Upload
fennec-desert-team
View
238
Download
2
Embed Size (px)
DESCRIPTION
4000km in Tunisia
Citation preview
1
4000 KM IN TUNISIA: RACCONTI, TRACCE E CURIOSITÀ GEOLOGICHE
Dal 26 ottobre 2005 al 18 novembre 2005.
Alberto Casagrande e Barbara Grillo (Nissan King Cab)
Luca Calzolari e Gabriele Turchetto (Toyota Land Cruiser 3000)
26/10/2005: Pordenone - Genova (527 Km) Il momento tanto atteso è arrivato. Dopo 11 mesi dall'ultimo viaggio in Tunisia il Fennec Desert
Team è pronto per una nuova avventura sempre con lo stesso animo frizzante e la stessa voglia di
sabbia sotto i piedi e le ruote. L'anno scorso eravamo in 15 persone e 6 macchine, questo giro siamo
solo in 4 e 2 fuoristrada. I primi a partire siamo io (Barbara) e Alberto. Gli altri due, Luca e
Gabriele, ci raggiungeranno fra una settimana con un Toyota. Di nuovo sul nostro Nissan King Cab
noto le piastre da sabbia. Chiedo al mio pilota cosa servono e mi risponde "Lo vedrai". La cosa mi
puzza ma intuisco che quello è il salvagente (anzi salvajeep) del deserto! L'avventura comincia già a
Verona Sud, dove il Nissan decide di darci un primo assaggio di problemi da risolvere: si rompe la
cinghia del condizionatore che a sua volta va a lesionare quella dell'alternatore. Cominciamo bene!
Ovviamente ne abbiamo di ricambio. Torna scaricare i bagagli stivati con cura a casa: chissà perché
tutte le riserve stanno in fondo in fondo sotto tutto il mondo che ti sei portato via… tanto non
servono mai! Supercastagna (il sopranome di Alberto) si mette all'opera come un mago con la
bacchetta magica risolve il problema (il primo!). Fatto il lavoro ricarichiamo di nuovo tutto che
ovviamente non sta mai come prima. Ripartiamo! Arriviamo nel pomeriggio a Genova. E' tutto
come l'anno scorso! Solita fila, solita gente, solite jeep pronte all'avventura, solite auto di tunisini
stracariche, soliti discorsi sul dove vai, cosa fai, dove eri. Poche parole ma comune passione: il
deserto. Qualche ora di attesa e via che ci imbarchiamo alle 18.20. Ci mettono davanti. Partiamo
presto e sbarchiamo presto dunque pensiamo. Il mare è calmo. Con l'anima siamo già sulle dune.
27/10/05 Tunisi – Bizerta (85 Km) Siamo impazienti di arrivare a
Tunisi…ci annunciano due ore di
ritardo causa Ramadan. Pareva una
eternità! Il tempo in nave non passa
fino al tramonto quando lentamente
all'orizzonte appare la terra ferma:
Africa siamo di nuovo tornati! Alle
21.45 sbarchiamo. Una ora in dogana.
Dichiarare? Beh, un GPS e basta! Poi
via di corsa verso Bizerta come un
cavallo a cui viene aperto il recinto
dove è costretto a stare per 11 mesi.
Lungo la strada Alberto si ferma e
allestisce la sua postazione satellitare:
sfodera ben tre GPS, uno stradale, uno
classico e un navigatore palmare…!
2
Pareva il cruscotto di un aereo da combattimento. Giusto per non perdersi!! Alle 23.30 arriviamo a
Bizerta e pernottiamo all'Hotel Sidi Salem per 60 dinari in una delle dependance molto carine in
stile esotico.
28/10/2005 Bizerta – Tabarka (257 Km) Lasciamo il comodo Hotel Sidi Salem e costeggiamo tutto il Nord della Tunisia cercando piste
inesistenti per fiancheggiare il più possibile il mare. Non tutte le strade hanno continuità. Visitiamo
Cap Blanc e Cap Serat: la sabbia è bianchissima e il mare pulito. Peccato per le immondizie che
ingombrano la spiaggia un po' ovunque. Arriviamo a Tabarka alle ore 17. Cerchiamo un posto e alla
fine ci mettiamo in un parcheggio della zona turistica tra i grandi alberghi costruiti sul cordone
litoraneo. Ne stanno facendo altri rovinando lo stupendo paesaggio costiero con un impatto
ambientale veramente distruttivo. Mettiamo il nostro rivelatore di presenza sotto la jeep per
sicurezza. Durante la notte suona e ci allerta per niente…era un gatto. Più avanti invece suonerà per
un serio motivo…
29/10/2005 Tbarka – Dougga (206 Km) Visitiamo l'isola del Forte Genovese,
dove non ci fanno entrare perché la Rai
sta girando un film per la televisione
italiana. Salutiamo il mare e ci
inoltriamo verso Sud nel continente.
