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Lo spazio giovani di Voce Misena - marzo 2013 + “Per favore non lasciatevi rubare la speranza!”. È l’invito che Papa Francesco ci ha lasciato durante l’omelia di domenica scorsa, per la festività delle palme. La Pasqua è alle porte, e di fronte a noi si apre ancora una volta il mistero della Vita che vince la morte, ogni anno, ogni giorno, anche se lo sconforto delle circostanze attuali sembra avere il sopravvento sul messaggio di speranza che il Signore ci lascia. Ma come ci esorta Papa Francesco, la speranza non può essere comprata o contrabbandata con qualcos’altro, non ci può essere sottratta di nascosto da un qualcuno che passa e si prende gioco di noi: perché la nostra speranza più grande ci è stata donata con la Vita di chi ha scelto di salvarci, tutti, su quella croce di legno, per sempre. L’àncora è quella croce: rimanere attaccati al mistero della morte di Cristo per vivere la nostra vita su questa terra e nell’eternità della storia; nessun’altra promessa, allora, supera questo messaggio di speranza e di vita. “Non siate mai uomini, donne tristi: un cristiano non può mai esserlo. Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento.” La speranza del cristiano nasce da un incontro con un Volto vero e una Parola incarnata, che una volta donate non potranno mai più essere sottratte, anche se dovesse mancare tutto il resto; ed è la gioia di poter sempre contrare su chi da quando ci ha salvato, continua ancora a camminare con noi, tra le stesse strade polverose, le stesse difficoltà, la stessa indifferenza tra cui aveva vissuto, perché ha conosciuto la nostra debolezza e sa la nostra paura. Ecco allora che in questo momento di incertezza, il mistero pasquale torna per ri-aprirci gli occhi e il cuore alla certezza di essere stati salvati; che questa settimana santa sia un cammino silenzioso e denso di preghiera verso quel monte in cui lasciare le nostre croci e accogliere la gioia vera della Resurrezione. Buona Pasqua cari lettori! Francesca Vici Dalla finestra si vede il giardino, poi il campo e, intorno, le colline. Ci si affaccia spesso dalla fine- stra perché è grande e perché è bello guardare fuori. Qualche settimana fa, chi si è affacciato ha guardato oltre il vetro per qualche istante, poi, con estrema semplicità, ha detto: “È fiorito il mandorlo”. Gli altri alberi da frutto sono ancora rugosi e spogli, solo da vicino ci si può accorgere che invece quei rami sono tempestati di gemme e che, a breve, fioriranno. È buffo il mandorlo fiorito, lì, in mezzo al giardino ancora vestito del suo abito invernale. È come un campanello. Sta arrivando la primavera. “È fiorito il mandorlo” è la frase di fine febbraio. Come quando ad agosto sei al mare alle 19.00 e il sole sta già tramontando: “Si sono accorciate le giornate”. Annuncio di un albero fiorito, di un sole più pallido. E a me piace il mandorlo che per primo si accorge che l’aria non è più quella fredda dell’inverno, che il sole è più caldo e che fra una ventina di giorni o poco più, sarà pri- mavera. Mi piacciono quei fiori bianchi quando ancora il cielo è grigio, piove forte, tira il vento e io indosso la stessa giacca a vento che ho indos- sato per tutto l’inverno. E vorrei avere i rami di quell’albero per sentire quello che scorre nell’a- ria che respiro; vorrei avere le sue radici per fidarmi della terra in cui vivo, certa che anche news quest’anno riceverò la forza per far crescere il frutto; vorrei avere la generosità dei suoi fiori: non avere paura di aprirmi, ora, quando intorno ancora sembra non ci sia niente, non aver paura se poi i miei fiori cadranno prima degli altri. E’ la generosità dell’annuncio: vado, corro, do tutto quello che ho perché sta arrivando qualcosa di grande e vale la pena dirlo a tutti, dirlo a chi mi passa accanto. C’è un vegliardo in mezzo al giardino, vestito a festa per la primavera che ar- riva. E se potessi dipingere forse pitturerei quel prato verde, quel mandorlo fiorito e quel cielo nuvoloso e vorrei che il quadro rappresentasse il mio e il cuore di ogni cristiano. Un cuore che è capace di donare. In questi giorni ci prepariamo a vivere il fatto che dà ragione alla nostra fede: la passione di Cristo, la Sua morte e la Sua Resur- rezione; il cammino dell’amore. Ecco quello che ogni cristiano è chiamato ad annunciare qui, su questa terra: il Padre ha donato il Suo figlio, Cri- sto è morto per noi ed è risorto, la vita ha vin- to! La Pasqua è anche misericordia infinita: tu, la persona che ti è accanto, quella sperduta nel più lontano angolo della terra, valete Cristo appeso sulla croce, perché c’è un Padre che vi ama. No, non possiamo comprendere da noi stessi un tale amore, possiamo però chiedere che ci sia dona- to di comprenderlo. Ce lo ha ricordato anche Papa Francesco in una sua omelia: “Torniamo al Signore. Il Signore mai si stanca di perdonare: mai! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono. E chiediamo la grazia di non stancarci di chiedere perdono, perché Lui mai si stanca di perdonare”. Victor Hugo ne “I mserabili” scrive queste paro- le che affida al vescovo di Digne: “O tu che sei! L’Ecclesiaste ti chiama Onnipotente, i Maccabei Creatore, l’Epistola agli Efesi Libertà, Baruch Immensità, i Salmi Saggezza e Verità, Giovanni la Luce, i Re Signore, l’Esodo Provvidenza, il Leviti- co Santità, Esdra Giustizia, la creazione ti chiama Dio, l’uomo Padre; ma Salomone ti chiama Mi- sericordia ed è il più bello di tutti i tuoi nomi”. E non conta se noi siamo un piccolo albero in mezzo a un giardino immenso, se il cielo anco- ra è grigio, se gli altri alberi non si accorgono di nulla…noi, anche se siamo piccoli e un po’ rinsecchiti, possiamo fiorire. Sì, perché siamo perdonati, siamo amati. Nessuno può toglierci l’amore che Dio ci dona, non priviamocene da soli per la nostra sfiducia. Amati amiamo. Annun- ciamo Cristo, con la stessa semplicità e coraggio di un piccolo mandorlo piantato nel giardino. Il Signore donerà i frutti a suo tempo. Maria Savini Oggi, insieme con la festa di san Giuseppe, celebriamo l’inizio del ministero del nuovo Vescovo di Roma, Successore di Pietro, che comporta anche un potere. Certo, Gesù Cristo ha dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Alla triplice domanda di Gesù a Pietro sull’amore, segue il triplice invito: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire! Dalla Santa Messa per l’inizio del Ministero del Sommo Pontefice Francesco Piazza San Pietro, 19 marzo 2013 V i s i t a i l si t o d el l a P G r i n n o v a t o e d a g g i o r n a t o : ) w w w . p a s t o r a l e g i o v a n i l e s e n i g a l l i a . i t Avete riposato abbastanza le vostre corde? per maggiori info: Marco Basili 334 8373581 - Giulia Pasquini 348 0523296 Siamo pronti per ripartire con voci nuove e “vecchie”!! Ti aspettiamo Venerdì 9 novembre ore 21,15 alla Casa della Gioventù. Accorrete numerosi...Marco e Giulia vi aspettano e hanno bisogno di voi!!

