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25 anni del “Mese dell’ albero in festa” Comune di Ravenna 2 5 ° A n n i v e r s a r i o M e s e d e l l a l b e r o i n f e s t a 1988 - 2012 2 0 1 2 Se venite a conoscenza di storie, amatele. E imparate a distribuirle dove sono necessarie. A volte una persona ha bisogno di un racconto più che del cibo, per rimanere in vita. Ecco perchè noi ci scambiamo queste storie e le conserviamo nella memoria. Ecco come la gente si ama. Barry Lopez una bella storia da raccontare... M u l t i c e n t r o C E A S R a v e n n a - A g e n d a 2 1 Foto ricordo Mese dell’ Albero in Festa - anno 1995

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25 anni del “Mese dell’ albero in festa”Comune di Ravenna

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1988 - 2012

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12Se venite a conoscenza di storie, amatele.

E imparate a distribuirle dove sono necessarie.A volte una persona ha bisogno di un racconto più che del cibo,

per rimanere in vita.Ecco perchè noi ci scambiamo queste storie e le conserviamo

nella memoria.Ecco come la gente si ama.

Barry Lopez

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CEAS Ravenna - Agenda 21

Foto ricordo Mese dell’ Albero in Festa - anno 1995

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LA PGNEDA L’È LA NOSTRA...

A simboleggiare il legame fra i ravennati e le pinete, forse non vi è nulla di più eloquente della frase pronunciata nel corso di un acceso consiglio comunale del 1884:

“… La pgneda l’è la nostra, us l’ha deda Galla Placidia. E’ stamênt u l’ha e’ Nutér Pulét, e guai a chi ch’us la tocca!” (La pineta è nostra. Ce l’ha data Galla Placidia. Il testamento l’ha il notaio Poletti, e guai a chi ce la tocca).

Il quadretto è riportato nel libro “Addio vecchia Ravenna” (1924) di Pio Poletti (1846 – 1936), Sindaco di Ravenna dal 1892 al 1896.

1988 - 2012

Mese dell’ albero in festaLe “nozze d’argento” del Mese dell’Albero in Festa sono una bella storiache oggi può essere raccontata da migliaia di cittadini ravennati giovani e

meno giovani che nel corso di questi anni vi hanno partecipato

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PRESENTAZIONE DELL’ ASSESSORE ALL’ AMBIENTE

Il “MESE DELL’ALBERO IN FESTA”, la storica iniziativa giunta a festeggiare nel 2012 i suoi 25 anni deve la sua longevità alla collaborazione attiva e concreta di tante realtà tra loro diverse e a volte anche distanti.Ognuna, a seconda della propria vocazione o possibilità, sia essa associazione, ente o azienda, ha messo a disposizione risorse umane o monetarie credendo anno dopo anno all’importanza dei contenuti proposti e alla necessità di rinnovarli e offrirli a tante nuove generazioni di bambine e bambini, alunne e alunni, studentesse e studenti.

Nel rivivere la storia di questa iniziativa è importante ricordare che il suo avvio ufficiale è stato preceduto da un’esperienza di successo nata per così dire, dal basso. Negli anni ‘85, ‘86 e ‘87 presso il 4° Circolo didattico il Direttore Prof. Serafino Ghiselli, l’insegnante Gaetano Storace, i genitori ed in particolare la passione e l’impegno del loro rappresentante Piero Errani, ancora oggi un protagonista dell’iniziativa con l’Ambito Territoriale Caccia (ATC Ra2) ed Ekoclub, hanno dato vita alle prime uscite didattiche in pineta, finalizzate alla messa a dimora di nuove piante da parte dei piccoli studenti e alla scoperta delle bellezze naturali delle nostre pinete.Una bella e significativa esperienza, arrivata a coinvolgere più di 1200 bambine e bambini che, già nel 1988, ha vissuto un primo grande salto di qualità divenendo ufficialmente “Il Mese dell’Albero in Festa” prima edizione.Accanto al Comune di Ravenna, con gli Assessori via via succedutisi, Rodolfo Bartoletti, Alberto Rebucci, Filippo Brandolini, Carlo Pezzi, Gianluca Dradi e oggi Guido Guerrieri, con il coordinamento organizzativo ed educativo/formativo del Servizio Ambiente ed Aree Verdi con la sua responsabile Angela Vistoli e il funzionario Maurizio Miserocchi e del Centro di Educazione Ambientale La Lucertola con il suo mitico responsabile Roberto Papetti, si sono affiancati in un impegno e sforzo comune numerosi altri soggetti del territorio.Tutti insieme hanno contribuito a sviluppare e allargare a tutte le scuole ravennati, di ogni ordine e grado, pubbliche e private quanto già sperimentato all’interno dell’allora IV circolo didattico.

I ricchi contenuti formativi, educativi e giocosi dell’iniziativa nel 2001 sono stati raccontati in un bellissimo quaderno didattico “Mese dell’albero in festa – Laboratorio a cielo aperto nelle aree naturali del ravennate” realizzato da Filippo Zanni, un altro dei protagonisti che può annoverare questa iniziativa. Nel 2007 due giovani videoamatori ravennati, Paolo Franchini ed Enrico Mughetti, hanno invece raccontato la manifestazione in un simpatico video realizzato in occasione della sua XX edizione.

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Oggi, il Servizio Ambiente ed Energia del Comune di Ravenna rimane la centrale operativa di questa complessa, articolata e partecipata manifestazione. E’ presso questo Servizio che si sviluppano le attività di individuazione delle aree da piantumare, rilascio autorizzazioni necessarie, rapporti con le scuole per la raccolta delle adesioni, calendarizzazione delle giornate ecologiche in cui le associazioni venatorie svolgono l’attività di volontariato in concomitanza con le uscite in pineta delle bambine e dei bambini, e le attività organizzative e comunicative di tutta l’iniziativa. Attività svolte da Lamberto Corbara (Ufficio Zone naturali), Franco Dal Vecchio (Ufficio caccia e pesca), Enrico Cavezzali (Ufficio Verde urbano) e in particolare da Luana Gasparini, Laura Ghinello, Sara Musetti e Catia Strada dell’Ufficio Educazione alla Sostenibilità ed Agenda 21, ora accreditato dalla Regione Emilia-Romagna anche come Multicentro CEAS (Centro Educazione alla Sostenibilità) Ravenna.

Oltre a registrare prestigiosi patrocini, fra cui quelli del Ministero dell’Ambiente, della Regione Emilia-Romagna, del Consorzio del Parco Regionale del Delta del Po, della Provincia di Ravenna e del Centro Servizi Amministrativi di Ravenna (ex Provveditorato), per l’iniziativa è stata fondamentale la grande partecipazione, concreta e attiva delle associazioni venatorie e ambientaliste come TGSC prima e ATC RA2 oggi, (con tutte le sue consociate ed in particolare Federcaccia, Libera Caccia, Arcicaccia, Acer ed Enalcaccia), di Ekoclub, delle Guardie Ecologiche Volontarie di Legambiente, del CAI di Ravenna, del WWF di Ravenna, della Cooperativa Capannisti Tempo Libero, dell’Associazione Tartufai Ravenna, del Gruppo Micologico, della LIPU e della Associazione Apicoltori. Insomma di tutti coloro che frequentano, curano, difendono e amano le zone naturali vivendole sulla base delle diverse sensibilità e dei diversi interessi ma con un comune indiscutibile rispetto per la loro preziosa biodiversità.

Nel corso degli anni si sono succedute e alternate altre collaborazioni soprattutto per quanto riguarda le aziende. Importante ricordarle tutte nel loro insieme perchè è anche grazie ad ognuna di esse se oggi raccontiamo la storia del venticinquesimo del “Mese dell’albero in festa”: AREA Ravenna prima ed HERA Ravenna oggi, Sotris Ravenna, ATM Ravenna prima e START Romagna oggi, ENI spa, Deltambiente, Coop Adriatica, LaborCarni, Snoopy casa, Union casa, Case Dani.

La crescente adesione al progetto ha registrato nel corso degli anni la partecipazione di oltre 10.000 studenti nelle 12 giornate previste tra i mesi di marzo e aprile. Le sempre più stringenti problematiche economiche e di reperimento fondi hanno costretto nel tempo a ridimensionare tali numeri e lo sforzo è stato quello di rivedere l’organizzazione generale, riducendo le classi e le scuole a cui annualmente viene offerta la partecipazione, cercando nel contempo di garantire a tutti - dalla scuola materna alla primaria - la possibilità di parteciparvi anche più volte.

