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5 - Giornalino di Agosto 2011

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INDICE :

La nostra associazione pag. 03

Perché Gesù ha parlato in Parabole pag. 06

Attenzione alle false libertà pag. 08

Quando le croci sono troppe pag. 09

La storia di un santo pag. 10

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LA NOSTRA ASSOCIAZIONE

Un Impegno per tutta la vita La “LECTIO DIVINA”

Iacopo IADAROLA (Novizio di Pulsano), ogni giovedì accompagna i ragazzi dell’Associazione alla meditazione del vang elo della domenica che segue. L’amicizia con IACOPO e con i Monaci nasce dai nost ri frequenti pellegrinaggi alla Madonna di Pulsano dove fu chies to al nostro caro amico, Padre Fedele, se gli fosse stato possibile v enire alla nostra Associazione per poter fare insieme un cammino Spir ituale. Il sacerdote ci disse che si sarebbe impegnato a realizzare il nost ro desiderio in quanto anche se i suoi tanti impegni l’avrebbero trattenut o, avrebbe mandato sicuramente qualcuno del convento. Così incominciò a venire presso la nostra Associazione il novizio IACOPO e qualche vol ta anche padre Massimo. Nel suo primo incontro IACOPO si presenta raccontan doci la sua vita e la sua conversione terminando, naturalmente, con la “L ectio Divina”. Da questo incontro il nostro educatore si accorge che IACOPO, sia per il metodo che per la sua umiltà e bravura, riesce ad a ttirare l’attenzione dei ragazzi e lo invita a continuare gli incontri anche nei mesi estivi.

Dal 18 al 24-07-2011

Don Antonio MATTATELLI

Per noi ragazzi dell'Associazione Don Bosco questa è stata una settimana ricca in tutti i sensi, sia dal punto di vista ricrea tivo che dal punto di vista spirituale dove abbiamo avuto il piacere di avere come ospite D on Antonio MATTATELLI, sacerdote esorcista della diocesi di Potenza. La sera dell’ultimo martedì di luglio, alle ore 19:00, tutti i ragazzi dell'Associazione sui sono recati presso la parrocchia “SS. R edentore” ospiti del vice parroco don Leonardo PETRANGELO dove è stata celebrata la Santa Messa presieduta da Don Antonio MATTATELLI. Ci siamo sentiti subito a casa, ci hanno accolti a braccia a perte lasciandoci gestire sia il servizio liturgico che le letture. Una Santa Messa straordinaria, semplice ma unica, indimentica bile.

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Subito dopo la celebrazione eucaristica, tutti insieme ci siam o recati alla sede della nostra Associazione, dove abbiamo degustato pane e pomodoro e infine il melone. Abbiamo trascorso un giorno indimenticabile, il giorno più bello che rimarrà sempre impresso nei nostri cuori. Oltre ai momenti ricreativi, molto profonde sono state le cate chesi di Don Antonio MATTATELLI sull’unità e la fratellanza, un momento semplice ma arricchito dalla presenza di tutti, dallo star bene insiem e e dalla bellezza di condividere i doni che Dio ogni giorno ci dona. Si cari fratelli e sorelle, procedendo insieme dobbiamo diventar e fraternità. Di per sé il concetto di fraternità è molto ampio, in quanto non si riduce solo ai rapporti interpersonali di due persone o di un insieme di pers one che seguono una determinata forma o progetto di vita religiosa, ma anc he fraternità fra le famiglie religiose, fra l’intera comunità della Chiesa (fraternità ecclesiale, ecc.). Francesco di Assisi propone di mettere in pratica la sequela di Cristo attraverso la povertà e in fraternità e quindi possi amo dedurre che dall’umiltà scaturisce la fraternità. Tanto la comunione quanto la fraternità si ispirano al progetto eva ngelico della carità, mettendo in pratica il comandamento di Gesù di AM ARSI gli uni gli altri, come lui ci ha amati e questo è il segno che contr addistingue i veri cristiani. Il codice di diritto canonico adopera delle espressioni molto eloquen ti: VITA FRATERNA, FRATERNA COMUNIONE, COMUNITA’ FRATERNA IN CRI STO. Noi non faremo mai comunione se non siamo uomini e donne di comunione. Ecco quanto ci dice Giovanni Paolo II nella Nuovo Millennio Ineunte al n° 43: “Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuo re portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comunio ne significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell’unità profonda del corpo mistico, come” uno che mi appartiene”, per saper condivider e le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi c ura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia. Spiritualità de lla comunione è pure capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c’è nell’al tro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio: un “dono per me”, oltre che per il fratello che lo ha direttamente ricevuto. Spiritualità de lla comunione è infine saper “fare spazio” al fratello, portando “i pesi gli uni degl i altri”(Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie”. Dobbiamo rimanere uniti per contrastare colui che porta la div isione: Satana, lui trae la sua forza dalle nostre debolezze, dalla nostra disunione. Rimaniamo una sola cosa in Gesù Cristo e faremo cose grandi.

