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1 4000 KM IN TUNISIA: RACCONTI, TRACCE E CURIOSITÀ GEOLOGICHE Dal 26 ottobre 2005 al 18 novembre 2005. Alberto Casagrande e Barbara Grillo (Nissan King Cab) Luca Calzolari e Gabriele Turchetto (Toyota Land Cruiser 3000) 26/10/2005: Pordenone - Genova (527 Km) Il momento tanto atteso è arrivato. Dopo 11 mesi dall'ultimo viaggio in Tunisia il Fennec Desert Team è pronto per una nuova avventura sempre con lo stesso animo frizzante e la stessa voglia di sabbia sotto i piedi e le ruote. L'anno scorso eravamo in 15 persone e 6 macchine, questo giro siamo solo in 4 e 2 fuoristrada. I primi a partire siamo io (Barbara) e Alberto. Gli altri due, Luca e Gabriele, ci raggiungeranno fra una settimana con un Toyota. Di nuovo sul nostro Nissan King Cab noto le piastre da sabbia. Chiedo al mio pilota cosa servono e mi risponde "Lo vedrai". La cosa mi puzza ma intuisco che quello è il salvagente (anzi salvajeep) del deserto! L'avventura comincia già a Verona Sud, dove il Nissan decide di darci un primo assaggio di problemi da risolvere: si rompe la cinghia del condizionatore che a sua volta va a lesionare quella dell'alternatore. Cominciamo bene! Ovviamente ne abbiamo di ricambio. Torna scaricare i bagagli stivati con cura a casa: chissà perché tutte le riserve stanno in fondo in fondo sotto tutto il mondo che ti sei portato via… tanto non servono mai! Supercastagna (il sopranome di Alberto) si mette all'opera come un mago con la bacchetta magica risolve il problema (il primo!). Fatto il lavoro ricarichiamo di nuovo tutto che ovviamente non sta mai come prima. Ripartiamo! Arriviamo nel pomeriggio a Genova. E' tutto come l'anno scorso! Solita fila, solita gente, solite jeep pronte all'avventura, solite auto di tunisini stracariche, soliti discorsi sul dove vai, cosa fai, dove eri. Poche parole ma comune passione: il deserto. Qualche ora di attesa e via che ci imbarchiamo alle 18.20. Ci mettono davanti. Partiamo presto e sbarchiamo presto dunque pensiamo. Il mare è calmo. Con l'anima siamo già sulle dune. 27/10/05 Tunisi – Bizerta (85 Km) Siamo impazienti di arrivare a Tunisi…ci annunciano due ore di ritardo causa Ramadan. Pareva una eternità! Il tempo in nave non passa fino al tramonto quando lentamente all'orizzonte appare la terra ferma: Africa siamo di nuovo tornati! Alle 21.45 sbarchiamo. Una ora in dogana. Dichiarare? Beh, un GPS e basta! Poi via di corsa verso Bizerta come un cavallo a cui viene aperto il recinto dove è costretto a stare per 11 mesi. Lungo la strada Alberto si ferma e allestisce la sua postazione satellitare: sfodera ben tre GPS, uno stradale, uno classico e un navigatore palmare…!

4000km in Tunisia

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4000km in Tunisia

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4000 KM IN TUNISIA: RACCONTI, TRACCE E CURIOSITÀ GEOLOGICHE

Dal 26 ottobre 2005 al 18 novembre 2005.

Alberto Casagrande e Barbara Grillo (Nissan King Cab)

Luca Calzolari e Gabriele Turchetto (Toyota Land Cruiser 3000)

26/10/2005: Pordenone - Genova (527 Km) Il momento tanto atteso è arrivato. Dopo 11 mesi dall'ultimo viaggio in Tunisia il Fennec Desert

Team è pronto per una nuova avventura sempre con lo stesso animo frizzante e la stessa voglia di

sabbia sotto i piedi e le ruote. L'anno scorso eravamo in 15 persone e 6 macchine, questo giro siamo

solo in 4 e 2 fuoristrada. I primi a partire siamo io (Barbara) e Alberto. Gli altri due, Luca e

Gabriele, ci raggiungeranno fra una settimana con un Toyota. Di nuovo sul nostro Nissan King Cab

noto le piastre da sabbia. Chiedo al mio pilota cosa servono e mi risponde "Lo vedrai". La cosa mi

puzza ma intuisco che quello è il salvagente (anzi salvajeep) del deserto! L'avventura comincia già a

Verona Sud, dove il Nissan decide di darci un primo assaggio di problemi da risolvere: si rompe la

cinghia del condizionatore che a sua volta va a lesionare quella dell'alternatore. Cominciamo bene!

Ovviamente ne abbiamo di ricambio. Torna scaricare i bagagli stivati con cura a casa: chissà perché

tutte le riserve stanno in fondo in fondo sotto tutto il mondo che ti sei portato via… tanto non

servono mai! Supercastagna (il sopranome di Alberto) si mette all'opera come un mago con la

bacchetta magica risolve il problema (il primo!). Fatto il lavoro ricarichiamo di nuovo tutto che

ovviamente non sta mai come prima. Ripartiamo! Arriviamo nel pomeriggio a Genova. E' tutto

come l'anno scorso! Solita fila, solita gente, solite jeep pronte all'avventura, solite auto di tunisini

stracariche, soliti discorsi sul dove vai, cosa fai, dove eri. Poche parole ma comune passione: il

deserto. Qualche ora di attesa e via che ci imbarchiamo alle 18.20. Ci mettono davanti. Partiamo

presto e sbarchiamo presto dunque pensiamo. Il mare è calmo. Con l'anima siamo già sulle dune.

27/10/05 Tunisi – Bizerta (85 Km) Siamo impazienti di arrivare a

Tunisi…ci annunciano due ore di

ritardo causa Ramadan. Pareva una

eternità! Il tempo in nave non passa

fino al tramonto quando lentamente

all'orizzonte appare la terra ferma:

Africa siamo di nuovo tornati! Alle

21.45 sbarchiamo. Una ora in dogana.

