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Anno XII - Semestre I n. 1 Gennaio 1996 - Sped. abb. post. - (Pub. inf. 50 % - TO) - N. 42 Contiene I. P. I dieci anni dell’Istituto Mater Boni Consilii I dieci anni dell’Istituto Mater Boni Consilii

 · 2016. 2. 14. · EditorialeEditoriale D ieci anni. Tanto tempo è passato da quel 18 dicembre del 1985, in cui è na-to, a Torino, l’Istituto Mater Boni Consilii. In quel giorno,

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EditorialeEditorialeDieci anni. Tanto tempo è passato da

quel 18 dicembre del 1985, in cui è na-to, a Torino, l’Istituto Mater Boni

Consilii. In quel giorno, quattro sacerdoti ita-liani lasciavano le case della Fraternità Sacer-dotale San Pio X, l’opera fondata da Mons.Lefebvre nel 1970, e da Montalenghe, AlbanoLaziale e Parigi, si ritrovavano a Torino, ospitiprecari e provvisori in casa d’altri; potremmodire: senza fissa dimora... Avevamo raggiunto,negli anni ‘70 della nostra giovinezza, Monsi-gnor Lefebvre con entusiasmo, sicuri di segui-re, nella sua persona di Vescovo cattolico fe-dele alla Tradizione della Chiesa, la Chiesastessa. Tanto maggiore la fiducia, tanto piùgrande lo smarrimento, rendendoci conto chela posizione della Fraternità, pragmatica piùche dottrinale, comunque contraddittoria, nonera in ogni punto quella della Chiesa. Non po-tevamo nascondere a noi stessi, ed alle animeche avevano fiducia in noi, di trovarci su diuna falsa strada; ma dov’era la retta via? Dovela Verità?

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“Nei dubbi, pensa a Maria, invoca Ma-ria”. Queste parole di San Bernardo le ab-biamo vissute, mettendoci allora sotto il pa-trocinio della Madonna, Madre del BuonConsiglio... Questa buona Madre ci avrebbeconsigliato, ci avrebbe protetto. Il 24 settem-bre 1986, conoscemmo a Raveau Mons.Guérard des Lauriers, religioso domenicano,teologo, ora anche Vescovo, che come noi,prima di noi, aveva dovuto, per amore dellaVerità, allontanarsi da Ecône (dopo essersiallontanato pure dal Saulchoir e dall’Uni-versità Lateranense). La sua posizione sullasituazione dell’Autorità nella Chiesa dopo ilVaticano II ci sembrò, ci sembra tuttora,l’unica pienamente conforme all’insegna-mento della Chiesa: il numero 13 di Sodali-tium diffuse pertanto la nostra ammendapubblica per gli errori passati, e la nostraadesione alla Tesi teologica sulla Sede Apo-stolica formalmente vacante, detta “Tesi diCassiciacum”. Su questa tesi si fonda la legit-timità del nostro apostolato nella Chiesa eper la Chiesa, cattolica, apostolica e romana,nell’attesa che Essa, nella persona di un le-gittimo Successore di Pietro, riconosca cano-nicamente il nostro piccolo Istituto.

Sommario

“Sodalitium” Periodico - Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - Loc. Carbignano, 36.10020 VERRUA SAVOIA (TO) - Telef.: 0161/839335; Fax: 0161/839334 - C/CP 24681108 - Dir. Resp.: don Francesco Ricossa - Aut. Trib. di Ivrea n. 116 del 24-2-84 - Stampa: TECA - Torino

Editoriale pag. 2“Il Papa del Concilio” XIX puntata pag. 3Il Sionismo: un magnifico sogno o un terribile scacco? pag. 18Julius Evola, uomo tradizionale o cabalista? pag. 46L’Osservatore Romano pag. 53Natale pag. 62Notizie sul Modernismo pag. 64Tra esoterismo e devozione, ovvero: relazioni pericolose di alcuni devoti... pag. 65RECENSIONI: Un romanzo pericoloso pag. 68

Il celibato ecclesiastico pag. 69La via Regale: XII stazione pag. 72Vita dell’Istituto pag. 74

In copertina: la Sacra immagine della Madonna Madre del Buon Consiglio, venerata nelsantuario di Gennazzano, e Patrona del nostro Istituto che festeggia nel 1995 i suoi diecianni. Mater Boni Consilii, Ora pro nobis.

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In questi dieci anni, molte sono state leprove (la più grave di tutte: l’abbandono diuno dei quattro fondatori, e nostro primosuperiore), molte sono state anche le grazie.Se pensiamo a quei primi tempi, senza unacasa, senza neppure una sedia...

Oggi l’Istituto ha due case, una a Verrua,in Italia, una a Raveau, in Francia. Un’altraaspetta di essere aperta in Argentina. Nel Se-minario San Pietro Martire studiano sei semi-naristi, mentre sono già stati ordinati due sa-cerdoti. La Crociata Eucaristica organizza,ogni estate, due colonie, una per i ragazzi,una per le ragazze, ed un campo per gli ado-lescenti. L’Associazione Mater Boni Consiliiè riconosciuta come ente morale, ed agiscefattivamente, in aiuto dei bisognosi e dellefamiglie numerose. Un libro è già stato stam-pato, un altro è in corso di stampa, a cura diSodalitium, e la nostra rivista, in edizione ita-liana e francese, è sempre più diffusa e cono-sciuta. Ogni anno, sono predicati cinque tur-ni di Esercizi Spirituali, ogni domenica i no-stri sacerdoti partono per celebrare la SantaMessa, raggiungendo ormai, alternativamen-te, 14 località diverse. Per la gloria di Dio, ela santificazione delle anime, sono state co-struite e benedette, la chiesa dei SS. ApostoliPietro e Paolo a Verrua, e la Cappella delSacro Cuore a Torino. E questo non è chel’aspetto esteriore, poiché solo Dio conosce ilnumero (e soprattutto il valore) delle animeche sono tornate a Lui, che si sono santifica-te, che si sono salvate, mediante quel piccolostrumento che è l’Istituto. Purtroppo, ci sonoanche i nostri peccati, i nostri errori... Di tut-to questo, chiediamo perdono a Dio, e a chiavessimo eventualmente offeso, mentre rin-graziamo Iddio, la Madonna, e tutti i nostribenefattori, per le grazie ricevute ed il beneche abbiamo potuto fare.

L’Istituto, i suoi 14 membri, i suoi tanti ecarissimi amici, alcuni dei quali ci hanno pre-ceduto nel lasciare questa vita terrena, si met-tono nuovamente oggi, come dieci anni fa,sotto la protezione della Madonna del BuonConsiglio. Che ci guidi sempre e ci conservinella fedeltà al suo divin Figlio, Nostro Signo-re Gesù Cristo, ed alla Sua Chiesa. Alla Chie-sa cattolica, al suo insegnamento, alla sua Au-torità, pienamente ci sottomettiamo, pronti acredere ciò che Essa ci propone a credere, arigettare ciò che essa vuole che rigettiamo.Semplice sodalizio di fedeli (a norma del can.707 del C.J.C.), l’Istituto non ha altra ambi-zione che quella di rappresentare, per chi lo

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desidera, ed a fianco di altri sodalizi similari,“in questi tempi di disorientamento, uno stru-mento per perseverare nella fedeltà assolutaal deposito della fede rivelato da Dio e pro-posto dal Magistero infallibile della Chiesa” edi tutti i suoi Sommi Pontefici (Statuti, II, a).Col soccorso della grazia di Dio, senza la qua-le siamo incapaci di fare alcunché di buono,siamo pronti a dare anche la nostra vita perGesù Cristo e la Sua Chiesa, che amiamo dalpiù profondo del cuore, unendo così il nostromisero sacrificio a quello, oblazione pura esenza macchia, che Gesù offre alla SS. Tri-nità, ogni giorno sull’altare, per mezzo dellenostre mani sacerdotali.

Il 18 dicembre, quindi, sarà gran festaper tutti noi. Affidiamo il nostro passato allamisericordia di Dio, ed il nostro futuro allaSua provvidenza, con un solo ideale ed unsolo intento: adveniat Regnum Tuum, fiatvoluntas Tua, sicut in cœlo et in terra: sia fat-ta, o Signore, da noi e da tutte le anime, laTua volontà, venga il Tuo Regno, nei cuori,nelle famiglie, nelle società e negli stati.

Mater Boni Consilii, ora pro nobis!

DICIANNOVESIMA PUNTATA: GIOVANNIXXIII E LA MASSONERIA.

di don Francesco Ricossa

Il 18 dicembre 1993, l’avvocato napoletanoVirgilio Gaito fu eletto Gran Maestro del

Grand’Oriente d’Italia, l’Obbedienza masso-nica detta di Palazzo Giustiniani. Poco dopo,il Gran Maestro concesse due significative in-terviste, la prima a Fabio Andriola, giornalistade L’Italia Settimanale, la seconda a GiovanniCubeddu, inviato del mensile ciellino TrentaGiorni, diretto da Giulio Andreotti. In en-trambe le interviste, Gaito accennò a Giovan-ni XXIII. Le domande e le risposte sono simi-li, con lievi differenze. Eccole.

Andriola chiese a Gaito: “Le risulta checi siano sacerdoti nelle logge del GrandeOriente, si dice che qualche cardinale siastato un fratello...”.

Il Gran Maestro rispose: “Probabilmente.Io non ne ho notizia. Si dice che GiovanniXXIII sia stato iniziato alla massoneria quan-

“Il Papa del Concilio”

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do era nunzio a Parigi. Riferisco quello chemi è stato detto. Del resto nei suoi messaggiho colto molti aspetti che sono proprio mas-sonici. Mi ha fatto piacere sentirgli dire chebisogna porre l’accento sull’uomo” (1).

Cubeddu, a sua volta, chiese: “Che cosadice allora il neo Gran Maestro dei rapportiscottanti tra Chiesa cattolica e massoneria?”.

“Guardi - rispose Gaito - un prelato chevolesse iscriversi lo accoglieremmo a bracciaaperte. Il problema è dalla parte della Chie-sa, non nostra: noi accogliamo tutti gli uomi-ni liberi, gli spiriti liberi. Papa GiovanniXXIII, del resto, pare che sia stato iniziato aParigi ed abbia partecipato ai lavori delleOfficine ad Istambul. Quando poi ho ascol-tato le gerarchie ecclesiastiche parlare nelleomelie dell’uomo come centro dell’universomi sono commosso fino alle lacrime” (2).Anche il Gran commendatore del SupremoConsiglio della Massoneria messicana, Car-los Vasquez Rangel, ha recentemente rivela-to che Angelo Roncalli sarebbe stato inizia-to alla Massoneria a Parigi (3).

Queste interviste del Gran Maestro dellaMassoneria italiana ripropongono autore-volmente una importantissima questione:quali erano i rapporti tra Giovanni XXIII ela Massoneria? E, addirittura: Angelo Giu-seppe Roncalli era un fratello massone?

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Secondo Virgilio Gaito la risposta è laseguente:

1) Pare che A. G. Roncalli frequentasssele Logge a Istambul.

2) Pare che A. G. Roncalli sia stato ini-ziato alla Massoneria a Parigi.

3) In ogni caso, a giudizio del Gran Mae-stro, che è senza dubbio un intenditore, mol-ti aspetti del pensiero di Giovanni XXIII so-no proprio massonici.

Abbiamo già espresso il nostro pareresulle notizie emananti da iscritti alla Masso-neria a proposito delle “rivelazioni” di PierCarpi (4). Benché Virgilio Gaito sia più au-torevole di Pier Carpi, dobbiamo ribadireche, per noi, la parola di un massone è, apriori, sospetta. Gaito stesso non dà per cer-ta l’affiliazione di Giovanni XXIII alla Mas-soneria. Ciò non toglie che la sua testimo-nianza è di peso, e merita di essere messa alvaglio, cercando dei riscontri alle sue gravis-sime affermazioni. È lo scopo di questa pun-tata, che ci costringerà a ritornare sul passa-to del nostro personaggio...

Il Grande Oriente in Oriente (Bulgaria,Grecia, Turchia)

La quarta puntata de “il Papa del Conci-lio”, (“un ecumenista nei Balcani: 1925-1939”) e quella successiva (“dalla secondaguerra mondiale alla nomina a Parigi: 1939-1944) erano dedicate appunto al periodopassato da Mons. Roncalli in quella regione,come rappresentante della Santa Sede, pri-ma in Bulgaria e poi in Turchia (5). SecondoPier Carpi, egli si affiliò ai Rosacroce nel1935, appena giunto a Istambul, appunto. Se-condo Gaito, frequentò solo le Logge, pursenza essere iniziato. Non abbiamo nessunaesplicita conferma di queste informazioni.Possiamo però dimostrare che esse non sonoassolutamente inverosimili. Abbiamo giàparlato delle sue relazioni amichevoli, al di làdei doveri del diplomatico, con la gerarchia“ortodossa” e con il governo turco. Ora, inentrambi i casi, si può ipotizzare un’entratain contatto col mondo massonico. È risaputo,infatti, come le confessioni anglicane ed “or-todosse” non abbiano, verso la Massoneria,le preclusioni della Chiesa cattolica. Il “Pa-triarca” di Costantinopoli, Atenagora, cheparagonò Giovanni XXIII a San GiovanniBattista, era ad esempio, un alto dignitariodella Massoneria (6). Il governo turco, poi,non era solamente di impronta rigidamente

Virgilio Gaito Gran Maestro del Grand’Oriente d’Italia

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laicista, ma emanazione di una società segre-ta, i “Giovani Turchi”, appoggiata dalla Log-gia massonica di Salonicco e composta ingran parte dai membri di una “sètta giudaica(i Dunmeh) che professavano esteriormentel’Islam, ma mantenevano i culti ebraici nelsegreto delle loro case” (7). Questi “amici”possono aver fatto conoscere la Massoneriaal Nostro. D’altra parte, l’atteggiamento ed idiscorsi di Roncalli, riportati nelle preceden-ti succitate puntate di Sodalitium, indicanochiaramente come Mons. Roncalli, se nonera un iniziato, aveva “degli aspetti che sonoproprio massonici”, per riprendere la feliceespressione del Gran Maestro.

Coi Massoni della III Repubblica

È a Parigi che, secondo Gaito e VasquezRangel, Mons. Roncalli sarebbe stato iniziatoai segreti dei “Figli della Vedova”. A quantogià detto su Sodalitium (8) si possono aggiun-gere alcune precisioni. L’intima amicizia delNunzio per due acerrimi anticlericali, il socia-lista Vincent Auriol ed il radicale EdouardHerriot, stupì il pur smaliziato mondo politi-co parigino. Ora, lo storico della MassoneriaAldo Alessandro Mola precisa che entrambi,Auriol ed Herriot, erano membri della Mas-soneria (9). L’ambasciatore spagnolo a Ma-drid, Miguel Matèu Pla, fu praticamente mes-so alla porta della nunziatura da Mons. Ron-calli, che evidentemente non gradiva il rap-presentante del generale Franco quanto Au-riol ed Herriot. “In un’altra occasione - pura-mente protocollare - l’ambasciatore di Spa-gna (...) rimase stupefatto per una dichiara-zione fatta in sua presenza dal nunzio Ron-calli, in tono quasi confidenziale, ad alcunepersonalità cattoliche. Il nunzio esprimeva lo-ro l’amicizia che professava e la stima chesentiva per la persona e l’opera del ministrodell’educazione del governo francese; lo con-siderava - parole testuali - ‘molto bravo’. Es-sendo stato avvertito che, in Francia, fin daitempi di Combe, tutti i ministri dell’Educa-zione sono massoni, che il suo sullodato ami-co lo era anch’egli, Mons. Roncalli mostròostensibilmente il suo disappunto per l’osser-vazione che gli era stata fatta” (10).

Un altro indizio dell’affiliazione massonicadi Roncalli, si trova nella sua amicizia per ilBarone Marsaudon, attestata da questi in trelibri da lui pubblicati (11). Siccome ne ho giàparlato nelle precedenti puntate, riassumo so-lamente e preciso quanto già detto, con alcuni

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nuovi particolari. Marsaudon ed il nunzioRoncalli si conobbero nel 1947 e divenneroamici, benché Marsaudon non facesse misterodella sua affiliazione massonica. L’occasionedei primi contatti fu causata dall’appartenenzadel Barone all’Ordine di Malta: Marsaudonchiedeva a Roncalli il suo appoggio per far ri-conoscere l’Ordine nei paesi dell’America La-tina. Marsaudon, infatti, era stato iniziato allaMassoneria nel 1926 da Pierre Valude, che nelmondo profano era Ministro della MarinaMercantile e, dopo un anno, inviato da costuiin Sudamerica come rappresentante delleCompagnie francesi di navigazione. Lavoròdal 1927 al 1932 per il governo francese e laMassoneria (che facevano tutt’uno!) e conob-be benissimo le Logge sudamericane. Tornatoin Francia, e salito ai massimi gradi massonicial seguito del grande iniziato spiritualista,Oswald Wirth (12), Marsaudon venne nomina-to nel dopoguerra, dal Gran Maestro dell’Or-dine di Malta, fra Ludovico Chigi Albani dellaRovere, Ministro plenipotenziario in missionespeciale del Sovrano Militare Ordine di Malta(S.M.O.M.). Naturalmente, grazie ai suoi ap-poggi massonici, ottenne dal governo franceseil riconoscimento ufficiale della Delegazionedell’Ordine in Francia. Conoscendo le sue en-trate in Sudamerica, l’Ordine di Malta avevaaffidato a Marsaudon l’incarico di ottenere ilmedesimo riconoscimento in quel continente,e così andò a farsi consigliare al proposito dalNunzio Roncalli. Secondo il Barone, da alloraMons. Roncalli divenne, per sempre, il suo“protettore” e “confidente”. Nei loro lunghicolloqui, sia in nunziatura, che nella residenzadi Marsaudon, i due parlarono dei problemidell’Ordine di Malta, “dei rapporti tra la Chie-sa e la Massoneria”, “dei problemi Spirituali”,“del riavvicinamento tra le diverse Chiese Cri-stiane” (13). Secondo Marsaudon, Roncalli gliavrebbe detto: “Non è la credenza o la noncredenza in Dio che mi preoccupa, ma piutto-sto, la vera concezione di Cristo, soprattuttocome Gesù-Uomo”. Roncalli, “non parlavamai dell’inferno ma piuttosto, frequentemen-te, di una vita futura che però evitava accura-tamente di definire. Non bisogna dimenticareche era stato dieci anni in Oriente, e che, nonsolamente si avvicinava ai Patriarchi ortodos-si, ma non dimenticava neppure che essi eranoi continuatori dei cristiani più prossimi agliApostoli e che avevano evitato con cura alcu-ne di quelle novità accolte con entusiasmo (...)negli ambienti cattolici romani” (14). Tra que-ste novità, l’infallibilità del Papa, sulla quale

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manteneva volontariamente il silenzio, e l’As-sunzione di Maria, che Pio XII si accingeva adefinire dogmaticamente (15). A proposito del-la Massoneria, il Nunzio “non disdegnò di in-teressarsi” alle “modeste concezioni” di Mar-saudon sui “rapporti tra la Chiesa e la Masso-neria” (16), “si sforzava gentilmente di cogliereil significato dell’iniziazione (...) che in nessunmodo è incompatibile con la fede, cosa dellaquale era sempre più convinto” (17), al puntoche consigliò “formalmente” al Barone “di re-stare in Massoneria” (18). Il carattere e le ideedi Roncalli, come sono state descritte dalMarsaudon, corrispondono al ritratto che dilui fece un altro dignitario massonico e diplo-matico svizzero, suo amico ai tempi della nun-ziatura parigina, Carl J. Burckardt: “È un dei-sta e un razionalista (...). Cambierà molte co-se; dopo di lui la Chiesa non sarà più la stessa”(19).

Insomma, tutto andava per il verso giu-sto (dal punto di vista di Marsaudon) quan-do scoppiò lo scandalo dell’Ordine di Malta.

L’Ordine di Malta sotto inchiesta

Roma, 14 novembre 1951: muore Lu-dovico Chigi Albani della Rovere, Gran Mae-stro dell’Ordine di Malta. I Cavalieri avrebbe-ro dovuto riunirsi per eleggere il successore,ma non lo fecero. Non potevano farlo: Pio XIIglielo aveva strettamente proibito. Il Papa no-minò una Commissione cardinalizia incaricatadi riformare (o sopprimere) l’Ordine di Maltae, finché Papa Pacelli visse, i Cavalieri non eb-bero più un Gran Maestro. Tutto si risolveràil 24 giugno 1961. In quella data, festa di SanGiovanni Battista, patrono dell’Ordine (e dellaMassoneria), Giovanni XXIII ricevette in Va-ticano i Cavalieri e con loro grande soddisfa-zione rese noto il Breve con il quale sopprime-va la Commissione cardinalizia istituita da PioXII ed approvava le nuove costituzionidell’Ordine, autorizzandolo ad eleggere unGran Maestro, che sarà, nel maggio dell’annosuccessivo, frà Angelo de Moiana, cugino diMons. Mario Nasalli Rocca di Corneliano,“Maestro di Camera di Sua Santità” (20).

Ma perché Pio XII aveva lasciato pertanti anni l’Ordine senza un Gran Maestro,retto solamente da un Luogotenente gene-rale, e sotto l’osservazione di una Com-missione cardinalizia?

Il fatto è che i problemi erano tanti: pocoo nulla avevano conservato i Cavalieri delloro carattere di Ordine religioso e pochissi-

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mi sono i membri professi che avevano fattoi voti. Già dal 1799, nella bufera della Rivo-luzione, uno scismatico quale lo Zar di Rus-sia, era stato eletto Gran Maestro (1799-1800), e nel secolo scorso non pochi Cavalie-ri anglicani erano stati ricevuti dal GranMaestro, prima di fondare un ramo separa-to, il Saint John’s Order, legato alla (masso-nicissima) monarchia inglese (21). L’ecume-nismo ante litteram dell’Ordine è vantatodallo stesso fratello Marsaudon (22). Ma, so-prattutto, quello che preoccupava era l’infil-trazione della Massoneria nell’Ordine diMalta (23). Questa infiltrazione è documen-tata, ed ammessa dagli stessi massoni, qualeMarsaudon e Mola (24). Fu così che interven-ne il cardinale Nicola Canali (25).

Mons. Canali, nella sua qualità di “GranPriore Commendatario in Roma del sacro eSovrano Ordine Militare Gerosolimitano diMalta”, aveva motivo di interessarsi all’Ordi-ne. I suoi nemici lo accusavano di voler sop-primere o riformare l’Ordine di Malta permetterlo direttamente sotto il controllo dellaSanta Sede, ed in particolare dell’Ordine delSanto Sepolcro, di cui egli era Gran Maestro(26). In realtà, lo spirito di fede del CardinalCanali, che aveva contribuito alla battagliaantimodernista di san Pio X, era allarmatodalle infiltrazioni massoniche di cui sopra. Lodimostra la “nota dell’editore” al libro diMarsaudon, L’Œcuménisme vu par un franc-maçon de Tradition”. “Vivamente attaccatodal clan integrista sotto il Pontificato di PioXII - scrive l’editore Vitiano a proposito diMarsaudon - diede le sue dimissioni da Pleni-potenziario dell’Ordine, ma fu immediata-mente promosso alla alta dignità di MinistroEmerito, che è il solo cavaliere di Malta a pos-sedere attualmente. Il Gran Magistero diMalta, nella sua lotta contro il Cardinal Cana-li, non abbandonò mai il barone Marsaudon,il quale, da parte sua, si sforzò di continuare arendergli servizio sui piani diplomatico eospedaliero” (27). Quindi, fu proprio Marsau-don ad essere scoperto e, conseguentemente,costretto a dare le dimissioni!

A questo punto, il racconto che fa dell’epi-sodio il discusso Franco Bellegrandi (28) nonsembra del tutto infondato, e chiarisce vieppiùla faccenda. “In quel periodo francese - scriveBellegrandi - si colloca un incidente, ignoto aipiù, che solleva per un attimo la cortina sullapresunta appartenenza di Roncalli alla settamassonica. A Sua altezza eminentissima ilprincipe Chigi Albani della Rovere (...) era

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giunta (...) una lettera del cardinal Canali, pe-sante come una pietra: Pio XII (...) aveva ap-pena saputo (...) che il ministro dell’Ordine diMalta a Parigi era massone. (...) Si scoperse(...) che [Marsaudon] era stato fatto ‘gran cro-ce magisteriale’ su proposta del suo predeces-sore [de Pierredon] e, soprattutto, nominatoministro su raccomandazione del nunzio a Pa-rigi, Roncalli. L’esito di quella prima inchiestafu immediatamente riferito in Vaticano al car-dinal Canali che fu sentito esclamare: ‘PoveroRoncalli! Sono afflitto di doverlo mettere inimbarazzo e spero che ciò non gli costi il gale-ro cardinalizio...’. Il Vaticano dispose nel piùgran riserbo che l’Ordine inviasse subito a Pa-rigi una persona di fiducia per svolgere esau-rientemente la delicata indagine. Si dovevanoinfatti trattare con riguardo tutti e tre i perso-naggi implicati nella storia. Il nunzio, per ilsuo prezioso contributo dato all’Ordine diMalta per la conclusione di certi delicati affariin Argentina, il conte di Pierredon per i suoipluriennali servigi, prima a Bucarest, poi a Pa-rigi, lo stesso barone Marsaudon per il suomeritorio impegno al fine di ottenere il rico-noscimento ufficiale dell’Ordine da parte delgoverno francese”. Fu nominato “visitatoremagistrale” un cappellano professo dell’Ordi-ne, Mons. Rossi Stockalper, che si recò a Pari-gi e si informò presso Padre Joseph Berteloot,gesuita esperto di cose massoniche, ed il vica-rio generale della diocesi, Mons. MauriceBohan. Entrambi confermarono l’affiliazionedi Marsaudon. “Il visitatore magistrale, colcuore oppresso, si trascinò allora al numero 10di avenue President Wilson, sede della nunzia-tura. Chiese a Roncalli, con tatto, notizie cir-costanziate del barone-massone. Il grosso pre-te di Sotto il Monte, fra un sorriso e una celia,rimandò il cappellano dell’Ordine di Malta alsegretario della nunziatura, Mons. BrunoHeim. Questo prete, diventato oggi apostoliclegate in Gran Bretagna, finì di stupire l’invia-to di Roma, prima col suo clergy-man e la pi-pa fumante fra i denti, poi con le sue sbalordi-tive affermazioni sulla massoneria definita‘una delle ultime forze di conservazione socia-le che ci sia al mondo e, quindi, una forza diconservazione religiosa’, e con un giudizio en-tusiasta sul barone Marsaudon che aveva avu-to il merito di far comprendere alla nunziaturail valore trascendente della massoneria. Pro-prio per questo suo merito, il nunzio a Parigi,Angelo Giuseppe Roncalli, aveva appoggiatoe avallato la sua nomina a ministro dell’Ordi-ne di Malta a Parigi. Monsignor Stockalper a

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quella voltata aveva trasecolato e il colpo digrazia lo ricevette quando, protestando che ilcanone 2335 del Diritto Canonico prevede lascomunica per gli affiliati alla Massoneria, sisentì rispondere dal suo interlocutore (...) che‘la nunziatura di Parigi stava lavorando ingran segreto per riconciliare la Chiesa cattoli-ca con la Massoneria’. Era il 1950!” (29). L’epi-sodio, così com’è raccontato da Bellegrandi, èdel tutto verosimile, e corrisponde a quantogià sappiamo da altre fonti. Mons. Heim, diBasilea, è infatti di sentimenti liberal-monar-chici, del tutto sensibile, pertanto, ad unaMassoneria di stile anglosassone, sicura forzadi conservazione sociale. Trasferito in Austriadopo l’incidente parigino, si ritrovò in Scandi-navia quando, nella conferenza plenaria dellaConferenza episcopale scandinavo-baltica, il21-23 ottobre 1966, quei vescovi decisero dinon chiedere l’abiura ai massoni che venivanoaccolti nella Chiesa, permettendo così la dop-pia appartenenza, alla Chiesa ed alla Masso-neria. Ora, riferisce Mola, questa decisione fupreparata “dal delegato apostolico per laScandinavia, Mons. Bruno B. Heim, segreta-rio di Giovanni XXIII quando questi era nun-zio a Parigi” (30). Qual’era, d’altra parte, il cli-ma che si respirava in certi ambienti cattolicifrancesi (ed anche germanici) di quegli anni?Proprio il religioso gesuita Joseph Berteloot,al quale si era rivolto per informazioni il visi-tatore romano, era un pioniere della riconci-liazione tra la Chiesa e la Massoneria simboli-ca (in chiave antimaterialista) fin dal 1947, edintimo amico del massone Albert Lantoine(31); i suoi libri sulla possibile riconciliazionedatano proprio dal 1947 e 1952, gli anni dellanunziatura Roncalli! I contatti tra certi masso-ni e la nunziatura di Parigi, la convinzione dif-fusa che una collaborazione era possibile, leidee di Mons. Heim e quelle di Mons. Roncal-li, la loro amicizia per Marsaudon, Herriot,Auriol... Tutto porta alla conclusione che l’ini-ziazione massonica a Parigi di Mons. Roncalliè tuttaltro che inverosimile. In ogni caso, unfatto è certo: Pio XII, commissariando l’Ordi-ne di Malta, approvò le preoccupazioni delcardinal Canali; Giovanni XXIII, al contrario,rovesciò la decisione del suo predecessore ediede nuovamente il via libera all’infiltrazionemassonica nell’Ordine. Nell’Ordine solamen-te, o anche nella Chiesa? È quel che vedremo.Intanto, meno di due mesi dopo l’udienza aicavalieri di Malta, il vecchio cardinal Canalimorì, per nulla compianto dal suo antagonista,Angelo Giuseppe Roncalli (32)...

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Ombre massoniche sui Conclavi

Trasferito a Venezia nel 1953, il cardinalRoncalli ribadì il suo vecchio principio,dall’aspetto “proprio massonico” (33) che bi-sogna guardare a ciò che ci unisce piuttostoche a ciò che ci divide, e continuò ad incon-trare i fratelli massoni Auriol e Marsaudon.Nel 1958, morì Pio XII, e venne eletto il no-stro, col nome di Giovanni XXIII. Abbiamogià parlato della strana certezza del Roncallidi essere lui l’eletto del conclave, certezza ali-mentata dalle inquietanti profezie dell’esote-rico Jean-Gaston Bardet (34). Abbiamo ancheaccennato al ruolo spiegato dalla Massonerianel conclave del 1963, svoltosi dopo la mortedi Giovanni XXIII e conclusosi con l’elezionedi Paolo VI (35). Su quest’ultimo avvenimen-to, si possono dare alcune precisazioni. Perben due volte il ‘vaticanista’ Benny Lai ne hafatto esplicita menzione (36). Ma un primo, di-screto accenno venne da un personaggio cer-tamente ben informato (a più titoli!), GiulioAndreotti. “Nei giorni immediatamente pre-cedenti il conclave - scrive Andreotti - unanotevole attività si svolse appunto attorno aicardinali Frings e Lercaro che avevano avutoun ruolo preminente [come capofila del fron-te progressista, n.d.a.] nella prima sessioneconciliare. Con grande sorpresa degli abitantidi Grottaferrata si tenne, ad esempio, una nu-merosa riunione di cardinali - italiani e stra-nieri - su invito dell’arcivescovo di Colonia,Frings. Uno dei partecipanti mi disse, tra il se-rio e il faceto, che c’era già la maggioranza ca-nonica: non mi specificò, né io gli chiesi, chifosse il beneficiario della scelta. Ma da unaserie di elementi mi confermai nella previsio-ne del successo di Montini” (37). Andreottinon ci dice chi fu il suo informatore; forse ilpadrone di casa, che si dimentica di nomina-re... La riunione non ebbe luogo, infatti, inuna delle numerosissime case religione di Ro-ma e dintorni, ma nella villa dell’“avvocatoUmberto Ortolani, che poi sarà coinvolto nel-le faccende della loggia massonica P.2 e nelfallimento del Banco Ambrosiano, a queltempo ‘gentiluomo’ di Lercaro, [villa che]aveva già ospitato Frings per consentireall’arcivescovo di Bologna di ‘parlare a lungodelle cose del Concilio in piena tranquillità’(G. Lercaro, Lettera dal Concilio, 1962-1965,EDB, Bologna 1980, p. III)” (38). Forse il mi-ni-conclave di Grottaferrata designò il cardi-nal Lercaro, “l’uomo” di Ortolani. Ma un’al-tra riunione, tenuta nel convento cappuccino

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di Frascati, preferì invece Montini; erano pre-senti il fior fiore del progressismo: i cardinaliLiénart, Frings, Suenens, König (39), Alfrink(40). Giovanni XXIII avrebbe apprezzato en-trambe le elezioni: nel marzo 1963, pochi me-si prima di morire, confidò al bergamascoMons. Pietro Sigismondi, di Propaganda Fide:“Le mie valigie sono pronte e sono tranquilloche chi verrà dopo di me porterà a terminequel poco di buono che ho fatto, innanzituttoil concilio. C’è Montini, Agagianian e Lerca-ro” (41). Fu così che Montini rese visita a Ler-caro, la sera del 18 giugno, nella casa delleOblate regolari benedettine di Priscilla, sullavia Salaria, a Roma, congregazione religiosafondata dallo zio di Andreotti, don Belvederi,e lì si accordarono sul nome di Montini (42),che poi naturalmente dichiarò di non aver“mai minimamente desiderato, né tanto me-no favorito la nostra elezione!” (43). Le riunio-ni per orientare il Concilio e poi per l’immi-nente Conclave si tennero dunque nella casadi un massone come Ortolani, il quale avevagià un certo ruolo in Vaticano sotto GiovanniXXIII. Che il ruolo di Ortolani e della masso-neria nell’elezione di Paolo VI non sia statosecondario lo ha confermato il sacerdote sale-siano don Pier Giorgio Garrino, che ricopri-va, fino alla sua tragica morte avvenuta que-sto mese di agosto, importanti funzioni nellaCuria arcivescovile di Torino. So, da fontecerta, che don Garrino sosteneva che l’elezio-ne di Paolo VI fu favorita dalla Massoneria.

Dati questi presupposti (condizionidell’elezione di Montini, sicurezza che avevaRoncalli di essere eletto, “profezia” a proposi-to di Bardet) non risulta del tutto inverosimileun’altra affermazione di Bellegrandi, secondola quale Paolo Sella, della nota famiglia bielle-se, avrebbe saputo prima del Conclave del

L’avvocato Umberto Orto-lani, che poi sarà coinvoltonelle faccende della loggiamassonica P.2 e nel falli-mento del Banco Ambro-siano, era negli anni ‘60‘gentiluomo’ del Card. Ler-caro

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1958 che l’eletto sarebbe stato Angelo Giusep-pe Roncalli. Da chi lo seppe? “Da un’alta au-torità massonica in contatto col Vaticano” (44).

Checché ne sia, appena eletto GiovanniXXIII ricevette i più vivi auguri del baroneMarsaudon, e questi a sua volta ricevette larisposta del suo amico: “per noi era unagrande emozione - scrisse poi Marsaudon -ma per molti dei nostri amici fu un segno”(45). Così commenta il fatto Aldo A. Mola,non senza una strizzatina d’occhio agli intel-ligenti: “Alla Gran Maestranza, Gamberiniera salito vegliando sul testo della Mater etMagistra di quel Mons. Angelo Roncalli cheper il suo pontificato aveva scelto il nome diGiovanni, ‘colui che viene nella luce del Si-gnore’, dell’apostolo, cioè, il cui vangelo èaperto sull’ara delle Logge, e che nel baroneYves Marsaudon, l’amico degli anni dellanunziatura a Parigi, pur salito al Triregno,avrebbe benedetto tutti i confrères” (46). Abuon intenditor, poche parole...

Giovanni XXIII non condanna la Massoneria

Fin’ora, tornando sui nostri passi, abbia-mo riesaminato i rapporti di Angelo Roncal-li con la Massoneria o, per lo meno, con deimassoni. Ci dobbiamo chiedere, adesso,quale fu l’attitudine di Giovanni XXIII, unavolta eletto al Pontificato.

Un primo dato significativo, è questo:Giovanni XXIII non ha mai condannato laMassoneria (47). La cosa è tanto più strabilian-te se si pensa al fatto che, dalla Bolla In emi-nenti del 28 aprile 1738, con la quale ClementeXII condannava per la prima volta la Masso-neria e ne scomunicava gli adepti, i Papi pro-dussero incessantemente una “enorme massadi documenti di condanna e di scomunica”della Massoneria. Secondo Padre Esposito,“una statistica accurata non è ancora stata fat-ta, ma per quanto è possibile ora arguire conun alto indice di probabilità, questo corpusantimassonicum non dovrebbe essere inferio-re ai 400-450 documenti” di cui 145 per il soloPio IX e più di 226 per Leone XIII (48)! Inquesta “guerra guerreggiata” (per usareun’espressione di Padre Esposito) tra Chiesa eMassoneria, l’ultima voce papale a levarsicontro la sètta è quella di Pio XII, ancora il 23maggio del 1958, pochi mesi prima della suamorte. Poi, il nulla anzi, una serie di documen-ti conciliativi, prima delle conferenze episco-pali, e poi della “Santa Sede”, culminatinell’abrogazione della scomunica, il 28 no-

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vembre 1983 (49). Ignari del cambiamento dirotta operato da Giovanni XXIII, i Vescovicontinuarono a condannare, per un po’ ditempo, la Massoneria, come fece l’episcopatoargentino nel 1959, e quello del RuandaUrundi nel 1961 (50). Contemporaneamentealla dichiarazione dei vescovi del Ruanda, se-condo i quali la Massoneria era uno strumen-to di Satana, il Padre gesuita Michel Riquet,“con l’accordo delle autorità ecclesiastiche”tenne una conferenza nella loggia Volney diLaval, in Francia, il 18 marzo 1961... Per la pri-ma volta, sotto Giovanni XXIII quindi, il granpubblico veniva messo al corrente del dialogoin atto tra alcuni esponenti della Massoneria edella Chiesa. Era iniziata la grande svolta.

La svolta di Giovanni XXIII

Se Giovanni XXIII ha interrotto la cate-na di condanne e di scomuniche che accomu-nava tutti i suoi predecessori, tacendo sullaMassoneria, non si può dire però che sia ri-masto indifferente a questo tema. Secondo ilconsenso unanime degli esperti, è sotto il suopontificato che inizia la svolta e si apre, perla prima volta, il dialogo. Diamo la parola aitestimoni. Il Gran Maestro della Gran loggiadi Francia, Dupuy ha dichiarato che “Gio-vanni XXIII ed il Vaticano II hanno dato unimpulso formidabile al lavoro di chiarifica-zione e di disarmo reciproco nei rapporti traChiesa e Massoneria” (51). Léon de Poncins,gran nemico della Massoneria, ha scritto:“La campagna di riavvicinamento tra Masso-neria e Chiesa cattolica restò tuttavia allostato latente sotto il pontificato di Pio XII. Ilfuoco covava sotto le ceneri, ma i progressi-sti che avevano preso nella Chiesa un’in-fluenza considerabile, si rendevano contoche i loro sforzi non avevano alcuna speran-za finché viveva Pio XII. (...) Con l’elezionedi Giovanni XXIII ci fu bruscamenteun’esplosione (...). Si ebbe nettamente l’im-pressione di una campagna internazionale,metodicamente organizzata” (52). L’alloraGran Maestro della Massoneria, Salvini, di-chiarò nel 1970: “Giovanni XXIII ha recen-temente pubblicato un documento che si av-vicina molto su questo tema al nostro com-portamento [consistente nel non domandareai fratelli di che religione essi siano] e in ef-fetti la Mater et Magistra e la Pacem in terrisoffrono spunti molto suggestivi sull’avvicina-mento umano anche là dove esistono diffe-renze ideologiche” (53). Il massone Volpicelli

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ha dichiarato che “ci sono due Pontefici re-centi ugualmente graditi alle due comunità[Chiesa e Massoneria], Papa Giovanni e Pa-pa Wojtyla” (54). Con vero linguaggio masso-nico, Padre Esposito ci assicura che “quantoalla comunità ecclesiale, non è nemmeno dadimostrare che essa a partire da Papa Gio-vanni e dal Concilio, si è trasformata in uncantiere di lavoro dove scalpellini, scultori eartisti di tutte le specialità, architetti e cap-pellani, si dedicano a una attività improba epuntigliosa, nell’intento di edificare la nuovacattedrale del futuro” (55). Il cattolico AlecMellor, entrato in Loggia col permesso delcardinale arcivescovo di Parigi, Mons. Mau-rice Feltin, scrive: “L’ultima fase [del ‘cessa-te il fuoco’] doveva essere preparata dall’Ag-giornamento voluto da Giovanni XXIII e dalVaticano II, e poi da Paolo VI” (56). RobertoFabiani scrive: “Fu Giovanni XXIII a rom-pere il ghiaccio con un provvedimento passa-to sotto completo silenzio: autorizzò i prote-stanti convertiti al cattolicesimo e iscritti allaMassoneria a restarsene tranquilli nelle log-ge. Da allora i segnali di contatti si moltipli-carono...” (57). Il Padre gesuita José AntonioFerrer Benimelli conferma la posizione pos-sibilista di Roncalli sulla doppia appartenen-za: “ E questo [ che la Massoneria sia una as-sociazione in cui possono stare tutti i creden-ti ] lo capirono molto bene Giovanni XXIII ePaolo VI, così come il predecessore nellostesso incarico del cardinal Ratzinger, il car-dinal Seper, che già nel 1972 auspicò la possi-bilità della presenza dei cattolici nell’internodella Massoneria” (58). La stessa cosa è stataaffermata da Marsaudon: “Mons. Roncallimi ha consigliato formalmente di restare inMassoneria. (...) Mi ha ricevuto a CastelGandolfo nella mia qualità di Ministro eme-rito dell’Ordine di Malta, e mi ha dato la sua

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benedizione rinnovandomi il suo incoraggia-mento per un’opera di riavvicinamento tra leChiese, come pure tra la Chiesa e la Masso-neria di Tradizione (cioè: regolare)” (59).

Questa seppur breve rassegna stabilisceche, a giudizio di quanti si sono occupatidella questione, il governo di GiovanniXXIII ha mutato la secolare intransigenzadella Chiesa nei confronti della Massoneriacon una apertura che giunge fino al permet-tere la doppia appartenenza: alla Chiesa,cioè, ed alla Massoneria.

Le grandi concordanze tra Roncalli e laMassoneria

Padre Esposito, dal lontano 1967, è impe-gnato nel dialogo con la Massoneria. Per di-mostrare la liceità e la possibilità di questodialogo ha scritto numerose opere, alcunedelle quali citate in questo articolo, tra cui Legrandi concordanze tra Chiesa e Massoneria.In realtà le “concordanze” in questione nonesistono tra la Chiesa e la Massoneria, matra quest’ultima e Giovanni XXIII, Paolo VIe Giovanni Paolo II. Per confermare questeconcordanze, Padre Esposito non cita sola-mente i rapporti diretti di alcuni uomini diChiesa e la Massoneria, ma anche quelli conassociazioni o princìpi che, pur non essendoesplicitamente massonici, sono stati fondati ovoluti dalla Massoneria, ovvero la Societàdelle Nazioni (e poi l’O.N.U.) con la Dichia-razione universale dei diritti dell’uomo, laCroce Rossa, lo Scoutismo ed il Rotary Club.In questo articolo tratto dei rapporti di Gio-vanni XXIII con questi organismi.

I) L’O.N.U. e la Dichiarazione dei dirittidell’uomo. Il 10 dicembre 1948 l’O.N.U. votòuna Dichiarazione dei diritti dell’uomo che ri-prendeva, nel nome e nei contenuti, quella del-la Rivoluzione Francese, già condannata daPapa Pio VI. Ma «con Giovanni XXIII, scriveEsposito, inizia l’epoca del superamento delnarcisismo cattolico. L’accettazione delle rego-le del dialogo e dell’ecumenismo inaugura lalegge della reciprocità, nel senso che si ammet-te l’esistenza e il riconoscimento esplicito deivalori propri e di quelli altrui (...). Nell’Encicli-ca Pacem in terris (11 aprile 1963) papa Gio-vanni fa un esplicito riferimento e plauso tantoall’ONU che alla Dichiarazione dei dirittidell’uomo: “Le Nazioni Unite si proposero co-me fine essenziale di mantenere e consolidarela pace tra i popoli, sviluppando fra essi le ami-chevoli relazioni fondate sui principi dell’ugua-

Il Cardinal Lercaro

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glianza, del vicendevole rispetto, della mul-tiforme cooperazione in tutti i settori della con-vivenza. Un atto della più alta importanza,compiuto dalle Nazioni Unite, è la Dichiara-zione dei Diritti dell’uomo, approvata nell’As-semblea del 10 dicembre 1948... Su qualchepunto particolare della Dichiarazione son statesollevate obiezioni e fondate riserve. Non c’èdubbio però che il documento segni un passoimportante verso l’organizzazione giuridico-politica della Comunità mondiale”» (60). Gio-vanni XXIII, quindi, approva sostanzialemente(seppur con riserve generiche) quello che laChiesa ha condannato.

II) Lo Scoutismo. Dopo aver dimostratol’origine massonica dello Scoutismo (pagg.297-300) e la sua lenta assimilazione da par-te dei cattolici dopo la morte di San Pio X,Padre Esposito riporta un’allocuzione diGiovanni XXIII in occasione del pellegri-naggio internazionale degli Scouts cattolicidel 13 giugno 1962. “Il pontefice (...)com’era sua abitudine accentuò la ricercadei punti di concordia tra le diverse compo-nenti umane, lasciando in secondo piano,anzi neppur menzionando i punti di dissensoe di frattura”. “L’incontro del vostro giova-nile e ardimentoso servizio... - disse - con-correrà a far superare ogni residua barrieratra uomo e uomo, aiutando tutti a ricono-scersi figli di Dio e membri di una sola gran-de famiglia. Qui sta il successo del vostroMovimento; qui il suo onore e la sua gloria”.Giovanni XXIII intendeva spronare gliScout cattolici alla conversione di tutti gli in-fedeli all’unica Chiesa di Cristo, oppure, si-cut litteræ sonant, intendeva ridare allo scou-tismo “uno degli aspetti più autentici delmovimento” che la sua cattolicizzazioneaveva svuotato, e cioè “quello della tolleran-za interconfessionale?” (61).

