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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art ,1 comma 2, CB Bologna - Anno XLIII - n. 3 - IIII trimestre Movimento Domenicano del Rosario - Provincia “S. Domenico in Italia” 3/2010 "Saranno grandi papi, saranno grandi re ma se han la corona fra le mani pregan tutti come te..." Speciale: Rosario oggi

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Speciale: Rosario oggi

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ROSARIUMPubblicazione trimestrale del

Movimento Domenicano del Rosario

Proprietà:Provincia Domenicana S. Domenico in Italia

via G.A. Sassi 3 - 20123 Milano

Autorizzazione al Tribunale di Bolognan. 3309 del 5/12/1967

Direttore responsabile:fr. Mauro Persici o.p.

Rivista fuori commercio

LLee ssppeessee ddii ssttaammppaa ee ssppeeddiizziioonnee ssoonnoo ssoosstteennuuttee ddaaii bbeenneeffaattttoorrii

Anno 43°- n. 3

stampa: Grafiche Lusar srlNovate - via Vialba 75

Movimento Domenicano del RosarioVia IV Novembre 19/E

43012 Fontanellato (PR)Tel. 0521822899Fax 0521824056Cell. 3355938327

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Dalle Poste: un duro colpoCarissimi amici di Rosarium,non avrei proprio voluto scrivervi queste righe, ma: sono costretto.Forse non tutti sapete che recentemente le Poste

hanno aumentato le spese di spedizione del 300%Questo significa, come potete ben immaginare, mettere in grave crisi la nostrasituazione finanziaria. Rosarium vive dei vostri contributi e della vostra generosità. Ad essa faccio nuo-vamente appello per poter continuare a pubblicare questa rivista che è anche esoprattutto vostra, perché nasce ed è al servizio di un cammino di fede che ormaida molti anni stiamo percorrendo insieme. So che comprenderete, che risponderete, che continuerete con me a far viverequesta Rivista, che è la nostra voce. Vi ringrazio di vero cuore.

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speciale: il Rosario oggi

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PresentazioneIl presente testo vuole sfatare il luogo comune secondo cui il rosario sia unicamente semplice.Invece, partendo dalla semplicità iniziale, si è tentato di risalire ad analisi più complesse per ritrova-re di nuovo la semplicità, ma in un insieme di prospettive, di ricchezze e di problemi armonicamen-te connessi.Si potrebbe illustrare il procedimento a partire dall’atto del respiro. Respirare è semplice e sponta-neo. Così può essere semplice dire il rosario una volta che lo si è detto con qualcuno che ce lo hainsegnato quasi per simbiosi orante. Respirare può e deve diventare una tecnica con tanto di appren-dimento per chi – ad esempio – canta, per chi suona uno strumento a fiato, per chi parla in pubbli-co, per chi esercita uno sport. Così il rosario ha delle risorse di tecnica basate su di un fondamentoantropologico e biblico non sempre praticate e conosciute, ma che possono arricchire questa pre-ghiera. Qui la semplicità diventa un po’ meno semplice. Il respirare, poi, diventa l’oggetto di una specifica disciplina medica con complesse analisi e studiper comprenderne il funzionamento e curarne la patologia: la pneumologia medica. Così il rosariopuò diventare oggetto di studio nei suoi fondamenti antropologici, storici e teologici.

Riccardo BarileRiccardo Barile, sacerdote dell´Ordine dei Predicatori, Licenziato in Teologia all´Angelicum, è sta-to collaboratore del periodico “Settimana” per diverso tempo. I suoi interessi di studio e di ricercasi concentrano soprattutto sulla spiritualità, con particolare attenzione alla dimensione liturgica edesegetica. Attualmente è Priore della Provincia S. Domenico in Italia.

In questo numero dedicato al Rosariodesideriamo anzitutto presentarvi unlibro che ci parla di questa preghiera: Il rosario tra devozione e riflessione. Riportiamo la presentazione del curato-re, Riccardo Barile, e alcuni brani delcontributo di Sua Eccellenza MonsignorDomenico Sorrentino, Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino.Speriamo così di invitarvi alla lettura diquesto volume, che ci aiuta a conosceremeglio il Rosario. E la conoscenza, si sa,apre orizzonti nuovi: anche l’orizzontedel nostro pregare potrà così diventarepiù aperto, più ampio e, speriamo, piùricco di frutti spirituali.

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Motivazione, contesto, spunti innovativi della Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae

Mons. Domenico Sorrentino

Qualche ombra...Credo che se tra il 2001 e il 2002 si fosse fatta un’indagine tra i teologi, chiedendo la loro opi-nione circa un possibile documento della Chiesa sul Rosario, pochi lo avrebbero ritenuto oppor-tuno. Ancor meno avrebbero scommesso sulla previsione di un’iniziativa papale “forte” comequella di un Anno del Rosario. Quanto è avvenuto il 16 ottobre 2002, con la Lettera ApostolicaRosarium Virginis Mariae (appresso RVM) e l’indizione di un Anno interamente dedicato a que-sta preghiera, ha costituito una sorpresa che nemmeno da un Papa come Giovanni Paolo II, capa-ce di iniziative “sorprendenti”, ci si poteva attendere.Lo stesso Pontefice, a conclusione del documento, lasciava trasparire la preoccupazione che laLettera Apostolica potesse cadere in un clima non troppo disposto. Si rivolge ai vescovi, sacer-doti, diaconi, ed operatori pastorali, invitandoli a fare esperienza personale della bellezza del Ro-sario e ad esserne solerti promotori . Fa appello poi ai teologi, perché praticando una riflessioneal tempo stesso rigorosa e sapienziale, radicata nella Parola di Dio e sensibile al vissuto del po-polo cristiano, facciano scoprire, del Rosario, “i fondamenti biblici, le ricchezze spirituali, la va-lidità pastorale”.Il motivo delle preoccupazioni emerge, in qualche modo, dal n. 4 della lettera, quello riguardante le“obiezioni al Rosario”. Il Papa constata la crisi di questa preghiera. Accenna poi ad alcune obiezio-ni ricorrenti: la centralità della Liturgia, della quale il Rosario potrebbe impropriamente apparireconcorrente, e la preoccupazione ecumenica, basata in realtà su una concezione del Rosario pocoattenta al cuore cristologico di questa preghiera. Due obiezioni sintomatiche, ma altre se ne potreb-bero aggiungere a livello pastorale.Sta di fatto che il Papa ha visto l’opportunità del-la sua Lettera Apostolica e dell’Anno del Rosa-rio anche considerando l’urgenza di fronteggiarela crisi strisciante di questa preghiera. Bisognerebbe forse ricordare che essa, in realtà,per molti cristiani semplici e devoti, resta unapreghiera amata e praticata, anche se il più dellevolte un po’ alla buona. Le obiezioni e le per-plessità serpeggiano proprio negli ambienti dellateologia accademica e degli operatori pastorali.Perplessità elitarie, se si vuole, ma che pesano: èchiaro infatti che una preghiera poco compresa, eancora meno promossa, da chi ha il compito distudiare e animare, rischia, soprattutto nelle nuo-ve generazioni, se non la scomparsa, l’emargina-zione e comunque una pratica poco consapevolee vitale.

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... o una “chance”Il motivo di fondo per cui il Papa ha preso l’iniziativa della Lettera Apostolica sul Rosario non ètuttavia da vedere principalmente nell’intenzione di contrastare una crisi, quanto, in positivo, neldesiderio di cogliere una “chance” spirituale e pastorale. Il contesto teologico-pastorale di questoinizio di Millennio, e anche lo sviluppo della percezione teologico-spirituale di questa preghiera,reclamavano una sua riscoperta e un suo rilancio. Vediamo perché, a partire dalla prospettivastessa del Pontefice.

Il nostro tempoNel risveglio religioso e spirituale del nostro tempo ci troviamo di fronte all’imporsi di un’esi-genza meditativa e contemplativa. Vi contribuisce la reazione a una modalità di esistenza affan-nosa, tipica della nostra società dai ritmi stressanti. L’ideale di una vita anche ecologicamentesana invita a un rapporto con la natura capace di fruizione della sua bellezza, suggerisce il ritor-no al silenzio e l’incontro pacato con il Creatore in una preghiera profonda Si pone tuttavia il problema di “modalità” accessibili, direi di una pedagogia di popolo della pre-ghiera profonda. Giovanni Paolo II rilancia il Rosario come una risposta a questa esigenza.