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Dal 28 Giugno al 4 Luglio Pellegrinaggio a Lourdes

Introduzione

Per il terzo anno consecutivo la nostra associazione aiuta l’U.A.L.(Unione Amici di Lourdes) a prestare assistenza alle persone malate che ogni hanno si recano in pellegrinaggio a Lourdes con il “treno azzurro”. Il cammino insieme all’U.A.L. verso Lourdes è iniziato nell’anno 2009 con i volontari Angelica Damiano e Filomena Carbone, è proseguito nel 2010 con Angelica Damiano, Luigia Di Napoli, Domenico Faccenda, Libero Rinaldi e Leonardo Castigliego. Quest’anno i volontari sono stati Domenico Faccenda e Gianluca Spagnuolo che hanno prestato assistenza agli ammalati aiutand oli anche nel carico e scarico dei bagagli. Bisogna precisare, però, che o gni volontario ha un compito aggiuntivo in base all’esperienza maturata negli an ni.

Il pellegrinaggio

“Quello che si prova in questo luogo è magnifico, m a bisogna provare per capirlo”. Il pellegrinaggio è stato vissuto intensamente con tanta preghiera, carità e divertimento. Il viaggio inizia sul “treno azzurro” con attività di volontariato: servizio mensa (il quale consiste nel servire colazione, pranzo e cena ai pellegrini e agli ammalati), apertura dei lettini e la distribuzione di bevande ai viaggiatori. A tutto questo non poteva mancare la preghiera: la celebraz ione della Santa Messa, le lodi, i vespri, il Santo Rosario La cosa che più ha colpito i ragazzi è stato l’espo sizione del Santissimo Sacramento per tutto il viaggio. La preghiera conti nua con l’allegria che c’era tra i viaggianti i quali cantavano ballavano e cerc avano di render meno pesante un viaggio come questo che è durato 27 ore. Arrivati a Lourdes tutto diventa ancor più bello, l a visita in quella grotta, il bagno nella piscina, il clima e l'aria che si respi rava e tant'altro rendeva il tutto magnifico. Il programma iniziava con la santa messa, ad inizio giornata, e proseguiva con la via crucis e con le fiaccolate dove partecipavan o ammalati e personale accompagnatore. La cosa più bella è capire che si può render felici con piccoli gesti delle persone che purtroppo, per volontà di Dio, sono meno fortun ate di noi e, questo pellegrinaggio lascia un “segno” che non verrà mai dimenticato.

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PERCHE’ GESU’ HA PARLATO IN PARABOLE?

Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette s alire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiagg ia.

Ed egli espose loro molte cose in parabole.

La parabola del seminatore;

La parabola della zizzania;

Parabola del grano di senapa;

Parabola del lievito;

Parabole del tesoro e della perla;

Parabola della rete;

Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli disser o: «Perché parli loro in parabole?».

Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i m isteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato e sarà nel l'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo parlo lo ro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non co mprendono. E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice:

Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, sono diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani.

Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri or ecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato ve dere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l' udirono!

E perché spiega le parabole solo ai suoi discepoli? Sembra che Gesù faccia delle preferenze. A qualcuno parla in modo quasi oscuro; con altri, si spiega perfettamente. Ma la salvezza non è per tutti?