Dichiarare? Beh, un GPS e basta! Poi

via di corsa verso Bizerta come un

cavallo a cui viene aperto il recinto

dove è costretto a stare per 11 mesi.

Lungo la strada Alberto si ferma e

allestisce la sua postazione satellitare:

sfodera ben tre GPS, uno stradale, uno

classico e un navigatore palmare…!

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Pareva il cruscotto di un aereo da combattimento. Giusto per non perdersi!! Alle 23.30 arriviamo a

Bizerta e pernottiamo all'Hotel Sidi Salem per 60 dinari in una delle dependance molto carine in

stile esotico.

28/10/2005 Bizerta – Tabarka (257 Km) Lasciamo il comodo Hotel Sidi Salem e costeggiamo tutto il Nord della Tunisia cercando piste

inesistenti per fiancheggiare il più possibile il mare. Non tutte le strade hanno continuità. Visitiamo

Cap Blanc e Cap Serat: la sabbia è bianchissima e il mare pulito. Peccato per le immondizie che

ingombrano la spiaggia un po' ovunque. Arriviamo a Tabarka alle ore 17. Cerchiamo un posto e alla

fine ci mettiamo in un parcheggio della zona turistica tra i grandi alberghi costruiti sul cordone

litoraneo. Ne stanno facendo altri rovinando lo stupendo paesaggio costiero con un impatto

ambientale veramente distruttivo. Mettiamo il nostro rivelatore di presenza sotto la jeep per

sicurezza. Durante la notte suona e ci allerta per niente…era un gatto. Più avanti invece suonerà per

un serio motivo…

29/10/2005 Tbarka – Dougga (206 Km) Visitiamo l'isola del Forte Genovese,

dove non ci fanno entrare perché la Rai

sta girando un film per la televisione

italiana. Salutiamo il mare e ci

inoltriamo verso Sud nel continente.

Attraversiamo i Monti de le Mejerda

ricchi di stupendi boschi di sughero

puntando verso Beja. Troviamo una

mulattiera che ci conduce al Lago

artificiale J. Bougoutrase, che si trova

in mezzo ad una fascia montuosa a

pieghe semicircolari in un calcare con

noduli di selce. Arrivati a Beja

tentiamo di passare il Lago e trovare il

ponte di Traiano sul Oued Mejerda, ma

la strada finisce sotto la melma del lago artificiale. Attraversiamo i Monti Teboursouk e arriviamo a

Dougga. Chiuso per Ramadan e quindi non ci resta che fare il campo e attendere il giorno dopo. Ci

inoltriamo in mezzo ai campi coltivati sulle tracce dei trattori alla ricerca di un posto sicuro e

appartato vicino al sito. Andiamo a dormire subito dopo il tramonto. Alle 21.30 sento parlare: è un

gruppo di uomini che si avvicina alla

jeep e ci gira intorno fino a quando il

sensore sotto il Nissan suona per due

volte. Bene, penso che siamo in

pericolo. Si spaventano del campanello

e si allontano dalla jeep. Noi abbiamo

il tempo di scendere. Ci chiedono chi

siamo e cosa servono le piastre e la

pala. Si tratta di un poliziotto con

amici. Un po' in inglese e un po' in

francese ci capiamo. Pensano che

siamo dei cercatori di tesori antichi. La

zona circostante Dougga è comunque

archeologica e protetta. Alberto mi

avvisa che siamo accampati vicino ad

un Marabuto, la tomba di una persona

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importante con altre tombe minori profanate. In Tunisia è l'ultimo posto dove puoi campeggiare! Ci

prendono il numero di targa dicendoci che possiamo restare solo quella sera e se ne vanno. Ci è

andata bene!

30/10/2005 Dougga – Le Kef - Miniera di Sidi Amor Ben in disuso (150 Km) Dopo una notte in bianco a causa del vento, alla 8.30 entriamo a visitare le rovine romane di

Dougga pagando 1 dinaro a testa e 2 per le foto. Il sito archeologico è interessante e ben tenuto.

Passati per Le Kef attraversiamo una grande pianura, le cui piste non sempre sono percorribili a

causa del grave disseto idrogeologico: le abbondanti e improvvise piogge hanno creato locali

canyon che tagliano le strade e per questo motivo bisogna essere cauti e non correre molto. La

roccia infatti è caratterizzata da una alternanza di siltiti grigie tagliuzzate con peliti e arenarie. Il

buon senso dunque ci conduce verso il poco amato asfalto. Arriviamo alla miniera ormai in disuso e

un rumore secco come quello di un grosso sasso sotto la macchina ci annuncia in realtà che il

trapezio sinistro della sospensione si è completamente rotto. Serve assolutamente una saldatrice. La

sorte ha voluto che fossimo a poca distanza da una famiglia che Alberto aveva conosciuto 3 anni fa

in un altro viaggio. Andiamo da loro e ci accolgono in modo straordinariamente caloroso. Loro però

parlano solo arabo e ci facciamo capire a gesti. Gli diamo intanto vestiti, cibo e giochi. Ci fanno

intendere che siamo loro ospiti e il capofamiglia ci porta dal suo meccanico. E' Ramadan e bisogna

solo sperare che ci faccia il lavoro entro la sera… Fortuna vuole che il meccanico è disponibile.

Smontano il pezzo e io sono ospite della sua famiglia che vuole convertirmi all'Islam perché era il

momento di pregare! Alla fine l'ospite è sacro: rifiuto di pregare ma accetto la cena, mangio come

un porcello e bevo una volta sola perché c'è un bicchiere per tutti… Sopporto anche questa ma

intanto il Nissan è aggiustato! Restiamo a dormire a casa dell'amico arabo in mezzo alla sua fattoria

con i galli che cantano alle due di notte!

