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PAGINA 2 E 3: oggi parliamo di... Come cambia la distribuzione degli organi per trapianto di fegato in italia PAGINA 4: l’esperto risponde l’angolo del direttore SOMMARIO PAGINA 5: cosa c’è di nuovo dalla parte del paziente PAGINA 6: fegato e dintorni Pillola nevrotica la vignetta di Franco Ferlini PAGINA 7: editoriale PAGINA 8: attività la Fondazione: chi, come, dove Il “Centro Regionale Specializza- to per le Malattie del Fegato” ha sede presso la Clinica Medica 5 dell’Azienda Ospedaliera di Pa- dova, diretta fino al 2015 dal Prof. Angelo Gatta e attualmente dal Prof. Paolo Angeli. È stato rico- nosciuto formalmente dalla Giun- ta della Regione Veneto nel 2005 (D.G.R. 2422) e successivamente riconfermato nelle valutazioni re- gionali del 2009 (D.G.R. 448) e del 2014 (D.G.R. 2707). Questo riconoscimento è conseguente all’attività svolta dalla Clinica nell’ambito del programma regio- nale di miglioramento della sor- veglianza delle malattie croniche di fegato e delle loro complicanze, quali la cirrosi epatica e il tumore del fegato. Numerosi componenti del Centro svolgono attività epato- logica di eccellenza, partecipando alla stesura di linee guida a carat- tere epatologico nazionali e inter- nazionali, in qualità di componen- ti del Direttivo e di specifiche com- missioni delle relative Associazioni epatologiche, sia in qualità di membri dell’Editorial Board delle riviste epatologiche di riferimento. Il Centro Regionale svolge sia at- tività di ricerca scientifica che clini- co-assistenziale nel settore delle malattie del fegato ed è dotato di laboratori di ricerca avanzata di livello internazionale. Il Centro opera come centro epatologico terziario nell’attività di gestione e cura del malato con epatopatia cronica per accogliere casi con malattia avanzata e/o complica- ta, anche nell’ambito del trapianto epatico. Per quanto concerne la sua arti- colazione, il Centro Regionale per le Malattie del Fegato ha un indi- rizzo multifocale: epidemiologico, clinico e biomedico ed è orientato alla ricerca clinica e scientifica in ambito preventivo, diagnostico e terapeutico, avvalendosi delle se- guenti attività: ATTIVITÀ CLINICO-ASSISTENZIALE È integrata con l’U.O. Complessa Clinica Medica 5, garantendo in questo modo, con risorse ad hoc, ma anche usufruendo delle aree superspecialistiche che operano nella Clinica come servizi assisten- ziali, la multidisciplinarietà e com- petenza che la caratterizzano. segue a pagina 7 IL CENTRO REGIONALE SPECIALIZZATO PER LE MALATTIE DEL FEGATO Autorizzazione del Tribunale di Padova n. 2096 del 23.07.2007 - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3, CNS PD ANNO 10 - N. 1 - FEBBRAIO 2016 HEPATOS a TUTTO FEGATO Periodico della Fondazione Lionello Forin Hepatos Onlus HEPATOS 5 X MILLE CF 04034580284

34 febbraio 2016 - Fondazione Lionello Forin Hepatos Onlus · sede presso la Clinica Medica 5 dell’Azienda Ospedaliera di Pa- ... dal Prof. Paolo Angeli. È stato rico-nosciuto

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PAGINA 2 E 3:oggi parliamo di...

Come cambia la distribuzione degli organi per trapianto di fegato in italia

PAGINA 4: l’esperto risponde

l’angolo del direttorel’esperto risponde

l’angolo del direttorel’esperto risponde

SOMMARIOPAGINA 5:

cosa c’è di nuovodalla parte del paziente

PAGINA 6: fegato e dintorni

Pillola nevroticala vignetta di Franco Ferlini

PAGINA 7: editorialePAGINA 8: attivitàla Fondazione: chi, come, dove

Il “Centro Regionale Specializza-to per le Malattie del Fegato” ha sede presso la Clinica Medica 5 dell’Azienda Ospedaliera di Pa-dova, diretta fi no al 2015 dal Prof. Angelo Gatta e attualmente dal Prof. Paolo Angeli. È stato rico-nosciuto formalmente dalla Giun-ta della Regione Veneto nel 2005 (D.G.R. 2422) e successivamentericonfermato nelle valutazioni re-gionali del 2009 (D.G.R. 448) e del 2014 (D.G.R. 2707). Questoriconoscimento è conseguente all’attività svolta dalla Clinica nell’ambito del programma regio-nale di miglioramento della sor-

veglianza delle malattie cronichedi fegato e delle loro complicanze, quali la cirrosi epatica e il tumore del fegato. Numerosi componenti del Centro svolgono attività epato-logica di eccellenza, partecipando alla stesura di linee guida a carat-tere epatologico nazionali e inter-nazionali, in qualità di componen-ti del Direttivo e di specifi che com-missioni delle relative Associazioni epatologiche, sia in qualità di membri dell’Editorial Board delle riviste epatologiche di riferimento. Il Centro Regionale svolge sia at-tività di ricerca scientifi ca che clini-co-assistenziale nel settore delle

malattie del fegato ed è dotato di laboratori di ricerca avanzata di livello internazionale. Il Centro opera come centro epatologico terziario nell’attività di gestione e cura del malato con epatopatia cronica per accogliere casi con malattia avanzata e/o complica-ta, anche nell’ambito del trapianto epatico. Per quanto concerne la sua arti-colazione, il Centro Regionale per le Malattie del Fegato ha un indi-rizzo multifocale: epidemiologico, clinico e biomedico ed è orientato alla ricerca clinica e scientifi ca in ambito preventivo, diagnostico e terapeutico, avvalendosi delle se-guenti attività:

