’esperienza, durante il riscaldamento e dopo la vaporizzazione

Prima Durante Dopo

Giustifica il tuo disegno ..……………………………………………………………………………………………………….. ..…………………………………………………………………………………………………………………………………….

Anche in questo caso la discussione si concentra sull’interpretazione del grafico ottenuto nell’esperimento e sulle rappresentazioni prodotte utilizzando il modello particellare. Nella figura 10

tempo (t) min temperatura (T) °C tempo (t) min temperatura (T) °C

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viene riportato un esempio di evoluzione della temperatura durante la vaporizzazione dell’acqua.

Figura 10 – Evoluzione della temperatura dell’acqua durante la sua vaporizzazione Durante la discussione, gli studenti si soffermano soprattutto sul fatto che a un certo valore la temperatura rimane costante. Essi dicono sempre che l’acqua sta bollendo. Questa è una conoscenza di senso comune. L’insegnante deve condurre gli studenti a individuare cosa cambia e cosa non cambia durante le tappe 1 e 2 del grafico di figura 10. Cambia l’andamento della temperatura, ma anche il comportamento del sistema: nella prima tappa, la vaporizzazione avviene solo in superficie (evaporazione) in modo lento e regolare; nella seconda tappa la vaporizzazione interessa tutta la massa di acqua (ebollizione) e avviene in modo veloce e tumultuoso. Quando la temperatura rimane costante si ha dunque ebollizione; la sostanza acqua, in condizioni di pressione atmosferica normale (101,3 kPa) bolle a 100 °C. Le conoscenze acquisite nell’attività relative alla fusione, suggeriscono agli studenti di ipotizzare che ogni sostanza possieda una propria temperatura di ebollizione e che questo dato venga utilizzato per identificarla. Se la località in cui vengono effettuate le misurazioni non si trova a livello del mare, il valore della temperatura di ebollizione dell’acqua non coincide con quello abitualmente riportato nelle tabelle; esso diminuisce al crescere della altitudine del luogo. A questo punto, gli allievi dovrebbero già essere in grado di mettere in relazione la temperatura di ebollizione con la pressione atmosferica e la discussione porta presto a condividere tale idea. In ogni caso, è bene che l’insegnante introduca la dipendenza del punto di ebollizione dalla variabile pressione. La rappresentazione con il modello particellare non è diversa da quella di figura 9 e non suscita ulteriori discussioni. Invece, diviene interessante l’interpretazione microscopica della dipendenza del punto di ebollizione dalla pressione atmosferica. Alcuni allievi dicono che le particelle dei gas dell’aria colpiscono (alcuni dicono bombardano) le particelle dell’acqua che si trovano sulla superficie del liquido causandone l’allontanamento dalle compagne e la loro diffusione tra le particelle dell’aria. Altri studenti affermano invece che l’allontanamento delle particelle di acqua dalla superficie del liquido è dovuta all’intensità dei propri movimenti; in questo caso, gli urti delle particelle dei gas dell’aria sono un impedimento all’allontanamento delle particelle di acqua dalla superficie del liquido. Questa è una discussione importante nella quale l’insegnante non deve interferire. È importante che siano gli studenti ad

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argomentare. Spesso si creano due gruppi che sostengono le due interpretazioni. L’insegnante deve solo badare a che gli allievi tengano sempre conto dei fatti mentre argomentano. Essi sono impegnati a interpretare i fatti, ma spesso li dimenticano e argomentano senza tenerne conto. Se questo dovesse accadere, l’insegnante non deve proporre soluzioni, ma, per esempio, porre la domanda: come mai se diminuisce la pressione atmosferica, il punto di ebollizione diminuisce? La seconda interpretazione è in accordo con il fatto: un numero minore di urti delle particelle dei gas dell’aria sulle particelle dell’acqua (minore pressione atmosferica), permette a queste di allontanarsi dalle compagne anche quando si muovono meno velocemente (minore temperatura del sistema). L’insegnante chiede ora se gli studenti conoscono situazioni in cui avviene il contrario, ossia dove una pressione più elevata di quella atmosferica costringe l’acqua a bollire a temperature superiori a 100 °C. è il caso, per esempio, della pentola a pressione. Viene proposta la Tabella 2 dove sono riportate le temperature di ebollizione di alcune sostanze misurate alla pressione atmosferica normale, ossia 101,3 kPa.

