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Anno 2013 Numero 3 Marzo 2013 © 1995 - 2013 Commercialista Telematico®. È vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro presente su questo sito. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della L. 633/41 e pertanto perseguibile penalmente. In questo numero Il periodico di approfondimento del Commercialista Telematico ® a cura di Claudio Sabbatini

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Anno 2013 Numero 3 Marzo 2013

© 1995 - 2013 Commercialista Telematico®. È vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro presente su questo sito. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della L. 633/41 e pertanto perseguibile penalmente.

In questo numero

Il periodico di approfondimento

del Commercialista Telematico ®

a cura di Claudio Sabbatini

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Anno 2013 Numero 3 Marzo 2013

In questo numero

Il periodico di approfondimento

del Commercialista Telematico ®

a cura di Claudio Sabbatini

© 1995 - 2013 Commercialista Telematico®. È vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro presente su questo sito. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della L. 633/41 e pertanto perseguibile penalmente.

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IVA Ulteriore rinvio per lo “spesometro” dei gestori di carte di credito Comunicazione IVA, da parte degli operatori finanziari, delle operazioni il cui corrispettivo è pagato con strumenti elettronici: ulteriore proroga. L’art. 7, comma 2, lett. o), del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, ha escluso dalla comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA di importo non inferiore a 3.000 euro (c.d. “spesometro”) le operazioni, effettuate nei confronti di non soggetti passivi IVA, per le quali il pagamento dei corrispettivi è effettuato con carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione all’Anagrafe tributaria dei rapporti e delle operazioni con la clientela, a norma dell’art. 7, comma 6, del d.P.R. n. 605 del 1973. In seguito, l’art. 23, comma 41, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, ha previsto per gli operatori finanziari emittenti i suddetti strumenti elettronici di pagamento l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni in questione di ammontare pari o superiore a 3.600 euro. Con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 185905 del 29 dicembre 2011 sono stati stabiliti le modalità e il termine di presentazione della comunicazione. Il provvedimento aveva fissato al 30 aprile 2012 il termine ultimo per inviare telematicamente la prima comunicazione – contenente i dati relativi alle operazioni rilevate nel periodo compreso tra il 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 98 del 2011, istitutivo di tale obbligo) e il 31 dicembre dello stesso anno – utilizzando il tracciato approvato con lo stesso provvedimento. Successivamente, il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 56565 del 13 aprile 2012 aveva soppresso il tracciato approvato con il provvedimento del 29 dicembre 2011 e differito, al 15 ottobre 2012, il predetto termine del 30 aprile 2012; il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 143439 dell’11 ottobre 2012 aveva, poi, ancora differito tale termine del 15 ottobre 2012 al 31 gennaio 2013. Con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 31 gennaio 2013 il suddetto termine del 31 gennaio 2013 è stato, ora, ulteriormente prorogato al 3 luglio 2013, per consentire ai soggetti obbligati di predisporre i necessari adeguamenti tecnici per uniformarsi alle nuove specifiche tecniche, da utilizzare per la comunicazione in parola, ancora in corso di elaborazione, le quali, una volta approvate, saranno pubblicate sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate. I motivi dell’ulteriore proroga: secondo le Entrate, per assolvere a tale adempimento, sono risultati necessari maggiori tempi tecnici per l’adeguamento dei sistemi informativi degli operatori finanziari e dell’Agenzia stessa. Viene poi precisato che il differimento riguarda solo la comunicazione delle operazioni rilevate a partire dal 6 luglio 2011 di importo pari o superiore a Euro 3.600 il cui pagamento sia stato effettuato mediante carte di credito, di debito o prepagate. Agenzia delle Entrate, Provvedimento del 31 gennaio 2013 Assonime, nota del 04 febbraio 2013

IMPOSTE DIRETTE

Sisma del maggio 2012: approvazione dei bilanci al 30 settembre 2013 Posticipato al 30 settembre 2013 il termine per l’approvazione dei bilanci relativi all’esercizio 2012 delle società di capitali che hanno subito danni dal sisma del maggio 2012. Lo dispone la delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2013 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 04 febbraio 2013.

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Normativa

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In particolare, l’art. 1 stabilisce (in deroga a quanto stabilito dagli artt. 2364, comma 2, e 2478-bis, comma 1 c.c.) che il termine per la convocazione dell’assemblea dei soci per l’approvazione dei bilanci relativi all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2012 delle società di capitali che hanno subito danni dal sisma, é fissato al 30 settembre 2013. Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2013, Delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2013

Ecoincentivi auto È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 36 del 12 febbraio 2013 il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 11 gennaio 2013, attuativo dell’art. 17-decies, D.L. n. 83/2012, rubricato “Incentivi per l'acquisto di veicoli”. Il Decreto disciplina i c.d. ecoincentivi per il triennio 2013-2015: il bonus per l’acquisto (anche in leasing) di autoveicoli a basse emissioni è concesso previa rottamazione di un mezzo della medesima categoria, posseduto da almeno 12 mesi e immatricolato da almeno 10 anni prima della data di acquisto del nuovo veicolo. La data di avvio delle prenotazioni e l’esaurimento delle risorse messe a disposizione saranno comunicate sul sito www.mise.gov.it. Decorrono dal 14 marzo gli incentivi per l’acquisto di auto ecologiche: Veicoli elettici, ibridi, a metano, a biometano, a Gpl, a biocombustibile e a idrogeno per i quali sono stati previsti 120 milioni di euro per il triennio 2013-2015. Sono interessati i mezzi che rispettano il tetto massimo di 120 g/Km di emissioni di Co2. Il D.M. 11 gennaio 2013 è divenuto operativo con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 12 febbraio 2013, ma le immatricolazioni saranno possibili dal 30° giorno successivo all’entrata in vigore del decreto attuativo, ovvero dal 14 marzo. Requisiti per imprese e privati Le imprese possono beneficiare degli incentivi per l’acquisto di veicoli “ecologici”, dietro rottamazione di un veicolo della stessa categoria, se questi sono destinati “ad uso di terzi” o se vengono utilizzati esclusivamente come bene strumentale per l’attività d’impresa. Nello specifico, per veicolo destinato “ad uso di terzi” s’intende il veicolo utilizzato, dietro corrispettivo, nell’interesse di persone diverse dall’intestatario della carta di circolazione. L’uso di terzi comprende: - La locazione senza conducente; il servizio di noleggio con conducente e servizio di piazza (taxi) per trasporto di persone; - il servizio di linea di trasporto di persone; - il servizio di trasporto di cose per conto terzi; - il servizio di linea per il trasporto di cose; il servizio di piazza per trasporto di cose per conto terzi. I privati cittadini invece, possono fruire dei contributi anche senza rottamazione di un veicolo, purché il nuovo veicolo abbia emissioni non superiori a 95 g/km. Possono, altresì, beneficiare degli incentivi per l’acquisto di veicoli ecologici i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione purché utilizzino il veicolo esclusivamente come bene strumentale nell’attività propria secondo quanto indicato dall’art. 164 del Tuir. Bonus per mezzi nuovi I contributi spettano soltanto per i veicoli “nuovi”, intesi come veicoli non già immatricolati; sono, quindi, esclusi i veicoli “a Km zero”.

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Inoltre, possono essere oggetto del beneficio i veicoli acquistati e immatricolati a partire dal 14 marzo 2013 e fino al 31 dicembre 2015. Entità del contributo Il contributo è ripartito in parti uguali tra uno sconto concesso dal venditore e il contributo statale (corrisposto direttamente dal venditore mediante compensazione con il prezzo di acquisto). I rivenditori recuperano l'importo concesso dallo Stato e da loro anticipato sotto forma di credito d'imposta, da utilizzare in compensazione, per i versamenti di ritenute IRPEF operate in qualità di sostituto d'imposta sui redditi da lavoro dipendente, IRES, IVA dovuti, anche in acconto, per l'esercizio in cui viene richiesto al PRA l’0riginale del certificato di proprietà e per i successivi. Richiesta La richiesta di attribuzione del credito d'imposta va effettuata registrandosi al sito internet www.bec.mise.gov.it nella sezione riservata ai rivenditori. L’avvio delle imma-tricolazioni di veicoli a basse emissioni potrà avvenire dal 14 marzo 2013 (30° giorno successivo alla entrata in vigore del decreto). Contributo spettante Il contributo ammonta ad una percentuale del prezzo di acquisto, con un tetto massimo variabile, tra 1.800 euro e 5.000 euro, in base al "grado ecolog-ico" del veicolo, come indicato in tabella.

Gazzetta Ufficiale n. 36 del 12 febbraio 2013, Decreto MSE 11 gennaio 2013 La Russia fuori dalla white list La Russa fuori dalla white list antiriciclaggio. Confermata invece la Svizzera nell’elenco dei paesi cd. equivalenti ai fini della normativa antiriciclaggio che il ministero dell’Economia pubblica annualmente come richiesto dalle direttive in materia di antiriciclaggio. Nel decreto del 1° febbraio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 37 del 13 febbraio 2013, dunque l’elenco perde un paese, la Russia, assottigliandosi a 12 paesi invece dei 13 dell’ultimo elenco, pubblicato il 5 ottobre 2011, con il decreto del 28 settembre 2011. I paesi considerati dallo stato italiano equivalenti e cioè che hanno adottato misure ai fini antiriciclaggio compatibili con le regole interne sono: Australia, Brasile, Canada, Hong Kong, India, Giappone, Repubblica di Corea, Messico, Singapore, Stati Uniti d'America, Repubblica del Sudafrica e Svizzera. L’elenco include altresì i seguenti territori: Mayotte; Nuova Caledonia; Polinesia francese; Saint-Pierre e Miquelon; Wallis e Futuna; Aruba; Curacao; Sint Maarten; Bonaire; Sint Eustatius; Saba. Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2013, Decreto del 1° febbraio 2013

2013 2014 2015

Emissioni CO2 non superiori a % prezzo di

acquisto Fino a

% prezzo di acquisto

Fino a % prezzo di

acquisto Fino a

50 g/km 20% 5.000 € 20% 5.000 € 15% 3.500 €

95 g/km 4.000 € 4.000 € 3.000 €

120 g/km 2.000 € 2.000 € 1.800 €

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Approvato il modello “Consolidato nazionale e mondiale 2013”, con le relative istruzioniù Un Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate n. 13133 del 31 gennaio 2013 ha approvato il modello “Consolidato nazionale e mondiale 2013”, con le relative istruzioni, da presentare nell’anno 2013 ai fini della dichiarazione dei soggetti ammessi alla tassazione di gruppo di imprese controllate residenti nonché dei soggetti ammessi alla determinazione dell’unica base imponibile per il gruppo di imprese non residenti. In particolare, i soggetti ammessi alla tassazione di gruppo di imprese controllate residenti (“consolidato nazionale”) dovranno compilare, oltre al frontespizio, i quadri NF, NX, NI, NR, NE, NC, CC, CN, CK e CS; i soggetti ammessi alla determinazione dell’unica base imponibile per il gruppo di imprese non residenti (“consolidato mondiale”) dovranno utilizzare, oltre al frontespizio, i quadri MF, MX, MR, ME, MC, CC, CN, CK e CS. Inoltre, il presente provvedimento dispone le modalità di presentazione e di compilazione del predetto modello, la reperibilità e l’autorizzazione alla stampa. La presentazione, che deve essere effettuata esclusivamente in via telematica, direttamente ovvero tramite un soggetto incaricato, avviene in base alle specifiche tecniche da approvare con un successivo provvedimento. Riguardo alle modalità di compilazione, nel modello “Consolidato nazionale e mondiale” gli importi devono essere indicati con arrotondamento all’unità di euro per eccesso se la frazione decimale è uguale o superiore a 50 centesimi, o per difetto se la stessa frazione è inferiore a detto limite, secondo le regole matematiche stabilite dalla disciplina comunitaria in materia e dal decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213. Viene stabilito, infine, che il suddetto modello è disponibile gratuitamente in formato elettronico sui siti internet dell’Amministrazione finanziaria e ne viene autorizzata la stampa, con la definizione delle relative caratteristiche tecniche e grafiche. Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate n. 13133 del 31 gennaio 2013 Approvato il modello di dichiarazione “Unico 2013–SP”, con le relative istruzioni Un Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate n. 13141 del 31 gennaio 2013 ha approvato il modello di dichiarazione “Unico 2013–SP”, con le relative istruzioni, da presentare nell’anno 2013 da parte delle società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate. Sono altresì approvati i modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione dei parametri, con le relative istruzioni, da presentare per il periodo d’imposta 2012, nonché la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indicatori di normalità economica per il periodo d’imposta 2012, di cui all’articolo 1, comma 19, primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Riguardo alle modalità di compilazione, nel modello “Unico 2013 – SP” gli importi devono essere indicati con arrotondamento all’unità di euro per eccesso se la frazione decimale è uguale o superiore a 50 centesimi, o per difetto se la stessa frazione è inferiore a detto limite, secondo le regole matematiche stabilite dalla disciplina comunitaria in materia e dal decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213. Con lo stesso provvedimento viene, inoltre, disciplinata la reperibilità dei predetti modelli di dichiarazione e viene autorizzata la stampa definendo le relative caratteristiche tecniche e grafiche. Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate n. 13141 del 31 gennaio 2013

Dichiarazioni dei redditi, online tutti i modelli definitivi per il 2013: arrivati Unico Pf, Mini, Sp, Sc, Enc e i modelli Cnm e Irap Sono ormai pronti tutti i modelli dichiarativi del 2013, disponibili in versione definitiva sul sito dell’Agenzia delle Entrate, www.agenziaentrate.it.

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Dal 01 febbraio 2013 sono online Unico Persone fisiche, Mini, Enti non commerciali, Società di persone e Società di capitali e i modelli Consolidato nazionale e mondiale e Irap. Questi modelli con i relativi provvedimenti di approvazione completano il quadro delle dichiarazioni 2013, aggiungendosi ai modelli Cud, 770, Iva e 730, già online nella loro versione finale. La mappa delle principali novità per il 2013 - Unico Pf – Tra le new entry del modello, il bonus per le ristrutturazioni edilizie che passa dal 36% al 50% per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 30 giugno 2013. Inoltre, prende il via il regime semplificato per i nuovi imprenditori, artigiani e professionisti, che prevede la riduzione dell’imposta sostitutiva dal 20% al 5%. - Unico Società di persone – Dal 2013, i soggetti che non presentano dichiarazione Iva in via autonoma, possono chiedere il rimborso dell’eventuale Imposta sul valore aggiunto a credito in una nuova sezione ad hoc del quadro “RX” del modello. - Unico Società di capitali – Passano da 25 a 6 le sezioni del quadro “RU” dedicato ai crediti d’imposta concessi alle imprese. Tra le novità della dichiarazione per le società di capitali trova spazio anche la deduzione dal reddito, ai fini Ires, della quota di Irap relativa alle spese per il personale dipendente e assimilato. - Unico Enti non commerciali – Nel quadro “RB” trova spazio la nuova disciplina di tassazione degli immobili riconosciuti di interesse storico e artistico per i quali si fa riferimento alla rendita catastale ridotta del 50% e non più alla minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato l’immobile. - Modello Irap – Tra le novità più rilevanti, l’incremento, da 4.600 a 10.600 euro, delle deduzioni in favore delle imprese che assumono a tempo indeterminato lavoratrici e under 35. La deduzione diventa “maxi”, con aumento da 9.200 a 15.200, per le assunzioni in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Agenzia delle entrate, comunicato n. 12 del 01 febbraio 2013

Donazioni fatte a favore della Chiesa apostolica in Italia Stabilite le modalità per la deduzione delle erogazioni liberali versate a favore della Chiesa apostolica in Italia. E’ stato, infatti, pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 43 del 20 febbraio 2013, Decreto del 1 febbraio 2013 - Min. Economia e Finanze. Viene disposto che le erogazioni liberali in denaro versate a decorrere dall’1 gennaio 2012 dalle persone fisiche a favore della Chiesa apostolica in Italia, nonché degli enti e opere da essa controllati, per fini di culto, istruzione, assistenza e beneficenza debbono risultare, ai fini della loro deduzione dal reddito complessivo fino all’importo di euro 1.032,91, dai seguenti documenti: a) attestazione o ricevuta di versamento in conto corrente postale intestato alla Chiesa apostolica in Italia, contenente la causale dell’erogazione liberale; b) ricevuta rilasciata dall’azienda di credito al cliente attestante l’avvenuto accreditamento dell’importo dell’erogazione liberale, per detta causale, sul conto corrente bancario o postale intestato alla Chiesa apostolica in Italia, in caso di effettuazione dell'erogazione mediante bonifico bancario o postale, ovvero mediante altri mezzi di pagamento bancario o postale; c) in caso di effettuazione dell’erogazione con assegno bancario, quietanza liberatoria rilasciata a nome della Chiesa apostolica in Italia su appositi stampati predisposti e numerati da detta Chiesa e contenente: il numero progressivo della quietanza; cognome, nome e comune di residenza del donante; l'importo dell'erogazione liberale; la causale dell'erogazione liberale. La quietanza può essere rilasciata e sottoscritta, oltre che dal legale

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rappresentante della Chiesa apostolica in Italia, anche da altri soggetti incaricati dalla Chiesa medesima. I Donatori, al fine di potersi avvalere del beneficio fiscale) dovranno conservare ed esibire, a richiesta degli uffici finanziari entro i consueti termini di prescrizione tributaria (art. 43 del D.P.R. n. 600/1973), i documenti comprovanti le erogazioni liberali effettuate. Gazzetta Ufficiale n. 43 del 20 febbraio 2013, Decreto MEF del 1 febbraio 2013

ALTRE IMPOSTE INDIRETTE Atti soggetti a bollo virtuale: dichiarazione prorogata al 31 marzo 2013 Prorogato il termine di presentazione della dichiarazione degli atti e documenti soggetti ad imposta di bollo assolta in modo virtuale. Il DPCM del 21 gennaio 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 26 del 31 gennaio 2013, in relazione ai soggetti individuati dall’art. 15-bis del D.P.R. n. 642/1972, ha prorogato il termine di presentazione della dichiarazione degli atti e documenti soggetti ad imposta di bollo assolta in modo virtuale, riferita all’anno 2012, fino al 31 marzo 2013. In sede di liquidazione definitiva dell’imposta dovuta, gli uffici applicano sulle differenze di imposta da versare a titolo di conguaglio annuale a debito dovuto per l’anno 2012 la maggiorazione di cui all’art. 12, comma 5, del D.Lgs. n. 241/1997, a decorrere dal 1° marzo 2013 e fino alla data di effettivo pagamento del saldo dovuto per l’anno 2012. Ferme restando le scadenze bimestrali, limitatamente all’anno 2013, l’obbligo di pagamento alla prima scadenza bimestrale è assolto con il versamento dell’importo corrispondente alla rata dell’imposta riferibile al primo bimestre dell’anno solare 2012 o, in mancanza, pari ad un sesto dell'imposta dovuta sugli atti e documenti che si presume verranno emessi durante l’anno. La rata così determinata deve essere evidenziata nella dichiarazione annuale prorogata, allegando la quietanza di versamento della relativa imposta. L’importo della prima rata bimestrale deve essere rideterminato a seguito della presentazione della dichiarazione annuale. La differenza tra l’importo determinato in via provvisoria della rata bimestrale versata e l'importo riliquidato a seguito della presentazione della dichiarazione deve essere imputata a debito o a credito della rata successiva alla liquidazione delle rate bimestrali di pari importo effettuata dall’Ufficio dell'Agenzia delle Entrate. DPCM del 21 gennaio 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 26 del 31 gennaio In G.U. il Decreto sulla Tobin tax Pubblicato il Decreto del Ministero dell’Economia 21 febbraio 2013, attuativo della tassa sulle transazioni finanziarie. Verrà applicata la tariffa su quanto investito. Gli intermediari finanziari potranno avvalersi della collaborazione delle società di gestione accentrata per calcolare l’imposta e l’aiuto potrà spingersi anche fino all’assolvimento degli obblighi dichiarativi. Per i prodotti ibridi, che risultano da un mix tra prodotti tassati e prodotti esclusi, l’attività finanziaria verrà tassata solo se la componente colpita dall’imposta è superiore al 50%. Escluse le azioni emesse da società con sede legale all’estero pur essendo quotate sul mercato italiano. Il decreto attuativo stabilisce che si considerano fiscalmente residenti e quindi colpite dall’imposta le società con sede legale nello stato italiano. Decreto del Ministero dell’Economia 21 febbraio 2013

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VARIE Quote di genere: pubblicato in G.U. regolamento per le società non quotate controllate da pubbliche amministrazioni E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2013, il regolamento sulla parità di genere negli organi di amministrazione e controllo delle società italiane non quotate su mercati regolamentati, controllate ai sensi dell’art. 2359 comma 1 e 2 c.c., da pubbliche amministrazioni (si intendono quelle indicate dall’art. 1 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165). Lo ha comunicato Assonime con una nota del 29 gennaio 2013. Il regolamento ha ricevuto il parere favorevole del Consiglio di Stato ed è stato adottato nell’esercizio della delega contenuta nella Legge n. 120/2011 (art. 3) che già dall’agosto scorso dispone la presenza del genere meno rappresentato negli organi di amministrazione e controllo delle società quotate. In forza del regolamento, gli statuti delle società non quotate, che rientrano nel perimetro applicativo prima indicato, devono consentire che la nomina degli organi di amministrazione e controllo sia effettuata in modo che almeno un terzo dei relativi componenti sia riservato al genere meno rappresentato. Analogamente a quanto stabilito dalla Legge n. 120/2011 per le società quotate, il rapporto di genere deve essere mantenuto per tre mandati e risultare pari ad almeno un quinto nel primo mandato e ad almeno un terzo nei residui due. Il decreto chiarisce che rapporto di genere deve essere rispettato nel caso in cui l’organo di amministrazione e controllo sia a composizione collegiale e ricorrere, non solo in fase di nomina, ma per tutta la durata del mandato. Le società assicurano il rispetto della composizione degli organi sociali a partire dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente regolamento, fissata per il 12 febbraio 2013. Il monitoraggio e la vigilanza sull’effettiva applicazione del regolamento sono demandate al Presidente del Consiglio dei Ministri o al Ministro delegato per le pari opportunità. Nel caso in cui venga accertato il mancato rispetto delle quote, il Presidente o il Ministro delegato diffidano la società a ripristinare l’equilibrio tra i generi entro il termine di 60 giorni. In caso di inottemperanza alla diffida, è prevista la fissazione di un nuovo termine di 60 giorni, decorso inutilmente il quale, i componenti dell’organo sociale interessato decadono dalla carica. Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2013 Valutazione standard da giugno Il Ministero del Lavoro, con la nota n. 2583 del 31 gennaio 2013, ha fornito importanti chiarimenti in relazione al termine ultimo, entro il quale è ancora consentito l’esercizio della facoltà di autocertificare la valutazione dei rischi (DVR) da parte dei datori di lavoro che occupano fino a 10 dipendenti. In particolare, il Ministero ha fissato al 31 maggio 2013 il predetto termine. Pertanto, dal 1° giugno 2013 anche i datori di lavoro in esame dovranno provvedere a redigere il documento di valutazione dei rischi secondo le procedure standardizzate definite con il Decreto 30 novembre 2012. La procedura interessa le piccole aziende, ossia i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori, mentre è adottabile da quelle che ne occupano oltre e fino a 50. Ministero del Lavoro, nota n. 2583 del 31 gennaio 2013 Bonus bebè per le mamme lavoratrici: Decreto in G.U. In Gazzetta un Decreto del Ministro del lavoro: Contributo da 300 al mese per asilo nido o babysitter. Via libera al bonus bebè per le mamme lavoratrici. Per facilitare il rientro al lavoro dopo la maternità obbligatoria, lo Stato contribuirà con 300 euro al mese alle spese dell'asilo nido o a quelle sostenute per la

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babysitter, ma la mamma dovrà rinunciare, per ogni mese di incentivo, al corrispondente periodo di astensione facoltativa. Arriva anche il congedo obbligatorio per i papà dipendenti, che entro il quinto mese di vita del figlio potranno stare accanto al proprio figlio per un giorno, con la garanzia della retribuzione al 100%. Due giorni di congedo obbligatorio, sempre pagati al 100%, potranno essere poi goduti a condizione che la madre rinunci a due giorni del proprio congedo. È quanto prevede il Decreto del Ministro del lavoro del 22 dicembre 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2013. Per usufruire dei congedi il padre deve comunicare per iscritto al datore di lavoro i giorni in cui intende fruirne, con un anticipo non minore di 15 giorni, ove possibile in relazione all'evento nascita, sulla base della data presunta del parto. Nel caso di congedo facoltativo, il padre deve allegare alla richiesta una dichiarazione della madre di non fruizione del congedo di maternità a lei spettante per un numero di giorni equivalente a quello fruito dal padre, con conseguente riduzione del congedo medesimo. I congedi non possono essere frazionati a ore. Per quanto riguarda invece il nuovo bonus bebè, la madre lavoratrice, al termine del periodo di congedo di maternità e negli undici mesi successivi, può richiedere, in luogo del congedo parentale, un contributo utilizzabile alternativamente per il servizio di babysitting o per far fronte agli oneri dell'asilo nido. Il bonus è pari a un importo di 300 euro mensili, per un massimo di sei mesi, in base alla richiesta della lavoratrice interessata. Il contributo per la babysitter sarà erogato col sistema dei buoni lavoro, mentre quello per l’asilo nido consisterà in un pagamento diretto alla struttura prescelta tra quelle accreditate e ricomprese in un apposito elenco che sarà istituito dall’Inps, fino a concorrenza dell'importo di 300 euro. Il bonus sarà riproporzionato per le lavoratrici part-time, mentre per le mamme iscritte alla gestione separata sarà concesso per un massimo di tre mesi. Per ottenere il bonus bisognerà fare domanda all'Inps col sistema del click day, indicando per quale tipologia di beneficio si intende concorrere. La graduatoria delle aventi diritto sarà stilata sulla base della situazione economica delle richiedenti, risultante dalle dichiarazioni Isee. La graduatoria sarà unica e su base nazionale. A disposizione lo stato mette 60 mln di euro, 20 per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015. Dal canto suo, l’Inps monitorerà l’andamento della spesa anche al fine di una eventuale revisione dei criteri di accesso e delle modalità di utilizzo del beneficio per gli anni di sperimentazione successivi al primo. Gazzetta Ufficiale n. 37 del 13 febbraio 2013, Decreto del Ministro del lavoro del 22 dicembre 2012 Rivalutato l’assegno per il nucleo familiare numeroso e quello di maternità L’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, da applicarsi per l’anno 2013, in relazione all’assegno al nucleo familiare numeroso e all’assegno di maternità è stato pari al 3%, pertanto, per tale anno i valori: • dell’assegno mensile per il nucleo familiare (se spettante nella misura intera) è pari a euro 139,49;

l’indicatore della situazione economica, con riferimento a nuclei familiari composti da cinque componenti, è pari a euro 25.108,71;

• dell’assegno mensile di maternità è pari a euro 334,53. L’indicatore della situazione economica per nuclei familiari composti da tre componenti è pari a euro 34,873,24.

Comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche della famiglia, pubblicato sulla G.U. n. 43 del 20 febbraio 2013

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Incarico di revisione e risoluzione consensuale dell’incarico, nonché sezione dei revisori inattivi Stabilite le regole per la cessazione dell’incarico di revisione: é ammissibile la risoluzione consensuale dell'incarico In attuazione di quanto disposto dal D.Lgs. n. 39/2010, relativo alla revisione legale dei conti annuali e consolidati, é stato pubblicato, sulla G.U. n. 43 del 20 febbraio 2013, il Decreto 28 dicembre 2012 riguardante le modalità di cessazione dell’incarico di revisione. In particolare, il citato Decreto regola i casi e le modalità di revoca, dimissioni e risoluzione consensuale dell’incarico di revisione legale, in attuazione dell’art. 13, comma 4, del D.Lgs. n. 39/2010. Revoca dell’incarico L’incarico, affidato sia a revisori persone fisiche, sia a società di revisione, può essere revocato esclusivamente “per giusta causa” (le divergenze di opinioni in merito ad un trattamento contabile o a procedure di revisione non configurano tale ipotesi). In presenza di giusta causa, l’organo amministrativo deve annunciare per iscritto al soggetto incaricato della revisione legale la presentazione all’assemblea della proposta di revoca per tale ipotesi, specificandone le motivazioni. Peraltro, costituiscono giusta causa di revoca: - Il cambio del soggetto che, ai sensi dell’art. 2359 c.c., eserciti il controllo della società assoggettata a revisione, salvo che il trasferimento sia avvenuto nell’ambito del medesimo gruppo; - il cambio del revisore del gruppo cui appartiene la società assoggettata a revisione, nell’ipotesi in cui la continuazione dell’incarico sia ostativa all’acquisizione di elementi probativi appropriati e sufficienti per la formulazione di un giudizio sul bilancio consolidato; - il verificarsi di cambiamenti all’interno del gruppo cui appartiene la società assoggettata a revisione tali da impedire il conseguimento dell’incarico di revisione; - la sopravvenuta inidoneità del revisore, a causa di insufficienza di mezzi o di risorse; - il riallineamento della durata dell’incarico a quello della società capogruppo dell’ente di interesse pubblico appartenente al medesimo gruppo; - il verificarsi di gravi inadempimenti del revisore; - l’acquisizione o la perdita della qualificazione di ente di interesse pubblico; - la sopravvenuta compromissione dell’indipendenza del soggetto incaricato della revisione; - la sopravvenuta insussistenza dell’obbligo di revisione legale. Costituiscono infine ipotesi di giusta causa di revoca dell’incarico “i fatti di rilevanza”, dei quali è necessario fornire adeguata motivazione, che comportino l’impossibilità di prosecuzione del contratto di revisione, anche in considerazione delle finalità dell’attività stessa. E’ fatto divieto di previsione di clausole che escludano o limitino la possibilità di revocare l’incarico per giusta causa. Dimissioni dall’incarico di revisione Le circostanze idonee a motivare le dimissioni devono risultare tali da rendere impossibile la prosecuzione del contratto di revisione, tenuto conto delle finalità dell’attività. Le dimissioni, in ogni caso, devono essere formulate secondo i tempi e con modalità idonee a consentire alla società interessata di provvedere all’affidamento di un nuovo incarico.