ATTIVITÀCLINICO-ASSISTENZIALEÈ integrata con l’U.O. Complessa Clinica Medica 5, garantendo in questo modo, con risorse ad hoc, ma anche usufruendo delle aree superspecialistiche che operano nella Clinica come servizi assisten-ziali, la multidisciplinarietà e com-petenza che la caratterizzano.segue a pagina 7

IL CENTRO REGIONALE SPECIALIZZATOPER LE MALATTIE DEL FEGATO

Autorizzazione del Tribunale di Padova n. 2096 del 23.07.2007 - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3, CNS PD

ANNO

10 -

N. 1

- FEB

BRAI

O 20

16

HEPATOSa TUTTOFEGATO

Periodico della Fondazione Lionello Forin Hepatos Onlus HEPATOS

5 X MILLE CF 04034580284

La trapiantologia in genere e quella epatica in particolare, ha sempre do-vuto scontrarsi con la complessità del-la creazione di un sistema di principi e norme in grado di regolamentare la distribuzione della scarsa risorsa di donazione ai numerosi pazienti con patologia d’organo terminale. Per il trapianto di fegato la storia dell’indica-zione e prioritizzazione dei pazienti in lista di trapianto è stata caratterizzata da due momenti fondamentali: 1) l’in-troduzione del MELD (modello per sta-bilire la gravità delle malattie di fegato)come punteggio continuo in grado di rifl ettere la prognosi quoad vitam a tre mesi dei pazienti con cirrosi epatica 2) la pubblicazione delle fondamentali speculazioni di Merion, Shaubel e coll. sul concetto di transplant benefi t come principio di effi cienza del trapianto non solo nel contesto individuale ma anche e soprattutto in quello di popolazione.Negli USA il “sistema MELD” ha pro-dotto una organizzazione delle liste di attesa basata sul principio del “sickest fi rst” (prima il più grave) attraverso l’ordinamento dei pazienti per rischio di morte per cirrosi. Ai pazienti con ne-cessità di trapianto diverse dal rischio di morte per cirrosi (le cosiddette ec-cezioni al MELD, inclusi i pazienti con epatocarcinoma –HCC–) è stato attri-buito un punteggio aggiuntivo al MELD biochimico calcolato arbitrariamente.Questo sistema ha dimostrato negli anni alcuni gravi limiti:1) Una priorità puramente basata su criteri di gravità, seppure risulti più equa del semplice criterio del tempo di attesa in lista, è intrinsecamente perico-losa perché richiede che i pazienti che hanno già un’indicazione al trapianto peggiorino considerevolmente prima di accedere alle parti ”alte” della lista ed essere trapiantati.

versità di principi che ne sottendono la logica.L’Italia ha rece-pito seppur con lentezza la logi-ca MELD appli-candola però in maniera estre-mamente diso-mogenea sia nella rigorosità dell’utilizzo dello strumento MELD che nella gestio-

La cosiddetta “sickest fi rst phylosophy”, infatti, nasce come strumento di ge-stione delle emergenze mediche e non rappresenta un buon sistema di orga-nizzazione dei processi “cronici”, di quei processi, cioè, in cui la necessità di equa prioritizzazione si protrae nel tempo.2) La totale arbitrarietà con cui si sono scelti i punteggi “extra” per i pazienti con neoplasia o con altre “eccezioni al MELD” ha portato a numerosi tentativi, a volte maldestri, di equiparare in ter-mini di rischio di mortalità o esclusione dalla lista pazienti affetti da malattie profondamente diverse e con principi di immissione in lista diametralmente diversi. E’ il caso dei pazienti con HCC selezionati per il trapianto con un prin-cipio orientato ai buoni risultati a di-stanza dal trapianto (utility) e i pazienti con cirrosi terminale selezionati in virtù del loro rischio di morte a breve termi-ne (MELD).Questa arbitrarietà ha portato a nume-rosi riaggiustamenti dei punteggi extra MELD negli USA (e in maniera varie-gata e non riproducibile nel resto del mondo) nel tentativo di migliorare l’e-guaglianza tra pazienti. Tentativi questi che si sono rivelati vani in virtù della di-

OGGI PARLIAMO DI...