La centrazione cristologicaChi legge l’Enciclica Novo Millennio Ineunte vi trova uno “slogan” che designa una scelta stra-tegica della pastorale d’inizio Millennio: “Ripartire da Cristo” che rimette con forza il “volto” diCristo al centro della vita e della contemplazione ecclesiale: Volto del Figlio, Volto dolente, Vol-to del Risorto. È proprio ciò che nella RVM viene riproposto attraverso il Rosario.

La teologia dei misteriÈ noto che, tra gli evangelisti, soprattuttoMarco presenta il cammino di Gesù nella coscienza deisuoi discepoli e delle folle che lo attorniano come un itinerario verso la profondità del suo miste-ro. Gesù interroga, e non soltanto quando a Cesarea di Filippo pone l’interrogativo: «La gente,chi dice che io sia?» (Mc 8,27). Tutto il suo essere interroga. Le sue parole e i suoi gesti interpel-lano. Alla vista dei suoi miracoli o dei suoi gesti di misericordia, ritroviamo la domanda che gliapostoli si fanno nel miracolo della tempesta sedata: «Chi è mai costui, che perfino i venti e ilmare gli obbediscono?» (Mt 8,27).È vero che il mistero di Gesù viene colto pienamente solo alla luce del mistero pasquale. Il Ri-sorto è la chiave del mistero di Gesù. Paolo, nell’incontro con il Risorto, coglierà tutto l’essen-ziale del Gesù secondo la carne.Tuttavia appartiene alla dinamica dell’incarnazione che il punto finale illumini il mistero, masenza abolirne il suo dispiegamento nel tempo. Per questo la comunità cristiana primitiva, purgalvanizzata dall’evento della risurrezione, nella quale è concentrato lo stesso “kerigma”, è spin-ta a “ricordare” l’intera vita di Cristo, fino a risalire, con Matteo e Luca, all’infanzia, e con Gio-vanni al prologo meta-storico. È una conseguenza stringente: se la Risurrezione ha pienamenterivelato il Cristo nel suo divino splendore, questo non va inteso come una “attribuzione” ex novo,ma come una “esplicitazione” e una “conseguenza” di ciò che appartiene al Cristo fin dal suoconcepimento nel grembo materno. La cristologia cosiddetta “dal basso”, a partire dall’umanitàdi Gesù, trova la sua legittimità e i suoi confini nel principio dell’unione ipostatica: non c’è una

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“persona” del Cristo diversa dalla persona del Verbo incarnato, senza che ciò minimamente pre-giudichi l’integrità della natura umana. Ne viene di conseguenza ciò che era ben chiaro nella teo-logia classica dei “misteri” di Cristo: ogni momento e aspetto della vita di Cristo è espressionedel suo mistero, e in ognuno dei misteri si rivela il carattere salvifico della sua vita, che avrànella morte e risurrezione il suo vertice.La teologia dei misteri è stata una delle riscoperte della teologia contemporanea nell’orizzontedel cristocentrismo. Ne è conferma la liturgia che, pur ruotando intorno al mistero pasquale, sisnoda tuttavia nell’anno liturgico proprio intorno ai singoli “misteri” di Cristo. Lo testimoniaanche, tra le preghiere non liturgiche, proprio il Rosario.A partire da questa problematica, si coglie ancora di più il senso dell’iniziativa della RVM. Il Pa-pa ha riproposto con forza alla Chiesa non una generica “cristologia” o una semplice cristologiadel mistero pasquale, ma appunto la teologia dei misteri di Cristo: il mistero “nei” misteri. Il fat-to che non si sia limitato a rilanciare il Rosario nell’articolazione tradizionale dei tre cicli, ma,accogliendo istanze che negli scorsi decenni si erano moltiplicate in tal senso, abbia aggiunto ilnuovo ciclo dei misteri della luce, ne è una riprova. I cinque misteri desunti dalla vita pubblica diGesù completano alla mente dell’orante l’intera fisionomia del Cristo. Ne esce confermato ed e-saltato il carattere del Rosario come “compendio” del Vangelo.

La “via” e la “scuola” di MariaFocalizzando in modo più puntuale il rapporto tra l’aspetto mariano e quello cristologico del Ro-sario, uno degli aspetti particolarmente sviluppati dalla RVM è la presentazione di Maria comela grande maestra della contemplazione di Cristo.Nella percezione corrente, il carattere mariano del Rosario, dovuto soprattutto alla consistenteripetizione dell’Ave Maria, viene interpretato come se il Rosario fosse una devozione rivolta aMaria. Di qui le difficoltà per la sensibilità ecu-menica, e anche il pretesto che da questa con-vinzione viene offerto a quanti sono poi tentatidi ridimensionare l’importanza del Rosario innome del primato di Cristo e della centralitàdella liturgia. La RVM caratterizza il Rosario come: «preghieradalla fisionomia mariana, dal cuore cristologico»(RVM 1). La fisionomia mariana è nel fatto chela contemplazione del mistero di Cristo viene o-perata, ampiamente, attraverso la luce che su diesso proietta il “saluto” angelico. È interessantetuttavia che, proprio a partire da questo elemen-to, Giovanni Paolo II sottolinei il significato cri-stologico del Rosario. Dice infatti: «Ma proprioalla luce dell’Ave Maria ben compresa, si avvertecon chiarezza che il carattere mariano non solonon si oppone a quello cristologico, anzi lo sotto-linea e lo esalta» (RVM 33). La motivazione è

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ovviamente nel fatto che, attraverso il saluto angelico, si contempla l’incarnazione del figlio diDio. Il Papa continua: «Il ripetersi, nel Rosario, dell’Ave Maria ci pone sull’onda dell’incanto diDio: è giubilo, stupore, riconoscimento del più grande miracolo della storia». E continua poi,mettendo a fuoco il nome di Gesù: il baricentro dell’Ave Maria, quasi cerniera tra la prima e laseconda parte, è il nome di Gesù. Talvolta, nella recitazione frettolosa, questo baricentro sfugge,e con esso anche l’aggancio al mistero di Cristo che si sta contemplando. Ma è proprio dall’ac-cento che si dà al nome di Gesù e al suo mistero che si contraddistingue una significativa e frut-tuosa recita del Rosario» (ivi).Il carattere mariano del Rosario, in questa prospettiva, si esprime non tanto nel fatto che esso sirivolga a Maria – cosa che avviene soltanto nel saluto angelico, peraltro da vivere con la menzio-nata accentuazione cristologica – ma piuttosto nel fatto che in questa preghiera ci uniamo allapreghiera di Maria, mettendoci alla sua scuola nella contemplazione del mistero di Cristo. Sitratta di guardare Gesù con lo sguardo di Maria, amarlo con il suo cuore, nello spirito che Gio-vanni Paolo II illustra nel secondo capitolo, in cui Maria viene additata come modello di con-templazione (RVM 10).Seguendo le immagini evangeliche, noi seguiamo i suoi ricordi, “impariamo Cristo” da lei, ciconformiamo a Cristo con lei, affidandoci alla sua intercessione materna, che ci ottiene l’effusio-ne inesauribile dello Spirito (RVM 15). «Mai come nel Rosario la via di Cristo e quella di Mariaappaiono così profondamente congiunte» (ivi). Ed infine, la stessa supplica ha nel Rosario ilconforto proprio dell’intercessione potente di Maria (RVM 16).