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Risoluzione consensuale dell’incarico Infine, vengono disciplinate le ipotesi di risoluzione consensuale dell’incarico, nonché le modalità di comunicazione degli eventi di cessazione degli incarichi, con la previsione di una disciplina diversificata per gli enti di interesse pubblico. Entrata in vigore L’entrata in vigore del regolamento è prevista per il 7 marzo 2013. Revisori inattivi ed obbligo formativo Infine, sulla medesima Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato anche il D.M. n. 16 del 8 gennaio 2013 relativo alla gestione della “Sezione dei revisori inattivi” e alle condizioni per la partecipazione dei revisori inattivi a un corso di formazione e aggiornamento, ai sensi dell’art. 8 del DLgs. n. 39/2010. Sono iscritti d’ufficio nella Sezione inattivi: - i soggetti iscritti nel Registro dei revisori legali che non hanno assunto incarichi di revisione legale per tre anni consecutivi; - i soggetti iscritti nel Registro che non hanno collaborato a un’attività di revisione legale in una società di revisione legale di cui all’art. 1, comma 1, lett. q) del DLgs. 39/2010, per tre anni consecutivi. Inoltre, sono iscritti nella Sezione i soggetti iscritti che ne fanno richiesta al MEF, anche prima del decorrere dei tre anni per l’iscrizione d’ufficio, sentito il parere della Commissione istituita ai sensi dell’art. 42, comma 2 del DLgs. 39/2010, previa presentazione di una dichiarazione nella quale il revisore attesti di non avere in corso incarichi di revisione. Il MEF, sentito il parere della Commissione, dispone l’accoglimento o il rigetto dell’istanza entro 90 giorni dal ricevimento. Il revisore iscritto nella Sezione inattivi, salvo che abbia partecipato volontariamente a programmi di aggiornamento professionale (art. 5, comma 1 del DLgs. 39/2010), per assumere nuovi incarichi di revisione dovrà suo malgrado partecipare ad un corso di formazione e aggiornamento, per acquisire o mantenere le conoscenze teoriche e le competenze professionali necessarie. Il revisore che partecipa al suddetto programma di formazione dovrà pagare il contributo annuale per la formazione (l’importo verrà stabilito con decreto del MEF). (Gazzetta Ufficiale n. 43 del 20 febbraio 2013, Decreto 28 dicembre 2012 e D.M. 16 del 8 gennaio 2013) In G.U. i nuovi requisiti tecnici per bonifici e addebiti E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 45 del 22 febbraio 2013 il provvedimento della Banca d’Italia (attuativo del Regolamento UE n. 260/2012) che ha stabilito i requisiti tecnici e commerciali per i bonifici e gli addebiti diretti in euro, modificando il precedente Regolamento n. 924/2009, al fine di creare l’area unica dei pagamenti in euro (c.d. SEPA), volta a sviluppare i servizi di pagamento comuni a tutta l’UE, in sostituzione degli attuali servizi di pagamento nazionali. I gestori dei sistemi di pagamento al dettaglio, dovranno rendere noti, attraverso i rispettivi siti internet, i collegamenti attivati con gli altri sistemi di pagamento al dettaglio operanti all’interno dell’UE, volti ad agevolare la raggiungibilità dei prestatori di servizi di pagamento, i quali, a loro volta, dovranno proporre alla propria clientela, se necessario e comunque entro il prossimo 1° maggio 2013, le modifiche delle condizioni contrattuali connesse con l’esecuzione dei bonifici e degli addebiti diretti in conformità con i requisiti del suddetto Regolamento n. 260/2012. Gazzetta Ufficiale n. 45 del 22 febbraio 2013, provvedimento della Banca d’Italia

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IVA Detrazione spese auto a tutto campo Ai fini Iva, se il contribuente riesce a dimostrare che l’autovettura viene utilizzata nell’attività della propria attività allora può detrarre l’Iva in misura piena (100%) e non solo nella misura del 40%. Quello che conta è la sussistenza del concetto dell’inerenza del bene all’attività aziendale/professionale. A tale conclusione si giunge dopo la lettura del parere della Direzione regionale delle entrate della Toscana (protocollo 911-4942/2013) in risposta a uno specifico quesito formulato dall’Odcec di Pistoia. Nel quesito era stata prospettata l’ipotesi del professionista che utilizza due autovetture per l’espletamento della propria attività, chiedendo se la deducibilità fosse ammessa anche per il secondo veicolo e se l’Iva relativa fosse in tutto o in parte indetraibile. Parrebbe, quindi, che in presenza di due auto, se una delle due è totalmente utilizzata nell’esercizio della propria attività si possa fruire della detrazione integrale. Tuttavia, è comunque il professionista/imprenditore che poi deve riuscire a dimostrare ciò. Come è noto ai fini Iva, l’art. 19-bis1, lett. c) del D.P.R. 633/1972 dispone che l’imposta relativa all’acquisto o all'importazione di veicoli stradali a motore, diversi da quelli di cui alla lett. f) della tabella B, e dei relativi componenti e ricambi, è detraibile nella misura del 40% se tali veicoli non sono utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell'impresa, dell’arte o della professione, Viceversa, ai fini delle imposte sui redditi la deduzione è pressoché quasi azzerata (ciò esclusivamente per esigenze di cassa erariale). Infatti, eccettuati i casi di completa deducibilità e detrazione per i beni interamente strumentali, per le imposte dirette (art. 164 del Tuir), per i professionisti (il tetto massimo di riconoscimento fiscale del costo è pari a € 18.076) dal 2013, la deducibilità è ridotta al 20% per un solo automezzo (ovvero per un veicolo per singolo socio o associato, nel caso di associazione professionale). Parere della Direzione regionale delle entrate della Toscana (protocollo 911-4942/2013 Nuovo regime dei consorzi per l’internazionalizzazione delle imprese Assonime con la circolare n. 5 del 14 febbraio 2013 commenta la disposizione contenuta nell’art. 42 del Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito dalla Legge n. 44 del 2012, che istituisce i nuovi “consorzi per l’internazionalizzazione”, aventi ad oggetto la diffusione internazionale dei prodotti e dei servizi delle piccole e medie imprese consorziate, e ne disciplina le modalità di costituzione, i contenuti dell’attività istituzionale e i profili tributari. In particolare, esamina la specifica norma di carattere agevolativo prevista agli effetti dell’IVA e delle imposte sui redditi. Assonime, circolare n. 5 del 14 febbraio 2013

Iva per cassa: la cessione dei crediti non rileva ai fini dell’esigibilità Tra i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013, di particolare evidenza anche quello relativo al regime dell’Iva per cassa (art. 32-bis del D.L. n. 83/2012) riguardante la cessione di crediti: Pro solvendo o pro soluto, peraltro, tipologia di operazione che non determina l’esigibilità dell’imposta, poiché l’incasso del prezzo di cessione del credito non è assimilabile al pagamento del corrispettivo

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Prassi

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delle operazioni originarie. Si pagherà l’Iva, dunque, soltanto quando il debitore ceduto pagherà effettivamente la somma al cessionario del credito. Chi ha ceduto il credito, quindi, non dovrà perdere di vista il concludersi dell’operazione originaria, perché in quel momento dovrà includere l’imposta nella relativa liquidazione periodica. Tuttavia, a libera scelta, si può decidere di evitare l’onere senza incorrere in sanzioni, inserendo l’Iva relativa all’operazione originaria nella liquidazione del periodo in cui è avvenuta la cessione del credito. Un’altra data da non perdere di vista è quella in cui un pagamento finisce sul conto bancario del cedente o del prestatore di servizi (soggetto passivo d’imposta) e la somma può essere effettivamente utilizzata: Il momento rilevante ai fini dell’esigibilità dell’Iva è, infatti, proprio quello della “data disponibile”, a prescindere dalla sua formale conoscenza che può avvenire, ad es., tramite il documento contabile inviato dall’istituto di credito. Un’ulteriore precisazione in materia di Iva per cassa riguarda le note di variazioni. Per quelle in aumento emesse dopo che sia decorso un anno dall’effettuazione dell’operazione, l’imposta andrà computata nella prima liquidazione utile. Stessa conclusione per le variazioni in diminuzione che intervengono dopo che l’imposta è diventata esigibile. Infine, la presenza di operazioni non ammesse al regime di cassa (ad es., cessioni all’esportazione e intracomunitarie, prestazioni di servizi internazionali) preclude la possibilità di applicarlo anche alle transazioni che, in teoria, non ne sarebbero escluse: il regime guarda all’intera attività del contribuente, “all’insieme delle operazioni attive e passive” da lui effettuate e non alla singola cessione. Per saltare l’ostacolo non è sufficiente una contabilità separata, occorre che si tratti proprio di attività separate (art. 36 del Dpr 633/1972). Agenzia delle entrate, circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013 Scheda carburante o carta elettronica L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013 ha precisato che il passaggio dal sistema cartaceo di certificazione dei rifornimenti (scheda carburante) a quello elettronico (carta di debito, di credito o prepagata) può avvenire anche in corso d’anno. L’Agenzia, dunque si dimostra flessibile. Il contribuente può decidere di passare dalla scheda carburante agli estratti conto delle carte elettroniche anche in corso d’anno, ma da quel momento la documentazione degli acquisti dovrà avvenire esclusivamente con carte di credito, di debito o prepagate. Si tratta di un importante chiarimento poiché prevede un’applicazione “soft” del principio di esclusività nell’utilizzo dell’una o dell’altra modalità di contabilizzazione dei rifornimenti di carburante, che era stata introdotto con il D.L. n. 70/2011 (Decreto Sviluppo) e con la circolare n. 42/E/2012. Come è noto la scheda carburante rileva, se redatta secondo il contenuto imposto dal D.P.R. n. 444/97, sia per la detrazione IVA sia per la deduzione del costo di acquisto del carburante. Per ciò che riguarda il contenuto, é necessario che contenga l’intestazione dell’operatore, gli estremi di individuazione del veicolo (targa o numero di telaio), i chilometri e il mese di riferimento. In tale contesto, il citato D.L. 70/2011 ha previsto una deroga all’obbligo di tenuta della scheda carburante per tutti i soggetti IVA che effettuano gli acquisti esclusivamente mediante carte di credito, debito o prepagate emesse da operatori finanziari soggetti agli obblighi di tracciabilità. Tale Decreto prevedeva che non fosse possibile un utilizzo simultaneo dei due sistemi di pagamento, tramite mezzi elettronici e per mezzo di contanti. Tale concetto era stato poi evidenziato dalla circolare 42/E/2012, che aveva sottolineato l’impossibilità di un uso contemporaneo delle due modalità (scheda carburanti e pagamenti tracciabili). La stessa Agenzia aveva precisato che, poiché la norma esonera dalla scheda carburante solo coloro che

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effettuano gli acquisti di carburante esclusivamente mediante mezzi di pagamento elettronici, i soggetti che effettuano pagamenti anche mediante contanti sono tenuti all’adozione della scheda cartacea per tutti gli acquisti effettuati fino al termine del periodo d’imposta. Tale interpretazione “rigida” della norma imponeva una scelta della modalità di certificazione degli acquisti che doveva essere riferita all’intero periodo d’imposta. Con la risposta fornita, con tale nuova circolare, l’Agenzia delle Entrate è adesso ritornata in maniera evidente sui suoi passi. È stato infatti chiarito che l’avverbio “esclusivamente” deve ritenersi riferito alla modalità di certificazione scelta dal contribuente per documentare tali costi e che “l’esclusività nelle modalità di certificazione di tali operazioni non pregiudica la possibilità, per il contribuente, di passare in corso d’anno dal vecchio al nuovo sistema di certificazione. Ciò, purché, a partire da tale momento, le operazioni di acquisto di carburante vengano documentate esclusivamente mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate”. Agenzia delle Entrate, circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013 Dazi doganali e IVA all’importazione: nuove modalità di affidamento della riscossione Con il provvedimento n. 3204 del 21 gennaio 2013, emanato dal Direttore dell’Agenzia delle dogane di concerto con il Ragioniere generale dello Stato (pubblicato sul sito internet dell’Agenzia delle dogane il 24 gennaio 2013), sono state determinate le modalità di affidamento della riscossione delle somme intimate secondo la procedura introdotta dall’art. 9, comma 3-bis, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 aprile 2012, n. 44. Secondo Assonime (nota del 30 gennaio 2013), tale procedura prevede che gli atti di accertamento emessi dall’Agenzia delle dogane, ai fini del recupero delle risorse proprie tradizionali di pertinenza del bilancio generale dell’Unione europea (ad es., i dazi doganali) e della connessa IVA all’importazione, costituiscono titolo esecutivo decorsi dieci giorni dalla notifica al contribuente. Proprio per tale motivo, gli atti di accertamento, oltre a contenere l’intimazione ad adempiere entro il termine di dieci giorni dalla loro ricezione, devono anche recare espressamente l’avvertimento che, decorso il termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste è affidata in carico – in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo – agli agenti della riscossione, anche ai fini dell’esecuzione forzata. In attuazione della citata norma del D.L. n. 16/2012, il provvedimento n. 3204 del 2013 ha stabilito le modalità con cui i carichi, relativi alle somme richieste con gli atti di accertamento in questione e non pagate, sono affidati, mediante flussi telematici, agli agenti della riscossione per il tramite di Equitalia servizi S.p.a.. Ai sensi del punto 5 del provvedimento in esame, le modalità di affidamento dei carichi agli agenti della riscossione si applicano agli atti di accertamento emessi dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli a partire dal 28 gennaio 2013. Assonime, nota del 30 gennaio 2013

IMPOSTE DIRETTE Rivalutazione di terreni e partecipazioni L’Agenzia delle entrate con la circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013 ha toccato anche il tema della rivalutazione di terreni e partecipazioni. In particolare, il caso in cui la vendita di partecipazioni o terreni avvenga a un prezzo inferiore al valore della perizia. Per le partecipazioni, la cessione a un prezzo inferiore al valore di perizia non genera minusvalenze rilevanti ai fini fiscali.

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Non così per i terreni. Il proprietario che ha rivalutato il valore fondiario, se intende avvalersi dell’importo rideterminato, è tenuto a indicare nell’atto di cessione il risultato della stima, anche se maggiore del prezzo realizzato. Dovrà pertanto versare le imposte di registro, ipotecarie e catastali, in base al valore peritale. In alternativa, il cedente può indicare il prezzo effettivo di vendita, senza tener conto della rivalutazione, e la plusvalenza sarà calcolata secondo le regole ordinarie. Diversamente, il contribuente ha sempre la possibilità di effettuare una nuova rideterminazione del valore immobiliare al 1 gennaio 2013. In questo caso, la perizia giurata di stima deve essere redatta entro il 30 giugno, o comunque entro la data del rogito di cessione se antecedente, per poter assolvere, entro l’1 luglio (il 30 giugno è domenica), al versamento dell’imposta sostitutiva. Se però l’imposta versata per la precedente rivalutazione era maggiore, nulla è dovuto (l’eventuale imposta pagata in più non può essere chiesta a rimborso). I dati relativi alla rideterminazione devono essere indicati nel quadro RM di Unico (ovvero nel quadro RT nel caso di rivalutazione di partecipazioni). In caso di omessa indicazione, l’irregolarità è considerata violazione formale, punibile con una sanzione da 258 a 2.065 euro; tuttavia, la rideterminazione resta valida, perché il perfezionamento avviene con il versamento dell’imposta sostitutiva, per intero o della prima rata. Infine, i diritti edificatori su un terreno (cd. cubatura) vivono di vita propria e possono essere ceduti e rivalutati in maniera autonoma rispetto al diritto di proprietà dell’area. Distruzione accidentale di immobili rivalutati La distruzione, a seguito del sisma dello scorso maggio, dei fabbricati strumentali “rivalutati” (art. 15, commi 16 e seguenti, D.L. n. 185/2008) non rientra tra le ipotesi che fanno venir meno gli effetti della rivalutazione stessa. Per conseguenza, il maggior valore, imputato a conto economico nel 2012, potrà essere fiscalmente riconosciuto nel 2013, cioè nel periodo d’imposta in cui ordinariamente decorrono gli effetti fiscali della rivalutazione in esame. Agenzia delle entrate, circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013 Opzione cedolare secca salva Cedolare secca, no al modello 69 per i contratti ante 7 aprile 2011. L’agenzia delle Entrate, con una nota del 14 febbraio 2013, ha risposto ad un quesito relativo al mancato rispetto della circolare 20/E/2012 sulla cedolare secca – art. 3 del D.Lgs. n. 23/2011 - da parte di alcuni uffici territoriali. La questione riguarda la data spartiacque del 7 aprile 2011, entrata in vigore della cedolare. Per i nuovi contratti - post 7 aprile 2011 - la legge prevede che l’opzione, effettuata con il modello Siria o con il modello 69, resta valida per tutta la durata del contratto. Per i contratti già in essere alla data citata, dunque già registrati il 7 aprile 2011, inizialmente (circolare 26/E/2011) era disposto che, una volta scelta la cedolare in Unico 2012 o nel 730/2012, che valeva per una sola annualità contrattuale, si dovesse confermare l’opzione, per le altre annualità, compilando il modello 69, pena il ritorno al regime ordinario Irpef. In proposito, riguardo la disparità di trattamento, l’Agenzia con circolare 20/E/2012 accoglieva la tesi dell’opzione con durata pari al contratto di locazione, salvo revoca espressa, anche per i contratti ante 7 aprile 2011. Ma alcuni uffici territoriali, non considerando la circolare del 2012 ed in base alla circolare 26/E/2011, continuano a chiedere la presentazione del modello 69 tardiva con remissione in bonis.

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A ribadire le nuove disposizioni ed invitare gli uffici territoriali a rispettarle, la nota del 14 febbraio 2013: i contribuenti che hanno scelto l’imposta secca sui contratti d’affitto registrati prima del 7 aprile 2011, segnalandolo nel 730 o in Unico 2012, non devono compilare il modello 69. Resta fermo che il contribuente deve portare a conoscenza l’affittuario, tramite raccomandata, dell’opzione per la tassa piatta con rinuncia agli aggiornamenti contrattuali. Ciò poiché la scelta è fatta nella dichiarazione dei redditi del locatore e, dunque, il locatario non ne è a conoscenza. Anche questa comunicazione non deve essere ripetuta al conduttore. Agenzia delle Entrate, nota del 14 febbraio 2013 Esenzione da ritenute d’acconto sulle provvigioni estesa a banche e intermediari Esonero ritenuta provvigioni, esteso a banche e intermediari. L’esenzione Irpef o Ires sui compensi degli agenti di assicurazione vale anche per altri soggetti se agiscono nell’ambito di contratti diretti e sono iscritti al “Registro”. Lo ha precisato l’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 7/E del 07 febbraio 2013. Dunque, banche, intermediari finanziari, società di intermediazione mobiliare (Sim) e Poste italiane SpA, che svolgono attività di intermediazione assicurativa, con prestazioni “dirette” nei confronti delle imprese di assicurazione, possono fruire dell’esenzione dalla ritenuta d’acconto Irpef o Ires prevista sulle provvigioni degli agenti e mediatori di assicurazione (art. 25-bis del D.p.r. n. 600/1973). I beneficiari, tuttavia, devono essere iscritti al “Registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi” e devono agire nell’ambito di un contratto di agenzia o mediazione con le imprese di assicurazione. Con la suddetta risoluzione l’Amministrazione finanziaria, ha prima ricordato che l’art. 25-bis, comma 5, del D.p.r. 600/1973 ha previsto che gli agenti e i mediatori di assicurazione siano esentati dalla ritenuta d’acconto Irpef o Ires dovuta sulle provvigioni per l’attività di mediazione. Per poi passare ad elencare i presupposti soggettivi e oggettivi dell’esenzione prevista dalla stessa norma, anche alla luce dei chiarimenti forniti dal Ministero delle Finanze con la lontana circolare n. 24/1983. Secondo il profilo soggettivo, l’esonero dalla ritenuta sulle provvigioni riguarda gli agenti che siano iscritti all’apposito albo, o i mediatori iscritti alle camere di Commercio. Per quanto riguarda il presupposto oggettivo, l’esenzione è prevista per le provvigioni percepite a fronte di un rapporto diretto tra agenti o mediatori e imprese di assicurazione “in regime di reciproca esclusiva”. Premesso ciò, l’Agenzia delle entrate ha rammentato che l’intero settore dei prodotti assicurativi negli anni si è evoluto sia dal punto di vista normativo sia amministrativo, ampliando la portata e il significato dell’attività. Anche a livello comunitario, la direttiva 2002/92/Ce ha previsto che i prodotti assicurativi possano essere distribuiti da distinte categorie di soggetti e che “la parità di trattamento tra gli operatori e la tutela dei consumatori esigono che la presente direttiva si applichi a ciascuna di queste categorie”. Il settore, infine, è stato riformato dal Codice delle assicurazioni private (Cap) e dal regolamento Isvap. Ciò che rileva è la definizione di “intermediazione assicurativa” data dagli artt. 106 e 109 del Codice delle assicurazioni private, un’attività, cioè, “riservata agli iscritti nel registro unico di cui all’articolo 109” e che “non può essere esercitata da chi non è iscritto nel registro”. Fondamentale, dunque, per l’esercizio di tale attività l’iscrizione al “Registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi”. Possono far parte del “Registro”, rileva poi l’Agenzia, sia agenti e mediatori, sia altri soggetti tra cui “le banche autorizzate ai sensi dell’art. 14 del testo unico bancario, gli intermediari finanziari inseriti nell’elenco speciale del testo unico bancario, le società di intermediazione mobiliare (SIM) autorizzate ai sensi dell’art. 19 del testo unico dell’intermediazione finanziaria, la società Poste Italiane - Divisione servizi di bancoposta, autorizzata ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, n. 144” (articolo 109 del Cap).

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Assodato tutto ciò, l’Agenzia delle entrate ha concluso precisando che l’intermediario assicurativo (nel caso di specie, banche, intermediari finanziari, società di intermediazione mobiliare e Poste italiane SpA) se rende una prestazione “diretta” all’impresa di assicurazione ed è iscritto nell’apposito “registro unico”, può essere equiparato ad agenti e mediatori di assicurazione e, di conseguenza, è esentato dalle ritenute d’acconto Irpef o Ires previste sui compensi percepiti, al pari dei soggetti espressamente esonerati dall’art. 25-bis, comma 5, D.p.r. n. 600/1973. Agenzia delle entrate, risoluzione n. 7/E del 07 febbraio 2013 Rimborso da Irap sulle spese del personale L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013, ha chiarito che in caso di conferimento d’azienda, il diritto al rimborso delle imposte dirette per la mancata deduzione dell’Irap sulle spese del personale, riferita ad anni anteriori al trasferimento, resta in capo al conferente. Invece, nella diversa ipotesi di successione mortis causa, la richiesta di rimborso deve essere presentata dall’erede che subentra nella posizione giuridica del de cuius. Agenzia delle entrate, circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013 Acquisti da operatori black list L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013, ha precisato che all’impresa che ha effettuato acquisti da società black list senza indicare separatamente gli importi in dichiarazione, ma che dimostra l’esistenza di una delle esimenti, cioè “che le imprese estere svolgono prevalentemente un’attività commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione” (art. 110, comma 11, Tuir), si applica la sanzione proporzionale pari al 10% dell’importo complessivo dei costi non indicati separatamente, con un minimo di 500 euro e un massimo di 50mila euro. Agenzia delle Entrate, circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013 Per i datori di lavoro i risultati del 730 viaggiano online: ok al modello 2013 per comunicare al fisco la sede telematica Pronto il modello con cui i sostituti d’imposta, entro il prossimo 2 aprile, devono comunicare all’Agenzia delle Entrate la sede telematica presso cui intendono ricevere i dati contabili delle dichiarazioni 730 presentate dai propri dipendenti. Grazie all’invio del modello, approvato il 22 febbraio 2013 con un provvedimento del direttore dell’Agenzia, i datori di lavoro riceveranno quindi via web tutte le informazioni necessarie per effettuare i conguagli. Online il modello di comunicazione per il 2013 E’ disponibile, sul sito internet www.agenziaentrate.it, il prospetto con cui i sostituti di imposta sono chiamati a indicare, entro il prossimo 2 aprile (il 31 marzo e il 1° aprile sono giorni festivi) i loro dati e la sede telematica presso cui l’Agenzia provvederà a rendere disponibili i risultati contabili dei modelli 730-4 pervenuti da Caf e professionisti abilitati. Un passaggio obbligato per effettuare correttamente tutte le operazioni di conguaglio, che consentono di calcolare gli importi da trattenere o da rimborsare, riportandoli direttamente nelle procedure utilizzate per preparare le buste paga dei dipendenti. Il modello può essere inviato solo telematicamente attraverso i servizi online dell’Agenzia delle Entrate, direttamente dal sostituto o tramite un intermediario incaricato della trasmissione telematica delle dichiarazioni.

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I sostituti d’imposta esclusi dall’invio Non devono inviare la comunicazione, in assenza di variazioni dei dati forniti, i sostituti che hanno già ricevuto, i 730-4 in via telematica dall’Agenzia. Inoltre, non sono tenuti alla presentazione del modello l’Inps e i sostituti d’imposta che si avvalgono del Service Personale Tesoro del Ministero dell’Economia e delle Finanze, poiché utilizzano per la ricezione dei modelli 730-4 propri canali telematici. Agenzia delle entrate, comunicato n. 21 del 22 febbraio 2013

ALTRE IMPOSTE INDIRETTE Ivafe: variazione di quota di possesso L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013, ha chiarito le modalità di compilazione del quadro RM ai fini dell’imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero quando, nel corso d’anno, cambia la quota di possesso del prodotto. Il quesito ha riguardato una persona che aveva detenuto un titolo al 100% per 146 giorni e al 50% per 219 giorni. In questo caso, è necessario compilare due righi: nel primo vanno indicati, in colonna 2 (“quota di possesso”), il valore 100 e, in colonna 3 (“periodo”), il numero dei giorni, 146; nel secondo rigo, invece, nelle due colonne devono essere riportati, rispettivamente, 50 e 219. Diversa è la soluzione nell’ipotesi di conti correnti e libretti, per i quali rileva il valore medio di giacenza pro quota: è pertanto sufficiente compilare un solo rigo anche in caso di variazione della quota di possesso. Nell’esempio prospettato, supponendo che la giacenza sia pari a 10mila euro, in un unico rigo bisogna indicare: - in colonna 1 (“valore attività finanziaria”), 10mila; - in colonna 2 (“quota di possesso”), 70 (quota di possesso ponderata con riferimento ai giorni di possesso); - in colonna 3 (“periodo”), 365; - in colonna 4 (“imposta calcolata”), 24 [importo dato dalla seguente operazione: (34,20 x 70% x 365) / 365 = 23,94] che, in assenza di un eventuale credito d’imposta, costituisce anche l’imposta a debito di colonna 6. Agenzia delle entrate, circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013 Processo tributario e imposta di bollo Secondo il parere dell’Agenzia delle entrate, contenuto nella circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013, non è assoggettato all’imposta di bollo l’atto con cui si delega un professionista a partecipare alla pubblica udienza. La delega, in questo caso, rientra tra gli “atti funzionali” al processo tributario (quelli finalizzati a ottenere un atto o provvedimento del procedimento giurisdizionale), per i quali è prevista l’esclusione dal tributo (art. 18, comma 1, D.p.r. n. 115/2002). Imposta di bollo sui prodotti finanziari Altro chiarimento. Se la polizza finanziaria estera è intestata a una fiduciaria italiana e la società estera non ha optato per il bollo virtuale, la fiduciaria (o l’eventuale intermediario) residente applica l’imposta, per ciascun anno, all’atto del rimborso o del riscatto della polizza. Se poi il rapporto si interrompe, la fiduciaria o l’intermediario residente devono applicare fino a quella data l’imposta di bollo calcolata per ciascun anno. Agenzia delle entrate, circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013

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ACCERTAMENTO / RISCOSSIONE / CONTENZIOSO Redditest: è solo uno strumento di autodiagnosi, redditometro no retroattivo La circolare dell’Agenzia delle entrate, n. 1/E del 15 febbraio 2013 riprende gli argomenti fiscali di maggiore attualità. Tra di essi quelli del redditometro e redditest. Viene confermato che quest’ultimo rimane solo uno strumento di autodiagnosi per il contribuente. Dunque, il risultato del software (luce verde o luce rossa) non influisce né con l’accertamento sintetico, né con il criterio di selezione dei controlli. Per il nuovo redditometro, invece, viene ribadito che lo strumento aggiornato riguarderà soltanto gli accertamenti relativi ai redditi 2009 e seguenti; pertanto, non potrà essere utilizzato dai contribuenti, se più favorevole, in sede di contraddittorio per annualità precedenti. Per quanto riguarda i beni ad uso promiscuo (ad es., l’auto utilizzata non esclusivamente per l’attività d’impresa o di lavoro autonomo), gli stessi rilevano per la quota di spesa non fiscalmente deducibile. Infine, la “quota di risparmio riscontrata”, realizzata nell’anno e non spesa né in consumi né in investimenti, rientra nel calcolo del reddito complessivo accertabile. Spesometro Per il 2012 i produttori agricoli non sono tenuti alla comunicazione annuale delle operazioni rilevanti ai fini dell’Iva. L’obbligo, per tali soggetti, è stato introdotto da una disposizione entrata in vigore solo il 19 dicembre 2012 (Legge n. 221/2012). Per questo motivo, l’Agenzia delle Entrate, allo scopo di semplificare gli adempimenti, ne ha sancito l’esonero. Sospensione della riscossione La nuova procedura di sospensione immediata della riscossione dietro richiesta del debitore, introdotta dalla Legge di stabilità n. 228/2012, riguarda anche le somme affidate al concessionario in seguito alla notifica di accertamenti esecutivi per i quali sia trascorso inutilmente il termine ultimo di pagamento. Autotutela parziale L’amministrazione, quando ricorre all’autotutela, se i vizi sono tali da invalidare l’atto impositivo, può annullare l’atto stesso ed emetterne uno nuovo, nel rispetto degli ordinari termini di decadenza. Se i vizi non incidono sulla validità dell’atto (ad es., un semplice errore di calcolo), l’ufficio può rettificare la pretesa impositiva attraverso un’autotutela parziale, senza necessariamente emettere un nuovo atto. In questo caso, i termini per presentare ricorso decorrono dalla data di notifica dell’atto originario. Accertamento con adesione Se il contribuente che ha sottoscritto l’adesione all’accertamento non paga entro 20 giorni l’importo dovuto (o la prima rata), può comunque presentare ricorso rispettando il termine di 150 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento. Circolare dell’Agenzia delle entrate, n. 1/E del 15 febbraio 2013 Il Cassetto fiscale apre agli studi di settore: al via la nuova applicazione dedicata alle partite Iva Dal 20 febbraio 2013 i titolari di partita Iva possono accedere alle informazioni relative alla propria posizione

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rispetto agli studi di settore comodamente via web. E’ infatti disponibile una nuova sezione del Cassetto fiscale, accessibile dall’area dedicata ai servizi online sul sito internet www.agenziaentrate.it, grazie alla quale sono a portata di click le anomalie telematiche relative al periodo d’imposta 2010, gli inviti e le comunicazioni di anomalie da studi di settore inviate dall’Agenzia nel 2012, oltre alle risposte fornite dai contribuenti interessati e predisposte utilizzando lo specifico software. Tutte le novità nel Cassetto Il servizio che consente agli utenti Fisconline ed Entratel di consultare le proprie informazioni fiscali si arricchisce di nuovi documenti relativi agli studi di settore. In particolare, grazie alla nuova procedura messa a punto dall’Agenzia delle Entrate, i contribuenti potranno visualizzare: - le anomalie evidenziate in sede di trasmissione della dichiarazione sulla base dei controlli telematici tra Unico 2011 (periodo d’imposta 2010) e Gerico 2011 (periodo d’imposta 2010); - gli inviti a presentare il modello degli studi di settore, relativo al periodo d’imposta 2010, trasmessi ai contribuenti che risultano non averlo validamente inviato; - le comunicazioni delle anomalie presenti nei dati degli studi di settore compilati per il periodo di imposta 2010, inviate quest’anno ai contribuenti tramite raccomandata o agli intermediari tramite il canale Entratel, e le relative risposte trasmesse dagli stessi utilizzando la procedura informatica dedicata. Come visualizzare le informazioni sugli studi di settore Per consultare il Cassetto fiscale, e conoscere così la propria posizione ai fini degli studi di settore, basta richiedere il pin e la password di accesso ai servizi online dell’Agenzia. Una volta entrati nel Cassetto è sufficiente selezionare dal menu a sinistra la voce “Studi di settore”. Agenzia delle entrate, comunicato n. 19 del 20 febbraio 2013 Dogane: prorogata la riscossione coattiva Prorogata al 28 marzo 2013 l’applicazione della riscossione coattiva in Dogana. La data di entrata in vigore delle nuove disposizioni doveva essere il 28 gennaio 2013 Tutti gli atti di accertamento emessi dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a decorrere da tale momento, infatti, oltre a contenere l’intimazione ad adempiere entro il termine di 10 giorni dalla ricezione dell’atto, dovevano obbligatoriamente ed espressamente recare l’avvertimento al debitore che, spirato inutilmente il termine per il pagamento (10 giorni), la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, sarebbe stata affidata all’agente della riscossione, anche ai fini dell’esecuzione forzata. Dunque, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha emanato la nota n. 12035 del 1° febbraio 2013 con la quale ha differito al 28 marzo 2013 (60° giorno successivo alla data di entrata in vigore della precedente comunicazione) l’effettiva applicazione delle disposizioni previste. Insomma, la norma è entrata in vigore il 28 gennaio 2013, ma la sua applicazione è temporaneamente sospesa fino al 28 marzo 2013. Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nota n. 12035 del 1° febbraio 2013

VARIE Tutti gli agenti di commercio devono presentare la SCIA entro il 12 maggio 2013: chi non provvede sarà inibito dall’attività