21 grammi PG senigallia Marzo 2013

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Lo spazio giovani di Voce Misena - marzo 2013

+“Per favore non lasciatevi rubare la speranza!”.È l’invito che Papa Francesco ci ha lasciato durante l’omelia di domenica scorsa, per la festività

delle palme.La Pasqua è alle porte, e di fronte a noi si apre ancora una volta il mistero della Vita che vince la morte, ogni anno, ogni giorno, anche se lo sconforto delle circostanze attuali sembra avere il sopravvento sul messaggio di speranza che il Signore ci lascia.

Ma come ci esorta Papa Francesco, la speranza non può essere comprata o contrabbandata con qualcos’altro, non ci può essere sottratta di nascosto da un qualcuno che passa e si prende gioco di noi: perché la nostra speranza più grande ci è stata donata con la Vita di chi ha scelto di salvarci, tutti, su quella croce di legno, per sempre.

L’àncora è quella croce: rimanere attaccati al mistero della morte di Cristo per vivere la nostra vita su questa terra e nell’eternità della storia; nessun’altra promessa, allora, supera questo messaggio di speranza e di vita.

“Non siate mai uomini, donne tristi: un cristiano non può mai esserlo. Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento.”

La speranza del cristiano nasce da un incontro con un Volto vero e una Parola incarnata, che una volta donate non potranno mai più essere sottratte, anche se dovesse mancare tutto il resto; ed è la gioia di poter sempre contrare su chi da quando ci ha salvato, continua ancora a camminare con noi, tra le stesse strade polverose, le stesse difficoltà, la stessa indifferenza tra cui aveva vissuto, perché ha conosciuto la nostra debolezza e sa la nostra paura.

Ecco allora che in questo momento di incertezza, il mistero pasquale torna per ri-aprirci gli occhi e il cuore alla certezza di essere stati salvati; che questa settimana santa sia un cammino silenzioso e denso di preghiera verso quel monte in cui lasciare le nostre croci e accogliere la gioia vera della Resurrezione.

Buona Pasqua cari lettori!

Francesca Vici

Dalla finestra si vede il giardino, poi il campo e, intorno, le colline. Ci si affaccia spesso dalla fine-stra perché è grande e perché è bello guardare fuori. Qualche settimana fa, chi si è affacciato ha guardato oltre il vetro per qualche istante, poi, con estrema semplicità, ha detto: “È fiorito il mandorlo”. Gli altri alberi da frutto sono ancora rugosi e spogli, solo da vicino ci si può accorgere che invece quei rami sono tempestati di gemme e che, a breve, fioriranno. È buffo il mandorlo fiorito, lì, in mezzo al giardino ancora vestito del suo abito invernale. È come un campanello. Sta arrivando la primavera. “È fiorito il mandorlo” è la frase di fine febbraio. Come quando ad agosto sei al mare alle 19.00 e il sole sta già tramontando: “Si sono accorciate le giornate”. Annuncio di un albero fiorito, di un sole più pallido. E a me piace il mandorlo che per primo si accorge che l’aria non è più quella fredda dell’inverno, che il sole è più caldo e che fra una ventina di giorni o poco più, sarà pri-mavera. Mi piacciono quei fiori bianchi quando ancora il cielo è grigio, piove forte, tira il vento e io indosso la stessa giacca a vento che ho indos-sato per tutto l’inverno. E vorrei avere i rami di quell’albero per sentire quello che scorre nell’a-ria che respiro; vorrei avere le sue radici per fidarmi della terra in cui vivo, certa che anche

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quest’anno riceverò la forza per far crescere il frutto; vorrei avere la generosità dei suoi fiori: non avere paura di aprirmi, ora, quando intorno ancora sembra non ci sia niente, non aver paura se poi i miei fiori cadranno prima degli altri. E’ la generosità dell’annuncio: vado, corro, do tutto quello che ho perché sta arrivando qualcosa di grande e vale la pena dirlo a tutti, dirlo a chi mi passa accanto. C’è un vegliardo in mezzo al giardino, vestito a festa per la primavera che ar-riva. E se potessi dipingere forse pitturerei quel prato verde, quel mandorlo fiorito e quel cielo nuvoloso e vorrei che il quadro rappresentasse il mio e il cuore di ogni cristiano. Un cuore che è capace di donare. In questi giorni ci prepariamo a vivere il fatto che dà ragione alla nostra fede: la passione di Cristo, la Sua morte e la Sua Resur-rezione; il cammino dell’amore. Ecco quello che ogni cristiano è chiamato ad annunciare qui, su questa terra: il Padre ha donato il Suo figlio, Cri-sto è morto per noi ed è risorto, la vita ha vin-to! La Pasqua è anche misericordia infinita: tu, la persona che ti è accanto, quella sperduta nel più lontano angolo della terra, valete Cristo appeso sulla croce, perché c’è un Padre che vi ama. No, non possiamo comprendere da noi stessi un tale amore, possiamo però chiedere che ci sia dona-to di comprenderlo. Ce lo ha ricordato anche

