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GLI EDITORIALI

Il saluto del Presidente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5di Carla Cappiello

L’Editoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7di Francesco Marinuzzi

GLI ARTICOLI

Mobilità professionale dell’ingegnere nell’Unione Europea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8di F. Angelini, M. Brauzzi

I fondi comunitari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18di C. Calabrò, M. F. Ragnisco, M. Rocchi, M. D. Sorrentino

La nuova mediaconciliazione: vantaggi per la società e opportunità per l’ingegnere . . . . . . . . . . . . . . 32di F. Zavagnini, N. Teti, C. Pierrettori

Esperienze italiane sul dissesto idrogeologico tra normativa ed attuazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36di G. Monacelli, O. Spiniello

Norma Uni 9494-1:2012. Criteri di progettazione dei sistemi naturalidi evacuazione di fumo e calore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52di G. Modeo, P. Battisti, A. Fazzari, L. Liolli

Isolamento e spostamento di un edificio strategico sotto tutela architettonica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58di G. Monti, M. Vailati, R. Marnetto

Dissalazione nucleare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72di M. Marinelli

Le ispezioni in campo nucleare-radiologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84di F. Zambardi

L’ingegneria sociale per l’edilizia e l’approccio all’Universal Design . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92di L. Moruzzi, M. Bozzetti

Analisi della Delibera Consiliare 07/2011, confronto con la Delibera 48/2006e con la normativa vigente in materia di risparmio energeticoe di uso di fonti di energia rinnovabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110di L. Mele, M. Petriccione

L’alimentazione elettrica dei tram senza la linea aerea di contatto, sistemi “catenary free” . . . . . . . . 120di R. Santulli, F. Stefanucci

L’AREA WEB DEL QUADERNO E DELLA RIVISTA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .128

N. 3/2014

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Studio 5+1AA - Sede Agenzia Spaziale Itaiana (Tor Vergata - Roma) Copyright © Moreno Maggi þ

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Direttore responsabileStefano Giovenali

Direttore editorialeFrancesco Marinuzzi

Comitato di redazione

Sezione ACarla Cappiello Manuel CasalboniFilippo Cascone Lucia CoticoniAlessandro Caffarelli Giuseppe CarluccioCarlo Fascinelli Francesco FulviGioacchino Giomi Maurizio LucchiniLorenzo Quaresima Tullio Russo

Sezione BGiorgio Mancurti

Amministrazione e redazionePiazza della Repubblica, 59 - 00185 RomaTel. 06 4879311 - Fax 06 487931223

Direzione artistica e Progetto graficoTiziana Primavera

StampaPress Up

Ordine degli Ingegneri della Provincia di RomaPiazza della Repubblica, 59 - 00185 [email protected]

Finito di stampare: gennaio 2015

Il Quaderno IOROMA è un allegato alla rivista IOROMA

La Direzione rende noto che i contenuti, i pareri e le opinioni espresse negli articoli pubblicati rappresentano l’esclusivo pensierodegli autori, senza per questo aderire ad esse.La Direzione declina ogni qualsiasi responsabilità derivante dalle affermazioni o dai contenuti forniti dagli autori, presenti nei suddettiarticoli.

Quaderno

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La progettualità è la soluzione per il raggiungimento degli obiettivi, è la rispostastrategica a una domanda. In questo contesto, l'ingegneria svolge un impor-tante ruolo di ideazione e governance. Gli ingegneri hanno nel loro DNA pro-fessionale la capacità di individuare la sostenibilità e le perfomance deiprogetti. Sono capaci di intercettare le necessità del contesto in cui operanoe di proporre soluzioni atte al cambiamento dell'esistente. Nell'affrontare il pro-prio lavoro, forniscono analisi complete della realtà attraverso l'uso di ade-guate e specifiche metodologie. Pertanto, possono essere un ottimo supportoallo sviluppo del settore pubblico e di quello privato tramite utili strumenti diprogrammazione progettuale.

I professionisti tecnici possono e devono svolgere un ruolo sempre più impor-tante nel veicolare il cambiamento dei territori, fisici e virtuali, come richiestodall'Unione Europea anche attraverso l'erogazione dei numerosi fondi struttu-rali, verso il cui utilizzo l'Italia ha accumulato dei forti ritardi. Vi sono, infatti,circa 18 miliardi di euro di fondi EU non ancora spesi per il periodo 2007-2013,a cui si vanno aggiungere quelli del 2014-2020, i cofinanziamenti nazionali eil Fondo sviluppo coesione (FSC).

Lo sviluppo e l’attuazione di progetti che siano utili all’Europa, portando be-nefici economici al Paese, non possono prescindere da una pianificazione dinatura tecnica a beneficio della società civile. L'obiettivo deve essere quellodi formare una nuova generazione di professionisti europei, orientati a coglierele opportunità progettuali date dai fondi comunitari. Si deve iniziare a costruireun dialogo tra istituzioni e progettualità al fine di costruire un futuro più solidoper tutti.

Carla CappielloPresidente Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma

Il saluto del PresidenteDott. Ing. Carla Cappiello

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L’Europa e la sua moneta sono in una fase di transizione e variabilità che spessogenera timori ed ansie. Invero l’Europa è e deve esser pensata innanzitutto comespazio comune di opportunità e di affermazione della nostra eccellenza ed è perquesto che abbiamo particolarmente apprezzato e pubblicato i contributi degliIngegneri Calabrò, Ragnisco, Rocchi e Sorrentino della CommissioneEuroprogettazione ed ingegneri Angelini e Brauzzi della Commissione Relazioni conl’Unione Europea.Da diversi anni, nel mondo, sta risuonando il campanello d’allarme dell’emergenzaidrica considerando la crescita esponenziale della popolazione. Nuove soluzionipossono dare risposte efficaci e valorizzare le nostre grandi competenze nazionali,spesso non adeguatamente utilizzate. Pubblichiamo, perciò, con piacerel’interessantissimo articolo del collega Marinelli della Commissione IngegneriaNucleare sulla dissalazione nucleare.Un’altra eccellenza della nostra ingegneria è nel settore civile dove siamo capacidi sintesi non scontate fra esigenze strutturali, ad esempio antisismiche edesigenze architettoniche ed estetiche. In tal senso vi segnalo il notevole contributodei colleghi Monti, Vailati e Marnetto della Commissione Interventi su costruzioniesistenti.L’Italia può validamente contrastare e prevenire i disastri ambientali connessi aicambiamenti climatici. Per questo ringraziamo del contributo gli ingegneri Monacellie Spiniello per l’ottimo articolo sul dissesto idrogeologico della Commissioneomonima.Ma il contributo degli ingegneri può essere utile e di pregio anche nei contenziosidove con il nuovo istituto della mediazione si aprono tutta una serie di opportunitàsia per i cittadini sia per i professionisti. La limpida esposizione degli ingegneriZavagnini, Teti e Pierrettori della commissione Mediazione e arbitrato ci guida inciò.Inoltre segnaliamo l’articolato contributo dei colleghi ingegneri Moruzzi e Bozzettidella Commissione Ingegneria del sociale in edilizia dove viene illustratol’approccio innovativo dell’Universal Design che apre nuovi spazi di progettazionenell’ambito dell’ingegneria del sociale.Per motivi di spazio non possiamo continuare ma ad ogni numero rileviamo unaumento della qualità di tutti i contenuti e in questo leggiamo un segno concretodi apprezzamento dell’intero progetto editoriale. Vi ringraziamo, perciò, per tutti gliarticoli pervenuti frutto di competenza, impegno, cura che siamo onorati ditestimoniare pubblicandoli.Con Stima.

Francesco MarinuzziDirettore Editoriale

L’EditorialeIng. Francesco Marinuzzi

ÿ Arch. Fuksas - Mab Zeil (Frankfurt, Germany) Copyright © Moreno Maggi

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Quaderno

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

MOBILITÀ PROFESSIONALEDELL’INGEGNERE

NELL’UNIONE EUROPEA

a cura di

Ing. F. AngeliniIng. M.Brauzzi

commissione

Relazioni con l’UnioneEuropea

visto da:

Ing. V. LombardiIng. A. Scorza

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trari e, in molti casi, producendo conflitti esplicititra le diverse concezioni e filosofie di unioneeconomica, finanziaria, normativa e politica.In questo contesto estremamente dinamico evariegato, che vede spesso fronteggiarsi i fau-tori del rigore e delle regolamentazioni controcoloro che parteggiano per un maggiore liberi-smo di mercato, c’è posto anche per una di-scussione sul futuro delle professioni e dellamobilità professionale nell’ambito di un mondodel lavoro, ormai allargato a tutti i 27 paesidell’Unione.Già da alcuni decenni, il mercato del lavoro, haabbattuto le frontiere tra i paesi dell’Unione,sancendo il libero scambio dei lavoratori e av-viando così i primi flussi interculturali, spessosulla base della convenienza economica: forzalavoro economica verso paesi e mercati più ric-chi. Ciò in alcuni casi ha visto i nuovi arrivatidestabilizzare il mercato locale e trovare l’osti-lità, a volte molto esplicita, dei lavoratori locali.Anche la professione dell’ingegnere (ed altrecome ad esempio del medico, dell’architetto,dell’avvocato e del notaio), ha iniziato a doversiconfrontare con la suddetta realtà, che dallametà degli anni ’80 è stata oggetto dei primitentativi di regolamentazione dei flussi e dellenorme da osservare per lavorare nei paesidell’Unione Europea: così negli anni si è diffusala consapevolezza che, anche i lavoratori ap-partenenti alle categorie professionali più spe-cializzate, devono muoversi in un mercato dellavoro più ampio nel rispetto delle norme co-muni in esso definite.Si trattava e si tratta ancora, poiché le suddettenorme sono in continua evoluzione, di definire imodi per riconoscere una adeguata prepara-zione tecnica e accademica nonché del co-stante aggiornamento delle competenze acqui-site a garanzia della professionalità, qualità esicurezza della prestazione professionale og-getto del lavoro svolto. Sono nati così i primistrumenti per consentire al professionista di ri-spondere ad offerte di lavoro al di fuori dei con-fini nazionali, nella prospettiva concreta di lavo-rare in un altro Paese europeo.Così sono state emesse alcune direttive, cheiniziavano a definire e regolamentare in ambitocomunitario alcune attività professionali, comela 36/2005, recepita in Italia con la legge206/2007, che introduce i primi concetti di mo-bilità professionale e di Long Life Learning,cioè l’aggiornamento professionale continuo,per le professioni in ambito comunitario, non-ché la recente 55/2013 che definisce ulterior-mente tali principi.Quali sono quindi i mezzi che il cittadino euro-peo ha oggi a disposizione per affacciarsi almercato del lavoro della EU?

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ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

■ Europa e mobilità professionaleAd oggi l’Europa, da argomento più o menoastratto e riservato a salotti esclusivi, è divenutacentro di attualità e discussione ad ampio spet-tro per tutte le fasce sociali: il dibattito sullarealtà europea è oramai in pieno fermento a piùlivelli. La crisi economica di questi anni ha con-tribuito a questa maggior presa di coscienza daparte dei “cives” europei, sollevando numerosequestioni sul significato di Unione Europea e ge-nerando atteggiamenti diversi, tra coloro che so-no più o meno a favore e quelli più o meno con-

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Come già anticipato in precedenti articoli, pub-blicati sui Quaderni dell’Ordine degli Ingegneridella Provincia di Roma, lo strumento oggi dimaggiore interesse è l’EUROPASS con i suoicinque documenti che compongono un dossierpersonale del cittadino che vuole candidarsi alavorare in Europa con modalità condivise edefinite.L’EUROPASS, il Passaporto delle Competenze,è il mezzo ad oggi migliore per farsi conoscere:per presentare le proprie esperienze, per farsapere quali lingue si conoscono, per far cono-scere il proprio iter formativo e dove si sonoconseguiti i titoli di studio, basandosi su unastruttura di comunicazione codificata e definitaformalmente dalla decisione del ParlamentoEuropeo e del Consiglio n.2241 del 15 dicem-bre 2004.

L’EuropassEUROPASS, o Passaporto delle Competenze, èun insieme di cinque documenti atti a descrive-re in modo chiaro, agevole e condiviso le pro-

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

prie competenze e qualifiche in Europa:• L’Europass Curriculum Vitae• Il Portfolio Europass delle Lingue• Il Supplemento al Diploma Europass• Il Supplemento al Certificato Europass• L’Europass MobilitàOgnuno di questi documenti costituisce e ca-ratterizza un aspetto del proprio profilo di for-mazione, lavorativo e professionale, nonché dicompetenze tecniche e linguistiche, garanten-do l’opportunità, a giovani e professionisti chevogliono accingersi ad una esperienza lavorati-va all’estero, di presentarsi in modo “standard”,ossia secondo un’organizzazione ed un’e-spressione del proprio profilo di competenze,tale da renderlo comprensibile ad un’ampiaplatea di possibili datori di lavoro nell’ambitodegli Stati membri.I primi due documenti, l’Europass CurriculumVitae e il Portfolio delle Lingue, sono compilatia cura dello stesso cittadino europeo: il Curri-culum Vitae europeo aiuta a presentare le pro-prie competenze e qualifiche in modo efficace,

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secondo una organizzazione dei contenuti rico-nosciuta all’interno degli stati comunitari; ilPortfolio delle Lingue, o Passaporto delle Lin-gue, è uno strumento di autovalutazione dellecompetenze e delle qualifiche linguistiche.

L’Europass Curriculum Vitae si basa sul curri-culum vitae europeo, documento ormai piutto-sto diffuso e sempre più richiesto anche in am-bito nazionale per esporre in modo strutturatoal formato predefinito i propri dati (per la modu-listica si può far riferimento al sito< http://europass.cedefop.europa.eu/it/home >):comprende una struttura a sezioni in cui sono ri-portati e descritti i dati personali, le esperienzelavorative, le competenze personali e organizza-tive, l’istruzione, la formazione e la posizione perla quale si presenta la propria candidatura.Analogamente il Passaporto delle Lingue con-sente di indicare le proprie competenze lingui-stiche, seguendo però una logica di autovalu-tazione secondo uno schema e degli indicatoridel livello di competenza tanto per la capacitàdi esprimersi quanto nella comprensione dellalingua oggetto della valutazione, ciò in meritosia ai testi scritti che al parlato. Pertanto il do-cumento consente di descrivere in dettaglio leproprie competenze linguistiche e ne contienel’inventario caratterizzandone il livello, esso in-clude inoltre anche le competenze parziali chesi possiedono di una lingua (es. capacità dileggere facilmente in una lingua senza peròparlarla con scioltezza), tenendo conto dellecompetenze acquisite in modo formale o infor-male (ossia al di fuori del percorso educativo).I livelli del Quadro europeo comune di riferi-mento per le lingue, che si rappresentano condei codici (A1,A2,B1,B2,C1,C2), consentono diesprimere le proprie competenze in manierachiara e paragonabile a livello internazionale.Contrariamente ai due precedenti, gli altri tredocumenti dell’Europass, sono rilasciati da entidi istruzione e formazione e per questo rivesto-no un carattere di maggiore ufficialità a suppor-to e sostegno delle informazioni contenutenell’Europass Curriculum Vitae e del Passapor-to delle Lingue.Il Supplemento al Diploma (o Diploma Supple-ment DS) è un documento integrativo da alle-gare al titolo di studio ufficiale conseguito altermine di un corso di studi in un’università o inun istituto di istruzione superiore e contieneuna descrizione della natura, del livello e delcontenuto degli studi effettuati senza valutazio-ni discrezionali. In Italia, ad esempio, viene rila-sciato gratuitamente sia in italiano sia in ingle-se dalle segreterie degli studenti delle Univer-sità ed è redatto secondo un modello standardsuddiviso in 8 sezioni: dati anagrafici, titolo di

studio, livello del titolo, curriculum e voti, fun-zioni del titolo, informazioni aggiuntive, certifi-cazione, descrizione del sistema nazionale diistruzione.Il Supplemento al Certificato descrive le cono-scenze e le competenze acquisite dai cittadinieuropei che hanno acquisito e possiedono, ol-tre al diploma, ulteriori specializzazioni con i re-lativi certificati d’istruzione e formazione profes-sionale. È un documento che accompagna i ti-toli e le qualifiche professionali acquisite, ren-dendo visibili le seguenti informazioni:• denominazione del certificato (in lingua na-

zionale);• insieme delle attività professionali cui il tito-

lare del certificato può accedere;• denominazione e status dell’autorità nazio-

nale/regionale che accredita/riconosce ilcertificato;

• livello del certificato nel Paese che lo rila-scia;

• tabella di classificazione/requisiti per il con-seguimento;

• accesso al successivo livello di insegna-mento/formazione;

• accordi internazionali;• iter ufficialmente riconosciuti per il conse-

guimento del certificato.Le autorità competenti al rilascio del Supple-mento al Certificato, o Certificate Supplement,sono le stesse che rilasciano i titoli originali e,in particolare in Italia potrebbero essere:• gli istituti scolastici, con in particolare le

Università pubbliche e private, che nell’am-bito del Ministero dell’Istruzione, dell’Univer-sità e della Ricerca sono deputati alla for-

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mazione professionale e al rilascio dei titolidi studio in ambito nazionale;

• le Regioni e le Provincie autonome per lequalifiche di formazione professionale e ipercorsi realizzati nell’Istruzione e Forma-zione Tecnica Superiore e, in alcuni casi,previo accordo con le Autorità Regionali, di-rettamente le Agenzie formative;

• altri soggetti pubblici o privati che eroganoformazione.

Ulteriori informazioni sugli enti che possono ri-lasciare il Supplemento al Certificato sugli In-ventari Nazionali degli EUROPASS Supplemen-ti al Certificato sono disponibili sui portali na-zionali dei Centri Nazionali Europass di cui par-leremo nel seguito.L’EUROPASS Mobilità è un documento che re-gistra in maniera formale le competenze acqui-site in un altro paese europeo. Il documento èvolto a favorire la formazione lungo tutto l’arcodella vita (Long Life Learning) e la mobilità deicittadini europei tra occupazioni, settori e paesidiversi. L’utilizzo di Europass-Mobilità mira siaad aumentare la trasparenza e la visibilità deipercorsi lavorativi in ambito europeo, valoriz-zando le conoscenze e le competenze acquisi-te, sia ad incoraggiare il riconoscimento delleesperienze effettuate all’estero e promuovere lamobilità ai fini d’apprendimento in Europa, ren-dendo così più evidenti e visibili i suoi beneficie risultati. Il documento riporta i dati della per-sona che effettua il tirocinio, quelli relativi allasua formazione in corso e ai periodi di forma-zione all’estero (organismo d’accoglienza, tu-tor, ecc.). Il documento Europass-Mobilità nonpuò essere considerato un diploma, ma dà va-lore aggiunto alla certificazione.

La mobilità professionaleMa come si fa, al di là dei documenti che èpossibile scrivere e richiedere agli enti certifi-catori, ad affacciarsi al grande e complessomondo del lavoro in ambito europeo?Oggi, alcune libere attività professionali sono ri-conosciute e certificate da enti di formazioneprofessionale, che recepiscono le direttive pro-mulgate dalla Comunità Europea. I cittadini eu-ropei che esercitano la professione dell’inge-gnere e che vogliono portare il loro contributoin altri paesi comunitari si muovono attraversoun percorso dove queste regole non sono con-divise, ed al contrario, si fa riferimento a svaria-te normative locali. In termini più semplici:“paese che vai, usanze che trovi”.Da questa considerazione nasce quindi la ne-cessità di conoscere le leggi e le norme locali.Prendiamo, ad esempio, un ingegnere tedesco ospagnolo che voglia venire in Italia a lavorare co-me professionista. La professione dell’ingegnere

in Italia è normata da un complesso di regoleche rendono molto oneroso, per un lavoratore diuno dei paesi citati, accedere in prima personaagli adempimenti formali della professione e fir-mare un progetto o un certificato. Quindi i cittadi-ni europei, o comunque stranieri, hanno solo duepossibilità: conseguire il corrispondente titolo dilaurea e la relativa abilitazione con l’esame distato o avvalersi di un professionista locale chelo “rappresenti” sul mercato italiano.È di tutta evidenza che questo tipo di approc-cio pone dei grandi limiti in un contesto in cuisempre più i progetti di maggior rilevanza han-no un profilo transnazionale; si può portare adesempio il mercato dell’ingegneria dell’informa-zione in cui la tecnologia conduce sempre piùverso soluzioni web e “in cloud” con servizierogati da “centri” di elaborazione dati diffusigeograficamente e utilizzati da cittadini e utentiin differenti nazioni.Su questi temi l’Unione Europea è continua-mente al lavoro per sviluppare ed aggiornare iconcetti introdotti nelle direttive emesse di“Esperienza lavorativa equivalente” e di aggior-namento costante delle competenze (Long LifeLearning) ed è quindi necessario che le realtànazionali partecipino al dibattito, facendo pre-senti le proprie istanze e le proprie proposte.I rischi connessi all’attuale situazione, nonchéalle future ipotesi di regolamentazione, sonoche alcune professioni possano non rientrarenella “standardizzazione” di competenze/abili-tazioni, e che quindi siano ancora fortementelegate alle realtà dei singoli stati membri. La fi-gura dell’ingegnere così come conosciuta e re-golamentata in Italia, non esiste o non è altret-tanto chiaramente definita in altri paesi, in parti-colare quelli di matrice anglosassone dove iltermine “engineer” ha una accezione essen-zialmente tecnica.In questo contesto, potrebbe essere difficile farvalere la logica di un iter formativo consolidatocon il rischio che il concetto di esperienza lavo-rativa equivalente apra la porta a figure menopreparate e competenti.

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Ma come si completa un documento EURO-PASS?Oltre i riferimenti normativi che forniscono le di-sposizioni legislative, ma non forniscono notiziepratiche, sono stati istituiti per ogni paese deiCentri Nazionali Europass (NEC) che fornisco-no informazioni ed esempi per ognuno dei do-cumenti che compongono il Passaporto delleCompetenze. In particolare ogni paese ha in-trodotto i cosiddetti “Punti Nazionali di Riferi-mento” (National Reference Points) normalmen-te consultabili tramite portale internet < htt-ps://europass.cedefop.europa.eu/it/docu-ments/european-skills-passport/certificate-sup-plement/national-reference-points >.Il NEC svolge diverse funzioni:• garantisce che i documenti Europass siano

accessibili a tutti i cittadini e conformi allanormativa per la trasparenza delle compe-tenze e delle qualifiche professionali;

• informa e promuove il Passaporto delleCompetenze Europass verso i cittadini e glienti di istruzione, formazione e lavoro;

• supporta gli utenti interessati a ottenere idocumenti o a utilizzare gli strumenti Euro-pass fornendo istruzioni sulla compilazionee guidando la procedura di richiesta aglienti competenti.

Il Centro Nazionale Europass Italia è l’ISFOL(Corso d’Italia, 33 - 00198 - Roma - Tel. +390685447047 / 0685447050 - Fax +390685447800 - E-mail: [email protected]).Le informazioni messe a disposizione dall’I-SFOL per la descrizione dettagliata su come re-digere o a chi richiedere, nonché per la consul-tazioni di esempi di ognuno dei diversi docu-menti di EUROPASS, sono facilmente consulta-

bili sul portale < http://www.isfol.it/europass >.Ma tornando alla situazione di oggi come devecomportarsi una azienda o un professionistanella gestione di un progetto extra nazionale?

■ Progetti extra nazionaliNelle pagine successive si riferisce sul proces-so che i professionisti e le imprese devonoadottare per promuovere un loro progetto all’in-terno dell’Unione Europea. L’ingegneria porta,di fatto, con sé le conoscenze per sviluppare almeglio degli incarichi importanti, ciò è quantoemerso dal dibattito durante il seminario pro-mosso dalla Commissione Relazioni con l’Unio-ne Europea del 24 maggio scorso: si proponein questa sede, a scopo esemplificativo, il casodi studio su un possibile progetto per un centrodi acquacoltura.

IntroduzioneNegli ultimi decenni si sono aperti nuovi scena-ri per lo scambio interculturale fra i paesi UE enon UE. Il web, è stato in questo lo strumentoprincipe che ha aperto nuove strade fornendoinnumerevoli modi di comunicare, rendendo loscambio delle informazioni multimediale, ossiaimpiegando in maniera trasversale varie tecno-logie come le video-conference, ed i socialnetwork, che oggi ne sono esempio alla portatadi tutti.Se si vuole arrivare a parlare un giorno di Siste-ma UE, come lo si intende per un’azienda, allo-ra ai beni tangibili, quali le merci, libere di cir-colare oggi sul territorio, bisogna avvicinare ibeni intangibili, ossia quel capitale umano do-ve le idee si concretizzano in innovazione. Alcontrario, oggi, si ha ancora una forte localiz-

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zazione delle competenze dovuto ad un artico-lato sistema burocratico.Tale rapporto è sostenuto oggi da alcuni centridi acquacoltura, in particolar modo in questocentro dove si è svolto l’evento, i quali, sullabase di quello scambio interculturale sopracci-tato, mirano alla professionalizzazione di figuretecniche attraverso tirocini all’estero.

Il programma formativoI metodi di formazione, dal punto di vista siadell’approccio ai problemi sia dei principi ge-

cui effetto è quello di qualificare un tecnico inambito UE e non UE.A tale riguardo, l’iter formativo prevede primadi tutto l’assolvimento degli adempimenti impo-sti dalle procedure burocratiche dello Stato incui si vuole lavorare, per poi lasciare il profes-sionista libero di assumere un profilo semprepiù internazionale, tuttavia, nonostante i nostriingegneri facciano di tutto per “internazionaliz-zarsi” e rendere chiare le proprie competenzeanche attraverso il documento Europass Mobi-lità, non è infrequente l’insorgere di ostacoli do-vuti proprio ai cavilli burocratici degli altri Statimembri.

Il processo progettualeL’impresa struttura il progetto in diversi punti,partendo dalle opportunità che le si prospetta-no, sviluppandolo fino alla sua validazione, mo-nitorando i parametri e considerando eventualinuovi scenari.Quindi, occorre, all’inizio, cogliere l’opportu-nità, studiando in maniera corretta e precisa ilquadro normativo e giuridico del paese nelquale si vuole operare, tenendo conto che leleggi possono arrivare ad un livello locale o ad-dirittura, in certi settori, non essere previste,come l’esempio delle strutture di acquacoltura.La selezione dei tirocinanti avviene secondo iseguenti criteri:• raggiungimento del livello superiore di for-

mazione;• proposta da parte dell’istituto dei partner

europei;• scelta da parte del tirocinante secondo il

proprio interesse.Il suddetto processo di formazione potrebbeessere integrato e migliorato proprio dall’Euro-pass Mobilità, che può di fatto documentare,contemporaneamente alla formazione del tiro-cinante, le competenze e le abilità acquisitedurante l’esperienza di mobilità all’estero, con-tingente proprio al periodo finale di prova all’in-terno del centro di acquacoltura ornamentale.Ciò costituisce un vantaggio per il candidato,consentendogli di ottimizzare i tempi di ingres-so nel mercato del lavoro, mantenendo una tra-sparenza nelle competenze acquisite e valoriz-zando gli apprendimenti maturati. Inoltre perorgani come aziende, enti, università e istituti,l’Europass Mobilità potrebbe costituire unostrumento di supporto per portare avanti pro-cessi di selezione più accurati dei propri candi-dati.

I risvolti sociali di un buon progettoUn buon progetto ha indubbiamente risvoltisocio-economici positivi per tutti gli attoricoinvolti, sia pubblici che privati; questi bene-

nerali volti alla loro risoluzione, tendono ad ave-re delle linee comuni a tutte le specializzazioni.In questo la globalizzazione, anche intellettua-le, è evidente anche grazie alla circolazione dirisorse e prodotti che un tempo erano destinatiad un mercato locale.Alcuni istituiti di acquacoltura all’interno dellaComunità Europea collaborano per formare fi-gure altamente specializzate: per raggiungeretale obiettivo la formazione avviene in contestifuori dal proprio Paese, all’interno del centro diacquacoltura oggetto del presente paragrafo icandidati esteri sostengono il periodo finale.Il progetto assicura un’opportunità formativa inun impianto di acquacoltura professionale, il

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fici sono più evidenti e rilevanti, quanto più ilprocesso ‘’progettuale’’ è chiaro e lineare. Atale riguardo orientare la propria scelta suldocumento Europass Mobilità consente aglienti, che gestiscono progetti di mobilità, dielevare le loro iniziative a livello non solo re-gionale o locale, ma nazionale, il che vuol di-

re avvalersi di uno strumento che contribui-sce in modo duplice tanto all’acquisizione (ericonoscimento) di competenze del professio-nista abilitato quanto allo sviluppo del knowhow aziendale in un’ottica naturalmente este-sa a mercati solitamente più ampi di quellitradizionali.

Link utili< http://www,isfol.it/europass >< https://europass.cedefop.europa.eu/it/home >< https://europass.cedefop.europa.eu/it/documents/european-skills-passport/certificate-supplement >< https://europass.cedefop.europa.eu/it/documents/european-skills-passport/diploma-supplement >< http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/universita/diploma-supplement >< http://www.miur.it/0002Univer/0023Studen/0831Diplom/index_cf2.htm >

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Arch. D.Libeskind- Reflection Project (Singapore)

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Copyright © Moreno Maggi

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Quaderno

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IntroduzioneIl 1° gennaio 2014 è iniziato il nuovo periodo diprogrammazione dei fondi europei per il setten-nato 2014-2020.Il filo conduttore della nuova programmazione2014-2020 è in linea con la Strategia Europa2020, trasformare cioè l’Europa in un’economiaintelligente, sostenibile ed inclusiva. Le risorsesono distribuite tra settori prioritari quali le in-frastrutture paneuropee, la ricerca e l’innova-zione, l’istruzione e la cultura, la sicurezza dellefrontiere e i rapporti con l’area mediterranea.Priorità strategiche trasversali, quali la protezio-ne dell’ambiente e la lotta contro il cambiamen-to climatico, sono parte integrante di tutti i prin-cipali strumenti e interventi.Queste politiche, pertanto, attraverso la siner-gia dei rispettivi strumenti di finanziamento,contribuiranno alla realizzazione degli obiettividelineati dalla Strategia Europa 2020.Il presente articolo si propone sia di descriverei principi della Strategia Europa 2020, alle cuipriorità mirano tutte le linee di programma co-munitarie e alla quale ogni progetto deve ricon-durre le proprie finalità, sia di fornire alcuniconcetti base sulle modalità e le forme con lequali l’Unione Europea mette a disposizione ipropri fondi.

Strategia Europa 2020Europa 2020 è una strategia decennale propo-sta dalla Commissione Europea nel marzo del2010, che succede alla Strategia di Lisbona2000-2010 condividendone alcuni aspetti, maaggiungendone altri, tenuto conto propriodell’attuale situazione economico sociale euro-pea.Essa non mira soltanto a uscire dalla crisi, checontinua ad affliggere l’economia di molti pae-si, ma vuole anche colmare le lacune del no-stro modello di crescita e creare le condizioni

I FONDI COMUNITARI

a cura diIng. C. CalabròIng. M.F. RagniscoIng. M. RocchiIng. M.D. Sorrentino

commissioneEuroprogettazione

visto da:Ing. S. LazzariIng. A. Scorza

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promuovere una crescita intelligente, sostenibi-le e inclusiva, trovare il modo di creare nuoviposti di lavoro e offrire un orientamento alle no-stre società...”

ObiettiviLa Commissione Europea, al fine di uscire dallacrisi e di preparare l’economia dell’UE per ilprossimo decennio, ha individuato tre motori dicrescita, da mettere in atto, mediante azioniconcrete a livello europeo e nazionale:• crescita intelligente, promuovendo la cono-

scenza, l’innovazione, l’istruzione e la so-cietà digitale;

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per un diverso tipo di sviluppo economico, piùintelligente, sostenibile e solidale.Come spiega il Presidente della CommissioneEuropea, Barroso “…La crisi è un campanellod’allarme, il momento in cui ci si rende contoche mantenere lo status quo ci condannerebbea un graduale declino, relegandoci a un ruolodi secondo piano nel nuovo ordine mondiale.Per conseguire un futuro sostenibile, dobbiamosin d’ora guardare oltre il breve termine. L’Euro-pa deve ritrovare la strada giusta e non devepiù perderla. È questo l’obiettivo della StrategiaEuropa 2020: più posti di lavoro e una vita mi-gliore. Essa dimostra che l’Europa è capace di

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• crescita sostenibile, rendendo la nostra pro-duzione più efficiente sotto il profilo delle ri-sorse e rilanciando contemporaneamente lanostra competitività;

• crescita inclusiva, incentivando la parteci-pazione al mercato del lavoro, l’acquisizio-ne di competenze e la lotta alla povertà.

Questa battaglia per la crescita e l’occupazio-ne, richiede un coinvolgimento al massimo li-vello politico e la mobilitazione di tutte le partiinteressate in Europa. Pertanto, in base a que-sto principio le risorse sono state ridistribuitesia a settori prioritari quali le infrastrutture pa-neuropee, la ricerca e l’innovazione, l’istruzionee la cultura, la sicurezza delle frontiere e i rap-porti con l’area mediterranea, sia alle prioritàstrategiche trasversali quali la protezione del-l’ambiente e la lotta contro il cambiamento cli-matico, come parte integrante di tutti i principa-li strumenti e interventi.I progressi registrati verso la realizzazione diquesti obiettivi saranno valutati al termine delsettennio sulla base di cinque traguardi princi-pali rappresentativi a livello di UE, che gli Statimembri sono invitati a tradurre in obiettivi na-zionali definiti in funzione delle situazioni di par-tenza:• il 75% delle persone di età compresa tra 20

e 64 anni deve avere un lavoro;• il 3% del PIL dell’UE deve essere investito

in ricerca e sviluppo;• i traguardi “20/20/20” in materia di

clima/energia devono essere raggiunti(compreso un incremento del 30% della ri-duzione delle emissioni se le condizioni lopermettono);

• il tasso di abbandono scolastico deve esse-re inferiore al 10% e almeno il 40% dei gio-vani deve essere laureato;

• 20 milioni di persone in meno devono esse-re a rischio di povertà.

La strategia comporta anche 7 iniziative faroche tracciano un quadro entro il quale l’UE e igoverni nazionali sostengono reciprocamente iloro sforzi per realizzare le priorità di Europa2020, nonché per catalizzare i progressi relativia ciascun tema prioritario:• L’Unione dell’innovazione per migliorare le

condizioni generali e l’accesso ai finanzia-

menti per la ricerca e l’innovazione, facen-do in modo che le idee innovative si trasfor-mino in nuovi prodotti e servizi tali da stimo-lare la crescita e l’occupazione.

• Youth on the move per migliorare l’efficien-za dei sistemi di insegnamento e agevolarel’ingresso dei giovani nel mercato del lavo-ro.

• Un’agenda europea del digitale per accele-rare la diffusione dell’internet ad alta velo-cità e sfruttare i vantaggi di un mercato uni-co del digitale per famiglie e imprese.

• Un’Europa efficiente sotto il profilo delle ri-sorse per contribuire a scindere la crescitaeconomica dall’uso delle risorse, favorire ilpassaggio a un’economia a basse emissio-ni di carbonio, incrementare l’uso delle fontidi energia rinnovabile, modernizzare il no-stro settore dei trasporti e promuovere l’effi-cienza energetica.