Attraversiamo i Monti de le Mejerda
ricchi di stupendi boschi di sughero
puntando verso Beja. Troviamo una
mulattiera che ci conduce al Lago
artificiale J. Bougoutrase, che si trova
in mezzo ad una fascia montuosa a
pieghe semicircolari in un calcare con
noduli di selce. Arrivati a Beja
tentiamo di passare il Lago e trovare il
ponte di Traiano sul Oued Mejerda, ma
la strada finisce sotto la melma del lago artificiale. Attraversiamo i Monti Teboursouk e arriviamo a
Dougga. Chiuso per Ramadan e quindi non ci resta che fare il campo e attendere il giorno dopo. Ci
inoltriamo in mezzo ai campi coltivati sulle tracce dei trattori alla ricerca di un posto sicuro e
appartato vicino al sito. Andiamo a dormire subito dopo il tramonto. Alle 21.30 sento parlare: è un
gruppo di uomini che si avvicina alla
jeep e ci gira intorno fino a quando il
sensore sotto il Nissan suona per due
volte. Bene, penso che siamo in
pericolo. Si spaventano del campanello
e si allontano dalla jeep. Noi abbiamo
il tempo di scendere. Ci chiedono chi
siamo e cosa servono le piastre e la
pala. Si tratta di un poliziotto con
amici. Un po' in inglese e un po' in
francese ci capiamo. Pensano che
siamo dei cercatori di tesori antichi. La
zona circostante Dougga è comunque
archeologica e protetta. Alberto mi
avvisa che siamo accampati vicino ad
un Marabuto, la tomba di una persona
3
importante con altre tombe minori profanate. In Tunisia è l'ultimo posto dove puoi campeggiare! Ci
prendono il numero di targa dicendoci che possiamo restare solo quella sera e se ne vanno. Ci è
andata bene!
30/10/2005 Dougga – Le Kef - Miniera di Sidi Amor Ben in disuso (150 Km) Dopo una notte in bianco a causa del vento, alla 8.30 entriamo a visitare le rovine romane di
Dougga pagando 1 dinaro a testa e 2 per le foto. Il sito archeologico è interessante e ben tenuto.
Passati per Le Kef attraversiamo una grande pianura, le cui piste non sempre sono percorribili a
causa del grave disseto idrogeologico: le abbondanti e improvvise piogge hanno creato locali
canyon che tagliano le strade e per questo motivo bisogna essere cauti e non correre molto. La
roccia infatti è caratterizzata da una alternanza di siltiti grigie tagliuzzate con peliti e arenarie. Il
buon senso dunque ci conduce verso il poco amato asfalto. Arriviamo alla miniera ormai in disuso e
un rumore secco come quello di un grosso sasso sotto la macchina ci annuncia in realtà che il
trapezio sinistro della sospensione si è completamente rotto. Serve assolutamente una saldatrice. La
sorte ha voluto che fossimo a poca distanza da una famiglia che Alberto aveva conosciuto 3 anni fa
in un altro viaggio. Andiamo da loro e ci accolgono in modo straordinariamente caloroso. Loro però
parlano solo arabo e ci facciamo capire a gesti. Gli diamo intanto vestiti, cibo e giochi. Ci fanno
intendere che siamo loro ospiti e il capofamiglia ci porta dal suo meccanico. E' Ramadan e bisogna
solo sperare che ci faccia il lavoro entro la sera… Fortuna vuole che il meccanico è disponibile.
Smontano il pezzo e io sono ospite della sua famiglia che vuole convertirmi all'Islam perché era il
momento di pregare! Alla fine l'ospite è sacro: rifiuto di pregare ma accetto la cena, mangio come
un porcello e bevo una volta sola perché c'è un bicchiere per tutti… Sopporto anche questa ma
intanto il Nissan è aggiustato! Restiamo a dormire a casa dell'amico arabo in mezzo alla sua fattoria
con i galli che cantano alle due di notte!
31/10/2005 Miniera – Gafsa (233Km) Salutati gli amici che ci hanno ospitato e con il nostro fedele Nissan andiamo alla miniera dove
estraevano ferro fino a una quarantina
di anni fa. Il pozzo profondo una
sessantina di metri, lungo il quale un
tempo trasportavano il materiale, ora
viene usato come discarica dagli
abitanti circostanti. La zona è
caratterizzata da una breccia
particolare. Si possono trovare cristalli
di calcite scalenoedrica singoli o in
gruppi e noduli di metallo pesante.
All'orizzonte si vede il Tavolato di
Giugurta: è un blocco isolato costituito
da calcare compatto a foraminiferi
(Nummuliti) e sarà la prossima meta.
La strada che lo percorre tutto attorno
è in buone condizioni tranne
nell'ultima parte dove le pareti sono instabili con massi di grosse dimensioni alla base di recente
caduta. Il sentiero che permette di arrivare in cima è stato sistemato da poco. La vista dall'alto è un
panorama a 360° che sconfina in Algeria. Almeno con lo sguardo possiamo andare là! La parte
divertente di Giugurta consiste nell'entrare ed uscire dalle numerose gallerie sotterranee che
comunicano con l'esterno come tane di talpe dove i pastori rinchiudevano le pecore per la notte.
Dalla cima del tavolato caratterizzato anche da morfologie carsiche, come vaschette, si vedono i
Monti Tebessa. Proseguiamo scendendo dalla parte opposta della salita: la strada è pericolosa
4
perché corre sottoparete ed è molto
dissestata. Attraverso piste tra i boschi
e costeggiando a poca distanza il
confine algerino ad un'altitudine di 900
m arriviamo alla cascata più alta della
Tunisia.
Con nostra sorpresa parte della pista è
stata asfaltata ed a monte hanno
appena costruito una diga. Per fortuna
l'ambiente a valle non è stato toccato.
In questa zona si trovano fossili di ricci
e molluschi vari sciolti nella sabbia o
cementati nel calcare bianco e
farinoso.
Ormai è tardi e dopo una trentina di
chilometri di dura pista andiamo
direttamente via asfalto per altri 100 Km fino a Gafsa all'Hotel Gafsa, che me lo ricorderò per i suoi
scarafaggi in bagno!