Papa Francesco in una sua omelia: “Torniamo al Signore. Il Signore mai si stanca di perdonare: mai! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono. E chiediamo la grazia di non stancarci di chiedere perdono, perché Lui mai si stanca di perdonare”.Victor Hugo ne “I mserabili” scrive queste paro-le che affida al vescovo di Digne: “O tu che sei! L’Ecclesiaste ti chiama Onnipotente, i Maccabei Creatore, l’Epistola agli Efesi Libertà, Baruch Immensità, i Salmi Saggezza e Verità, Giovanni la Luce, i Re Signore, l’Esodo Provvidenza, il Leviti-co Santità, Esdra Giustizia, la creazione ti chiama Dio, l’uomo Padre; ma Salomone ti chiama Mi-sericordia ed è il più bello di tutti i tuoi nomi”. E non conta se noi siamo un piccolo albero in mezzo a un giardino immenso, se il cielo anco-ra è grigio, se gli altri alberi non si accorgono di nulla…noi, anche se siamo piccoli e un po’ rinsecchiti, possiamo fiorire. Sì, perché siamo perdonati, siamo amati. Nessuno può toglierci l’amore che Dio ci dona, non priviamocene da soli per la nostra sfiducia. Amati amiamo. Annun-ciamo Cristo, con la stessa semplicità e coraggio di un piccolo mandorlo piantato nel giardino. Il Signore donerà i frutti a suo tempo.

Maria Savini

Oggi, insieme con la festa di san Giuseppe, celebriamo l’inizio del ministero del nuovo Vescovo di Roma, Successore di Pietro, che comporta anche un potere. Certo, Gesù Cristo ha dato un potere a Pietro, ma di quale potere si tratta? Alla triplice domanda di Gesù a Pietro sull’amore, segue il triplice invito: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio e che anche il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere (cfr Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire!

Dalla Santa Messa per l’inizio del Ministero del Sommo Pontefice FrancescoPiazza San Pietro, 19 marzo 2013

Visita il sito della PGrinnovato ed aggiornato : ) www.pastoralegiovanilesenigall ia.itAvete riposato abbastanzale vostre corde?

per maggiori info: Marco Basili 334 8373581 - Giulia Pasquini 348 0523296

Siamo pronti per ripartire con voci nuove e “vecchie”!!

Ti aspettiamo Venerdì 9 novembre ore 21,15 alla Casa della Gioventù.

Accorrete numerosi...Marco e Giulia vi aspettano e hanno bisogno di voi!!

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Lo spazio giovani di Voce Misena - marzo 2013

PASTORALE

Esattamente lunedì 11 marzo è iniziato il vero e proprio conto alla rovescia per noi studenti del quinto e ultimo anno di scuola superiore. Le settimane che ci separano dal famigerato 19 giugno saranno le più intense, ricche di interrogazioni, compiti in classe e ricerche per completare la tesina. Nonostante l’ansia che inizia a farsi sentire non abbiamo perso l’oc-casione per festeggiare tutti insieme i famosi “100 giorni agli esami” che ormai da molti anni rappresentano l’ultima valvola di sfogo prima di considerare seriamente l’idea di dover affrontare lo “studio matto e disperatissimo” alla Leopardi. Da un punto di vista logico si potrebbe pensare che non ci sia niente di speciale da festeggiare dato che ciò che ci aspetta non è nulla di entusiasmante. Infatti non è l’idea di affrontare un esame, il primo vero esame della nostra vita, che genera euforia, ma la consapevolezza che ci stiamo avvicinando al ter-mine di lungo percorso e che entreremo in un nuovo mondo, sia questo universitario o del lavoro. Allo stesso tempo tutto ciò ci spaventa e ci spinge a sperare che questa grande tappa della nostra vita non si concluda così presto e che gli esami siano lontani da noi il più possi-bile. Che sia la paura di diventare grandi? Almeno per un giorno questo grande interrogativo lo abbiamo riposto nel cassetto pensando solamente a divertirci e a trascorrere insieme alla classe e all’intero istituto una piacevole giornata. Sono ovviamente gli studenti che de-cidono in che modalità e con chi festeggiare; solitamente ogni classe realizza una maglia che caratterizza il proprio percorso scolastico e contraddistingue l’indirizzo della scuola grazie a delle immagini o frasi che vengono fatte appositamente stampare. La giornata viene poi strutturata in base agli interessi: alcuni preferiscono partire un fine settimana con la propria classe, altri scelgono di aggregarsi ad altre scuole festeggiando in discoteca, altri ancora si riuniscono organizzando un pranzo con i professori. In sostanza viene lasciato ampio spazio alla creatività purché non manchi il divertimento e la spensieratezza. E il giorno dopo? Stanchi e stremati ma con ancora il sorriso sulle labbra abbiamo ripreso la solita routine consapevoli che a mancare erano ben 99 giorni e che la giornata trascorsa non sarebbe mai sprofondata nel dimenticatoio. A distanza di anni, sono certa che ricorderemo ancora alla perfezione l’affiatamento con i nostri compagni, tutto il divertimento e le sciocchezze compiute in quella giornata, le risate con i professori, gli scherzi, i fischietti, i palloncini, i co-riandoli, le galline liberate ai giardini, i clacson delle auto per le vie del centro. Questo è uno di quei momenti in cui ti senti il protagonista di qualcosa che non sai nemmeno tu come descrivere, eravamo tutti lì pronti a gridare: “ tra 100 giorni affronterò l’esame di maturità anche io e per il dopo non importa, si vedrà!”. Forse il bello è stato proprio questo, far sen-tire la nostra voce. Ora ci prepariamo a superare questa prova e ognuno cercherà di farlo in modo diverso in base alle proprie aspettative. Di certo non sarà un voto in centesimi a definire le nostre strade e tanto meno il nostro destino ma ciò non toglie il fatto che prove-remo a dare il meglio di noi per dimostrare che questa maturità tanto ambita è alla portata di tutti e che con l’impegno e la serietà possiamo essere in grado di stupire anche noi stessi. Ovviamente per molti il percorso di studi non si interromperà dopo l’esame di stato, infatti ci sono ragazzi con le idee molto chiare che in questi stessi mesi si stanno preparando in vista dei test universitari mentre altri ancora cercano disperatamente di capire quale sia la facoltà più adatta a loro. Che il futuro spaventi è un grande dato di fatto e soprattutto a quest’età, quando si sta ancora uscendo dal nucleo familiare per aprirsi al mondo, le idee ap-paiono poco chiare e la paura di sbagliare e di prendere decisioni affrettate sono all’ordine del giorno. Anche il ragazzo convinto di veder realizzati i propri progetti teme che qualcosa possa andare storto, perchè tanti anni ci sono ancora davanti a lui e davanti a tutti noi, anni che sono delle perfette incognite. Inoltre la società in cui oggi viviamo ci offre garanzie poco stabili, per cui non veniamo di certo aiutati e incoraggiati nelle nostre decisioni. Alla fine dei conti molte sono perplessità che portiamo dentro di noi e a tutto questo si aggiunge l’ansia per l’esame che ridendo a scherzando si sta avvicinando sempre di più. D’altronde l’ultimo anno è sempre quello che trascorre più velocemente e sfiderei chiunque ad affermare il contrario! Forse il fatto stesso di essere arrivati al capolinea e di dover abbandonare quella quotidianità e quelle persone che ci hanno accompagnato per tantissimi anni ci spinge ad approfondire alcune amicizie con compagni di classe, a stare sempre insieme e a organizzare viaggi post-maturità. Il tempo sembra volare! Poi le cose da sbrigare sono tantissime, infatti oltre allo studio bisogna dedicare del tempo all’organizzazione della gita e delle giornate di orientamento universitario. Insomma un anno intenso, ricco di nuove esperienze e nuovi stimoli che soffocano un po’ la paura dell’inizio degli esami. L’attesa è lunga, faticosa ma al tempo stesso emozionante perchè, come in tutte le situazioni, sentire di far parte di una cosa importante ci stimola. C’è agitazione, tanta paura soprattutto di fallire e deludere ma l’importante è cercare di non perdere la lucidità e vivere a 360° questa esperienza, sfruttando l’ansia a nostro favore, ossia credendo che tutti questi timori siano sintomi di preparazione e di grande voglia di mettersi in gioco.