• Una politica industriale per l’era della glo-balizzazione onde migliorare il clima im-prenditoriale, specialmente per le PMI, e fa-vorire lo sviluppo di una base industrialesolida e sostenibile in grado di competeresu scala mondiale.

• Un’agenda per nuove competenze e nuoviposti di lavoro onde modernizzare i mercatioccupazionali e consentire alle persone dimigliorare le proprie competenze in tuttol’arco della vita, al fine di aumentare la par-tecipazione al mercato del lavoro e di con-ciliare meglio l’offerta e la domanda di ma-nodopera, anche tramite la mobilità dei la-voratori.

• La Piattaforma europea contro la povertàper garantire coesione sociale e territoriale,in modo tale che i benefici della crescita e iposti di lavoro siano equamente distribuiti eche le persone vittime di povertà e esclu-sione sociale possano vivere in condizioni

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dignitose e partecipare attivamente alla so-cietà.

Dal punto di vista della governance, ogni Statomembro dovrà fornire un contributo alla realiz-zazione degli obiettivi della Strategia Europa2020 attraverso percorsi nazionali che rispec-chino la situazione di ciascun Paese ed il “livel-

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Figura 1: Quadrofinanziario pluriennale2014-2020.Fonte: EUROPEANCOMMISSION“Multiannual FinancialFramework 2014-2020and EU budget 2014 –The figures.”Publication Office ofthe European Union,Luxemburg 2013.

MULTIANNUAL FINANCIAL FRAMEWORK 2014-2020 IN CURRENT PRICES

lo di ambizione” (Level of ambition), ovvero gliobiettivi quantitativi che il singolo Paese si pre-figge in merito percorsi individuati. La Commis-sione Europea controllerà i progressi compiutie, in caso di “risposta inadeguata”, formuleràuna “raccomandazione” che dovrà essere at-tuata in un determinato lasso di tempo, esaurito

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il quale senza un’adeguata reazione, seguireb-be un “avvertimento politico”.

Come realizzare Europa 2020?Per raggiungere gli obiettivi strategici di Euro-pa 2020 l’Unione Europea si avvale di due di-verse tipologie di strumenti finanziari:• i fondi strutturali o indiretti (come ad esem-

pio il Fondo Europeo di sviluppo regionale –FESR, Fondo sociale europeo – FSE e Fon-di di Coesione), la cui gestione è demanda-ta agli Stati membri attraverso le loro ammi-nistrazioni centrali e periferiche. Il loro sco-po è contribuire alla riduzione del divarioesistente tra i Paesi membri e supportare illoro sviluppo economico e sociale.

• i fondi settoriali a gestione diretta, program-mati ed erogati da parte delle direzioni ge-nerali della Commissione Europea che han-no l’obiettivo di supportare la definizione el’implementazione di politiche comuni insettori strategici, quali, ad esempio, la ricer-ca e l’innovazione tecnologica, l’ambiente,l’imprenditorialità, il Life Long Learning.

Vale la pena ricordare che i fondi europei sonoerogati nella forma di sovvenzioni a fondo per-duto a titolo di co-finanziamento (solo in rari ca-si finanziamento al 100%) di progetti, che nonabbiano scopo di lucro ed il cui obiettivo finalerientri nelle linee guida europee. In altre parolel’idea di fondo del progetto per il quale si aspi-ra a beneficiare dei fondi comunitari, deve es-sere migliorativa per la collettività e non volta aconseguire il profitto dei singoli.Il bilancio pluriennale dell’Unione per il periodo2014-2020 (MFF, Multiannual Financial Fra-mework), che costituisce il quadro di risorse di-sponibili per realizzare progetti coerenti con gli

obiettivi strategici di Europa 2020, prevede im-pegni per circa 960 miliardi di euro nel setten-nio di riferimento.Di seguito il dettaglio delle risorse allocate perciascuno obiettivo strategico e per ciascun an-no del settennio in corso (prezzi 2011).La figura 1, inoltre, dà immediata evidenzadell’allocazione delle risorse finanziarie in fun-zione delle priorità definite dalle strategie per-seguite dall’Unione.Più in dettaglio, metà dei fondi sono allocatinella Crescita Intelligente ed Inclusiva ed oltrea questo una grandissima “fetta” è destinata al-la crescita sostenibile volta al raggiungimentodi un’economia più efficiente sotto il profilo del-le risorse, con riduzione delle emissioni di gasserra, incremento dell’impiego delle fonti rinno-vabili e riduzione dei consumi conseguente daun miglioramento dell’efficienza energetica de-gli utilizzatori.In totale, dunque, circa l’80% dei fondi sono ri-servati al rilancio dell’economia con una fortis-sima spinta verso la sostenibilità ambientaledelle nuove scelte economiche.

I fondi indirettiVengono detti “indiretti” i finanziamenti comuni-tari erogati per le cosiddette Azioni Strutturali.Essi attraversano un iter complesso, che coin-volge la Commissione Europea, Ministeri nazio-nali e le Regioni:• I documenti programmatici, da cui discen-

dono i bandi, vengono negoziati tra Regio-ni, Governi nazionali e Commissione Euro-pea;

• I fondi comunitari vengono erogati a livellolocale e integrati da fondi provenienti daiMinisteri nazionali; secondo il principio di

Figura 2 - Sinotticopiano finanziario

pluriennale 2014-2020.Fonte: EUROPEAN

COMMISSION“Multiannual FinancialFramework 2014-2020and EU budget 2014 –

The figures.”Publication Office ofthe European Union,

Luxemburg 2013.

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sussidiarietà, il contributo dell’Unione si ag-giunge quindi a quello dei singoli Statimembri per superare i limiti imposti dalle lo-ro capacità finanziarie, non già allo scopodi consentire loro di realizzare economie neipropri bilanci nazionali, ma di raggiungerecon maggior efficacia gli obiettivi di cresci-ta, competitività e sviluppo sostenibile chel’Unione Europea nel suo insieme si è data;

• I progetti vengono presentati in risposta abandi regionali.

Ne consegue dunque, che i Fondi strutturalinon vengono assegnati direttamente a progettiscelti dalla Commissione Europea: definite dicomune intesa le macro-priorità di un program-ma di sviluppo, la definizione delle azioni, laselezione dei progetti e la loro gestione è dicompetenza esclusiva delle autorità nazionali eregionali.In Italia la gestione dei Fondi strutturali vieneaffidata dai Ministeri nazionali alle Regioni,che identificano le necessità del proprio terri-torio e le priorità d’azione, raccolte in docu-menti strategici regionali, sviluppati in coe-renza con gli obiettivi di carattere generale

fissati a livello ministeriale e comunitario.Nei finanziamenti indiretti il budget viene, per-tanto, speso attraverso un sistema di “respon-sabilità condivisa” tra la Commissione Europeada una parte, e le autorità degli Stati Membridall’altra. Il rapporto con il beneficiario finalenon è quindi diretto, ma mediato da autoritànazionali, regionali o locali che hanno il compi-to di programmare gli interventi, emanare ibandi e gestire le risorse comunitarie.Al gruppo dei “finanziamenti indiretti” apparten-gono tra gli altri i cosiddetti “Fondi strutturali”(Fondo Europeo di Sviluppo Regionale - FESRe il Fondo Sociale Europeo - FES) e il “Fondo dicoesione”.Essi costituiscono i principali strumenti finan-ziari della politica regionale dell’Unione Euro-pea (UE) il cui scopo consiste nell’equiparare idiversi livelli di sviluppo tra le Regioni e tra gliStati membri. Essi contribuiscono pertanto apieno titolo all’obiettivo della coesione econo-mica, sociale e territoriale.Per il periodo 2007-2013, la dotazione finanzia-ria assegnata alla politica regionale era pari acirca 348 miliardi di euro, di cui 278 miliardi de-

Figura 3 -CaratterizzazioneRegioni europee inbase al PIL.Fonte: PANORAMAInforegio -CommissioneEuropea, DirezioneGenerale dellaPolitica Regionale,Comunicazione,Informazione,Relazioni con i paesiterzi - RaphaëlGoulet, Avenue deTervueren 41, b-1040Bruxelles.

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stinati ai Fondi strutturali e 70 al Fondo di coe-sione: per la programmazione 2014 – 2020 ladotazione è superiore ai 325 miliardi di euro.Il più importante di detti fondi è attualmente ilFondo di Sviluppo Regionale (FESR), istituitonel 1975. Esso finanzia la realizzazione di infra-strutture e investimenti produttivi generatori dioccupazione a favore in particolare delle im-prese. Al contrario il Fondo Sociale Europeo(FSE), istituito nel 1958, favorisce l’inserimentoprofessionale dei disoccupati e delle categoriesociali meno favorite, finanziando in particolareazioni di formazione.Inoltre, per accelerare i tempi della convergen-za economica, sociale e territoriale, nel 1994l’Unione Europea ha istituito il Fondo di coesio-ne. Il fondo è destinato ai paesi con un PIL me-dio pro capite inferiore al 90% della media co-munitaria (fig. 3).Il Fondo di coesione si propone di concederefinanziamenti a favore di progetti infrastrutturalinei settori dell’ambiente e dei trasporti. Gli aiutinell’ambito del Fondo sono tuttavia soggetti adalcune condizioni. Nel caso in cui lo Statomembro beneficiario presenti un deficit pubbli-co superiore al 3% del PIL (regole di conver-genza dell’UEM), non verrà approvato alcunprogetto nuovo fino a quando il deficit non siadi nuovo sotto controllo. Ovviamente, sebbenetutte le Regioni dell’UE possano beneficiare delsostegno del FESR e del FSE, la maggior partedelle risorse sono destinate alle Regioni in ritar-do di sviluppo.Diversamente dalle passate programmazioni,alla classificazione tradizionale dei territori(suddivisi tra le regioni più sviluppate e quellemeno sviluppate) si è introdotta una nuova ca-tegoria: la cosiddetta “categoria intermedia”.Si riporta di seguito la attuale classificazione:• Regioni meno sviluppate, il cui PIL pro ca-

pite è inferiore al 75% della media del PILdell’UE-27. Il sostegno a tali Regioni ri-marrà una priorità fondamentale anchenella futura programmazione al fine di ri-durne il ritardo di sviluppo. Campania, Si-cilia, Calabria e Puglia saranno le regioniitaliane che rientrano in questa categoria.Il tasso di cofinanziamento comunitario deiprogrammi operativi normalmente non su-pera l’85%, tuttavia in rari casi si può arri-vare al 100%.

• Regioni in transizione, il cui PIL pro capiteè compreso tra il 75% e il 90% della mediadel PIL dell’UE-27. Lo scopo dell’introdu-zione di questa categoria, è stato di dareun’ulteriore spinta alle Regioni divenute piùcompetitive negli anni recenti, soprattuttograzie al sostegno dei fondi strutturali, mache ancora necessitano di investimenti mi-rati. In questa categoria rientrano le italia-

ne Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna.Il tasso di cofinanziamento comunitario deiprogrammi operativi non può superarel’60%.

• Regioni più sviluppate, il cui PIL pro capiteè superiore al 90% della media del PILdell’UE-27. In questa categoria rientrano lerestanti regioni del centro e nord Italia. Iltasso di cofinanziamento comunitario deiprogrammi operativi non può in questo ca-so superare il 50%.

I fondi direttiI fondi diretti, a differenza dei fondi strutturaliche come abbiamo visto vengono erogati dalleRegioni (e quindi sono soggetti a burocrazia eregolamenti locali), sono gestiti direttamentedalla diverse Direzioni Generali (DG) dellaCommissione Europea1 o da Agenzie da essadelegate. I finanziamenti diretti dell’Unione Eu-ropea sono erogati direttamente ai beneficiaridel progetto sotto forma di contributi che co-prono una parte dei costi del progetto (cofinan-ziamento), che devono poi essere integrati darisorse proprie dei beneficiari.Un’altra distinzione importante consiste nel fat-to che i fondi strutturali possono finanziare “in-frastrutture” e progetti sociali di ampio respiro,mentre i programmi tematici finanziano essen-zialmente idee innovative, competitività e so-stegno alle PMI (Piccole e Medie Imprese),scambi di esperienze, migliori pratiche, culturae divulgazione (organizzazione di seminari,convegni e studi da realizzare in partenariatocon altri paesi europei).La Commissione Europea, in base agli obiettiviche si prefigge, predispone dei programmi invari settori d’intervento; ogni programma hageneralmente durata pluriennale e viene gesti-to tramite la pubblicazione periodica di bandiper l’erogazione di finanziamenti.I “Finanziamenti diretti” emanati, gestiti e con-trollati direttamente dalla Commissione Euro-pea di Bruxelles sono conosciuti anche come“Programmi comunitari” attraverso i loro acroni-mi (Horizon 2020, COSME, Europa Creativa,Erasmus +, ecc.) e sono destinati a finanziareprogetti riguardanti diversi settori (ambiente, ri-cerca e sviluppo tecnologico, innovazione, cul-tura, formazione, ecc.).Un posto di primo piano va al programma“Orizzonte 2020 (Horizon 2020): un quadrostrategico comune per la ricerca, l’innovazio-ne”, dotato di un budget pari a 80 miliardi dieuro che punta ad eliminare la frammentazio-ne e garantire più coerenza, anche con i pro-grammi di ricerca nazionali. Horizon 2020 èun programma dedicato alla ricerca integrataper l’innovazione ed è volto soprattutto allatrasformazione dei risultati scientifici in pro-

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dotti e servizi innovativi che offrano opportu-nità commerciali e migliorino la vita dei cittadi-ni europei.Le procedure per l’aggiudicazione delle risorsegestite direttamente dalla Commissione Euro-pea sono due:• La prima è costituita dagli Inviti a presenta-

re proposte (Call for Proposals). Essi costi-tuiscono le sovvenzioni propriamente dettee si suddividono a loro volta in:– Bandi periodici: inviti a presentare pro-

poste in settori definiti, con scadenzepredefinite;

– Bandi aperti: offerte di finanziamentoper progetti inerenti un’area geograficao una tematica di particolare importanzaper la Commissione. Sono senza sca-denza o caratterizzati da ampia duratao frequente periodicità.

• La seconda modalità di assegnazione deifondi è costituita dalle Gare d’appalto (Callfor Tenders): si tratta di richieste di servizispecifici, forniture o lavori messi a gara eaggiudicati secondo regole di mercato, peraccedere alle quali è di norma necessariopartecipare ad una prima fase di selezione,attraverso le cosiddette Expression of Inte-rest.

La pubblicità dei programmi e dei relativi stru-menti attuativi avviene principalmente attraver-so la Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea edi siti web delle singole Direzioni Generali dellaCommissione Europea.I progetti necessitano di regola di un partena-riato composto da enti di più Stati membri (ge-

neralmente, tre o più Stati) o, in alcuni casi, diPaesi Terzi.Il progetto deve essere presentato, per la valu-tazione ed eventuale selezione, su formularistandard (amministrativi, tecnico-descrittivi e fi-nanziari) predisposti per i differenti programmi.Una volta presentata la proposta progettuale,un primo controllo formale da parte della Com-missione Europea è volto a verificare la presen-za di tutti i documenti necessari e l’eleggibilitàdi tutti i partner candidati a ricevere il finanzia-mento. I successivi criteri di selezione sonoprincipalmente legati alla qualità delle propostepresentate a fronte degli obiettivi e delle prio-rità fissati. Vengono inoltre valutati la rispon-denza del budget rispetto alle azioni delineatenella proposta, la composizione della partner-ship (capacità tecnica, finanziaria e gestionale)e la sostenibilità, intesa come possibilità di pro-seguire autonomamente l’azione dopo la finedel finanziamento.A titolo esemplificativo, si riportano di seguitoalcune tra le più comuni cause di rigetto deiprogetti da parte della Commissione Europea:• Quadro strategico poco chiaro• Analisi di contesto inadeguate• Scarsa rispondenza alle politiche comunita-

rie ed insufficiente ricaduta a livello euro-peo

• Pianificazione orientata alle attività• Impatto non verificabile• Basso carattere innovativo• Pressione all’esborso• Visione di breve termine• Documenti di progetto imprecisi

Figura 4 - Europa2014-2020, obiettivi eprogrammazione.Fonte: PPE-Professionisti perl’Europa< www.ppe.pe >

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Link utili< http://europa.eu/about-eu/funding-grants/index_it.htm >< http://ec.europa.eu/budget/mff/programmes/index_en.cfm >< http://ec.europa.eu/atoz_it.htm >< http://programmicomunitari.formez.it/lista_programmi_2014_2020 >< http://europa.eu/europedirect/meet_us/index_it.htm >< http://fondistrutturali.formez.it/ >< http://www.eurodesk.it/programmi-europei >Arch. D.Libeskind- Reflection Project (Singapore)http://www.in-crescita.it/news/programmazione_ue_2014_2020_le_novita_e_i_finanziamenti_per_le_imprese-27/ >< http://www.governo.it/Notizie/Ministeri/dettaglio.asp?d=73329 >< http://www.politicheeuropee.it/comunicazione/17109/europa-2020-una-nuova-strategia-economica-in-europa >

BibliografiaMINISTERO PER LA COESIONE TERRITORIALE – “Metodi eobiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020”.Giugno 2012COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE - “EUROPA 2020:Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusi-va”. Bruxelles, 3.3.2010FONDAZIONE CRT – “Guida all’Europrogettazione” - Giugno2006EUROPDIRECT PROVINCIA DELLA SPEZIA – “Guida ai fondi eu-ropei 2014-2020 e all’Europrogettazione”

Note1La Commissione è suddivisa in “direzioni generali” (DG) e servi-zi. Ogni DG è classificata in base alle politiche di sua competen-za. I servizi si occupano di questioni amministrative più generalio hanno un mandato specifico, come la lotta antifrode o l’elabo-razione di statistiche. Per ulteriori dettagli si veda http://ec.euro-pa.eu/about/ds_it.htm2 Per “Expression of Interest” si intendono risposte al bando digara elaborate dalle singole imprese / enti per esprimere il pro-prio interesse rispetto all’appalto in parola nonché fornendo unapresentazione delle proprie attività e qualifiche rispetto ai conte-nuti della gara.

ConclusioniI Fondi comunitari rappresentano un’opportu-nità straordinaria per il rilancio dell’economiadel nostro Paese e dell’intera Europa nei pros-simi sette anni.Il punto di partenza di questo lungo processo,non può che essere l’utilizzo pieno e virtuosodei fondi indiretti e diretti messi a disposizionedall’Unione Europea.Di seguito si propone uno specchietto riassun-tivo dei principali programmi in relazione agliobiettivi di Europa 2020. Come sempre, la fina-lità è puramente esemplificativa, senza pretesadi esaustività.Come fa notare Ewelina Jelenkowska-Lucà,portavoce della Commissione Europea in Italia“In tempi di crisi come quello attuale, per molteNazioni questi sono gli unici euro destinati a in-vestimenti. Quindi cogliamo l’opportunità sindall’inizio di questa nuova programmazione,per sfruttare al meglio le occasioni che Europa

ci offre”. Aggiunge inoltre Ewelina Jelenkow-ska-Lucà che “rispetto alla scorsa programma-zione 2007-2013 Bruxelles ha voluto riorganiz-zare l’assegnazione e la gestione delle risorsein maniera più organica e vincolante alla Stra-tegia Europa 2020. Il nuovo bilancio è infattimolto legato a quegli obiettivi, i progetti che vo-gliono accedere alle risorse comunitarie devo-no dimostrare di lavorare in questa direzione.Ciò è vero soprattutto per i programmi diretti,per i quali le aziende competono non a livellolocale ma a livello europeo”.Pertanto, il percorso verso un buon progettopassa sicuramente attraverso un’idea, ma adessa devono seguire la motivazione del propo-nente, la strutturazione in chiave europea dell’i-dea stessa e il forte legame tra risorse fissate eobiettivi che devono essere concreti, misurabilie dimostrabili. Se manca anche uno solo diquesti elementi è molto probabile che l’euro-progetto non vada a buon fine.

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Arch. M. Fuksas - Centro Congressi "La Nuvola" (Eur - Roma – Cantiere)

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Quaderno

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

LA NUOVA MEDIACONCILIAZIONE:VANTAGGI PER LA SOCIETÀ

E OPPORTUNITÀ PER L’INGEGNERE

a cura di

Ing. F. ZavagniniIng. N. TetiIng. C. Pierrettori

ha gentilmente

collaborato

l’Avv. S. Rubeo

commissione

Mediazione earbitrato

visto da:

Ing. R. VillaIng. F. Sciarra

La mediazione civile: vantaggi per la società e opportunità per l’IngegnereNell’ambito del sistema giudiziario italiano l’introduzione dell’istituto della mediazione civile ha ini-ziato un percorso che potrà realizzare vantaggi significativi nei prossimi tempi. Tale istituto si ponecome un mezzo alternativo per risolvere definitivamente le controversie senza ricorrere al tribunaleed al giudice, ma con l’ausilio di organismi specializzati ed a tariffe/tempi decisamente più vantag-giosi per le parti, rispetto al corso ordinario della giustizia civile.Le tappe recenti di introduzione di questo istituto, giova ricordarlo, sono state incerte e contradditto-rie; prima il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 che introduceva il procedimento di mediazionesia su base volontaria, sia quale elemento di procedibilità in giudizio ordinario; poi la sentenza 24 ot-tobre 2012, n. 272 della Corte Costituzionale, che rilevava l’eccesso di delega al governo nel rende-re obbligatorio il tentativo di mediazione quale elemento di procedibilità, ma non contestava l’istitutoin se stesso; infine la legge 9 agosto 2013, n. 98, art. 84, di conversione del decreto legge 21 giu-gno 2013, n. 69 (c.d. “Decreto del fare”), ha modificato la situazione di stallo reintroducendo l’obbli-gatorietà del procedimento di mediazione nell’ambito di una rilevante serie di controversie civili.

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simali che l’organismo può richiedere, in baseal valore della lite, alle parti; c’è da dire che gliorganismi privati, se vogliono, possono ridurretali tariffe.Comunque, quasi ogni organismo riporta, sulproprio sito, una “calcolatrice” per stabilire, nel-l’ottica di partenza, quanto le parti andrebberoa pagare per la mediazione, qualora questavenisse perseguita. In tali “utilities” sono ancheindicate le tariffe per le liti di valore “non deter-minabile” (ad es., eredità di un appartamentonon ancora stimato, pagamento di un dannonon ancora periziato, ecc).Per quanto riguarda i “benefici” per i professio-nisti mediatori, quindi anche per l’ingegnereiscritto ad un organismo di mediazione chiama-to a mediare una lite, da standard di mercatoormai consolidati si registra che, mediamente,metà dell’importo previsto per la mediazionespetta al mediatore. C’è anche da dire che,qualora non scattasse la tariffa (parti che non sipresentino ovvero che si presentino ma dichia-rino subito al primo incontro di non voler me-diare), al mediatore, solitamente, non è ricono-sciuto alcunché dall’organismo.

Tornando al contesto in cui la mediazione èstata introdotta nel nostro ordinamento giudi-ziario, è doveroso evidenziare che, nel caso incui le parti convocate disertino il primo incontroorganizzato presso l’Organismo di Mediazione,o facciamo sapere in tale sede che non sussi-stono le condizioni per esperire un tentativo dimediazione o infine nel caso in cui la mediazio-ne abbia luogo, ma non si riesca ad arrivare adun accordo, per le parti in gioco si aprono ine-vitabilmente le porte dei Tribunali Civili, presso iquali avviare una controversia che, al contrariodella mediazione, arriverà a sentenza senza al-cuna certezza dei tempi necessari (che, in Ita-

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ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

Il Ministero della Giustizia, in data 27 novembre2013, ha emanato la circolare sulla nuova me-diazione civile, con cui ha fornito indicazioni dinatura applicativa. Infine, sempre il Ministerodella Giustizia ha emanato la direttiva05.11.2013, sulla vigilanza a tutti i livelli dellastruttura amministrativa della Giustizia affinchési perseguano gli obiettivi di diffusione, conte-nimento dei costi e trasparenza del nuovo isti-tuto.Il presente articolo vuole essere strumentoinformativo sulla mediazione in genere e sullenovità introdotte da essa nell’ordinamento giuri-dico italiano (ma oseremmo dire nella societàdel nostro Paese), finora avulso, praticamente,dalla cultura della composizione “stragiudizia-le” e pacifica delle liti. In tale contesto, apertoai professionisti in qualità di mediatori e tecnici(CTU, CTP), non mancano, ovviamente, rile-vanti occasioni di sviluppi professionali per l’in-gegnere, sia libero professionista che “dipen-dente”, nelle vesti di mediatore o di CTU/CTP.In primo luogo la mediazione, consistendo inun procedimento tra due parti in lite, con svol-gimento e conclusione “concorde e non impo-sta”, davanti ad un mediatore, esperto ma nontogato, conduce in caso di successo ad unasoluzione accettabile da ambo le parti ad uncosto contenuto; in caso di insuccesso lasciaaperta la normale e tradizionale via giudiziaria.Le tariffe sono fisse per legge nel tetto massi-mo, anche se ogni Organismo privato, accredi-tato presso il Ministero di Giustizia, può adotta-re per Regolamento delle opportune riduzioni;le riduzioni alle tariffe di legge non si applicanoagli Organismi pubblici.I tempi del procedimento sono cadenzati perlegge e prevedono che il primo incontro avven-ga entro un mese dal deposito, presso uno deitanti Organismi accreditati, della domanda dal-la parte istante e si concluda entro il terzo me-se dallo stesso deposito (prima del decreto delfare la durata era di quattro mesi).L’indennità dovuta per il primo incontro, se unadelle due parti in quella sede rinuncia o non sipresenta, è solo quella delle spese di segrete-ria ed eventuali altre spese vive documentate(ma, per la concorrenza, gli organismi tendonoil più possibile a non applicare tali spese),metà a ciascuna parte, e nulla è dovuto invecequale “compenso” vero e proprio. Se le parti siincontrano in conciliazione e dichiarano en-trambe di voler mediare, al di là che poi si rag-giunga o meno la composizione della lite,“scatta” l’onorario vero e proprio da liquidareall’organismo, oltre al sopra indicato diritto disegreteria.Riguardo proprio gli onorari, la tabella seguen-te riporta quanto stabilito per legge circa i mas-

da euro a euro spesa perciascuna parte

(euro)0,00 1.000,00 65,00

1.001,00 5.000,00 130,005.001,00 10.000,00 240,00

10.001,00 25.000,00 360,0025.001,00 50.000,00 600,0050.001,00 250.000,00 1.000,00

250.001,00 500.000,00 2.000,00500.001,00 2.500.000,00 3.800,00

2.500.001,00 5.000.000,00 5.200,005.000.001,00 Illimitato 9.200,00

Tabella ASpesa in rapporto al Valore presunto della Lite

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lia, si contano in anni, non certo in mesi).Per quanto riguarda i costi che le parti sarannochiamate a sostenere in questa evenienza -che, purtroppo, costituisce ancora l’ordinarietànel nostro Paese - come onorario al proprio le-gale per il ricorso all’attività giudiziaria civile,questi sono stati stabiliti dal Decreto del Mini-stero della Giustizia del 20 Luglio 2012, N. 140,pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.195 del 22agosto 2012. Di seguito riportiamo la Tabella B,che illustra la spesa media che occorre metterein conto per risolvere una lite presso un tribu-nale civile, in funzione del valore della causa. Èbene precisare però che per ogni scaglione diriferimento e per ogni fase della controversia(fase di studio, fase introduttiva, fase istruttoriae fase decisoria), il valore medio fissato dal De-creto Ministeriale n.20/2012 sopra citato puòessere aumentato o diminuito in funzione dellacomplessità della causa. L’oscillazione, rispettoal valore medio di liquidazione, va dal +60% fi-no al -50% per le fasi di studio, fase introduttiva

e fase decisoria e dal +150% al -70% per la fa-se istruttoria. Nella Tabella B la colonna “Spe-sa Media” riporta la somma dei valori medi de-gli onorari forensi per le quattro fasi del giudizioal netto di IVA e Cassa Previdenza Avvocati.Per le controversie di valore superiore a1.500.000,00 di euro, ci si riferisce allo scaglio-ne precedente applicando una serie di para-metri che in questa sede, per semplicità, si tra-lasciano. Dal confronto tra la Tabella A e la Ta-bella B, salta agli occhi subito il risparmio eco-nomico del cittadino che riesca a risolvere unacontroversia di tipo civile ricorrendo all’istitutodella mediazione, senza dover ricorrere allavia giudiziale.Infatti, nel caso di mediazione – procedimentodi massimo tre mesi di durata ordinaria, duran-te la quale saranno svolti, in media 2-3 incontri- le spese legali saranno di molto ridotte rispet-to a quanto prospettato nella Tabella B.Una seconda peculiarità della mediazione èche il giudice, anche in sede di giudizio di ap-pello di una causa civile, possa disporre l’e-sperimento del procedimento di mediazione; aifini pratici, trattasi di un obbligo da assolvere:infatti, in tale evenienza l’esperimento del pro-cedimento di mediazione è condizione di pro-cedibilità della domanda giudiziale anche insede di appello).Più in generale, la domanda di mediazione re-lativa alle controversie è presentata mediantedeposito di un’istanza presso un organismo“nel luogo del giudice territorialmente compe-tente” per la controversia. Generalmente, taleistanza è presentata via PEC, facilitando e ve-locizzando la procedura.La domanda è formalmente da sottoscrivere daparte del cittadino/dell’impresa che “chiama” inmediazione una controparte, come un qualsiasiprocedimento in tribunale; però, essendo lapresenza degli avvocati in fase di mediazioneobbligatoria - ma solo nei casi di mediazionedelegata dal giudice o in caso di materie sog-gette a vincolo di procedibilità in giudizio -, intali evenienze è, nella pratica, l’avvocato di fidu-cia che si occupa dell’istanza. Anche nel casodi mediazione su base facoltativa e volontaria,sempre percorribile in qualsiasi lite, dove il pa-trocinio degli avvocati non è richiesto dalla leg-ge, nella realtà si registra quasi costantementeil ricorso all’assistenza degli avvocati, ai qualisono anche affidati gli adempimenti formali. Aquesto proposito, giova ricordare che il patroci-nio degli avvocati per entrambe le parti, rendeesecutivo l’eventuale accordo finale di media-zione, fatto di per sé stesso peculiare ed utilenella mediazione, che ne rende il risultato para-gonabile ad un provvedimento del tribunale.A questo punto occorre evidenziare che già inpassato era stato emanato ed è valido il decre-

da euro a euro spesa media(euro)

0,00 25.000,00 2.100,0025.001,00 50.000,00 4.500,0050.001,00 100.000,00 7.500,00

100.001,00 500.000,00 12.200,00500.001,00 1500.000,00 20.250,00

Tabella BSpesa indicativa su valore presuntodella controversia

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to interministeriale 145/2011 che richiede che “imediatori siano utilizzati tenendo conto della lo-ro specifica competenza professionale”, de-sunta anche dalla tipologia della laurea posse-duta. È altresì da ricordare che, il titolo di me-diatore è acquisibile solo previo corso (da ag-giornare ogni due anni), erogabile da organi-smi autorizzati, qualsiasi siano le competenzeprofessionali pregresse del mediatore stesso.È appena il caso di accennare che i mediatoriingegneri che si troveranno ad operare in Or-ganismi di mediazione dei loro ordini professio-nali, dovranno limitare il loro intervento alle solematerie tecniche del proprio campo professio-nale, che pure non sono poche tra quelle per lequali è previsto l’obbligo di mediazione ai finidella procedibilità, come anche illustrato nell’e-lenco che segue:L’Ordine degli Ingegneri di Roma, che già inpassato ha organizzato i corsi abilitanti, inten-de procedere, nel 2015, alla riedizione di talimomenti formativi, aperti a tutti gli ingegneriiscritti.La mediazione è dunque entrata a buon diritto

CondominioDiritti realiUsucapioneDivisione

Successione di beni immobiliLocazioneComodato

Contratti assicurativi non bancari o finanziariAppalti privati di servizi e lavoro

Tabella C - Materia per cui la mediazione è presupposto di procedibilità per l’azione giudiziaria

nel nostro sistema di risoluzione delle controver-sie e le attese da questo nuovo istituto sonomolte, anche per la lentezza dei processi e per icosti eccessivi che essi comportano a imprese,cittadini e apparati dello Stato. È senz’altro ino-pinabile che la mediazione costituisca elementodi progresso civile e di “snellimento” della Giu-stizia civile nel nostro Paese, oltremodo intasatada centinaia di migliaia di cause pendenti e,per la gran maggioranza, di piccolo valore; leopportunità per l’Ingegnere, figura professiona-le poliedrica e pronta a recepire i cambiamentiin atto nella società civile, sono come accenna-to molteplici, soprattutto in relazione, appunto,all’ampio spettro di situazioni/contenuti tecnicipresenti nell’ambito delle materie ricorrenti/ob-bligatorie nella mediazione.Dopo un primo avvio e successiva interruzione,ora si prova di nuovo a rendere operativa evantaggiosa questa possibilità ed appare evi-dente che, il successo della mediazione, an-che solo in una limitata percentuale di casi por-terebbe notevoli risparmi economici e migliora-mento della qualità e dei tempi nella giustizia.

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Quaderno

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

ESPERIENZE ITALIANESUL DISSESTO IDROGEOLOGICOTRA NORMATIVA ED ATTUAZIONE

a cura di

Ing. G. MonacelliIng. O. Spiniello

commissione

Dissestoidrogeologico

visto da:

Ing. M. R. Di LorenzoIng. M. Pasca

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La prevenzione del dissestoidrogeologico rappresenta unapriorità per il Paese, come èevidente dai molti, recenti eventiche, pur coinvolgendo ambititerritorialmente ristretti, hannocausato danni rilevanti e la perditadi vite umane. Risulta necessaria,quindi, una riflessione sulle misure -strutturali e non - intraprese permitigare il rischio, prendendo altresìspunto dalle opportunità offertedalla legislazione europea in via diattuazione anche in Italia.Nell’articolo sono esaminati duecasi studio, alluvione di Aulla ecolata di Poggio Ferrato, comeesemplificativi di alcuneproblematiche proprie del territorionazionale.

IntroduzioneNegli ultimi 50 anni la sistemazione dei versantie del territorio in generale ha assunto una sem-pre maggiore importanza, in seguito alla cre-scente antropizzazione, che ha portato in pri-mo piano la necessità di proteggere gli abitati,spesso sviluppati in aree a rischio di frana oinondazione.Si rileva in particolar modo la capacità di eventimeteorici, anche non eccezionali, di provocareconseguenze sempre più spesso drammatichein termini economici, ambientali e naturali.Tra le cause che condizionano ed amplificano il«rischio meteo-idrogeologico ed idraulico» vi è«l’azione dell’uomo», con abbandono e degra-do, cementificazione, consumo di suolo, abusi-vismo, disboscamento e incendio, la mancan-za di una costante manutenzione ordinaria.Molto spesso, infatti, vengono privilegiati gli in-terventi urgenti, spesso emergenziali, e non su-bordinati ad una organica politica di pianifica-zione e programmazione degli interventi inun’ottica di prevenzione.Viene fornita, con il supporto di un sinteticoquadro legislativo, nazionale ed europeo, unachiave di comprensione dell’espressione “ri-schio idrogeologico”.