01/11/2005 Gafsa – Moulares – Redeyef – Mides (142 Km) Da Gafsa prendiamo la strada che
porta verso le oasi di montagna
passando per Murales. A Redeyef
scendiamo per la pista di Romel. Un
ragazzo ci ferma e ci invita a visitare la
sua miniera di fosfati in disuso da circa
20 anni sorvegliata dal suo bel falco: è
lunga 5 km e presenta agglomerati di
fossili (conchiglie bivalvi, Turitelle,
resti di ossa di vertebrati) immersi
nella matrice fosfatica. Le pareti non
sembrano molto stabili ma la guida ci
accompagna tranquilla e se non era per
noi entravamo senza luce. Questo ci fa
capire che quel ragazzo conosce bene
quel posto e che ci ha passato tanto tempo: ci mostra sul tavolo una collezione ben fornita di reperti
geologici da lui scavati (come un bel
esemplare di tartaruga fossile) o trovati
nella zona. Questa è una interessante
zona geologica caratterizzata da strati a
fosfati, minerali come calcedonio
mammellonare o a palle, gesso e mica
bianca e livelli di conchiglie senza
matrice detritica della famiglia delle
ostriche con dimensioni pari a quella
di una grande mano aperta. Scendendo
lungo questa valle la morfologia dei
monti si fa più interessante e curiosa:
la zona prossima alla pianura presenta
spettacolari strati a cresta di drago
5
immersi verso Sud o tendenti alla
verticalità. Questo particolare aspetto è
dovuto alla calcarenite più spessa e
resistente all'erosione. Ogni tanto si
trovano livello biancastri con lenti di
selce che staccano dal colore rossiccio
del resto del rilievo. Risaliamo lungo
una pista semiasfaltata che ritorna a
Redeyef. Da lì proseguiamo verso
Mides, paese berbero a poche centinaia
di metri dall'Algeria. E' una oasi di
montagna che sorge sul bordo di un
canyon profondo 60 metri. Il paese ora
è disabitato: nel 1969 una intensa
pioggia ha dilavato la sabbia che
fungeva da cemento delle case e la
gente fu costretta ad abbandonarle. Su
consiglio della guida andiamo ad accamparci tra le basse palme vicino alla diga a pochi chilometri
dal paese, un posto bello e tranquillo
ma attenti alle zanzare!! E gli animali
sono talmente assetati di acqua che alla
mattina troviamo 10 piccole creature di
rane nella sabbia bagnata dalla nostra
acqua e mi chiedo ancora da dove
vengono!
02/11/2005 Mides – Tamerza – Chebika – Tozeur – Nefta – Chot El Gharsa (239 Km) Al mattino torniamo alla gola di Mides
e la percorriamo a piedi per un po'
ammirandone la bella stratificazione di
una esemplare successione di rocce
carbonatiche. Questo è un percorso
interessante da fare anche in jeep entrando da Tamerza. Passiamo per Tamerza per vedere la
cascata: il posto è fortemente turistico
e affollato di gente. Proseguiamo verso
Sud su asfalto passando per Chebika in
direzione di Tozeur. Da Nefta
prendiamo la pista con molto "toule
ondulè", che porta verso le dune ai
margini del Chot el Gharsa. Qui
visitiamo il sito dove hanno fatto il
film "Guerre stellari": ora consiste in
case a cupola in cartone e legno
cadenti. Curiose sono le antenne
costruite con scatole delle prese
elettriche italiane! Un altro residuo
della scenografia a cupola si trova
isolato anche in mezzo al lago salato
Chot el Jerid vicino Nefta (dove
6
abbiamo fatto razzia di rose del deserto abbandonate!). Tutto il paesaggio si presenta come una
pianura con sale bianco, sabbia e cristalli di gesso che riflettono il sole come specchietti.
03/11/2005 Tozeur – Douz (208 Km) A Tozeur dormiamo in un economico ma bel residence El Arich e facciamo affari al mercato
comprando tappeti berberi. L'indomani puntiamo verso Kebili attraversando per 70 Km di asfalto la
distesa salata bianca e a tratti rosa del Chot el Jerid: tutta questa depressione è ricca di salgemma
molto buono e gustoso non paragonabile al nostro sale. La piana finisce e compaiono i primi
accumuli di sabbia bianca… Manca poco per le porte del deserto. Arrivati a Douz pernottiamo
all'Hotel Tuareg. Facciamo un giro in piazza per vedere cosa c'è di nuovo: è tutto vuoto perché è
finito il Ramadan e fanno festa.
04/11/2005 Douz – Tembaine (113 Km) Alla mattina incontriamo i nostri nuovi compagni di viaggio Luca e Gabriele. Grande entusiasmo
per me e Alberto dopo una settimana di isolamento dal mondo. Giro di nuovo in paese per fare le
ultime spese, presi i permessi al campeggio e poi partenza! Scaldiamo i motori. Conto alla rovescia
per Tembaine finalmente! Questa volta
troviamo il punto chiave. Manca poco.
Per quanto corri Tembaine è sempre
là! Ormai il sole sta tramontando e
dopo un bel tratto a tutto gas ci
fermiamo perché dietro ad una grossa
duna troviamo dei militari insabbiati
con un Land Rover 110. Alberto si
avvicina e gli chiedono un accendino!
Allora lui guardando la paglia sotto la
macchina gli risponde (anche se aveva
inteso che volevano aspettare gli aiuti
fumando): "Per cosa? Volete dar fuoco
al Land?! Dai dai che vi tiriamo fuori".