Martina Accorroni

VICARIA

Se penso agli esercizi spirituali penso a tre parole: serietà, semplicità e…ironia!Serietà perché percepisci che nel tempo degli esercizi si sta giocando (anche se non lo capisci oggi) parte del tuo futuro, la sua base, le sue fondamenta! Allora se la posta in gioco è così alta ti “auto-educhi” e sei tu il primo che chiede silenzio, come terreno fecondo per pensare, pregare, meditare, come condizione necessaria per guardarti nel profondo. Per arrivare “allo sguardo di Dio sulla tua vita”, quello sguardo che mostra una sovrabbondanza d’amore per te che non ti spieghi e che ti guarisce, che perde ogni logica e perdendosi, ti trova lì dove sei. Serietà, amica della semplicità! Si va agli esercizi così come si è, vincendo un po’ la paura, l’in-certezza, saltando qualche impegno e qualche incontro, cercandone un altro più importante. Si pensa forse che per fare cinque giorni di silenzio e preghiera bisogna esser già “avanti”, quasi “santarellini”. Naaa si porta agli esercizi il Mirco, Giulia, Federico, Laura che si è, con i propri desideri, sogni, dubbi e con buona volontà! L’ultima parola è ironia. Eh si perché vai, magari, pensando di dare del tempo al Signore, ma sco-pri che Lui è buono (e furbo) e lo aveva già pensato, impacchettato e fatto trovare lì pronto per te. E’ lui che ti aveva regalato questo tempo, quest’occasione da un bel po’ e aspettava il tuo si! Vai magari pensando che troverai risposta alle tue domande e scopri che la prima cosa da fare per vivere dei buoni esercizi è: “mettere da parte le tue domande per questi giorni”. Non è ironico il Signore? Come ci ricordava la guida “cercare le risposte alle domande nel buio è pericoloso, ma avvicina-tevi a Dio e alla sua luce troverete le risposte!”. Ecco allora che le tue domande te le riporti a casa TUTTE e capisci che è nel quotidiano che si sgroviglia la matassa, nel tempo, nella pazienza, nella luce, in un progetto provvidenziale su misura per te. C’è una vita che ti aspetta, il bello deve ancora venire ma ora sei carico, hai la giusta luce, la forza necessaria o per lo meno hai imparato a chiederle! il Signore compirà la promessa che ti ha fatto! E certo, ti ama!Ho detto tutto o forse niente e mi piacerebbe non poco averti messo così confusione da co-stringerti a fare gli esercizi per capirci qualcosa!