Sostanze Punto di ebollizione (°C)1 Acqua 100

Alluminio 2 519 Argento 2 162

Cloruro di sodio 1 413 Etanolo 78,5 Ferro 2 861

Gas idrogeno -253 Gas ossigeno -183

Mercurio 357 Rame 2 562 Oro 2 856

Piombo 1 749 Stagno 2 602

Tungsteno 5 555

Tabella 2 – Temperatura di ebollizione di diverse sostanze alla pressione atmosferica normale (101,3 kPa)

È giunto il momento di riepilogare i concetti legati al fenomeno della vaporizzazione.

LIVELLO MACROSCOPICO Vaporizzazione – Processo in cui una sostanza passa dallo stato liquido allo stato

gassoso. Si distinguono due modalità: l’evaporazione e l’ebollizione. Evaporazione – Si ha quando la vaporizzazione interessa solo la superficie di

confine della sostanza con l’ambiente che la circonda. Avviene più o meno intensamente a tutte le temperature.

Ebollizione – Si ha quando la vaporizzazione interessa tutti i punti della massa della sostanza liquida, è tumultuosa e porta alla formazione di bolle di gas in tutta la

massa del liquido. A una determinata pressione, l’ebollizione avviene a un valore determinato di temperatura, tipico di ogni sostanza: temperatura, o punto, di

ebollizione (t.e. oppure p.e.)

1 Handbook of Chemistry and Physics

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LIVELLO MICROSCOPICO

Secondo il modello particellare, in una sostanza allo stato liquido, gli spazi tra le particelle sono più piccoli della dimensione delle particelle che sono disposte in

modo disordinato. Vaporizzazione – Si ha ogni volta che le particelle della sostanza allo stato liquido si

allontanano in modo tale che gli spazi tra loro diventano molto più grandi delle dimensioni delle particelle e la disposizione diviene più caotica

Evaporazione – Si ha quando ad allontanarsi sono solo le particelle che si trovano alla superficie esterna del liquido.

Ebollizione – Si ha quando, a causa dei movimenti caotici di tutte le particelle della sostanza, queste si allontanano tra loro in tutte le direzioni.

Una miscela non possiede una temperatura di ebollizione costante a pressione costante. Gli studenti hanno già ipotizzato questa caratteristica delle miscele per analogia con il comportamento delle sostanze e delle miscele durante la fusione. Tuttavia, se gli allievi volessero sperimentare questa ipotesi, si può riscaldare una miscela di acqua e etanolo2 seguendo la stessa procedura descritta nel FOL 5.4 per determinare il punto di ebollizione dell’acqua. Utilizzando i valori della temperatura misurati ogni 30 secondi durante il riscaldamento della miscela si costruisce un grafico che non presenta alcuna sosta termica, ma un incremento continuo della temperatura nel tempo. Anche in questo caso, ciò accade per la differenza di temperatura di ebollizione di acqua ed etanolo. Mano a mano che la temperatura sale, la miscela cambia la sua composizione, poiché le particelle di etanolo si allontanano e si svincolano dal sistema più facilmente delle particelle d’acqua. In alternativa si può riscaldare una miscela di metanolo (t.e. 65 °C) ed etanolo (t.e. 78,5 °C). Il riscaldamento deve procedere lentamente a bagnomaria. Dopo aver superato i 65 °C la miscela giunge all’ebollizione, ma la temperatura sale continuamente fino a 78,5 °C. A questo punto nel sistema è rimasto solo etanolo e la temperatura si arresta. Siete in grado di citare un evento comune in cui si verifichi il cambiamento dallo stato gassoso allo stato liquido dell’acqua? Questa è la domanda che l’insegnante pone agli studenti. Il fenomeno della condensazione è molto comune e accade quando l’aria umida subisce una diminuzione di temperatura:

• Le goccioline d’acqua che si trovano sull’erba il mattino presto sono dovute al raffreddamento dell’aria atmosferica. Il vapore acqueo in essa contenuto condensa in goccioline che costituiscono la rugiada.