Il “ritmo della vita umana”Insistendo sul carattere contemplativo del Rosario, Giovanni Paolo II non dimentica che la con-templazione cristiana segue il movimento stesso di Dio: se da un lato è capace di immergere nel-l’intimità della vita trinitaria, dall’altro, proprio in forza dell’unione con Dio, si lascia coinvolge-re nell’“esodo” di Dio, nel suo aprirsi al mondo fino a farsi Dio-con-noi. La contemplazione deimisteri di Gesù diventa così, nel Rosario, meditazione sul disegno di Dio per l’uomo e supplica aDio per i bisogni dell’uomo. Con un’espressione molto felice, Giovanni Paolo II dice che il Rosario “batte il ritmo dellavita umana”:... il nostro cuore può racchiudere in queste decine del Rosario tutti i fatti checompongono la vita dell’individuo, della famiglia, della nazione, della Chiesa e dell’umanità.Vicende personali e vicende del prossimo e, in modo particolare, di coloro che ci sono più vi-cini, che ci stanno più a cuore. Così la semplice preghiera del Rosario batte il ritmo della vitaumana (RVM 2).Questa prospettiva, in qualche modo implicita nel Rosario, può essere utilmente esplicitata. Diqui le indicazioni che Giovanni Paolo II dà a proposito della giaculatoria finale che suole conclu-dere ogni decina. Egli suggerisce che ciascun mistero si concluda «con una preghiera volta a ot-tenere i frutti specifici della meditazione di quel mistero» (RVM 35). In particolare la LetteraApostolica sviluppa la consolidata tradizione che lega il Rosario alla causa della pace e della fa-miglia. È illuminante l’articolata riflessione che il Papa dedica al Rosario come “preghiera orien-tata per sua natura alla pace”, non soltanto per il fatto che ne chiede il dono, ma per le seguentitre ragioni “intrinseche”:a. per il fatto stesso di essere contemplazione di Cristo “nostra pace”;

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b. per il suo carattere meditativo, che esercita sull’orante un’azione “pacificante”;c. per l’impulso che dà non solo a contemplare Cristo nei misteri della sua vita storica, ma a cer-

carlo e a servirlo nel volto dei fratelli sofferenti.Il Rosario, conclude il Papa, lungi dall’essere una fuga dai problemi del mondo, ci spinge aguardarli con occhio responsabile e generoso, e ci ottiene la forza di tornare ad essi con la cer-tezza dell’aiuto di Dio e con il proposito fermo di testimoniare in ogni circostanza la carità(RVM 40).Altrettanto diffusa è la riflessione che Giovanni Paolo II dedica al Rosario come preghiera “dellafamiglia e per la famiglia”. «La famiglia che prega unita, resta unita». Pertinente la riflessione che il Papa fa anche a proposito della società della comunicazione, cheriempie la mente di immagini offerte dalla televisione e da internet, le quali tante volte “separa-no” i membri della famiglia. Il Rosario costituisce un antidoto, immettendo le immagini del Re-dentore e della sua Madre santissima, riproducendo in qualche modo in famiglia il clima dellacasa di Nazaret (RVM 41).

Un cammino pedagogicoUn intero capitolo è dedicato all’approfondimento del Rosario come “metodo” di preghiera. È ilcapitolo III, intitolato con le parole di Paolo “per me vivere è Cristo”.Il discorso parte rispondendo alla obiezione che, con il suo metodo ripetitivo, il Rosario risulte-rebbe “una pratica arida e noiosa”, mentre in realtà tale metodo va inteso “come espressione diquell’amore che non si stanca di tornare alla persona amata”. Il fondamento è il fatto che, in for-za dell’incarnazione, Dio ha assunto un “cuore di carne”, ama e vuole essere amato con tutte le“vibrazioni dell’affetto” umano. Il Papa insiste: il Rosario è “un metodo per contemplare”. Un metodo valido, ma che può esseremigliorato. Ed è qui che la Lettera Apostolica of-fre uno dei contributi più significativi al Ma-gistero sul Rosario, portandosi sui singoli ele-menti di questa preghiera.a. L’enunciazione del mistero: «enunciare il mi-

stero, e magari avere l’opportunità di fissarecontestualmente un’icona che lo raffiguri, ècome aprire uno “scenario” su cui concentrarel’attenzione»: è l’incontro con il volto umanodi Cristo per coglierne il mistero divino.

b. L’ascolto della Parola di Dio: Giovanni PaoloII propone che, sullo sfondo dell’enunciazio-ne, venga proclamata la Parola di Dio corri-spondente: un passo che, a seconda delle cir-costanze, può essere più o meno ampio. Allabase di questo elemento, c’è l’importante con-siderazione che la Parola di Dio ha un’effica-cia sua, insostituibile, diversa da quella di ognialtra parola.

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Il rosario tra devozione e riflessione.

pp. 352 - formato mm 150x210 - brossura - ! 26,00Il libro è in vendita presso:Edizioni Studio Domenicano - via Dell’Osservanza - 72 40136 BolognaTel. 051/582034 - Fax 051/331583 - e mail: [email protected]

c. Il silenzio: da praticare in una breve pausa di meditazione dopo la lettura della Parola di Dio.d. Il Padre nostro: visto come il naturale svolgimento della contemplazione del mistero: Gesù ci

porta al Padre. e. L’Ave Maria: come si è già notato, le considerazioni che Giovanni Paolo II fa sull’Ave Maria

sono illuminanti anche per ciò che riguarda il carattere cristologico del Rosario. La stessaSanta Maria è riletta sulla base del rapporto di Maria con Cristo: dallo specialissimo rapportocon Cristo, che fa di Maria la Madre di Dio, la Theotòkos, deriva, poi, la forza della supplicacon la quale a Lei ci rivolgiamo nella seconda parte della preghiera... (RVM 34).

f. Il Gloria: la dossologia trinitaria è presentata come il “culmine della contemplazione”. La con-templazione di ciascun mistero porta sempre alla glorificazione della Trinità.

g. La giaculatoria finale. Pur lasciando spazio a una legittima varietà, la RVM privilegia l’orien-tamento di concludere con una «preghiera volta ad ottenere i frutti specifici della meditazionedi quel mistero. In questo modo il Rosario potrà esprimere con maggiore efficacia il suo lega-me con la vita cristiana» (RVM 35).

h. La corona: di essa si evocano tre aspetti simbolici: la convergenza verso il Crocifisso; il movi-mento circolare, a significare un “cammino incessante”; il suo essere una “catena”, e come ta-le evocativa dell’unione con Dio (catena “filiale”) e dell’unione fraterna.

i. Quanto all’avvio e alla chiusa del Rosario, la RVM lascia la varietà degli usi correnti, fino allapreghiera per il Pontefice, la Salve Regina e le Litanie lauretane.

l. Una significativa riflessione è fatta infine sulla distribuzione del Rosario nel tempo, per chinon lo recita intero ogni giorno. Rispettando l’uso corrente, la RVM innova solo con il giovedì,destinato ai misteri della luce, portando al sabato la seconda contemplazione settimanale deimisteri della gioia. Si lascia tuttavia una “conveniente libertà”, a seconda delle esigenze spiri-tuali e pastorali e delle coincidenze liturgiche.

Come si vede, per la prima volta il Magistero della Chiesa ha dedicato tanta attenzione di detta-glio alla metodologia del Rosario, per rilanciarlo in una forma che, senza essere liturgica, si av-vicina tuttavia alla forma liturgica. Ciò che è veramente importante è che il Rosario sia semprepiù concepito e sperimentato come itinerario contemplativo. Attraverso di esso, in modo com-plementare a quanto si compie nella Liturgia, la settimana del cristiano, incardinata sulla dome-nica, giorno della risurrezione, diventa un cammino attraverso i misteri della vita di Cristo, equesti si afferma, nella vita dei suoi discepoli, come Signore del tempo e della storia.