COME CAMBIA LA DISTRIBUZIONE DEGLI ORGANI PER TRAPIANTO DI FEGATO IN ITALIA

ne delle cosiddette eccezioni. In breve, fi no alla fi ne del 2015 si sono registra-te differenze signifi cative nelle modalità di prioritizzare i pazienti in lista non solo tra le diverse Regioni italiane ma addirittura tra i diversi centri trapianto all’interno della stessa Regione.A partire dal 2011, quindi, la comuni-tà trapiantologica italiana ha sentito la necessità di avviare un profondo pro-cesso di ripensamento del sistema allo-cativo cercando di risolvere i problemi della profonda disomogeneità italiana partendo da una sistematica e concet-tuale riconsiderazione dei principi e degli endpoints per la distribuzione del-la risorsa di donazione. L’obiettivo era di arrivare alla condivisione nazionale dei principi ma anche degli strumenti operativi, di convergere cioè su di un nuovo sistema nazionale di allocazione degli organi nel trapianto di fegato.Il processo prende avvio da un accor-do tra i coordinatori del Collegio dei Centri trapianto di Fegato della Sito da una parte e della Commissione Per-manente di AISF dall’altra attraverso una metodologia basata sull’inclusività di tutti gli attori del processo a partire dal Centro Nazionale Trapianti, i Co-ordinamenti Regionali e interregionali,

2

- SUPERURGENT- MELD>30

Exceptions: P3, P4MELD <15

InnovativeIndicationsInnovative

PRINCIPLE FUTURE BENEFIT

Pure URGENCYHIGH BENEFIT

Low ALTERNATIVESHIGH BENEFIT

Post OLT UTILITYLOW BENEFIT

FUTURE BENEFIT

PRIORITY Multidisc

Sickest first Greater benefit Waitlist time Multidisc

PREDICTOR ----- MELD/time bonus MELD, HCC-MELD MELD + time bonus -----

PREVAL 2014 ----- 21% 42% 37% ------

FUTURE AIM Up to2.5% To be reduced To be increased Not greater than 40% Up to2.5%

16%19%

Exceptions: P1, P2

SUPERURGENT

2%

- T0 - HCC T1 MELD<15- HCC TTFR

21%

- Bioch MELD 15-29- HCC TTDR- HCC TTPR

42%

Tot 5%

InnovativeIndications

Fig 1 I diversi principi su cui si basa la allocazione (urgenza, utilità e transplant benefit) e la loro distribuzione nel nuovo modello italiano

“A blended principle model”American Journal of Transplant. 2015

Fig 1 I diversi principi su cui si basa la allocazione (urgenza, utilità e transplant benefi t) e la loro distribuzione nel nuovo modello italiano

Utilizzando questo principio gli organi vengono prioritariamente assegnati ai pazienti in cui si ritiene che il trapian-to garantisca il maggior incremento di spettanza di vita rispetto alle terapie non trapiantologiche disponibili. Spes-so ma non invariabilmente il paziente più grave è anche quello in cui il gua-dagno di vita atteso è anche il maggio-re. In queste situazioni la fi losofi a del “sickest fi rst” si sovrappone con quel-la del maggior transplant benefi t. In alcuni casi però, ad esempio quando la qualità dell’organo è subottimale, si ottiene un maggior guadagno di vita utilizzando l’organo in un paziente non gravissimo. Questo principio, cioè per-mette in ogni situazione di ottimizzare l’utilizzo della risorsa di donazione aumentando la quantità di vita salvata nell’intera popolazione di pazienti in lista per trapianto.La convergenza sul principio del tran-splant benefi t ha permesso alla comu-nità trapiantologica italiana, attraverso un percorso di ripetute consensus confe-rences, di incontri e di gruppi di lavo-ro, di produrre una proposta completa e articolata di nuovo modello allocativo.Si è proceduto inizialmente a riclassifi -care le cosiddette eccezioni al MELD at-tribuendo ad ogni situazione clinica una fascia generica di priorità (ad esempio la condizione di ascite refrattaria ha una priorità 2 su 4). Questa attribuzio-ne di priorità è stata fatta considerando

il transplant benefi t intrinseco ad ogni si-tuazione clinica.Successivamente, si sono stratifi cati i pa-zienti con HCC (la condizione più fre-quente di eccezione al MELD) in tre strati di priorità secondo transplant benefi t: un primo strato ad alta priorità caratterizza-to da pazienti senza alternative terapeu-tiche al trapianto di

fegato e quindi ad altissimo benefi t (ad es. pazienti con HCC e grave scompen-so cirrotico, pazienti con risposta solo parziale ad una terapia non trapian-tologica o pazienti inseriti in un pro-tocollo di downstaging – regressione parziale del tumore dopo terapia). Un secondo strato ha incluso pazienti a be-nefi t intermedio come quelli con tumore di prima presentazione non trattato o pazienti con una ricorrenza di tumore molto tardiva (dopo due anni da un precedente trattamento di successo). Un ultimo strato ha incluso infi ne i pazienti con tumore trattato completamente con una terapia non trapiantologica (basso benefi t e quindi bassa priorità).Si è, quindi, creato un punteggio (ISO=Italian Score for Organ allocation in liver tranplant - fi gura 2) che par-tendo dal MELD biochimico, aggiunge punti con l’obiettivo di tendere ad una uguaglianza di transplant benefi t tra i diversi pazienti (e le diverse patologie) in lista di attesa.Questa metodologia rigorosa nella co-struzione del consenso su di un tema così delicato e il risultato operativo emerso sono stati messi recentemen-te in evidenza in un Editoriale della prestigiosa rivista American Journal of Transplantation. Nell’Editoriale esperti americani dell’allocazione indicano il modello “italiano” come un punto di riferimento signifi cativo cui ispirarsi nell’aggiornamento del sistema di allo-cazione statunitense.Il nostro modello ovviamente è in fase di implementazione operativa nei diversi centri italiani e richiederà naturalmente una validazione prospettica di effi cacia ma rappresenta già ora un signifi cativo risultato sia sul piano concettuale che operativo nella direzione dell’obbietti-vo ultimo di questi processi decisiona-li: garantire a tutti i pazienti un giusto, equo ed effi ciente accesso alla scarsa risorsa di donazione.