• Anche la formazione delle nubi è dovuta alla condensazione del vapore d’acqua. Quando l’aria calda che si innalza dalla superficie terrestre incontra strati d’aria più freddi, Il vapore d’acqua che ne fa parte si trasforma in goccioline che si accumulano sotto forma di nuvole di forma diversa.

• Si ha condensazione del vapore acqueo sulla superficie degli specchi posti in prossimità di una fonte di acqua calda, per esempio la doccia nella stanza da bagno.

2 Occorre ricordare che la progressiva vaporizzazione di questo sistema porta alla formazione di una miscela azeotropica

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• Lo stesso fenomeno si produce in inverno quando la temperatura all’esterno è bassa e l’aria calda e umida dell’interno delle case viene a contatto con i vetri delle finestre.

• Si ha condensazione del vapore acqueo dell’aria sulle pareti esterne di un bicchiere che contiene una bevanda raffreddata con cubetti di ghiaccio.

Gli studenti fanno, in genere, alcuni di questi esempi. Si chiede allora: secondo voi, come possiamo organizzare un esperimento per verificare la condensazione dell’acqua?

L’insegnante segue le indicazioni degli studenti. Come esempio, nella Figura 11 è rappresentato un dispositivo sperimentale molto semplice. L’acqua liquida riscaldata evapora e si forma dell’acqua gassosa che, salendo fino al fondo della teglia reso freddo dal ghiaccio, condensa sotto forma di goccioline di acqua liquida.

Figura 11 – Evaporazione e condensazione dell’acqua

A livello particellare, possiamo interpretare questa trasformazione ricordando che, al diminuire della temperatura, diminuisce la velocità di movimento delle particelle, le quali si avvicinano le une alle altre sino a raggiungere, in determinate condizioni, la disposizione che esse hanno in un corpo liquido. Lo stesso risultato può essere ottenuto sottoponendo un sistema gassoso a una forte compressione. Si pone la domanda: conoscete un esempio in cui delle sostanze gassose vengono rese liquide per compressione? Se gli studenti non mostrano di conoscere esempi, si ricorda che alcune sostanze gassose a temperatura ambiente, come il butano e il propano, vengono compressi e trasformati in liquidi per essere immagazzinati in bombole.

Il passaggio di stato fisico di una sostanza dallo stato gassoso allo stato liquido prende il nome di condensazione.

La condensazione avviene in seguito a raffreddamento della sostanza gassosa oppure a una forte compressione.

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ATTIVITÀ 4: SUBLIMAZIONE E BRINAMENTO

Questa attività viene introdotta dal FOL 5.5.

FOL 5.5

In un contenitore munito di tappo a tenuta si mette un granello di iodio (fig.1). Dopo un leggero riscaldamento, si vede che il granello di iodio diventa più piccolo e compare una colorazione viola (fig. 2). Dopo un po’ di tempo, il solido non si vede più e la colorazione viola si fa più intensa (fig. 3).

1. Come interpreti questo fenomeno? ..………………………………………………………………………………………………… ..…………………………………………………………………………………………………………………………………………..

2. La massa del contenitore 1 è 200 grammi. Secondo te, la massa del contenitore 3 è:

�q maggiore di 200 g � q uguale a 200 g q minore di 200 g � q non so rispondere

Giustifica la tua scelta: ..……………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………………………

3. Modellizza lo iodio prima di iniziare l’esperienza, durante il riscaldamento e dopo la trasformazione

Prima Durante Dopo

Giustifica il tuo disegno ..……………………………………………………………………………………………………….. ..…………………………………………………………………………………………………………………………………….