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La parabola non è un linguaggio oscuro, era un modo per attirare l’attenzione di chi ascoltava, per stimolare la sua curiosità.

Ma, il motivo principale era che grazie al paragone con fatti della vita di tutti i giorni, Gesù spiegava questioni complesse e profond e. Perché doveva comunicare verità soprannaturali , difficilmente comprensibili senza il ricorso a una serie di esempi. Gesù attraverso le parabole ci rivela realt à soprannaturali.

Certo: le parabole forse sono meno chiare di una sp iegazione compiuta. Ma sono sufficientemente chiare per chi vuole capire; e suf ficientemente oscure per chi non vuole capire.

E’ vero che Gesù fa una differenza: alle folle parl a in parabole, mentre con altri si spiega in modo più completo. <<Perché a voi è dato di conoscere il mistero del regno dei cieli, ma a loro non è dato, dice ai suoi discepoli>>. Pare veramente che faccia una certa selezione tra i suoi seguaci.

Gesù ha scelto un gruppo di persone che hanno un in carico particolare, quello di fondare la Chiesa, di diffondere la Fede nel mondo: con loro Gesù si rivela totalmente. Con gli altri parla in parabole, in mod o tale che: <<chi ha orecchi, intenda>>: in modo, cioè, di farsi capire solo da c hi è disposto a capire.

Gesù pronuncia una frase molto dura, perfino ingius ta: <<a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza, e a chi non ha sarà tolto anche qu ello che ha>>.

Sembra una frase che contraddice il principio secon do il quale la salvezza è offerta a tutti. Ma non è così.

E’ una frase che un contadino può comprendere benis simo. Il contadino, infatti, conosce bene la sua terra. Dove ha visto che il sem e gettato ha dato frutto, getterà dell’altro seme. Ma dove ha visto che il seme non h a dato frutto, perché la terra è sterile, toglierà anche il seme che è rimasto.

La <<semina>> della Parola di Dio, è sicuramente pe r tutti, come dice la parabola. Ma chi accoglie quella Parola e la mette in pratica avrà altri doni soprannaturali; chi invece non la accoglie, finisce col perdere anche q uella Grazia che ha ricevuto.

Per questo Gesù, che conosce gli uomini, come il co ntadino conosce la sua terra, parla in parabole: perché la terra sterile, cioè co loro che non sono disposti ad accogliere la Sua Parola, <<pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono>>. Insomma, non è Gesù che non vuol e farsi capire.

Gesù pone l’occasione di <vedere e di sentire>, ma c’è chi pur potendo vedere e sentire, non vuole né vedere né sentire.. Centrale, dunque, è la libertà dell’uomo, che può accogliere o rifiutare la Parola di Gesù.

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Attenzione alle false libertà. Una società che “se la vuol godere”

Un’impressionante descrizione della società del nos tro tempo l’ha fatta un giornalista, quando, recentemente, sul quotidian o “Il Giornale”, commentando l’attuale fenomeno della pedofilia scri ve:

“…e qui scatta un’altra questione di fondo: c’è un clima favorevole alla pedofilia. Su, non giriamoci intorno, diciamo la ve rità: si respira troppa morbosità sessuale in giro, in video, nella vita; s i benedice troppo la trasgressione e la pornografia, si ripete da troppe parti che prima di tutto c’è il piacere. La famiglia diventa, per le f abbriche della nuova morale, una variabile secondaria e arretrata dell’a ccoppiamento. Anche chi ama il sesso e lo pratica con felice assiduità non può disconoscere che la nostra sembra una società di maniaci sessual i: si usa il sesso dappertutto, perfino per vendere le brioscine. E po i si respira troppa violenza, troppo compiacimento per il sangue e per l'efferatezza. Sesso e sangue diventano una miscela devastante. Chi osa sollevare la questione passa per bigotto e antimoderno. Ma c'è u na legittimazione culturale e sociale, quasi un incoraggiamento pubbl ico e multimediale, a godere come pazzi e chi se ne frega del resto. Ques to probabilmente non crea comportamenti criminali, ma sicuramente li favorisce, fa cadere le ultime distinzioni fra il bene e il male, fa crollare gli ultimi freni inibitori, che sono un bene, e invece nella sociolo gia corrente passano per un male, al punto che oggi si dice malato chi n on è sfrenato ma chi si frena: ha complessi, poverino, è da curare o da isolare. Poi non lamentatevi se crescono i pedofili e se le folle es asperate si danno al linciaggio: entrambi pensano che il miglior modo pe r vivere nella nostra società sia sfogare tutto e subito, consumare crimi ni e vendette sul posto, come un picnic della barbarie”