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Tutti gli agenti di commercio dovranno aggiornare la propria posizione presso le Camere di Commercio entro il prossimo 12 maggio, altrimenti rischiano l’inibizione all’esercizio dell’attività. Lo rileva l’Associazione Nazionale Commercialisti, con il comunicato stampa del 18 febbraio 2013 riguardante la nuova disciplina per l’esercizio dell’attività di agenti e rappresentanti di commercio e mediatori: la semplificazione é un traguardo mancato. Il Ministero dello Sviluppo Economico, con l’emanazione del D.M. 26.10.2011, ha dato attuazione alla soppressione del Ruolo degli Agenti e Rappresentanti di Commercio e dei Mediatori presso le Camere di Commercio, disposta dal D.Lgs. 59/2010 che ha a sua volta recepito la Direttiva Servizi di fonte europea. Per l’esercizio di queste attività, persone fisiche e società dovranno presentare, con procedura telematica di Comunicazione Unica all’Ufficio del Registro delle Imprese della Camera di Commercio di appartenenza, una Segnalazione Certificata di Inizio Attività, completa delle dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà, riguardanti i requisiti richiesti. Si auspicava che la nuova disciplina avrebbe rappresentato un passo avanti sulla strada della semplificazione ed agevolato i soggetti interessati sotto il profilo dell’esercizio della loro attività, ma evidentemente non è così. Secondo la normativa introdotta coloro che sono già iscritti nel Ruolo degli Agenti e Rappresentanti di Commercio presso il Registro delle Imprese della Camera di Commercio saranno obbligati ad aggiornare la propria posizione presso il suddetto Registro entro il 12 maggio 2013, inviando allo stesso un’istanza di aggiornamento ARC, pena l’esclusione dall’esercizio dell’attività. L’Associazione Nazionale Commercialisti, nel ritenere importante ricordare per tempo a tutti i Colleghi che assistono i soggetti esercenti questo tipo di attività (Mediatori, Agenti e Rappresentanti di Commercio, Spedizionieri e Mediatori Marittimi) la scadenza del prossimo maggio, affinché possano usufruire di un margine di tempo congruo per lo svolgimento di tale adempimento, considera doveroso denunciare l’ennesima difficoltà che l’Amministrazione infligge ai contribuenti ed ai loro referenti professionali. Purtroppo, come spesso accade, anche in questa circostanza i contribuenti sono gravati da adempimenti superflui, che non rispondono alla necessità di avere un’Amministrazione protesa alla ricerca della semplificazione e dell’efficienza. Stante la permanenza dei requisiti richiesti, infatti, sarebbe stata sufficiente una “migrazione” da un registro all’altro, evitando di dover prevedere l’ennesima dichiarazione telematica, che comporta costi professionali e il versamento di diritti di Segreteria, e la cui mancata presentazione determina l’inibizione all’esercizio dell’attività. L’ANC, da qui al mese di maggio, si farà carico di agire presso le opportune sedi affinché queste modalità siano riviste e rese meno gravose. Associazione Nazionale Commercialisti, comunicato stampa del 18 febbraio 2013 Eventi sismici 2012: sospensione del pagamento del canone Rai (dichiarazione di inagibilità) Il canone Rai non è dovuto dai privati, vittime degli eventi sismici di maggio 2012. A tal fine, l’Agenzia delle entrate ha pubblicato il 19 febbraio 2013 sul proprio sito internet il modello di dichiarazione. Per evitare l’adempimento, i cittadini interessati devono soltanto presentare un’apposita dichiarazione, nella quale attestano l’inagibilità dell’abitazione o la distruzione dell’apparecchio televisivo e che non ne possiedono altri in una diversa dimora propria o di componenti del nucleo familiare. Il modello di dichiarazione, scaricabile dal suddetto sito delle Entrate e da quelli regionali dell’Emilia Romagna e del Piemonte, una volta compilato, va inviato all’Agenzia delle entrate – S.A.T. Sportello abbonamenti Tv – casella postale 22 – 10121 Torino. Agenzia delle entrate comunicato pubblicato il 19 febbraio 2013 sul sito internet

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Consultabile la comunicazione di accoglimento degli incentivi all’occupazione Le aziende ammesse agli incentivi possono consultare la comunicazione di accoglimento accedendo al sito www.inps.it, mediante l’applicazione “DiResCo - Dichiarazioni di responsabilità del contribuente”, che è stata utilizzata per inviare la richiesta del beneficio. L’Inps, con il messaggio n. 3311 del 25 febbraio 2013, ha, infatti, comunicato l’avvenuta conclusione della fase istruttoria e di verifica prevista per gli incentivi all’occupazione introdotti dall’art. 2, commi 134, 135 e 151 della Legge n. 191/2009 a favore delle assunzioni, effettuate nel 2011, di lavoratori: - Disoccupati ultracinquantenni, titolari di indennità di disoccupazione non agricola con requisiti normali; - che abbiano almeno 35 anni di anzianità contributiva, per i quali siano scaduti determinati incentivi connessi alla condizione di disoccupato del lavoratore; - disoccupati di qualunque età, titolari di indennità di disoccupazione ordinaria o del trattamento speciale di disoccupazione edile. Inps, messaggio n. 3311 del 25 febbraio 2013

Assegno per il nucleo familiare e assegno di maternità concessi dai Comuni Rivalutazione per l’anno 2013 della misura degli assegni e dei requisiti economici. L’Inps, con la circolare n. 34 del 28 febbraio 2013, ha fornito chiarimenti sui nuovi importi delle prestazioni sociali e dei limiti di reddito validi per l’anno 2013. Il Dipartimento delle politiche per la famiglia con il Comunicato pubblicato sulla G.U. n. 43 del 20.2.2013, ha reso noto che l’incremento dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, calcolato con le esclusioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 81, da applicarsi, per l’anno 2013, alle prestazioni di cui all’art. 65, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 e all’art. 74 del D. Lgs. 26.3.2001, n. 151, è risultato pari al 3%. Pertanto, l’Inps ha adesso comunicato gli importi delle prestazioni in argomento. Assegno per il nucleo familiare L’assegno per il nucleo familiare da corrispondere agli aventi diritto per l’anno 2013 è pari, nella misura intera, a Euro 139,49. Per le domande relative al medesimo anno, il valore dell'indicatore della situazione economica, con riferimento ai nuclei familiari composti da cinque componenti, di cui almeno tre figli minori, è pari a Euro 25.108,71. Ovviamente, per l'assegno per il nucleo familiare da erogare per il 2012, per i procedimenti in corso, continuano ad applicarsi i valori previsti per il medesimo anno 2012. Assegno di maternità A seguito del suddetto incremento ISTAT, l’importo dell’assegno mensile di maternità, spettante nella misura intera, per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni senza affidamento avvenuti dal 1.1.2013 al 31.12.2013 è pari a Euro 334,53 per cinque mensilità e quindi a complessivi Euro 1672,65. Il valore dell’indicatore della situazione economica, con riferimento ai nuclei familiari composti da tre componenti, da tenere presente per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni senza affidamento avvenuti dal 1.1.2013 al 31.12.2013, è pari a Euro 34.873,24. Inps, circolare n. 34 del 28 febbraio 2013

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Leasing finanziario: risoluzione del contratto a seguito della riforma della Legge fallimentare Permangono ancora questioni irrisolte, ciò anche dopo l’introduzione di una specifica disciplina dello scioglimento del contratto di locazione finanziaria nell’ambito del diritto fallimentare. Lo rileva l’Unione Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (UNGDCEC) nella circolare n. 11/2013, pubblicata il 19 febbraio 2013 sul proprio sito internet, che verte sul leasing finanziario: regolamentazione della risoluzione del contratto a seguito della riforma della Legge fallimentare. Peraltro, l’introduzione di una normativa sullo scioglimento del contratto di leasing nel diritto fallimentare viene vista come una novità degna di nota per il nostro ordinamento (art. 72-quater L.F che regolamenta la risoluzione del contratto soltanto qualora nel seguito l’utilizzatore venga dichiarato fallito). In particolare, sono sorte incertezze in merito al corretto significato da attribuire ai vari termini indicati, poi in gran parte superate, grazie agli interventi giurisprudenziali. Persiste poi la mancanza di una regolamentazione espressa dei casi extrafallimentari di risoluzione dei contratti di leasing e ciò ha aggiunto elementi di confusione tra gli operatori, non essendo chiaro a quale interpretazione si debba aderire. A tal proposito, l’UNGDCEC propende per la non applicabilità dell’art. 72-quater L.F. alle ipotesi di scioglimento verificatesi fuori dal contesto fallimentare - che resterebbero pertanto disciplinate in conformità ai principi sanciti dall’art. 1526 c.c. - ma rimane, in ogni caso, la perplessità nel riscontrare come il Legislatore non abbia colto l’occasione per regolamentare compiutamente la materia, lasciando, nuovamente, alla giurisprudenza il compito di individuarne i vari aspetti e, di conseguenza, di determinarne la corretta disciplina. UNGDCEC, circolare n. 11/2013

Le nuove soluzioni concordate della crisi d’impresa: circolare Assonime Il concordato preventivo si può avviare anche con istanze incomplete. Quello che conta é tutelare la continuità operativa dell’azienda. La circolare n. 4 del 2013 di Assonime illustra le modifiche alla legge fallimentare introdotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134. Le principali novità riguardano l’istituto del concordato preventivo, di cui si consente l’avvio anche mediante una domanda “incompleta” e per il quale si introducono misure dedicate all’ipotesi di continuità aziendale. Per gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono previste modalità nuove per il pagamento dei creditori estranei all’accordo. Di particolare rilievo le modifiche all’istituto della prededuzione e alla disciplina del professionista attestatore, che riguardano tutte le soluzioni concordate. Le nuove norme hanno lo scopo di favorire una rapida emersione della crisi, di incentivare e migliorare l’utilizzo delle soluzioni concordate e di renderle più rapide e flessibili. Vengono altresì chiarite alcune incertezze normative che hanno dato luogo nei primi anni di applicazione della riforma a interpretazioni giurisprudenziali contrastanti. Circolare n. 4 del 2013 di Assonime Pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi? Per i soggetti con anzianità contributiva di 15 anni al 31 dicembre 1992 sussiste una deroga all’elevazione dei requisiti di assicurazione e di contribuzione previsti dalla Legge n. 214/2011. L’Inps con la circolare n. 16 del 1 febbraio 2013 (Deroghe all’elevazione dei requisiti di assicurazioni e di contribuzione: chiarimenti dell’Inps) ha fornito indicazioni in merito all’applicazione delle disposizioni relative al requisito contributivo per il diritto alla pensione di vecchiaia nei confronti di particolari categorie di lavoratori

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dipendenti ed autonomi che possono accedere, in deroga all’elevazione del requisito minimo contributivo, alla pensione di vecchiaia in presenza di un’anzianità minima contributiva minima di 15 anni anziché di 20, fermo restando il perfezionamento dell’età pensionabile prevista per la generalità dei lavoratori. Il D.Lgs. n. 503/92, sono stati elevati, gradualmente, i requisiti contributivi per la pensione di vecchiaia passando da 15 a 20 anni. Tuttavia, l’art. 2, comma 3, ha previsto, per determinate categorie di lavoratori, la deroga all’elevazione del requisito minimo contributivo, alla pensione di vecchiaia in presenza di un’anzianità contributiva minima di 15 anni anziché 20 ed al perfezionamento dell’età pensionabile prevista per la generalità dei lavoratori. Sono interessati i lavoratori dipendenti ed autonomi che alla data del 31 dicembre 1992 abbiano maturato i requisiti di assicurazione e di contribuzione previsti dalla normativa previgente. La deroga opera anche nei confronti di coloro che sono stati autorizzati alla prosecuzione volontaria da data anteriore al 31 dicembre 1992. Cosi come i lavoratori dipendenti che possono far valere l’anzianità assicurativa di almeno 25 anni e risultano occupati per almeno 10 anni per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare Inps, circolare n. 16 del 1 febbraio 2013 Retribuzioni convenzionali 2013 L’Inps, con la circolare n. 17 del 5 febbraio 2013, ha pubblicato le retribuzioni convenzionali da prendere a riferimento per il calcolo dei contributi dovuti, per l’anno 2013, a favore dei lavoratori operanti all’estero in Paesi extracomunitari non legati all’Italia da accordi di sicurezza sociale. Per quanto riguarda le categorie di lavoratori interessati, si chiarisce che le disposizioni in esame si applicano non soltanto ai lavoratori italiani, ma anche ai lavoratori cittadini degli altri Stati membri dell’UE e ai lavoratori extracomunitari, titolari di un regolare titolo di soggiorno e di un contratto di lavoro in Italia, inviati dal proprio datore di lavoro in un Paese extracomunitario. Le retribuzioni convenzionali, inoltre, trovano applicazione, in via residuale, anche nei confronti dei lavoratori operanti in Paesi non convenzionati, limitatamente alle assicurazioni non contemplate dagli accordi di sicurezza sociale. Inps, circolare n. 17 del 5 febbraio 2013 Assegni straordinari erogati dal Fondo di solidarietà Assegni straordinari erogati dal Fondo di solidarietà per il sostegno al reddito del personale degli ex monopoli di Stato. Adeguamento contrattuale CCNL industria alimentare del 27 ottobre 2012, prima decorrenza 1° ottobre 2012. Di questo si occupa il messaggio dell’Inps n. 2274 del 05 febbraio 2013. In particolare, i benefici economici riguardano i lavoratori ammessi al Fondo di solidarietà nell’anno 2007, inquadrati nella categoria contrattuale degli alimentaristi titolari di prestazioni straordinarie vigenti alle decorrenze previste dal contratto. Inps, messaggio n. 2274 del 05 febbraio 2013 Gestione separata: aliquote contributive per l’anno 2013 E’ aumentata al 20% l’aliquota contributiva e di computo per l’anno 2013 per i soggetti iscritti alla Gestione separata, assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie o titolari di pensione, mentre, invece, é rimasta al 27% quella per i soggetti privi di altra tutela previdenziale obbligatoria. Lo ha precisato l’INPS con la circolare n. 27 del 12 febbraio 2013 relativa alla “Gestione separata di cui all’art. 2,

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comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Aliquote contributive, aliquote di computo, massimale e minimale per l’anno 2013”. L’aumento è dovuto a quanto disposto dal governo Monti con l’art. 2, comma 57 della Legge n. 92/2012. Rimane confermata per gli iscritti che non siano pensionati o che non risultino già assicurati ad altra forma previdenziale obbligatoria l’ulteriore aliquota contributiva, istituita dall’art. 59, comma 16, della Legge n. 449/1997, per il finanziamento dell’onere derivante dall’estensione agli stessi della tutela relativa alla maternità, agli assegni per il nucleo familiare, alla degenza ospedaliera, alla malattia ed al congedo parentale. La predetta aliquota contributiva aggiuntiva, inizialmente stabilita nella misura dello 0,50%, a decorrere dal 7 novembre 2007 è pari allo 0,72%. Pertanto le aliquote per il calcolo della contribuzione alla Gestione separata nell’anno 2013 sono complessivamente fissate come segue:

La ripartizione dell’onere contributivo tra collaboratore e committente rimane fissata nella misura rispettivamente di un terzo e due terzi, salvo il caso di associazione in partecipazione, per il quale la ripartizione tra associante ed associato avviene in misura pari rispettivamente al 55% e al 45% dell’onere totale. Il massimale annuo di reddito per l’anno 2013 è pari a euro 99.034,00, mentre il minimale per l’accredito contributivo l’anno 2013 detto minimale è pari ad euro 15.357,00. Compensi corrisposti ai collaboratori entro il 12 gennaio 2013 In base all’art. 51 del T.U.I.R. le somme corrisposte entro il giorno 12 del mese di gennaio si considerano percepite nel periodo d’imposta precedente (c.d. principio di cassa allargato). Pertanto, i compensi erogati ai collaboratori entro la data del 12 gennaio 2013 e riferiti a prestazioni effettuate entro il 31 dicembre 2012 sono da calcolare con le aliquote contributive in vigore nel 2012. INPS, circolare n. 27 del 12 febbraio 2013 Aumentano anche i contributi INPS commercianti Aumenta al 21,75% la nuova aliquota contributiva per artigiani e commercianti da applicare nel 2013. Dopo l’incremento di 1,3 punti percentuali per il 2012, infatti, è scattato il primo aumento di 0,45 punti percentuali stabilito dal D.L. “Salvaitalia”, che si ripeterà annualmente fino a raggiungere quota 24%. Confermato lo sconto del 50% riservato agli esercenti con più di 65 anni di età, già pensionati presso le gestioni dell’Istituto, e per quello del 9% previsto per i più giovani e cioè per i coadiuvanti e coadiutori con meno di 21 anni, regime di favore che scade al compimento di tale età. Confermata, per gli iscritti alla gestione degli esercenti attività commerciali, la maggiorazione dello 0,09% a titolo di aliquota aggiuntiva ai fini dell’indennizzo per la cessazione definitiva dell'attività commerciale. Sempre dovuto, inoltre, sia da artigiani che commercianti, il contributo di 0,62 euro mensili per le prestazioni di maternità. Lo precisa l’INPS con la circolare n. 24 del 2013 che inoltre avverte che per il 2013, il reddito minimale su cui è calcolato l’importo da versare è pari a 15.357,00 euro.

Soggetti Aliquote

Non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie

27,72% (27,00 IVS + 0,72

aliquota aggiuntiva) Titolari di pensione o provvisti di altra tutela

pensionistica obbligatoria

20,00%

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In particolare, ecco di seguito le aliquote base di quest’anno e gli importi dovuti, suddivisi per comparto ed età:

Contributi a conguaglio Le suddette percentuali sono applicabili fino a un reddito d’impresa 2012 pari a 45.530,00 euro; superata tale soglia, sull’eccedenza va applicata l’aliquota maggiorata di un punto di percentuale. Tale importo, denominato “contributo a conguaglio”, sommato a quanto dovuto per il minimale, va considerato come acconto per il totale del reddito d’impresa prodotto nel 2013 e va versato secondo i tempi e le modalità previste per la dichiarazione dei redditi. Massimale Stabilito anche il reddito massimo entro il quale sono dovuti i contributi Ivs 2013: la soglia è fissata a 75.883 euro, limite da riferire a ogni singolo lavoratore e non all'impresa complessivamente. Quest’importo, però, è valido soltanto per gli iscritti prima del 1 gennaio 1996 o che possono far valere tale anzianità contributiva; per gli altri, il massimale individuale 2013 è uguale a 99.034 euro e non è frazionabile per mese. Scadenze Le date da ricordare sono: 16 maggio 2013, 20 agosto 2013, 18 novembre 2013 e 17 febbraio 2014. Per i contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale, le scadenze sono le stesse previste per i pagamenti Irpef derivanti dalla dichiarazione dei redditi (saldo 2012, primo e secondo acconto 2013). Il canale da utilizzare è quello telematico, tramite il modello unico di versamento F24. Attenzione: poiché l’Inps ha ormai attivato il “Cassetto previdenziale artigiani e commercianti”, accessibile, tramite Pin, dal sito internet dell’Istituto, dal 2013 non invierà più al contribuente le comunicazioni con gli importi da pagare. INPS, circolare n. 24 del 2013 Personale delle Imprese Assicuratrici: proroga della sospensione del contributo ordinario di finanziamento al Fondo fino a dicembre 2013 A seguito della proroga della sospensione del contributo ordinario dello 0,50% da gennaio a dicembre 2013, per tale periodo (gennaio-dicembre 2013) la procedura di gestione dei flussi UNIEMENS non richiederà il contributo di finanziamento al Fondo (codice M100), anche in presenza del codice di autorizzazione “2V”. Lo ha precisato l’INPS con il messaggio n. 2697 del 12 febbraio 2013. Tutto ciò poiché i Fondi di Solidarietà istituiti presso l’INPS ai sensi dell’art. 2, comma 28, della Legge 23 dicembre 1996, n. 662 prevedono un contributo ordinario di finanziamento, a carico delle imprese e dei lavoratori, pari allo 0,50%. Nel Regolamento di istituzione del Fondo di Solidarietà per il Sostegno del Reddito, dell’Occupazione e della Riconversione e Riqualificazione Professionale del Personale Dipendente dalle Imprese Assicuratrici di cui al D.I.

Artigianato: 21,75% per i titolari e i coadiuvanti/coadiutori con più di 21 anni (3.347,59 euro).

18,75% per coadiuvanti/coadiutori che non superano i 21 anni di età (2.886,88 euro)

Commercio: 21,84% per i titolari e i coadiuvanti/coadiutori con più di 21 anni (3.361,41 euro) 18,84% per coadiuvanti/coadiutori

che non superano i 21 anni di età (2.900,70 euro).

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33/2011 è, tuttavia, previsto che il Comitato Amministratore possa sospendere l’obbligo del versamento del contributo ordinario, in relazione al conseguimento di dotazioni finanziarie atte a garantire, a regime, l’erogazione di prestazioni corrispondenti al fabbisogno del settore di riferimento. INPS , messaggio n. 2697 del 12 febbraio 2013 Dichiarazione di successione più leggera: i documenti catastali non vanno allegati I contribuenti non devono più allegare gli estratti catastali alla dichiarazione di successione. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 11/E del 13 febbraio 2013. Tutto ciò poiché i dati catastali, necessari per l’esatta identificazione degli immobili oggetto di successione, vengono autonomamente acquisiti dagli uffici dell’Amministrazione finanziaria. Gli uffici dell’Agenzia delle Entrate, in linea con quanto previsto dalle recenti disposizioni in tema di semplificazione della documentazione amministrativa e alla luce dell’avvenuta incorporazione dell’Agenzia del Territorio (D.L. n. 95/2012), possono consultare direttamente tutte le informazioni relative agli immobili indicati nella dichiarazione di successione. Peraltro, l’art. 6, legge 212/2000, oltre a stabilire l’obbligo per l’Amministrazione finanziaria di agevolare il più possibile il contribuente ad assolvere gli adempimenti tributari, dispone che il Fisco non deve chiedere al proprio interlocutore informazioni o documenti superflui, cioè reperibili direttamente nei propri archivi o in quelli di altre Amministrazioni. Infine, la Legge n. 183/2011 ha esteso l’obbligo, dall’1 gennaio 2012, dell’acquisizione d’ufficio non solo delle informazioni su stati, qualità personali e fatti autocertificabili, ma anche di “tutti i dati ed i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni”. Agenzia delle Entrate, risoluzione n. 11/E del 13 febbraio 2013 Avvocati: iscrizione alla Cassa di previdenza anche se non si esercita l’attività Iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense obbligatoria per tutti gli avvocati iscritti all’Abo, indipendentemente dall’esercizio della professione con carattere di continuità e, conseguentemente, dal raggiungimento di determinati limiti di reddito. Lo rileva un comunicato della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense. Questa una delle novità di maggiore impatto prevista dalla nuova legge professionale forense, L. 247/2012, in vigore dal 2 febbraio 2013. Ecco di seguito il comunicato: Obbligo di iscrizione alla previdenza forense (Legge 247/2012) Il 2 febbraio 2013 è entrata in vigore la legge 31 dicembre 2012 n. 247 (Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense) che modifica in modo sostanziale il regime dell'iscrizione alla Cassa di Previdenza Forense. In particolare l’art. 21 comma 8 dispone che l’iscrizione agli Albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa Nazionale di previdenza e assistenza Forense e quindi l’iscrizione alla Cassa Forense, già prevista obbligatoriamente per tutti gli iscritti agli Albi che esercitino la professione con carattere di continuità - cioè raggiungano prefissati limiti minimi di reddito o di volume d’affari professionali-, viene ora fatta coincidere con il momento dell'iscrizione agli Albi, a prescindere da tali parametri reddituali. Ne consegue che la cancellazione dalla Cassa Forense sarà possibile soltanto nel caso di cancellazione dell’iscritto da tutti gli Albi Forensi. Ai sensi del comma 10 del cit. art. 21 per tutti gli iscritti agli Albi non è ammessa l'iscrizione ad altra forma alternativa di previdenza obbligatoria e, quindi, alla gestione separata INPS. In attesa dell’emanando regolamento previsto dal cit. comma 9 e della sua approvazione da parte dei Ministeri

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vigilanti, quindi, non sarà richiesto il pagamento di alcun contributo minimo previdenziale da parte degli iscritti agli Albi, che non siano iscritti alla Cassa alla data del 1° febbraio 2013. Comunicato della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense Riduzione contributiva settore edilizia Entro il 16 maggio 2013 le aziende del settore edile potranno chiedere la riduzione contributiva dell'11,50% per l’anno 2012. L’Inps, con la circolare n. 28 del 18 febbraio 2013, ha riepilogato la normativa relativa alla riduzione contributiva a favore delle imprese edili introdotta dal D.L. n. 244/1995, convertito dalla Legge 341/1995, e fornisce indicazioni operative per le aziende che non hanno presentato l’istanza di riduzione nel 2012. Si tratta del beneficio che consiste in una riduzione, nella misura dell’11,50%, sui contributi dovuti per le assicurazioni sociali diverse da quella pensionistica e si applica ai soli operai occupati con un orario di lavoro di 40 ore settimanali. Non spetta, quindi, per i lavoratori a tempo parziale. La citata circolare fornisce poi informazioni sulle condizioni di accesso al beneficio e sulle modalità operative per le aziende che, pur non avendo presentato l’istanza nel 2012, possono farlo entro i termini ivi indicati. Inps, circolare n. 28 del 18 febbraio 2013

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IVA Fatture per operazioni inesistenti: cartiera solo per l’Iva (imposte indirette) Il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti è integrato quanto alle imposte dirette dalla sola inesistenza oggettiva, mentre per l’Iva comprende anche la inesistenza soggettiva. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5505 del 4 febbraio 2013. Nel caso di specie, esaminato dalla Corte di Cassazione, è risultato configurabile soltanto l’evasione in materia di imposte indirette. In accoglimento del ricorso presentato dal contribuente, l’ordinanza è stata, dunque, annullata, con rinvio, per nuovo esame al Tribunale. Il fatto Una società era sospettata di essere una cartiera: Aveva avuto un enorme aumento del volume di affari (nel 2006, 4 milioni di euro; nel 2007, 27 milioni; nel 2008, 59 milioni di euro) ed era priva di una struttura organizzativa idonea a supportare un simile movimento di merci; vi erano gravi anomalie nella sua contabilità, e precisamente nei documenti di trasporto. A seguito di controlli sui fornitori la Guardia di Finanza aveva concluso che tale società non aveva mai movimentato alcuna delle merci oggetto delle fatture di vendita. Anche 183 tonnellate di soia biologica indicate nella fattura n. 665 del 19 giugno 2009 di cui all’imputazione non corrispondevano a un’operazione commerciale effettivamente avvenuta; di qui il sequestro preventivo impugnato. F. aveva prodotto a supporto della sua istanza i documenti di trasporto, gli scontrini di pesatura, l’estratto conto bancario della società con l’addebito dell’assegno e l’accredito di pari importo alla venditrice, le analisi chimiche fatte eseguire sulla soia acquistata, il contratto di mediazione, i registri di carico della merce e le fatture di vendita a terzi del prodotto lavorato. Il Tribunale ha rilevato la mancanza dei verbali delle ispezioni eseguite presso i fornitori della pretesa cartiera o delle eventuali sommarie informazioni testimoniali acquisite da essi in relazione agli specifici lotti di soia biologica cui afferisce la fattura del capo d’imputazione; le produzioni dell’indagato, per contro, sono idonee a contrastare l’ipotesi della fittizietà assoluta dell’acquisto. Il reato contestato è quindi configurabile sotto il diverso profilo della inesistenza soggettiva delle operazioni commerciali. Contro l’ordinanza ha presentato ricorso il difensore di G.F. rilevando che il Tribunale ha affermato inspiegabilmente che il prodotto non proveniva da Y. Ciò costituisce non solo un difetto di motivazione ma anche una violazione di legge in rapporto all’articolo 321 c.p.p. che esige quale presupposto della cautela il fumus commissi delicti. Inoltre il Tribunale avrebbe dovuto tenere conto anche degli elementi offerti dall’indagato, e comunque la misura cautelare non poteva essere disposta sulla base di un’ipotesi criminosa configurabile solo in astratto, ma anche considerando la conformazione concreta della vicenda. Il Tribunale non tenta nemmeno di spiegare perché le prove fornite dall’indagato non sono sufficienti a testimoniare la provenienza della merce e quindi non motiva il fumus commissi delicti, bensì si basa sull’asserzione, quasi dogmatica, che la Y è una cartiera. La partecipazione criminosa dell’indagato al fatto, infine, viene esclusa anche dall’assenza di rapporti diretti da lui e il venditore, essendosi F. avvalso di un mediatore. La decisione Secondo la Cassazione il ricorso del contribuente è fondato. Invero, la motivazione dell’ordinanza impugnata patisce una indubbia soluzione di continuità logica laddove, dopo aver riassunto gli elementi fattuali emergenti dagli atti, incluse le produzioni dell’attuale ricorrente – produzioni che effettivamente potevano ben porsi in contrasto con la fittizietà dell’operazione, trattandosi di documenti di trasporto, scontrini di pesatura, documenti bancari attestanti l’addebito dell’assegno al ricorrente e l’accredito di pari importo alla pretesa cartiera, le analisi chimiche sulla soia acquistata, il contratto di mediazione, registri di carico della merce e le fatture di vendita a terzi del prodotto lavorato – e avere affermato anche che la documentazione fornita dall’indagato “in questa sede appare idonea a contrastare l’ipotesi della fittizietà assoluta dell’acquisto”, ha interpretato il contrasto appena riscontrato nel senso che la fittizietà è solo soggettiva. Non ha però indicato come la documentazione appena richiamata potesse essere compatibile con la non provenienza della merce dalla Y, non provenienza qualificata. È configurabile il reato ipotizzato ma sotto il diverso profilo della inesistenza soggettiva delle operazioni commerciali dal momento che la soia effettivamente fornita non proveniva evidentemente da Y. In accoglimento del ricorso, dunque, l’ordinanza deve essere annullata, con rinvio, per nuovo esame al Tribunale di Pesaro. Corte di Cassazione, sentenza n. 5505 del 4 febbraio 2013

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Non imponibilità Iva: operazione accessoria alla cessione intracomunitaria soltanto se il prodotto non è riutilizzabile Solo in presenza di precise condizioni, il soggetto passivo nazionale è legittimato a emettere fattura non imponibile (art. 41, Dl 331/1993); in caso contrario, le operazioni devono essere considerate imponibili ai fini Iva. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 1664/2013, secondo cui il prezzo per la costruzione di stampi, i cui relativi beni sono ceduti in un altro stato membro della Ue, sono assoggettati al regime di non imponibilità ex art. 41, comma 1, lettera a), D.L. n. 331/1993, unicamente a condizione che “lo stampo, a fine lavorazione, sia inviato nell’altro paese comunitario oppure sia distrutto o risulti inservibile a fine produzione”. Soltanto in questo caso la lavorazione dello stampo può essere considerata come operazione accessoria alla cessione intracomunitaria dei beni e, in quanto tale, non assumere un’autonoma configurazione giuridica ai fini della fatturazione (e della compilazione degli elenchi Intrastat). Nel caso di specie, il regime di non imponibilità non poteva essere applicato alle operazioni perché né la società né tantomeno i giudici del secondo grado di merito avevano adeguatamente motivato in ordine “alla inservibilità dello stampo madre successivamente alla produzione del contrappeso, non potendo essere escluso a priori, in mancanza di prova evidente, che lo stampo potesse essere conservato dalla società e nuovamente utilizzato ove per ipotesi il cliente avesse ordinato un’altra partita di contrappesi”. Corte di Cassazione con la sentenza 1664/2013 Rimborso Iva: non era stato presentato il Mod. VR, va bene anche il quadro RX E’ legittima la richiesta di rimborso Iva anche se alla dichiarazione dei redditi non sia stato allegato il Modello VR. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4002 del 18 febbraio 2013. Ciò poiché l’avvenuta esposizione nel quadro RX del Modello Unico testimonia la volontà del contribuente di volere ottenere il rimborso dell’Iva (oltre che dell’Irap) esposta a credito nel quadro RX del Modello Unico, e ciò rappresenta una chiara manifestazione di volontà di ottenere il rimborso. Secondo il principio di diritto recentemente espresso dalla Sezione Tributaria della Suprema Corte (sentenza 7684/12) “in tema di rimborsi dell’Iva, la compilazione del quadro RX4 del modello di dichiarazione unica, nel campo attinente al credito di cui si chiede il rimborso, è legittimamente considerata alla stregua di manifestazione di volontà di ottenere il rimborso; tale manifestazione di volontà identifica, invero, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-bis, la domanda di rimborso fatta nella dichiarazione, e, ancorché non accompagnata dalla presentazione del modello VR ai fini della determinazione dell’importo richiesto a rimborso nella dichiarazione Iva, sottrae la fattispecie al termine biennale di decadenza sancito, in via residuale, dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21”. Corte di Cassazione, sentenza n. 4002 del 18 febbraio 2013 Quando non è detraibile l’Iva sostenuta per le spese legali Per l’impresa non è detraibile l’Iva relativa alle spese legali sostenute per la difesa dell’amministratore sottoposto a procedimento penale per corruzione. Ciò anche se si tratti di un reato che ha procurato un fatturato imponibile all’impresa stessa, giacché non vi è il nesso oggettivo necessario per la detrazione. Non rileva la circostanza che, secondo il diritto nazionale, queste spese siano a carico dell’impresa. Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue nella sentenza del 21 febbraio 2013, causa C-104/12. La questione era stata sollevata dai giudici tedeschi per stabilire se, ai fini della detrazione dell’Iva, il nesso delle spese con l’attività dell’impresa debba essere determinato in base al contenuto oggettivo della prestazione, rappresentato, nel caso di specie, dall’attività di un avvocato diretta a evitare che una persona fisica sia