Figura 12 – Rappresentazione del processo di sublimazione mediante il modello particellare

1 2 3

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Lo iodio passa direttamente dallo stato solido a quello gassoso. L’esperimento ha bisogno solo di un blando riscaldamento, e il granello di lucentezza metallica e colore violetto-nero si trasforma in un gas di colore viola. Gli studenti passano a discutere le rappresentazioni con il modello particellare (figura 12). Ormai le loro rappresentazioni tengono conto anche dell’aspetto quantitativo e quindi essi disegnano un numero di particelle che rimane costante nella trasformazione del solido in gas. Le risposte e le giustificazioni fornite dagli studenti nella domanda 2 del FOL 5.5 permettono di mettere in luce eventuali contraddizioni per giungere in breve tempo alla comprensione da parte degli allievi. Alcuni di loro conoscono già il nome di questo passaggio di stato: sublimazione. Tuttavia, torna una disputa a proposito del modo in cui le particelle di iodio si allontanano dal cristallo per assumere le caratteristiche di lontananza e disordine tipiche delle particelle che costituiscono un gas. Nel contenitore è contenuta anche aria, dicono alcuni: se non ci fosse, lo iodio non sublimerebbe, poiché sono le particelle dei gas dell’aria che urtando il cristallo buttano fuori le particelle di iodio. No, dicono altri. Al contrario, se nel contenitore non ci fosse aria, le particelle di iodio si allontanerebbero dal cristallo ancora più facilmente. L’insegnante deve lasciare che le due fazioni argomentino le loro interpretazioni. Questa disputa è la stessa che è avvenuta nell’attività precedente a proposito della vaporizzazione, ma viene rinnovata da chi non ha risolto i suoi dubbi e adesso vede le particelle allontanarsi da una sostanza allo stato solido. Se non sono gli studenti a proporlo, deve essere l’insegnante a chiedere loro di progettare un esperimento che li aiuti a dirimere la questione. Occorre mettere a confronto due situazioni, una dove lo iodio solido è contenuto in un recipiente con aria, l’altra dove lo iodio solido è contenuto in un recipiente privo di aria. L’esperimento viene descritto facendo riferimento alla figura 13.

Nei contenitori (A e B) muniti di tappo a tenuta e rubinetto si mette un granello di iodio (fig. 1).

Nel contenitore B, prima di chiudere il rubinetto, si fa il vuoto (fig. 2).

Figura 13 – Un esperimento cruciale Questo esperimento può essere svolto a temperatura ambiente. È evidente la maggiore velocità di sublimazione nel contenitore in cui si è praticato il vuoto.

Se fosse possibile disporre di ghiaccio secco, ossia diossido di carbonio solido, sarebbe interessante proporre agli allievi la situazione indicata in figura 14. Il corpo solido bianco posto in un recipiente aperto a temperatura ambiente sublima velocemente, causando una vistosa formazione di nebbia dovuta alla condensazione dell’acqua gassosa presente nell’aria circostante.

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Figura 14 – Sublimazione del ghiaccio secco

Per introdurre il passaggio dallo stato gassoso allo stato solido, si pone la seguente domanda: Conoscete qualche esempio in cui una sostanza allo stato gassoso si trasformi nello stato solido?

Durante le notti invernali, con cielo sereno e calma di vento, è frequente il fenomeno della formazione della brina (figura 15). Si invitano gli studenti a portare fotografie che evidenzino questo fenomeno.

Figura 15 – Fotografia della brina su un ramo

Il brinamento è il passaggio di una sostanza dallo stato gassoso allo stato solido. Un tipo particolare di brina si ha quando il vapore acqueo solidifica sulla superficie interna di un vetro, per esempio quello di una finestra: questo accade quando l'umidità della stanza è molto alta e la temperatura esterna è molto bassa. Se, invece, l'umidità interna non è alta e la temperatura esterna è molto bassa, il vapore acqueo può solidificare formando sul vetro della finestra delle forme spesso suggestive che prendono il nome di fiori di ghiaccio (Figura 16).

Figura 16 – Fotografia di fiori di ghiaccio

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Sarebbe opportuno, anche se qualcuno può considerarlo eccessivo, distinguere la brina dalla galaverna che si forma attraverso la solidificazione delle goccioline d’acqua contenute nella nebbia, quando la temperatura è inferiore a 0 °C.

