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martedì 22 marzo 2005 3 Ciclismo, foto e fisarmonica sono i suoi tre amori. Il terzo resta un sogno, non avendo potuto studiare musica per motivi economici ‘‘ ‘‘ Di recente è stato nominato cavaliere della Repubblica dal presidente Ciampi, a coronamento di una vita dedicata al lavoro ‘‘ ‘‘ DATI ANAGRAFICI Luciano Cravero nasce a Bra il 19 giugno 1938. Il papà Giovanni e la mamma, Caterina Roccia, hanno, dopo di lui tre figlie, Rinuccia, Mariella e Ivana. Nel 1963 si sposa con Beatrice Gandino, braidese del Picot. Dal matrimonio nascono quattro bambini, di cui uno solo, Walter, 34 anni, imprenditore, è ancora in vita. STUDI E CARRIERA LAVORATIVA Luciano frequenta la scuola a Bra fino alla quinta elementare, poi gli anni duri della guerra lo portano subito a lavorare. Il lavoro segna tutta la sua vita: prima al calzaturificio “Fogliato” (oggi “Montello calzature”), poi in altri calzaturifici della zona che di Bra, con le concerie, segnarono un periodo economicamente fiorente. Quando il mondo di Bra “regina di cuoi” comincia a dare i primi segni di cedimento, Luciano entra all’“Abet”, dove lavora per ventisette anni e sei mesi, fino alla pensione. LE PASSIONI DI UNAVITA INTERA La fisarmonica, la fotografia e la bicicletta. LA CARTA D’IDENTITÀ Con l’arrivo del pensionamento, può dedicarsi alle due ruote e, ora, al “suo” museo in allestimento ai “Glicini” Cravero, la bici e tanta passione G li occhi chiari e limpidi di un uomo “pulito”, di quella generazione che ha vissuto gli anni della seconda guerra mon- diale e la durezza del vivere se la è portata dietro per tutta una vi- ta: bambino ha visto partire il papà per il fronte e ha dovuto presto entrare nel mondo del la- voro. Già, il lavoro... il solo mez- zo, per un uomo onesto e digni- toso, di migliorare le condizioni di vita, di avere una casa per la famiglia, di far studiare i figli. E i figli... di quattro ne è ri- masto solo uno, Walter, oggi trentaquattrenne e imprenditore nel settore della carpenteria me- tallica, «un bravo ragazzo», co- me con una punta di commo- zione lui lo definisce. E tre grandi passioni: la fisar- monica («Ma non ho potuto stu- diare musica, perché mio padre non aveva i soldi per mandarmi a scuola»), la bicicletta e la foto- grafia, queste ultime portate avan- ti fino a mescolarsi tra loro, sport duro e foto di sport, poi cronache in immagini di buona parte degli avvenimenti cittadini. Ma cominciamo dall’inizio. Luciano Cravero nasce a Bra il 19 giugno 1938 da papà Giovan- ni, che lavorava “al gas”, e da mamma Caterina, casalinga. Tre sorelle più piccole: Rinuccia, Ma- riella e Ivana. Una famiglia numerosa, dove, appena erano in grado di farlo, i ragazzi dovevano dare una mano. Così, dopo la quinta elementare (ma Luciano si rifarà quando, ope- raio all’Abet, frequenterà le 150 ore per ottenere il diploma di scuola media), subito il lavoro. «Finite le elementari», ricorda infatti Luciano, «sono subito an- dato a lavorare. Al Calzaturificio Fogliato il mio primo lavoro. Per dieci anni qui ho fatto il calzo- laio. Io ero nel settore del confe- zionamento delle scarpe da lavo- ro, pedule e pantofoloni, utilizza- ti soprattutto d’estate. Le scarpe da festa le facevano da Rovere, Bo- naudi, Zorgnotti. Le calzature che noi facevamo venivano soprattut- to utilizzate nella stagione calda e così, quando arrivava novembre, la produzione si interrompeva e noi si stava a casa dal lavoro per tre o quattro mesi. Insomma, noi e i muratori dovevamo sfruttare al massimo la bella stagione!». E in inverno come facevate a sbarcare il lunario? «Speravo con tutte le forze che nevicasse tanto e grazie a Dio al- lora la neve non mancava davve- ro. Così andavo a spalarla per il Comune. Tu pensa che come cal- zolaio prendevo 500 lire alla set- timana a lavorare dieci-dodici ore al giorno; un giorno da spa- latore mi rendeva 1.000 lire! To- glievamo la neve a mano, con le pale: la priorità era quella di sgombrare le piazze per il mer- cato del venerdì. Poi arrivavano i cartuné con i carri trainati dai cavalli e noi li caricavamo, poi la neve veniva gettata giù dalla Rocca, dove aveva tutto il tempo per sciogliersi senza ingombra- re persone o attività». Dopo quattro anni in un altro calzaturificio, Luciano si accor- ge che il mondo delle concerie e delle calzature braidesi sta co- minciando a soffrire. Bisogna muoversi in tempo e cercare un altro lavoro. «Ho fatto domande un po’ ovunque», continua il racconto della sua vita Luciano Cravero. «Il primo posto che mi hanno offerto l’ho subito accettato». La fabbrica, l’Abet. Ventisette