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In questi ultimi anni il progetto si è per così dire “guardato attorno” e, cercando di dare risposta alle sollecitazioni ambientali e di sostenibilità emergenti, ha spinto la propria attività di messa a dimora di nuove pianticelle in ambito urbano, dove numerose zone ci mostrano oggi il passaggio delle bambine e dei bambini del Mese dell’ Albero in Festa.

Nelle pagine di questo volumetto oltre a descrivere peculiarità e aspetti storici delle zone pinetali vengono ricordate e ripercorse le principali tappe e contenuti dell’iniziativa e dei suoi protagonisti e tra essi le nostre zone naturali con la loro spettacolarità.Un racconto che vuole fissare con le sue parole e le sue immagini l’impegno di tanti, che in alcuni casi divengono veri e propri sforzi, tesi a rinnovare ogni anno questo appuntamento, rendendo stabile e indelebile la traccia del suo passaggio con migliaia di nuove pianticelle che arricchiscono le nostre zone pinetali e urbane. Un bellissimo spettacolo e la possibilità delle bambine e dei bambini di ieri e di oggi di raccontarsi reciprocamente “quell’albero l’ho piantato anch’io”.

Assessore all’ Ambiente del Comune di Ravenna Guido Guerrieri

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IL CALENDAMBIENTE

Dal 2002 il Mese dell’Albero in Festa si è arricchito di una ulteriore attività, che, attraverso un concorso denominato “Fotografo l’Ambiente” sino al 2004 e “Disegno l’Ambiente” fino ad oggi, seleziona le opere più significative che testimoniano l’esperienze degli studenti in pineta, tra quelle realizzate dalle scuole partecipanti.Tali opere vengono poi utilizzate per la realizzazione del calendario da tavolo “Calendambiente” distribuito ogni anno in migliaia di copie. Una delle opere selezionate viene poi utilizzata come immagine per il manifesto della successiva edizione del “Mese dell’Albero in Festa”.

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INTRODUZIONE

Le “nozze d’argento” del Mese dell’Albero in Festa sono una bella storia. La storia di un legame fra le pinete e i ravennati che esiste, e dura, da qualche secolo. E’ importante però che tale storia ogni tanto venga riletta, e questa ne rappresenta una splendida occasione, per ridare forza e coscienza al legame antico fra i ravennati e le “loro” pinete.Legame che nel corso degli anni sta rischiando purtroppo di sfumare allontandosi da quell’obiettivo primario ben sintetizzato nello slogan “Conservare il proprio passato per camminare nel futuro”.E’ importante dunque riallacciare il rapporto con l’ambiente, in questo caso con le pinete, perché i ravennati sono un po’ tutti, moralmente, eredi del pinarolo Miraza e di Giovanni, figlio di una legnaiola nato sotto un pino, tanto per citare solo due dei tanti personaggi, realmente esistiti, che Pietro Guberti descrive nel suo libro “I Pinaroli”. La pineta è stata per Ravenna, quantomeno per le classi sociali più povere del passato, dispensatrice di lavoro, di materiali e di cibo (legna, frutti, pascolo), e quindi di vita. Condizioni e situazioni sociali che oggi, nell’epoca del benessere (quantunque messo sempre più in discussione) e della tecnologia, appaiono lontanissime e dalle quali ci si sente estranei. Eppure è da lì che molti ravennati, e quindi anche un certo numero di bambini del Mese dell’Albero in Festa, provengono. E’ stata la pineta delle pittoresche “compagnie” dei cacciatori descritte dallo scrittore Francesco Serantini (la Cêvga, ‘e Bagarôn, ‘e Sassôl, ‘e Coch, e altre) delle quali facevano parte, oltre a cittadini di ceto popolare, anche cittadini e personaggi della “Ravenna bene”. La pineta è stata terreno di eventi bellici della Resistenza, ma anche sfondo di momenti allegri e giocosi, nei tradizionali appuntamenti per le scampagnate del giorno di S. Giuseppe. Quando si usavano solo le biciclette e comparivano i primi storici motocicli (il Galletto, il Cucciolo, il Mosquito, il Motom), poi la Vespa e la Lambretta e infine le prime, poche, automobili segno della rinascita del Paese, la Topolino, la Giardinetta Belvedere e altre di quell’epoca. Si potrebbe vedere la pineta anche come uno “spaccato” della crescita sociale ed economica dei ravennati. Il Mese dell’Albero in Festa non vuole rappresentare solo un momento ludico di una mattinata scolastica, ma diventare l’occasione per riprendere “possesso”, con rinnovato spirito ambientale, del proprio territorio e della sua storia. Piantare un albero oggi è un appuntamento con domani. Quando le bambine e i bambini torneranno a far visita al “proprio” albero piantato qualche mese o qualche anno prima, il cartellino con il nome forse non ci sarà più, perché il vento e la pioggia l’avranno consumato, ma l’essenza di quel momento sarà sicuramente rimasta e cresciuta insieme a loro.Pensando a tutte quelle bambine e quei bambini protagonisti dei primi anni del Mese dell’Albero in Festa ormai divenuti adulti e probabilmente anche già genitori, si è ritenuto utile inserire in questo volumetto un po’ di storia e un po’ di ricordi datati riguardanti le pinete e la vita che si svolgeva intorno e dentro ad esse. Questo con la speranza di stimolare i lettori, grandi e piccoli che siano, ad approfondire e riscoprire la storia del nostro territorio e dei nostri avi perché …è’ importante sapere da dove si viene, per sapere dove andare.

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S.P.Q.R.(Senza Pini Questi Romani)

E’ luogo comune che il legno dei pini delle pinete ravennati servì ai Romani per costruire navi. Teoria affascinante, ma con date che…non si incastrano. Numerosi Autori hanno in passato avallato l’ipotesi che la pineta esistesse già ai tempi dell’Imperatore Augusto (63 a.C. - 14 d.C.), ma sembra che non vi siano prove a conferma di questa pur suggestiva visione.Dei boschi ravennati già parlavano il biografo latino Svetonio (ca. 70 - 126 d.C.) e il geografo greco Strabone (58 a.C. - 21/25 d.C.). Da documenti storici si può ritenere che la città sia stata fondata successivamente all’anno 500 a.C. ed in tale periodo il bosco si considera fosse già presente, ma quasi certamente, non era pineta bensì un bosco misto planiziario.Svetonio riporta un curioso particolare riguardante Giulio Cesare (101 a.C. - 44 a.C.), il quale, per raggiungere i suoi soldati sul Rubicone, si perse in un bosco e trovò a stento la via Decumanun (la via Dismano) che portava a Cesena.Si parla di bosco e non di pineta.Ora, per quanto riguarda Ravenna in epoca antica (romano imperiale e tardoantica in particolare) bisogna ricordare che la città era vicinissima alla linea di costa e circondata dalle lagune. Scrive Paolo Fabbri:“Si deve immaginare una costa bassa, orlata di lidi sabbiosi e fasci cordonati, ricoperti di vegetazione psammofila in associazione simile a quella della macchia.” (da “Storia di Ravenna”, I, 1990, p. 10).Quindi un ambiente naturale molto diverso da quello attuale.Anche le testimonianze sul relitto navale del periodo tardo romano rinvenuto nel Parco Teodorico ce lo confermano. Scrive uno dei più grandi esperti di navigazione antica, Stefano Medas, nella nota preliminare al testo Archeologia delle acque, 2 (1999):“Da una prima osservazione sul campo, le essenze lignee sono la quercia per la chiglia e per le ordinate, conifera per il resto dello scafo (abete per il fasciame esterno e per quello interno, pino per il paramezzale) “. Le imbarcazioni quindi richiedevano materiale diverso (pino in minima parte; n.d.a) per le diverse componenti della struttura navale, e l’approvvigionamento di tali materiali era probabilmente garantito dalle aree boschive dell’Appennino.Senza pini questi Romani!