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Rinnovato invito dal Santo Padre a Fatima, affinché i fedeli non abbiano “paura di parlare a Dio” e “manifestino senza vergognai segni della fede, facendo risplendere la luce di Cristo”

Era il 12 maggio scorso. Benedetto XVI si trovava sulla spianata del Santuario di Fatima per larecita del santo Rosario. Ha esortato i fedeli a non aver “paura di parlare di Dio”, a “manifestaresenza vergogna i segni della fede, facendo risplendere agli occhi dei contemporanei la luce diCristo”. La sua voce era pacata, ma convinta. E convincente: “Lasciamoci attrarre dai misteri di Cristo, imisteri del Rosario di Maria – ha detto – La recita del Rosario ci consente di fissare il nostrosguardo e il nostro cuore in Gesù, come faceva sua Madre, modello insuperabile della contempla-zione del Figlio. Nel meditare i Misteri Gaudiosi, Luminosi, Dolorosi e Gloriosi mentre recitiamo le‘Ave Maria’, contempliamo l’intero mistero di Gesù, dall’Incarnazione fino alla Croce ed alla glo-ria della Risurrezione; contempliamo l’intima partecipazione di Maria a questo mistero e la nostravita in Cristo oggi, che pure si presenta tessuta di momenti di gioia e di dolore, di ombre e di luce,di trepidazione e di speranza. La grazia invade il nostro cuore, suscitando il desiderio di un incisivoed evangelico cambiamento di vita in modo da poter dire con san Paolo: ‘Per me il vivere è Cristo’(Fil 1,21), in una comunione di vita e destino con Cristo”.Il Sommo Pontefice li ha citati uno ad uno, i Misteri. Perché? Il motivo lo si capisce dalle parolecon cui mons. Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste, più o meno negli stessi giorni si rivol-geva con un proprio messaggio ai fedeli della sua diocesi: “Ispirate dai Misteri gaudiosi – ha spie-gato – le famiglie sapranno cogliere l’invito a sviluppare una maggiore consapevolezza della lorovocazione di custodi della vita, diventando capaci di accoglierla e accompagnarla con dedizione eamore; di assumere con responsabilità il difficile esercizio dei compiti educativi, facendosi testimo-ni credibili di vita cristiana per i loro figli e per la società; di perseguire con tutte le loro forze lavocazione ad essere modelli di santità”. I Misteri luminosi “ci ricordano il grande dono delBattesimo e dell’Eucaristia”, che, “oltre a toglierci dall’impoverimento inferto all’intera umanitàdal peccato originale, ci dona quella vita divina, che dobbiamo conservare e tutelare, evitando ilpeccato e facendo efficace esperienza di comunione con Cristo nostra forza nei Sacramenti”. Circai Misteri dolorosi, “la sofferenza è una dimensione, che appartiene all’umanità. Possiamo cercaredi limitare la sofferenza, di lottare contro di essa, ma non possiamo eliminarla… Non è lo scansarela sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribola-zione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo”. Mons. Crepaldi ha spe-

Un esempio del potere indescrivibile di una preghierasemplice, che è però “compendio del Vangelo”

Quel rosarioinsanguinato delbeato Popieluszko

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cificato come il santo Rosario non sia “un tranquillizzante devozionale”, bensì una personale e vita-le presa di coscienza del fatto che “il Verbo di Dio si è piegato all’esperienza del dolore e della sof-ferenza. Il Signore Gesù afferma di essere l’uomo dei dolori, ma anche il Dio della speranza, che,pur nella kénosi (svuotamento, abbassamento) che Lo umilia sino alla morte di Croce, offre un sen-so nuovo e definitivo a coloro che in Lui credono ed a Lui si affidano anche nel momento della pro-va, della sventura e del dolore fisico e morale. La Passione di Cristo è mistero di consolazione perognuno di noi, perché Dio si rivela come Colui che è presente in ogni sofferenza umana e condivideogni sopportazione, diffondendo in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell’amore par-

tecipe di Dio, facendo così sorgere la stella della speranza”. Nell’illustrare i Misteri gloriosi, mons.Crepaldi si è concentrato sulla contemplazione della Risurrezione di Cristo, “un avvenimento reale,che ha avuto manifestazioni storicamente constatate, come attesta il Nuovo Testamento”.Parole, solo parole? Chi oggi può intenderle, in una società sorda ai richiami della fede? Nessuno,qualora si resti ottusamente chiusi al trascendente. Ma per chi si apra all’Assoluto, i doni sono indi-cibili.Alla tradizionale Veglia di Preghiera, che introduce la Solennità della Beata Maria Vergine diFatima, il Santo Padre ha spiegato come “sia Maria che noi stessi non godiamo di luce propria: lariceviamo da Gesù. Da noi stessi non siamo che un misero roveto, sul quale però è scesa la gloriadi Dio. A Lui dunque sia ogni gloria, a noi l’umile confessione del nostro niente e la sommessaadorazione dei segni divini”. Come, concretamente? “La priorità – ha spiegato Benedetto XVI – èrendere Dio presente in questo mondo ed aprire agli uomini l’accesso a Dio”. E, tanto per intender-ci ed evitare pateracchi interreligiosi, il Santo Padre non si riferisce “a un dio qualsiasi, ma a quelDio che ha parlato sul Sinai; quel Dio, il cui volto riconosciamo nell’amore portato fino alla fine,in Gesù Cristo crocifisso e risorto”.In merito al Viaggio Apostolico compiuto a Fatima nel decimo anniversario di beatificazione deipastorelli Giacinto e Francesco, il Sommo Pontefice è tornato anche il successivo 19 maggio, alla

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prima udienza generale del mercoledì ad esso successiva. Lo ha fatto, per ringraziare Dio dell’occa-sione donatagli, ricordando come proprio a Fatima la “Bianca Signora” abbia raccomandato di reci-tare “il Rosario tutti i giorni. Potremmo dire che Fatima e Rosario siano quasi un sinonimo”, luogoove la Madonna ha lasciato un messaggio “carico di speranza, incentrato sulla preghiera, sullapenitenza e sulla conversione, che si proietta oltre le minacce, i pericoli e gli orrori della storia, perinvitare l’uomo ad avere fiducia nell’azione di Dio”. Dalle parole ai fatti: il Papa non esorta versociò ch’egli non pratichi per primo. Così, scorrendo il suo programma per le vacanze svolte – cometradizione – a Castel Gandolfo, figurano – oltre alle due visite apostoliche a Carpineto Romano e

nel Regno Unito – anche le passeggiate quotidiane in giardino, pregando il Rosario, insieme con isuoi segretari, mons. Georg Gaenswein e mons. Alfred Xuereb. Mantenendo così quanto è prassiogni giorno, in Vaticano.Già Paolo VI parlava del santo Rosario come del “compendio di tutto il Vangelo”, espressione que-sta ripresa dallo stesso mons. Crepaldi, che ha così riproposto tale forma di preghiera, intendendolacome occasione per “sentirsi famiglia orante”, come “richiamo profetico per tante persone indiffe-renti, che hanno bisogno di ritrovare le strade dello stupore”, come esperienza “che ci fa sentirepopolo in cammino per le contrade della Storia, con un grande desiderio nel cuore di conoscere ilnostro Dio, che si è fatto uomo per la salvezza del mondo”.Recentemente, una testimonianza importantissima ha sottolineato l’efficacia del santo Rosario nellavita di fede. Si tratta della testimonianza, affidata alla flebile voce della madre del beato Padre JerzyPopieluszko, martirizzato dalla “furia omicida del grande mentitore, nemico di Dio ed oppressoredell’umanità, di colui che odia la verità e diffonde la menzogna”, come ha ricordato mons. AngeloAmato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in occasione proprio della beatificazio-ne del sacerdote polacco: “Mio figlio don Jerzy – ha ricordato la donna – fu per tutta la vita unuomo profondamente credente. Quando era sotto le armi, recitava il Rosario, nonostante il divietodel comandante. Non lo udii mai lamentarsi del Signore. Si sforzava di accogliere i dispiaceri subiti

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con spirito di fede, per carità verso il Signore Iddio”. Così pregava per i propri persecutori: “Egliera consapevole che il male della dittatura traeva le sue origini da Satana – ha spiegato mons.Amato – per questo esortava a vincere il male con il bene e con la grazia del Signore”. Ed ancora:“Religione, Vangelo, dignità della persona umana, libertà non erano concetti in sintonia con l’ideo-logia marxista. Padre Jerzy non si rassegnò a vivere in questo campo di morte e, con le sole armispirituali della verità, della giustizia e della carità, cercò di rivendicare la libertà della suacoscienza di cittadino e di sacerdote”. Interessante notare questa sottolineatura di mons. Amato: ingioco non v’era solo il ministro di Dio, bensì la persona con i suoi diritti naturali, personali, civili epolitici. Uno come tutti, uno tra tutti, uno per tutti.“Ma l’ideologia malefica non sopportava lo splendore della verità e della giustizia – ha proseguitoil Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi – Per questo l’inerme sacerdote fu spiato, per-seguitato, catturato, torturato e, come ultimo scempio, incaprettato ed, ancora agonizzante, buttatoin acqua. I suoi carnefici, che non rispettavano la vita, non rispettarono nemmeno la morte. Lo ab-

bandonarono, come si abbandona la carcassa di un animale. Fu ritrovato solo dopo dieci giorni”.Il volto orrendamente sfigurato, simile a quello flagellato ed umiliato del Crocifisso, privo ormaidella bellezza e del decoro umani, ma glorioso e trionfante nella bellezza e nel decoro della fede. Sela bocca insanguinata di quella faccia martoriata sembrava ripetere le parole del Servo del Signore:“Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non hosottratto la faccia agli insulti ed agli sputi” (Is 50,6); è pur vero che oggi il comunismo è stato di-strutto, abbattuto, cancellato ed umiliato dalla Storia e dagli uomini, anche laddove ne resistanoantistorici scampoli; mentre Padre Popieluszko è stato proclamato beato ed assiste, dall’alto deiCieli, la Chiesa che ha servito sulla terra e che oggi ancora serve da Lassù. È questa la concretezzadel santo Rosario, che questo coraggioso sacerdote, martire e testimone della fede, sgranava sotto learmi, rimproverato dai suoi superiori. A questo quelle preghiere sono servite. A dimostrazione diquanto non siano “semplici parole”… Mauro Faverzani

