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2004 ¥ 3 Testo in italiano 1 Testo in italiano Pagina 136 Il mondo come un supermercato In questo numero di “Detail” presentiamo architetture commerciali che mirano all’unicità sulla base della convinzione che l’aspetto inconfondibile di un edificio contribuisca all’immagine del marchio. Se in passato, per una maggiore riconoscibilità, si accordava preferenza ad un’immagine architettonica unitaria, attualmente, si punta su un’immagine pluralistica, cercando di trasmettere un unico valore attraverso la varietà di linguaggi architettonici. In un periodo in cui, non c’è né un museo, né un aeroporto, né una stazione che possa più sopravvivere senza un’intensa offerta commerciale, gli esperti di marketing tendono a dar valore alle opportunità che scaturiscano da questa sinergia. (F. Kaltenbach) Pagina 138 Il dopo Prada. Intervista ad Ole Scheeren, OMA Detail: Siete appena rientrati da un viaggio in Cina con Rem Koolhaas. Scheeren: Stiamo progettando l’amplia- mento di un bookshop a Pechino. Detail: A parte la collocazione, sembra si tratti di un incarico convenzionale. Scheeren: Non proprio. Dato che l’attuale superficie di vendita di 40.000 m 2 è inade- guata, abbiamo l’incarico di raddoppiarla. Sono dimensioni inimmaginabili in un altro paese. Detail: Quali strategie saranno adottate per far sì che il cliente non perda l’orientamento in un negozio di tali dimensioni? Scheeren: Abbiamo diviso il corpo di fabbri- ca con due gallerie disposte su più piani, in modo tale da creare sottounità di facile orientamento. Al crocevia delle gallerie, ab- biamo creato uno spazio semipubblico dal quale si accede ai singoli reparti. L’edificio è per così dire contratto dall’interno verso l’esterno, mentre le facciate hanno l’aspetto di scaffali trasparenti per libri. Detail: Secondo Lei, è giusto che gli architetti stranieri caratterizzino le città della nuova Cina? azione il vostro studio per questo lavoro? Scheeren: Forse dovrebbe chiederlo direttamente a Prada. Anche se penso si sia trattato di una combinazione tra il nostro lavoro d’analisi e i progetti realizzati. Il nostro compito era di sviluppare l’idea e l’architettura per i “flagship-store” a N.Y., San Francisco, Los Angeles e Tokyo in una sovrastruttura virtuale. Detail: Qual’è la differenza fra i “flagship-store” di altre marche ed “Epicenter” di Prada? Scheeren: Mentre i “flagship-store” degli anni ’90 ampliavano l’esistente, la nostra nuova idea di questa tipologia diversifica e dilata il brand. Da questo deriva anche la definizione “Epicenter” che descrive l’effetto di trasformazione innescato dallo store sul suo intorno. Contemporaneamente fu importante non mettere in dubbio la linea seguita dai negozi Prada esistenti, mantenendoli come strumenti di vendita. Detail: Potrebbe descrivere il progetto dello shop di New York? Scheeren: Prima che Prada li acquisisse, tali spazi ospitavano una parte del Guggenheim Museum. L’intero quartiere di Soho rappre- sentava un ambiente culturale molto vivace, con ampi spazi pubblici che nel tempo furo- no soggetti ad un processo di commercializ- zazione. Il nostro desiderio, era, invece, quello di rendere tali spazi di nuovo accessi- bili alla comunità: lusso inteso come forma di grandiosità o addirittura di spreco. Per questo abbiamo chiamato “street” lo spazio principale del negozio, un ambiente che po- tesse assolvere altre funzioni, ad esempio dove si potessero svolgere delle manifesta- zioni. Le vetrine a gabbia vengono fatte scorrere su entrambi i lati in guide e un pal- coscenico a scomparsa trasforma le gradi- nate in un auditorium. Detail: Sembra molto democratico. E’ forse anche una strategia marketing con la quale Prada vorrebbe aprirsi ad un target clienti che finora non ha speso molti soldi per la moda? Scheeren: Sicuramente ci sono elementi di calcolo commerciale, è insito nella natura stessa della cosa. Non era comunque nostra intenzione limitarsi a realizzare solo un evento culturale, ma desideravamo anche costruire un negozio che funzionasse come tale. – Rivista di architettura Testo in italiano 1 2004 ¥ 3 · Negozi e spazi commerciali Traduzione: Architetto Rossella Letizia Mombelli E-Mail: [email protected] Scheeren: In linea di massima, considero piuttosto critica la crescente attività proget- tuale da parte di studi d’architettura stranie- ri. Occorre analizzare continuamente il pro- prio ruolo, ma, come esterni, si può offrire anche un grande contributo, ad esempio nello sviluppo di nuove tecnologie. Detail: Oltre che per l’architettura OMA è conosciuta anche per aver rielaborato soluzioni per il branding, ad esempio per Prada. Scheeren: Prada è venuta da noi la prima volta nella primavera del 1999. Il breve ma efficace messaggio di Miuccia Prada e di Patrizio Bertelli fu che l’azienda non era più in grado di funzionare con le vecchie strut- ture, poiché, dalla fine degli anni ’90, da azienda a conduzione familiare si era trasformata in impero globale della moda. Naturalmente, abbiamo anche parlato del progetto di nuovi negozi, ma ci era chiaro che per formulare una rinascita avremmo dovuto comprendere nel concetto generale anche un’analisi dell’evoluzione dello shopping e la posizione del marchio all’interno della società. Detail: Come avete proceduto? Avete preso contatto con esperti di marketing? Scheeren: Dato che non eravamo esperti di quello che viene chiamato “settore commerciale”, abbiamo iniziato con una fase ricerca durata due mesi e mezzo per confrontarci con Prada. Come dei turisti, abbiamo visitato i negozi esistenti e le cittadelle di produzione. E’ stato interessante affrontare un marchio con una certa dose d’ingenuità e cercare di comprenderne le regole. In questo rientravano anche i processi funzionali in “Back of House”: depositi, showroom, prototipazione e anche le regole dell’allestimento d’interni dei negozi. E’ stato difficile avere informazioni, anche perché Prada desiderava che la nostra visione si sviluppasse all’interno di un processo indipendente. Detail: Quali sono gli obbiettivi che committente vi ha dato? Scheeren: Con nostra grande sorpresa, nessuno. Inizialmente, non c’era nemmeno un elenco di opere da eseguire ma solo la formulazione astratta di un concetto globale. Detail: Perché Prada ha preso in consider-

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Pagina 136Il mondo come un supermercatoIn questo numero di “Detail” presentiamo architetture commerciali che mirano all’unicità sulla base della convinzione che l’aspetto inconfondibile di un edificio contribuisca all’immagine del marchio. Se in passato, per una maggiore riconoscibilità, si accordava preferenza ad un’immagine architettonica unitaria, attualmente, si punta su un’immagine pluralistica, cercando di trasmettere un unico valore attraverso la varietà di linguaggi architettonici. In un periodo in cui, non c’è né un museo, né un aeroporto, né una stazione che possa più sopravvivere senza un’intensa offerta commerciale, gli esperti di marketing tendono a dar valore alle opportunità che scaturiscano da questa sinergia. (F. Kaltenbach)