31/10/2005 Miniera – Gafsa (233Km) Salutati gli amici che ci hanno ospitato e con il nostro fedele Nissan andiamo alla miniera dove

estraevano ferro fino a una quarantina

di anni fa. Il pozzo profondo una

sessantina di metri, lungo il quale un

tempo trasportavano il materiale, ora

viene usato come discarica dagli

abitanti circostanti. La zona è

caratterizzata da una breccia

particolare. Si possono trovare cristalli

di calcite scalenoedrica singoli o in

gruppi e noduli di metallo pesante.

All'orizzonte si vede il Tavolato di

Giugurta: è un blocco isolato costituito

da calcare compatto a foraminiferi

(Nummuliti) e sarà la prossima meta.

La strada che lo percorre tutto attorno

è in buone condizioni tranne

nell'ultima parte dove le pareti sono instabili con massi di grosse dimensioni alla base di recente

caduta. Il sentiero che permette di arrivare in cima è stato sistemato da poco. La vista dall'alto è un

panorama a 360° che sconfina in Algeria. Almeno con lo sguardo possiamo andare là! La parte

divertente di Giugurta consiste nell'entrare ed uscire dalle numerose gallerie sotterranee che

comunicano con l'esterno come tane di talpe dove i pastori rinchiudevano le pecore per la notte.

Dalla cima del tavolato caratterizzato anche da morfologie carsiche, come vaschette, si vedono i

Monti Tebessa. Proseguiamo scendendo dalla parte opposta della salita: la strada è pericolosa

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perché corre sottoparete ed è molto

dissestata. Attraverso piste tra i boschi

e costeggiando a poca distanza il

confine algerino ad un'altitudine di 900

m arriviamo alla cascata più alta della

Tunisia.

Con nostra sorpresa parte della pista è

stata asfaltata ed a monte hanno

appena costruito una diga. Per fortuna

l'ambiente a valle non è stato toccato.

In questa zona si trovano fossili di ricci

e molluschi vari sciolti nella sabbia o

cementati nel calcare bianco e

farinoso.

Ormai è tardi e dopo una trentina di

chilometri di dura pista andiamo

direttamente via asfalto per altri 100 Km fino a Gafsa all'Hotel Gafsa, che me lo ricorderò per i suoi

scarafaggi in bagno!

01/11/2005 Gafsa – Moulares – Redeyef – Mides (142 Km) Da Gafsa prendiamo la strada che

porta verso le oasi di montagna

passando per Murales. A Redeyef

scendiamo per la pista di Romel. Un

ragazzo ci ferma e ci invita a visitare la

sua miniera di fosfati in disuso da circa

20 anni sorvegliata dal suo bel falco: è

lunga 5 km e presenta agglomerati di

fossili (conchiglie bivalvi, Turitelle,

resti di ossa di vertebrati) immersi

nella matrice fosfatica. Le pareti non

sembrano molto stabili ma la guida ci

accompagna tranquilla e se non era per

noi entravamo senza luce. Questo ci fa

capire che quel ragazzo conosce bene

quel posto e che ci ha passato tanto tempo: ci mostra sul tavolo una collezione ben fornita di reperti

geologici da lui scavati (come un bel

esemplare di tartaruga fossile) o trovati

nella zona. Questa è una interessante

zona geologica caratterizzata da strati a

fosfati, minerali come calcedonio

mammellonare o a palle, gesso e mica

bianca e livelli di conchiglie senza

matrice detritica della famiglia delle

ostriche con dimensioni pari a quella

di una grande mano aperta. Scendendo

lungo questa valle la morfologia dei

monti si fa più interessante e curiosa:

la zona prossima alla pianura presenta

spettacolari strati a cresta di drago

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immersi verso Sud o tendenti alla

verticalità. Questo particolare aspetto è

dovuto alla calcarenite più spessa e

resistente all'erosione. Ogni tanto si

trovano livello biancastri con lenti di

selce che staccano dal colore rossiccio

del resto del rilievo. Risaliamo lungo

una pista semiasfaltata che ritorna a

Redeyef. Da lì proseguiamo verso

Mides, paese berbero a poche centinaia

di metri dall'Algeria. E' una oasi di

montagna che sorge sul bordo di un

canyon profondo 60 metri. Il paese ora

è disabitato: nel 1969 una intensa

pioggia ha dilavato la sabbia che

fungeva da cemento delle case e la

gente fu costretta ad abbandonarle. Su

consiglio della guida andiamo ad accamparci tra le basse palme vicino alla diga a pochi chilometri

dal paese, un posto bello e tranquillo

ma attenti alle zanzare!! E gli animali

sono talmente assetati di acqua che alla

mattina troviamo 10 piccole creature di

rane nella sabbia bagnata dalla nostra

acqua e mi chiedo ancora da dove

vengono!

02/11/2005 Mides – Tamerza – Chebika – Tozeur – Nefta – Chot El Gharsa (239 Km) Al mattino torniamo alla gola di Mides

e la percorriamo a piedi per un po'

ammirandone la bella stratificazione di

una esemplare successione di rocce

carbonatiche. Questo è un percorso

interessante da fare anche in jeep entrando da Tamerza. Passiamo per Tamerza per vedere la

cascata: il posto è fortemente turistico

e affollato di gente. Proseguiamo verso

Sud su asfalto passando per Chebika in

direzione di Tozeur. Da Nefta

prendiamo la pista con molto "toule

ondulè", che porta verso le dune ai

margini del Chot el Gharsa. Qui

visitiamo il sito dove hanno fatto il

film "Guerre stellari": ora consiste in

case a cupola in cartone e legno

cadenti. Curiose sono le antenne

costruite con scatole delle prese

elettriche italiane! Un altro residuo

della scenografia a cupola si trova

isolato anche in mezzo al lago salato

Chot el Jerid vicino Nefta (dove

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abbiamo fatto razzia di rose del deserto abbandonate!). Tutto il paesaggio si presenta come una

pianura con sale bianco, sabbia e cristalli di gesso che riflettono il sole come specchietti.