ATTIVITÀ 5: TECNICHE DI SEPARAZIONE DELLE MISCELE

In questa attività vengono introdotte alcune tecniche per separare le sostanze che compongono una miscela. Per stabilire quale tecnica sia più appropriata per ciascuna separazione, occorre fare ricorso alle conoscenze acquisite nello studio delle miscele e dei passaggi di stato. In particolare, è necessario che gli allievi abbiano compreso i concetti di fase e di interfaccia. Il primo foglio di lavoro, mira a conoscere quali conoscenze abbiano gli studenti a proposito di questo argomento, poiché alcuni di loro hanno già sperimentato alcune di queste tecniche nei corsi scolastici precedenti. Tuttavia, spesso le attività manuali vengono giustificate da due considerazioni: la prima segue l’idea “se faccio, capisco”; la seconda che sia indispensabile conseguire abilità pratiche per acquisire competenze di tipo chimico. Se quest’ultima esprime la necessità di operare manualmente per comprendere variabili e difficoltà della sperimentazione, la prima riposa su un’affermazione falsa. Eseguire attività manuali non implica che chi le esegue abbia compreso i concetti che guidano il suo agire; si tratta spesso di allievi che seguono le indicazioni operative senza riflessione critica. Capire cosa abbiano capito gli studenti a proposito di queste attività di separazione è lo scopo del FOL 5.6.

FOL 5.6

Per separare i componenti di una miscela esistono diverse tecniche; ecco alcuni esempi:

• Decantazione • Filtrazione • Centrifugazione • Vaporizzazione del solvente

• Distillazione • Estrazione con solvente • Cristallizzazione

1. Quale di queste tecniche conosci? ..………………………………………………………………………………………………… ..…………………………………………………………………………………………………………………………………………..

2. Scegli la tecnica che conosci meglio e preparati a descrivere ai compagni a cosa serve e come si realizza ..………………………………………………………………………………………………………………………………………….. ..………………………………………………………………………………………………………………………………………….. .…………………………………………………………………………………………………………………………………………..

Al punto 1, generalmente, la tecnica più citata è la filtrazione, ma spesso si cita anche la distillazione, più raramente la cristallizzazione. Anche se nessuno degli allievi fosse in grado di soddisfare la consegna del punto 2 del FOL 5.6, durante la discussione emergono comunque i criteri da seguire per scegliere la tecnica più opportuna per ciascuna miscela. L’insegnante ha il compito di aiutare gli allievi a individuare come primo criterio eterogeneità o omogeneità della miscela. Individuare interfacce e quindi il numero di fasi presenti nella miscela è il primo passo che permette di affrontare

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il problema.

Separare i componenti di una miscela eterogenea

Se, per esempio, siamo in presenza di una miscela eterogenea costituita di una fase solida e una liquida, si può ricorrere a varie tecniche. Nel caso che la granulometria della fase solida sia tale che questa sedimenti in modo da non lasciare granuli solidi in sospensione nel liquido, è possibile lasciare decantare la fase solida e limitarsi a versare in un altro recipiente la fase liquida (figura 17).

Figura 17 – Schema della tecnica di decantazione di una miscela eterogenea

Quando viene utilizzata questa tecnica, ci si rende conto quasi sempre che la separazione è insoddisfacente ed è necessario ricorrere al passaggio della fase liquida attraverso un filtro che consenta di trattenere anche i minuscoli granelli della fase solida. A questo scopo sono in commercio filtri capaci di trattenere granuli di diversa dimensione; minore è la dimensione dei grani, più piccoli devono essere i pori del filtro utilizzato. Nella figura 18 viene schematizzato un semplice dispositivo per la filtrazione.

Figura 18 – Schema della tecnica di filtrazione di una miscela eterogenea

Esistono molte varianti di questa tecnica, più sofisticate e più efficaci, ma l’intento deve essere quello

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di far comprendere quali siano le variabili essenziali a cui prestare attenzione: lo scopo di una filtrazione è quello di separare le fasi. A questo proposito è bene avere sempre presente che la fase solida potrebbe anche essere costituita di più sostanze solide, quindi essere a sua volta una miscela eterogenea; così come la fase liquida potrebbe essere una miscela omogenea (soluzione). Si consiglia, però, di non anticipare queste considerazioni, ma di proporre agli studenti la separazione di miscele che consentano loro di individuare i vari problemi connessi alla separazione delle sostanze.