Pagina 138Il dopo Prada. Intervista ad Ole Scheeren, OMADetail: Siete appena rientrati da un viaggio in Cina con Rem Koolhaas.Scheeren: Stiamo progettando l’amplia-mento di un bookshop a Pechino.Detail: A parte la collocazione, sembra si tratti di un incarico convenzionale.Scheeren: Non proprio. Dato che l’attuale superficie di vendita di 40.000 m2 è inade-guata, abbiamo l’incarico di raddoppiarla. Sono dimensioni inimmaginabili in un altro paese.Detail: Quali strategie saranno adottate per far sì che il cliente non perda l’orientamento in un negozio di tali dimensioni?Scheeren: Abbiamo diviso il corpo di fabbri-ca con due gallerie disposte su più piani, in modo tale da creare sottounità di facile orientamento. Al crocevia delle gallerie, ab-biamo creato uno spazio semipubblico dal quale si accede ai singoli reparti. L’edificio è per così dire contratto dall’interno verso l’esterno, mentre le facciate hanno l’aspetto di scaffali trasparenti per libri.Detail: Secondo Lei, è giusto che gli architetti stranieri caratterizzino le città della nuova Cina?

azione il vostro studio per questo lavoro?Scheeren: Forse dovrebbe chiederlo direttamente a Prada. Anche se penso si sia trattato di una combinazione tra il nostro lavoro d’analisi e i progetti realizzati. Il nostro compito era di sviluppare l’idea e l’architettura per i “flagship-store” a N.Y., San Francisco, Los Angeles e Tokyo in una sovrastruttura virtuale.Detail: Qual’è la differenza fra i “flagship-store” di altre marche ed “Epicenter” di Prada?Scheeren: Mentre i “flagship-store” degli anni ’90 ampliavano l’esistente, la nostra nuova idea di questa tipologia diversifica e dilata il brand. Da questo deriva anche la definizione “Epicenter” che descrive l’effetto di trasformazione innescato dallo store sul suo intorno. Contemporaneamente fu importante non mettere in dubbio la linea seguita dai negozi Prada esistenti, mantenendoli come strumenti di vendita. Detail: Potrebbe descrivere il progetto dello shop di New York?Scheeren: Prima che Prada li acquisisse, tali spazi ospitavano una parte del Guggenheim Museum. L’intero quartiere di Soho rappre-sentava un ambiente culturale molto vivace, con ampi spazi pubblici che nel tempo furo-no soggetti ad un processo di commercializ-zazione. Il nostro desiderio, era, invece, quello di rendere tali spazi di nuovo accessi-bili alla comunità: lusso inteso come forma di grandiosità o addirittura di spreco. Per questo abbiamo chiamato “street” lo spazio principale del negozio, un ambiente che po-tesse assolvere altre funzioni, ad esempio dove si potessero svolgere delle manifesta-zioni. Le vetrine a gabbia vengono fatte scorrere su entrambi i lati in guide e un pal-coscenico a scomparsa trasforma le gradi-nate in un auditorium.Detail: Sembra molto democratico. E’ forse anche una strategia marketing con la quale Prada vorrebbe aprirsi ad un target clienti che finora non ha speso molti soldi per la moda?Scheeren: Sicuramente ci sono elementi di calcolo commerciale, è insito nella natura stessa della cosa. Non era comunque nostra intenzione limitarsi a realizzare solo un evento culturale, ma desideravamo anche costruire un negozio che funzionasse come tale.

∂ – Rivista di architettura Testo in italiano 12004 ¥ 3 · Negozi e spazi commerciali Traduzione: Architetto Rossella Letizia Mombelli E-Mail: [email protected]

Scheeren: In linea di massima, considero piuttosto critica la crescente attività proget-tuale da parte di studi d’architettura stranie-ri. Occorre analizzare continuamente il pro-prio ruolo, ma, come esterni, si può offrire anche un grande contributo, ad esempio nello sviluppo di nuove tecnologie.Detail: Oltre che per l’architettura OMA è conosciuta anche per aver rielaborato soluzioni per il branding, ad esempio per Prada. Scheeren: Prada è venuta da noi la prima volta nella primavera del 1999. Il breve ma efficace messaggio di Miuccia Prada e di Patrizio Bertelli fu che l’azienda non era più in grado di funzionare con le vecchie strut-ture, poiché, dalla fine degli anni ’90, da azienda a conduzione familiare si era trasformata in impero globale della moda. Naturalmente, abbiamo anche parlato del progetto di nuovi negozi, ma ci era chiaro che per formulare una rinascita avremmo dovuto comprendere nel concetto generale anche un’analisi dell’evoluzione dello shopping e la posizione del marchio all’interno della società.Detail: Come avete proceduto? Avete preso contatto con esperti di marketing?Scheeren: Dato che non eravamo esperti di quello che viene chiamato “settore commerciale”, abbiamo iniziato con una fase ricerca durata due mesi e mezzo per confrontarci con Prada. Come dei turisti, abbiamo visitato i negozi esistenti e le cittadelle di produzione. E’ stato interessante affrontare un marchio con una certa dose d’ingenuità e cercare di comprenderne le regole. In questo rientravano anche i processi funzionali in “Back of House”: depositi, showroom, prototipazione e anche le regole dell’allestimento d’interni dei negozi. E’ stato difficile avere informazioni, anche perché Prada desiderava che la nostra visione si sviluppasse all’interno di un processo indipendente.Detail: Quali sono gli obbiettivi che committente vi ha dato?Scheeren: Con nostra grande sorpresa, nessuno. Inizialmente, non c’era nemmeno un elenco di opere da eseguire ma solo la formulazione astratta di un concetto globale. Detail: Perché Prada ha preso in consider-

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Detail: Nelle aree riservate del negozio c’è un’area VIP per clienti esclusivi. Vi si fanno veramente acquisti?Scheeren: Ci sono star che acquistano in questo negozio, ma c’è anche gente che prende un caffè di fronte, da Dean & Delu-ca, viene da Prada e si siede sulla scala in-trattenendosi con gli amici. Contemporanea-mente il negozio funziona molto bene anche dal punto di vista commerciale.Detail: E’ ancora possibile creare lusso ed esclusività in un momento in cui gli allestimenti dei negozi appartenenti a diversi marchi si differenziano sempre meno?Scheeren: Per produrre una certa esclusivi-tà, è necessario sviluppare nuovi requisiti. Detail: Ci sono state critiche su diversi fronti.Scheeren: E’ sempre interessante osservare con quanta euforia ma anche con quanta di-sapprovazione il pubblico e la stampa si confrontino con i nostri progetti. Detail: Quale ruolo ha negli “Epicenter” la così detta IT-Device (Informazione tecnologica), che connette venditori e clienti in un mondo di vendita virtuale?Scheeren: I Technologie-Tools sono una parte importante dell’idea globale di proget-to in quanto completano il ruolo dello spazio fisico ed estendono il loro potenziale espres-sivo e funzionale. La tecnologia assegna alla vendita sistemi con cui organizzare meglio il processo di vendita ma contemporanea-mente ha la funzione di una “aura-machine” nella quale comunica un contenuto aggiunti-