Chirurghi ed Epatologi di tutti i Centri Trapianto italiani, rappresentanti degli Anestesisti (SIAARTI), Eticisti, Meto-dologi, e rappresentanti dei Pazienti. La complessa elaborazione del nuovo modello si è fondata su tre Consensus Conferences con metodologia rigorosa (secondo le indicazioni dell’ISS per le conferenze di consenso) e approvazio-ne degli statements con almeno l’80% dei voti favorevoli (Torino 2011 –prin-cipi generali, Palermo 2012 –Classifi -cazione delle eccezioni al MELD; Etica della allocazione), un ulteriore meeting (Roma 2014) e un incontro conclusivo per la approvazione del nuovo modello allocativo (Padova 2015).Tra le decisioni più signifi cative della Consensus sui principi generali della allocazione del 2011 è l’identifi cazio-ne del transplant benefi t come principio fondamentale cui riferirsi nella attribu-zione della scarsa risorsa di donazione.Il transplant benefi t è il guadagno in spettanza di vita per il paziente otteni-bile con il trapianto di fegato rispetto alle diverse alternative terapeutiche non trapiantologiche disponibili (ad esem-pio la resezione di un eventuale tumore del fegato o la semplice terapia medi-ca). Questa differenza è calcolabile sulla scorta delle precedenti serie pub-blicate di pazienti trapiantati o trattati con altre terapie. Il transplant benefi t si misura in aumento di spettanza di vita in anni.

3

ISO Italian Score

for Organ LT allocation

PRINCIPI ETICI

EQUITA’

FLESSIBILITA’

FACILE MODIFICABILITA’

MELD ≥ 30 40

35

30

25

20

15

10

6

ISO score

HCC BiochemMELD

Non HCC(exceptions)

40

35

30

25

20

15

10

6

ISO scoreMELD ≥ 30

Jolly (fino a 25%)Fasce di allocazione

regionale

Umberto CilloProfessore Ordinario di Chirurgia Generale

Università di Padova

Figura 2ISO: Italian Score for Organ allocation in liver tranplant

Gentile Signora, non c’è da stupirsi se il soggetto che presenta piastrinopenia vie-ne inviato in primis dall’ematologo. Questi elementi sono infatti cellule del sangue e con il termine piastrinopenia s’intende una numerosità circolante più bassa del norma-le (inferiore a 150.000/mm3); le piastrine sono coinvolte nelle prime fasi del mecca-nismo della coagulazione e pertanto il loro difetto di produzione o eccessivo consumo si può associare ad eventi di sanguinamen-to più o meno gravi. Detto questo però, vi è una piastrinopenia che si associa alla cirrosi epatica ed in questo contesto lo spe-cialista giusto da consultare è l’internista o l’epatologo. In questo caso però l’abbas-samento del numero delle piastrine è solo

dovuto al loro sequestro nella milza e non ad una reale mancanza. Durante le ma-lattie croniche che coinvolgono il fegato in particolare in corso di cirrosi epatica si de-termina una congestione della circolazione venosa che porta all’aumento di volume della milza e quindi molte cellule del san-gue, tra cui i globuli bianchi e le piastrine vengono sottratte dalla circolazione ed im-magazzinate nella milza, determinandosi la cosiddetta sindrome da ipersplenismo.La piastrinopenia nel soggetto con cirrosi raramente può essere temibile per la vita, ma può rendere l’individuo suscettibile di sanguinamenti gengivali, dal naso o pre-sentare facilità alle ecchimosi (macchie cutanee color rosso in occasione anche di

L’ESPERTO RISPONDE

L’ANGOLO DEL DIRETTORE

Per il riscontro di piastrinopenia, mi è stata consigliata una consulenza ematologica; dopo alcuni accertamenti mi è stato detto che non era un problema ematologico, ma che poteva essere un problema di fegato

Il Codice di Deontologia Medica

piccoli traumi o sfregamenti); anche per-ché generalmente le piastrine non scendo-no mai sotto le 20.000/mm3, anche nella cirrosi più avanzata se non si complica con altre problematiche (infezioni gravi con co-agulazione intravasale disseminata o CID, autoimmunità o malattie oncoematologiche come linfomi).Infine, le piastrine sono sicuramente un ot-timo indicatore della trasformazione dell’e-patite cronica a cirrosi perché ci avvisano che si istaura l’ipertensione portale e l’iper-splenismo, per cui la loro iniziale riduzione deve sempre essere correttamente inqua-drata dal punto di vista medico.