E così è stato! Poi ci dicono che per
Tembaine mancano ancora 2 Km di
dune e che c'è una tappa del mondiale
motorally. La sabbia è ottima e il nostro Nissan galleggia come una tavola da surf sul mare. Ormai
il sole è tramontato e la luce ci
permette di arrivare appena in tempo
tra le due montagne del mistico
Tembaine. Dietro di noi una fila di luci
di altre jeep. Pareva la tangenziale di
Mestre! Sfoderiamo il nostro tendone
da campo ricavato da un paracadute e
lo inauguriamo con una buona
pastasciutta italiana. Con la pancia
piena ci godiamo il cielo stellato di
Tembaine: non ha paragoni. Mi tolgo
le scarpe e cammino a piedi nudi.
Questa volta lo ho fatto. Sono tornata
nel deserto per sentire cosa si prova
con la sabbia tra le dita. E' rilassante.
Ho il mondo con me: cibo, sigarette,
maggiolina, sabbia a Tembaine. Cosa vuoi di più!?
7
05/11/2005 Tembaine – Ksar Ghilane (103 Km) La mattina facciamo un giro sui due
monti: impressionante come tutto
attorno c'è solo un mare di piccole
dune. Se non fosse stato per le mosche
fastidiose saremo stati ancora là
volentieri. Andiamo al pozzo dove
troviamo un gruppo di nomadi Raya, ai
quali doniamo vestiti e giochi.
Regaliamo due paia di occhiali ai due
ragazzi più grandi ma per il più piccolo
di circa 6 anni non ho altro. Mi
stupisce e colpisce il cuore quando mi
chiede i miei occhiali da vista! Vedere
queste persone fa riflettere sulla vita...
Affrontiamo con successo il parco
giochi di dune fino al recinto del parco. Tentando di trovar la pista per Ksar Ghilane ci insabbiamo
per bene e per la prima volta in questo viaggio. L'avventura comincia. Le macchine sono troppo
cariche. Verricello e piastre sembrano inizialmente essere inutili, ma dopo un po' sotto il sole
cocente riusciamo ad uscire dal quel labirinto. Quando vediamo arrivare dal mare di piccole dune
alcuni francesi con il paraurti a penzoloni, decidiamo di girare al largo fino a trovare la grande pista
che da Douz porta all'oasi. Arrivati a Ksar Ghilane e sistemato il campo, ci concediamo un bel
bagno ristoratore nel laghetto con acqua calda a 34°.
06/11/2005 Ksar Ghilane – Campo vicino Kamur (80 Km) Al mattino non possiamo abbandonare
quel bel posto senza rifare un bagnetto
nell'acqua calda assaporandone il relax
e pensando alle dune più alte. Manca
poco. Usciamo dall'oasi e una colonia
lenta e inesorabile di dromedari ci
attraversa la pista. Li portano a bere.
Aperta la pompa queste eleganti bestie
circondano con ordine la fonte
emettendo il loro verso. Per due mesi
poi niente acqua, quindi sono felici sì!
D'estate invece stanno almeno una
settimana senza bere, ci dice uno del
posto. Cercando la pista per Bir
Aouine ci insabbiamo per bene e
foriamo la prima volta. Mentre Alberto
aggiusta il Nissan, Luca si accorge che
il blocco del differenziale perde olio. Smontiamo il tutto e tiriamo fuori l'olio. Un cuscinetto si è
consumato. Dopo qualche minuto di suspance Alberto passa in azione come Supercastagna e con
fare misterioso mi dice di aprire un barattolo dei ananas… Lo guardo chiedendomi "cosa fa sto
qua?!". Prende la parte superiore e la ritaglia ricavandone un anello: ecco un vero distanziale
artigianale!! Lo rimette nel blocco che non si muove più! La cosa incredibile è che ha funzionato e
tuttora è ancora sul Toyota! Non ha più spanto! Per inserire l'olio Castagna ha fatto un biberon con
una bottiglia di plastica e un piccolo tubicino trovato in giro. Grazie all'ananas e ad Alberto quindi
ripartiamo con una carica vitaminica nel Toyota e nella nostra pancia. La pista è in buone
8
condizioni. Ad un certo punto un Land
110 ci sorpassa e subito dopo si ferma
improvvisamente. E' un Land militare.
Pensiamo sia un controllo. Invece sono
i militari che abbiamo aiutato a
Tembaine e che volevano salutarci!!
Certo che il deserto è piccolo!
Continuiamo la nostra corsa
incontrando pastori con pecore in
mezzo al nulla. Osserviamo in contro
luce che l'erba c'è! E' rada ma c'è! E le
bestie si cibano di questa. Proseguiamo
fino al tramonto. Oltre al cordone di
dune c'è Bir Aouine ma è tardi. Ci
accampiamo. Io vado a dormire,
mentre Alberto aspetta il geco e gli
animaletti che tutte le mattine lasciano le impronte sulla sabbia attorno alla macchina e che non
riusciamo mai a vedere! La cosa buffa è che Alberto addirittura li chiama sia alla sera che al
mattino!
07/11/2005 Campo vicino Kamur – El Borma (150 Km) Partiamo e pochi chilometri dopo convinti di farcela a passarle ci incasiniamo nelle piccole dune
che hanno inghiottito la pista. Niente. I muretti sono sempre più alti. Rischiamo di rimanere là.