03/11/2005 Tozeur – Douz (208 Km) A Tozeur dormiamo in un economico ma bel residence El Arich e facciamo affari al mercato

comprando tappeti berberi. L'indomani puntiamo verso Kebili attraversando per 70 Km di asfalto la

distesa salata bianca e a tratti rosa del Chot el Jerid: tutta questa depressione è ricca di salgemma

molto buono e gustoso non paragonabile al nostro sale. La piana finisce e compaiono i primi

accumuli di sabbia bianca… Manca poco per le porte del deserto. Arrivati a Douz pernottiamo

all'Hotel Tuareg. Facciamo un giro in piazza per vedere cosa c'è di nuovo: è tutto vuoto perché è

finito il Ramadan e fanno festa.

04/11/2005 Douz – Tembaine (113 Km) Alla mattina incontriamo i nostri nuovi compagni di viaggio Luca e Gabriele. Grande entusiasmo

per me e Alberto dopo una settimana di isolamento dal mondo. Giro di nuovo in paese per fare le

ultime spese, presi i permessi al campeggio e poi partenza! Scaldiamo i motori. Conto alla rovescia

per Tembaine finalmente! Questa volta

troviamo il punto chiave. Manca poco.

Per quanto corri Tembaine è sempre

là! Ormai il sole sta tramontando e

dopo un bel tratto a tutto gas ci

fermiamo perché dietro ad una grossa

duna troviamo dei militari insabbiati

con un Land Rover 110. Alberto si

avvicina e gli chiedono un accendino!

Allora lui guardando la paglia sotto la

macchina gli risponde (anche se aveva

inteso che volevano aspettare gli aiuti

fumando): "Per cosa? Volete dar fuoco

al Land?! Dai dai che vi tiriamo fuori".

E così è stato! Poi ci dicono che per

Tembaine mancano ancora 2 Km di

dune e che c'è una tappa del mondiale

motorally. La sabbia è ottima e il nostro Nissan galleggia come una tavola da surf sul mare. Ormai

il sole è tramontato e la luce ci

permette di arrivare appena in tempo

tra le due montagne del mistico

Tembaine. Dietro di noi una fila di luci

di altre jeep. Pareva la tangenziale di

Mestre! Sfoderiamo il nostro tendone

da campo ricavato da un paracadute e

lo inauguriamo con una buona

pastasciutta italiana. Con la pancia

piena ci godiamo il cielo stellato di

Tembaine: non ha paragoni. Mi tolgo

le scarpe e cammino a piedi nudi.

Questa volta lo ho fatto. Sono tornata

nel deserto per sentire cosa si prova

con la sabbia tra le dita. E' rilassante.

Ho il mondo con me: cibo, sigarette,

maggiolina, sabbia a Tembaine. Cosa vuoi di più!?

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05/11/2005 Tembaine – Ksar Ghilane (103 Km) La mattina facciamo un giro sui due

monti: impressionante come tutto

attorno c'è solo un mare di piccole

dune. Se non fosse stato per le mosche

fastidiose saremo stati ancora là

volentieri. Andiamo al pozzo dove

troviamo un gruppo di nomadi Raya, ai

quali doniamo vestiti e giochi.

Regaliamo due paia di occhiali ai due

ragazzi più grandi ma per il più piccolo

di circa 6 anni non ho altro. Mi

stupisce e colpisce il cuore quando mi

chiede i miei occhiali da vista! Vedere

queste persone fa riflettere sulla vita...

Affrontiamo con successo il parco

giochi di dune fino al recinto del parco. Tentando di trovar la pista per Ksar Ghilane ci insabbiamo

per bene e per la prima volta in questo viaggio. L'avventura comincia. Le macchine sono troppo

cariche. Verricello e piastre sembrano inizialmente essere inutili, ma dopo un po' sotto il sole

cocente riusciamo ad uscire dal quel labirinto. Quando vediamo arrivare dal mare di piccole dune

alcuni francesi con il paraurti a penzoloni, decidiamo di girare al largo fino a trovare la grande pista

che da Douz porta all'oasi. Arrivati a Ksar Ghilane e sistemato il campo, ci concediamo un bel

bagno ristoratore nel laghetto con acqua calda a 34°.

06/11/2005 Ksar Ghilane – Campo vicino Kamur (80 Km) Al mattino non possiamo abbandonare

quel bel posto senza rifare un bagnetto

nell'acqua calda assaporandone il relax

e pensando alle dune più alte. Manca

poco. Usciamo dall'oasi e una colonia

lenta e inesorabile di dromedari ci

attraversa la pista. Li portano a bere.

Aperta la pompa queste eleganti bestie

circondano con ordine la fonte

emettendo il loro verso. Per due mesi

poi niente acqua, quindi sono felici sì!

D'estate invece stanno almeno una

settimana senza bere, ci dice uno del

posto. Cercando la pista per Bir

Aouine ci insabbiamo per bene e

foriamo la prima volta. Mentre Alberto

aggiusta il Nissan, Luca si accorge che

il blocco del differenziale perde olio. Smontiamo il tutto e tiriamo fuori l'olio. Un cuscinetto si è

consumato. Dopo qualche minuto di suspance Alberto passa in azione come Supercastagna e con

fare misterioso mi dice di aprire un barattolo dei ananas… Lo guardo chiedendomi "cosa fa sto

qua?!". Prende la parte superiore e la ritaglia ricavandone un anello: ecco un vero distanziale

artigianale!! Lo rimette nel blocco che non si muove più! La cosa incredibile è che ha funzionato e

tuttora è ancora sul Toyota! Non ha più spanto! Per inserire l'olio Castagna ha fatto un biberon con

una bottiglia di plastica e un piccolo tubicino trovato in giro. Grazie all'ananas e ad Alberto quindi

ripartiamo con una carica vitaminica nel Toyota e nella nostra pancia. La pista è in buone

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condizioni. Ad un certo punto un Land

110 ci sorpassa e subito dopo si ferma

improvvisamente. E' un Land militare.