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sottoposta a condanna penale, oppure rilevino anche i motivi che hanno causato l’acquisto della prestazione stessa, e dunque, nel caso, l’attività economica, nell’ambito della quale è stato commesso, da parte della persona fisica, un reato di corruzione al fine di far conseguire all’impresa un appalto dal quale sono derivate operazioni imponibili. Peraltro, nel caso di specie è risultato che le prestazioni di servizi forensi erano volte direttamente e immediatamente a tutelare gli interessi privati degli imputati, accusati di illeciti riconducibili al loro comportamento personale. Quindi, i procedimenti penali hanno riguardato solo gli imputati a titolo personale e non l’impresa, sebbene un procedimento sarebbe stato giuridicamente possibile anche contro di essa. Questi elementi hanno portato alla conclusione che, alla luce del loro contenuto oggettivo, le spese relative a tali prestazioni non possono essere considerate sostenute ai fini delle attività imponibili dell'impresa. Corte di giustizia Ue, sentenza del 21 febbraio 2013, causa C-104/12 Il biglietto per l’ingresso al parco acquatico è esente da Iva L’organismo senza fini di lucro che, a fronte di un unico biglietto d’ingresso, mette a disposizione, oltre agli impianti per la pratica sportiva, strutture ricreative, fornisce un’unica prestazione complessa che può fruire dell’esenzione dall'Iva. Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue, con la sentenza del 21 febbraio 2013, causa C-18/12, riguardante l’interpretazione dell’art. 132, paragrafo 1, lettera m), della direttiva Iva (2006/112/Ce), secondo cui gli stati membri esentano dall’imposta “talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica”. La questione era stata sollevata dai giudici della Repubblica Ceca nell’ambito di una controversia tra un comune e l’Amministrazione finanziaria, in merito al trattamento Iva delle prestazioni consistenti nella messa a disposizione da parte del comune, dietro pagamento di un biglietto d’ingresso, di un parco acquatico dotato di una piscina suddivisa in varie corsie e provvista di trampolini, di una vasca da gioco per bambini, di gommoni acquatici, di una vasca per idromassaggi, di una piscina-fiume naturale, di un campo da beach volley, di spazi per ping pong, nonché di attrezzature sportive offerte in noleggio. In particolare, i giudici chiedevano alla Corte di giustizia di chiarire se attività sportive non organizzate, non sistematiche e ricreative, che possono essere svolte con tali modalità nel complesso di una piscina all’aperto, quali nuoto ricreativo, giochi a fini ricreativi ecc., possano essere considerate pratica dello sport o dell’educazione fisica ai sensi della disposizione della direttiva sopra richiamata e se, in caso affermativo, la fornitura a titolo oneroso dell'accesso a un complesso come quello descritto, che offra ai visitatori la possibilità di praticare attività sportive, nonché altri tipi di ricreazione e di distensione, debba essere considerata quale servizio strettamente connesso con la pratica dello sport o dell’educazione fisica e, quindi, esente dall'Iva, qualora tali servizi siano resi da un organismo senza fini di lucro. La Corte di giustizia Ue ha osservato che la disposizione in esame mira a favorire, attraverso l’esenzione dall’Iva, lo sport e l’educazione fisica in generale, e non solo alcune pratiche sportive. Inoltre non è necessario che l’attività sportiva sia praticata ad un determinato livello, purché non si tratti di attività svolte in un contesto puramente distensivo e ricreativo. La prima questione va quindi risolta nel senso che attività sportive non organizzate, non sistematiche e non finalizzate alla partecipazione a competizioni sportive possono essere considerate pratica sportiva ai fini Iva. Sulla seconda questione, volta ad accertare se nel caso di specie si tratti di un’unica prestazione complessa, la Corte ha osservato che il fatto che l’unico tipo di biglietto d’ingresso al parco acquatico dia accesso a tutte le installazioni, a prescindere da quella effettivamente utilizzata, dalle modalità e dalla durata del suo utilizzo durante il periodo di validità del biglietto medesimo, costituisce un indizio importante dell'esistenza di un’unica

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prestazione indissociabile. Pertanto, una interpretazione della norma che limitasse l’ambito applicativo dell’esenzione alle sole attività sportive praticate in modo organizzato, sistematico o organizzato o finalizzato alla partecipazione a competizioni sportive sarebbe contraria agli obiettivi prefissati. Corte di giustizia Ue, sentenza del 21 febbraio 2013, causa C-18/12

IMPOSTE DIRETTE Può essere valutata dal fisco la deduzione del compenso corrisposto all’amministratore dalla società L’Amministrazione finanziaria ha il potere di valutare la deducibilità del compenso corrisposto all’amministratore. Lo ha stabilito l’ordinanza n. 3243 del 11 febbraio 2013 della Corte di Cassazione (che ha, così, confermato la decisione del giudice di merito) secondo cui rientra nei poteri del fisco la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, anche se non ricorrano irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o vizi negli atti giuridici d’impresa, con la possibilità di negare la deduzione di un costo ritenuto insussistente o sproporzionato, non essendo l’Ufficio vincolato ai valori o ai corrispettivi indicati nelle delibere sociali o nei contratti (Cassazione, sentenza 9497/2008). Peraltro, in tema di accertamento delle imposte sui redditi (Sentenza n. 4554 del 2010; Sentenza n. 26480 del 2010), incombe al contribuente l’onere della prova dei presupposti dei costi ed oneri deducibili concorrenti alla determinazione del reddito d’impresa, ivi compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi; e, poiché rientra nei poteri dell’Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento, la valutazione della congruità dei costi e dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, con negazione della deducibilità di parte di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell'impresa, l’onere della prova dell’inerenza dei costi, gravante sul contribuente, ha ad oggetto anche la congruità dei medesimi. Si tratta di principi che non risultano incompatibili con il mancato riferimento, da parte dell’art. 95 del Tuir, a tabelle o altre indicazioni vincolanti, che pongano limiti massimi di spesa, oltre i quali la deduzione è interdetta. D’altro canto è inopponibile all’Amministrazione finanziaria il risultato elusivo ottenuto dalla impresa nel “conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici” (Cass. n. 12622/2012; Cass. S.U. n. 30055/2008 begin_of_the_skype_highlightingend_of_the_skype_highlighting). Pertanto, ha concluso la Suprema Corte, va riaffermato che la deducibilità ai sensi dell’art. 62 del T.U.I.R. dei compensi degli amministratori non implica che gli uffici finanziari siano vincolati alla misura indicata in delibere sociali o contratti (Sentenza n. 13478/2001; Cass. n. 12813/2000), rientrando nei normali poteri dell’ufficio la verifica dell’attendibilità economica delle rappresentazioni esposte nel bilancio e nella dichiarazione. Tuttavia, la stessa Cassazione con la sentenza 24957/2010 ha stabilito che, in tema di determinazione del reddito d’impresa, l’Amministrazione non ha il potere di valutare la congruità dei compensi corrisposti agli amministratori, che sono pienamente deducibili. Corte di Cassazione, sentenza n. 3243 del 11 febbraio 2013

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ALTRE IMPOSTE INDIRETTE L’Irap non grava sul professionista in intramoenia Secondo il Tribunale di Firenze (sentenza del 14 febbraio 2013) rimane a carico dell’Azienda Ospedaliera il pagamento dell’IRAP relativa all’attività libero-professionale intramoenia del personale medico delle Aziende Ospedaliere. Inoltre, secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 20812 del 23 novembre 2012), non è soggetto ad Irap il professionista che si avvale sia pure costantemente della collaborazione di altri soggetti, non dipendenti, per lo svolgimento della propria attività. Ciò qualora l’Amministrazione finanziaria non dimostra che tale collaborazione abbia dato luogo ad una struttura organizzata. Tribunale di Firenze, sentenza del 14 febbraio 2013 Si applica l’esenzione da IMU per l’immobile utilizzato per l’attività istituzionale dell’ente non commerciale, non conta l’accatastamento nella categoria D/1 Nel caso di specie, risolto a favore degli enti non commerciali dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano (sentenza n. 176/13/12), è stata accertata l’esistenza del diritto all’esenzione dell’ex ICI per i luoghi di culto, l’utilizzo prevale sull’accatastamento. Tale Commissione Tributaria ha esaminato il caso di un fabbricato destinato all’esercizio del culto islamico, ma accatastato nella categoria D/1 “opificio industriale”. Tuttavia, a parere della C.T.R., l’utilizzazione effettiva dei fabbricati prevale sulla classificazione catastale, per cui un immobile censito nella categoria D/1 può essere destinato all’esercizio del culto e, quindi, rientrare nel regime di esenzione dal pagamento dell’ICI. Ciò ovviamente vale anche ai fini dell’IMU. In particolare, un comune aveva notificato ad un ente non commerciale alcuni avvisi di accertamento per omesso versamento dell’ICI dovuta per le annualità dal 2005 al 2009, con riferimento a un fabbricato censito come “opificio” (categoria catastale D/1) posseduto e utilizzato dall’ente stesso. Tale ente non profit, nell’impugnare gli avvisi, aveva sostenuto e provato che il fabbricato era destinato esclusivamente all’esercizio del culto della religione islamica, sebbene non fosse classificato nella categoria catastale E/7, come invece preteso dall’ente impositore. Il ricorso presentato dall’ente non commerciale è stato accolto prima dalla C.T. Prov. di Lecco e poi dalla stessa C.T.R. di Milano. Ciò poiché il fabbricato era concretamente utilizzato come luogo di culto e, quindi, ai sensi dell’art. 7 del DLgs. n. 504/1992, non poteva essere assoggettato all’ICI (ora IMU). Secondo il Comune l’immobile non avrebbe potuto rappresentare una “moschea” poiché sprovvisto di qualsiasi elemento architettonico per una tale configurazione. Viceversa, l’ente non profit (nel caso di specie una associazione) ha evidenziato che l’uso dei locali come moschea va valutato in concreto, cioè secondo l’effettiva utilizzazione dei locali stessi, mentre ha censurato il paragone fatto dal Comune con i luoghi di culto della religione cattolica poiché la moschea assume una funzione polivalente per la natura stessa della religione islamica. Peraltro, detta associazione ha ricordato l’esistenza della lettera i) del medesimo art. 7 del D.Lgs. n. 504/1992 (Decreto ICI, con esenzione valida anche ai fini IMU), secondo cui sono esenti dall’imposizione gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali e destinati esclusivamente allo svolgimento di attività benefiche. A questo punto le Commissioni tributarie non hanno potuto fare altro che accogliere il ricorso del contribuente (ente non profit), respingendo tutte le varie richieste del Comune. CTR di Milano, sentenza n. 176/13/12

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ACCERTAMENTO / RISCOSSIONE / CONTENZIOSO Atto di compravendita immobiliare non allegato: é nullo l’avviso di rettifica dell’imposta di registro Negli avvisi di rettifica e liquidazione dell’imposta di registro eseguiti secondo il criterio comparativo (secondo cui rilevano i trasferimenti similari avvenuti non oltre il triennio precedente), è obbligatorio allegare l’atto di compravendita richiamato, non conosciuto dalla parte, altrimenti l’atto impositivo è nullo. Lo afferma a chiare lettere la Corte di cassazione, nell'ordinanza n. 3262/2013 begin_of_the_skype_highlighting,end_of_the_skype_highlighting depositata in cancelleria lo scorso 11 febbraio. La pronuncia produce effetti notevoli, se si considera che è prassi consolidata degli uffici finanziari non allegare agli avvisi di rettifica gli atti richiamati in motivazione utilizzati come riferimento. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione menzionata. L’art. 51, comma 3, del D.P.R. n. 131/86 prevede la possibilità, per l’Agenzia delle entrate, di rettificare il valore degli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari, facendo riferimento ai trasferimenti similari (riguardanti immobili di analoghe caratteristiche o condizioni), anteriori di non oltre tre anni alla data dell’atto. Tale metodologia è ampiamente la più diffusa per le rettifiche immobiliari eseguite ai fini del registro. Gli uffici, in sostanza, motivano i propri atti impositivi richiamando altre compravendite similari avvenute nel triennio ad un prezzo più elevato rispetto a quello dichiarato nell'atto rettificato. Nella grande maggioranza dei casi, la motivazione dell’avviso di rettifica si limita a richiamare la compravendita assunta a riferimento (atto pubblico), indicandone gli estremi e il repertorio, senza allegare alcunché. Adesso la Suprema Corte di Cassazione afferma che l’avviso di rettifica così motivato, in assenza dell’allegazione dell'atto pubblico richiamato, è nullo. Corte di Cassazione, ordinanza n. 3262 del 11 febbraio 2013 Studi di settore: onere della prova a carico del fisco Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 2368 del 31 gennaio 2013), non è il contribuente che deve dimostrare l’applicabilità di uno degli studi di settore, ma è onere dell’amministrazione finanziaria provare la fondatezza della pretesa tributaria. La procedura di accertamento tributario standardizzalo mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. Poi, la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate. Corte di Cassazione, sentenza n. 2368 del 31 gennaio 2013 Studi di settore non applicabili alle imprese “caratteristiche” La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3355 del 12 febbraio 2013, ha stabilito che gli studi di settore sono inapplicabili all'impresa con “specifiche caratteristiche” non riconducibili al campione statistico studiato dal fisco. Diventa così sempre più difficile per il fisco applicarli in caso di scostamento, anche grave, dal reddito dichiarato dal contribuente. Da ciò deriva che sono sempre meno applicabili gli standard. D’altro canto, per la Suprema Corte la procedura di accertamento mediante studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici la cui gravità, precisione e concordanza non è determinata dallo scostamento del

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reddito dichiarato rispetto agli “standard”, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello 'standard' prescelto e con le ragioni per cui sono state disattese le contestazioni del contribuente. Corte di Cassazione, sentenza n. 3355 del 12 febbraio 2013 Il reato di occultamento delle scritture contabili ha natura permanente Costa caro occultare le scritture contabili (nel caso di specie, le fatture emesse), questo anche ai fini dei termini di prescrizione del reato che diviene decennale (e non, quindi, quinquennale). E’ quanto si evince dalla lettura della sentenza n. 5974 del 07 febbraio 2013 emessa dalla Corte di Cassazione. Il fatto Un imprenditore individuale esercente l’attività di commercio al dettaglio di prodotti non classificati, al fine di evadere l’Iva, ovvero di consentire l’evasione a terzi, per le annualità dal 1997 al 2006, occultava i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in particolare le fatture emesse, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari. In un primo momento il GIP aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti dell’imputato in ordine al reato di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 74 del 2000, limitatamente alle annualità dal 1997 al 2005, per intervenuta prescrizione del reato. Ma poi la Cassazione, intervenuta a seguito del ricorso presentato dal Procuratore generale presso il Tribunale, ha ribaltato la decisione che alla fine è divenuta sfavorevole al suddetto imprenditore. Dunque, l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione non si era ancora verificata. Infatti, il reato di occultamento delle scritture contabili ha natura permanente, sicché il momento consumativo di detto reato è coinciso con il momento di verifica della documentazione da parte della Guardia di Finanza. Nel caso di specie, il momento consumativo del reato contestato all’imputato, anche con riferimento alle annualità dal 1997 al 2005, é coinciso con la formale contestazione da parte della Guardia di Finanza, intervenuta in data 30 maggio 2006, come indicato nel capo di imputazione, con la conseguenza che termine di prescrizione del reato non era ancora decorso. La decisione della Cassazione Secondo la Suprema Corte, in tema di reati tributari, vale il principio in base al quale il reato di occultamento della documentazione contabile (art. 10 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74), consistente nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione richiesta dagli organi verificatori, ha natura di reato permanente, posto che la condotta di occultamento perdura fino al momento dell’accertamento fiscale. Infatti, il reato si manifesta nel momento dell’ispezione, quando gli agenti chiedono di esaminare detta documentazione, che l’imprenditore è tenuto a conservare ed esibire, per cui è a tale momento che deve essere fatto riferimento per l’individuazione del dies a quo del decorso del termine di prescrizione. Nel caso di specie, poiché l’ispezione della Guardia di Finanza è intervenuta il 30 maggio 2006, da tale data deve computarsi il decorso del termine di prescrizione del reato di cui all’art. 10 del D.Lgs. n. 74 del 2000 contestato all’imputato. Per conseguenza il reato contestato, anche in riferimento alle scritture contabili ed alla documentazione relativa agli esercizi compresi tra il 1997 ed il 2005, non è risultato ancora estinto per decorrenza dei termini di prescrizione. Corte di Cassazione, sentenza n. 5513 del 4 febbraio 2013 Vanno dedotte le spese relative alle strategie commerciali Sempre deducibili i costi per strategie commerciali. Spetta al fisco provare che sono superflui i costi rientranti nella strategia commerciale della società i quali se inerenti all’attività d'impresa sono deducibili. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3340 del 12 febbraio 2013. Sono, pertanto, deducibili i costi che, seppur non direttamente attribuibili all’attività d’impresa, rientrano nella strategia commerciale. E’ all’Amministrazione finanziaria, che intende disconoscerne l’inerenza dei costi all’attività d’impresa, che spetta il compito di fornire la dimostrazione in giudizio. Respinto, quindi, il ricorso del fisco. Corte di Cassazione, sentenza n. 3340 del 12 febbraio 2013 Al privilegio non basta la fattura, salvo il curatore È escluso che il credito dell’azienda possa essere iscritto in via privilegiata al passivo del cliente fallito quando

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Quest’ultimo è, per il giudice, viziato da nullità assoluta e, quindi, è come se non ci fosse. Da un punto di vista sostanziale, la tesi della nullità è sostenuta dal giudice mettendo in evidenza che il redditometro viola la norma di riferimento (articolo 38 del dpr 600/1973), introducendo meccanismi di controllo invasivi su base familiare, accomunando realtà geografiche diverse. Nell’ordinanza si rimarca la violazione del diritto alla libertà individuale, in quanto il contribuente non è libero di poter spendere il proprio denaro senza dover rendere conto al fisco e senza subire intrusioni alla riservatezza propria e dei propri familiari. Il redditometro viola anche il diritto costituzionale di difesa e lede il rapporto di collaborazione tra pubblica amministrazione e cittadino. Nell’ordinanza si legge che il redditometro dà agli uffici finanziari poteri ispettivi addirittura maggiori rispetto all'autorità giudiziaria. Infine il giudice ritiene che comunque il redditometro non sia in grado di sconfiggere l’evasione, potendosi fare comunque ricorso a prestanome. Le valutazioni formulate dall’ordinanza in esame si caratterizzano per una forte discrezionalità, soprattutto per quanto concerne la tesi della nullità assoluta per radicale contrasto con le norme costituzionali. Tribunale di Napoli, Sezione distaccata di Pozzuoli, ordinanza 21 febbraio 2013

Minusvalenze abuso di diritto: solo vantaggi fiscali? Sul principio generale antielusivo, a parere della Suprema Corte è il contribuente che deve fornire prova delle valide ragioni economiche dell’operazione. In particolare, con la sentenza n. 4901 del 27 febbraio 2013, la Corte di Cassazione ha stabilito che è abuso del diritto ripianare la perdita della partecipata e successivamente cedere la quota di partecipazione generando una minusvalenza. Tutto è scaturito da un accertamento emesso nei confronti di una società con cui era stata ripresa a tassazione una minusvalenza derivante dalla cessione di una partecipazione. In un primo momento la perdita della partecipata era stata coperta dalla partecipante, poi i titoli erano stati venduti generando, così, una minusvalenza. Per l’Amministrazione finanziaria la minusvalenza era indeducibile perché priva del carattere di necessarietà e inerenza. La C.t.p. annullava la pretesa e la decisione era confermata anche dal giudice di appello. In Cassazione i giudici hanno chiarito il concetto di inerenza necessario ai fini della deducibilità. Deve essere finalizzato ad un’attività potenzialmente idonea alla produzione degli utili. Nel caso di specie le attività poste in essere erano chiaramente antieconomiche e quindi inidonee a produrre guadagni. Corte di Cassazione, sentenza n. 4901 del 27 febbraio 2013 Irap: possibile ricorrere contro la cartella di pagamento quale primo atto con cui la pretesa viene portata a conoscenza del contribuente Il contribuente può contestare una pretesa del fisco relativa all’Irap anche in sede di impugnazione della cartella emessa sulla base delle sue dichiarazioni non essendo affatto necessario che il contribuente versi quanto chiesto in cartella, per poi presentare domanda di rimborso e ricorrere contro il silenzio o il diniego. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4003 del 19 febbraio 2013. Un contribuente ha dovuto ricorrere in cassazione al fine di contestare la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia 1/32/10 del 12 gennaio 2010 che aveva rigettato l’appello del medesimo contribuente affermando che il ricorso (nel quale aveva sostenuto il non assoggettamento ad Irap dei suoi redditi professionali relativi all’attività svolta nell’anno 2003) doveva essere respinto poiché rivolto contro la cartella di pagamento emessa a seguito della denuncia dei redditi presentata dal contribuente stesso. Ebbene la Suprema Corte ha accolto il ricorso giacché ritiene pacifico che il contribuente possa contestare una pretesa tributaria anche in sede di impugnazione della cartella

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emessa sulla base delle sue dichiarazioni; purché ovviamente tale cartella costituisca il primo atto con cui la pretesa viene portata a conoscenza del contribuente. E non è affatto necessario che il contribuente versi quanto chiesto in cartella, e quindi, presenti domanda di rimborso, impugnando il silenzio-rigetto. Infatti la Corte di Cassazione, con sentenza n. 9872 del 5 maggio 2011, ha affermato che il contribuente può contestare, anche emendando le dichiarazioni presentate all’Amministrazione finanziaria, l’atto impositivo che lo assoggetti ad oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico; e tale contestazione deve farla proprio impugnando la cartella esattoriale, non essendogli consentito di esercitare l’azione di rimborso dopo il pagamento della cartella. Corte di Cassazione, sentenza n. 4003 del 19 febbraio 2013 L’indice “Roe” non giustifica l’accertamento induttivo del fisco Il recupero a tassazione non può scattare sulla base del cosiddetto indice “Roe” e cioè fra il rapporto del capitale investito con il risultato operativo. Infatti da questi dati non può essere desunta la condotta antieconomica da parte dell’imprenditore. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2331 del 31 gennaio 2013 che confermando la decisione di primo grado, ha ritenuto l’invalidità di un accertamento analitico-induttivo per Iva, Irpeg e Irap, relativo all’annualità 1999. E’, quindi, emerso che non poteva desumersi dagli atti di causa l’aspetto di antieconomicità della gestione imprenditoriale cui era stato invece associato, dal fisco, il presupposto di inattendibilità delle scritture contabili esibite. Anzi è stato evidenziato come tale aspetto non potesse evincersi in presenza “di un reddito netto nell’anno 1999” in rapporto al capitale investito (“con un incremento pari a + 43,868 %”), e in considerazione dell’indice Roi (rectius Roe: "Return on equity") evidenziato dal contribuente, facente leva sul rapporto, desumibile dal conto economico, tra il risultato operativo e il capitale investito. Per ultimo, la Suprema Corte ha osservato che il ricarico ritenuto insufficiente è comunque pari a quanto ipotizzato per uno degli anni presi a parametro. Per tutte queste ragioni la Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dall’Agenzia delle entrate. Corte di Cassazione, sentenza n. 2331 del 31 gennaio 2013 Sanzioni tributarie: il principio del favor rei si applica anche d’ufficio ed in ogni stato e grado del giudizio In tema di sanzioni tributarie, alla abrogazione del principio di ultrattività delle disposizioni sanzionatorie è subentrato il principio del favor rei nella sua duplice prospettazione; nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che secondo la legge posteriore non costituisce violazione punibile; se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa si applica la legge più favorevole. In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il principio del favor rei, introdotto dall’art. 3 del D.Lgs 18 dicembre 1997 n. 472 è, secondo il successivo art. 25, comma 2, applicabile alle violazioni commesse anteriormente al 1° aprile 1998 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 472 cit.) applicabile ai procedimenti in corso. La giurisprudenza della Corte di Cassazione è poi univoca nel ritenere che il principio trovi applicazione anche d’ufficio ed in ogni stato e grado del giudizio, a condizione che via sia un procedimento ancora in corso e che il provvedimento impugnato non sia definitivo (Cass. n. 17069 del 2009; Cass.n. 1055/2008 la quale ha statuito che la citata, norma superveniens, entrata in vigore il 1.4.1998, incidente sul quantum della sanzione tributaria in

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senso favorevole al contribuente perché sostituisce, alla somma delle singole sanzioni, speciali criteri di calcolo previsti per il concorso di violazioni e per la continuazione è applicabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, e quindi anche in sede di legittimità (Cass. nn. 10599/2002, 12865/2001). Inoltre, il D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 25, comma 2, rende espressamente applicabili le nuove disposizioni – in particolare, per quanto interessa, quelle contenute nell’art. 3, comma 3, stesso testo, introduttive del principio di legalità e di favore per il contribuente – ai processi in corso, “salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo (Cass. n. 4408/2001)”. Il nuovo regime sanzionatorio si può dunque applicare nel caso di specie, trattandosi di violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore della norma e non potendosi considerare definitivo il provvedimento irrogativo oggetto di ricorso dal momento che esso è contestuale e strettamente correlato all’accertamento dedotto in lite. Risulta, poi, che lo ius superveniens favorevole al contribuente (essendo il nuovo regime entrato in vigore il 1° aprile 1998) è sopravvenuto nella pendenza del giudizio innanzi alla Commissione Tributaria Centrale la quale, in applicazione dei principi sopra illustrati, avrebbe dovuto applicarlo d’ufficio. Sul punto, pertanto, la causa è stata rinviata al Giudice del merito al fine di provvedere alla valutazione dell’incidenza sulla fattispecie della norma più favorevole al contribuente. Corte di Cassazione, sentenza n. 1656 del 24 gennaio 2013 Fermo amministrativo su cartella esattoriale contenente più ruoli (per tributi e non): intervento della Cassazione a sezioni unite In presenza di un provvedimento di fermo amministrativo derivante da cartelle di pagamento contenenti pretese sia tributarie sia non tributarie, la giurisdizione spetta comunque alle Commissioni tributarie, qualora il difetto di giurisdizione sia stato pronunciato in primo grado solo per i crediti non tributari e l’appello sia stato, invece, limitato alle pretese aventi natura tributaria. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, a sezioni unite, con la sentenza 1706 del 24 gennaio 2013. Ne consegue, quindi, che le singole pretese creditorie devono essere vagliate dal giudice fornito della relativa giurisdizione. Tuttavia, in presenza di contestazione del fermo amministrativo su cartelle relative sia a crediti di natura tributaria sia a crediti di diversa natura, non sarebbe possibile scindere la pretesa tributaria da quella di natura amministrativa, e pertanto la giurisdizione per i crediti non tributari andrebbe estesa anche alla materia tributaria ?. Per comprendere meglio la querelle, si riporta di seguito il contenuto integrale della suddetta sentenza. Svolgimento del processo Con ricorso alla Commissione Tributaria provinciale di Caserta, F. Z. impugnò il fermo amministrativo di varie autovetture di sua proprietà iscritto da Equitalia Polis S.p.A. in forza di un complesso di cartelle esattoriali relative ad infrazioni al codice della strada, tasse automobilistiche, imposta di registro, IRPEF e contributi al SSN. La Commissione Tributaria, con sentenza n. 574/05/2008, dichiarò il difetto di giurisdizione per i crediti non aventi natura tributaria e rigetto il ricorso in relazione al fermo per crediti tributari. Su appello di F. Z. avverso la sola statuizione di rigetto, la Commissione Tributaria regionale di Napoli ha dichiarato il difetto di giurisdizione in relazione a tutte le cartelle impugnate ed ha rimesso le parti davanti al giudice ordinario. Ricorre F. Z. – Resiste Equitalia Sud S.p.A. (subentrata a Equitalia Polis) – Vi è memoria del ricorrente. Motivi della decisione 1. La Commissione Tributaria regionale di Napoli, con la sentenza impugnata, ha ritenuto che, in presenza di contestazione del fermo amministrativo relativo sia a cartelle relative a crediti di natura tributaria che a crediti di diversa natura, non è possibile scindere la pretesa tributaria da quella di natura amministrativa, e pertanto la dichiarazione di difetto di giurisdizione per i crediti non tributari rilevata dai giudici di primo grado va estesa anche alla materia tributaria. 2. Il ricorrente, denunciando, con il secondo motivo, da esaminare con priorità, violazione e falsa applicazione degli artt. 37, 38 e 329 comma 2 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 n. 1 e 3 c.p.c., sostiene che, poiché la Commissione di primo grado ha espressamente

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dichiarato il difetto di giurisdizione limitatamente alle cartelle esattoriali non aventi natura tributaria, in difetto di appello su tale capo della sentenza, impugnata dallo Z. solo sul rigetto nel merito dell’opposizione al fermo per i crediti tributari, si è formato il giudicato, con conseguente preclusione del rilievo d’ufficio del difetto di giurisdizione compiuto dalla Commissione regionale. 3. Il motivo è fondato. Erroneamente al Commissione Tributaria regionale ha dichiarato d’ufficio in appello il difetto di giurisdizione del giudice tributario sia in relazione alle cartelle emesse per crediti non tributari sia in relazione a quelle per crediti di natura tributaria, ed ha rimesso l’intera causa al giudice ordinario. Come esattamente rilevato dal ricorrente, la Commissione Tributaria provinciale aveva espressamente limitato la dichiarazione di difetto di giurisdizione solo in relazione alle cartelle per crediti non tributari, e si era pronunciata nel merito, rigettando il ricorso, in relazione alle cartelle per crediti tributari. Per effetto della esplicita pronuncia negativa sulla giurisdizione, in difetto di appello sul punto, avendo il ricorrente ristretto l’impugnazione al rigetto nel merito per i crediti tributari, si è formato il giudicato, ed era pertanto precluso alla Commissione Tributaria regionale rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione (per tutte: S.U. n. 24883/2008). 4. D’altra parte, con riferimento alle cartelle per crediti di natura tributaria, la pronuncia sul merito della Commissione tributaria di primo grado reca una implicita(ed ovvia) affermazione della giurisdizione, sicché, essendo stato proposto dal soccombente appello solo sul rigetto nel merito, sulla sussistenza della giurisdizione tributaria si è formato il giudicato, ed era precluso alla Commissione Tributaria regionale negare d’ufficio la giurisdizione. 5. In conclusione, va accolto il secondo motivo, e resta assorbito il primo,concernente l’erronea interpretazione dell’originaria domanda come unitaria. Va dichiarata la giurisdizione della Commissione Tributaria in relazione alla contestazione delle cartelle per crediti tributari. La sentenza va cassata e la causa rinviata alla Commissione Tributaria regionale di Napoli, in diversa composizione, per la decisione nel merito. Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M. La Corte a Sezioni Unite accoglie il secondo motivo, assorbito il primo, dichiara la giurisdizione della Commissione Tributaria, cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Commissione Tributaria regionale di Napoli. Così deciso in Roma il 9 ottobre 2012 Corte di Cassazione, a sezioni unite, sentenza 1706 del 24 gennaio 2013 Donazione presunta: sì all’accertamento induttivo Il contribuente deve provare la donazione (di immobili, auto) altrimenti si applica l’accertamento induttivo. Lo dice la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2805 del 06 febbraio 2013 che si riporta di seguito: Svolgimento del processo e motivi della decisione Nel ricorso è stata depositata in cancelleria la seguente relazione: 1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 20/41/10, depositata il 12 febbraio 2010, con la quale, rigettato l’appello della medesima contro la decisione di quella provinciale, l’opposizione di P.B., esercente la professione di avvocato, e successivamente deceduto, inerente all’avviso di accertamento relativo all’Irpef per il 1998, veniva accolta. In particolare il giudice di secondo grado osservava che l’atto impositivo si basava su elementi standardizzati, che tuttavia erano stati smentiti dalla documentazione prodotta dal contribuente, col quale peraltro non c’era stato un previo contraddittorio, senza che di contro l’Agenzia avesse fornito la prova della pretesa azionata. R.C., madre esercente la potestà del genitore sulla figlia minore F.B., unica erede del defunto contribuente, non si è costituita. 2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di norme di legge e vizio di motivazione, in quanto la Ctr non considerava che doveva fornire gli elementi necessari al fine di esplicitare il procedimento argomentativo, in virtù del quale perveniva al giudizio espresso, mentre ciò non si verificava nella specie. Il motivo è fondato, in quanto, com’è noto, in tema di accertamento induttivo dei redditi, l’Amministrazione finanziaria può – ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 – fondare il proprio accertamento sia sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili “dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell’attività svolta”, come nella specie, sia sugli studi di settore, nel quale ultimo caso l’Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per le ricostruzione del reddito del contribuente (Cfr. anche Cass. sentenza n. 16430 del 27/07/2011). Del resto, in tema di accertamento tributario, la necessità che lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore testimoni una “grave incongruenza”, espressamente prevista dall’art. 62-sexies del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, aggiunto dalla legge di conversione 29 ottobre 1993, n. 427, ai fini dell’avvio della procedura finalizzata all’accertamento, deve ritenersi implicitamente confermata, nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva, dall’art. 10, comma 1, della legge 8 maggio 1998, n. 146, il quale, pur richiamando direttamente l’art. 52-sexies cit., non contempla espressamente il requisito della gravità dello scostamento, come nel caso in esame (V. pure Sez. U., sentenza n. 26635 del 18/12/2009). 3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia vizio di motivazione, giacché il giudice del gravame non indicava le ragioni, per le quali ometteva di esaminare la questione attinente all’acquisto di un’autovettura oltre che di un appartamento, senza che gli assegni bancari e circolari prodotti potessero denotare che si sarebbe trattato di una donazione del padre. La censura, che peraltro rimane assorbita dal primo motivo, comunque va condivisa, giacché gli elementi presuntivi addotti dall’Agenzia non potevano ritenersi superati da quelli dedotti dal contribuente per la loro genericità.