III) Il Rotary Club. Prezzolini ha scritto: “IRotariani sono un po’ come i Boy scouts di-ventati anziani, e favoriti dal successo...” (62). Ilnoto scrittore ignorava (forse) quanto avesseragione, almeno per quel che riguarda la co-mune origine dei due sodalizi. Padre Esposito,infatti, ricorda l’anima massonica del Rotary(lo stesso si potrebbe dire di associazioni simi-li) con queste parole illuminanti: “Il rapportoesistente fra questa organizzazione e la Masso-neria (...) è strutturale, non solo a causa dellafondazione, avvenuta il 23 febbraio 1905 adopera dell’avvocato Paul P. Harris, di Chicago,e di tre colleghi, massoni come lui, ma anche acausa dell’impostazione ideologica e giuridica

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del Club, il quale del messaggio iniziatico assu-me il meglio, per inserirlo nella società laiciz-zandolo, cioè escludendo gli aspetti vincolantie iniziatici, i quali - sempre nettamente esclu-dendo la confessionalità religiosa - hanno unacerta loro sacralità, pur se laica”. La posizionedella Chiesa non poteva, pertanto, che essereavversa al Rotary Club. In Spagna (23 gennaio1929), in Olanda ed in alcuni paesi dell’Ameri-ca Latina, i Vescovi proibirono semplicementea tutti i cattolici l’iscrizione al Club. Quanto al-la Santa Sede, due documenti del 15 gennaio1929 e dell’11 gennaio 1951 proibirono l’iscri-zione agli ecclesiastici. Per i laici, specifica ildecreto approvato da Pio XII, “essi devonoessere esortati ad osservare quanto è prescrit-to nel canone 684 del Codice di diritto canoni-co”. Il quale recita: “I fedeli (...) si guardinodalle associazioni segrete, condannate, sedizio-se, sospette, o che si sforzano di sottrarsi allalegittima vigilanza della Chiesa” (63). Ma, an-che in questo caso, intervenne, secondol’espressione di Esposito, “la svolta di papaGiovanni” (pag. 344). Della vicenda, abbiamola versione (64), abbastanza dettagliata, di unprotagonista, l’avvocato Omero Ranelletti (65),che svolse un ruolo similare (in piccolo, s’in-tende!) a quello del suo “fratello maggiore”,Jules Isaac. Le condanne ed i sospetti dellaChiesa bruciavano ai rotariani, che potevano

La statua di Lercaro, in S. Petronio a Bologna, operadel Manzù commissionatagli da Umberto Ortolani

(come si può leggere sotto, sull’iscrizione)

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reclutare con difficoltà tra i cattolici; si tenta-rono perciò più volte delle “riconciliazioni”; intutti i tentativi, svolse un ruolo Ranelletti. Gliandò male nel 1929. Gli andò male nuovamen-te nel 1949-50, quando il Presidente interna-zionale Hodgson, il Governatore Lang, ed ilSegretario del Rotary di Roma, Gancia, cerca-rono di farsi ricevere da Pio XII. “Attesero nelcortile di S. Damaso l’autorizzazione a salirenella sala delle udienze: ma l’attesa fu vana.Le autorità della Chiesa, a conoscenza delleloro qualifiche rotariane, non consentironol’udienza. Il tentativo, fatto nell’interesse e peril bene del Rotary, non ebbe successo” (66).Morto Pio XII, subito il nuovo Presidente,avv. Clifford A. Randall, scrive a Ranelletti:vuole una udienza col neo-eletto GiovanniXXIII! Ranelletti tastò il terreno incontrandoPadre Martegani (2 dicembre 1958) e poi si di-resse sicuro verso Mons. Capovilla, il segreta-rio privato di Roncalli a Venezia e poi in Vati-cano. Capovilla era un vecchio amico (dal1945) del presidente del Rotary di Venezia,Ambrosini, il quale, scrivendo proprio a Capo-villa, descrisse Roncalli come “un Patriarcacosì indulgente e comprensivo nei confrontidell’attività rotariana” (67). Ranelletti confer-ma: “Papa Giovanni, durante la sua perma-nenza come Patriarca a Venezia, aveva avutooccasione di avvicinare più volte i rotarianidella città, ed era perciò bene al corrente dellanostra istituzione” (68). Così, mentre il vicinoarcivescovo di Milano, card. Schuster, include-va il Rotary, nella Rivista diocesana milanese,tra le varie “forme esoteriche di una Massone-ria unica” (69) e Roma rinnovava le sue con-danne, il Patriarca Roncalli se la faceva buonacon i fratelli rotariani! Strano, vero? Fatto stache, dopo una telefonata, Ranelletti e Capovil-la si incontrarono il 6 febbraio 1959 e parlaro-no per un’ora. Capovilla, manco a dirlo, ebbeuna “eccellente impressione” del Ranellettiche, da parte sua, gli raccontò le traversie deipassati, falliti tentativi. Questa volta, nonavrebbero fallito: il 25 febbraio, la segreteriadi Mons. Nasalli Rocca di Corneliano informòRanelletti che “il Santo Padre avrebbe ricevu-to in udienza il presidente Randall per il gior-no 20 aprile”. “Ne godo con lei”, scrisse Capo-villa a Ranelletti il 2 marzo successivo! Ranel-letti comunicò la buona nuova a Randall, “rac-comandandogli il massimo riserbo”, e poiscrisse a Capovilla: “...nel modulo ufficiale diudienza al S. Padre (...) ho precisato che - co-me d’accordo con lei - tale udienza viene ri-chiesta per l’avv. Clifford A. Randall, Presi-

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dente del Rotary Internazionale, accompagna-to dalla moglie, sig.ra Renata, dal Past Presi-dente Internazionale G. P. Lang, dai Governa-tori in carica dei Rotary d’Italia [Giovanni DiRaimondo e Leo Spaur] e da me. Così,all’omaggio di devozione che il Presidente In-ternazionale si appresta a porgere a Sua San-tità a nome di tutta la famiglia rotariana sparsain 111 paesi del mondo, si unisce l’omaggioparticolare (...) della nostra famiglia rotarianaitaliana” (70). Certo, era paradossale che la “fa-miglia rotariana”, i cui membri cattolici vi era-no iscritti contro il volere della Santa Sede,fosse ricevuta da Giovanni XXIII! Di questo sirese conto il Cameriere Segreto Partecipantedi turno, il quale disse due volte a Ranellettiche l’udienza era loro concessa come a perso-ne private, e non in quanto rotariani. Ranellet-ti oppose gli accordi presi con Capovilla, e sipresentò “all’ineguagliabile sorriso di dolcezzae di bontà” di “Papa Giovanni” nella sua qua-lifica di rotariano, presentando l’omaggio “ditutta la famiglia rotariana del mondo”; al cheGiovanni XXIII “ebbe per tutti parole dibontà, confortandoci, infine, della sua aposto-lica benedizione” (71). L’Osservatore Romanoe la Civiltà Cattolica ignorarono l’udienza, ri-portata da tutti gli altri giornali. Ma ormai i ro-tariani avevano vinto. Ogni resistenza era or-mai crollata quando «il 20 marzo 1963 papaGiovanni accordò al Rotary una secondaudienza. Si recarono da lui i rotariani del 188°distretto, quello di Roma. (...) Il gruppo fu si-stemato molto vicino al trono pontificio. PapaGiovanni “rivolse parole di penetrante bontàe impartì la sua paterna benedizione, estesa atutti i Rotariani del mondo”». I delegati delRotary, Gelati, Caria e Ranelletti, furono pre-sentati, questa volta, “nelle loro qualifiche uf-ficiali” (72). Lasciamo al rotariano Ubertone ilcommento finale a questo capitolo: « Se riflet-tiamo ora su certi atteggiamenti assunti in am-bienti cattolici, sulle accuse mosse al Rotary diassociazione “apertamente ostile al cattolicesi-mo”, “la cui morale non è se non un travesti-mento della morale laico-massonica” e li com-pariamo con l’attuale rapporto Rotary-Chiesa;se pensiamo alla rigida ingiunzione a clero ecattolici di “tenersi lontani” dal Rotary e os-serviamo la presenza quali soci nei Club di sa-cerdoti e prelati, uno dei quali, Padre FedericoWeber S. J., è stato governatore di un Distret-to, ci sembra che i fatti narrati da Ranellettisiano cronache di un altro mondo. E di un al-tro mondo si trattava infatti. Oggi, mentre as-sistiamo a incontri ecumenici ad altissimo li-

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vello, ci sembra inconcepibile che si rimprove-rasse al Rotary di “sottrarsi al legittimo con-trollo della Chiesa”. E altrettanto inconcepibi-le, data l’attuale apertura nei confronti di tuttele religioni, dichiarate “degne di rispetto”, ap-pare questa presa di posizione tanto severaverso una libera associazione che pure si pro-clamava restauratrice di princìpi altamentemorali nel campo delle professioni e degli af-fari e unicamente protesa al “bene comunedella società”. Lo spartiacque fra le due epo-che fu segnato da Papa Giovanni e dal Conci-lio Vaticano II» (73).

Le smentite di Mons. Capovilla

Come abbiamo visto, tutti gli indizi con-vergono: Giovanni XXIII non ha osteggiatola Massoneria, anzi, l’ha favorita; ne ha spo-sato, almeno in parte, i princìpi; ha sostenutola possibilità di essere, nello stesso tempo, cat-tolico e massone e, coerentemente con questaposizione, è stato probabilmente iniziato eglistesso alla Massoneria. Di fronte a indizi cosìpesanti, a testimonianze provenienti, pergiunta, da persone che dicono di stimarlo perquesto, non si erge nessuno a sua difesa?

In verità, un’autorevole personaggio hasmentito ogni collusione tra la Massoneria eGiovanni XXIII: il suo fedele segretario,l’arcivescovo Loris Francesco Capovilla.

A mia conoscenza, Capovilla è intervenu-to a due riprese: una prima volta nel 1976,con due articoli su L’Osservatore Romano, epoi, ultimamente, con un libro-intervista colnipote di Giovanni XXIII, Marco Roncalli(74). Nel 1976, Capovilla intervenne, sdegnato,contro il libro di Pier Carpi, “Le profezie diPapa Giovanni”. Scritto da un massone, ededito da una casa editrice massonica, come leedizioni Mediterranee, il libro asseriva, ricor-diamolo, la presunta affiliazione di Roncalliai Rosa-Croce, in Turchia. Recisamente, Ca-povilla smentì, fondandosi sull’Agenda e sulregistro delle Messe dell’allora Nunzio inTurchia. Nuovamente, Capovilla ritorna sullaquestione, nell’intervista con Marco Roncalli(pag. 117). In questo libro, Capovilla ampliaalquanto l’argomento, dilungandosi un po’ dipiù sulle relazioni di Giovanni XXIII con laMassoneria. Secondo Capovilla le voci di“cospirazioni massoniche finalizzate a di-struggere la tradizione e l’unità della Chiesa”sono “fantasie per innescare polemiche” (75),cose “inconcepibili” (pag. 89). “Attualmen-te”, Capovilla esclude “commistioni” con la

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Massoneria; forse nel passato... (pag. 88)!Dopo di che spezza una lancia in favore dellamassoneria americana, che non si è “mai pro-posta in conflitto con la religione” (ivi).Quando però si tratta di Giovanni XXIII, ilfedele segretario si fa guardingo, smentendoquasi se stesso... Accenna difatti a due episo-di, entrambi del 1962: un telegramma ricevu-to da una Loggia massonica esprimente augu-ri per la sua guarigione, e un appunto di pu-gno di Giovanni XXIII, tratto dal Dictionnai-re Apologétique de la Foi Catholique, concer-nente le condanne papali alla Massoneria.Quanto al telegramma, Giovanni XXIII «se-gnalò di sua mano questo criterio alla Segre-teria di Stato: “Complimenti cortesi si ringra-ziano. Ma niente compromissioni verbali conMassoneria e simili”» (76). Secondo Capovilla,si tratta di una presa di distanza, ma a mesembra il contrario: nessun Papa aveva mairisposto, cortesemente o scortesemente, a let-tere o telegrammi della Massoneria! La se-conda informazione, di per sé insignificante(la lista delle condanne pontificie) prende si-gnificato per l’uso che, eventualmente, inten-deva farne Roncalli. “Il papa aveva in animouna nuova condanna?”, chiesero a Capovilla,nel 1979, due gesuiti filo-massoni, Ferrer Be-nimelli e Caprile (77). Allora, Capovilla sisbottonò alquanto: “Non credo che intendes-se procedere ad una nuova condanna - rispo-se - ma desiderava conoscere a fondo la que-stione. Pensava certo al caute da ribadire neicontatti e in eventuali ‘negoziati’”. Nel 1979,quindi, Capovilla presenta un GiovanniXXIII che non pensa a condannare la Masso-neria, ma ad avere con essa, seppur cauta-mente (caute) “contatti” e “negoziati”. Nel1994, corregge il tiro, diventando persinoastruso nello stile: “Confermo la sostanza diquanto asserito nel citato volume”, ma...“spiego il senso dell’avverbio cautamente. Lacortesia non significherà mai arrendevolezza.Incontrarsi e dialogare non equivarrà mai acompromissioni e ad attenuazioni in fatto dicondanne delle massoneria quale è tuttora”(pag. 89); e alla domanda se ci siano statiquesti negoziati, risponde seccamente: “nonne ho mai sentito parlare” (ivi).

È credibile la difesa di Capovilla? È lecitodubitarne. Non solo perché il primo argomen-to (i telegrammi Massoneria-Vaticano) con-ferma piuttosto l’accusa, ed il secondo è statodiversamente interpretato da Capovilla stes-so, ma anche per delle omissioni rivelatrici.Infatti, se non mi inganno, Capovilla non ha

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mai smentito non solo le affermazioni deiGran Maestri Gaito e Rangel, ma neppure itre libri del barone Marsaudon, veramenteschiaccianti per Angelo Giuseppe Roncalli!Come mai questo costante silenzio? Eppure ilibri del Marsaudon sono stati ripresi e citatida Padre Esposito, ad esempio, ed è stranoche Capovilla, che su Giovanni XXIII è infor-matissimo, non ne sia a conoscenza. Si direb-be che il libro granguignolesco di Pier Carpi,un po’ come un tempo le falsificazioni diTaxil, sia servito da falso bersaglio per tentaredi screditare un argomento ben più seriamen-te fondato, qual’è quello dell’affiliazione mas-sonica di Giovanni XXIII. Chiunque affermil’iniziazione di Roncalli sarà così ridicolizzatocome seguace di Pier Carpi, come i sostenitoridell’origine satanica della Massoneria lo sonocome epigoni di Leo Taxil. Si tratterebbe per-tanto di una classica operazione massonica didepistaggio, per nascondere quanto basta lamano dopo aver gettato il sasso...

Massoneria ed ecumenismo

L’accostamento lo riprendo dal libro diMarsaudon: “L’ecumenismo visto da un Mas-sone di Tradizione”. Il motto dell’intimo amicodi Giovanni XXIII è (tratto dal rituale masso-nico) perfettamente ecumenico: “Ad dissipatacolligenda: riunire ciò che è disperso” (pag. 59).Si può dire che l’ecumenismo sia figlio legitti-mo della Massoneria, la quale unisce, in unasuperiore tradizione e nel servizio dell’uomo,tutte le confessioni religiose... «Pensiamo, adesempio - scrisse Marsaudon - alla famosa bol-la di scomunica fulminata da Clemente XIIcontro i nostri predecessori (...). Oggi sappia-mo quali furono i veri motivi della sua promul-gazione. Clemente XII rifiutava, semplicemen-te, ai nostri predecessori la possibilità di riceve-re adepti di confessioni diverse. Ai nostri gior-ni, il nostro Fratello Franklin Roosvelt ha pre-teso per tutti gli uomini la possibilità “di adora-re Dio secondo i propri princìpi e secondo leproprie convinzioni”. Ecco la tolleranza, ed ec-co pure l’ecumenismo! Noi, Massoni di tradi-zione, ci permettiamo di parafrasare e traspor-re questa parola di un celebre uomo di statoadattandola alle circostanze: cattolici, ortodos-si, protestanti, israeliti, musulmani, induisti,buddisti, liberi pensatori e liberi credenti, sono,da noi, solo dei nomi; il cognome è: Massoni”(pag. 126). “Pio IX, Leone XIII stesso sono,non oseremmo dire condannati, ma singolar-mente dimenticati. All’inizio di questo saggio,

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citammo il R. P. Lépicier, morto Cardinale, eaccanito persecutore di eretici. Oggi, non siparla solo di un riavvicinamento ma, è questala rivoluzione voluta da Giovanni XXIII, di li-bertà di coscienza. Noi pensiamo che un Mas-sone degno di questo nome, che si è impegnatoper primo a praticare la tolleranza, non possafelicitarsi senza restrizione alcuna dei risultati,irreversibili, del Concilio, quali che ne siano lemomentanee conclusioni. (...) Era evidente cheanche la Chiesa più dogmatica avebbe dovuto,un giorno, scomparire o adattarsi, e per adat-tarsi, ritornare alle Fonti. Con tutti i cristianiveramente sinceri, non possiamo che sperare:sperare che Giovanni XXIII non è vissuto, nonha operato, pregato, sofferto, che non è mortoinvano” (pagg. 119-120).

Non è a caso allora, forse, che il primogesto clamoroso di Giovanni XXIII in mate-ria di ecumenismo abbia riguardato proprioun massone, il primate anglicano GeoffreyF. Fisher, “arcivescovo” di Canterbury, rice-vuto in Vaticano il 2 dicembre 1960. Scrivel’ex-Gran Maestro Gamberini: “Iniziato allaLoggia Old Reptonian N. 3725 della GranLoggia d’Inghilterra nel 1916” Fisher “nel1939 presso questa Gran Loggia Madre delmondo ricoprì la carica di Gran Cappellano,che nelle Massonerie latino-cattoliche vieneindicata col termine di Grande Oratore” (78).Si chiede Padre Esposito: “Esercitò un ruo-lo, nell’avvio del dialogo Roma-Londra, chepartì proprio da Fisher, il fatto che questiavesse militato, e forse che questi militasseancora attivamente in Loggia?”. Certo, stu-pisce l’incontro, usando le parole di Esposi-to, di “due Papi e due gerarchi iniziati”(Giovanni XXIII e Fisher, Paolo VI e Ate-nagora; ai quali bisognerebbe aggiungere ilsuper-iniziato Jules Isaac!) (79). IgnoravaGiovanni XXIII che Fisher era non solo uneretico, ma anche un massone? Difficilepensarlo, poiché l’iniziazione delle gerarchieanglicane alla Massoneria è una prassi col-laudata (80).

La prossima puntata sarà pertanto dedi-cata all’ecumenismo di Giovanni XXIII. Unaltro modo di parlare del suo massonismo...

Note

1) La loggia è una casa di vetro. Intervista di FABIO

ANDRIOLA a VIRGILIO GAITO, pubblicata da L’Italiasettimanale del 26 gennaio 1994 (n. 3), pag.74.

2) Giuliano il Teista. Intervista di GIOVANNI CU-BEDDU a VIRGILIO GAITO, pubblicata su Trenta Giorni,n. 2, febbraio 1994, pag. 29.

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3) «Era a Parigi quando i non iniziati Angelo Roncallie Giovanni Montini furono iniziati, lo stesso giorno, agliaugusti misteri della fratellanza. Perciò non è strano chemolte cose che sono state realizzate nel Secondo ConcilioVaticano, da Giovanni XXIII, siano basate sui principi epostulati massonici» Da Proceso n. 832, 12/10/1992, citatoda C.D.L. Reporter Maggio 1995, n. 179 pag. 14.

4) Cf. Sodalitium, n. 25, pagg. 34-35. 5) Cf. Sodalitium, n. 25, pagg. 22-37, e n. 26, pagg. 3-11.6) Cf. PADRE ROSARIO ESPOSITO S.S.P., Santi e mas-

soni al servizio dell’uomo, Bastogi, Foggia, 1992, pag. 216.7) Cf. MAURIZIO BLONDET, Gli ‘Adelphi’ della dis-

soluzione, Ares, Milano, 1994, pagg. 49-51.8) Cf. Sodalitium, n. 27, pagg. 17-24, n. 28, pagg. 19-28.9) ALDO ALESSANDRO MOLA, Storia della Massone-

ria italiana dall’Unità alla Repubblica, Bompiani, Mila-no, 1976, pagg. 548 e 624.

10) FRAY C. SANTE, De Don Miguel Matèu Pla alcisma, pasando por el Nuncio Roncalli, in Que Pasa? n.459, del 14 ottobre 1972, citato da TOMÀS TELLO, Som-bras y penumbras de la figura Roncalli (alias JuanXXIII), presso l’autore, pagg. 21 e 22.

11) Si tratta, per l’esattezza, di: L’Œcumenisme vupar un Franc-Maçon de Tradition, Vitiano, Parigi, 1964(con prefazione di Charles Riandey, Gran Com-mendatore del Supremo Consiglio di Francia, RitoScozzese antico ed accettato, e dedica “alla memoria diAngelo Roncalli... Al Padre di tutti i Cristiani, all’Ami-co di tutti gli Uomini, Al suo Augusto continuatore,S.S. Papa Paolo VI”); De l’initiation maçonnique àl’orthodoxie chrétienne, Dervy, Parigi, 1965; Souvenirset réflections: un haut dignitaire de la Franc-Maçonneriede tradition révèler ses secrets, Vitiano, Parigi, 1976.

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12) Oswald Wirth (1865-1943), iniziato alla Massone-ria nel 1882 (Gran Loggia di Francia) reagì contro l’ab-bandono del simbolismo da parte di molti massoni, tro-vandosi così in sintonia con un altro massone spiritualistaben noto, René Guénon (1886-1951). Cf. ALEC MELLOR,Dictionnaire de la Franc-Maçonnerie et des Franc-Maçon,Belfond, Parigi, 1971-1979, pagg. 268 e 318. Wirth fu, asua volta, segretario e discepolo prediletto di Stanislas deGuaita (1861-1897), fondatore dell’Ordine Cabalisticodella Rosa-Croce, occultista, morfinomane, accusato disatanismo (ingiustamente, secondo Introvigne, malgradolibri da lui scritti quali Il tempio di Satana, La chiave dellamagia nera e Saggio di scienze maledette). A sua volta, deGuaita considerava “Maestro dei Maestri” il celebre ma-go cabalista Eliphas Levi (pseudonimo dell’ex-abbéAlphonse-Louis Constant). Una curiosità: de Guaita eraottimo amico del noto letterato Maurice Barrès, con ilquale fondò anche un ordine martinista. Oltre al diziona-rio di Mellor (noto catto-massone), cf anche MASSIMO IN-TROVIGNE, Il Cappello del Mago, Sugarco, Milano, 1990,pagg. 152-154, 187-189, 225.

13) Cf. MARSAUDON, L’Œcumenisme..., op. cit.,pag. 45. Le notizie biografiche su Marsaudon sono statetutte ricavate dalla stessa opera, pagg. 20 e 44.

14) Cf. MARSAUDON, Souvenirs..., op. cit.: non hopotuto consultare il libro, che cito pertanto da TELLO,Sombras..., op. cit., pag. 7.

15) Cf. MARSAUDON, L’Œcumenisme..., op. cit.,pagg. 45-46, Souvenirs..., presso TELLO, op. cit., pag. 7.

16) MARSAUDON, L’Œcumenisme..., op. cit., pag. 45.17) MARSAUDON, Souvenirs..., op. cit., pag. 263.18) MARSAUDON, De l’initiation..., op. cit., pagg.

135-136, riferito da ROSARIO F. ESPOSITO S. S. P., Legrandi concordanze tra Chiesa e Massoneria, Nardini,Firenze, 1987, pagg. 390-391.

19) Cf. Sodalitium, n. 28, pagg. 26-27, ove la citazio-ne di Burckhardt è integralmente riportata.

20) Cf. Documentation Catholique, anno 1961, co-lonne 1193 e 1262 (Breve e nuove costituzioni), colonna1477 (il Cardinale Giobbe è nominato Patrono dell’Or-dine), e anno 1962, colonna 1029 (elezione del nuovoGran Maestro).

21) Cf. PROSPER JARDIN, Les Chevaliers de Malte.Une perpetuelle croisade, Librairie Academique Perrin,Paris, 1974, pagg. 305-308. Esiste anche un ramo sepa-rato di confessione luterana, il Johanniter Orden (cfpagg. 299-303).

22) “Se abbiamo insistito un po’ sulla questionedell’Ordine di Malta, è perché è interessante da un pun-to di vista ecumenico. Proprio perché Sovrano, (l’Ordi-ne) ha potuto ammettere nel suo seno dei Cavalieri diconfessione Ortodossa. Una associazione Romena,creata inizialmente a Parigi, è ormai installata nella sedestessa del Gran Magistero [a Roma]. Non è forse inutilericordare che lo Zar Paolo I fu Gran Maestro dell’Ordi-ne”. Marsaudon, L’Œcumenisme..., op. cit., pag. 40.

23) La Massoneria ha sempre avuto una predilizio-ne per gli Ordini cavallereschi, poiché si considera essastessa una continuazione dell’Ordine dei Templari.

24) Marsaudon afferma di essere stato presentatoal Ministro dell’Ordine in Francia, de Pierredon, da unmassone di alto grado, Cavaliere di Malta, e che il pre-sidente dell’Associazione Ospedaliera delle Operedell’Ordine in Francia, Justin Godard, già ministro del-la Sanità, era anch’egli massone (L’Œcumenisme..., op.cit., pag. 44). Mola (op. cit., pag. 599, nota 4) parla di“penetrazione di correnti esoteriche e, in specie, delmesmerismo all’interno dell’Ordine dei Cavalieri di

Giovanni XXIII si espresse più volte in favore della va-lutazione positiva della Massoneria e avviò col MassoneG. F. Fisher, arcivescovo di Canterbury e primate angli-cano, il dialogo di riconciliazione con questa confessio-

ne religiosa (Didascalia e foto prese da P. ESPOSITO,Santi e Massoni al servizio dell’uomo)

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Malta”, rinviando il lettore all’opera di ERNLE BRAD-FORD, Lo scudo e la spada. Storia dei Cavalieri di Malta.Mursia, Milano, 1975, pagg. 201-203.

25) “Nicola Canali (1874-1961), ordinato sacerdotenel 1900, segretario e commensale di Merry del Val, alquale testimoniò anche dopo la sua morte una fedeltàincrollabile (adoperandosi e riuscendo a far aprire il suoprocesso di canonizzazione), e che rifiutò ogni posto di-plomatico per restare al suo servizio. Sostituto alla se-greteria di stato nel 1908, segretario della Congregazio-ne cerimoniale nel 1914, assessore del Sant’Uffizio nel1926 (del quale, allora, era segretario Merry del Val),cardinale diacono nel 1935 e gran penitenziere, granpriore dell’Ordine di Malta e gran maestro dell’Ordinedel Santo Sepolcro, diresse sotto Pio XII tutta l’ammini-strazione materiale e finanziaria del Vaticano” (ÉMILE

POULAT, Intégrisme et catholicisme intégral, Casterman,Tournai, 1969, pag. 587). Il libro più conosciuto sul casodell’Ordine di Malta, giudicato “di tipo scandalistico”dallo storico Andrea Riccardi (Il partito romano, Mor-celliana Brescia 1983, pag. 61 nota 83), è quello del notoe discusso scrittore ROGER PEYREFITTE (I cavalieri diMalta, Firenze, 1957) nel quale vi sono anche numerosicenni alla personalità del cardinal Canali.

26) Vedi le accuse di MARSAUDON, nel suo libroL’Œcumenisme..., op. cit., pag. 39, e di JARDIN, op. cit.,pag. 313.

27) Cf. MARSAUDON, L’Œcumenisme..., op. cit., pag. 21.28) Franco Bellegrandi, già Cameriere di Spada e

Cappa di Sua Santità e collaboratore de L’OsservatoreRomano, scrisse nel 1977 un libro che solo nel 1994 èstato edito, nonché pubblicamente presentato a Romacon un certo scalpore della stampa nazionale, poichétra i partecipanti alla presentazione vi era il CardinalSilvio Oddi. Il libro, edito dalla E.I.L.E.S. di Roma edintitolato Nichitaroncalli. Controvita di un Papa, sostie-ne molte delle tesi della serie di articoli che Sodalitiumsta pubblicando. Il suo principale difetto però, a nostroavviso, consiste nello stile irriverente dell’autore, e nel-la quasi assoluta mancanza di documentazione: Belle-grandi riferisce i pettegolezzi (o i fatti di cui fu testimo-ne) della Corte vaticana alla quale appartenne, senzadiscernimento tra notizie serie o chiacchere infondate.Per questo anche negli ambienti “tradizionalisti” (adesempio, sulla rivista toscana Controrivoluzione) il li-bro di Bellegrandi è stato stroncato. Non mi sembraperò che si debbano considerare inattendibili tutte leaffermazioni di Franco Bellegrandi che possono esseremolto utili se suffragate dai necessari riscontri.

29) F. BELLEGRANDI, Nichitaroncalli, op. cit., pagg.59-61.

30) A. A. MOLA, op. cit., pag. 628.31) Cf. A. A. Mola, op. cit., pag. 626; R. Esposito,

Le grandi concordanze..., op. cit., pagg. 119, 388, 409. 32) Giovanni XXIII ricevette l’Ordine di Malta il

24 giugno 1961, Canali morì il 2 agosto dello stesso an-no. ANDREA RICCARDI, ne Il ‘partito romano’ nel secon-do dopoguerra (1945-1954), Morcelliana, Brescia, 1983,pag. 62, n. 83, acutamente coglie, in poche righe di Ron-calli, il suo disprezzo per Canali: “Scrive GiovanniXXIII al card. Testa a proposito del ruolo del Canali: ‘ilposto occupato a suo modo dal defunto cardinale Cana-li...’ (9-8-1961, in GIOVANNI XXIII, Lettere 1958-1963, acura di L. F. CAPOVILLA, Roma, 1978, pag. 307).

33) Cf. Sodalitium, n. 29, pagg. 3-5.34) Cf. Sodalitium, n. 32, pagg. 29-31.35) Cf. Sodalitium, n. 33, pag. 22.36) BENNY LAI, I segreti del Vaticano da Pio XII a

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papa Wojtyla, Laterza, Roma-Bari, 1984, pagg. 82-83; IlPapa non eletto. Giuseppe Siri, Cardinale di Santa Ro-mana Chiesa, Latereza, Roma-Bari, 1993, pag. 202, n. 7.

37) GIULIO ANDREOTTI, A ogni morte di Papa. IPapi che ho conosciuto, Rizzoli, Milano, 1980, pag. 106.Il senatore a vita Giulio Andreotti, protagonista dellapolitica italiana dal dopoguerra a oggi, è attualmentesotto processo per delle supposte collusioni con la Ma-fia e la Massoneria o, meglio, con la Mafia tramite laMassoneria. Secondo alcuni accusatori, sarebbe statolui il vero capo della Loggia Massonica Propaganda 2(P2). Secondo altri, i contatti con la Mafia iniziaronoquando, su richiesta di Paolo VI, egli intervenne perproteggere il finanziere siciliano (e massone) Sindona,morto poi suicida (?) in carcere.

38) BENNY LAI, Il Papa non eletto, op. cit., pag. 202, n. 7.39) È noto che sono circolate molte liste, più o meno

attendibili, di prelati iscritti alla Massoneria. Tra le varie epresunte affiliazioni, una è particolarmente documentata,quella di Franziskus König, dal 1956 arcivescovo di Vien-na, creato cardinale da Giovanni XXIII il 15 dicembre1958. Il bene informato Roberto Fabiani, senza esitazionio mezzi termini, asserisce che il cardinal König è masso-ne, precisando l’iscrizione alla loggia coperta “Giustizia eLibertà” della Massoneria di Piazza del Gesù. Cf. ROBER-TO FABIANI, I Massoni in Italia, L’Espresso 1978, Fariglia-no, pagg. 78 e 130. In ogni caso, al seguito del suo prede-cessore, il cardinale Innitzer, König è stato un personag-gio attivissimo nel dialogo con la Massoneria, cf R. ESPO-SITO, Le grandi concordanze..., op. cit., pagg. 26, 126, 163-167; R. ESPOSITO, La riconciliazione tra la Chiesa e laMassoneria, Longo, Ravenna, pag. 12. König è stato ungrande elettore di Karol Wojtyla nell’ultimo Conclave.

40) BENNY LAI, I segreti..., op. cit., pag. 84.41) Ibidem, pag. 83.42) Cf. B. LAI, I segreti..., op. cit., pag. 85, B. LAI, Il

Papa..., op. cit., pag 202, G. ANDREOTTI, op. cit., pag.106. Era la sera prima del Conclave.

43) PAOLO VI, discorso del 21 giugno 1972, cit. inL’attività della Santa Sede, Tipografia Poliglotta Vatica-na, 1972, pag. 221.

44) Cf. F. BELLEGRANDI, op; cit., pagg. 61-62.45) MARSAUDON, L’Œcuménisme..., op. cit., pag. 47.46) A. A. MOLA, op. cit., pagg. 598-599.47) Si potrebbe obbiettare che il sinodo del 1960,

all’art. 247, riprese la condanna della Massoneria sullabase del can. 2335 del C.J.C.. Osserva però P. Esposito:«Si tratta di un adempimento che ha l’aspetto di un pro-dotto della forza d’inerzia e che sembra corrisponderesolo parzialmente alla “mens” del Pontefice. Il tutto èfatto in maniera automatica, senza porsi nemmeno ilproblema delle mutate situazioni storiche e delle riper-cussioni che esse hanno avuto tanto nella Chiesa chenella Massoneria. In maniera analoga egli non ammor-bidì sicuramente, in teoria, il pensiero della Chiesa neiconfronti del comunismo, mentre nel comportamentoconcreto compì gesti la cui bontà e fraternità - si pensiall’udienza concessa ad Agiubei, genero di Krusciov -non hanno bisogno di commenti» (P. ESPOSITO Santi eMassoni… op. cit., pag. 213). Lo stesso Capovilla, segre-tario di Giovanni XXIII, pur conoscendo la prescrizionedel Sinodo romano, ribadisce che Giovanni XXIII nonfece nuove condanne della Massoneria. (GiovanniXXIII, nel ricordo del segretario Loris F. Capovilla. In-tervista di Marco Roncalli con documenti inediti. SanPaolo, Cinisello Balsamo, 1994, pagg. 87-90 e 117).

48) R. ESPOSITO, La riconciliazione..., op; cit., pag.34 e n. 2.

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49) E questo malgrado le pretese di Alleanza Catto-lica. Il nuovo “Codice di diritto canonico” del 1983 nonnomina neppure più la Massoneria, ed abroga la scomu-nica contemplata dal Canone 2335 del Codice di DirittoCanonico (l’unico autentico, quello del 1917). Per ovvia-re alle reazioni dei cattolici, il cardinal Ratzinger dovet-te fare una “dichiarazione sopra le associazioni massoni-che”, il 26 novembre 1983, nella quale si afferma che èancora proibito iscriversi alla Massoneria, per cui i tra-sgressori sono in stato di peccato mortale e non possonoricevere l’eucarestia. Si tratta certo di un passo indietrorispetto alla decisione del predecessore di Ratzinger, ilcardinal Seper, che autorizzava la doppia appartenenza(alla Chiesa ed alcune obbedienze massoniche) ma nonsi tratta però della scomunica, che non è più contempla-ta dal nuovo diritto. È la tattica dei due passi avanti eduno indietro... Sulla questione cf DON CURZIO

NITOGLIA, Infiltrazioni giudaico-massoniche nella Chie-sa romana, in Sodalitium, n. 38, pagg. 17-29 (specialmen-te 22-23: La falsa restaurazone degli anni ‘80).

50) Cf. Dichiarazione collettiva dell’episcopato ar-gentino del 20 febbraio 1959 (in Documentation Catho-lique, col. 483-488) e la Lettera pastorale collettiva degliarcivescovi e vescovi del Ruanda-Urundi (in Documen-tation Catholique, 1961, col. 511-532).

51) Cf. J. PLONCARD D’ASSAC, Les secret desFranc-Maçons, ed. de Chiré 1979, pag. 169.

52) LEON DA PONCINS, Infiltrations ennemies dansl’Eglise, Documents et témoignages, Paris 1970 pagg.85-88.

53) Colloquio catto-massonico di Ariccia del 20aprile 1970, in R. ESPOSITO, La riconciliazione..., op.cit., pag. 79.

54) Dibattito cattomassonico di Lecce, del 24 feb-braio 1979, op. cit., pag. 114.

55) Ibidem, pag. 122.56) ALEC MELLOR, op. cit., pag. 114.57) R. FABIANI, op. cit., pag. 85.58) Articolo pubblicato su El Paìs, Madrid, 10 marzo

1985, tradotto da Hiram, Roma, aprile 1985, e riportatoda R. ESPOSITO, Le grandi concordanze..., op. cit., pag. 84.

59) MARSAUDON, De l’initiation..., op. cit., pagg.135-136; citato da R. ESPOSITO, Le grandi concordan-ze..., op. cit., pag. 391.

60) R. ESPOSITO, Le grandi concordanze... op. cit.,pagg. 251-252

61) Ibidem, pag. 313 e 301.62) GIUSEPPE PREZZOLINI, Nel circolo dei Rotariani

ci sono tutti i ‘primi della classe’, articolo pubblicato suIl Tempo di Roma, 10 marzo 1955.

63) Un articolo della Civiltà Cattolica preciserà chela qualifica attribuita al Rotary è quella di associazione“sospetta”.

64) OMERO RANELLETTI, La Chiesa cattolica e ilRotary Internazionale, in Realtà Nuova, rivista mensiledei Rotary Club d’Italia, Milano, n. 4, aprile 1972. L’au-tore ne curò, nel 1975, l’aggiornamento e la riedizione.Io cito dall’ultima edizione: OMERO RANELLETTI, Il Ro-tary e la Chiesa cattolica, Quaderni di Realtà Nuova,Istituto culturale rotariano, Torino, 1991, con una pre-fazione di Alessandro Ubertone ed un articolo sull’au-tore di Antonio de Majo.

65) Nato a Celano nel 1885, è morto nel 1979, a 94anni. Ranelletti si proclama fervente cattolico, ma c’èda dubitarne, e non solo per le alte cariche rotariane dalui ricoperte a lungo, fin da quando fondò il Club a Ro-ma nel 1924. Fu, infatti, Capo Gabinetto del Ministerodella Pubblica Istruzione per molti anni, e fino al 1920,

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sotto il ministro Ruffini e nel governo Nitti. Il sen. Ruf-fini, liberale, professore di diritto eccesiastico, fu tenaceassertore della libertà religiosa, nonché difensore dellaMassoneria; Nitti, anch’egli liberale, è citato come affi-liato da alcuni autori (cf, per la questione dibattuta,GIANNI VANNONI, Massoneria, Fascismo e Chiesa Cat-tolica, Laterza, Bari, 1979, pag. 71). “Abbandonato ilMinistero - ci informa Ubertone - si adoperò con l’on.Andrea Torre per la fondazione e direzione ammini-strativa del giornale di opposizione al regime fascista IlMondo, al quale collaborò, trattando i problemi dellascuola e della cultura, in leale sodalizio con GiovanniAmendola, Meuccio Ruini, Alberto Cianca ed altri, fi-no al 1925, quando il giornale dovette cessare le pubbli-cazioni”. Ora, l’on. Ruini era, notoriamente, una altacarica della Massoneria (cf MOLA, op. cit., pag. 258);massone erano anche l’on. Torre (cf MOLA, op; cit.,pag. 389) e l’on. Amendola (cf VANNONI, op. cit., pagg.75 e nota 25 a pag. 84; per Mola ciò è probabile, cf. pag.492) e, lo lascia capire il Mola, pure Alberto Cianca (cfpag. 615). Possibile che solo Ranelletti, in questa bellacongrega di massoni e filo-massoni, fosse un “cattolicoa tutta prova” (cf RANELLETTI, pag. 87)?

66) O. RANELLETTI, op. cit., pag. 86.67) Ibidem, pag. 88. Lettera di Lando Ambrosini a

Mons. Capovilla, del 22 dicembre 1958.68) Ibidem, pag. 91.69) Rivista diocesana milanese, nov. 1949, pagg.

240-241, cit. da R. ESPOSITO, Le grandi concordanze...,pag. 342.

70) O. RANELLETTI, op. cit., pagg. 89-90.71) Ibidem, pag. 9172) Ibidem, pag. 93, e R. ESPOSITO, Le grandi con-

cordanze..., op. cit., pag. 346.73) Prefazione a O. RANELLETTI, op. cit., pag. 5.74) Osservatore Romano del 15-16 novembre 1976

(Una dichiarazione di S. E. Mons. Capovilla. Falsa edeformante l’opera ‘Le profezie di Papa Giovanni’) edel 23 dicembre 1976. Giovanni XXIII, nel ricordo delsegretario Loris F. Capovilla. Intervista di Marco Ron-calli con documenti inediti. San Paolo, Cinisello Balsa-mo, 1994, pagg. 87-90 e 117.

75) Prova ne sia, continua Capovilla, che tra i “pro-tagonisti della riforma annunciata da papa Giovanni”c’erano persone irreprensibili come Lercaro, Bugnini,Pellegrino e Bevilacqua! (op. cit., pag. 87).

76) La nota è del 6 dicembre 1962; sono io che homesso i caratteri in grassetto. La citazione è tratta daL’Osservatore Romano, 15-16 nov. 1976.

77) JOSÉ A. FERRER BENIMELI - GIOVANNI

CAPRILE, Massoneria e chiesa cattolica. Ieri, oggi e do-mani, Roma, 1979, pag. 71, cit. da RONCALLI - CAPOVIL-LA, pagg. 88-89.

78) GIORDANO GAMBERINI, Mille volti di massoni,Roma, Erasmo, 1975, pag. 229, cit. da R. ESPOSITO,Santi e massoni..., op. cit., pag. 214.

79) R. ESPOSITO, Santi e massoni..., op. cit., pag. 213.80) Esposito cita studi secondo i quali nel 1955 vi

erano ben 17 “vescovi” e 500 “prelati” anglicani solo ne-gli ultimi e più alti gradi massonici! (op. cit., pag. 214).

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IL SIONISMO: UNMAGNIFICO SOGNO O

UN TERRIBILE SCACCO ?don Curzio Nitoglia

Col presente articolo, attraverso l’analisidel pensiero e delle conquiste del Sioni-

smo, si intende far vedere come la formazio-ne dell’attuale Stato di Israele non rispondaalle promesse divine.

All’analisi dell’evolversi dell’idea sioni-sta seguirà lo studio del movimento sionistae dei suoi rapporti con le Superpotenze econ i vari Stati europei, compresi quelli nazi-fascisti, per arrivare alla questione teologicae dottrinale e al rapporto con la Chiesa.

INTRODUZIONE

Verso la seconda metà del XIX secolo sisviluppava il flusso migratorio di ebrei versola Palestina, che non era tuttavia un fenome-no spontaneo, ma il prodotto del SIONI-SMO (1), col concorso di duecento delegatiebrei riunitisi a Basilea e l’adesione di più dicinquantamila ebrei, e con lo scopo di “lavo-rare al riscatto della Palestina, per crearviuno Stato israelita” (2).

Il Sionismo non inizia però nel XIX secolo,ma “è l’espressione moderna del sogno vec-chio di millenovecento anni, di ricostruireIsraele, dopo che Roma aveva messo fineall’indipendenza ebraica in terra d’Israele” (3).

VARIE TAPPE DELL’IDEA SIONISTA

a) Primo periodo: dalla caduta di Gerusa-lemme fino alla morte di Giuliano l’Aposta-ta (70- 363).

Sotto il regno di Traiano († 117) un falsoMessia, chiamato Andrea, eccitò il fanati-smo di alcuni ebrei al punto che, fra greci eromani, “duecentomila uomini perirono uc-cisi dalla spada e dal furore dei giudei” (4).Marco Turbo attaccò i rivoltosi e fece paga-re loro col sangue un giorno di trionfo.

Sotto il regno di Adriano (130-135) si ebbeun secondo tentativo, quando un certo Bar-Cozbad si fece passare per il Messia e i Roma-ni furono cacciati da Gerusalemme, che tutta-

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via ricadde ben presto nelle loro mani; mamentre Tito aveva lasciato ancora qualche casaintera, con Adriano la città fu rasa al suolo e alsuo posto fu costruita Elia Capitolina, che solopiù tardi riprese il nome di Gerusalemme.

Sia il terzo tentativo di rivolta, avvenutosotto il regno di Antonino (138-161), sia ilquarto sotto Marco Aurelio (174-175) nonebbero successo e furono repressi.

Un’altra volta - la quinta - gli Ebrei, ani-mati dalla speranza di restaurare politica-mente il Regno di Israele, al tempo di Setti-mio Severo (193-211), cospirarono in Siriacon i Samaritani contro la dominazione ro-mana, ma ottennero solo di appesantire ilgiogo cui erano sottoposti.

Il sesto tentativo di riscossa si verificò sottoCostantino (321-327), ma venne anch’essosoffocato e “S. Giovanni Crisostomo nella se-conda orazione contro i Giudei, ci racconta cheCostantino, convinto che gli ebrei non aveva-no rinunciato al loro spirito di rivolta, fece ta-gliare loro una parte dell’orecchio, affinché, di-spersi nell’Impero, portassero dappertutto sudi sé il segno della loro ribellione” (5).

Sotto Costanzo si ebbe una settima rivol-ta, ma Gallo volò in Giudea, dove sconfisse irivoltosi e rase al suolo Diocesarea, seggiodell’insurrezione: gli ebrei furono uccisi amigliaia e molte città, tra cui Tiberiade, fu-rono bruciate.

L’ultimo tentativo di questo primo perio-do è uno dei più celebri ed ha come coope-ratore Giuliano l’Apostata, che non solopermise agli Ebrei di ricostruire il Tempio,ma li aiutò con tutti i mezzi: sull’esito finalesi veda Sodalitium n° 39 e 40 (6).

Se un ruolo importante in tutti questitentativi di rivolta è da attribuirsi alla tena-cia ebraica, il fattore principale è dovuto, se-condo l’ebreo convertito Augustin Lémann,ad una “interpretazione di certe profezie bi-bliche”(7); anzi “è proprio fondandosi su taliprofezie che gli ebrei hanno sempre speratodi ritornare a Gerusalemme, di restaurarvi ilTempio (8), per gioirvi col Messia una pienae inalterabile prosperità” (9).

b) Secondo periodo: dalla morte di Giulianol’Apostata fino alla Rivoluzione francese(363- 1789).

Questo lungo periodo fu marcato dallarassegnazione, anche se si mantenne sempreuna se pur sopita speranza, come afferma an-che l’abbé Lémann: “…con la morte di Giu-liano l’Apostata e il trionfo definitivo del

La questione ebraica

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Cristianesimo, fino alla Rivoluzione france-se, gli ebrei vivono un periodo di rassegna-zione, ma sempre pieno di speranza” (10).Durante questo periodo “la capacità finan-ziaria e commerciale degli ebrei si sviluppa esi estende su tutte le nazioni, in manierastraordinaria… [essi] divengono i finanzieridei re… Ma in mezzo alle preoccupazioni deiloro traffici e dei loro negozi, non smettonodi pensare a Gerusalemme (11).

Verso il XVI e XVII sec. gli ebrei amantidella Terra Santa si spostarono verso Safed,a pochi chilometri da Betsaida; nel XVIIsec. si contavano a Gerusalemme circa centofamiglie ebree e, a partire da quel periodo, ipellegrinaggi alla Città santa cominciarono adiventare sempre più numerosi.

c) Terzo periodoCol filosofismo tedesco del XVIII secolo e

con la Rivoluzione francese si assiste all’AB-BANDONO dell’idea del ritorno a Gerusa-lemme e del dogma del Messia personale.

Quali furono le cause di un tale muta-mento?

La prima è proprio il filosofismo impre-gnato di quello scetticismo settecentesco, cheè stato agente corrosivo di tutte le religioni,compresa la talmudica, prima con Spinoza epoi con Mendelshon, che può essere conside-rato il fondatore di una sorta di neo-Giudai-smo, mascherato da deismo. Comincia così adiffondersi nei ghetti l’idea che il Messia po-trebbe essere un concetto, un regno, un po-polo, …ma non una persona, e sorge anche ilproblema della collocazione fisica e geografi-ca di tale regno. È la Rivoluzione franceseche concretizza questo mito. Nel 1791 fuconcessa l’EMANCIPAZIONE agli ebreifrancesi, che videro il Messia nei Dirittidell’uomo proclamati dalla Rivoluzione.

Dalla fine del XVII secolo fino al 1848 ilmito del Messia impersonale ha avuto duescuole principali, di cui la prima fiorì in Ger-mania sotto l’egida del filosofismo. Nel 1843a Francoforte sul Meno si organizza un co-mitato ebraico riformista, al quale seguironotre sinodi, uno nello stesso anno a Brun-swick, uno ancora a Francoforte nel 1845 eun terzo a Breslau nel 1846, nei quali si affer-mava che l’unico Messia atteso era la libertàdi essere ammessi tra le Nazioni; da questo ilpartito talmudista tedesco fu ferito a morte.

La seconda scuola si formò in Francia,sotto l’egida dell’emancipazione, che segnaanche l’elemento diversificante delle due

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scuole. Infatti in Germania, dal momentoche l’ebreo non era ancora emancipato civil-mente, il suo pensiero era da considerare ar-dito e prematuro: la libertà civile, non ancoraconquistata, era la perla per la quale si erapronti a sacrificare ogni cosa, anche il Messiapersonale. In Francia, invece, gli ebrei fin dal1791 godevano della libertà civile ed eranoquindi più moderati nell’evoluzione della fe-de circa il Messia. Nel Gran Sionismo del1807 Napoleone era stato riverito ed insigni-to dei titoli riservati esclusivamente al Mes-sia, anche se il partito talmudista era ancoraabbastanza forte per fare da contraltare. Fusoltanto a partire dal 1848 che ogni “repres-sione” da parte della Sinagoga talmudica di-venne inefficace anche in Francia. Infatti du-rante il regno di Luigi Filippo il razionalismotedesco aveva esercitato un notevole influssosull’Ebraismo francese. Nel 1846, durantel’insediamento del gran Rabbino di Parigi, ilcolonnello Cerf-Beer, in un discorso di circo-stanza gli fece comprendere che era ormaiora di iniziare con le riforme (“l’aggiorna-mento”) anche in Germania: il partito talmu-dista non ebbe più la forza di reagire come inpassato. Ormai anche il mondo ebraico fran-cese affermava che la “La Rivoluzione era ilvero Messia per gli oppressi” (12).

“La nuova Gerusalemme sarebbe stata laGerusalemme del denaro, con un banchiereper Messia, con i fondi pubblici al posto del-la Thorà, la Borsa al posto del Tempio” (13).Quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale edegli USA in cui gli ebrei conobberol’emancipazione civile, accolsero tali idee sulMessia impersonale, col conseguente abban-dono del dogma del Messia personale e delritorno a Gerusalemme.

BREVE STORIA DEL MOVIMENTOSIONISTA

Il Canale di Suez e la Gran Bretagna. Ilprogetto di aprire il canale di Suez suscitò,verso la metà dell’800, un vivo interesse inEuropa, perché il Mediterraneo avrebbe riac-quistato una notevole importanza. Erano in-teressate al progetto soprattutto la Francia,l’Impero asburgico e l’Italia. L’Inghilterra in-vece sarebbe stata svantaggiata. Chi si assunsel’onere economico dei lavori fu, in massimaparte, il pascià d’Egitto Said, ma le finanzeegiziane furono dissestate dall’enorme quan-tità degli esborsi. Nel 1863 gli succede suo ni-pote Ismail, al quale «…vennero in aiuto le

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banche ebraiche Oppeneim e Rothschild, lequali, bloccato ogni diverso accesso al credito,strinsero in breve il sovrano in un abbracciomortale… Agli egiziani è imposto il controllocongiunto anglo-francese sulle loro finanze; èl’anticamera dell’occupazione coloniale… Labancarotta egiziana e le difficoltà politicheche essa genera coincidono col destarsidell’interesse britannico per il canale» (14). LaGran Bretagna incomincia così a cambiarepolitica nei confronti dell’Impero Ottomano,e dopo averlo difeso gelosamente, in chiaveantirussa e antifrancese, decide di non opporsila suo declino. Nel 1878 occupa Cipro e s’im-possessa delle dogane turche. La situazionecol passare degli anni degenera in violenti di-sordini e gli inglesi decidono di interveniremanu militari, per cui il 10 luglio 1882 le naviinglesi aprono il fuoco su Alessandria d’Egit-to. Con la grande guerra (1914-1918) l’Inghil-terra coglie l’occasione per assestare il colpodi grazia all’Impero Ottomano, prendendo ilcontrollo della penisola arabica e della Siria,assicurandosi così la chiave d’accesso dal me-diterraneo verso la Mesopotamia e il GolfoPersico. La Palestina avrebbe messo al sicurole comunicazioni con l’India tramite il Canaledi Suez. Il 18 dicembre 1814 la Gran Bretagnaoccupa l’intero percorso del canale. Gli ingle-si, per essere più sicuri di aver debellato defi-nitivamente l’Impero Ottomano, svolgonouna politica atta a guastare i rapporti tra i tur-chi e le popolazioni dell’ex Impero Ottoma-no, «sobillano contro Costantinopoli le popo-lazioni arabe alle quali promettono, a guerrafinita, il distacco dall’Impero e la piena indi-pendenza politica» (15). Contattano inoltre losceicco della Mecca Hussein, discendente del-la figlia di Maometto Fatima e perciò carico

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di un gran prestigio spirituale nel mondo isla-mico. «Come contropartita per la ribellione aiturchi, gli inglesi garantiscono a Hussein il lo-ro appoggio all’ambizioso progetto di dar vitaad un grande Stato Arabo» (16). Si ruppe cosìla compattezza del fronte musulmano. Dopotre anni di lotta la partita contro i turchi è vin-ta dagli arabi. Gli inglesi occupano Gerusa-lemme e Hussein Damasco. L’11 novembre1918 un comunicato anglo-francese rassicuragli arabi promettendo loro dopo la lunga op-pressione turca, l’insediamento di governi eamministrazioni arabe. Tuttavia gli arabi do-vettero ricredersi e constatare che la GranBretagna non aveva per nulla in vista la libe-razione dei popoli arabi dall’oppressore turco,quanto piuttosto desiderava imporre il pro-prio volere ai paesi dei Medio Oriente. Dalladissoluzione dell’Impero Ottomano trasserovantaggio soprattutto l’Inghilterra e la Fran-cia; il trattato di Sévres (10 agosto 1920) segnala fine definitiva dell’Impero Ottomano, la ra-tifica inglese di Cipro e dei poteri sul Canaledi Suez. Estromessi i turchi, il destinodell’Arabia passa nelle mani anglo-francesi.Gli arabi non vogliono rinunciare all’indipen-denza, ma il 24 luglio 1920 i siriani sono so-praffatti dai francesi e Damasco viene occu-pata. «La Palestina… veniva privata della li-bertà e dello stesso diritto alla vita: non solole sarà negata l’indipendenza, ma uscirà dallemani inglesi trasformata in un’entità etnica eculturale assolutamnte irriconoscibile» (17).