Pensiamo sia un controllo. Invece sono

i militari che abbiamo aiutato a

Tembaine e che volevano salutarci!!

Certo che il deserto è piccolo!

Continuiamo la nostra corsa

incontrando pastori con pecore in

mezzo al nulla. Osserviamo in contro

luce che l'erba c'è! E' rada ma c'è! E le

bestie si cibano di questa. Proseguiamo

fino al tramonto. Oltre al cordone di

dune c'è Bir Aouine ma è tardi. Ci

accampiamo. Io vado a dormire,

mentre Alberto aspetta il geco e gli

animaletti che tutte le mattine lasciano le impronte sulla sabbia attorno alla macchina e che non

riusciamo mai a vedere! La cosa buffa è che Alberto addirittura li chiama sia alla sera che al

mattino!

07/11/2005 Campo vicino Kamur – El Borma (150 Km) Partiamo e pochi chilometri dopo convinti di farcela a passarle ci incasiniamo nelle piccole dune

che hanno inghiottito la pista. Niente. I muretti sono sempre più alti. Rischiamo di rimanere là.

Incarichiamo Gabriele di farci da apripista e con il suo fare da lord inglese tra una bestemmia e

l'altra ci indica la strada migliore sempre con la sua macchina fotografica al collo coperta da un

asciugamano, che sembra il muso di un porcellino! A fatica riusciamo ad uscirne. Per caso mentre

siamo impiantati troviamo una chiave da 10 un po' arrugginita. Tutto può essere utile! Infatti poco

dopo è servita a Luca per togliere il filtro della nafta! Finalmente la pista si apre pulita davanti a noi

in direzione di una antenna radio. Troviamo degli scavi anomali. Mi fermo e pare essere zolfo. Poco

più avanti attraversiamo un nuovo sito di esplorazione dell'AGIP e si spiega tutto.

Andiamo in cerca del relitto del Toyota. Lo hanno spostato e messo in una buca. Luca ci rovista

dentro cercando bulloni per la sua jeep ma ormai non c'è più niente. L'anno scorso invece avevamo

trovato qualcosa di utile! Peccato. Prendiamo la nuova pista che hanno fatto per il nuovo sito e

intercettiamo la strada per El Borma. Le condizioni sono quelle di un buon toule ondulè che ci ha

accompagnato fino al controllo. La fiamma de El Borma ci dice che siamo praticamente a "casa".

Pernottiamo dentro l'oasi della SITEP prendendo due "stupendi" container da un posto per farci una

doccia a 20 dinari a cranio. Viste le condizioni igieniche della stanza, la maggiolina è una camera a

5 stelle! Il più bel posto per dormire!

08/11/2005 El Borma – Campo nel deserto (130 Km) Prima di partire facciamo il pieno di pane e acqua per 20 dinari. Il guardiano, che penso non

vedesse una donna da molto (!), mi dona fiori, latte, datteri e dolci…No Komment! Facciamo

gasolio e troviamo la sorpresa: 1,370 dinari al posto di 970 del dicembre scorso! E' aumentato un

po'! Questo ci ha fregato perché avevamo cambiato quel che pensavamo bastasse. Loro Euro non li

accettano (mentre al Nord nei mercati sì). Quindi facciamo gasolio fin che possiamo e poi vediamo.

Pronti via che le grandi dune ci attendono. Usciamo dalla pista. Il Nissan è tutto contento: liscio

come l'olio corre su quella distesa di sabbia rossa, talvolta morbida e ingannevole. Visitiamo un

luogo che dalla mappa satellitare pareva un lago. Invece non lo è: è un vecchio sito di estrazione gas

– petrolio dell'AGIP abbandonato. Trivelle triconiche e tubi ovunque senza rispetto dell'ambiente.

Una distesa di innumerevoli caotici barattoli arrugginiti attira la nostra attenzione: era la zona della

cucina evidentemente. Tutti questi oggetti e strumenti lasciati là così suscitano in me un gran senso

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di tristezza, come se avessero dovuto

abbandonare tutto di corsa e fuggire.

Non li troviamo solo là ma in altre

zone vicine. Non pensavo che il

deserto fosse così tanto mal trattato…

Facciamo una sosta bagno al cubo

dove l'acqua è ancora più calda di

quella di Ksar Ghilane. Poi

continuiamo fino al relitto del camion

ora imbrattato di scritte inutili.

Peccato. E' un punto che dovrebbe

essere più rispettato secondo me. Poi ci

dirigiamo alla ricerca del relitto di

Toyota giallo che a fatica riusciamo a

trovare, perché rispetto all'anno scorso

ora è quasi completamente insabbiato.

Proseguiamo la nostra avventura fino

alla ricerca di quel attimo che ci ripaga di tanta strada e tanta fatica: arriviamo a cavallo delle prime

grandi dune, forti emozioni,

adrenalina, paura, coraggio di

azzardare, libertà e divertimento

sfidando un ambiente unico e sperando

che ce la mandi buona!

Quel volare verso il cielo per prendere

la rincorsa, scavalcare la duna, renderti

conto in frazione di secondi cosa hai

davanti e poi subito dopo planare nella

sabbia dorata e tirare un sospiro di

sollievo, sono sensazioni irrepetibili e

indescrivibili. Solo qua si sentono. Il

tramonto sta calando. Facciamo campo

ai piedi di una grande duna, che

sembra proteggerci dal vento come una

mamma abbraccia il figlio.