Liliana ChemelloInternista-Epatologo - Dipartimento Medicina

Un recente convegno sul codice deontologico medico, è stato l’occasione per una riflessio-ne sul suo significato e il suo collegamento con la professione quotidiana della medici-na. Il codice deontologico (dal greco deon-ontos- quello che si deve fare -e logos- scienza-) riguarda i doveri e il comportamento del me-dico considerato complessivamente, non solo in rapporto al paziente, ma anche ai colle-ghi e alle autorità sanitarie, e in maniera più comprensiva alla società in cui opera. Con-tiene un insieme di principi e di norme che nascono dalla stessa comunità medica e che per i medici assumono valore di legge anche se non sono contenuti nel corpo legislativo nazionale. Il codice deontologico ha radici in un periodo storico antico, partendo dal giu-ramento di Ippocrate, medico greco vissuto nel quinto secolo avanti Cristo, che richiede-va a chi esercitava la professione del medico di giurare davanti al dio Apollo e Asclepio di rispettare alcuni principi etici come quel-lo di prescrivere le cure nell’esclusivo bene dell’ammalato, o come quello di mantenere il segreto professionale. In epoca moderna tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo hanno cominciato a delinearsi le caratteristi-che dell’attuale codice deontologico in forma di Codici professionali prodotti dalle Asso-ciazioni e dagli Ordini dei Medici provinciali a valenza volontaria, come il Codice di etica e deontologia emanato dall’allora volontario Ordine dei Medici di Sassari (1903) che è

considerato il primo Codice italiano di de-ontologia medica; successivamente dopo l’istituzione del sistema ordinistico nel 1910 e la nascita della Federazione degli Ordini dei Medici nel 1912, il Codice di deonto-logia medica ha assunto valenza nazionale. Nel 1946 dopo la nascita della Repubblica italiana, è stato emanato il Codice di deon-tologia dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici, in seguito divenuta Fede-razione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO, 1985). Il progresso della medicina e del-la tecnologia, il modificarsi del rapporto medico-paziente da una concezione di tipo paternalistico al riconoscimento dei diritti del paziente compresa l’autodeterminazione, la sempre maggiore complessità del sistema sanitario, i cambiamenti culturali e sociali, hanno richiesto continui aggiornamenti del codice, l’ultima versione del quale risale al 2014. L’Ordine dei Medici è l’organismo che tra i suoi compiti ha quello di far rispettare il codice deontologico, garantendone e tute-landone i principi. La necessità di un codice deontologico nasce dalla assoluta peculiari-tà della professione medica, che comporta l’associazione di scienza e coscienza intesa come l’insieme delle qualità etiche e umane necessarie all’applicazione delle conoscenze scientifiche all’uomo malato. Il mestiere del medico è diverso dagli altri: il senso e il fine della medicina è quello di curare una per-sona sofferente e quindi comporta una vo-

cazione al rapporto umano e presuppone la conoscenza dell’uomo sia dal punto di vista biologico che psicologico, sociale e filosofi-co. Chi sceglie la professione del medico ha o dovrebbe avere come principi ispiratori il bene non solo biologico ma personale del paziente che a lui si affida, la dignità e la libertà della persona umana, il rispetto e il valore della vita, intesa come esperienza esi-stenziale, la disponibilità a comprendere la sofferenza umana e mettersi al servizio del-la persona malata indipendentemente dalle condizioni contingenti in cui opera (stato istituzionale, guerra, pace, razza e religio-ne del paziente, ecc). Questi principi, talvol-ta dimenticati, vengono richiesti e invocati dagli stessi medici, quando si ammalano e diventano essi stessi pazienti (come descritto nel libro “Dall’altra Parte“ a cura di Barnard P., Rizzoli ed. 2006). Il codice deontologico è una emanazione di questi principi e sen-timenti che raccoglie ed estende in maniera razionale e coordinata, applicandoli alle va-rie situazioni in cui può essere esercitata la professione medica. In altre parole il codice deontologico non rappresenta una sovrappo-sizione esterna ed estranea alla professione, ma nasce ed è intimamente connesso alle stesse motivazioni della professione medica alla quale contribuisce a dare una connota-zione e un significato compiuto.

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Angelo GattaProfessore Ordinario di Medicina Interna

Università di Padova

Il termine “cirrosi biliare primiti-va” è stato recentemente cambiato in “colangite biliare primitiva” per meglio descrivere la malattia e la sua storia naturale. Con l’avvento del trattamento con acido ursode-sossicolico, ora solo una mino-ranza di pazienti sviluppa cirrosi. Per tale motivo, e considerato che la cirrosi si verifi ca eventualmente solo nella fase avanzata, gli esperti hanno concordato che il nome “cir-rosi biliare primitiva” fosse un ter-mine improprio per i pazienti nelle fasi iniziali della malattia. La CBP è una malattia cronica del fega-