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LA COMPARSA DEL PINO A RAVENNA

La nascita della pineta di pino domestico viene individuata nel corso del secondo millennio facendo riferimento a documenti storici che registrano il passaggio dell’impiego del termine “silvae” riscontrabile durante il X e XI secolo a quello del termine “pignetae” nel XII secolo.Le pinete sono state impiantate su terreni frutto di regressioni marine, un tempo infatti si trovavano poco distanti dalla linea di costa. Già intorno all’anno mille, le zone boscate litoranee risultavano legate alle Comunità Monastiche. Si registra poi un loro breve passaggio al governo Veneziano prima e alla Comunità locale poi, per tornare nel 1509 sotto il Governo Centrale Pontificio, almeno sino agli anni della Rivoluzione Francese. Dopo un iniziale esproprio in favore della Municipalità di Ravenna, nel 1816, dopo la Restaurazione del Congresso di Vienna, le pinete ravennati tornarono di proprietà della Chiesa. La loro storia nel territorio ravennate è quindi strettamente legata al mondo religioso che ne detiene la proprietà per 7-8 secoli prevedendone la concessione alle Abbazie che potevano affittare i terreni (enfiteusi) a privati per usi particolari (pinoli, legna, pascolo). Nel testo settecentesco del Conte Francesco Ginanni (1716/1766), “Istoria civile e naturale delle pinete ravennati” (1774 - pubblicato postumo) cardine nella letteratura delle pinete ravennati, viene documentato che l’estensione pinetale di Ravenna, che andava da Cervia al Fiume Reno, fosse quantificabile in circa ottomila ettari. Nel 1860 le pinete passano in proprietà al Barone Aldo Baratelli a seguito di un complicato contenzioso tra lo Stato Pontificio e lo Stato Italiano, e dal 1873 sino a i giorni nostri al Comune di Ravenna.

LA PINETA COME RISORSA NELLA STORIA E NELLA TRADIZIONE LOCALE

Il pino domestico (pinus pinea) con la caratteristica chioma ad ombrello, è una pianta dell’area mediterranea. Il rapporto fra il pino domestico e i ravennati è storico, perché già dal Rinascimento la pianta è stata scelta quale simbolo della nostra città. Il suo frutto, la pigna, è simbolicamente presente nello stemma della città che possiamo ammirare salendo lo scalone d’accesso della sede municipale di Ravenna. Il ripopolamento intensivo è stato fatto in particolare nel periodo in cui le pinete erano curate dai monaci benedettini (circa 600 anni) La resina veniva usata a caldo come colla per i mobili, impastata con gramigna come sottofondo per i mosaici. Il legno resinoso del pino è stato molto usato per le palificazioni sotto le fondamenta murarie dei palazzi dell’antica Ravenna e per la produzione di legname da lavoro. Il pino domestico (che può vivere anche 200 anni) risulta essere stato introdotto soprattutto per la produzione di pinoli il cui mercato risulta documentato nel tardo XIII secolo. La pineta offriva inoltre importanti spazi per il pascolo brado di bovini ed equini. Un gruppo di cavalli è tuttora presente nel tratto della Pineta San Vitale compreso fra il Canale Fossatone e il Canale Via Cerba.

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LA PINETA DEGLI ANTICHI MESTIERI: I PINAROLI

I pinaroli, o meglio i “pignaroli” (pignarùl) com’erano chiamati nel gergo ravegnano, erano i raccoglitori di pigne, i frutti dei pini domestici (pinus pinea, quelli dalla caratteristica chioma ad ombrello). I pinaroli costituivano un gruppo indipendente da ogni legame sia con i datori di lavoro che con le organizzazioni operaie. Il lavoro di raccolta era difficile e pericoloso, e si svolgeva dall’autunno alla primavera, quando gli altri lavori di bracciantato erano nella stagione morta. Di solito l’attività dei pinaroli incominciava dopo la festa dei Morti, cioè dopo il 2 novembre.L’appalto della raccolta delle pigne, per ricavarne i pinoli (o “pinocchi” come un tempo venivano chiamati), nei primi anni del Novecento era della famiglia Cagnoni di Ravenna. Successivamente andò ad una ditta di Pisa. La squadra dei pinaroli era organizzata secondo compiti precisi. Era cioè composta da dodici “bacchette”, ovvero gli sbattitori, uomini giovani, prestanti e agilissimi, molto coesi fra loro e affiatati l’un l’altro (il termine viene dalle lunghe pertiche con un solido uncino in cima). Le pertiche, o bacchette, una volta agganciate ad un ramo del pino servivano per salire sulla pianta (in pratica si faceva una salita alla pertica come in palestra) per abbattere le pigne. Era questo il compito più rischioso, e purtroppo talvolta accadevano incidenti. Fatte cadere le pigne, intervenivano sei “manganelli”, i quali avevano il compito di raccogliere le pigne da terra. Seguiva un “guarda-dietro” il quale controllava che alla raccolta non sfuggisse alcuna pigna. Seguivano ancora due “garavlantini”, o “spigolatori”, che si preoccupavano appunto di spigolare le pigne eventualmente sfuggite ai colleghi. Venivano poi due “portasacchi”, i quali riempivano i sacchi di iuta con le pigne e li portavano sulla schiena fino alle carraie dove li ammucchiavano. Da lì i mulattieri caricavano i sacchi sui barocci e li portavano sulle aie delle case di guardia pinetali, ove le pigne venivano stese al sole ad essiccare. Dalla successiva battitura delle pigne essiccate, si raccoglievano i pinoli che poi andavano alla lavorazione per la vendita. I pinaroli andavano in pineta in bicicletta (con le strade e le biciclette di allora!). Dato il periodo freddo, e dato che la permanenza in pineta per il lavoro era dell’intera settimana, si portavano abiti pesanti, due coperte, pane e condimento per tutti i giorni di lavoro. Rientravano a casa il sabato sera. Gli uomini della squadra che operava nella Pineta San Vitale risiedevano nel quartiere San Biagio (naturalmente molto diverso dalla forma attuale), e la loro base in pineta era la Ca’ Nova. Gli uomini della squadra che operava nella Pineta di Classe abitavano invece nel quartiere del borgo S. Rocco. Come racconta il pittore-scrittore ravennate Pietro Guberti nel suo libro “I Pinaroli”, abitavano quasi tutti nel giro di poche centinaia di metri: nei pressi della Porta del borgo S. Rocco, in via Scuole pubbliche, in Vicolo Carraie e nel cosiddetto “Curtil de Ciòs” (nome, invero poco lusinghiero, del proprietario di una delle case che davano su quel cortile).Alcuni di questi uomini, per la loro tipicità, sono stati veri e propri personaggi non di rado citati in opere di letteratura e novellistica locale.