Incarichiamo Gabriele di farci da apripista e con il suo fare da lord inglese tra una bestemmia e
l'altra ci indica la strada migliore sempre con la sua macchina fotografica al collo coperta da un
asciugamano, che sembra il muso di un porcellino! A fatica riusciamo ad uscirne. Per caso mentre
siamo impiantati troviamo una chiave da 10 un po' arrugginita. Tutto può essere utile! Infatti poco
dopo è servita a Luca per togliere il filtro della nafta! Finalmente la pista si apre pulita davanti a noi
in direzione di una antenna radio. Troviamo degli scavi anomali. Mi fermo e pare essere zolfo. Poco
più avanti attraversiamo un nuovo sito di esplorazione dell'AGIP e si spiega tutto.
Andiamo in cerca del relitto del Toyota. Lo hanno spostato e messo in una buca. Luca ci rovista
dentro cercando bulloni per la sua jeep ma ormai non c'è più niente. L'anno scorso invece avevamo
trovato qualcosa di utile! Peccato. Prendiamo la nuova pista che hanno fatto per il nuovo sito e
intercettiamo la strada per El Borma. Le condizioni sono quelle di un buon toule ondulè che ci ha
accompagnato fino al controllo. La fiamma de El Borma ci dice che siamo praticamente a "casa".
Pernottiamo dentro l'oasi della SITEP prendendo due "stupendi" container da un posto per farci una
doccia a 20 dinari a cranio. Viste le condizioni igieniche della stanza, la maggiolina è una camera a
5 stelle! Il più bel posto per dormire!
08/11/2005 El Borma – Campo nel deserto (130 Km) Prima di partire facciamo il pieno di pane e acqua per 20 dinari. Il guardiano, che penso non
vedesse una donna da molto (!), mi dona fiori, latte, datteri e dolci…No Komment! Facciamo
gasolio e troviamo la sorpresa: 1,370 dinari al posto di 970 del dicembre scorso! E' aumentato un
po'! Questo ci ha fregato perché avevamo cambiato quel che pensavamo bastasse. Loro Euro non li
accettano (mentre al Nord nei mercati sì). Quindi facciamo gasolio fin che possiamo e poi vediamo.
Pronti via che le grandi dune ci attendono. Usciamo dalla pista. Il Nissan è tutto contento: liscio
come l'olio corre su quella distesa di sabbia rossa, talvolta morbida e ingannevole. Visitiamo un
luogo che dalla mappa satellitare pareva un lago. Invece non lo è: è un vecchio sito di estrazione gas
– petrolio dell'AGIP abbandonato. Trivelle triconiche e tubi ovunque senza rispetto dell'ambiente.
Una distesa di innumerevoli caotici barattoli arrugginiti attira la nostra attenzione: era la zona della
cucina evidentemente. Tutti questi oggetti e strumenti lasciati là così suscitano in me un gran senso
9
di tristezza, come se avessero dovuto
abbandonare tutto di corsa e fuggire.
Non li troviamo solo là ma in altre
zone vicine. Non pensavo che il
deserto fosse così tanto mal trattato…
Facciamo una sosta bagno al cubo
dove l'acqua è ancora più calda di
quella di Ksar Ghilane. Poi
continuiamo fino al relitto del camion
ora imbrattato di scritte inutili.
Peccato. E' un punto che dovrebbe
essere più rispettato secondo me. Poi ci
dirigiamo alla ricerca del relitto di
Toyota giallo che a fatica riusciamo a
trovare, perché rispetto all'anno scorso
ora è quasi completamente insabbiato.
Proseguiamo la nostra avventura fino
alla ricerca di quel attimo che ci ripaga di tanta strada e tanta fatica: arriviamo a cavallo delle prime
grandi dune, forti emozioni,
adrenalina, paura, coraggio di
azzardare, libertà e divertimento
sfidando un ambiente unico e sperando
che ce la mandi buona!
Quel volare verso il cielo per prendere
la rincorsa, scavalcare la duna, renderti
conto in frazione di secondi cosa hai
davanti e poi subito dopo planare nella
sabbia dorata e tirare un sospiro di
sollievo, sono sensazioni irrepetibili e
indescrivibili. Solo qua si sentono. Il
tramonto sta calando. Facciamo campo
ai piedi di una grande duna, che
sembra proteggerci dal vento come una
mamma abbraccia il figlio.
09/11/2005 Campo nel deserto – Borj El Khadra (103 Km) Ore 7 il sole ci sveglia. Ore 8.25
arrivano le solite mosche! Via via che
partiamo verso le grandi dune. Questa
parte del deserto presenta cordoni di
sabbia con dune sovrapposte
dall'aspetto elegante e maestoso e alla
base depressioni pianeggianti con
croste saline: il colore trae in inganno a
seconda della prospettiva di
osservazione, perché sono nere viste
da lontano in controluce, ma in realtà
sono bianche. Facciamo un po' di
slalom per evitare di insabbiarci tra
quelle che io chiamo "le bestie",
10
ovvero le grandi dune perché mi sembrano esseri viventi con il vento che le accarezza il dorso.