Il rischio idrogeologicoIl concetto di rischio è combinazione di più fat-

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

tori sia di natura tecnica che socio-economici,e viene individuato tramite la classica espres-sione:R = P x E x Vdove:P: pericolosità, intesa come la probabilità che

si realizzino le condizioni di accadimentodell’evento calamitoso;

E: valore degli elementi esposti a rischio, inte-si come persone e beni, sia naturali che an-tropici;

V: vulnerabilità, intesa come la capacità deglielementi a rischio a resistere all’evento inconsiderazione.

Nella legislazione italiana, per rischio idrogeo-logico, ai sensi del Decreto Legge 11.06.1998n. 180, si intende sia il rischio idraulico chequello geomorfologico; in termini semplificati, ilprimo è legato ad un evento di piena di un cor-so d’acqua, il secondo al movimento di unamassa di terra, roccia, o detrito lungo un ver-sante, entrambi spesso causati da precipitazio-ni persistenti di elevata intensità che caratteriz-zano quella determinata area. Fondamentalediventa, quindi, un’attenta attività di monitorag-gio al fine di prevenire e ridurre l’entità di tali ti-pologie di rischio e di costruire adeguati siste-mi di allertamento.Il metodo di valutazione del rischio idrogeologi-co è stato individuato nell’Atto di indirizzo ecoordinamento per l’individuazione dei criterirelativi agli adempimenti di cui all’art. 1, commi1 e 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180(DPCM del 29.09.1998) ed è strutturato in mododa consentire un’assunzione qualitativa dei fat-tori di rischio essenziali, attraverso la quale èpossibile pervenire ad una gradazione in classiche dipende dalla combinazione della pericolo-sità dell’area e del relativo uso del suolo.R1: rischio moderatoR2: rischio medioR3: rischio elevatoR4: rischio molto elevatoLo scopo di tale classificazione è essenzial-mente quello di individuare aree più a rischio dialtre, anche a parità di pericolosità, in dipen-denza degli elementi che vi si trovano. In fun-zione del livello del grado di rischio R si indivi-duano infatti le zone in cui ad elevate criticitàidrogeologiche è associata una maggiore pre-senza umana e, di conseguenza, quelle da di-fendere prioritariamente.L’individuazione di aree a diversa pericolosità,oltre che al successivo calcolo del rischio, è in-vece orientata essenzialmente a fornire gli ele-menti di base per le successive attività di piani-ficazione e progettazione di nuova realizzazio-ne al fine di prevenire la creazione di nuovearee a rischio.

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L’individuazione delle aree a rischio idrogeolo-gico porta alla redazione della carta del rischioidrogeologico che è una elaborazione previstanella pianificazione stralcio di ciascuna Autoritàdi Bacino di cui si parlerà nel seguito. La cartadel rischio idrogeologico prevede la definizionedi alcune classi di rischio attraverso l’incrociodelle classi di pericolosità con gli elementi a ri-schio derivanti dalla carta di uso del suolo.Considerazioni di carattere più ampio della so-la sovrapposizione delle carte di pericolositàcon la carta degli elementi a rischio sono ne-cessarie nella fase ulteriore della pianificazionedegli interventi.Si noti, infine che la carta del rischio non sosti-tuisce le mappature del rischio dei piani di pro-tezione civile, pur costituendone un supportoessenziale, in quanto non viene elaborata aduna scala di sufficiente dettaglio, soprattuttoper quanto riguarda la classificazione deglielementi a rischio. Ai piani di protezione civile alivello comunale spetta naturalmente il compitodi individuare e dettagliare i singoli elementipresenti in relazione alle loro funzioni, alla lorodestinazione d’uso e alla loro specifica vulnera-bilità, e soprattutto di individuare le opportunemisure (principalmente non strutturali) di ge-stione delle emergenze.

Legislazione italiana ed europea

■ La situazione in Italia prima della direttivaalluvioniLa legge fondamentale in tema di gestione delterritorio è stata la legge 18 maggio 1989 n.183 “Norme per il riassetto organizzativo e fun-zionale della difesa del suolo”, che ha identifi-

cato come unità territoriale di riferimento il ba-cino idrografico ed ha istituito le Autorità di Ba-cino allo scopo di facilitare il coordinamento ela cooperazione degli enti locali, delle autoritàregionali e dello Stato per assicurare la difesadel suolo, inclusa la moderazione delle piene,e la corretta utilizzazione delle acque, integratadal DL 180/98 con lo scopo di accelerare l’at-tuazione della legge e colmare le lacune ope-rative evidenziate dagli eventi disastrosi verifi-catisi a Sarno e Soverato.Il complesso assetto idro-morfologico italianoha condotto alla identificazione di numerose (at-tualmente 47) Autorità di Bacino suddivise in:• livello nazionale (Po, Adige, Alto Adriatico, Ser-

chio, Arno, Tevere, Liri-Volturno Garigliano);• livello interregionale;• livello regionale;• livello provinciale (Trento e Bolzano).La superficie dei bacini idrografici varia da pochedecine di migliaia di chilometri quadrati ai circa70.000 chilometri quadrati del bacino del fiumePo, che risulta un’eccezione, essendo la maggio-ranza dei bacini italiani riferita a piccoli corsid’acqua che defluiscono direttamente in mare.L’attuazione della Direttiva Quadro Acque2000/60/CE, trasposta nell’ambito del cosiddettoCodice dell’Ambiente (Decreto Legislativo 3 apri-le 2006 n. 152), ha condotto all’aggregazione diquesti bacini in 8 distretti idrografici (Fig. 1).Il Decreto Legislativo 152/2006 ha abrogato laLegge 183/89 e soppresso le Autorità di Bacino.Queste, tuttavia, continuano ad operare in regi-me di proroga ai sensi della Legge 13/2009 perle attività relative ai Piani di Bacino, nelle moredella costituzione delle Autorità di Distretto.

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Figura 1 -Aggregazione deibacini in 8 distrettiidrografici

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Il Piano di Bacino è stato individuato come lostrumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo di programmazione e pianificazionedegli interventi necessari al raggiungimentodegli obiettivi e può essere approvato ancheper sottobacini o per stralci relativi a settori fun-zionali (difesa dalle inondazioni e dalle frane,risanamento delle acque, uso e gestione dellerisorse idriche per un razionale sviluppo socio-economico, protezione dell’ambiente e delpaesaggio). Il concetto di piano settoriale fu in-trodotto con un atto del 1993 a causa del rile-vante numero di obiettivi e delle difficoltà diraggiungerli tutti in tempi brevi ed ha condottoalla realizzazione dei PAI Piani Stralcio d’Asset-to Idrogeologico relativi alla gestione dei rischidi inondazioni e frane. Per la elaborazione deipiani, la mappatura è stato uno strumento ne-cessario per la visualizzazione delle aree sog-gette al rischio di inondazioni e per l’adozionedi alcune delle misure strutturali di difesa qualiarginature, vasche di laminazione, casse d’e-spansione e canali di diversione.La Legge n.267 del 1998, di conversione delcosiddetto “Decreto Sarno” DL 180/98, ha in-centivato con rilevanti finanziamenti il comple-tamento, da parte delle Autorità di Bacino, del-le mappe dei rischi idraulico e geologico perl’intero territorio nazionale. Con un successivoatto (DPCM 29 settembre 1998) sono statequindi fornite indicazioni tecniche per una rea-

lizzazione il più possibile coordinata ed omo-genea delle mappe e dei piani da parte delleAutorità di Bacino. Ad esso si sono poi aggiun-te le iniziative del Dipartimento per la Protezio-ne Civile con la realizzazione delle strutture re-gionali e locali per la sorveglianza in temporeale, lo sviluppo della modellistica previsiona-le e la pianificazione delle misure di emergen-za (la Direttiva del Presidente del Consiglio deiMinistri del 27 febbraio 2004 ha introdotto gliindirizzi operativi per la gestione dell’allerta-mento per il rischio idrogeologico ai fini di pro-tezione civile). I Centri Funzionali regionali, or-ganizzati nel Sistema nazionale di ProtezioneCivile, operano previsioni quantitative di preci-pitazioni, provvedono alla raccolta ed elabora-zione di dati meteo-idrologici ed utilizzano mo-dellistica di previsione di inondazioni in temporeale, per sviluppare sempre più efficaci ed ef-ficienti operazioni di emergenza.

La direttiva alluvioniTra il 1998 ed il 2004, l’Europa è stata colpitada un centinaio di inondazioni gravi, compresele catastrofiche inondazioni lungo i fiumi Danu-bio ed Elba nel 2002. Queste inondazioni han-no causato circa 700 morti, lo sfollamento diquasi un milione di persone e perdite economi-che di beni assicurati per un totale che si aggi-ra intorno ai 25 miliardi di euro. Preso atto dellasituazione e della necessità, quindi, di tenereconto con più incisività degli impatti delle inon-dazioni nello sviluppo della politica comunitariain tema di acque, anche alla luce della naturatransnazionale dei principali fiumi del continen-te europeo, la Commissione Europea ha ema-nato la Comunicazione 2004/472 del 12 Luglio2004 “Gestione dei rischi di inondazione – Pre-venzione, protezione e mitigazione delle inon-dazioni”.Successivamente, l’emanazione della DirettivaEuropea 2007/60/CE del Parlamento Europeo edel Consiglio del 23 ottobre 2007 relativa allavalutazione e alla gestione dei rischi di alluvio-ne, recepita con D.Lgs, 23 febbraio 2010 n. 49,ha inteso fornire indicazioni per ridurre le po-tenziali conseguenze negative delle inondazio-ni soprattutto sulla vita e la salute umana, sul-l’ambiente, sul patrimonio culturale e sulle atti-vità economiche attraverso un processo gra-duale di attuazione che porti tutti gli Stati Mem-bri ad un livello comparabile di protezione dalrischio di inondazioni e ad una effettiva capa-cità di coordinamento nella gestione del rischiostesso. La Direttiva è stata inserita nel contestodelle Direttive “figlie” della Direttiva Quadrodelle Acque 2000/60/CE e, quindi, nella Strate-gia Comune di Attuazione della stessa.La Direttiva richiede che gli Stati Membri pro-

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cedano con la realizzazione di tre strumenti:1. la valutazione preliminare del rischio, prima

scadenza il 2011, tesa a determinare il livel-lo di rischio in ogni distretto idrografico ounità di gestione e ad individuare quellearee per le quali elaborare le mappe dellapericolosità e del rischio ed i piani di ge-stione del rischio di inondazioni.

2. la mappatura del rischio, prima scadenza il2013, che comprende le mappe della peri-colosità e le mappe del rischio di inonda-zioni. Le mappe della pericolosità delimita-no le aree potenzialmente inondabili secon-do i tre diversi scenari previsti dalla Diretti-va: inondazioni con una scarsa probabilitàdi accadimento (applicando) scenari dieventi estremi; inondazioni con una mediaprobabilità (tempo di ritorno ≥100 anni);inondazioni con elevata probabilità, qualoraritenuto opportuno. Le mappe di rischio in-dicano le conseguenze negative potenzialiderivanti dalle inondazioni di scarsa, mediaed elevata probabilità di accadimentoespresse in termini di: numero degli abitantipotenzialmente interessati; tipo di attivitàeconomiche presenti nell’area soggetta al-l’inondazione; istallazioni che potrebberocausare inquinamenti nel caso fosseroinondate (allegato I della Direttiva 96/61/CEsulla prevenzione e la riduzione integratedell’inquinamento); aree protette potenzial-mente interessate (allegato IV, paragrafo I,punti i), iii) e v) della Direttiva 2000/60/CE);altre informazioni considerate utili quali l’in-dicazione delle aree in cui possono verifi-carsi alluvioni con elevato trasporto di sedi-menti e colate detritiche nonché di altre no-tevoli fonti di inquinamento presenti nellezone delimitate

3. il piano di gestione del rischio di alluvioni,da completarsi entro il 2015, coordinato a li-vello di distretto idrografico o unità di ge-stione. I piani di gestione sono da predi-sporre sulla base delle mappe precedente-mente elaborate e riguardano tutti gli aspet-ti della gestione del rischio di inondazioni e,in particolare, prevenzione, protezione epreparazione, comprese le attività di previ-sione ed i sistemi di allertamento.

Sin dall’introduzione della Direttiva “Alluvioni”nel panorama normativo comunitario è stataevidente la esigua necessità di adattamentodella normativa nazionale e dei prodotti giàrealizzati pur nella necessità di approfondi-mento di aspetti fino ad allora poco considera-ti. Agli Stati Membri è richiesto che siano espli-citati chiaramente i criteri adottati per la reda-zione dei programmi di misure inseriti nei pianidi gestione e siano in ogni caso privilegiate le

combinazioni di misure più efficaci dal puntodi vista economico. La scelta delle decisionideve essere accompagnata da un processo dipartecipazione pubblica e di consultazionedegli stakeholders perché ci sia condivisione eripartizione delle responsabilità fra tutti i livelliistituzionali e si tenga conto di tutte le possibiliimplicazioni sociali di misure che possonoavere un impatto rilevante sulla qualità della vi-ta e sugli interessi di molte persone. A livellonazionale la partecipazione degli utenti si staattuando principalmente con l’organizzazionedi Forum e sarà facilitata dalla pubblicazionedei prodotti sviluppati sui siti web delle autoritàresponsabili.

Rischio idrogeologico: esperienze sul campoNel quadro legislativo sopra delineato, l’ISPRAeffettua un’attività di monitoraggio dell’attuazio-ne degli interventi di mitigazione del rischioidrogeologico dalla quale sono emerse alcuneimportanti questioni su cui si vuole porre l’at-tenzione, quali l’urbanizzazione in aree golena-li, l’ostruzione, riduzione e occlusione degli al-vei e la declassificazione delle aree a rischio aseguito della realizzazione di opere di messa insicurezza.Per un più agevole inquadramento delle pro-blematiche evidenziate vengono di seguito ri-portati due casi-studio relativi rispettivamentead un problema idraulico e ad uno geologico,ovvero l’alluvione di Aulla (MS) e la colata cheha investito Poggio Ferrato, nel comune di Valdi Nizza (PV).

■ L’alluvione di Aulla

L’alluvione di Aulla, provincia di Massa Carrara,dell’ottobre-novembre 2011 è l’esempio di unevento causato dall’urbanizzazione di un’areaalluvionale (nel caso specifico quella del fiumeMagra) destinata, invece, alla naturale espan-sione del fiume in fase di piena (fig. 2).Sulle province di La Spezia e Massa e Carrarail 25 ottobre 2011 si riversarono delle precipita-zioni intense, che alcuni pluviometri misuraronoin 542 mm di pioggia in sei ore. L’analisi deidati pluviometrici storici disponibili evidenziaro-no però come l’area ligure e della Lunigianafossero caratterizzate da molti eventi meteo-idrologici confrontabili, in termini di quantità edintensità di precipitazioni e di effetti al suoloprodotti, con quello dell’ottobre-novembre 2011che, quindi, può essere considerato tutt’altroche eccezionale.Il gran numero di dissesti idraulici e gravitativi,che causarono all’epoca 18 vittime e danni agliabitati ed alle infrastrutture, nonché l’interruzio-ne di collegamenti viari e ferroviari, con gravecompromissione delle attività commerciali, in-

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Figura 4 - Aulla 1950. Immagine d’epoca dell’abitato prima dell’espansione urbanistica, che ha sottratto al fiume parte dell’area golenale.Si può osservare la vastità dell’area che sarà occupata dalla successiva urbanizzazione. Foto concessa da Regione Toscana ed Autoritàdi Bacino del fiume Magra.

Figura 2 - Carta del rischioidraulico elevato e molto

elevato di Aulla, elaboratadall’Autorità di bacino del

Fiume Magra.

Figura 3 - Aulla 1959.Foto scattata durante i

primi lavori di costruzionedel muro arginale in

conglomerato cementizionon armato, che

successivamente saràrialzato due volte.

L’opera è stata realizzata inarea di pertinenza fluviale,

per la protezione dellafutura area urbanizzata.

Foto concessa da RegioneToscana ed Autorità di

Bacino del fiume Magra

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Figura 5 - Elaborazionetra due rilievi Lidar diAulla, prima e dopol’evento. In rosso sonoindicati i depositi ed inverde le erosioniprovocate dalla piena.Fonte: Regione Toscanaed Autorità di Bacino delfiume Magra

Figura 6 e 7 - Immaginidella piana alluvionaledel Fiume Magra neltratto adiacenteall’abitato di Aulla,riprese rispettivamenteda valle e da monte. Laporzione di abitatosviluppatasi dopo glianni ‘50, vennerealizzata sull’areagolenale del fiume ed èin una condizione dirischio idraulico moltoelevato.Foto Archivio ISPRA

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dustriali ed agricole delle zone interessate, fu-rono attribuiti dai mass-media unicamente aglieventi pluviometrici molto intensi e concentrati.Le precipitazioni cadute sui versanti sicura-mente innescarono forti fenomeni erosivi a ca-rattere diffuso, con colate detritiche che moltovelocemente si accumularono negli alvei o de-fluirono verso valle. I detriti già presenti in alveoe quelli lungo le superfici di scorrimento, ivi de-positati a seguito di precedenti frane, contribui-rono all’ingrossamento di tali colate, cosicchéingenti masse fluide raggiunsero velocemente icentri abitati ubicati nelle valli. Occorre, tutta-via, segnalare che l’alveo era stato completa-mente tombinato e trasformato in alveo-strada,determinando l’esondazione e lo scorrimentodell’onda di piena con trasporto di detriti, fangoe materiale vario.Gli eventi meteo-idrologici e i conseguentieventi di piena/esondazione come quello delnovembre 2011 sono da considerarsi di riferi-mento nella definizione degli scenari di rischiogeologico-idraulico per l’area ligure e della pro-vincia di Massa Carrara e nella programmazio-ne degli interventi di mitigazione.In quel particolare frangente l’abitato di Aullaebbe i danni maggiori e risulta, quindi, di parti-colare interesse per la definizione delle proble-matiche che si stanno affrontando.L’abitato di Aulla si è sviluppato su un’area deli-mitata da tre corsi d’acqua: il Fiume Magra adovest, il Torrente Taverone a nord e il TorrenteAulella a sud. Per consentire l’espansione ur-banistica della città verso il Fiume Magra, ven-ne costruito alla fine degli anni ‘50 un murod’argine in calcestruzzo non armato a gravitàcon la finalità di proteggere l’abitato dagli in-tensi fenomeni di erosione dei suddetti corsid’acqua (fig. 3 e 4), i quali, avendo un caratte-re fortemente torrentizio, alternano periodi dimagra a improvvise e violente piene in occa-sione di eventi meteorologici sfavorevoli. Neglianni ’60 il muro venne rialzato due volte, fino araggiungere l’altezza di circa 5 m; tali lavorivennero eseguiti senza il necessario adegua-mento delle fondazioni e con strati non collega-ti staticamente tra loro. Per dette caratteristicheil manufatto non può essere considerato un’o-pera stabile, anche in relazione all’elevato ri-schio sismico della Lunigiana, tanto che neiprimi anni ‘90, in occasione di eventi di piena,crollarono due tratti del muro d’argine per effet-to di processi erosivi del Fiume Magra, chescalzarono al piede le opere di fondazione.Inoltre, la costruzione del manufatto causò unanotevole riduzione della sezione idraulica del-l’alveo del fiume Magra e nel contempo l’e-spansione urbanistica venne realizzata conl’occupazione pressoché completa del terrazzo

costituito dai depositi alluvionali recenti, cherappresenta una parte dell’alveo di piena delcorso d’acqua. Le costruzioni realizzate com-prendevano abitazioni private, edifici pubblicicompreso il municipio, fabbricati destinati adattività commerciali e produttive, linee di comu-nicazioni stradali e lifelines, aggravando il ri-schio, sia per l’incremento del valore dei beni edei manufatti esposti, sia per l’aumento delladensità di popolazione.Alcuni primi interventi furono predisposti dal-l’Ufficio del Genio Civile di Massa Carrara a se-guito dei crolli degli anni ‘90, quali la ricostru-zione dei settori d’argine crollati e la realizza-zione di scogliere a salvaguardia delle fonda-zioni. Gli interventi, eseguiti in situazione diestrema emergenza e durante la piena del cor-so d’acqua, non ebbero purtroppo i risultati at-tesi.Durante le piogge del 2011 nell’abitato l’ondadi piena raggiunse circa 6 m di altezza sul li-vello medio del fiume e, lungo il suo percorso,sommerse completamente i piani interrati e iprimi piani di tutti gli edifici incontrati. Le opereidrauliche realizzate a protezione dell’abitato diAulla dai fenomeni erosivi e alluvionali derivantidalla dinamica fluviale del Fiume Magra, risul-tarono quindi inadeguate rispetto all’entità dellapiena verificatasi. (figg. 5, 6 e 7).

■ La colata di Poggio Ferrato

I cambiamenti nell’uso del suolo e l’antropizza-zione (soprattutto negli ultimi 50 anni) hannoimplicazioni dirette sulla risposta all’azione ero-siva dei versanti, soprattutto per quanto riguar-da la degradazione meteorica e l’erosione dif-fusa delle acque dilavanti. La mancata puliziadei fossi e dei rii, l’abbandono della pratica deisolchi trasversali (idrologia superficiale definita“stagionale”), l’eccessivo abbattimento delle al-berature, il cambiamento della tipologia di la-vorazione agraria, soprattutto con la meccaniz-zazione e della pratica dell’aratura e dell’erpi-ciatura a rittochino, le “ciglionature” quasi total-mente eliminate, con conseguente aumentodelle pendenze medie dei versanti, sono i fatto-ri che emergono e che hanno concorso all’au-mento e alla accelerazione destabilizzante deiversanti, in particolare dove si sviluppano cola-te. Al pari di qualsiasi tipo di intervento struttu-rale, per una efficace azione preventiva e di mi-tigazione del rischio di dissesto idrogeologico,l’uso del suolo riveste una rilevanza determi-nante e quindi la suddivisione del territorio, inparticolare di quello agricolo, in “zone con di-versi gradi di limitazioni in relazione al loro sta-to di stabilità idrogeologica”, risulta essere unintervento sicuramente necessario.Un esempio di tali problematiche è, tra gli altri, la

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Figura 8 - Franarototraslativa cheevolve in colata nellaparte medio-terminale.Si nota l’accumulo delcorpo di frana di formaallungata e che si aprea ventaglio nella parteterminale assumendoun aspetto tipico diconoide. Foto archivioISPRA

Figura 9 - Riattivazionidi parti e porzioni difenomeni gravitativiquiescenti mediantecreep; se in passatointeressavano spessorisolitamentemodestissimi, neltempo hannointeressato porzioni diterritorio consistenti finoalle decine di ettari.Foto archivio ISPRA.

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colata di Poggio Ferrato (fig. 8), nel comune diVal di Nizza. Il progressivo abbandono delle atti-vità agricole e la modifica delle colture prevalentidal dopoguerra ad oggi (si è vista l’alternanzatra foraggio - prevalente negli anni ‘70-’80 - e ce-reali - prevalenti negli anni ‘30) ha determinatocambiamenti significativi nei parametri della idro-logia e della morfometria fluviale, quali frequenzae densità di drenaggio, indice di biforcazione,densità della rete idrografica, nonché un aumen-to medio della pendenza dei versanti, in misuratale da condizionarne l’erodibilità e favorire unaumento dell’attività di degradazione meteoricasoprattutto in termini di erosione diffusa e con-centrata. L’attività di creep ne è la conseguenzapiù tangibile e diffusa. (figg. 9, 10, 11 e 12).Nella stessa area, l’amministrazione comunaleha predisposto opere di drenaggio, ma il fineultimo non deve essere una declassificazionedell’area ad una classe di rischio inferiore, co-me già accaduto in altri ambiti italiani, con il fi-ne di redigere piani urbanistici complessi diedilizia popolare a monte della corona di frana.A tal fine si ricorda che, per una struttura civilela progettazione prevede una vita utile che nelcaso di abitazioni è di 200 anni, di gran lungasuperiore a quella dei drenaggi, che rispondo-no in maniera ottimale nei limiti dei 15 anni. Lapresenza degli abitati variano, quindi, le condi-zioni al contorno sulle quali era stato calcolatoil coefficiente di sicurezza dell’opera di drenag-gio. In tal caso la pericolosità del territorio, ri-marrebbe alta e, con la declassificazione econseguente pianificazione urbanistica, au-menterebbe il fattore di rischio.Nei più recenti indirizzi relativi agli interventi dimitigazione del rischio da frana e colata sonostati preferiti criteri tesi ad assecondare l’evolu-

zione naturale del territorio piuttosto che mirantiad un irrigidimento o ad una “gessazione” delterritorio, ritenendo ciò più efficacie per il con-solidamento dei dissesti e per un miglior sfrut-tamento agro-forestale del territorio che garanti-sce, nel contempo, una generale stabilizzazio-ne dei versanti. Il processo di svuotamento delserbatoio, che alimenta la colata, è ancora inessere e l’evoluzione retrogressiva della stessaminaccia l’abitato di Poggio Ferrato. Apparequindi complementare anche la realizzazione diparatie, ipotizzata in passato; mentre i pozzidrenanti già realizzati sembrano soddisfare lenecessità di stabilizzare il corpo di frana da unlato e di mitigare il processo di alimentazionedella colata dall’altro. La regimazione e l’allon-tanamento dal corpo di frana delle acque me-teoriche per evitare la saturazione della massamovimentata e la realizzazione di strutture dina-miche di contenimento sono stati ritenuti inter-venti prioritari assieme alle opere per la siste-mazione complessiva del bacino in frana che,data la vocazione agricola della zona, potreb-bero consistere nella piantumazione di essenzearboree e arbustive e nel rinverdimento me-diante la realizzazione di viminate attive per unrimodellamento dei versanti. I canali drenantieseguiti nelle diverse fasi, seppur necessari,non sono risultati esaustivi rispetto ad un inter-vento teso a mitigare il reale motivo delle riatti-vazioni dovute alla rottura di pendenza come larealizzazione di un muro di contenimento egabbionate, tesi appunto a contenere le argille.

ConclusioniLa mitigazione del rischio funziona se viene fat-ta un’opera che diminuisce la pericolosità o ri-duce il bene esposto. Nel momento in cui a

Figura 11 - Versantecoltivato lungo la

strada provinciale 155di Poggio Ferrato.

Figura 10 - Nella fotosono in evidenza la

colata (in rosso), gli orlidi degradazione attivi(in rosso), i movimentigravitativi di creep (in

verde) e il limite (inviola) tra il Complesso

Caotico e il ComplessoIndifferenziato; con la

freccia gialla èevidenziato il salto di

pendenza e la golaprovocato dal diversogrado di erodibilità tra

le due litologie.Foto archivio ISPRA

Figura 12 - Particolaredell’orlo di scarpata (inrosso) di degradazione

della mud-flow diPoggio Ferrato. (foto

settembre 2000).Foto archivio ISPRA

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valle dell’intervento poi si procede con la de-classificazione dell’area con l’intento di render-la disponibile ad un nuovo sviluppo territoriale,occorrerà conseguentemente provvedere aduna nuova progettazione per la mitigazione delrischio dovuto alle nuove condizioni. È evidentela centralità rivestita dalla classificazione dellearee in termini di pericolosità e rischio, la qua-le, tuttavia, risulta materia delicata proprio per ilcarattere qualitativo del metodo adottato per ladeterminazione del rischio. Contrariamente aquanto si potrebbe infatti pensare, la costruzio-ne di opere volte a contenere i potenziali “ele-menti di pericolosità” del territorio (come adesempio gli argini lungo un corso d’acqua) nongiustifica necessariamente la collocazione del-lo stesso in una classe di rischio inferiore aquella precedentemente attribuita. La valuta-zione del rischio deve prendere in esame, nonsolo la probabilità che un evento accada, chedovrebbe diminuire a seguito degli interventi,ma anche e soprattutto del danno che lo stes-so evento provocherebbe.Da un punto di vista generale si può evidenzia-re che, in tutti i casi osservati, il fattore comuneè dato da una limitata estensione dei bacini,accompagnata dall’alta energia dei versanti,da un profilo acclive del corso fluviale e da unosviluppo urbanistico, che non ha tenuto ade-guatamente conto delle pericolosità geologi-che del territorio. Sono riconducibili a questoaspetto la frequente trasformazione dei trattiterminali dei torrenti in “alvei-strada” e la densaurbanizzazione che ha occupato aree costiereed alluvionali; a questo si aggiungono l’abban-dono delle aree forestali e dei terrazzamenti

agricoli, nonché le modifiche apportate alla di-namica fluviale, tutti fattori che, nel loro insie-me, concorrono a definire un quadro generaledi alta vulnerabilità.Con particolare riferimento al rischio idraulico,vi sono così strette interconnessioni tra i pro-cessi di attuazione delle Direttive 2000/60/CE e2007/60/CE e dei rispettivi piani di gestione,che molti paesi europei hanno già incluso lemisure di prevenzione contro le alluvioni neiprimi piani di bacino, previsti dalla DirettivaQuadro sulle Acque per il periodo 2009-2015.Una forte integrazione fra i due piani è attesadalla Commissione Europea, vista la contem-poranea scadenza, fissata al 2015, per la pre-sentazione del secondo piano di gestione perla protezione delle acque e l’uso sostenibiledelle risorse idriche e per quella del primo pia-no di gestione del rischio alluvioni.Poiché i fenomeni idrologici estremi possonoprovocare gravi danni alla salute dell’uomo,all’ambiente, alle attività economiche e allaconservazione del patrimonio culturale, en-trambe le direttive 2000/60/CE e 2007/60/CE sifondano sulla gestione integrata dell’acqua, va-le a dire su un sistema sostenibile di sviluppodelle risorse idriche, che tenga conto di tutti gliaspetti ambientali, sociali ed economici dellapolitica di tutela e utilizzo di questo bene natu-rale, essenziale per la vita su questo pianeta.E’, infatti, di fondamentale importanza per il no-stro Paese, che tutti gli enti responsabili coin-volti ai vari livelli di competenza nella valutazio-ne e gestione del rischio idraulico, riescano afare sistema comune fra loro e con le istituzionicomunitarie e siano in grado di esplicitare una

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BibliografiaAtto MATTM- DG Tutela del Territorio e Risorse Idriche “Indirizzi Operativi per l’attuazione della Direttiva 2007/60/CE relativaalla valutazione ed alla gestione dei rischi da alluvioni con riferimento alla predisposizione delle mappe della pericolosità edel rischio di alluvioni (Decreto Legislativo n. 49/2010)”. Gennaio 2013Comunicazione COM(2004)472 definitivo del “Gestione dei rischi di inondazione – Prevenzione, protezione e mitigazionedelle inondazioni”. Bruxelles, 12 luglio 2004Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” (Codice Ambientale). Gazzetta Ufficiale n.88 del14 aprile 2006 - Suppl. Ordinario n. 96Decreto Legislativo 23 febbraio 2010, n. 49 “Attuazione della direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestionedei rischi di alluvioni”. Gazzetta Ufficiale n.77 del 2 aprile 2010Decreto Legislativo 10 dicembre 2010 n. 219 “Attuazione della direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualità ambien-tale nel settore della politica delle acque, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 82/176/CEE,83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE, nonché modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della diretti-va 2009/90/CE che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l’analisi chimica e il moni-toraggio dello stato delle acque”. Gazzetta Ufficiale n.296 del 20 dicembre 2010Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 settembre 1998 “Atto di indirizzo e coordinamento per l’individuazionedei criteri relativi agli adempimenti di cui all’art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n.180”. Gazzetta Uffi-ciale n. 3 del 5 gennaio 1999Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004 “Indirizzi operativi per la gestione organizzativa efunzionale del sistema di allertamento nazionale, statale e regionale per il rischio idrogeologico ed idraulico ai fini di prote-zione civile”. Gazzetta Ufficiale dell’11 marzo 2004 n. 59 e testo coordinato con le modifiche introdotte dalla Direttiva delPresidente del Consiglio dei Ministri del 25 febbraio 2005 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’ 8 marzo 2005, n. 55Direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 che istituisce un quadro per l’azione co-munitaria in materia di acque. Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 22.12.2000Direttiva 2007/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007 relativa alla valutazione e alla gestionedei rischi di alluvione. Gazzetta ufficiale delle Comunità europee del 6 novembre 2007Greco M., Marasciulo T., Pasquarè F.A., Pistocchi L. Serva L., Spiniello O. Rivista Geologia Tecnica e Ambientale 3/2003.La colata di Poggio Ferrato (PV): analisi dei fattori all’origine del dissesto e ipotesi di lavoro per la mitigazione del rischio.Marzo 2003.Legge 18 maggio 1989, n. 183 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo”. Gazzetta Ufficialen.120 del 25 maggio1989 - Suppl. Ordinario n. 38Legge 3 agosto 1998, n. 267 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, recantemisure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regioneCampania”. Gazzetta Ufficiale n.183 del 7 agosto 1998Legge 27 febbraio 2009, n. 13, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, re-cante misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente”. Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 feb-braio 2009Manuali e Linee Guida ISPRA Barbano A., Braca G., Bussettini M., Dessì B., Inghilesi R., Lastoria B., Monacelli G., MorucciS., Piva F., Sinapi L., Spizzichino D. “Proposta metodologica per l’aggiornamento delle mappe di pericolosità e di rischio.Attuazione della Direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi da alluvione”. ISPRA Manuali e Li-nee Guida 82/2012_ ISBN 978-88-448-0571-5Monacelli G. “I piani di gestione del Rischio di Alluvioni. Stato di attuazione” – Rivista L’Acqua n.5/6 2013Rapporto ISPRA “Verso il recepimento della Direttiva 2007/60/CE: analisi della situazione attuale della pianificazione e dellagestione del rischio di inondazione e proposta per la richiesta delle deroghe ex art.13”. Luglio 2009Rapporto Tecnico ISPRA. REPORT. Berti D., Silvestri S., Spiniello O. Sezione 5 Lunigiana Maggio 2012. Dipartimento Difesadel SuoloVarnes, D.J. e IAEG, 1984. Landslide hazard zonation: a review of principles and practice, UNESCO, Paris France, ISBN92-3-101895-7, pp. 63.

proficua sinergia, utile a superare tutte quelledifficoltà di coordinamento che, troppo spesso,hanno minato molti degli adempimenti giuridi-co-amministrativi che ci derivano dalla nostraappartenenza alla Comunità Europea.Un’ attività di particolare interesse ed utilità, alfine di utilizzare le risorse disponibili, compresi ifondi comunitari, sarebbe l’approfondimentodello studio degli eventuali indicatori per la miti-gazione del rischio. Ci si riferisce, ad esempio,a quelli che potrebbero essere consigliati nellelinee guida del Ministero dello Sviluppo Econo-mico relativamente alla valutazione degli inter-venti finanziati con i fondi strutturali 2014-2020in cui potrebbe sembrare naturale ma contro-producente che, per misurare l’efficacia dei sol-

di spesi per il contenimento (efficacia delle po-licy), un indicatore possibile derivi eventual-mente dalla declassificazione dell’area interes-sata dall’intervento di mitigazione del rischio.E non si può certo affermare che non sia di pri-maria importanza, nell’azione amministrativapubblica, il tema della puntuale e corretta valu-tazione del rischio di inondazioni. Saper preve-nire tali calamità ed essere in grado di gestirerischi ed eventuali emergenze rappresenta nonsoltanto un’interessante sfida professionale perla comunità dei ricercatori e dei tecnici di setto-re, ma una precisa e ben definita responsabi-lità da parte di chi opera nelle amministrazionipubbliche competenti nel garantire tale essen-ziale servizio al cittadino.