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Signora Nostrae Madre di tutti gli uomini e le donne,eccomi come un figlioche viene a visitare sua Madree lo fa in compagniadi una moltitudine di fratelli e sorelle.Come successore di Pietro,a cui fu affidata la missionedi presiedere al serviziodella carità nella Chiesa di Cristoe di confermare tutti nella fedee nella speranza,voglio presentare al tuoCuore Immacolatole gioie e le speranze

nonché i problemi e le sofferenzedi ognuno di questi tuoi figli e figlieche si trovano nella Cova di Iriaoppure ci accompagnano da lontano.

Madre amabilissima,tu conosci ciascuno per il suo nome,con il suo volto e la sua storia,e a tutti vuoi benecon la benevolenza maternache sgorga dal cuore stesso di Dio Amore.Tutti affido e consacro a te,Maria Santissima,Madre di Dio e nostra Madre.

Benedetto XVI a Fatima 11-14 maggio 2010PREGHIERA DEL SANTO PADRE

nel donare la Rosa d’Oro alla Beata Vergine

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Il Venerabile Papa Giovanni Paolo II,che ti ha visitato per tre volte, qui a Fatima,e ha ringraziato quella «mano invisibile»che lo ha liberato dalla mortenell’attentato del tredici maggio,in Piazza San Pietro, quasi trenta anni fa,ha voluto offrire al Santuario di Fatimaun proiettile che lo ha ferito gravementee fu posto nella tua corona di Regina della Pace.È di profonda consolazionesapere che tu sei coronatanon soltanto con l’argentoe l’oro delle nostre gioie e speranze,ma anche con il «proiettile»delle nostre preoccupazioni e sofferenze.

Ringrazio, Madre diletta,le preghiere e i sacrificiche i Pastorellidi Fatima facevano per il Papa,condotti dai sentimentiche tu hai ispirato loro nelle apparizioni.Ringrazio anche tutti coloro che,ogni giorno,pregano per il Successore di Pietroe per le sue intenzioniaffinché il Papa sia forte nella fede,audace nella speranza e zelante nell’amore.

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Madre diletta di tutti noi,consegno qui nel tuo Santuario di Fatima,la Rosa d’Oroche ho portato da Roma,come omaggio di gratitudine del Papaper le meraviglie che l’Onnipotenteha compiuto per mezzo di tenei cuori di tanti che vengono pellegrinia questa tua casa materna.

Sono sicuro che i Pastorelli di Fatimai Beati Francesco e Giacintae la Serva di Dio Lucia di Gesùci accompagnano in quest’oradi supplica e di giubilo.

L’omaggio di Benedetto XVI è la Rosa d’oro, come “gratitudine delPapa per le meraviglie che l’Onnipotente ha compiuto per mezzo di tenei cuori di tanti che vengono pellegrini a questa tua casa materna”. Larosa, completamente dorata, ha inserito al centro un cuore e intrecciatoun rosario in oro e madreperla, entrambi tipici simboli della Madonna diFatima. Il vaso di colore argento finemente cesellato ha al centro loStemma del Santo Padre e la data del dono.

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Poiché si riparla del “rosario certosino” di Domenico di Prussia,è bene fare il punto sulla storia e sulla valutazione di tale rosario.

L’ambiente certosinoTra il XIV e il XV secolo i monaci certosini si dedicavano alla vita di preghiera, silenzio e moderatostudio.Oltre alla Messa e all’Ufficio divino, praticavano altre forme di preghiera. Alcune erano preghiere“numeriche”, cioè la ripetizione di formule secondo un numero simbolico. Tra queste si distinguevanoil “salterio” di 150 formule che rimandava ai 150 Salmi e il “rosario” di 50 formule che rimandava ai50 anni del giubileo biblico. Se poi le preghiere constavano dell’Ave Maria, questa era priva dellaattuale seconda parte e terminava con il nome di Gesù. Va ancora notato che all’inizio le preghiere nu-meriche traevano ispirazione dalla formula stessa e dal numero, senza aggiungere una meditazionealla recitazione delle formule.Ciò premesso, siamo in grado di capire due interventi certosini che plasmarono l’evoluzione del rosa-rio attuale.

Enrico di Kalcar e le quindici decine del “Salterio”Al certosino Don Enrico Egher di Kalcar (1328-1408) la tradizione attribuisce la divisione del salteriodelle centocinquanta Ave in quindici decadi precedute ognuna da un Pater. Una cronaca dei prioridella certosa di Colonia dice che «La stessa Madre di Dio... gli apparve e lo istruì su come egli stessopotesse comporre un salterio, dicendo di dire prima un Pater noster, poi dieci Ave Maria e così di se-guito sino a 15 Pater noster e 150 Ave Maria». Sarà una formula vincente.

Domenico di Prussia e il “Rosario” delle cinquanta AveDomenico di Prussia (1382-1460), partendo dal rosario delle cinquanta Ave, unì una «clausola» (cioèuna proposizione relativa) al nome di Gesù variante per ognuna di esse: compose quindi un rosarioininterrotto di cinquanta Ave con cinquanta clausole.

Il Rosariocertosino

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Domenico di Prussia, dopo una giovinezzanon proprio esemplare, entrò nella certosadi S. Albano di Treviri dove era priore donAdolfo d’Essen. Questi era devoto del “ro-sario” delle 50 Ave e aveva scritto un com-pendio di meditazioni tratte dalla Vita diCristo di Ludolfo di Sassonia (domenicanoe priore provinciale, poi certosino, † 1377).Domenico unì le due intuizioni, cioè com-pose 50 clausole meditative ispirate alla vitadi Cristo da aggiungere alle 50 Ave.A parte visioni della Madonna, questo rosa-rio riscosse un buon successo, tanto cheDomenico ne compose un altro di 150 clau-sole, ma ciò che lo rese famoso resta laprima soluzione.Il senso dell’operazione è di arricchire la ri-petizione con dei contenuti meditativi, nonperò con argomenti e discorsi, ma con sem-plici proposizioni relative al nome di Gesù che rimandano al vangelo.Il proposito è di ripercorrere tutta la vita di Cristo, ma lo spirito dell’attuale rosario è anticipato nell’at-tenzione alle gioie e ai dolori, all’incarnazione e al mistero pasquale: 14 clausole per i misteri dell’in-carnazione e 23 per la passione/morte, mentre solo 6 sono riservate alla vita apostolica di Cristo.Infine il metodo è nella linea dotta, per chi sa leggere e per chi già sa pregare.

Le scelte e la contrapposizione di Alano De La RocheIl domenicano Alano De La Roche (1428-1475) è il fondatore del rosario moderno, cioè delle quindi-ci decine con un soggetto di meditazione, mantenendo la divisione di Enrico di Kalcar e il legame for-mula/contenuto di Domenico di Prussia, legame però stabilito per ogni decina e non per ogni Ave.Alano previde anche altri metodi per questa preghiera e sarà la storia a far prevalere l’attuale. Avevaperò un punto irrinunciabile: sempre doveva trattarsi di 150 formule per via del riferimento al salterio.Alano ebbe molte amicizie nel mondo certosino, tanto che dopo la morte i certosini curarono una edi-zione dei suoi scritti. Dunque conosceva Domenico di Prussia e il suo “rosario”, ma ne prese le distan-ze: «È invece vero – ahimè – che da circa 70 o 80 anni questo divino salterio fu troncato e ridotto allasola cinquantina ad opera di uno a me ben noto e la cui devozione è singolare» (Apologia VIII,17,13).Dunque da parte di Alano massima stima per Domenico di Prussia, ma difesa ad oltranza del numerodi 150 e del “salterio”: è una contrapposizione che non ci appartiene più ma che non possiamo sotto-valutare.