vo che può essere anche controverso dato che è soggetto a leggi diverse da quelle dello spazio fisico.Detail: Il termine “In Shop Technology” potrebbe portare un giorno alla definitiva sostituzione degli addetti alla vendita. Questa idea non è forse in contraddizione con il servizio perfetto, che voi da Prada avete definito come uno dei sei elementi fondamentali? Scheeren: Il selfservice non può rispondere alle esigenze dei settori di lusso. Le compo-nenti più importanti rimangono le relazioni umane, anche nella vendita. Un buon com-messo agisce sempre meglio di un qualsiasi distributore automatico. Desideravamo intro-durre la tecnologia a supporto della vendita e per disporre funzioni supplementari ad esempio per consentire una panoramica delle scorte di magazzino o per trasmettere su schermo video o sfilate di moda inerenti il vestito scelto. Detail: La tecnologia è stata introdotta in maniera molto discreta.Scheeren: Deve rimanere un’alternativa senza dominare sullo spazio fisico e senza diventare uno spettacolo mediatico.Detail: La disposizione degli schermi prende per modello i Tryptichon, il Peepshow o l’im-magine di famiglia sulla scrivania. E’ forse un modo di dimostrare che Prada è per tutti – uomini religiosi, nottambuli e uomini d’affari?Scheeren: (ride) Pensavamo fosse diverten-te presentare in negozio “Un confessionale per le vittime della moda”. Anche gli aspetti

voyeuristici della moda a volte sono interessanti …Detail: Questo look sexy si ritrova anche nel contenuto dei video e in molti vostri libri.Scheeren: Non penso si tratti di un look sexy. Si tratta di qualcosa di molto più pole-mico. Tuttavia penso che usando i media, l’approccio a certi temi avvenga in maniera più ludica che con i mezzi architettonici. La provocazione ha avuto sicuramente un effet-to stimolante sul nostro lavoro. Detail: Siete anche gli autori dei contenuti, avete selezionato e montato le immagini del video?Scheeren: Sì. AMO è costantemente coin-volta in operazioni che vanno dall’edizione alla produzione di video e show di moda sino alla website di Prada. Detail: Che cosa pensa sia particolarmente interessante in questo ambito?Scheeren: Penso che si tratti di un aspetto particolare di questo progetto, che al con-tempo può integrare e sviluppare fenomeni spaziali, virtuali e sociali; è l’occasione per rappresentare a se stessi il marchio come una realtà che supera ampiamente un gruppo di clienti o di destinatari. Detail: Questo significa che il suo lavoro non si conclude con la realizzazione di negozi?Scheeren: Esattamente. Si è sviluppata un’intensa relazione tra Prada e OMA/AMO; ora stiamo per porre mano alla seconda fase del nuovo “concept”.Detail: Era un successo programmato quello

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del negozio di New York sui media? Conferite particolare importanza all’interesse dei media?Scheeren: Sicuramente in parte era previsto. Il nostro punto di partenza era comunque un lavoro sperimentale sia con uno spazio di vendita che con il marchio Prada; un laboratorio all’interno del quale non era chiaro se avrebbe funzionato tutto come ci si aspettava …Detail: A luglio sarà inaugurato l’”Epicenter” di Los Angeles. Quante saranno le affinità?Scheeren: Sin dall’inizio ci si è chiesti quan-ta continuità fosse necessaria e quanto fos-se il bisogno di rinnovare nei vari „Epicen-ter“. Fa parte di un marchio di successo sviluppare continuamente nuove idee ma anche di preservare una certa stabilità. Nei nostri negozi ci sono una serie di referenze dirette al progetto Prada precedente – in de-terminati punti abbiamo adottato il verde dei negozi tradizionali o i pavimenti di marmo bianchi e neri del primo negozio Prada di Milano; lo store di Los Angeles è stato pro-gettato intenzionalmente sulla scia di quello di New York dato che le due metropoli han-no molto in comune tra loro; entrambi i ne-gozi, poi, sviluppano tipologie orizzontali, New York è organizzato su due piani, Bever-ly Hills su tre. Dato che l’edificio di New York era sotto tutela, eternamente non si è potuto intervenire in alcun modo. A Beverly Hills la facciata ha assunto un ruolo fondamentale: il clima mite ha consentito di eliminare l’involu-cro e di aprire completamente il negozio con il suo fronte di 17 metri verso la strada. Detail: Intende forse dire che non c’è nemmeno una facciata in vetro?Scheeren: Di giorno, il fronte su strada è completamente aperto. Ci sono speciali si-stemi di sicurezza contro il furto e dispositivi di controllo altamente sensibili che in caso di maltempo garantiscono la regolazione del microclima interno. Di notte, una parete scorre dal basso verso l’alto e chiude l’area commerciale. Detail: Quale innovazione è stata introdotta nello spazio di vendita?Scheeren: Abbiamo sviluppato un nuovo materiale che chiamiamo “Sponge”. Si tratta di un ibrido di aria e materia completamente artificiale. E’ stato molto importante per noi non limitare la ricerca solo alla tecnologia in-formatica e al linguaggio visivo, ma investire anche in materiali e strutture originali. Si tratta di un materiale molto poroso che può essere retroilluminato ma serve anche per appendere vestiti.Detail: Alcuni dei Technologie-Tools non sono stati completamente espletati, siete riusciti a migliorarli?Scheeren: Ci sono naturalmente dei nuovi sviluppi a New York come ad esempio l’evoluzione del rapporto tra assistenti alla vendita e tecnologia. Anche a Los Angeles ci sono novità: dove “hill” – la scalinata – irrompe nel volume d’alluminio c’è una grande apertura separata da una parete di vetro in cui sono integrati gli spogliatoi che creano un’unità spaziale che può mutare

da trasparente a traslucida con un segnale acustico o per il movimento dei clienti.Detail: In che modo semplificate il progetto a causa di budget esigui? Abbiamo letto sui giornali che il negozio di New York è costato 40 milioni di dollari.Scheeren: I puri costi di costruzione al metro quadro sono nella media dei negozi hight-end-retail. Naturalmente, nel caso di Prada, è subentrata anche la tecnologia che ha as-sorbito la maggior parte delle risorse. In fase preliminare sono stati concessi grandi inve-stimenti per la ricerca e la prototipazione.Detail: A San Francisco, nel vostro terzo nego-zio Prada, avete avuto l’occasione di lavorare verticalmente su vasta scala. Avete rinunciato completamente al progetto oppure potrebbe essere realizzato altrove?Scheeren: Purtroppo San Francisco non sarà costruito. E’ un vero peccato dato che il contributo dato da questi tre negozi era im-portante. San Francisco è stato concepito come quartiere generale di Prada sulla co-sta Ovest. Dall’ 11 settembre 2001, però, il mondo è cambiato e anche i progetti Prada non sono stati risparmiati dalle ripercussioni di questo avvenimento.Detail: Nel frattempo, Herzog & de Meuron hanno creato un “Epicenter” verticale a Tokyo. A parte la tecnologia e i relativi contenuti, ci sono ulteriori punti in comune?Scheeren: Durante la fase preliminare di ri-cerca abbiamo considerato le quattro loca-tion inclusa Tokyo e abbiamo sviluppato un’idea di progetto prima che Herzog & de Meuron assumessero l’incarico. Sono, poi seguiti alcuni incontri per discutere l’idea di progetto. Detail: Le interesserebbe sviluppare un pro-getto insieme ad Herzog & de Meuron?Scheeren: Abbiamo già lavorato insieme all’Hotel Astor Place di Ian Schräger; ma alla fine il progetto non è stato realizzato. In questo momento, entrambi siamo impegnati a Pechino in progetti distinti.Detail: Verrà veramente costruita la CCT Tower di Pechino?Scheeren: L’8 gennaio di quest’anno abbia-mo ottenuto la concessione per la parte strutturale. Nel caso della società televisiva cinese CCTV si tratta di un complesso con studi televisivi, centrale di trasmissione, re-parto formazione e uffici. Detail: C’è un vago richiamo alle forme del progetto di Leonidov e di El Lisitzki cui Rem Koolhaas si è profondamente interessato.Scheeren: I parallelismi più importanti con i costruttivisti russi stanno nella portata del-l’utopia. Il CCTV è un’utopia sia sul piano strutturale che sul piano sociale.Detail: Avete collaborato con ingegneri cinesi?Scheeren: Naturalmente lavoriamo in stretta collaborazione con lo studio partner locale. Il progetto e i calcoli strutturali più comples-si li abbiamo elaborati con Arup. La difficoltà del processo è stata che gli enti per il rila-scio delle concessioni non erano sufficiente-mente qualificati per poter esaminare ed ap-provare i calcoli. Per questo, è stata creata