Arch. M. Fuksas - Mab Zeil (Frankfurt, Germany) Copyright © Moreno Maggi ÿ

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Studio ABDR - Nuovo Parco della Musica (Firenze)

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Copyright © Moreno Maggi

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Quaderno

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

NORMA UNI9494-1: 2012CRITERI DI

PROGETTAZIONEDEI SISTEMINATURALI DI

EVACUAZIONE DIFUMO E CALORE

La 9494-1:2012 riporta come oggetto la dicitu-ra “Sistemi per il controllo di fumo e calore” eva in sostituzione della UNI 9494: 2007.In tutte le attività in cui è presente il rischio diincendio, è indispensabile adottare misure siadi prevenzione, che di protezione finalizzate alcontrollo dei prodotti generati dalla combustio-ne, tra i quali l’innalzamento della temperaturae la formazione dei fumi.Il fumo è costituito da grandi quantità di gascaldi e particelle carboniose ad alta temperatu-ra che producono un innalzamento repentinodella temperatura interna e “minacciano” lastabilità, la tenuta e l’isolamento delle struttureportanti e separanti.Occorre pertanto fare in modo che i fumi per-mangano il minor tempo possibile negli am-bienti in cui l’incendio si sviluppa. Difatti in unambiente in cui i moti convettivi sono molto li-mitati, i fumi che si innalzano sopra un focolaiotendono rapidamente a stratificarsi per spintaarchimedea al di sotto del soffitto mescolando-si pochissimo con l’aria dell’ambiente circo-stante e giunti a soffitto tendono ad allargarsi intutte le direzioni formando una coltre che siispessisce con velocità proporzionale alla lorotemperatura.

a cura di Ing. G. Modeo, Ing. P. Battisti,Ing. A. Fazzari, Ing. L. Liolli

commissione Impianti antincendio

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bienti da proteggere con una superficie mini-ma di 600 mq e un’altezza minima di 3 m nelcaso di:• edifici monopiano;• ultimo piano di edifici multipiano;• piano intermedio di edifici multipiano colle-

gabile alla copertura.La norma è relativa a SENFC realizzati conEvacuatori Naturali di Fumo e Calore (ENFC)installati su tetto; inoltre, fatto nuovo, fornisceindicazioni e concetti per SENFC realizzati conENFC installati su parete rimandando ad unaapposita appendice informativa.Il dimensionamento del SENFC dipende dallecaratteristiche dell’incendio e dall’altezza dellostrato libero da fumo che si intende raggiunge-re nell’ambiente da proteggere.Di seguito analizzeremo i parametri principaliche occorre valutare nella progettazione di talisistemi.L’ambiente da proteggere: I dati da considera-re nella progettazione sono le dimensioni (su-perficie, altezza, lunghezza pareti, ecc.) e lestrutture dell’ambiente, la forma e le caratteri-stiche della copertura, la stabilità e il comporta-mento al fuoco delle parti. Occorre tenere inconsiderazione questi fattori per poter definirel’installazione degli ENFC, delle quantità, dellaloro distribuzione, ecc.Le dimensioni dei compartimenti, le comparti-mentazioni a soffitto: Queste sono caratterizza-te dal volume all’interno di un ambiente limitatoo chiuso dal soffitto e dalle barriere al fumo oda elementi strutturali idonei a trattenere il fumoche stratifica in caso d’incendio.

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Lo studio degli incendi e delle loro conseguen-ze sulla popolazione, ha rilevato che le primecause di decesso in caso d’incendio sono i fu-mi e i gas caldi. A seguito di questa considera-zione, i progetti ai fini antincendio si sono evo-luti con una sempre maggiore attenzione all’in-stallazione di dispositivi e impianti che permet-tano di controllare fumo e calore, presenti inuna qualsiasi reazione di combustione.Un efficace sistema di evacuazione del fumo edel calore è finalizzato a perseguire i seguentiobiettivi:• mantenere le vie di esodo e gli accessi libe-

ri da fumo;• agevolare le operazioni di lotta contro l’in-

cendio creando uno strato libero da fumo;• ritardare e/o prevenire il “flash over”;• limitare i danni agli impianti e alle merci;• ridurre gli effetti termici sulle strutture;• ridurre i danni provocati dai gas di combu-

stione e dalle sostanze tossiche e/o corrosi-ve originate dalla combustione.

Le prime norme relative agli EFC e ai SENFC sisvilupparono in Europa negli anni Settanta eOttanta, frutto di studi svolti in Inghilterra e inGermania, sin dagli anni Sessanta, riguardantiil comportamento del fumo all’interno e all’e-sterno degli edifici in caso d’incendio.In Italia il primo documento fu redatto dal Con-cordato Italiano Incendio e pubblicato nel1977, con il titolo “Sistemi per l’evacuazionedei fumi”. Successivamente, nel 1989 è stataemessa la prima norma UNI 9494 “Evacuatoridi fumo e calore. Caratteristiche, dimensiona-mento e prove”, che è stata aggiornata dallaedizione del 2007, fino all’ultima evoluzione del2012.L’edizione 2007 non differiva nella sostanza daquella del 1989, ma nasceva dall’esigenza dieliminare le parti in contrasto con le altre normenel contempo emanate in materia, in primo luo-go le norme di “prodotto” UNI EN 12101 cherendevano l’Evacuatore di Fumo e Calore(EFC) un prodotto con l’obbligo di marcaturaCE, nonché per tenere conto anche di alcunenuove definizioni dei componenti ivi richiamati.La prima differenza è che la norma UNI 9494edizione 2012 tratta in modo più ampio i siste-mi per il controllo di fumo e calore che si svi-luppano durante un incendio componendosi di2 parti: una parte riguarda la Progettazione einstallazione dei Sistemi di Evacuazione Natu-rale di Fumo e Calore (SENFC), l’altra parte ri-guarda la Progettazione e installazione dei Si-stemi di Evacuazione Forzata di Fumo e Calore(SEFFC).La norma UNI 9494-1 specifica con maggiordettaglio, rispetto alle edizioni precedenti, lecaratteristiche degli ambienti soggetti al cam-po di applicazione: la norma si applica ad am-

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È possibile eseguire compartimentazioni a sof-fitto fino a 1.600 mq per aumentare l’efficaciadell’impianto; possono utilizzarsi le struttureesistenti, oppure completare la compartimenta-zione con barriere al fumo fisse o mobili i cuirequisiti son ben determinati dalla norma UNIEN 12101-1.Nella precedente versione, nel caso in cui icompartimenti fossero stati maggiori di 1600mq, questi dovevano essere suddivisi in com-partimenti a soffitto di superficie massima nonsuperiore a 1.600 mq ciascuno. Tale indicazio-ne base rimane anche nella versione correnteanche se con ulteriori dettagli applicativi.Infatti con la revisione della suddetta norma nel2012, viene inserito quindi come elemento pro-gettuale vincolante il “compartimento” la cui di-mensione massima di 1.600 mq deve essereottenuta suddividendo i locali, se sono di di-mensioni maggiori, con barriere al fumo; solo inqualche caso particolare, specificato dalla nor-ma, si può arrivare a compartimenti a soffitto fi-no a 2.600 mq incrementando opportunamentela SUT.L’altezza delle barriere non deve essere mai in-feriore a 1,00 m. Lo strato libero da fumi nondeve essere mai inferiore a 2,50 m. Se lo stratolibero da fumo è inferiore a 4 m, la barriera de-ve scendere 0,50 m sotto strato di fumo; diconseguenza l’altezza minima da terra dellebarriere al fumo è di 2 m. Per strati liberi da fu-mo più alti di 4 m la barriera deve esser altacome lo strato di fumi e gas caldi. La distanzamassima tra le barriere, o tra la parete e la bar-riera al fumo non deve superare 60 m. Questamisura rimane come dimensione massima dellato del compartimento e/o compartimento asoffitto (ora chiamato anche serbatoio fumo).La determinazione della Superficie Utile Totaledi evacuazione del fumo (SUT): La SUT, si ot-tiene attraverso i valori tabellati in funzione delGruppo di Dimensionamento (GD) che dipen-de dalla tipologia di rischio. Il calcolo della SUTin percentuale della superficie del locale come

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indicato nelle precedenti edizioni della normanon è più valido.Il gruppo di dimensionamento (GD) è anch’es-so ottenuto da valori tabellati, e dipende fonda-mentalmente dalla durata di sviluppo dell’in-cendio e dalla velocità di propagazione dell’in-cendio.Si noti come la norma entri con maggior detta-glio rispetto al passato nella definizione della ti-pologia di incendio prendendo in considerazio-ne il rilascio termico, che occorre valutare perconseguire poi il corretto dimensionamento delSENFC e quindi per garantire uno strato liberoda fumo per proteggere le persone presenti nellocale.Viene definito inoltre il rapporto tra superficie dievacuazione totale (SUT) e delle aperture di af-flusso di aria (SCT).Superfici per l’afflusso di aria fresca (SCT): Adifferenza della versione precedente in cui veni-va indicato un parametro molto semplice per ildimensionamento delle prese di aria fresca(queste dovevano avere una superficie non mi-nore di 2 volte la superficie geometrica di aper-tura della totalità di EFC installati), nella versio-ne corrente invece viene sviluppato un metodopiù articolato. Il dimensionamento viene calco-lato su uno solo dei compartimenti a soffitto edin particolare quello avente il massimo valore diSUT. Il valore ottenuto può tenere conto anchedi ulteriori correzioni secondo coefficienti tabel-lati che sono funzione della tipologia delle aper-ture disponibili e dei loro angoli di apertura.Le aperture per le prese d’aria, con il loro valo-re corretto dal fattore di forma, dovranno avereuna superficie 1,5 volte maggiore della superfi-cie utile totale di evacuazione di fumo del com-parto maggiore.Le prese d’aria fresca devono essere indivi-duate come segue:• applicando su ognuna una targhetta con

l’indicazione “apertura per l’afflusso d’ariadel SENFC”;

• segnando attorno all’apertura lo spazio li-

Figura 1 - Efficaciapresenza evacuatori

SENZA EVACUATORI CON EVACUATORI

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bero necessario per il corretto funziona-mento.

Per il dimensionamento si assume per ipotesiche l’incendio sia in regime stazionario e cheabbia quindi una dimensione stabile nel tempoe che sia gli ENFC, sia le aperture per l’afflussodi aria esterna, siano nella posizione prevista incaso di incendio.Influenza delle condizioni esterne: La nuova nor-ma UNI 9494-1 ha evidenziato l’importanza deifattori esterni, analizzati in apposite appendiciinformative dedicate, che non erano consideratiin modo specifico nelle precedenti edizioni.In particolare:• l’effetto del vento per ENFC in copertura:

utilizzare solo ENFC collaudati per il tetto,test vento e neve inclusi;

• l’effetto del vento per ENFC in facciata: va-lutare la possibilità che il vento non crei unapressione contraria superiore alla pressioneinterna; in questo caso eventualmente sipotrà raddoppiare il sistema, posizionandogli ENFC su due fronti contrapposti, edaprire solo quelli sottovento;

• l’effetto del vento per le prese d’aria fresca:è importante eseguire gli stessi controlli di

influenza del vento come per gli ENFC.Di seguito vengono descritte le principali carat-teristiche del sistema SENFC.

Caratteristiche del sistema SENFCPrincipi di base: L’installazione degli ENFC de-ve essere realizzata in modo da assicurare, incaso di incendio, la fuoriuscita dei fumi e gascaldi prodotti ed evitare quindi che i locali col-piti siano totalmente invasi dai fumi stessi,mantenendo una zona libera da fumo nella par-te inferiore dei medesimi. I valori ottenuti nel di-mensionamento della Superficie utile totale d’a-pertura SUT rappresentano la superficie mini-ma necessaria.Criteri di installazione: Gli ENFC devono essereinstallati, per quanto possibile, in modo omoge-neo nei singoli compartimenti a soffitto. In ge-nerale è preferibile installare un numero elevatodi ENFC di dimensioni ridotte, piuttosto che po-chi di grandi dimensioni. La loro distribuzionedipende dalla tipologia delle coperture e dallaloro pendenza.Azionamento: Ogni ENFC deve essere munitodi un dispositivo termico di apertura individualeche deve funzionare alla temperatura di 68°C,

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se non diversamente indicato, nonché di di-spositivo di apertura a distanza manuale o au-tomatico. In quest’ultimo caso viene previstol’interfacciamento con il sistema di rivelazioneincendi, in modo che si possano aprire con-temporaneamente soltanto gli ENFC posti nelcompartimento interessato dall’incendio.Studi e valutazioni specifiche devono esserefatte nel caso di coesistenza con impianti dispegnimento automatico al fine di non compro-metterne il loro reciproco funzionamento.Barriere al fumo: La compartimentazione a sof-fitto può corrispondere a quella derivante dallecaratteristiche strutturali della copertura, oppu-re può essere realizzata con barriere al fumoche devono però essere conformi alla normaUNI EN 12101-1; queste possono essere fisseo mobili, in materiali rigidi o flessibili.Ogni compartimento a soffitto deve aver super-ficie compresa tra 600 mq e 1600 mq.Nessun lato del compartimento deve avere lun-ghezza maggiore di 60 m.Afflusso di aria fresca: Nel calcolo si deve tenereconto delle aperture poste nella zona libera dafumo e che siano ovviamente in posizione diapertura per garantire l’afflusso di aria fresca ne-cessaria al tiraggio aerodinamico dell’ENFC. Leprese d’aria dovranno essere chiaramente iden-tificate e segnalate per garantire la loro funzionee non essere oggetto di ingombri e occlusioniche possano inficiare l’efficienza del sistema.

Caratteristiche costruttive: Una nota infine sullascelta degli ENFC; questi devono essereconformi alla UNI EN 12101-2 che definisce irequisiti di progetto, i procedimenti generali diprova, la superficie utile di apertura, nonché irequisiti di prestazione e classificazione, questiultimi fondamentali poiché devono essere ri-spondenti alle richieste del sistema progettato.I requisiti di prestazione e classificazione, se-condo la norma, vengono classificati in base aiseguenti parametri: classificazione di affidabi-lità, carico di neve, carico di vento, resistenzaal calore, reazione al fuoco.Posa in opera: La stessa norma fornisce indi-cazioni in merito a Valutazione di conformità,Marcatura CE, Installazione e Manutenzione.Al momento della consegna l’installatore del si-stema di evacuazione fumi deve dimostrare ilbuon funzionamento meccanico e termico e ri-lasciare un resoconto di prova.L’installatore deve consegnare al committente:• le istruzioni di funzionamento;• le istruzioni di manutenzione;• una dichiarazione di conformità della realiz-

zazione alle norme vigenti, in particolare al-le UNI 9494;

• la dichiarazione di conformità degli ENFCalla UNI EN 12101-2, e quindi della marca-tura CE fornita dal fabbricante;

• la dichiarazione di conformità delle barriereal fumo alla UNI EN 12101-1, fornita dalfabbricante.

Manutenzione: L’intera installazione deve esse-re soggetta a regolare manutenzione a cura deltitolare dell’attività con controlli di funzionamen-to periodici almeno annuali.I risultati delle verifiche periodiche devono es-sere registrati nell’apposito libro di manutenzio-ne tenuto dal titolare dell’attività.

ConclusioniIn conclusione possiamo osservare come, aseguito delle maturate esperienze del settorenel corso degli anni e delle evoluzioni normati-ve nel contempo intervenute in ambito euro-peo, la norma UNI 9494 edizione 2012, siaestremamente più dettagliata rispetto alle edi-zioni precedenti, nella definizione dei parametriprogettuali, prendendo in considerazione unamolteplicità di fattori che hanno una influenzadecisiva nella determinazione finale del siste-ma di controllo dei fumi e calore.

Studio ABDR - Stazione Tiburtina (Roma - Cantiere)Copyright © Moreno Maggi ÿ

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Quaderno

ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA

ISOLAMENTO E SPOSTAMENTODI UN EDIFICIO STRATEGICO

SOTTO TUTELA ARCHITETTONICA

a cura di Ing. G. Monti,Ing. M. Vailati, Ing. R. Marnetto

commissioneInterventi sulle costruzioni esistenti

visto da: Ing. A. Bozzetti

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vece mirano a ridurre al minimo l’alterazionedella fisionomia dell’edificio ed alla conserva-zione della forma architettonica del manufatto.In molte situazioni, l’adozione della strategiadel miglioramento consente di calibrare in ma-niera adeguata l’intervento, riducendone l’im-patto visivo, ma al tempo stesso accettando unrischio maggiore per l’edificio. Tuttavia, ci sonodei casi in cui la necessità di perseguire l’ade-guamento completo dell’edificio è più stringen-te, se, ad esempio, l’edificio ospita delle funzio-ni strategiche di grande rilevanza per la collet-tività. Diviene allora irrinunciabile produrre unprogetto di intervento che realizzi una completaprotezione sismica dell’edificio. Risulta moltopiù impegnativo in questi casi operare senzaalternarne, o addirittura modificarne in manierairreversibile, l’aspetto.In questo articolo è trattato un esempio tipicoche ricade appieno nella fattispecie sopraesposta: si tratta infatti di un edificio, progettatoalla fine degli anni ’50, che ospita funzioni digrande importanza strategica in cui, però,qualsiasi intervento di rafforzamento degli ele-menti strutturali ne avrebbe comportato lo svili-mento della figura architettonica.L’edificio in questione è stato progettato in as-senza di normativa tecnica e di nozioni teori-che per la progettazione antisismica: esso èrealizzato con una struttura a piano pilotis, chenotoriamente non assicura un comportamentoideale in condizioni sismiche. Gli edifici a pianopilotis hanno infatti dimostrato, in passato e neirecenti eventi sismici, scarsa resistenza alleazioni orizzontali: la parte superiore rimane so-stanzialmente rigida, così che la domanda dispostamento si concentra sui pilastri del pianoterra, pertanto le cerniere plastiche si formanounicamente alla estremità dei pilastri, che soli-tamente non sono in grado di dissipare ade-guatamente l’input di energia del terremoto, siaperché resi fragili dalla presenza del carico as-siale che ne riduce la duttilità disponibile, siaperché affetti da significativi effetti P-delta.Nel caso in esame, inoltre, i pilastri del pianopilotis hanno una caratteristica forma “a fungo”,che, se da una parte contribuisce a caratteriz-zare architettonicamente l’edificio, dall’altra dàluogo a un pericoloso comportamento elasto-fragile, per di più aggravato da una preoccu-pante carenza di armatura trasversale. La valu-tazione di sicurezza sismica ha fornito un indi-ce di rischio (dato dal rapporto capacità/do-manda, espressa in termini di accelerazione alpiede) largamente inferiore all’unità, per cui siè deciso di procedere al suo adeguamento.Qualsiasi strategia d’intervento si fosse adotta-ta avrebbe dovuto rispettare due requisiti fon-damentali:

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IntroduzioneSempre più spesso l’ingegnere si trova a doverprogettare interventi di rafforzamento sismicosu edifici di grande valore storico-culturale, incui si pone la questione di conciliare il rispettodei requisiti di sicurezza previsti dalla normati-va, che richiedono interventi anche molto inva-sivi, con le esigenze di tutela del bene, che in-

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a) da parte del Committente, le operazioni dicantiere non dovevano interferire con le atti-vità lavorative svolte nell’edificio,

b) da parte della Soprintendenza, la fisiono-mia caratteristica dei pilastri “a fungo” nondoveva essere modificata.

Fra le diverse possibili strategie, si è alla fineoptato per l’isolamento alla base dell’edificio,traendo vantaggio proprio dal punto debolecostituito dal piano pilotis, la cui presenza hainvece reso più agevoli le lavorazioni per larealizzazione dell’intervento. L’inserimento deidispositivi d’isolamento sotto i pilastri “a fun-go”, avrebbe infatti consentito di ottenerne lacompleta protezione senza che l’aspetto venis-se alterato.Tale strategia si è rivelata in effetti ottimale sot-to tutti i punti di vista – tecnico, architettonico,funzionale – ed ha consentito di pervenire adun completo adeguamento sismico del fabbri-cato. Inoltre, le lavorazioni si sono svolte senzainterferire con le attività svolte all’interno delfabbricato, mantenendo i frequentatori degli uf-fici in completa sicurezza.L’intervento globale è stato completato darafforzamenti locali dei pilastri del primo livello,con l’obiettivo di eliminare il possibile insorgeredi meccanismi di rottura fragili, migliorandonela bassa capacità a taglio, vista la carente ar-matura trasversale presente.Un aspetto di particolare interesse e di assolu-ta innovatività riguarda poi il modo in cui si èaffrontato il problema degli spostamenti elevaticui è soggetta una struttura isolata alla basenel corso dell’evento sismico. L’edificio è infatti

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Figura 1 - Panoramicadell’edificio.

costituito da tre corpi giuntati fra loro – ali e cor-po centrale – con giunti di ampiezza decisa-mente insufficiente a consentire gli spostamentiprevisti in condizioni sismiche. Per evitare quin-di che le porzioni giuntate della struttura mar-tellassero fra loro, i giunti esistenti sono statiampliati “allontanando” le ali laterali dal corpocentrale.

L’edificio strategico esistenteL’edificio oggetto dello studio è mostrato in fi-gura 1. Esso è costituito da tre corpi di fabbri-ca, come mostrato nella pianta in figura 2.La struttura è costituita da telai in calcestruzzoarmato ottenuti dalla solidarizzazione in operadi pilastri prefabbricati per centrifugazione.Una sezione trasversale dell’edificio è mostratain figura 3.Ognuno dei due piani pilotis è costituito da 24pilastri, i quali presentano una conformazione“a fungo”, come mostrato in figura 4, e sonodotati di sezione circolare cava per accomoda-re i condotti di scarico delle acque. La partico-lare conformazione dei pilastri, che contribui-sce al valore architettonico dell’edificio, è inrealtà l’elemento maggiormente responsabiledella sua vulnerabilità sismica. La presenza delforo interno produce inoltre una notevole ridu-zione della sezione resistente a taglio, soprat-tutto nella porzione inferiore del pilastro.È stato possibile attuare la soluzione dell’isola-mento alla base, grazie alla presenza al pianointerrato di setti in cemento armato perimetralie di pilastri centrali di notevoli dimensioni, col-legati da travi di altezza considerevole, posti in

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Figura 2 - Pianta delfabbricato al pianopilotis.L’atrio centrale funzionada smistamento deiflussi per le due alilaterali, dove sonolocalizzati gli uffici.

Figura 3 - Sezionesull’ala Ovest.

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Figura 4 - Sezione deltipico pilastro “a fungo”

e della successionedegli strati di finitura. Si

noti la cavità verticaleinterna al pilastro che

ospita i condotti discarico.

Figura 5 - Foto d’epocache mostra la

geometria dellastruttura interrata

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Figura 6 - Applicazionedel sistema CAM suipilastri “a fungo”,preventivamentebonificati.

corrispondenza dei pilastri “a fungo” superiori(fig. 5). La struttura del piano interrato fornisce-quindi una consistente superficie di appoggio,nell’intorno di ogni pilastro, dove collocare i di-spositivi di sollevamento per inserire sotto i pi-lastri gli isolatori sismici, evitando l’insorgere dipericolose concentrazioni di carico in punti nonidonei della struttura esistente.

L’intervento di adeguamento sismicoL’intervento è stato previsto in tre fasi: rafforza-mento dei pilastri “a fungo”, isolamento alla ba-se e spostamento dell’edificio.

• Il rafforzamento dei pilastri con CAMIl rafforzamento dei pilastri è stato eseguito conl’obiettivo di modificarne il comportamento, daelastico-fragile a duttile, consentendo quindi al-la sezione di sommità di raggiungere eventual-mente lo snervamento. L’intervento di rinforzo èstato effettuato con la tecnica CAM (Confina-mento Attivo dei Manufatti) che prevede l’appli-cazione di nastri di acciaio inox pretesi (fig. 6).Le verifiche mostrano che i pilastri rinforzatiplasticizzano prima di raggiungere la capacitàa taglio e quindi presentano un comportamentoduttile, in accordo al criterio della progettazio-ne in capacità.

• L’isolamento alla baseL’efficacia del sistema d’isolamento alla basedei corpi di fabbrica laterali, le “ali”, è stata ac-certata mediante analisi modale con spettro dirisposta. Il sistema d’isolamento, costituito daisolatori elastomerici a elevata dissipazione, èstato rappresentato da elementi visco-elasticilineari equivalenti con parametro di smorza-mento viscoso equivalente pari al 16%.In genere, gli isolatori vengono distribuiti inpianta in maniera simmetrica per evitare l’insor-gere di effetti torsionali indesiderati. Purtroppo,alcuni pilastri ospitavano i discendenti di scari-co delle acque e quindi sotto di essi non sa-rebbe stato possibile installare dei dispositivielastomerici, poiché ciò avrebbe comportato larealizzazione di fori all’interno di questi, conevidenti complicazioni di carattere tecnologico.Si sono allora adottati dei dispositivi a scorri-mento (fig. 7), denominati “tripodi” poiché pog-giano su tre punti, nei quali è stato più sempli-ce prevedere un foro per il passaggio dellecondutture. Questi sono stati impiegati in nu-mero maggiore rispetto a quello strettamentenecessario, in modo da posizionare il centrodelle rigidezze il più possibile vicino al centrodelle masse e quindi minimizzare gli effetti tor-sionali. La figura 8 mostra il loro posizionamen-to sotto un pilastro “a fungo”, dal quale è statarimossa, tagliandola, la porzione inferiore.Per evitare danni alle connessioni e alle tuba-

zioni, si sono resi opportunamente flessibili gliimpianti in corrispondenza dell’attraversamentodelle interfacce, soprattutto i condotti di scari-co verticali presenti all’interno dei pilastri “afungo”, adottando giunzioni di raccordo spira-late in plastica che si deformano senza deter-minare danni e malfunzionamenti.

• Lo spostamentoL’aspetto che ha più caratterizzato l’interventoè stato lo spostamento dei corpi laterali, isolati

Figura 7 - Il “tripode”:vista e sezione.Si noti il particolare delcondotto di scaricodotato di gomitodeformabile.

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alla base, rispetto al corpo centrale, sostanzial-mente rigido. Come già detto, i giunti fra talicorpi di fabbrica dovevano essere ampliati inmodo da permettere, in condizioni sismiche, ilcorretto funzionamento del sistema d’isolamen-to, senza impedimenti al libero spostamentodelle parti isolate. Di fatto, il giunto esistenteera di ampiezza molto limitata, come spesso siriscontra nella quasi totalità degli edifici realiz-zati in Italia.La NTC-08 prevede, fra le varie tecniche d’in-tervento, anche l’ampliamento dei giunti. Que-sto però non è sempre facilmente perseguibile.Nel caso in esame, invece, il piano pilotis e lapresenza di un piano interrato molto rigido han-no facilitato l’operazione, consentendo la tra-slazione dei due corpi di fabbrica laterali versol’esterno, dopo aver eseguito l’installazione deitripodi e degli isolatori elastomerici, questi ulti-mi pre-deformati nella posizione di progetto aSLC e ivi bloccati con apposite carpenterie(fig. 9).Dopo la rimozione dei bloccaggi, i dispositivitendono a ritornare elasticamente alla loro po-sizione indeformata, spostando “naturalmente”l’edificio sovrastante.La fase di rilascio è stata bilanciata da un si-stema di tirantature (fig. 10) che collegava idue edifici tra di loro, in grado di assorbire laforza conseguente al richiamo degli isolatorideformati. Ciò ha consentito, in prima battu-ta, di poter liberare tutti gli isolatori dalle car-penterie di blocco, assorbendone la reazio-ne, quindi di controllarne l’azione di richiamoarrivando allo spostamento finale delle dueali.La figura 11 mostra un’immagine di due isola-tori elastomerici al momento della rimozionedel blocco. In questa configurazione, gli isola-tori sono al loro massimo spostamento corri-spondente allo SLC e ciò costituisce una sortadi collaudo in corso d’opera delle capacitàdeformative del sistema, nonché della sua sta-bilità nei confronti dei carichi verticali.La figura 12 mostra invece la porzione inferioredi un pilastro “a fungo” in cui l’isolatore elasto-merico è ormai ritornato nella posizione in-deformata recuperando la deformazione inizia-le: l’edificio sovrastante si è dunque spostatodella stessa quantità.Carter metallici verniciati e trattati contro lacorrosione, sono infine stati adottati quali ele-menti di protezione dei dispositivi, oltre che diraccordo formale con la parte superiore del pi-lastro.La soluzione adottata si è distinta per l’impattoarchitettonico molto contenuto, fattore partico-larmente apprezzato dalla soprintendenza. Ilrisultato finale è nel complesso molto equili-

Figura 8 - Inserimentodei “tripodi” sotto i

pilastri,preventivamentetagliati alla base.

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Figura 9 -Rappresentazione

dell’isolatoreelastomerico,

predeformato almassimo spostamento.

Alla rimozione delblocco (in viola), esso

ritorna in posizionecentrata facendotraslare l’edificio

sovrastante.

Figura 10 - Rilascio deifabbricati: sistema di

tiranti ancorati acarpenterie metallicheinghisate all’intradosso

del primo solaio.

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Figura 13 - Il pianopilotis ad interventoultimato.a) uno degli ingressi alblocco centrale postoalla testa delle ali.b) un allineamento sultratto carrabile diingresso al fabbricato.

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Figura 12 - Un pilastrocon l’isolatoreelastomerico dopo ilritorno elastico allaposizione indeformata.

Figura 11 - Dueisolatori elastomericipredeformati, primadella fase di rientroelastico in posizionecentrata.In questa fase l’azionedi richiamo è bilanciatadalle tirantature.

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a

b

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brato, come mostrano le immagini riportarenella figura 13. Tutto lo studio è stato intera-mente orientato a valutare la fattibilità dell’in-tervento, riducendo via via le incertezze cheinizialmente accompagnavano la proposta, fi-

no a renderla realizzabile. Si è così addivenutia una soluzione certamente delicata nelle fasirealizzative, ma in grado di superare i moltivincoli derivanti dalla straordinarietà dell’inter-vento.

Arch. A. Libera - Palazzo delle Poste (Roma) Copyright © Moreno Maggi ÿ

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Studio ABDR - Stazione Tiburtina (Roma - Cantiere)

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Studio ABDR - Stazione Tiburtina (Roma - Cantiere)

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Copyright © Moreno Maggi

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PremessaStime recenti indicano che almeno un quintodella popolazione mondiale non ha accessoall’acqua potabile, e questa percentuale è de-stinata ad aumentare a causa della crescitadella popolazione rispetto alle risorse idricheesistenti.Le aree più colpite sono le regioni aride e se-miaride del Nord Africa e dell’Asia. Secondo unrapporto dell’UNESCO (United Nations Educa-tional, Scientific and Cultural Organization) lacarenza mondiale di acqua dolce nel 2002 èstata di circa 230 miliardi mc/anno, e si ritiene

sia destinata a salire a 2.000 miliardi di mc/an-no entro il 2025.Per questa ragione sono ipotizzabili guerre nonsolo per il controllo delle fonti energetiche edelle risorse minerarie, ma anche per l’accessoall’acqua. L’acqua dolce è, infatti, una delleprincipali priorità per lo sviluppo, sostenibile omeno. Poiché presumibilmente non sarà possi-bile ottenerne tutta la quantità necessaria datorrenti e da falde acquifere, sarà necessario,come lo è già oggi in certe regioni del globo, ri-correre alla dissalazione di acqua di mare o difalda mineralizzata.

Quaderno

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DISSALAZIONENUCLEARE

Stime recenti indicano chealmeno un quinto della

popolazione mondiale non haaccesso all'acqua potabile, e

questa percentuale è destinataad aumentare a causa dellacrescita della popolazionerispetto alle risorse idriche

esistenti.Le aree più colpite sono le

regioni aride e semiaride delNord Africa e dell'Asia. Secondo

un rapporto dell’UNESCO(United Nations Educational,

Scientific and CulturalOrganization) la carenza

mondiale di acqua dolce nel2002 è stata di circa 230 miliardi

mc/anno, e si ritiene siadestinata a salire a 2.000 miliardi

di mc/anno entro il 2025.

a cura diIng. M. Marinelli

commissioneIngegneria nucleare

visto da:Ing. A. TaglioniIng. G. De Simone

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Tabella 1 - Tipi di acqua

Acque dolci 0 1.000

Acque salmastre 1.000 5.000

Acque moderatamente saline 5.000 10.000

Acque intensamente saline 10.000 30.000

Acqua marina Più di 30.000

Tipo di acqua TDS [mg/l]

Dissalazione/desalinizzazioneLa dissalazione è il processo di rimozione dellafrazione salina da acque contenenti sale, in ge-nere acque marine, allo scopo di ottenere ac-qua dolce, cioè per produrre acqua potabileda fonti che contengono quantità di solidi di-sciolti in essa. I solidi totali disciolti, indicati conla sigla TDS (Total Dissolved Solids), vengonomisurati in milligrammi per litro (mg/l).Le acque naturali possono essere classificateapprossimativamente in funzione dei loro valoridi TDS secondo la tabella 1.In genere una piccola quantità di acqua salata

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viene aggiunta all’acqua desalinizzata per mi-gliorarne il gusto e per renderla più simile aquella pura di sorgente.Esistono inoltre vari processi utilizzabili; il meto-do più appropriato può essere scelto sulla ba-se dei valori di TDS dell’acqua secondo la ta-bella 2.

Tabella 2 - Processi utilizzabili

Scambio di ioni 500 1.000

Elettrodialisi 500 3.000

Osmosi inversa (membrane standard) 500 5.000

Osmosi inversa(membrane ad alta resistenza) Più di 5.000

Distillazione Più di 30.000

Tra i vari metodi utilizzati i più importanti sonoquelli dell’0smosi Inversa (RO-Reverse Osmo-sis) e quello della distillazione seguita da con-densazione.