09/11/2005 Campo nel deserto – Borj El Khadra (103 Km) Ore 7 il sole ci sveglia. Ore 8.25

arrivano le solite mosche! Via via che

partiamo verso le grandi dune. Questa

parte del deserto presenta cordoni di

sabbia con dune sovrapposte

dall'aspetto elegante e maestoso e alla

base depressioni pianeggianti con

croste saline: il colore trae in inganno a

seconda della prospettiva di

osservazione, perché sono nere viste

da lontano in controluce, ma in realtà

sono bianche. Facciamo un po' di

slalom per evitare di insabbiarci tra

quelle che io chiamo "le bestie",

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ovvero le grandi dune perché mi sembrano esseri viventi con il vento che le accarezza il dorso.

Facciamo tanto slalom che la "bestia" ci porta dove vuole lei e finiamo per rasentare il confine

algerino. Seguiamo le tracce di altri incoscienti come noi che ci accompagnano nella direzione

sbagliata. Un GPS ci informa che abbiamo sconfinato di un centinaio di metri, l'altro GPS ci

assicura che siamo ancora in Tunisia. Nel dubbio torniamo un po' indietro e tentiamo di passare una

grande duna. Il Nissan è troppo carico e dopo diversi tentativi ci riesce. A cavallo ci mettiamo ad

ammirare la Libia: all'orizzonte i tavolati isolati con le pianure ricche di pezzettini di selce

riflettente il sole e il lago salato. Tutto come l'anno scorso. E dietro di noi anche per questa volta il

deserto. Per il momento è andato tutto bene. Puntiamo a Borj El Khadra. Sostiamo al Cafè 7

Novembre. Entro per scrivere subito sul muro che il Fennec Desert Team è ritornato e mi perdo a

leggere le altre scritte. Una mi colpisce in particolare sia per il senso delle parole che racchiudono il

significato di questo tipo di viaggio e la passione del fuoristradista per il Sahara, sia perché sono la

testimonianza che ce l'hanno fatta ad uscire dal deserto. Mi riferisco al Desert Scorpion Team che il

29 dicembre 2004 abbiamo incontrato in mezzo alle dune diretti a Borj El Kadra con la frizione

rotta di un L 200. Ci avevano chiesto aiuto ma non avevamo pezzi di ricambio. Da quel che è scritto

si intuisce che sono usciti dal deserto trainandolo con il verricello su per le dune e che è stata una

bella sofferta avventura tutta riassunta in queste stupende parole: "Intraprendiamo ancora una volta

l'avventura con entusiasmo, voglia di vivere e amore per la libertà. Valichiamo dune alla ricerca di

quel attimo (e magari di un meccanico) che rende le nostre fatiche degne di essere vissute". Io al

posto della parola meccanico ci metterei una saldatrice, perché di quella che ne avremmo avuto

proprio bisogno in futuro…!! Quelle parole sono per me ora poesia. Per passare la serata apriamo

un piccolo cinema mostrando il DVD del viaggio dell'anno scorso ad un pubblico variegato

composto dal figlio di Dahou, dai suoi amici e da un paio di militari. Speriamo di convincerli a

portarci al cippo dei tre confini come la volta precedente ma ci dicono che è interdetto. Approfitto

per chiedere informazioni riguardo a cosa succede se un turista sconfina per sbaglio in Algeria o in

Libia: mi risponde che in entrambe i casi ti riportano in Tunisia e non ti fanno niente, perché hai il

permesso tunisino. La prima nazione resta comunque sempre un po' più problematica della seconda.

10/11/2005 Borj El Khadra – Bir Pistor – Campo nel deserto (116 Km) Salutiamo Borj El Khadra e andiamo diretti a Bir Pistor. Fiancheggiamo il lago salato sconfinando

per 500 metri in Libia per visitare il

vecchio forte dei legionari.

All'orizzonte si vedono i miraggi. Ci

fermiamo a raccogliere le rose del

deserto. Ce ne sono di grandi, a disco,

a rosa, e piccoline molte carine. Si

formano in un ambiente caratterizzato

da una intensa evaporazione entro il

primo metro di sabbia. Ci avviciniamo

verso Nord al primo cordone di dune:

si ritorna indietro. Il deserto ci dà il

suo benvenuto con una serie di

gigantesche dune mozzafiato. Una alta

circa 100 metri e divisa in tre salti mi

resta particolarmente impressa. Mi

ripetevo la frase della scritta sul muro

del Cafè 7 Novembre "alla ricerca di

quel attimo" fino a cantarla quella poesia. Il meccanico è in macchina con me. La voglia di vivere è

tanta quindi me la faccio a piedi! Rispetto all'andata avevamo i muri a favore e quindi alla rampa

seguiva il muro. Il ritorno è stato infatti più veloce e meno difficoltoso anche se più adrenalinico. Il

gasolio de El Borma non è però dei migliori e il Toyota di Luca non va a tutto gas. Ci fermiamo a

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11

sistemarlo e una colonia di moto e jeep

si avvicinano. Il deserto è piccolo! E'

Enrica Perego con altri 12 motociclisti

e fuoristrada di assistenza. L'incontro è

stato utile e tempestivo perché ci

cambiano Euro in dinari, così poi a El

Borma possiamo fare un po' di gasolio.

Continuiamo la risalita del deserto

correndo su comodi tratti pianeggianti

e incontrando qualche dromedario

solitario. Per caso ai piedi di una delle

tante rampe Alberto trova una piccola

freccia preistorica. Da quel momento

una passione improvvisa per questi

reperti ci prende a tal punto che

qualsiasi posto ricco di pezzettini di

selce è oggetto della nostra accurata ispezione! Veniamo attirati da una breve piana (uno dei tanti

gassi) tra due dune. Dopo aver trovato

qualche reperto di scarto di

lavorazione tentiamo di ripartire ma ci

insabbiamo. Ci vogliono alcune ore

per uscirne perché ovunque la sabbia è

soffice e traditrice tipo quella dei laghi

salati. Alle 17.00 comincia a

tramontare il sole. Facciamo campo ai

piedi di un cordone di sabbia. Finché

la luce lo permette passeggiamo sulle

dune più alte osservando come si

muove la sabbia, quando la calpesti

fino ad affondare la gamba: ha un

movimento lento e sinuoso che regala

benessere e pace.