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LA PINETA DELLE TRADIZIONI RAVEGNANE: LA CACCIA

Fino alla sospensione, decretata dalla Legge Quadro n. 968/77, la caccia in pineta si svolgeva prevalentemente a rastrello (“rastello”, secondo la terminologia e la letteratura locali). Le sue componenti aggreganti e conviviali, che si sviluppavano attraverso la composizione di squadre, le cosiddette “compagnie” con tanto di “capitano”, non hanno mancato di lasciare traccia documentata nella letteratura del Novecento. Francesco Serantini(1889 - 1978), nel suo racconto-cronaca “Cacciatori in pineta”, così descrive una giornata in pineta”Eravamo in pineta, a tordi, con scarso profitto … sicché sul mezzogiorno decidemmo di rifarci col brodetto di un capanno da pesca…Mentre noi s’era ancora a tavola, ecco che arriva una compagnia di cacciatori e tra essi vedo Pippo, che è il custode del Tribunale; … non può accettare il nostro invito, deve stare con i compagni e col capitano … perché due rinomate società di caccia, il Bagarone e la Chiavica, sfidatesi al rastello, sono in azione fino dall’alba. Qualcuna di queste società è molto antica come si può vedere dai registri che conserva gelosamente e su cui annota i fasti; in ognuna c’è un capitano e un furiere …” Era il “capitano” che sceglieva gli appezzamenti di pineta da percorrere, i cosiddetti “stazzi”, e che disponeva gli uomini, come scrive Serantini: “ …in riga a venti passi uno dall’altro, sono otto al centro e tre per ala, le ali devono spingersi avanti … e chiudere il rastello alla fine dello stazzo …”. L’origine della distanza fra un sentiero e l’altro (circa una trentina di metri) è infatti da attribuire alla pratica venatoria che teneva conto della portata approssimativa del fucile da caccia in circa trenta metri. L’assegnazione delle ali e dei sentieri (numerati convenzionalmente) si effettuava pescando i numeri (le “palle”) a mo’ di tombola da un sacchetto che teneva il capitano. La tecnica è rimasta invariata negli anni, fino, come si diceva, alla sospensione per opera della legge 968/77. Fra le diverse compagnie si instaurava spesso una sfida che aveva termine solo alla fine della stagione venatoria, allorché sui registri si tiravano le somme dei carnieri. Un’altra figura fondamentale del rastrello, era il “barone”, che Serantini puntualmente così delinea: “ Dio solo sa perché lo chiamino a quel modo, che è l’incaricato del servizio logistico: in un leggero carretto trainato da un somarello ci sono le cartucce, le sporte della colazione, una damigiana di marascone, scarpe e calzini di ricambio perché capita spesso di camminare sull’acquitrino …” Il “barone” (e’ barôn, termine di non precisa etimologia, ma a volte usato per indicare qualcuno sveglio di cervello) era infatti l’incaricato logistico della compagnia dei cacciatori, che egli precedeva al punto di chiusura del rastrello per distribuire rifornimenti a chi ne avesse avuto bisogno. Allora non c’erano il gore-tex e gli stivali di gomma, e un bicchiere di vino marascone risolveva i problemi del freddo.E’ interessante annotare, per curiosità di cronaca, come la funzione del “barone” venisse in

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Cacciatori in pineta (foto collezione Ferruccio Casadio – Ravenna; anno 1922)

1 - Guido de capël, 2 - Massimo e’ salumir, 3 - Eugenio de capsât, 4 - Pipino d’Zimparôn5 - Brustighi (o Brustighì), 6 - Babini e’ farmazèstar, 7 - Chico Trioss, 8 - Arnoldo Zaccaria,

9 - Chileto Stanglên, 10 - Gianôn Santandrea, 11 - Silvio Ceroni, 12 - Nivellini, 13 - Tito Mazzesi14 - Zezar d’Bomba, 15 - Filip Balestra

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un certo modo ufficialmente riconosciuta anche dal Comunedi Ravenna. Infatti era fra i pochi autorizzati (gli altri erano i pinaroli) ad accendere fuochi in pineta, come si legge sul Regolamento del Municipio di Ravenna per l’uso del legnatico nelle pinete (anno 1926). Per quanto riguarda la caccia a rastrello in pineta, anche altri scrittori e poeti locali (Pietro Guberti, Massimo Stanghellini Perilli, Ludovico Giardini) ne subirono il fascino. Fu tuttavia Ludovico Giardini(1864 - 1957), medico benemerito e uomo dotto, nonché sindaco di Ravenna per un breve periodo, a lasciarne vivace testimonianza secondo il suo carattere ed estro compositivo dialettal-vernacolare, con un quadro molto esplicito. In occasione di una gara fra due compagnie, la più quotata, quella “de’ Canêl” (del Canale), prese un “cappotto” da una compagnia meno quotata di “campagnoli”, nonostante si fosse disposta sul terreno ancor prima dell’alba per occupare uno stazzo considerato buono.Fu così eternata nelle rime di Giardini: “ O de Canêl furtessum cazadur u n’ abasta andê’ in pgneda a e’ lom de bur …, i cuntaden i v’ha ardot un cagadur “. Che tradotto in italiano, suona: “o fortissimi cacciatori del Canale, non basta andare in pineta prima dell’alba …, i contadini vi hanno ridotti a una latrina”. Copie dei registri delle compagnie, alcune delle quali addirittura ante prima guerra mondiale (e’ Bagarôn, alias scarafaggio, e’ Sasöl, alias sassello, e’ Cóc, alias cuculo), sono tuttora conservate da alcuni appassionati. Su di esse figurano i nomi di molti ravennati del tempo, più o meno noti, che si riunivano per il rastrello suppergiù come in un club con relativo “disciplinare” etico-goliardico. Chi non faceva carniere restava buêr (boaro), termine venatorio caratteristico della bassa ravennate e di incerta etimologia (letteralmente bovaro, ma allusivamente forse persona senza credito materiale).Era tuttavia ammesso il “salvataggio” da parte del cane, cioè se il cane ritornava riportando un selvatico del quale non si fosse potuto accertare l’appartenenza, il cacciatore proprietario del cane non era più boaro.Va detto per chiarezza che il termine boaro, rimasto tuttora vivo nel gergo venatorio locale, non è da considerare dispregiativo della persona, dato che è uso, oggi come allora, addirittura autodichiararsi in tal modo finché non si ha nulla in cacciatora.Nella compagnia del rastrello però, la buarì (la boaria, il carniere vuoto) poteva implicare spesso risvolti goliardici. Quasi scontata era la cartàza (cartaccia), una presa in giro verbale, spesso trasformata in zirudëli (poesiole scanzonate a rima baciata) durante la sosta del mezzodì per rifocillarsi, magari accompagnate da qualche scherzo più o meno salace.Se poi la boaria era eclatante o ripetitiva, la cartàza poteva avere eco anche per mesi. Tradizioni, storie, burle e ritmi di vita di una vecchia Ravenna e di una società più povera ma molto più solare di quella odierna.

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LA PINETA DEI PERSONAGGI FAMOSI

A molti ravennati, in una sorta di opinione cultural-campanilistica (peraltro sostenuta anche da qualche critico letterario), piace pensare che sia stato il verde cupo delle chiome dei pini della pineta di Classe ad ispirare a Dante Alighieri l’immagine della selva oscura entro la quale si ritrovò nel “mezzo del cammin di nostra vita”. Sia così o meno, le pinete di Ravenna sono comunque cariche di storia ed hanno ospitato ed ispirato illustri nomi della letteratura mondiale. Ne riportiamo solo alcuni, quelli “di prassi”, perché la lista completa sarebbe sorprendentemente lunga.Dante Alighieri fu uno di questi, tanto che per la Pineta di Classe è tuttora rimasto in uso un toponimo ideale, “le querce di Dante”, ad indicare un percorso (oggi turistico, dal Parco 1° Maggio al Ponte Botole e oltre) che presumibilmente il Divin Poeta percorreva nelle sue passeggiate. Le querce vere proprie, sotto le quali passava e sostava, oggi non ci sono più, ma, potenza della storia e della tradizione, il nome del luogo evoca tuttora un certo senso di misticismo e di riflessione sul tempo che passa e sulle cose che comunque restano. Dante, nella Divina Commedia, cita peraltro la pineta di Classe anche in modo esplicito (nel XXVIIIcanto del Purgatorio): “...Tal qual di ramo in ramo si raccoglie per la Pineta in su’l lito di Chiassi, quand’Eolo Scirocco fuor discioglie…”.Dopo di lui fu Giovanni Boccaccio a trovare nella Pineta di Classe il teatro di una storia, poi illustrata dal Botticelli, per la sua opera Decameron. Lì si svolge infatti la tragica storia d’amore e di sangue (ma in qualche modo a lieto fine) di Nastagio degli Onesti, nobile ravennate invaghitosi di una fanciulla anch’essa nobile, che non lo ricambiava. Altro personaggio di spicco, ospite ravennate e frequentatore della pineta (per tutt’altri motivi) fu l’inglese Lord George Byron, che rimase a Ravenna un paio d’anni (1819-1821). Spirito irrequieto (diciamo così, tanto per stare sulle generali), a quanto pare girava armato e frequentava (seguito con nonchalance dalla guardie civiche) compagnie carbonare (i “Cacciatori Americani”, o “setta degli Americani”, gruppo carbonaro fondato a Ravenna da Pietro Gamba), incontrandosi appunto nel folto della pineta di Classe. I luoghi gli diedero comunque anche ispirazione artistica, perché nei due anni di permanenza a Ravenna il poeta-guerriero compose alcune delle sue opere più significative.Si ricorda inoltre il “vate” Gabriele D’Annunzio, che trovò in Ravenna, nella Pineta di Classe, luogo di ispirazione e di incontri amorosi. D’Annunzio venne a Ravenna nel 1902 con la “divina” Eleonora Duse per assistere ad una rappresentazione al teatro Alighieri in occasione del cinquantenario del teatro. Ottennero dal Sindaco, tramite la scrittrice ravennate Cordula Poletti, segretaria della Duse, il permesso di alloggiare nel chiosco settecentesco, chiesetta sconsacrata