Applicazioni della desalinizzazioneA livello mondiale ci si sta avvicinando alla ca-pacità di produrre 30 milioni di mc/giorno diacqua potabile, in circa 12.500 impianti. Lametà di questi sono in Medio Oriente.Il più grande impianto di dissalazione produce454.000 mc/giorno di acqua. Ma la desalinizza-zione per la produzione di acqua potabile risul-ta particolarmente costosa, perché richiedegrandi quantità di energia.Per questa ragione è spesso affiancata da im-pianti che forniscono sia elettricità che calore eappare interessante utilizzare fonti di energiadiverse dai combustibili fossili attualmente usa-ti per la maggior parte dei processi di dissala-zione, con un contributo significativo quindi an-che all’aumento dell’effetto serra.Per questo motivo, la fonte nucleare è partico-larmente idonea ad alimentare impianti di de-salinizzazione, ma anche le fonti di energia rin-novabili possono essere utilizzate per la dissa-lazione. Un nuovo impianto ad osmosi inversa,ad esempio, vicino a Perth nella parte occiden-tale dell’Australia è alimentato da energia elet-trica prodotta da un parco eolico in grado diprodurre circa 130.000 mc/giorno di acqua po-tabile in condizioni di vento ottimali.Molto diffuse infine sono le tecniche di desali-

nizzazione che trovano applicazione per la pro-duzione di acqua dolce su imbarcazioni, isole,e nelle regioni costiere di molti paesi. Circa il10% dell’acqua di Israele viene dissalata, men-tre Malta riceve due terzi della sua acqua pota-bile da impianti che utilizzano l’osmosi inversa

Processo TDS [mg/l]

impiegando il 4% dell’energia elettrica da essiprodotta. Numerosi altri paesi hanno avviatostudi e costruzioni per la desalinizzazione, in-clusi i progetti di piccoli reattori nucleari da adi-bire essenzialmente alla desalinizzazione, co-me riassunto in Tabella 3 e descritto successi-vamente.Le tecniche di desalinizzazione sono anche

impiegate per il trattamento delle acque reflueper l’irrigazione complementare. Queste acquenon devono essere di qualità potabile, ma de-vono essere trattati i solidi disciolti entro limitiragionevolmente bassi. In Medio Oriente que-sta tecnica è molto utilizzata per l’irrigazionedelle colture e paesaggi. In Oman, un bioreat-tore a membrana sommersa è parte di un im-pianto di dissalazione inaugurato nel 2011 cheproduce 76.000 mc/giorno. Eventuali amplia-menti permetteranno 220.000 mc/giorno. Sitratta di un impianto di trattamento delle acquereflue a basso costo che utilizza processi fisicie biologici tali da produrre effluenti di alta qua-lità, sufficiente per alcuni usi domestici o per lareintroduzione nella falda acquifera.I reattori nucleari sono particolarmente idoneiper la desalinizzazione poiché producono calo-re ed elettricità in grandi quantità e a bassi co-sti. D’altra parte presuppongono l’esistenza diun programma nucleare, ed è per questo cheoggi la stragrande maggioranza di impianti didesalinizzazione utilizza combustibili fossili. Im-pianti nucleari di dimensioni piccole e mediesono particolarmente idonei per la desalinizza-zione, spesso con la cogenerazione di energiaelettrica e utilizzando vapore a bassa pressio-ne dalla turbina e acqua di mare calda prove-niente dal sistema di raffreddamento finale.Le centrali nucleari di piccole e medie dimen-sioni possono fornire rispettivamente 80.000-100.000 mc/giorno e 200.000-500.000 mc/gior-no di acqua potabile. Un altro impiego moltoimportante dei reattori nucleari dei sottomarini,ad esempio, oltre che per la propulsione, è re-lativo alla produzione di acqua potabile per gliequipaggi.Una distribuzione su più larga scala della dis-salazione nucleare su base commerciale di-pende principalmente da fattori economici. Icosti indicativi sono di circa 70-90 centesimiUS$ per metro cubo, più o meno, come gli im-pianti a combustibili fossili nelle stesse aree. Sipensa però di utilizzare i reattori nucleari a pie-no regime per produrre energia elettrica per larete, quando la domanda è elevata, mentrequando essa è bassa, di impiegare parte del-l’energia prodotta per alimentare le pompe perla dissalazione mediante osmosi inversa.Ad oggi, l’impiego dell’energia nucleare perfornire potenza ad impianti di desalinizzazione,

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è stato dimostrato ampiamente con oltre 150anni-reattore di esperienza, soprattutto in Ka-zakhistan, India e Giappone. Attualmente sonoin funzione svariati reattori nucleari commercialicostruiti principalmente con questo scopo.

DissalatoriL’apparecchiatura o impianto impiegato alloscopo è chiamata dissalatore. Viene anche im-propriamente chiamato distillatore d’acqua,probabilmente perché in tempi passati tutti idissalatori erano di tipo evaporativo e quindi ri-cordavano le colonne di distillazione. In realtà iltipo di separazione non è, né è mai stato, unaforma di distillazione.Un problema di questi impianti, se alimentatiad acqua di mare, è la necessità normativa diottenere un rigetto avente composizione uguale(entro limiti piuttosto stretti) a quella dell’acquagrezza introdotta; questo porta alla necessità diconcentrare ulteriormente il rigetto stesso, finoad arrivare a volte al secco (impianti “scarico li-quido zero“), e ciò comporta notevoli complica-zioni di impianto ed un notevole aggravio dellaspesa energetica unitaria.L’acqua potabile ottenuta inoltre non deve es-sere priva di sali, sia per questioni sanitarie, siaperché l’apporto di certi sali è consigliato (que-sta è però una pratica svolta in genere a valledel dissalatore stesso, per consentire l’aggiun-ta dei sali corretti) e perché un’acqua comple-

tamente deionizzata sarebbe del tutto insapo-re, non gradevole al palato. Si lascia quindiuna piccola quantità di trascinamenti salininell’acqua trattata, dell’ordine dei 25 mg/l.Allo stato attuale della tecnica, la dissalazionefa capo a tre tipologie di impianto:• dissalazione evaporativa• dissalazione per permeazione• dissalazione per scambio ionico.

■ Dissalatori evaporativiLa dissalazione evaporativa viene ottenuta me-diante evaporazione della fase acquosa, cheviene recuperata per condensazione, e si ottie-ne di solito un rigetto a salinità più alta dell’ac-qua salmastra di alimentazione.In qualche caso, la fase solida (essenzialmentecloruro di sodio) viene recuperata in forma cri-stallina, dopo evaporazione totale della fase li-quida.In genere il tipo evaporativo viene impiegatoper grandi produzioni di acqua dissalata, del-l’ordine dei 100.000 mc/h e di qualità potabile oad essa comparabile.Necessitano di una sorgente di calore in quan-to devono trasformare l’energia ricevuta in ca-lore latente di vaporizzazione. Operano a tem-perature relativamente elevate (tra i 40 ed i200°C) ed hanno quindi necessità, almeno inalcune parti, di essere costruiti in materiali spe-ciali, come acciai austeno-ferritici, leghe Cu-Ni,

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o leghe di titanio, a causa della corrosione al-calina dovuta al cloruro di sodio.Sono essenzialmente di tre tipi:1. a multiplo effetto2. multiflash3. a ricompressione.

1. Dissalatori a multiplo effettoVi è una alimentazione di fluido termico S (qua-si sempre vapore d’acqua), che cede il propriocalore e viene recuperato come (nel caso delvapore) condensa C. Il calore viene cedutoall’acqua di alimento (F) nella prima camera dievaporazione EC mediante uno scambiatoreHE. La frazione acquosa evapora ed i vaporipassano allo scambiatore HE della camera ECsuccessiva (nella figura, quella inferiore); i va-pori della prima camera vengono condensatinello scambiatore della seconda, e la conden-sa costituisce (parte) dell’acqua dissalata W. Ilprocesso viene ripetuto più volte (nella figura, 5volte). I vapori separati nell’ultima camera ECvengono condensati in uno scambiatore VC,solitamente raffreddato con acqua marina;questa condensa si aggiunge all’acqua tratta-

ta. Il liquido contenuto nell’ultima camera EC,ormai troppo salino per essere utilmente tratta-to, costituisce il rigetto R.Il numero di effetti è normalmente molto più altodei 5 rappresentati in figura. Il limite è dato dal-la differenza tra la temperatura del vapore vivoS e la tensione di vapore nell’ultima cameraEC, divisa per la media della somma di innal-zamento ebullioscopico nelle varie EC più ildelta T negli scambiatori HE. Nei grandi im-pianti è abbastanza comune il raggiungimentodi 15 effetti.

2. Dissalatori multiflashIl riscaldamento avviene in un’unica soluzionenello scambiatore E fuori dall’evaporatore veroe proprio e interessa l’acqua grezza alimentataall’impianto. Un ulteriore recupero di calore av-viene nei condensatori C, disposti uno per ognisezione evaporante V. Ogni camera V è tenutaad una ben definita pressione di lavoro, decre-scente con la temperatura dell’acqua grezza;si ottiene così in ogni camera l’evaporazionedell’acqua, ed il condensato viene raccolto co-me acqua trattata. Il rigetto è costituito da ac-qua di mare ad alta concentrazione salina (5%o più). Qui non si parla di effetti ma di stadi; ladifferenza di temperatura tra uno stadio ed ilsuccessivo è costituita da un innalzamentoebullioscopico e da un delta T. Il numero di sta-di possibili è anche qui più alto dei 5 rappre-sentati ed è anche possibile usare un numeropiù alto di quanto si fa nei multipli effetti, rag-giungendo a volte il numero di 20 stadi.

3. Dissalatori a ricompressioneI vapori separati nella camera di evaporazioneEC sono portati a pressione più alta mediante ilcompressore K, azionato dal motore (solita-mente elettrico, ma può essere ad esempiouna turbina) M. Grazie all’aumento di pressio-ne, si alza la temperatura di condensazione deivapori che quindi possono condensare nelloscambiatore HE.Esistono dissalatori di questo tipo a doppio edanche a triplo effetto, in cui il vapore dell’ultimoeffetto, dopo compressione, viene inviato al pri-mo, praticamente raddoppiando (o triplicando)la resa in acqua trattata.

■ Dissalatori a permeazioneLa dissalazione per permeazione viene ottenutamediante separazione su membrane semiper-meabili.Esistono particolari membrane, presenti in na-tura o create artificialmente che hanno la pro-prietà di essere permeabili al solvente (acquanel nostro caso) ma non al soluto (i sali marini,in questo caso) qualora vengano poste in con-

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romatatto in una soluzione. Tali membrane vengonochiamate membrane semipermeabili e il mec-canismo selettivo per il quale queste membra-ne mostrano questa proprietà non è ancora deltutto chiaro: si ritiene che queste membranesvolgano un’azione filtro solo nei confronti dimolecole di una certa grandezza.Mettendo a contatto del solvente puro (acqua)e una soluzione del medesimo solvente, sepa-rati tra loro da una membrana semipermeabile,assistiamo ad un processo di migrazione dellemolecole del solvente verso la soluzione.Questo flusso di particelle è chiamato osmosi el’aspetto più significativo del fenomeno è unaumento della pressione esercitata sulla mem-brana per migrare verso la parte a concentra-zione maggiore.Quindi si può definire la pressione osmoticacome “la pressione esercitata dal solvente puroverso una soluzione messa a contatto con essaattraverso una membrana semipermeabile”.Applicando alla soluzione più concentrata unapressione superiore a quella osmotica si ha co-me risultato l’inversione del flusso e il conse-guente passaggio di solvente dalla soluzionepiù concentrata a quella più diluita ottenendo difatto la concentrazione della soluzione sottopo-sta a pressione (Osmosi Inversa/RO).Le caratteristiche dell’acqua e del rigetto sonosimili alla tipologia precedente; non è peròpossibile raggiungere il recupero totale dellafase acquosa in quanto le membrane perosmosi inversa non consentono il trattamentodi fasi solide, se non prevedendo una sezioneevaporativa (zero liquid discharge).La dissalazione ad osmosi inversa viene impie-gata per produzioni da piccole a grandi, per or-dini di grandezza da 1 a 10.000 mc/h ed è, perqualità, simile alla dissalazione evaporativa.L’osmosi inversa (acronimo: RO, dall’ingleseReverse Osmosis), detta anche iperfiltrazione(abbreviazione: IF), è quindi un processo in cuisi forza il passaggio delle molecole di solventedalla soluzione più concentrata alla soluzionemeno concentrata, applicando alla soluzionepiù concentrata una pressione maggiore dellapressione osmotica. In pratica, l’osmosi inversaviene realizzata con una membrana che trattie-ne il soluto da una parte impedendone il pas-saggio e permette di ricavare il solvente purodall’altra.Questo fenomeno non è spontaneo e richiede ilcompimento di un lavoro meccanico pari a quel-lo necessario per annullare l’effetto della pres-sione osmotica.Tale processo rappresenta la più fine tecnica difiltrazione dell’acqua, in quanto non consistesemplicemente in un ostacolo fisico (determi-nato dalle dimensioni dei pori) al passaggio

delle molecole, ma sfrutta la diversa affinitàchimica delle specie con la membrana, per-mettendo il passaggio delle molecole idrofile (owater-like), cioè chimicamente simili all’acqua(es. gli alcoli a catena corta).Dal punto di vista impiantistico il metodo sfruttail principio della filtrazione tangenziale, comeanche altre tecniche separative mediantemembrane quali la microfiltrazione, l’ultrafiltra-zione e la nanofiltrazione. L’osmosi inversa èutilizzata, nel trattamento dell’acqua, sia per ladesalinizzazione, sia per la rimozione di traccedi fosfati, calcio e metalli pesanti, nonché fito-farmaci, materiali radioattivi e di quasi tutte lemolecole inquinanti.Negli ultimi anni si costruiscono impianti a“scarico liquido zero”nei quali la sezione diosmosi inversa aumenta la concentrazione del-le specie chimiche presenti nell’acqua di scari-co fino a valori prossimi o superiori (soluzionisovrassature) alla loro solubilità.Nel processo di osmosi inversa vengono usatemembrane composite di sottili pellicole (TFC oTFM, Thin Film Composite Membrane). Questemembrane sono semipermeabili e fabbricate

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principalmente per l’uso nella depurazione del-le acque o in sistemi di desalinizzazione. Han-no anche utilizzi in applicazioni chimiche comele batterie e le pile a combustibile. In sostanzaun materiale TFC è un setaccio molecolare co-struito nella forma di una pellicola di due o piùmateriali stratificati.Le membrane usate nell’osmosi sono general-mente fatte in poliammide, scelta principalmenteper la sua permeabilità all’acqua e la relativa im-permeabilità alle varie impurità disciolte, inclusigli ioni salini e altre piccole molecole che nonpossono venire filtrate. Un altro esempio di mem-brana semipermeabile è quella usata nella dialisi.

■ Dissalazione per scambio ionicoLa dissalazione per scambio ionico viene otte-nuta mediante rimozione degli ioni Na+e Cl– suresine rispettivamente in ciclo H+ ed OH–(questo vale ovviamente per tutti gli ioni pre-senti). Si ottiene in singolo passaggio un’acquafortemente dissalata; il rigetto è in questo casocostituito dai residui della rigenerazione delleresine.Il tipo a scambio ionico viene impiegato perpiccole e piccolissime portate, dell’ordine di 1mc/h massimo, o per ottenere purezze moltoelevate dell’acqua prodotta.

■ Impianti combinatiGli impianti possono ovviamente essere combi-nati; è una tendenza attuale installare in seriead un impianto ad osmosi inversa, relativamen-te semplice, un impianto evaporativo, atto a re-cuperare acqua addizionale. Una parte dell’ac-qua prodotta potrebbe essere ulteriormentedepurata mediante demineralizzazione a

scambio ionico, ad esempio per poterla utiliz-zare per alimentare una caldaia.Con acque salmastre, la tecnica dell’RO è mol-to più competitiva in termini di costi, ma la tec-nica dell’MSF (multi-fase in flash (MSF)) forni-sce acqua più pura. Si usano quindi spessotecniche ibride MSF-RO, che sfruttano le mi-gliori caratteristiche di ciascuna tecnologia peri diversi tipi di acqua da dissalare.Una minoranza di impianti utilizza la Distillazio-ne Multi-Effetto (MED) o la compressione di va-pore (VC).

■ Consumi energeticiLe tecniche di dissalazione sono varie, ma tuttehanno in comune un aspetto: sono ad alta in-tensità di assorbimento di energia.L’Osmosi Inversa (RO) ha bisogno di circa 6kWh di energia elettrica per metro cubo di ac-qua (a seconda del suo contenuto di sale),mentre la MSF e MED richiedono calore a 70-130° C e necessitano di una quantità di energiadi 25-200 kWh/mc.La maggior parte degli impianti di dissalazioneoggi utilizza combustibili fossili.A livello mondiale ci stiamo avvicinando alla ca-pacità di produrre 30 milioni di mc/giorno di ac-qua potabile, in circa 12.500 impianti. La metàdi questi sono in Medio Oriente. Il più grande neproduce 454.000 mc/giorno.Attualmente, come già accennato, circa il 10%dell’acqua dolce di Israele è acqua dissalata eun grande impianto ad RO fornisce l’acqua a50 centesimi al metro cubo a Gerusalemme.Malta riceve due terzi della sua acqua potabileda un impianto RO.Singapore nel 2005 ha commissionato un gran-de impianto ad RO da 136.000 mc/giorno, paria circa il 10% dei suoi fabbisogni. Produrrà ac-qua a 49 centesimi USA per metro cubo.I reattori nucleari di piccole e medie dimensionisono adatti per la dissalazione, e spesso sonousati cogenerando energia elettrica con turbinea bassa pressione di vapore e usando acqua dimare per il raffreddamento.

■ Impianti che utilizzano già l’energia nucleareCome accennato in precedenza, la funzionalitàdi un impianto di dissalazione integrato nuclea-re è già stata provata, soprattutto in impiantioperanti in Kazakistan, India e Giappone.Il reattore veloce BN-350 a Aktau, in Kazaki-stan, ha già generato ben 135 MWe di potenzaelettrica e 80.000 mc/giorno di acqua potabileper 27 anni. Circa il 60% della sua potenza,sotto forma di calore, è stata utilizzata per ladesalinizzazione. L’impianto originariamenteera stato progettato per 1.000 MWt ma non hamai operato a più di 750 MWt. Questo impianto

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ha, di fatto, stabilito la fattibilità e l’affidabilità ditali impianti di cogenerazione.In Giappone sono stati costruiti una decina diimpianti di dissalazione utilizzando reattori adacqua in pressione per la produzione di energiaelettrica. Ogni reattore ha prodotto da 1.000 a3.000 mc/giorno di acqua potabile. Inizialmenteè stata usata la tecnica MSF per la desalinizza-zione, in seguito anche la RO-MED, perché piùefficiente. L’acqua viene utilizzata dai reattoriper i propri sistemi di raffreddamento.L’India è impegnata nei progetti di ricerca sulladissalazione dal 1970. Ha creato un impiantodi dimostrazione accoppiato a un reattore(PHWR) da 170 MWe alla Atomic Power Stationdi Madras a Kalpakkam nel sud-est del paese.Questo impianto nucleare di desalinizzazione èun ibrido (osmosi inversa/multi-fase flash) conla capacità di 1.800 mc/giorno.Molto rilevante è anche l’esperienza delle cen-trali nucleari in Russia, Europa orientale e inCanada.La diffusione su ampia scala delle centrali nu-cleari di dissalazione dipende principalmenteda fattori economici. Attualmente l’ONU e laAgenzia Internazionale per l’Energia Atomica(AIEA), promuovono la ricerca e la collabora-zione in merito con più di 20 paesi.

■ I nuovi progettiLa Corea del Sud ha messo a punto un piccoloreattore nucleare progettato per la cogenera-zione di 90 MWe di energia e la produzione di40.000 mc/giorno di acqua potabile. Si trattadel reattore 330 MWt SMART * (PWR). È unreattore dalla lunga vita e deve essere rifornitosolo ogni 3 anni. L’impianto di cogenerazioneper la dissalazione usa la tecnica MSF.Un altro progetto è il reattore SMART MED ac-coppiato a quattro unità con la produzione tota-le di 40.000 mc/giorno.La Spagna sta costruendo 20 impianti di dissa-lazione che usano la tecnica RO nel sud-estper la fornitura di oltre l’1% di acqua del territo-rio.Nel Regno Unito, un impianto RO da 150.000mc/giorno è proposto per il basso estuario delTamigi, utilizzando acqua salmastra.La Cina sta esaminando la fattibilità di un im-pianto di dissalazione dell’acqua di mare pervia nucleare nella zona industriale di Yantai,che produrrà 160.000 mc/giorno di acqua dol-ce con la tecnica MED, utilizzando un reattore200 MWt.La Russia ha avviato un progetto di dissalazio-ne con il nucleare utilizzando due reattori KLT-40 (ognuno di 150 MWt) e tecnologia canade-se RO per la dissalazione.La Tunisia sta esaminando la fattibilità di un im-

pianto di cogenerazione (elettricità-dissalazio-ne) nel sud-est del paese.Il Marocco ha completato uno studio di pre-pro-getto con la Cina, a Tan-Tan sulla costa atlanti-ca, utilizzando un reattore da 10 MWt che pro-durrà 8.000 mc/giorno di acqua potabile da di-stillazione (MED).L’Egitto ha avviato uno studio di fattibilità di unimpianto di cogenerazione di elettricità e di ac-qua potabile a El-Dabaa, sulla costa mediterra-nea.L’Algeria sta valutando la fattibilità di un impian-to di desalinizzazione per la sua seconda cittàpiù grande, Orano, da 150.000 mc/giorno utiliz-zando la tecnologia MSF (anche se ancora nonè sicuro che si utilizzerà l’energia nucleare).In Iran era progettato un impianto di dissalazio-ne MSF con la centrale nucleare di Bushehrunper la produzione di 200.000 mc/giorno, ma lasua costruzione sembra essere bloccata acausa di ritardi prolungati.L’Argentina ha anche sviluppato un piccoloreattore nucleare per la cogenerazione o soloper la dissalazione, il 100 MWt CAREM (inte-grante PWR).La maggior parte o tutti questi impianti hannorichiesto l’assistenza tecnica dell’AIEA nell’am-bito del suo progetto di Cooperazione tecnicasul nucleare e dissalazione. Tale progetto di ri-cerca è stato avviato nel 1998 e sono stati ana-lizzati i reattori destinati a funzionare in accop-piamento con i sistemi di dissalazione, nonchéle più avanzate tecnologie di dissalazione. Si-curezza e affidabilità sono stati i requisiti chia-ve del progetto. Questo programma consentiràuna ulteriore riduzione dei costi delle centralinucleari di dissalazione.

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Piccoli reattori nucleari ed esperienzanucleare per la desalinizzazioneOltre agli impianti nucleari di potenza adibitianche alla desalinizzazione sono in fase di pro-getto e/o realizzazione alcuni piccoli reattorinucleari adatti per la desalinizzazione. Questipiccoli reattori sono per lo più ad acqua legge-ra in pressione PWR (Pressurized Water Reac-tor) e del tipo integrale, ossia con il generatoredi vapore ed il circuito di raffreddamento-con-densazione contenuti nello stesso pressurevessel del sistema nucleare. Segue una brevesintesi dei principali progetti di piccoli reattorinucleari e delle principali realizzazioni nucleariper la desalinizzazione, riassunti in Tabella 3.L’Argentina ha sviluppato un progetto di picco-lo reattore nucleare PWR del tipo modulare edintegrale denominato CAREM (Central ARgenti-na de Elementos Modulares) da 100 MWt perla cogenerazione o solo per la dissalazione. IlCAREM è refrigerato mediante circolazione na-turale e ha sistemi di sicurezza di tipo passivo.La messa in esercizio ad Atucha di un piccoloprototipo da 27 MWe è pianificata per il 2015.Seguirà lo sviluppo di progetti di reattori di po-tenze più elevate, fino a circa 300 MWe.La Cina ha sviluppato un progetto di piccoloreattore nucleare PWR integrale a circolazionenaturale di acqua in pressione denominatoNHR-200 (Nuclear Heating Reactor 200 MWt)basato su un impianto pilota e destinato princi-palmente alla dissalazione.La Corea del Sud ha sviluppato un progetto dipiccolo reattore nucleare PWR integrale deno-minato SMART (System Integrated Modular Ad-vanced Reactor) per la cogenerazione di ener-gia elettrica e acqua potabile. Tale reattore da330 MWt deve essere rifornito ogni 3 anni ed èdestinato alla produzione di una limitata poten-za elettrica parla a circa 90 MWe e alla dissala-zione di acqua marina con una produzione to-tale di 40.000 mc/giorno, L’Ente Atomico corea-no KAERI (Korea Atomic Energy Research In-stitute) prevedeva di licenziare il progettoSMART entro la fine del 2012. La realizzazionedell’impianto è di tipo modulare, con sistemi edattrezzature realizzati in fabbrica ed assemblatisul sito di localizzazione del reattore. La sem-plicità costruttiva dovrebbe inoltre permettereuna generale economicità realizzativa. È ancheallo studio un impianto di dissalazione nucleareper il sud-est del paese.In Giappone, alcuni impianti di desalinizzazionelegati a reattori PWR per la produzione di ener-gia elettrica producono circa 14.000 mc/giornodi acqua potabile. L’acqua viene anche usataper sistemi di raffreddamento dei reattori stessie sono stati accumulati oltre 100 anni-reattoredi esperienza nella desalinizzazione nucleare.

L’ India è stata impegnata nella ricerca per ladissalazione nucleare dal 1970. Nel 2002 unimpianto dimostrativo accoppiato a due reattorinucleari ad acqua pesante in pressione (PHWRPressurized Heavy Water Reactor) è stato isti-tuito presso la centrale nucleare di Madras nelsud-est dell’India. Dal 2004 il reattore nuclearedi ricerca di Trombay ha fornito calore residuoper la dissalazione a bassa temperatura.Il reattore veloce BN-350 di Aktau, in Kazaki-stan, ha fornito con successo fino a 135 MWedi potenza elettrica producendo circa 80.000mc/giorno di acqua potabile per 27 anni for-nendo circa il 60% della sua potenza per pro-durre calore e per la desalinizzazione, dimo-strando la fattibilità e l’affidabilità di tali impian-ti. L’impianto era stato progettato inizialmenteper fornire 1.000 MWt, ma non ha mai operatoa più di 750 MWt per cui è stato necessario ag-giungere delle caldaie a gasolio e a gas por-tando la capacità di desalinizzazione a circa120.000 mc/giorno.Nel 2010 il Pakistan ha commissionato un im-pianto di dissalazione da 4.800 mc/giorno ac-coppiato alla centrale nucleare di Karachi do-tato di un reattore PHWR da 125 MWe. Prece-dentemente un impianto ridotto di dissalazionemediante osmosi inversa forniva 454 mc/giornoper gli usi interni alla centrale.In Russia è iniziata la costruzione di un impian-to nucleare galleggiante per la cogenerazionedi energia termica ed elettrica, destinato anchealla desalinizzazione. L’impianto, denominatoATET-80, è costituito da due reattori KLT-40 de-rivati dalle navi rompighiaccio russe, e può es-sere galleggiante o terrestre, producendo oltre85 MWe e 120.000 mc/giorno di acqua potabi-le. L’entrata in funzione di questi reattori refrige-rati ad acqua era prevista per il 20131 con unavita operativa di progetto di 40 anni. Il piccoloreattore ABV-6 (sigla dal russo) da 38 MWt vie-ne montato in coppia su una chiatta da 97m dilunghezza e produce 12 MWe e oltre 40.000mc/giorno di acqua potabile per osmosi inver-sa.Un progetto più grande ha due reattori VBER-300 nel pontile centrale di una chiatta da 170m di lunghezza, con le apparecchiature ausilia-rie sulle parti laterali.In conclusione, molta esperienza risulta esserestata accumulata, già oggi, in impianti nucleariin Russia, Europa Orientale e in Canada, conimpieghi anche per il teleriscaldamento.

Nuovi progetti per la desalinizzazioneLa IAEA (International Atomic Energy Agency)ha avviato nel 1998 un progetto di cooperazio-ne per l’impiego dell’energia nucleare per ladesalinizzazione e numerosi paesi si sono

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Tabella 3 - Principali nuovi progetti per la desalinizzazione nucleare e non

1 Algeria Costruzione di un impianto di dissalazione nucleare da 500.000 mc/giorno pressoMagtaaCommissionato un impianto di dissalazione nucleare da 120.000 mc/giorno per Fouka,nei pressi di AlgeriStudio di un impianto di dissalazione da 150.000 mc/giorno per Orano

2 Arabia Saudita Commissionato un impianto di dissalazione da 68.000 mc/giorno3 Argentina Progetto CAREM (Central Argentina de Elementos Modulares) anche per la desaliniz-

zazione: piccolo PWR da 100 MWt, tipo modulare, a configurazione integrale, circola-zione naturale, sistemi di sicurezza di tipo passivo

4 Australia Costruzione di un impianto di dissalazione con energia rinnovabile da 410.000 mc/gior-no per la fornitura di Melbourne

5 Cina Progetto NHR-200 (NuclearHeatingReactor 200 MWt ) anche per la desalinizzazione:piccolo PWR da 200 Mwt, tipo modulare, a configurazione integrale, circolazione natu-rale, sistemi di sicurezza di tipo passivoCompletato l’impianto di dissalazione nucleare da 50.000 mc/giorno di Aqualyng (pre-visti ulteriori ingrandimenti)Commissionato un impianto di dissalazione nucleare da 10.080 mc/giorno a DalianStudio di un impianto di dissalazione nucleare da 160.000 mc/giorno a YantaiStudio di un impianto di dissalazione nucleare da 330.000 mc/giorno nei pressi diDayaBay.Studio di un impianto di dissalazione da 2.200.000-2.600.000 mc/giorno da rendereoperativo entro il 2015

6 Corea del Sud Progetto SMART (System Integrated Modular Advanced Reactor) anche per la desali-nizzazione: piccolo PWR da 330 MWt, tipo modulare, a configurazione integrale

7 Dubai Studio di un impianto di dissalazione da 450.000 mc/giorno8 Egitto Studio di un impianto di dissalazione con 4 reattori nucleari da circa 1.000 MWe a

El~Dabaa da avviare entro tra il 2019 e il 20259 Emirati Arabi Uniti Studio di un impianto di dissalazione da 68.000 mc/giorno a Ras Al Kaimah

10 Giappone Realizzazione di vari impianti di desalinizzazione legati a PWR11 Giordania Studio di un impianto di dissalazione nucleare da avviare entro tra il 201512 India Realizzazione impianto dimostrativo accoppiato a 2 PHWR per desalinizzazione presso

Madras13 Indonesia Studio di un impianto di dissalazione con reattore nucleare SMART fornito dalla Corea

del Sud per l’isola di Maclura14 Iran Costruzione (bloccata) di un impianto di dissalazione abbinato alla centrale nucleare di

Bushehrun da 200.000 ml/giorno15 Israele Costruzione completata di un impianto di dissalazione abbinato alla centrale nucleare

di Dimona16 Kazakistan Realizzazione impianto per olesalinizzazione legato al reattore veloce BN-350 di Aktau17 Kuwait Studio di un impianto di dissalazione nucleare da 140.000 mc/giorno18 Libia Studio, in cooperazione con la Francia, di un impianto di dissalazione nucleare

Studio di un impianto di dissalazione con il reattore nucleare di ricerca Tajoura19 Marocco Studio, in cooperazione con la Cina, di un impianto di dissalazione da 8.000 mc/giorno

con reattore nucleare da 10 MWt a Tan-TanStudio. in cooperazione con la Russia per un impianto di dissalazione nucleare a SidiBouldra

20 Messico Commissionato un impianto di dissalazione da 21.000 mc/giornoStudio per un impianto di dissalazione da 375.000 mc/giorno a Rosarito in Baja Califor-nia per fornire acqua potabile su entrambi i lati del confine Messico USA

21 Pakistan Realizzazione impianto per dissalazione per gli usi interni al reattore PHWR22 Qatar Studio di un impianto di dissalazione nucleare da 1, 3 milioni di mc/giorno23 Regno Unito Studio di un impianto di dissalazione nucleare da 150.000 mc/giorno per il più basso

estuario del Tamigi24 Russia Costruzione di un impianto nucleare galleggiante ATET-80 (costituito da 2 reattori KLT-

40) anche per la desalinizzazioneCostruzione di un impianto per la desalinizzazione da 10.000 mc/giorno per condizioniclimatiche estreme

25 Singapore Commissionato un impianto di dissalazione ad osmosi inversa da 136.000 mc/giornopari a circa il 10% del proprio fabbisognoSingapore nel 2005 ha commissionato un grande impianto ad osmosi inversa per lafornitura di 136.000 mc/giorno pari a circa il 10% del proprio fabbisogno

26 Spagna Costruzione di 20 impianti di dissalazione nel sud-est per la fornitura di oltre l’1% di ac-qua del territorio.40 anni di esperienza nella dissalazione nelle isole Canarie, dove si producono circa 1,1 milioni di mc/giorno

27 Tunisia Studio di un impianto di dissalazione nucleare per il sud-est del paese

N. Paese Progetto / Realizzazione

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prontamente interessati all’assistenza tecnicaproposta. Sono stati analizzati numerosi pro-getti di reattori destinati a funzionare in accop-piamento con le più avanzate tecnologie per si-stemi di dissalazione. Questo programma, conal centro i temi della sicurezza e affidabilità,consentirà una ulteriore riduzione dei costi de-gli impianti nucleari per la dissalazione. Nume-rosi paesi hanno già avviato progetti di ricercae studi di fattibilità per la costruzione di nuoviimpianti di desalinizzazione; molti dei nuoviprogetti prevedono l’impiego dell’energia nu-cleare.In alcuni casi il sistema di produzione di ener-gia non è stato ancora confermato e anche lefonti rinnovabili possono quindi essere consi-derate. Segue una breve sintesi descrittiva deiprincipali nuovi progetti per la desalinizzazio-ne, già riassunti in Tabella 3.L’Algeria ha avviato la costruzione di un im-pianto di dissalazione nucleare da 500.000mc/giorno presso Magtaa e, nel 2011, ne hacommissionato uno da 120.000 mc/giorno perFouka, nei pressi di Algeri. Sta, inoltre, valutan-do la fattibilità di un impianto di desalinizzazio-ne da 150.000 mc/giorno per la sua secondacittà più grande, Orano, anche se non è statoancora stabilito se si utilizzerà l’energia nuclea-re.L’ Arabia Saudita ha stipulato un contratto percostruire un impianto di 68.000 mc/giorno chedovrebbe essere completato all’inizio del 2014.In Australia è stato costruito presso Wonthaggiun impianto di dissalazione ad osmosi inversada 410.000 mc/giorno alimentato con energiarinnovabile per la fornitura di Melbourne.La Cina ha commissionato un impianto di dis-salazione nucleare da 10.080 mc/giorno a Da-lian nel nord-est del paese e sta esaminando lafattibilità di un impianto di dissalazione di ac-qua di mare per via nucleare nella zona indu-striale di Yantai in grado di produrre 160.000mc/giorno di acqua dolce utilizzando un reatto-re NI-IR-200 da 200 MWt. Un altro progetto èper un impianto da 330.000 mc/giorno neipressi di DayaBay.Nell’ ottobre 2011 a Caofeidian, nella provinciadi Hebei, è stato completato l’impianto di dis-salazione nucleare da 50.000 mc/giorno diAqualyng. Nel 2012 era stato previsto di rad-doppiare questa produzione mentre ulteriori in-grandimenti dell’impianto avrebbero permessola produzione di oltre 1 milione di mc/giorno diacqua dolce per la fornitura di Pechino attra-verso 230 km di condotte.Infine, nel febbraio 2012, è stato annunciato unprogetto per la dissalazione dell’acqua di mareda 2.200.000 - 2.600.000 mc/giorno da rendereoperativo entro il 2015.