Con l’inizio del 2016 praticamente tutte le Aziende sanitarie e le Azien-de ospedaliere del Veneto hanno visto cambiare i vertici delle rispettive di-rigenze (direttore generale, direttore sanitario, direttore amministrativo).A questo evento fa seguito (quasi sempre) l’annuncio di un rinnovo del-la programmazione e l’indicazione di alcuni principi di riferimento per l’at-tività dei prossimi anni. Nel 2014 l’A-zienda Ospedaliera di Padova aveva approvato un importante “Atto Azien-dale” che conteneva alcuni impegna-tivi obiettivi. Tra essi anche quello di “riconoscere la rilevanza delle pro-blematiche etiche relative alla pratica clinica, alla sperimentazione e all’or-ganizzazione, impegnandosi a tute-larne i principi nei rispettivi ambiti”. Se ci poniamo “dalla parte del pa-ziente” dovremmo sperare che i nuovi dirigenti (e non solo quelli dell’Azien-da Ospedaliera padovana) condivi-dano questo obiettivo, cercando di tradurlo in pratica. Cercare uno spa-zio per l’etica nelle strutture sanitarie comporta certamente una attenzione ai grandi problemi clinici concernenti, ad es., le decisioni di fi ne vita non-chè ai grandi problemi organizzati-

COSA C’È DI NUOVO

DALLA PARTE DEL PAZIENTE

vi relativi, ad es., alla gestione delle risorse, quali le scelte preferenziali in tema di farmaci o di attrezzature particolarmente costosi ma destinati a pochi a fronte delle esigenze di cure per patologie assai più diffuse nella popolazione. Ma esiste anche uno spazio per quella che potremmo chia-mare l’”etica quotidiana”, della quale poco si occupano giornali e televi-sione ma che incide fortemente nelle relazioni che i cittadini (malati, loro familiari, ecc.) hanno con gli opera-tori sanitari e, in ultima analisi, con l’istituzione stessa. Certamente assu-mono importanza, sotto tale aspetto, le doti personali che sanno esprimere sensibilità , capacità di ascolto, com-petenza nella comunicazione, ecc. Tuttavia questo non è suffi ciente, per-ché - come dice appunto il testo cita-to - è l’Istituzione sanitaria che deve farsi carico della formazione etica di tutti propri operatori: una formazione che non può essere limitata a qualche sporadica conferenza o ai cosiddetti corsi di “umanizzazione” ma va rea-lizzata secondo una duplice direttiva: mediante modalità che comportino - anche ricorrendo ad idonee e col-laudate tecniche - un diretto coinvol-

gimento personale dei partecipanti e una parallela verifi ca “sul campo” dei risultati di tale formazione. Afferma-re l’impegno dell’Istituzione a tutela-re i principi etici “nei diversi ambiti “signifi ca presentare al paziente (al cittadino) luoghi di accoglienza e (se necessario) di cura dove i responsabi-li (centrali ma anche di ciascuna strut-tura) siano i primi a garantire (anche mediante specifi che iniziative di con-trollo) l’attenzione alla dimensione etica della vita che quotidianamente si svolge nelle strutture sanitarie loro affi date. Per quanto riguarda la “pra-tica clinica” ci si intende riferire alle relazioni tra sanitari e pazienti, ma anche tra gli stessi operatori; quanto poi agli aspetti dell’”organizzazione”, si tratta di cominciare dalle ripercus-sioni che cambiamenti organizzati-vi anche modesti o limitati ,possono comportare per i pazienti e chi li assi-ste. In conclusione: assicurare spazio all’ “etica quotidiana” nei luoghi della sanità signifi ca dare priorità al bene di tutti coloro che si rivolgono al mon-do della sanità stessa.

C’è spazio per l’Etica (quotidiana) nelle strutture sanitarie?

5

to che colpisce soprattutto il sesso femminile ed è caratterizzata dalla distruzione dei piccoli dotti biliari intralobulari epatici attraverso mec-canismi autoimmunitari. Ciò causa la stasi della bile nel fegato con danno d’organo fi no alla cirrosi e con perdita della funzione epatica. L’acido ursodesossicolico, rallen-tando o persino interrompendo la progressione di malattia, è effi cace nella maggior parte dei pazienti nel migliorare la funzionalità epatica, allungare le aspettative di vita e ri-tardare la necessità di un eventuale trapianto di fegato. Il Policlinico di Padova

Paolo BencioliniProfessore Ordinario di Medicina Legale

Università degli Studi di Padova

La cirrosi biliare primitiva è ora conosciuta come colangite biliare (CBP)

FEGATO E DINTORNI

trova e..” “E..” “Mi confessa un vecchio senso di colpa.” “Nel primo incontro dopo 60 anni!? Non contar frott..” “Zitto e ascolta. Da piccola viveva nell’antica contrada Scariotti, tra i prati e i boschi dei monti Lessini. Sovente saliva a giocare con l’Erminia -7/8 anni più di lei- in una radura erbosa, incastonata a mezza costa nel bosco. E ogni volta quando raggiungevano la meta, Erminia ho sete piagnucolava Giuliana, tirando la sporta dove c’era la borraccia.” “Ma.. il senso di colpa?” “Un giorno, a metà salita, Erminia si accorge di aver dimenticato la borraccia e propone di tornare a prenderla. No, no, risponde Giuliana; oggi non bevo, oggi non ho sete. Invece, appena giunta nella radura inizia a far capricci e strilla a più non posso: voglio l’acqua, Erminia, ho sete, voglio bere.” “Beh?” “Ma io non avevo