Frattanto la nascita del Sionismo, lungidal risolvere l’eterna questione ebraica, lacomplicherà, trasportandola, in un’otticaconflittuale, nei paesi arabi, accenderà nuo-vo odio tra Islàm e Giudaismo, che prima,teologicamente, non esisteva e che si affermaper motivi nazionalistici e di indipendenzaterritoriale. L’Ebraismo internazionale mo-bilita i propri correligionari inglesi per otte-nere l’intervento nella prima guerra mondia-le degli USA. La Gran Bretagna concede aicapi sionisti impegnatisi a far scendere inguerra l’America, privilegi eccezionali. «Gliaccordi prevedono per il Sionismo, il dono diun National Home, in Palestina, base di par-tenza del futuro Stato ebraico» (18). Il 2 no-vembre 1917 il ministro degli esteri britanni-co lord Balfour consegna al presidente dellafederazione sionista britannica lord Roth-schid una lettera che asserisce: «Sua Maestàvede con benevolenza l’istituzione in Palesti-na di una National Home per il popolo ebrai-co». Questo focolare ebraico è una parola

Riunione di militanti del Bétar in uniforme a Lyck(Reich tedesco) nel 1935. Sul muro, in fondo si intrav-

vede un ritratto di Zeev Jabotinsky

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polisemantica, dietro la quale si cela il con-cetto di STATO EBRAICO. Tale progettocosterà caro soprattutto ai palestinesi, anchese l’insediamento ebraico non godrà maisonni tranquilli in quella che si rivelerà inoriente, come già lo era stata in Occidente,un’avventura priva di certezze fin dal giornoin cui i capi del popolo dissero “Sanguis eiussuper nos et super filios nostros”, assumendo-si una terribile responsabilità per i figli diIsraele fino a quando non si convertiranno enon rientreranno nella Chiesa di Dio.

La Palestina: un paese isolato. «Rompe-re l’unità della Grande Siria ed enucleare daesssa la Palestina è il primo passo per assicu-rare il buon esito del progetto sionista… èuna politica che genera nei palestinesi gran-de disorientamento. Essi si trovano d’im-provviso in un paese occupato militarmentee tagliato fuori da qualsiasi precedente col-legamento amministrativo e politico. Lanuova entità territoriale che aveva semprefatto parte di organizzazioni statuali più va-ste e mai aveva manifestato aspirazioni au-tonomiste, è creata, fin dall’inizio, conl’obiettivo dello snaturamento etnico. L’ori-ginaria popolazione araba è destinata ad es-sere sommersa e sostituita» (19).

La reazione araba contro l’immigrazione el’occupazione ebraica (che gli stessi inglesi au-torizzavano) offrirà all’Impero britannico lar-ghe possibilità d’ingerenza. Dietro l’alibi delmantenimento della pace, l’Inghilterra avreb-be potuto nascondere facilmente la sua vo-lontà di presenza militare in Palestina sine die.Solo il processo di decolonizzazione iniziato al-la fine della seconda guerra mondiale spingeràgli inglesi a lasciare la Palestina. Allora al colo-nialismo inglese subentrerà quello sionista.

Il “Libro Bianco”. Il 17 maggio 1939 l’In-ghilterra annuncia di voler abbandonarel’idea della spartizione della Palestina e il Fo-reign Office con un suo Libro Bianco, s’impe-gna a concedere ai palestinesi l’indipendenza;l’effettivo passaggio dei poteri, tuttavia, sa-rebbe avvenuto solo dieci anni dopo. Gli ara-bi pensano di intravvedere la fine delle lorosofferenze, ma la proposta inglese è condizio-nata all’esito della seconda guerra mondiale.Infatti il Libro Bianco segue di pochi giornile garanzie antigermaniche rilasciate dall’In-ghilterra a Polonia, Grecia e Romania, percui rappresenta solo un diversivo o un espe-diente atto a accaparrarsi, in un momento co-sì difficile, la simpatia e la neutralità del mon-do arabo, la cui posizione è di estrema rile-

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venza strategica. L’Inghilterra in sostanzacon il Libro bianco ha voluto solo tergiversa-re e congelare la questione palestinese e rin-viare ogni decisione al termine del conflitto.Gli ebrei di Palestina si vedono accordare co-sì una tregua provvidenziale di parecchi anni,una proroga all’eventuale sfratto e possonocontinuare ad accogliere nuovi immigrati.Nel maggio 1942 a New York, all’Hotel Bilt-more, si riunisce una conferenza sionista chereclama la costituzione dello Stato ebraico epretende l’annullamento di qualsiasi limiteall’immigrazione, ed infine l’affidamento del-la supervisione sull’immigrazione alla JewishAgency. «In Palestina intanto l’Haganah, l’or-ganizzazione militare ufficiale dei sionisti chedal 1929 al 1939 si era armata con la conni-venza della potenza mandataria (la GranBretagna), …rafforza i suoi reparti e si pre-para alla lotta contro gli inglesi nel caso co-storo insistano a dare applicazione a quel Li-bro Bianco del 1939 col quale avevavopromesso ai palestinesi l’indipendenza. L’Ir-gun… e la Banda Stern… scatenano… unacampagna terroristica che si propone di pie-gare definitivamente gli inglesi al volere delSionismo. Prima vittima illustre della BandaStern è il ministro britannico per il medioOriente, Lord Moyne, che viene assassina-to… nel novembre 1944» (20). Con la fine del-la seconda guerra mondiale assistiamo alcoincidere de facto delle aspirazioni del Sio-nismo con quelle delle due superpotenze,(USA e URSS). Russi e americani hannnocapito che uno Stato ebraico in Palestina è unvalido elemento destabilizzante in una dellezone geopolitiche più importanti del mondo,che permetterà loro di interferire negli affariinterni di tutti i paesi del Medio oriente e diinnescarvi una grave conflittualità tra Europae mondo arabo. Il compito dell’occupantebritannico è ormai finito, ad esso subentre-ranno sionisti, USA e URSS. Il 29 novembre1947 l’Assemblea Generale dell’ONU, con larisoluzione 181, approva il piano che prevedela spartizione della Palestina in due Stati: unoarabo e uno ebarico. «La decisione è presanella sede e dai soggetti sbagliati. L’ONU,che non possiede alcun diritto di sovranitàsulla Palestina, non può arrogarsi la compe-tenza di disporne; non può spartirla…» (21). Il14 maggio 1948 il consiglio Nazionale Ebrai-co proclama lo Stato d’Israele, mettendo ilmondo davanti al fatto compiuto. «La logicadi Yalta vince quindi anche in Palestina.America e Russia hano riservato al paese lo

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stesso iniquo trattamento già toccato all’Eu-ropa» (22). Mentre USA e URSS dietro loschermo della guerra fredda collaborano sot-tobanco alla spartizione dell’Europa e delMedio Oriente, la stampa filo-ebraica presen-ta Israele come il bastione contro il comuni-smo – mentre in realtà era uno stato laico esocialista nato col consenso sovietico - tacen-do però che il comunismo era fuori legge intutti i paesi arabi, e creando il consenso delpensiero moderato e liberalconservatore.Con la guerra del 1967 l’intera Palestina è diIsraele, compresa Gerusalemme, che secon-do la risoluzione 181 avrebbe dovuto essereposta sotto amministrazione internazionale(23). Gli Ebrei non rispettano la decisionedell’ONU, le cui risoluzioni ingiungono il riti-ro dell’esercito israeliano e che restano peròlettera morta. Il 10 novembre 1975 l’ONU,per non perdere la faccia, è costretta a varareuna risoluzione che equipara Sionismo e raz-zismo, ma Israele non si ferma, confidandonella irresolutezza dell’ONU, che di lì a qual-che tempo sopprime la risoluzione.

La vittoria del Sionismo fallisce però il suoobiettivo principale, quello cioè di dare vita aduno Stato nazionale pacificato e compatto an-che etnicamente, come ha rilevato anche ilgiornalista ebreo Paolo Guzzanti in un recentearticolo su La Stampa di Torino: «Questi gio-vani [di tel Aviv] così… euroamericani, cosìlaici…, non hanno affatto l’aria di coltivare ilnostalgico patriottismo dei padri e dei nonni…Questa città sta perdendo la memoria… TelAviv si va sempre di più costruendo dentro disé come una minuscola simbolica New York…l’intera città pullula di locali per gay, per lesbi-che, per transessuali… Le sfrenate passioniadolescenziali di molte ragazze di Tel Aviv peri Che Guevara di Hamas sono leggendarie…Passioni in genere corrisposte da giovani pale-stinesi con spirito predatorio a senso unico:non si ha notizia di sciagurati sbandamentidelle ragazze palestinesi per i giovani soldatiisraeliani e matrimoni nei due sensi seguono lastessa legge: marito palestinese e moglie israe-liana, sì. Marito israeliano e moglie palestine-se, no. (…)Un uomo che ha combattuto tuttele guerre mi dice: “La pace non è la finedell’incubo… I nemici che un tempo erano in-capaci di combattere contro di noi che poteva-mo sconfiggere in un attimo OGGI SONOBRAVI COME ED ANCHE PIU DEI NO-STRI SOLDATI; sanno per che cosa combat-tere, sono bene armati ed addestrati. Da noi ilpatriottismo cede il passo al senso di colpa. Gli

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arabi ci odiano, ma parlano perfettamentel’ebraico. Noi non parliamo una parola di ara-bo e vorremmo essere amati da loro» (24).

IL SIONISMO: NASCITA E SVILUPPODEL MOVIMENTO SIONISTA

a) Il primo Congresso di Basilea (agosto1897).

Le origini del Sionismo attuale vanno ricer-cate nell’opera del giornalista viennese Theo-dore Herzl che, insieme al parigino Max Nor-dan, organizzò tre congressi a Basilea. Nel pri-mo fu definito il programma del Sionismo, cioè“creare al popolo ebreo un domicilio garantitodal diritto pubblico in Palestina”. Molto forti evivaci furono le reazioni, quasi “una sollevazio-ne massiccia del rabbinato contro tale proget-to” (25), al punto che si parlò di DIVORZIOTRA SINAGOGA E SIONISMO. “La prima,soddisfatta dell’emancipazione, non voleva es-sere nient’altro che una religione. Il secondo,risvegliato dall’esplosione misteriosa dell’anti-semitismo, proclama: noi siamo un popolo evogliamo ricostruire la nostra nazionalità… Laprima non ha più la fede integrale di Mosé edei profeti. IL SIONISMO NON CONSIDE-RA GLI EBREI CHE COME UN POPOLO,INVECE DI RICONOSCERE CHE È ILPOPOLO, IL POPOLO DI DIO” (26).

Infatti è “unicamente in un FINE POLI-TICO E SENZA RIFARSI AL PASSATORELIGIOSO D’ISRAELE che il Sionismovorrebbe rientrare in possesso di Gerusalem-me e resuscitarvi la nazionalità ebraica” (27).

D’altra parte il Rabbinato occidentale, puravendo per lo più abbandonato la speranza diun Messia personale, rifiuta di associarsi alSionismo e di incamminarsi verso Gerusalem-me. Questo è il cuore del problema sionista eil principio della sua soluzione alla luce dellafede cristiana, come vedremo in seguito.

Il Gran rabbino di Francia, Zadoc-Fahnspiega mirabilmente che “Il Sionismo… risa-le alla distruzione del Tempio di Gerusalem-me da parte di Tito …Ma vi è un’enorme dif-ferenza tra il Sionismo attuale e quello di di-ciotto secoli fa. PER I FEDELI DEI TEMPIANTICHI ERA IL MESSIA INVIATODA DIO… CHE DOVEVA MIRACOLO-SAMENTE RICOSTRUIRE SION… NES-SUNO AVREBBE MAI NEPPUR LON-TANAMENTE PENSATO A COGLIERETALE FINE MEDIANTE VIE NATURA-LI. Un tale spirito non poteva resistereall’influsso della Rivoluzione francese…

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L’idea messianica si trasformò… Il Messiadivenne il simbolo del progresso, della fra-ternità umana, infine realizzata dal trionfodelle grandi verità morali e religiose che ilGiudaismo ha sparso dappertutto” (28).

Se il Rabbinato occidentale, oramai benintegrato in Europa, rifiutava anche lo PSEU-DO SIONISMO LAICO di Herzl, vi era an-cora una frangia ebrea che attendeva un Mes-sia figlio di David, ma “non avrebbe mai ac-cettato di ritornare a Gerusalemme fino a cheil Messia non fosse comparso” (29). RISTABI-LIRE UNO STATO D’ISRAELE CONMEZZI UMANI - come è avvenuto - NONERA ACCETTABILE PER GLI EBREITALMUDISTI. Gli Archives Israëlites scrive-vano a questo riguardo: “Se per Sionismo siintende coloro che perseguono attualmenteprima del tempo promesso… la ricostruzionedella nazionalità ebrea… possiamo affermareche i sionisti di questa specie… sono rari nan-tes in gurgite vasto” (30). Ed ancora: “Rico-struire il Regno di Giuda? …Noi ebrei orto-dossi, fedeli all’idea messianica, crediamo allavenuta del Messia… fondatore di un imperouniversale. Ma quale rapporto vi è tra questoideale religioso e il progetto del dottor Herzle dei suoi amici?” (31).

b) Il secondo Congresso di Basilea (agosto1898).

Durante il secondo Congresso apparveancora più chiaro il nodo del problema e lacontraddizione immanente al Sionismo mo-derno, per il quale il Giudaismo deve essereuna nazione e non una religione, mentre peril rabbinato esso era una religione piuttostoche una nazione. Perciò il Rabbinato occi-dentale emancipato, benché liberal non vole-va avere rapporti con il Sionismo, poichéquest’ultimo era soltanto un nazionalismo ra-zionalista laicista e naturalista che non avevaalcuna radice nel suo passato religioso: “Noinon ci immaginiamo facilmente uno statoebreo laico, di cui la Thorà non sia la cartanecessaria… non si riesce a capire l’esistenzadi una società israelitica che non abbia la fe-de per suo fondamento. Tale nazionalismopuramente razionalista sarebbe la negazionedella storia e delle profezie bibliche!” (32).

In sintesi il secondo Congresso segna l’ab-bandono di Gerusalemme da parte dei rabbi-ni e l’abbandono della religione, e quindi delpassato di Israele, da parte del Sionismo.

c) Il terzo Congresso di Basilea (agosto

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1899). L’ostilità del rabbinato esplode per la

terza volta e la maggior parte degli ebreid’Occidente si mostra fermamente contrariaai progetti dei sionisti. Tuttavia gli ebreiorientali, non ancora emancipati civilmentee quindi non assimilati, restano fedeli, per lamaggior parte, all’idea del Messia personalee del ritorno miracoloso a Gerusalemme (33).

IL PERIODO DI RASSEGNAZIONESPERANZOSA E SEMPRE SUSSISTEN-TE NEL GIUDAISMO ORIENTALE

Migliaia e migliaia di ebrei dell’Austria,della Romania, Polonia, Russia, dell’Asia edell’Africa restano fedeli al Talmudismo, re-stano cioè estranei all’influsso del filosofi-smo, delle idee moderne e non hanno cono-sciuto la rivoluzione emancipatrice; perciòmantengono una fede cieca in un Messia bel-licoso e conquistatore che li riporterà a Ge-rusalemme. Essi sono più numerosi degliebrei occidentali. “Su sette, otto milioni diebrei che esistono oggi [1901] come all’epocadi Gesù Cristo, la maggior parte risiede fuoridell’Europa occidentale” (34). È significativol’appello indirizzato agli studenti ebreidell’università di Praga dal Consiglio elettodel Corpo degli studenti della nazione ebrea:“Compagni Israeliti, …gli ebrei non sono nétedeschi, né slavi, essi sono UN POPOLO APARTE. Gli ebrei sono stati e restano unpopolo autonomo per unità di razza, di sto-ria, di sentimenti! Basta con le umiliazioni!ebreo, non sei uno schiavo!” (35).

IL SIONISMO E IL B’NAÏ B’RITH

Se lo scopo del presente articolo è quellodi affrontare il discorso sul Sionismo alla lucedelle profezie dell’Antico e del Nuovo Testa-mento ad esso inerenti, occorre tuttavia fareun costante riferimento al processo storicodella realizzazione del Sionismo in Palestinadalla fine del XIX secolo ai giorni nostri, ri-mandando il lettore per gli argomenti piùspecifici alla bibliografia indicata alla fine.

Emanuel Ratier ha presentato recente-mente uno studio molto interessante e riccodi documenti inediti sul B’naï B’rith (36), nelquale vi è un intero capitolo dedicato al Sio-nismo, la cui documentazione servirà oraper analizzare quale influsso la potente log-gia dei “Figli dell’Alleanza” abbia avuto nel-la nascita dello Stato di Israele.

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Fin dalla sua origine il B’naï B’rith è diispirazione sionista, fin da quando due rap-presentanti del B’naï B’rith romeno parteci-parono nel 1898 al secondo congresso sioni-sta di Basilea. Tuttavia le logge americane, adifferenza di quelle europee, tutte filosioni-ste, erano su posizioni molto più moderate;ma l’evoluzione verso un atteggiamento fa-vorevole al Sionismo fu rapida e già nel 1917il giornale ufficiale del B’naï B’rith america-no affermava che la dichiarazione di Balfourera «un avvenimento importante quantol’editto di Ciro» (37). Anche le logge londine-si esercitarono una capitale influenza sullosviluppo del Sionismo, come testimonia an-che Paul Goodman nella storia della primaloggia del B’naï B’rith d’Inghilterra: «In Pa-lestina… il B’naï B’rith ha avuto un RUO-LO UNICO, prima che il Sionismo ne faces-se la base della Casa nazionale ebraica, fualla Loggia Yerushalaim e in altre logge che,per la prima volta, s’incontrarono safarditi easkenaziti…» (38). Anche il distretto di Ger-mania, inizialmente ostile al Sionismo si av-vicinò successivamente alle posizioni londi-nesi filosioniste. Nel 1897 in una dichiarazio-ne del 27 giugno, il Comitato generale delB’naï B’rith tedesco, si dichiarò totalmentecontrario al Sionismo, ma successivamentein una seconda risoluzione del Comitato ge-nerale del 22 maggio 1921 si schierò su posi-zioni assolutamente favorevoli alla creazio-ne di uno Stato ebraico in Palestina. Il B’naï B’rith in Palestina

«La storia del B’naï B’rith si confondecon quella di Eretz Israel» (39). Da centinaiadi anni il Giudaismo d’oriente viveva in unostato quasi letargico sotto il regime ottoma-no: «ciò che fu più utile [al suo rinnovamen-to] fu la penetrazione del B’naï B’rith nellecomunità, tramite le logge, in particolare laloggia Yerushalaim» (40).

Nel 1865, ventitré anni prima della nascitadel Movimento sionista di Herzl, il B’naïB’rith organizzò una grande campagna di aiu-ti alle vittime ebree del colera in Palestina eda allora non ha mai cessato di finanziare ini-ziative private in Israele. Non appena le circo-stanze politiche lo permisero, l’ordine si im-piantò in Medio Oriente; in Egitto nel 1887furono create due logge e l’anno seguente fufondata la prima loggia di Palestina, il cui pri-mo segretario fu Elieser Ben-Yehouda, il pa-dre dell’ebraico moderno, allora consideratouna lingua morta, nel quale tradusse la costi-tuzione e il rituale segreto del B’naï B’rith. «I

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linguisti riconoscono oggi che fu grazie alleLogge del B’naï B’rith se l’ebraico è attual-mente la lingua ufficiale di Israele» (41).

Nell’aprile del 1925 l’Ordine inaugurò laprima Università ebraica.La grande Loggia di Palestina

Il B’naï B’rith aveva sempre temuto che lacreazione di un distretto di Palestina insospet-tisse il regime turco, per cui la sede del distret-to d’Oriente era stata posta a Costantinopoli.Il mandato inglese e la dichiarazione Balfourautorizzarono la creazione del XIV distretto ilcui primo gran Presidente fu David Yellin.Nel 1948 il B’naï B’rith contava in Israele qua-rantotto logge, nel 1968 centotrentotto, men-tre oggi il loro numero supera le duecento.

Durante il regime turco, tra il 1873 e il1917, erano già state fondate sei logge mas-soniche in Palestina... di cui la prima, deno-minata Loggia del re Salomone, a Gerusa-lemme nel maggio 1873; durante il mandatobritannico (1921-1947) la Massoneria conob-be un rapidissimo sviluppo. La loggia inglese del B’naï B’rith e la Palestina

Il primo presidente del B’naï B’rith Her-bert Bentwich era stato uno dei primi a con-dividere le tesi di Theodor Herzl sul Sioni-smo e nel 1897 aveva organizzato un pelle-grinaggio di ebrei in Palestina tramite l’Or-dine degli anziani Maccabei, a nome delquale aveva vi acquistato un terreno, a Ge-zer, dando inoltre alla First Lodge un orien-tamento spiccatamente sionista.

All’inizio della prima guerra mondiale fucreato un Comitato ebraico d’urgenza, compo-sto esclusivamente da membri del B’naï B’rith,con lo scopo di fare pressione sui futuri nego-ziatori di pace, per ottenere nel dopoguerrauna home nazionale ebraica in Palestina (42).Henry Monsky

In America l’Ordine fu il principale luogod’incontro e fusione tra gli ebrei di origine te-desca (borghesi e riformisti) e gli ebrei prove-nienti dall’Europa dell’Est (più poveri, orto-dossi e filosocialisti), che si opponevanoall’idea di fusione degli ebrei con il popoloamericano. L’ascesa al potere di Hitler nel1933 rilanciò l’interesse per la home naziona-le ebraica in Palestina. «Il vecchio antisioni-sta è così divenuto - scrisse Alfred Cohen,presidente del B’naï B’rith americano - unnon-sionista. Egli guarda senza ostilità l’ope-razione Palestina… Sarà tuttavia sempre con-tro il Sionismo politico, che apparirà, per ilmomento, come una causa per la quale non cipuò infiammare. Le discussioni accese tra sio-

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nisti e antisionisti si sono raffreddate» (43).Henry Monsky, eletto presidente del B’naï

B’rith nel 1938, approfittò della seconda guer-ra mondiale per rilanciare l’Eretz Israel e dal1941 rimase in stretto contatto con i principalidirigenti sionisti. Il B’naï B’rith nel 1942 ap-provò il programma di Baltimora.

Il 29 agosto 1943 si tenne una storica riu-nione dell’Ebraismo americano, voluta daMonsky, alla quale erano presenti sessanta-quattro organizzazioni nazionali ebraiche,con cinquecentoquattro delegati - di cui al-meno duecento fratelli del B’naï B’rith - inrappresentanza di un milione e mezzo diebrei. La riunione fu tuttavia boicottata dadue tra le principali organizzazioni ebraicheantisioniste, il Comitato ebraico americanoe il Comitato del lavoro ebraico.

Monsky fu correlatore della risoluzione asostegno del programma di Baltimora, appro-vata quasi all’unanimità (408 voti contro 3), edivenne il presidente della nuova strutturaebraica unitaria, la Conferenza ebraica ame-ricana, che ebbe termine nel 1949, ma che furimessa in piedi nel 1955 da un organismo piùmodesto, la Conferenza dei presidenti dellegrandi organizzazioni ebraiche, in seguito alriconoscimento dello Stato di Israele. SamuelHapperin ha scritto: «Pur non avendo mai uf-ficialmente avocato a sé l’ideologia sionista…le azioni effettive del B’naï B’rith hannocompensato tutte le esitazioni. Per valutarel’aumento di potere del Sionismo america-no… bisogna tener conto in maniera premi-

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nente della guida, del numero dei membri edell’assistenza finanziaria del B’naï B’rith»(44). Il B’naï B’rith non aveva infatti preso uf-ficialmente posizione in favore del Sionismofino al 1947, volendo evitare ogni divisione inseno all’Ebraismo americano al cui internopermaneva una minoranza antisionista.

IL B’NAI B’RITH FA RICONOSCEREISRAELE

È stato il “B’naï B’rith” che ha provoca-to il riconoscimento (de facto) dello Statod'Israele da parte del presidente americanoHarry Truman, che era ostile ad un ricono-scimento rapido d'Israele, e che a causa delsuo “ritardismo” veniva accusato dai diri-genti sionisti di essere un traditore. Nessunodei leaders sionisti era ricevuto, in quei fran-genti, alla Casa Bianca. Tutti, tranne FrankGoldman, presidente del “B’naï B’rith”, chenon riuscì però a convincere il Presidente.Allora Goldman telefonò all'avvocato Gra-noff, consigliere di Jacobson, amico perso-nale del presidente Truman. Jacobson, un“B’naï B’rith”, pur non essendo sionista,scrisse tuttavia un telegramma al suo amicoTruman, chiedendogli di ricevere Weizmann(presidente del Congresso Sionista mondia-le). Il telegramma restò senza risposta, allo-ra Jacobson chiese un appuntamento perso-nale alla Casa Bianca. Truman lo avvisò chesarebbe stato felice di rivederlo, a condizio-ne che non gli avesse parlato della Palestina.Jacobson promise e partì. Arrivato alla CasaBianca, come scrive Truman stesso nelle sue“Memorie”: «Delle grandi lagrime gli cola-vano dagli occhi... allora gli dissi: “Eddie, seiun disgraziato, mi avevi promesso di nonparlare di ciò che sta succedendo in MedioOriente”. Jacobson mi rispose: “Signor Pre-sidente, non ho detto neanche una parola,ma ogni volta che penso agli ebrei senza pa-tria (...) mi metto a piangere” (…) Allora glidissi: “Eddie, basta”. E discutemmo d'altro,ma ogni tanto una grossa lacrima colava daisuoi occhi (...) Poi se ne andò» (13).

Ebbene poco tempo dopo, Truman rice-vette Weizmann in segreto e cambiò radical-mente opinione, decidendo di riconosceresubito lo Stato d'Israele. Così il 15 maggio1948 Truman chiese al rappresentante degliStati Uniti di riconoscere de facto il nuovoStato. E quando il Presidente firmò i docu-menti di riconoscimento ufficiale d'Israele, il13 gennaio 1949, i soli osservatori non ap-

Truman e Stalin alla culla del neonato Stato d’Israele

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partenenti al governo degli Stati Uniti eranotre dirigenti del “B’naï B’rith”: Eddie Jacob-son, Maurice Bisyger e Frank Goldman.

È poi da ascrivere al B’naï B’rith il muta-mento della politica americana riguardo allaquestione palestinese: infatti se negli anni cin-quanta essa era stata globalmente favorevoleagli Arabi, essa cambiò rapidamente in seguitoalle continue pressioni dell’Ordine sul governoamericano per ottenere enormi aiuti economi-ci e bellici in favore dello Stato di Israele.

Con la “guerra dei sei giorni” si assisteinfine alla sionizzazione definitiva de facto ede jure del B’naï B’rith e dell’A.D.L.; «Que-sta vittoria miracolosa ha permesso un’iden-tificazione tra ebrei e Stato di Israele, deltutto diversa da quanto era avvenuto agli al-bori di tale Stato. E in questo frangente chel’A.D.L. e il B’naï B’rith pongono come pie-tra di paragone l’asserto che l’antisionismoequivale all’antisemitismo» (45).

IL LAICISMO SIONISTA

L’idea sionista di Teodoro Herzl è asso-lutamente laica e «ispirantesi al principiodella separazione tra il potere religioso equello politico» (46), come testimoniano lesue parole: «Non permetteremo affatto…che le velleità teoriche di alcuni nostri rabbi-ni prendano piede: sapremo ben tenerlechiuse nei loro templi… Nello Stato nonhanno da metter bocca» (47).

«Dal canto loro i gruppi religiosi attaccava-no il movimento [sionista] basandosi sulla tra-dizione che collegava il ritorno degli ebrei inIsraele con l’avvento dell’era messianica» (48).

Ma l’idea sionista era molto forte, alpunto da rasentare in tanti fondatori diIsraele l’indifferenza verso il genocidio, co-me denuncia lo storico israeliano Tom Se-gev nel suo libro Le septiem million (49), ecome scrive Barbara Spinelli su La Stampa:«I sionisti che vivevano in Palestina, ma an-che gli ebrei americani si occupavano a queltempo solo dello Stato indipendente, e sal-vare gli ebrei d’Europa era per loro secon-dario» (50). Anche Fiamma Nirestein qual-che giorno prima aveva ricordato, sullo stes-so quotidiano, che Ben Gurion aveva fattoaffondare una nave carica di giovani militan-ti dell’Irgum, perché erano di ostacolo al ri-conoscimento dello Stato di Israele.

Vana era stata anche la speranza, di Teo-doro Herzl, di ottenere un riconoscimentoda parte della Santa Sede, nonostante l’in-

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contro con San Pio X il 25 gennaio 1904,preceduto da quello con il cardinale MerryDel Val il 22. «La Santa Sede non intendevafavorire né il movimento sionista né l’inse-diamento ebraico a Gerusalemme… Secon-do il Pontefice la situazione avrebbe potutocambiare solamente con una conversione inmassa degli ebrei» (51).

LA CONQUISTA DELLA TERRA SANTA

“Questo piano - scrive il Lémann - sem-bra essere stato adottato dai promotori…del Sionismo. È così che l’infiltrazionelenta e dissimulata preparerebbe, a colpo si-curo, gli elementi costitutivi dello Statoebraico in Palestina, fino al giorno in cui unavvenimento propizio ed improvviso [la se-conda guerra mondiale, n.d.r.], permetteràal Sionismo, sia mediante un tentativo ardi-to, sia mediante un’abile diplomazia, di met-tere definitivamente la mano sul suolo tantodesiderato di tutta la Giudea” (52).

Con la dissoluzione dell’Impero ottomano(durante la prima guerra mondiale) il mondocattolico cominciò a sperare che la Palestinasarebbe tornata in mani cristiane: «Le campa-ne di tutta Roma suonarono a festa per saluta-re l’ingresso delle truppe britanniche, il 9 di-cembre 1917, in Gerusalemme e la liberazionedella città dal dominio musulmano» (53). E Pa-squale Baldi, uno dei più noti studiosi dellaquestione dei luoghi santi, così scriveva: «Oggiper un prodigioso combinarsi di eventi, chenoi riteniamo provvidenziale, Italia, Francia,Inghilterra, tre nazioni che ebbero tanta partenelle guerre sante, tengono Gerusalemme sot-to il proprio dominio. Oggi a ragione dunque icattolici di tutto il mondo possono attendersiche suoni finalmente l’ora della giustizia;…che per i Santuari della Palestina si rinnovi-no gli splendori dell’era costantiniana, glisplendori del primo secolo delle crociate!» (54).

Ciò che della questione dei Luoghi Santimaggiormente colpì l’attenzione dell’opinio-ne pubblica europea fu la loro liberazionedal dominio musulmano e poi le controversiedelle diverse confessioni cristiane circa il lo-ro possesso. La Santa Sede agì diplomatica-mente in vista di questi due obiettivi princi-pali, situare la Palestina nella sfera di con-trollo delle potenze cattoliche, e porre un ri-paro alle usurpazioni compiute dai greci or-todossi nel 1757 (55). Quando gli Stati dell’In-tesa, ormai in procinto di vincere il conflitto,manifestarono un orientamento favorevole

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alla INTERNAZIONALIZZAZIONE dellaTerra Santa, il mondo cattolico pensò che ilprimo obiettivo fosse quasi raggiunto.

L’idea di affidare la Terra Santa ad un go-verno internazionale non era nuova, ma fu sol-tanto nel corso della prima guerra mondialeche queste proposte assunsero un carattere diattualità. Con la caduta del regime zarista ces-sò anche ogni possibilità di intervento russo-ortodosso in Medio Oriente. «Ciò significavache l’internazionalizzazione della Palestina sa-rebbe stata gestita da potenze assai più attentealla parola del Pontefice che a quelle del pa-triarca di Costantinopoli o di Mosca» (56).

Il Vaticano tuttavia non riteneva che lasoluzione di affidare il governo della TerraSanta ad un governo internazionale fossa lamigliore; lo stesso card. Gasparri puntua-lizzò che alla S. Sede sembrava più correttoparlare di «carattere di nazionalità… inten-dendo sottolineare che i luoghi santi, anzi-ché essere sottoposti al governo di più na-zioni, avrebbero dovuto essere sottratti alcontrollo di qualsiasi organismo politico edaffidati ad istituzioni religiose come la Cu-stodia di Terra Santa. In questo contesto po-trebbero trovare spiegazione le voci - nonperò confermate - relative all’eventualità diun governo pontificio in Palestina. Tuttaviala consapevolezza dell’impossibilità di tra-durre in pratica questo progetto ne avevaimpedito qualsiasi elaborazione concreta edaveva indotto la S. Sede a ripiegare sull’ipo-tesi di un regime internazionale» (57).

«Dopo la prima guerra mondiale gli sfor-zi della Santa Sede si erano indirizzati nelsenso di realizzare un progetto di riafferma-zione del Cattolicesimo ispirato dal “propo-sito di procedere ad una cristianizzazionenon soltanto degli individui, ma della societàe degli Stati da compiere con tutti i mezzi”(58). La codificazione canonica del 1917, do-minata dall’immagine della Chiesa come so-cietas juridice perfecta, e la politica concor-dataria degli anni venti e trenta, volta a re-stituire alla Chiesa quelle funzioni pubblicheche le erano state sottratte in epoca liberale,costituirono le manifestazioni salienti diquesto intendimento, cui era sottesa una ec-clesiologia che mirava ad instaurare visibil-mente il regno di Cristo in ogni sfera dellavita umana, compresa quella politica» (59).

Tuttavia le speranze della S. Sede ebberovita breve, perché tra il 1917 e il 1918 il qua-dro politico subì radicali cambiamenti cheportarono all’accantonamento del progetto

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d’internazionalizzazione.Vi fu quindi la famosa dichiarazione

Balfour, che impegnava la Gran Bretagna afavorire la creazione di una Casa nazionaleebraica in Palestina. «Essa introduceva unelemento nuovo e preoccupante per la S. Se-de, dove prese corpo il timore che la Palesti-na, da poco tolta ai musulmani, fosse sulpunto di cadere in mano agli ebrei» (60). Ilcardinal Gasparri stesso, nel dicembre 1917,aveva detto al rappresentante diplomaticodel Belgio che «… il pericolo che più ci spa-venta è la costituzione di uno Stato ebraicoin Palestina», aggiungendo anche: «Non ve-dremmo alcun male se gli ebrei entrasseronel paese per fondarvi colonie agricole; maconcedere loro il governo dei Luoghi Santi èinammissibile per i cristiani» (61). Lo stessopontefice Benedetto XV intervenne pubbli-camente ed affermò che deprecava l’even-tualità di un «disegno volto a scacciare laCristianità dalle posizioni che ha finora oc-cupate, per sostituirvi gli ebrei» (62).

Il Papa temeva soprattutto che «gli israelitivenissero a trovarsi in Palestina in una posizio-ne di preponderanza e di privilegio» (63).

Il Consiglio supremo Alleato riunito aSanremo nell’aprile del 1920 pose definitiva-mente fine alla speranza di una internazio-nalizzazione della Palestina assegnandone ilcontrollo alla Gran Bretagna, proprio a quelpaese, cioè, di cui la S. Sede diffidava mag-giormente, non solo per il sostegno promes-so alla causa sionista, ma anche per l’in-fluenza che la chiesa anglicana avrebbe po-tuto esercitare in Terra Santa (64).

LA SANTA SEDE E LA “TEOLOGIADEL SIONISMO”

La Santa Sede vedeva nella dichiarazioneBalfour per la creazione di una sede nazionaleebraica in Palestina la conferma del timore giàespresso da Benedetto XV, che si intendessecioè concedere agli ebrei «una posizione dipreponderanza e di privilegio» in Palestina. Ilcardinal Gasparri da parte sua, aggiungeva inuna lettera ai timori prettamente religiosiespressi dal Pontefice, una nuova motivazione,la difesa delle “popolazioni indigene” e delle“nazionalità” minacciate dalle aspirazioni sio-niste (65). «Era la medesima obiezione avanza-ta in quegli stessi mesi al governo britannicodalla delegazione araba palestinese» (66).

L’Osservatore Romano si occupò ampia-mente dei problemi della Terra Santa e del

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Sionismo, non sottovalutando affatto l’enor-me importanza e la portata escatologica del-la questione sionista. «In Europa - scrivevail suo corrispondente da Gerusalemme - si ètroppo facili, con una superficialità che irri-ta, a guardare al nuovo fenomeno semiticopalestinese con aria scettica di compatimen-to. Ma la realtà è una sola: gli ebrei lavoranocon eroica serietà di propositi… L’eventua-lità di un argine da parte degli arabi non hanessuna consistenza. La loro opposizione diprammatica non arresterà nemmeno di unpasso l’avanzata del Sionismo» (67).

Da questa osservazione nascevano due li-nee interpretative, l’una privilegiava una let-tura in chiave religiosa del Sionismo, giudica-to un punto di passaggio verso “la conversio-ne degli ebrei al Cristianesimo” (68); l’altra,invece, insisteva piuttosto sui pericoli che de-rivavano alla presenza cristiana in terra San-ta, dal rafforzamento del Sionismo.

La Civiltà Cattolica si segnalò per aver da-to una visione teologica del problema sioni-sta, definendo chimerico il disegno perseguitodal Sionismo: «L’attuazione INTEGRALEdel Sionismo appare materialmente e moral-mente impossibile» (69), oltreché ingiusta, per-ché «…i sionisti invadono arrogantemente ilpaese, che è la casa degli arabi, per impiantar-vi la loro home, espellendone gli antichi e pa-cifici abitatori» (70). Il Sionismo inoltre, per igesuiti della Civiltà Cattolica, si mostra inca-pace di dare una risposta convincente al pro-blema ebraico: «Il Sionismo non è attuabile, oalmeno né presto, né facilmente, ed in ognimodo non appare una soluzione né sicura népiena alla questione giudaica» (71). Soprattut-to costituiva «una mossa anticristiana e anti-cattolica» (72). Il rimedio proposto per riporta-re la pace in Palestina non sarà che «la par-tenza degli ebrei, o almeno la cessazione deiloro progressi e della loro immigrazione, inuna parola, il totale abbandono dell’idea diuno Stato ebraico in Palestina» (73).

Nel 1943 Mons. Tardini, Segretario pergli affari straordinari della Santa Sede, con-fermò tale visione teologica sul Sionismo,asserendo che «…La S. Sede non ha mai ap-provato il progetto di fare della Palestinauna home ebraica» (74).

La condanna dell’antisemitismo razzista ebiologico espressa da Pio XI nel 1928 «nonimplicava in alcun modo l’adozione di orien-tamenti più favorevoli al Sionismo. Essa in-fatti nasceva dalla preoccupata reazione dellaS. Sede per il dilagare in Europa di movimen-

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ti e dottrine ispirati a principi di esasperatorazzismo e nazionalismo, ma non presupponealcuna revisione della tradizionale concezio-ne cattolica che negava al popolo ebraico, do-po la venuta di Cristo, qualsiasi ruolo nellastoria della salvezza, che non fosse quello ditestimoniare, con le sue sofferenze, la veritàdella Rivelazione cristiana. “Dopo la mortedi Cristo, Israele fu licenziato dal servizio del-la Rivelazione”, disse nel 1933 l’arcivescovodi Monaco, card. Faulhaber» (75).

Nel 1938 La Civiltà Cattolica ribadì in mo-do più esteso la sua posizione: «Tutto il valo-re del Giudaismo era nella sua sola ragione diessere la preparazione dell’Avvento del Mes-sia… Venuto il Messia, in persona di GesùCristo, cessò necessariamente e automatica-mente il valore del Giudaismo tutt’insieme, equale popolo “eletto” e quale religione» (76).

«Senza una profonda revisione della teo-logia dell’Ebraismo… era impossibile che glisforzi per restituire al popolo ebraico unapatria… in Terra Santa non fossero conside-rati come “un’arrogante pretesa contraria alvolere di Dio” (77)» (78).

Come aveva scritto L’Osservatore Roma-no «…il Sacrificio di Cristo, voluto da unpopolo che se ne proclamò responsabile persé e per i suoi figli, nei secoli, davanti al giu-dice umano come a quello divino, costituivadi fronte alla storia e alla civiltà mondialeuna tale prescrizione di qualsiasi diritto sullaterra promessa da non avere certo bisognodi invocare venti secoli ormai trascorsi a suofavore per essere ratificato da qualsiasi tri-bunale politico» (79). Su tale base di naturateologica si innestavano poi precise ragionidi ordine politico, che confermavano l’av-versione al movimento sionista della SantaSede, il cui obiettivo prioritario era quello dimantenere in mani cristiane il controllodell’intera Palestina e per la quale il manda-to britannico appariva il male minore a fron-te della costituzione di due stati non cristianiin Terra Santa: «comunque, se la fine delmandato avesse reso inevitabile la scelta trauno Stato arabo ed uno stato ebraico, nume-rosi indizi mostrano che le preferenze dellaS. Sede sarebbero andate al primo» (80).

IL VATICANO E LA QUESTIONEPALESTINESE

La Santa Sede continuò a ribadire la suaferma opposizione alla costituzione di unahome ebraica in Terra Santa. In una lettera

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al delegato apostolico a Washington il Segre-tario di Stato vaticano il 25 maggio 1943 so-steneva esplicitamente che «i cattolici delmondo intero… non potrebbero non vedersiferiti nel loro sentimento religioso qualora laPalestina fosse data e affidata, in preponde-ranza, agli ebrei» (81). Anche Mons. Tardiniscriveva: «La Santa Sede si è sempre oppostaalla dominazione ebraica sulla Palestina. Be-nedetto XV si è adoperato con successo perevitare che la Palestina divenisse uno Statoebraico. In effetti dal punto di vista religioso(il più importante) la Palestina è una terrasacra, non solo per gli ebrei, ma molto di piùper tutti i cristiani e specialmente per i catto-lici. Darla agli ebrei significherebbe offende-re tutti i cristiani e violare i loro diritti» (82).L’avversione alla costituzione di una homeebraica in Palestina non significava però chela Santa Sede fosse favorevole ad una domi-nazione araba sulla Terra Santa, «anche sequesta eventualità era considerata un maleminore rispetto all’ipotesi di uno Stato ebrai-co» (83). Tutta la politica vaticana riguardoalla Palestina era ispirata dal timore che siauna dominazione araba sia una dominazioneebraica risultassero pregiudizievoli per gli in-teressi cattolici in Terra Santa (84).

Ma la risoluzione approvata dall’Assem-blea delle Nazioni Unite il 29 novembre 1947introdusse un fatto nuovo nello scenario me-diorientale: la creazione di uno Stato ebraicoindipendente, prevista per l’ottobre del 1948.La prospettiva della costituzione di uno Statoebraico in Palestina ebbe un’eco profonda intutto il mondo cristiano. La proclamazionedell’indipendenza di Israele fu accolta in Vati-cano con molto riserbo. L’Osservatore Roma-no asserì che «Il Sionismo non è l’Israele dellaBibbia [bensì] quello della dichiarazione diBalfour, …dello Stato moderno, dello Statofilosoficamente e politicamente laico» (85).

I RAPPORTI TRA SIONISMO ENAZIONALSOCIALISMO

Nel 1922 Vladimir Jabotinsky si ritiròdall’esecutivo dell’Organizzazione sionisticae fondò nel 1924 il Partito Revisionista. IlNuovo schieramento combatteva la politicadell’Esecutivo sionista troppo disponibile alcompromesso con gli inglesi e con gli arabi e«in campo sociale… palesava una certa sim-patia per il corporativismo teorizzato in Ita-lia dal fascismo» (86).

A questo proposito il Blondet è più espli-

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cito e ricco di informazioni: «Vladimir Z. Ja-botinsky (1880-1940) propugnò uno Statoarmato e razzista e voleva che Israele si co-stituisse come “Stato autoritario e corporati-vo”. Finì per aderire al fascismo e simpa-tizzò apertamente per il Terzo Reich» (87).

«Jabotinsky sembra aver subito l’influen-za di Ahad Ha’am, grande ammiratore, co-me Herzl, di Nietzske, da cui prese in presti-to l’idea di superuomo, associandola a quel-la di NAZIONE SUPERIORE» (88). Co-nobbe poi un ex ufficiale zarista, mutilato,certo Joseph Trumpeldor e con lui ideò l’or-ganizzazione di una “legione ebrea” all’in-terno di non importa quale esercito alleato.Proprio Trumpeldor ha dato il suo nome al-la principale organizzazione di gioventù sio-nista revisionista, il BÉTAR o B’RITHTRUMPELDOR (Alleanza di Trumpel-dor). Bétar è anche il nome della fortezzadove Bar Kochba condusse la rivolta controle legioni di Roma nel secondo secolo.

Durante il dodicesimo Congresso sioni-sta del settembre 1921 a Karlovy Vary, Ja-botinsky, senza informare i dirigenti sionisti,firmò un accordo con Maxime Slavinsky,rappresentante del leader del governo ucrai-no in esilio, Simon Petlioura (accusato oggidi antisemitismo). Questo accordo con unregime che favoriva i pogrom, fu giustificatoda Jabotinsky con l’affermazione che sel’Armata Rossa gli avesse fatto la stessa pro-posta, l’avrebbe egualmente accettata (89).L’alleanza con l’Ucraina costrinse Jabotin-sky a dimettersi dall’Esecutivo sionista edall’Organizzazione sionista. Nel 1923 pub-blicò una serie di articoli in cui mirava ad in-traprendere una sorta di REVISIONE delSionismo, affermando che si trattava di unritorno alle tesi originarie di Herzl. Sostennecosì posizioni di ACCESO NAZIONALI-SMO, il cui unico fine era di trasferire milio-

Vladimir Jabotinsky

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ni di ebrei in Israele facendo della Palestinauno Stato ebraico di fatto. Gli arabi, «perJabotinsky non avevano nessun diritto sullaPalestina e dovevano essere espulsi. Ancoroggi, per i suoi discepoli… “non esistonoterritori occupati in Israele” (90)» (91). Jabo-tinsky è convinto che lo stato abbia il prima-to sull’individuo, per cui non bisogna assolu-tamente rifarsi all’etica biblica ma attingerele proprie forze alle teorie del NAZIONA-LISMO INTEGRALE; «ciò lo farà passareagli occhi di numerosi dirigenti ebrei comeun ebreo fascista» (92). Jabotinsky è assoluta-mente contrario alla diaspora e PER IMPE-DIRE L’ASSIMILAZIONE degli ebrei,SARÀ ANCHE PRONTO AD ACCO-GLIERE favorevolmente LE IDEE ANTI-SEMITE, che avrebbero spinto gli ebrei aritornare nella loro terra e a riscoprirel’identità che stavano perdendo. «Per Jabo-tinsky ogni assimilazione ai goyim è non so-lo infausta ma impossibile… “La fonte delsentimento nazionale si trova nel SANGUEdell’uomo… nel suo TIPO FISICO-RAZ-ZIALE… È inconcepibile che un ebreo…possa adattarsi alla visione spirituale di untedesco o di un francese”» (93). Inoltre elimi-na l’idea di un Dio trascendente e la sostitui-sce con quella di nazione, minando alla basele fondamenta stesse del Giudaismo ortodos-so. A tutto ciò unisce un odio viscerale per ilsocialcomunismo, mentre vede, di conse-guenza, la forza principale del Sionismo nelsupercapitalismo.

a) Il Bétar (94)Nel 1923 Jabotinsky fondò il braccio ar-

mato del Revisionismo sionista il Bétar B’rithTrumpeldor, i cui membri «portano la cami-cia bruna, e saranno denunciati come fascistidai loro avversari» (95). Dal 1934 al 1937 unascuola navale del Bétar funzionerà in Italia, aCivitavecchia, con 153 cadetti diplomati. PerMarius Schattner «tutta la filosofia del Bétarconsiste in ciò: dalla fossa alla luce, dal ghet-to a Israele. Essa intrattiene il mito di unarazza spiritualmente ebrea …Saltando di-ciannove secoli di diaspora, il Bétar annunciail ritorno del tipo ebreo antico» (96). Il Bétar èun’organizzazione rigida, con un rituale stret-to e severo: ogni betariano deve impegnarsi aconsacrare i due primi anni del suo insedia-mento in Palestina alla militanza a tempopieno nel Bétar, il quale si fonda sostanzial-mente sul mito della forza, sulla potenza delcerimoniale, su una struttura paramilitare.

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Negli anni 1931-32 Jabotinsky visse a Pa-rigi, «dove sembra essere stato iniziato allaLoggia Stella del Nord del Grande Oriente diFrancia» (97). Nel 1935 fondò a Vienna, du-rante un congresso, la Nuova OrganizzazioneSionista (N.O.S.), che inaugurava una politicamolto discussa con tutti i governi (anche anti-semiti) PURCHÉ FOSSERO INTENZIO-NATI A REGOLARE LA QUESTIONEEBRAICA IN SENSO SIONISTA, consen-tendo cioè l’emigrazione ebraica in Palestina.Ciò non impedirà per altro a Jabotinsky dipronunciarsi, negli anni della guerra, a favoredella creazione di un esercito ebreo destinatoa combattere la Germania hitleriana.

b) Menahem BeginFino alla vittoria di Begin nel 1977 a capo

del Likud, formazione politica erede del Bé-tar di Jabotinsky, la maggior parte degli stori-ci del Sionismo avevano relegato il Revisioni-smo nel ghetto spirituale dei fanatici o addi-rittura dei lunatici esaltati. Ma nel 1977 il “fa-scista” Begin sale al potere in Israele e, findal suo primo discorso, si rifà esplicitamentealle idee di Jabotinsky, anche se aveva fattoparte dell’ala più radicale del Revisionismo,quella più vicina al fascismo e associata alB’ritj Ha Biryonim (il gruppo dei bruti),scavalcando a destra lo stesso Jabotinsky!

Dopo la seconda guerra mondiale Begincome leader del partito Hérout (Libertà) faràlavorare al quotidiano del partito il suo amicoAbba Ahimert, ideologo estremista revisioni-sta, che aveva scritto: «Sì, NOI REVISIONI-STI ABBIAMO UNA GRANDE AMMI-RAZIONE PER HITLER. Hitler ha salvatola Germania… E SE ABBANDONA ILSUO ANTISEMITISMO, NOI POTREMOFARE UN PO’ DI STRADA CON LUI» (98).