Mirco Micci

Quest’anno abbiamo celebrato per la decima volta la Via Crucis della vicaria di Corinaldo, una ricorrenza da festeggiare, anche se una Via Cru-cis, di per sé, è un momento che richiede serietà e silenzio, caratteristiche che non si abbinano molto al concetto di festa. Nei nostri piccoli paesi la Via Crucis parrocchia-le è un evento molto sentito, grazie soprattut-to alla pazienza di nonni e genitori che, fin da piccolissimi, abituano i bambini a partecipare, rendendo “la processione” un appuntamento immancabile del Triduo Pasquale. Allora, perché raddoppiare, organizzando an-che una Via Crucis vicariale? Prima di tutto, per creare un legame tra giovani e giovanissimi che, pur vivendo in paesi vicini, spesso si conoscono poco; inoltre, dato che la via Crucis vicariale è pensata non solo “per”, ma anche e soprattutto “dai” giovani, il linguaggio è diverso da quello di una Via Crucis tradizionale: nelle varie tappe tro-viamo filmati, recitazione, utilizzo di vari media; un approccio meno solenne, ma più vicino a loro. Principalmente, dato che ad ogni parroc-chia della vicaria è richiesto di pensare ad una stazione e di ospitare (a rotazione) la Via Crucis,

si crea l’occasione perché i giovani e giovanis-simi da una parte riflettano insieme, nei grup-pi parrocchiali, sugli episodi del Venerdì Santo; dall’altra, si sentano e siano protagonisti di una forma di devozione che, tradizionalmente, viene loro proposta dagli adulti e alla quale parteci-pano con regolarità, ma forse con un po’ di di-strazione. Ogni anno, dopo la riunione tra gli educatori del-la vicaria, che è sempre un prezioso momento di incontro e di confronto, inizia il lavoro nelle parrocchie, la parte forse più faticosa, ma anche più formativa: non è sempre facile coinvolgere i ragazzi perché si mettano in gioco di fronte a coetanei e adulti, contribuendo con le loro idee e il loro lavoro (per molti è la prima occasione di partecipare ad un evento da “protagonisti”), ma il loro entusiasmo prevale sempre, e alla fine della celebrazione, la richiesta che ci si sente ri-volgere è sempre la stessa: “Dai, l’anno prossimo rifacciamola!!” In fondo, c’è davvero di che fe-steggiare e di che ringraziare Dio se dopo dieci anni questo piccolo miracolo si ripete!

Katiuscia Castaldello

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LA PROcESSIONE PER LE STRADE DEL cENTRO

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Lo spazio giovani di Voce Misena - marzo 2013

La Chiesa che verrà è un grande mistero, pari forse alla nostra realtà di “creature nuove” (2 Cor 5,16; Col 3,3). Benedetto XVI ha lasciato parole lungimiranti e profetiche su questo in un piccolo libro del 1970, dal titolo “Fede e futuro”: «dalla crisi di oggi verrà fuori domani una Chiesa che avrà perduto molto. Diventerà più piccola, perderà molti privilegi. Si presenterà come la comunità della libera volontà, cui si può accedere solo per il tramite di una decisione. Ma troverà di nuovo con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio unitrino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza del-lo Spirito, che durerà fino alla fine. Farà questo con fatica. [Questo processo] renderà [la Chie-sa] povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, richiederà del tempo. Ma dopo la prova di queste divisioni uscirà da una Chiesa interiorizzata e semplificata una grande forza. Gli uomini saranno indicibilmente solitari in un mondo totalmente pianificato. Essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo, come una speranza che li riguarda, risposta a domande che essi da sempre di nascosto si sono poste. A me sembra che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incomin-ciata. Si devono fare i conti con grandi sommovimenti. Ma sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: la Chiesa della fede. La Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà agli uomini come la patria che dà vita e speranza oltre la morte».Il tempo in questi giorni sembra aver bruscamente accelerato. Benedetto XVI, i cardinali, papa Francesco ci hanno scossi da una strana sonnolenza. Ma non restiamo alla superficie del frutto che la Provvidenza ci porge. Lo Spirito raggiunge ciascuno, e tutto nella Chiesa chiede di essere letto, accolto o anche riformato solo e soltanto nella luce della fede. Sarebbe un grave errore – diabolico – giudicare e orientare la nostra vita di credenti e di Chiesa secondo categorie che non le appartengono. La Chiesa, con tutta la storia del suo «camminare, edifi-care e confessare Gesù Cristo» (parole di papa Francesco), ancora non è che all’alba dei suoi giorni. E come Cristo, la Chiesa che verrà - anche lei certa e giovane di secoli come l’aurora, pronta come sposa adorna per il suo Sposo divino (Ap 22,2) - è la Chiesa che già viene. La vera domanda è: sono i nostri occhi vigili e pronti per riconoscerla? «La fede dice che in noi si compie un misterioso evento: quello dell’uomo nuovo, creato secondo l’immagine di Cristo. Ma questo evento è nascosto. Per questo abbiamo bisogno della speranza. Lo Spirito la suscita in noi. Egli è Colui che opera quel rinnovamento, Ricreatore del già creato. Egli lavora per il fu-turo che deve diventare eternità. Così può Egli solo assicurare a noi quel futuro» (R. Guardini).

Andrea Falcinelli

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“Ciao, come stai?” Queste erano le prime paro-le che ti saresti sentito dire da un missionario se per caso fossi capitato a passeggiare, inconsa-pevolmente, per le strade di Bologna nei giorni della missione giovani. Non si possono imma-ginare le reazione più disparate delle persone attraverso lo stupore dei loro volti: “E tu chi sei? Cosa vuoi dalla mia vita?”.Questa domanda era quella che potevi leggere la maggior parte delle volte nei loro occhi, quasi a farti pensare, che la gratuità, il dono, attraverso parole e gesti concreti, sta scomparendo dalle strade delle nostre città e dalla mentalità di chi ci abita. Perché ci spaventa una parola gratuita, senza un tornaconto personale? Perché tutta questa paura?In fondo era questo che veniva chiesto, a me, insieme agli altri centoventi, tra ragazzi, frati e suore francescane: di essere dono per gli altri senza aspettarti nulla in cambio, di portare un messaggio, prima che con le parole e con le ca-techesi serali, con la mia stessa vita, che testimo-niasse questa bella parola, oggi spesso dimenti-cata: “gratis”. Io sono qui per te, perché desidero sprecare giorni preziosi della mia vita, del mio tempo per te, per incontrarti e dirti, senza ri-compense, che vali, che sei prezioso agli occhi di qualcuno. Anche se tu ti sentissi solo, non amato, disperato, mentre ti aggiri per le strade di Bologna tutta la notte, senza meta, ubriaco, fatto di sostanze stupefacenti, perché questa vita ti fa schifo, e sei alla ricerca di un senso che non trovi, ti trovassi senza casa, senza beni, senza una famiglia, senza lavoro, a dormire per le stra-de o dentro una sala d’aspetto della stazione, prigioniera per strade nascoste agli occhi della società, costretta da patti invisibili, a vendere