sete, mi dice ieri e ho insistito piangendo: vai a prendermi l’acqua.” “E poi?” “ Dopo un po’ Erminia cede e va. Una bimba sola, circondata dagli alberi del bosco, al primo rumore inatteso tra le siepi può essere invasa dalla paura o travolta dal panico.” “È successo?” “Lì s’è formato il senso di colpa.” “Vale a dire?” “Parole di Giuliana: Ho avuto paura e rabbia. Per mezz’ora ho continuato a ripetermi: Io non ho sete. Perché le ho detto che ho sete? Io non ho sete. Perché l’ho fatta scendere? È faticoso tornar su! Io non ho sete. Perché l’ho fatto? Io sono cattiva; proprio cattiva!” “E come è finita?” “Non finiscono, i sensi di colpa. Partita a 12 anni da Scariotti, non ci è più tornata. Nemmeno una volta. Prosit!” “Che donna strana. Prosit anche a lei!”

Gabriele Bacilieri

Metà dicembre, bar Sole, solito aperitivo. Il farmacista Marcello ricambia il saluto al gestore: “Ciao, Mirko. Straordinari in vista per le feste?” “Magari, dottore, magari! E in farmacia?” “Da noi approda di tutto. Perfino nevrotici da aria sporca!” “Sarebbe?” chiede l’amico Giorgio, veterinario, già seduto. “Da quando i tg battono il chiodo sugli sforamenti negli standard europei, più d’uno cerca farmaci antipolveri, antiparticolato, antismog.” “E tu?” “Io, che!?” “Potresti dirgli, che so.. vai a piedi, in banca, in posta, in farmacia..” “dal veterinario..” “oppure: tieni la casa sotto i 18°.” “Questo riesce a tipi suadenti come te.” “Mm.. volere è potere.” “Appunto! Io aspetto.” “Cosa?” “Che Mirko ti ascolti e porti il bar a 18 gradi.” “Ma lui..” “Niente ma. Se domani berremo l’aperitivo al fresco, farò lo stesso anch’io in farmacia. Giuro.” Intrappolato, Giorgio nicchia: “Mirko, scusa..” “Dottore?” “Il farmacista, qua, vorrebbe.. no, anzi, io.. un’oliva in più non guasterebbe.” “La porto subito.” Ghigna Marcello e canticchia: “La nevrosi è di moda, chi non l’ha ripudiato sarà.” Mirko annuisce: “Quand’ero piccolo non capivo cosa intendeva Celentano. Ora invece difendo il bar dalle nevrosi con truppe scelte di cocktail speciali.” “Bravo Mirko!” approva l’uno; e l’altro aggiunge: “Sarebbe la cura giusta per Giuliana.” “Giuliana chi?” “Ex amichetta.” “Eh..” “Più vista dal 1955.” “Ah.” “Ieri mi

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PILLOLA NEVROTICA

La vignetta di Franco Ferlini

EDITORIALE segue da pagina 1

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le Unità Epatologiche attraverso un network informatico e persegue la finalità di raccogliere dati epide-miologici sulla patologia epatica, propone e sviluppa nuove tecniche ed esperienze, linee guida dia-gnostico-terapeutiche con pro-tocolli sperimentali di gestione e trattamento delle epatopatie e del-le loro complicanze. ATTIVITÀ DI RICERCAL’attività di ricerca clinica e os-servazionale include pazienti con diverse forme di epatopatia croni-ca, cirrosi ed epatocarcinoma, nel contesto della storia naturale della malattia o in trattamento mirato, anche nell’ambito di collaborazi-oni nazionali e internazionali. Il Centro è anche dotato di laborato-ri di ricerca dove, oltre all’attività diagnostica epatologica avanza-ta, vengono svolte attività di ricer-ca scientifica di livello internazio-nale nel settore delle malattie del fegato. Complessivamente l’attivi-tà di ricerca, sia clinica che sper-imentale, è focalizzata ai seguenti aspetti:a) Epatiti croniche di origine vi-

rale, con particolare riguardo a: I) profili virologici e aspetti patogenetici, II) identificazione di marcatori di progressione di malattia, III) trattamento anti-virale, con ricerca di indicatori prognostici di risposta e anali-si di costo/efficacia del tratta-mento nella pratica clinica.

b) Cirrosi e sue complicanze, con particolare riguardo a: I) aspet-ti patofisiologici e alterazioni emodinamiche, II) aspetti clinici dell’ipertensione portale, ascite, sindrome epato-renale, III) deter-minazione neuropsicologica e neurofisiologica delle alterazio-

ni cognitive mediante differenti approcci metodologici.

c) Epatocarcinoma, con partico-lare riguardo a: I) storia natu-rale, II) sviluppo di nuovi bio-marcatori diagnostici e prog-nostici, III) nuove tecniche di

imaging per l’identificazione di lesioni nodulari.