Quando Begin si recò per la prima volta ne-gli USA nel 1948, alcuni intellettuali ebrei, tracui Einstein, Hannah Arendt e Sydney Hook,scrissero una lettera aperta al New York Times(4 dicembre 1948) in cui affermavano che ilpartito di Begin era «un partito politico assaivicino, quanto alla sua organizzazione, ai suoimetodi, alla sua filosofia politica e alla sua dot-trina sociale, ai partiti nazista e fascista». Beginnon rinnegherà in nulla le sua vecchie ideeestremiste: dopo di lui diverrà primo ministrodi Israele il suo amico (e terrorista) YitzhakShamir, per il quale «Eretz Israel appartienesolo e soltanto al popolo di Israele» (99).

c) Revisionismo e nazismo

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Nella primavera del 1936 una coppia diebrei, i Tuchler, inviati dalla Federazione Sio-nista di Germania, ed una coppia di nazisti, ivon Mildenstein, inviati dal N.S.D.A.P. e dalleSS., si ritrovarono alla stazione di Berlino do-ve presero il treno per Trieste e s’imbarcaronosulla Martha Washington per la Palestina. Loscopo del viaggio era quello di fare un’indagi-ne il più possibile completa e documentata sul-le POSSIBILITÀ DI INSEDIAMENTO DIEBREI TEDESCHI IN PALESTINA. «Mal-grado le dichiarazioni di principio e diversemisure specifiche (boicottaggio degli ebrei te-deschi a partire dal 1 aprile 1933), tutti gli sto-rici sono d’accordo nell’ammettere che Hitlernon aveva una politica d’insieme precisa sullaquestione ebraica fino alla notte dei cristallidel 9-10 novembre 1938. Ciò lasciò campo li-bero all’Ufficio degli Affari ebraici delle SS,per esplorare le diverse politiche attuabili. Ilviaggio del barone von Mildenstein fu una diesse. Ora Mildenstein era ufficiale superioredelle SS… s’era interessato da molto tempo al-la questione ebraica… Fervente sionista, entrònelle SS. e fu reputato uno dei più qualificatispecialisti del Giudaismo. Fu lui che vide perprimo l’interesse che si poteva trarre dalle or-ganizzazioni sioniste, specialmente revisioni-ste… Scrisse una serie di dodici lunghi articoli,molto documenteti, sul quotidiano berlineseDer Angrif di Goebbels, dal titolo Un nazistaviaggia in Palestina. Vi esprimeva la sua ammi-razione per il Sionismo… e concludeva che “ilfocolare nazionale” ebreo in Palestina “…indi-ca un mezzo per guarire una ferita vecchia dimolti secoli: la questione ebraica”. Per com-memorare tale visita fu coniata una medaglia,su richiesta di Goebbels. Una faccia era ornatadalla svastica nazista e l’altra dalla stella diDavid… Le SS. erano divenute la componentepiù filosionista del partito nazista» (100). In se-guito a questo viaggio il giornale delle SS. Dasschwarze Korps proclamò ufficialmente il suoappoggio al Sionismo (101). Il 26 novembre lostesso quotidiano rinnovava il suo appoggio alSionismo: «Il riconoscimento della comunitàebrea, come COMUNITÀ RAZZIALEFONDATA SUL SANGUE e non sulla reli-gione conduce il giovane tedesco a garantiresenza riserve l’integrità razziale di questa co-munità» (102). Ancora, nel maggio 1935 Heyn-drich in un articolo distingueva gli ebrei in duecategorie dimostrando una forte predilezioneper quelli che «professano una concezionestrettamente razziale» e Alfred Rosembergscriveva che «il Sionismo deve essere vigorosa-

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mente sostenuto» (103). Con l’avvento al poteredi Hitler il Bétar fu la sola organizzazione acontinuare ad uscire in parata in uniforme nel-le strade di Berlino. Il 13 aprile 1935 la poliziadella Baviera (feudo di Himmler e di Heyndri-ch) ammetteva eccezionalmente che gli ade-renti al Bétar potessero indossare la lorouniforme. Questi cercavano così di spingere gliebrei di Germania a CESSARE DI IDENTI-FICARSI COME TEDESCHI e a farli inna-morare della loro nuova identità nazionaleisraeliana (104). La Gestapo fece tutto il possibi-le per favorire l’emigrazione verso la Palesti-na; ancora nel settembre 1939 autorizzò unadelegazione di sionisti tedeschi a partecipareal 21° Congresso sionista di Ginevra. Jabotin-sky invece si era pronunciato per il boicottag-gio della Germania, mentre Kareski, membrodel movimento revisionista, perseguiva unapolitica di collaborazione con la Germania invista di poter costituire lo Heretz Israel. Nel1942 restava ancora in attività nella Germaniaun Kibbutz a Nevendorf per esercitare dei po-tenziali emigranti verso la Palestina. «Il Mos-sad… dispose di un centro di circa quarantacampi e centri agricoli, ove i futuri coloni sipreparavano per lo sbarco in Palestina» (105).

d) Un patto segreto tra la banda Stern e ilterzo Reich

I dirigenti ebrei della gang Stern - incredi-bile ma vero - fecero ai nazisti una proposta dialleanza nel 1941 per lottare contro gli inglesi:la cosa che più colpisce è che uno di essi eraYitzhak Shamir, futuro primo ministro diIsraele. «Lo scarso equipaggiamento militaredell’Italia, sia in Libia che in Grecia, convinseStern che l’Italia non aveva i mezzi per con-durre a termine la sua politica, mentre la Ger-mania nel 1940, riportava vittoria su vittoria.Tali successi impressionarono Stern, che silanciò in un’avventura folle e senza uscita: for-mare un’alleanza con la Germania hitleriana.Stern lavora fino al febbraio 1941 (quando fuucciso dagli inglesi) a concretizzare questoobiettivo, fondandosi su un’analisi insolita del-la situazione del Giudaismo. Per lui l’Inghil-terra è il vero nemico, mentre la Germania èsolo un OPPRESSORE che appartiene alla li-nea dei PERSECUTORI che il popolo ebreoha incontrato durante la sua storia. Questo èl’errore più grande di Stern: vede nel Nazismoun movimento animato da un antisemitismoragionevole…» (106). All’inizio del 1941 Lu-bentchik, agente segreto della banda Stern,propone un patto militare tra l’Organizzazio-

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ne militare sionista Irgun (una scissione dellastessa banda) e la Germania, proposta notacol nome di testo di Ankara (107), trasmesso aBerlino l’11 gennaio 1941 e ritrovato tempo fanegli archivi dell’ambasciata tedesca in Tur-chia. In esso si legge: «…I principali uomini distato della Germania nazionalsocialista hannospesso insistito sul fatto che un Ordine Nuovoin Europa richiede come condizione previauna soluzione radicale della questione ebraica,mediante l’emigrazione. L’evacuazione dimasse ebree d’Europa è la prima tappa dellasoluzione della questione ebraica. Tuttavia, ilsolo mezzo per cogliere tale fine è l’installa-zione di queste masse nella patria del popoloebraico, la Palestina, mediante lo stabilimentodi uno Stato ebraico nelle sue frontiere stori-che…» (108). Lo Stato maggiore tedesco, tutta-via, decise di appoggiarsi nella lotta alla GranBretagna, agli arabi che erano milioni, piutto-sto che agli ebrei, che non erano che un pugnodi uomini (109). La veridicità di questo docu-mento è stata messa in dubbio, ma Israël El-dadsnab, uno dei capi storici del gruppo Stern,ha confermato la verità dei fatti (110) e il setti-manale Hotam affermò che tale documentoera stato consegnato personalmente da Sha-mir e Stern. Quando il 10 ottobre Shamir di-venne primo ministro dello Stato di Israeledopo il dicastero Begin, l’Associazione Israe-liana dei combattenti antifascisti e delle vitti-me del Nazismo manifestò la sua indignazionein un telegramma al presidente Herzog nel ve-dere il posto di primo ministro occupato da«uno di quelli che tentarono di arrivare adun’alleanza con dei rappresentanti ufficialidella Germania nazista» (111). Se la bandaStern fu l’unico gruppo sionista revisionista anegoziare col Terzo Reich in piena guerra,le organizzazioni sioniste moderate non ave-vano esitato a farlo prima della guerra, ingran segreto. «I circoli nazionalisti ebrei so-no molto soddisfatti della politica della Ger-mania, poiché la popolazione ebrea in Pale-stina sarà da tale linea politica talmente ac-cresciuta che in un futuro prossimo gli ebreipotranno contare su una superiorità numeri-ca di fronte agli arabi» (112).

I RAPPORTI TRA SIONISMO E FASCISMO

a) La scuola navale del Bétar nell’Italia fascistaGià negli anni precedenti la prima guerra

mondiale Jabotinsky aveva sviluppato una teo-ria sui FONDAMENTI RAZZIALI DELLENAZIONI (Razza e nazionalità), i cui postulati

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coincideranno con la Dottrina dello Stato diMussolini (113). «Sprovvisto di animosità neiconfronti degli ebrei, Benito Mussolini conside-rava le organizzazioni sioniste revisioniste comemovimenti fascisti. Fu così che fece allenare, apartire dal novembre 1934, dietro domanda diJabotinsky, uno squadrone completo del Bétara Civitavecchia, presso la scuola marittima, di-retta dalle camicie nere. Durante l’inaugurazio-ne del quartier generale degli squadroni italianidel Bétar, nel marzo 1936, … un triplice cantoordinato dal comandante dello squadrone ri-suonò; “Viva l’Italia, il Re, il Duce!”. Esso fuseguito dalla “benedizione” che il rabbino AldoLattes invocò, in italiano e in ebraico, per Dio,il Re, il Duce… “Giovinezza” (l’inno del parti-to fascista) fu intonata dai betariani con moltoentusiasmo. Mussolini ricevette inoltre la pro-mozione di betariano nel 1936» (114). Mussolinifu anche il primo Capo di Stato a proporre ladivisione della Palestina e la creazione di unoStato ebraico (115). Jabotinsky tuttavia, al con-trario dei suoi luogotenenti, non si proclamòmai fascista o nazista, anche se prese le difese diMussolini in una serie di articoli scritti negliUSA nel 1935 (116), mentre tale era consideratoda molti capi israeliani, al punto che Ben Gu-rion lo chiamava Vladimir Hitler. Nel 1935Mussolini confidò a David Prato, futuro granrabbino di Roma che «…il Sionismo per riusci-re ha bisogno di uno stato ebreo, di una bandie-ra ebrea e di una lingua ebrea. Chi l’ha vera-mente capito è il vostro fascista Jabotinsky»(117). I dirigenti sionisti non revisionisti fin dal1922 avevano preso contatti con Mussolini, chericevette i primi sionisti poco dopo la marcia suRoma, il 20 dicembre 1922, assicurando il granrabbino di Roma che non avrebbe tollerato al-cuna manovra antisemita (118). Ahimeir, princi-pale leader del movimento revisionista palesti-nese negli anni trenta, riaffermò nel marzo

Squadrone del Bétar sfila in uniforme per le strade diCivitavecchia, negli anni ‘30

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1962: «Non erano né Kerensky né Weimar chepotevano combattere il Bolscevismo; ma il Fa-scismo italiano all’inizio della sua strada» (119).b) Mussolini e il Sionismo

Occorre tuttavia precisare con De Feliceche «…le avances dei sionisti-revisionisti ces-sarono immediatamente appena fu chiaro cheMussolini aveva deciso di imboccare anche inmateria di antisemitismo la via dell’adegua-mento assoluto all’alleato nazista» (120).

D’altronde «…Dopo le sanzioni… votatedalla Società delle Nazioni contro l’Italia, Mus-solini tagliò i rapporti che fino ad allora avevaintrattenuto con i dirigenti sionisti e si avvicinòagli arabi, nel tentativo di scalzare le posizionibritanniche e francesi nel Medio Oriente» (121).

Per comprendere meglio l’attitudine diMussolini verso il Sionismo giova leggerel’interessante Storia degli ebrei italiani sottoil fascismo del De Felice, nella quale si vedecome l’atteggiamento di Mussolini sia statoondivago, a seconda se si trattava del Sioni-smo in Palestina o della partecipazione dicittadini italiani al movimento sionista (122).

«Verso il SIONISMO ITALIANO Mus-solini nutriva tutti i pregiudizi e le diffidenzecosì diffusi tra nazionalisti e fascisti… Laconvinzione che i sionisti avessero due “pa-trie” e neppure sullo stesso piano tra loro,per cui la prevalente sarebbe stata quellapalestinese, urtava profondante il suo con-cetto monolitico ed esclusivistico della pa-tria e gli rendeva automaticamente antipati-ci e sospetti i sionisti… Verso il SIONISMOINTERNAZIONALE Mussolini nutriva in-vece, se non simpatia… una certa benevo-lenza… egli vedeva nel Sionismo (specie neisuoi gruppi di destra più accesi e antinglesi)un prezioso mezzo per inserire l’Italia negliavvenimenti mediterraneo-orientali e so-prattutto un mezzo per creare difficoltà inquel settore all’Inghilterra… La carta “Sio-nismo”, così come da un certo momento inpoi quella degli “arabi”… era per Mussolinisoprattutto un elemento del suo gioco medi-terraneo... Che i sionisti, da parte loro, nonrifiutassero il “rapporto” con l’Italia fascistaè ovvio. Prima che Mussolini “cadesse sottol’influsso di Hitler”, l’Italia era uno dei paesieuropei più liberali verso gli ebrei» (123).

ANTISEMITISMO PAGANO E SIONISMO

Hannah Arendt, filosofa ebrea tedesca(1906-1975) ha scritto considerazioni di gran-de interesse sulla natura del Sionismo: «Per

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quanto riguarda l’organizzazione sionista…decise di trattare con Hitler …essa incontròpoca opposizione nella patria nazionaleebraica» (124). E ancora: «Questo acconsenti-re all’accordo nazi-sionista… non è che unodegli esempi tra i molti comprovanti la debo-lezza politica dell’aristocrazia degli ebrei inPalestina» (125). La Arendt critica la defini-zione stessa del Sionismo data da Herzl, peril quale una nazione «è un gruppo di perso-ne… tenute insieme da un comune nemico»e afferma che «la conclusione cui giunseroquesti sionisti fu che SENZA L’ANTISEMI-TISMO IL POPOLO EBRAICO NON SA-REBBE SOPRAVVISSUTO… per cui SIOPPOSERO A QUALUNQUE TENTA-TIVO DI LIQUIDARE L’ANTISEMITI-SMO SU LARGA SCALA. Al contrario,dichiararono che “I NOSTRI NEMICI, GLIANTISEMITI, SAREBBERO STATI INOSTRI AMICI PIU FIDATI E I PAESIANTISEMITI I NOSTRI ALLEATI…L’antisemitismo era una forza irresistibilee gli ebrei AVREBBERO DOVUTO UTI-LIZZARLA o ne sarebbero stati divorati…(L’antisemitismo) era la forza motrice re-sponsabile… di tutte le sofferenze degliebrei, e avrebbe continuato a causare soffe-renza FINCHÉ GLI EBREI NON AVES-SERO IMPARATO AD UTILIZZARLAA LORO VANTAGGIO. IN MANIESPERTE QUESTA FORZA MOTRICESI SAREBBE DIMOSTRATA IL FATTO-RE PIÙ SALUTARE NELLA VITAEBRAICA… Tutto ciò che occorreva fareera usare la FORZA MOTRICE dell’antise-mitismo che come l’onda del futuro avrebbeportato gli ebrei nella terra promessa» (126).

I RAPPORTI TRA SIONISMO USA E URSS

«Il periodo della guerra [1939-1945] tra-sformò la comunità ebraica di Palestina in unorganismo più forte, cosciente, proteso versol’affermazione concreta dei propri ideali…Gli anni della guerra avevano reso l’opinionepubblica americana estremamente sensibileal dramma dell’Ebraismo europeo ed aveva-no trasformato notevolmente la comunitàebraica che si era fatta più omogenea, in-fluente ed aperta al Sionismo. In pochi annil’interesse per questo movimento da senti-mento prettamente filantropico si trasformòin una forma di partecipazione concreta» (127).

Paul Johnson ha affermato recentementeche… «L’olocausto e la nuova Sion sono or-

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ganicamente collegati… La fondazione diIsraele fu come la conseguenza delle soffe-renze degli ebrei» (128).

Dopo la guerra il gioco decisivo era nellemani delle grandi superpotenze (USA eURSS). L’America presentava lo Statod’Israele come baluardo del mondo occiden-tale nel Medio Oriente. La politica miopedei liberalconservatori vedeva (e continua avedere) come UNICO pericolo quello co-munista (che è certamente enorme e non vasottovalutato neppure oggi), ma non riusci-va a scorgere la portata apocalittica e teolo-gica della fondazione dello Stato di Israele,e forse ignorava che: «Nell’immediato dopo-guerra Stalin si presentò più volte come ilpaladino dei popoli colpiti dalla dominazio-ne nazista, mostrandosi propenso a conside-rare le istanze degli ebrei che con sei milionidi vittime rivendicavano i propri diritti. Ilrappresentante sovietico alle Nazioni Unite,Andrey Gromiko, sostenne che non si pota-va negare al popolo ebraico il diritto di ave-re uno Stato… Approvò quindi il piano UN-SCOP tra la sorpresa generale» (129). Secon-do il Johnson «se complotto vi fu per fonda-re Israele, FU L’UNIONE SOVIETICAAD ESSERNE MEMBRO INFLUENTE.Durante la guerra, per ragioni tattiche, Sta-lin aveva sospeso… la sua politica antisemi-ta, creando perfino un Comitato ebraico an-tifascista. Dal 1944, per un breve momento,aveva adottato un atteggiamento filosionistain politica estera…nel maggio 1947, AndreyGromiko… sorprese tutti annunciando cheil suo governo era favorevole alla creazionedi uno Stato ebraico» (130).

Chi invece comprese molto bene la por-tata della fondazione dello Stato d’Israelefurono proprio gli ebrei: «In quella circo-stanza [la risoluzione del 1948, n.d.r.] gliebrei di Roma, che tradizionalmente si era-no imposti di non passare più sotto l’Arco diTito, testimone del loro asservimento, inuna solenne cerimonia ruppero questo sim-bolico divieto, attraversando l’Arco di Titoin senso opposto a quello del trionfodell’imperatore romano» (131). «Fino allametà egli anni cinquanta - poi - la stampaoccidentale di sinistra presentò Israele comela realizzazione concreta dei principi sociali-sti e democratici in opposizione all’arretra-tezza del mondo arabo» (132).

Tuttavia con il 1949 i rapporti tra URSSe Israele cominciano ad incrinarsi.

Andrew e Leslie Cockburn, in un recente

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e ben documentato libro, gettano nuova lucesui rapporti tra USA, URSS e Sionismo:«Dopo molti decenni ed una guerra fredda,Andrei Gromyko, alzando una mano avrebbedichiarato: “Con questa mano ho creato loStato di Israele” …L’eloquenza di Gromykosi manifestò su ordine di Giuseppe Stalin,che, rispetto alla fondazione dello Statod’Israele, non si era certo fatto influenzaredai sentimenti… I russi avevano ottime ragio-ni per sostenere sia la resistenza armataebraica contro il dominio britannico in Pale-stina, che la creazione dello Stato sionista, dalmomento che lo Stato arabo era allora deci-samente nella sfera di influenza dell’occiden-te. (…) Il sostegno diplomatico… non ful’unica forma d’incoraggiamento che Stalindiede alla lotta d’Israele per costruirsi e so-pravvivere come Stato» (133). Lo Stato diIsraele inoltre, ricevette aiuti bellici «dal regi-me comunista che prese il potere in Cecoslo-vacchia nel febbraio del 1948, un governo sot-to l’occhio attento e vigile di Stalin. Nei mesiche precedettero la dichiarazione di indipen-denza di Israele (maggio 1948), i servizi segre-ti militari statunitensi scoprirono l’esistenzadi un regolare ponte aereo per il trasporto diarmi tra Praga e il medio oriente (134). (…)

Roma 1948 proclamazione dello stato d’Israele: gli ebreidella città sfilano in senso inverso sotto l’arco di Tito,

infrangendo una tradizione di 2000 anni poiché quest’arcoera il simbolo della vittoria degli antichi romani sul popolo

ebraico. Nella foto il primo a sinistra è il rabbino capod’allora David Prato, il terzo è Settimio Sorani (che scrisse

un libro sul B’naï B’rith) ed al suo fianco c’è RaffaeleCantoni, primo presidente dell’Unione del dopo-guerra

(foto Karnenu terra e popolo)

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Entro l’autunno del 1948 furono… addestratinelle varie basi cecoslovacche non meno dicinquantamila militari israeliani e quandoquesti partirono alla volta di Israele, il lororeparto prese il nome di Klement Gottwald, ildirigente comunista ceco» (135). Israele reseinoltre il favore alla Cecoslovacchia, fornen-dole preziose informazioni sulle più modernearmi americane, veri gioielli di un settore ditecnologia bellica altamente avanzata, nelquale i sovietici erano ancora assai arretrati.«Nel 1948, in almeno due occasioni, gli israe-liani consegnarono ai cecoslovacchi esemplaridi moderne armi americane… Quando e co-me gli israeliani avessero ottenuto questi pro-dotti della tecnologia occidentale, poi conse-gnati ai sovietici, non si è mai saputo, ma evi-dentemente per lo Stato ebraico si trattava diun’operazione che valeva la pena di compie-re» (136). Tuttavia il rapporto privilegiato conl’Est sovietico non doveva essere esclusivopoiché non era da solo sufficiente a fornire alSionismo «il terzo elemento essenziale di cuiaveva bisogno Israele: il denaro… L’unicoposto dove trovare questi mezzi finanziarierano proprio gli stati Uniti d’America», alcui vertice vi era il presidente Trumann cheinizialmente non si mostrò entusiasta ad ap-poggiare la creazione di uno stato ebraico inPalestina (137). Fu solo nel corso del suo se-condo mandato che Trumann riconobbe for-malmente lo Stato ebraico: «Spingere il presi-dente americano nel campo filo-israeliano erastata una mossa importante, ma ciò non com-portò affatto per Israele la rottura dei suoi le-gami con i paesi dell’Est ed il suo passaggionel blocco occidentale… [in quanto]… Israelevoleva sia i capitali americani sia i due milionidi ebrei dell’Unione sovietica, ma non sem-brava possibile ottenerli entrambi allo stessotempo. E d’altra Parte il denaro serviva subi-to. La comunità ebraica americana avevacontribuito di tasca propria, e con ingentisomme, ad operazioni come l’acquisto di armicecoslovacche» (138). Se l’Unione Sovietica siaccontentava della neutralità di Israele, nelcorso della guerra fredda gli Stati Uniti nonerano per nulla soddisfatti di tale posizione.Tuttavia gli israeliani «nel timore di alienarsidel tutto i sovietici, tentarono di mantenerecomunque un profilo basso e una certa neu-tralità… Israele si trovava in un vicolo cieco:da una parte non osava impegnarsi troppoapertamente con gli americani per timore ditagliare tutti i legami con l’Est… dall’altra, sitrovava di fronte al problema di come conti-

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nuare a mungere la “mucca” americana senzaessere disposta né capace di dare qualcosa incambio (139). …In realtà c’era qualcosa cheIsraele poteva dare alla “mucca” americana,ma ciò doveva rimanere segreto» (140). Se eramolto difficile per gli USA e la CIA contatta-re direttamente gli abitanti dell’Est ed avernepreziose informazioni, «non rimaneva altroche trovare un posto dove vi fosse molta gen-te che avesse vissuto di recente in un territo-rio controllato dai sovietici. Tanto meglio poise quel paese (Israele) aveva anche una con-solidata esperienza di lavoro clandestino inquella parte del mondo ed un’organizzazionedi servizi segreti altamente efficiente e ansio-sa di collaborare con gli USA» (141). Questatesi trova conferma anche nel libro di Ostrov-sky, il quale asserisce che il Mossad dipendetotalmente dagli ebrei che vivono fuori daIsraele, i cosiddetti Sayanim, e non potrebbefunzionare senza di loro (142).

IL SIONISMO E L’ANTICO TESTAMENTO

Ma qual è il piano di Dio? Gerusalemmeè destinata dal Signore a ridiventare capitaledi uno Stato ebraico? Il modo in cui si è rea-lizzata la formazione dello Stato d’Israelecorrisponde a ciò che deve essere il regno diGiuda secondo le profezie? Questa è lachiave della questione sionista: è una chime-ra o è una realtà? Lo studio teologico delpiano di Dio darà una risposta.

La risposta si trova nelle profezie bibli-che, che vanno però bene interpretate, insenso spirituale (e non temporale); infatti es-se non predicono il ristabilimento del regnotemporale d’Israele, ma preannunciano lafondazione della Chiesa romana, regno anzi-tutto e principalmente spirituale e celeste.

Già ai tempi della venuta di Cristo i dot-tori gli scribi e i farisei, interpretando alla let-tera le profezie, si facevano un’idea del tuttoterrestre e materiale del regno del Messia, edè per questo che condannarono a morte Ge-sù, che predicava un regno principalmentespirituale (la Chiesa in terra e il Cielo nell’aldi là) per tutti gli uomini. I sionisti di alloranon furono contenti ed eliminarono il veroMessia. Ed è ancora con tale falsa interpreta-zione delle profezie messianiche che gli ebrei,sin dalla distruzione di Gerusalemme (70) efino ai giorni nostri, continuarono a sperarenella ricostituzione del regno d’Israele.

La causa di tali false interpretazioni è,per la teologia cattolica, il disconoscimento

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del duplice oggetto di tali profezie: uno tem-porale, riguardante la restaurazione di Ge-rusalemme e dello Stato ebraico dopo la cat-tività babilonese (586 a. C.) e non dopo lamorte del Messia e la distruzione di Tito(70); l’altro spirituale e riguardante la fon-dazione della Chiesa, l’Israele spirituale chedeve condurre gli uomini di tutti i popoli inCielo (la Gerusalemme celeste).

L’insigne teologo ed esegeta mons. Lé-mann scrive a questo riguardo: “È dopoaver… misconosciuto il duplice oggetto delleprofezie messianiche, l’uno temporale, relati-vo all’antica Gerusalemme terrestre, e l’altrospirituale, relativo alla Gerusalemme delleanime, opera del Messia, che il popolo ebrai-co s’è ingannato e s’inganna ancora. (…) Pur-troppo… il popolo ebraico si è attaccato e siattacca ancora alle IMMAGINI che rivesto-no la VERITÀ delle profezie… Ed è una se-conda e nuova riedificazione di Gerusalem-me e del Regno di Giuda che molti di loropersistono a volere. CHIMERA! Il dupliceoggetto delle profezie essendosi avverato,uno venticinque secoli fa, grazie alla riedifica-zione materiale di Gerusalemme dopo l’esiliobabilonese, sotto Esdra e Nehemia; l’altro,diciannove secoli fa, grazie alla fondazionedella Chiesa: Gerusalemme spirituale…

Cercare di ricostruire una Gerusalemmeterrestre è lo stesso che voler edificare l’om-bra della realtà. Ora da diciannove secoli eper sempre la realtà, che è la Chiesa, ha dis-sipato l’ombra. Umbram fugat veritas!” (143).

Già Sant’Alfonso Maria de’ Liguori ave-va individuato questi errori: «Due furonogl’inganni de’ Giudei circa il Redentore cheaspettavano: il primo fu che quanto predis-sero i profeti de’ beni spirituali ed eterni, de’quali dovea il Messia arricchire il suo popo-lo, essi vollero intenderlo de’ beni terreni etemporali: Et erit fides in temporibus tuis, di-vitiae salutis, sapientia et scientia, timor Do-mini, ipse est thesaurus eius (Is. XXXIII, 6).Ecco i beni promessi dal Redentore, la fede,la scienza delle virtù, il santo timore: questefuron le ricchezze della salute promesse.Inoltre Egli promise che avrebbe recata lamedicina a’ penitenti, il perdono a’ peccato-ri e la libertà a’ cattivi del demonio: Ad an-nuntiandum mansuetis misit me, ut mederercontritis corde et praedicarem captivis indul-gentiam et clausis apertiorem (Is. LXI, 1).

L’altro inganno de’ Giudei fu che quelloch’era stato predetto da’ profeti della secondavenuta del Salvatore, quando Egli verrà a giu-

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dicare il mondo nella fine de’ secoli, vollerointenderlo della prima venuta. Scrisse bensìDavide del futuro Messia ch’egli dovea vince-re i principi della terra ed abbattere la super-bia di molti e, colla forza della spada, distrug-gere tutta la terra: Dominus a dextris tuis: con-fregit in die irae suae reges. Iudicabit in natio-nibus… conquassabit capita in terra multorum(PS. CIX, 5 et 6). Ed il profeta (Gioele II, 11)[leggi Geremia XII, 12] scrisse: Gladius Do-mini devorabit ab extremo terrae usque ad ex-tremum eius. Ma ciò s’intende già della secon-da venuta, quando verrà da giudice a condan-nare i malvagi; ma parlando della prima venu-ta, nella quale dovea venire a consumarel’opera della Redenzione, troppo chiaramentepredissero i profeti che il Redentore dovea fa-re in questa terra una vita povera e disprezza-ta. Ecco quel che scrisse il profeta Zaccariaparlando della vita abbietta di Gesù Cristo:Ecce rex tuus venit tibi iustus et salvator: ipsepauper et ascendens super asinam et super pul-lum filium asinae (Zach. IX, 9)» (144).

IL SIONISMO E IL NUOVO TESTA-MENTO

Gesù, per ben quattro volte, ha profetiz-zato riguardo al futuro del Tempio di Geru-salemme; una prima volta ha annunciato ilsuo abbandono da parte di Dio (Lc. XII,34,35): “ecco che la vostra casa sarà AB-BANDONATA” (l’aggettivo deserta ripor-tato nella Vulgata non si trova nel testo gre-co). Tale sentenza annuncia l’abbandono delTempio da parte di Dio: Gesù non chiamapiù il Tempio la MIA casa o la casa del PA-DRE MIO, ma la VOSTRA casa.

Una seconda volta Gesù predice la di-struzione da cima a fondo del Tempio: “Nonlasceranno (i tuoi nemici) di te PIETRA SUPIETRA” (Lc. XIX, 41-44).

Una terza volta Gesù predice che il Tem-pio sarà reso come deserto: “Ed ecco che lavostra casa vi sarà lasciata DESERTA” (Mt.XXIII, 37-38). Questo è un nuovo annuncio,più solenne, che Dio avrebbe abbandonato ilTempio dove abitava. Gesù ripete due voltetale abbandono del Tempio, poiché gli ebreiavevano la folle confidenza che il Tempio, es-sendo la casa di Dio, li avrebbe risparmiati daqualsiasi calamità. Gesù perciò vuole togliereloro una tale fiducia, ripetendo l’annunciodell’abbandono ed anzi per far meglio capirela gravità di tale abbandono aggiunge qui laterribile parola deserta, a significare che il

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Tempio è destinato a cadere in rovina.Gesù infine si è pronunciato una quarta

volta, giurando addirittura che il Tempio sa-rebbe stato distrutto insieme con le sue stes-se rovine: “In verità vi dico non resterà pietrasu pietra CHE NON SIA DISTRUTTA”(Mt. XXIV, 2). Ebbene Dio ABBANDONÒil Tempio quando Gesù fu messo a morte edil velo del Tempio si strappò in due (Mc. 15,38; Lc, 23, 45). Il Tempio fu DISTRUTTOda Tito, che fece demolire dai soldati le muradel Tempio incendiato. Restavano le FON-DAMENTA, che, al tempo di Giulianol’Apostata, FURONO DIVELTE propriodagli ebrei stessi i quali le avevano dissotter-rate nella speranza di scavarne delle nuove edi ricostruire il Tempio, cosa che non fu pos-sibile a causa di un fuoco sprigionatosi dallaterra e di numerosi terremoti, “che inghiotti-rono…ciò che restava delle fondamenta delTempio” (145). Ecco compiuta la quarta pro-messa, le rovine stesse del Tempio sono statedistrutte: “Lapis super lapidem qui non de-struatur” (Mt. XXIV, 2). Tale distruzione,secondo la Tradizione, non è soltanto totale,ma DEFINITIVA! San Giovanni Crisosto-mo asserisce: “nessuno può distruggere ciòche Gesù Cristo ha edificato, così nessunopuò riedificare ciò che ha distrutto. Egli hafondato la Chiesa e nessuno potrà mai di-struggerla; Egli ha distrutto il Tempio e nes-suno potrà mai riedificarlo” (146).

CIÒ CHE GESÙ HA PROFETIZZATORIGUARDO A GERUSALEMME

Due cose ha profetizzato Gesù: la distru-zione di Gerusalemme e la sua sorte dopo ladistruzione, quando essa dovrà essere “cal-pestata dai pagani, sino a che i tempi dellenazioni siano compiuti” (Lc. XXI, 24).

Dopo la distruzione, operata da Tito nel70, Gerusalemme fu effettivamente ancoraoccupata, saccheggiata, calpestata e domina-ta da diversi popoli pagani. Venti volte co-nobbe l’invasione e il saccheggio! Comincia-rono le legioni di Adriano nel 130; nel 613 fula volta dei persiani, ai quali seguì nel 627Eraclio e nel 636 il califfo Omar. Una quintaed una sesta volta fu occupata tra il 643 el’868, quando la dinastia degli Omniadi cad-de e fu sostituita dagli Abassidi. Nell’arco dicirca duecento anni subì nove invasioni: nel868 dal sovrano egiziano Ahmed, nel 905 daicaliffi di Baghdad, nel 936 da Maometto-Ikh-schid, nel 968 dai Fatimiti, nel 984 dal turco

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Ortok, e in seguito dal califfo d’Egitto, nel1076 dal turco Meleschah, poi dagli Orokidie ancora nel 1076 dai Fatimiti. La sedicesimavolta furono i crociati che entrarono a Geru-salemme alle quindici del venerdì 15 lugliodel 1099, alla stessa ora della morte di GesùCristo. Nel 1188 fu Saladino che tolse ai cri-stiani i luoghi santi, nel 1242 il sovranod’Egitto Nedjmeddin, nel 1382 i Mammaluc-chi e infine nel 1516 i Turchi con Séhim I.

Sul versetto evangelico che segue la pre-dizione della soggezione di Gerusalemme aipagani “fino a che i tempi delle nazioni nonsiano compiuti” si danno due interpretazio-ni: per la prima, sostenuta da S. GiovanniCrisostomo (II oratio contra Judeos) le pa-role di Cristo significano “fino a che non visiano più nazioni”, cioè FINO ALLA FINEDEL MONDO, e quindi esclude la possibi-lità che Gerusalemme possa diventare maila capitale di uno Stato ebraico. Per la se-conda, invece, Gerusalemme sarà calpestatafino a che la pienezza delle nazioni non siaentrata nella Chiesa con la conversione diIsraele, in base alle parole di San Paolo (Rm.XI, 25-26): “L’accecamento ha colpito in par-te Israele, fino a che la pienezza dei gentili siaentrata, e così tutto Israele sia salvato”. Que-sta tesi esclude anche, con l’entrata progres-siva delle nazioni nella Chiesa e la salvezzafinale di Israele, la ricostruzione del regnod’Israele, come dimostrano anche l’abbé Lé-mann e Mons. Spadafora (147).

GESÙ E IL REGNO DI ISRAELE

Il giorno dell’Ascensione gli Apostoli,non ancora ripieni di Spirito Santo, erano im-bevuti di sogni di gloria e felicità temporale,come tutti gli ebrei di quell’epoca che aspet-tavano un Regno terrestre del Messia guer-riero e conquistatore. E siccome Gesù avevaparlato loro in quel giorno del Regno di Dioe della discesa dello Spirito Santo, ecco chele loro speranze di regalità temporale si ri-svegliarono e chiesero a Gesù: “Maestro, èora che realizzerai il Regno di Israele?” (148).Nella risposta di Gesù [“Non spetta a voi co-noscere i tempi e i momenti che il Padre ha ri-servato al suo potere. Ma voi riceverete lavirtù dello Spirito Santo che scenderà su di voie sarete miei testimoni a Gerusalemme, in tut-ta la Giudea e la Samaria fino alle estremitàdella terra” (149)] vi è un insegnamento indi-retto riguardo al ristabilimento del regno diIsraele, in quanto nell’eleggere i discepoli co-

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me suoi testimoni fino alle estremità delmondo, Nostro Signor Gesù Cristo faceva lo-ro capire che NON SI TRATTAVA per LuiDI RENDERE ALLA NAZIONE EBREAIL SUO REGNO TEMPORALE, ma difondare, tramite il loro ministero apostolico,il Regno di Israele spirituale, la Chiesa (Ve-rus Israël) che da Gerusalemme avrebbe do-vuto diffondersi in tutto il mondo.

Questo è il Regno di Israele che Gesù Cri-sto è venuto a fondare, Regno delle anime,Regno dei Cieli: la Chiesa qui in via, e il Para-diso in Patria! Nessun accenno ad uno Statodi Israele che riapparirà a Gerusalemme.

Alla obiezione spontanea che attualmen-te Gerusalemme è nuovamente la capitale diuno Stato ebraico, che la Palestina è il Re-gno d’Israele occorre dare una risposta am-pia e articolata.

Il fatto che Dio abbia permesso il ritornodi una gran massa di ebrei in Terra Santanon solo non contraddice le profezie di Ge-sù Cristo ma LE COMPIE, in quanto leScritture ci parlano, anche della conversionedi Israele al Cristianesimo. E Mons. Lémannstesso vedeva in tale movimento verso la Pa-lestina una PREPARAZIONE AL RAG-GRUPPAMENTO imponente di ebrei chesarà necessario perché LA LORO CON-VERSIONE IN MASSA appaia EVIDEN-TE AL MONDO INTERO.

E il ritorno in massa del popolo ebraiconella Terra Santa implica veramente la rea-lizzazione STRETTA E FORMALE delSionismo? Prima della sua conversione alCristianesimo il popolo ebraico ritroverà ilpossesso COMPLETO ED INDIPENDEN-TE del paese dei suoi avi? La storia fino adora ha risposto. Il possesso non è PIENO,COMPLETO ed ESCLUSIVO. Inoltre loStato di Israele per essere VERO E LEGIT-TIMO Regno d’Israele dovrebbe essere teo-cratico ed avere perciò il terzo Tempio. Ora,come affermano tutti gli ebrei ortodossi, ilSionismo attuale non è riuscito a far riviveretale stato di cose, anzi non ha voluto neppu-re provarci per principio; pertanto lo Stato diIsraele è soltanto MATERIALMENTE, manon FORMALMENTE, il Regno sognatodai talmudisti. Inoltre gli ebrei non hannoancora il pieno possesso della Terra Santa,che devono spartire, in stato di guerra conti-nua, con lo Stato palestinese (150).

Secondo Mons. Lémann, anche DOPOLA CONVERSIONE AL CRISTIANESI-MO, gli ebrei non potranno ristabilire il Re-

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gno d’Israele, non saranno cioè rimessi daDio nel paese dei loro avi in cui godranno lapace più profonda, perché il ritorno di Israe-le nella terra promessa deve essere interpre-tato in senso spirituale e metastorico, cioècome la conversione e il rientro d’Israelenella Chiesa di Cristo, il Verus Israël.

Altri esegeti affermano invece che Israe-le sarà ristabilito in Palestina e che vi for-merà uno Stato [cristiano, dal momento chesi parla di Israele convertito] (151).

La conversione futura degli ebrei è am-messa comunemente dai teologi cattolici, trai quali alcuni affermano che gli ebrei, ritor-nati a Cristo e incorporati alla Chiesa, saran-no ricondotti provvidenzialmente in Palesti-na dove restaureranno Gerusalemme ed an-che il Tempio, ma in onore di Gesù Cristo.S. Beda afferma, ad esempio: “QuandoIsraele si convertirà non è temerario sperareche ritornerà sul suolo dei suoi padri, che ri-prenderà il possesso di Gerusalemme perabitarvi” (152). Questa opinione tuttavia, an-che se riprende quelle profezie che annun-ciano il ristabilimento del Regno d’Israeleed è seguita da alcuni esegeti, sembra rinno-vare nel fondo l’errore del Giudaismo tal-mudico, che si ferma al significato letteraledelle profezie senza coglierne quello spiri-tuale. Anche l’opinione che gli ebrei conver-titi ricostruiranno il Tempio in onore di Ge-sù Cristo è respinta da Mons. Lémann inquanto contraria a tutta l’economia delNuovo Testamento: infatti il Tempio aveva,oltre la destinazione immediata al culto divi-no dell’Antica Alleanza, - ormai revocata -un significato simbolico (153), era figura delTEMPIO FUTURO fondato da Dio stesso,la Chiesa romana. Il Santo rappresentava laChiesa militante e il Santo dei Santi quellatrionfante. Ora che la realtà ha sostituito lafigura non vi è più motivo di ricostruire unTempio che era eminentemente figurativo.

LA SORTE DI GERUSALEMME FINOALLA FINE DEL MONDO.

Su questo argomento esistono due tesi; laprima afferma che quando i tempi delle na-zioni saranno compiuti Gerusalemme nonconoscerà la convivenza con l’Islàm e di-verrà una capitale cristiana, mentre l’altra,più sicura, asserisce che GERUSALEMMESARÀ CALPESTATA FINO ALLA FINEDEL MONDO a causa del deicidio.

Anche le parole di Gesù “Gerusalemme

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sarà calpestata dai pagani, fino a che i tempidelle nazioni siano compiuti” (154), vengonospiegate in modo diverso: per alcuni significa-no che Gerusalemme cesserà di essere calpe-stata quando il Vangelo sarà predicato ovun-que nel mondo intero e Israele si convertiràdivenendo uno Stato cristiano; la maggiorparte degli esegeti, però, sostiene che Geru-salemme sarà calpestata fino alla fine delmondo, secondo la tesi di san Giovanni Cri-sostomo: «Mai Gerusalemme gioirà di unpieno e tranquillo splendore… Essa presen-terà sempre i segni della desolazione decreta-ta. Se arrivasse l’Anticristo, nell’avvenire, eriuscisse a darle uno splendore anticristiano,esso sarà soltanto FITTIZIO E PASSEG-GERO. Credere il contrario significa illuder-si… Se “l’uomo del peccato, il figlio della per-dizione”(II Tess. 2,3), per cercare di far men-tire le profezie, tenterà di rendere a Gerusa-lemme il suo splendore passato, immediata-mente essa cadrà sotto il colpo di una maledi-zione simile a quella che pronunciò Giosuècontro chiunque tentasse di ricostruire le mu-ra di Gerico: “maledetto sia davanti alSignore”… Lo stesso avverrà per il tentativodell’Anticristo… Per far sparire lo splendoreche Gerusalemme non deve più conoscere [equi si vede la gravità del piano di GiovanniPaolo II in Tertio Millennio Adveniente] (155)un miracolo di vendetta divina colpirà l’Anti-cristo e bloccherà il suo braccio» (156).

ROMA CONTRO GERUSALEMME

«Vi sono due città quaggiù riguardo allequali le macchinazioni degli uomini resteran-no impotenti: Roma e Gerusalemme… Ro-ma sede del Vicario di Cristo, non cesseràmai di esserlo. Leone XIII lo ha proclamatouna volta di più nella sua Enciclica relativaal Giubileo del 1900: “Il segno divino, che èstato impresso a questa città, non può esserealterato né dalle macchinazioni umane né daalcuna violenza. Gesù Cristo Salvatore del

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mondo, ha scelto, sola tra tutte, la città diRoma per una missione più alta ed elevatache le cose umane, e se l’è consacrata. Hadeciso che il trono del suo Vicario vi restassein perpetuo”. Ma se Roma deve restare finoalla fine del mondo la sede indistruttibile delregno di Cristo e del Papato, Gerusalemme,al contrario, non ridiverrà mai la capitale néil seggio di un nuovo regno d’Israele. Unmarchio divino è stato ugualmente impressosu di essa, quello del castigo. Né le combina-zioni umane, né alcuna violenza non sapreb-be farlo scomparire» (157).

IL SIONISMO E L’ANTICRISTO

È sentenza comune dei Padri della Chiesa(158) che gli ebrei devono ricevere e acclamarel’Anticristo come loro Messia e che Gerusa-lemme non ridiverrà la capitale di uno statoebraico (perfettamente e completamente)neanche sotto il Regno dell’Anticristo e gra-zie al suo aiuto. Per ben capire la portata ditale asserzione occorre prima risolvere laquestione di quale sarà la sede dell’Anticri-sto, per la quale esistono due opinioni.

Secondo la prima l’Anticristo avrà comesede del suo regno Gerusalemme; molti so-no i sostenitori di questa tesi e tra questi S.Ireneo (159), Lattanzio (160), Sulpizio Severo(161), San Roberto Bellarmino (162), Cornelioa Lapide (163), Francisco Suarez (164). Essa sifonda sull’Apocalisse in cui san Giovanni af-ferma che Enoch ed Elia, avversari dell’An-ticristo, saranno uccisi «nella gran città oveil Signore è stato crocefisso» (165), cioè a Ge-rusalemme dove quindi l’Anticristo, avràprima posto la sede del suo regno.

La seconda opinione afferma invece chela capitale del regno dell’Anticristo sarà Ro-ma, perché, per i sostenitori di questa tesi, iltesto dell’Apocalisse non si riferisce necessa-riamente a Gerusalemme come sede dell’An-ticristo, il quale potrebbe ordinare la soppres-sione dei due testimoni in quella città, aven-do però altrove la sua sede; anzi per opporsimeglio a Cristo «NON CERCHERÀ DISOPPIANTARE IL SUO VICARIO, ILPAPA?» (166). Coloro che preparano il suo re-gno (gli anticlericali di ogni sorta), sembranoaverlo compreso molto bene, infatti «è CON-TRO ROMA che si sono coalizzati, da sva-riati anni gli sforzi dei massoni e degli ebrei,questi formidabili preparatori della potenzadell’Anticristo. Una volta stabilitosi a Roma,“terra di gloria” nulla sarà più facile all’Anti-

Membri della Brigata Ebraica arrestano dei soldatitedeschi alla fine della II Guerra mondiale

(Foto tratta dall’Encyclopedia Judaica)

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cristo che rendersi a Gerusalemme. E là, in ef-fetti che l’attende, secondo la profezia di Da-niele, la vendetta di Dio» (167).

Ma anche nel caso in cui l’Anticristo sistabilisse a Gerusalemme, non per questo sirealizzerà il sogno del Sionismo, perché que-sti non avrà come fine quello di ristabilire ilRegno di Israele e di realizzare così le profe-zie, ma solo di farsi adorare come Dio, percui «…il popolo ebreo, pur acclamandolo inun primo momento, dovrà, come tutti gli al-tri popoli, curvarsi sotto il suo giogo: nessunaindipendenza nazionale entro il suo impero»(168) e aperti gli occhi si convertirà a GesùCristo guardando Colui che hanno trafitto.

Per quanto riguarda il Tempio, poi, ci sipuò chiedere se l’Anticristo arriverà a rico-struirlo in odio alle profezie di Gesù Cristo eper cercare di smentirle o screditarle; alcuniPadri ed esegeti, tra cui san Ireneo, san Ciril-lo di Gerusalemme, Suarez, lo affermano, in-terpretando alla lettera le parole di san Paolo«arriverà fino a sedersi nel Tempio di Dio, co-me se lui stesso fosse Dio» (169). Molti altri Pa-dri invece intendono metaforicamente la pa-rola Tempio, che non è quello di Gerusalem-me. Per san Girolamo «si siederà nel Tempiodi Dio: vale a dire o in Gerusalemme, o nellaChiesa e ciò mi sembra più vero [vel in Eccle-sia, ut verius arbitramur]» (170). Della stessaopinione sono anche san Giovanni Crisosto-mo (171) e Teodoreto che spiega anche il mo-do in cui avverrà: «Ciò che san Paolo chiamail Tempio di Dio, sono le chiese nelle qualiquesto empio prenderà il primo posto, sfor-zandosi di farsi riconoscere come Dio» (172).

Ma pur ammesso che l’Anticristo cerchi diricostruire il terzo Tempio, non per questo siavvereranno le speranze del Sionismo, perchélo scopo non sarà la gloria di Jahwé, ma il suoculto personale in sostituzione di quello diDio. Inoltre «tale tentativo sarà talmente im-perfetto che il Tempio non sarà ricostruitoNEL SENSO STRETTO o proprie loquen-do… Il Tempio non potrà essere ricostruitoFORMALITER, poiché l’impresa avrà peroggetto non il culto del vero Dio, ma quellodell’Anticristo. Poiché benché all’inizio, l’An-ticristo, per ingannare gli ebrei, simulerà di vo-ler ricostruire il Tempio per il culto di Dio, inrealtà e nel segreto del suo cuore, agirà soloper la sua gloria e per farsi adorare» (173).

CONCLUSIONE: L’ATTUALE STATO DIISRAELE È IL REGNO MESSIANICO?

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Il Sionismo attualmente realizzatosi èl’avverarsi di un BEL SOGNO o è una CHI-MERA? Dopo aver visto la rispostadell’ebreo convertito Augustin Lémann nel1901 esaminiamo quanto affermano oggi sto-rici e politologi di diversa estrazione di pen-siero. Secondo Paul Johnson la nuova Sionera stata concepita come risposta all’antise-mitismo del XIX secolo e pertanto non ave-va alcun fondamento né fine religioso, maera solo «uno strumento politico e militareper la sopravvivenza del popolo ebraico…L’essenza del Giudaismo era che l’esilio sa-rebbe finito per un evento metafisico, in unmomento stabilito da Dio, non per una solu-zione politica escogitata dall’uomo. Lo Statosionista era semplicemente un nuovo Saul,suggerire che fosse una forma moderna delMessia era non soltanto sbagliato, ma blasfe-mo. (…) Poteva soltanto generare un altrofalso messia» (174). Gershom Scholem, grandestudioso di mistica ebraica, ammoniva:«L’ideale sionista è una cosa e l’ideale mes-sianico un’altra, e le due cose non hannopunti di contatto se non nella fraseologia ro-boante delle adunate di massa che spessoinfondono nei nostri giovani lo spirito delnuovo shabbatismo destinato a fallire» (175).

«Il Sionismo non aveva posta - secondo ilJohnson - per Dio come tale… ecco perchéfin dal principio la maggior parte degli ebreiosservanti considerarono il Sionismo con so-spetto o con decisa ostilità e alcuni …ritenne-ro che fosse OPERA DI SATANA… Lacreazione dello Stato sionista non era un rein-gresso ebraico nella storia, un Terzo Stato, mal’inizio di un esilio nuovo e molto più perico-loso… Il Sionismo era ‘ribellione’ contro il Redei re …lo Stato ebraico sarebbe finito in unacatastrofe peggiore dell’olocausto» (176).