anni e sei mesi di lavoro come operaio, fino alla pensione. Nel 1963 arriva il matrimonio con Beatrice Gandino, braidese del Picot, San Michele. Quattro i figli, purtroppo tre mancati molto giovani. Tra loro Luca, al quale ogni anno è dedicata una gara cicli- stica. Con papà e mamma è ri- masto Walter, imprenditore, con uno zio, nel settore della car- penteria metallica. Tu hai due grandi passioni: la fotografia e la bicicletta. Vuoi raccontarcele? «A dir la verità, le passioni del- la mia vita sono sempre state tre: la fisarmonica, la fotografia e la bi- cicletta, il ciclismo. Due le ho rea- lizzate, una è rimasta nel cassetto dei sogni. Mi piaceva davvero tan- to suonare la fisarmonica, ma mio padre non aveva i soldi per farmi studiare musica. La fotografia ha cominciato a scorrere nel mio san- gue poco per volta. La passione per la bicicletta affonda le origini nella figura di mio padre, che un giorno mi regalò una bicicletta da donna, perché quella da uomo con la canna, per un bambino, era troppo alta. Pedalata dopo peda- lata, sono salito in bici e non so- no più sceso. Sono un po’ come i cavalli, sai: a loro mettono il para- occhi e vedono solo davanti, io vedo solo la bicicletta. Adesso che sono in pensione e ho più tempo, vado a vedere le tappe del Giro d’Italia e del Tour de France». E la fotografia? «Io non ti posso raccontare quando e come ho deciso di fare fotografia. È un amore nato poco a poco. Questa passione forse era da sempre dentro di me e a un certo punto ha cominciato a cre- scere, fino a diventare grande. La mia prima macchina fotografica l’ho comprata con l’aiuto di mio padre. Costava 4.000 lire: 2.000 le avevo, il resto l’ho chiesto a mio papà. E lui, nonostante all’inizio fosse un po’ titubante, alla fine ha detto sì. Ho cominciato a fare fo- to per caso, in famiglia. Poi nel ’63 il fotografo Burdese mi ha chiamato a fare matrimoni, bat- tesimi e prime comunioni. Poi ho cominciato a fare foto in caser- ma, ai giuramenti degli alpini». Un modo anche per guada- gnare qualcosa, per riuscire a realizzare obiettivi sempre mi- gliori per la famiglia. «All’Abet», ricorda Luciano, «per quindici giorni, periodica- mente, facevo il turno di notte. Di giorno facevo fotografie. Per dor- mire mi restava un paio d’ore. Pe- rò dovevo mettere su casa e mi- gliorare il tenore di vita della mia famiglia. Quindi andava fatto». E intanto andavi in bici... «A 17 anni mi sono comprato la prima bici da corsa, di secon- da mano. Nel 1954 mi sono tes- serato nel Pedale braidese, nel ’55 sono andato nel Velo club Chiesa, classificatosi quinto nel campionato italiano di società. A 18 anni ho provato a correre, ma il lavoro non me l’ha per- messo. È rimasta la passione. Sono sempre andato a vedere le gare di ciclismo più significative, la Milano-Sanremo, il Giro d’I- talia e dopo cinquant’anni, gra- zie al cavalier Giuseppe Piumat- ti, presto realizzerò uno dei miei sogni più grandi, il Museo della bcicletta di Bra, che avrà sede in una sala de I glicini». Un’impresa, questa, che Lucia- no Cravero, sta portando avanti con grande passione, come sempre nelle cose che fa. Un’impresa alla quale invitia- mo tutti i braidesi a partecipare in qualche modo. Con qualche modello storico di bicicletta, magari, o con qual- che donazione, anche piccola. Lui si sta dando un gran daffare per realizzare una chicca davve- ro unica nella città della Zizzola e tutto il suo lavoro è pagato esclusivamente dall’amore per la bicicletta, quella bicicletta che per Luciano è stata sempre un punto fermo nella vita, l’occa- sione per fare sport, la possibili- tà di scaricare la tensione di una vita di lavoro e di momenti duri, davvero troppo duri, a volte. Due ruote e il vento che ti sfer- za il volto. Hanno bisogno dav- vero di molto poco, le anime bel- le, per essere felici. Caterina Brero I cicloturisti tesserati per il Velo club Chiesa nell’ormai lontano 1955, anno di creazione del gruppo sporti- vo. Il terzo da sinistra è Luciano Cravero (che nella fotografia sotto è ritratto ai giorni nostri). Con lui, da si- nistra, si riconoscono: Conti, Bailo, Bergse, Berardo, Graglia, G. Ciancia, Bronzetti, Aimassi ed E. Ciancia. Lo “storico” tesserino, datato 1956, con cui Luciano Cravero si iscris- se alla categoria agonistica degli “allievi”. Non potè proseguire la “car- riera” nelle corse, però il ciclismo gli è sempre rimasto... nel sangue! Condoglianze B raoggi porge sentitissime condoglianze al collabo- ratore e amico Luciano Crave- ro che nei giorni scorsi ha per- so la madre Caterina Roccia vedova Cravero. La signora è scomparsa all’età di ottanta- cinque anni. b.o.