Soprattutto se si hanno piccole quantità di miscela, si può fare ricorso alla centrifugazione. Esistono molte tipologie di centrifuga e molti tipi di provette adatte a questo dispositivo. Se la scuola ne dispone, sono molto utili per comprendere il principio che sta alla base di questa tecnica, le centrifughe manuali. È importante che la discussione tra gli studenti giunga a condividere che la centrifugazione non è altro che una decantazione resa più efficace da un’accelerazione centrifuga che separa le fasi sfruttando la loro diversa densità. A questo proposito, va ricordato che spesso le fasi presenti in alcune emulsioni si separano molto lentamente. Per accelerare e migliorare la separazione delle fasi liquide si può ricorrere a centrifugazione.

Quando la miscela è costituita da due sostanze allo stato solido, si può ricorrere a un solvente capace di sciogliere solo una delle due sostanze; comunemente questa tecnica viene detta metodo dei solventi. In questo modo, si ottiene una sospensione costituita da due fasi che possono essere separate per filtrazione: il residuo solido è una delle due sostanze, mentre il filtrato è la soluzione della seconda sostanza disciolta nel solvente scelto per la separazione. Il filtrato viene separato nelle due componenti, solvente e soluto, con le tecniche descritte di seguito.

Separare i componenti di una miscela omogenea

Quando un sistema si presenta in una sola fase, è necessario fare in modo che si formi un’altra fase, per esempio mutando lo stato di aggregazione di una delle sostanze da separare.

Una miscela omogenea può essere costituita da una sostanza solida disciolta in un solvente liquido. È il caso, per esempio, del filtrato ottenuto con il metodo dei solventi. In genere, le temperature di ebollizione della sostanza solida e del solvente hanno valori molto lontani tra loro. Nel caso che non si voglia conservare il solvente, lo si può vaporizzare scaldando la miscela; nel recipiente rimane il soluto allo stato solido. Se, invece, si vuole recuperare anche il solvente si ricorre alla distillazione di cui è visibile uno schema3 nella figura 19.

3 Le tecniche di distillazione sono di vari tipi. Si può citare, per esempio, la distillazione frazionata e la distillazione in corrente di vapore. In questo contesto, lo scopo è quello di riflettere sulla separazione delle fasi per separare le sostanze miscelate.

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Figura 19 – Schema della tecnica di distillazione semplice di una miscela

Il solvente in fase gassosa (vapore) si raffredda passando nel refrigerante e condensa; viene recuperato in un recipiente come distillato. Nel pallone riscaldato rimane, allo stato solido, la sostanza che era disciolta.

Quando una sostanza solida si trova miscelata e disciolta in un liquido può essere utile ricorrere alla cristallizzazione. Quando si discioglie una sostanza in un solvente, per esempio il saccarosio nell’acqua, si nota che non è possibile scioglierne quantità grandi a piacere. Stabilita una temperatura, la quantità di saccarosio che si può sciogliere in 100 cm3 di soluzione acquosa è determinata: giunti a questa quantità, un’ulteriore aggiunta si deposita sul fondo del recipiente come corpo di fondo e la soluzione è satura (figura 20); se si aumenta la temperatura, aumenta la quantità di saccarosio che si può sciogliere in 100 cm3 di soluzione.

Figura 20 – Rappresentazione di una soluzione satura

In genere, la quantità di soluto che si può sciogliere in 100 cm3 di soluzioni acquosa aumenta all’aumentare della temperatura. La cristallizzazione è una tecnica che sfrutta questa variazione di solubilità di una sostanza al variare della temperatura. Il nitrato di potassio è una sostanza la cui solubilità dipende in modo notevole dalla temperatura e si presta bene come esempio: alla temperatura di 0,0 °C, si possono sciogliere al massimo 13,3 g di nitrato di potassio in 100,0 cm3 di soluzione acquosa. Alla temperatura di 100,0 C° la quantità di nitrato di potassio che si può sciogliere nello stesso volume di soluzione è 247 g. Se prendiamo una soluzione satura di questo sale alla temperatura di 100 °C e la lasciamo raffreddare, mano a mano che la temperatura diminuisce una parte del sale esce dalla soluzione e forma dei cristalli. Mano a mano che la temperatura della soluzione si avvicina alla temperatura ambiente, la solubilità del sale continua a diminuire e ne cristallizza una quantità crescente. Contemporaneamente alla diminuzione della temperatura, l’acqua evapora, facendo così diminuire ulteriormente la capacità del sale di rimanere disciolto: i

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cristalli crescono di dimensione e di numero (figura 21).