Le ultimissime recenti stragi hanno fattoscrivere a Fiamma Nirestein: «SMARRI-MENTO. Israele, che ha per pietra angolareil concetto della sicurezza dello Stato ebraico,che è nato deciso a riscattare per sempre lastoria giudaica dal sentimento di inevitabile econtinuo pericolo, si trova forse per la primavolta dal 1948, anno della sua fondazione, anon sapere che fare, a percepire, a causa de-gli attacchi omicidi-suicidi che si susseguonoimplacabilmente, un senso di vuoto, di perdi-ta, di SMARRIMENTO appunto» (177).

Lo stesso disagio evidenzia, sempre suLa Stampa , Avraham Ben Yehoshua:«L’INCUBO: ebrei contro ebrei: Tornal’antico spettro della guerra civile.

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Negli ultimi tempi la stampa israelianadedica molto spazio all’eventualità di unaguerra civile. Il trauma di una guerra fratrici-da… si accompagna al ricordo della perditadella sovranità… Nell’anno 70… Gerusalem-me fu conquistata… ma alla disfatta militareconribuì una guerra fratricida… combattutatra coloro che si erano scelti per nome‘zeloti’ e i cosiddetti ‘sadducei’. Questa guer-ra interna indebolì lo Stato ebraico e pre-parò il terreno alla sconfitta militare definiti-va, ed è per questo che ogni sintomo di pos-sibile lotta di questo genere risveglia un ri-cordo doppiamente traumatico… In fondo imotivi di divisione erano gli stessi che si ri-scontrano oggi nella società israeliana. Sitratta della lotta tra due diversi codici… ilcodice religioso e quello nazionale… Si ètornati [oggi] in un certo senso all’anticoconflitto tra i due codici… non ci si deve stu-pire perciò se tra i più violenti oppositori algoverno attuale ci sono numerose personeche esibiscono la propria religiosità. Sono lo-ro gli esponenti di punta di un’opposizioneche rischia di diventare violenta. Perché ilcodice religioso, che si esprime nella sacraliz-zazione della terra di Israele, ha la meglio suquello nazionale… Come per gli zeloti nonera assurdo ribellarsi contro l’Impero roma-no. Così per i religiosi contemporanei nonc’è niente di male nel continuare l’assurdadominazione su un popolo che rappresentacirca il cinquanta per cento della sua stessapopolazione senza concedere i diritti civili…C’è quindi la possibilità che questi fattori[USA e Europa, n.d.r.] contribuiscano ad im-pedire che i sostenitori del codice religiososcatenino una guerra civile dagli esiti DIFFI-CILMENTE PRONOSTICABILI» (178).

«Israele il giorno dopo la grande sciagura[la morte di Rabin, n.d.r.]… la grande pauradegli israeliani ha un nome blasfemo: guerracivile. Inutile nascondersi dietro un dito.Israele corre e correrà codesto rischio mo-struoso, devastante, se colui che ha raccoltoil testimone non agirà in fretta» (179).

Sembra quasi di cogliere il dubbio o il ti-more che il Sionismo, lungi dal rappresenta-re un magnifico successo, possa trasformarsiin un TERRIBILE SCACCO.

Al termine dell’analisi del Sionismo si ri-torna al punto iniziale: tutto ciò che riguardail problema ebraico è problema esclusiva-mente religioso: già san Gregorio Magno af-fermava che «coloro che ricusano di credereal Redentore si daranno poi …all’Anticristo»

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(180). Il motivo può essere trovato nelle parolestesse della Nirenstein: Israele ha rigettato lavera pietra d’angolo Nostro Signor Gesù Cri-sto (che avrebbe dovuto riunire gli ebrei aipagani nell’unica chiesa di Dio, come la pie-tra d’angolo fa da base a due muri della casa)e ve ne ha sostituita un’altra, il concetto dellaSICUREZZA dello Stato ebraico; ma mail’uomo sarà sicuro se non fonda ogni sua spe-ranza in Dio e nel suo Unigenito Gesù Cristo(181). Allora la sostituzione di un Messia per-sonale con un’idea astratta è alla base delloscacco del Sionismo, è la ragione profondadella situazione di SMARRIMENTO consta-tata dalla Nirenstein, nonostatnte l’opulenzae la potenza attuale dello Stato d’Israele, per-ché il cuore dell’uomo non troverà pace fin-ché non riposerà in Colui che l’ha redento eche nel Vangelo aveva predetto: «La pietra[Cristo] che riprovarono gli edificanti [i giu-dei] è diventata PIETRA ANGOLARE [cheunisce in una sola Chiesa i due popoli, il pa-gano e l’israelita]. Chiunque cadrà su questasi sfracellerà ed essa stritolerà colui sul qualecade [cioè colui che per disprezzo l’avrà volu-ta rimuovere]» (182).

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Note

1) “Negli ultimi venticinque anni del XIX secolo,…un nuovo tipo di movimento prese forma nell’Europaorientale con l’obiettivo di promuovere il ritorno degliebrei nella terra d’Israele… Molte autorità ortodosse siopposero a quanto secondo loro era un’arrogante ap-propriazione del ruolo del Messia… Nel 1890 un giorna-lista viennese, Theodor Herzl, fu inviato a Parigi per ri-ferire dell’affare Dreyfus… Herzl, un ebreo non religio-so, fu indignato dall’antisemitismo… di molti oppositoridi Dreyfus. Divenne profondamente convinto che non

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poteva esservi libertà e uguaglianza per gli ebrei se nonnella loro terra. Così Herzl fondò il Movimento sionista,un’organizzazione dedicata a promuovere la causa diuno stato ebraico in terra d’Israele allora dominato dal-la Turchia… Durante la prima guerra mondiale (1917)la Gran Bretagna emanò un documento in cui appoggia-va il concetto di Palestina come sede di un focolare na-zionale ebraico. Così dopo aver conquistato quella terraai turchi, la Gran Bretagna ricevette un mandato sui ter-ritori della Società delle nazioni… Nel 1947 la GranBretagna informò le Nazioni Unite di voler abbandona-re il suo mandato sulla Palestina… l’ONU votò la sparti-zione della Palestina in due stati separati: uno ebraico el’altro arabo e mise Gerusalemme sotto una giurisdizio-ne internazionale. I paesi arabi si rifiutarono di accetta-re questa soluzione e cinque di essi mandarono i loroeserciti in Palestina appena se ne andarono via gli ingle-si… La dirigenza ebraica proclamò la nascita dello Statod’Israele al termine della sovranità britannica il 14 mag-gio 1948. Le forze militari israeliane riuscirono a scon-figgere sul campo gli eserciti arabi, e Israele si appropriòdi un territorio più vasto di quello previsto dal piano dispartizione dell’ONU. Lo Stato ebraico riuscì ad occu-pare anche una parte di Gerusalemme a eccezione dellaCittà Vecchia… [essa] ed alcuni territori abitati dallamaggioranza di arabi rimasero occupati dalle forze mili-tari giordane e furono chiamati la Riva occidentale (We-st bank)… Nel 1967 Israele lanciò una azione preventivacontro l’Egitto… Le forze militari israeliane riuscironoad occupare la penisola del Sinai, la Riva occidentale ela città vecchia di Gerusalemme, il conflitto durò seigiorni. Nel 1973 l’Egitto attaccò le forze militari israelia-ne nel Sinai: in quell’occasione l’esito non fu conclusivocome per il passato… l’Egitto era riuscito a rspingereun’avanzata israeliana sui suoi territori”. Cfr.R. A. RO-SEMBERG, l’Ebraismo, storia, pratica, fede, Monda-dori, Milano 1995, pagg. 170-174.

2) A. LÉMANN, L’avenir de Jerusalem, Paris 1901, pag. 3.3) Che cos’è il Sionismo, a cura del Centro d’infor-

mazione di Israele, Gerusalemme 1990.4) A. LÉMANN, op. cit., pag. 11.5) A. LÉMANN, op. cit., pag. 353.6) Sodalitium, n° 39, pagg. 58-61; n° 40, pagg. 54-56.7) A. LÉMANN, op. cit., pag. 26.8) Cfr. M. BLONDET, I fanatici dell’Apocalisse, Il

Cerchio, Rimini 1992.9) A. LÉMANN, op. cit. , pag. 26.10) Ibidem, pag. 41.11) Ibidem, pag. 43. Si veda anche, a questo propo-

sito: L. POLIAKOV, I banchieri ebrei e la Santa Sede,Newton Compton, Roma 1974.

12) Archives isräelites, anno 1862, pag. 309. 13) A. LEMANN, op. cit., pag, 65.14) P. SELLA, Prima d’Israele, ed. L’uomo libero,

Milano 1990, pagg. 19-21.15) P. SELLA, op. cit, pag. 25.16) P. SELLA, op. cit, pagg. 26.17) P. SELLA, op. cit, pag. 36.18) P. SELLA, op. cit, pag. 162.19) P. SELLA, op. cit, pag169.20) P. SELLA, op. cit, pag. 224.21) P. SELLA, op. cit, pag. 234.22) P. SELLA, op. cit, pag.240.23) Non può non sorprendere a questo proposito,

l’intervista concessa dall’on. Fini al JERUSALEM POST eriportata dal Secolo d’Italia col titolo Abbiamo un ami-co a Roma, a cura di Dennis Eisemberg e Uri Dan, exagente del Mossad e autore di Mossad, 50 ans de guerre

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secrète (Presse de la cité, Paris 1995). Alla dichiarazionedi Fini che «Gerusalemme deve e può essere solo degliisraeliani» [4 luglio 1995, pag. 5] gli intervistatori com-mentano: «È davvero raro trovare un uomo di stato eu-ropeo che non sia impegnato a chiedere a Israele di ri-nunciare ad una parte della sua sovranità su Gerusa-lemme… o di internazionalizzare la città. Il tutto sullosfondo di pressioni del Vaticano».

24) P. GUZZANTI, Tel Aviv, anima ribelle d’Israele,in La Stampa. 15 /7/1995, pag. 9.

25) A. LEMANN, op. cit., pag. 70.26) A. LEMANN, op. cit., pag. 71. Si veda anche Le

Réveil d’Israël, luglio 1898.27) A. LEMANN, op. cit., pag. 71.28) Archives israëlites, 23 settembre 1897.29) A. LEMANN, op. cit., pag. 77.30) Archives israëlites, 20 settembre 1897.31) M. Dreyfuss, Gran rabbino di Parigi, in Archi-

ves israëlites, 23 settembre 1897.32) Archives israëlites, 15 settembre 1898.33) Cf. Le Réveil d’Israël, ottobre 1899.34) A. LEMANN, op. cit., pag. 122.35) La croix, 10 marzo 1895.36) E. RATIER, Mystères et secrets du B’naï B’rith,

ed. Facta, Paris 1993.37) A. LEMANN, op. cit., pag. 180 .38) B’naï B’rith, The first Lodge of England, 1910-

35, Paul Goodman, stampato dalla Loggia, Londra 1936.39) M. Honigbaum, B’naï B’rith journal, giugno 1988.40) B’naï B’rith Magazine, supplement, febbraio 192541) E. RATIER, op. cit., pag.183.42) E. RATIER, op. cit., pag.188.43) E. RATIER, op. cit., pag. 190.44) SAMUEL HAPPERIN, The Polittical World of

American Zionism, edito da Informations DynamicsInc., 1985.

45) E. RATIER, op. cit., pag. 202.46) F. TAGLIACOZZO-B. MIGLIAU, Gli ebrei nella

storia e nella società contemporanea, La Nuova Italia,Firenze 1993, pag. 114.

47) TEODORO HERZL, Lo Stato Ebraico, Roma1955, pag. 77.

48) F. TAGLIACOZZO- B. MIGLIAU, op. cit., pag. 115.49) TOM SEGEV, Le septiem million, ed. Liana Levi,

Jerusalem, 1991 (1993).50) BARBARA SPINELLI, in La Stampa, 27 aprile

1995, pagg. 1-6.51) F. TAGLIACOZZO-B. MIGLIAU, op. cit., pag. 120.52) A. LEMANN, op. cit., pag. 136.

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53) S. FERRARI, Vaticano e Israele, Sansoni, Firenze1991, pag. 9. Cfr. H. F. KÖCK, Der Vatikan und Palësti-na, Wien-München, Herold 1973, pag. 40.

54) PASQUALE BALDI, La Questione dei LuoghiSanti in generale, Bona, Torino 1919, pagg. 85-87.

Cfr. A. BAUDRILLART, Jérusalem délivrée, Beauche-sne, Paris 1918 ed E. JULIEN, La délivrance de Jérusalem,Imprimerimeries reunies, Boulogne-sur-Mer 1917.

55)S. SAYEGH, Le Statu quo des Lieux Saints, Ponti-ficia Università Lateranense, Roma 1971.

56) S. FERRARI, op. cit., pag. 11.57) S. FERRARI, op. cit., pag. 12. cfr. anche: S. I. MI-

NERBI, Il Vaticano, la Terra Santa e il Sionismo, Bom-piani, Milano 1988, pag. 39.

58) G. VERRUCCI, La Chiesa nella società contem-poranea, Laterza, Bari 1988, pagg. 10-11.

59) S. FERRARI, op. cit., pag. 13. Cfr. Anche: G. AL-BERIGO-A. RICCARDI, Chiesa e papato nel mondo con-temporaneo, Laterza, Bari 1990.

60) S. FERRARI, op. cit., pag. 13-14.61) S. I. MINERBI, Il Vaticano, la Terra Santa e il

Sionismo, Bompiani, Milano 1988, pag. 189. Dello stes-so autore vedasi anche Il Vaticano e la Palestina durantela prima guerra mondiale, in Clio 1967, pagg. 433-435, eE. FARHAT, Gerusalemme nei documenti pontifici, Cittàdel Vaticano 1987, Libreria editrice Vaticana.

62) Allocuzione Causa nobis, 13 giugno 1921, AAS,XII, 1921, pagg. 281-285.

63) Ibidem.64) Su questo argomento vedasi G. CASTELLI CA-

VAZZANA, L’opera per la preservazione della fede in Pa-lestina, ed. Cavalieri del Santo Sepolcro, Milano 1933;

C. CRIVELLI, Protestanti e cristiani orientali, ed. LaCiviltà Cattolica, Roma 1944, pagg. 397-429;

Osservatore Romano, 20 novembre 1924.65) Cfr. Osservatore Romano 30 giugno 1922.66) S. FERRARI, op. cit., pag. 16.67) L’Osservatore Romano, 14 novembre 1924,

“Dalla Palestina. Le avanguardie dei missionari”. 68) Cfr. L’Osservatore Romano, 15 novembre 1924,

“Come divenni cattolico. Hans Herzl, figlio del fondatoredel Sionismo, racconta la sua conversione dal giudaismo”.Cfr. Anche: La Civiltà Cattolica 1937, III, pag. 37, “Laquestione giudaica e l’apostolato cattolico”.

69) La Civiltà Cattolica 1938, VI, pag. 78, “Intornoalla questione del Sionismo”.

70) La Civiltà Cattolica 1922, III, pag. 117, “Il Sio-nismo dinanzi all’opinione dei non ebrei”.

71) La Civiltà Cattolica 1937, II, pag. 431, “La que-stione giudaica e il Sionismo”.

72) La Civiltà Cattolica 1934, IV, pag. 136, “La que-stione giudaica e l’antisemitismo nazista”.

73) La Civiltà Cattolica 1938, II, pag. 81, “Intorno allaquestione del Sionismo”. Vedasi anche La Civiltà Cattoli-ca 1924, IV, pag. 487, “Un episodio del Sionismo in Pale-stina”. Cfr. E. CAVIGLIA, Il Sionismo e la Palestina negliarticili dell’Osservatore Romano e della Civiltà Cattolica, inClio 1981, pagg. 79-90; R. DE FELICE, Storia degli ebrei ita-liani sotto il fascismo, Einaudi, Milano 1961, pagg. 60-61.

74) Acta Diurna Sancta Sedis, IX, pag. 184, 13 mar-zo 1943.

75) S. FERRARI, op. cit., pag. 20.76) La Civiltà Cattolica 1938, II, pag. 76, “Intorno

alla questione del Sionismo”.77) M.J. DUBOIS, The Catholc Viecu, in Encyclope-

dia Judaica Yearbook, 1974, Jerusalem, pag. 168.78) S. FERRARI, op. cit., pag. 21.79) L’Osservatore Romano, 20 settembre 1921.

Uri Dan, il giornalista che intervistò anche l’on. Fini in compagnia del fondatore e primo

capo del “Mossad”: Isser Harel

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80) S. FERRARI, op. cit., pag.22.81) Lettera del card. Maglione al card. Cicognani, 18

maggio 1944, in Acta Diurna Sanctae Sedis,IX, pag. 302.82) Acta Diurna Sanctae Sedis,XI, pag. 509.83) S. FERRARI, op. cit., pag. 42.84) Si possono consultare al riguardo: G. VANZINI, Il Sionismo e la divinità di Gesù Cristo,

Artigianelli, Pavia 1933; A. GRASSI, Contributo alla so-luzione della questione dei Luoghi Santi, Tipografia deiPadri francescani, Gerusalemme 1935;

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G. DE VRIES, Cattolicesimo e problemi religiosi nelprossimo Oriente, Roma 1944, La Civiltà Cattlica.

85) L’Osservatore Romano, 28 maggio 1948. Già il14 maggio, giorno della nascita di Israele aveva scritto:«Il Sionismo moderno non è il vero Israele biblico, maè uno stato laico… è perciò che la Terra Santa e i luo-ghi sacri appartengono al cristianesimo, vero Israele».

Vedasi anche J. PARKERS, Il problema ebraico nelmondo moderno, Nuova Italia, Firenze 1953 e G. LO-GIUDICE, L’essenza dell’Ebraismo liberale, in CiviltàCattolica, 1952, III, pagg. 411-15.

86) F. TAGLIACOZZO, op. cit., pag. 192.87) M. BLONDET, I fanatici dell’Apocalisse, Il Cer-

chio, Rimini 1992, pag. 26.88) E. RATIER,Les guerriers d’Israël, ed. Facta, Pa-

ris 1995, pag. 29.89)Cfr. J. SCHECHTMAN, The Jabotinsky-Slavinsky

agreement, Jewis Social Studies, ottobre 1955.90) Cfr. P. GINIEWSKI, in Cactus, maggio 1991.91) E. RATIER, op. cit., pag. 39.92) E. RATIER, op. cit., pag. 41.93) E. RATIER, op. cit., pagg. 41-42.94) Il Bétar, presentato ufficialmente a Parigi [dove il

25 aprile 1925 era stata fondata anche l’Alleanza dei Sio-nisti revisionisti] il 5 dicembre 1929 col nome di BerichTrumpledor-Jeunesse sioniste révisioniste, è nato dal Mo-vimento sionista revisionista fondato nel 1923 da Jabotin-sky a Riga. «Il Bétar… è oggi per la gioventù la strutturamilitare del partito HÉRUT, che deriva a sua volta dalTAGAR, organizzazione che ha il compito di proteggeremanu militari le comunità». (L’événement du jeudi, 26 set-tembre 1991). Tagar in ebraico significa sfida; in Franciarappresenta l’organizzazione più militante del Bétar eriunisce esclusivamente studenti dai diciotto ai ventitreanni. La sua sede parigina è nello stesso edificio del Bé-tar, 59 Boulevard de Strasbourg, Xeme arrondissement, esulla sua carta intestata figura un’altra organizzazione, ilMovimento degli studenti sionisti (che è in realtà il Tagarstesso). Secondo Emanuel Ratier è un’organizzazione pa-ramilitare i cui membri hanno il diritto di indossarel’uniforme; possiede inoltre un suo giornale, il Cactus, cheesce solo sporadicamnete e a cui collabora il giornalistaultrasionista Paul Giniewski, autore del libro La croix desJuifs (ed. MJR, Genève 1994 di cui ha trattato don F. RI-COSSA in Sodalitium n° 41, pagg. 42-57). A partire dal set-tembre 1992 il Tagar pubblica anche L’Étudiant juif; inol-tre intrattiene rapporti abbastanza buoni con lo Tsahal,l’esercito israeliano.GLI ARGOMENTI DEL BÉTARSONO SIMMETRICI A QUELLI DEGLI ANTISEMI-TI: GLI EBREI NON POTREBBERO MAI ESSEREFRANCESI (O TEDESCHI O ITALIANI…) COMEGLI ALTRI. QUESTO PUNTO E MOLTO IMPOR-TANTE PER GLI ULTRASIONISTI, PERCHÉ DI-

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STRUGGE COMPLETAMENTE OGNI IDEA DI IN-TEGRAZIONE O DI ASSIMILAZIONE E SEMBRACONFERMARE COME IL SIONISMO E L’ANTISE-MITISMO BIOLOGICO COLLIMINO IDEOLOGI-CAMENTE. L’HÉRUT francese è il rappresentante inFrancia del partito di Begin e Shamir e riunisce i sionistirevisionisti seguaci di Jabotinsky. Fu eretto in associazio-ne legale nel 1905 ed è la casa-madre del Bétar-Tagar. IlLIKUD (alleanza di diversi partiti di estrema destra) hacome elemento motore proprio l’Hérut. Chi controlla adaltissimo livello l’autodifesa ebraica è il MOSSAD, il cuifondatore Isser Harel ha dichiarato nel 1992, in seguitoad alcune manifestazioni dei naziskin tedeschi, che se leautorità germaniche sono incapaci di fermare l’ascesa delneonazismo: «… perché mai il dipartimento azione delservizio segreto israeliano non eliminerebbe lui stesso -discretamente - ovunque sia necessario i nuovi adepti del-la peste bruna?» (Le Monde, 26/XI/1992). Harel spiegaanche come abbia organizzato dei gruppi di autodifesa intutta Europa: «Abbiamo deciso di soccorrere tutte le co-munità ebraiche nei paesi in cui i governi non potevano onon volevano frenare l’ondata antisemita. L’abbiamo fat-to in Europa e nel mondo intero… creando delle organiz-zazioni ebraiche di difesa. (…) Ciò non è stato fatto incoordinazione con le autorità locali, abbiamo preso que-sta iniziativa unilateralmente» (Tribune Juive, 26/I/1993).

95) E. RATIER, op. cit., pag. 46.96) Cit. in E. RATIER, op. cit., pagg.41-42.97) E. RATIER, op. cit., pag.50.98) Citato in RATIER, op. cit., pag.58. Cfr. Y. SHAVIT, Jabotinsky and the Revisionist mo-

vement, FrancK Cass, 1988; A. DIELHOFF, L’invention d’une nation, Gallimard,

Paris 1993.99) Citato in RATIER, op. cit., pag. 60.100) E. RATIER, op. cit., pagg. 75-77.Cfr. L. BRENNER, Zionism in The age of dictators,

Corcum Hell, 1983;E. BEN ELISSAR, La diplomatie du Troisième reich

et les juifs, Julliard 1969.101) 15/III/1935, pag. 1.102) Cit. in E. RATIER, op. cit., pag. 77.103) Citazioni da E. RATIER, op. cit., pag. 78.104)Cfr. F. NICOSIA, The Third Reich and the Pale-

stine Question, Tauris [London] 1985.105) E. RATIER, op. cit., pag. 93.106) A. DIECK HOFF, L’invention d’une natoin,

Israël et la modernité politique, Gallimard 1993 citato inE. RATIER, op. cit., pagg. 97-98.

107) Il testo originale è stao pubblicato da D. YI-SRAELI, Le problème palestinien dans la politique alle-mande, Bar Ilan University, 1974.

108) citato in E. RATIER, op. cit., pag. 98.109) Cfr. N. YAHIM-MOR, Israël, La rainessance,

1978.110) Cfr. Yediot Aharonot, 4/II/1983.111) Cfr. Jerusalem Post, 18/IX/1983.112) L. BRENNER. Zionism in the Age of the Dicta-

tors, Corcun Hell, 1983.113) Cfr. M. COHEN, Du rêve sioniste à la réalité

israélienne, La Découverte, 1990.114) RATIER, op. cit., pag. 66.Cfr. la rivista L’idea sionista, in L. Brenner, Zioni-

sm in the Age of the Dictators.115) Cfr. B. MUSSOLINI in Il Popolo d’Italia,

8/IX/1933 e 17/II/1934.116) Cfr. Jewish Daily Bulletin, 1935.117) M. BAR ZOHAR, Ben Gurion, le prophète

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armé, Fayard 1966.118) Cfr.E. RATIER, op. cit., pag. 68.119) Cit. in E. RATIER, op. cit., pag. 70.120) R. DE FELICE, op. cit., pag. 174.121) F. TAGLIACOZZO, op. cit., pag. 198.122) « Mussolini non era mai stato antisemita, alme-

no fino al 1936. Aveva trattato col Sionismo con grandeapertura e spregiudicatezza, ogni volta che gli era statoutile nella sua prospettiva di penetrazione nel MedioOriente e di contrapposizione alla prevalenza anglo-francese. Aveva esaltato… il contributo degli ebrei alRisorgimento…». Da G. SPADOLINI, Gli anni della svol-ta mondiale, Longanesi, Milano 1990, pag. 250.

123) R. DE FELICE, op. cit., pag. 159-161..124) HANNAH ARENDT, Ripensare in Sionismo in

Ebraismo e modernità, Feltrinelli, Milano 1993, pag. 26.125) HANNAH ARENDT, op. cit., pag. 87.126) HANNAH ARENDT, op. cit., pagg. 98-134.127) F. TAGLIACOZZO, op. cit., pag. 405-413.128) PAUL JOHNSON, Storia degli ebrei, Longanesi,

Milano 1987, pag. 580.129) F. TAGLIACOZZO, op. cit., pag. 419.130) PAUL JOHNSON, op. cit., pag. 587-588.131) F. TAGLIACOZZO, op. cit., pag. 421.132) F. TAGLIACOZZO, op. cit., pag. 438.133) ANDREW E LESLIE COCKBURN, Amicizie peri-

colose, Gamberetti editrice, Roma 1993, pagg. 45-46.134) Cfr. S. GREEN, Taking Sides, William Mozzow,

New York 1984.135) A. E L. COCKBURN, op. cit.,pagg. 46-47.136) A. E L. COCKBURN, op. cit.,pag. 47. Cfr. S.

GREEN, Living by the sword, Brattleboro, VT, AmanaBooks, 1988, pagg. 217-219.

137) cfr. M. J. STONE, Truman and Israel, Univer-sity of california press, Berkeley 1990.

138) A. e L. COCKBURN, op. cit., pag. 49-55, passim. 139) cfr. U. BIALER, Between East and West, Cam-

bridge University Press, New York 1990.140) A. e L. COCKBURN, op. cit., pag. 59.141) A. e L. COCKBURN, op. cit., pag. 67.142) V. OSTROVSKY, Mossad. Un agent des services

secrets israeliens parle, Presse de la Cité 1990. Il librodell’Ostrovsky, nonostante sia di un agente dei servizi se-greti, sembra essere attendibile, in quanto - come scriveActualité juive - «Un ex agente del Mossad, VistorOstrovsky, condannato a trent’anni di prigione per contu-macia, persegue legalmente una catena di televisione can-dese… “per incitamento all’omicidio” Vistor Ostrovsky èl’autore di due libri di successo sul Mossad, basati su cin-que anni passati nei servizi israeliani… La suddetta cate-na televisiva denunciata dall’Ostrovsky riceveva il 5ottobre 1994 il giornalista israeliano Yosef Lapid che,qualche giorno prima aveva scritto sul quotidiano israe-liano Ma aziv che Ostrovsky non dovrebbe avere il dirittodi vivere. Durante l’intervista televisiva Lapid ha dichia-rato che il Mossad non assassinerebbe Ostrovsky per noncompromettere le relazioni israeliano-candesi.» da Actua-lité Juive, n° 417, febbraio 1995, pag. 13.

143) Ibidem, pagg. 165-169.144) S. ALFONSO MARIA DE’ LIGUORI, Passione di

Nostro Signor Gesù Cristo, Alfonsianum, Roma 1934,pagg. 188-189.

145) A. LEMANN, op. cit., pagg. 177-8.146) S. GIOVANNI CRISOSTOMO, Homiliae contra

Judeos. Cf. V. MESSORI, Pati sotto Ponzio Pilato, Sei,Torino 1992 e M. BLONDET, I fanatici dell’Apocalisse, IlCerchio, Rimini 1992.

147) F. SPADAFORA, Gesù e la fine di Gerusalemme,

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Istituto Padano di Arti Grafiche, Rovigo 1950.148) Atti, I, 6.149) Atti, I, 7-8.150) Cfr. J. PIGNAL, Le Sionisme palestinien et, son

attitude religieuse, in Christus, Lyon 1935, pagg. 482-507.151) Cfr. T. DE SAINT JUST, Les frères Lémann juifs

convertis, Duculot, Gembloux 1937, pag. 442.152) BEDA, In Luc. XXI, 24 In Rom. XI, 25-26.153) S. TOMMASO D’AQUINO, Summa Theologica,

1a 2æ q 102 a 2.154) Lc. XXI, 24.155) Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica spie-

ga che stiamo per entrare nel terzo millennio della Nuo-va Era e che il Concilio Vaticano II è stato l’avvenimen-to che ha dato inizio alla preparazione del Giubileo delsecondo millennio. «Con il Concilio è stata come inaugu-rata l’immediata preparazione al gran giubileo del Due-mila» (Tertio Millennio Adveniente, n° 20). Il Concilio èuna specie di “Avvento” che ci prepara alla venuta delMessia (come se il Messia non fosse già venuto nella per-sona di Gesù Cristo!). La preparazione dell’anno duemi-la è una chiave ermeneutica per capire le encicliche diGiovanni Paolo II, per il quale «il Giubileo consisterànel visitare tutti quei luoghi che si trovano sul camminodel popolo di Dio dell’Antica Alleanza» (Ibidem, n° 24),che per Giovanni Paolo II «non è stata mai revocata»(cfr. N. LOHFINK, L’alleanza mai revocata, Queriniana,Brescia 1991). Il Duemila dovrà essere accuratamentepreparato con una fase PREPARATORIA (dopo quellaIMMEDIATA del Concilio Vaticano II) articolata indue fasi: a) «…una prima fase di sensibilizzazione dei fe-deli», dal 1994 al 1996 con carattere ANTEPREPARA-TORIO (n° 31), che «dovrà servire a ravvivare nel popo-lo cristiano la coscienza del valore e del significato che ilGiubileo del Duemila riveste nella storia umana». Inquesto periodo non solo si è creato un apposito Comita-to di studio, ma « …è giusto che… la Chiesa si facciacarico… del peccato dei suoi figli… in tutte quelle circo-stanze in cui si sono allontanati dallo spirito di Cristo…Tra i peccati che esigono… conversione devono essereannoverati… quelli che hanno pregiudicato l’unità volu-ta da Dio per il suo Popolo». (Come se la Chiesa nonfosse più UNA come recita il Credo!). Tale periodo ser-virà a superare le divisioni del secondo millennio dellastoria della Chiesa. L’altro peccato di cui si deve chiede-re perdono è il ricorso a «metodi di intolleranza… nelservizio della Verità» (n° 35). Questi peccati dei cattolici«ne hanno deturpato il volto [della Chiesa], impedendoledi riflettere pienamente l’immagine del suo Signore» (n°35). La Chiesa anteconciliare quindi non è pienamente laChiesa di Cristo e ciò per almeno un millennio!

La seconda fase propriamente preparatoria va dal1997 al 1999. Nel primo anno (1997) si rifletterà su Ge-sù Cristo, nel secondo sullo Spirito Santo e nel terzo sulPadre, il tutto alla luce del dialogo specialmente conebrei e musulmani (che negano il Padre il Figlio e loSpirito Santo!). Sono poi previsti incontri comuni a Ge-rusalemme. Il 1999 [e basta capovolgere le cifre peravere il numero della Bestia ‘666] è il trampolino di lan-cio per il Giubileo del Duemila «che avverrà contempo-raneamente in Terra Santa e a Roma (n° 55). «La di-mensione ecumenica del Sacro Giubileo potrà… essereevidenziata da un significativo INCONTRO PANCRI-STIANO» (n° 55). Se si legge Tertio Millennio Adve-niente alla luce di quanto la Tradizione ha insegnatosulla conversione di Israele, preceduta dall’avventodell’Anticristo, non si potrà non restare terrificati.

156) A. LÉMANN, op. cit., pag. 333.

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JULIUS EVOLA, UOMO TRADIZIONALE

O CABALISTA?don Curzio Nitoglia

INTRODUZIONE

Èuscito recentemente uno studio assaicompleto sul pensiero di Julius Evola, a

cura di Marco Fraquelli (1). L’Autore con-densa in trecento pagine, fitte di note e indi-cazioni bibliografiche, la filosofia evoliana.

Cercherò di coglierne i punti, a mio avvi-so, più importanti e di porgerli al lettore, in-tegrandoli con altre letture, per rispondereall’interrogativo di cui sopra.

IL SUPERIDEALISMO

Evola è descritto comunemente come ilmaestro della “dignità sovrannaturale del-l’uomo”; essa è fondata non sul dono libero egratuito di Dio all’uomo, ma sull’“INDIVI-DUO ASSOLUTO” o sulla concezione filosofi-ca che è denominata “Idealismo magico”. Evolainfatti pur definendosi “uomo tradizionale” si èmosso su posizioni idealiste (figlie dell’Imma-nentismo moderno), anzi egli si proponeva diportare l’Idealismo classico fino alle ultime e piùradicali conclusioni pratiche, mediante la magiae l’esoterismo delle pseudo-religioni orientali“L’Io magico... reale, DIVENENDO DIO,compie [con Evola, n.d.a.] quel passo chenell’Idealismo classico non compie” (2).

Come si vedrà in seguito, questo princi-pio filosofico influenzerà e dirigerà tutte leopzioni spirituali e politiche di Evola; per-tanto non è lecito scindere l’Evola politicoda quello magico per poter prendere l’uno elasciar cadere l’altro.

Evola vuole REALIZZARE l’Idealismo(3); vale a dire là ove Hegel, Fichte, Shelling,si limitavano a discettare e a specularesull’Io che pone e crea l’oggetto extra-men-tale, Evola vuole fare in modo che l’Io creiVERAMENTE la realtà, ricorrendo, natu-ralmente, all’“Ars Regia” e alla magia comepietra filosofale e alchemica per la qualel’uomo vorrebbe farsi “dio” e creare ilmondo. L’esoterismo rappresenta perciò ilcoronamento e l’inveramento del principiofilosofico “super-idealista” di Julius Evola ela scelta immanentista e “moderna” di Evolaè presente come filo conduttore in tuttal’opera del “filosofo proibito” (4). Tutta lasua opera sarà incentrata sulla realizzazionedell’Io assoluto, padrone dell’universo!«Evola... grazie soprattutto all’apporto delledottrine esoteriche e sapienziali, può proce-dere al superamento dell’“umano”, non soloin senso gnoseologico bensì in senso PRA-TICO” (5). “...Del resto, Evola stesso ha piùvolte ribadito l’impossibilità di giungere alladefinizione dell’Individuo Assoluto attraver-so l’uso delle sole categorie del pensiero spe-culativo di tipo occidentale” (6).

Noi sappiamo che esiste una sola veraTradizione, che Dio consegnò oralmente adAdamo (7), che ci è pervenuta tramite i Pa-triarchi e i Profeti, che Gesù ha completata e

157) Ibidem, pagg. 333-334158) Cfr. Sodalitium,n° 21, pagg. 3-14.159) S. IRENEO, Adversus Haereses, lib. V, cap. 25.160) LATTANZIO, Institutiones, lib. VI, cap. 15.161) SULPIZIO SEVERO, Vita Sancti Martini, dial. II.162) SAN ROBERTO BELLARMINO, De romano Pon-

tifice, lib. III, cap. 13.163) CORNELIO A LAPIDE, In II ad Thessalo-

nicenses, Ii in Dom., IX, 27.164) FRANCISCO SUAREZ, Disputationes LIV, De

Antichristo, sectio V, obj. VI.165) Apocalisse, XI, 7,8.166) A. LÉMANN, op. cit., pag. 220.167) A. LÉMANN, op. cit., pag. 220-221.168) A. LÉMANN, op. cit., pag. 222.

169) SAN PAOLO, II Tess. , II, 4.170) SAN GIROLAMO, Ad Algasiam, q. II.171) II ad Thessalonicenses, II.172) TEODORETO, in II ad Thessalonicenses, II.173) A. LÉMANN, op. cit., pag. 229-230.174) P. JOHNSON, op. cit., pag. 611.175) ‘With Gershon Scholem: An Interview’ in W.J.

Dannhauser, G. S.: Jesus and Judaism in crisis, NewYork, 1976.

176) P. JOHNSON, op. cit., pagg. 612-615.177) Da La Stampa, 10/IV/1995, pag. 7.178) La Stampa, 22/VIII/1995, pagg. 2-3.179) IGOR MAN, Contro la grande paura, in La

Stampa, 6/11/95, pag. 1.180) Comm. In I Reg., II.

Esoterismo

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resa universale, e che ha consegnata ai suoiApostoli affinché, tramite il Magistero dellaChiesa, arrivasse di giorno in giorno, finoalla fine del mondo, ad ogni uomo. QuestaTRADIZIONE VERACE afferma, in sinto-nia col buon senso e col realismo, che vi è unDio trascendente che ha voluto liberamentecreare il mondo, il quale è finito, contingentee dipendente da Dio e che l’uomo possiedeun intelletto che per cogliere la verità deveconformarsi alla realtà oggettiva, la qualerealtà non dipende da lui, bensì da Dio.

A tale TRADIZIONE VERACE si ècontrapposta una TRADIZIONE PARAS-SITARIA, ADULTERATA che è chiamatacomunemente GNOSI la quale è originatadalla CABALA GIUDAICA (8) ispirata inultima analisi da Lucifero; egli fu il primo agridare ‘NON SERVIAM’ e a voler essere ilfine ultimo di se stesso, senza doversi con-frontare e sottomettere ad un Dio trascen-dente. La Rivelazione autentica ci insegnache tale pretesa “idealista-magica” di Luci-fero, sfociò nella sua dannazione eterna eche, da allora, Lucifero non cessa di tentarel’uomo affinché lo imiti nel suo sciaguratoproposito. Nell’Eden Lucifero suggerì adEva di mangiare il frutto proibito per diven-tare come Dio (“Eritis sicut Dii”) (9).

IL DADAISMO

Evola è stato anche un artista oltre cheun filosofo, e la sua attività artistica coincidecon l’incontro di Tristan Tzara e il movi-mento dadaista. Tzara era un ebreo romenoe il suo movimento può essere definito comeuna sorta di “forma limite della degenera-zione artistica ebraica” (10) basata sull’esalta-zione dell’Io e della volontà di potenza e diassoluta libertà, che sfocia in libertinaggio.Infatti, come ammette lo stesso Evola, “i da-daisti proclamavano... l’identità dell’ordinee del disordine, dell’Io e del non-Io” (11).Evola conobbe Tristan Tzara verso il 1918;in quel periodo - scrive il Fraquelli - Evolafa ampio ricorso a droghe ed allucinogeni.

Un altro autore a cui s’ispirò allora Ju-lius Evola fu Otto Weininger (morto suici-da), ebreo anche lui; “il sistema weiningeria-no si incentra... sulla completa identità tral’Io e l’uomo: entrambi si trovano a doverimporre se stessi di contro all’altro da sé”(12). E l’Io-uomo, nella sua necessità di porsicontro la realtà, deve liberarsi evidentemen-te dalla morale cristiana!

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Un altro autore a cui si rifà Evola in taleperiodo è Nietzsche, che spingerà ancora dipiù Evola ad un’opposizione radicale controil Cristianesimo. Inoltre occorre sapere che“oltre all’influenza nietzschiana... un ruoloassai importante avranno anche le dottrineorientali, che Evola studia proprio in queglianni, che con la loro... rottura con la Logica...offriranno ampio materiale per l’attacco anti-razionalista alla... filosofia occidentale” (13).

LA GNOSI ORIENTALE OLTRE E NONCONTRO L’IDEALISMO MAGICO

“La svolta decisiva verso il mondo delleantiche tradizioni spirituali, delle dottrine...esoteriche e iniziatiche si compie in Evola...non come cesura bensì come naturale svi-luppo del suo idealismo magico.

L’Individuo Assoluto ha preso coscienzache il mondo è una sua creazione (...). Evolasi accosta dunque alla Tradizione sapienzia-le orientale... in ricerca... di tecniche... checonsentano all’Individuo di realizzare la suaazione magica” (14).

Nel 1925 Evola pubblica “L’uomo comepotenza”, saggio dedicato al Tantrismo. “Inestrema sintesi, si può dire che i Tantra ne-gano qualsiasi dualismo uomo-Dio; infatti ilmondo e l’universo sono creazioni del-l’uomo il quale s’identifica così col Principioassoluto e divino...” (15).

Verso il finire degli anni venti, Evola in-contra Arturo Reghini, massone di rito scoz-zese, il quale «non solo avvicina Evola allaTradizione romana... ma assume un ruolofondamentale per la definitiva svolta tradi-zionale di Evola mettendo quest’ultimo incontatto con René Guénon, il “maestrosenza pari” la cui opera dà... un vero e pro-prio centro... a tutto il sapere magico ed eso-terico che Evola aveva raccolto sino a quelmomento» (16).

EVOLA E GUÉNON

Di Guénon mi occuperò, per esteso, inun prossimo articolo, tuttavia occorre quianticipare che Evola non è una mera ridu-zione di Guénon, anzi tra i due esistonodelle diversità abbastanza forti, purnell’alveo del monismo (panteista inGuénon e immanentista in Evola). L’accor-do comunque tra i due “grandi iniziati” è so-stanziale e più forte delle divergenze chepossono essere così riassunte:

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a) Evola dà il primato all’azione, allalotta, al guerriero. Guénon invece lo confe-risce alla contemplazione, al ‘sacerdote’.

b) Evola asserisce che l’Occidente hauna sua propria Tradizione. Guénon pensache l’Oriente sia l’unico depositario dellaTradizione.

c) Evola considera la “Chiesa cattolicacome un simbolo di degenerazione di matri-ce semitica, che ha concorso alla soppressio-ne della Tradizione imperiale e ghibellinamedievale” (17). Guénon considera la Chiesacome l’unico polo ESSOTERICO (si badibene) attorno al quale può risvegliarsi unaTradizione esoterica.

d) Evola è per il primato del potere tempo-rale su quello spirituale. Guénon riconosce ilprimato all’azione sacerdotale, pontificale (18).

EVOLA E LA LEGA NORD

Potrebbe sembrare una battuta, ma infondo non lo è. Infatti Evola immortala eidealizza lo spirito eroico pagano ed anticri-stiano insito nella Tradizione occidentale, chenon può essere opera dei popoli neolatini ecattolici, ma deve essere opera dei popoli ger-manici. Per Evola la Tradizione occidentale èquella nordica propria del guerriero, contro lafalsa Tradizione del sud, dominata dallo spiri-to religioso e sacerdotale. Ed è perciò cheEvola credeva di cogliere nel Fascismo, masoprattutto nel Nazismo, un’opportunità perpoter ripristinare la Tradizione mediante larestaurazione dei valori nordici, pagani e ghi-bellini. Nella Lega Nord sono certamente pre-senti anche elementi evoliani che riescono aconciliare Federico Barbarossa con... Albertoda Giussano! Non c’è da stupirsi, per l’ideali-sta la contraddizione è vita.

EVOLA ANTICRIST(IAN)O

La vera Tradizione per Evola è anticri-stiana, infatti il Cristianesimo “rappresentala causa prima della degenerazione delmondo moderno, è la forza eversiva per ec-cellenza che ha scardinato qualsiasi princi-pio tradizionale...” (19).

Secondo Evola il Cristianesimo è il princi-pale responsabile della caduta dell’ImperoRomano, inoltre esso è la Religione dei debo-li, degli schiavi. Se per Guénon il Cristianesi-mo è un surrogato essoterico della Tradizioneprimordiale iniziatica ed esoterica, con Evolasiamo agli antìpodi (e forse è proprio questo

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che lo rende meno pericoloso, non meno catti-vo si badi bene, in quanto un errore, veicolatoda una certa parte di verità e nascosto in essa,è più pericoloso ed ingannatore dell’erroreevidente). Il Cristianesimo per il filosofo italia-no è da riconnettersi alla componente profeti-ca e messianica del semitismo, che sostituisceogni carattere eroico della Tradizione nordica,con uno “slancio confuso ed agitato verso ilsoprannaturale”. Il Cristianesimo è inoltre unaRivelazione universale, cioè per tutti gli uomi-ni, mentre la vera Tradizione è esoterica, ov-vero riservata ai soli iniziati. Il Cristianesimocon i suoi temi di implorazione, adorazione,peccato, indegnità, limite, si richiama alla spi-ritualità del Sud. Non a caso la Chiesa è Mater,e la Mediatrice di ogni grazia è la Madonna. Inpratica il Cristianesimo realizza una svirilizza-zione che è tipica delle società lunari e sacer-dotali, è una sorta di “eresia bianca”...! Controil Cristianesimo si erge l’ideale cavalleresco,ghibellino che ha il suo culmine in Federico II.

UN SATANISTA ITALIANO...

La Revue Internationale des Sociétés Secrè-tes, di Mons. Ernest Juin, scese in campo as-sieme alla rivista Fede e Ragione di Fiesole,contro il paganesimo di Evola. La R.I.S.S. (20)critica pesantemente l’articolo che Evolascrisse su La Critica fascista di Bottai nel 1927:Il Fascismo come volontà d’Impero e il Cri-stianesimo. La prestigiosa rivista francese, ri-prendendo i temi svolti dalla rivista fiesolana,asserisce che l’articolo evoliano “è soltantouna LUNGA BESTEMMIA” (21); esso pro-clama “la netta incompatibilità della visioneimperialista della vita con qualsiasi forma diCristianesimo”, reclama la restaurazione delloStato come realtà assoluta, intollerante versouna Chiesa che voglia elevarsi al suo fianco; alcontrario lo Stato deve ergersi come unica evera Chiesa ed anche come unica e vera Reli-gione. Secondo la R.I.S.S. Evola, partendo dauna specie di sincretismo “giudeiforme”, vaancora oltre nel suo odio verso la Chiesa.Evola è un mago, un Tantra, un super-teo-sofo; L’uomo come potenza è qualificatocome ”opera satanica” nella quale “J. Evolapretende insegnare all’uomo il mezzo di farsidio”. La rivista descrive il metodo insegnatoda Evola e asserisce che ci troviamo in“PURA DEMONOLOGIA”; il fine di Evolaè “l’assoluta libertà accordata all’uomo di faretutto, anche il male, purché lo faccia con lapersuasione di essere unito a Dio e compene-

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trato della sua Sostanza”. Già Lutero diceva:“Pecca fortiter sed fortius crede”! In breveanche Evola è un adelphos della dissoluzione.La R.I.S.S. conclude con queste parole:“[Evola] è un AGENTE PROVOCATOREDELL’INFERNO, una retroguardia dellaMassoneria e delle sette che perseguitano Cri-sto con odio implacabile”. Il Tarannes ritor-nerà sull’argomento il primo febbraio 1929(21). Riassumendo una dozzina di articoli diFede e Ragione (a partire dal n. 16 del 1928),asserisce che le “teorie di uno strano satanistaitaliano [Evola, n.d.a.], sono la manifestazionedello stato di spirito giudaico-massonico...Evola potrebbe essere benissimo, in realtà, unAGENTE DELLA SUPER-MASSONE-RIA CABALISTA” (22) che riprende il ruolodell’antico Serpente e s’identifica nel Tentato-re della Genesi... SECONDO EVOLA IN-FATTI BISOGNA MANGIARE INNAN-ZITUTTO IL FRUTTO PROIBITO, FAREL’ESPERIENZA DEL PECCATO, PERTROVARNE L’ANTIDOTO. Quando Sata-na promette all’uomo di farlo diventare “dio”,esige però una caparra: L’ESPERIENZADEL PECCATO. Conditio sine qua non perdiventare dèi è l’esperienza satanica ovvero ilpeccato eretto a scienza.

Nei suoi scritti si trova “l’odio di Dio, unodio furioso, schiumoso, veramente satani-co. Odio contro il Padre... odio del Verboincarnato; odio soprattutto della Croce diCristo” (23). È vero, obietta il Tarannes, cheEvola nega strenuamente di essere un sata-nista; Satana infatti, secondo lui, è una favo-la dei preti ad uso dei bambini e delle vec-chiette. No, Evola non crede al diavolo,“tuttavia... parla esattamente come un pos-seduto, vittima incosciente può darsi, macerta, di colui di cui nega l’esistenza” (24). Infondo, riprende il Tarannes, Imperialismopagano non è nient’altro che il Messianismocarnale del Talmùd, che Evola stesso criticacome fonte semitica del Cristianesimo...!

Il più importante dei dodici articoli di Fedee Ragione mi sembra senz’altro il primo (25). Inesso l’autore pone i principi da cui trarrà leconseguenze negli articoli successivi. Egli affer-ma che dopo il peccato originale e il suo trave-stimento sotto forma di serpente, nel ParadisoTerrestre, Satana non può più contare su nes-sun nuovo travestimento. “Soltanto nell’Edenegli poteva essere occulto, perfettamente simu-lato dalle forme del serpente. (...) Poi... Satanadiventò l’assiduo tentatore, ma facilmente rico-noscibile sotto tutti i travestimenti” (26).

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L’autore di Imperialismo pagano è peròuno “dei più deboli arnesi che Satana abbiamai impiegato nel mondo; se ne ha riprovanella... estrema e spesso assurda virulenza”(26) dello scritto in questione.

Infatti Satana tiene nascosta l’aperta be-stemmia. Nasconde la coda per non farsiscorgere e poter mordere l’incauto passante.Al contrario “il tener la coda distesa, (...) èsegno nei rettili, di poca energia”. Saper na-scondere la coda, come ha fatto Guénon, èun’arte che solamente i più alti tra gli iniziaticonoscono, e non sembra essere l’arte diEvola ne l’Imperialismo: infatti quella che“nell’Eden era una sfumatura del seduttore,un sottile veleno nascosto nelle pieghe diuna proposizione, un’insinuazione malignacosì ben dissimulata, doveva diventare, sottola penna del maldestro autore del libro, unasgarbata, volgare, aperta, e quindi senza piùefficacia, accusa contro Dio” (27).