Dubai ha annunciato l`intento di costruire unimpianto di dissalazione da 450.000 mc/giorno.L’Egitto ha avviato uno studio di fattibilità perun impianto di cogenerazione di elettricità e diacqua potabile mediante 4 reattori nucleari dacirca 1.000 MWe a El-Dabaa, sulla costa medi-terranea, da avviare entro tra il 2019 e il 2025.Gli Emirati Arabi Uniti stanno progettando unimpianto di dissalazione da 68.000 mc/giorno aRas Al Kaimah.La Giordania ha annunciato il progetto di co-struire, entro il 2015, un reattore nucleare perproduzione elettrica e per la desalinizzazione,avendo un “deficit idrico” di circa 1, 4 milioni dimc/giorno di acqua potabile.L’ Indonesia sta studiando, per l’isola di Madu-ra, la fattibilità per la costruzione di un reattorenucleare SMART fornito dalla Corea del Sudper la dissalazione.Fin dal 1977 in Iran era stato progettato un im-pianto di dissalazione abbinato alla centralenucleare di Bushehrun per la produzione di200.000 mc/giorno, ma la costruzione sembraessere bloccata definitivamente a causa dei ri-tardi prolungati.Nel Distretto Meridionale di Israele, presso lacittà di Dimona nel deserto del Negev, 35 chilo-metri ad ovest del Mar Morto, vi è un esempiodi un reattore nucleare per alimentare un im-pianto di desalinizzazione. La costruzione delNegev Nuclear Research Center cominciò nel1958, con l’aiuto della Francia, proprio con lamotivazione ufficiale della desalinizzazione, masembra che il vero scopo del reattore di Dimo-na sia stato la costruzione di armi nucleari.Il Kuwait ha preso in considerazione un reattoreda 1.000 MWe accoppiato ad un impianto didissalazione da 140.000 mc/giorno.In Libia è stato siglato alla metà del 2007 unaccordo con la Francia per la costruzione di unreattore nucleare per la desalinizzazione del-l’acqua di mare. Si è anche valutata la possibi-lità di adattare il reattore di ricerca Tajoura perla dissalazione.Il Marocco ha completato, in cooperazione conla Cina, uno studio di un reattore da 10 MWtper la distillazione di 8.000 mc/giorno di acquapotabile, a Tan-Tan, sulla costa atlantica. Sono,inoltre, iniziati alcuni studi di fattibilità in coope-razione con la Russia per un altro impianto nu-cleare, destinato anche alla dissalazione, che ilgoverno ha intenzione di iniziare a costruire en-tro il 2017 a Sidi Boulbra.Il Messico ha commissionato un impianto didissalazione da 21.000 mc/giorno con l’intentodi completarlo entro la fine del 2013. Un altroimpianto di dissalazione di acqua di mare da375.000 mc/giorno è stato annunciato a Rosari-to in Baja California con lo scopo di fornire ac-

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qua potabile su entrambi i lati del confine traMessico e USA.Il Qatar ha preso in considerazione l’energianucleare per la desalinizzazione con una pro-duzione che può raggiungere 1,3 milioni dimc/giorno di acqua potabile.Nel Regno Unito, un impianto ad osmosi inver-sa per produrre 150.000 mc/giorno di acquapotabile utilizzando acqua salmastra è statoproposto per il più basso estuario del Tamigi.In Russia dovrebbe essere stato completato aVladivostok entro la fine del 2012 un impiantoper la desalinizzazione mediante osmosi inver-sa da 10.000 mc/giorno progettato per condi-zioni climatiche estreme.Singapore nel 2005 ha commissionato un gran-de impianto ad osmosi inversa per la fornituradi 136.000 mc/giorno pari a circa il 10% delproprio fabbisogno.La Spagna sta costruendo 20 impianti di dissa-lazione che usano la tecnica dell’osmosi inver-sa nel sud-est per la fornitura di oltre l’1% diacqua del territorio. La Spagna ha 40 anni diesperienza nella dissalazione nelle isole Cana-rie, dove si producono circa 1,1 milioni dimc/giorno.La Tunisia sta esaminando la fattibilità di un im-pianto di cogenerazione elettricità-dissalazione

in un impianto nucleare nel sud-est del paesetrattando le acque sotterranee leggermente sa-late.

ConclusioniCome si è potuto constatare, le tecnologie perla dissalazione dell’acqua marina attraversol’impiego di energia nucleare, trovano, a livellointernazionale, una vastità di applicazione sicu-ramente superiore a quanto percepibile o im-maginabile nel nostro paese, ove, in tema nu-cleare, la visione appare ristretta ai temi ineren-ti la produzione di energia elettrica.Si ritiene auspicabile una maggior diffusionedella tematica tra tecnici e potenziali centri im-prenditoriali, al fine di implementare azioni e/opartecipazioni internazionali che li possano ve-dere attivamente coinvolti.L’importanza dell’argomento è evidenziatadall’esame delle cifre riportate inizialmente,che assumono drammaticità se proiettate in unfuturo in cui le attuali iniziative non venissero in-tegrate e/o supportate.

Note1Al momento non è stato possibile verificare se l’impiantosia effettivamente stato realizzato (NdA)

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Quaderno

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LE ISPEZIONI IN CAMPONUCLEARE-RADIOLOGICO

a cura di

Ing. F. Zambardi

commissione

Ingegneria nucleare

visto da

Ing. A. Taglioni

IntroduzioneI principi generali delle ispezioni su attività o in-stallazioni in campo radiologico e nucleare, co-me pure di obbligatorietà dei provvedimenti(ossia renderli impositivi) a carico degli eser-centi autorizzati a tali attività, che sono alla ba-se della protezione del pubblico e dell’ambien-te dal rischio nucleare e radiologico, come in-dicato a livello internazionale (es. IAEA), com-portano i seguenti criteri e requisiti.a) L’uso e il trasferimento di materiali nucleari,

gli impianti e le pratiche autorizzate, rispet-tano i requisiti regolatori per essi definiti neirelativi processi autorizzativi.

b) I documenti tecnico-gestionali e le istruzionidell’esercente autorizzato (Titolare di licen-za o Licenziatario) sono validamente appli-cati dal personale dipendente.

c) L’organizzazione che svolge le attività auto-rizzate ha le competenze e le capacità ri-chieste per le funzioni svolte.

d) Gli eventuali errori di omissione e di com-missione rispetto ai requisiti regolatori di li-cenza sono tempestivamente corretti.

e) L’esperienza operativa è mutuata tra i licen-ziatari, l’Autorità Regolatoria pubblica per lasicurezza nucleare e la protezione dalle ra-diazioni (AR), e ogni altro ente interessato.

f) Le attività di sicurezza nucleare/radiologi-cae di salvaguardia (intesa come protezio-ne fisica dei siti e controllo dei materiali nu-cleari) e quelle di monitoraggio ambientalesono condotte efficientemente.

I suddetti criteri e requisiti valgono anche perquanto attiene ai casi di rischio non elevato, adesempio:• uso civile di radiazioni (a scopo medico, in-

dustriale, agricolo, etc.);• reattori di ricerca;• gestione di rifiuti radioattivi;• trasportodi materiali radioattivi;• disattivazione di installazioni nucleari;• importazione/esportazione di beni con sor-

genti radiogene.Una caratteristica essenziale di ogni regime di

controllo nucleare è, in ogni caso, che l’AR ab-bia chiari poteri ispettivi e di vigilanza sulle atti-vità autorizzate, come pure di imporre all’eser-cente Licenziatario l’obbligatorietà delle pro-prie condizioni e procedure per far fronte a si-tuazioni di inosservanza o pericolo. Non si faeccezione per i controlli sulle attività diimport/export: anche in questo caso sussiste ilpreciso impegno di indagine sui beni oggettodi traffico transfrontaliero.La verifica ispettiva di un esercente autorizzatoè un punto centrale in un efficace regime rego-

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attenzione. E’ quindi opportuno che la legisla-zione nucleare preveda il diritto per l’AR diesercitare la supervisione regolatoria continuasulle attività autorizzate. Tale supervisione, ga-rantita tramite un opportuno programma ispetti-vo, assicura che le attività autorizzate sianocondotte permanentemente nel rispetto dellenorme e condizioni per la protezione della po-polazione e dell’ambiente. A tale riguardo è ne-cessario che l’AR abbia l’autorevolezza che gliconsenta sempre l’accesso ai siti per lo svolgi-mento delle ispezioni. La legislazione deve an-

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latorio. L’AR deve stabilire un programma ispet-tivo con un livello di approfondimento e con fre-quenza di intervento commisurati alla natura eal livello di rischio associato a ogni attività opratica effettuata dall’esercente. A tale scopo èessenziale che il programma ispettivo sia sup-portato con adeguati mezzi finanziari, tecnici erisorse umane. Inoltre l’AR deve condurre ilprogramma in modo flessibile, effettuandoispezioni sia preannunciate, sia senza preavvi-so. Ancora, l’AR deve poter effettuare ispezioniimmediate se la situazione richiede immediata

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dinarie, possono essere effettuate durante l’in-tero ciclo vita della pratica/installazione, con osenza preavviso all’esercente, e possono an-che includere ispezioni ai fornitori dell’esercen-te.Le ispezioni ordinarie sono condotte sulla basedi un prestabilito programma di ispezioni, men-tre le ispezioni straordinarie sono condotte incaso di eventi inattesi.L’esercente può essere preavvisato dall’ARdella data e oggetto dell’ispezione, in modo dapoter predisporre le informazioni per renderepiù efficace e rapida l’ispezione.Una mancanza o errore dell’esercente (a frontedelle proprie responsabilità), può manifestarsiin vari modi e con diversi gradi di severità:• errore di omissione o commissione che dà

luogo a un inaccettabile aumento del ri-schio (es. degrado di una funzione di sicu-rezza);

• errore di omissione o commissione che nondà luogo direttamente ad un aumento del ri-schio (es. inosservanza di regole gestionali,non agevolare l’ispezione);

• riscontri ispettivi in situazioni di incidente.In questi casi l’AR impone provvedimenti attiad assicurare la correzione delle inosservanze,impone altresì le necessarie soluzioni di rime-dio, e irroga le eventuali sanzioni o anche pe-nalità, come previsto dalla legge.La severità delle imposizioni è in relazione al-l’importanza per la sicurezza della violazione ri-scontrata, e può prevedere:• direttive scritte per l’esecuzione di azioni

correttive entro un determinato periodo ditempo;

• ordine di fermata dell’attività in caso di evi-dente degrado di apparecchiature, o in ca-so di imminente pericolo radiologico;

• revoca della licenza in caso di grave man-canza o di inaccettabile pericolo radiologi-co esterno;

• penalità, secondo legge, per violazioni criti-che o per deliberate inosservanze.

La funzione ispettivaLa funzione ispettiva viene esercitata nell’ARsotto la supervisione della Direzione, in strettacollaborazione con la funzione di analisi e con-trollo. Tale collaborazione risulta vitale ancheper i processi autorizzativi curati dagli analisti,oltre che garantire il supporto tecnico che puòessere opportuno in fase ispettiva.La funzione ispettiva e la particolare pratica im-plementata nelle ispezioni si configura sulla ba-se di vari elementi, fra cui:• i presupposti di legge;• le condizioni regolatorie di licenza;• l’organizzazione della funzione ispettiva;

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che prevedere, quale elemento conclusivo del-le ispezioni, dei rapporti ispettivi, o verbali, cheevidenzino la rispondenza delle attività ai rego-lamenti e alle condizioni previste nell’autorizza-zione, o che comunque possano contribuire adaffinare il processo regolatorio teso a migliorarela sicurezza e la salvaguardia.L’obbligatorietà per gli esercenti ha lo scopoprimario di prevenire le non rispondenze ai re-quisiti di sicurezza e di protezione della popo-lazione e dell’ambiente specificati nelle condi-zioni autorizzative. Detta obbligatorietà riguar-da anche gli specifici provvedimenti definitidall’AR per fronteggiare gli eventuali casi dinon rispondenza. A tale riguardo la legislazio-ne deve chiaramente individuare nell’AR l’auto-rità, che impone come obbligatori per l’eser-cente, l’osservanza dei requisiti autorizzativi edi ogni altro provvedimento, e che irroga san-zioni in caso di violazioni, commisurate all’en-tità delle stesse.

La responsabilità ispettiva dell’ARLa responsabilità ispettiva e impositiva dell’ARè fissata dalla legge che ne definisce anche leregole generali, come pure lo stato giuridico ele funzioni dell’ispettore.L’efficienza dell’AR nell’esercitare le proprie re-sponsabilità ispettive e impositive è determina-ta principalmente dall’esperienza e dalla com-petenza professionale dei funzionari destinatiai compiti ispettivi, in tal senso si promuove lacooperazione in ambito internazionale, ancheper quanto riguarda le attività ispettive.Le ispezioni possono essere ordinarie o straor-

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fluenti radioattivi, le prescrizioni tecniche perl’esercizio, il sistema di gestione in qualità, il si-stema informativo sulle anomalie, i programmidi prova e manutenzione delle apparecchiaturerilevanti, la selezione dei materiali di alta qua-lità, la qualificazione del personale, il sistemainformativo e di valutazione periodico dell’ope-razione e della sicurezza.Le ispezioni vengono effettuate, facendo riferi-mento alle condizioni regolatorie, per tutte lefasi del ciclo di vita delle installazioni radioge-ne: progetto, approvvigionamento e realizza-zione, esercizio, e disattivazione. Le condizioniregolatorie possono essere variamente strin-genti a seconda della criticità del caso, comead esempio per gli aspetti di qualificazione etraining connessi all’uso delle sorgenti radioge-ne.La funzione ispettiva opera sia in modo straor-dinario in caso di situazioni anomale, sia se-condo un programma di ispezioni annuale per

• il programma di ispezione;• gli indirizzi ispettivi prevalenti (radioprote-

zione, impiantistica, etc.).I presupposti di legge riguardano il fatto che leattività e installazioni con rischio radiologicosiano preventivamente autorizzate per l’eserci-zio (a seguito del processo di licenziamentocompiuto dall’AR) di cui è pienamente respon-sabile il licenziatario (detentore-esercente), cheai fini del licenziamento vada presentato unrapporto di sicurezza, che oltre alle prescrizioniper l’esercizio siano rispettate le regole posteper varie aree (gestione rifiuti, preparazioneall’emergenza, decommissioning), e che per icasi di violazione sia previsto un regime impo-sitivo di azioni correttive e sanzionatorio.Come i presupposti di legge, anche le condi-zioni regolatori e di licenza costituiscono speci-fico oggetto di ispezione. Tali condizioni dipen-dono dal tipo di applicazione e possono com-prendere: le limitazioni poste agli scarichi di ef-

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quanto riguarda l’operazione ordinaria dellesorgenti radiogene, come definita per le appli-cazioni civili e industriali. In particolare sonooggetto di ispezione:• i sistemi di sicurezza e salvaguardia delle

sorgenti radiogene;• la radioprotezione (lavoratori, pubblico, mo-

nitoraggio ambientale);• i sistemi di ventilazione e di antincendio;• ogni altro sistema di supporto importante;• i sistemi di gestione e la cultura di sicurez-

za;• la protezione fisica delle installazioni;• il trasporto delle sorgenti radiogene;• la preparazione all’emergenza;• la conduzione di specifiche attività speri-

mentali o speciali.

Frequenza e approfondimento delle ispezioniIl grado di approfondimento e la frequenza concui vengono condotte le ispezioni sono deter-minati in dipendenza da vari fattori:• livello di rischio;• complessità dell’installazione;• storia prestazionale dell’esercente e dell’in-

stallazione;• risultati di ispezioni precedenti;• percezione pubblica del rischio.In prima approssimazione la frequenza delleispezioni può essere di almeno una all’anno,escluse le attività più critiche (es. disattivazionedi installazioni complesse) in cui possono aver-

si ispezioni dedicate alle specifiche operazioniin corso. La suddetta frequenza annuale puòessere ridotta in base alla combinazione deifattori sopra menzionati (es. per le apparec-chiature radiogene in campo odontotecnicopuò essere sufficiente un’ispezione ogni 3 an-ni).

Presupposti per l’esecuzione dell’attivitàispettivaAi fini della regolare condotta delle attivitàispettive nell’ambito dell’AR devono essere as-sicurati i seguenti presupposti:• la responsabilità dei funzionari addetti alle

ispezioni è definita chiaramente;• è disponibile il programma di ispezione;• le procedure ispettive sono disponibili;• esistono le banche dati delle licenze e dei

rapporti ispettivi;• sono disponibili i rapporti di esercizio e di

monitoraggio dosimetrico e ambientale;• è assicurata la qualificazione degli ispettori;• sono mantenuti rapporti regolari a livello di-

rezionale tra AR e licenziatari;• esiste un sistema informativo verso le auto-

rità governative e verso il pubblico;• caso per caso è stabilito l’approccio ispetti-

vo: più o meno orientato ad attività in ufficio(discussione tecnica e revisione documen-tazione) o in campo (osservazione direttadelle apparecchiature e della pratica ope-rativa).

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Il piano/programma di vigilanza è sufficiente-mente flessibile da permettere agli ispettori dirispondere ad esigenze e situazioni particolari:pur se la maggior parte delle risorse ispettive èriservata alle ispezioni ordinarie programmate,deve essere garantita la potenzialità di inter-vento anche per situazioni straordinarie.Il licenziatario o esercente deve notificare al-l’AR, entro tempi ragionevoli, il programma diesecuzione di attività di interesse regolatorio edi prova di apparecchiature rilevanti, e le relati-ve procedure.

Indirizzi e obiettivi dell’ispezioneL’attività ispettiva è prevalentemente indirizzataalla verifica delle condizioni regolatorie e allavalutazione degli aspetti operativi:• rispetto dei requisiti di legge generali;• rispetto delle condizioni di licenza particolari;• sistema di gestione in qualità e cultura di si-

curezza;• radioprotezione;• condotta operativa e manutenzione periodi-

ca;• predisposizioni per emergenze.

Ruolo e requisiti dell’ispettoreRientrano nel ruolo dell’ispettore le seguentiazioni:• raccogliere dati di evidenza oggettiva;• verificare la conformità a condizioni e requisiti• investigare su eventi anomali;• concedere permessi e stimolare azioni mi-

gliorative;• irrogare proibizioni e promuovere azoni san-

zionatorie, o anche a carattere penale (inambito AR e presso l’autorità giudiziaria).

Per espletare le proprie funzioni l’ispettore ha ildiritto d’accesso nel sito dell’installazione/atti-vità (sempre o nei tempi consentiti, con o sen-za preavviso). L’ispettore è consapevole deidati caratteristici e del rapporto di sicurezza,identifica i problemi e ne assicura la compren-sione in profondità. In particolare l’ispettore hauna buona conoscenza dei requisiti di legge edelle condizioni di licenza, ed esamina comequeste sono implementate dal personale eser-cente.Per garantire la familiarità con la documenta-zione di sicurezza l’ispettore è in contatto congli analisti dell’AR implicati nell’analisi di sicu-rezza, i quali possono anche partecipare alleispezioni secondo la specifica area di compe-tenza.Soprattutto l’ispettore comunica con il persona-le esercente a tutti i livelli, mette in evidenzaanomalie o inconsistenze, pratica un approcciopersuasivo verso i responsabili.L’ispettore è quindi una persona che, in ag-

giunta alla qualificazione tecnica e alla capa-cità comunicativa, assicura esperienza profes-sionale associata ad anzianità di servizio e au-torevolezza sufficienti a garantirsi rispetto e adavere un dialogo professionale con i responsa-bili dell’organizzazione del Licenziatario.Le ispezioni ordinarie, che sono molto impor-tanti e sono condotte con frequenza, implicanol’esame di rapporti e registrazioni di dati, so-pralluoghi sugli impianti presso aree ed appa-recchiature importanti, e discussioni tecnichead ogni livello.L’ispettore effettua le suddette funzioni nel qua-dro del programma di ispezioni.L’ispezione inizia normalmente con un incontroa livello direzionale in cui si precisano lo scopoe i termini dell’ispezione.L’ispettore richiede e si avvale dell’assistenzadel licenziatario e del suo personale come gui-da sul sito e per la messa a disposizione deidati necessari.L’ispezione viene eseguita per osservazione di-retta, durante il sopralluogo sul sito, esame didocumenti e dati registrati, raccolta di campio-ni incluse fotografie di parti sensibili, e discus-sioni con il personale.L’ispettore prende nota delle azioni eseguite edelle informazioni ricevute durante l’ispezione.L’ispettore deduce le proprie conclusioni circale conformità e le possibili aree di miglioramen-to, e discute con il Licenziatario-esercente ipropri riscontri e raccomandazioni.L’ispettore prepara un verbale di ispezione cheil licenziatario può controfirmare con la specifi-cazione delle sue considerazioni su quanto ri-portato dall’ispettore.Il verbale contiene, anche tramite allegati, infor-mazioni sul sito ispezionato, metodo ispettivo,condizioni e requisiti di riferimento, dettagli del-le azioni ispettive eseguite, le conformità e leanomalie o violazioni riscontrate, le eventualiazioni impositive.Il verbale viene compilato in caso di ispezionesia ordinaria, sia straordinaria per eventi parti-colari e situazioni con anomalie o incidenti.

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Il verbale viene presentato in un apposito in-contro conclusivo in cui si sensibilizza il Licen-ziatario sui riscontri e la loro priorità per la sicu-rezza e si discutono problemi e possibili racco-mandazioni, in modo tale che il Licenziatariosia parte attiva nella soluzione delle problema-tiche di sicurezza.Il verbale e i suoi riscontri vengono immessi inuna banca dati dell’AR, la cui direzione inter-viene e provvede per gli eventuali aspetti impo-sitivi di obblighi e sanzioni. L’irrogazione delleeventuali penalità conseguenti a violazioni pe-santi del Licenziatario si attua, a seguito delverbale ispettivo, in sede giudiziaria.

Conduzione dell’ispezionePrima di effettuare l’ispezione sul sito l’ispetto-re, sulla base del programma ispettivo o su in-put della Direzione dell’AR per casi straordina-ri, prepara un piano di ispezione con gli scopiispettivi e i riferimenti agli esiti di precedentiispezioni, ai documenti autorizzativi e alla do-cumentazione tecnica del Licenziatario (es.programma di radioprotezione). Il piano defini-sce anche il personale tecnico di supportoeventualmente necessario e se l’ispezione èpreannunciata o meno.L’ispezione inizia dopo l’accesso al sito, con l’i-spettore che effettua una breve riunione preli-minare con l’esercente sugli scopi dell’ispezio-ne e per i principali aggiornamenti sull’organiz-zazione e sul personale.Per l’efficienza del processo ispettivo e per mi-gliore sistematicità, l’ispezione è condotta sullabase di liste di controllo e riscontro, da accor-dare secondo i metodi ispettivi praticati (osser-vazioni in campo, discussioni con il personaledel Licenziatario, esame di documentazione).Nell’ispezione si considerano fra l’altro i se-guenti aspetti, come già in parte accennato.• Sistema di qualità e, di converso, indicatori

di situazioni di degrado (es. scarsità di regi-strazioni, ripetizione di problemi simili, etc).

• Inventario delle sorgenti radiogene e qualifi-cazione/training del personale addetto.

• Sistemidi monitoraggio delle radiazioni.• Protezione occupazionale (regole, mezzi e

procedure di radioprotezione, protezioneda esposizioni a livello medico, classifica-zione delle aree, dosimetria, responsabilità,ottimizzazioni, regole per visitatori).

• Protezione del pubblico (controllo degli ac-cessi, schermaggio delle radiazioni, limita-zione degli scarichi, monitoraggio ambien-tale).

• Sicurezza delle sorgenti radiogene (Segna-letica e allarmi, interblocchi e interventi disicurezza manuali e automatici, schermag-gi, pulizia delle superfici esposte, prove di

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perdita delle sorgenti sigillate, ventilazionee altri sistemi di supporto, sistema di notifi-ca degli incidenti).

• Gestione dei materiali e dei rifiuti radioattivi(rilascio dei materiali, strutture di depositodei rifiuti, gestione degli scarichi liquidi egassosi, trasferimenti e trattamenti dei rifiuti,registrazione dei dati).

• Trasporto delle sorgenti radiogene (qualifi-cazione dei contenitori, piano di trasporto,apparecchiature e mezzi di manipolazionee trasporto, percorsi, documentazione).

• Preparazione all’emergenza.L’ispezione si chiude con una riunione conclusi-va con la Direzione del sito e con la discussionedei riscontri come verbalizzati dall’ispettore.

Qualificazione e training degli ispettoriI candidati ispettori destinati ad operare per lasicurezza radiologica devono avere una buonapreparazione professionale di partenza neicampi dell’ingegneria, della fisica e della chi-mica.Il training di base provvisto per i candidatiispettori copre i seguenti aspetti:• leggi di base per la sicurezza radiologica e

altra legislazione applicabile;• ruolo e organizzazione dell’AR;• regolamenti relativi all’attività ispettiva;• regole di legge e condizioni dell’AR che de-

vono essere rispettate dai Licenziatari.Il training di base è seguito da altri corsi speci-fici dedicati alla sicurezza radiologica, le instal-lazioni con sorgenti radiogene e loro caratteri-stiche e problematiche di sicurezza, le relative

condizioni autorizzative, la relativa esperienzaoperativa.Le conoscenze a cui sono finalizzate le attivitàdi training possono essere ottimizzate con perio-di di lavoro in prova e di pratica diretta sul cam-po, sotto la supervisione di un ispettore anziano.L’esercizio della funzione di ispettore può averluogo a fronte del superamento di periodi diprova e di esami, dietro riconoscimento di ido-neità formalizzato con rilascio di apposito certi-ficato.

ConclusioniIn questo articolo sono stati trattati a livello in-troduttivo i principi generali della funzioneispettiva in campo radiologico e gli aspetti im-positivi associati.E’ stata sottolineata la caratterizzazione dellafunzione in dipendenza della legislazione edella tipologia di attività e installazioni che uti-lizzano sorgenti radiogene e del loro livello dirischio radiologico, puntualizzando il caso diapplicazioni a rischio non elevato.Sono stati trattati i casi di ispezione ordinaria estraordinaria e gli aspetti di approfondimento efrequenza delle ispezioni.Sono stati presentati gli elementi di base circale metodologie di ispezione, le aree tematicheaffrontate, la pianificazione e condotta delleispezioni, gli scopi e i possibili esiti dei proces-si ispettivi.Sono stati anche trattati il ruolo e i requisiti del-l’ispettore, compresi la qualificazione, il trainingrichiesto, le condizioni per il riconoscimentoformale della figura dell’ispettore.

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Quaderno

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L’INGEGNERIA SOCIALEPER L’EDILIZIA E

L’APPROCCIO ALL’UNIVERSAL DESIGN

a cura di

Ing. L. MoruzziIng. M. Bozzetti

commissione

Ingegneria socialein edilizia

visto da:

Ing. P.M. Pertici Un’esigenza sociale emergenteLa nostra società invecchia ed il tema del-l’abbattimento delle “barriere architettoniche”si è progressivamente fatto strada nella per-cezione delle esigenze prioritarie delle perso-ne.L’abbattimento delle barriere fisiche è in realtàsolo l’aspetto più facilmente percettibile di un

tema molto più ampio che può essere propria-mente definito nell’ambito dell’“accessibilità efruibilità dei prodotti, degli spazi costruiti e deiservizi“.In tal senso anche i “decisori” e i progettisti deiprodotti, servizi e dello “spazio costruito” devo-no contribuire a non creare nuove barriere eforme di esclusione.

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indisponibilità del suo smartphone (un imprevi-sto scaricamento della batteria) non gli impedi-sce di accedere ugualmente al servizio attra-verso l’uso di qualsiasi altro strumento di con-nessione via internet da qualsiasi postazione,con un codice di identificazione (user-identifi-cation) e una parola segreta (password).Lo stesso servizio, fino a poco tempo fa, venivaerogato dalle banche in una unica modalità:solo in un certo orario di lavoro, il cliente pote-va accedere fisicamente allo sportello pressola sola filiale presso cui era stato aperto il contocorrente ed impartire delle istruzioni ad un ope-ratore, documentando le richieste ed autorizza-zioni tramite la compilazione di una noiosissimamodulistica.Ecco che, avendo tutti consapevolezza di cosasignifichi gestire un conto corrente bancario(sia in presenza che a distanza), ci siamo subi-to intesi sulla differente modalità di erogare unservizio intangibile in uno spazio costruito.Questi “modi differenti” di “accedere a” e “frui-re di” un servizio (vengono chiamati casi d’usoin UML-Unified Modeling Language), garanti-scono diversi livelli di prestazioni e soddisfazio-ne dei soggetti interessati (utenti diretti e indi-retti, le cosiddette “parti interessate”stakehol-ders).Nella modalità di accesso al servizio “a distan-za” rispetto alla modalità di accesso al medesi-mo servizio “in presenza”, il servizio è diventatopiù accessibile e fruibile perché con la moda-lità di accesso “a distanza” si è ampiato il nu-mero di potenziali fruitori del servizio stesso.Abbiamo però bisogno di unificare i “modi dimisurare” l’accessibilità per poter successiva-mente confrontare, incentivare o disincentivarei progetti e le realizzazioni di prodotti, servizi espazi, selezionando le migliori realizzazioniquali esempio ed ispirazione per le nuove.In altre parole: il servizio intangibile è stato ri-progettato con l’uso di alcuni strumenti: “facili-tatori”, per renderlo fruibile ad un’utenza sem-pre più estera.Anche le persone che non possano accederefisicamente alla filiale della banca, per una par-ticolare condizione di salute (temporanea slo-gatura di una caviglia, frattura di una gamba,ecc. o permanente-paraplegia), che limitassead esempio la deambulazione autonoma, po-trebbero accedere e fruire del servizio di con-sultazione e gestione del proprio conto corren-te bancario, con la modalità a distanza.Con questi primi esempi si è legato il significa-to dell’espressione “accessibilità ad un servizio”a quello di “fruibilità” del servizio stesso, abbia-mo, inoltre, coniugato il rispetto dei diritti dellapersona con l’incremento delle opportunità dibusiness degli operatori economici. Il servizio,

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Alcune definizioni: dall’accessibilità allafruibilitàCon il termine “accessibilità” si possono inten-dere molte cose. È importante, quindi inten-derci sul significato che vogliamo veicolare inquesta sede. Pensiamo, per esempio, ad un“servizio” erogato da un’organizzazione, comequello di “consultazione di un conto correntebancario”. L’accessibilita’ fisica della personaallo spazio costruito della banca non è più vin-colante alla possibilità di fruire del servizio. Sela persona possiede uno smartphone (un pro-dotto) e dispone di un contratto di servizio te-lefonico che includa il servizio “trasferimentodati”e la sua banca gli consente di gestire on-line (tramite un servizio di home-banking) il suoconto corrente bancario, essa può accedere alservizio per via telematica. Anche l’eventuale

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quindi, deve essere ripensato e riprogettato“continuamente” per allargare, tramite dei “fa-cilitatori” (introduzione di nuova tecnologia oprodotto, modifiche dello spazio costruito,ecc.), la possibilità della sua fruizione e il van-taggio economico dei suoi destinatari, comevariabile competitiva.

Il ruolo dell’Ingegnere nell’approccio allaprogettazioneDa quanto sopra esposto nasce l’esigenza so-ciale dell’inserimento, nel curriculum dei pro-gettisti, di competenze base e trasversali perpoter tenere in debito conto e “gestire” anchequesti aspetti. Essi sono stati codificati nei prin-cipi base dell’Universal Design.L’Universal Design è definito come: “la proget-tazione di prodotti ed ambienti per essere utiliz-zabili da tutte le persone, con la massimaestensione possibile, senza necessità di unsuccessivo adattamento o progettazione “adhoc” (per esigenze particolari di uso).“Universal Design is defined as the design ofproducts and environments to be usable by allthe people, to the greatest extent possible,without adaptation or specialized design(Preiser/Ostroff, Universal Design Handbook)”.Il termine “Universal Design“, è stato coniatodall’architetto Ronald L. Mace, della North Ca-rolina State University. Questa definizione, svi-luppata poi da un gruppo di architetti, productdesigners e ingegneri statunitensi, è articolatasu sette principi di indirizzo del processo diprogettazione. Oltre ad altre considerazioni ditipo economico, ingegneristico, architettonico,

ergonomico, culturale e psicologico, propriedel processo di progettazione, i designers so-no invitati a incorporare anche l’usabilità (usa-bility) tra i vari requisiti di cui tener conto du-rante il processo di progettazione.I Sette Principi dell’“Universal Design” offronouna linea guida ai designers che consente lorodi implementare, già in fase di progettazione,tutti quegli aspetti costruttivi e manageriali checonsentono di “intercettare“ i requisiti attesi e ibisogni del maggior numero possibile di poten-ziali utilizzatori.• Principio 1 - Equità - uso equo: utilizzabile

da chiunque.• Principio 2 - Flessibilità - uso flessibile: si

adatta a diverse abilità.• Principio 3 - Semplicità - uso semplice ed

intuitivo: l’uso è facile da capire.• Principio 4 - Percettibilità - il trasmettere le

effettive informazioni sensoriali.• Principio 5 - Tolleranza all’errore - minimiz-

zare i rischi o azioni non volute.• Principio 6 - Contenimento dello sforzo fisi-

co - utilizzo con minima fatica.• Principio 7 - Misure e spazi sufficienti - ren-

dere lo spazio idoneo per l’accesso e l’uso.Di seguito non sono riportati nella lingua origi-nale, ma chi desideri approfondire troverà il ma-teriale divulgativo al seguente indirizzo web:< www.ncsu.edu/ncsu/design/cud >.

Una sfida per l’Ingegnere: dal pensare globaleall’agire localePer poter esporre l’applicazione dei principibase dell’Universal Design, di seguito si propo-ne un esempio di applicazione nel settore turi-stico: l’Etruria meridionale e i suoi siti.Si propongono delle riflessioni su come potreb-bero essere rivisitati i servizi turistici esistenti,alla luce dei nuovi concetti sopraesposti di ac-cessibilità e fruibilità.Oggi è possibile offrire il servizio turistico di vi-sita culturale in un luogo in due modalità: la vi-sita di una tomba etrusca può essere effettuatain presenza, andando fisicamente nel luogooppure a distanza tramite una visita virtuale ac-cedendo ad una stanza all’interno di un percor-so museale interattivo. Infine è possibile offrirloin “modalità potenziata” (coniugando l’opportu-nità di entrambe le modalità). Ovvero c’è lapossibilità di intrattenere il visitatore con una vi-sita virtuale prima dell’accesso reale, mentresta aspettando di accedere all’ipogeo perchèimpegnato da un altro gruppo di visitatori.Quest’estate al Palazzo delle Esposizioni di Ro-ma, a due passi dalla sede dell’Ordine degli In-gegneri, la mostra “Gli Etruschi ed il mediterra-neo. La città di Cerveteri”, senza accedere ai si-ti archeologici delle necropoli (fig. 1), ha per-

Figura 1 - Necropolietrusca di Cerveteri

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messo di visitare a distanza il sito UNESCO diCerveteri.All’interno della mostra si trovava un allestimen-to che proiettava virtualmente il visitatore diret-tamente dentro la tomba Regolini-Galassi, sen-za doversi recare necessariamente alla necro-poli del Sorbo a Cerveteri (a circa 50 km di di-stanza dal luogo dell’esposizione).Altra opportunità, nella Capitale, è quella di vi-sitare all’interno dei Musei Vaticani l’allestimen-to “Etruscanning 3D”.L’Universal Design é un ottimo strumento permezzo del quale rendere più attrattivi i servizituristici delle aree archeologiche di Roma edintorni.La Commissione: “Ingegneria del Sociale inEdilizia” (CISE), ha intrapreso un percorso at-traverso il quale intende farsi promotrice diqueste esigenze proponendo, esempi virtuosidi progettazione che permettano, facendo per-no sulla professionalità e valorizzando il fonda-mentale ruolo sociale dell’Ingegnere, di incar-nare i principi dell’Universal Design.Nello schema sottoriportato sono illustrati gliambiti in cui la Commissione CISE sta muoven-dosi per cercare di aumentare l’accessibilità ela fruibilità del turismo dell’area metropolitanaRomana (fig. 2).