una commissione composta di 13 ingegneri provenienti da tutto il paese che hanno valu-tato il progetto a scadenze regolari.Detail: In altre parole state sostenendo un “aid development”?Scheeren: Da parte cinese il know-how tec-nologico cresce rapidamente di progetto in progetto. Per costruire un dialogo fra le due culture, abbiamo collaborato un anno intero nel nostro studio di Rotterdam con 12 colle-ghi cinesi prima di inviare a Pechino un no-stro team. La sfida non era solo tecnica ma anche culturale – abbiamo dovuto impianta-re molte strutture organizzative su entrambi i fronti.Detail: Sicuramente non solo esternamente ma anche all’interno del vostro studio.Scheeren: Il nostro studio è cambiato molto negli ultimi anni. Prima ci occupavamo spes-so di concorsi per idee o studi di fattibilità, ora costruiamo. Siamo 4 partner e circa 100 collaboratori.Detail: Fino a che punto potete controllare l’esecuzione formale dei vostri progetti?Scheeren: Dipende dal progetto. Dato che lavoriamo quasi esclusivamente all’estero abbiamo bisogno di architetti che siano re-sponsabili della realizzazione e spesso che si assumano la progettazione particolareg-giata. Nella maggior parte dei casi, un folto gruppo di lavoro dallo studio segue la pro-gettazione fino alla realizzazione completa. Detail: La competenza di Rem Koolhaas e della “OMA” in relazione alla concezione pro-gettuale è indiscutibile, ma per i particolari costruttivi lo studio è spesso criticato. Siete veramente interessati ai particolari?Scheeren: Naturalmente. In realtà, abbiamo sviluppato un linguaggio concettuale riconoscibile anche nei particolari costruttivi. E’ vero che siamo stati spesso criticati per i dettagli, ma si dovrebbe osservare meglio i progetti che stiamo curando in questo momento e che abbiamo appena completato, e tra questi anche Prada.Detail: I progetti Prada hanno influenzato il vostro studio?Scheeren: L’esito più importante è stata la fondazione di AMO: Prada è stato il primo incarico di AMO e ha definito chiaramente le sue ambizioni e le sue attività.Detail. Che cosa significa AMO?Scheeren: Non ha un significato preciso, è un gioco di parole, è l’immagine specchiata di “OMA”. E’ la sigla del nostro gruppo di ricerca che elabora le basi teoriche, le teorie sociali e le IT-Technology. Detail: Nel frattempo l’area d’intervento di AMO si è ampliata.Scheeren: Non eseguiamo soltanto ricerche per le nostre architetture ma realizziamo anche lavori indipendenti per l’Unione Europea o per Condé-Nast e il Guest-Editing per la rivista “Wired”.Detail: Non lavorate anche per Stati Africani?Scheeren: La città di Lagos e lo Stato della Nigeria sono stati al centro di uno studio da parte di Rem Koohlas in collaborazione con l’Harvard Gruppe.

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Detail: Costruendo così tanto, non pensa che presto verranno a meno le teorie?Scheeren: Il fatto che il mondo muti conti-nuamente e che le risposte debbano per questo essere sempre diverse, non consen-te di mettere in disparte la teoria. La costru-zione della CCTV a Pechino ci rende parte-cipi di un processo di modernizzazione incredibilmente veloce e di trasformazione rapida di un paese. Dato che siamo convinti che di per sé non basti, con AMO abbiamo iniziato uno studio sulla tutela dei monumenti di Pechino per contribuire a conservare le strutture storiche.Detail: Ha parlato di una seconda fase del concetto Prada. Coinvolge anche la Cina?Scheeren: La seconda fase si orienta di più verso Est. Questo significa che sicuramente anche la Cina sarà coinvolta; ma abbiamo iniziato da poco con questa seconda fase. In questo momento non Le posso dire di più.

Ole Scheeren è Partner di OMA. L’intervista è stata condotta dall’Arch.Frank Kaltenbach a Rotterdam il 16.01.2004

Pagina 147Il fenomeno MPreis Liesbeth Waechter-BöhmDegno di nota ed unico. Ecco gli attributi che si devono riconoscere al fenomeno MPreis, che si voglia o no! E questo per tre motivi: in primo luogo, poiché si tratta di una catena di mercati alimentari che fa riferimento ad un’unica e specifica regione, il Tirolo; in secondo luogo, perché questa catena, in una fase in cui predomina il marchio commerciale anonimo, è ben salda nelle mani di un clan familiare, i Mölks; in terzo luogo, perché l’immagine di MPreis é accompagnata da una sempre mutevole e sempre qualificata immagine architettonica. Se da un lato, le grandi catene austriache di supermercati optano per la replica di semplici volumi a scatola, nel caso di MPreis l’architettura è sempre ripensata; le questioni urbanistiche sono affrontate in modo approfondito; al centro dell’analisi si pone il contesto in cui il nuovo edificio potrebbe diventare elemento d’identifi-cazione di un’area periferica. Infine, si dovrebbe citare il SuperM di Peter Lorenz a Telf-Puite, inaugurato quando il Piano Regolatore urbano (progettato dallo stesso Lorenz) esisteva solo sulla carta, con la sua elegante facciata principale rivolta verso un meraviglioso panorama di montagne. L’MPreis di Helmut Reitters a Steinach nei pressi del Brennero, ha una facciata drammaticamente minimalista che non passa di certo inosservata nonostante l’acceso carattere dell’intorno; e l’MPreis di Reiner Köberl e Astrid Tschapeller a Wenns non solo è stato collocato in modo parti-colarmente accurato sul terreno ma é riuscito ad attirare l’attenzione grazie al rapporto quasi dialettico fra punti di com-pleta trasparenza ed il carattere quasi grafico di amorfe aperture. I tre super-