Facciamo tanto slalom che la "bestia" ci porta dove vuole lei e finiamo per rasentare il confine
algerino. Seguiamo le tracce di altri incoscienti come noi che ci accompagnano nella direzione
sbagliata. Un GPS ci informa che abbiamo sconfinato di un centinaio di metri, l'altro GPS ci
assicura che siamo ancora in Tunisia. Nel dubbio torniamo un po' indietro e tentiamo di passare una
grande duna. Il Nissan è troppo carico e dopo diversi tentativi ci riesce. A cavallo ci mettiamo ad
ammirare la Libia: all'orizzonte i tavolati isolati con le pianure ricche di pezzettini di selce
riflettente il sole e il lago salato. Tutto come l'anno scorso. E dietro di noi anche per questa volta il
deserto. Per il momento è andato tutto bene. Puntiamo a Borj El Khadra. Sostiamo al Cafè 7
Novembre. Entro per scrivere subito sul muro che il Fennec Desert Team è ritornato e mi perdo a
leggere le altre scritte. Una mi colpisce in particolare sia per il senso delle parole che racchiudono il
significato di questo tipo di viaggio e la passione del fuoristradista per il Sahara, sia perché sono la
testimonianza che ce l'hanno fatta ad uscire dal deserto. Mi riferisco al Desert Scorpion Team che il
29 dicembre 2004 abbiamo incontrato in mezzo alle dune diretti a Borj El Kadra con la frizione
rotta di un L 200. Ci avevano chiesto aiuto ma non avevamo pezzi di ricambio. Da quel che è scritto
si intuisce che sono usciti dal deserto trainandolo con il verricello su per le dune e che è stata una
bella sofferta avventura tutta riassunta in queste stupende parole: "Intraprendiamo ancora una volta
l'avventura con entusiasmo, voglia di vivere e amore per la libertà. Valichiamo dune alla ricerca di
quel attimo (e magari di un meccanico) che rende le nostre fatiche degne di essere vissute". Io al
posto della parola meccanico ci metterei una saldatrice, perché di quella che ne avremmo avuto
proprio bisogno in futuro…!! Quelle parole sono per me ora poesia. Per passare la serata apriamo
un piccolo cinema mostrando il DVD del viaggio dell'anno scorso ad un pubblico variegato
composto dal figlio di Dahou, dai suoi amici e da un paio di militari. Speriamo di convincerli a
portarci al cippo dei tre confini come la volta precedente ma ci dicono che è interdetto. Approfitto
per chiedere informazioni riguardo a cosa succede se un turista sconfina per sbaglio in Algeria o in
Libia: mi risponde che in entrambe i casi ti riportano in Tunisia e non ti fanno niente, perché hai il
permesso tunisino. La prima nazione resta comunque sempre un po' più problematica della seconda.
10/11/2005 Borj El Khadra – Bir Pistor – Campo nel deserto (116 Km) Salutiamo Borj El Khadra e andiamo diretti a Bir Pistor. Fiancheggiamo il lago salato sconfinando
per 500 metri in Libia per visitare il
vecchio forte dei legionari.
All'orizzonte si vedono i miraggi. Ci
fermiamo a raccogliere le rose del
deserto. Ce ne sono di grandi, a disco,
a rosa, e piccoline molte carine. Si
formano in un ambiente caratterizzato
da una intensa evaporazione entro il
primo metro di sabbia. Ci avviciniamo
verso Nord al primo cordone di dune:
si ritorna indietro. Il deserto ci dà il
suo benvenuto con una serie di
gigantesche dune mozzafiato. Una alta
circa 100 metri e divisa in tre salti mi
resta particolarmente impressa. Mi
ripetevo la frase della scritta sul muro
del Cafè 7 Novembre "alla ricerca di
quel attimo" fino a cantarla quella poesia. Il meccanico è in macchina con me. La voglia di vivere è
tanta quindi me la faccio a piedi! Rispetto all'andata avevamo i muri a favore e quindi alla rampa
seguiva il muro. Il ritorno è stato infatti più veloce e meno difficoltoso anche se più adrenalinico. Il
gasolio de El Borma non è però dei migliori e il Toyota di Luca non va a tutto gas. Ci fermiamo a
11
sistemarlo e una colonia di moto e jeep
si avvicinano. Il deserto è piccolo! E'
Enrica Perego con altri 12 motociclisti
e fuoristrada di assistenza. L'incontro è
stato utile e tempestivo perché ci
cambiano Euro in dinari, così poi a El
Borma possiamo fare un po' di gasolio.
Continuiamo la risalita del deserto
correndo su comodi tratti pianeggianti
e incontrando qualche dromedario
solitario. Per caso ai piedi di una delle
tante rampe Alberto trova una piccola
freccia preistorica. Da quel momento
una passione improvvisa per questi
reperti ci prende a tal punto che
qualsiasi posto ricco di pezzettini di
selce è oggetto della nostra accurata ispezione! Veniamo attirati da una breve piana (uno dei tanti
gassi) tra due dune. Dopo aver trovato
qualche reperto di scarto di
lavorazione tentiamo di ripartire ma ci
insabbiamo. Ci vogliono alcune ore
per uscirne perché ovunque la sabbia è
soffice e traditrice tipo quella dei laghi
salati. Alle 17.00 comincia a
tramontare il sole. Facciamo campo ai
piedi di un cordone di sabbia. Finché
la luce lo permette passeggiamo sulle
dune più alte osservando come si
muove la sabbia, quando la calpesti
fino ad affondare la gamba: ha un
movimento lento e sinuoso che regala
benessere e pace.
11/11/2005 Campo nel deserto – El Borma – Campo Borj Jenein (205 Km) Assaporiamo gli ultimi momenti tra la vera sabbia e ripartiamo verso El Borma. La pista non è
molto comoda e la temperatura del Nissan raggiunge il livello limite costringendoci spesso a far
molte soste. Facciamo gasolio a El Borma e ci dirigiamo in direzione di Borj Jenein. Salutiamo a
malincuore la sabbia e facciamo campo nei pressi di una delle colline coniche. Ovunque tira vento.