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4. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio. La Corte, vista la relazione, il ricorso e gli altri atti di causa; ritenuto che sulla base delle argomentazioni svolte in relazione e dei principi ivi richiamati, il ricorso va accolto e, per l’effetto, cassata l’impugnata decisione; considerato che il giudice del rinvio, che si designa in altra sezione della Ctr della Campania, precederà al riesame e quindi, adeguandosi ai richiamati principi, deciderà nel merito e sulle spese, offrendo congrua motivazione; Visti gli artt. 375 e 380 bis cpc.

PQM Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia ad altra sezione della Ctr della Campania Corte di Cassazione, sentenza n. 2805 del 06 febbraio 2013 Niente accertamento induttivo: le scritture contabili non richieste dal fisco si possono poi esibire in giudizio a difesa del contribuente L’Agenzia delle entrate non può procedere con l’accertamento induttivo in mancanza di un invito a presentare questionari (nel caso di specie, mod. 55) o libri, registri e fatture. Il giudice di merito deve ammettere la documentazione fiscale prodotta dalla parte se l’ufficio non l’aveva precedentemente richiesta In tale ipotesi, dunque, la preclusione non scatta. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2867 del 07 febbraio 2013, che ha ribaltato la decisione della Commissione Tributaria Regionale, la quale, invece, riteneva corretto applicare l’accertamento induttivo in presenza di omessa presentazione della dichiarazione Iva. In particolare, una società di persone aveva ricevuto un accertamento induttivo poiché non aveva presentato le dichiarazioni Iva e Irap per il periodo d’imposta 2003. La società, dopo aver prodotto la documentazione fiscale in suo possesso, chiedeva la rettifica in diminuzione di quanto accertato dalle Entrate. Per la Suprema Corte, a differenza dei giudici di merito, la preclusione di esibizione dei documenti non opera perché si attiva solo in caso di mancata esibizione in risposta agli inviti dell’ufficio. Ma, nel caso di specie, tutto questo non era avvenuto e la società aveva, quindi, il diritto di produrre i documenti in contenzioso. La Cassazione ha, dunque, ribaltato la decisione con cui la Commissione tributaria regionale aveva ritenuto legittimo l’accertamento induttivo del reddito, dell’Iva e dell’Irap operato dall’Amministrazione finanziaria nei confronti di una società di persone che non aveva presentato le rispettive dichiarazioni. La C.T.R., in particolare, aveva considerato non producibili i documenti depositati dalla contribuente in sede contenziosa ritenendo operante la preclusione di esibizione della documentazione. Ma secondo la Cassazione è errata l’affermazione del giudice di merito che non ammette in giudizio le scritture contabili del contribuente poiché non esibiti o trasmessi nella fase amministrativa. Tale preclusione è prevista dalle norme tributarie (art. 32, D.P.R. n. 600/1973) ma si attiva solo nell’ipotesi di mancata produzione da parte del contribuente a seguito di apposito invito emesso dall’Amministrazione finanziaria. Nel caso di specie la stessa C.T.R. aveva appurato che l’ufficio non aveva richiesto ne libri contabili ne altri documenti. Pertanto, in tale caso a propria difesa il contribuente può produrli anche nella fase contenziosa presso le varie Commissioni tributarie. In definitiva, la Cassazione ha, quindi, accolto il ricorso presentato dal contribuente annullando di fatto l’accertamento induttivo. Corte di Cassazione, sentenza n. 2867 del 07 febbraio 2013

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Attività abusive: il reddito tassabile si desume dai movimenti rilevati sul c/c bancario Se mancano le scritture contabili, i versamenti ed i prelevamenti sul c/c di un professionista che esercita abusivamente l’attività (nel caso di specie, sanitaria) costituiscono presunzioni di reddito nell’anno in cui risultano incassati. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2894 del 7 febbraio 2013. Dopo una verifica della Guardia di finanza presso la sede di un medico abusivo, l’Amministrazione finanziaria ha emesso avvisi di accertamento basati sui dati rinvenuti dai controlli bancari sui conti del contribuente. In particolare, avvalendosi degli accertamenti bancari, l’Ufficio del fisco ha ritenuto come operazioni imponibili ai fini Iva e Irpef (artt. 32 del D.p.r. n. 600/1973, e 51 del D.p.r. n. 633/1972) tutte le movimentazioni operate dal contribuente. Ciò poiché il soggetto, nella sua qualità di abusivo, non aveva istituito le scritture contabili e non aveva ottemperato all’invito della Guardia di finanza di fornire dati e notizie sugli elementi desunti dagli accertamenti bancari. La Suprema Corte ha affermato il principio secondo cui “tutti i versamenti e i prelevamenti risultanti dal conto …(quando, come nella specie, sia accertato l’esercizio abusivo di un’attività professionale) costituiscono presunzioni di reddito in rapporto all’anno nel quale sono effettuati…”, non essendo stata tenuta la contabilità prevista per legge (Cassazione, sentenza n. 2894/2013). E’, quindi, legittima l’utilizzazione dei dati e degli elementi risultanti dall’esame dei conti bancari, per fondare la presunzione che i movimenti del conto corrispondono a operazioni imponibili (Cassazione, sentenza n. 14675/2006) fino a quando il contribuente non fornisce prova idonea a giustificare i vari movimenti bancari e a dimostrare che gli stessi sono estranei al suo reddito o perché a lui non riferibili di fatto, o perché ricollegabili ad atti non soggetti a tassazione (Cassazione, sentenze n. 2843/2008 e n. 21975/2009). E deve farlo non con una prova generica perché, altrimenti, continua a operare la presunzione di consequenzialità da operazioni imponibili (Cassazione, sentenze n. 21132/2011 e n. 21125/2010). È necessario, cioè, che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità ad attività estranea (e non imponibile) di ogni singola movimentazione del conto (Cassazione, sentenza n. 13818/2007). Nel caso di specie, tale prova non è stata fornita né per i versamenti (imputati ai ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività anche se abusiva) né per i prelevamenti (considerati come costi in nero e corrispondenti a ricavi non dichiarati), dei quali non vi era traccia nella contabilità, e che, quindi, hanno informato il Fisco della effettiva redditività del conto bancario (Cassazione, sentenza n. 14041/2011). Corte di Cassazione, sentenza n. 2894 del 7 febbraio 2013 Le Commissioni Tributarie possono accettare come prove le intercettazioni telefoniche Se il giudice di merito lo ritiene opportuno può accettare come prove nel processo tributario le intercettazioni telefoniche e le dichiarazioni rese dal personale della Guardia di Finanza. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2916 del 7 febbraio 2013. Spetta, dunque, a tale giudice (C.T.P. e C.T.R.) decidere se accettare o meno tali dichiarazioni. L’analisi della Suprema Corte si è, in particolare, soffermata su un punto della motivazione del ricorso, quello riguardante la legittimità della sentenza formulata sulla base di sommarie di informazioni testimoniali ed intercettazioni telefoniche, in violazione dell’art. 7, comma 4 del D.Lgs. n. 546/1992 e art. 246 c.p.c.. Se è vero che la citata norma non ammette il giuramento e la prova testimoniale in seno al processo tributario, nel caso di specie non sono state dedotte dai ricorrenti le prove testimoniali ma le intercettazioni telefoniche in quanto tali. La Corte ha precisato che, quando sono inserite nel processo verbale di constatazione, le dichiarazioni di terzi raccolte dalla polizia tributaria non hanno natura di testimonianza ma di mere informazioni inserite nell’ambito delle indagini amministrative.

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Già in precedenza il giudice supremo, con la sentenza 4306/2010, in merito al divieto imposto dall’art. 270 c.p.p. di utilizzare i risultati di intercettazioni telefoniche in procedimenti diversi da quello in cui sono state disposte, ha chiarito che detto divieto non opera nel contenzioso tributario, ma soltanto in ambito penale. La giurisprudenza ha ammesso come principio generale, per l’utilizzo delle informazioni raccolte dalla polizia tributaria all’interno del processo, quanto disposto dall’art. 63 del D.p.r. n. 633/1972, in forza del quale la Guardia di finanza, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria, trasmette i documenti o le notizie acquisite anche da altre Forze nell’esercizio dei poteri di polizia giudiziaria. Tutelando in tal caso la riservatezza delle indagini penali. Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno dubitato della legittimità delle intercettazioni telefoniche in ambito penale, svolte dall’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge, ma hanno sollevato qualche perplessità sull’estensione di tale mezzo nel processo tributario. Corte di Cassazione, sentenza n. 2916 del 7 febbraio 2013 La class action anche nel processo tributario La recente sentenza della Corte Suprema apre alla possibilità della class action nel processo tributario. Via libera, dunque, al ricorso cumulativo sulle cartelle di pagamento. E’ legittimamente proponibile un unico ricorso cumulativo da parte di diversi contribuenti contro diverse cartelle di pagamento ove abbia come oggetto una questione identica. Insomma nel processo non ci sono norme che impediscono l’azione giudiziaria cumulativa. Lo ha, infatti, stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4490 del 22 febbraio 2013 che ha accolto il ricorso di alcuni contribuenti che si erano uniti impugnando delle cartelle di pagamento relative a contributi consortili. Accogliendo le istanze dei cittadini che, adesso potranno presentarsi di fronte alla Commissione tributaria insieme, se la causa verte su una questione identica, abbattendo così le spese legali, i Supremi giudici hanno spiegato che il procedimento tributario, così come delineato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, non contiene alcuna norma in ordine al cumulo dei ricorsi. Quindi, in tale ambito normativo va affermata l’applicabilità nel processo tributario dell’art. 103 cpc, per il quale più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto o per il titolo dal quale dipendono oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente dalla risoluzione di identiche questioni. Basta questo per ritenere la legittimità. Questo anche perchè all’interno del processo tributario non si rinviene alcuna incompatibilità con l’istituto del litisconsorzio improprio ex art. 103 c.p.c.. Infatti, il litisconsorzio necessario previsto dalle norme del processo tributario non ha come conseguenza l’inammissibilità dell’applicazione del litisconsorzio improprio così come il principio sancito dall’art. 18 del D.Lgs. 546 del 1992 (secondo cui ogni atto autonomamente impugnabile può essere impugnato solo per vizi propri) non appare violato dalla mera materiale unicità del ricorso con il quale più soggetti impugnino atti autonomamente impugnabili per vizi propri deducendo a conforto identiche questioni. Corte di Cassazione, sentenza n. 4490 del 22 febbraio 2013 Accesso sbarrato all’abitazione “di fatto” Limiti per Fisco e Guardia di finanza. Se il PM ha dato il via libera all’accesso all’abitazione del contribuente non si può, però, entrare nella casa della convivente. Neppure se è lo stesso contribuente ad ammettere di risiedervi abitualmente. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4498 del 22 febbraio 2013.

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risultano prive di data certa le fatture e le bolle di accompagnamento che comproverebbero la fornitura effettuata alla società ancora in bonis. Il curatore, infatti, è terzo e non parte in causa: scattano dunque i limiti probatori di cui all’art. 2704 c.c.. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, a sezioni unite, con la sentenza 4213/2013, che ha, così, risolto un contrasto giurisprudenziale. Nessun dubbio sulla “estraneità” del curatore alle vicende pregresse rispetto alla dichiarazione di insolvenza. Il curatore non è un successore del fallito: non ha preso parte al rapporto giuridico posto a base della pretesa creditoria fatta valere in sede di ammissione e dunque deve essere considerato considerare terzo. Ne consegue che, in sede di verifica dei crediti per l’ammissione al passivo, per la determinazione della data di scritture private trova piena applicazione il primo comma dell’art. 2704 c.c. con la regola della certezza e computabilità. E la mancanza di una data certa nelle scritture prodotte si configura come fatto che impedisce l’accoglimento della domanda proposta dal creditore. Corte di Cassazione, sentenza 4213/2013

Non vale il reddito civilistico ai fini della valutazione dell’avviamento dell’azienda La valutazione dell’avviamento dell’azienda dichiarato nell’atto di cessione deve essere riferita unicamente al reddito fiscale. E’ questo il metodo di valutazione da seguire secondo la Commissione Tributaria Provinciale di Firenze (sentenza n. 39/20/2013 del 12 febbraio 2013), che, nel caso di specie, ha dato ragione all’Agenzia delle entrate. Il contribuente si era opposto alla maggior valutazione dell’avviamento di azienda dichiarato nell’atto di cessione, poiché si sarebbe dovuta ancorare al reddito “civilistico” e non a quello “fiscale”. Ai sensi dell’art. 2, comma 4, del D.P.R. n. 460/1996, che il ricorrente non ha contestato, “per le aziende e per i diritti reali su di esse, il valore di avviamento è determinato sulla base degli elementi desunti dagli studi di settore o, in difetto, sulla base della percentuale di redditività applicata alla media dei ricavi accertati o, in mancanza, dichiarati ai fini delle imposte sui redditi negli ultimi tre periodi d’imposta anteriori a quello in cui è intervenuto il trasferimento, moltiplicata per tre……..”. Pertanto, conclude la C.T.P. fiorentina, il riferimento viene fatto ai ricavi dichiarati ai fini delle imposte sui redditi (derivanti dall’attività tipica e non). Commissione Tributaria Provinciale di Firenze — Sentenza n. 39/20/2013 del 12 febbraio 2013 E’ nullo il decreto sul redditometro Disapplicato il decreto sul redditometro. È nullo per contrasto con i diritti costituzionali dell'individuo e in particolare con il diritto alla libertà individuale, di cui una emanazione è il diritto alla privacy. Il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, con l’ordinanza 21 febbraio 2013, ha ordinato alla Agenzia delle Entrate di non intraprendere alcuna ricognizione, archiviazione, o comunque attività di conoscenza e utilizzo dei dati di un contribuente. Non solo. Ha anche ordinato e di cessare, se iniziata, ogni attività di accesso, analisi, raccolta dati. Infine, il giudice ha ordinato alla Agenzia delle entrate di informare il contribuente se è in atto un'attività di raccolta dati e, in caso positivo, di distruggere tutti i relativi archivi. Lo strumento civilistico usato è il provvedimento di urgenza ex articolo 700 del codice di procedura civile. Questo strumento, quando è attivato nei confronti della pubblica amministrazione, presenta alcuni ostacoli. Primo tra tutti, il divieto al giudice di invadere la competenza della pubblica amministrazione; il giudice non può, attraverso una pronuncia, sostituirsi all’ente pubblico. Ma questo ostacolo è superato dal giudice di Pozzuoli con un argomento che ridimensiona il decreto sul redditometro.

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La Suprema Corte ha, quindi, respinto il ricorso del fisco contro la pronuncia della C.T.P. di Piacenza pure favorevole ad un contribuente che lamentava l’illegittimità di tre avvisi di accertamento elevati a seguito di un accesso della G.D.F. presso un’abitazione privata. Ciò poiché l’abitazione dove la documentazione alla base degli accertamenti era stata rinvenuta era quella della convivente e non dell’interessato. Da ciò è emerso che l’autorizzazione del PM per un’abitazione non può estendersi a quella della convivente. Corte di Cassazione, sentenza n. 4498 del 22 febbraio 2013 Accertamenti tributari: attenzione ai c/c del figlio Sono utilizzabili i dati raccolti sul conto corrente bancario del figlio del contribuente accertato. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4904 del 27 febbraio 2013, ha stabilito che i gravi indizi rinvenuti nella documentazione extracontabile possono provare l'evasione fiscale. Ne consegue che l’evasione fiscale può essere dimostrata anche per presunzioni e non solo con prova certa. Inoltre, il Fisco può utilizzare i dati raccolti sul c/c del figlio del contribuente accertato, poiché il rapporto familiare giustifica la riferibilità al contribuente delle operazioni riscontrate. Corte di Cassazione, sentenza n. 4904 del 27 febbraio 2013 L’irregolare tenuta della contabilità non inficia le argomentazioni difensive del contribuente In presenza di scritture contabili tenute in maniera irregolare, si può eventualmente richiedere il versamento di una sanzione, ma non può mettere in discussione la prova fornita dal privato nella determinazione dei consumi di tessuto basata sul cd. “piazzato”. E’ quanto, sostanzialmente, ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2911/2013. Secondo la Suprema Corte, anzi le argomentazioni fatte dall’Agenzia delle entrate sono state formulate in “termini apodittici”, in particolare le critiche della stessa Agenzia rivolte alla Commissione Tributaria Regionale (che aveva accolto il ricorso presentato dalla società) sono state operate senza puntuali contestazioni. Peraltro, ha ulteriormente affermato la Cassazione, è corretto che la Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello, accolga degli allegati (favorevoli al contribuente) per la prima volta. Nel caso di specie si è trattato di una consulenza di parte a supporto probatorio. E’ vero che nel giudizio di appello non sono ammesse nuove eccezioni, ma nel caso di specie, ha osservato la Suprema Corte, le prove fornite dalla società non costituiscono eccezione nuova poiché “non hanno mutato il thema decidendum né introdotto valutazioni di fatti diversi e costituiscono, pertanto, mere argomentazioni difensive legittimamente svolte”. Riguardo poi il principio della competenza economica il Tuir consente una deroga per i casi di incertezza nel periodo d’imposta dell’esistenza della spesa ovvero non sia ancora determinabile: L’onere della prova spetta all’Agenzia delle entrate per i componenti positivi (ricavi), spetta, invece, al contribuente, per i componenti negativi (costi). Nel caso di specie, i giudici supremi non hanno rilevato violazioni da parte della società al citato principio di competenza. Corte di Cassazione, sentenza n. 2911/2013 Niente scontrini: ok alla chiusura del negozio anche in presenza di definizione agevolata Il ricorso alla definizione agevolata con il fisco non impedisce l’applicazione delle sanzioni accessorie, quali quelle della chiusura del negozio. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la decisione n. 3216 del 11 febbraio 2013, che ha così ribaltato le

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sentenze dei giudici di merito (C.T.P. e C.T.R.) poiché ritenute più permissive nei riguardi nel contribuente. Infatti, la Suprema Corte ha più volte affermato che in tema di sanzioni amministrative, per violazione di norme tributarie, il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 12, comma 2, il quale prevede la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio ovvero dell’esercizio dell’attività medesima nel caso in cui siano state accertate, nel corso di un quinquennio, tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta o lo scontrino fiscale, ha carattere speciale rispetto alla norma generale contenuta nel D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 16, comma 3, con la conseguenza che l’irrogazione di detta sanzione non è impedita dalla definizione agevolata prevista da quest’ultima disposizione - Cass. n. 22976/2010 e Cass. 14669/2010. Corte di Cassazione, decisione n. 3216 del 11 febbraio 2013

VARIE Patrocinio a spese dello Stato: come considerare le rendite immobiliari Patrocinio a spese dello Stato, le rendite immobiliari vanno considerate al netto delle detrazioni fiscali? Ai fini della concessione del patrocinio a spese dello Stato il giudice chiamato a definire la soglia di reddito sotto la quale concedere il beneficio all’imputato non deve tenere conto delle detrazioni fiscali. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5513 del 4 febbraio 2013. Secondo la Corte Suprema, giudici di merito legittimamente hanno ritenuto di poter trarre dalla consistenza patrimoniale (proprietà di immobili e di beni mobili registrati) elementi rivelatori di una situazione reddituale diversa e maggiore rispetto a quella evidenziata dal ricorrente nella dichiarazione dei redditi, richiamando circostanze di fatto ed elementi presuntivi desumibili dalla condotta di vita dell’interessato, come consentito dalle disposizioni che disciplinano la materia del patrocinio a spese dello Stato. In particolare, a tal fine l’importo delle rendite da locazione di immobili vanno considerati per intero e non al netto delle detrazioni fiscali in quanto comunque parametro indicativo delle condizioni di vita del ricorrente in ossequio allo spirito del D.P.R. n. 115/2002 in tema di spese di giustizia. Corte di Cassazione, sentenza n. 5513 del 4 febbraio 2013 Contributo di solidarietà pagato dai Commercialisti illegittimo E’ illegittimo il contributo di solidarietà pagato dai Commercialisti in pensione dal 1° gennaio 2007. La Corte di Cassazione, con la sentenza depositata il 5 febbraio 2013, non ha ritenuto sufficiente a tal fine la norma della Finanziaria 2007 che sembrava aver messo la parola fine sulla questione contributiva che interessa i pensionati ante 2007. La Suprema Corte ha, quindi, dato torto alla Cassa di previdenza dei Dottori Commercialisti che si era appellata per vedersi riconosciuto il diritto ad applicare la ritenuta dal 1° gennaio 2007 (pretesa accordata dalla sentenza di primo grado). Si aprono le porte dunque ai pensionati per chiedere il rimborso di quanto eventualmente hanno continuato a pagare. Corte di Cassazione, sentenza depositata il 5 febbraio 2013 Autonomia del lavoratore essenziale nella associazione in partecipazione Nell’ambito del contratto di associazione in partecipazione è essenziale la presenza dell’autonomia del lavoratore al fine di scongiurare che sia, invece, da instaurare di un rapporto di lavoro subordinato.

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La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 4070 del 19 febbraio 2013, predilige la verifica genuina dell’autenticità del rapporto di associazione in partecipazione. Il fulcro dell’indagine deve, infatti, essere rivolto ad accertare la genuinità del rapporto. In tale ambito può risultare essenziale valutare gli spazi di autonomia concreta esercitati dall’associato. Secondo la Corte Suprema, in tema di distinzione tra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell'associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili della impresa, l’elemento distintivo delle due fattispecie risiede nel contesto regolamentare pattizio in cui si inserisce l’apporto della prestazione lavorativa, dovendosi verificare l'autenticità del rapporto di associazione, che ha come elemento essenziale, connotante la causa, la partecipazione dell’associato al rischio di impresa, dovendo egli partecipare sia agli utili sia alle perdite. E’, quindi, possibile che l’espletamento della prestazione lavorativa assuma i caratteri del tutto simili a quelli della prestazione lavorativa svolta nel contesto di un rapporto di lavoro subordinato. Ed allora l’elemento differenziale tra le due fattispecie risiede essenzialmente nel contesto regolamentare pattizio in cui si inseriscono rispettivamente l’apporto della prestazione lavorativa dell’associato e l’espletamento di analoga prestazione lavorativa da parte di un lavoratore subordinato. Tale accertamento implica necessariamente una valutazione complessiva e comparativa dell’assetto negoziale, quale voluto dalle parti quale in concreto posto in essere. Ed anzi la possibilità che l’apporto della prestazione lavorativa dell’associato abbia connotazioni in tutto analoghe a quelle dell’espletamento di una prestazione lavorativa in regime di lavoro subordinato comporta che il fulcro dell’indagine si sposta soprattutto sulla verifica dell’autenticità del rapporto di associazione. Nel caso di specie, riguardo alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, si è pervenuti al convincimento della sussistenza dei tratti maggiormente tipici del rapporto di lavoro subordinato, ritenendo pertanto non determinante la qualificazione formale che le parti avevano dato al rapporto contrattuale. Corte di Cassazione, sentenza n. 4070 del 19 febbraio 2013 Per gli illeciti disciplinari contestati dal proprio Ordine, il Commercialista deve prima rivolgersi al Tribunale Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 4370 del 21 febbraio 2013) le deliberazioni rese in materia disciplinare dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili possono essere impugnate dinnanzi al tribunale, trattandosi di materia che coinvolge situazioni di diritto soggettivo perfetto, sottratte a discrezionalità amministrativa, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario e, segnatamente, del tribunale del luogo dove ha sede il Consiglio che ha emesso la deliberazione. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato 24 mesi di sospensione a carico di un professionista arrestato per bancarotta fraudolenta, dichiarando inammissibile il ricorso dell'uomo che avrebbe prima dovuto rivolgersi al Tribunale. Corte di Cassazione, sentenza n. 4370 del 21 febbraio 2013 Casi in cui sono pignorabili gli immobili nel fondo patrimoniale Un immobile costituito in fondo patrimoniale è pignorabile anche per debiti derivanti dall’attività professionale o d’impresa di uno dei coniugi, in considerazione del fatto che i relativi redditi non sono necessariamente destinati anche al mantenimento dei bisogni della famiglia. Così si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4011 del 19 febbraio 2013, secondo cui l’art. 170 c.c. dispone che “l’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”. La decisione della Cassazione si basa su una particolare interpretazione estensiva della nozione di “bisogni di famiglia”, che non dovrebbe essere relazionata alle sole necessità essenziali del nucleo familiare, ma anche a

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ogni più ampia esigenza sottesa al pieno mantenimento delle occorrenze quotidiane nonché a un equilibrato sviluppo della famiglia, escludendo, quindi, solo quelle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da intenti speculativi. Corte di Cassazione, sentenza n. 4011 del 19 febbraio 2013

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Il saldo dell’Iva relativa al 2012, che generalmente risulta dalla dichiarazione annuale (presentata o da presentare), va effettuato entro il 16 marzo 2013 (art. 6, D.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542), rinviato ex lege al 18 marzo in quanto il termine ordinario cade in giorno di sabato. Coloro che presentano la dichiarazione in forma unificata (con il modello Unico) hanno la possibilità di differire il versamento, previo pagamento degli interessi per la dilazione, fino al termini di versamento delle imposte sui redditi (16 giugno 2013, rinviato ex lege al 17 giugno in quanto il giorno 16 cade in giorno festivo, differibile al 17 luglio 2013 con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo). Il citato differimento fino al saldo delle imposte derivanti dal mod. UNICO non riguarda il versamento dovuto dai contribuenti che hanno adottato a decorrere dal 2013 il Regime fiscale di vantaggio per l'imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (cd. nuovo regime dei minimi) previsto dall’art. 27, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, i quali devono provvedere al versamento della rettifica della detrazione IVA a seguito del mutato regime di applicazione dell’imposta. Diversamente, i soggetti che hanno applicato il regime delle nuove iniziative (art. 13, Legge n. 388/2000), tenuti al versamento dell’IVA con cadenza annuale entro il 16 marzo, possono differire il versamento fino al termine di pagamento delle imposte risultanti dal mod. UNICO ovvero usufruire della rateizzazione con le modalità di seguito esaminate. Soggetti interessati I soggetti principalmente interessati all’adempimento sono coloro che evidenziano, nella dichiarazione annuale Iva, un saldo a debito. Si tratta dei contribuenti trimestrali su opzione che liquidano il debito dell’ultimo periodo dell’anno proprio nella dichiarazione (in pratica, detti soggetti effettuano 3 liquidazioni trimestrali nell’anno e fanno confluire nella dichiarazione annuale Iva le operazioni del IV trimestre). All’importo dovuto vanno sommati gli interessi (si veda oltre) e sottratto l’acconto Iva il cui termine di versamento era fissato al 27 dicembre 2012. Analogamente ai soggetti mensili, anche i soggetti trimestrali speciali (di cui all’art. 74, co. 4, D.P.R. 633/1972, come talune imprese che prestano servizi al pubblico, esercenti impianti di distribuzione di carburante per uso di autotrazione, autotrasportatori di cose per conto terzi) non evidenziano, in genere, debiti d’imposta nella dichiarazione annuale, in quanto il versamento del IV trimestre è stato effettuato entro lo scorso 16 febbraio 2013. Ma l’obbligo di versamento può scattare anche per i contribuenti mensili, i quali – ancorché abbiano regolarmente effettuato i versamenti dell’imposta risultanti dalle liquidazioni periodiche eseguite nel corso dell’anno, e quindi si trovino in una situazione di pareggio con l’Erario - presentano situazioni da conguaglio in sede di dichiarazione. Queste possono essere dovuta a diverse situazioni: a) il calcolo definitivo del pro-rata, derivante dall’aver applicato durante l’anno una percentuale provvisoria di detrazione, risultante dalla dichiarazione precedente; b) le rettifiche della detrazione di anni precedenti, ai sensi dell’art. 19-bis2, D.P.R. 633/1972; c) la ventilazione complessiva dei corrispettivi annotati senza distinzione per aliquota; d) la regolarizzazione di violazioni riferite all’anno 2012 eseguita dopo la fine dell’anno, ma entro il termine per operare il ravvedimento operoso.

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Il versamento del saldo IVA 2012

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Alcuni soggetti che, non potendo più applicare il “nuovo” regime dei minimi a causa di ulteriori requisiti richiesti dalla norma, sono fuoriusciti dal regime agevolato, hanno potuto accedere, nel 2012, ad un regime contabile semplificato previsto dall’art. 27, co. 3, D.L. 98/2011. Tale regime contabile si caratterizza per una serie di semplificazioni di tipo amministrativo, quali il versamento annuale dell’Iva, senza applicazione di interessi. Si ricorda che l’uscita dal “vecchio” regime dei minimi consente di operare la rettifica della detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti di beni e servizi non ancora ceduti/utilizzati (es. rimanenze di magazzino al 31.12.2011 o servizi non utilizzati, come canoni di leasing fatturati nel 2011 ma riferiti al 2012) alla data del 31 dicembre 2011 (il credito va riportato al rigo VF56 della dichiarazione annuale). Analoga rettifica va effettuata per i beni mobili (es. attrezzature, mobili, autovetture) per i quali al 31.12.2011 non è ancora scaduto il cd. “periodo di tutela fiscale” (5 anni) per i beni acquistati dal 2008 in poi. Per consentire il controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, è necessario predisporre un’apposita documentazione nella quale indicare distintamente, per categorie omogenee, la quantità e i valori dei beni facenti parte del patrimonio aziendale. Diversamente, i soggetti che accedono al “nuovo” regime dei minimi a partire dal 2013, devono effettuare la rettifica della detrazione dell’Iva “a sfavore”, con riferimento a tutti i beni e servizi non ancora ceduti o utilizzati, esistenti al 31 dicembre 2012. L’importo da riversare (in unica soluzione o in 5 rate annuali di pari importo, senza interessi), derivante dall’Iva detratta all’acquisto, andrà evidenziata nel rigo VA14 del modello di dichiarazione annuale. Il versamento della prima o unica rata va effettuato entro il termine di versamento del saldo Iva relativo all’anno precedente a quello di applicazione del regime di favore e pertanto entro il 18 marzo 2013. Non è invece possibile effettuare il versamento in commento entro il termine previsto per il saldo del Modello Unico ovvero usufruire della rateizzazione (C.M. 28 gennaio 2008, n. 7/E). Le rate successive vanno versate entro i termini previsti per il saldo dell’imposta sostitutiva dell’Irpef. Il versamento, anche mediante compensazione, si effettua con il consueto F24 in via telematica, utilizzando il codice tributo “6497” ed indicando come anno di riferimento il 2012. Versamento minimo Il versamento non deve essere eseguito se di importo non superiore a € 10,33. In considerazione del fatto che la dichiarazione annuale evidenzia gli importi arrotondati, il versamento va eseguito solo se la somma da versare, risultante al rigo VL38 è almeno pari a 11,00 euro (art. 3, D.P.R. 126/2003).

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NON si effettua il versamento Continua

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Interessi I contribuenti trimestrali su opzione devono applicare anche sul saldo dovuto in base alla dichiarazione annuale l’interesse compensativo dell’ 1% previsto per coloro che optano per il versamento trimestrale dell’imposta. E’ da osservarsi che l’interesse dell’1% dovuto dai soggetti che effettuano opzionalmente il versamento con cadenza trimestrale devono applicare tale onere compensativo non solo sul debito derivante dalle operazioni effettuate nel IV trimestre, ma anche – non del tutto coerentemente – sull’imposta eventualmente dovuta a seguito delle sopra ricordate operazioni di conguaglio (pro-rata, rettifiche, ventilazione, ecc.). Diversamente, i soggetti mensili (o anche i trimestrali speciali) versano le somme imputabili alle operazioni da conguaglio senza alcun onere aggiuntivo. La suddetta maggiorazione dell’ 1% non è dovuta dai contribuenti che versano annualmente l’Iva avvalendosi di speciali regimi che prevedono l’esonero dalle liquidazioni e dai versamenti periodici (es. nuove iniziative produttive di cui all’art. 13, L. 388/2000 e regime di favore di cui all’art. 27, D.L. 98/2011). Scadenza Come osservato, la scadenza è fissata per il 18 marzo 2013 (pena l’applicazione di sanzioni, per la cui disamina si rinvia alla trattazione al termine del presente intervento), ma è possibile procedere al versamento in forme diverse e in tempi diversi (anche rateizzata, ai sensi dell’art. 20, D.Lgs. 241/1997 che consente di effettuare ratealmente il versamento delle imposte dovute in base alla dichiarazione annuale, tra cui il saldo dell’Iva) a seconda della dichiarazione presentata. La rateizzazione deve, in ogni caso, concludersi, entro il mese di novembre, quindi il numero delle rate deve essere al massimo pari a 9.

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SI effettua il versamento

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I contribuenti che presentano la dichiarazione unificata possono scegliere se rateizzare a partire dalla scadenza del 18 marzo (unica possibilità ammessa in favore di coloro che presentano la dichiarazione autonoma) oppure da quella relativa al pagamento delle somme derivanti da Unico 2013. In tale ultima ipotesi, la somma da rateizzare deve essere previamente aumentata della maggiorazione dello 0,40% per mese o frazione di mese successiva al 18 marzo.