mercati citati e molti altri esempi apparten-gono per certo alla lista delle attrazioni del turismo architettonico – e questo in un set-tore in cui non solo i costi contenuti ma soprattutto l’uniformità espressiva caratterizzano la scena e di conseguenza plasmano a lungo termine e in modo quasi irreversibile l’ambiente. Tutto questo ha naturalmente un lungo antefatto, uno sviluppo che senza la storia dell’azienda di MPreis probabilmente sarebbe impensabile. Una storia iniziata con Therese Mölke, prima donna ad aprire in Tirolo il proprio negozio; negli anni ’20, dopo aver dato alla luce 10 figli, in un periodo economico catastrofico, l’energica signora avviò il primo negozio d’alimentari Therese-Mölke con un pilastro in più: un reparto dedicato al pane fresco. Nel Dopoguerra, i negozi dovettero cedere al selfservice che caratterizza ancor oggi gli MPreis, catena alimentare orientata alla qualità che ebbe un debutto come discount. Questi sviluppi per molto tempo non ebbero alcuna ripercussione sull’architettura, ma la ristrutturazione aziendale fu decisiva per la scelta delle location e per la disposizione dei negozi di taglio medio. Dei luoghi occu-pati dalla catena d’alimentari, solo 3 su 30 sono sopravvissuti. Le questioni archite-ttoniche emersero lentamente 20 anni fa, durante sviluppo della MPreis, in modo informale tra due amici: Anton Mölk e l’archi-tetto Heinz Planatscher. L’architetto ha progettato per MPreis una decina di edifici sia in aree urbanizzate che come stabili isolati. I supermercati non solo presentano una certa qualità spaziale, ma anche un’organizzazione più logica e una presentazione degli articoli più attraente rispetto ad altri supermercati. Questi sono parametri su cui MPreis continua a lavorare; attualmente, nel tentativo di ampliare il lavoro di sviluppo oltre l’area prettamente commerciale, ci si è posti la questione delle aree della consegna e delle emissioni ru-morose connesse a tale operazione, oltre all’accesso e alle possibilità di parcheggio dei clienti. Si tratta anche di stabilire quanto l’edificio debba essere trasparente e quanto opaco. Se in precedenza, per convenzione, gli edifici si presentavano chiusi ermetica-mente e successivamente si affermò l’asso-luta trasparenza, attualmente si opta per la combinazione di tali modelli che consenta scorci visivi sulla vita del mercato e di deter-minati settori in maniera studiata e puntuale. Tutti gli MPreis presentano una peculiarità: la così detta “baguette”, un allestimento gastronomico dove bere un caffè o consu-mare uno snack in piedi o seduti al tavolino. Le “baguette” sono sempre disposte in maniera visibile dai clienti durante l’attesa alle casse e sono di colore arancione. Il progetto della panetteria nella sede centrale di Völs, costituì un’occasione per l’architetto Wolfgang Pöschl per inserirsi nello sviluppo architettonico dell’azienda. MPreis non impone una Corporate Identity, non dice dove è e come deve essere integrato il logo,

e non impone nemmeno i materiali o i colori – eccezion fatta per la “baguette”. La qualità spaziale degli interni, quella urbana ed architettonica degli esterni sono criteri da affrontare con i manager di MPreis primo tra tutti Hansjörg Mölk. Negli ultimi anni il dibattito si è svolto intorno alla loca-lizzazione dei parcheggi, poiché, oggi, il 90% dei clienti arriva in auto e poiché agli autosilo si preferisce il parcheggio all’aperto. MPreis, anche in presenza di onerose soluzioni architettoniche, riesce a mantenere i costi netti al metro quadro di 900 Euro ma in questo budget non rientrano le superfici a parcheggio e le sistemazioni esterne. Da tempo MPreis non è più un supermercato di basso livello. Oggi, punta alla qualità in senso globale; e questo vale anche per la scelta di uno spazio. L’autrice è scrittrice d’arte e di architettura a Vienna. Ha scritto numerose autorevoli pubblicazioni sull’architettura austriaca.

Pagina 152Parkhotel a Hall, TiroloL’ex Turmhotel Seeber di Louis Welzenba-cher, con il suo linguaggio formale grafico e la sua bellezza astratta, ha trovato nella foto-grafia l’ideale mezzo espressivo. Le immagi-ni ritoccate con la supervisione dell’architet-to avevano stilizzato l’edificio a modello fotogenico. La drammaturgia del percorso attraverso l’edificio trovava il suo efficace punto d’arrivo sulla terrazza e sui balconi in aggetto che offrono il panorama delle Alpi e la vista sull’edificio stesso. Mentre le fotogra-fie sono diventate le icone del Movimento Moderno austriaco, diverse trasformazioni hanno deturpato l’edificio. Lo sport-hotel stagionale eretto tra il 1930 e il 1931 aveva la superficie di una casa unifamiliare (11 ≈ 14 metri) ed una forma a torre, sul lato nord-ovest della quale era previsto un ampliamento. Le superfetazioni eseguite dal 1950 in poi deturparono completamente l’idea progettuale originaria. Nel 1997 la città di Hall, dopo aver valutato la sua demo-lizione, optò per la realizzazione un hotel con un concorso. La giuria scelse il progetto degli architetti tirolesi Dieter Henke e Marta Schreieck -secondo premio- portato a com-pimento nel maggio del 2003. La ristrut-turazione dell’edificio a torre esistente prevedeva da 7 a 5 camere per piano con arredi moderni. Solo un concetto di mar-keting più radicale sarebbe riuscito in questo caso ad accostarsi meglio al carattere indubbiamente storico del Movimento Moderno. Si riuscì a compensare con lo splendido restauro della meravigliosa scala. Al contrario, le camere della nuova torre sono di taglio economico e si raggruppano intorno ad uno spazio di connessione tondo con vetrate futuristiche. Le lamelle sulle facciate completamente finestrate confe-riscono una certa atmosfera anche all’in-terno, dove purtroppo però la tensione architettonica decade.

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Pagina 160Dai mercati coperti alle shopping-mall: tipologia delle architetture per la venditaThilo ProkoschDato che gli edifici per il consumo sono in stretta connessione con gli aspetti economi-ci, a volte gli architetti, nella progettazione di questa tipologia cadono nel “commerciale” in base alla convinzione che “più economico è l’involucro, maggiore è il profitto”; mentre, se si pensa che siano i requisiti a deter-minare il successo delle vendite, si rischia di incorrere nel populismo. La tipologia del negozio è strettamente connessa con lo svi-luppo storico del commercio, che, dal canto suo, ha dato un considerevole contributo all’urbanizzazione; la città, infatti, spesso si evolve al crocevia di strade commerciali o attraversamenti fluviali che garantiscono una concentrazione di scambi di uomini e merci. Il luogo del commercio, la piazza del mercato, è il centro dello sviluppo urbano e al tempo stesso di quello civile. Intorno ad essa si raggruppano le più importanti funzioni civiche e anche i primi edifici per il commercio connessi. Prima che, in epoca costantiniana, la tipologia della basilica romana mutasse nell’edificio sacro cristiano, la tipologia a più navate assolveva diverse funzioni: era tribunale, borsa, ma soprattutto mercato. La struttura, composta di navate centrali illuminate dall’alto e di navate laterali più basse, fino ad un periodo più recente, ottemperava alle esigenze funzionali di padiglioni disposti su un piano. La connessione tra vendita e stoccaggio portò presto alla concentrazione di edifici supplementari per lo scambio di merci. I depositi romani, nelle piazze interne scandite da portici, offrivano lo spazio ideale per lo scambio di merci specifiche (ad

esempio vino, olio, cereali, ecc.) e quindi, già nelle città romane mettevano a disposizione una tipologia primitiva di “grande magazzino”.