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di S. Sebastiano delle Aie, a fianco della casa pinetale delle Aie di Classe (attuale Parco 1° Maggio). I due amanti fecero colpo in modo radicalmente opposto, sui guardiani della pineta, come riporta Massimo Stanghellini: “Chi sarài chi matt chi vò sté int’un bus còma quest? Li l’è un gran bel usèl, con totti c’al pen; mo ló l’è una mezza cartócia e l’è nénca plé!” (Chi saranno quei matti che vogliono stare in un buco come questo? Lei è un gran bell’uccello con tutte quelle penne - si intuisce dal cappello; n.d.a. – ma lui è una mezza cartuccia ed è anche pelato!). L’anedottica locale riporta altri quadretti e vicende certamente degni dell’estrosità e della spregiudicatezza del poeta-aviatore-ardito, futuro protagonista del volo su Vienna e della presa di Fiume.Per finire, restando in campo artistico, anche il poeta e saggista irlandese Oscar Wilde fece sosta a Ravenna verso fine Ottocento. Rimasto colpito dall’atmosfera della città e dei suoi ambienti naturali, dedicò a questa una poesia con la quale vinse un prestigioso concorso in Inghilterra. La poesia si intitolava “Ravenna”, gli valse il “Newdigate prize poem” che ritirò il 26 giugno 1878 allo Sheldonian Theatre di Oxford.Ma, dulcis in fundo, accanto ai personaggi famosi, riteniamo giusto e doveroso rendere omaggio indistintamente a tutti gli artisti ravennati nostri concittadini, per i quali la pineta è stata musa ispiratrice per opere di pittura, di poesia e di prosa. Con la loro passione e il loro talento hanno contribuito a far conoscere i nostri luoghi e tramandarne memoria.

Lord ByronOscar Wilde

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LA CHIESETTA DEL FOSSATONE

Nel settembre del 2009 si è finalmente concretizzato un progetto lungamente desiderato e curato da parte di un piccolo gruppo di cacciatori dell’ATC-RA2, e volontari Ekoclub (Enzo Barbieri, Piero Errani, Guido Pirelli e Alberto Zampiga). Obiettivo del progetto il restauro della cosiddetta Chiesetta del Fossatone, un piccolo luogo di culto, che sorge all’interno della Pineta San Vitale nei pressi, appunto, del Canale Fossatone. La storia della chiesetta è legata ad un grave fatto accaduto nell’agosto del 1877 durante una battuta di caccia in cui rimase ucciso un certo Antonio Minguzzi. A memoria del fatto, su un bellissimo pino lì presente venne collocata un’immagine della Madonna Greca. Il luogo divenne nel tempo meta di raccoglimento e devozione, tanto che nel 1926 il parroco di Mandriole, frazione del forese con giurisdizione su quella parcella di territorio, vi fece costruire un’edicola votiva. Più tardi, nel 1938 il parroco ottenne dal Comune di Ravenna il permesso di far costruire sul luogo una chiesetta, che venne dedicata a San Pier Damiani. Per molti anni presso la chiesetta vennero celebrati matrimoni e feste locali, in particolare la Festa del Fossatone, che cadeva la prima domenica di settembre. Poi, mutati i costumi sociali e causa il degrado del tempo, il piccolo luogo di culto è lentamente sparito dalla memoria dei ravennati. Solo recentemente, con l’impegno diretto e costante dei quattro volontari, che hanno fatto da traino anche attraverso le loro testimonianze e ricordi, si è reso possibile il restauro della piccola chiesa. L’Immagine Mariana originale, andata distrutta, è stata sostituita da una nuova Immagine realizzata dal Prof. Antonio Fogli, pittore amatoriale e appassionato di storia locale. La Santa Messa d’inaugurazione del 27 settembre 2009 in una bella giornata di sole, ha visto intorno alla restaurata Chiesetta del Fossatone, facente ora parte della parrocchia di Marina Romea e Casalborsetti, insieme ad alcune Autorità comunali, una grande partecipazione di cittadini amanti della pineta che hanno celebrato e festeggiato il recupero di una delle memorie significative del territorio ravennate.

Disegno realizzato dalla Scuola dell’Infanzia “Mario Pasi” I sez., Ravenna – “Calendambiente 2009” – Anno scolastico 2007- 2008

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Chiesetta Fossatone

Li, 12 Settembre 1926

PEI PARROCCHIANI DI MANDRIOLERESTERÀ MEMORABILE

QUESTO GIORNOIN CUI PER VOLONTÀ DI MAGGIORENTI

E DI POPOLOSULLE SPONDE PITTORESCHE

DEL FOSSATONENEL SACRO SILENZIO

DEL PINETO SECOLARE DI RAVENNASI INAUGURAVA GRAZIOSA EDICOLA

SACRA ALLA REGINA DEL CIELO

Madre pietosa, il sussurro dei pini,il canto degli uccelli, il mormorar delle

acque nel bosco, ti ricordi i gemitidei figli che nella selva selvaggia delmondo, sono in pericolo di smarrire

il sentiero che conduce alla pace vera.Guardali pietosa, quando il cuore è laceratodai dolori e mostrati Madre di misericordia

nell’ora suprema della morte, quandol’anima sciolta dal corpo si incontrerà

tremante col Giudice Divino.

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LE ORIGINI DEL MESE DELL’ ALBEROL’UNIONE FA LA FORZA

Oggi vengono attivate molte iniziative, patrocinate da associazioni di diversa natura e filosofia che, partendo da sentimenti di impegno verso l’ambiente e la sostenibilità, promuovono l’adozione a distanza di alberi o di intere foreste. Si tratta di azioni importanti che hanno un solo limite quello della distanza che impedisce a ‘genitori adottivi’ e ad ‘alberi adottati’ di incontrarsi.Ravenna ha scelto un’altra strada: gli alberi si piantano qui e si può far loro visita quando si vuole! La vision, rappresentata dal “bosco” e la mission, che è proprio l’azione di “fare il bosco”, si concretizzano nello stesso luogo in una logica di rapporto reciproco e di coinvolgimento attivo e presente. Le nuove piante crescono e rappresentano per i protagonisti dell’iniziativa un risultato concreto con una valenza ambientale, sociale e civica che porta in sè il messaggio di come tutti debbano cooperare e collaborare per la difesa dei beni comuni. Un messaggio affidato in questo caso alle bambine e ai bambini che a partire dalle scuole dell’infanzia, animano le giornate del Mese dell’Albero in Festa e che si radica e si diffonde grazie a loro insieme alla costante crescita dei “loro alberi”.Il Mese dell’Albero in Festa è una storia che ogni anno si rinnova ma che risale ad un incontro di intenti nato 25 anni prima. Un rapporto tra il Comune di Ravenna e l’allora gestione dei “Territori gestione sociale caccia” (TGSC), per dare un più ampio e concreto “valore sociale” alle cosiddette “giornate ecologiche”, che consentivano e consentono ancora oggi ai cacciatori, la possibilità di praticare l’attività venatoria all’interno delle pinete secondo norme compatibili con la fruizione generali. Tale rapporto di collaborazione nacque su basi comuni di richiamo alla conservazione e salvaguardia della biodiversità di queste zone naturali e si concretizzò a partire dalla metà degli anni ‘70 con la messa a dimora di numerose piante in un’area della Pineta San Vitale denominata Serraglio dei Cavalli e il coinvolgimento delle alunne e alunni di alcuni istituti scolastici ravennati. L’iniziativa trovò sempre più interesse presso gli amministratori pubblici locali e nel 1987 venne realizzata la prima piantumazione importante nella cosiddetta Pineta d’Archildo, situata sulla sinistra del Canale Via Cerba, fra la Statale Romea e il Centro Ippico, al fine di ripristinare un’area di bosco danneggiata dalle forti gelate del 1985. Vennero messe a dimora circa 2.000 piantine, con la partecipazione di circa 400 bambine e bambini della scuola elementare Augusto Torre.La sinergica collaborazione fra Comune di Ravenna e volontariato venatorio, ambientalista ed ecologista era ormai avviata. La ricostruzione proseguì negli anni successivi e, a partire dal 1988, si definì l’avvio ufficiale del Mese dell’Albero in Festa all’interno del quale le collaborazioni