11/11/2005 Campo nel deserto – El Borma – Campo Borj Jenein (205 Km) Assaporiamo gli ultimi momenti tra la vera sabbia e ripartiamo verso El Borma. La pista non è

molto comoda e la temperatura del Nissan raggiunge il livello limite costringendoci spesso a far

molte soste. Facciamo gasolio a El Borma e ci dirigiamo in direzione di Borj Jenein. Salutiamo a

malincuore la sabbia e facciamo campo nei pressi di una delle colline coniche. Ovunque tira vento.

12/11/2005 Campo Borj Jeneine – Ramada – Tataouine (234 Km) Cerchiamo sulla mappa un qualcosa di interessante da vedere consapevoli che mai niente poteva

essere ormai più bello del deserto appena passato. Notiamo dei monti che poi scopriamo essere una

catena di piccole dune non paragonabili alle precedenti. Luca ci avvisa che un supporto della

maggiolina è saltato. Lo ripariamo velocemente con filo di ferro sperando che tenga.

Passando per Borj Jenein facciamo un giro sulla fascia montuosa che confina con la Libia. Passiamo

nelle vicinanze di Bir Lorzot e prendiamo quella che sulla carta è segnata come strada statale: è una

strada sterrata che ad un certo punto si divide in quattro corsie! A noi l'imbarazzo della scelta!

Cercando la pista per lo Ksar Ouni finiamo dentro una valletta sbarrata da recenti dighe artificiali

per la coltivazione di olive. La pista vera si trova a poche centinaia di metri di distanza. Per

raggiungerla azzardiamo un passaggio su fondo molto dissestato da acque piovane. Luca ci informa

che tre supporti della maggiolina ora sono saltati! Bene! Un bella saldatrice non farebbe male!

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Intanto con il trapano cerchiamo di

fissare delle piastrine e speriamo

nuovamente che tengano almeno fino a

trovare un fabbro. Passiamo questo

tratto piuttosto tecnico osservando che

la maggiolina non plani sulla testa del

Toyota! Davanti a noi si apre un

grande canyon. Lo scendiamo e lo

percorriamo tutto. Man mano si allarga

fino a diventare una pianura e ad

incontrare la statale per Ramada.

Appena le ruote toccano l'asfalto

sentiamo la nostalgia della sabbia. Ma

dobbiamo pensare ad aggiustare i

supporti. Arriviamo a Tataouine e

troviamo un bravo fabbro che per 10

dinari ci sistema il tutto. Pernottiamo

all'Hotel Le Gazelle. Dopo una decina giorni di deserto già si ritorna alla "civiltà".

13/11/2005 Tataouine – Douiret – Medenine (157 Km) Facciamo un giro al mercato pieno di verdure di ottima qualità impilate magistralmente e facciamo

la spesa comprando una scorta dei

gustosi formaggini President!

Guardiamo la mappa e decidiamo di

andare a vedere il paese berbero di

Douiret.

Visitiamo Douiret. Hanno sistemato

grazie ad aiuti italiani alcune case

berbere e trasformate in suggestive e

carine camere di albergo. La cosa

particolare è che tutto il paese è

costruito e scavato in un livello

particolare ad arenaria. Vi sono strati

meno resistenti di argilla con tracce

fossili che organismi marini hanno

lasciato sul fondo del mare come

piccoli vermi (chiamate icnofacies): a

seconda che sia una tana o una pista prendono nomi diversi come paschicnia, fodicnia, etc… Per

scendere percorriamo un pista distrutta dall'acqua. Passiamo per Chenini e ci dirigiamo verso Jerba

per veder cosa ha tanto di bello sta isola. Seguiamo una pista rivelatasi tremenda e rovinata perché a

toul ondulè molto accentuato. Ne abbiamo dedotto che tutte le piste frequentate dalle jeep dei viaggi

organizzati sono così e quindi da evitare. L'unica cosa simpatica di questa traccia è l'incontro con un

geco. Finalmente Alberto ha trovato sta lucertola rosa direi carina: ci siamo fermati a curiosare una

cisterna e l'animale si trovava sotto il chiusino della botola. Lungo il tragitto la macchina prende

l'ultimo colpo di grazia sulla sospensione destra su un tratto sconnesso. Dopo quel punto un rumore

(uno dei tanti!) costante e vibrante ci tormenta perché non capiamo cosa è. Ci fermiamo più volte

per trovarlo e decidiamo di fare il campo in mezzo alla pianura nei pressi di Medenine con un vento

fastidioso. Sul deserto sarebbe stato peggio. Ispezioniamo il Nissan e scopriamo che si è rotta la

carrozzeria interna. Niente di grave fino a quando penso bene di chiedere ad Alberto:"Ma è tutto

apposto sul trapezio destro?". Eh anche quello sta per rompersi!! Questo è più grave. Ci dormiamo

sopra.

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14/11/2005 Medenine – Jerba – Zarsis (260 Km) A Medenine troviamo un fabbro

(ormai abbiamo l'abbonamento!).

Ripariamo il pezzo e ripartiamo verso

Jerba. E' una delusione: l'isola è

attrezzata per il turista europeo che

vuole farsi le ferie in Tunisia pensando

di trovare l'Europa…super alberghi

come alveari hanno rovinato tutta la

costa Nord – Est. Per trovare un po' di

vita bisogna andare a Souk: è un centro

molto turistico con un mercato che

raccoglie gran parte delle merci

tunisine. La zona a Nord e a Ovest non

ha niente di particolare se non qualche

spiaggia ricca di madreperla tra rocce

in arenaria carsificate dal mare. Il mare è sempre pulito ma la zona terrestre un po' meno. L'isola ha

un perimetro di 60 Km e in poco tempo si fa il giro. Ormai sono le 16 e andiamo al campeggio ma è

chiuso perché fuori stagione.