Come si presenta in concreto il “rosario certosino” o di Domenico di Prussia e come si prega conesso? «Se il Signore vorrà» (Gc 4,15), nel prossimo numero di Rosarium pubblicheremo il testo conqualche spiegazione. Per ora un po’ di pazienza!

P. Riccardo Barile o.p.

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Quando ha iniziato a recitare il Rosario? Ha qualche ricordo specifico delle persone che Le hanno insegnato questa preghiera?Non lo so. Dapprima era qualcosa di occasionale, poi dai 20 anni è divenuto un’abitudine quotidia-na insieme con la meditazione sulla Parola di Dio del Messale Feriale e Festivo.Ma la vera scoperta del Rosario risale ai miei 11 anni, alla Prima Comunione ricevuta presso il San-tuario della Beata Vergine di Pompei, dopo una formazione specifica donatami da una suora dellostesso Santuario nei 7 giorni precedenti. La ricordo con gratitudine, perché durante la Santa Messami diceva spesso: «Guarda la Madonnina, che ti è così vicino». Allora pensavo alla distanza di po-chi metri che mi separava dall’immagine, mentre negli anni ho scoperto una vicinanza diversa.

La recita del Rosario è oggi per Lei un’abitudine alla quale riserva uno spazio e un tempo ben defi-niti?La recita del Rosario non ha un luogo o un tempo predefiniti, ma la faccio appena posso e non vadoa dormire senza prima averla fatta.

Quali sono i frutti spirituali di questa preghiera per la Sua vita e la Sua fede?La preghiera del Rosario mi ha aperto la comunicazione con Dio, in quanto ha reso viva e rivolta ame la Parola di Dio. Progressivamente Dio si svela sempre di più, parla, mi parla, riesco ad ascol-tarlo ed entrare in dialogo con Lui. Da qui il dono della Pace, della serenità e soprattutto la formula-zione di una domanda di Grazia fatta con animo fiducioso.

Lei si dedica a una missione difficile, che richiede una fede profonda e matura. Assistere gli amma-lati, accogliere la loro sofferenza e offrire un po’ di serenità e di speranza significa trasmettere loro

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Il Rosario nella vita e nella preghiera di un Unitalsiano

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un frammento dell’amore che il Signore ci dona e ci insegna a donare ai fratelli. La recita delRosario vi aiuta a vivere questa comunione fraterna?La preghiera del Rosario è l’esperienza reale dell’incontro con Dio. È Lui che ci dà la forza e il co-raggio per essere la sua vocazione. Durante la preghiera senti di non essere più solo, ma difeso, so-stenuto, incoraggiato, amato, coccolato e alla fine inviato a fare lo stesso con chi il Signore ti invia.

Ci sembra che lo stesso carattere ripetitivo di questa preghiera, talvolta messo in discussione,possa invece offrire grandi consolazioni: placa nei nostri cuori il disordine del dolore o il silenziodella solitudine e li apre alla fede e alla speranza. Qual è, a questo riguardo, la Sua esperienza congli ammalati?Il problema è quello di mantenere la concentrazione, di non distrarsi. La ripetitività della preghieraaiuta a rimanere concentrati e nello stesso tempo induce di fatto a progredire nel cammino iniziato,senza divagazioni fuorvianti. La proposta di una relazione personale è sempre gradita da tutti gliammalati, ma quando si mette in condivisione la preghiera la comunione è più intensa e la gioia piùgrande.

Attingendo alla Sua esperienza di Unitalsiano, ricorda qualche episodio significativo legato alRosario?Stavamo accompagnando alcune persone in Santuario e si conversava insieme con empatia. Ho loroproposto di iniziare la recita del Rosario e ho visto i volti delle persone trasportate illuminarsi.Dopo due giorni ho reincontrato una di loro che mi ha ringraziato per la preghiera fatta insieme.Dispiaciuto per le occasioni perse fino ad allora da quel momento in poi mi sono “rinforzato” nellaproposta della preghiera.

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Francesco Mineo dal 1987 è medico presso l'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, attualmente è responsabile della struttura sem-plice di Medicina d'Urgenza. Direttore sanitario dell'Avis comunale, Unitalsiano dal 2001, è presi-dente della sottosezione diocesana dell'Unitalsi di Parma. Persona molto attiva nel mondo del volontariato parmigiano, in occa-sione del "Premio S. Ilario" – giorno del patrono della città – il 13 gen-naio scorso ha ricevuto dal Sindaco un attestato di civile benemerenzaper la sua attività di medico e di volontario in diverse associazioni cit-tadine occupando posti di responsabilità Nella Chiesa s'impegna ad educare i suoi associati alla fede, membrodella segreteria del consiglio pastorale diocesano, membro del-l'Hospitalité Notre Dame de Lourdes, laico associato alla Carità di Ne-vers, da sempre credente, vive la propria vocazione nei servizi di vo-lontariato che svolge.

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Era il giugno del 1992. Io ero ritornata allafede tre anni prima, dopo vent’anni di lontanan-za. Decisi di fare un pellegrinaggio, per curio-sità e folclore. Mi intrigava la figura del pellegri-no, che avevo studiato in letteratura, e mi incu-riosiva l’idea del ritiro spirituale. Volevo imme-desimarmi nel ruolo di chi parte per dedicarsi aun viaggio dedicato esclusivamente alla fede ealla preghiera. Il mio insomma era turismo spiri-tuale, serio ma senza aspettative trascendentali. Con questo intendimento mi iscrissi, tutta sola,al “Pellegrinaggio del Rosario” a Lourdes, orga-nizzato dai domenicani. Partenza in treno alla sera, dalla stazione di Bo-logna, assieme a gente semplice e sconosciutache recita il rosario, una pratica che per me, allo-ra quarantenne, era un lontanissimo ricordo d’in-fanzia. Si arriva il pomeriggio del giorno dopo,dopo diciassette ore di viaggio, compresa unalunghissima sosta notturna a Voghera. Il ritardo,dicono, è cosa normale, i treni dei pellegrini ven-gono sempre trattati così, fatti passare per ultimi. Scendiamo finalmente a Lourdes, e mentre glialtri vanno dritti a cena in albergo, io vado drittaa cercare la grotta. Da sola, al crepuscolo, entro nello spazio dellagrotta dove non ero mai stata. In quel momentonon c’è nessuno e mi trovo direttamente sotto al-la statua della Madonna. Non mi aspetto nulla,ma da un momento all’altro provo una nettissi-ma sensazione di calma, come fossi entrata in u-na zona isolata e insonorizzata. Il coinvolgimen-

Pellegrinadel Rosarioa Lourdes

to sensoriale è vicino allo zero, ma la percezionedi calma è totale, una decisa differenza fra un“dentro” e un “fuori” delimitati in modo invisibi-le, come passare attraverso il vetro di un conteni-tore d’acqua trasparente e impalpabile. Penso,contenta, che sia quello che provano tutti. Ringrazio con letizia la Madonnina e Santa Ber-nardetta, e mi affretto a unirmi agli altri in alber-go. Quando li raggiungo la cena è quasi finita esalgo in camera, insieme a una sconosciuta chela condividerà con me. Poi nel sonno, nella notte, non saprei dire a cheora, scivolo dentro a una luce immensa e bian-chissima. Sono come inebriata, avvolta da unasensazione di una dolcezza incredibile. La lucebianchissima mi impregna di felicità: una sensa-zione straordinaria. Sono io, so di essere io, sonopresente a me stessa, eppure sono sprofondata inquesto fulgido biancore. Non ho mai preso so-stanze stupefacenti, ma immagino sia questo iltipo di effetto a cui si riferisce l’espressione“paradiso artificiale”. Per un tempo indefinibilesono felicissima, di una felicità indicibile chevorrei non finisse mai. Purtroppo il mattino arri-va, il risveglio mi strappa inesorabile a questa di-mensione di travolgente e totale dolcezza, di cuimi rimane nettissimo il ricordo. È a quel punto che mi accorgo di un’altra cosa.La mia spalla sinistra, che avrei dovuto far ope-rare perché soggetta a dolorose lussazioni, èsalda. È una cosa che non c’entrava niente con il pelle-grinaggio, al quale avevo partecipato per i motiviche ho detto, e non certo per cercare guarigioni!Oltretutto, quando sei a Lourdes hai sempre vici-no qualche menomato o malato grave, e se percaso ti viene in mente un tuo problema fisico ilpensiero ti passa subito, perché al confronto lovedi nella sua reale portata: di piccolo inconve-niente con cui puoi convivere benissimo.Con la mia spalla difettosa convivevo da quando,a sedici anni, ero stata coinvolta in un incidented’auto, un salto di corsia sull’autostrada fra Bo-logna e Firenze in cui morì mia madre, uccisasul colpo. All’ospedale mi lasciarono per tregiorni con l’omero sporgente dalla scapola pri-