LA CONCEZIONE POLITICA DI EVOLA

Vi sono certamente degli elementi positi-vi nella concezione politica evoliana. Peresempio la critica mossa al “liberal-liberi-smo” come filosofia economica che tende asminuire gli ideali dell’uomo portandoli sem-pre più verso valori fisici, meccanici e mate-riali e facendo di essi un fine quando nonsono che un mezzo (anche se da non disprez-zare, si badi bene, come insegna la Chiesa).

Il Socialismo a sua volta, secondo Evola,non è assolutamente alternativo al Super-ca-pitalismo, poiché entrambi nascono dalla me-desima radice culturale: la PLUTOMANIA,il culto dell’ORO. Anzi il Super-capitalismoliberale non può che accelerare il processosocialista che ha bisogno di sfruttatori e disfruttati per fomentare l’odio e servirsi delproletariato come forza che scatena la Rivo-luzione permanente ed universale. Inoltre siail Super-capitalismo che il Socialismo invera-no il sogno dei talmudisti di diventare gliunici padroni del mondo; infatti il Supercapi-talismo da una parte concentra le ricchezzenelle mani di poche famiglie di ascendenzagiudaica o di ispirazione massonica; il Sociali-smo d’altra parte, espropriando la proprietàdei goym e consegnandola nelle mani di ununico proprietario (lo Stato), che è governatoin massima parte da giudei, rende realmenteil talmudista padrone del mondo.

Evola, a questo proposito, ha un’intuizio-ne brillante e parla di Super-capitalismo libe-

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rale (PRIVATO) e di Super-capitalismo so-cialista (DI STATO), che conducono en-trambi ad un’unico traguardo: la massifica-zione e la spersonalizzazione. Occorre perònotare che con questa teoria egli si rifà allaGuerra Occulta di Leon de Poncins e diMalynski, due autori cattolici controrivolu-zionari (28). Per Evola i concetti liberisti diprosperity e di benessere non sono poi moltodiversi da quelli marxisti dell’utopia escatolo-gica di un messianismo terreno, propriamen-te talmudico. In entrambi i casi il valore eco-nomico “sacrifica” quello spirituale, accre-scendo e moltiplicando artificialmente i biso-gni materiali dell’uomo, che diventa cosìschiavo di Mammona e del Vitello d’oro.L’epoca liberal-socialista è perciò caratteriz-zata dal primato del fare, del consumare,dell’agitazione caotica rispetto ai bisognidello spirito. L’errore evoliano, anche in que-sto campo, è il peccato di un eccessivo elitari-smo che disprezza la realtà materiale, gnosti-camente, come qualcosa di cattivo in sé; laChiesa invece insegna a gerarchizzare, a su-bordinare ciò che è inferiore, senza mai di-sprezzarlo, né tantomeno a erigersi a semidèi.

L’EUROPA DEL DOPOGUERRASECONDO EVOLA

Nel pensiero evoliano l’Europa è dive-nuta, dopo l’esito disastroso della secondaguerra mondiale, da soggetto di politicamondiale, un oggetto condizionato dall’Im-perialismo dell’URSS e degli USA.

Secondo Evola, per sfuggire alla domina-zione sovietica l’Europa ha dovuto sceglierel’Alleanza Atlantica. Fino a che l’Europanon si ricompatterà, non solo economica-mente ma politicamente e spiritualmente,dovrà scegliere l’influenza americana comeil male strategicamente minore, per evitaredi cader vittima della ben più nefasta in-fluenza del mondo comunista.

EVOLA E IL FASCISMO

Il nostro Autore vedeva nel Fascismouna deficienza di Tradizione aristocratica (odi élite tradizionale). Il suo intervento nelFascismo ha una finalità correttrice: render-lo un movimento che si ispiri alla concezio-ne idealistico-magica ed esoterica, propriadel “filosofo proibito”, ovvero una sorta disuper-Fascismo. Il suo intervento si concre-tizzerà in una serie di articoli, pubblicati in:

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Vita Nuova, Il Lavoro d’Italia e Critica Fa-scista, tutte riviste di primo piano. Gli artico-li del Nostro sono tutti imperniati a dimo-strare l’incompatibilità tra Fascismo e Cri-stianesimo. Essi però scatenarono una fortereazione da parte del Vaticano ed Evola fu“scaricato” dal Partito. Il filosofo cercòquindi di crearsi uno spazio proprio, pubbli-cando nel 1928 Imperialismo pagano - Il Fa-scismo di fronte al pericolo eurocristiano.“Evola dichiara, senza mezzi termini, l’in-conciliabilità dell’etica fascista... con la Reli-gione cattolica. Di conseguenza il Fascismodeve percorrere, con coerenza, fino infondo, la via ghibellina che conduce... loStato a subordinare ai proprii tutti gli altriinteressi, specie quelli della Chiesa. Lo Statonon deve oltrepassare i limiti di una generi-ca tolleranza nei riguardi della Chiesa Cat-tolica: al contrario deve assumersi la respon-sabilità di dichiararsi pagano” (29). Ma l’ap-pello evoliano resterà lettera morta, il 1929è l’anno del Concordato!

RAZZISMO “SPIRITUALISTA”

Evola scriverà quattro saggi dedicati alproblema della razza: Tre aspetti del problemaebraico (1936); Il mito del sangue (1937) e Sin-tesi della dottrina della razza apparso assiemea Indirizzi per una educazione razziale (1941).

Secondo il Fraquelli «...il tanto sbandiera-to razzismo “spiritualista” evoliano si rivelapiù un problema terminologico che non di so-stanza... sotto l’alone spiritualistico si celereb-be quello che Di Vona definisce un “materia-lismo trasposto”. Lo studioso napoletano sot-tolinea infatti come Evola, pur cercando didistinguere il vero razzismo da quello biologi-co, in realtà non si discosti poi molto da

Il serpente che si morde la coda è l’emblema della“Società Teosofica”

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quest’ultimo» (30). Contro tali scritti di Evolapolemizzò Giorgio Almirante, da un punto divista ancora più biologicamente razzista (31).

CAVALCARE LA TIGRE

Nel 1961 Evola pubblica Cavalcare latigre dove prospetta per “l’uomo in piedi trale rovine” la difesa dei valori tradizionali sulpiano interiore, senza coinvolgimento alcunosul piano... dell’azione. Il libro è rivolto “a chinon può o non vuole staccarsi dal mondo at-tuale... senza però cedere interiormente” (32).

Apolitia significa per Evola parteciparealla realtà del mondo attuale, senza lasciarsicoinvolgere da esso; ma non significa affattoastensione dall’attività, anche politica. Anziil compito del militante è proprio quello di“far precipitare la crisi”, di favorire e non ar-restare, le forze della DISSOLUZIONE (33).

Vi sono alcuni aspetti politici, nel sistemaevoliano, che, presi a parte, possono appari-re controrivoluzionari, e che hanno attiratotanti giovani desiderosi di reagire contro ladegradazione del mondo moderno. Presiperò nell’insieme ed inquadrati nell’Ideali-smo magico-iniziatico, essi non costituisconouna vera reazione al processo rivoluzionarioe gnostico, ma ne fanno parte ed anzi ne rap-presentano una delle punte più avanzate.

Come tanti giovani di buona volontà,confondendo la causa palestinese conl’Islàm, si gettano con quest’ultimo per com-battere il Giudaismo (quando l’Islàm non èche il prodotto di esso); così altri giovanicon buoni ideali potrebbero essere ingannatidalle poche verità economico-politiche con-tenute nell’Evolismo e cadere nelle bracciadel Cabalismo magico contro cui volevanolottare.

L’unica vera alternativa alla Modernitàè, da un punto di vista naturale, il realismodella filosofia aristotelico-tomista e da unpunto di vista soprannaturale l’insegnamen-to della Rivelazione biblica come è stato co-stantemente spiegato dai Padri, dai Dottoridella Chiesa e soprattutto dal Magisteropontificio. Abbiamo un faro di luce, che è laRoma cristiana: se vogliamo davvero restau-rare la società tradizionale non dobbiamofare nient’altro che restaurare noi stessi, conl’aiuto della grazia di Dio. Di conseguenzapotremo restaurare la famiglia e quindi lasocietà secondo gli insegnamenti divini diNostro Signor Gesù Cristo quali ci sono tra-mandati dal Magistero ecclesiastico, di

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epoca in epoca, fino alla fine del mondo(malgrado la crisi che la Chiesa sta attraver-sando attualmente, ma dalla quale uscirà si-curamente, perché è di costituzione divina).

OBIEZIONI E RISPOSTE

Qualcuno potrebbe obiettare che c’è unEvola “politicamente buono e controrivolu-zionario”, poco conosciuto (34), e che occor-re leggere l’antologia dei suoi scritti politiciche vanno dal 1933 al 1970 (35).

Tuttavia leggendo questa raccolta discritti meno conosciuti del pensatore siculo-romano, si è costretti a ravvisare errori edambiguità anche in essi. Per esempio, secon-do Evola il male, l’errore è soprattutto il “ca-povolgimento e la perversione di un ordinesuperiore” (36); egli cita il caso dell’Illumini-smo, esso non è nient’altro che la perversio-ne di qualcosa che prima era buono. All’ini-zio c’era la setta degli illuminati, che primadi politicizzarsi era ben altra cosa dal feno-meno razionalista dell’Illuminismo; mentregli illuminati apparterrebbero, secondoEvola, alla Tradizione primordiale, che si ri-feriva alla “illuminazione spirituale” “...untipo di conoscenza legato, anticamente, a tra-dizioni ben precise di natura sempre aristo-cratica... nulla di comune..., con quel che Il-luminismo (...) è passato a significare”.

Naturalmente, prosegue il Nostro «ciòvale anche per la gran parte dei simboli dei“riti” e della “dignità” della Massoneria.Qui... si tratta di elementi i quali rimandanospesso agli antichi Rosacroce, all’Ordine deiTemplari... cioè ad un mondo che, costitui-sce l’antitesi più aspra delle ideologie pro-prie alla setta massonica» (37). In breve laMassoneria attuale o speculativa è una de-generazione di qualcosa che all’inizio era ot-timo: la Massoneria operativa.

È questa falsa concezione che ha ingan-nato molte persone le quali sono entratenella Massoneria per ritrovare e ricostruirelo spirito tradizionale di essa, contro la de-generazione della Massoneria speculativa,ma ritrovandosi di fatto, forse senza nean-che accorgersene, ad essere manovrate daun burattinaio che si rifà certo ad una Tradi-zione, quella però perversa e spuria del Ser-pente, che si chiama Càbala pervertita. Pur-troppo in Evola si trova molto del cabalistae assai poco dell’uomo tradizionale!

Un’altra obiezione è quella che tende aminimizzare l’anticristianesimo di Evola, che

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avrebbe rivalutato la Chiesa cattolica (comeCharles Maurras) rispetto al Cristianesimodelle origini. Tuttavia se si legge attentamen-te Rivolta contro il mondo moderno (che èl’opera capitale di Evola, risalente al 1934 equindi posteriore di sei anni a Imperialismopagano), ci si accorge che le cose non stannocosì e che la pregiudiziale anticristica di Im-perialismo è mantenuta, anche se è espressain modo meno virulento. “Il Cristianesimodelle origini. Questo è il punto dopo il qualeavviene la discesa. (...) A tutto ciò doveva ag-giungersi l’azione soppiantatrice del Cristia-nesimo... La presenza di alcuni elementi tra-dizionali nel Cristianesimo (e poi, in maggiormisura, nel Cattolicesimo) non può pregiudi-care il riconoscimento del carattere sovverti-tore proprio a queste due correnti” (38). Sibadi bene, l’Autore afferma che il Cristiane-simo ha alcuni elementi tradizionali, il Catto-licesimo (che poi è la stessissima cosa delCristianesimo) ne ha qualcuno in più, tutta-via, tutti e due (Cristianesimo e Cattolicesi-mo) hanno un carattere SOVVERTITORE!

Addirittura per Evola la dottrina delCorpo Mistico di Cristo contiene in germe“una ulteriore influenza regressiva ed invo-lutiva, che lo stesso Cattolicesimo, malgradola sua romanizzazione, MAI seppe e volleinteramente superare” (39). Quindi il Cattoli-cesimo è stato SEMPRE un fenomeno invo-lutivo e regressivo.

Addirittura si arriva alla BESTEMMIAquando Evola scrive: «Chi considera le testi-monianze enigmatiche dei simboli, non puònon essere colpito dalla parte che nel mito diGesù ha il motivo dell’asino. Non solol’asino figura presso la nascita di Gesù, ma èsu di un asino che la Vergine e il fanciullodivino fuggono e, soprattutto l’asino è la ca-valcatura del Cristo nel suo ingresso trionfa-le a Gerusalemme. Ora L’ASINO è un SIM-BOLO TRADIZIONALE PER UNAFORZA “INFERA” DI DISSOLUZIO-NE» (40). Ogni commento è superfluo!

Ugualmente nel trattare del Medioevoghibellino, Evola scrive: “Anche nella suaforma ATTENUATA E ROMANIZZATACATTOLICA, la fede cristiana rappresentòun’ostruzione...”. E ancora: «Il Cattolicesi-mo presenta TALVOLTA dei tratti “tradi-zionali”, i quali però non debbono indurreall’equivoco: CIÒ CHE NEL CATTOLI-CESIMO HA CARATTERE VERAMEN-TE TRADIZIONALE È BEN POCO CRI-STIANO E CIÒ CHE IN ESSO È CRI-

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STIANO È BEN POCO TRADIZIONA-LE... Il Cattolicesimo tradisce SEMPRE lospirito delle civiltà lunari-sacerdotali...» (41).In breve, direbbe qualche “tradizionalista”,il Cattolicesimo è... clericale! Ergo... faccia-mo i cavalieri.

D’altronde lo stesso Evola in un’intervi-sta rilasciata a Gianfranco Di Turris (pubbli-cata sul n. 11 de L’Italiano, novembre 1971),appena quattro anni prima di morire, ribadi-va che il concetto di Tradizione secondo lui“è, essenzialmente, il senso ad essa dato daRené Guénon”. E riguardo al fatto che alcu-ni gruppi che si dicono tradizionali, e chehanno spesso seguito le sue idee si sono poiconvertiti al Cattolicesimo, Evola affermasenza esitare: “Trovo che ciò è piuttostoSCONFORTANTE... Chi si dice tradiziona-le per essere cattolico, non è tradizionaleche a metà... Sono pronto a riconoscere...chi è sinceramente cattolico e per via di unqualche arrangiamento personale ha trova-to, così, un senso della vita ed una sicurezza.Io mi guarderei dal disturbarlo, se resta nelsuo dominio e se ne sta tranquillo. La cosa èdiversa nel caso di chi ha avuto occasione diconoscere più vasti orizzonti, a caratterenon semplicemente religioso, ma metafisico.Allora si deve parlare senz’altro di una re-gressione o di un fallimento... Si sarebbetentati di rimettere le cose a posto in modoenergico, se ne vale la pena” (43).

CONCLUSIONE

Mi sembra perciò di poter asserire -senza paura di esagerare - che Evola non èl’uomo della Tradizione divina, ma quellodella Càbala spuria, e che tale Tradizione lu-ciferina, Evola l’ha insegnata e vissuta finoal termine; infatti nel 1953 usciva Gli uominie le rovine, in cui egli ribadiva la sua posizio-ne ghibellina secondo cui tra Stato sacrale eReligione cristiana vi è una profonda antite-si. Evola arriverà così ad affermare: “Chi ètradizionale essendo soltanto cattolico, nelsenso corrente ed ortodosso, non è tradizio-nale che a metà” (44). L’ultimo libro diEvola: Cavalcare la tigre, del 1961, “segnaun ritorno alle sue [di Evola] personali posi-zioni di partenza, quelle cioè di un impulsoprofondo verso la negazione radicale delmondo e dei valori esistenti” (44). Si tratta diposizioni non dissimili a quelle degliAdelphi della dissoluzione... (45). Il serpentesi morde la coda…

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Note

1) M. FRAQUELLI, Il filosofo proibito, Terziaria,Milano, 1994.

2) Ibidem pag. 21.3) Cfr. Teoria dell’Individuo assoluto, Bocca, Tori-

no, 1927, pagg. IV-V.4) Cfr. Saggi sull’Idealismo magico, Atanòr, Roma,

1925. “Fenomenologia dell’Individuo assoluto”, Bocca,Torino, 1930.

5) M. FRAQUELLI, op. cit., pag. 43.6) M. FRAQUELLI, op. cit., pag. 48.7) Cfr. Sodalitium n. 32, pagg. 34-50.8) Cfr. P. DRACH, De l’harmonie entre l’Eglise et la

Sinagogue, Paul Mellier, Paris, 1844. DON J. MEINVIEL-LE, Dalla Cabala al progressismo, Roma, 1989.

9) Cfr. V. BARBIELLINI AMIDEI, La Tradizione con-traffatta, in Adveniat Regnum, anno IX, n. 3-4, 1971, pag. 7.

10) M. FRAQUELLI, op. cit., pag. 6.11) JULIUS EVOLA, Il cammino del Cinabro, Mila-

no, Scheiwiller, 1972, pag. 22.12) M. FRAQUELLI, op. cit., pag. 10.13) M. FRAQUELLI, op. cit., pag. 13.14) M. FRAQUELLI, op. cit., pag. 50.15) M. FRAQUELLI, op. cit., pag. 51. Leggasi anche:

M. BLONDET, Gli Adelfi della dissoluzione, Milano,Ares, 1994.

16) M. FRAQUELLI, op. cit., pag. 53-54. Per quanto ri-guarda Arturo Reghini si può leggere E. ZOLLA, Uscitedal mondo, Milano Adelphi, 1992 (tout se tient) e R. DEL

PONTE, Evola e il magico ‘Gruppo di UR’, Bozzano (RE),SeaR, 1994. Si noti che lo psicanalista freudiano ed ebreoEmilio Servadio faceva parte del gruppo di UR.

17) M. FRAQUELLI, op. cit., pag. 5618) P. D. VONA, Evola, Guénon, De Giorgio, Bor-

zano (RE), SeaR, 1993.19) M. FRAQUELLI, op. cit., pag. 62.20) Cfr. A. TARANNES, Un sataniste italien, J.

Evola, in Revue Internationale des Sociétés Secrètes, n.4, 1° aprile 1928, pagg. 124, 129.

21) Cfr. A. TARANNES Le “fasciste” Evola et la mis-sion transcendente de l’Eglise, in Revue Internationaledes Sociétés secrètes, n. 2, 1° febbraio 1929 pagg. 43-68.

22) Ibidem, pagg. 44-45.23) Ibidem, pag. 48.24) Ibidem, pag. 51.25) MINIMUS risposta a Satana, in Fede e Ragione,

15 aprile 1928, n. 16, pagg. 121-123.26) Ibidem, pag. 121.27) Ibidem, pag. 122.28) L. DE PONCINS, E. MALYNSKI, La guerra occul-

ta, ed. AR, Padova, 1989.29) M. FRAQUELLI, op. cit., pag. 261.3O) M. FRAQUELLI, op. cit., pag. 270.31) G. ALMIRANTE, Ché la diritta via era smarrita, in

La difesa della razza, V, n° 13, 5 maggio 1942, pagg. 9-11.

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32) JULIUS EVOLA, Cavalcare la tigre, ed. Scheiwil-ler, Milano 1961, pag. 171.

33) Cfr. M. BLONDET, Gli Adelphi della dissoluzio-ne, Ares, Milano, 1994 - P. VASSALLO, Modernità e tra-dizione nell’opera evoliana, Thule, Palermo, 1978.

34) Cfr. J. VAQUIÉ, Léon de Poncins est-il un disci-ple de R. Guénon et de J. Evola? , in Lecture etTradition, n. 157-158, marzo-aprile 1990, pagg. 35-42.

35) J. EVOLA, Fenomenologia della sovversione,SeaR, Borzano (RE) 1993.

36) J. EVOLA, op. cit., pag. 27.37) Ibidem, pagg. 28-29.38) J. EVOLA, Rivolta contro il mondo moderno,

ed. Mediterranee, Roma, 1969, pagg. 339-341.39) Ibidem, pag. 345.40) Ibidem, pag. 348.41) Ibidem, pagg. 350-352.42) J. EVOLA, Orientamenti, ed. Il Cinabro, Cata-

nia, 1981, pagg. 30-32.43) J. EVOLA, Il cammino del cinabro, Scheiwiller,

Milano, 1972, pag. 174.44) R. INCARDONA, L’impegno per una ‘vera De-

stra’ nella vita e nell’opera di Julius Evola, Palermo,1994, pag. 34. Il Serpente si morde la coda...!

45) M. BLONDET, Gli Adelphi della dissoluzione,Ares, Milano, 1994.

Nell’ultimo numero di Sodalitium (pag. 29)avevamo annunciato la nostra intenzione

di prendere in esame le due ultime “encicli-che” di Giovanni Paolo II, Evangelium vitæ eUt unum sint; la prima ha rallegrato i “conser-vatori”, la seconda i “progressisti”... nessunadelle due, purtroppo, può rallegrare i cattolici.In questo numero, per ragione di tempo e dispazio ci limiteremo ad un commento diEvangelium vitæ; per le citazioni, il numero èquello dell’“enciclica”, la pagina è quelladell’edizione de L’Osservatore Romano, Do-cumenti. In questo periodo, Giovanni Paolo IIha sviluppato specialmente questi tre temi delsuo “Magistero”: la ripetuta richiesta di perdo-no per le “colpe” della Chiesa, un commentoai documenti conciliari nel XXX anniversariodel Vaticano II e numerosi discorsi sulla que-stione femminile e... femminista, per l’annodella donna. Se Dio ce lo permetterà, parlere-mo in un prossimo numero di questi documen-ti nonché dell’“enciclica” Ut unum sint.

EVANGELIUM VITÆ

“Il Vangelo della vita sta al cuore del mes-saggio di Gesù” (n. 1, p. 3). Con queste paro-le, molto impegnative, inizia l’“enciclica” di

Julius Evola negli ultimi anni

LL’’OOSSSSEERRVVAATTOORREE RROOMMAANNOO

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Giovanni Paolo II “sul valore e l’inviolabilitàdella vita umana”. Ma il Vangelo che ci pre-dica Giovanni Paolo II è veramente, inte-gralmente, quello di Gesù Cristo, SignoreNostro? L’“enciclica” ci impone di crederlo.Con vigore, Giovanni Paolo II ricorda che aiVescovi è “affidato il compito di vigilare sullatrasmissione integra e fedele dell’insegnamen-to riproposto in questa Enciclica e di ricorrerealle misure più opportune perché i fedelisiano preservati da ogni dottrina ad esso con-traria” ammonendo i pastori ed i teologi anon assumersi mai “la grave responsabilità ditradire la verità (...) esponendo idee personalicontrarie al Vangelo della vita quale il Magi-stero fedelmente ripropone e interpreta” (82,146). Si tratta di “Magistero”, dunque, e di“Magistero” collegiale, secondo l’ecclesiolo-gia del Vaticano II; Evangelium vitæ è il“frutto della collaborazione dell’Episcopatodi tutto il mondo” (5, 10).

Giovanni Paolo II ribadisce alcune veritàcattoliche

Certo, il fedele non incontra difficoltànell’aderire alle condanne dell’omicidio vo-lontario dell’innocente (57, 100), dell’abortodiretto (62, 110-111) e dell’eutanasia (65,117), per le quali si invoca il Magistero ordi-nario universale della Chiesa. L’“enciclica”ribadisce anche la condanna della contracce-zione (cf. n. 13), delle tecniche di riproduzio-ne artificiale e, seppur con dei distinguo,delle diagnosi pre-natali (n. 14), della speri-mentazione sugli embrioni (n. 63, 112)... Gio-vanni Paolo II deplora che dei “delitti” sianoriconosciuti come dei “diritti” (11, 20), che“scelte un tempo unanimamente consideratecome delittuose e rifiutate dal comune sensomorale, diventano poco a poco socialmente ri-spettabili” (4, 8) e ricorda che “Dio non puòlasciare impunito il delitto” (8 e 9, 17). Riaf-ferma il legame della libertà con la verità og-gettiva (19, 34) e ne deduce, pertanto, “incontinuità con tutta la tradizione della Chiesa(...) la dottrina sulla necessaria conformitàdella legge civile con la legge morale” (72,130); in caso contrario la legge civile è “ini-qua” e “destituita d’ogni valore giuridico” (71,130), per cui “l’autorità cessa di essere tale edegenera in sopruso” (72, 130). Leggi comequelle sull’aborto o sull’eutanasia, “non solonon creano nessun obbligo per la coscienza,ma sollevano piuttosto un grave e preciso ob-bligo di opporsi ad esse mediante l’obiezione

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di coscienza” (73, 132). I cattolici devono op-porsi ad una “oggettiva congiura contro la vitache vede implicate anche Istituzioni interna-zionali, impegnate a incoraggiare e program-mare vere e proprie campagne per diffonderela contraccezione, la sterilizzazione e l’abor-to” (17, 29) che trasformano la democrazia inun “sostanziale totalitarismo” (20, 35).

L’aver ricordato i punti del “Vangelodella vita” in conformità con la dottrina dellaChiesa, non ci esime però dal segnalare, ora,quelli ambigui o contrari alla stessa dottrina...

Il Vangelo della dignità della persona

L’“enciclica” del 25 marzo 1995, vuol esse-re un complemento della “Lettera alle Fami-glie” del due febbraio dell’anno precedente(cf. 6, 11), che cita ampiamente (cf. 43, 74).Nel commento di Sodalitium a questa Lettera(cf. Sodalitium nn. 38-40) dimostrammo comela dottrina di Wojtyla su questo tema sia debi-trice sia dello gnosticismo e del cabalismo, siadel personalismo condannato dal S. Ufficionegli scritti di Krempel e Doms. Il lettore, perpenetrare appieno certi temi di Evangeliumvitæ, deve pertanto riferirsi alla Lettera alleFamiglie (ed al nostro commento). Uno deitemi comuni all’“enciclica” ed alla “Lettera”(come a tutto il pensiero wojtyliano) è quellodella dignità della persona umana.

“Il Vangelo dell’amore di Dio perl’uomo, il Vangelo della dignità della perso-na e il Vangelo della vita sono un unico e in-divisibile Vangelo” (2, 5). Cosa predica que-sto Vangelo? La dignità della personaumana: “...ogni persona” deve essere “rico-nosciuta e rispettata per se stessa” (88, 156),per il solo fatto di essere una persona. Lapersona umana ha, infatti, una dignità “in-commensurabile” (80, 144), “incomparabile”(2, 5), “quasi divina” (25, 44; 84, 149-150).Questo vale per ogni uomo (25, 44; 70, 127).Il peccato non fa decadere l’uomo dalla suadignità “quasi divina”: “Neppure l’omicidaperde la sua dignità personale” (9, 18) - cheesiste malgrado il peccato originale, di cuinon si fa menzione - nel “bambino nonnato” (44, 76) al quale viene applicato quel-lo che vale per il profeta Geremia, purificatodal peccato nel seno materno (Ger 1, 5;Evangelium vitæ, 44, 77), Giovanni Battista(purificato come Geremia) e Gesù (senzapeccato) (cf. Evangelium vitæ 45). Si giungeal punto di dire, parlando dell’aborto procu-rato, che “chi viene soppresso è un essere

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umano che si affaccia alla vita, ossia quantodi più innocente in assoluto si possa imma-ginare” (58, 103). Tale affermazione è unaimplicita negazione del dogma del peccatooriginale; certo, un bambino nel seno mater-no è innocente (da ogni peccato personale)e non può esssere considerato ingiusto ag-gressore della madre, ma non è quanto dipiù innocente in assoluto si possa immagina-re: il medesimo bambino, dopo il battesimo,è certamente più innocente di prima!

La dignità quasi divina di ogni uomo po-stula non solo “il rispetto di ogni persona”(98, 175) ma persino di ridiventare capaci“con l’animo colmo di religioso stupore, dionorare e venerare ogni uomo, come ci invi-tava a fare Paolo VI in uno dei suoi messagginatalizi” (83, 148; occorre venerare ogni per-sona: 40, 71; venerare la vita umana: 51, 90).Per la verità Paolo VI, alla chiusura del Con-cilio, aveva parlato esplicitamente di “cultodell’uomo”, espressione ripresa anche daGiovanni Paolo II. Da questa dignità ne con-segue “l’esaltazione dell’uomo quale essereindisponibile” ovvero il fatto che “l’uomo(...) non può essere sottomesso al dominio dinessuno” (19, 33). Anche da quello del Si-gnore? Un principio, questo, parallelo aquello kantiano ripreso da Wojtyla, secondoil quale la persona umana deve essere sem-pre e per tutti (anche per Dio) un fine e maiun mezzo (cf. Sodalitium, n. 39 pagg. 42-43).

Questo principio è il fondamento della“teoria dei diritti umani” (19, 33), una “nobi-le proclamazione” consistente nel “ricono-scere il valore e la dignità di ogni essereumano in quanto tale, senza alcuna distinzio-ne di razza, nazionalità, religione, opinionepolitica, ceto sociale” (18, 31). In Loggia nonsi parlerebbe altrimenti.

Se poi cerchiamo quale sia la base scrit-turale e tradizionale di questo “Vangelodella dignità umana”, Giovanni Paolo II ri-sponde col libro della Genesi (i primi duecapitoli), certi Salmi (specie l’ottavo: 35, 62-63), S. Ireneo (“l’uomo che vive è la gloria diDio” : 34, 60) e l’interpretazione che il Vati-cano II dà dell’Incarnazione in Gaudium etspes n. 22: “Con l’incarnazione il Figlio diDio si è unito in un certo modo a ogniuomo”, “meravigliosa verità” citata, natural-mente, ben due volte (2, 5; 104, 186) anchein questo documento. “L’uomo, l’uomo vi-vente, costituisce la prima e fondamentale viadella Chiesa” (2, 6; da Redemptor hominis,nn. 14 e 285). Poiché abbiamo già esaminato

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questi argomenti su Sodalitium (n. 20 pagg.7-8; n. 39 pagg. 40-41) non possiamo che ri-mandare il lettore a quelle considerazioni.Ricordiamo solo sinteticamente che tutta ladignità della persona umana consiste nell’es-sere l’uomo dotato di intelletto e di volontà,e poi chiamato, gratuitamente, da Dio allavita sovrannaturale: niente di meno, maanche nulla di più. Ora, l’uomo può sventu-ratamente, pur senza perdere la naturaumana, e pertanto, radicalmente, la sua di-gnità, perdere la sua dignità in atto: “Se l’in-telligenza aderisce a delle false opinioni, sela volontà sceglie e s’unisce al male, né l’unané l’altra raggiungono la propria perfezione,entrambe decadono dalla loro nativa di-gnità, e corrono alla loro perdizione”(Leone XIII, enciclica Immortale Dei, 1 XI1885). Ed immediatamente se ne deduce lanegazione della libertà religiosa: “Non èquindi lecito mettere in vista degli occhidegli uomini tutto ciò che è contrario allavirtù ed alla verità, ed ancor meno porlosotto la tutela e la protezione delle leggi”(ibidem). E con queste semplici considera-zioni, crolla e rovina tutto l’edificio che ilVaticano II e Giovanni Paolo II hanno co-struito sul fondamento di una falsa conce-zione della dignità della persona umana.

Il Vangelo di quale vita?

Il Vangelo della dignità umana è il Van-gelo della vita. Una nota (n. 2, pag. 4) am-mette che “in verità, l’espressione ‘Vangelodella vita’ non si trova come tale nella SacraScrittura”. Si tratta, dunque, di un neologi-smo, e la prudenza è d’obbligo. Il termine“vita”, riferito all’uomo, può indicare coseben diverse: la vita naturale, comune a tuttigli uomini, la vita della grazia, sovrannatura-le, propria ad alcuni, ed infine la vita dellagloria, la vita eterna, in Paradiso. Certo, laprima è condizione della seconda, e la se-conda della terza (dopo la perdita dellaprima, però!); certo, tutte hanno un grande

Il logo dell’Enciclica Evangelium vitæ

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valore, ma un valore diseguale tra loro!L’“enciclica” parla di queste diverse acce-zioni del termine ma, in molti casi, non pre-cisa di quale vita intenda parlare, creandodeplorabili equivoci. Questo, tanto più che iltema proprio del documento riguarda la vitaumana naturale da difendere, alla quale al-lora verranno falsamente attribuite conside-razioni valide solo per la vita sovrannatura-le. Il processo della vita naturale “viene illu-minato dalla promessa e rinnovato dal donodella vita divina, che raggiungerà il suopieno compimento nell’eternità” (2, 4).Certo, la “promessa” della vita divina è pertutti; ma il “dono della vita divina” no.L’“enciclica” non chiarisce, anzi confonde leidee poiché, proseguendo, parla del “valoreincomparabile di ogni persona umana” poi-ché “il Figlio di Dio in un certo modo si èunito ad ogni uomo” (2, 5): anche col “donodella vita divina”? “Ciascun uomo - prose-gue l’“enciclica” - proprio a motivo del mi-stero del Verbo di Dio che si è fatto carne (cf.Gv 1, 14 ) è affidato alla sollecitudine mater-na della Chiesa” (3, 6). Certo, la Chiesadeve predicare il Vangelo a ogni uomo, manon ogni uomo, solo i battezzati, sono figlidella Chiesa. “L’uguale dignità personale”comune a tutti gli uomini, viene chiamata“parentela spirituale” (8, 16) quando questotermine ha un senso solo per la vita spiritua-le, propria solo a chi si trova in grazia diDio. Secondo Giovanni Paolo II “l’uomotende naturalmente a Dio” che sarebbel’“approdo definitivo e appagante di ognipersona” (35, 62), mentre “l’amore che ogniessere umano ha per la vita (...) si sviluppanella gioiosa consapevolezza di poter faredella propria esistenza il ‘luogo’ della mani-festazione di Dio, dell’incontro e della comu-nione con Lui” (38, 67). Ora, Dio dovrebbeessere, ma non è l’approdo definitivo di ognipersona. Purtroppo, molti vivono senza al-cuna “gioiosa consapevolezza” del fatto chenella vita possono entrare in comunione conDio. Ed occorre distinguere accuratamente(ma l’“enciclica” non lo fa) tra il desiderionaturale ed inefficace della beatitudine (cheha ogni uomo) ed una tendenza naturale cheogni uomo avrebbe verso Dio (in quanto au-tore della grazia o della natura?). Ma, perGiovanni Paolo II lo Spirito non solo soffiadove vuole, ma “raggiunge” e persino “coin-volge ogni uomo che vive in questo mondo”(77, 138-139). Coinvolge anche chi peccacontro lo Spirito Santo?

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I bambini abortiti sono in Paradiso

Ancora una volta, pertanto, GiovanniPaolo II lascia intendere, senza dirlo esplici-tamente, che tutti gli uomini sono, in qual-che modo, uniti a Dio, ottenendo per il fattostesso la vita eterna. Il passo più chiaro al ri-guardo riguarda la sorte eterna dei poveribambini vittime dell’aborto procurato. Ri-volgendosi accorato alle madri di questibambini, Giovanni Paolo II dice loro, invi-tandole al pentimento: “Vi accorgerete chenulla è perduto e potrete chiedere perdonoanche al vostro bambino, che ora vive nelSignore” (99, 177). Come si può giustificareuna simile affermazione senza negare il pec-cato originale e la necessità del battesimoper la salvezza? A meno di considerare,senza dirlo e senza prova alcuna, che ogniaborto sarebbe un martirio, un battesimo disangue. Paradossalmente, proprio in una“enciclica” contro l’aborto viene negata laconseguenza più tragica dell’aborto stesso,ovvero la privazione della visione beatificaper le vittime di questo grave peccato.

L’inferno, questo sconosciuto

Il “cardinale” Von Balthasar assicuravache Giovanni Paolo II condivideva la sua opi-nione neo-origenista sulla salvezza di tutti esull’inferno vuoto. In ogni caso, anche in que-sta “enciclica” non si fa cenno dell’inferno e,ancor meno, dei dannati. Dopo aver evocatola parabola del ricco stolto che morirà nellanotte, il commento di Giovanni Paolo II si li-mita a considerare che questi se ne muore“senza essere arrivato a percepire il vero signi-ficato della vita” (32, 57). Al n. 48 (pagg. 82-83) vengono descritte le conseguenze dell’al-lontanarsi dalla verità sulla vita: “Distaccarse-ne equivale a condannare se stessi all’insignifi-canza e all’infelicità, con la conseguenza dipoter diventare anche una minaccia per l’esi-stenza altrui...”. Nient’altro? Al n. 52, pag. 93,vien detto che “l’uomo deve rendere conto alsuo Signore” della vita che ha ricevuto, maanche qui non viene detto come. Al n. 53(pagg. 94-95) entra in scena Satana, ma nonl’inferno: “...Dio dimostra di non godere dellarovina dei viventi (cf. Sap. 1, 13). Solo Satanane può godere (...): ingannando l’uomo, loconduce a traguardi di peccato e di morte, pre-sentati come mete e frutti di vita” . Di qualemorte si parla? Quella eterna o solo quellatemporale? L’“enciclica” non dà risposta fino

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alla fine, quando ci viene detto che “la vitadell’uomo è stata sottratta alla condanna dellamorte definitiva ed eterna” (n. 102, pag. 182).La vita di ogni uomo è sottratta alla morteeterna? Oppure, genericamente, l’uomo puòsottrarsi (ma non sempre gli uomini ci riesco-no) alla morte eterna? Non chiedete a Evan-gelium vitæ la soluzione a questo dubbio cheessa stessa ci ha insinuato!

Scelte criminose, generose attenuanti

Se Evangelium vitæ non parla dell’inferno(e meno che mai della dannazione), nonmanca però di condannare i peccati che viconducono..., almeno in teoria. Sì, perché inpratica, si concedono facilmente generose at-tenuanti. A proposito dell’aborto, ad esem-pio, si legge: “Le scelte contro la vita nascono,talvolta, da situazioni difficili o addiritturadrammatiche di profonda sofferenza, di solitu-dine, di totale mancanza di prospettive econo-miche, di depressione e di angoscia per il futu-ro. Tali circostanze possono attenuare anchenotevolmente la responsabilità soggettiva e lacolpevolezza di quanti compiono scelte in sécriminose” (18, 30). Nessuno nega la possibileesistenza di circostanze attenuanti, ma l’“enci-clica” non precisa se queste circostanze (tra lequali non è elencata la perdita della ragione)possano rendere l’aborto solo un peccato ve-niale, anzi lascia capire che non si tratterebbepiù di un peccato grave. Il lassismo è ancorapiù esplicito per quel che riguarda il suicidio,per il quale si invocano “condizionamenti psi-cologici, culturali e sociali” che non solo atte-nuerebbero ma addirittura annullerebbero (eanche qui non si parla del caso della follia) “laresponsabilità soggettiva” (66, 118).

I trapianti di organi non attentano alla vitaumana?

Stupisce, poi, in una “enciclica” dedicataalla difesa della vita umana, la dichiarata li-ceità dei trapianti d’organi. La “donazione diorgani” viene qualificata come gesto che“merita particolare apprezzamento” (86, 152)purché “compiuta in forme eticamente accet-tabili” (ibidem). Forme eticamente non ac-cettabili di “donazione” di organi sono segna-late e condannate [espianto “senza accertare icriteri oggettivi ed adeguati di accertamentodella morte del donatore” (15, 27); sfrutta-mento di embrioni o feti umani come fornito-ri di tessuti o di organi (cf. 63, 112); eutanasia

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provocata “per rendere disponibili organi datrapiantare” (64, 114), mentre viene dimenti-cato il pur documentato commercio di orga-ni]. Resta però la lode ai trapianti di organicompiuti “in forme eticamente accettabili”.Ora, non esistono forme eticamente accetta-bili di espiantare e trapiantare gli organi!Non nel caso degli organi vitali (cuore, pol-moni, fegato ecc.), giacché Pio XII ha dichia-rato che il paziente, anche se mantenuto arti-ficialmente in vita, è, per l’appunto, ancorapresumibilmente vivo (e sarebbe quindi ucci-so dall’“espianto”). Ma neppure nel caso,meno grave, degli organi doppi (come i reni),giacché si tratta di una mutilazione di uncorpo sano, illecita anche per un buon fine(cf. Sodalitium n. 12 pag. 22). In questo caso,pertanto, l’“enciclica” non difende il “vange-lo della vita”. Ma anche quando lo difende,cambiano le motivazioni rispetto a quelledella morale tradizionale...

Un nuovo fondamento personalista alla mo-rale cattolica

Nel commento alla Lettera alle famiglie(Sodalitium n. 40 pagg. 34-44) avevamo sot-tolineato come tutta la morale cattolica erarivista da Wojtyla sotto la nuova luce delpersonalismo, giungendo ad una nuova defi-nizione della famiglia, del matrimonio edelle sue finalità. Così, l’“enciclica” condan-na la contraccezione, ma non più tanto per-ché implica una violazione della natura, main quanto “contraddice all’integra veritàdell’atto sessuale come espressione propriadell’amore coniugale” (13, 23). Similmente,le tecniche di riproduzione artificiale nonvìolano tanto la natura, quanto il “contestointegralmente umano dell’atto coniugale”(14, 25). L’aborto stesso è “una minacciafrontale a tutta la cultura dei dirittidell’uomo” (18, 32). “La sessualità” che gra-zie a Giovanni Paolo II è entrata trionfal-mente nel “Magistero”, non è più tanto unafacoltà naturalmente e prosaicamente ordi-nata alla procreazione, ma è divenuta, quasimisticamente, “segno, luogo e linguaggiodell’amore, ossia del dono di sé e dell’acco-glienza dell’altro secondo l’intera ricchezzadella persona” (23, 41; cf. anche 81, 145).

Esagerata esaltazione del matrimonio

Come sempre (cf. Sodalitium n. 40 pag.39-43) Wojtyla esalta oltre misura l’unione

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coniugale, come logica conseguenza del suopersonalismo (e cabalismo!). Vi è, difatti,una originaria vocazione all’amore che è pro-pria di ogni uomo” (25, 45). Quale sarà mai?L’“enciclica” dà due riferimenti biblici per il-lustrare questa vocazione all’amore propriadi ogni uomo: Genesi 1, 27 (“maschio e fem-mina li creò”) e Genesi 2, 18-24 (la creazionedi Eva). A questo proposito, Giovanni PaoloII aggiunge: “solo l’apparizione della donna(...) può soddisfare l‘esigenza di dialogo inter-personale che è così vitale per l’esistenzaumana” (35, 62). “Quando il maschio è sepa-rato dalla femmina, sventura al mondo”,commenterebbe lo Zòhar, il principale librocabalistico degli ebrei (cf. Rosenberg,L’Ebraismo, Mondadori, pag. 128). Pertantoil matrimonio è “al di sopra di tutti i doni ter-reni” (43, 75), la generazione del figlio è unevento “altamente religioso” (43, 74) e, par-lando di essa, si precisa che la vita umana èun dono ricevuto per essere a sua volta dona-to” (92, 164); un principio, questo, che intesosenza restrizioni avrebbe come conseguenzal’obbligo, per tutti, di sposarsi! “La sessua-lità”, d’altronde, non è forse “ricchezza ditutta la persona” (97, 171)?

Lo Stato personalista: la democrazia dei di-ritti dell’uomo

“Se oggi si registra un consenso pressochéuniversale sul valore della democrazia, ciò vaconsiderato un positivo ‘segno dei tempi’,come anche il Magistero della Chiesa ha piùvolte rilevato” (70, 126). Il “Magistero” (diGiovanni Paolo II, non quello della Chiesa)ha dunque fatto una scelta preferenziale infavore della democrazia come la migliore, senon addirittura l’unica forma legittima di go-verno [che include, sia detto en passant, comefa Giovanni Paolo II contro il magistero diGregorio XVI, la “libertà d’informazione”(98, 175)]. Giovanni Paolo II vuol difendere,però, una “sana democrazia” (71, 127), nellaquale la maggioranza non è sempre e neces-sariamente fonte di verità: “quando, per untragico oscuramento della coscienza collettiva,lo scetticismo giungesse a porre in dubbio per-sino i principi fondamentali della legge mora-le, lo stesso ordinamento democratico sarebbescosso nelle sue fondamenta, riducendosi a unpuro meccanismo di regolazione empirica deidiversi e contrapposti interessi” (70, 127); perGiovanni Paolo II, quindi, “il valore della de-mocrazia sta o cade con i valori che essa in-

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carna e promuove” (70, 126), per cui, lo ab-biamo già notato, una “legge” iniqua, benchévotata dalla maggioranza, non è una veralegge [contraddittoriamente però si dichiaralecito votare una legge iniqua che permettel’aborto, se più restrittiva rispetto alla prece-dente, come se il minor male non fosse sem-pre un male (73, 133-134). Che ne pensano iprofessori Sanfratello e De Mattei, che a suotempo si batterono contro il “mini-aborto”proposto dal Movimento per la vita?]. Fin qui,le critiche mosse da Giovanni Paolo II al si-stema democratico concretamente esistentesono pertinenti, anche se si dimentica di direche, senza la grazia e la fede, “il tragico oscu-ramento della coscienza collettiva”, data l’esi-stenza del peccato originale, non è l’eccezio-ne ma la regola! La posizione dell’“enciclica”diventa però insostenibile quando elenca ivalori di una “sana democrazia”: “fondamen-tali e imprescindibili sono certamente la di-gnità di ogni persona umana, il rispetto deisuoi diritti intangibili e inalienabili nonchél’assunzione del ‘bene comune’ come fine ecriterio regolativo della vita politica” (70,126). Tenuto conto che il bene comune stessonon consisterebbe in altro che nella tutela“dei diritti e dei doveri della persona” (71,129, che cita Giovanni XXIII), ne segue chel’unico valore da non violare è, ancora unavolta, quello della dignità della persona, in-terpretato nel quadro della filosofia persona-lista di Wojtyla. Il concetto è poi continua-mente ribadito: “nel rispetto di tutti e secondola logica della convivenza democratica” biso-gna contribuire “a edificare una società nellaquale la dignità di ogni persona sia ricono-sciuta e tutelata...” da parte dei “responsabilidella cosa pubblica” che sono “chiamati a ser-vire l’uomo...” (90, 159). La Chiesa “vuolesemplicemente promuovere uno Stato umano[e non, quindi, anche cristiano]. Uno Statoche riconosca come suo primario dovere la di-fesa dei diritti fondamentali della personaumana. (...) Solo il rispetto della vita può fon-dare e garantire i beni più preziosi e necessaridella società, come la democrazia e la pace”e non c’è vera democrazia se “non si ricono-sce la dignità di ogni persona e non se ne ri-spettano i diritti” né vera pace, secondo PaoloVI, senza i “diritti dell’uomo” (101, 179-180).Certo lo Stato deve difendere i diritti dellapersona umana (che però il peccatore puòperdere), ma non solo. “Il potere regio - ri-corda ad esempio Pio IX - è stato conferitonon solo per il governo del mondo ma soprat-

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tutto perché difenda la Chiesa” (Enc. Quipluribus, 9 XI 1846 ed Enc. Quanta Cura, 8XI 1884. La frase è presa da S. LeoneMagno). “I capi di Stato - conferma LeoneXIII - devono santificare il nome di Dio econtare tra i loro principali doveri quello difavorire la religione [“non quella che ognunopreferisce, ma quella che Dio ha prescritto eche delle prove certe e indubitabili dimostra-no essere la sola vera tra tutte”], proteggerlacon la loro benevolenza, coprirla con l’auto-rità tutelare delle leggi e nulla stabilire o de-cidere che sia contrario alla sua integrità”(Enciclica Immortale Dei, 1 XI 1885).

I “segni di speranza”: pacifismo, non-violen-za, ecologismo, bioetica, femminismo. Ilproblema della pena di morte

Pur denunciando gli attentati alla vita ealla dignità dell’uomo, Evangelium vitæ nonperde però l’ottimismo di fondo che permeail suo modello, e cioè il documento conciliareGaudium et spes. “Segni positivi” (di ordinenaturale) sono visti nei “centri di aiuto allavita”, nei “gruppi di volontari” ed in altri entifilantropici (n. 26) e nei movimenti pro-life,purché non violenti (n. 27). Si elogiano acriti-camente ecologismo e bioetica (cf. 10, 20; 27,49; 42, 72-73). Si invitano le donne a promuo-vere “un nuovo femminismo (...) operandoper il superamento di ogni forma di discrimi-nazione” (99, 175). “Tra i segni di speranzava pure annoverata la crescita (...) di unanuova sensibilità sempre più contraria allaguerra (...) e sempre più orientata alla ricercadi strumenti efficaci ma ‘non violenti’ perbloccare l’aggressore armato” (27, 48). Comesi possa, senza un miracolo, bloccare l’aggres-sore armato senza l’uso della forza non si ca-pisce... “Nel medesimo orizzonte si pone altre-sì la sempre più diffusa avversione dell’opi-nione pubblica [!?] alla pena di morte anchesolo come strumento di ‘legittima difesa’” (27,48). Il tema è ripreso al n. 56 (pagg. 98-99).Sul “problema della pena di morte (...) si regi-stra nella Chiesa come nella società civile unacrescente tendenza che ne chiede un’applica-zione assai limitata ed anzi una totale aboli-zione”. Ma questa tendenza è giusta o no?Quale ne sarebbe il suo fondamento? “Il pro-blema va inquadrato nell’ottica di una giusti-zia penale che sia sempre più conforme alladignità dell’uomo e pertanto, in ultima analisi,al disegno di Dio sull’uomo e la società”. Lapena di morte, insomma, sarebbe non confor-

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me, o meno conforme, alla dignità dell’uomocome rivelata da Dio. Ciò è assolutamentefalso (cf. S. Tommaso, II-II, q. 64, a. 2) poichécol peccato l’uomo “decade dalla dignitàumana” e si rende “più nocivo di una bestia”.Per Giovanni Paolo II (ed il Nuovo Catechi-smo, n. 2267) la pena di morte non può mailegittimamente essere una pena vendicativa,per punire (ed espiare) il mal fatto, in quantociò contrasterebbe con un (falso) concettodella dignità umana e toglierebbe definitiva-mente al reo “la possibilità di redimersi” (27,49; cf. 56, 98); sarebbe lecita solo per “legitti-ma difesa” della società solo se non si puòfare altrimenti, caso praticamente sempreevitabile. Scorda l’“enciclica” che la pena dimorte può proprio essere un modo per il reo,accettandola, di redimersi e guadagnare lavita eterna, e che, in ogni caso, negare lapena di morte come pena vendicativa equiva-le a negare a più forte ragione, seppur impli-citamente, la pena dell’inferno, pena ben piùgrave, puramente vendicativa, e senza nessu-na possibilità di redenzione del condannato.Anche l’inferno è meno conforme all’inamis-sibile dignità della persona umana?