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Il 18/3/2013 (prima rata) e successivamente il 16 del mese suc-cessivo (rate successive alla prima), con rateazione che deve concludersi al massimo entro il 16/11. Quindi, il numero di rate mensili è liberamente determinato, purché termini entro il mese di novembre dello stesso anno di presentazione della dichiarazione annuale. Le rate successive alla prima richiedono il versamento degli inte-ressi nella misura dello 0,33% mensile (anche solo per frazioni di mese), secondo lo schema che segue.

DICHIARAZIONE IVA PRESENTATA IN FORMA AUTONOMA (*) (tra il 1° febbraio 2013 e il 30 settembre 2013) (*) La Circolare 25.1.2011, n. 1/E ha concesso in via interpretativa la possibilità di presentare la dichiarazione IVA annuale autonomamente dal mod. UNICO (art. 3, co. 1, D.P.R. 322/1998) indipendentemente dal saldo (a debito/ credito) risultante dalla stessa.

Alternativamente:

In unica soluzione

In forma rateale

18/3/2012: intero importo

Data di versamento:

Rata Scadenza del versamento Interessi

1° 18 marzo 2013* - 2° 16 aprile 2013 0,33% 3° 16 maggio 2013 0,66% 4° 17 giugno 2013* 0,99% 5° 16 luglio 2013* 1,32% 6° 20 agosto 2013** 1,65% 7° 16 settembre 2013 1,98% 8° 16 ottobre 2013 2,31% 9° 18 novembre 2013* 2,64%

* La scadenza cadente di sabato o di giorno festivo è rinviata al primo giorno feriale successivo. ** In base all’art. 3-quater, D.L. 2.3.2012, n. 16 (cd. Decreto Semplificazioni fiscali), gli adempimenti fiscali e i versamenti di cui agli artt. 17 e 20, co. 4, D.Lgs. 241/1997 (imposte, contributi Inps e altre somme a favore dello Stato, Regioni ed enti previdenziali), anche per rate con scadenza dal 1° al 20 agosto di ogni anno (si tratta, quindi, di una norma a regime), possono essere effettua-ti, senza maggiorazione, entro il 20 agosto (nuovo co. 11-bis dell’art. 37, D.L. 223/2006).

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(*) In presenza di un saldo IVA 2012 a debito, il cui pagamento è differito ai termini per il versamento delle imposte risultanti dal mod. UNICO 2013, e di crediti da utilizzare in compensazione (ad esempio, un credito IRPEF), la maggiorazione dell’0,40% va applicata esclusivamente sull’ammontare non compensato.

Modalità di versamento Il versamento deve essere effettuato tramite il modello di pagamento F24, utilizzando il codice tributo 6099 ed indicando 2012 quale anno di riferimento. Per gli interessi rateali il codice tributo è il “1668”. Si ricorda che i soggetti titolari di partita Iva effettuano i versamenti col modello F24 in via telematica ai sensi dell'art. 37 co. 49, D.L. 4 luglio 2006, n. 223. Il versamento può essere effettuato mediante compensazione di eventuali crediti tributari o contributivi, secondo le disposizioni dell’art. 17, D.Lgs. 241/1997 (il Modello F24 deve essere presentato anche se a seguito della compensazione il saldo finale risulta pari a zero). Si ricorda altresì che il limite massimo del credito compensabile ammonta a € 516.456,90 per ciascun anno solare. Il limite è elevato a € 1 milione per i subappaltatori edili il cui volume d’affari dell’anno precedente è costituito per almeno l’80% da prestazioni fatturate in regime di “reverse charge”. Si ricordano, infine, i vincoli di compensazione nel caso di presenza di debiti erariali scaduti di importo superiore a € 1.500 (art. 31, D.L. 78/2010).

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DICHIARAZIONE IVA PRESENTATA IN FORMA UNIFICATA (con il mod. Unico) (entro il mese di settembre 2013)

In unica soluzione

In forma rateale

Entro la data di versamento

delle imposte dirette (*)

18/3/2013: intero importo

Stessi termini e modalità visti per i soggetti che presentano la dichiarazione in forma autonoma (vedi schema precedente).

Entro il 16/6/2013 (termine rinviato al 17 giugno) con l’aggiunta di interessi pari all’ 1,20% (0,40% per ogni mese o frazione di mese successivo al 16/3) ovvero Entro il 17/7/2012 con l’aggiunta di interessi pari all’ 1,60% (0,40% per ogni mese o frazione di mese successivo al 16/3) ovvero in forma rateale (entro il 16 di ogni mese) a partire dal 17/6 o dal 17/7 con l’aggiunta di interessi dello 0,33% mensili da applicare sulle rate successive alla prima. La rateazione deve concludersi entro il 16 novembre (quindi le rate potranno essere 5 o 6 a seconda dell’inizio della rateazione, rispettivamente 17/6 o 17/7). L’importo oggetto della rateazione è quello che risulta dopo aver aggiunto all’Iva da versare gli interessi dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese per il periodo che va dal 16/3 al 17/6 o 17/7.

Data di versamento: Alternativamente:

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157 00 2012

Versamento in unica soluzione

6099 0101

6099 0106 26,17 2012 Versamento in forma rateale (quella rappresentata in figura è la prima di sei rate)

Anche se l’importo risultante dalla dichiarazione annuale è arrotondato all’unità di euro, in caso di differimento o di rateazione gli importi delle singole rate pagate sono esposti al centesimo di euro (nel nostro esempio, il versamento della prima rata è pari a € 157,00 / 6 rate). Le rate successive alla prima sono maggiorate degli interessi dello 0,33% mensile (ad esempio, la prima rata successiva alla prima sarà maggiorata dello 0,33% mentre la seconda rata successiva alla prima dello 0,66% e così via.

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Page 56: 2013_fiscus_marzo

Così il ravvedimento operoso L’omesso versamento dell’Iva è punito dall’art. 13, D.Lgs. 471/1997 che prevede la sanzione amministrativa del 30% dell’imposta non versata. Se il versamento è eseguito entro 14 giorni dalla scadenza, la sanzione è del 2% per ogni giorno di ritardo e dunque, al massimo, il 28% se il versamento avviene al quattordicesimo giorno (art. 23, co. 31, D.L. 98/2011). La violazione può essere regolarizzata secondo le disposizioni del ravvedimento operoso (art. 13, D.Lgs. 472/1997), istituto che consente la riduzione della sanzione se la violazione viene sanata spontaneamente dal trasgressore mediante versamento del tributo, degli interessi legali (nella misura del 2,5% dal 1° gennaio 2012, come da D.M. 12 dicembre 2011) calcolati giornalmente e la sanzione stessa. Le disposizioni sul ravvedimento operoso non possono essere applicate se la violazione sia stata constatata, oppure siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento rese note al trasgressore. L’entità della riduzione è graduata in ragione della maggiore o minore tempestività della regolarizzazione. Infatti, la sanzione è ridotta a: - un decimo (ossia il 3% dell’imposta) se essa avviene entro 30 giorni dalla commissione violazione, ai sensi della lett. a) dell’art. 13, D.Lgs. 472/1997). Pertanto, la sanzione sarà pari allo 0,2% dell’imposta per ogni giorno di ritardo fino al quattordicesimo e del 3% se il ritardo supera i 14 giorni;

- un ottavo (ossia il 3,75% dell’imposta) se la regolarizzazione avviene oltre i 30 giorni (sempreché avvenga entro il termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale la violazione è stata commessa), ai sensi della lett. b) dell’art. 13, D.Lgs. 472/1997. Pertanto, tale termine “lungo” per regolarizzare la violazione relativa al saldo Iva 2012, commessa nel 2013, è fissato al 30 settembre 2014 (termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione Iva relativa al 2013). Anche qualora non sia stato possibile accedere al ravvedimento operoso, resta comunque la possibilità di ottenere un apprezzabile “sconto” sulla sanzione se il contribuente paga le somme richieste dall’Amministrazione finanziaria a seguito della liquidazione della dichiarazione entro 30 giorni dal ricevimento dell’apposita comunicazione di irregolarità (art. 2, D.Lgs. 462/1997). In caso di recapito della comunicazione di irregolarità all’intermediario abilitato, il termine di 30 giorni decorre dal sessantesimo giorno successivo a quello di trasmissione telematica dell’invito stesso all’intermediario. In tal caso la sanzione è ridotta a un terzo (ossia pari al 10% dell’imposta non versata o versata in ritardo). In taluni casi la possibilità di versare quanto dovuto solo a seguito di comunicazione di irregolarità può essere anche più conveniente, dal punto di vista di gestione della liquidità aziendale, del ravvedimento operoso, in quanto consente di dilazionare il pagamento fino a 20 rate trimestrali.

La sanzione dovuta per un versamento eseguito con 2 giorni di ritardo, è pari al 4%. Se il contribuente intende sanare spontaneamente la violazione, verserà un decimo del 4%.

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Codici tributo da utilizzare per il ravvedimento operoso:

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Natura del versamento Codice tributo

quota di debito versata in ritardo 6099

Interessi moratori (tasso legale con maturazione giorno per giorno) 1991

Sanzione amministrativa (indicando come periodo di riferimento, l’anno d’imposta per cui si effettua il pagamento)

8904

Page 58: 2013_fiscus_marzo

Le imposte costituiscono una voce rilevante del bilancio. Pertanto, le norme che regolano la fiscalità influiscono direttamente sul risultato economico dell’impresa. Da ciò deriva la necessità di porre particolare attenzione a talune disposizioni fiscali. Nel 2012, molte sono le novità intervenute nel panorama normativo tributario. Prendiamo in rassegna quelle di maggior rilevanza. Deducibilità delle perdite su crediti L’art. 33, co. 5, D.L. 22 giugno 2012, n. 83 ha riformulato il co. 5 dell’art. 101, D.P.R. 917/1986 al fine di individuare in modo preciso ed oggettivo il presupposto che consente la deduzione di una perdita su crediti. La necessità di un parametro certo era dovuta dal fatto che la formulazione della norma non chiariva cosa fossero gli “elementi certi e precisi” che consentiva la deduzione dell’onere derivante dal mancato incasso. Ora, il Legislatore ha chiarito che essi sussistono nel caso in cui, alternativamente: a) i crediti siano scaduti da oltre 6 mesi e di modesto ammontare. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a € 5.000 per le imprese di più rilevante dimensione (volume d’affari o ricavi non inferiore a € 100.000.000) e non superiore a € 2.500 per le altre imprese. L’art. 27, co. 10, D.L. 185/2008 stabilisce il limite di € 300.000.000, successivamente sceso a 150 milioni (ulteriormente ridotto a € 100 milioni) a partire dall’1 gennaio 2011 (Provv. Ag. Entrate 20 dicembre 2010) per individuare le imprese di rilevante dimensione. Per i criteri di calcolo di quest’ultimo limite si fa riferimento al Provv. 6.4.2009, n. 54291 (maggiore fra ricavi di cui all’art. 85, D.P.R. 917/1986 e volume d’affari ai sensi dell’art. 20, D.P.R. 633/1972). Non è ancora chiaro se il tetto di € 2500 / 5000 vada definito in senso oggettivo (cioè se il singolo credito riferito alla singola operazione) o in senso soggettivo (cioè riferito al dato cliente).

In attesa di una interpretazione anche da parte dell’Amministrazione finanziaria, si osserva che quella proposta nell’esempio ci pare la soluzione più in linea con il dettato normativo, che richiede anche la verifica dell’anzianità del credito (scaduto da oltre 6 mesi), condizione che può essere verificata solo in relazione a ciascun credito; b) i crediti siano prescritti. Per prescrizione si intende il periodo dal quale si estingue il diritto alla riscossione (disciplinato dagli artt. 2934 e segg., cod. civ.). L’art. 2946, cod. civ. prescrive un ordinario termine decennale, ma negli articoli successivi vengono contemplati termini più brevi in relazione a determinate fattispecie di rapporti. Ecco alcuni crediti per i quali sono previsti termini più brevi di quelli ordinari.

Due forniture al cliente Mario Rossi di € 2.400 ciascuna determinerebbero la possibile deduzione di € 4.800 a fine esercizio solo se venisse adottata la prima interpretazione (ossia, verificando ogni singolo credito).

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Le novità fiscali nel Bilancio 2012

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Ovviamente dobbiamo tener conto di eventuali atti interruttivi o sospensivi della prescrizione (es. messa in mora art. 1219, c.c.). Detta situazione non è rilevabile dalla contabilità, ma solo da carteggio prodotto dall’azienda. Pertanto, utilizzare il criterio in commento per fruire della deducibilità della perdita su credito è di non facile applicazione. Grazie alla novella legislativa è stato fornito un criterio oggettivo per definire il modesto importo del credito, situazione che consente la deducibilità della perdita. Prima di questo intervento avevamo una norma criptica e degli intendimenti di prassi ministeriale che consentivano la deduzione anche se non fossero state intraprese azioni di recupero, obiettivamente antieconomiche (risposta all’interrogazione parlamentare del 5 novembre 2008, n. 5-00570, ma già prima la R.M. 6 agosto 1976, n. 9/124). La questione della deduzione delle perdite su crediti ha sempre costituito fonte di problemi interpretativi, prima per il redattore del bilancio, poi per il fiscalista, ma anche per l’Amministrazione finanziaria. Il motivo va ricercato nella differenti regole di redazione del bilancio (le cui valutazioni sono lasciate alla prudenza – di ordine tecnico – degli amministratori) rispetto alla norma sulla determinazione del reddito fiscale, che richiede la definitività della perdita. La maggiore rigidità della legge fiscale è evidentemente finalizzata ad impedire che politiche valutative eccessivamente prudenziali in ordine alle effettive possibilità di esazione dei crediti possano comportare una compressione del reddito d’impresa imponibile. Peraltro, a causa della sua estrema vaghezza, la norma sopra richiamata ha sempre sollevato molti dubbi interpretativi. Quindi va accolta con favore questa norma chiarificatrice che stabilisce criteri oggettivi al ricorrere dei quali le perdite di crediti sono deducibili. Come detto, le due condizioni (entità e anzianità del credito, da un lato, e prescrizione del diritto, dall’altro) sono tra loro alternativi. E’ quindi sufficiente che ricorra una delle 2 per poter dedurre la perdita, senza che sia necessario fornire ulteriori prove. Ad esempio, basta che il diritto alla riscossione sia prescritto, indipendentemente dall’entità del credito Tra l’altro, prima dell’intervento normativo in parola, la questione rappresentava un problema piuttosto rilevante, soprattutto nell’attuale contestuale economico, che ha visto un preoccupante deterioramento del grado di esigibilità dei crediti commerciali delle aziende;

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Credito Termine di prescrizione

Riferimento (art. cod. civ.)

Locazione e affitti – Interessi - Canoni e altri pagamenti periodici (annui o in termini più brevi) – somministrazioni indennità per la cessazione del rapporto di lavoro

5 anni 2948

Provvigioni del mediatore 1 anno 2950

Corrispettivo di spedizione e trasporto 1 anno (18 mesi se extra-Ue)

2951

Premi assicurativi 1 anno 2952

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Page 60: 2013_fiscus_marzo

c) il debitore sia assoggettato a procedure concorsuali (ossia dalla data di uno dei seguenti atti: sentenza dichiarativa di fallimento; provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa; decreto di ammissione al concordato preventivo; decreto che dispone l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi) o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis, L.F. Prima del 26.6.2012 erano esclusi dall’assimilazione alle procedure concorsuali gli accordi di ristrutturazione dei debiti (C.M. 13 marzo 2009, n. 8/E, punto 4.2; C.M. 3 agosto 2010, n. 42/E, par. 4.1). In queste ipotesi (assoggettamento del debitore a procedure concorsuali ovvero omologazione dell’accordo di ristrutturazione del debito) ai fini della deducibilità non si richiede la sussistenza di «elementi certi e precisi». Contratti di leasing L’art. 4-bis, D.L. 2 marzo 2012, n. 16 ha introdotto nuove regole in tema di deducibilità delle locazioni finanziarie nell’ambito del reddito d’impresa (e di lavoro autonomo). La tavola che segue evidenzia l’evoluzione normativa dell’art. 102, co. 7, D.P.R. 917/1986. E’ bene evidenziare che la novella legislativa si applica: - ai contratti di locazione finanziaria stipulati dal 29 aprile 2012; - ai soggetti che imputano i canoni a conto economico e cioè ai soggetti che contabilizzano tale contratto secondo le regole del codice civile e dei principi contabili nazionali. Per gli Ias adopter la novità è irrilevante, posto che tali soggetti imputano a conto economico l’ammortamento del bene condotto in leasing oltre agli oneri finanziari, ma per loro la durata contrattuale è sempre stata condizione indifferente ai fini della deducibilità. I contratti di leasing di durata inferiore a quella fiscale obbligano a considerare la necessità di iscrivere la fiscalità anticipata. Infatti, se quanto imputato a conto economico è superiore rispetto al limite di deducibilità (con

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Ante D.L. 16/2012 Post D.L. 16/2012

La deduzione dei canoni era consentita a condizione che la durata del contratto non fosse inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento determinato sulla base dell’applicazione dei coefficienti di ammortamento stabiliti dal D.M. 31 dicembre 1988.

La durata minima del contratto non è più condizione per la deducibilità dei canoni in quanto gli stessi rimangono deducibili anche in presenza di leasing di durata inferiore, ma in tal caso il ritmo di deducibilità rimane ancorato agli abituali limiti temporali previsti dalla norma fiscale (due terzi del periodo di ammortamento).

Nel caso di leasing immobiliari, la regola sopra descritta va applicata senza che la durata minima del contratto scenda al di sotto degli 11 anni o salga oltre il limite di 18 anni (in quest’ultimo caso la durata deve essere almeno pari a questa soglia).

Anche in questo caso si prescinde dalla durata contrattuale: ai fini della deducibilità valgono le regole fiscali (durata di due terzi del periodo di ammortamento tabellare con un minimo compreso tra 11 e 18 anni, indipendentemente dalla durata contrattuale).

Per i mezzi di trasporto di cui all’art. 164, co. 1, lett. b), D.P.R. 917/1986, la deduzione era condizionata a una durata minima contrattuale non inferiore all’intero periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente tabella del bene di cui al D.M. sopra citato.

Anche in questo caso si prescinde dalla durata contrattuale: ai fini della deducibilità valgono le regole fiscali (intero periodo di ammortamento al coefficiente tabellare).

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Page 61: 2013_fiscus_marzo

conseguente obbligo di effettuare una variazione in aumento temporanea), scatta l’obbligo di iscrivere le imposte differite anticipate. Manutenzioni Il medesimo art. 4-bis, D.L. 16/2012 interviene anche per innovare le regole di deduzione delle spese di manutenzione su beni propri. Prima delle modifiche le spese di manutenzione, non capitalizzate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, erano considerate deducibili: - nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risultanti all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili; - nel limite del 5% di detto costo alla fine del primo esercizio per le imprese di nuova costituzione. In entrambi i casi, l’eccedenza è deducibile per quote costanti nei 5 esercizi successivi. Si ricorda altresì che i compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni sono deducibili nell’esercizio di competenza: tale criterio, però, non ha carattere vincolante, nel senso che l’impresa ha facoltà di optare per la deduzione di detti compensi nei limiti e con le modalità di cui alle disposizioni precedenti del medesimo co. 6 dell’art. 102 citato. Il quadro normativo fin qui delineato resta invariato anche dopo il D.L. 16/2012: la modifica attiene, invece, all’abolizione della previsione che prevedeva l’obbligo di rapportare il costo dei beni (che costituisce la base di calcolo su cui applicare il 5%) al periodo di possesso degli stessi in caso di: - acquisto; - costruzione (internamente o presso terzi); - cessione, durante il periodo d’imposta. La novità in commento si applica dal periodo d’imposta in corso alla data del 29 aprile 2012 (giorno successivo a quello di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione). Da tale periodo d’imposta (2012, per i soggetti con periodo coincidente con l’anno solare) non sarà più necessario rapportare ad anno il valore dei beni compravenduti nell’anno, ma sarà sufficiente tener conto dei beni - materiali ammortizzabili - esistenti come risultanti all’inizio dell’esercizio. Per le imprese di nuova costituzione il limite percentuale continuerà a calcolarsi, per il primo esercizio, sul costo complessivo quale risulta alla fine dell’esercizio.

Società di comodo L’applicazione delle norme che disciplinano le società di comodo (art. 30, L. 724/1994), con la determinazione di un reddito minimo calcolato sulla base dei beni posseduti, potrebbero generare un debito d’imposta anche in presenza di azienda in perdita. Recentemente (con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 17.9.2011 – generalmente

Un bene acquistato nell’esercizio X concorre a formare la base di calcolo (su cui si applica il 5%) dal periodo d’imposta successivo. Un bene ceduto durante l’esercizio X concorre a formare la base di calcolo per l’intero costo. Un bene che, nel medesimo esercizio, viene acquistato e poi ceduto non concorre in alcun modo al calcolo dell’importo deducibile delle manutenzioni (non essendo presente all’inizio dell’esercizio). Un’azienda che, nell’esercizio in cui avviene la costituzione della stessa, acquista e cede un bene non tiene conto del costo del bene ai fini del calcolo in commento (non essendo presente alla fine dell’esercizio).

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dal 2012 - in base all’art. 2, co. 36-decies, D.L. 138/2011), si è aggiunta un’altra situazione che potrebbe far scattare le disposizioni delle società di comodo: si tratta delle società in perdita sistematica (perdita dichiarata in tre annualità o due annualità in perdita e uno in utile ma con reddito inferiore a quello minimo stabilito dal citato art. 30).

Su questo tema si ricorda la C.M. 11 giugno 2012, n. 23/E ed il Provv. Agenzia delle entrate 12 giugno 2012: quest’ultimo introduce una serie di cause, le quali se verificate nel corso del triennio di riferimento permettono la disapplicazione automatica della disciplina, senza necessità di dover passare attraverso la presentazione dell’interpello (per un esempio si rinvia a quanto detto in seguito). Resta in facoltà dell’impresa presentare comunque l’interpello disapplicativo. In esso si dovranno esporre in modo chiaro e documentare in maniera esaustiva tutti gli elementi conoscitivi utili ad individuare le situazioni oggettive portate all’attenzione dell’ufficio che giustifichino la disapplicazione della normativa in questione. Tra le ipotesi di disapplicazione previste, una che troverà estesa applicazione è quella che consente la disapplicazione in presenza di un margine operativo lordo positivo (MOL). Esso va verificato nel triennio di riferimento (è sufficiente che il MOL sia positivo in un solo anno per evitare l’operatività della presunzione). Il MOL è costituito dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’art. 2425, cod. civ. I costi rilevano al netto degli ammortamenti, svalutazioni e accantonamenti di cui ai numeri 10), 12) e 13) della citata lettera B). Si ritiene che la logica della causa di disapplicazione sia quella di non voler sfavorire le imprese che subiscono una perdita a causa di ingenti investimenti che ha effettuato. Per tale motivo, al fine di assicurare un “paritario trattamento” tra le 2 modalità di acquisizione dei beni strumentali – acquisto e leasing - l’Agenzia delle entrate ha affermato che “il mol rilevante per la disapplicazione automatica della disciplina sulle società in perdita sistematica non può che essere determinato escludendo dai costi della produzione, di cui alla lettera B) del conto economico, l’ammontare dei canoni di leasing indicati in bilancio” (R.M. 11 dicembre 2012, n. 107/E). Del resto, l’equiparazione dell’acquisto con il leasing costituisce un principio più volte espressa dall’Amministrazione finanziaria (C.M. 21 giugno 2011, n. 28/E, par. 9.1; C.M. 37/E/2009; R.M. 27/E/2005; R.M. 69/E/2004; R.M. 23 febbraio 2004, n. 19/E; C.M. 90/E/2001).

Una società in perdita nel triennio 2009-2011 viene considerata non operativa dal 2012 (4° periodo d’imposta). Da quest’ultimo anno, data la qualifica acquisita di società in perdita sistematica, scattano le consuete conseguenze negative previste per le società di comodo, ossia: - l’obbligo di dichiarare ai fini IRES / IRPEF un reddito non inferiore a quello minimo presunto e ai fini IRAP un valore della produzione minimo; - la possibilità di utilizzare, nel periodo d’imposta in cui la società è non operativa, le perdite pregresse in diminuzione soltanto per la parte di reddito che eccede quello minimo; - l’impossibilità di chiedere a rimborso / utilizzare in compensazione nel mod. F24 il credito IVA. Come chiarito dalla C.M. 15 febbraio 2013, n. 1/E, quesito 7.2, la preclusione dell’utilizzo del credito IVA interessa il credito risultante dalla dichiarazione annuale del 4° periodo. Ciò comporta che, nel caso specifico, il divieto di utilizzo del credito decorre dall’1 gennaio 2013 con riferimento al credito Iva 2012.

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La Tunisia Srl presenta la seguente situazione dell’anno 2010:

Ricavi (voce A1 del conto economico) € 3.000.000 Costi (voci di conto economico da B6 a B14) € 3.250.000

Perdita dell’esercizio € 250.000

Si ipotizzi che gli ammortamenti (B.10) siano pari a € 150.000. In tale situazione il MOL risulta negativo (- 100.000), in quanto i costi rilevanti ammontano a € 3.100.000 (3.250.000 - 150.000). Considerato che la società utilizza anche alcuni beni in leasing, i cui canoni ammontano a € 150.000, potendo sottrarre tale importo dai costi, la società ottiene un MOL positivo (+ 50.000). Infatti, in tal caso i costi rilevanti ammontano a € 3.950.000 (3.250.000 - 150.000 per ammortamenti – 150.000 per canoni di leasing). Poiché per almeno un periodo d’imposta nel triennio 2009 – 2011 il MOL è positivo sussiste una causa di disapplicazione della disciplina delle società in perdita sistematica per il 2012. Anche per il 2013 opera la causa di esclusione in quanto il 2010 è compreso nel triennio di osservazione 2010 - 2012 da utilizzare per la verifica nel 2013.

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Esempio

Il Caso del Giorno

Il nuovo servizio di formazione ed approfondimento professionale del

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a cura di Sandro Cerato

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II tema delle perdite su crediti è di particolare rilevanza per i bilanci delle imprese, sia per il difficile momento – dovuto alla crisi economico/finanziaria – sia per le interpretazioni che si sono succedute nel tempo sia da parte dell’Amministrazione finanziaria sia della giurisprudenza. Si registra, inoltre, un recente intervento normativo che, però, ha riflessi solo sulla deducibilità fiscale. Disciplina civilistica Il concetto di “crediti” è fornito dal Principio contabile OIC 15, precisando che essi “rappresentano il diritto ad esigere ad una data scadenza determinati ammontari (n.d.a.: “di disponibilità liquide”, secondo il nuovo principio contabile presentato in bozza per la consultazione il 27 aprile 2012) da clienti e da altri”. Quindi, ancorché generalmente i crediti derivino dalla cessione di prodotti, merci e servizi (è il caso delle imprese mercantili, industriali e di servizi), essi includono anche quanto deve essere incassato per altre cessioni (es. beni diversi da quelli giacenti in magazzino) o per altre operazioni (es. i presiti ai dipendenti o ad altri). Nel bilancio, l’ammontare dei crediti va appostato nell’attivo di Stato patrimoniale secondo diverse tipologie, come di seguito schematizzato (art. 2424, cod. civ.): La nota integrativa deve indicare, “distintamente per ciascuna voce, l’ammontare dei crediti….di durata residua superiore a cinque anni” (art. 2427, punto 6, c.c.). I crediti per acconti versati ai fornitori vanno esposti nella voce corrispondente al bene o servizio oggetto di acquisto.

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Perdite su crediti: tra bilancio e novità fiscali

STATO PATRIMONIALE

Attivo

A Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già richiamata.

B.III Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione degli importi esigibili entro l’esercizio successivo.

2) crediti: a) verso imprese controllate; b) verso imprese collegate; c) verso controllanti; d) verso altri;

C.II Attivo circolante. Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo.

1) verso clienti; 2) verso imprese controllate; 3) verso imprese collegate; 4) verso controllanti; 4-bis) crediti tributari; 4-ter) imposte anticipate; 5) verso altri.

Continua

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Essi vanno esposti alle seguenti voci: Con riferimento ai criteri di valutazione, occorre rispettare i principi generali e i postulati fondamentali del bilancio, che impongono una rappresentazione (art. 2423, cod. civ.): - veritiera; - corretta; - chiara. La disposizione che disciplina la valutazione dei crediti secondo il presunto valore di realizzo non attribuisce agli amministratori una discrezionalità assoluta, bensì implica una valutazione razionale della specifica situazione concreta (Cass., sent. 23 giugno 2008, n. 17033). Secondo l’art. 2426, co. 1, n. 8), cod. civ., i crediti devono essere iscritti al valore di presumibile realizzo. Esso, generalmente, corrisponde al valore nominale; quest’ultimo, però, deve essere rettificato: a) in aumento per gli interessi maturati e per la fatture da emettere; b) in diminuzione per tener conto delle seguenti situazioni: - perdita per inesigibilità; - rettifiche di fatturazione da effettuare (es. note di credito da emettere per resi o contestazioni); - sconti e abbuoni da concedere (es. note di credito da emettere per sconti quantitativi derivanti dal raggiungimento di determinati obiettivi commerciali; per una disamina più approfondita si veda la R.M. 7 febbraio 2008, n. 36/E; - altre cause di minor realizzo. Occorre distinguere la perdita su crediti (ossia quando il debitore non paga volontariamente e il credito non risulta attuabile coattivamente, attraverso gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione del creditore (così, Cass., 20 novembre 2011, n. 14568) dai minori introiti, ossia definizioni pattizie che hanno definito un credito in misura inferiore rispetto a quella preventivata (Cass, sent. 20 maggio 2011, n. 11217). Tale ultima posta negativa non costituisce perdita su crediti e, quindi, è anche deducibile ai fini Irap (art. 5, co. 3, D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446). Al fine di rispettare il principio di competenza e di prudenza, non è possibile rinviare la perdita (presunta o anche solo temuta) manifestatasi in un dato anno agli esercizi futuri in cui essa si manifesterà con certezza. Particolare attenzione va posta al momento di rilevazione delle perdite nel caso in cui il debitore sia sottoposto a procedure concorsuali. Su questo aspetto la giurisprudenza, analizzando la disciplina fiscale (ma i principi valgono anche per la redazione del bilancio, stante il principio di derivazione dal bilancio di cui all’art. 83, D.P.R.

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Voce Descrizione Contenuto

B.I.6 Immobilizzazioni immateriali – Immobilizzazioni in corso e acconti

Acconti per acquisto di immobilizzazioni immateriali

B.II.5 Immobilizzazioni materiali – Immobilizzazioni in corso e acconti

Acconti per acquisto di immobilizzazioni materiali

B.III.2.d Immobilizzazioni finanziarie – Crediti - Verso altri

Acconti per acquisti di immobilizzazioni finanziarie

C.I.5 Attivo circolante – Rimanenze/Acconti

Acconti per acquisti di beni merce da rivendere

C.II.5 Attivo circolante – Crediti - Verso altri Acconti a fronte di prestazioni di servizi.

Continua

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917/1986) si è espressa più volte: Operativamente, il principio contabile OIC 15 prevede che si debba stanziare un fondo svalutazione crediti (che però non troverà diretta esposizione nello Stato patrimoniale, in quanto la posta andrà a ridurre il valore nominale dei crediti iscritti nell’attivo; la composizione e le variazioni intervenute vanno invece evidenziate in nota integrativa) alimentato da: - una svalutazione analitica riguardante i singoli crediti (analizzandone le possibilità di incasso futuro; in pratica si terrà conto di elemento che inducano a ritenere che l’inesigibilità si sia già manifestata); - una svalutazione per massa, ossia per inesigibilità latenti, determinata dall’esperienza da ogni altro elemento utile. L’organo amministrativo, nell’effettuare le suddette valutazioni, terrà conto di alcuni elementi significativi, quali l’anzianità dei crediti alla data di bilancio, l’andamento di tale indice di anzianità (confrontandolo con quelli degli eserciti precedenti) e le condizioni economiche generali (di settore e di rischio paese). Aspetti fiscali L’art. 33, co. 5, D.L. 22 giugno 2012, n. 83 ha riformulato il co. 5 dell’art. 101, D.P.R. 917/1986 al fine di individuare in modo preciso ed oggettivo il presupposto che consente la deduzione di una perdita su crediti. La necessità di un parametro certo (secondo la Cass., sent. 19 novembre 2007, n. 23863 la perdita deve essere effettiva e determinata) era dovuta dal fatto che la formulazione della norma non chiariva cosa fossero gli “elementi certi e precisi” che consentiva la deduzione dell’onere derivante dal mancato incasso. Ora, il Legislatore ha chiarito che essi sussistono nel caso in cui, alternativamente: a) i crediti siano scaduti da oltre 6 mesi e di modesto ammontare. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a € 5.000 per le imprese di più rilevante dimensione (volume d’affari o ricavi non inferiore a € 100.000.000) e non superiore a € 2.500 per le altre imprese. L’art. 27, co. 10, D.L. 29 novembre 2008, n. 185 stabilisce il limite di € 300.000.000, successivamente sceso a 150 milioni (ulteriormente ridotto a € 100 milioni) a partire dall’1 gennaio 2011 (Provv. Ag. Entrate 20 dicembre 2010) per individuare le imprese di rilevante dimensione. Per i criteri di calcolo di quest’ultimo limite si fa riferimento al Provv. 6 aprile 2009, n. 54291 (maggiore fra ricavi

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Sentenza di Cassazione: La massima:

Cass., 3 agosto 2005, n. 16330 “Le perdite per crediti irrecuperabili debbono essere computate nell’anno in cui tale irrecuperabilità si è resa palese e non è consentito imputarle all’anno successivo”.