Il mercato. Il mercato, con le relative esten-sioni tipologiche (pianta a croce, doppia simmetria quadrata, copertura a botte), vis-se una fase di grande consenso nel XIX° se-colo. Il miglioramento delle soluzioni tecno-logiche date dalle strutture di ferro e dalla crescita urbana generarono la nascita di grandi padiglioni centrali e interi complessi, ad esempio “Les Halles” a Parigi o i mercati per le fiere del bestiame nelle città america-ne ed europee che soddisfacevano anche requisiti tecnici come l’illuminazione e l’aera-zione naturale. Che, oggi, questi requisiti sia-ano tecnicamente sostituibili è anche il moti-vo per cui gli impianti a più navate sono stati soppiantati da volumi con coperture sempli-ficate a falde e dai più frequenti “volumi piat-ti”. La multifunzionalità della struttura portan-te ha consentito alla tipologia del mercato di ottenere un certo successo anche nel cam-po della costruzione industriale. Gli esempi conservatisi propongono un’ampia gamma di soluzioni d’utilizzo.

Il negozio. Il commercio nasce nel negozio. Il termine “Laden” (ted. = negozio) che deriva da “Lade” (pianale composto di correnti atto ad appoggiare la merce ed usato come espositore) è insito nella memoria comune come definizione dell’incontro fra cliente ed offerente che si svolge davanti al bancone delle vendite, fiancheggiato da scaffalature per la merce e vetrine espositive. Con l’introduzione delle moderne tecniche di vendita (l’offerta selfservice svincolata, a prezzo fisso ma

strettamente calcolata) il negozio inizia a seguire tipologie più generiche. Le farmacie sono ancora ampiamente legate alla vendita con servizio, poiché è presente il banco centrale di vendita che funge da elemento di separazione. Il concetto di “servizio” emerge in prevalenza in segmenti di mercato altamente specializzati e di elevata qualità. Oggi, sia nei segmenti medi che in quelli di elevata qualità, la tecnica di vendita preferita in relazione agli odierni fabbisogni è una sorta di “preselezione” che include una consulenza accordata individualmente e un servizio secondo una più libera scelta della merce disposta apertamente. In questo caso, il successo di vendita è fortemente vincolato a fattori di spazio e di forma. Il cliente si muove liberamente nello spazio di vendita ed è per questo motivo sensibile agli influssi-guida; la riconoscibilità dell’offerta nelle vetrine espositive, gli espositori vetrati o i videoscreen; la rin-tracciabilità degli ingressi e la riduzione degli effetti della “sindrome degli edifici” o “del varcare la soglia” attraverso un’ampia e luminosa apertura. La regola per cui l’orga-nizzazione dei percorsi non dovrebbe esercitare una percettibile pressione sui consumatori, è spesso trasgredita quando l’offerente mostra elevate caratteristiche di esclusività (sia in fatto di localizzazione sia di struttura di mercato) o deve operare una vendita aggressiva per mezzo di acquisti immediati. IKEA, ad esempio, costringe il cliente a percorrere l’intera esposizione seguendo un percorso a pettine. L’attività visiva del cliente dovrebbe focalizzarsi sulla merce, cercando di evitare qualsiasi elemento di disturbo laterale all’interno del campo visivo attivo. L’introduzione di elementi d’attrazione psicologici nel

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progetto formale del negozio –accanto alla luce, anche il colore, l’odore e i suoni- è una condizione che coopera al successo. Il contatto tra cliente e offerente oggi ha luogo in modo indiretto. La selezione che precede la scelta di un acquisto dipende anche da fattori d’immagine che ormai possiamo solo vagamente connettere nel negozio con l’offerta pubblicitaria.

Flagshipstore. Sempre di più, le grandi aziende che operano nei settori di consumo, fondano proprie filiali per lo più gestite da terzi. Questi negozi, accanto alla funzione di vendita, assolvono la funzione di veicolo di comunicazione d’immagine attraverso ambiente ed atmosfera. Nel singolo caso, il compito dell’architetto si riduce alla disposizione dell’arredo che corrisponde ad un determinato Corporate-Identity. I così detti “flagshipstore” sono le filiali centrali di grandi marche di consumo istallate nel cuore delle metropoli, grazie alle quali le aziende introducono un simbolo architettonico. Hanno assunto le dimensioni di piccoli centri commerciali allestiti in maniera teatrale sia internamente che esternamente. La vendita dei prodotti, in tal caso, diventa un effetto secondario. Una variante con High-End tecnica e concettuale è stata sviluppata da OMA/AMO per Prada. Il titolo “Epicenter” per i negozi nell’Hot-Spot del mondo indica l’intenzione del progetto di creare un’intensa concentrazione di marchi mediali in determinati luoghi. Le gallerie. La galleria commerciale è diven-tata un “tipo edilizio” con l’inizio della specu-lazione immobiliare e del crescente consu-mo. Oltre a consentire un uso lucroso di aree interne ad isolati sino ad ora non reddi-tizzi, permette di accorciare i percorsi del centro urbano e di esercitare da parte di pri-vati il controllo sullo spazio pubblico. Carat-teristica peculiare è la possibilità di attraver-samento, in contrasto con gli attuali interessi commerciali delle Shopping Mall. Ricavate all’interno degli isolati, le gallerie conferisco-no un certo ritmo alle facciate su strada in-crementando il commercio al minuto. Ideale sarebbe che la galleria collegasse aree del centro ad alta frequenza procurando un ele-vato incremento di visitatori. Il piano terra è utilizzato in prevalenza per il commerciale, solo occasionalmente si ricorre al piano pri-mo. In casi particolari, i livelli sono connessi da balconate e passaggi sospesi. L’utente può godere di indubbi vantaggi: una riduzio-ne del percorso, oltre che della protezione da intemperie e della pulizia della strada pubblica di fronte al negozio. Si offre, dunque, l’occasione di una permanenza prolungata – e si stimola al consumo. Nel corso dello sviluppo tipologico, l’aspetto funzionale del passeggiare è regredito rispetto a quello della permanenza, incora-ggiato dall’allestimento. Alla fine del XIX° secolo, si realizzavano padiglioni a pianta centrale con maestose cupole che non

avevano più un’unica funzione connettiva, bensì erano epicentri urbani (Galleria Vittorio Emanuele a Milano, 1861; Galleria Umberto I a Napoli, 1892). Le gallerie moderne si distinguono per loro posizione centrale in città con una certa attrazione commerciale e di preferenza servono spazi di vendita di standard elevato. I Fünf Höfe a Monaco di Baviera presentano l’attuale traduzione del linguaggio minimalista (Herzog & de Meuron, 2003), per quanto, data la loro apertura verso l’alto, costituiscano un caso particolare. Anche per il successo economico delle odierne gallerie di negozi valgono i fattori fondamentali che caratterizzavano le tipologie classiche: dato che sono aperte, fungono da elemento di connessione tra punti nevralgici ed offrono al visitatore un plusvalore nella qualità di permanenza. Data la complessità delle pro-blematiche, risulta necessaria una ben cal-colata presenza eterogenea di settori e un buon management generale.