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martedì 22 marzo 2005 3

Ciclismo, foto e fisarmonica sono i suoi treamori. Il terzo resta un sogno, non avendo

potuto studiare musica per motivi economici‘‘ ‘‘

Di recente è stato nominato cavalieredella Repubblica dal presidente Ciampi, acoronamento di una vita dedicata al lavoro‘‘ ‘‘ ■ DATI ANAGRAFICI

Luciano Craveronasce a Bra il 19giugno 1938. Il papàGiovanni e lamamma, CaterinaRoccia, hanno,

dopo di lui tre figlie, Rinuccia,Mariella e Ivana. Nel 1963 si sposacon Beatrice Gandino, braidesedel Picot. Dal matrimonio nasconoquattro bambini, di cui uno solo,Walter, 34 anni, imprenditore, èancora in vita.

■ STUDI E CARRIERA LAVORATIVALuciano frequenta la scuola a Bra fino alla quinta

elementare, poi gli anni duri della guerra lo portano subito alavorare. Il lavoro segna tutta la sua vita: prima alcalzaturificio “Fogliato” (oggi “Montello calzature”), poi in altricalzaturifici della zona che di Bra, con le concerie,segnarono un periodo economicamente fiorente. Quando ilmondo di Bra “regina di cuoi” comincia a dare i primi segni dicedimento, Luciano entra all’“Abet”, dove lavora perventisette anni e sei mesi, fino alla pensione.

■ LE PASSIONI DI UNA VITA INTERALa fisarmonica, la fotografia e la bicicletta. ●

LA CARTA D’IDENTITÀ

Con l’arrivo del pensionamento, può dedicarsi alle due ruote e, ora, al “suo” museo in allestimento ai “Glicini”

Cravero, la bici e tanta passione

Gli occhi chiari e limpidi diun uomo “pulito”, di quella

generazione che ha vissuto glianni della seconda guerra mon-diale e la durezza del vivere se laè portata dietro per tutta una vi-ta: bambino ha visto partire ilpapà per il fronte e ha dovutopresto entrare nel mondo del la-voro. Già, il lavoro... il solo mez-zo, per un uomo onesto e digni-toso, di migliorare le condizionidi vita, di avere una casa per lafamiglia, di far studiare i figli.