Come ampiare l’utenza di un servizioCon il termine “Fruibilità” si intende una carat-teristica che sottintende varie modalità con cui

si può erogare il “servizio“ in uno “spazio co-struito”, offrendolo a persone con esigenze dinatura differente. Prima di affrontare un proget-to diviene strategico, per la sua riuscita, defini-re il “quadro esigenziale“ del potenziale utiliz-zatore del servizio stesso.La motivazione che spinge ad “estendere l’ac-cessibilità e la fruibilità di un servizio a un’uten-za sempre più ampia“ è, perlomeno, di triplicenatura: sociale, politica ed economica.In primis, è innegabile che la motivazione sia dinatura ed interesse sociale: siamo, infatti, tuttid’accordo che un imprescindibile indice di pro-gresso di una società che si vuol dire civile èsenz’altro il grado di inclusione sociale dei pro-pri membri in tutte le attività della collettività,pianificato ed effettivamente realizzato a curadella Politica con l’aiuto di tutte le altri compo-nenti del Paese. L’aspetto sociale di garantireil diritto all’accesso all’informazione, alla culturae a svolgere attività in maniera partecipata nel-la collettività è l’aspetto che ha un carattereunificante per gli altri due sopracitati.La motivazione è anche di natura politica, so-prattutto se si parla di un servizio pubblico.Siamo tutti d’accordo che il servizio di trasportopubblico deve includere tutti i cittadini, indi-pendentemente dalla loro condizione di salutee della condizione di funzionamento/disabilitàad essa correlata (una mamma in gravidanza,un papà con una carrozzina, un nonno ipove-dente con cane accompagnatore, ecc.).

Figura 2 - Schema Tafdella Cise 2014.Ordine degli Ingegneridi Roma -CommissioneIngegneriadel Sociale in Edilizia.Anno 2014

Formazione

Ricettività

Strutture ricettive

Strutture diEntertainment

Tour guidatiTrasporti e

mobilità

TURISMO ACCESSIBILEE FRUIBILE

Percorsiaccessibili

RistorazioneEventiMusei, siti archeologici,mostre, ecc.

Normativa Informazione Qualità

Temi �trasversali� che saranno sviluppati sotto tutti gi aspettI (sopra individuate)del turismo accessibile e fruibile.

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Infine, la motivazione di “estendere l’accessibi-lità e la fruibilità del servizio” è anche di naturaeconomica.È noto a tutti gli addetti al settore che i Comuniitaliani e le Amministrazioni Pubbliche non sonoin grado di sostenere economicamente gli ob-blighi dettati dalla normativa vigente, la proget-tazione e l’attuazione dei Piani di accessibilitàe circolazione urbana previsti ai sensi dellaLegge. 104/1992 e dei P. E. B. A. (i Piani di Eli-minazione delle Barriere Architettoniche), previ-sti dalla normativa vigente (art. 32 della legge41/86 e art. 24 comma 9 della legge 104/92) .Si pone, quindi, la necessità di coniugare l’esi-genza di garantire i diritti alle persone con di-sabilità con l’opportunità di rilanciare l’econo-mia del turismo.Con una attenta politica dello sviluppo econo-mico territoriale, attraverso il coinvolgimento ditutti gli operatori turistici di un distretto econo-mico, attraverso una campagna mirata ad au-mentare l’accessibilità e fruibilità dei luoghi diinteresse turistico, si potrebbe realizzare, dap-prima una progettazione complessiva degli in-terventi (masterplan), con un’indicizzazionedelle proiorità di intervento; successivamente sidovrebbe pianificare la sostenibilità economicadegli adeguamenti.Essa potrebbe essere sostenuta da un nucleobase di spesa pubblica, coniugata ad una par-

tecipazione finanziaria degli operatori economi-ci del distretto (interessati dalle ricadute econo-miche conseguenti al rilancio del turismo).Emettere un numero maggiore di biglietti peraccedere alle loro attività (un museo, un alber-go, un bed & breakfast piuttosto che un sito ar-cheologico, come il sito UNESCO della necro-poli etrusca sopra citata), dovrebbe essereconseguenza logica di un’effettivo migliora-mento dell’accessibilità e fruibilità dei luoghi.Prendiamo nuovamente ad esempio l’attratti-vità turistica dell’Etruria meridionale. Il flusso tu-ristico, dal porto di Civitavecchia a Roma, dei“crocieristi” che fanno tappa in giornata a Ro-ma (circa 70 km sola andata), è ormai un datoconsolidato.Consideriamo la capacità di spesa dei poten-ziali visitatori (soprattutto in servizi accessoriquali alloggio, ristorazione, trasporto, ecc. ), es-sa è direttamente correlata al reddito da lavoro(o alla pensione), e il reddito, a sua volta, è cor-relato all’età anagrafica del visitatore. La diffi-coltà nella deambulazione, a sua volta, è gene-ralmente correlata all’avanzare dell’età dellapersona. Tanto è che risulterebbe facile, ancheper un neofita del “business Planning”, intuireche: incrementando l’accessibilità e la fruibilitàdei servizi turistici per i visitatori con difficoltànella deambulazione (soprattutto quello di“orientamento alla scelta” e pianificazione della

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logistica della visita), si faciliterebbe, di conse-guenza, la fruizione del servizio anche alle per-sone anziane. Anche altre tipologie di utenzapotrebbero riceverne un vantaggio economico;persino i pendolari (residenti), che usano il tre-no della linea Pisa-Civitavecchia-Roma. Pernon parlare dell’attendibile conseguente au-mento di introiti da parte degli operatori econo-mici attivi nel distretto turistico citato.Per ora i Comuni di Cerveteri e Tarquinia hannoprogettato una comune campagna informativae di immagine, che ha portato all’affissione diefficaci pannelli presso i sottopassaggi dellastazione FS di Roma S. Pietro. Ma permangonole difficoltà a raggiungere i siti archeologici,stante la forte frammentazione e la scarsa inte-grazione degli orari dei servizi di trasporto, fer-roviari e locali, per accedervi.La questione si connota di aspetti sociali nontrascurabili. Occupandosi del benessere deituristi, contemporaneamente si aumenterebbeil livello di qualità dei servizi per i residenti(pendolari e operatori economici). Questo con-cetto di ricaduta dei vantaggi economici diun’azione politica su altre fasce sociali, trovaun corrispettivo in inglese nella traduzione“mainstreaming“. In altri termini, occuparsi del-le esigenze delle fasce deboli della societàcomporta, inevitabilmente, un potenziamentodei servizi pubblici che ha una ricaduta benefi-ca anche su altre fasce della popolazione.

Adattamenti Ragionevoli e Soluzioni StandardLa visione “economica” in termini di opportu-nità sopra descritta però, non sembra esseremolto condivisa nel mondo. L’Organizzazionedelle Nazioni Unite (UN), per garantire l’esten-sione del diritto di partecipazione alle attivitàumane nelle varie comunità nazionali ha dovutoapprovare, il 13 dicembre 2006, la Convenzio-ne sui diritti delle persone con disabilità, ratifi-cata dall’Italia con la legge 18 del 3 Marzo2009.Nella legge sopracitata si parla di: “adattamen-to o accomodamento ragionevole”. Con taleconcetto si intendono le modifiche e gli adatta-menti necessari ed appropriati (che non im-pongono un onere sproporzionato o eccessi-vo), adottati, ove ve ne sia necessità, per ga-rantire alle persone con disabilità il godimentoe l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fon-damentali sulla base dell’eguaglianza con glialtri.L’obbligo di prevedere adattamenti ragionevolidiscende dall’obbligo di adottare o di fareadottare accomodamenti ragionevoli al fine dievitare discriminazioni delle persone con disa-bilità. L’adattamento ragionevole va utilizzatosolo quando questo sia necessario.

Questo significa che, ordinariamente, non biso-gna prevedere soluzioni speciali per le personecon disabilità, ma già quando si pensa a comeoffrire un bene/servizio, tener conto anche delleesigenze delle persone con disabilità, fin daiprimi passi del processo di progettazione delservizio.

Dal contesto internazionale alla normativaitalianaEppure in Italia non si sarebbe dovuto ribadirlocon una norma di derivazione internazionale.Nel nostro Paese, tale diritto si fondava già di-rettamente sulla Costituzione Italiana. Nell’arti-colo 3, infatti, la nostra Carta Costituzionale giàsanciva che: “è compito della Repubblica ri-muovere gli ostacoli di ordine economico e so-ciale che, limitando, di fatto, le libertà e l’ugua-glianza dei cittadini, impediscono il pieno svi-luppo della persona umana”.Tenendo conto che la legge principale che ri-guarda le Barriere Architettoniche è del 1989,segnaliamo di seguito qualche precedente sto-rico.Sin dal 1948, data in cui la Costituzione entrain vigore, il diritto era stato sancito. Nel 1971, illegislatore, attraverso la promulgazione dellalegge numero 118, all’articolo 27, prevede especifica, tra le altre cose, quanto segue:• “in nessun luogo aperto al pubblico può es-

sere vietato l’accesso ai disabili”;• “i nuovi edifici pubblici e quelli di interesse

sociale, devono essere sprovvisti di barrierearchitettoniche” (inclusi gli edifici scolastici);

• “i luoghi dove si svolgono manifestazioni ospettacoli pubblici debbono prevedere e ri-servare posti per disabili non deambulanti”;

• “Gli alloggi di edilizia economica e popola-re, posti al pian terreno, vanno assegnatiprioritariamente ai disabili non deambulanti,se ne fanno richiesta”.

La stessa legge 118/71, all’articolo 28, ribadi-sce ulteriormente che: “vanno rimossi gli osta-coli negli edifici scolastici, per consentire l’ac-cesso ai ragazzi disabili”. Infine, pochi anni pri-ma della legge 13/1989, nel 1986, la legge 41fece “divieto alle pubbliche amministrazioni diapprovare progetti pubblici senza l’eliminazio-ne delle barriere architettoniche”. La Legge n.13 del 1989 concesse, finalmente, ai cittadinicontributi per l’abbattimento delle barriere ar-chitettoniche su immobili privati già esistentiove risiedono portatori di menomazioni o limita-zioni funzionali permanenti (di carattere motorioe/o non vedenti).Il D. M. 236/89, attuativo della Legge n. 13 del1989, è però molto più preciso nell’identifica-zione di termini e concetti. In particolare in talenorma si definiscono i concetti di accessibilità,

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visitabilità e adattabilità “in versione italiana”.Di seguito si ritiene utile citarli per esteso:accessibilità: possibilità per persone con ridottao impedita capacità motoria o sensoriale di rag-giungere l’edificio e le sue singole unità immo-biliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e difruire di spazi ed attrezzature in condizioni diadeguata sicurezza e autonomia.Visitabilità: si intende la possibilità, anche daparte di persone con ridotta o impedita capa-cità motoria o sensoriale, di accedere agli spa-zi di relazione e ad almeno un servizio igienicodi ogni unità immobiliare. Per spazi di relaziones’intende gli spazi di soggiorno o pranzo del-l’alloggio privato e quelli corrispondenti del luo-go di lavoro, servizio e incontro. In altre parole,la persona può accedere in maniera limitata al-la struttura, ma comunque le consente ogni ti-po di relazione fondamentale.Adattabilità: è la possibilità di modificare neltempo lo spazio costruito intervenendo, senzacosti eccessivi, per rendere completamente eagevolmente fruibile lo stabile, o una parte diesso, anche da parte di persone con ridotta oimpedita capacità motoria o sensoriale. Un edi-ficio si considera adattabile quando, con l’ese-cuzione di lavori differiti, che non modificanoné la struttura portante, né la rete degli impianticomuni, può essere reso accessibile.Il D. M. 236/89 stabilisce anche per gli edificie gli spazi privati, i parametri tecnici e dimen-sionali correlati al raggiungimento dei tre livelli

di qualità della fruibilità dello spazio costruitosopra riportati; per esempio: le dimensioni mi-nime delle porte, le caratteristiche delle scale,la pendenza delle rampe pedonali, gli spazinecessari alla rotazione di una sedia a ruote,le dimensioni degli ascensori, le caratteristi-che di un servizio igienico accessibile ed altriancora. I requisiti vengono stabiliti in mododifferenziato a seconda della tipologia degliedifici e degli spazi. Ogni nuova costruzionedeve infatti rispettare tali norme, ed i vecchiedifici devono essere opportunamente ade-guati alla normativa in caso di ristrutturazione(D. M. 236/89, art. 6).Per quanto riguarda gli edifici e gli spazi pubbli-ci vi è stata, solo successivamente, l’emanazio-ne di un ulteriore decreto attuativo.Per quanto riguarda gli enti pubblici e gli edificiadibiti ad uso pubblico di seguito riassumiamole principali normative applicabili a livello na-zionale:• Legge n. 41 del 28 febbraio 1986 (Legge

Finanziaria 1986).Imponeva agli Enti Locali territoriali, alloStato, agli Uffici periferici dello Stato, agliEnti Pubblici, di dotarsi di un piano per l’ab-battimento delle barriere architettoniche edi destinare a tal fine una quota annuale delbilancio d’esercizio;

• Legge n. 104 del 5 febbraio 1992 (nota an-che come Legge quadro sull’Handicap): inessa alcuni commi si occupano, nello spe-

Figura 3 - Modellomedico della disabilità

need to be

curedneed to be

cared

DISABILITYProblem are situated in

individualsEmphasise on individual deficits s

PhysiotherapistShelteredWorkshops

OccupationalTherapists

RehabilitationCentres

Social Workers

Special Schools

EducationalPsychologists

CharitySympathy

SpecialTransport

MedicalTreatment

Doctors

SpeechTherapist

Sensory ImpalmentPhysical impaiment

Chronic Illnes

Mental IllnesImpairment

Emotional Behavioural Difficulties

Impaimentis the

problem Leaming Difficulties

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cifico, delle barriere architettoniche, intro-ducendo tutele in diversi campi (sanità, as-sistenza, scuola, formazione, lavoro, tra-sporti, giustizia, ecc.). In ogni caso se neevince che le persone con disabilità in nes-sun caso possono essere escluse dal godi-mento di servizi, prestazioni e opportunitàordinariamente goduti da ogni cittadino;

• D. P. R. n. 503 del 24 luglio 1996. Disciplinal’eliminazione delle barriere architettonichenegli edifici pubblici, con particolare riferi-mento all’accessibilità diretta ai servizi. Re-golamenta anche le soluzioni che la pubbli-ca amministrazione deve adottare per ga-rantire comunque l’accesso ai servizi ero-gati alla popolazione;

• Decreto del Ministero per i Beni e le attivitàculturali n. 114 del 16/05/2008.“Linee guida per il superamento delle bar-riere architettoniche nei luoghi di interesseculturale”.

Tutte queste normative sono però il frutto di unavisione ormai superata della disabilità. Nel2001 l’Organizzazione Mondiale della Sanità,rivede il concetto di “disabilità”pubblicandol’ICF (International Classification of Functioning,Disability and Health): in esso viene illustrato unnuovo modello “bio-psico-sociale” del concettodi disabilità, molto diverso dal pre-esistentemodello “medico” (fig. 3).In esso l’enfasi è stata spostata dalla “meno-mazione della persona” alla “ineguatezza delle

strutture sociali” attorno alla persona. Sonoquest’ultime che creano la “condizione di disa-bilità”. Essa è intesa come il risultato combina-to della mancanza di un “facilitatore sociale otecnologico“ al “disfunzionamento/disabilita“(momentaneo o permanente delle persone),che determina l’impossibilità di accedere e difruire di un servizio (attività svolta da una o piùpersone in un ben determinato luogo e momen-to) (Fig. 4).Quindi il problema di una “persona con ridottacapacità motoria” che usa una sedia a ruoteche, ad esempio, non può scendere ad unacerta stazione della metropolitana o ferroviaria(perché non c’è l’ascensore oppure il piano dicalpestio tra vettura e piattaforma non è alli-neato), non è più un problema individuale.Il problema e la responsabilità della sua risolu-zione coinvolge la collettività e l’adeguatezzadelle sue strutture sociali.Si impone quindi la necessità di un’analisi delcontesto urbano, in senso lato, in merito al livel-lo di accessibilità e fruibilità dell’intero serviziodi trasporto per tutte le persone, indipendente-mente dalla propria condizione di salute e didisabilità/funzionamento.Di colpo siamo passati dall’idea dell’adegua-mento attraverso l’inserimento della rampa perle sole persone su sedia a ruote, all’idea dellanecessità di adeguamento della qualità del ser-vizio di trasporto pubblico offerto a tutti i citta-dini nelle loro diversità funzionali (fig. 5).

Figura 4 - Interazionetra i componenti dellaICF (Who, 2001)

Lack of SocialNetwork

Overprotected/Hidded in homeby Families

Medicalised

SegregatedServices

ShelteredWorkshop

Inflexible EmploymentLack of Employment

Lack of EducationInaccesible Facilities

InaccesibleTransport

InaccesibleInformation

Stigma

Fear

Understimated/devalued

Ignorance

Segregation

Inaccassibility:Physically and Institutional

SocialPrejudice

Cultural andReligious Belief

SocialStructures

are theproblems

PO V E R T

Y

DISABILITYProblem are situated in social structure

Emphasise on socio-political context

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L’accessibilità ed i sistemi informaticiConsiderato che la tematica dell’accesso e frui-bilità dei servizi-prodotti-sistemi-spazi costruitiè più ampia e trasversale di quanto siano ca-paci di rappresentare i singoli atti normativi, siimpone l’obbligo ai tecnici come l’Ingegnere disapere che in Italia vige anche la legge Stancaossia la legge del 9 gennaio 2004, n. 4 (G. U.n. 13 del 17 gennaio 2004 – Decreto Attuativon. 75 del 1 Marzo 2005), recante «Disposizioniper favorire l’accesso dei soggetti disabili aglistrumenti informatici».Tale legge contiene, in riferimento ai sistemi infor-matici, due ulteriori definizioni che riportiamo:«accessibilità»: la capacità dei sistemi informa-tici, nelle forme e nei limiti consentiti dalle co-noscenze tecnologiche, di erogare servizi e for-nire informazioni fruibili, senza discriminazioni,anche da parte di coloro che a causa di disabi-lità necessitano di tecnologie assistive o confi-gurazioni particolari;«tecnologie assistive (in ambito informatico)»:

gli strumenti e le soluzioni tecniche, hardware esoftware, che permettono alla persona disabile,superando o riducendo le condizioni di svan-taggio, di accedere alle informazioni e ai servi-zi erogati dai sistemi informatici.Il Decreto Ministeriale dell’8 luglio 2005 contie-ne i «Requisiti tecnici e i diversi livelli per l’ac-cessibilità agli strumenti informatici». In parti-colare nell’allegato A («Verifica tecnica e re-quisiti tecnici di accessibilità delle applicazio-ni basate su tecnologie internet») sono elen-cati i 22 requisiti di accessibilità che devonosoddisfare i siti internet. Nel 2013 tali requisiticon l’aggiornamento dell’allegato A, sono sce-si a12.

Poiché la legge prescrive (art. 12, comma 2),che il relativo decreto (DM 8 luglio 2005), ven-ga periodicamente aggiornato per il tempestivorecepimento delle modifiche delle normative in-ternazionali e per l’acquisizione delle innova-zioni tecnologiche intervenute in materia di ac-cessibilità, e i requisiti facevano inizialmente ri-ferimento alle WCAG 1. 0, a seguito dell’ema-nazione delle WCAG 2. 0 da parte dello stessoW3C e dell’invito esteso ai 27 paesi membri daparte della Commissione europea di adottaretali raccomandazioni, si è reso necessario co-stituire un gruppo di lavoro presso l’Osservato-rio dell’accessibilità Web (Formez e DDIT) cheha predisposto la revisione dell’allegato A delcitato decreto, portando i requisiti da 22 a 12,revisione che è stata pubblicata come bozzaad aprile 2010 sul sito del Ministero. La propo-sta di adeguamento è stata notificata alla Com-missione europea, ai sensi della Direttiva98/34/CE ed è stata emanata sotto forma di de-creto dal Ministro Profumo il 20 marzo 2013 equindi trasmessa alla Corte dei Conti. Il decre-to è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16settembre 2013.

ConclusioniPossiamo comprendere, dal breve excursussopra proposto, come sia necessaria e urgentela partecipazione degli Ingegneri per analizza-re/sintetizzare il contesto normativo attuale eproporre soluzioni normative e tecniche, di ca-rattere innovativo, adeguate all’esigenza socia-le emergente, che rilancino il percorso verso ilprogresso della società e la crescita culturaleed economica del Paese.La commissione CISE cercherà nei prossimi

Figura 5 - Interazionedei componenti

della ICF

Parte 1: Funzionamento e disabilità Parte 2: Fattori contestuali

Componenti Funzioni e StruttureCorporee

Attività epartecipazione Fattori ambientali Fattori Personali

Domini Funzioni CorporeeStrutture Corporee

Aree di vita (compiti,azioni)

Influenze esterne sufunzionamento edisabilità

Influenze interne dellecaratteristiche che dellapersona

Costrutti Cambiamento nellefunzioni corporee(fisiologico)Cambiamento nellestrutture corporee(anatomico)

Capacità: eseguirecompiti in un ambientestandardPerformance: eseguirecompiti nell’ambianteattuale

Impatto facilitante oostacolante dellecaratteristiche delmondo fisico, sociale edeglil atteggiamenti

Impatto dellecaratteristiche dellapersona

Aspetto positivo Integrità funzionale estrutturaleFunzionamento

AttivitàPartecipazioneFunzionamento

Facilitatori Facilitatori

Aspetto negativo Menomazione

Disabilità

Limitazione dell’attivitàRestrizione dellapartecipazioneDisabilità

Barriere/ostacoli Barriere/ostacoli

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BibliografiaICF, International Classification on Functioning and Disability, WHO, 2001Universal Design-17 ways of Thinking and Teaching,Husbaken,2002American Association of Retired Persons. (1992). Mature America in the 1990s: A special report from Modern Maturitymagazine and the Roper Organization. New York, NY: The Roper Organization, 21.Jones, M. and Sanford, J. (1996). People with mobility impairments in the United States today and in 2010. Assistive Tech-nology, 8. 1, 43-53.LaMendola, B. (1998, April 12). Age-old question: How long can we live? The Denver Post, 1F.McNeil, J. M. (1997). Americans with disabilities: 1994-95. US Bureau of the Census Current Population Reports, P70-61.Washington, DC: US Government Printing Office.Shapiro, J. P. (1994). No pity: People with disabilities forging a new civil rights movement. New York, NY: Times Books (Ran-dom House).Welch, P. and Palames, C. (1995). A brief history of disability rights legislation in the United States. In Welch, P. (Ed.),Strategies for teaching universal design. Boston, MA: Adaptive Environments Center.“Ambienti e Accessibilità”,Assistenza Anziani feb/mar 2006, FinMark srl, L. MoruzziUNI EN ISO 9000:2008 “Sistemi di Gestione per la Qualità-termini e definizioni”“Uomo,Disabilità,Ambiente”, Abitare Segesta Documenti, Giovanni Del Zanna,1995“Human Rights, Persons with disabilities, ICF and the UN Convention on the rights of persons with disabilities-training toolk-it”,Comunità edizioni, I. Alves, L. Bosisio Fazzi,G. Griffo,2010“L’accessibilità degli ambienti di lavoro”,Guerini associati, P. Bucciarelli, 2004

Link< http://www.roma.itc.cnr.it/adac.html >< http://www.ncsu.edu/ncsu/design/cud/about_ud/about_ud.htm >< http://www.who.int/classifications/icf/en/ >

articoli di rappresentare quanto, nei singolisettori della professione (oltre all’Edilizia),queste tematiche siano sfidanti per la nostraprofessione. Intendiamo porci con spirito col-laborativo verso quei colleghi che vorrannopartecipare alla nostra attività o entrare in si-nergia con essa.Ringraziamo fin da ora: la Presidenza, la Vice-Presidenza e il coordinatore dell’Area Edilizia

delle Commissioni dell’Ordine che hanno sa-puto valorizzare il percorso, già avviato daimembri della commissione CISE, di dialogocon il territorio e con le diverse rappresentan-ze sociali.A breve nella pagina della commissione i colle-ghi interessati potranno trovare ulteriori mate-riali di approfondimento e/o link ai siti web spe-cialistici.

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Arch. Z. Hadid - Museo Maxxi (Roma)

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Studio ABDR - Nuovo Auditorium (Firenze)

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Arch. M. Fuksas - Mab Zeil (Frankfurt , Germany)

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Studio ABDR - Nuovo Auditorium (Firenze)

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Quaderno

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ANALISI DELLA DELIBERA CONSILIARE07/2011, CONFRONTO CON LADELIBERA 48/2006 E CON LA

NORMATIVA VIGENTE IN MATERIA DIRISPARMIO ENERGETICO E DI USO DI

FONTI DI ENERGIA RINNOVABILE

a cura di

Ing. L. MeleIng. M. Petriccione

commissione

Efficienza energetica

visto da:

Ing. L. ArgentieriIng. G. De Simone

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IntroduzioneIl presente articolo intende esaminare la Deli-berazione n.7/2011 dell’Assemblea Capitolina.In essa si trattano importanti tematiche inerentialla progettazione edilizia, relative a risparmioenergetico, utilizzazione delle fonti di energiarinnovabile e risparmio delle risorse idriche1.Quanto stabilito dalla Delibera riguardo all’im-piego delle fonti rinnovabili di energia è stato,invece, superato dalla normativa nazionale inmerito, come più avanti in dettaglio discusso.L’articolo contiene, oltre alla descrizione deicommi costituenti la Delibera, l’analisi di alcunecriticità, che dovrebbero essere affrontate e ri-solte dal Comune.

PremessaIn adempimento di quanto previsto dalla leggeregionale n.15 del 08/11/2004 – “Disposizioniper favorire l’impiego di energia solare termicae la diminuzione degli sprechi idrici negli edifi-ci” – il Comune di Roma apportò nel 2006 dellemodifiche al regolamento comunale innovativein tema di risparmio energetico e di produzionedi energia da fonti rinnovabili, per mezzo delladelibera n. 48 approvata il 20 febbraio.La delibera 48/2006 presentava, negli articolida 48/bis a 48/sexies, integrazioni al Titolo IIIdel Regolamento Edilizio Comunale2 contenen-te “norme relative all’interno delle costruzioni”.Successivamente, la legge regionale n.6 del27/05/2008 - “Disposizioni regionali in materiadi architettura sostenibile e di bioedilizia” – ag-giornò le tematiche già trattate nella citata leg-ge n.15/2004, facendo proprio lo schema dilegge regionale sulla sostenibilità preparato inarmonia con le altre Regioni d’Italia in ambitoItaca.Vista anche la legislazione nazionale nel frat-

tempo emessa relativamente all’efficienza ener-getica nell’edilizia (D.Lgs. 192/2005 e succes-sive modifiche e disposizioni attuative) e il pa-rere della Provincia di Roma sulla delibera n.48/2006, il Comune di Roma avviò nel 2009 ilprocedimento per aggiornare il RegolamentoEdilizio proprio per quelle parti inserite dalladelibera n. 48 del 20/02/2006 e riguardanti inparticolare il risparmio energetico, le fonti rin-novabili di energia e il risparmio delle risorseidriche.Con la delibera 07/2011, il Regolamento Edili-zio Comunale fu quindi aggiornato e integratocon gli articoli da 48/bis a 48/nonies, che si so-stituiscono ai sopra citati articoli contenuti nellaDel. 48/2006.

Iter di approvazione della delibera 07/2011L’iter di approvazione della delibera 07/2011 èstato particolarmente lungo e travagliato. I pas-si seguiti per giungere all’esecutività della nor-ma sono stati i seguenti:• Decisione della Giunta Comunale n. 98 del

04/11/2009• Trasmissione della Decisione ai Municipi

del 05/11/2009• Acquisizione dei pareri dei Municipi• Valutazione in Giunta del 26/05/2010 dei

pareri dei Municipi• Consiglio Comunale: Mozione 17 del

07/06/2010• Acquisizione degli ulteriori pareri dei Muni-

cipi• Approvazione nel Consiglio Comunale del

14/02/2011• Pubblicazione della Delibera nell’Albo Pre-

torio dal 24/02/2011 al 10/03/2011• Esecutività della Delibera dal 06/03/2011.Si fa presente, a questo proposito, che la Deli-

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Figura 1 - Estrattodella dichiarazione diasseveramentoallegata alla D.I.A.

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bera costituisce una delle tante disposizioni al-le quali i tecnici sono obbligati ad attenersi insede di asseveramento delle opere. La figura 1mostra un estratto della relazione asseverante,allegata alla Dichiarazione di Inizio Attività, incui compare la dichiarazione di attinenza alledisposizioni di legge vigenti e, in particolare,alle “Deliberazioni di Roma Capitale in tema difonti rinnovabili”.

Descrizione sintetica della deliberaLa Delibera 7/2011, da una parte contiene al-cuni aggiornamenti della delibera 48/2006 (invirtù delle modifiche introdotte con la legge re-gionale 6/2008), dall’altra recepisce e integraalcuni contenuti del D.Lgs. 192/2005 “Attuazio-ne della direttiva 2002/91/CE relativa al rendi-mento energetico nell’edilizia”. Inoltre, la deli-bera 7/2011 fornisce prescrizioni in materia dienergia da fonti rinnovabili, anticipando di unsoffio i temi che sono trattati anche nel D. Lgs.28/2011 “Attuazione della direttiva 2009/28/CEsulla promozione dell’uso dell’energia da fontirinnovabili, recante modifica e successivaabrogazione delle direttive 2001/77/CE e2003/30/CE”. Come vedremo, il lungo iter distesura della delibera ha reso di fatto inappli-cabili le prescrizioni in essa contenute in temadi fonti rinnovabili, proprio a causa dell’entratain vigore, qualche settimana dopo, del DLgs28/2011, che ha imposto ai Comuni di adegua-re i propri regolamenti alle indicazioni e pre-scrizioni in esso riportate.Di seguito si riporta un elenco sintetico deicontenuti. Ciascun punto dell’elenco fa riferi-mento a un particolare tema affrontato nella de-libera in vigore.

■ Risparmio energetico e fonti rinnovabili dienergia (art. 48/bis).

• Il comma 5 dell’art. 48/bis della Del.7/2011stabilisce che tutto il nuovo art. 48/bis si ap-plica, oltre che agli edifici di nuova costru-zione, anche agli “interventi di ristrutturazio-ne edilizia su interi edifici”. La dizione “ri-strutturazione edilizia sull’intero edificio”può essere assimilata a quella di “interven-to di ristrutturazione edilizia”, introdotta nelD.P.R. 380/2001 e intesa come interventovolto a trasformare gli organismi edilizi me-diante un insieme sistemico di opere chepossono portare a un organismo in tutto oin parte diverso dal precedente3.

• La delibera prevede che gli edifici di nuovacostruzione4 o sottoposti a ristrutturazioneedilizia sull’intero edificio, debbano posse-dere un indice di prestazione energeticaper la climatizzazione invernale migliorativorispetto ai limiti stabiliti dal D. Lgs.

192/2005. La tabella sottostante riporta lepercentuali di miglioramento previste, incorrispondenza dei possibili valori del rap-porto di forma5 dell’edificio:

S/V ≤ 0,2 0%0,2 ≤ S/V ≤ 0,9 Interpolazione lineare tra 0% e 40%S/V > 0,9 40%

Per ottenere questi miglioramenti si richie-de, da una parte, l’impiego di fonti rinnova-bili di energia, dall’altra, un’azione di conte-nimento del consumo di energia mediantele fonti già esistenti. Tali azioni migliorative –prevede l’art. 48/octies - devono essere ap-plicate solo nel caso di progetti il cui titoloabilitativo sia stato richiesto successiva-mente alla data di entrata in vigore dellapresente norma (06/03/2011). Si fa presen-te che i commi bis e octies fanno riferimen-to a interi edifici. Pertanto, le disposizioninon sono applicabili alle ristrutturazioni edi-lizie di singoli appartamenti o solo di unaparte dell’edificio stesso. Da tener presenteinoltre che per gli edifici pubblici i limiti dilegge riportati del DLgs 192/2005 siano ri-dotti del 10%, con conseguente riduzioneche si riverbera nell’applicazione del Rego-lamento Comunale.

• Negli edifici pubblici di nuova costruzione osottoposti a ristrutturazione edilizia sull’interoedificio o in occasione di nuove installazionio ristrutturazioni di impianti termici, l’impiantodi produzione di energia termica deve esse-re in grado di coprire almeno il 50% del fab-bisogno annuo di energia primaria richiesta

S/V [1/M] Miglioramento

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per la produzione di acqua calda sanitariacon l’utilizzo di fonti rinnovabili.Tale disposizione coincide con quanto giàstabilito nel D. Lgs. 28/2011 (Allegato 3,comma 1), ossia che, nel caso di edifici nuo-vi o sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, gliimpianti di produzione di energia termica de-vono essere progettati e realizzati in mododa garantire la copertura, mediante l’utilizzodi fonti rinnovabili, del 50% dei consumi pre-visti per l’acqua calda sanitaria. L’unica diffe-renza con la delibera risiede nel campo diapplicazione: nel D.Lgs. 28/2011 non si faalcun riferimento al caso di nuove installazio-ni o ristrutturazioni di impianti termici.Al tempo stesso, il D. Lgs. 28/2011 (Allegato3, comma 1) stabilisce che, sempre nel ca-so di edifici nuovi o sottoposti a ristruttura-zioni rilevanti, gli impianti di produzione dienergia termica garantiscano la copertura,mediante l’uso di fonti rinnovabili, di unapercentuale della somma dei consumi previ-sti per acqua calda sanitaria, riscaldamentoe raffrescamento, variabile in relazione alladata di richiesta del titolo edilizio (incremen-tata del 10%, nel caso di edifici pubblici): inparticolare, per gli edifici il cui titolo ediliziosia richiesto a partire dal 1 gennaio 2014,tale percentuale è pari al 35%.Si fa presente, a questo proposito, che co-munque nel D. Lgs. 28/2011, all’art. 11commi 1 e 2, sono presenti alcune deroghenell’utilizzo di fonti rinnovabili.In particolare (comma 1), le percentuali cuisi faceva riferimento, prescritte nell’allegato

3 del decreto, sono dimezzate nel caso diagglomerati urbani che rivestono caratterestorico, artistico o di particolare pregio am-bientale, comprese le aree circostanti, chepossono considerarsi parte integrante degliagglomerati stessi.Sono inoltre esclusi dall’ obbligatorietà diutilizzo di fonti rinnovabili (comma 2), i se-guenti fabbricati qualora il progettista evi-denzi che il rispetto delle prescrizioni impli-ca un’alterazione incompatibile con il lorocarattere o aspetto, con particolare riferi-mento ai caratteri storici e artistici:- le ville, i giardini e i parchi, non tutelati

dalle disposizioni della Parte secondadel Codice dei beni culturali e del pae-saggio (D.L. 42/2004), che si distinguo-no per la loro non comune bellezza;

- i complessi di cose immobili che com-pongono un caratteristico aspetto aven-te valore estetico e tradizionale, inclusi icentri ed i nuclei storici.