Allora visto il vento insistente

decidiamo di non fare campo ma di

andare a Zarsis. Non volevamo

provare uno dei grandi alberghi, ma

alla fine a Zarsis c'è solo quello,

escludendo un bettola in centro.

Prendiamo le camere per 43 dinari a

testa all'Hotel Zarzis. Quando andiamo

a cena ci accorgiamo che è pieno di

tedeschi in avanzata età! Ci sentivamo

giovani!

15/11/2005 Zarsis – Medenine - Gabes – Passo di Biada (278 Km) Manca due giorni e un po' stufi

cerchiamo sulla mappa un posto

interessante e stimolante. Andare al Passo Biada è la scelta che ci risolleva gli animi dalla delusione

di Jerba. Cerchiamo di scavalcare le montagne che si ripresentano spesso a cresta di drago e

percorriamo un tratto di alveo fluviale molto carino con paleolivelli conglomeratici. Incrociamo la

strada asfaltata che però ci vuole portare a fare il giro dei monti. Per caso vediamo una singolare

gola prima di arrivare al passaggio classico per il Passo di Biada e la risaliamo. E' un tratto lungo

qualche centinaia di metri ma veramente bello: le jeep passano a pelo in mezzo a due pareti lisce di

origine strutturale in calcare bianco con grandi lenti di selce. Tutta la zona è tettonizzata ed

estremamente interessante dal punto di vista geologico. Probabilmente è stata allargata

recentemente dall'uomo approfittando della fascia cataclasata che si presta meglio alla scavo.

Questo tratto è una traccia che funge da scorciatoia rispetto alla strada classica che porta a Sakkete e

merita di passarla. Attraversiamo il paese berbero dove la gente cordialissima ci indica meglio la via

per salire al Passo. I bambini ci assalgono felici di ricevere penne e quaderni. Purtroppo il tempo

non è buono e il cielo è poco limpido. La montagna è come un quadro dai mille colori: alternanze di

rocce differenti spiegano il perché del rosa, bianco (gesso), giallo, rosso (arenaria), verde.

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Arriviamo in cima e una jeep ci ferma:

non possiamo proseguire perché la

RAI sta girando un film ed il passaggio

è interdetto. E che palle! Di nuovo

anche qui! Allora ci accompagnano un

pezzo indietro fino ad indicarci un

pista alternativa per arrivare dall'altra

parte a Sened. E' abbastanza esposta e

sconnessa ma interessante. Cerchiamo

un posto per fare il campo ma il vento

non ci dà tregua da nessuna parte.

Ormai è l'ultimo e un luogo vale l'altro.

Tra gli ulivi va benissimo!

16/11/2005 Passo di Biada – Karouiane (256 Km) Attraversiamo il paese berbero di Sened con rovine simili a quelle di Douiret. Singolare è un albero

di ulivo in mezzo alla strada! Ormai dobbiamo ammazzare il tempo in vista del traghetto. A Nas

Allan facciamo un breve pista di

montagna che a dire del benzinaio è

"dangerousa"! Non lo è affatto. E' solo

un po' sconnessa e con un tratto

leggermente esposto. Facciamo tutto il

giro fino ad arrivare a Karouiane

all'Hotel Tunisi (40 dinari in due).

Visitiamo la medina, ma la gente è

peggio delle mosche e la serata finisce

quasi in baruffa con un mercante

scortese e insistente. Rimpiangiamo la

cortesia incontrata a Tozeur e Douz.

17/11/2005 Karouiane – Tunisi (271 Km) Invece di prendere la strada diretta a

Tunisi facciamo il giro della "pitona" triplicando i chilometri per spendere tempo. Percorriamo

campi, colline, e le ultime montagne a 60 Km dalla capitale. Non vogliamo entrare in città, ma alla

fine per sbaglio ci dobbiamo passare per andare alla Goulette. La attraversiamo lungo strade in

contromano riservate a filovie. Intanto piove e il mare non è a nostro favore. Arrivati troppo presto

all'imbarco, decidiamo di farci un giro per Cartagine. Siamo in dogana alla 19.30 dopo alcune ore

passate ad aspettare di sbrigare le carte finalmente ci imbarchiamo. Partiamo alle 23.00. Il mare è a

forza 5 fino in Sardegna. Dormire è impossibile. Robe da delirium tremens. La nave spancia diverse

volte. L'incubo finisce verso mattina.

18/11/2005 Tunisi – Genova – Pordenone (427 Km) Il ritorno è sempre piacevole se trovi gente con cui condividere la propria esperienza e soprattutto

alleviare le sofferenze del mal di mare parlando del deserto e della propria avventura. Assaliamo il

buffet senza pensare che il conto non è più in dinari: due cotolette alla milanese, una minestra,

acqua per 24 Euro! Spendiamo di più in traghetto che una settimana in Tunisia! Arriviamo alle

21.30 e sbarchiamo dopo un'ora. Mentre attendiamo il Toyota di Luca, è divertente vedere le jeep

che corrono come barconi, carichi di sabbia e scariche di ammortizzatori! Il Nissan è il nostro

fedele mulo che ci porta a casa ancora per questo viaggio. Per lui ormai è il quinto in Tunisia. E

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questa volta ne ha fatti oltre 5000 di chilometri: 1000 tra andare e tornare da casa a Genova, 1500

nel deserto e in totale tra asfalto e piste 4000 Km in Tunisia.

Barbara Grillo e Alberto Casagrande (Nissan King Cab)

Luca Calzolari e Gabriele Turchetto (Toyota Land Cruiser 3000)