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si sono allargate ad altre associazioni, enti ed aziende e le piantumazioni sono proseguite puntualmente di anno in anno su altre aree pinetali. Un secondo intervento particolarmente importante fu realizzato a fine anni ‘90 e interessò l’argine del Chiaro del Pontazzo (lato est della Pineta San Vitale), eretto un paio di anni prima per ostacolare l’ingressione di acqua salmastra in pineta. Inizialmente su tale argine venne effettuata una semina di pinoli a spaglio, ma con scarsi risultati a causa di fenomeni predativi dei germogli da parte dei tassi di notte e dei corvidi di giorno. Fu per tale motivo che si procedette alla messa a dimora di piantine già formate con le bambine ed i bambini del Mese dell’Albero in Festa. Tali piantine oggi sono diventate quel cordone verde brillante, posto sul lato est della Pineta San Vitale, che si nota molto bene percorrendo la via Baiona. A seguito di nuove politiche faunistico-venatorie nazionali e regionali, all’istituto dei TGSC successe l’ATC che continua ad essere partner del Comune insieme ad Ekoclub mettendo a disposizione il proprio volontariato per iniziative ambientali riguardanti le pinete e, recentemente, anche alcune aree urbane. L’impegno più significativo viene messo in campo proprio per l’iniziativa del Mese dell’Albero in Festa, durante il quale i volontari accompagnano in pineta le bambine e i bambini delle scuole del territorio comunale, ogni anno circa 6.000, per la messa a dimora di nuove piante, per passeggiate e visite guidate, laboratori didattici e attività che di anno in anno arricchiscono la programmazione di queste giornate di scuola all’aperto. Nel corso del tempo sono state circa 70.000 le nuove piante messe a dimora. La pineta rivista come elemento storico del territorio è il nuovo progetto sperimentale che l’ATC RA2 sta portando avanti nelle pinete di San Vitale e Classe, in concordato con il Servizio Ambiente ed Energia del Comune. Tale iniziativa fa parte del programma che, a partire dal 2011, la Commissione Pinete dell’ATC RA-2 ha preso in carico parallelamente all’effettuazione delle giornate ecologiche del Mese dell’Albero in Festa insieme ad Ekoclub. Il cuore della proposta è quello di riportare fisicamente in evidenza le piante storiche delle pinete, rendendole fruibili alla vista dei visitatori mediante un’appropriata pulizia del sottobosco adiacente alle piante stesse. I primi risultati hanno trovato entusiastico riscontro nell’interesse degli insegnanti e delle scolaresche che, durante le passeggiate didattiche hanno potuto veramente toccare con mano alcune piante, querce e pini, vecchie di 200 e 300 anni. Piante cioè già esistenti negli anni in cui lo studioso ravennate, Francesco Ginanni (1716-1766), scriveva il famoso trattato “Istoria civile e naturale delle pinete ravennati”. Piante sotto le quali, si potrebbe dire metaforicamente, sono passati George Byron, Giuseppe Garibaldi e chissà quanti altri personaggi della storia d’Italia, che nel territorio ravennate trovarono asilo. Dunque, un valore ambientale e storico che tornerà utile come arricchimento, anche a tutti coloro che si recheranno in pineta seguendo i percorsi del Parco del Delta del Po. Per i bambini, intanto, trovarsi di fronte ad un colosso d’albero centenario, poterlo toccare, abbracciarne il tronco, si tratta di un’inaspettata e allegra avventura che attraverso il gioco sposa l’ambiente.

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IL BOSCO ENTRA IN CITTÀ

La campagna ravennate è stata caratterizzata per decenni da piccole oasi verdi artificiali alcune delle quali, tuttora esistenti, simboli della cultura rurale del passato.Era uso sulle terre agricole creare grandi e piccole isole di verde costituite in prevalenza da querce e gattici (la rôvra e l’albaraz romagnoli), piantate principalmente a scopo venatorio. Altre monumentali isole verdi, costituite in gran parte da querce e tigli, contornavano le immediate pertinenze delle ville padronali. Qualcuna è rimasta qua e là, per memoria familiare, dove le pratiche agricole le hanno generosamente risparmiate. Testimonianze superstiti, talune intatte, di quei piccoli-grandi boschi sono tuttora visibili intorno ad alcune ville a Godo, nei pressi di Russi e lungo la statale tosco-romagnola, fra Ravenna e Forlì. Il viale dei pini di Coccolia, il bosco perimetrale della Villa Monaldina, sono testimonianze vive della cultura rurale del passato ed espressioni di un modo di essere in sintonia con l’ambiente. Uno di questi ‘atolli verdi’, il Bosco Baronio, è rimasto addirittura inglobato all’interno di Ravenna a seguito dell’espansione urbana.E’ la città che conquista la campagna, o la campagna che conquista la città? Le trasformazioni non sono sempre facili da definire.Da oltre 6 anni, durante il Mese dell’Albero in Festa, i volontari e i bambini mettono a dimora nuove piante anche in aree urbane, che sono in questo modo divenute aree di verde pubblico a tutti gli effetti e potenziali luoghi di ritrovo.Dal Quartiere S. Giuseppe alla Parrocchia del Torrione, da via Galilei alla rotonda di Viale Alberti e ad altre che verranno. Il bosco entra in città, a migliorare l’aria, il panorama urbano e, perché no, anche lo spirito delle persone. Guardare fuori dalla finestra e vedere un bosco forse aiuta a cominciare la giornata.

Piantumazione - Via Galilei

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DOPO IL LAVORO IL RISTORO

“Signore, che cosa si mangia oggi?… E’ stata la prima domanda che alcuni anni fa fece un bambino mentre scendeva dall’autobus per partecipare ad una delle giornate del Mese dell’Albero in Festa in pineta. Evidentemente già informato del “finale” a base di panino con la salsiccia, per aver partecipato ad almeno una precedente edizione, aveva ben memorizzato quel saporito premio finale dopo le fatiche della giornata e voleva essere sicuro che il rito si sarebbe ripetuto. La merenda è diventata nel tempo, non solo un piacevole momento di ristoro, ma promotrice di una condivisione collettiva, allargata e allegra con i compagni di scuola, le maestre e tutte le altre persone impegnate nella organizzazione pronte ad accoglierli e sfamarli.Un ulteriore ricordo da conservare per raccontarlo e riviverlo con i propri genitori e poi via via nel tempo con i propri amici e i propri figli. Doveroso un riferimento particolare ai volontari “fuochisti” che ogni anno, fra nuvole di fumo odoroso di pino e salsiccia, si affannano puntuali per deliziare i palati dei piccoli protagonisti, forse domani novelli pinaroli.

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GRAZIE!GRAZIE! Un grazie grande alle migliaia di ragazzi che, nel corso delle edizioni del Mese dell’Albero in Festa che si sono svolti in questi ultimi 25 anni, ci hanno supportato con il loro entusiasmo e con il loro lavoro. Mi piace pensare che con i gesti che accompagnano la messa a dimora di una piantina abbiamo trasmesso ad almeno una parte di loro un messaggio importante: “se vogliamo bene all’ambiente, è giusto che gli dedichiamo un po’ del nostro tempo, ritornando ad inginocchiarci sulla terra per pulirla e seminarla, curando tutto ciò che nasce e cresce, riscoprendo la bellezza di lavorare sudando, per riportare l’armonia su questo pianeta ferito”.