Questa descrizione rappresenta l’uomo e la donna d’ oggi tesi soltanto a “godere come pazzi”, senza più freni, limiti, anzi, che si arrabbiano molto quando qualcuno rammenta loro (per il loro st esso bene) che dei limiti ci debbono pur essere… Quale illustrazione p otrebbe essere più appropriata di questa, di uno dei sette peccati cap itali, peccati di cui oggi non si parla più, ma che sembrano oggi “andare molto forte”. La Lussuria .

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QUANDO LE CROCI SONO TROPPE

Un uomo viaggiava, portando sulle spalle tante croci pesantissime. Era ansante, trafelato, oppresso e, passando un giorno davanti ad un crocifisso, se ne lamentò con il signore così: "Ah, signore, io ho imparato nel catechismo che tu ci hai creato per conoscerti, amarti e servirti... Ma invece mi sembra di essere stato creato soltanto per portare le croci! Me ne hai date tante e così pesanti che io non ho più forza per portarle...". Il Signore però gli disse: "vieni qui, figlio mio, posa queste croci per terra ed esaminiamole un poco... Ecco, questa è la croce più grossa e la più pesante; guarda cosa c' è scritto sopra...". Quell'uomo guardò e lesse questa parola: SENSUALITA’ "Lo vedi?", disse il Signore, "questa croce non te l'ho data io, ma te la sei fabbricata da solo. Hai avuto troppa smania di godere, sei andato in cerca di piaceri, di golosità, di divertimenti... E di conseguenza hai avuto malattie, povertà, rimorsi". "Purtroppo è vero, soggiunse l'uomo, questa croce l'ho fabbricata io! E' giusto che io la porti!". Sollevò da terra quella croce e se la pose di nuovo sulle spalle. Il Signore continuò: "Guarda quest' altra croce. C'è scritto sopra: ambizione. Anche questa l'hai fabbricata tu, non te l'ho data io. Hai avuto troppo desiderio di salire in alto, di occupare i primi posti, di stare al di sopra degli altri... E di conseguenza hai avuto odio, persecuzione, calunnie, disinganni". "E' vero, è vero! Anche questa croce l'ho fabbricata io! E' giusto che io la porti!". Sollevò da terra quella seconda croce e se la mise sulle spalle. Il Signore additò altre croci, e disse: "Leggi. Su questa è scritto gelosia, su quell'altra: avarizia, su quest'altra...". "Ho capito, ho capito Signore, è troppo giusto quello che tu dici...". E prima che il Signore avesse finito di parlare, il povero uomo aveva raccolto da terra tutte le sue croci e se le era poste sulle spalle. Per ultima era rimasta per terra una crocetta piccola piccola e quando l'uomo la sollevò per porsela sulle spalle, esclamò: "Oh! Come è piccola questa! E pesa poco!". Guardò quello che c'era scritto sopra e lesse queste parole: "La croce di Gesù". Vivamente commosso, sollevò lo sguardo verso il Signore ed esclamò: "Quanto sei buono!". Poi baciò quella croce con grande affetto. E il Signore gli disse: "Vedi, figlio mio, questa piccola croce te l'ho data io, ma te l'ho data con amore di padre; te l'ho data perché voglio farti acquistare merito con la pazienza; te l'ho data perché tu possa somigliare a me e starmi vicino per giungere al cielo, perché io l'ho detto: 'Chi vuole venire dietro a me prenda la sua croce ogni giorno e mi segua...', ma ho detto anche: 'il mio giogo è soave e il mio peso è leggerò". L'uomo delle croci riprese silenzioso il cammino della vita; fece ogni sforzo per correggersi dei suoi vizi e si diede con ogni premura a conoscere, amare e servire Dio. Le croci più grosse e più pesanti caddero, una dopo l'altra dalle sue spalle e gli rimase soltanto quella di Gesù. Questa se la tenne stretta al cuore fino all'ultimo giorno della sua vita, e quando arrivò al termine del viaggio, quella croce gli servì da chiave per aprire la porta del paradiso.