Infine, l’Allegato 3 comma 7 prescrive chein caso di “impossibilità tecnica” nell’ottem-perare, in tutto o in parte, agli obblighi di in-tegrazione descritti nei paragrafi preceden-ti, il progettista debba darne evidenza nellapropria relazione tecnica, la dizione “impos-sibilità tecnica” appare decisamente gene-rica e tale da sconsigliare al progettista diricorrervi, salvo casi realmente gravi e di-mostrabili.In modo più generico, la delibera 48/2006prevedeva che a partire dal 2008, negli edi-fici di nuova costruzione, fosse assicurata

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la copertura del 30% del “fabbisogno ener-getico complessivo” con fonti di energia rin-novabile.In ogni caso, la delibera 48/2006 non è orapiù applicabile, poiché superata dallaDel.7/2011. Inoltre, il D. Lgs. 28/2011 stabi-lisce, all’ art.11, comma 7, che “gli obblighiprevisti da atti normativi regionali o comu-nali sono adeguati alle disposizioni del pre-sente articolo entro 180 giorni dalla data dientrata in vigore del presente decreto. De-corso inutilmente il predetto termine, si ap-plicano le disposizioni di cui al presente arti-colo.” Quindi, si ritiene che le disposizioni invigore sul territorio comunale in materia diintegrazione di fonti rinnovabili negli edifici,siano solo quelle previste dal D. Lgs.28/2011, al citato art.11.

• Negli edifici pubblici e privati di nuova co-struzione o sottoposti a ristrutturazione edili-zia sull’intero edificio, devono essere assicu-rate produzioni minime di energia elettrica dafonte rinnovabile. Le quantità minime sonoespresse in kWh e sono distinte per destina-zione d’uso degli immobili e per SuperficieUtile Lorda6 interessata. Ad esempio, per leabitazioni singole e collettive è richiesta unaproduzione minima di 1000 kWh annui perogni unità immobiliare e per le parti comuni.

La delibera riporta obiettivi di produzione dienergia rinnovabile, da raggiungere su ba-se annua.Tale disposizione non è più applicabile, poi-ché superata secondo quanto previsto dalD. Lgs. 28/2011 all’ art.11, comma 7 (su ri-chiamato).Per la produzione di energia elettrica dafonte rinnovabile, si applica, quindi, quantodisposto dal D. Lgs. 28/2011 (All. 3 comma3): quest’ultimo, obbliga, nel caso di edificinuovi o sottoposti a ristrutturazioni rilevanti,l’installazione di impianti alimentati da fontirinnovabili e aventi una potenza elettrica[kW] secondo la formula:

P = S/Kdove S è la superficie in mq in pianta dell’e-dificio al livello del terreno e K è un coeffi-ciente, che nel caso di titoli edilizi presenta-ti a partire al 1 gennaio 2014 assume valore65 (anche in questo caso, è richiesto un in-cremento del 10%, nel caso di edifici pub-blici).Il Decreto, quindi, non fa riferimento allaproduzione di energia, ma richiede che gliimpianti abbiano prestazioni, in termini dipotenza installata, legate alle superfici inte-ressate.Comunque le deroghe (su richiamate) pre-

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romaviste nel D. Lgs. 28/2011, all’art. 11 comma2 e nell’ all.3, comma 7, si applicano anchealla produzione di energia elettrica da fonterinnovabile.

• La delibera 7 prevede che i sistemi di pro-duzione di energia elettrica da fonti rinnova-bili debbano essere installati sulle copertu-re degli edifici, al fine di massimizzare l’effi-cienza dei sistemi stessi con le esigenzeestetiche dell’edificio. In particolare, gli im-pianti sui tetti a falde devono essere posi-zionati in adiacenza alla copertura inclinatao meglio integrati in essa. Nel caso di co-perture piane i pannelli possono essere in-stallati con inclinazione ritenuta ottimale,purché non visibili dal piano stradale sotto-stante ed evitando l’ombreggiamento tra diessi se disposti su più file.Rispetto alla delibera 7/2011, il D.Lgs.28/2011 affronta solo parzialmente il te-ma dell’installazione sui tetti. In particolare,nel decreto le modalità di installazione suitetti a falde coincidono con quanto previstonella delibera 7/2011, mentre non sono trat-tate le modalità di installazione sui tetti pia-ni.

• Al fine di certificare l’applicazione degliadempimenti sopra riportati, si richiedeche, all’atto della Dichiarazione di Fine La-vori, il Direttore dei Lavori asseveri un Atte-stato di Qualificazione Energetica. Inoltre, insede di richiesta del certificato di agibilitàdegli edifici, dovrà essere depositato l’Atte-stato di Certificazione Energetica, accom-pagnato da una relazione asseverata cheattesti la sussistenza degli impianti e la loroconformità al progetto depositato. Si fa pre-sente, a tal proposito, che l’Attestato di Cer-tificazione Energetica è stato recentementesostituito dall’ Attestato di Prestazione ener-getica, secondo quanto previsto dalla Leg-ge 90/2013 (conversione in legge del D.L.63/2013).La suddetta procedura riprende sostanzial-mente quanto già previsto, a livello naziona-le, dal D.lgs. 192/2005 e s.m.i. (artt.6-8).La delibera 48/2006 prevedeva che, insede di rilascio del certificato di agibilitàdegli edifici fosse prodotta apposita peri-zia giurata, che certificasse la sussisten-za degli impianti e la loro idoneità ad as-sicurare il fabbisogno energetico alloraprevisto.

■ Casi di esclusione del “volume imponibile”(art. 48/ter).L’articolo 48/ter aggiorna la Delibera48/2006 per quanto riguarda i casi di esclu-sione del “volume imponibile” e della Su-

perficie Utile Lorda ai fini degli interventi dirisparmio energetico e dell’uso delle fontirinnovabili di energia. La modifica più rile-vante è che i sistemi bioclimatici passivi(essenzialmente serre solari) non sonocomputati nel calcolo dei volumi e delleSUL ammissibili, a certe condizioni. Unacondizione è che sia dimostrata la loro fun-zione di riduzione del fabbisogno di energiaprimaria per la climatizzazione invernalepari ad almeno il 10%, attraverso lo sfrutta-mento dell’energia solare. Fra le altre condi-zioni, una seconda importante condizioneimpone che le dimensioni in pianta non sia-no superiori al 15% della superficie utiledell’unità immobiliare, oggetto dell’interven-to.Tale limite massimo del 15% è attualmentein contrasto con quanto prescritto dalla leg-ge regionale n.6/2008, all’ art.12: questo èstato di recente emendato, prevedendo l’e-levazione del limite fino al 30%. Il regola-mento comunale dovrebbe essere di con-seguenza aggiornato.

■ Sistemi di risparmio della risorsa idrica (art.48/quater).La Delibera obbliga l’installazione nei servi-zi igienici, sia nel caso di nuove costruzionisia di ristrutturazioni, di cassette d’acquaper i water con scarichi differenziati in mo-do da regolare almeno due diversi volumid’acqua mediante un dispositivo comanda-bile. È resa obbligatoria, inoltre, l’installazio-ne di rubinetterie dotate di miscelatore aria-acqua. Ulteriori criteri e modalità di salva-guardia delle risorse idriche sono rimandatia un’adeguata regolamentazione da partedella Giunta Regionale ai sensi dell’art. 4,comma 1, della L.R. n. 6/2008.La Delibera 48/2006 (art. 48/quater) giàconteneva disposizioni in materia di ottimiz-zazione dei servizi igienici e di rubinetterie.Per quanto concerne il recupero delle ac-que piovane, invece, la Del. 48/2006 obbli-gava la realizzazione di un sistema di accu-mulo e recupero delle acque piovane perl’irrigazione, la pulizia delle parti comuni egli scarichi del water. Tale sistema, separa-to dalla normale rete idrica, doveva esserein grado di recuperare almeno il 70% delleacque meteoriche e realizzato all’internodel lotto edificabile o nell’edificio, in caso disuperficie verde condominiale o di perti-nenza superiore a 30 mq. Queste ultime di-sposizioni in materia di acque piovane, co-me detto, non sono confermate nella Del.7/2011, bensì rimandate a future misure daprevedersi ai sensi dell’art. 4, comma 1 del-

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la L.R. n.6/2008, misure al momento nonancora emanate. In ogni caso, in obbedien-za all’art. 4, comma 2 della suddetta L.R.n.6/2008, il recupero delle acque piovane(oltre a quelle grigie) ed il riutilizzo dellestesse resta obbligatorio, tuttavia non nesono definiti i criteri applicativi.

■ Pavimentazioni drenanti (art. 48/quinquies).È reso obbligatorio, sia negli interventi dinuova costruzione sia di ristrutturazioneedilizia e urbanistica, l’impiego di pavimen-tazioni drenanti nelle superfici esterne earee di pertinenza, almeno per il 50% dellasuperficie pavimentata.L’articolo estende i limiti di applicazione delprovvedimento contenuto nella delibera48/2006 (art. 48/quinquies): quest’ultima ri-chiedeva che i materiali di finitura e allesti-mento delle superfici esterne e aree di per-tinenza dei soli edifici assicurassero la per-meabilità del terreno, anche mediante solu-

zioni drenanti, almeno per il 50% della su-perficie libera del lotto.

■ Interventi impiantistici (art. 48/sexies).Tali provvedimenti specifici, contenuti nellaDelibera 07/2011, costituiscono una novitàrispetto alla Delibera 48/2006, nella qualenon erano stati stabiliti adempimenti di na-tura impiantistica. Di seguito si riporta unelenco sintetico dei provvedimenti delibera-ti dall’Amministrazione.• La Delibera obbliga, negli edifici con

più di 10 unità abitative o superiori a2500 mc, l’impiego di impianti di riscal-damento centralizzati, dotati di sistemadi gestione e contabilizzazione indivi-duale dei consumi. Si fa presente chenel comma non è specificato se il cam-po di applicazione sia rappresentato so-lo per i nuovi edifici o anche per quelliesistenti.Il D.P.R. 59/2009 “Regolamento di attua-

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zione dell’art.4, comma 1, lettere a) e b)del D.lgs.192/2005 (art. 4, comma 9)”prevede che in tutti gli edifici esistenticon un numero di unità abitative supe-riore a 4 sia “preferibile il mantenimentodi impianti termici centralizzati laddoveesistenti”; inoltre (art. 4 comma 10), incaso di ristrutturazione o di installazionedell’impianto termico, “devono essererealizzati gli interventi necessari per per-mettere, ove tecnicamente possibile, lacontabilizzazione e la termoregolazionedel calore per ogni singola unità abitati-va”.

• In tutti gli edifici, le reti di distribuzionedell’acqua calda sanitaria interne alleabitazioni devono prevedere un allaccioper gli elettrodomestici che utilizzanoacqua calda nel loro ciclo.

• È posto il divieto negli edifici pubblici eprivati dell’uso di riscaldatori elettrici perla preparazione dell’acqua calda sanita-

ria. Non è chiaro se tale disposizione siaapplicata solo agli edifici di nuova co-struzione o anche a quelli già esistenti.

• Sono stabiliti provvedimenti di conteni-mento energetico per gli impianti di illu-minazione. Ad esempio, per gli edifici adestinazione abitativa è obbligatoria l’in-stallazione di interruttori a tempo e/oazionati da sensori di presenza in tuttele parti comuni.

• Per aumentare l’efficienza degli impiantielettrici, si richiede la doppia distribu-zione delle linee prese, una per le uten-ze varie elettriche e una per la forza mo-trice.

• Sono stabiliti provvedimenti di conteni-mento dei consumi per la climatizzazio-ne estiva. Ad esempio, per gli edifici re-sidenziali è consentita l’installazione diterminali per l’erogazione di energia fri-gorifera con potenza elettrica installatanon superiore a 15 W/mq di superficie

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Note1 La Delibera è disponibile sul sito di Roma Capitale al seguente indirizzo:

< https://www.comune.roma.it/PCR/resources/cms/documents/AC7_2011.pdf >2 Delibera n. 5261 del 18.08.1934 e s.m.i.3 Altra definizione utile può essere quella della “ristrutturazione rilevante” introdotta nel D. Lgs. 28/2011. In particolare, si

tratta di interventi sulla totalità dell’involucro edilizio (pareti esterne, intonaci, tetto, impermeabilizzazioni). La disposizio-ne, tuttavia, fa riferimento a edifici di superficie utile > 1000 m2. Per la Del.7/2011, invece, non è previsto un limite mini-mo di superficie, quindi l’art. 48/bis si applica anche a edifici di piccola superficie.

4 Un intervento di nuova costruzione è definito nel D.P.R. 380/2001 (“Testo Unico per l’Edilizia”) come qualunque trasfor-mazione edilizia e urbanistica del territorio non rientrante nelle categorie di interventi di manutenzione ordinaria o straor-dinaria, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia.

5 Il rapporto di forma S/V è definito come il rapporto tra la superficie disperdente e il volume lordo costituente l’edificio.6 La Superficie Utile Lorda (S.U.L.) è la somma delle superfici di tutti i piani fuori ed entro terra misurati al lordo degli ele-

menti verticali (murature, locali di servizio, scale esterne a servizio di piani). Dal computo della S.U.L. sono escluse su-perfici quali vani corsa degli ascensori, vani scala, spazi non interamente chiusi anche se coperti, quali balconi, terrazzicoperti, porticati al piano terra. Si rimanda al Regolamento Edilizio Comunale per il dettaglio delle superfici escluse.

7 L’Attestato di Certificazione Energetica è stato recentemente sostituito dall’ Attestato di Prestazione Energetica, secondoquanto previsto dalla Legge 90/2013.

utile lorda. Si ritiene che tale limite siada intendersi riferito alla complessivapotenza elettrica installata a serviziodell’impianto di climatizzazione estivo(nel caso di impianti di tipo split-system,dovrebbe essere inclusa la potenza as-sorbita dalla/e unità esterna/e). Un’inter-pretazione che riferisse tale limite ai soliterminali (unità interne di sistemi di tiposplit) non sembra ragionevole, poichél’assorbimento elettrico di tali unità sa-rebbe in tutti i casi largamente al di sot-to del limite prescritto.

■ Incentivi (art. 48/septies).L’Amministrazione Capitolina favorisce gliinterventi di risparmio energetico e l’usodelle fonti rinnovabili mediante incentivieconomici e urbanistici. Tali incentivi si ma-nifestano sotto forma sia di cofinanziamentiattraverso bandi pubblici oppure accordicon istituti di credito, sia di interventi di na-tura urbanistica come modifiche della volu-metria o della Superficie Utile Lorda. La mi-sura delle incentivazioni è legata alla stesu-ra di un adeguato Regolamento Attuativoed è sottoposta al parere preventivo dellaCommissione Tecnica per l’Energia (si vedaart. 48/nonies).L’articolo costituisce una novità rispetto allaDelibera 48/2006, nella quale non eranostati stabiliti strumenti economici o tecnici diincoraggiamento all’uso di fonti rinnovabilidi energia. Tuttavia, occorre segnalare cheil sopra citato Regolamento Attuativo non ri-sulta ancora emanato.

■ Istituzione della “Commissione Tecnica perl’Energia” (art. 48/nonies).La delibera prevede l’istituzione di unaCommissione Tecnica per l’Energia pressoil Dipartimento Programmazione e Attuazio-ne Urbanistica. I compiti principali della

Commissione sono:• Verifica del rispetto degli adempimenti

contenuti nella Delibera 07/2011;• Verifica e monitoraggio dei progetti rea-

lizzati e delle misure adottate;• Supporto tecnico-scientifico per gli altri

Dipartimenti sulle questioni energetiche;• Proposte tecniche per definire il regola-

mento per i miglioramenti bioenergetici.

Conclusioni e osservazioniCon la Delibera 07/2011, il Regolamento EdilizioComunale di Roma si è dotato di prescrizioni piùstringenti in materia di risparmio energetico e diutilizzo delle fonti di energia rinnovabili.Rispetto alla precedente Delibera Comunale48/2006, sono state stabilite condizioni più spe-cifiche per assicurare il contenimento energeti-co degli edifici nel caso sia di nuove costruzio-ni, sia di ristrutturazioni edilizie e urbanistiche.Sono stati fissati, inoltre, adempimenti per ilcontrollo dell’uso delle risorse idriche e per il re-cupero delle acque piovane. Infine, sono statedelineate forme di incentivazione all’uso dellefonti rinnovabili e al risparmio energetico.La Delibera 07/2011 ha introdotto l’obbligo dipresentare sia l’Attestato di Qualificazione Ener-getica, in fase di chiusura lavori, sia l’Attestatodi Certificazione Energetica7, ai fini dell’agibilitàdegli edifici. In tal modo si recepisce quanto giàprescritto nel Dlgs 192/2005 e nel successivoDlgs. 311/2006, finalizzati al miglioramento del-le prestazioni energetiche degli edifici.La norma, infine, istituisce un nuovo organismodi controllo, la Commissione Tecnica per l’Ener-gia presso il Dipartimento Programmazione eAttuazione Urbanistica. Tale organismo è depu-tato, da una parte, a verificare la correttezza deiprogetti svolti secondo le normative vigenti,dall’altra, a dare un contributo ad altri diparti-menti comunali in materia energetica. In tal mo-do, l’Amministrazione Capitolina vuol porsi nellecondizioni di autorizzare soluzioni di risparmio

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Articolo Delibera Disposizione Osservazioni

Articolo 48/bis –Risparmioenergetico e fontirinnovabili dienergia(comma 1)

Gli edifici pubblici e privati di nuova costruzione devonopossedere un indice di prestazione energetica per laclimatizzazione invernale (E.P.i.) migliorativo rispetto allimite stabilito dal D.Lgs. n. 192/2005 e successivemodificazioni e integrazioni secondo quanto riportatonella seguente tabella:S/V [1/M] MiglioramentoS/V ≤ 0,2 0%0,2 < S/V ≤0,9 Interpolazione lineare tra 0% e 40%S/V > 0,9 40%

L’Amministrazione deveapprofondire la fattibilitàtecnica di tali miglioramenti diprestazione energeticaproposti.

Articolo 48/bis –Risparmioenergetico e fontirinnovabili dienergia(comma 4)

In sede di richiesta del certificato di agibilità degliedifici dovrà essere depositato l’Attestato diCertificazione Energetica e prodotta apposita relazioneasseverata che attesti la sussistenza degli impianti e laloro conformità al progetto depositato.

L’Attestato di CertificazioneEnergetica è statorecentemente sostituito dall’Attestato di Prestazioneenergetica, secondo quantoprevisto dalla Legge 90/2013.

Art. 48/sexies –Interventiimpiantistici

• Produzione centralizzata dell’energia termica.• Reti di distribuzione dell’acqua calda sanitaria.• Scaldabagni elettrici.• Efficienza degli impianti di illuminazione.• Efficienza degli impianti elettrici.• Contenimento dei consumi per la climatizzazione

estiva.

L’Amministrazione devechiarire il campo diapplicabilità dell’intero articolo.In esso non è esplicitato se gliinterventi siano riferiti soltantoa edifici di nuova costruzioneoppure anche a edificiesistenti.

Art. 48/septies –Incentivi

L’Amministrazione Capitolina favorisce e promuove larealizzazione degli interventi di risparmio energetico edi utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili attraversospecifici provvedimenti, ove migliorativi rispetto alleprescrizioni dei precedenti articoli 48 e segg., di:• incentivo economico, nella forma di cofinanziamenti

attraverso bandi pubblici e di accordi con istituti dicredito per finanziamenti e tassi agevolati;

• incentivo urbanistico, attraverso l’incremento delleprevisioni del piano urbanistico, della S.U.L. o dellavolumetria prevista nelle aree oggetto di intervento.

La misura degli incentivi èsubordinata alla stesura di unRegolamento Attuativo, chenon risulta ancora essereemanato. Pertanto,l’Amministrazione dovràulteriormente valutarel’efficacia dei meccanismi diincentivazione proposti, al finedi rendere gli impianti dienergia rinnovabile (es.impianti fotovoltaici)convenienti economicamente.

energetico sul territorio grazie alla competenzadi personale qualificato, in grado di validare dalpunto di vista tecnico le proposte avanzate.Inoltre, grazie al parere preventivo della Com-missione, l’Amministrazione potrà favorire gli in-terventi in materia energetica mediante agevo-lazioni di carattere urbanistico ed economico.Si auspica che gli Organi comunali voglianorendere operativa la Commissione, permetten-dole di svolgere le attività di controllo che, sole,possono garantire la corretta applicazione deidettami della delibera.Al tempo stesso, è auspicabile che tutti gli ope-ratori del settore interessati ricevano un’ade-

guata formazione e un aggiornamento in meritoalle novità normative sopra descritte. In tal mo-do sarà possibile attuare più agevolmente siale procedure di impiego delle fonti rinnovabili,sia i provvedimenti di risparmio energetico pergli edifici.La figura 2 seguente riporta in tabella un elen-co di ulteriori criticità e punti di attenzione inmerito ad alcuni articoli della Delibera, sui qualil’Amministrazione Comunale dovrebbe svolge-re i necessari approfondimenti per meglio chia-rire il legame e la continuità con le normativeprecedenti.

Figura 2 - Criticità epunti di attenzione inmerito ad alcuniarticoli della Delibera07/2011

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L’ALIMENTAZIONE ELETTRICA DEITRAM SENZA LA LINEA AEREA DI

CONTATTO, SISTEMI “CATENARY FREE”Questo articolo, non ha la pretesa di essere dedicato agli specialisti disettore, ma a quei colleghi che hanno la necessità e/o la curiosità di

approfondire i principi di funzionamento dei diversi sistemi innovativi dialimentazione elettrica che si stanno, sempre di più, introducendo nel

mondo dei trasporti.

a cura di

Ing. R. Santulliing. F. Stefanucci

commissione

Mobilità elettrica

visto da:

Ing. A. SalesIng. A. Fuschiotto

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L’alimentazione elettrica tradizionaleCome è noto, nelle soluzioni di esercizio tran-viario tradizionale, la linea aerea di contatto èrealizzata con conduttore in rame ed è collega-ta al polo positivo del generatore in sottostazio-ne.Tramite il contatto con lo strisciante installatosul pantografo dei tram, la linea aerea alimen-ta, in corrente continua, le unità di trazione elet-trica; le rotaie, invece, collegate al polo negati-vo del generatore in sottostazione, fungono daconduttore di ritorno.La linea aerea di contatto tradizionale e lo stri-sciante sono naturalmente soggette ad usura acausa:• del contatto e del moto relativo tra le parti;• del passaggio delle correnti assorbite dai

veicoliAnche il pantografo, naturalmente, è soggetto

a sollecitazioni elettriche e meccaniche e per-tanto tutto il sistema di alimentazione, al fine diprevenire guasti, va sottoposto periodicamentead operazioni di manutenzione.

Punti di forza e di debolezza dei sistemi“catenary free”Esistono diverse tecnologie innovative con cuiè possibile realizzare linee tranviarie di nuovagenerazione che sono, al contrario di quelletradizionali, prive di:• linea aerea di contatto• pantografo sul tetto del tramQueste tecnologie ben si adattano a superare ivincoli estetici, architettonici, urbanistici e diimpatto ambientale, tipici dei centri storici dellegrandi città, contribuendo allo sviluppo di unamobilità ecosostenibile.Gli innovativi sistemi “catenary free”, che han-

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no visto le prime importanti applicazioni in Eu-ropa soprattutto in Spagna e Francia, hanno iseguenti punti di forza:• riduzione dell’impatto estetico, ambientale

ed urbanistico;• riduzione della zona di rispetto con maggio-

re possibilità di superamento ostacoli (ades. ponti);

• riduzione degli impatti sulla circolazione incaso di condizioni meteo avverse (neve,ghiaccio);

• possibilità di rientro dei veicoli in marcia au-tonoma in caso di guasto;

• possibilità di risparmio, fino al 20%, dell’e-nergia di trazione con l’introduzione di si-stemi di recupero in frenatura.

Per contro i sistemi “catenary free” hanno i se-guenti punti di debolezza:• non tutti i sistemi consentono di ottenere

tutti i su elencati vantaggi;• non esiste uno standard tecnico universal-

mente affermato e condiviso, ossia una so-luzione ottimale per costi e prestazioni,adatta a tutti gli scopi di intervento;

• i vincoli di esercizio e le caratteristiche dellalinea su cui si deve intervenire impongonoal progettista scelte che sono, in genere, divolta in volta diverse. Infatti è evidente cheun conto sarebbe operare ampliamenti edammodernamenti su di un sistema tramvia-rio già in esercizio, un altro dover realizzareex novo una infrastruttura “chiusa”, ovvero

senza interferenze con altri sistemi di tra-sporto;

• le soluzioni tecnologiche innovative, perpoter essere applicate a sistemi già inesercizio, richiedono sempre modifiche airotabili, i quali vengono così ad assumereconfigurazioni diverse rispetto a quelle tra-dizionali;

• la fattibilità della modifica dei rotabili non èsempre percorribile;

• i costi sono ancora elevati.

Classificazione dei sistemi e tecnologieLe principali soluzioni di esercizio possonoessere suddivise in due grandi famiglie, inbase alle necessità di installazione e di appa-recchiature che esse comportano, precisa-mente:1. Soluzioni con impianti solo a bordo tram.2. Soluzioni con impianti sia a bordo tram che

a terra.Una seconda distinzione può poi essere effet-tuata in base alle modalità di ricarica dei siste-mi di accumulo:1. Soluzioni con ricarica presso le fermate, du-

rante la sosta nelle stesse, per marcia auto-noma, in assenza di catenaria tradizionale,su tutta la linea.

2. Soluzioni con ricarica durante il passaggiosotto la linea di contatto tradizionale, permarcia autonoma su brevi tratti di linea, pri-vi di catenaria (dove coesiste la presenza

Figura 1 - Catenariatradizionale

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di catenaria tradizionale sui restanti tratti dilinea).

3. Soluzioni basate su alimentazione continuadi energia nelle zone in cui c’è la presenzadi veicoli tramite alternative alla catenaria enessuna necessità di ricarica

Una terza classificazione può essere fatta inbase alle modalità di prelievo e trasferimentodell’energia:1. Prelievo dalla linea di contatto tradizionale

(esistente solo su parte del tracciato) attra-verso pantografo tradizionale, posto sul tet-to del tram.

2. Prelievo da un terzo binario (terza rotaia); intal caso il pantografo diventa un pattino po-sto sul fondo del tram ed applicato ai suoicarrelli.

3. Prelievo mediante induzione elettromagneti-ca fra spire metalliche, affogate in pannelliprefabbricati posti a terra, con un pattinopresente sul veicolo.

Le principali tecnologie su cui si basa la realiz-zazione dei diversi sistemi sono:1. Super capacitori a bordo.2. Batterie supplementari a bordo.3. Trasferimento continuo di energia mediante

induzione elettromagnetica al sistema diaccumulo.

4. Terza rotaia sezionata elettronicamente.5. Terza rotaia sezionata meccanicamente.

6. Propulsione mediante fuel cell.7. Accumulo di energia meccanica tramite vo-

lani.

Criteri di scelta dei sistemiNel caso della realizzazione di nuove infrastrut-ture, per la realizzazione di linee che prevedo-no lunghi tragitti, che si svolgono prevalente-mente in centri storici in cui non è mai passatoil tram ed in cui l’impatto estetico è molto rile-vante, la soluzione migliore è quasi semprequella di una infrastruttura fatta di impianti postial suolo, a livello di binario, che interagisconocon i sistemi di captazione posti bordo (Solu-zioni con impianti sia a bordo tram che a terra).Nel caso invece di tragitti molto brevi, al massi-mo di alcune centinaia di metri, che non preve-dano particolari criticità (quali, essenzialmente,forte pendenza oppure elevato numero di stop-and-go dovuto a fermate e/o semafori), è pos-sibile il ricorso a soli sistemi a bordo tram.Una interessante applicazione di questa tecno-logia potrebbe essere valutata per consentire ilpassaggio del tram davanti al Colosseo e apiazza Venezia, nella città di Roma. Questi si-stemi sono in grado di accumulare energia du-rante la marcia e/o sosta lungo la linea di con-tatto tradizionale, ed erogare in seguito l’ener-gia necessaria a superare il nuovo breve trattosenza linea di contatto.

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Le diverse soluzioni messe a punto daiprincipali costruttoriI diversi sistemi già realizzati dall’industria disettore sono pubblicizzati sui siti aziendali deicostruttori.Di seguito si riporta una breve rassegna:• ALSTOM produce il sistema APS, in eserci-

zio a Bordeaux dal 2003 e successivamen-te adottato in altre città; l’energia viene pre-levata da un terzo binario, con la terza ro-taia, nella sezione occupata dal veicolo.

• ANSALDOBREDA produce il sistemaTramWave, in esercizio sperimentale a Na-poli e di futura realizzazione in Cina, nellacittà di Zhuhai; l’alimentazione continua dienergia, nella sezione in cui c’è la presenzadi veicoli, avviene tramite conduttore anne-gato nel terreno.

• BOMBARDIER produce il sistema Primove,in esercizio sperimentale ad Augsburg dal2011; l’alimentazione continua di energia,nella sezione di linea in cui c’è la presenzadi veicoli, avviene tramite conduttore anne-gato nel terreno.

• SIEMENS produce il sistema Sitras HybridEnergy Storage (HES) che entrerà in funzio-ne presumibilmente nel 2015 per la metro-politana di Doha, ed effettua la ricarica du-rante le fermate.

• CAF propone il sistema Rapid Charge Ac-cumulator (ACR), in esercizio a Saragoza; iltram usa per la maggior parte della missio-ne la catenaria tradizionale, nel centro stori-co, invece, si muove in marcia autonomaed usa l’energia accumulata durante le fre-nate e, in aggiunta, può ricevere energia al-le fermate.

Non si dispone ancora di dati di costo di co-struzione e manutenzione a vita intera di siste-mi innovativi “catenary free” da poter parago-nare a quelli tradizionali.

Focus sull’applicazione di soluzioni innovativea sistemi di trasporto già in esercizioNei paesi in cui le risorse dedicate all’acquistodi nuovo materiale rotabile, come l’Italia, sonomolto scarse, quando si progetta lo sviluppo dinuove linee tram spesso ci si pone il problemadi come fare per poter utilizzare le flotte dei ro-tabili già esistenti, per consentirne una intensifi-cazione di utilizzo con maggiore integrazionedi servizio nei centri storici e nelle zone ad altoimpatto estetico.I sistemi di bordo necessari ad adeguare tramgià in esercizio su linee tradizionali per la mar-cia autonoma, sono ingombranti e pesanti, an-che nel caso di brevi percorrenze. La loro in-stallazione, per il peso e la dimensione di ac-cumulatori e super capacitori, richiede prelimi-nari verifiche strutturali che devono coinvolgereinevitabilmente il progettista del rotabile: la fat-tibilità e l’economicità della modifica non sonoaffatto scontate.Tutti i fornitori dichiarano infatti che il retrofit sutram esistenti, ovvero l’installazione dei suddet-ti apparati, è fattibile (ovviamente l’acquisto dinuovi tram, con tali sistemi nativi nella configu-razione base, garantirebbe una perfetta inte-grazione dei sistemi stessi).Resta però tutta da verificare la convenienza ri-spetto ai reali vincoli di esercizio, al reale statod’uso e vita residua attesa della flotta tram esi-stente.Inoltre occorre valutare le conseguenze che

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l’installazione di tali dispositivi può avere sullacapacità di trasporto dei mezzi la riduzione delnumero di passeggeri trasportabili a causa deiloro ingombri e del loro peso. Infatti:1. le dimensioni medie dei componenti si ag-

girano intorno a 2x1, 5x0, 5 mc. Tali notevolidimensioni, considerando che lo spazio sultetto è già praticamente tutto occupato daaltri impianti, rendono spesso necessarial’individuazione di uno spazio aggiuntivoadatto allo loro installazione all’interno delveicolo;

2. il peso aggiuntivo medio, dell’ordine di 1,5-2tonnellate, potrebbe richiedere, ai fini delmantenimento del carico per asse del vei-colo entro i limiti di progetto e di esercizio,di dover sacrificare ulteriore capacità di tra-sporto diminuendo il numero dei passeggeritrasportabili.

ConclusioniAd oggi non sono presenti, in Italia, dei signifi-cativi piani di finanziamento pubblico destinatiagli Esercenti per la diffusione di nuove tecno-logie nell’ambito del trasporto pubblico tram-viario.Il trend è quello di ottimizzare il servizio, intensifi-cando, nelle zone ad alta densità abitativa, l’uti-lizzo di flotte ed infrastrutture già esistenti, razio-nalizzando i servizi a scarsa frequentazione, alfine di renderlo economicamente sostenibile.Il trend di utilizzo dei sistemi “catenary free” potrà

avere uno sviluppo sempre maggiore nella misu-ra in cui si riuscirà a dimostrane la reale conve-nienza economica oltre che l’importanza per la ri-duzione dell’impatto architettonico e visivo.A tal fine, economie di scala e soluzioni tecni-che di nuova generazione dovranno:1. incrementare l’affidabilità;2. abbassare i costi unitari di fabbricazione,

messa in servizio;3. valorizzare i benefici indotti, non solo in ter-

mini di impatto estetico, ma anche in termi-ni di riduzione, per l’intera vita del sistematram, dei costi ricorrenti infrastrutturali e diesercizio per:• la mancanza di linea aerea di contatto;• i risparmi di energia generati dal recu-

pero di energia in frenata;• i risparmi generati dai minori costi di

manutenzioni fatte sui tram e sulla rete.Non appena saranno disponibili in letteraturadati consistenti delle esperienze degli operatoridi Francia e Spagna, che sono stati i primi adadottare queste tecnologie, sarà possibile ef-fettuare le prime approfondite analisi numeri-che di costi e benefici.Per la crescita del nostro Paese sarebbe impor-tante promuovere e stimolare, anche attraversogli Ordini Professionali, la creazione di gruppidi lavoro con i tecnici appartenenti ai diversisettori industriali, per monitorare e condivideretutti i dati e gli aspetti relativi ai nuovi e promet-tenti sistemi innovativi.

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Studio ABDR - Nuovo Parco della Musica (Firenze)

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Copyright © Moreno Maggi

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Tel. 06.487.93.11 - Fax: 06.487.931.223Cod.Fisc. 80201950583Orari di apertura al pubblico degli ufficiLunedì 09:30-12:30 14:30-17:30Martedì 09:30-12:30 14:30-17:30Mercoledì 09:30-12:30 14:30-17:30Giovedì 09:30-12:30 14:30-17:30Venerdì 09:30-12:30 chiusoSabato chiusoLa Segreteria dell’Ordine chiude alle 16.00

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