Se la pena di morte è quasi sempre illeci-ta, “tutto ciò che vìola l’integrità della perso-na umana, come le mutilazioni, le torture in-flitte al corpo e alla mente (...)” lede “grande-mente l’onore del Creatore”(3, 7, citandoGaudium et spes 27). Senza voler fare l’apo-logia della tortura (come pena o comemezzo di prova giudiziaria) chi non vedecome, ammessa la possibilità della pena dimorte, non si possa non ammettere, almenoin teoria ed in certi casi, la liceità della tortu-ra? Chi può il più (la pena di morte) può ilmeno (mutilazione o tortura); questo, senzafalsi sentimentalismi, lo ammise la Chiesa elo ammisero tutti i migliori teologi moralisti(tra i quali Sant’Alfonso), per cui il Vatica-no II ed Evangelium vitæ (nonché il nuovoCatechismo) possono deprecare gli abusi inmateria o promuovere l’abolizione della tor-tura, ma non certo decretarne (come fanno)l’assoluta illiceità morale.

Demografia, giustizia e carità

Proseguendo l’esame dell’“enciclica” sulpiano sociale, ci imbattiamo nella questionedemografica ed economica. A giusto titolo,essa denuncia le responsabilità dei Governi edelle istituzioni internazionali nella promo-zione di una campagna demografica fondata

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sulla “contraccezione, la sterilizzazione el’aborto” (91, 161). Ma quali le cause ed i ri-medi proposti? Sventuratamente, mai dei ri-medi sovrannaturali, solo dei rimedi naturaliper delle cause naturali (cf. ad esempio 11,21). Panacea universale sarebbe la “procrea-zione responsabile”, con la promozione deimetodi naturali” (88, 155; 97, 171) che, seppurleciti nei fermi e rigorosi limiti fissati da PioXII, possono far credere agli sposi, come in-fatti scrive l’“enciclica”, che essi hanno il di-ritto “di fare le loro scelte procreative in pienalibertà” (91, 161): piena libertà dallo Stato, disicuro, ma non certo dalla legge naturale e di-vina! Altro rimedio proposto dall’“enciclica”:instaurare “un’autentica economia di comu-nione e condivisione dei beni, sia sul piano in-ternazionale che su quello nazionale” distri-buendo “con maggiore giustizia le ricchezze”(91, 162) e “le risorse mediche” (26, 47). In-fatti, molti attentati alla vita sarebbero conse-guenza di “una iniqua distribuzione delle ric-chezze tra i popoli e le classi sociali” (10, 20),come se l’aborto e la contraccezione fosserouna piaga che colpisce solo i poveri ed i Paesisottosviluppati, e non anche (e soprattutto) iricchi e le società opulente. L’affermazione,così generica, di una iniqua distribuzionedelle ricchezze non può che alimentare l’odio“tra i popoli e le classi sociali”, tra i “Paesi ric-chi che chiudono l’accesso allo sviluppo” ed i“Paesi poveri” che tali sarebbero solo percausa dell’altrui “egoismo” (18, 32). Senzadubbio esistono delle ingiustizie, senza dub-bio esiste l’usura anche a livello dei rapportitra Stati, ed esistono le inique speculazionidel capitalismo selvaggio. Ma l’“enciclica”non precisa le ragioni e i torti, addebita tuttele colpe agli uni, tutte le ragioni agli altri,confonde gli obblighi in carità con quelli ingiustizia, dimentica che la povertà di alcunipuò essere anche, a volte, colpa degli stessi, e

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che i poveri saranno sempre in mezzo a noi.Una ricchezza rubata deve, senza dubbio, es-sere restituita in giustizia al derubato; ma unaricchezza legittimamente acquisita, da un pri-vato come da una Nazione, non deve perforza essere “equamente distribuita” tra tuttigiungendo alla “comunione dei beni”; postu-lare un obbligo in giustizia in questo caso nonè conforme alla dottrina sociale cattolica, maa quella social-comunista.

Ecumenismo antiabortista

Come ogni documento post-conciliare,anche Evangelium vitæ è macchiato dall’er-rore ecumenista. Al seguito di Pacem in ter-ris, è rivolta “a tutte le persone di buona vo-lontà” (Titolo, pag. 2), parole con le quali,del tutto abusivamente, si designano ora inon credenti. Il Vangelo della vita sarebbeun prezioso punto “di incontro e di dialogoanche con i non credenti” (82, 145; cf. anche95, 169) anzi, sarebbe “per tutti” (101, 179).Certo, l’immoralità dell’aborto è conoscibilecon la sola ragione, ma la triste storiadell’umanità, dall’antichità ad oggi, dimostracome il “non credente”, di fatto, ferito dalpeccato originale, si allontana costantemen-te dalla legge morale, anche naturale! E poi,il Vangelo della vita per Giovanni Paolo II,non include anche la “vita sovrannaturale”?Ancora una volta si constata come il neolo-gismo Vangelo della vita costituiscaun’espressione ambigua e polivalente. Così,alla “giornata del malato” (97, 173) ed aquella “della gioventù” (17, 29) si aggiun-gerà la “giornata per la vita” (85, 151): una“festa” di più di un calendario umanistico-massonico che ricorda stranamente la reli-gione dell’Uomo inventata dal positivistafrancese Auguste Comte! Ultima ambiguità:chiamare gli Ebrei il “popolo dell’Alleanza”(49, 84; 54, 95), il “popolo eletto” (53, 94)che si è preparato al “grande annuncio diGesù” (54 95) senza precisare se, visti i risul-tati di questa preparazione, esso resta tutto-ra il popolo eletto dell’Alleanza oppure no.

La Sacra Scrittura in Evangelium vitæ

Dovendo concludere questa analisi diEvangelium vitæ, ci resta da fare una osser-vazione sullo stile letterario dell’“enciclica”che, come tutti i testi post-conciliari, mette adisagio il lettore cattolico, non solo per lasua prolissità, ma anche perché assomiglia

Giovanni Paolo II

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più a uno scritto filosofico personale che aun testo di quel Magistero ecclesiastico alquale pretende appartenere, che dovrebbeessere tutto fondato sulla Scrittura e la Tra-dizione. A proposito della Scrittura, le cita-zioni non mancano, ma stupiscono per la li-bertà con la quale le utilizza l’autore (fino ainterpolarle, come abbiamo visto in Sodali-tium n. 39 pag. 36). La cosa non deve stupi-re, visto che Woytjla non nasconde la suaadesione personale (che vuol far passarecome una adesione del Magistero) al razio-nalismo di Wellhausen († 1918). Ancora unavolta, infatti, egli scrive, a proposito di Ge-nesi 2, 7: “Anche il racconto jahvista delleorigini esprime la stessa convinzione...” (35,65). Questo, con buona pace non solo del re-sponso della Commissione Biblica (27 giu-gno 1906) sull’autenticità mosaica del Penta-teuco, ma anche e soprattutto della Rivela-zione giacché Gesù (cf. Mc 12, 26; Mt 8, 4;Mt 19, 8; Jo 5, 46), gli Apostoli (Atti 3, 22),San Paolo (Rm 10, 5 e 19; 1 Cor 9, 9) el’unanimità dei Padri attribuivano la Genesia Mosè e non ad anonimi e tardivi redattorijahvisti ed elohisti. Sappiamo bene che moltiesegeti moderni cercano di accomodare ilrazionalismo di Wellhausen alla Rivelazio-ne, ma si deve proprio, in un documento del“Magistero”, parlare di “racconto jahvista”?

Non stupiamoci quindi delle libertà cheWoytjla si prende con la tanto lodata Paroladi Dio... Ecco alcuni esempi. Scrive l’“enci-clica” (32, 56): “Come già il Dio ‘amantedella vita’ (Sap 11, 26)...”. Le parole dellibro della Sapienza sono riportate tra virgo-lette, mentre in realtà Sap. 11, 24-25 è statosolo malamente parafrasato, e non sta scrit-to che Dio è “amante della vita”. “Anche ilnemico cessa di essere tale per chi è tenuto adamarlo”, si legge al n. 41 (pag. 71). E peruna affermazione così bislacca si citano iVangeli, di S. Matteo (5, 38-48) e di S. Luca(6, 27-35). Naturalmente, Gesù non dice cheil nemico non è nemico. Quando dice“amate i vostri nemici” (Mt 5, 44) ciò pre-suppone che sono, appunto, “nemici”, daamare però in quanto creature di Dio anco-ra capaci di conversione, ma non in quantonemici (cf. Sant’Agostino: “Ogni peccatorein quanto è peccatore non deve essereamato, e ogni uomo in quanto è uomo, deveessere amato per amore di Dio” De Doctri-na Christiana L. 1 c. 27; San Tommaso II-II,25, 8). Al n. 42 (pag. 72) scopriamo con stu-pore che Dio si occupava della “questione

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ecologica” già nel libro della Genesi, e checon la proibizione di “mangiare il fruttodell’albero” (Gen 2, 16-17) il Signore inten-deva realizzare la “preservazione degli ‘habi-tat’ naturali delle diverse specie animali edelle varie forme di vita...”. Scopriamo ades-so che il peccato originale fu un peccato eco-logico! Dal ridicolo al tragico: la nuova in-terpretazione delle parole di San Luca, se-condo le quali, alla morte di Gesù, “il velodel tempio si squarciò nel mezzo”. Per iPadri e per tutta la Chiesa, il velo del tempiodi Gerusalemme si squarciò per significarela fine dell’Antica Alleanza e dei suoi sacri-fici, e l’abbandono che Dio faceva del tem-pio, ormai inutile e profanato. Ma siccomeGiovanni Paolo II ritiene ancora in vigorel’Antica Alleanza (cf. Magonza 17/11/80, in-contro con la comunità ebraica, L’Osserva-tore Romano 17-18/11/80) allora l’avveni-mento del venerdì santo significherebbesolo “una immane lotta tra le forze del bene ele forze del male, tra la vita e la morte (...) trala ‘cultura della morte’ e la ‘cultura dellavita’” (50, 87). Il vero significato del Vange-lo è così gravemente deformato. Inaudita(nel senso etimologico di mai sentita) è poil’interpretazione dell’ emisit spiritum. “...E,chinato il capo, rese lo spirito (Gv 19, 30).(...) Il ‘rendere lo spirito’ descrive la morte diGesù, (...) ma sembra alludere anche al‘dono dello Spirito’ col quale Egli ci riscattadalla morte e ci apre a una vita nuova” (51,88). Sarà... ma non riusciamo a scoprire sucosa si fondi questa interpretazione, tantopiù che lo Spirito Santo è inviato dal Figlionon al momento della Sua morte, ma con laSua ascensione in Cielo, alla Pentecoste.

“Dio dimostra di non godere della rovinadei viventi” scrive infine la versione italianadell’“enciclica” (53, 94) rimandando a Sap. 1,13. Se si va a leggere, la citazione è più forte,poiché non parla di “rovina” ma di “perdi-zione”. Ancora una censura all’idea delladannazione? In ogni caso, il libro della Sa-pienza intendeva dire che Dio non ha creatola morte (temporale ed eterna) per se, masolo per accidens, come pena del peccato.

Ultima annotazione. Abbiamo già segna-lato in questo articolo come sia malsonante(per lo meno) l’affermazione wojtyliana se-condo la quale ogni uomo avrebbe una di-gnità quasi divina (25, 44; 84, 149-150), cheper giunta è pure “inalienabile” [anche in in-ferno?]. Ma Giovanni Paolo II pretende fon-darsi sulla Sacra Scrittura! “Di fronte all’im-

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mensità dell’universo, egli è ben piccola cosa;ma proprio questo contrasto fa emergere la suagrandezza: ‘Lo hai fatto poco meno degli an-geli (ma si potrebbe tradurre anche: ‘pocomeno di Dio’) di gloria e di onore lo hai coro-nato’ (Sal 8, 6)” (35, 62). Con il sistema giàcollaudato (cf. Sodalitium n. 39 pag. 36) Gio-vanni Paolo II, dopo aver segnalato le duepossibili versioni, quella originale e quellaadulterata, cita in seguito solo quest’ultima,coma fa qui al n. 84, pag. 149. Versione adul-terata? Certo. La Parola di Dio, infatti, dice“lo hai fatto poco meno degli angeli” e non“poco meno di Dio”! Spiega San RobertoBellarmino (Explanatio in Psalmos, Ps 6, 8):“...quando il Salmista dice: lo hai fatto pocomeno degli angeli, nel testo ebraico non sitrova il termine angeli, che gli ebrei chiamanomalachim, ma Elohim, che si può tradurre‘Dio’ o ‘dèi’; ma poiché, nella Sacra Scrittura,questo termine viene spesso attribuito agli an-geli e persino agli uomini che comandanosugli altri, con ragione i Settanta, consideran-do il significato che voleva esprimere il Profe-ta, hanno tradotto [in greco] ‘degli angeli’, tra-duzione che approva l’Apostolo [San Paolo]nell’epistola agli Ebrei 2, 7”. Il testo ebraico,quindi, potrebbe in teoria essere inteso nelsenso di Wojtyla, ma sia la versione dei Set-tanta, sia, soprattutto, San Paolo, respingonoquesta interpretazione. Siccome la lettera agliEbrei è divinamente ispirata, come può Gio-vanni Paolo II andare contro la Rivelazione escegliere una traduzione scartata dallo SpiritoSanto? Eppure, tanta è la bramosia di Wojty-la di attribuire una dignità quasi divinaall’uomo, che egli pensa di poter tenere innon cale lo Spirito Santo...

Conclusione

Evangelium vitæ, lo abbiamo vistoall’inizio della nostra analisi, pretende per ilsuo insegnamento l’assenso dovuto al Magi-stero della Chiesa. Sarebbe doveroso. Ma èimpossibile: pur non essendo certo il peggiordocumento wojtyliano, contiene, come ab-biamo visto, ambiguità ed errori incompati-bili con un documento promulgato da unavera e legittima autorità suprema dellaChiesa. La conclusione è grave, lo sappia-mo, ma non vediamo come si possa evitarla.

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NATALEdon Giuseppe Murro

Se ad un moribondo gli si dicesse: ecco, unmedico ha appena inventato una medicina

meravigliosa, ti salverai e in breve tornerai adessere in forma come prima, quale sarà lagioia del poveretto nell’apprendere la felicenotizia. Quanto più grande fu la gioia che gliangeli procurarono ai pastori nel dar loro labuona novella: il Messia è arrivato. Il Dio“che atterra e suscita” veniva questa volta adare un aiuto straordinario agli uomini, taleda cambiare tutta la storia dell’umanità.

Gli uomini vivevano allora nella barbarie:nelle cronache dell’epoca si legge con quantacrudeltà erano trattati i vinti, i prigionieri, imalati, i bambini, gli schiavi, gli orfani, le ve-dove; quanto odio vi era tra le nazioni e tragli uomini; quanta superbia e quanta avariziac’era nella vita di ogni giorno, al punto che lefamiglie stesse erano divise a causa del potereo del denaro. Cesare fu tradito e ucciso dal fi-glio adottivo che gli era così caro.

Per quanto riguardava il culto al veroDio, la situazione era ancora più tragica: levarie divinità che i popoli adoravano eranoin genere una peggio dell’altra; in realtà nonerano altro che invenzioni della fantasia, im-magini di creature capricciose.

Mentre il mondo e gli uomini vivevano inquesta maniera, il Signore pensò di farsi co-noscere dagli uomini, per riportare la lucedella verità all’umanità caduta in uno statocosì deplorevole. E poiché Dio è puro spiritoe non può essere visto con gli occhi umani,Egli pensò una cosa che solo Lui poteva im-maginare: assumere la natura umana, pur ri-manendo Dio. Di più, affinché gli uomininon temessero questo Dio fatto uomo, vollefare in modo da venire al mondo come tuttigli uomini, nascendo però da una vergine.

In questo modo chiunque guardi ora alBambin Gesù, non ha da temere un Dio prontoa folgorarlo, ma deve ammirare questo mistero,che tutti possono intendere, ma che nessunopuò comprendere completamente: il Signoreche ha creato tutte le cose, che tiene in vitatutte le creature, si fa piccolo come un bambi-no, ha bisogno di tutto come un bambino.

Vita Spirituale

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Ma se vogliamo saperne di più, avvici-niamoci al luogo dove Gesù è nato; si trattacome tutti sanno della grotta di Betlemme enon della reggia del re Erode, che tuttaviaera a poca distanza. Gesù ha voluto nascereproprio lì e non si tratta di un caso: Dio èDio, e nulla accade senza il suo permesso.

Se gli uomini vivevano male, bisognavainsegnare loro la verità: Gesù lo fece primacon l’esempio e poi con l’insegnamento,come leggiamo nei Vangeli. Se gli uominierano crudeli, era perché vivevano disordi-natamente, schiavi delle passioni, dell’orgo-glio, dell’avarizia, della sensualità.

L’orgoglio è quel movimento del cuoreche consiste in uno smodato amore e stimadi sé, che fa sì che non vogliamo dipendereda nessuno, temiamo di vederci umiliati, ecerchiamo ciò che ci fa essere stimati daglialtri. Gesù nel nascere si sottomette alleleggi degli uomini: il censimento voluto daAugusto obbligherà infatti S. Giuseppe e laMadonna a lasciare la loro abitazione perandare fino a Betlemme. Gesù non ha volu-to l’onore del mondo: i suoi genitori si vide-ro rifiutare un posto in albergo; il Re delcielo e della terra, venuto a dare la sua vitaper la salvezza degli uomini, è stato disprez-zato al punto da dover prendere come dimo-ra quella degli animali. Lungi dal cercare lastima degli uomini, Gesù nasce nell’oscurità:solo i pastori, avvisati dagli angeli, verrannoad adorare Dio fatto uomo.

Dopo un tale esempio, come possiamoconservare un cuore gonfio d’orgoglio e divanità, come possiamo guardare il presepioe cercare ancora la stima e la lode degli uo-mini? Ascoltiamo invece le parole di Gesù:“Imparate da me, che sono dolce e umile dicuore” (Mt XI, 29).

L’avarizia è l’amore disordinato delle ric-chezze e dei beni di questo mondo. S. Paoloci avverte che è la sorgente di tutti i mali: in-fatti quante ingiustizie, invidie, odî, processi,lotte, animosità produce questa passione. Èavaro non chi possiede le ricchezze, ma chi leconcupisce: un ricco può esserne distaccato,ma un povero può essere avaro. Gesù, venutoper guarire le passioni degli uomini, ha volutonascere nella più grande povertà e nell’assen-za di ogni comodità, anche quelle necessarieper tutti gli uomini; così non nascerà in casapropria, non troverà ospitalità presso nessunparente o amico, ma la stalla sarà la suaprima dimora sulla terra. Sulla terra nonmancavano certo né palazzi né regge: il suo

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palazzo sarà invece la stalla, la sua culla saràla paglia, le sue vesti saranno dei poveripanni, e la sua corte saranno i pastori.

Poteva Gesù insegnarci meglio di così inquale considerazione dobbiamo tenere ibeni di questo mondo? Se abbiamo ancora ilnostro cuore affezionato ai beni della terra,ricordiamoci che le ricchezze rovinanol’amore di Dio, che dovremo comunque la-sciarle dopo questa vita, che chi muore conquesto affetto disordinato non può entrarein Paradiso. Ascoltiamo le parole di Gesù:“Beati i poveri di spirito, perché di essi è ilregno dei cieli” (Mt VIII, 5).

La sensualità è l’amore disordinato delpiacere dei sensi, che nasce dall’eccesso delbere, del mangiare, del riposo, delle comodità,degli spettacoli profani. Gesù è venuto a gua-rirci anche da questa malattia: nasce nella sof-ferenza, durante la notte, nella stagione piùfredda, e appena nato è adagiato sulla paglia.Quando un bimbo nasce, viene circondatodalle più tenere attenzioni, invece Gesù vuolnascere e morire nelle sofferenze. Un Dio sof-fre per noi, per i nostri peccati, e noi non vor-remmo mai soffrire nulla, vorremmo averetutte le comodità. Dio ama la purezza, ed è ve-nuto per guarire la piaga della sensualità: nondobbiamo desiderare anche noi questa virtù?Con quale ardore dobbiamo cercare o conser-vare la purezza così amata da Dio. Abbiamovisto come Gesù fatto uomo, fatto bambino, ciama: come possiamo rifiutare di amarlo contutto il nostro cuore? Ci chiama ora suoi fra-telli, suoi amici, suoi figli: sforziamoci di esser-ne degni. E se il peccato ci tiene lontani daLui, chiediamogli perdono con tutte le nostreforze, e Lui ci otterrà la grazia di perseverare.Ascoltiamo ancora le parole di Gesù: “Beati ipuri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt V, 8).

Se vogliamo penetrare nel mistero di Na-tale, non fermiamoci solo a guardare il Bam-bin Gesù, come fecero il bue e l’asinello.

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Ascoltiamo le sue parole, cerchiamo di se-guire le sue orme, e saremo suoi degni disce-poli. Degni, perché sono tanti quelli che sidicono cristiani, ma vivono come gli uominiprima che Gesù venisse sulla terra. Degni,perché disprezzeremo gli onori di questomondo, non avremo il cuore teso ai beni ter-reni, né appesantito dalla sensualità.

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felice vittoria interiore dell’illustre autore”»[Paolo VI elogiò anche “Teorema” di Pasoli-ni]. Ecco un bel pezzo di magistero “pontifi-cio” in cui si elogiano due modernisti e duelibri messi all’Indice, la Vita di Fogazzaro diGallarati Scotti, e Il Santo di Fogazzaro stes-so... A proposito, a chi si ispirò Fogazzaronello scrivere Il Santo? Don Lorenzo Bede-schi, sempre su Avvenire (giornale controlla-to dall’episcopato italiano), ci rivela che sitrattava di don Brizio Casciola (1871-1957)amico di Buonaiuti e “in passione socius”,perché, come Buonaiuti, era incorso in san-zioni ecclesiastiche a causa delle “sue idee”.Quali idee? “Lo inquietavano, come cattoli-co, i problemi dell’unione delle Chiese cri-stiane, dell’ecumenismo e della libertà reli-giosa di cui si faceva vindice quando il Conci-lio era ancora di là da venire” (BEDESCHI, IlVangelo secondo l’eretico, Avvenire del 1°marzo 1995, pag. 20). Se don Casciola era un“santo”, proponiamo di nominarlo patrono eprotettore di tutti gli aderenti al Vaticano II,di cui fu profeta e precursore! Non stupisceche a Paolo VI piacesse il “Santo” di Fogaz-zaro, se le idee di questo “santo” erano quel-le che lui stesso “promulgò” come “papa” altermine del Concilio. Sempre don Bedeschiha scritto un libro sui rapporti tra il prete sco-municato (perché modernista) don Murri ed ipadri fondatori del pensiero democristianoitaliano, don Sturzo ed il “servo di Dio” Alci-de de Gasperi. “Bedeschi - ci dice Avveniredel 31 marzo 1995, a pag. 21 - tratta quasi da‘ingrati’ Sturzo e De Gasperi per non avervoluto riconoscere pubblicamente la filiazio-ne diretta del popolarismo dalla prima De-mocrazia Cristiana di Murri. Un’accusa re-spinta dai due professori [Malgeri e Ignesti],che hanno ricordato come (...) il riferimentodiretto alla persona di Murri finiva per diven-tare una fonte di scandalo e per causare unagrande serie di problemi all’interno del

Notizie sul modernismo

“Sintesi di tutte le eresie”, “stradaall’ateismo”. Questo è il giudizio che

l’enciclica Pascendi di San Pio X dà del mo-dernismo. Si capisce come chi simpatizzavaper questa eresia, lo facesse nascostamenteo, per lo meno, discretamente, indignandosise qualcuno, magari, ricordava loro anticheamicizie diventate pericolose...

Dopo il Vaticano II le cose sono cambia-te, e nessuno nasconde più le collusioni coimodernisti nostrani, come Buonaiuti, Murri,Gallarati Scotti e Fogazzaro, di personaggiquasi canonizzati come Roncalli, Montini,Sturzo e De Gaspari. Basta leggere i giorna-li... Il quotidiano La Stampa (12 dicembre1994) titola: “Roncalli, la ‘zavorra’ dell’ereti-co”, e sottotitola: “Relazioni pericolose condon Ernesto Buonaiuti, l’uomo delle novitàfulminato dal Sant’Uffizio. (...) Anche sul fu-turo Papa sarebbe caduta l’ombra del sospet-to”. Siccome i lettori di Sodalitium sanno già[quasi] tutto della questione (cf. n. 22 e 23),passiamo ad altre notizie, concernenti, questavolta, Montini (Paolo VI). L’“Istituto PaoloVI” e le edizioni Studium hanno dato allestampe il libro “Paolo VI e gli scrittori” diFranco Lanza. «Il 20 agosto 1963 - ci riferisceil quotidiano cattolico Avvenire del 28 feb-braio 1995, pag. 17 - il conte Tommaso Galla-rati Scotti [noto modernista, n.d.r.] inviava inomaggio a Paolo VI una sua Vita di Fogazza-ro già condannata nel 1921 dalla Congrega-zione dell’Indice e in parte rifatta nel 1924,tanto che l’autore l’aveva ripubblicata di suainiziativa. Sei giorni più tardi il Papa gli ri-spondeva per la lettera; “lo vogliamo ancheringraziare del libro, nel quale sapremo vede-re riflessi pensieri e sentimenti idonei a lu-meggiare non solo la figura del grande scrit-tore vicentino [e grande modernista! n.d.r.]ma l’animo altresì, il dramma spirituale e la

E così la festa del Natale non sarà soltan-to la festa di famiglia, la festa del pranzo colpanettone, ma sarà la festa di Gesù, cheverrà nel nostro cuore perché l’ha trovatopuro e simile al suo, perché ha visto che vo-gliamo imitare non Erode o gli scribi o i fari-sei, ma gli umili pastori, privi di tutto mapieni di Dio.

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mondo cattolico di allora. Ma non per questoSturzo e De Gasperi disconobbero nei fatti ilruolo del loro maestro”. Anche Sturzo e DeGasperi, come Roncalli e Montini, erano sot-tomarini filo-modernisti in immersione, in at-tesa che le acque, agitate dalle scomuniche, sicalmassero! E chi dice che a leggere i giornalinon ci si istruisce?

P.S.: Articolo di Cattabiani, su IlGiornale, a proposito dello storico delle reli-gioni Mircea Eliade (ammirato da tutti gliesoteristi, ed anche da qualche alleanza bennota tra gli ex-tradizionalisti). Anche lui, na-turalmente, conosceva e stimava ErnestoBuonaiuti.

Tra esoterismo e devozione,ovvero: relazioni pericolose

di alcuni devoti...

Padre Torquemada

Leggo sull’ultimo numero di Cristianità(n. 247-248, novembre-dicembre 1995),

organo ufficiale di Alleanza Cattolica, la no-tiziuola di una trasmissione della Radiodella Svizzera Italiana sul tema: Tra esoteri-smo e devozione. Pubblicate in italiano leopere di Louis Charbonneau-Lassay. Du-rante la trasmissione sono stati intervistatiAlfredo Cattabiani (1) e “Pier Luigi Zocca-telli, di Alleanza Cattolica, curatore delleedizioni italiane de Il Bestiario di Cristo. Lamisteriosa emblematica di Gesù Cristo e Ilgiardino del Cristo ferito, Il Vulnerario e ilFlorario del Cristo, del cultore di emblema-tica religiosa Louis Charbonneau-Lassay(1871-1946), pubblicate da Arkeios” (pag. 28di Cristianità). Avevo già letto l’entusiasticarecensione fatta dal Cattabiani alla riedizio-ne delle opere di Charbonneau-Lassay sulGiornale, mi era sfuggita quella altrettantoelogiativa di Cardini, noto medievista, moltovicino all’on. Pivetti ma anche alla rivistamassonica Ars Regia, pubblicata dal quoti-diano “dei Vescovi italiani”, Avvenire. Sic-come c’era di che incuriosirsi (nella mialunga vita ho anche avuto modo di conosce-re Cardini e Zoccatelli), mi sono procuratoil catalogo delle edizioni Arkeios (lo potetefare anche voi, scrivendo in viale Margherita

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244, 00198 Roma).Le edizioni Arkeios

Basta sfogliare rapidamente il catalogo(già in copertina, stranamente, il logo Edizio-ni Arkeios è scritto dritto, in bianco, e rove-sciato, in rosso, il che, per dei cultori del sim-bolismo, avrà un suo significato...) per accor-gersi che ci troviamo, ancora una volta, im-mersi nel tradizionalismo... esoterico. Nelprospetto pubblicitario di Arkeios intitolatoLa via dei simboli, si parla di Charbonneau-Lassay in questo modo: “Profondamente cat-tolico, strinse duraturi legami con la gerar-chia ecclesiastica parigina, ma fu anche amicodi studiosi non ortodossi come René Guénone Paul le Cour, e di esponenti di altre religio-ni come il principe Sai-Taki-Movi”. Per cui,quando lo si qualifica “ardente fiamma deltradizionalismo”, ogni lettore attento capisceda sé a quale “tradizione” (in ebraico: caba-la) ci si riferisca. Naturalmente, il Nostro era“ermetista cristiano”: due termini conciliabilisolo nel sistema guénoniano, in cui il “cristia-no” rappresenta la facciata esteriore, essote-rica, e l’“ermetista” ci introduce ed inizia allarealtà esoterica dell’autore... il quale natural-mente si occupava anche di “iconografia tem-plare”. Immancabili templari! Sarà questoche attira il Cardini?

Le altre opere edite da Arkeios confer-mano la prima impressione. Libri di Alchi-mia (l’Ars Regia!), di simbolismo, di astrolo-gia, di teologia sofianica (piacerebbero aKarol Wojtyla, senza dubbio il più famosorappresentante di questa corrente), di yogatantriko indo-tibetano, di cabalismo “cristia-no” e di tradizioni iniziatiche... Siamo inpieno esoterismo, in piena Massoneria sim-bolica! Né ci rassicurano la presenza in cata-logo delle opere di San Tommaso d’Aqui-no... sulla pietra filosofale e sull’arte dell’al-chimia (!), chiaramente apocrife, o del “car-dinale” Jean Danielou, esponente di quellaNouvelle Théologie condannata dall’Encicli-ca Humani generis di Pio XII, poi trionfanteal Concilio, ma anche cultore, col fratello, diargomenti esoterici e frequentatore dei me-desimi ambienti (a tutti è nota la morte, tan-trica?, del prelato...). Forse, la chiave di tuttosi trova in un altro libro edito da Arkeios:Parole d’Evangelo, memoriale d’Israele, nelquale l’Autore, Alexandre Abraham Wino-gradsky, ci invita, cito, “a scoprire le radicibibliche e giudaiche dell’Evangelo” in unlibro in cui “il ricorso all’Antico Testamento

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ed alla tradizione ebraica è presentato inmodo nuovo e singolare” per cui l’opera “ciaiuta a conoscere meglio i nostri ‘fratellimaggiori’ e a comprendere che la speranzadella Chiesa nella venuta del Regno è fonda-ta su una memoria: quella della fedeltà diIsraele”. Tutto chiaro, no?

Alleanza Cattolica, Massoneria oggi

Se è chiaro quali siano le tendenze delleedizioni Arkeios, al lettore ingenuo non saràchiaro cosa ci faccia, in quel girone, un mili-tante della controriformistica Alleanza Catto-lica (passata armi e bagagli al Vaticano II).Eppure, non è la prima volta che accadono si-mili inconvenienti. Abbiamo già ricordato, suSodalitium, l’azione del settologo-tuttologoMassimo Introvigne, di Alleanza Cattolica (cf.Sodalitium, n. 35 pagg. 13-18; n. 38 pagg. 44-47; n. 39 pagg. 20-28; n. 40 pag. 76). Membro,come Cardini, del comitato scientifico di Arsregia, frequentatore di “messe nere” e diLogge massoniche (che avrebbe addiritturafondato), buon amico dei Mormoni, nontrova nulla di male a farsi intervistare dalla ri-vista del Grande Oriente, Massoneria oggi. SeIntrovigne parla dalle colonne di Massoneriaoggi, perché non dovrebbe parlarci ancheValter Maccantelli, dirigente nazionale di Al-leanza Cattolica e braccio destro di Introvi-gne? E così, il numero 2 (marzo-aprile 1995,pp. 47-49) della rivista massonica, pubblicaun’intervista di Walter Grandis a Valter Mac-cantelli su Massoneria e movimenti cattolici. IlNostro si fa eco delle tesi dell’Introvigne.Riassumendo (e, quindi, semplificando): leorigini della Massoneria? Più o meno unostrumento delle “monarchie inglesi e tedeschedel nord”. Gli ebrei non c’entrano nulla (nep-pure se ne parla; quelli della R.I.S.S. eranodei visionari?) ed il diavolo ancor meno: “l’ac-cusa di satanismo della Massoneria mi sembraoggi insostenibile...”. Non era l’opinione diPio IX e Leone XIII (2). I rapporti con laMassoneria? No alla “doppia appartenenza”ma sì al dialogo: “se si resta al dialogo io ri-tengo che la Chiesa Cattolica sia favorevole(...). In realtà, il dialogo fra la Chiesa cattolicae la Massoneria c’è stato e c’è tutt’ora (...)”. Imassoni non chiedono altro... Infine, per Mac-cantelli, col nuovo Codice del 1983 rimane lascomunica per i Massoni, in base alla famosadichiarazione di Ratzinger. Mi dispiace con-traddire Maccantelli anche su questo punto:Ratzinger parla di esclusione dai sacramenti e

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non di scomunica: non è mica la stessa cosa! Amarcord...

A questo punto, perplesso, mi metto apensare al passato, e mi chiedo: ma AlleanzaCattolica è sempre stata così, oppure il “dia-logo” con la Massoneria è frutto dell’abban-dono di Mons. Lefebvre e della nuova politi-ca dell’“entrismo” inaugurata con GiovanniPaolo II? Certo, nessuno avrebbe mai cre-duto che i discepoli di Giovanni Cantoni e diPinio Correa de Oliveira (requiescat in pace)sarebbero finiti su Massoneria oggi. Però...lasciando vagare la mia memoria negli annisessanta-settanta, mi tornano in mente alcu-ne cose. Chi ci parlava di Mordini? Chi tra-duceva le opere di Mircea Eliade, che Catta-biani ci fa sapere amico del caporione delmodernismo italiano, Buonaiuti? (Cf. Allaricerca del Dio perduto, in Il Giornale13/04/95). Chi pubblicava presso Borla Laleggenda del Graal e presso Rusconi i libridel guénoniano Servier? Ma allora... saràvero quel che mi han detto: che Guénon edEvola sono considerati naturaliter christianida Alleanza Cattolica e che militanti di Al-leanza fanno seminari sul Sacro e su Gué-non, il che si concilia poi benissimo conl’esaltazione della nuova linea di A.N.(anche gli incontri col B’nai B’rith e la log-gia dei ‘Figli di Italia’ vanno bene?) che sa-rebbe per l’on. Fini, Cantoni dixit, “un segnodi predestinazione” (senza dimenticare ilC.C.D. di Vietti). Veramente, GustavoSelva, assiduo frequentatore delle conferen-ze di Alleanza, non vi si troverà a disagio...

L’equinozio d’autunno

Ma alcuni diranno: com’è che vi occupatetanto di Massoneria, un’associazione folklori-stica e sorpassata dai tempi? Solo dei “com-plottisti” come voi possono credere ancoraalla “potenza” dei Figli della Vedova. Sarà.Però, a giudicare da chi, ogni anno, presenziao invia messaggi augurali alla cerimoniadell’“equinozio d’autunno”, con la quale laMassoneria inizia i suoi lavori, si direbbe che i“fratelli” sono ancora importanti. 24 settem-bre 1994: Massoneria oggi (n. 3, novembre1994, pp. 9-11) ci informa sui nomi dei presen-ti alla cerimonia massonica, o delle persona-lità che hanno inviato messaggi augurali. Tra ipresenti, in prima fila il Sen. Giulio Macerati-ni, Presidente Gruppo A.N./M.S.I. [n.b.:siamo nel 1994] al Senato (lo troverete anche

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alla Messa tradizionale celebrata a Roma l’11novembre dal “card.” Stickler in suffragio diPlinio Correa de Oliveira, cf CorrispondenzaRomana 18/11/95, n. 460/1). Tra i membridell’allora governo Berlusconi, o del parla-mento: il sen. Brigandì, il sottosegretario alMinistero del Tesoro, il Capo Ufficio Legisla-tivo del Ministero dell’Ambiente, l’addettostampa del sen. Bosco. Tra i diplomatici, rap-presentanti della Repubblica Ceca, del-l’Ucraina, del Bangladesh, dell’Argentina,della Slovacchia, della Jugoslavia, dell’Unghe-ria delle Filippine, dell’India, dello Yemen,del Pakistan e di El Salvador. Più interessantii “messaggi augurali di saluto”. Salutarono laMassoneria Silvio Berlusconi, allora Capo delGoverno, coi ministri Vito Gnutti (dell’Indu-stria), Antonio Martino (degli Esteri) SergioBerlinguer (degli italiani nel mondo), GiorgioBernini (Commercio con l’Estero), RobertoM. Radice (Lavori Pubblici), Adriana PoliBortone (Risorse Agricole; vicina ad AlleanzaCattolica) e Publio Fiori (Trasporti e Naviga-zione), i sottosegretari all’Agricoltura, alle Fi-nanze, agli Affari Esteri (sen. Livio Caputo),all’Interno (on. Marianna Li Calzi), il Presi-dente della Corte dei Conti (Carbone), il Vi-cario Capo della Polizia (Serra), l’ex Capo(Parisi) ed il Capo della Polizia (Masone), icapi di Stato Maggiore della Difesa e dellaMarina, i Rettori delle Università di Trieste,di Messina, della Bocconi, della D’Annunziodi Chieti e della LUISS, il Dirittore Generaledella RAI, gli Ambasciatori di Svezia, Bolivia,Panamà, Finlandia, Brasile, Monaco, Malta,Norvegia, Austria, Danimarca, Canadà eCosta d’Avorio, il direttore del quotidiano IlMessaggero, il Presidente del Tribunale diRoma ecc. ecc. Niente male per una societàche non conta niente... tanto più che ho di-menticato il messaggio augurale più impor-tante, quello della terza carica dello Stato,l’on. Irene Pivetti, Presidente della Cameradei Deputati, ex-fiore all’occhiello dei sacer-doti della Fraternità San Pio X. Un po’ stra-no, bisogna ammetterlo, questo messaggio au-gurale alla Massoneria da parte di un perso-naggio politico notoriamente cattolico, che siè distinto per aver recitato il rosario riparato-re per la costruzione della moschea a Romaindetto dal Centro Culturale Lepanto (ex diAlleanza Cattolica, legati alla T.F.P.) e perl’amicizia con i ‘lefebvriani’.

Il 24 settembre 1995, però, l’equinozio disettembre non è stato celebrato solo nella ri-servatezza di Villa del Vascello. Il nuovo

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corso del Gran Maestro Gaito fa scendere iMassoni in piazza, per festeggiare i 190 annidella Massoneria italiana ed il centenariodella statua di Garibaldi sul Gianicolo. Inquest’occasione, Irene Pivetti, dice la Mas-soneria, “non ha risposto al nostro invito”(Corriere della Sera, 24 settembre 1995, p.10). Pentimento o prudenza? Speriamo nelpentimento. Comunque, cambiato il gover-no e l’indirizzo politico (dal centro-destra alcentro-sinistra), non cambiano i messaggiaugurali: da quello del presidente del SenatoScognamiglio a quello del Capo del Gover-no, Dini, da quello del Capo della Polizia,Masone, a quello del comandante dei Cara-binieri, Federici. Tra i presenti, il senatorePds Di Bella, il sen. Righetti (Ccd), Mezza-roma (Fi), l’on. Brugger (Svp), il consiglierecomunale verde di Roma, Emanuele Monti-ni (nome fatidico!). Ai congressi organizzatidai miei amici di Sodalitium non giungonocerto messaggi augurali di così importantipersonalità... Ma, si sa, solo i “complottisti”credono che la Massoneria sia potente: vo-gliateci perdonare questa innocente mania!

Note

1) Per quel che riguarda i rapporti tra lo scrittoreAlfredo Cattabiani e la Massoneria, è molto rivelatorel’articolo del Nostro intitolato Nuove pietre per liberi mu-ratori e pubblicato sul quotidiano milanese Il Giornale(17 dicembre 1995, pag. 19). In questo articolo Cattabia-ni recensisce favorevolmente il saggio del massone AL-BERTO CESARE AMBESI, I maestri del Tempio (Terziaria,Via San Simpliciano 2, Milano), pubblicato con prefazio-ne del noto storico (e fratello) Aldo Alessandro Mola.Cattabiani mette le mani avanti, e si dichiara “profano”(cioè non iniziato alla Massoneria) il che non dovrebbestupire in un autore che gode fama di cattolico, per dipiù “tradizionalista”. Ma, appunto, vi furono nella Mas-soneria, scrive Cattabiani, “scrittori di ispirazione tradi-zionalista, come per esempio Joseph de Maistre e, nelnostro secolo, René Guénon”. Cattabiani approva perciòil progetto di Ambesi: che la Massoneria abbandoni ilvecchio anticlericalismo, le “generiche speculazioni eti-che” i “vaghi sentimenti di fratellanza” per diventare (otornare ad essere) “una confraternita iniziatica” dai varifiloni: “quello ebraico-alessandrino”, quello “pitagorico-pagano” e quello “cristiano-cavalleresco”. Un tentativodi trasformazione della Massoneria già iniziato, scriveCattabiani, da una “loggia torinese” che negli anni Ses-santa pubblicò l’Opera Omnia di René Guénon “sotto lasigla delle Edizioni di Studi Tradizionali”. Sono queste le“nuove pietre”, “gli elementi di verità che affiorano nellevarie logge massoniche”che i “liberi muratori” devonoapportare alla costruzione del Tempio, secondo il parereautorevole del “cattolico” Cattabiani.

2) “Sarebbe interessante - scrive al proposito PadreEsposito - condurre uno studio sull’impostazione satanistadei documenti antimassonici della S. Sede e, di conseguen-za di tutto l’episcopato e dell’apologetica cattolica”. Se-

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guono nel libro del religioso paolino (Santi e Massoni alservizio dell’uomo, Bastogi Foggia 1992, pagg. 168-172),innumerevoli citazioni di questi Pontefici secondo i quali,se non esplicitamente satanisti, i massoni sono dichiarati“apostoli di Satana” e la massoneria “degna figlia di Sata-na”. Una tesi un po’ più forte di quella di Maccantelli.

Un romanzo pericoloso.

1378: muore Gregorio XI, l’ultimo deipapi di Avignone, da poco ritor-

nato a Roma su domanda di santa Caterinada Siena, dopo più di settant’anni d’esilio deiPontefici dalla loro Sede. Il popolo romanochiede ai cardinali riuniti in conclave unPapa romano o per lo meno italiano; i cardi-nali, intimiditi, eleggono in effetti il vescovodi Bari, Bartolomeo Prignano, che prende ilnome di Urbano VI, ma poi, a Fondi, dichia-rano nulla la precedente elezione ed eleggo-no il cardinale Roberto dei Conti di Ginevra,che prende il nome di Clemente VII e ritor-na nella sede di Avignone. Nasce così il“Grande Scisma d’Occidente”, complicatoulteriormente dal concilio di Pisa che deponei due contendenti, romano ed avignonese,per eleggerne un terzo, pisano. La storiadella Chiesa ci dice che lo scisma fu risoltosolo nel 1414, con il Concilio di Costanza, el’accordo di tutta la cristianità sul nome diOttone Colonna, Papa Martino V.

Fin qui, la storia a tutti nota, che la pennaaffascinante di Jean Raspail, scrittore france-se vicino al tradizionalismo cattolico (ha unfiglio nel monastero benedettino del Bar-roux, il cui Abate, Dom Gerard Calvet, si èriconciliato con Giovanni Paolo II dopo leconsacrazioni episcopali compiute da Mons.Lefebvre nel 1988) presenta in maniera av-vincente, non senza lasciar capire che, perlui, il Papa legittimo era quello di Avignone,Clemente VII prima, il suo successore Pedrode Luna (Benedetto XIII) poi.

L’Autore, tuttavia, non si arresta al Con-cilio di Costanza. Passando continuamentetra i due ruoli, quello dello storico (partigia-no) e quello del romanziere (fantasioso),Raspail descrive le vicende dei successori diPedro de Luna, profughi nel sud della Fran-cia, tutti “papi” col nome di Benedetto, vi-

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cende dove il lettore non capisce bene dovefinisce la storia e dove inizia il romanzo. Ri-dotto al ruolo del barbone (mistico, però, esanto), l’ultimo dei Benedetti, rimasto soloerede dell’antica tradizione avignonese,muore tra le braccia di un emissario di Gio-vanni Paolo II e viene sepolto nelle grottevaticane, accanto a quei Papi romani che fu-rono gli antichi persecutori degli oscurieredi di Pedro de Luna.

Se questa è la trama del romanzo, qualene è il suo significato?

Molti cattolici “tradizionalisti” si sonoidentificati nelle vicende e nelle sofferenzedegli eredi di Benedetto XIII. Perseguitati daRoma, da una Roma corrotta e indegna, fon-damentalmente illegittima... Costretti a cele-brare di notte, di nascosto, la loro antica litur-gia latina, nelle rovine delle chiese o nelle cat-tedrali occupate dai “romani”... Ridotti ormaia pochi fedeli custodi di una antica e gloriosatradizione papale, ora povera e spirituale(persino santa), di fronte ad un mondo mo-derno indifferente e ad una chiesa “ufficiale”a lungo ostile... Accolti quasi sempre con di-sprezzo, proprio come dei barboni, e solo ra-ramente con carità, come nel misterioso mo-nastero benedettino vicino ad Avignone chedescrive Raspail e che assomiglia stranamenteal Barroux... Le peripezie degli “avignonesi”non sembrano stranamente quelle dei “tradi-zionalisti”? L’intero romanzo non sarebbe, infondo, che una grande allegoria del drammadei “tradizionalisti”, fino a ieri perseguitatidalla Chiesa romana, e che oggi possono “mo-rire” dolcemente tra le braccia di GiovanniPaolo II che li accoglie di nuovo e diventaerede della loro spiritualità, della loro santità,della loro tradizione? L’identificazione è cosìfacile che alcuni lettori “tradizionalisti”, piùsprovveduti, si chiedono se realmente il veroPapa non potrebbe essere il barbone avigno-nese inventato dalla penna di Jean Raspail!

In effetti, il romanzo è certamente diretto(anche) ai “tradizionalisti”, per far credereloro che con Giovanni Paolo II, il Papa dellaTradizione e dell’Indulto, si può chiudere loscisma tra i cattolici susseguito al VaticanoII. Ma lo scopo è molto più nefasto.

Il romanzo di Raspail, infatti, opera unasottile denigrazione della Chiesa cattolicaromana ed una parallela esaltazione di tuttele eresie.

Lo spirito antiromano è evidente; laddo-ve Avignone è presentata come un paradiso,Roma figura come un inferno, sentìna di

Recensioni

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tutti i vizi e di tutti i crimini, in mano a deiviolenti caprioni (sic, per caporioni!). La“cattività avignonese” fu, per Raspail, perio-do felice per il papato (sarebbe interessantesapere se parteggia per Bonifacio VIII o perFilippo il Bello); il ritorno a Roma dei papi,un atto di follia. E folle, esaltata visionaria,è descritta santa Caterina da Siena (e santaBrigitta egualmente), il cui ruolo provviden-ziale fu proprio quello di riportar il Papa aRoma, mentre san Vincenzo Ferrer, che ab-bondonò la causa di Pedro de Luna, è de-scritto come un traditore. Gli antipapi Cle-mente VII e Benedetto XIII appaiono comenobili figure; Papa Urbano VI, invece, comeun sadico assassino, ed i suoi successoricome degli insignificanti burattini. Il Conci-lio di Costanza, che ridiede la pace allaChiesa pare una farsa e non un legittimoConcilio ecumenico della Chiesa, qualesenza dubbio fu, malgrado le sue peripezie.Quanto a Martino V, il Papa eletto a Co-stanza, sarebbe stato un corruttore, capacesolo di sguinzagliare l’Inquisizione alle cal-cagna dei residui fedeli di Pedro de Luna edei suoi successori, per farli morire sul rogo.

Dove poi l’autore svela in maniera ine-quivocabile le proprie idee, è nella simpatia,inizialmente solo accennata, poi chiaramenteaffermata, verso gli eretici. Le gesta dei suoieroi perseguitati si svolgono negli stessi luo-ghi ove, nel medioevo, lottarono i càtari (e,nel XVIII sec., i protestanti ribelli a LuigiXIV). Pura coincidenza geografica? Certoche no, poiché, alla fine, Raspail rivendicaesplicitamente l’esempio dei càtari, dei frati-celli, di un san Francesco (che fa passare pereretico), di Gioacchino da Fiore, di tutti glieretici medioevali. Anche Wiclef e Hus, pre-cursori di Lutero condannati al Concilio diCostanza, sembrano riabilitati, ed uno dei“papi” Benedetto messi in scena da Raspail,si reca simbolicamente a riconfortare un Ve-scovo giansenista (un altro eretico, dunque)esiliato dal Re. Uno stesso filo conduttore,quello dell’eretico perseguitato dalla Chiesa,dall’Inquisizione, dal Re, collega quindi imanichei càtari ai giansenisti, passando per iprotestanti: ecco il vero volto che si nascon-de dietro la maschera della successione “avi-gnonese” proposta da Raspail all’ammirazio-ne dell’ingenuo lettore!

Qualcuno potrà rimproverarmi di pren-dere troppo sul serio un romanzo. Mi per-metto di ricordare che san Pio X fece mette-re all’indice Il Santo di Fogazzaro che, pur

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essendo un romanzo, esponeva il program-ma dei modernisti rendendolo accessibile allettore più semplice. E poi, sarà un caso, mail Papa Santo inventato da Fogazzaro, eredeanch’egli di una malintesa tradizione spiri-tuale francescana, simbolo della Chiesa “spi-rituale”, “evangelica”, “povera” e “perse-guitata”, contrapposta a quella “ufficiale”, sichiama anch’egli... Benedetto!

La leggenda (forse con alcuni fondamentistorici) di una misteriosa e sconosciuta suc-cessione, fino ai nostri giorni, di “Papi avi-gnonesi”, eredi di santi medioevali persegui-tati da Roma, non ricorda solo il romanzo diFogazzaro, ma anche il mito dei cavalieriTemplari, “traditi” dal Papa e dal Re, mito ri-preso dai massoni di tutte le latitudini e ditutte le obbedienze. Ed ai Templari, nel ro-manzo di Raspail, ci sono discrete allusioniche non sfuggono, però, al lettore più attento.