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San Gerardo

Gerardo Maiella, Missionario Redentorista,è invocat o in tutto il mondo come il Santo delle mamme e dei bambini. Spen tosi a Materdomini il 16 ottobre del 1755 alla giovane età di 29 anni, la sua breve esistenza sarà nota come la "Vita meravig liosa di san Gerardo Maiella". La notizia della scomparsa del sa nto fratello volò sulle ali del vento. Una grande folla assalì l a chiesetta e si strinse intorno al feretro. Si piangeva per impetra re protezione con la certezza di avere un nuovo protettore in cie lo. Piangeva di commozione fratel Carmine Santaniello, incaricat o di suonare le campane a morto; alla vista di tale spettacolo d i fede lo tradì la commozione e dalle sue mani uscirono scampanii d i gloria

che si diffusero echeggianti nella vallata del Sele . Con quel suono iniziava una nuova alba pasquale. Quello che conosciamo di san Gerardo Maiella lo dobbiamo ai suoi confratelli, ma anche alle numerose testimonianze d i amici e devoti che lo conobbero in vita o sperimentarono il suo patrocinio dopo la morte. Il suo sepolcro divenne subito meta di pellegrini. Insieme alla tomba si co minciò a venerare la sua stanza, testimone di preghiere, di penitenze, di sofferenze , di estasi e della visione confortatrice della Vergine Maria prima di volare a l cielo. Padre Francesco Santoli la descrive così: «Piccola e disadorna: misurava m. 4 di lunghezza e 3 di larghezza e di altezza. Al lato sinistro un lettino formato da due cavalletti di ferro, sormontati da due rozze tavole di castagno e un duro pagliericcio (sa ccone di cartocci di granturco). In un altro angolo un tavolo dozzinale con lucerna ad olio e qualche libro spirituale. Un paio di sedie in legno ed un catino per l’acqua. Al le pareti sospese quattro immagini cartacee... Fra la mobilia di Fr. Gerardo non manca va anche un teschio da morto sul tavolo, per il ricordo continuo di sorella morte te mporale». A San Gerardo bisogna prenderlo così com'è: una copia del Cristo sofferen te, un fanatico della volontà di Dio, un carismatico cacciatore di anime, un mistico spes so in estasi, un seminatore di miracoli. Nascondere i suoi miracoli sarebbe come r ifiutare la storia e scrivere un romanzo. Sarebbe come negare, in Gerardo, la virtù che fu poi la fonte di tutte le altre: "una fede capace di trasportare le montagne", secondo la promessa del Signore (Mt 17,20). Come in ogni altro Santo, è evidente che la luce irradiata da Gerardo non è autonoma: egli è solo luce riflessa del Cristo. La sua vita non ci parla d'altro che della forza del Redentore, il quale, con il dono dello Sp irito, ci libera, ci guarisce, ci rinnova; il suo insegnamento è eco fedele del Vangelo; gli o rizzonti, verso i quali ci proietta, sono quelli aperti dalla croce e dalla risurrezione del Cristo. Riferirsi a Gerardo significa voler fissare lo sguardo, in maniera semp re più intensa, su Cristo; riconoscere in lui il solo nostro maestro (cf Mt 23 ,10); ripetergli con Pietro: «Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6 ,68). Scrive Giovanni Paolo II: «Non si tratta di inventare un "nuovo programma". Il programma c'è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fi no al suo compimento nella Gerusalemme celeste. È un programma che non cambia col variare dei tempi e delle culture, anche se del tempo e della cultura tiene conto per un dialogo vero e una comunicazione efficace».