Piero Errani – Ekoclub Ravenna

TRE PAROLE SU QUEL “GRAZIE”

Quando ero bambino andavo spesso in Pineta con mio padre. Non ricordo un periodo in cui non la conoscessi ed amassi.Andavamo in Pineta ed in Valle, lo accompagnavo a caccia, a raccogliere funghi, asparagi e more; poi incominciammo a piantare alberi e da allora non ho mai smesso.Gli alberi sopravissuti sono cresciuti con me. Negli anni si sono aggiunti prima i miei compagni di scuola, poi migliaia di bambini, ed è una cosa molto bella.L’amore per la bellezza insita nella Natura ci preserva dall’abbruttimento. Uso questa parola con un intento preciso, ossia quello di ricollegarmi ai nobili e ben noti versi del nostro sommo poeta Dante, i quali ci ricordano come abbruttire e, quindi, abbruttirsi, significhi in sostanza spogliarsi della propria umanità. Inoltre, senza un’adeguata protezione dell’ambiente la sostenibilità di qualsiasi sviluppo auspicabile è inevitabilmente compromessa.E’ in questo senso che risulta sempre più necessaria una cultura dell’ambiente realista e non fondamentalista, ovvero che sia in grado di conciliare virtuosamente economia ed ecologia, concetti che, d’altronde, già nei termini sono accomunati dalla medesima parola ‘oikos’, la casa. Non esiste definizione migliore di tutto ciò che ci circonda, l’ambitus’.Immerso nell’equilibrio che ben descrivono le leggi della fisica, l’occhio dell’osservatore può coglierne tutta la bellezza. E la nostra casa deve essere certamente un posto sicuro oltre che bello.Conservare, rispettare ed usufruire liberamente sono azioni che non possono essere separate dall’assunzione di una responsabilità che è anche indice di consapevolezza.Ritengo sia la via più comprensibile e praticabile. Ma tutto parte dalla bellezza, ovvero dalla

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percezione della bellezza, che incomincia in un bambino e che coltivata ne accresce la comprensione del mondo che lo circonda, il senso di appartenenza e la volontà di averne cura. E tale percezione non esclude affatto tutti quegli aspetti più inquietanti, o meglio, terrificanti, che sono legati ai pericoli naturalmente insiti nello stesso ambiente in cui viviamo e che amiamo.Pericoli ai quali si aggiungono quelli indotti dal nostro modo di vivere e dalla tecnologia che lo supporta. Consapevoli, dunque, del valore e dei rischi della nostra casa, il mio augurio è quello di non esserne oppressi e di essere, al contrario, appagati dalla sua bellezza, ovvero che risuonino, sempre nuove, parole come FIRMITAS (conservazione e sicurezza), UTILITAS (fruibilità) e VENUSTAS (gioia nella bellezza): valgono per un’opera edificata come per un paesaggio plasmato dall’uomo, ma anche per tutto quanto di incontaminato ancora rimane.

Paolo ErraniPresidente Ekoclub Int.l Onlus – Provincia di Ravenna

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REGOLAMENTO COMUNALE PER LE PINETE DI SAN VITALE E CLASSE

L’accesso alle pinete, è disciplinato da specifico Regolamento approvato dal Consiglio Comunale in data 09/04/1991 con atto n°13985/240, modificato con atto n°36470 /161 del 16/09/1999. Tale regolamento assorbe e attualizza tutta la normativa fino a quel momento emessa dal Comune in merito alle pinete.In precedenza il Comune di Ravenna disponeva di due vecchi regolamenti, quello per l’uso del legnatico, del 1923, e quello sul pascolo equino nel “pineto” di Classe, del 1938. A quell’epoca le caratteristiche climatiche, gli insetti, la viabilità precaria, facevano di valli e pinete un territorio riservato a pochi appassionati ed a coloro che vi si recavano per lavoro. Oltre a rappresentare il luogo ideale per le tradizionali attività di caccia e pesca, la pineta costituiva fonte di reddito sia per i cittadini che per l’Amministrazione Comunale, attraverso la raccolta dei pinoli, dei prodotti del sottobosco, il legnatico, il pascolo degli animali. Già allora però l’Amministrazione Pubblica si preoccupava di disciplinare l’uso del proprio patrimonio, come dimostrano questi vecchi regolamenti dettagliati e precisi, da cui emerge chiaramente la volontà di salvaguardare il bosco, bene economico ed elemento tipico della storia ravennate. Il testo completo del regolamento attuale è visibile sul sito del Comune(www.comune.ra.it – Aree Tematiche – Statuto, regolamenti e ordinanze – Regolamenti – Territorio ed ambiente - Regolamento comunale per le pinete di San Vitale e Classe).

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Pineta San Vitale - sx Via Cerba (Risega)

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DOVE: “I luoghi di messa a dimora delle nuove piante”

Argine Pontazzo al tramonto

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Argine Canala, visto da Via Baiona

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Zona Pineta San VitaleMappa degli interventi di messa a dimo-ra di nuove piantine con i ragazzi delle scuole primarie di Ravenna dal 1988 al 2012.A Via cerba nord ex pineta d’ArchildoB Cimitero CasalborsettiBedalassonaC Idrovora Nord Bassa della MadonnaD Via Cerba Nord dietro Circolo IppicoE Sabbioni e BosconiF Argine Canala dx e sx da Ca’ Ponticelle ad est -1.600 metriG Dalla Canala a Via CerbaArgine PontazzoH Lato sx Via Romea Nordda Via Guiccioli alla Via CerbaI Zona Bonifico boschetto sotto Via Cerba e tutte le siepiintegrato lavoro Coop.CAB.Terra con piante di PINUS PINEA

L Zone puntiformi in Pineta San Vitale :Sachetta, Menate Rosette, Stazzo di Porto, Mozzi,BruciateM Siepi Serraglio Cavalli e bo-schetto attorno parcheggiodel FossatoneN argine Risega - 2000 metri solo in parte con le scuole

O Via degli Zingari dalla Romea a Ca’ Ponticelle piniP Piante da frutto da Via Cerba a Ca’ Ponticelle e nelle siepi del Serraglio Cavalli

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Marina Romea

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Zona Pialassa PiomboniS Zona Idrovora del Piombone via Trieste e via argine Piombone fino a officina Rosetti

PialassaPiomboni

Zona depuratore Porto Corsini- Marina RomeaQ piante usate per intervento di forestazione.

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casa Ponticelle

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Zona adiacente Circolo ippico

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Zona adiacente Circolo ippico

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Zona idrovora Casa Ponticelle est

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Pineta San Vitale sud - zona argine dx Canala

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Zona Ponticelle

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1/2) Zona Bonifico - siepe centrale

DOVE :

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1) Zona canaletta Enichem - 2) Canaletta Enichem - frutti selvatici

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Cà Nova - primo piano prugnolo

DOVE :

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Fosso Ghiaia - campo sportivo - adiacente Statale Adriatica

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Lido di Dante

Lido di Classe

Zona Pineta di ClasseMappa degli interventi di messa a di-mora di nuove piantine con i ragazzi delle scuole primarie di Ravenna dal 1988 al 2012.

T Accesso Pineta di Classe a sud zona adiacente via Sila

U Zona Campo sportivo di Fosso Ghiaia

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Pinetina zona Santa Maria del Torrione e Viale Saragat

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Zone urbaneMappa degli interventi di messa a dimo-ra di nuove piantine con i ragazzi delle scuole primarie di Ravenna dal 1988 al 2012.

V Zona Villaggio San Giuseppe NordZ Zona Chiesa Santa Maria del Torrione e Viale SaragatX Zona rotonda Viale Alberti eArgine sx Fiume Montone

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Ravenna

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Zona rotonda Viale Alberti

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Zona Santa Maria del Torrione

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Zona rotonda Viale Alberti

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Zona Via Galilei

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Zona Via Galilei

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QUALI: “le essenze messe a dimora”

Essenze piantumate negli anni durante le giornate ecologiche

Acero campestre (Acer campestre)Bagolaro (Celtis australis)Ciliegio selvatico (Prunus avium)Crespino (Berberis vulgaris)Frassino (Fraxinus excelsior)Leccio (Quercus ilex)Ligustro (Ligustrum vulgare)Melo selvatico (Malus sylvestris)Nocciolo (Corylus avellana)Olivella (Elaeagnus angustifolia)Ontano (Alnus glutinosa)Pino domestico (Pinus pinea)Pino marittimo (Pinus pinaster)Prugno selvatico (Prunus spinosa)Quercia comune (Quercus robur)Roverella (Quercus pubescens) Sambuco (Sambucus nigra)Sanguinello (Cornus sanguinea)Tamerice (Tamarix gallica)Tiglio (Tilia platyphyllos)

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Pino domestico rimboschimento Zona Bonifico

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CHI: “carrellata di foto del Mese dell’Albero in Festa nel corso degli anni”