il tuo corpo, per dare da mangiare a tuo fi-glio o carcerato, senza libertà, perché anche una sola volta, nella tua vita, hai sbagliato e ti è chiesto il conto, salato, da pagare, tu sei amato, da qualcuno, l’unico che ti ama anche se tu sprofondassi così in basso che nessuna mano ti potrebbe tirare fuori. L’unico che può amarti, anche quando il male ha sfigurato il tuo corpo, il tuo volto, la tua vita, è Dio. Questo è l’unico messaggio che ci veniva chiesto di portare a tutta l’umanità incontra-ta in quei dieci giorni a Bologna, perché è la cosa certa che Dio ha fatto nella nostra vita, è quello che Dio vuole fare con me e con te, ritornare ad essere suo figlio, che ama fino alla morte.Di morte ne è stata incontrata tanta, ma chi morirebbe per te? Chi ti viene a cercare quando il mondo ti ha abbandonato?Non è stato facile portare questa “bella no-tizia”, testimoniare questa speranza, e credo che molte volte ai nostri occhi c’è sembrato di fallire, perché ti scontri con le tue debolez-ze, le tue fatiche e ferite, che emergono dopo pochi minuti che sei mandato in strada, tra la neve e il freddo polare, ad incontrare.. tutti! Verso mezzanotte, sfinito, anche un po’ in-cazzato con chi ti ha chiamato alla missione, davanti a Gesù Eucarestia, preghi per tutte le volte che lo hai incontrato, e comprendi che il bello è stato questo: donare, sperare che la tua felicità di una vita cambiata sia la felicità di chi hai incontrato. Allora ti sale una dentro una risata e con gioia Gli dici: “l’ho fatto per te”.

Fabrizio Bartoli

RIEMPI IL VUOTO QUELLI CHE...

Una storia antica e, al tempo stesso, ancora attuale in molte aree del mondo. La persecuzione di tipo religioso è data dall’insieme di azioni più o meno violente volte a reprimere un gruppo per il suo credo religioso. La prevaricazione fisica e violenta va a minare, se non annullare nei casi più gravi, anche quei diritti fondamentali quali la libertà di espressione, il diritto all’identità personale, sociale e culturale e il diritto alla vita. Pur con errori ed atrocità commesse a sua volta nel passato, il cristia-nesimo nasce come “religione perseguitata”, realtà che si incarna nella figura di Cristo crocefisso. Nei cosiddetti paesi occidentali, il cristianesimo ha ormai superato da secoli la fase critica della re-pressione tant’è che ormai il pericolo più grande è dato dalla crescente secolarizzazione e dal venir meno del credo stesso dei fedeli. In altri paesi del mondo, al contrario, le comunità cristiane vivono in prima persona vere e proprie repressioni per motivi religiosi (dietro ai quali si nascondo spesso anche interessi legati a vicende storiche e a motivi politici). Secondo il francese René Guitton, autore del saggio Cristianofobia. La nuova persecuzione: “La cristianofobia è emersa soprattutto in quei pa-esi che hanno raggiunto l’indipendenza dopo gli anni ‘50 del Novecento. I coloni occidentali venivano identificati come cristiani, in un amalgama culturale-religioso. Anche oggi, queste ragioni sono rispol-verate da gruppi estremisti contro l’occidente e giustificano atti di violenza in risposta alle sofferenze subite in passato. Certamente è un ragionamento semplicistico, ma è usato per accusare i cristiani e giustificare la violenza”. Nel mondo più di 50 milioni di cristiani sarebbero vittime di discriminazioni o persecuzioni, specialmente in paesi a maggioranza musulmana (Medio Oriente), induista (India e

Pakistan) o in paesi di matrice comunista (Cina e Vietnam). Papa Benedetto XVI ha affermato che “i cristiani sono attualmente il gruppo religioso che soffre il maggior numero di persecuzioni a motivo della propria fede. Tanti subiscono quotidianamente offese e vivono spesso nella paura a causa della loro ricerca della verità, della loro fede in Cristo e del loro sincero appello perché sia riconosciuta la libertà religiosa. Tutto ciò non può essere accettato, perché costituisce un’offesa a Dio e alla dignità umana; inoltre, è una minaccia alla sicurezza e alla pace e impedisce la realizzazione di un autenti-co sviluppo umano integrale”. Questi come i tanti altri dati sull’argomento (basti consultare quelli pubblicati periodicamente da Open Doors), fanno riflettere su come il martirio cristiano sia ancora molto attuale e soprattutto abbia una dimensione mondiale, segno di una chiesa cristiana che è viva e che non ha si tira indietro di fronte ad avversità esterne che pure sembrano farla da padrone. Con-siderato il crescendo del fenomeno persecutorio negli ultimi decenni, anche la politica internazionale tramite le sue sedi ed esponenti ha iniziato ad interessarsi di queste problematiche, cercando di trovare pacifiche soluzioni di convivenza e condannando in modo deciso gli episodi violenti; tuttavia le persecuzioni anticristiane non rientrano ancora a pieno titolo nell’ambito abituale della denuncia degli attentati contro i diritti dell’uomo perché, almeno in Occidente, si fatica ad associare l’idea di cristianità e di minoranza e a mettere al centro il messaggio evangelico di uguaglianza e salvezza per tutti gli uomini.