Grandi magazzini ed empori. I presupposti alla base delle tipologie dei grandi magazzini e degli empori del XIX° secolo sono il mutato rapporto di vendita, caratterizzato dai prezzi fissi, le merci confezionate e i bassi margini di guadagno utili per l’incremento delle vendite di massa. Decisiva è stata anche l’invenzione del selfservice esteso che ha portato in secondo piano il banco di vendita. Le corti coperte da lucernari e gli ambienti a cupola sono diventate elementi quasi d’obbligo, lo sfoggio e la modernità il leitmotiv dell’archi-tettura. Il tema principale fu necessa-riamente il collegamento: salire ai piani superiori non doveva risultare faticoso, dal momento che le scale diventavano il più importante mezzo formale del grande magazzino commerciale. Già dalla metà del XIX° secolo, Parigi fornisce gli esempi più rilevanti, ad esempio il magazzino “Au Bon Marché” del 1854 che offreva ai clienti persino un villaggio per i bambini! Il grande magazzino nella sua definizione classica vive ancor oggi della centralità spaziale, funzionale ed urbana, si tratta pur sempre di un edificio su più piani situato nel centro urbano. All’interno di questa tipologia, è necessario distinguere tra gli empori con un assortimento merceologico di ogni genere e i grandi magazzini che offrono una specifica varietà di merci nei negozi del centro. La superficie minima si aggira intorno ai 3000 m2, cosa che oggi in situazioni di con-correnza solo raramente si rivela van-taggiosa dal punto di vista economico. Il funzionamento del grande magazzino è gestito a livello centrale da una società incaricata. Per questo motivo, i percorsi sono fluidi, la suddivisione delle superfici avviene solo attraverso elementi secondari, come ad esempio gli arredi. Le compartimentazioni antincendio sono ampiamente nascoste. La significativa acquisizione di marchi inter-nazionali ha determinato la soluzione degli

shop-in-shop, che articolano i livelli degli empori commerciali in una varietà di aree più specialistiche. Le facciate dei grandi magazzini hanno acquisito una particolare considerazione. Nella Tietz-Haus di Sehring, le vetrate dell’involucro fungevano solo da vetrine, mentre all’interno veniva usata luce artificiale al fine di evitare di distrarre il cliente. Che il dogma della comparti-mentazione ottica possa essere superato, lo dimostrano i più recenti progetti di store di abbigliamento progettati da Peek + Cloppenbur. Su un segmento di mercato di media-elevata categoria si lavora libera-mente con luce naturale e con un’altezza interna netta elevata (3,75 metri invece dei soliti 3,00 metri). Le superfici a vetri delle facciate sono organizzate in modo non re-golare con arredi e pareti espositive ripartite secondo le marche. Dal punto di vista funzionale, la luce naturale agevolai clienti nella scelta del colore. Il profilo dell’impren-ditoria tessile si è affinato grazie anche alla partecipazione di grandi nomi internazionali dell’architettura come Renzo Piano.

Centri commerciali e shopping-malls. Nel XX° secolo, lo sviluppo dell’architettura per il commercio è influenzato dalla crescita della mobilità. Il fattore della centralità, determinante in passato, ha perso significato, in quanto il crescente traffico individuale ha contribuito in maniera decisiva alla sub-urbanizzazione e al propagarsi della città senza confini. Mentre in Germania, dopo la II° guerra mondiale, avviene una modernizzazione dei centri urbani nei quali hanno trovato posto anche superfici commerciali, nell’ambito dei centri storici francesi rimasti intatti, e quindi non assoggettabili a trasformazioni radicali, gli agglomerati commerciali sono sorti nelle aree suburbane. Negli USA, lo sviluppo orizzontale delle città, nell’ebbrezza della sub-urbanizzazione dell’era automobilistica, ha generato, già a partire dagli anni ’30, la tipologia dei centri commerciali. La centralità autogeneratasi attraverso la dimensione e la complessità sopperisce in questo caso alla mancata nascita del centro urbano. La localizzazione si definisce attraverso le necessarie connessioni stradali con sufficiente spazio per posti auto e risulta privo di qualsiasi contesto costruito. Questa tipologia edilizia si è diffusa dalla fine degli anni ’60 anche in Europa. Al contrario delle classiche gallerie, il cliente non va lasciato passare ma lo si deve catturare e intrattenere, avvalendosi di una combinazione di settori merceologici altamente differenziata e regolata attraverso la locazione differenziata delle superfici. La graduale disposizione di negozi speciali e di lusso ed esercizi calamita ha prodotto una tensione che è andata ad incrementare la permanenza del visitatore. Per quanto riguarda gli investimenti, sono importanti quei particolari modelli di strutture composti da tessili combinati con un discount di

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elettronica. Il programma è al completo se si aggiunge un mercato di alimentari al consumatore magari abbinato ad un hard discount. Si parla di Shopping Mall a partire da 10.000 m2 di superficie, in media la dimensione è compresa tra i 22 e i 25 mila m2. Il numero di livelli varia intorno ai tre, ideale sarebbe due. Solo nei centri urbani è consentito un ampliamento in altezza derivante dalla densità di pubblico che a partire dal secondo piano diminuisce se privo di negozi-calamita. Per quanto riguarda i centri commerciali valgono alcuni principi fissi inerenti l’organizzazione interna: il management centrale cui si conferiscono continuamente poteri – ad esempio la possibilità di determinare l’orario d’apertura –, la pubblicità comune, la calcolata combinazione di locazioni, la protezione dalla concorrenza e la disposi-zione delle locazioni orientata al volume d’affari delle superfici. Diversi si rivelano invece i vantaggi di un design esterno unitario o della determinazione di standard qualitativi dell’architettura interna. Gli shopping-center si contraddistinguono per il rigido sistema d’orientamento del pub-blico. In linea di principio, l’accesso al centro commerciale avviene solo su un lato.

Centri tematici. Una particolare forma di è costituita dai centri tematici, il cui nome deriva dall’autolimitazione dell’offerta commerciale. Si tratta in genere di centri destinati ad un unico tipo di prodotto; di solito, lo stabile è collocato nel centro urbano e si sviluppa in altezza riunendo nello spazio centrale i flussi di traffico verticali. Un esempio particolare di centro tematico sono gli immobili della ditta “stiwerk” ad Amburgo, Berlino (Novotny + Mähner; Studio + Partners, 1998) e Düssel-dorf (JSK-Architekten, 2001). Gli edifici, nei quali la distribuzione è ponderata in base alla frequentazione di clienti di passaggio e di clienti mirati, riflettono il principio dello spazio centrale distribuito su più piani, privo di scala mobile. Il design a tema degli interni garantisce un’immagine comune.

Urban Entertainment-Center e centri com-merciali nelle stazioni e negli aereoporti. I centri commerciali e le loro forme ibride sono un mercato in crescita. Soppiantano gli empori e i grandi magazzini e pongono per i centri urbani un conflitto irrisolto: da un lato, sono punti d’attrazione e occasioni di frequentazione per le zone pedonali, dall’al-tro grazie al management professionale attirano le migliori catene di filiali a spostarsi da edifici isolati locati nelle mall, portando come conseguenza lo svuotarsi di intere aree. In generale, stiamo assistendo ad un’integrazione dell’offerta commerciale con quella connessa al tempo libero e al relax, come i centri fitness, i centri benes-sere, le palestre di squash e i cinema che si distribuiscono nei livelli superiori dei centri sino ad ora poco sfruttati.