Cass., 29 ottobre 2010, n. 22135 “Il periodo d’imposta di competenza per operare la deduzione coincide con quello in cui si acquista certezza che il credito non può più essere soddisfatto”.

Cass., 21 aprile 2011, n. 9218

“Le perdite su crediti devono essere integralmente dedotte nell’esercizio di competenza, intendendosi per tale quello in cui si manifestano per la prima volta gli elementi certi e precisi dell’irrecuperabilità del credito. Una diversa conclusione rimetterebbe all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo d’imposta in cui gli sarebbe più conveniente operare la deduzione, snaturando la regola espressa dal principio di competenza, che rappresenta invece criterio inderogabile ed oggettivo per determinare il reddito d’impresa”.

Continua

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di cui all’art. 85, D.P.R. 917/1986 e volume d’affari ai sensi dell’art. 20, D.P.R. 633/1972). Non è ancora chiaro se il tetto di € 2500 / 5000 vada definito in senso oggettivo (cioè se il singolo credito riferito alla singola operazione) o in senso soggettivo (cioè riferito al dato cliente).

In attesa di una interpretazione anche da parte dell’Amministrazione finanziaria, si osserva che quella proposta nell’esempio ci pare la soluzione più in linea con il dettato normativo, che richiede anche la verifica dell’anzianità del credito (scaduto da oltre 6 mesi), condizione che può essere verificata solo in relazione a ciascun credito. Resta il problema di stabilire i presupposti per la deduzione dei crediti che non presentano il requisito della modesta entità (es. un credito di € 6.000 di difficile esazione). Sul punto dovrebbero valere i chiarimenti passati, secondo cui la perdita prescinde da ogni elemento valutativo o presuntivo ma richiede la predisposizione di idonea documentazione atta a provare – con qualsiasi mezzo di prova (Cass., sent. 20 novembre 2001, n. 14568) il mancato realizzo del credito ed il carattere definitivo della perdita stessa (R.M. 6 agosto 1976, n. 124; C.M. 10 maggio 2002, n. 39/E), situazione che si concretizza quanto il contribuente dimostra di aver effettuato tutte le azioni necessarie per recuperare il credito. Tra gli elementi che ragionevolmente possono far ritenere la sussistenza di elementi certi e precisi, costituenti la prova della perdita, si annoverano le ipotesi di protesto dei titoli, della latitanza del debitore (Cass., 21 aprile 2011, n. 9218), dell’infruttuoso invito ad adempiere, dell’infruttuosa notifica di atti precetto, dell’impossibilità di escussione dichiarata da una società di factoring appositamente incaricata o le attestazioni rilasciate dalle agenzie di recupero stragiudiziale dei crediti, anche per effetto del chiarimento contenuto nella circolare del Ministero dell’Interno n. 557/PAS/6909/12015 che attribuisce alla relazione negativa di recupero crediti l’utilità “anche ai fini fiscali” (Assoholding, Nota 27 gennaio 2011, prot. N. 27/11/ASH); b) i crediti siano prescritti. Per prescrizione si intende il periodo dal quale si estingue il diritto alla riscossione (disciplinato dagli artt. 2934 e segg., cod. civ.). L’art. 2946 prescrive un ordinario termine decennale, ma negli articoli successivi vengono contemplati termini più brevi in relazione a determinate fattispecie di rapporti. Ecco alcuni crediti per i quali sono previsti termini più brevi di quelli ordinari.

Due forniture al cliente Mario Rossi di € 2.400 ciascuna determinerebbero la possibile deduzione di € 4.800 a fine eser-cizio solo se venisse adottata la prima interpretazione (ossia, verificando ogni singolo credito).

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Esempio

Credito Termine di prescrizione Riferimento (art. cod. civ.)

Locazione e affitti – Interessi - Canoni e altri pagamenti periodici (annui o in termini più brevi) – somministrazioni indennità per la cessa-zione del rapporto di lavoro

5 anni 2948

Provvigioni del mediatore 1 anno 2950

Corrispettivo di spedizione e trasporto 1 anno (18 mesi se extra-Ue)

2951

Premi assicurativi 1 anno 2952

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Ovviamente dobbiamo tener conto di eventuali atti interruttivi o sospensivi della prescrizione (es. invio di una raccomandata per messa in mora ai sensi dell’art. 1219, c.c.). Detta situazione non è rilevabile dalla contabilità, ma solo da carteggio prodotto dall’azienda. Pertanto, utilizzare il criterio in commento per fruire della deducibilità della perdita su credito è di non facile applicazione. Grazie alla novella legislativa è stato fornito un criterio oggettivo per definire il modesto importo del credito, situazione che consente la deducibilità della perdita. Prima di questo intervento avevamo una norma criptica e degli intendimenti di prassi ministeriale che consentivano la deduzione anche se non fossero state intraprese azioni di recupero, obiettivamente antieconomiche (risposta all’interrogazione parlamentare del 5 novembre 2008, n. 5-00570, ma già prima la R.M. 6 agosto 1976, n. 9/124). La questione della deduzione delle perdite su crediti ha sempre costituito fonte di problemi interpretativi, prima per il redattore del bilancio, poi per il fiscalista, ma anche per l’Amministrazione finanziaria. Il motivo va ricercato nella differenti regole di redazione del bilancio (le cui valutazioni sono lasciate alla prudenza – di ordine tecnico – degli amministratori) rispetto alla norma sulla determinazione del reddito fiscale, che richiede la definitività della perdita. La maggiore rigidità della legge fiscale è evidentemente finalizzata ad impedire che politiche valutative eccessivamente prudenziali in ordine alle effettive possibilità di esazione dei crediti possano comportare una compressione del reddito d’impresa imponibile. Peraltro, a causa della sua estrema vaghezza, la norma sopra richiamata ha sempre sollevato molti dubbi interpretativi. Quindi va accolta con favore la norma chiarificatrice introdotta dal D.L. 83/2012, che stabilisce criteri oggettivi al ricorrere dei quali le perdite di crediti sono deducibili. Come detto, le due condizioni (entità e anzianità del credito, da un lato, e prescrizione del diritto, dall’altro) sono tra loro alternativi. E’ quindi sufficiente che ricorra una delle due per poter dedurre la perdita, senza che sia necessario fornire ulteriori prove. Ad esempio, basta che il diritto alla riscossione sia prescritto, indipendentemente dall’entità del credito. Tra l’altro, prima dell’intervento normativo in parola, la questione rappresentava un problema piuttosto rilevante, soprattutto nell’attuale contestuale economico, che ha visto un preoccupante deterioramento del grado di esigibilità dei crediti commerciali delle aziende; c) il debitore sia assoggettato a procedure concorsuali (ossia dalla data di uno dei seguenti atti: sentenza dichiarativa di fallimento. Occorre un intervento interpretativo per sapere se quanto vale per il fallimento è applicabile anche all’analogo istituto della “liquidazione giudiziale”, introdotto dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (cd. Decreto Crescita 2.0) in favore dei piccoli imprenditori e i professionisti, per il quale dovrebbe valere la data di omologazione della procedura di liquidazione; provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa; decreto di ammissione al concordato preventivo. Anche in questo caso esistono somiglianze molto marcate con la nuova procedura della composizione della crisi da sovra-indebitamento, per cui si attendono chiarimenti per sapere se per la deducibilità delle perdite su crediti ha rilevanza dalla data di omologazione del piano; decreto che dispone l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi) o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis, L.F. (R.D. 267/1942). Prima del 26 giugno 2012 erano esclusi dall’assimilazione alle procedure concorsuali gli accordi di ristrutturazione dei debiti (C.M. 13 marzo 2009, n. 8/E, punto 4.2; C.M. 3 agosto 2010, n. 42/E, par. 4.1).

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Parallelamente è stato modificato l’art. 88, D.P.R. 917/1986, stabilendo che la riduzione dei debito dell’impresa in sede di accordo di ristrutturazione dei debiti non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all’art. 84 del medesimo decreto. In queste ipotesi (assoggettamento del debitore a procedure concorsuali ovvero omologazione dell’accordo di ristrutturazione del debito) ai fini della deducibilità non si richiede la sussistenza di «elementi certi e precisi». Circa il momento di deduzione delle perdite su crediti derivanti dalle procedura concorsuali si ricorda che gli elementi certi e precisi, presupposti necessari ai fini fiscali, possono ritenersi presenti per tutta la durata della procedura. Per cui il redattore del bilancio (da cui consegue la deduzione fiscale) dovrà prendere in esame tutte le variabili utili ad individuare i requisiti di certezza e determinabilità della perdita, anche se essi venissero all’esistenza in “un esercizio diverso da quello nel quale la procedura concorsuale si è aperta” (Cass., sent. 4 settembre 2002, n. 12831). Comunque, conclude la citata sent. 12831/2002, “non è possibile scegliere il periodo di esercizio, tra quelli posteriori all’apertura della procedura concorsuale, in cui dedurre la perdita, rimanendo al contrario sovrana la volontà della legge che si esprime nella regola” del principio di competenza sancito dall’art. 109, D.P.R. 917/1986. Alla luce delle cennate sentenze giurisprudenziali, si può affermare che la norma non richiede necessariamente l’imputazione a bilancio e la deduzione fiscale nell’esercizio in cui si apre la procedura, ma occorre effettuare una valutazione complessiva in relazione al singolo credito. Deduzione dei crediti in presenza di procedure concorsuali:

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Esempio Un credito di 100 verso un soggetto fallito può essere imputato a perdita in conto economico in misura di 70 nell’esercizio di apertura del fallimento e costituire componente di reddito nel corrispondente periodo d’imposta nella stessa misura (ovviamente nei limiti di quanto imputato a conto economico). La restante quota di 30 potrà essere imputata a conto economico (e dedotta fiscalmente) anche in uno dei futuri esercizi in pendenza della procedura concorsuale, previa valutazione della sussistenza dei requisiti di definitività della perdita.

Apertura di una procedura concorsuale

Non implica, automaticamente, la presenza della certezza e della definitività della predita sul credito

La norma contiene solo una presunzione semplice, da ponderare in funzione del caso concreto e considerando anche il valore di presumibile realizzazione del credito (in pratica si potrà dedurre la sola perdita certa, mentre la parte residua dovrà essere valutata secondo i principi contabili).

La competenza alla deduzione si configura per tutto il periodo di durata della procedura concorsuale, per cui al realizzarsi dei presupposti di iscrizione a conto economico della perdita, spetta la deduzione fiscale (quest’ultima non può essere rinviata in momenti successivi, non potendo il contribuente decidere a suo piacimento il periodo d’imposta di deduzione).

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Come si può notare, tra le fattispecie che consentono la deduzione delle perdite non è inclusa l’Amministrazione controllata, a motivo dei presupposti che sono alla base dell’ammissione del debitore a tale procedura. Inoltre, è prevista la possibilità di risanare l’impresa, per cui viene meno l’eventualità della definitività di perdita del credito. Rapporti Bilancio-Fisco Occorre analizzare una questione particolarmente delicata, specie in vista della chiusura dei bilanci relativi all’esercizio – 2012 - di prima applicazione delle novità fiscali. Si tratta cioè di capire se la novella legislativa prescinda dalla tecnica contabile adottata per la rilevazione della perdita. Per comprendere questo aspetto dobbiamo ricordare che il reddito imponibile (fiscale) discende dal risultato di bilancio (civilistico), sulla base dei principi di derivazione dal bilancio e di previa imputazione a conto economico. Relazione con il bilancio: In primo luogo, detti principi aiutano a chiarire che, al verificarsi dei presupposti per la deducibilità fiscale (anzianità ed entità del credito, ad esempio), la mancata imputazione a conto economico della perdita non ne preclude la deduzione nei futuri periodi d’imposta. Infatti, le perdite su crediti (sia quelle di modesta entità sia quelle verso debitori in procedura concorsuale) attengono sempre a fattispecie “valutative” che devono acquisire una competenza civilistica prima che fiscale. Quindi, pur introducendo una presunzione di certezza degli elementi che attestano la perdita, la norma fiscale non può che rinviare l’effettiva determinazione temporale e quantitativa (sotto questo aspetto va valutata anche la possibilità del recupero dell’Iva addebitata; si veda quanto detto al termine della presente trattazione) ad una valutazione da parte dell’organo amministrativo. In altre parole, il decorso dei 6 mesi rappresenta solo il dies a quo per rilevare la perdita in bilancio e ottenere il diritto alla deduzione. In secondo luogo, occorre vedere se la tecnica contabile ha impatti fiscali. Infatti, sotto il profilo contabile emergono due possibili letture, alternative fra loro, della norma: a) la deducibilità della perdita su crediti di modesta entità sarebbe legata alla rilevazione come “perdita” nel conto economico (voce B.14) a cui consegue, in taluni casi, lo stralcio contabile del credito; b) la norma agevolativa non sarebbe subordinata ad una specifica rilevazione contabile e, pertanto, rientrerebbero nell’ambito applicativo della nuova disciplina anche le “svalutazioni” operate in conto economico (voce B.10.d). In dottrina si propende per quest’ultima soluzione che consentirebbe la deduzione della perdita (che possieda i requisiti fiscali di certezza, secondo la novella legislativa) anche se civilisticamente è stata contabilizzata come di tipo valutativo (quindi anche se in bilancio il costo viene rilevato quale mera svalutazione, anche parziale, senza

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lo stralcio contabile del credito). Questo indirizzo interpretativo risulta, a nostro avviso, confermato dallo stesso principio contabile OIC 15 che stabilisce la tecnica di rilevazione delle perdite. Come si nota da par. D del principio contabile citato, nel Fondo svalutazione crediti affluiscono importi derivanti da perdite già manifestatesi (certe, per usare l’espressione usata dal Legislatore fiscale; si notino le parti da noi evidenziate in grassetto) e quelli derivanti da svalutazioni forfetarie prudenziali:

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OIC 15 – I crediti “D.I. Principio generale . I crediti vanno esposti in bilancio al valore di presunto realizzo. Il primo punto di riferimento è il loro valore nominale, che va però rettificato per tenere conto di: perdite per inesigibilità resi e rettifiche di fatturazione sconti ed abbuoni interessi non maturati altre cause di minor realizzo D.II. Determinazione della rettifica per svalutazione crediti. D.II. a ). Il valore nominale dei crediti in bilancio deve essere rettificato, tramite un fondo di svalutazione appositamente stanziato, per le perdite per inesigibilità che possono ragionevolmente essere previste e che sono inerenti ai saldi dei crediti esposti in bilancio. Detto fondo deve essere sufficiente (adeguato ma non eccessivo) per coprire, nel rispetto del principio di competenza: - sia le perdite per situazioni di inesigibilità già manifestatesi, - sia quelle per altre inesigibilità non ancora manifestatesi ma temute o latenti. Deve inoltre coprire le perdite che si potranno subire sui crediti ceduti a terzi per i quali sussista ancora un'obbligazione di regresso. E' noto che i crediti presentano spesso problemi connessi alla loro esigibilità. L'inesigibilità di alcuni crediti, totale o parziale, certa o presunta, può essere già nota al momento della redazione del bilancio, come nel caso di debitori falliti o comunque in dissesto, di liti giudiziarie, di contestazioni, di debitori irreperibili e così via. Per altri crediti potranno le situazioni di inesigibilità, pur essendo intrinseche nei saldi, manifestarsi invece in esercizi successivi a quello della iscrizione dei crediti in bilancio. Le perdite per inesigibilità non devono gravare sul conto economico degli esercizi futuri in cui esse si manifesteranno con certezza, ma, in ossequio ai principi della competenza e della prudenza ed al principio di determinazione del valore di realizzo dei crediti, devono gravare sugli esercizi in cui le perdite si possono ragionevolmente prevedere. Detto obiettivo viene raggiunto sul piano organizzativo-contabile tramite lo stanziamento di un fondo svalutazione crediti, col quale si mira a coprire sia le perdite di inesigibilità già manifestatesi, sia quelle perdite non ancora manifestatesi ma che l'esperienza e la conoscenza dei fatti di gestione inducono a ritenere siano già intrinseche nei saldi esposti in bilancio e che pertanto si possono ragionevolmente prevedere. Il fondo verrà in seguito utilizzato per lo storno contabile dei crediti inesigibili nel momento in cui tale inesigibilità sarà ritenuta definitiva, momento che sarà determinato in base a considerazioni legali, fiscali o pratiche. D.II. b ). Lo scopo del fondo svalutazione crediti è solo quello di fronteggiare le previste perdite sui crediti in bilancio, pertanto il fondo deve essere determinato tramite l'analisi dei singoli crediti e di ogni altro elemento di fatto esistente o previsto. Tecnicamente, lo stanziamento al fondo svalutazione crediti deve avvenire tramite: - analisi dei singoli crediti e determinazione delle perdite presunte per ciascuna situazione di inesigibilità già manifestatasi;

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Si comprende, in definitiva, che le perdite derivanti da cause diverse da riconoscimento giudiziale di un minor importo, transazioni, prescrizioni o cessioni di crediti vanno allocate nella voce B.10.d: esse, già manifestatesi, possono essere dedotte secondo le regole dell’art. 101, co. 5, D.P.R. 917/1986. Tale impostazione va però coordinata con l’art. 106, D.P.R. 917/1986 che prevede, per le imprese non finanziarie, una gestione delle svalutazioni per masse, nei limiti dello 0,5% del valore nominale dei crediti (fino a che il fondo non abbia raggiunto la soglia del 5% del valore nominale). Risulta pertanto necessario escludere dal monte crediti – su cui calcolare lo 0,5% – i crediti di modesta entità scaduti da oltre 6 mesi i quali possono essere dedotti integralmente (ossia trattate come perdite definitive sul fronte fiscale). In tale direzione, peraltro, andava un emendamento alla L. 24.12.2012, n. 228 poi non recepito. In sostanza, l’art. 101 e l’art. 106 determinano due differenti modalità di deduzione delle perdite su crediti (sia se contabilizzate nella voce B.10.d sia nella voce B.14) tra loro collegate. Infatti, l’art. 106, co. 2, D.P.R. 917/1986 contiene una disposizione che si intreccia con la norma contenuta nell’art. 101 del medesimo decreto, laddove prevede che la perdita determinata ai sensi dell’art. 101, co. 5, è deducibile solo per la parte eccedente il fondo svalutazione fiscale, dedotto negli esercizi precedenti. Sul punto, ovviamente sarà necessario attendere le indicazioni di prassi. Il recupero dell’IVA sui crediti impagati Nello stabilire l’ammonare della perdita su crediti (da iscrivere in bilancio e da dedurre fiscalmente), l’organo amministrativo potrà anche tener conto, nei casi previsti, della possibilità di recuperare l’Iva addebitata al cliente insolvente. E’ infatti prevista la possibilità di emettere una nota di variazione in diminuzione (dell’imponibile e dell’Iva) per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose (C.M. 17 aprile 2000, n. 77/E) secondo le disposizioni dell’art. 26, co. 2 e 3, D.P.R. 633/1972. L’Amministrazione finanziaria ha chiarito che, l’ipotesi di mancato pagamento nell’ambito delle procedura concorsuali, si concretizza a seguito dell’infruttuosa esecuzione collettiva del patrimonio per l’insussistenza di somme disponibili residuate alla ripartizione dell’attivo fallimentare.

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- stima, in base all'esperienza ed ad ogni altro elemento utile, delle ulteriori perdite che si presume si dovranno subire sui crediti in essere alla data di bilancio; - valutazione dell'andamento degli indici di anzianità dei crediti scaduti rispetto a quelli degli esercizi precedenti; - condizioni economiche generali, di settore e di rischio paese. … D.II. c ). Lo scopo del fondo svalutazione crediti è quello di fronteggiare i rischi di perdite sui crediti in bilancio.” Secondo il principio contabile OIC 1, interpretativo del n. 12, la voce B.10.d di conto economico “comprende gli accantonamenti e le svalutazioni dei crediti commerciali e diversi iscritti nell'attivo circolante.

Devono essere, invece, iscritte alla voce B14 le perdite realizzate su crediti e quindi non derivanti da valutazioni, come ad esempio le perdite conseguenti a riconoscimento giudiziale di un minore importo rispetto a quello iscritto; le perdite conseguenti a cessione di crediti; le riduzioni di crediti iscritti in bilancio a seguito di transazioni; le perdite conseguenti a prescrizione di crediti (i proventi derivanti da prescrizione di debiti sono classificabili alla voce A5). Le svalutazioni dei crediti finanziari immobilizzati, invece, devono essere iscritte alla voce D19”.

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Con riguardo al termine entro il quale il contribuente è legittimato ad esercitare il diritto alla detrazione, nell’ambito dell’infruttuosa esecuzione concorsuale, occorre far riferimento all’art. 19, co. 1, D.P.R. 633/1972, ossia “al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo” (R.M. 18 marzo 2002, n. 89/E). Le variazioni Iva relative ad accordi sopravvenuti tra le parti o ad inesattezza della fatturazione possono essere eseguite entro un anno dal sorgere dell’operazione (art. 26, co. 3, D.P.R. 633/1972). Esercizio della detrazione Iva nelle procedura concorsuali:

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Con alcune disposizione emanate a fine 2012 sono state introdotte numerose disposizioni di carattere fiscale di interesse per il settore agricolo. In particolare, sia la Legge di stabilità 2013 (L. 24.12.2012, n. 228, in G.U. 29.12.2012, n. 302) sia il Decreto crescita 2.0 (D.L. 18.10.2012, n. 179 conv. con modif. dalla L. 17.12.2012, n. 221) hanno previsto molteplici misure che impattano anche sulla normativa fiscale agricola. Si tratta dei seguenti aspetti: - rivalutazione dei redditi fondiari; - abolizione del regime catastale per le società agricole; - esercizio esclusivo delle attività agricole; - IMU; - dichiarazione IMU; - elenchi clienti e fornitori per agricoltori esonerati; - accisa sul gasolio agricolo e additivi; - cessione di prodotti agricoli e agroalimentari; - composizione delle crisi da sovraindebitamento. RIVALUTAZIONE dei REDDITI FONDIARI (art. 1, co. 512, L. 228/2012): si dispone che, ai soli fini delle imposte sui redditi, per il triennio 2013/2015, i redditi dominicali ed agrari sono rivalutati del 15%, con la sola esclusione di quelli riferibili ai terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali. L’incremento va applicato all’importo risultante dalla rivalutazione dell’80% per i redditi dominicali e del 70% per quelli agrari, già ordinariamente applicata (art. 3, co. 50, L. 662/1996). Dalla rivalutazione citata restano esclusi i fondi rustici, anche non coltivati (set aside), purché posseduti (a titolo di proprietà o altro diritto reale di godimento) e condotti da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali (Iap), di cui all’art. 1, D.Lgs. 99/2004, iscritti alla propria previdenza agricola, per i quali la rivalutazione resta fissata nella misura del 5%. L’espressione “posseduti e condotti” lascerebbe intendere che il trattamento di favore, consistente nell’applicazione di una minore percentuale di rivalutazione (5% in luogo di quella del 15%), non opererebbe anche per i proprietari (che dichiarano i redditi dominicali) e gli affittuari (che dichiarano i redditi agrari) distintamente e separatamente. Ad esempio, in caso di concessione in affitto di un terreno agricolo, la percentuale di rivalutazione ridotta al 5% sarebbe inapplicabile sia per il proprietario (ancorché esso sia coltivatore diretto o Iap) sia per l’affittuario o conduttore. Tuttavia, l’assenza dell’avverbio “direttamente” lascia una speranza all’applicazione della rivalutazione del 5%, distintamente e separatamente, in capo ai proprietari e agli affittuari. E’ possibile che il requisito congiunto del possesso e della conduzione diretta sia stato mutuato dalla definizione contenuta nell’art. 13, co. 5, D.L. 201/2011, che prevede la riduzione del moltiplicatore da 135 a 105 ai fini IMU. Sul punto, in considerazione della ratio della disposizione, si ritiene che la formulazione della norma derivi da una svista del legislatore, considerati i diversi presupposti che sottendono le normative dell’IMU e delle imposte sui redditi, si attendono gli opportuni chiarimenti. Occorrerebbe chiarire se le rivalutazioni in questione siano applicabili anche ai giovani agricoltori. In effetti manca una previsione normativa, analoga a quella dell’art. 14, co. 3, L. 441/198, in base alla quale la rivalutazione prevista nell’art. 3, co. 50, L. 662/1996 non si applica per i periodi d’imposta durante i quali i terreni

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Novità di fine anno per il settore agricolo

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assoggettati alle rivalutazioni sono concessi in affitto per usi agricoli per un periodo non inferiore a 5 anni a giovani che non hanno compiuto i 40 anni, aventi la qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale, anche in forma societaria. Ai fini della determinazione dell’acconto per il 2013, la disposizione in commento dispone che i contribuenti devono tenere conto della rivalutazione incrementata. Rivalutazione, ai fini delle imposte dirette, sui redditi dei terreni operante nel triennio 2013-2015:

ABOLIZIONE del REGIME CATASTALE per le SOCIETA’ AGRICOLE (art. 1, co. 513 e 514, L. 228/2012): le società agricole commerciali, siano esse di persone o di capitali, potranno godere della tassazione fondiaria per opzione (tassazione basata sui redditi fondiari di cui all’art. 32, D.P.R. 917/1986) fino al 2014. Le società non potranno più scegliere se determinare il proprio reddito su base catastale o sulla base del bilancio (art. 1, co. 1093, L. 296/2006), mentre le opzioni esercitate prima dell’entrata in vigore della Legge di stabilità sono inefficaci dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2014. La novella introdotta così recita: “i commi 1093 e 1094 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, sono abrogati e le opzioni esercitate ai sensi dei medesimi commi perdono efficacia con effetto dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2014”. Con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze potranno essere adottate disposizioni transitorie per disciplinare il passaggio dal reddito catastale o forfettario a quello analitico. I maggiori dubbi interpretativi sorgono in merito alla decorrenza. Infatti, mentre risulta chiara la norma rispetto a coloro che hanno già esercitato l’opzione e che potranno adottare il regime agevolato fino al periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2014, non è indicato in maniera esplicita se l’opzione possa essere esercitata per i periodi d’imposta 2013 e 2014. Potrebbe, pertanto, prevalere un’interpretazione letterale della norma secondo cui le opzioni previste dai commi 1093 e 1094 dell’art. 1, L. n. 296/2006 non saranno più esercitabili a decorrere dal periodo d’imposta 2015, con la conseguenza che, anche coloro che avranno effettuato la scelta per l’esercizio 2014, ancorché la scelta abbia valenza per un triennio, dovranno rientrare nel 2015 nella tassazione secondo i criteri previsti per il reddito d’impresa. Rispetto alla decorrenza, sarà bene, però, attendere il decreto ministeriale previsto dall’art. 1, comma 514 della L. 228/2012, che disciplinerà la fase transitoria. L’agevolazione era prevista per le società di persone, le società a responsabilità limitata e le società cooperative (restano fuori le società per azioni) con la qualifica di società agricola, di cui all’art. 2, D.Lgs. 99/2004 (anche senza la qualifica di imprenditore agricolo professionale). Dal 2015 (per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare) le opzioni non saranno più esercitabili e coloro che avessero già effettuato tale scelta in passato dovranno calcolare il reddito secondo le ordinarie regole fissate per il reddito d’impresa, utilizzando i criteri indicati dagli artt. 55 e segg., D.P.R. 917/1986 (reddito d’impresa).

Redditi dominicali Rivalutati dell’ 80% Rivalutati del 15% (5% per i terreni anche non coltivati posseduti e condotti da coltivatori diretti e Imprenditori agricoli professionali iscritti

nella previdenza agricola) Redditi agrari Rivalutati dell’ 70%

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Con l’addio alla fiscalità fondiaria si ritorna al passato e riemerge la discriminazione (specie sul fronte della concorrenza) rispetto ai produttori agricoli che esercitano le medesime attività (di cui all’art. 2135, c.c.), ma con veste giuridica diversa da quella dell’impresa individuale e della società semplice. Rimarrà la tassazione fondiaria, quale regime naturale, per gli imprenditori individuali, gli enti non commerciali e le società semplici. Viene altresì abrogato, sempre dal 2015, il co. 1094 dell’art. 1, L. 296/2006 che consente la tassazione forfetizzata (coefficiente del 25%) del reddito anche per le società costituite da imprenditori agricoli, non necessariamente professionali (Iap), che esercitano esclusivamente attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci. Quest’ultima agevolazione è priva di interesse in quanto, in caso di opzione, la società non può usufruire di alcuna agevolazione fiscale, ma solo di un regime forfetario di determinazione del reddito pari al 25%, tutt’altro che favorevole. Le novità in esame devono essere considerate per la determinazione dell’acconto IRPEF/ IRES dovuto per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2014 (2015 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare). Tassazione fondiaria:

Il quadro normativo ed interpretativo:

La norma primaria è costituita dall’art. 1, co. 1093 e 1094, L. 296/2006 (Finanziaria 2007). Le disposizioni attuative sono state dettate con il D.M. 27.9.2007 n. 213 (la sua emanazione era prevista dal co. 1095). L’Agenzia delle Entrate, con la C.M. 1.10.2010, n. 50/E ha fornito alcune importanti precisazioni in relazione all’applicazione di tale regime fiscale. Infine, i DD.MM. 10.5.2010 e 5.8.2010 hanno fornito importanti precisazioni in relazione al reddito derivante dall’allevamento degli animali e ai beni che possono essere oggetto delle c.d. attività agricole connesse.

Forma dell’impresa agricola Agevolazione Imposizione

Società per azioni Reddito d’impresa determinato secondo l’art. 55 e segg., Tuir

Società di persone Società a responsabilità limitata Società cooperative

co. 1093, art. 1, L. 296/2006

Reddito d’impresa determinato secondo l’art. 55 e segg., Tuir o, per opzione (ma solo fino al 2014 (*) ), ai sensi dell’art. 32, Tuir (**)

Società costituite da imprenditori agricoli, non necessariamente professionali (Iap), che esercitano esclusivamente attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci

co. 1094, art. 1, L. 296/2006

Tassazione forfetaria con coefficiente del 25% (ma solo fino al 2014 (*) )

Imprenditori individuali Enti non commerciali Società semplici

Reddito fondiario determinato ai sensi dell’art. 32, Tuir (**)

(*) Con obbligo di tener conto della disposizione già con l’acconto dovuto per il 2015. (**) In questo caso il dato catastale va rivalutato del 15% (o del 5% per i terreni posseduti e coltivati da coltivatori diretti o impren-ditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola) per il triennio 2013/2015, con effetto già sull’acconto dovuto per il 2013 (si veda retro).