Diego Bossoletti

POLITICALLY (UN)CORRECT

Dianra, 24 marzo 2013Domenica delle palme e della Passione del Signore

Carissime e carissimi tutti,eccoci alle porte della Grande Settimana! Questa mattina ho celebrato l’Eucaristia a Dianra, iniziata con la suggestiva processione delle palme (che bello vederle danzare dietro la croce, attraversando le piste polverose della nostra città!), mentre p. Manolo e p. Oscar erano in altri due centri della nostra vasta e bella missione! Domani andremo tutti alla messa crismale (a 200 km da Dianra!) e poi, al rientro, partirò in moto per Sobaladougou, un villaggio nel cuore di quel che resta della “foresta protetta” a 67 km da qui, per preparare e vivere il triduo pasquale con una comunità costituita da immigrati del Burkina Faso. Là vivremo alcuni battesimi, cresime e matrimoni durante la più luminosa tra tutte le notti! Vi raggiungo

IN DIALOGO CON

con queste poche righe per stringervi tutti in un calorosissimo abbraccio di amicizia in Cristo e per augurare anche a voi una Pasqua vera. Sì, carissimi, che per tutti noi questa Settimana Santa sia l’occasione per immergerci nel cuore e nella vita di Dio! Un Dio che in Gesù ha scelto di abitare ogni croce e ogni notte, ogni inferno e ogni disperazione, ogni lacrima e ogni solitudine dell’uomo per riempirli della tenerezza e della consolazione di Dio. Per aprirli alla luce della Risurrezione. Sì, che questa Pasqua ci riveli in pienezza la bellezza del nostro Dio - un Dio che sa soffrire e morire… un Dio che sa far

risorgere anche la morte! - e ci doni il coraggio di testimoniarla a tutti, ovunque! Perché tutti, sempre, abbiamo bisognodella libertà e della gioia del Vangelo! Proprio tutti: noi e gli altri! Allora che aspettiamo? Lasciamo che tutta la nostra vita si trasformi in Vangelo… e allora spunterà presto l’alba di un nuovo giorno, per tutti. Come in quel primo giorno della settimana quando, al mattino presto, il buio della Notte si accorse che una Luce nuova aveva già preceduto l’aurora…

Buona Pasqua a tutti!Vostro Matteo

CON PADRE MATTEO PETTINARIVIVERE LA PASQUA IN COSTA D’AVORIO

Page 4: 21 grammi PG senigallia Marzo 2013

Lo spazio giovani di Voce Misena - marzo 2013

STILI DI VITA

Una resurrezione che ci chiede di camminare con gioia con il nuovo Papa Francesco. Un nome la cui scelta ci ha subito emozionato, coinvolto e che dentro di noi aspettavamo. La sobrietà e la po-vertà come nostre compagne di viaggio. Un viaggio senza troppi bagagli ma ricco di buoni propositi: nell’agire, nel pensare, nel pregare e nello sperare. Una speranza che a causa della crisi fatta di falsa economia che oggi è solo scambio di merci che non ci arricchiscono reciprocamente, è relegata in uffici dove poche persone guardano e decidono attraverso computers i cui schermi sono ricchi solo di numeri significanti monete.Essere carichi di voglia di cambiare, sconfiggere il pessimismo…ma come? Credo che dobbiamo co-minciare a livello di piccole comunità, di avere il coraggio di aiutare il fratello che in questo momento soffre, di riprendere a volere vivere le città e non solo di dormirci e litigare per la mancanza di tempo, di ascolto, di gusto nel vedere il bello del creato.La nostra Regione punta sull’invecchiamento attivo, quanto benessere psico-fisico aumenterebbe se ci fosse una cooperazione e non una competizione fra l’entusiasmo dei giovani e la sapienza degli anziani?! Che questo sia un tempo pasquale che ci renda consapevoli che i buoni frutti si possono ancora cogliere se facciamo prevalere il dono e il perdono!

Stefano Pierini

SANTO

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Una grande PasqUa!

LEGGO GUARDANDO

ANNA KARENINAUno dei romanzi più belli della storia della lette-ratura, nato dal genio del russo Lev Tolstoj. “Anna Karenina” è un’avventura di più di 1000 pagine, dense di sentimenti e amori, tra falsità e ipocrisie, denuncia del progresso e intrighi della società nobile, passione e morte.Anna è una donna indipendente e fiera dell’alta società di San Pietroburgo che si innamora per-dutamente del conte Vronskij, ufficiale dell’eser-cito, e lascia per lui il marito ed un figlio piccolo.Allontanata e marchiata come infedele da quelli che sono suoi vicini nella sua stessa classe so-ciale, la storia principale del romanzo si svolge all’interno della persona di Anna, con tutte le contraddizioni e le difficoltà di vivere ai margini di un “buon costume” che non la accetta più, con un uomo che lentamente ma inesorabilmente si allontana da lei, lasciandola definitivamente sola e risoluta nello scegliere la tragedia finale.Accanto ad Anna e Vronskij ruotano numerosi altri personaggi con le loro storie, come Kon-stantin Levin e Kitty, anche loro divisi e uniti da una complessa storia d’amore, e tutti i nobili della San Pietroburgo di fine ‘800, con le loro maschere di ipocrisia e finto buonismo.Un romanzo fondamentale per la letteratura del XIX secolo, un classico da leggere pazientemen-te, entrando nei moti d’animo dei personaggi e lasciandosi trasportare nei lussuosi palazzi e nelle fredde campagne russe.