BIOBANCA EPATOLOGICANel Centro, presso la sezione di Epatologia Molecolare, è attiva una Biobanca Epatologica appro-vata dal Comitato Etico dell’Azien-da Ospedaliera di Padova. La rac-colta di materiale biologico di pa-zienti con epatopatia ed epatocar-cinoma è iniziata negli anni 1970-80 e questa attività è continuata e si è espansa progressivamente nel tempo. Attualmente è possibile raccogliere e conservare materia-le biologico proveniente da Isti-tuzioni/Strutture diverse, a scopo di ricerca in ambito epatologico, sulla base di un regolamento ap-provato dal Comitato Etico azien-dale. La regolamentazione della Biobanca è stata definita in con-formità alle linee guida etico-legali nazionali ed europee sull’utilizzo del materiale biologico e utilizzo in ricerche genetiche molecolari.

ATTIVITÀ DI FORMAZIONEEPATOLOGICAIl Centro promuove attività forma-tiva e di aggiornamento sia spe-cialistico che rivolto ai medici di Medicina Generale, divulga linee guida per la razionale gestione clinico-terapeutica dei pazienti con epatopatia. Queste attività si concretizzano con: a) organiz-zazione di Corsi dedicati, tenuti da esperti epatologi; b) organiz-zazione di Convegni a valenza Internazionale, con la parteci-pazione di leaders del settore con i quali vengono condivise le novità in ambito epatologico; c) riunioni con i responsabili di U.O. specia-listiche epatologiche del territorio per la formulazione e discussione di linee guida condivise, applica-bili alla realtà regionale.

Questa attività assistenziale di ter-zo livello risulta direttamente aper-ta anche al territorio fornendo assistenza e consulenza nella ges-tione di casi con patologia com-plicata che vengono accolti presso il Centro attraverso liste d’attesa specifiche e con tempi in base alle esigenze del caso (ricovero, day service, day hospital, ambulato-rio integrato). La selezione e la definizione delle attività diagnos-tiche, terapeutiche e dei modelli di assistenza in campo epatologico rientra tra gli obbiettivi del Centro, insieme al fine di perseguire il mi-glioramento continuo della quali-tà dei servizi offerti al paziente epatopatico ed ai suoi familiari nell’ambito di un sistema organiz-zativo che ha come valore domi-nante la tutela della salute.Il coordinamento ed il potenzia-mento delle attività cliniche nel set-tore epatologico mira ad erogare prestazioni altamente qualificate, con ottimizzazione della qualità in termini di maggior efficienza dei servizi erogati da un lato e di razio-nalizzazione dei costi gestionali dall’altro. I momenti di intervento nella ge-stione della qualità sono identifica-ti in:a) trattamento delle diverse tipolo-

gie del paziente epatopatico e delle relative esigenze assisten-ziali, sia in ambito ospedaliero che territoriale ;

b) disponibilità e gestione di pro-tocolli e procedure per pazienti complicati, per l’inserimento in lista di trapianto epatico e per il follow-up dopo trapianto;

c) applicazione di trattamenti inte-grati per il maggior monitorag-gio e la tutela di terapie speci-fiche e costose, quali le terapia con i nuovi farmaci antivirali diretti per il virus dell’epatite C.

ATTIVITÀ DELL’OSSERVATORIOEPIDEMIOLOGICO E CLINICOQuesto si estende al territorio cre-ando un diretto collegamento con

Patrizia PontissoProfessore Associato di Medicina Interna

Università di Padova

LA FONDAZIONE: CHI, COME, DOVEOrganigramma

PresidenteMICHELE FORIN

VicepresidenteProf. Dott. ALBERTO FRATTINA

ConsiglieriProf. Dott. ANGELO GATTAProf. Dott. PIERO AMODIO

Dott. MARIO GHIRALDELLIPresidente Comitato Scientifi coProf. Dott. ANGELO GATTACollegio dei Revisori dei Conti

Dott. MORENO BOVO PresidenteRag. CARLUCCIO SANTACROCE

Dott. PAOLO DUSOPresidente Comitato Promotori

Prof. Dott. ALBERTO FRATTINASede e Segreteria

via Martiri Giuliani e Dalmati, 2/A 35129 - Padova

tel. 049/8070099 r.a. fax 049/[email protected]

Comitato Scientifi copresso Clinica Medica 5

Ospedale di Padovavia Giustiniani 2 – 35128 Padovatel. 049/8212291 - 049/8212285

fax 049/8754179

“HEPATOS A TUTTO FEGATO”Periodico della Fondazione L.F.H.O.Sede e Segreteria:Via Martiri Giuliani e Dalmati 2A35129 Padova

Direttore Responsabile:Angelo Gatta

Comitato di Redazione:Paolo Angeli - Stefano Edel - Michele Forin - Patrizia Forin - Patrizia Pontisso

Hanno collaborato:G. Bacilieri, P. Benciolini, U. Cillo,L. Chemello, M. Di Pascoli,P. Forin, A. Gatta, P. Pontisso.

Autorizzazione del Tribunale di Padova n. 2096 del 23.07.2007Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n. 46)art. 1, comma 2 e 3, CNS PD

Progetto Grafi co:Franco Ferlini

Stampa:Fratelli Zampieron - Padova

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ATTIVITÀIn occasione del decennale della Fondazione Lionello Forin Hepatos Onlus

nella serata del 16 novembre 2015 presso il “Musme” museodi storia della medicina e della salute con gli amici del Cenacolo - foto ricordo