E i figli... di quattro ne è ri-masto solo uno, Walter, oggitrentaquattrenne e imprenditorenel settore della carpenteria me-tallica, «un bravo ragazzo», co-me con una punta di commo-zione lui lo definisce.

E tre grandi passioni: la fisar-monica («Ma non ho potuto stu-diare musica, perché mio padrenon aveva i soldi per mandarmi ascuola»), la bicicletta e la foto-grafia, queste ultime portate avan-ti fino a mescolarsi tra loro, sportduro e foto di sport, poi cronachein immagini di buona parte degliavvenimenti cittadini.

Ma cominciamo dall’inizio.Luciano Cravero nasce a Bra il

19 giugno 1938 da papà Giovan-ni, che lavorava “al gas”, e damamma Caterina, casalinga. Tresorelle più piccole: Rinuccia, Ma-riella e Ivana.

Una famiglia numerosa, dove,appena erano in grado di farlo, iragazzi dovevano dare una mano.Così, dopo la quinta elementare(ma Luciano si rifarà quando, ope-raio all’Abet, frequenterà le 150ore per ottenere il diploma discuola media), subito il lavoro.

«Finite le elementari», ricordainfatti Luciano, «sono subito an-dato a lavorare. Al CalzaturificioFogliato il mio primo lavoro. Perdieci anni qui ho fatto il calzo-laio. Io ero nel settore del confe-zionamento delle scarpe da lavo-ro, pedule e pantofoloni, utilizza-ti soprattutto d’estate. Le scarpe dafesta le facevano da Rovere, Bo-naudi, Zorgnotti. Le calzature chenoi facevamo venivano soprattut-to utilizzate nella stagione calda ecosì, quando arrivava novembre, laproduzione si interrompeva e noisi stava a casa dal lavoro per tre oquattro mesi. Insomma, noi e imuratori dovevamo sfruttare almassimo la bella stagione!».

E in inverno come facevate asbarcare il lunario?

«Speravo con tutte le forze chenevicasse tanto e grazie a Dio al-lora la neve non mancava davve-ro. Così andavo a spalarla per ilComune. Tu pensa che come cal-

zolaio prendevo 500 lire alla set-timana a lavorare dieci-dodiciore al giorno; un giorno da spa-latore mi rendeva 1.000 lire! To-glievamo la neve a mano, con lepale: la priorità era quella disgombrare le piazze per il mer-cato del venerdì. Poi arrivavanoi cartuné con i carri trainati daicavalli e noi li caricavamo, poi laneve veniva gettata giù dallaRocca, dove aveva tutto il tempoper sciogliersi senza ingombra-re persone o attività».

Dopo quattro anni in un altrocalzaturificio, Luciano si accor-ge che il mondo delle concerie edelle calzature braidesi sta co-minciando a soffrire.

Bisogna muoversi in tempo ecercare un altro lavoro.

«Ho fatto domande un po’ovunque», continua il raccontodella sua vita Luciano Cravero.«Il primo posto che mi hannoofferto l’ho subito accettato». Lafabbrica, l’Abet.

Ventisette anni e sei mesi dilavoro come operaio, fino allapensione.

Nel 1963 arriva il matrimoniocon Beatrice Gandino, braidesedel Picot, San Michele.

Quattro i figli, purtroppo tremancati molto giovani.

Tra loro Luca, al quale ognianno è dedicata una gara cicli-stica. Con papà e mamma è ri-masto Walter, imprenditore, conuno zio, nel settore della car-penteria metallica.

Tu hai due grandi passioni:la fotografia e la bicicletta.Vuoi raccontarcele?

«A dir la verità, le passioni del-la mia vita sono sempre state tre:la fisarmonica, la fotografia e la bi-cicletta, il ciclismo. Due le ho rea-lizzate, una è rimasta nel cassettodei sogni. Mi piaceva davvero tan-to suonare la fisarmonica, ma miopadre non aveva i soldi per farmistudiare musica. La fotografia hacominciato a scorrere nel mio san-gue poco per volta. La passioneper la bicicletta affonda le origininella figura di mio padre, che ungiorno mi regalò una bicicletta dadonna, perché quella da uomo conla canna, per un bambino, eratroppo alta. Pedalata dopo peda-lata, sono salito in bici e non so-no più sceso. Sono un po’ come icavalli, sai: a loro mettono il para-occhi e vedono solo davanti, iovedo solo la bicicletta. Adesso chesono in pensione e ho più tempo,vado a vedere le tappe del Girod’Italia e del Tour de France».