Figura 21 – Fotografia di cristalli di nitrato di potassio

Si consiglia di raffreddare ed evaporare lentamente la soluzione satura e, potendone disporre, di utilizzare appositi recipienti dall’ampia superficie di evaporazione e dal fondo bombato (cristallizzatori). In tal modo, si possono ottenere cristalli di maggiori dimensioni.

Quando più soluti sono disciolti insieme in un unico solvente, si può utilizzare la tecnica dell’estrazione con solvente. Per comprendere questa tecnica, ci si può riferire a un esempio. Utilizzando un imbuto separatore (figura 22), si separano i componenti di una miscela costituita da iodio e cloruro di sodio disciolti in acqua. La miscela, rappresentata con il modello particellare nella figura 23a, appare di colore bruno dovuto allo iodio disciolto in acqua. A questa soluzione viene aggiunto un altro solvente, il tetraclorometano, immiscibile con l’acqua e capace di sciogliere lo iodio, ma non il cloruro di sodio. Inoltre, lo iodio si scioglie molto meglio nel tetraclorometano che nell’acqua (si dice che il tetraclorometano ha maggiore affinità dell’acqua per lo iodio). Nel sistema sono ora presenti due fasi liquide: nella parte superiore, si ha una soluzione di cloruro di sodio in acqua; nella parte inferiore una soluzione, che appare di colore viola, di iodio in tetraclorometano. La rappresentazione delle due fasi e dei loro componenti con il modello particellare viene data in figura 23b.

Figura 22 – Tecnica dell’estrazione con solvente: le due fasi dopo l’estrazione

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Figura 23 – Rappresentazione con il modello particellare dell’estrazione con solvente

Naturalmente, le sostanze cloruro di sodio e iodio possono essere separate dai rispettivi solventi per vaporizzazione o distillazione. Tuttavia, dato che il tetraclorometano è molto tossico, bisogna operare in modo tale che gli studenti non siano esposti a rischi. Tutte le operazioni devono essere effettuate sotto cappa e la distillazione deve essere predisposta per il recupero del solvente.

Tra le miscele omogenee prese in considerazione, c’è la soluzione di acqua e etanolo. Sono due sostanze che possono miscelarsi in tutte le proporzioni, entrambe allo stato liquido in condizioni ambiente e le cui temperature di ebollizione non hanno valori molto distanti. Alla pressione atmosferica normale (101,3 kPa), l’acqua bolle a 100 °C e l’etanolo a 78,5 °C. Possono essere separate con la tecnica della distillazione, ma gli studenti scoprono presto che, in questo caso, nel distillato non è presente solo la sostanza che ha la t.e. più bassa, ossia l’etanolo, ma anche l’acqua. Però, nel distillato la quantità di etanolo è aumentata in proporzione a quella dell’acqua. Come mai? L’insegnante deve sollecitare gli studenti a interpretare con il modello particellare questi fatti. Durante questa discussione, egli deve porre molta attenzione a che gli studenti non perdano di vista i fatti quando espongono le loro ipotesi a proposito del comportamento delle particelle. Se nel distillato sono presenti sia acqua sia etanolo, occorre ipotizzare che dalla fase liquida si siano allontanate sia particelle di etanolo sia particelle di acqua. Se nel distillato si riscontra che la quantità di etanolo è aumentata rispetto alla quantità di acqua, occorre ipotizzare che le particelle di etanolo si allontanino dalla fase liquida più facilmente di quelle di acqua. Però, acqua ed etanolo non sono state separate, lo scopo non è stato raggiunto. Come si potrebbe agire? In genere, gli studenti propongono di distillare di nuovo, affermando che, nel nuovo distillato aumenterà la quantità di etanolo. Sì, dice qualcuno, ma ci sarà ancora acqua. E noi distilliamo ancora, insistono altri. Si fa strada l’idea della distillazione frazionata, che può essere introdotta senza ricorrere ad approfondimenti quantitativi. Esistono diverse colonne per la distillazione frazionata in laboratorio. Nella figura 24 viene proposta una colonna piuttosto semplice da assemblare che può essere di aiuto per concludere l’argomento tecniche di separazione delle miscele a questo livello di concettualizzazione.