Francesca Vici

OLTRE GLI OScARGli Oscar, lo sappiamo bene, sono molto più del semplice cinema: sono arte, glamour, gossip, attua-lità – ma soprattutto politica. Durante questa edi-zione degli Academy la politica degli USA, super-potenza dei giorni nostri non solo nella realtà ma anche nel cinema, è tornata ad essere la protago-nista grazie a tre titoli - Lincoln, Argo, Zero Dark Thirty – tanto diversi tra loro quanto accomunati dalla voglia di raccontare l’America (di ieri e di oggi) gettando, almeno in parte, la maschera dell’i-pocrisia. Vince Argo un racconto che si muove con grande maestria tra azione, dramma e com-media nell’intento di raccontare tensioni e con-traddizioni tra gli Stati Uniti e l’Iran di trent’anni fa, evidentemente più vive che mai ancora oggi; ma il regista-attore non rinuncia a un’ironica e tagliente satira hollywoodiana, esprimendo chiaramente la nostalgia verso un cinema e un immaginario che lo hanno inevitabilmente plasmato, spingendolo verso un cinema “impegnato” e responsabile. È in-teressante notare insomma come il cinema ame-ricano, per l’occasione, si sia scrollato di dosso (al-meno in parte) quell’anima buonista e patriottica a tutti i costi, portando a galla finalmente anche i limiti e le responsabilità di ieri e di oggi di fronte ai quali gli Stati Uniti non dovrebbero tirarsi indie-tro. E l’intervento, breve ma ispirato, di Michelle Obama, ci fa ricordare cos’è davvero il cinema: sogno e stupore ma anche verità e formazione. Non solo box office e propaganda.

Francesco Salvatori

PG CALCIO

Ci siamo! Per la prima volta dalla sua fon-dazione, il Punto Giovane Calcio approda alla fase finale del campionato, quella in cui, per capirci, si affrontano le squadre migliori del torneo.Sempre meno i gol subiti, sempre più i gol segnati. E ogni volta non accade come in televisione, in cui l’attaccante si divincola dall’abbraccio dei colleghi per andare lui, da solo, a esultare davanti alla telecamera piaz-zata a bordo campo, sfoggiando il suo ulti-mo tatuaggio in un eclatante trionfo dell’in-dividualismo più sfrenato. Qua chi fa gol non è mai contento più dei suoi compagni.

Compagni che si fanno anche tutto il campo, no-nostante il dolore provo-cato dall’acido lattico, per abbracciare il “festeggia-

to” di turno. E se il tuo nome non compare nel tabellino dei marcatori non c’è problema, tanto dopo il triplice fischio si recita il Padre Nostro e ci si abbraccia tutti insieme, compagni di squadra e avversari. Un bel modo per ricordarsi che si è tutti fratelli e figli dello stesso Padre. È questo ciò che rende speciale questa squadra. E se i va-lori cristiani che stanno alla base di questo pro-getto, e che ne costituiscono la forza motrice, sono sempre stati sotto gli occhi di tutti, adesso il PGC può vantarsi anche dei risultati raggiunti sul campo e della qualità del suo gioco.Certo, diranno i tifosi, il Barcellona gioca meglio! Ma ciò che il raggiungimento di questo traguar-do ci deve insegnare è che con pazienza e dedi-zione si può raggiungere qualsiasi obiettivo. Un passo alla volta.

Michele Perini

hANNO cOLLAbORATO Matteo Guazzarotti, Claudia Castaldo, Mirco Micci, Francesca Vici, Maria Savini, Chiara Pongetti, Francesca Dubini, Martina Accorroni, Katiuscia Castaldello, Fabrizio Bartoli, Andrea Falcinelli, Daniela Giuliani, Diego Bossoletti, Rodolfo Piazzai, Stefano Pierini, Francesco Salvatori.

LIBRO

Il 12 Marzo, secondo una tradizione che dura da molti anni, gli Obiettori di Coscienza di Senigallia, insieme a coloro che hanno fatto la scelta dell’Anno di Volontariato Sociale, hanno celebrato la festa di San Mas-similiano, loro patrono. Come tutte le scadenze periodiche, che si ripetono annualmente, l’evento corre il rischio di cadere nella routine e di perdere il senso profondo di questa memoria. Per meglio comprendere può essere importante un breve ricordo storico. Siamo nel 295 il 12 Marzo. Massimiliano di Tebessa era un giovane di 21 anni, figlio di un veterano ed avviato alla carriera militare a cui aveva diritto per discendenza. Ma essendo cristiano, rifiutò di arruolarsi motivando la scelta con le parole “Non posso fare il soldato, non posso fare il male, sono cristiano”. Il proconsole cercò in tutti i modi di dissuaderlo e di convincerlo, ma di fronte alla sua decisione lo condannò a morte per decapitazione. Per questo suo martirio egli è conside-rato il protettore degli Obiettori di Coscienza. A lui seguirono molti altri giovani che fecero la stessa scelta subendone le conseguenze. La motivazione profonda del suo gesto è duplice: innanzitutto prestare servizio militare significava riconoscere la divinità dell’imperatore e quindi piegarsi all’idolatria; in secondo luogo era implicito l’uso delle violenza, cosa che per il giovane era contrario all’insegnamento del Vangelo. Ai giorni nostri l’Obiezione di coscienza al servizio militare è stata praticata fino a quando non è stata soppressa la leva militare obbligatoria, ma sarebbe banale relegare questa scelta solo al settore militare. Infatti essa rappresenta l’affermazione della supremazia della coscienza sopra ogni altro valore in ogni scelta. Allora che senso ha oggi una celebrazione? Fare memoria, pregare insieme, rivedersi fra vecchi amici che hanno condi-viso un cammino, dare testimonianza; certamente, ma soprattutto è un modo per fare verifica. Il senso della disobbedienza civile è di prendere coscienza che ogni fatto politico e sociale trae la sua forza dal consenso. Siamo sempre più presi dalla mentalità della delega, del seguire la massa, “tanto si fa così”, dando il nostro consenso a scelte che noi, direttamente non faremmo mai. Pensiamo al come investiamo i nostri risparmi, al significato dei nostri acquisti, al consenso politico, all’uso della televisione (che attraverso lo share trasferisce potere e soldi a società ed imprese discutibili), e così via. Noi abbiamo un potere immenso, dare o togliere il nostro consenso, ma molto spesso non lo usiamo, gettando via un potentissimo strumento per cambiare molte cose della nostra società. Per questo ricordare chi, in nome della coscienza, ha accettato la morte a 21 anni, è un forte stimolo per noi a “riappropriarci” della nostra autonomia, ad informarci, a testimoniare e ad offrire il nostro consenso solo a chi eticamente fa scelte in linea con la nostra coscienza.

Rodolfo Piazzai