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Capanno Ferrovieri - Pineta San Vitale

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RITORNO AL FUTURO

La presente pubblicazione non è e non vuole essere la conclusione di un discorso per festeggiare il coronamento di un’iniziativa. Culla piuttosto la presunzione di rappresentare un motore di ricerca, tanto per usare un termine oggi comune fra le nuove generazioni, che esclude la parola “fine” a favore esclusivo della parola “continuità”. Parola quest’ultima che affidiamo ai ravennati, piccoli e grandi, per tenere vivo l’interesse che le pinete hanno da secoli suscitato in tutti coloro che vi si sono avvicinati e addentrati. Le nostre pinete sono l’eredità di un passato che pochi luoghi al mondo possono vantare, veri e propri contenitori di biodiversità, identità territoriale, salubrità ambientale e quindi di appagamento umano fisico e mentale.Questa pubblicazione non aspira a collocarsi sugli scaffali di librerie importanti, ha però il desiderio di mantenere vivo un messaggio lanciato nel lontano 1906 dal ravennate Luigi Rava, Senatore del Regno, che con la sua opera assidua fece in modo che le pinete ravennati avessero un futuro. Oggi raccogliamo quel messaggio, in una staffetta ideale, per portarlo avanti nel tempo affidandolo ai ravennati sia come contenitore ambientale che come contenitore culturale.Un messaggio da raccogliere e trasferire con occhi disincantati, consci che il territorio di Ravenna, proprio per le criticità che gli derivano dalla strettissima convivenza tra realtà industriali, ambientali e storiche, necessita di una gestione molto attenta e sensibile.Possiamo dire, senza timori, che Ravenna riesce a far convivere queste diversità mantenendo le pinete fruibili all’uomo e che, da questo punto di vista, può far scuola nella gestione delle risorse naturali. Dicevamo con occhi disincantati, perché oggi un impegno di questo tipo, non può rappresentare un mero esercizio di conservazione museale statica.Oggi l’ambiente deve avere una connotazione che possa entrare in sinergia anche con gli aspetti economici di una comunità. Senza patemi d’animo e senza pregiudiziali. Ciò che non si usa, prima o poi deperisce e perde vigore. Vale anche per la pineta: continuerà ad esistere bella e coinvolgente se continueremo ad “usarla” con la necessaria cura ed il necessario rispetto.

Per questo il Mese dell’Albero in Festa continuerà a mettere in pista tanti piccoli “staffettisti” per garantirci il cammino verso il futuro delle nostre pinete.

Roberto AguzzoniGiornalista ARGA (agroalimentare-ambiente)

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LA PINETA OGGI

Quanto fin qui detto si propone come elemento che faccia da “ponte” per il ricambio generazionale che le pinete ravennati stanno conoscendo. La nuova sensibilità ambientale e un rinnovato desiderio di conoscere ciò che ci sta intorno, hanno generato una nuova schiera di fruitori-frequentatori affiancandola a quella per così dire tradizionale. Soprattutto la nuova rete di piste ciclabili, che collega Ravenna ai lidi sud lungo percorsi di indubbio fascino ambientale, rappresenta un canale di attrazione per turisti sportivi, locali e non, che trovano appagamento alla loro passione potendo attraversare scenari suggestivi che sono alla portata anche dell’escursionista medio e sono prossimi a località fornite di servizi per accoglienza e ristorazione.A questi frequentatori sportivi più o meno “impegnati”, si uniscono gli escursionisti fotografici, in particolare nelle aree adiacenti le zone umide dell’Ortazzo (Pineta di Classe) e della Baiona (Pineta S. Vitale). Ma notevole è la partecipazione dei cittadini in occasione degli eventi che si tengono in pineta (Sagra del Tartufo, Pinetinsieme, Sagra del pinolo, eccetera), come notevole è la “riscoperta” del pic-nic (anche sull’onda di un interesse in forte evoluzione verso l’enogastronomia tipica locale) fra le abitudini di fine settimana di molte famiglie durante la buona stagione, negli spazi pinetali adibiti allo scopo. Tutto ciò a dimostrazione di una ri-crescente passione per la natura anche fra quelle generazioni giovani, che si pensavano (erroneamente!) asservite esclusivamente alla tecnologia del cellulare, del tablet e via discorrendo. Tanto per dire, il tablet se lo portano in macchina, ma vanno a fare il pic-nic in pineta con figli e amici, raccolgono asparagi e rucola, e poi magari con il tablet fanno le foto.Quindi un processo positivo di riscoperta dell’ambiente e dell’importanza che la natura riveste per il nostro stesso benessere. La pineta è oggi anche teatro di manifestazioni sportive vere e proprie. Gare podistiche di diversa portata, come la notissima Mezza Maratona Valli e Pinete, gare di sled-dog, gare di ippica e altro ancora. Sempre più protagonista di avvenimenti legati alle tradizioni, alla cultura, allo sport e allo svago.Una ricchezza per la città di Ravenna. Una ricchezza da conservare, facendo appello ai sentimenti di rispetto, difesa e tutela di tutti i portatori di interesse che vivono e amano queste zone naturali attivando una convivenza che deve diventare garanzia di impegno comune e condiviso.

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BIBLIOGRAFIA

Vecchia Ravenna addio – Massimo Stanghellini (ed. Longo – Ravenna 1988)I pinaroli – Pietro Guberti (ed. Longo – Ravenna 1982)I ravegnani com’erano – Foschi/Ravaldini (ed. Tonini – Ravenna 1976)Addio alle valli – Francesco Serantini (ed. del Girasole – Ravenna 1981)Flora e vegetazione delle pinete di Ravenna – Pietro Zangheri (ed. Forni – Bologna; anast. 1973)Al puisì d’Teodoacre – Ludovico Giardini (ed. del Girasole – Ravenna 1977)La pineta di Ravenna – Luigi Rava (Tipografia Selecta – Roma 1926)La pineta di Ravenna – Virginio Bandi (Tipografia Moderna – Cesena 1933)Istoria civile e naturale delle pinete ravennati – Francesco Ginanni (Stamp. Salomoni - Roma 1774)Addio vecchia Ravenna – Pio Poletti (1924)

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SI RINGRAZIANO:

Questo volume è stato realizzato da: Piero Errani – Ekoclub Roberto Aguzzoni - Giornalista ARGA (agroalimentare-ambiente)

Servizio Ambiente ed Energia del Comune di Ravenna: Angela Vistoli, Luana Gasparini, Sara Musetti

Sistema Informativo Territoriale del Comune di Ravenna: Silvia Casavecchia Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo opuscolo con testi e immagini, in particolare: il Dr. Giampiero Andreatta del Corpo Forestale dello Stato (già Comandante provinciale di Ravenna del CFS, e attuale Comandante provinciale di Forlì/Cesena del CFS) per le notizie fornite al capitolo “La comparsa del pino a Ravenna”.

la D.ssa Giovanna Montevecchi, consulente archeologo di RavennAntica per le notizie fornite al capitolo “SPQR”.

l’archivio fotografico Ferruccio Casadio – Ravenna per le foto messe a disposizione

Roberto Papetti - Centro La Lucertola

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Foto: Scuola dell’ Infanzia “ Il Piccolo Principe” - III sezione - San Pietro in Vincoli

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Foto: Scuola materna “ Villa dell’ Albero” - sezione unica - Madonna dell’ Albero

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Disegno: Scuola dell’ Infanzia “ Mario Pasi” - VI sezione - Ravenna

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Disegno: Scuola dell’ Infanzia “ Il Pettirosso” - I sezione - Porto Fuori

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Disegno: Scuola dell’ Infanzia “ Delfini” - I sezione - Punta Marina Terme

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Disegno: Scuola dell’ Infanzia “ Felici Insieme” - III sezione - Ravenna

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Disegno: Scuola dell’ Infanzia “ Felici Insieme” - II sezione - Ravenna - Anno scolastico 2008/2009

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Disegno: Scuola dell’Infanzia “I Delfini”, I Sezione - Punta Marina Terme, Ravenna - Anno scolastico 2009/2010

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Disegno: Scuola dell’Infanzia “Il Pettirosso” - Porto Fuori - Anno scolastico 2010/2011

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Pineta San Vitale - Via Cerba

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