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Figura 24 – Schema della tecnica di distillazione frazionata della miscela acqua-etanolo

Quando i vapori di acqua ed etanolo salgono lungo la colonna, incontrano uno strato di perline di vetro che causano una diminuzione di temperatura. L’acqua, che bolle a 100 °C condensa sulle perline e ricade nella miscela, mentre i vapori di etanolo, la cui temperatura di ebollizione è di 78,5 °C, raggiungono il refrigerante e condensando passano allo stato liquido nel distillato . In questo modo, è come se si facessero più distillazioni successive, così come richiesto dagli allievi. L’insegnante invita gli studenti a interpretare il comportamento dei gas utilizzando il modello particellare. Nella Tabella 3 vengono riassunte le tecniche prese in considerazione.

Tipo di miscela fasi Tecnica di separazione Esempi di miscele

Miscela eterogenea

S-L Decantazione-filtrazione- centrifugazione

Acqua-limatura di ferro; acqua-zolfo; Acqua-solfato di bario

S-S Metodo dei solventi

(vaporizzazione-distillazione)*

Cloruro di sodio-zolfo (solvente acqua); cloruro di sodio-saccarosio

(solvente etanolo) L-L centrifugazione Emulsione acqua-olio

Miscela omogenea

L (S in L)

vaporizzazione-distillazione

cloruro di sodio in acqua saccarosio in acqua

cristallizzazione solfato di rame in acqua cloruro di sodio in acqua

saccarosio in acqua

Estrazione con solvente Soluzione di cloruro di sodio e iodio in acqua

L (L in L)

Distillazione frazionata Acqua-etanolo

Tabella 3 – Riepilogo delle tecniche di separazione delle miscele esaminate

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Dopo aver mostrato e discusso le tecniche di separazione, l’insegnante invita gli studenti a compilare il FOL 5.7 in ogni sua parte e a rispettarne le consegne. Anche se le attività pratiche che vi sono richieste vengono svolte in gruppo, la compilazione del foglio di lavoro deve essere individuale. A ogni gruppo viene assegnata una miscela da separare nei suoi componenti.

FOL 5.7

Ti viene assegnata una miscela. Il compito da eseguire è quello di separare le sostanze che la costituiscono.

PRIMA DELL’ATTIVITÀ SPERIMENTALE

1. Miscela su cui operare la separazione delle sostanze ..…………………………………………………………………………… ..…………………………………………………………………………………………………………………………………………..

2. Materiale occorrente:..…………………………………………………………………………………………………………………… ..……………………………………………………………………………………………………………………………………………. ..…………………………………………………………………………………………………………………………………………….

3. Descrivere le operazioni che si intende compiere:..…………………………………………………………………………………. ..……………………………………………………………………………………………………………………………………………. ..…………………………………………………………………………………………………………………………………………….

4. Eseguire la separazione DURANTE E DOPO L’ATTIVITÀ SPERIMENTALE

5. Disegnare sul quaderno di laboratorio l’insieme delle apparecchiature necessarie.

6. Rappresentare con il modello particellare la miscela e le sostanze separate

Ogni gruppo esegue le consegne e le descrive e spiega ai compagni. Allo scopo di riepilogare, confrontare e discutere i vari lavori, viene predisposta la Tabella 4.

Gruppo Componenti della miscela

Tipo di miscela

Tecniche di separazione

utilizzate

Sostanze separate Note

1 2 3 4

…. Al termine della discussione, agli allievi viene assegnata una miscela e un foglio di lavoro simile al FOL 5.7 la cui funzione è quella di verificare la comprensione degli studenti; l’esito dei lavori individuali può essere valutato.