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ESERCIZIO ESCLUSIVO delle ATTIVITA’ AGRICOLE (art. 36, co. 8, D.L. 179/2012): è precisato che le società agricole possono considerare rientrante nell’ambito dell’esercizio esclusivo delle attività agricole la locazione, il comodato e l’affitto di fabbricati a uso abitativo, nonché di terreni e di fabbricati ad uso strumentale, a condizione che i ricavi derivanti dalla locazione o dall’affitto risultino marginali rispetto a quelli derivanti dall’esercizio dell’attività agricola. La norma dispone, inoltre, che il requisito della marginalità deve considerarsi soddisfatto qualora l’ammontare dei ricavi relativi alle locazioni e affitto dei beni non superi il 10 per cento dell’ammontare dei ricavi complessi della società e che resta fermo l’assoggettamento di tali ricavi a tassazione in base alle regole del Tuir. Come noto, le società agricole si qualificano mediante la denominazione sociale che deve contenere la dizione “società agricola” e con l’oggetto sociale che deve prevedere l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’art. 2135, c.c.. L’intervento del D.L. 179/2012 consente alle società agricole di rispettare il requisito della esclusività ancorché concedano in locazione terreni o fabbricati agricoli i cui ricavi siano inferiori al 10% dei ricavi complessivi. Locazione e affitti:

E’ importante sottolineare la precisazione secondo cui le società commerciali proprietarie di terreni agricoli concessi in affitto dichiarano il reddito secondo le regole del Tuir. Nel caso di specie, la società dichiarerà il reddito dominicale e non il canone risultante dal contratto. Infatti, nella fattispecie, si applicano le regole dei redditi fondiari per gli immobili non strumentali escludendo da tale ambito i terreni utilizzati direttamente per l'esercizio dell'attività agricola. Pertanto se una società immobiliare concede in affitto i terreni, non esercita l'attività agricola e quindi applica il regime dei redditi fondiari di cui al capo II del titolo I del D.P.R. 917/1986. L'art. 90, D.P.R. 917/1986 regola le modalità di tassazione degli immobili patrimonio posseduti da società commerciali. Sono considerati tali gli immobili diversi da quelli strumentali nonché da quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa (beni merce). IMU (art. 1, co. 380 – 386, L. 338/2012): è disposta la soppressione della riserva allo Stato della metà dell’IMU ad aliquota ordinaria, di cui all’art. 13, co. 11, D.L. 201/2011. Contestualmente, è riservato allo Stato il gettito dell’imposta derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D, calcolato ad aliquota standard dello 0,76 per cento. Per gli stessi immobili, i comuni possono aumentare sino allo 0,3 per cento l’aliquota standard dello 0,76 per cento, prevista dal co. 6, del predetto D.L. 201/2011. Sul punto, è da segnalare che il riferimento generico ai fabbricati di categoria D, potrebbe ingenerare dubbi sul coinvolgimento dei fabbricati rurali strumentali rientranti in categoria D/10. Si ritiene che tale lettura, rinvenibile dal dato letterale della norma, non possa essere ammessa, considerato che per i predetti fabbricati resta vigente il co. 8 dell’art. 13 citato, che prevede l’applicazione dell’aliquota dello 0,2 per cento, con possibilità per i Comuni di ridurla allo 0,1 per cento, il cui gettito è già di pertinenza degli stessi Comuni.

Con l’integrazione dell'art. 2, co. 1, D.Lgs. 29.3.2004, n. 99, che disciplina le società agricole è ora disposto che non co-stituisce distrazione dall’esercizio esclusivo delle attività agricole la locazione, il comodato e l’affitto di:

fabbricati ad uso abitativo; terreni e fabbricati ad uso strumentale alle attività agricole ex art. 2135, cod. civ. (coltivazione del fondo, selvicol-

tura, allevamento di animali e attività connesse); sempreché i ricavi derivanti dalla locazione / affitto siano marginali rispetto a quelli dell’attività agricola esercitata, ossia siano non superiori al 10% dei ricavi complessi-vi.

I predetti ricavi rimangono soggetti a tassazione secondo le regole previste dal D.P.R 917/1986 (Tuir).

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DICHIARAZIONE IMU: i seguenti soggetti devono valutare i casi in cui sussiste l’obbligo di presentare la dichiarazione Imu:: a) coltivatori diretti: ai sensi dell’art. 1647, C.c. è il soggetto che coltiva il fondo “col lavoro prevalentemente proprio o di persone della sua famiglia”. Come precisato dal MEF nella Circolare 18.5.2012, n. 3/DF, trattasi di colui: - che si dedica direttamente e abitualmente alla coltivazione del fondo col lavoro proprio o della sua famiglia; - la cui forza lavorativa non è inferiore ad 1/3 di quella complessiva richiesta dalla normale conduzione del fondo; b) e gli imprenditori agricoli professionale (IAP), iscritto nella previdenza agricola è, ai sensi dell’art. 1, D.Lgs. 99/2004, colui che direttamente o come socio svolge le attività agricole ex art. 2135, C.c.: - dedicando a tale attività almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo; e - ottenendo da tale attività ricavi per almeno il 50% del reddito globale da lavoro. Possono assumere la qualifica di IAP anche le società a condizione che l’oggetto sociale preveda l’esercizio esclusivo delle attività agricole ovvero sussistano i seguenti requisiti differenziati per tipologia di società. Detti soggetti non sono tenuti alla presentazione della dichiarazione IMU qualora tale condizione soggettiva sia già stata comunicata al Comune ai fini ICI e la stessa continui a persistere. Per tali soggetti, pertanto, l’applicazione ai fini IMU di un moltiplicatore e di una franchigia diversi rispetto a quanto previsto per l’ICI non comporta l’obbligo di presentazione della dichiarazione. L’obbligo di presentazione della dichiarazione Imu non sussiste neppure se l’agricoltore ha fruito delle agevolazioni per il calcolo dell’imposta (risoluzione 1/DF/2013). ELENCHI CLIENTI e FORNITORI per AGRICOLTORI ESONERATI (art. 36, co. 8-bis, D.L. 179/2012): è introdotto l’obbligo, per i produttori agricoli - esonerati ai fini Iva ai sensi dell’art. 34, co. 6, D.P.R. 633/1972 (volume d’affari inferiore a 7.000 euro) - di comunicazione annuale delle operazioni ai fini IVA, di cui all’art. 21, D.L. 78/2010 conv. in L. n. 122/2010. L’adempimento, che si pone in netta controtendenza con le più volte annunciate esigenze di semplificazione, troverebbe la sua giustificazione nella finalità di rendere più efficienti le attività di controllo relative alla rintracciabilità dei prodotti agricoli e alimentari, ai sensi dell’art. 18, Reg. (CE) n. 178/2002, sulla sicurezza alimentare. Tale estensione è stata disposta “al fine di rendere più efficienti le attività di controllo relative alla rintracciabilità dei prodotti agricoli e alimentari …”. Si evidenzia che l’art. 34, co. 6, D.P.R. 633/1972, esonera dal versamento dell’Iva e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale, i produttori agricoli che nell’anno solare precedente hanno realizzato, o in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d’affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti agricoli rientranti nella tabella A), parte I, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972. Resta fermo, però, l’obbligo di numerare e conservare le fatture e le bollette doganali a norma dell’art. 39, D.P.R. 633/1972. In pratica, detti soggetti - esonerati dalla tenuta di scritture contabili - deve assolvere l’obbligo di comunicare i rapporti commerciali intervenuti nel corso dell’anno. Sul piano operativo, l’invio di dette operazioni va effettuato in via telematica entro il 30 aprile di ogni anno con riferimento alle operazioni registrate (o meglio conservate) nell’anno precedente. L’Agenzia delle Entrate, rispondendo in sede di Telefisco 2013, ad una richiesta di chiarimenti circa l’operatività di questa nuova incombenza, ha precisato testualmente che: “si ritiene che l’obbligo di comunicazione, espressamente previsto da questa disposizione entrata in vigore il 19.12.2012, dato il limitato lasso di tempo trascorso fra quest’ultima data ed il 31.12.2012, per finalità di semplificazione degli adempimenti, possa non essere adempiuto dai produttori agricoli per il 2012”.

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Quindi l’obbligo è, al momento, solo rinviato, con l’appuntamento fissato al 30.4.2014. A tal fine, i vertici dell’Agenzia delle Entrate hanno affermato che, per via del ritardo con cui è stato introdotto il nuovo obbligo, la prima dichiarazione che dovranno presentare i piccoli agricoltori avverrà nel 2014 con riferimento alle operazioni del 2013. ACCISA sul GASOLIO AGRICOLO e ADDITIVI (art. 1, co. 363, 516 e 517, L. 228/2012): la norma dispone che a decorrere dall’anno 2013, al fine di poter usufruire dell’accisa ridotta per i carburanti utilizzati per l’esercizio delle attività agricole, le regioni dovranno utilizzare i dati inseriti all’interno del Sistema informativo agricolo nazionale (Sian) e nel fascicolo aziendale gestito dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea). La determinazione dei quantitativi di gasolio agevolato da immettere nell’impiego deve rispettare quelli indicati nei fascicoli degli agricoltori, con la conseguenza che in futuro, stante la previsione di detti controlli stingenti, si realizzerà – secondo i dati desunti dal D.M. 26.2.2002, pubblicato in G.U. 20.3.2002, n. 67 (detto decreto, emanato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf), a decorrere dall’1.1.2014 i consumi medi standardizzati di gasolio da immettere all’impiego agevolato sono ridotti del 5%, mentre per il solo anno 2013 la riduzione sarà addirittura del 10%.) – una contrazione del 5% del consumo di carburante agevolato. Si segnala anche che dal 2013 è previsto che l’assoggettamento alle accise sia esteso agli additivi per carburanti (codici NC 3811 11 10 3811 11 90, 3811 19 00 e 3811 90 00). CESSIONE di PRODOTTI AGRICOLI e AGROALIMENTARI (artt. 36, co. 6-bis e 36-bis, D.L. 179/2002): con l’art. 36, co. 6-bis, D.L. 179/2012 è stato stabilito che i contratti conclusi tra imprenditori agricoli non costituiscono cessioni ai sensi dell’art. 62, D.L. 1/2012. Di conseguenza tali contratti non sono soggetti all’obbligo della forma scritta né agli specifici termini per il pagamento dei corrispettivi. E’ stato modificato anche il co. 1 del citato art. 62 prevedendo che la mancata indicazione, nei contratti che hanno ad oggetto la cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari, della durata, quantità e caratteristiche del prodotto venduto, prezzo, modalità di consegna e di pagamento, non determina la nullità del contratto. COMPOSIZIONE delle CRISI da SOVRAINDEBITAMENTO (art. 18, D.L. 179/2012): sono modificate le disposizioni in materia di procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio disciplinati dalla Legge n. 3/2012, diretto al raggiungimento di un accordo tra creditore e debitore al fine di risolvere situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili a procedure concorsuali. In particolare, la possibilità di ricorso a tale procedura è estesa: - al debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività d’impresa / professionale svolta; - all’imprenditore agricolo. Va evidenziato che è stato modificato il concetto di sovraindebitamento, ora identificabile con la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte ed il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente.

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Indici Istat

Indice dei prezzi per le rivalutazioni monetarie Periodo di riferimento: gennaio 2013 Aggiornato il 22 febbraio 2013 Per adeguare periodicamente i valori monetari, ad esempio gli affitti o gli assegni dovuti al coniuge separato, si utilizza l'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) al netto dei tabacchi. Il FOI si riferisce ai consumi dell'insieme delle famiglie che fanno capo a un lavoratore dipendente operaio o impiegato. Tale indice si pubblica sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell'art. 81 della legge 27 luglio 1978, n. 392.

Aggiornamento canoni di locazione Occorre distinguere le regole relative ad immobili ad uso abitativo da quello ad uso diverso. 1) Immobili adibiti ad uso abitazione La Legge 392/1978 prevedeva, all'articolo 24, che il canone di locazione per gli immobili adibiti ad uso abitazione poteva essere aggiornato annualmente sulla base della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. La variazione era limitata al 75% della predetta variazione. La successiva L. 431/1998 ha, con l'articolo 14, abrogato tale disposizione. Ne consegue che, ad oggi, l'aggiornamento del canone può essere pattuito dalle parti anche in misura pari al 100% della variazione dell'indice accertata dall'ISTAT. 2) Immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione La legge 431/1998 è intervenuta per ulteriormente disciplinare la locazione degli immobili ad uso abitativo. Nulla, pertanto, è variato per l'aggiornamento del canone riferito alla locazione degli immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione (ad esempio uso industriale, artigianale, commerciale come negozi, studi professionali, palestre, o anche come uso alberghiero), ancora regolato dagli artt. 27 e segg. Della L. 392/1978. Resta quindi tuttora in vigore la norma di cui all'articolo 32 della Legge 392/1978, il quale prevede che le parti possano convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente, su richiesta del locatore, per eventuali variazioni del potere di acquisto della lira, ma in misura non superiore al 75% della variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.

Variazione annuale:

gennaio 2012 / gennaio 2013: 1,65% (75% dell’indice) Variazione biennale:

gennaio 2011 / gennaio 2013: 4,05% (75% dell’indice)

Indice generale 106,7

Variazione percentuale rispetto al mese precedente + 0,2

Variazione percentuale rispetto allo stesso mese dell'anno precedente + 2,2

Variazione percentuale rispetto allo stesso mese di due anni precedenti + 5,4

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Indici Istat

Indice di RIVALUTAZIONE DEL T.F.R.

ANNO 2013 (anno 2010 = 100,00)

Note: (1) A partire dai dati di gennaio 2011, la base di riferimento dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) e dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) è il 2010 (la precedente era il 1995). (2) I numeri fra parentesi indicano un indice ISTAT inferiore al mese precedente, con conseguente deflazione. Le modalità di calcolo del coefficiente di rivalutazione Il trattamento di fine rapporto di cui all’articolo 2120 del codice civile, con esclusione della quota maturata nell'anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall'ISTAT rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente. Ai fini della applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l'incremento dell'indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell'anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.

Ad esempio, il dato per il mese di gennaio 2013, pari a 0,265845 risulta determinato nel modo seguente:

Mese

indice ISTAT (prezzi al consumo) RIVALUTAZIONE T.F.R.

RIVALUTATO

dicembre 2012 15.12.2012 14.01.2013 106,50 3,302885 1,03302885 gennaio 2013 15.01.2013 14.02.2013 106,70 0,265845 1,00265845 febbraio 2013 marzo 2013 aprile 2013 maggio 2013 giugno 2013 luglio 2013 agosto 2013 settembre 2013 ottobre 2013 novembre 2013 dicembre 2013

0,125% A) Quota fissa pari a 1/12 dell'1,5 per cento

0,140845%

B) 75% dell'incremento percentuale dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati: il calcolo è effettuato dal raffronto tra l'indice del mese di gennaio 2013 (X=106,7) rispet-to all'indice del mese di dicembre 2012 (Y=106,5). L’incidenza %, cioè (X-Y) / Y x 100, della variazione è 2,403846%.

0.265845% Totale = A + B 1,00265845% Montante

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Interessi

Interessi Legali

Il tasso di interesse legale (art. 1284, c.c.) è fissato dal legislatore, ovvero il Ministro del Tesoro, con decreto bblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

(*) G.U. 15 dicembre 2009, n. 291 (**) G.U. 15 dicembre 2010, n. 292 (***) G.U. 15 dicembre 2011, n. 291 Gli interessi debbono essere calcolati sulla somma rivalutata anno per anno (Cass.Civ. Sezioni Unite 17/02/95 n. 1712). Diversamente, salvo casi ristretti individuati dall’articolo 1283 del codice civile o quando lo prevedano gli usi normativi, non è consentito l’anatocismo (capitalizzazione degli interessi). La modifica è stata decisa dal ministero dell'Economia sulla base del rendimento medio dei titoli di Stato e del tasso di inflazione annuo. Fra le altre conseguenze (ad esempio il tasso legale è utilizzato per la determinazione dell'usufrutto vitalizio), cambieranno gli importi dovuti al Fisco per i versamenti in ritardo, tramite la procedura di "ravvedimento operoso". A tale proposito, si ricorda che gli interessi vanno calcolati dal giorno successivo a quello entro il quale il pagamento andava fatto e fino al giorno in cui si fa il versamento. Considerando i tassi in vigore nei diversi periodi interessati. Per esempio: su un versamento Irpef da parte di un sostituto d’imposta effettuato il 15 gennaio 2012 (la scadenza era il 16 dicembre 2011) occorreva calcolare gli interessi dell’ 1% dell'imposta dovuta dal 17 al 31 dicembre 2011 e del 2,5% dal 1° al 15 gennaio 2012.

TABELLA DEI TASSI DI INTERESSE LEGALE

Dal Al Saggio Norma

21/04/1942 15/12/1990 5,00% Art. 1284 cod.civ.

16/12/1990 31/12/1996 10,00% L. 353/90 e L.408/90

01/01/1997 31/12/1998 5,00% L. 662/96

01/01/1999 31/12/2000 2,50% Dm Tesoro 10/12/1998

01/01/2001 31/12/2001 3,50% Dm Tesoro 11/12/2000

01/01/2002 31/12/2003 3,00% Dm Economia 11/12/2001

01/01/2004 31/12/2007 2,50% Dm Economia 01/12/2003

01/01/2008 31/12/2009 3,00% Dm Economia 12/12/2007

01/01/2010 31/12/2010 1,00% Dm Economia 04/12/2009 (*)

01/01/2011 31/12/2011 1,50% Dm Economia 07/12/2010 (**)

01/01/2012 --- 2,50% Dm Economia 12/12/2011 (***)

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Interessi

Interessi di Mora

Il D.Lgs n. 231 del 9 ottobre 2002, recependo la Direttiva comunitaria n. 2000/35/CE del 29 giugno 2000, ha cercato di ridurre i ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali attraverso l’introduzione di una disciplina piuttosto rigida (quasi punitiva) nei confronti dei soggetti in ritardo nell’adempimento della propria obbligazione. Nel nostro ordinamento gli interessi moratori sono disciplinati dagli artt. 1219 ss. del codice civile in seno alle “transazioni commerciali” tra le imprese (vendita di merce, prestazioni di servizi) ovvero tra le imprese e la Pubblica Amministrazione. Il D.Lgs. 231/2002, come modificato dal D.Lgs. 192/2012 (di recepimento della Dir. 2011/7/Ue), ha previsto – per i contratti conclusi a partire dal 1 gennaio 2013 - la decorrenza automatica degli interessi di mora dal giorno successivo alla scadenza senza che sia necessaria una comunicazione scritta al debitore (messa in mora, come già previsto dall’art. 1219 del codice civile). Sugli interessi di mora è stata introdotta una maggiorazione del tasso degli interessi legali moratori dell' 8% rispetto al tasso fissato dalla BCE per le operazioni di rifinanziamento. Si ricorda che, anche se il tasso viene modificato ogni sei mesi, il suo valore non è semestrale, ma annuale. Va moltiplicato per i giorni di ritardato pagamento nel semestre e per l’importo del credito insoluto, mentre al denominatore vanno sempre indicati 365 giorni, e non 182 o 183. Per il periodo 1° gennaio - 30 giugno 2013, il saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali è pari al 0,750% (Comunicato Ministero economia e finanze pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 14 del 17 gennaio 2013). Nella tabella è riportato il saggio, maggiorato, per i prodotti in genere: si ricorda che per i prodotti deteriorabili la maggiorazione era fissata, fino al 2012, del 9%.

Tassi mora ex D.Lgs. 231/2002 Periodo Tasso B.C.E. (%) Maggiorazione (%) Totale (%)

08.08.02 - 31.12.02 3,35 7 10,35 01.01.03 - 30.06.03 2,85 7 9,85 01.07.03 - 31.12.03 2,10 7 9,10 01.01.04 - 30.06.04 2,02 7 9,02 01.07.04 - 31.12.04 2,01 7 9,01 01.01.05 - 30.06.05 2,09 7 9,09 01.07.05 - 31.12.05 2,05 7 9,05 01.01.06 - 30.06.06 2,25 7 9,25 01.07.06 - 31.12.06 2,83 7 9,83 01.01.07 - 30.06.07 3,58 7 10.58 01.07.07 - 31.12.07 4,07 7 11.07 01.01.08 - 30.06.08 4,20 7 11,20 01.07.08 - 31.12.08 4,10 7 11,10 01.01.09 - 30.06.09 2,50 7 9,50 01.07.09 – 31.12.09 1,00 7 8,00 01.01.10 – 30.06.10 1,00 7 8,00 01.07.10 – 31.12.10 1,00 7 8,00 01.01.11 – 30.06.11 1,00 7 8,00 01.07.11 – 31.12.11 1,25 7 8,25 01.01.12 – 30.06.12 1,00 7 8,00 01.07.12 – 31.12.12 1,00 7 8,00 01.01.13 – 30.06.13 0,75 8 8,75

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Cambi delle valute

Cambi delle valute estere per il mese di GENNAIO 2013 Provvedimento del 13/2/2013 Accertamento del cambio valute del mese di gennaio 2013 - pdf (Pubblicato il 13/2/13 ai sensi dell'articolo 1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n° 244)) Riportiamo di seguito, i cambi delle principali valute estere per il mese di GENNAIO 2013, ai sensi dell'art. 110, comma 9, D.P.R. n. 917/1986, come sopra accertati:

Paese Valuta Codice UIC Codice ISO Quantità di

valuta estera per 1 euro

AUSTRALIA Dollaro Australiano AUD 109 1,26582

BRASILE Real BRL 234 2,69927

CANADA Dollaro Canadese CAD 012 1,31891

CINA Renminbi (Yuan) CNY 144 8,26979

DANIMARCA Corona Danese DKK 007 7,46143

GIAPPONE Yen Giapponese JPY 071 118,343

INDIA Rupia Indiana INR 031 72,0716

NORVEGIA Corona Norvegese NOK 008 7,38214

REGNO UNITO Sterlina Gran Bretagna GBP 002 0,832709

RUSSIA Rublo Russia RUB 244 40,1847

STATI UNITI Dollaro USA USD 001 1,3288

SVEZIA Corona Svedese SEK 009 8,62171

SVIZZERA Franco Svizzero CHF 003 1,22878

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Scadenze

Attenzione Gli adempimenti fiscali e previdenziali scadenti di sabato o di giorno festivo sono considerati tempestivi se posti in essere il primo giorno lavorativo successivo (art. 2963, co. 3 del Codice civile; art. 18, co. 1 del D.Lgs. 241/97; art. 2, co. 9 del D.P.R. 322/1998; art. 6, co. 8 del D.L. 330/1994). Detta regola riguarda anche la presentazione dei modelli INTRASTAT, ancorché gli uffici doganali al sabato siano aperti: si tratta di una modifica intervenuta con l’art. 7, co. 2, lett. l), D.L. 70/2011 (cd. Decreto Sviluppo). Così, a decorrere dal 14 maggio 2011 si deve intendere superata l’interpretazione fornita con la Circ. 60/D/1999 secondo la quale la scadenza di sabato non faceva slittare l’invio al giorno lavorativo successivo. In base all’art. 3-quater, D.L. 2.3.2012, n. 16 (cd. Decreto Semplificazioni fiscali), gli adempimenti fiscali e i versamenti di cui agli artt. 17 e 20, co. 4, D.Lgs. 241/1997 (imposte, contributi Inps e altre somme a favore dello Stato, Regioni ed enti previdenziali), anche per rate con scadenza dal 1° al 20 agosto di ogni anno (si tratta, quindi, di una norma a regime), possono essere effettuati, senza maggiorazione, entro il 20 agosto (nuovo co. 11-bis dell’art. 37, D.L. 223/2006). I soggetti titolari di partita Iva effettuano i versamenti col modello F24 in via telematica ai sensi dell'art. 37 co. 49, D.L. 4 luglio 2006, n. 223.

FATTURAZIONE DIFFERITA Emissione ed annotazione della fattura differita per le consegne o spedizioni avvenute il mese precedente per le quali è stato emesso il documento di trasporto o documento equivalente (art. 21, co. 4, D.P.R. 633/1972). Si ricorda che l’art. 12, D.P.R. 435/2001 prevede per i soggetti obbligati alla tenuta del libro giornale e libro inventari previsti dall'art. 2214, co. 1, cod.civ. (o del registro cronologico per i professionisti) la possibilità di non tenere i registri Iva di cui agli articoli

23, 24 e 25, D.P.R. 633/1972. Sul punto, la circolare 25 gennaio 2001, n. 6/E ha chiarito come l'esonero dall'obbligo di tenere i suddetti registri sia subordinato alle seguenti condizioni: 1) la registrazione dei dati contabili previsti in materia di imposta sul valore aggiunto sia effettuata nei termini prescritti sul libro giornale; 2) in caso di richiesta da parte dell'amministrazione finanziaria sia assicurata l'immediata esibizione dei dati in forma aggregata che devono essere organizzati secondo gli stessi criteri che sono stati individuati dalle norme aventi a oggetto la tenuta dei registri stessi. In merito alla tenuta delle registrazioni delle operazioni Iva la circolare precisa che sarà necessario distinguere tra acquisti e corrispettivi (ovvero fatture emesse) con rilevazione degli imponibili delle aliquote per ciascun periodo di tempo. I termini per le registrazione dei documenti saranno poi quelli previsti nello specifico dalla normativa Iva; così, ad esempio, le fatture emesse dovranno essere registrate entro 15 giorni dalla loro emissione. CORRISPETTIVI - REGISTRAZIONE Scade il termine per l'annotazione nel registro dei corrispettivi degli incassi dell'intero mese precedente qualora risultino dall'emissione di scontrini e/o ricevute fiscali (circolare ministeriale 45/E del 19 febbraio 1997): la registrazione unica mensile è concessa ai commercianti al minuto e soggetti assimilati, mentre in caso contrario i corrispettivi devono essere annotati entro il giorno non festivo successivo. Dal 2002 non c'è più bisogno di allegare al registro gli scontrini riepilogativi giornalieri. Per le semplificazioni dei soggetti in contabilità ordinaria si veda la scadenza precedente.

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CONTABILITA’ – REGISTRAZIONE fatture di modesto ammontare Scade il termine per la registrazione del documento riepilogativo in luogo delle singole fatture (ed autofatture) di importo inferiore ad euro 300,00 con riferimento a tale mese (ricordiamo che possono essere così riepilogate sia le fatture attive che le fatture di acquisto). La registrazione è fatta con riferimento al mese precedente. Nel documento riepilogativo vanno indicati i numeri delle fatture cui si riferisce, l'ammontare complessivo imponibile delle operazioni e l'ammontare dell'imposta, distinti secondo l'aliquota applicata (art. 6, co. 6, D.P.R. 695/1996). La registrazione cumulativa vale anche ai fini della determinazione del reddito professionale (R.M. 24.7.2012, n. 80/E), salvo nel caso in cui una o più delle fatture non siano state saldate (in tal caso vanno registrate singolarmente).

IVA - LIQUIDAZIONE PERIODICA - SOGGETTI MENSILI Versamento dell'IVA a debito presso gli istituti o le aziende di credito o gli uffici e le agenzie postali o i concessionari della riscossione con l'utilizzo del mod. F24 - codice tributo: 6002 (versamento Iva mensile - febbraio), da parte dei contribuenti Iva mensili. IVA CONGUAGLIO ANNO PRECEDENTE Versamento dell'IVA a debito, da parte dei contribuenti mensili, a seguito di conguaglio

scaturente dalla dichiarazione annuale, con l'utilizzo del mod. F24 - codice tributo 6099. IVA - DICHIARAZIONI DI INTENTO RICEVUTE - MENSILI Per i soggetti mensili, scade il termine per l'invio telematico delle dichiarazioni di intento ricevute da clienti esportatori per i quali il mese scorso è stata emessa la fattura senza applicazione dell’Iva (art. 2, co. 4, D.L. 2.3.2012, n. 16; art. 1, co. 381-385 della L. 311/2004; Provv. Ag. Entrate 14 marzo 2005). Il suddetto “termine previsto per la prima liquidazione IVA periodica” va inteso quale “termine ultimo” potendo il fornitore che ha ricevuto la dichiarazione d’intento inviare la relativa comunicazione in un momento antecedente anche in assenza di operazioni non imponibili correlate alla dichiarazione d’intento. Infatti, “resta ferma … la possibilità per i contribuenti che ricevono lettere d’intento da esportatori abituali di effettuare la comunicazione anche se la relativa operazione non imponibile non è stata effettuata” (Risoluzione Agenzia Entrate 1.8.2012, n. 82/E). IMPOSTA SUGLI INTRATTENIMENTI I soggetti che esercitano attività di intrattenimento devono versare l’imposta relativa alle attività svolte con carattere di continuità nel mese di febbraio, utilizzando il modello F24 telematico con indicazione del codice tributo 6728. RITENUTE ALLA FONTE Versamento delle ritenute alla fonte operate nel corso del mese precedente (esempio: compensi per l'esercizio di arti e professioni - provvigioni per intermediazione - retribuzioni di lavoro dipendente) con utilizzo del mod. F24. L’obbligo riguarda anche le ritenute operate da condomìni per le prestazioni derivanti da contratti di appalto e d’opera effettuate nell’esercizio di impresa, anche non abitualmente (codici tributo 1019 e 1020 quale acconto, rispettivamente, a titolo di Irpef e di Ires).

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A titolo esemplificativo: a) retribuzioni a dipendenti: 1001 b) arretrati di lavoro dipendente: 1002 c) ritenute su indennità per cessazione di rapporto di lavoro: 1012 d) ritenute sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente: 1004 e) ritenute su redditi di lavoro autonomo e i compensi per l’esercizio di arti e professioni (inclusi i redditi derivanti da utilizzazione di marchi e opere dell’ingegno e i redditi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche): 1040 f) ritenute su provvigioni per rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione e di rappresentanza: 1038. INPS - CONTRIBUTI PERSONALE DIPENDENTE Pagamento dei contributi dovuti sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti di competenza del precedente mese, mediante versamento presso gli istituti e le aziende di credito o gli uffici e le agenzie postali o i concessionari della riscossione con l'utilizzo del mod. F24. INPS - CONTRIBUTI GESTIONE SEPARATA Pagamento, da parte dei soggetti committenti, dei contributi relativi alla gestione separata INPS dovuti sui compensi corrisposti nel corso del precedente mese. Per il versamento si utilizza il mod. F24. INPS - ENPALS Le aziende operanti nel settore dello spettacolo e dello sport devono versare, con F24, i contributi previdenziali relativi al mese precedente. TASSA ANNUALE LIBRI SOCIALI Ultimo giorno per il pagamento della tassa annuale CC.GG. da parte delle società di capitali per la numerazione e bollatura dei libri sociali, del libro giornale e inventari. La tassa è di € 309,87 se il capitale, all’ 1/1/2013, non è superiore a € 516.456,90; è di € 516,46 se invece il capitale supera € 516.456,90. Il versamento deve essere effettuato attraverso il modello F24, codice tributo 7085, anno di riferimento 2013. La tassa può essere compensata con eventuali crediti.

CONAI Per i produttori e gli utilizzatori di imballaggi scade il termine per la liquidazione e la trasmissione al CONAI della dichiarazione periodica relativa al contributo ambientale. In particolare si tratta della dichiarazione: - mensile di FEBBRAIO 2013 (moduli 6.1/6.2/6.3/6.10); INTRASTAT - mensili Presentazione, per via telematica, degli elenchi riepilogativi mensili delle cessioni e degli acquisti intracomunitari di beni e servizi relativi al mese precedente.

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RINNOVO CONTRATTI DI LOCAZIONE—IMPOSTA DI REGISTRO Scade il termine per il versamento dell'imposta di registro - pari al 2% del canone annuo - relativa ai contratti di locazione decorrenti (o rinnovati o per i quali ha inizio una nuova annualità) dal giorno 1 del mese (per la precisione, la scadenza è fissata entro 30 giorni dalla sottoscrizione). Per il versamento si utilizza il mod. F23, scaricabile dalla sezione modulistica. I codici tributo da utilizzare sono: 115T per la prima annualità e 112T per le annualità successive.

SCHEDA CARBURANTE Alla fine del mese (o del trimestre, a seconda della modalità prescelta) le imprese rilevano sulla scheda carburante il numero dei chilometri dell'automezzo. In alternativa alla scheda carburante, il contribuente che intende dedurre i costi ai fini delle imposte dirette e detrarre dell’Iva assolta sugli acquisti può - relativamente a tutti gli acquisti di carburante ad esso riferibili - effettuare i pagamenti esclusivamente mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate ed utilizzare la documentazione rilasciata dai soggetti che gestiscono detti strumenti di pagamento (C.M. 9 novembre 2012, n. 42/E) ELENCHI OPERAZIONI PAESI BLACK LIST-mensili Presentazione degli elenchi delle operazioni (attive e passive) di importo superiore a 500 euro (art. 2, co. 8, D.L. 16/2012) effettuate nel mese precedente con operatori economici situati in paesi “black list”. LIBRO UNICO DEL LAVORO Termine entro il quale effettuare le scritturazioni obbligatorie sul Libro unico del lavoro o, nel caso di soggetti gestori, di consegna di copia al soggetto obbligato alla tenuta, con riferimento al mese precedente. La stampa deve essere eseguita in forma meccanografica su fogli mobili vidimati e numerati su ogni pagina oppure a su stampa laser previa autorizzazione Inail e numerazione. (art. 39 L. 133/2008-12-30 DM 9.7.2008 - Min. lavoro circ. 20/2008 - INAIL nota 9.12.2008). UNIEMENS Scade il termine per l'invio telematico della dichiarazione Uniemens relativa al mese precedente. F.I.R.R. Scade il termine per il versamento del F.I.R.R. relativo all'anno precedente da parte delle imprese mandanti. DEPOSITO DEI PROGETTI DI BILANCIO L’art. 2429, co. 1, c.c. stabilisce che il progetto di bilancio deve essere comunicato, almeno 30 giorni prima dell’assemblea dei soci convocata per l’approvazione, all’organo sindacale e, ove esistente, al revisore legale dei conti, unitamente alla relazione sulla gestione; in altre parole, il progetto di bilancio delle società aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare deve essere comunicato a tali organi di vigilanza ed auditing entro il 31 marzo 2013.

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Fiscus - periodico di approfondimento del Commercialista Telematico Srl Anno IV

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