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ma di decidersi a farmi operare per “ridurre” lalussazione. Dopo questo trauma la mia spallanon era mai stata come prima, e la testa dell’o-mero dopo qualche anno aveva preso a usciredalla sua sede, sempre più spesso, per cui avevopreso da tempo l’abitudine di tenerla ferma e u-sare quasi esclusivamente il braccio destro. Po-chi mesi prima di andare a Lourdes ero andata auna visita da un chirurgo ortopedico per chiederese si poteva risolvere il mio problema con lenuove tecniche endoscopiche di cui avevo senti-to parlare, e la risposta fu negativa: dopo tantianni di continui traumi bisognava intervenirecon l’operazione “tradizionale”, aprendo per in-tero. Ritirai la ricetta che prescriveva una TAC dipreparazione all’operazione, necessaria per ve-dere le condizioni effettive della spalla, e deci-si... di metterla da parte per qualche anno.Quando sarò più vecchia – pensai – mi decideròa operarmi. Nel frattempo potevo benissimocontinuare ad usare solo il destro e a re-infilarel’omero sinistro al suo posto quando mi succe-deva comunque di perderlo. Eccomi però a Lourdes e a quanto pare laMadonnina mi aveva voluto fare questo inattesoregalo! La spalla infortunata era salda, propriocome l’altra! Cercai di pensare a come dimostrare la mia gra-titudine. Alla partenza ero stata decisissima a NON farel’immersione nelle gelide vasche, che mi era sta-ta descritta come un’esperienza sgradevole. Mifrenava l’idea del freddo che si patisce quando,completamente nudi, ci si trova addosso un len-zuolo bagnato, nel clima di Lourdes che anchedi giugno quando è brutto tempo – cioè spessis-simo – è tutt’altro che caldo. Mi frenavanoanche le lunghe code che si formano in attesa delproprio turno per sottoporsi a questo freddo. Masoprattutto mi frenava la spalla: mi avevano spie-gato che nelle vasche si viene immersi dai vo-lontari che sollevano per le braccia, e non avevovoglia di dover spiegare al volontario di turnocome mai si trovava in mano il mio omero stac-cato dal resto di me. Adesso però, sentendo la spalla salda, decido di

fare il bagno. Voglio dimostrare la mia fede, lamia fiducia in questa guarigione, sopportando ilfreddo e lasciandomi sollevare per il braccio, insegno di gratitudine per la grazia ricevuta. Conquesto intento mi metto pazientemente in fila perle vasche. Arrivata al dunque, però, cedo alla fifae dico a bassa voce e in tutta fretta alla volonta-ria di sinistra di non sollevarmi per il braccioperché si potrebbe lussare! Appena mi escono di bocca queste parole mipento della mia paura e, delusa di me stessa, ter-minato il bagno mi rimetto con determinazionenella lunga fila per rifarlo di nuovo, decisissimaquesta volta di fidarmi e non dire niente. Ma arrivata al punto di prima cosa faccio? Cedodi nuovo alla paura e dico a bassa voce e in tuttafretta alla volontaria di non prendermi per ilbraccio perché si potrebbe lussare! A questo punto la mia rabbia contro me stessa ela mia auto-delusione sono sconfortanti. Ormai èsera e la mattina dopo si parte, non c’è più nienteda fare.Invece no, l’indomani mattina prestissimo vadoalle piscine e non trovo alcuna fila. Mi infilo dal-le vasche e lascio che le volontarie mi sollevinoper le spalle come fanno con gli altri, senza direnulla. E va tutto bene, la spalla regge, continua aessere salda, non duole nemmeno. Da allora sono passati diciotto anni. Uso entram-be le braccia, non mi sono operata, ho buttatovia anche la richiesta della TAC. Fu soltanto anni dopo che capii che quella lucebianchissima di quella notte... era lei. Fu nel2006, io e mio marito partecipammo a un pelle-grinaggio diocesano a Fatima. Durante la messaincontrai un sacerdote addetto al servizio-con-fessioni, a cui mi venne da raccontare della gua-rigione della mia spalla a Lourdes. Lui mi sorri-se e disse: “Lo sai come suor Lucia, la veggente di Fatima,chiamava la Madonna?” “No.”“La chiamava ‘Luz’”.“Luz?”“Sì, ‘Luz’, hai capito bene. Significa ‘Luce’”.

Alessandra Nucci

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Quando ero bambino, abitavo in campagna. La nostra casa si trovava vicino all’argine delfiume Bacchiglione, sopra al quale correva la strada provinciale. Nel periodo attorno alla fe-sta di San Martino (11 novembre), già con i primi freddi e le prime nebbie dell’inverno cheavanzava, sulla strada dell’argine passavano, in una triste processione, i carri carichi di mas-serizie e di povera gente, che si muoveva verso altri destini. Era il ‘trasloco di San Martino’,quando i raccolti erano terminati, i contratti di affitto scadevano e molte volte i padroni delleterre non li rinnovavano piú, o lo facevano a condizioni talmente esose che i poveri fittavolidovevano lasciare tutto e cercare un altro pezzo di terra dove lavorare e tirare il magro so-stentamento per la loro famiglia, normalmente molto numerosa. Era una processione digente triste, spaventata dall’incertezza del futuro... questo lasciava nel mio cuore di bambi-no un sentimento amaro di angoscia e di pena. Lo stesso sentimento mi prende quando i responsabili del Centro São José di Santa Cruz miinformano che il tal bambino ha lasciato il Centro, perché la famiglia si è spostata in un’al-tra città o regione, in cerca di migliori condizioni di vita. Questo, purtoppo, succede moltospesso. È la realtà della nostra povera gente che non ha lavoro fisso, non ha una vera casa, èpriva dell’indispensabile sicurezza sociale e vive in una costante ricerca di nuove opportuni-tà, rincorrendo la speranza di rompere il cerchio di miseria e di esclusione che opprime e av-vilisce la loro esistenza. È una realtà, ripeto, che abbiamo conosciuto anche noi in Italia, fino

Adozioni a distanza:la “mobilità” dellapovera gente

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Fra Mariano Foralosso op, che per noi cura i rapporticon il Centro San Giuseppe di Santa Cruz do Rio Pardo(San Paolo - Brasile) ci scrive:

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a un recente passato. Basti pensare alle mas-siccie emigrazioni della nostra gente, soprat-tutto del Veneto e del Sud, verso altre regionid’Italia, e soprattutto verso paesi stranieri, inEuropa, negli Sati Uniti, in Australia, in Bra-sile, in Argentina. Solo in Brasile si contanoattualmente piú di trenta milioni di personecon cognome italiano! Qui da noi in Brasile, in questo immenso pae-se, si vive ancora un vero esodo in massa, dalNord est e dal Centro verso il Sud; e dallacampagna verso le periferie delle città. At-tualmente più dell’80% della popolazione vi-ve nelle città, e le campagne sono diventateimmensi pascoli per il bestiame e aree per laproduzione di soia, agrumi, caffé, e altre ma-terie prime per il mercato internazionale. Levacche, soprattutto, sono diventate padronedel territorio; e gli ‘umani’ sono stati “am-mucchiati” nelle periferie delle megalopoli,come San Paolo, Rio, Belo Horizonte, PortoAlegre, Recife, ecc. La regione di Santa Cruz è un esempio tipicodi questo triste fenomeno: le terre che primaerano coltivate nel sistema della piccola pro-prietà, in cui la nostra gente viveva in manieradecorosa e umana, ora sono diventate spazioper la monocultura della canna da zucchero,in mano a poche famiglie; e i braccianti e pic-coli proprietari della terra hanno dovuto emigrare verso la città. Così anche a Santa Cruz si è creatoil classico anello di favelas attorno al nucleo urbano: regno di povertà, di abbandono e di ogni tipodi miseria materiale e morale. Le vittime di questa situazione sono i bambini, che vivono abbandonati a se stessi, costretti a men-dicare, esposti alla triste “scuola” della strada. È la situazione che ha toccato il cuore di Frei Chico el’ha indotto a creare il Centro São José e la Casa do Menor, per accogliere questi bambini, proteg-gerli, alimentarli, dar loro la possibilita di divertirsi, di imparare un lavoro e avviarsi alla vita. Questa gente, che noi chiamiamo ‘povera’, ma in realtà è ‘impoverita’, vive cosí, in una situazione