12/11/2005 Campo Borj Jeneine – Ramada – Tataouine (234 Km) Cerchiamo sulla mappa un qualcosa di interessante da vedere consapevoli che mai niente poteva
essere ormai più bello del deserto appena passato. Notiamo dei monti che poi scopriamo essere una
catena di piccole dune non paragonabili alle precedenti. Luca ci avvisa che un supporto della
maggiolina è saltato. Lo ripariamo velocemente con filo di ferro sperando che tenga.
Passando per Borj Jenein facciamo un giro sulla fascia montuosa che confina con la Libia. Passiamo
nelle vicinanze di Bir Lorzot e prendiamo quella che sulla carta è segnata come strada statale: è una
strada sterrata che ad un certo punto si divide in quattro corsie! A noi l'imbarazzo della scelta!
Cercando la pista per lo Ksar Ouni finiamo dentro una valletta sbarrata da recenti dighe artificiali
per la coltivazione di olive. La pista vera si trova a poche centinaia di metri di distanza. Per
raggiungerla azzardiamo un passaggio su fondo molto dissestato da acque piovane. Luca ci informa
che tre supporti della maggiolina ora sono saltati! Bene! Un bella saldatrice non farebbe male!
12
Intanto con il trapano cerchiamo di
fissare delle piastrine e speriamo
nuovamente che tengano almeno fino a
trovare un fabbro. Passiamo questo
tratto piuttosto tecnico osservando che
la maggiolina non plani sulla testa del
Toyota! Davanti a noi si apre un
grande canyon. Lo scendiamo e lo
percorriamo tutto. Man mano si allarga
fino a diventare una pianura e ad
incontrare la statale per Ramada.
Appena le ruote toccano l'asfalto
sentiamo la nostalgia della sabbia. Ma
dobbiamo pensare ad aggiustare i
supporti. Arriviamo a Tataouine e
troviamo un bravo fabbro che per 10
dinari ci sistema il tutto. Pernottiamo
all'Hotel Le Gazelle. Dopo una decina giorni di deserto già si ritorna alla "civiltà".
13/11/2005 Tataouine – Douiret – Medenine (157 Km) Facciamo un giro al mercato pieno di verdure di ottima qualità impilate magistralmente e facciamo
la spesa comprando una scorta dei
gustosi formaggini President!
Guardiamo la mappa e decidiamo di
andare a vedere il paese berbero di
Douiret.
Visitiamo Douiret. Hanno sistemato
grazie ad aiuti italiani alcune case
berbere e trasformate in suggestive e
carine camere di albergo. La cosa
particolare è che tutto il paese è
costruito e scavato in un livello
particolare ad arenaria. Vi sono strati
meno resistenti di argilla con tracce
fossili che organismi marini hanno
lasciato sul fondo del mare come
piccoli vermi (chiamate icnofacies): a
seconda che sia una tana o una pista prendono nomi diversi come paschicnia, fodicnia, etc… Per
scendere percorriamo un pista distrutta dall'acqua. Passiamo per Chenini e ci dirigiamo verso Jerba
per veder cosa ha tanto di bello sta isola. Seguiamo una pista rivelatasi tremenda e rovinata perché a
toul ondulè molto accentuato. Ne abbiamo dedotto che tutte le piste frequentate dalle jeep dei viaggi
organizzati sono così e quindi da evitare. L'unica cosa simpatica di questa traccia è l'incontro con un
geco. Finalmente Alberto ha trovato sta lucertola rosa direi carina: ci siamo fermati a curiosare una
cisterna e l'animale si trovava sotto il chiusino della botola. Lungo il tragitto la macchina prende
l'ultimo colpo di grazia sulla sospensione destra su un tratto sconnesso. Dopo quel punto un rumore
(uno dei tanti!) costante e vibrante ci tormenta perché non capiamo cosa è. Ci fermiamo più volte
per trovarlo e decidiamo di fare il campo in mezzo alla pianura nei pressi di Medenine con un vento
fastidioso. Sul deserto sarebbe stato peggio. Ispezioniamo il Nissan e scopriamo che si è rotta la
carrozzeria interna. Niente di grave fino a quando penso bene di chiedere ad Alberto:"Ma è tutto
apposto sul trapezio destro?". Eh anche quello sta per rompersi!! Questo è più grave. Ci dormiamo
sopra.
13
14/11/2005 Medenine – Jerba – Zarsis (260 Km) A Medenine troviamo un fabbro
(ormai abbiamo l'abbonamento!).
Ripariamo il pezzo e ripartiamo verso
Jerba. E' una delusione: l'isola è
attrezzata per il turista europeo che
vuole farsi le ferie in Tunisia pensando
di trovare l'Europa…super alberghi
come alveari hanno rovinato tutta la
costa Nord – Est. Per trovare un po' di
vita bisogna andare a Souk: è un centro
molto turistico con un mercato che
raccoglie gran parte delle merci
tunisine. La zona a Nord e a Ovest non
ha niente di particolare se non qualche
spiaggia ricca di madreperla tra rocce
in arenaria carsificate dal mare. Il mare è sempre pulito ma la zona terrestre un po' meno. L'isola ha
un perimetro di 60 Km e in poco tempo si fa il giro. Ormai sono le 16 e andiamo al campeggio ma è
chiuso perché fuori stagione.