E la fotografia?«Io non ti posso raccontare

quando e come ho deciso di farefotografia. È un amore nato pocoa poco. Questa passione forse erada sempre dentro di me e a uncerto punto ha cominciato a cre-scere, fino a diventare grande. Lamia prima macchina fotografical’ho comprata con l’aiuto di miopadre. Costava 4.000 lire: 2.000 leavevo, il resto l’ho chiesto a miopapà. E lui, nonostante all’iniziofosse un po’ titubante, alla fine hadetto sì. Ho cominciato a fare fo-to per caso, in famiglia. Poi nel’63 il fotografo Burdese mi hachiamato a fare matrimoni, bat-tesimi e prime comunioni. Poi hocominciato a fare foto in caser-ma, ai giuramenti degli alpini».

Un modo anche per guada-gnare qualcosa, per riuscire arealizzare obiettivi sempre mi-gliori per la famiglia.

«All’Abet», ricorda Luciano,«per quindici giorni, periodica-mente, facevo il turno di notte. Digiorno facevo fotografie. Per dor-mire mi restava un paio d’ore. Pe-rò dovevo mettere su casa e mi-gliorare il tenore di vita della miafamiglia. Quindi andava fatto».

E intanto andavi in bici...«A 17 anni mi sono comprato

la prima bici da corsa, di secon-da mano. Nel 1954 mi sono tes-serato nel Pedale braidese, nel’55 sono andato nel Velo clubChiesa, classificatosi quinto nelcampionato italiano di società.A 18 anni ho provato a correre,ma il lavoro non me l’ha per-messo. È rimasta la passione.Sono sempre andato a vedere legare di ciclismo più significative,la Milano-Sanremo, il Giro d’I-

talia e dopo cinquant’anni, gra-zie al cavalier Giuseppe Piumat-ti, presto realizzerò uno dei mieisogni più grandi, il Museo dellabcicletta di Bra, che avrà sedein una sala de I glicini».

Un’impresa, questa, che Lucia-no Cravero, sta portando avanticon grande passione, come semprenelle cose che fa.

Un’impresa alla quale invitia-mo tutti i braidesi a partecipare inqualche modo.

Con qualche modello storicodi bicicletta, magari, o con qual-che donazione, anche piccola.Lui si sta dando un gran daffareper realizzare una chicca davve-ro unica nella città della Zizzolae tutto il suo lavoro è pagatoesclusivamente dall’amore perla bicicletta, quella bicicletta cheper Luciano è stata sempre unpunto fermo nella vita, l’occa-sione per fare sport, la possibili-tà di scaricare la tensione di unavita di lavoro e di momenti duri,davvero troppo duri, a volte.

Due ruote e il vento che ti sfer-za il volto. Hanno bisogno dav-vero di molto poco, le anime bel-le, per essere felici.

Caterina Brero

I cicloturisti tesserati per il Velo club Chiesa nell’ormai lontano 1955, anno di creazione del gruppo sporti-vo. Il terzo da sinistra è Luciano Cravero (che nella fotografia sotto è ritratto ai giorni nostri). Con lui, da si-nistra, si riconoscono: Conti, Bailo, Bergse, Berardo, Graglia, G. Ciancia, Bronzetti, Aimassi ed E. Ciancia.

Lo “storico” tesserino, datato 1956, con cui Luciano Cravero si iscris-se alla categoria agonistica degli “allievi”. Non potè proseguire la “car-riera” nelle corse, però il ciclismo gli è sempre rimasto... nel sangue!

CondoglianzeBraoggi porge sentitissime

condoglianze al collabo-ratore e amico Luciano Crave-ro che nei giorni scorsi ha per-so la madre Caterina Rocciavedova Cravero. La signora èscomparsa all’età di ottanta-cinque anni. b.o.