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di totale precarietà e sradicamento, semprealla ricerca di una ‘soluzione migliore’, sem-pre rincorrendo la speranza di potere trovareun lavoro stabile, avere la propria casetta, e-ducare i figli e costruire un futuro piú degnoper la famiglia. Per questo vive in situazionedi costante “esodo”, sempre disposta a rac-cogliere le sue masserizie e mettersi in cam-mino, se da qualche altra parte si apre unanuova possibilità di lavoro e di vita. E in no-me di questa “speranza” è costretta, semprecon vero dispiacere, a rinunciare al servizioprezioso che i suoi figli ricevono nel CentroSão José.Sto descrivendo questa nostra realtà pensandosoprattutto ai padrini e alle madrine chehanno adottato a distanza i nostri bambini eadolescenti accolti nel Centro São José. Èsempre molto triste per noi dover dire a unpadrino o a una madrina: «Il vostro bambinonon c’è piú; ha dovuto seguire la famiglia chesi è spostata... forse in un’altra regione delBrasile». È triste per i genitori, è triste pernoi, ed è difficile anche per il padrino omadrina. È un fenomeno che per noi è im-possibile controllare! Abbiamo però la certez-za – e anche il padrino o madrina devonoaverla – che quello che il bambino ha ricevu-to nel nostro Centro gli resterà come un pre-

zioso patrimonio per la sua vita. Non è stato tempo e denaro sprecato! Al padrino o allamadrina noimandiamo, attraverso Padre Mauro, la comunicazione dell’uscita del loro adottato, e li invitiamo sem-pre a continuare assumendo una nuova adozione a distanza. La lista di attesa è sempre molto lunga! Debbo dire che, grazie a Dio, questa disponiblità ad assumere una nuova adozione a distanza siverifica molte volte; e questo è per noi un segno concreto di quanto la generosità e lo spirito di soli-darietà del padrino o della madrina siano autentici, animati da vero spirito cristiano! Di questovoglio dare testimonianza, e in nome dei nostri ragazzi e della grande famiglia del Centro São Josédico a tutti i padrini e madrine il nostro “muito obrigado!”: grazie di cuore!

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Signore:mentre osservo l’ambone, sto ricordando l’ammirazione che tu sollevavi allorché predicavi alla gente «come con autorità».E mi domando: Da dove la prendevi?Dal parlare da una sede elevata, come da un trono? Vero che no?Dicci che non è così, Signore; dicci che l’autorità nella proclamazione della Parola ci raggiungerà soltanto quando semineremola Tua Parola e non la nostra.Quando la proclameremo come Te.E quando avremo ripulito completamenteogni incongruenza, tutta quella che esistefra ciò che annunciamo e come viviamo.Nello stesso tempo ti chiediamo, Signore,voci e ‘microfoni’ per i nostri «amboni».Come stanno attenti le nostre emittentialla dizione degli annunciatori e narratori!E che dire della superba ‘megafonia’di cui si circondano i grandi miti della voce?Nella tua Chiesa, Signore, esiste un ministro dei «Lettori».Fu istituito affinché per suo mezzo tu inviassi lorola grazia di «leggere con grazia».Perché leggere, è seminare.Ed alcune sementi si seminano a braccia,mentre ce ne sono altre che bisogna seminare una ad una, e nel buco giusto.La medesima cosa dobbiamo fare con la tua Parola.Non dobbiamo leggere col medesimo tono un testo come un altro, né in un momento specifico come nell’altro,né a questa gente concreta come ad altre,né la tua Parola, come leggiamo altre parole.

Ambone, preghiera

catechismo per tutti

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Carissimi,purtroppo, mercoledì verso le 10,30 del mattino, mentre al computer del Centro stavo concludendola lavorazione per il n. 2 di ROSARIUM mi sono sentito bagnare i piedi e... in pochissimi minutil'acqua ha invaso i locali del Centro del Rosario!Chiudendo immediatamente la porta del Centro che ha "tenuto", le acque pur sprizzando da tutti gliangoli e buchi, hanno raggiunto in un "lampo" solo un livello di circa 30 cm. mentre in cortile trat-tenute dalla porta ve ne erano certamente più del doppio... Non vi dico poi quanto riguarda i confratelli della locale comunità Domenicana del Santuario diFontanellato che hanno visto invadere anche i locali sottostanti il Centro del Rosario dove l'acqua èarrivata a coprire distruggendo tutto fino all'altezza di un metro e ottanta circa: autorimessa con vet-ture dentro, toilettes, cucine, lavanderie, mense e locali per l'accoglienza dei gruppi di pellegrini chetutti gli anni giungono a Fontanellato...

Cosa è successo? Ufficialmente si stanno cercando scusanti che rendano plausibili le tristi coinci-denze fra le impreviste precipitazioni dei primi giorni della scorsa settimana, la nuova gestioneidrogeologica di un territorio "scompensato" dalla costruzione della Alta Velocità e la conclamataimperizia/disinteresse (sperando che sia solo questo) di chi avrebbe dovuto tenere aperti canali efossati della campagna attorno a Fontanellato che invece al momento erano per lo più chiusi perpermettere l'irrigazione dei campi.

Che dire? Innanzitutto ringraziare perché nessuno è stato sorpreso nei locali bassi dove non avrebbeavuto via di scampo... e vi assicuro che non vi sarebbe stato il tempo nemmeno di accorgersi di ciòche succedeva!

Anche per quello che ci riguarda:- la Fiat Multipla del Centro, non essendo parcheggiata in garage, ma davanti alla porta del Centro

è, sì, stata danneggiata dall'acqua ma soltanto alla frizione che appena riesco dovrò far sostituire;tutti i macchinari d'ufficio del Centro avendo i motori ad un'altezza superiore i 30 cm non sonostati danneggiati; tutti i documenti e i materiali in scaffalatura sopra i 30 cm non sono stati toccatidall'acqua... non vi dico però come è ridotto tutto ciò che era sotto questo livello... ... come tutto il

Allagato il Centro del Rosario

... quant’acqua!

Pubblichiamo la mail che P Mauro ha inviato atutti i collaboratori del Centro del Rosario

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materiale "religioso" e "non" che custodisco nell'attiguo deposito: sono giorni che faccio viaggi allalocale discarica gettando via di tutto e di più!

Consapevole del tempo che ci vorrà per tornare alla "normalità" vi ho detto tutto ciò per renderVipartecipi (e vi prego di trasmetterlo anche a chi non riuscirò a raggiungere tramite email) di quantomi occuperà nei prossimi mesi impedendomi di fare la tradizionale visita di metà anno ad ognigruppo... non mancherò certo di ricordarVi come spero non mancherete di fare anche tutti voi.

Spero riusciremo a vederci ai raduni regionali che ci saranno fra settembre e ottobre... buone vacan-ze a chi avrà la possibilità di concedersele.

padre Mauro o.p.

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raduni regionali del rosario per ogni informazione: Padre Mauro tel. 335 5938327 - [email protected]

che dalle ore 9,30 di

fino al tardo pomeriggio ci ritroveremo per pregare, meditare e condividere gioiosamente celebrando insieme i

In caso di mancato recapito inviare all’ufficio di Bologna CMP detentore del contoper la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa

ricordatevi

presso il Santuario del Monte Lussari (Ud)

sabato 18 settembre

presso il Santuario della Beata Vergine di Loreto (An)

sabato 2 ottobre