Allora visto il vento insistente
decidiamo di non fare campo ma di
andare a Zarsis. Non volevamo
provare uno dei grandi alberghi, ma
alla fine a Zarsis c'è solo quello,
escludendo un bettola in centro.
Prendiamo le camere per 43 dinari a
testa all'Hotel Zarzis. Quando andiamo
a cena ci accorgiamo che è pieno di
tedeschi in avanzata età! Ci sentivamo
giovani!
15/11/2005 Zarsis – Medenine - Gabes – Passo di Biada (278 Km) Manca due giorni e un po' stufi
cerchiamo sulla mappa un posto
interessante e stimolante. Andare al Passo Biada è la scelta che ci risolleva gli animi dalla delusione
di Jerba. Cerchiamo di scavalcare le montagne che si ripresentano spesso a cresta di drago e
percorriamo un tratto di alveo fluviale molto carino con paleolivelli conglomeratici. Incrociamo la
strada asfaltata che però ci vuole portare a fare il giro dei monti. Per caso vediamo una singolare
gola prima di arrivare al passaggio classico per il Passo di Biada e la risaliamo. E' un tratto lungo
qualche centinaia di metri ma veramente bello: le jeep passano a pelo in mezzo a due pareti lisce di
origine strutturale in calcare bianco con grandi lenti di selce. Tutta la zona è tettonizzata ed
estremamente interessante dal punto di vista geologico. Probabilmente è stata allargata
recentemente dall'uomo approfittando della fascia cataclasata che si presta meglio alla scavo.
Questo tratto è una traccia che funge da scorciatoia rispetto alla strada classica che porta a Sakkete e
merita di passarla. Attraversiamo il paese berbero dove la gente cordialissima ci indica meglio la via
per salire al Passo. I bambini ci assalgono felici di ricevere penne e quaderni. Purtroppo il tempo
non è buono e il cielo è poco limpido. La montagna è come un quadro dai mille colori: alternanze di
rocce differenti spiegano il perché del rosa, bianco (gesso), giallo, rosso (arenaria), verde.
14
Arriviamo in cima e una jeep ci ferma:
non possiamo proseguire perché la
RAI sta girando un film ed il passaggio
è interdetto. E che palle! Di nuovo
anche qui! Allora ci accompagnano un
pezzo indietro fino ad indicarci un
pista alternativa per arrivare dall'altra
parte a Sened. E' abbastanza esposta e
sconnessa ma interessante. Cerchiamo
un posto per fare il campo ma il vento
non ci dà tregua da nessuna parte.
Ormai è l'ultimo e un luogo vale l'altro.
Tra gli ulivi va benissimo!
16/11/2005 Passo di Biada – Karouiane (256 Km) Attraversiamo il paese berbero di Sened con rovine simili a quelle di Douiret. Singolare è un albero
di ulivo in mezzo alla strada! Ormai dobbiamo ammazzare il tempo in vista del traghetto. A Nas
Allan facciamo un breve pista di
montagna che a dire del benzinaio è
"dangerousa"! Non lo è affatto. E' solo
un po' sconnessa e con un tratto
leggermente esposto. Facciamo tutto il
giro fino ad arrivare a Karouiane
all'Hotel Tunisi (40 dinari in due).
Visitiamo la medina, ma la gente è
peggio delle mosche e la serata finisce
quasi in baruffa con un mercante
scortese e insistente. Rimpiangiamo la
cortesia incontrata a Tozeur e Douz.
17/11/2005 Karouiane – Tunisi (271 Km) Invece di prendere la strada diretta a
Tunisi facciamo il giro della "pitona" triplicando i chilometri per spendere tempo. Percorriamo
campi, colline, e le ultime montagne a 60 Km dalla capitale. Non vogliamo entrare in città, ma alla
fine per sbaglio ci dobbiamo passare per andare alla Goulette. La attraversiamo lungo strade in
contromano riservate a filovie. Intanto piove e il mare non è a nostro favore. Arrivati troppo presto
all'imbarco, decidiamo di farci un giro per Cartagine. Siamo in dogana alla 19.30 dopo alcune ore
passate ad aspettare di sbrigare le carte finalmente ci imbarchiamo. Partiamo alle 23.00. Il mare è a
forza 5 fino in Sardegna. Dormire è impossibile. Robe da delirium tremens. La nave spancia diverse
volte. L'incubo finisce verso mattina.
18/11/2005 Tunisi – Genova – Pordenone (427 Km) Il ritorno è sempre piacevole se trovi gente con cui condividere la propria esperienza e soprattutto
alleviare le sofferenze del mal di mare parlando del deserto e della propria avventura. Assaliamo il
buffet senza pensare che il conto non è più in dinari: due cotolette alla milanese, una minestra,
acqua per 24 Euro! Spendiamo di più in traghetto che una settimana in Tunisia! Arriviamo alle
21.30 e sbarchiamo dopo un'ora. Mentre attendiamo il Toyota di Luca, è divertente vedere le jeep
che corrono come barconi, carichi di sabbia e scariche di ammortizzatori! Il Nissan è il nostro
fedele mulo che ci porta a casa ancora per questo viaggio. Per lui ormai è il quinto in Tunisia. E
15
questa volta ne ha fatti oltre 5000 di chilometri: 1000 tra andare e tornare da casa a Genova, 1500
nel deserto e in totale tra asfalto e piste 4000 Km in Tunisia.
Barbara Grillo e Alberto Casagrande (Nissan King Cab)
Luca Calzolari e Gabriele Turchetto (Toyota Land Cruiser 3000)