La storia del Grande Scisma è certamen-te attuale e merita di essere ristudiata; se ilromanzo di Raspail avrà questo effetto, nonci sarà da lamentarsi. Un cattolico, tuttavia,non può accettare le tesi che, sotto la vesteaccattivante del romanzo, insinua l’autore.Ingiurioso verso i santi e verso la Chiesa, fa-vorevole all’eresia, Raspail mette in dubbio,se preso sul serio (e qualcuno lo ha preso sulserio) la legittimità indiscutibile di Papi e diConcilii che sono la regola prossima e viven-te della nostra fede. Sodalitium non potevanon metter in guardia i propri lettori...

Resta un’ultima domanda: il monasterodel Barroux ha collaborato in qualche modo aL’Anneau du Pêcheur di Jean Raspail? Ci pia-cerebbe avere una risposta da dom Gerard.

don Francesco Ricossa

JEAN RASPAILL’Anneau du PêcheurAlbin Michel éd., Paris, 1995.

Il celibato ecclesiastico

Sodalitium (n. 40, pag. 40) aveva già se-gnalato ai suoi lettori l’eccellente articolo

del salesiano Alfons Maria Stickler sul celi-bato ecclesiastico, apparso in spagnolo sullarivista dell’Università di Navarra, ScriptaTheologica. Il lettore italiano può ora più fa-cilmente informarsi sulle tesi del canonistaaustriaco (malgrado il boicottaggio praticatoda alcune librerie, come quelle delle Paoli-

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ne) leggendo il prezioso libretto (di sole 69pagine) Il celibato ecclesiastico. La sua storiae i suoi fondamenti teologici.

Nessuno ignora che durante e dopo il Va-ticano II si è rimesso in discussione il celibatoecclesiastico; ancora recentemente il cardina-le Martini ha lasciato intendere che la leggeche vieta il matrimonio ai sacerdoti di rito la-tino potrebbe (dovrebbe?) essere abrogata infuturo. In attesa di tale decisione, molti sacer-doti hanno fatto da sé, abbandonando il mini-stero e convolando a ingiuste nozze.

Pochi sanno però che anche nei manualipiù tradizionali le idee sono piuttosto confu-se. Il celibato ecclesiastico è di origine apo-stolica, fondato sulla Rivelazione, oppure èsolo una legge ecclesiastica occidentale, in-trodotta localmente nel IV secolo e resa ob-bligatoria per tutti solo nel medioevo, col IIConcilio del Laterano (1139), legge venera-bile e rispettabile, certo, ma non assoluta-mente irreformabile? Senza voler minima-mente propugnare la soppressione del celi-bato, anche dei manuali di teologia moraleserissimi, come quello del Prümmer, il Dic-tionnaire de Théologie Catholique (articoloCélibat del Vacandard) ed il Dictionnaired’Archéologie chrétienne et de Liturgie (arti-colo Célibat del Lequercq) seguirono acriti-camente la tesi del Funk il quale, controBickell, negò l’origine apostolica dell’obbli-go del celibato ecclesiastico (polemizzaronodal 1878 al 1880). Tutti sanno che i pigrifanno teologia... sui dizionari: l’influenza ne-fasta del DTC, in questo caso, fu enorme.

Stickler rimette le cose in chiaro, dimo-strando luminosamente l’origine apostolicadel celibato ecclesiastico (o piuttosto dellacontinenza degli ecclesiastici), non solo inOccidente, ma anche in Oriente, e dandoneinfine i fondamenti teologici.

Tutte le difficoltà si sciolgono se si preci-sa una sola cosa: quello che gli Apostoli pre-dicarono, che il Concilio di Elvira (Spagna)nel primo decennio del IV secolo (prima diCostantino) o il Concilio Africano del 390ribadirono solennemente, non era tanto ilcelibato per i diaconi, sacerdoti e vescovi(dopo san Gregorio Magno anche per i sud-diaconi) ma la continenza. In altre parole, laChiesa primitiva conosceva sì la praticadell’ordinazione di persone sposate (unavolta sola, però, e con una vergine), come lodimostrano le epistole di san Paolo (1 Tm 3,2 e 12; Tito 1, 6; 1 Cor 7, 9) ma obbligavaqueste persone, col permesso delle spose, a

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non usare mai più del matrimonio contratto,separandosi da esse e vivendo in castità,esattamente come fecero gli Apostoli (Lc18, 28-30; Mt 10, 20-21; Mc 10, 20-21). Que-sta disciplina, comune all’Oriente e all’Occi-dente, conosciuta dai Padri della Chiesa,consacrata dalle decisioni conciliari e Ponti-ficie, incontrava e incontra un unico ostaco-lo: la debolezza umana, e si sostiene solocon la grazia e la vera fede: laddove si perdela fede, fa notare Stickler, subito si sopprimel’obbligo alla castità per i sacri ministri.

Nella Chiesa cattolica queste debolezzefurono vinte, dopo alcuni periodi di crisi, dallacostante vigilanza dei Papi, come lo dimostra-no la riforma gregoriana nel medioevo e, piùtardi, la controriforma. Col Concilio di Trentoe la costituzione dei seminari si affermò defi-nitivamente la disciplina attuale che vieta,salvo eccezioni rarissime, l’ordinazione di uo-mini sposati (i quali, comunque, devono sem-pre separarsi dalla consorte). L’opportunità diquesta decisione è fin troppo evidente.

Non così accadde in Oriente. Presso gliorientali, sono obbligati al celibato solo i ve-scovi; i diaconi ed i sacerdoti non possono spo-sarsi dopo l’ordinazione, ma se già sposati almomento dell’ordinazione possono non soloessere ordinati ma anche usare normalmentedel matrimonio e generare figli, senza separar-si dalle mogli. Questa disciplina, che come sivede si allontana dalla pratica apostolica, risa-le al II Concilio Trullano del 691, convocatodall’Imperatore Giustiniano II. Questo Conci-lio locale della Chiesa Bizantina, ratificandodelle più antiche disposizioni imperiali del Co-dice di Giustiniano I (534), ruppe, nel can. 13,non solo con la tradizione latina, ma con lastessa tradizione orientale più antica e con latradizione apostolica, per ritornare a quellacontinenza episodica, solo prima di offrire ilsacrificio, richiesta ai sacerdoti dell’Antico Te-stamento. I Bizantini pretesero di appoggiarsiessi stessi sulla tradizione apostolica, ma atorto: Stickler dimostra nel suo libro che ebbe-ro l’impudenza e la temerarietà di falsificaregli atti del Concilio Africano tenuto a Cartagi-ne nel 419 per fargli dire esattamente il contra-rio di quello che sosteneva! Un’altra falsifica-zione, segnalata da Stickler, è la leggendadell’eremita Paphnuzio, che sarebbe interve-nuto al Concilio di Nicea (325) convincendo iPadri a non introdurre l’obbligo del celibato;l’episodio è storicamente infondato.

Dove l’Autore si mostra meno convincen-te è nell’ultima parte, ove espone i principi

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teologici che fondano l’obbligo del celibato ec-clesiastico. Stickler è più canonista che teologoe, per di più, benché ancora affezionato allaMessa Romana, è stato creato cardinale daGiovanni Paolo II. Egli elude perciò il proble-ma posto dal diaconato permanente instauratodal Vaticano II, in totale rottura con la tradi-zione degli Apostoli fin qui da lui difesa egre-giamente, poiché i diaconi permanenti posso-no continuare l’uso del matrimonio. Non ce lasentiamo quindi di appoggiare, come fa l’Au-tore, la teologia del celibato sull’autorità del“Concilio” e di Giovanni Paolo II, il teilhar-diano estimatore “dell’importanza della donnanella vita del sacerdote”! A parte questa (no-tevole) riserva, la lettura de Il celibato ecclesia-stico di Stickler è indispensabile per i sacerdo-ti, ed utile anche per i fedeli che hanno biso-gno di chiarirsi le idee o di chiarirle agli altri suquesta gemma del sacerdozio cattolico, minac-ciata oggigiorno dallo spirito del Mondo.

don Francesco Ricossa

ALFONS M. STICKLERIl celibato ecclesiastico. La sua storia e isuoi fondamenti teologici.Libreria Editrice Vaticana, Città del Va-ticano, 1994. Lire 9.000.

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litium.XII StazioneGESÙ MUORE SULLA CROCE

Mons. Guérard des Lauriers

OGesù, come sei solo nel morire! Gli uo-mini Ti hanno tolto tutto, persino le

vesti. Della terra non Ti rimane che una co-rona di spine (1) che Ti diventa il rimediocontro ogni amarezza. Di veramente Tuoavevi ancora Tua Madre, nessuno avevapensato a toglierTela. Non lo si era pensato,forse non lo si sarebbe osato, e certo non sisarebbe potuto farlo, perché Ella avrebbetrovato abilmente il modo per seguirTi finoalla Croce. Tu stesso Ti privi di Tua Madre.Era molto più dignitoso per Lei subire que-sto trattamento solo da Te. E Tu sei solo. LeTue parole mi fanno sentire la profonditàdella Tua solitudine. Quando Ti rivolgi aglialtri, incontri quella durezza che fa istintiva-mente ripiegare su se stessi.

Padre, perdona loro, perché non sannoquello che fanno (2), e coloro ai quali Tu per-doni sono indaffarati a dividersi le Tue vesti;(3), ecco quello che fanno del Tuo perdono, eTu rientri in te stesso per morire solo.

Donna, ecco Tuo Figlio... ecco Tua Madre(4). Ascolta, Gesù, come Ti si ringrazia: Scen-di dalla Croce (5). Ti si deride. Come si po-trebbe fare attenzione a Tua Madre, dellaquale non si ha bisogno? Ecco allora che ilTuo inestinguibile Amore, disprezzato dauna folla numerosa, anonima, incapace sia dimisurarlo sia di comprenderlo, si concentrasu di uno solo e assume l’accento della tene-rezza: In verità ti dico, oggi sarai con Me inParadiso (6). E questa volta dal più profondodell’anima Tua sale l’invocazione: Dio Mio,Dio Mio, perché Mi hai abbandonato? (7).Perché? E perché, in Te, questo “perché”? Ecome sussiste in Te insieme alla piena e sere-na sicurezza nel promettere e consolare? Mi-stero, mistero del Tuo abbandono! Tu nonpuoi dubitare di essere il Signore del regnodal momento che doni la suprema ricompen-sa; non puoi dubitare di essere il Figlio Dilet-to (8), poiché non cessi di vedere il Padre. InTe non manca né la grazia divina, né la pre-senza del Verbo! Il Tuo abbandono sarebbeforse solo il Tuo patire sotto la brutalità osti-

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le, della quale si serve la Saggezza divina?Ma non è in accordo col Padre che, per

donare la Tua vita, vuoi proprio che Te la sitolga? Che senso avrebbe allora la Tua do-manda: Dio Mio, Dio Mio, perché mi hai ab-bandonato? Perché questo “perché” sale da teverso il Cielo, come grido e preghiera irresisti-bile ad un tempo? No, il Tuo abbandono nonè nulla di tutto questo: né il timore della ri-provazione, incompatibile tanto con la TuaSantità quanto con la Tua Verità, (9) né unsemplice abbandono all’avversità esteriore,che non farebbe sorgere in Te alcuna doman-da (10). La Gloria del Tabor è passata; (11) laTua indignazione che condanna la seduzionedel facile è pure passata; (12) Pietro, presente inquei due momenti, è ora assente. Ma nel Tuointimo, Tu non sei mutato; per Natura tu haila Gloria, (13) per Amore scegli la croce: (14)l’una e l’altra in Te sono così immutabili e im-perturbabili, così sicure e radicate che non rie-sco a scoprirvi l’oggetto di alcuna domanda.

Il mistero del Tuo abbandono sta pro-prio nel Tuo perché: perché ciò che non do-veva diventare domanda lo diventa? Ilpadre Tuo non Ti abbandona, è impossibile.Ma perché il padre Tuo Ti abbandona aiTuoi nemici? Come è possibile ciò? Perché,perché? Come può un Padre rimanere inat-tivo, per quale fine un Dio può permettere ilmale? E il cielo tace.

O Gesù, ritrovo nella Tua domanda, l’in-tima angoscia di ogni umana domanda.Tolto l’errore, tolta l’amarezza, quale pace,quale dolore, quale infinita profondità nelTuo perché! Sì, o Signore, Tu sei solo: tuttoconcorre a ricordarTelo; solo, nonostantetante presenze, solo per morire, solo perconsolare tutti coloro che senza di te mori-rebbero soli. Tu sei solo a volere questo per-ché? Solo a vederlo sorgere dal profondo dite stesso, solo a misurarne l’abisso, riscattan-do, solo, l’empio “perché?” di cui gronda lafiumana delle umane generazioni.

Vengo quindi, solo anch’io, o Signore, adadorare il mistero della Tua Solitudine edella Tua Morte. Questo mistero è troppogrande per una creatura ed era quindi ne-cessario separarlo da ogni presenza creata.Avremmo potuto credere che la Tua Mortefosse simile alla nostra; alla nostra, così mi-sera come noi stessi lo siamo e che non po-trebbe fare a meno di un appoggio pietoso.

Tu devi occuparTi delle cose del PadreTuo (15); nessuno, in quest’ora, interferiscecon Lui: Tu sei per Lui e per Lui solo; Tu

La Via Regale

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hai compiuto la Sua opera (16) e gliela offri einsieme offri Te stesso. Tu doni la Tua vita(17) come donasti Tua Madre; nessuna crea-tura Ti rapisce (18) questi tesori.

Padre, affido il mio spirito nelle Tue mani(19). Ecco l’ultima parola la quale indica cheveramente tutto è consumato (20) e risolto.Dai Tu stesso, alla Tua domanda, la rispostache portavi in te. Perché, perché dunquemorire, se ormai nulla più si interpone tra ilPadre e te? Muori forse del Suo abbando-no? No certo: Tu sei Uno con Lui (21) e lo saitanto bene che glieLo dici. Muori forsedell’Amore che ci porti e che Tu stesso porticome un peso doloroso perché nessuno loha accolto? Non solo per questo?

Ogni motivo creato affievolisce di frontea Dio. Eccomi, o Dio, per fare la Tua Vo-lontà (22). Padre, affido il mio spirito nelleTue mani. Ecco, in Te, l’alfa e l’omega (23).Tu sei venuto dal Padre e ritorni al Padre (24).Sei del Padre. È questa la più alta verità. Af-finché tutto sia consumato occorre che que-sta Verità che riguarda Te e il Padre assorbain sé ogni altra verità. Perché la morte, per-ché l’abbandono, perché questo abissoprofondo introdotto in Te dalla Tua doman-da? Affinché sia compiuto il: Padre, rimettoil mio spirito nelle Tue mani. La morte già siaureola di gloria. Sì, tutto è consumato.

O per lo meno tutto sta per esserlo. Nes-suno intorno a Te Ti presta attenzione; nes-suno Ti vede, orante nella Tua grande mise-ria e nel Tuo grande silenzio. Nessuno sa che,sotto le Tue palpebre dolorosamente chiuse,conosci ciascuno al di là del suo cuore, al di làdei suoi ridicoli gesti. Sei in profonda pre-ghiera per questi poveri uomini, li porti nelTuo pensiero di Verbo eterno e li ami, sottoqueste lunghe spine, dell’infinito Tuo Amore.Essi non sanno che, imponendoTi una solitu-dine insopportabile per l’amore, Ti uccidono.Non sanno quello che fanno (25).

Ma, o Signore, il mistero della Tua mortenon è di questa terra; se lo fosse stato, se nonfosse stato che un’attesa dolorosamente fru-strata, non avresti forse gli Angeli, non trove-resti vicinissima a Te, la piccola schiera di co-loro che Ti sono verginalmente fedeli: Maria eGiovanni che non Ti hanno lasciato, che capi-scono e sono capaci di accogliere molto più diquanto tutti gli altri non possono rifiutare? Tisei separato da Maria e Giovanni per separartida ogni creatura, per essere solo con il Padre,solo in Presenza del padre Tuo, per morire.

O Gesù, quale insopportabile mistero in

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queste tre parole: il Padre, il Verbo, laMorte: Il Padre che ha la Vita in Sé (26) ilVerbo che è Vita e Luce (27) e tra loro, traloro soli, non la vita ma la morte. O Signore,venuto in questo mondo per rendere testimo-nianza alla Verità (28), mediante questamorte che ha tolto in te la verità della vita,in mezzo alla menzogna che Ti condanna, inseno all’errore che Ti avvolge, nel momentostesso in cui trionfa la morte, Tu, Verbo diVerità, rendi la suprema testimonianza allaVerità. Io lo credo, e adoro (29).

Coloro che vogliono vivere piamente inCristo Gesù, soffriranno la tribolazione (30).A Te, o Signore, che hai piamente vissuto se-condo il volere del Padre Tuo, era riservatauna tribolazione esemplare. Beati siete voi,quando vi oltraggeranno e vi perseguiterannoe, mentendo, diranno di voi ogni male per ca-gion mia (31). Signore, Tu sei quindi beato, ri-dotto alla croce, a causa della Verità cheporti in te. La verità non muore, è invincibilee quand’anche tutte le forze dell’errore edella menzogna si alleassero contro di Essa,la Verità sarebbe sicura di trionfare, perchéè Verità, perché è Te, Verbo Eterno, viventenella Tua Croce e nella Tua Morte. Adoro laTua solitudine, essa sola conveniva al Tuotrionfo; essa sola imprime misteriosamentenell’anima denudata e ridotta all’essenziale,la parola d’ordine eterna: la Vittoria che havinto il mondo è la Fede (32). La Fede èl’unico riflesso terreno della Verità che nonmuore mai. Da quando la menzogna è entra-ta nel mondo (33), l’immortale Verità noncessa di separare e opporre coloro chemuoiono per Lei da quelli che vivono controdi Lei. I primi vivono eternamente di Lei; isecondi nascono morti, perché come Satana,sono mentitori fin dall’inizio (34).

Ti adoro, o Gesù, solo sulla Tua Croce permorire, Testimone (35) per eccellenza, Verbo diVerità che vivi nel Padre e muori al mondo: oVerità che fai morire alla morte perché sei Vita.

È vero o mio Diletto, che Tu sei su questaCroce, ed io sono qui che Ti guardo con tuttoil mio cuore. Ora, come alla sera della miavita, non vi siamo più che Tu ed io. Tuttotace. Tutto. Nulla più esiste se non Tu sullaTua Croce ed io che Ti guardo. Terribile con-fronto! Eppure Ti guardo e tendo verso di Tecon ogni fibra del mio cuore che patisce conTe. Ed ecco che io vengo tramutato dal Tuomistero. Nonostante io cerchi di entrare nellaTua sofferenza, nonostante io voglia capiretutte le torture dell’anima e del corpo, non

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posso impedire una cosa meravigliosa: sonoinondato di gioia, di felicità, di riposo, in unasicurezza felice, immensa, inesprimibile. An-goscia, tristezza, tutto si dissipa.

Non esisti più che Tu, inchiodato allaCroce, ed io ai Tuoi piedi, solo con Te nel si-lenzio e nella felicità. Adoro la Tua Croce,adoro il Tuo trionfo, accolgo la Tua gioia, oSignore crocifisso, Signore di Gloria, Verbodi eterna Verità.

Note

Idieci anni dell’Istituto. Come già ricordatodall’Editoriale di questo numero, l’Istituto

Mater Boni Consilii ha compiuto i suoi primidieci anni di esistenza. Festa grande a Ver-rua il 18 dicembre. Ne riparleremo.

Apostolato. Rispetto all’anno scorso,l’apostolato estivo dell’Istituto si è intensifi-cato. Immutato il numero di turni degliEsercizi Spirituali di Sant’Ignazio predicatiper i fedeli, e cioè quattro, due a Raveau, inFrancia (dal 31 luglio al 5 agosto e dal 7 al12 agosto) e due a Verrua (dal 21 al 26 ago-sto e dal 28 agosto al 2 settembre). È au-mentato, però, il numero dei partecipanti.Come l’anno scorso, dal 10 al 25 luglio, si èsvolta a Raveau (in Francia) la Colonia SanLuigi Gonzaga della Crociata Eucaristica,diretta da don Giugni. Anche in questo casoè cresciuto il numero dei partecipanti, italia-ni e francesi. Il 24 luglio, alla chiusura del

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Campo, i bambini hanno recitato due sceneteatrali, in italiano ed in francese, ed i semi-naristi ci hanno offerto un concerto di chi-tarra di musica latino-americana, alla pre-senza di Mons. Dolan e di don Sanborn, no-stri ospiti al termine di un loro viaggio inFrancia. Per la prima volta, invece, ci siamocimentati in una Colonia (dedicata allaBeata Imelda Lambertini) che riunisse aVerrua Savoia, dal 16 al 22 luglio, le bambi-ne italiane, fino ad ora ingiustamente trascu-rate. Don Murro, validamente coadiuvatoda Signore e Signorine per la cucina, i giochied il catechismo, è riuscito a tenere a bada lebimbe e... le zanzare di Verrua! Don Caza-las non ha voluto però essere da meno, edha pensato agli adolescenti, troppo grandiormai per la Colonia di Raveau. Appunta-mento quindi a Manigod, nelle Alpi savoiar-de, per escursioni in montagna, preghiera econferenze, dal 18 al 25 agosto! Un’espe-rienza da ripetere...

Seminario San Pietro Martire. Il 15 set-tembre sono iniziate nuovamente le lezioni nelnostro “seminario”. Dobbiamo segnalare unanotizia triste ed una lieta: l’abbandono di unseminarista, lo statunitense Joseph Hoffman,per motivi di salute, e l’entrata in seminario,dopo tanto tempo, di un italiano, e per giuntaromano! Gli studenti, pertanto, restano sei,troppo pochi per il lavoro che ci assilla e le ri-chieste di aiuto che ci vengono da molte parti.

Conferenze. Don Curzio Nitoglia ha te-nuto numerose conferenze ed incontri duran-te questi mesi; a Frascati (13 ottobre) ed aRoma (3 novembre) sul Mondialismo, a Te-ramo (17 novembre) sulla Filosofia dellaMassoneria, a Chieti il 24 novembre sul Nata-le ed il 1° dicembre sull’Immacolata Conce-zione, ed infine ad Alessandria, sul Neo-tomi-smo, il 12 dicembre. Inoltre, bisogna segnala-re i Corsi di filosofia tomista che tiene il gio-vedì a Torino, in via Thesauro 3/D, ogni duesettimane a partire dal 19 ottobre; l’argomen-to trattato in questo momento: le XXIV Tesidella filosofia di San Tommaso. Da parte sua,don Ricossa ha tenuto una conferenza pub-blica a Bologna il 14 ottobre, nella Saladell’Angelo di via San Mammolo, presentan-do il libro di don Cekada, Non si prega piùcome prima, è intervenuto nel dibattito con-clusivo nel convegno sulla Massoneria orga-nizzato a Ferrara dallo Studio BibliograficoLa Cattedrale (17 settembre), si è intrattenu-to il 16 ottobre con un gruppo di giovani diCeccano presentati da Stefano Gizzi, ha pre-

Vita dell’Istituto

1) Mc.XV, 17; Mt XXVII,29; Gv. XIX, 2

2) Lc. XXIII, 343) Gv. XIX, 23; Mt.

XXVII, 354) Gv. XIX, 275) Mc. XV, 306) Lc. XXIII, 437) Mc. XV, 34; Mt.

XXVII, 468) Mc. XVII, 59) Gv. XVII, 4, 610) XXVI, 5311) Mt. XVII, 212) Mt. XVI, 2313) Gv. XVII, 514) I Gv. IV, 10; Ebr. V, 7, 815) Lc. II, 4416) Gv. XVII, 417) Gv. X, 18

18) Mt. VI, 17, 2119) Lc. XXIII, 4620) Gv. XIX, 3021) Gv. X, 30; XVII, 11,2222) Ebr. X, 923) Apoc. I, 824) Gv. XVI, 2825) Lc. XXIII, 3426) Gv. V, 2627) Gv. I, 4-928) Gv. XVIII, 37; VIII,

3829) I Cor. II, 830) II Tim. III, 1231) Mt. V, 11; Lc. VI, 2232) I Gv. V, 433) Rm. V, 1234) I Gv III, 8, 10; Gv.

VIII, 14.35) Ap. I, 5; XIX 11.

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sentato a Torino, il 17 novembre, assieme adaltri relatori, il libro di Pino Tosca, Il cammi-no della Tradizione. Il tradizionalismo italia-no, 1920-1990, ed ha partecipato, il 16 no-vembre, ad una riunione ristretta dell’asso-ciazione Inter multiplices una vox e dellaLega contro la predazione degli organi, perpreparare una eventuale azione comune con-tro i trapianti di organi. Non possiamo poinon segnalare l’importantissimo Convegno“Cattolico Tradizionalista Estense” sul Con-cilio Vaticano II, ’89 della Chiesa, tenuto aFerrara all’Hotel de la Ville il 26 novembre,organizzato dal Comitato per la difesa dellaCiviltà Cristiana “Carlo Magno”. Il n. 40 delsettimanale diocesano La Voce di Ferrara-Comacchio (18 XI 1995, p. 5) ha pubblicatoun articolo sul Convegno di Mons. GiovanniMarinelli, intitolato Grazie dell’invito, masono contrario. A questo articolo ha rispostoun comunicato del Comitato Carlo Magno,precisando che nulla ha a che vedere l’attuale“tradizionalismo” cattolico con quello del se-colo scorso condannato dalla Chiesa, mentrele posizioni sui rapporti tra Stato e Chiesaesposte dal Concilio e riaffermate da Mons.Marinelli sono, esse sì, riconducibili al libera-lismo cattolico, egualmente condannato dallaChiesa. Davanti a molti partecipanti (tra iquali non pochi lettori di Sodalitium che ab-biamo avuto il piacere di conoscere personal-mente) Paolo Baroni ha diretto il Convegno.Don Ricossa, direttore di Sodalitium, ha par-lato del “quadro storico-religioso dalla presadi Porta Pia al Vaticano II; liberalismo, mo-dernismo e neo-modernismo”, ovvero di quelfilone culturale che, per ammissione deglistessi sostenitori del Concilio, ha preparatointellettualmente il Vaticano II. RaimondoGatto si è occupato invece dell’“altra facciadel Concilio”, ovvero delle manovre degliepiscopati francese, tedesco ed olandese perindirizzare il Concilio nella direzione antiro-mana da loro voluta. Don Nitoglia ha magi-stralmente commentato il documento conci-liare Nostra Ætate, analizzandone tutte le sfu-mature, ed i punti ed i sensi nei quali esso sioppone alla Rivelazione divina. MaurizioRuggiero, di Verona, ha concluso i lavoriprima del pranzo commentando un altro do-cumento conciliare, Gaudium et spes, sui rap-porti tra la Chiesa ed il mondo contempora-neo, anche alla luce della recente interpreta-zione fattane da Giovanni Paolo II. Nel po-meriggio, Siro Mazza, di Alessandria, ha rive-lato gli insospettabili rapporti esistenti tra al-

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cuni protagonisti del Concilio e l’esoterismo,soffermandosi particolarmente sulla figuradel “Cardinale” Jean Danielou. Don Ricossa,in serata, ha tirato le somme: se esiste unacontraddizione tra la dottrina della Chiesa equella del Concilio, si pone immediatamenteil problema della legittimità delle “autorità”che hanno promulgato il Vaticano II. “Obbe-dienza, autorità e conservazione della fede”:questo il tema dell’ultima conferenza, nellaquale don Ricossa ha esposto il problemadell’obbedienza al Papa ed al suo magistero,risolvendo questo dilemma, snaturato o sot-taciuto da tanti, con la Tesi di Cassiciacumelaborata dal teologo domenicano M. L.Guérard des Lauriers. Contestualmente,sono state esposte e criticate le altre possibilisoluzioni: l’accettazione del Concilio, la dot-trina della disobbedienza di Mons. Lefebvreed il Sedevacantismo totale di altri. La SantaMessa ha chiuso il Convegno.

Ultimo appuntamento notevole, la con-ferenza di Paolo Baroni, del Centro Cultu-rale San Giorgio, tenuta a Torino, nella sala-conferenze della Galleria d’arte moderna econtemporanea, sul tema: Approfondimentisu esoterismo e musica rock. Il conferenziereè stato presentato dagli organizzatori dellaserata, Vittorio Bichiri, in rappresentanzadel Circolo Famiglia Cattolica, e don Ricos-sa, a nome dell’Associazione Sodalitium.Visto il gran successo di pubblico, stiamo va-lutando l’opportunità di ripetere la confe-renza. Certo, la collaborazione col CentroSan Giorgio proseguirà per simili iniziative.

Buona stampa. La Cooperativa editriceSodalitium è stata posta in liquidazione il 21novembre: troppe spese di gestione, insoste-nibili per i nostri scarsissimi mezzi! Dallesue ceneri, però, è nata l’Associazione Cen-tro Culturale e Librario Sodalitium. Limitan-do le nostre pretese (e le nostre spese) po-tremo proseguire le nostre attività culturali(conferenze, libri, opuscoli). Il 6 dicembre,infatti, è stato portato in tipografia il libroSegreti e misteri del B’naï B’rith, traduzioneitaliana dell’opera di Emmanuel Ratier, conuna appendice sul B’naï B’rith in Italia, acura di Sodalitium. Aiutateci a diffonderequesto libro unico nel suo genere in Italia!

Parlano di noi... Ha segnalato l’esistenzadi Sodalitium il Bollettino Parrocchiale diDomqueur dell’abbé Philippe Sulmont (n. 2,febbraio 1995). Parimenti, il mensile Linea(Corso Vittorio Emanuele II, Roma) hapubblicato l’avviso pubblicitario di Sodali-

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tium (nov. ‘95, p. 14). Saka Informationen diBasilea (Svizzera) ha pubblicato in tedesco,nel n. 5/6 di maggio/giugno 1995, l’articolodi don Nitoglia Giudaismo e Massoneria. Larivista argentina Pugna ha proseguito la tra-duzione e diffusione dell’articolo di don Ni-toglia sull’omicidio rituale, e questo malgra-do la denuncia contra la rivista in base aduna locale “legge Mancino”. LecturesFrançaises (n. 462, ott. 1995, pag. 32), direttada Henri Coston, ha segnalato l’articolo didon Nitoglia sui Marrani, facendo riferimen-to all’edizione francese di Sodalitium. Lanuova rivista argentina Firmes en la Fe(Pringles 1363, 7600 Mar del Plata, Provin-cia di Buenos Aires) pubblica un estrattodella nostra rubrica, l’Osservatore Romano,riguardante l’accordo di Giovanni Paolo IIcoi nestoriani (cf. Sodalitium, n. 40, pagg.47-48). La rivista argentina, che segue il se-devacantismo dell’abbé Zins e del prof.Corbi, precisa di non seguire le nostre posi-zioni sulla Tesi di Cassiciacum e sulle consa-crazioni episcopali, ma raccomanda egual-mente la lettura di Sodalitium. Un esempio,quello di Firmes en la Fe, di come si possa,senza confondere posizioni diverse, discute-re senza animosità e passionalità su ciò checi divide, ed attaccare il nemico comune. Unaltro esempio viene dal lato opposto dellabarricata, ovvero dalla rivista Inter multipli-ces una vox, organo dell’associazione omo-nima di Torino, separatasi da Una Voce. Apag. 15 del numero di settembre (presso G.L. Gremo, Via Battisti 2, 10023 Torino) sipuò leggere una bella recensione del libro didon Cekada, Non si prega più come prima...,edito dalla nostra Cooperativa editrice So-dalitium. Anche una rivista che “si situanella linea (...) di S. E. Mons. Lefebvre”, Lesel de la terre (La Haye-aux-Bonshommes,49240 Avrillé, France) ha segnalato, con di-screzione, il libro di Cekada. Un’altra recen-sione favorevole (e molto ampia) del libro

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di don Cekada è stata fatta dalla rivista fran-cese Introibo, organo dell’AssociazioneNoël Pinot, che riunisce moltissimi sacerdotidi tutto il mondo. Purtroppo (per dimenti-canza o per timore di mettere a conoscenzadella nostra esistenza) non viene dato l’indi-rizzo ove procurarsi il libro! Altra recensio-ne del libro di Cekada: quella pubblicata dalmensile Chiesa viva (dic. 95) diretto da donLuigi Villa. La Sentinella d’Italia (Via Buo-narroti 4, 34074 Monfalcone, Gorizia) se-gnala invece che “il benemerito IstitutoMater Boni Consilii di Verrua Savoia ha incorso di pubblicazione l’edizione italiana”del libro di Ratier sul Bnaï B’rith. Grazie!

L’Institute of Jewish Affairs e The Ame-rican Jewish Commitee includono Sodali-tium e l’Istituto nell’Antisemitism. World Re-port 1994 e 1995. La stampa ha già parlato,quando in alcune occasioni furono coinvoltidei politici, del “Rapporto mondiale sull’anti-semitismo” che l’Institute of Jewish Affairspubblica e diffonde annualmente. Nelle dueultime edizioni, quella del 1994 e quella del1995, per quel che riguarda l’Italia e sotto larubrica “Religione”, il Rapporto si è occupatodi noi. Per conoscenza dei lettori riportiamole testuali parole del Rapporto (tradottedall’inglese). Nell’edizione del 1994, ancorapoco al corrente, si limita a scrivere: “Il men-sile Chiesa viva, pubblicato a Brescia dallacasa editrice Civiltà e diretto da Luigi Villa, èconsiderato ai margini dell’organizzazione ec-clesiale. A gennaio ha pubblicato un articoloche si rifà ai sanguinosi libelli stampati nel se-colo scorso contro gli Ebrei. I numeri di Mag-gio, Giugno e Agosto hanno trattato, in trepuntate, della responsabilità degli Ebrei neldeicidio. Tutti gli articoli erano scritti da Cur-zio Nicotra (sic)”. Nel frattempo l’Institute ofJewish Affairs si è informato meglio. Nell’edi-zione del 1995, scrive: «La crisi socio-politicain Italia ha favorito il riemergere di idee pre-Vaticano II e proposto soluzioni ai mali cheaffliggono il paese, (mali) che possono venireattribuiti agli Ebrei. Tra le numerose piccoleorganizzazioni delle frange del fondamentali-smo Cattolico, il consumismo ed il materiali-smo moderni sono considerati la causa delladisgregazione della morale e la chiesa è criti-cata per aver sacrificato i tradizionali valoriCattolici per la modernità mediante gli orien-tamenti seguiti al Concilio Vaticano II. Questigruppi di frangia citano il Concilio di Trento(1542) e gli insegnamenti di San Pio V, e sonomarginali nella chiesa. In questo contesto vi è

Il nostro don Curzio parla al Convegno di Ferrara sul“Concilio Vaticano II, ‘89 della Chiesa”

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opposizione all’“apertura” della chiesa Catto-lica verso gli Ebrei, (apertura) che avrebbepermesso, secondo la loro opinione, che lachiesa fosse controllata dagli Ebrei e dai Mas-soni. I vecchi miti e stereotipi antisemiti,come l’accusa di deicidio e di omicidio rituale,sono stati riesumati. Articoli su questi temisono stati pubblicati sulla stampa fondamen-talista Cattolica. Il settimanale (sic) Sodali-tium, di vasto ambito culturale, è pubblicatodall’Istituto Mater Boni Consilii di Verrua Sa-voia, ed il direttore è don Francesco Ricossa.La tendenza del giornale è il fondamentali-smo Cattolico, vicino alle opinioni arci-tradi-zionaliste di Monsignor Lefebvre, ma più cri-tico nei confronti della chiesa Cattolica Ro-mana (sic) e del Concilio Vaticano II e si op-pone duramente all’apertura della chiesaverso gli Ebrei. Tuttavia, il giornale ha unapiccola diffusione e una piccola influenzaall’interno della chiesa Cattolica. I numeripubblicati nel 1994 comprendono: un lungoarticolo fortemente critico del Concilio Vati-cano II, del Cardinale Bea e del Papa Giovan-ni XXIII; un articolo sull’infiltrazione “giu-deo-massonica” nella Chiesa, una recensionedel libro di Emmanuel Ratier intitolato Miste-ri e segreti del B’nai B’rith. La più importanteorganizzazione ebraica internazionale; un arti-colo di don Curzio Nitoglia sui Marrani (crip-to-ebrei) “Tale MONDO SEGRETO che si èperpetuato fino ad oggi, non può non sor-prendere e riempirci di fondato timore; essocostituisce la riprova di tante notizie che sileggono sui libri (…) quasi fossero leggendeod esagerazioni, come il mistero del sangue ol’omicidio rituale, tramandato oralmente dipadre in figlio, e perpetrato nel segreto degliscantinati…”». Dopo aver brevemente segna-lato altre pubblicazioni (Sì sì no no, Identità,gli opuscoli del Centro Culturale San Giorgio,segnalando i contatti di questi ultimi con So-dalitium) il Rapporto prosegue: «Un altro epi-sodio riguarda una messa celebrata da donCurzio Nitoglia dell’Istituto Mater Boni Con-silii, che pubblica Sodalitium ed ha un semina-rio per la formazione dei sacerdoti. A gennaiodon Nitoglia celebrò una messa nella sede delMSI in via Acca Larenzia a Roma, una dellecorrenti del MSI più vicine all’estrema destraskinheads. Durante la predica dichiarò, tral’altro, che il comunismo è un prodotto delGiudaismo e che: “abbiamo il diritto della le-gittima difesa per noi stessi e per la vera chie-sa Cattolica contro il comunismo, la massone-ria e le lobbies ebraiche”». Per fortuna, nella

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rubrica “Contro l’antisemitismo”, il Rapportopuò consolarsi: «Nei discorsi di Papa Giovan-ni Paolo II e di alcuni vescovi, in particolare ilCardinale Maria (sic) Martini di Milano c’èstata la condanna dell’antisemitismo passato epresente». Amici e avversari sono stati, quin-di, chiaramente identificati.

Viaggi apostolici. Don Murro si è recatonuovamente nell’Italia meridionale, incon-trando amici e simpatizzanti. Don Giugni sireca saltuariamente a Rovereto, per assiste-re quei fedeli privi di una Messa regolare.Don Ricossa si è nuovamente recato in Ar-gentina dal 25 ottobre al 9 novembre, visi-tanto numerosi fedeli e sacerdoti a Cordoba,Mendoza, Rosario e Buenos Aires.

Lavori. A Raveau, grazie al lavoro dellafamiglia Langlet e di alcuni seminaristi, abbia-mo parzialmente rifatto il tetto di uno stabile,con l’intenzione di renderlo disponibile per gliesercizi spirituali. Questi lavori seguono il ri-facimento dei tetti e dell’intonaco del castello,e molto resta ancora da fare, tanto che i ladriche hanno visitato la nostra casa non hannotrovato nulla da rubare! A Verrua, sono statirifatti i tetti, chiuse le finestre del granaio e ri-strutturata la cucina. Restano da fare i lavoridi risanamento della chiesa (troppo umida).A Torino, la chiesa è stata finalmente dotatadella balaustra. Le spese di tutti questi lavori,naturalmente, sono ingenti.

Auguri... a don Alfredo Medina, confra-tello ed amico che svolge il suo ministero sa-cerdotale a Bruxelles. Il 2 dicembre ha fe-steggiato, con una messa solenne, i suoidieci anni di sacerdozio; era presente, inrappresentanza di tutto l’Istituto, il semina-rista belga Geert Stuyver.

Battesimo (e prima comunione). Unosolo, ma importante e commovente! Una gio-vane di 26 anni, nata nella religione musulma-na, ha ricevuto il battesimo a Verrua Savoia, il7 ottobre, scegliendo il nome di Maria. Dopol’impressionante rito del battesimo degli adul-ti, ha assistito alla Santa Messa e ricevuto, perla prima volta, il suo Dio e Signore, Gesù Cri-sto, nella Santa Comunione. Siamo tutti rima-sti toccati dalla fede e dal fervore di questanuova figlia di Dio. Che gioia poter ancora as-sistere, ai nostri giorni così tristi, a questi mi-racoli della grazia!

Prime comunioni. Durante Colonia SanLuigi Gonzaga, il 25 luglio, ha ricevuto laprima comunione dalle mani di Mons. DanielDolan, Carlo Romano Trinca. Sua sorella Gi-nevra e l’amica Valentina Bracaglia, entram-

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be reduci dalla Colonia di Verrua Savoia,hanno ricevuto a loro volta Gesù per la primavolta nella cappella di San Tommaso d’Aqui-no, nel castello dove il Santo fu imprigionato,a Monte San Giovanni Campano (Frosino-ne), il 16 ottobre. La Messa è stata celebratada don Ricossa. Il 24 settembre, vicino a Fer-rara, don Ricossa aveva dato la prima comu-nione anche a Massimiliano e Margherita Ba-roni; anch’essi si erano preparati a questo av-venimento così importante della vita cristianadurante le Colonie estive dell’Istituto.

Matrimonio. A Ferrara, il 25 novembre,don Ricossa ha benedetto l’unione dei co-niugi Cesari. Il 1° luglio, un centinaio di per-sone assisteva alla benedizione eucaristicaseguita dal Te Deum in ringraziamento peril matrimonio di Luca e Nadia Ricossa.

Defunti. L’affetto e la riconoscenzadell’Istituto e di tutti i suoi membri per la fa-miglia Senni Buratti fa sì che sia un lutto no-stro quello che ha colpito la Signora AdrianaSenni Buratti per la morte dei suoi fratelli Lu-ciano Guglielmo e Gualtiero Nicoletti. DonRicossa ha potuto amministrare a quest’ulti-mo, che viveva a Bologna, gli ultimi sacramen-ti. Don Nitoglia ha dato i santi sacramenti allasua cara zia e madrina, Nina Scafi, deceduta il2 ottobre ed a Maria Varetto (3/08/95). Il 13novembre, a St Jean de Niost, don Murro hacelebrato le esequie della Signora Thérèse Jo-sephine Nême, vedova Bozon, deceduta con isacramenti il 9 dello stesso mese. Don Murroe don Giugni erano spesso suoi ospiti, durantei loro viaggi apostolici in Francia.

A Raveau è venuto a mancare il sig. Fa-bien Favret, che abitava con la sua famigliain un fabbricato all’interno della nostra pro-prietà. Soldato nella Marina militare, si tro-vava nel Madagascar quando ebbe una ma-lattia che l’obbligò a lasciare l’esercito. Lasua conversione era stata profonda: pur vi-vendo nelle ristrettezze, non esitava a far sa-crifici per osservare i Comandamenti di Dioe per evitare ciò che ne è contrario. Di gran-de generosità, era sempre pronto ad aiutareil prossimo, e anche quando i mezzi gli man-cavano aveva sempre una soluzione da offri-re. La sua preoccupazione era di insegnare aisuoi sette figliuoli i principi della fede, non-ché la rettitudine morale. Quattro anni fa lacasa ove dimorava era stata venduta ed egliaveva ricevuto lo sfratto, per cui era venuto atrovarsi improvvisamente nella necessità,con una famiglia già numerosa; non avevamopotuto offrirgli che questo fabbricato il

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quale, lungi dall’essere perfetto, poteva al-meno cavarli d’impaccio. Il sig. Favret, nellamisura in cui glielo permetteva la salute, aiu-tato dalla moglie fece tanti lavori per rimet-tere in sesto l’abitazione, e solo un mese fanel riparlarne era addolorato di non aver po-tuto fare tutto quel che sperava.

Già quando il suo stato di salute cominciòad aggravarsi, formulò la piena sottomissionealla volontà di Dio: durante tutta la sua ma-lattia, anche nei momenti più dolorosi, con-servò sempre la calma interiore che provienedalla totale accettazione dei voleri celesti.Nel novembre scorso don Thomas Cazalas,che si trovava a Raveau, gli ha portato tutti igiorni la S. Comunione. Dopo aver ricevutotutti i sacramenti, si è spento serenamente il14 dicembre; i funerali sono stati celebrati dadon Murro a Crézan il 18 dicembre. Lo rac-comandiamo alle vostre preghiere, partico-larmente a chi lo ha conosciuto.

Purtroppo dobbiamo segnalare di nuovola morte di anziani sacerdoti, che non cele-bravano la Santa Messa una cum JoannePaulo. Il 4 novembre, è deceduto l’abbéRémy Micoud, parroco di St Albin de Vaul-serre (Isère), all’età di 92 anni. Fu sempre ac-cogliente con tutti i seminaristi dell’Istitutoche gli facevano visita. Il 29 novembre èmorto l’abbé Henri Mouraux, di Nancy (Lo-rena), all’età di 87 anni. Ha ricevuto gli ultimisacramenti dal parroco di Steffeshausen, PaulSchoonbroodt. Recentemente, a causadell’età avanzata (che lo aveva costretto acessare le pubblicazioni del bollettino BonumCertamen), l’abbé Mouraux aveva chiestoall’Istituto l’aiuto di un nostro sacerdote, e aquesto scopo si era incontrato con donMurro. Nell’estate, aveva accolto con ognionore Mons. Dolan e don Sanborn. Purtrop-po, nei due casi, i soldati caduti non sarannosostituiti: la parrocchia dell’abbé Micoud ri-torna al Novus Ordo, la chiesa dell’abbéMouraux verrà officiata dalla Fraternità SanPio X, che si dichiara in comunione con ilmedesimo Novus Ordo. È particolarmentetriste pensare che tanti sacerdoti, che nonhanno riconosciuto la legittimità di GiovanniPaolo II, come l’abbé Coache o l’abbé Mou-raux, dopo aver lasciato le loro opere nellemani della Fraternità, sono criticati pubblica-mente dai membri della Fraternità stessa. Inuna conferenza contro il ‘sedevacantismo’ te-nuta a Nantes nel giugno del 1995, l’abbé Di-dier Bonneterre, priore di Nantes (ed attualesuperiore di don Paladino), ha dichiarato (tra

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altre enormità): “E poi ci sono dei sacerdoti...poiché lui è morto posso farne il nome: l’abbéCoache. L’abbé Coache, prete rispettabile,evidentemente, ma che aveva l’arte di consi-derare, a torto - e Mons. Lefebvre glielo rim-proverarava un bel po’ - di considerare laquestione del sedevacantismo o del veroPapa, anche se si sbaglia, come una questioneliberamente discutibile. Per l’abbé Coachepensare che Giovanni Paolo II era Papa oche Giovanni Paolo II non era Papa era unaquestione di opinioni. Bisogna saperlo! Pote-te capire adesso come mai il bravo abbé rice-veva l’abbé Guepin ed altri confratelli di talgenere [cioè ‘sedevacantisti’ o sostenitoridella ‘Tesi di Cassiciacum’], molto facilmen-te. Era normale, perché per lui avevano fattouna scelta libera. Allora, è possibile sostenerequesta opinione? Io non lo penso. Non è pos-

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sibile. Mons. Lefebvre lo pensava ancormeno. Poiché questi confratelli li ha esclusidalla Fraternità. (...) Ebbene, no. Non è unaquestione di opinioni. È una questione grave,che tocca l’essenza stessa del fatto di esserecattolico. Perché il cattolico appartiene allaChiesa cattolica che ha un Capo visibile,no?”. Cosa direbbe l’abbé Bonneterre, oggi,dell’abbé Mouraux? Che anche lui non eracattolico, perché, ancor più chiaramentedell’abbé Coache, era ‘sedevacantista’, mache le opere, la chiesa ed i fedeli dell’abbéMouraux... non sono da disprezzare (comeeredità!). Speriamo che gli altri sacerdoti nonuna cum si accorgano in tempo che non pos-sono fare affidamento su chi pronuncia taliepitaffi funebri, privi di equilibrio e di amorefraterno... Quanto a noi, raccomandiamo leanime di tutti questi defunti, alla vostra carità

I Templari con Filippo il Bello, contro Bonifacio VIII

«Nel corso delle forti contese che hannoopposto il re di Francia a Papa Boni-

facio VIII, i templari hanno generalmenteparteggiato per Filippo il Bello. Non è nep-pure inverosimile che, come ha suggeritoMarion Melville, il trasferimento del tesororeale dal Tempio al Louvre sia stato fatto surichiesta degli stessi templari che, non volen-do disubbidire al Papa, in occasione dell’im-posta sui beni del clero a vantaggio delle fi-nanze reali, avrebbero così lasciato al re lemani libere nella gestione del tesoro. Questaprima crisi fra Bonifico VIII e Filippo ilBello era scoppiata nel 1295. Quando, nel1303, la rottura sembra fra loro di nuovo im-minente, il visitatore d’Occidente Ugo diPairaud prende apertamente posizione a fa-vore del re e riceve da lui una lettera di pro-tezione per se stesso e per il suo Ordine.

Quindi nulla permette di sospettarequalche disaccordo fra il re e l’ordine delTempio, quando scoppia come un tuono lanotizia del loro arresto…».

(Da RÉGINE PERNOUD, I Templari, trad.di Ugo Cantoni, effedieffe Milano 1993).

Una fattura contro Rabin

Rabbino contrario alla pace scaglia unamaledizione sul premier

«IL sorrisetto ironico e lo sguardo che sfidala storia dovrebbero essere un buon anti-

doto contro gli angeli neri evocati dai rabbinicabalisti di estrema destra: Itzhah Rabin sem-bra infischiarsene allegramente della notiziache un sant'uomo esoterico quanto lo si può gliabbia lanciato contro, poco meno di un mesefa, una “pulsa denura”, ovvero letteralmenteuna lingua di fuoco. In pratica si tratta di unamaledizione letale che dovrebbe, secondo i cal-coli mistici, prendere forma entro 30 giornidalla sua emissione. È un rabbino di Gerusa-lemme il papa politico e spirituale di quest'azio-ne di guerra, seria ma non nuova fra i mistici:un paio di formulette che si recitano in dieci, tracandele nere, solo in casi estremi come quelloche secondo il kack rappresenta il processo dipace. Appartiene a questo movimento di estre-ma destra il rabbino che ha realizzato l'evento»(FIAMMA NIRENSTAIN in La Stampa 3/11/95).

«Una fattura di morte collettiva, grazieall’opera di tre luminari della Kabala [erastata lanciata contro Rabin]. Un’azione che- nella tradizione ebraica - ha un valore gra-vissimo. Era stata paradossalmente proprioquesta fattura malefica a turbare più di altroi sonni del premier che, non a caso, era subi-to corso ai ripari recandosi a sua volta daaltri cabalisti per farsi fare una “controfattu-ra”». (Il Tempo, 5/11/95).

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