Supermercati. La definizione di supermer-cato si è evoluta rispetto all’accezione classica di mercato di alimentari selfservice. In un periodo di maggiore mobilità si sono delineate numerose forme secondarie, tipi particolari e sviluppi, il cui carattere comune è quello di essere architetture isolate in posizione periferica rispetto alla città. I “mercati alimentari selfservice” definiscono tutti quei mercati con superficie di vendita inferiore ai 400 m2, comunemente in locazione in grandi edifici e in franchising. La definizione di “supermarket” comprende quei supermercati per alimentari a partire da 400 m2 di superficie comprensivi di un 25% di merce non-food; la location solitamente è identificabile in edifici isolati. Il Discount alimentare rientra in tale categoria dimensionale (tra i 400 e gli 800 m2) ed è sicuramente un elemento trainante in crescita nel settore. Il mercato al consumatore, con una superficie di almeno 1500 m2, rappresenta la tipologia standard di mercato alimentare in grado di coprire ampiamente le necessità di merci del fabbisogno quotidiano; è raggiungibile con l’auto e possiede una vasta gamma di prodotti nel settore degli alimentari, degli alimentari freschi e del non-food. Il livello successivo è occupato dai grandi empori selfservice che offrono un’ampia scelta di merci sotto costo o a costo medio a breve, medio o lungo termine su una superficie di vendita di almeno 5000 m2. Situati fuori dai centri urbani, in edifici isolati, sono collocati in edifici a uno o due piani serviti da tapis roulant. Altri tipi particolari sono i Cash & Carry di dimensioni simili ai precedenti che assumono funzioni di grossisti e hanno come clienti piccole aziende. Ci sono poi mercati specializzati, per lo più centri bricolage, ma anche discount e mercati di materiale elettrico o per ufficio. I requisiti funzionali nell’architettura dei mercati si limitano alla superficie open space con spazio di vendita libero da pilastri che richiede strutture di copertura di grandi dimensioni. Lungo tutto il perimetro, le facciate sono tamponate con le strutture più economiche e semplici – ad eccezione dell’ingresso-. La parte posteriore, dove si trova anche la zona consegne è occupata da superfici di stoccaggio merci e singole zone di preparazione ripartite in base ai requisiti igienici e di temperatura.

Conclusione. Per lo sviluppo dell’archi-tettura degli immobili commerciali si pos-sono citare due fenomeni emergenti. Il primo è l’incrementata importanza del mercato; nei grandi empori diminuiscono offerte di merci su vaste superfici e aumentano gli shop-in-shop e i negozi singoli nei centri commerciali. Il secondo fenomeno è la graduale centralizzazione del commerciale nei più diversi tipi di centri commerciali. La città ne è doppiamente colpita con un’elevata concentrazione di pubblico richiamato nelle mall della zona

commerciale e con una ghettizzazione della vorticosa atmosfera urbana nel centro. L’estrema complessità di tali processi di sviluppo non deve sfociare in una generale condanna dei centri commerciali, ma nella trasformazione dell’atteggiamento progettuale; fenomeni come quelli innescati da grandi gruppi di sviluppo – come ad esempio ECE, con 74 centri acquisto in tutta Europa- dovrebbero essere sempre ac-compagnati da una progettazione urbana consapevole per proteggere la funzionalità della città.

L’autore è un architetto libero professionista operante a Berlino e a Wuppertal, ha partecipato allo sviluppo di numerosi centri commerciali

Pagina 168Negozio d’abbigliamento a New YorkIn un’area a destinazione mista, nella 14esima Strada di Manhattan Ovest, è stato inaugurato nel giugno del 2003 il primo flagship-store dello stilista Carlos Miele. La filosofia dello stilista, che combina tradizioni culturali del suo Brasile insieme ad estetica contemporanea e innovative tecniche di produzione, ha ispirato il progetto globale del negozio. Al fine di rendere esperibile lo spazio interno come estensione della strada, la vetrina è stata smaterializzata. Una volta entrati, si è avvolti da una forma scultorea che annulla i confini fra muri, pavimenti e soffitti, integra i pilastri e conferisce un nuovo ordine all’intero spazio. Da un pavimento a specchio di resine epossidiche grigio e verde pallido si ergono sino a soffitto numerosi elementi scultorei; si sviluppano forme arrotondate generate dal computer che definiscono i diversi ambienti e luoghi, che sono con-temporaneamente appoggi e sedute e stimolano l’attenzione dei clienti sugli articoli esposti. La gamma cromatica neutrale dal bianco, al verde chiaro, al verde petrolio al grigio e la sua mutevole superficie a specchio fanno apparire la superficie dei materiali e lo spazio quasi fluido. Il progetto illuminotecnico, che prevede l’installazione di tubi fluorescenti dietro camerini e side-boards in materiale traslucido, é accom-pagnato da videoinstallazioni digitali inspirate al tema dello spazio e del corpo; effetti illusionistici sono moltiplicati dal gioco di riflessi creato da specchi concavi.

Pagina 170Farmacia ad AspernNel frammentario tessuto urbano dell’antico nucleo di Aspern, su un terreno libero in seguito a demolizioni, sorge un edificio con ingresso bilaterale: i clienti accedono dalla strada principale, i collaboratori e i fornitori dal lato opposto. I due diversi fronti con-nettono una successione di spazi che integrano nel sistema organizzativo e spa-ziale trasparente, luce, natura e relazione con l’esterno. La vetrata libera ad altezza di piano consente prospettive sia verso gli

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spazi interni che verso quelli esterni. All’in-terno nulla ricorda la classica suddivisione dello spazio “davanti” e “dietro” il banco sostituito da postazioni di consulenza. Le vetrine appese al soffitto come quinte e le fasce luminose traslucide su pareti e soffitto conferiscono un ritmo allo spazio. In estate, una corte interna amplia verso l’esterno lo spazio vendita. La parte retrostante ospita uno spazio vetrato per conferenze e manifestazioni. La successione di postazioni di consulenza guida il visitatore passando per il laboratorio, la corte e la sala da tè sino al fulcro dello spazio, da cui si diparte una scala per la terrazza delimitata come da una quinta teatrale dagli ambienti adibiti ad ufficio e da quelli sociali. Il giardino aroma-tico, composto secondo il modello bene-dettino, oltre a fornire erbe per preparazioni, è un giardino contemplativo che contri-buisce ad instaurare una relazione fra l’interno e la natura esterna offrendo condi-zioni di lavoro piacevoli. Il progetto amplia la definizione di farmacia a quello di mondo della salute.

Pagina 172Negozio d’abbigliamento a TokyoIl complesso, che ha come epicentro il me-gastore Prada, si erge volutamente isolato concentrandosi con il suo volume in corri-spondenza di un angolo del terreno definen-do uno spazio urbano aperto, una piazza per i visitatori e i passanti. Un lusso per Tokyo. Le forme libere del corpo di fabbrica sono rese possibili dal massimo sfruttamen-to in altezza pur rispettando le distanze di fabbricato con l’intorno. L’immagine mutevo-le delle superfici esterne è accentuata dalla plasticità della struttura di rivestimento. La griglia di facciata di forma romboidale è ri-vestita da lastre di vetro convesse, concave o piane che conferiscono esternamente un gioco di riflessi specchianti e restituiscono una visione deformata degli interni. Insieme a tre strutture centrali verticali d’acciaio, la griglia di facciata supporta i solai, mentre tu-bolari d’acciaio orizzontali irrigidiscono ulte-riormente l’edificio. Le strutture centrali, arro-tondate agli angoli, si aprono in alcuni punti per diventare essi stessi spazi contenitori e definendo funzionalmente gli spazi interni. Diagonali e arrotondamenti, forme amorfe, moderni strumenti mediatici ed elementi mo-bili, definiscono l’immagine spaziale. Le to-nalità dal bianco al beige si estendono a pa-reti, pavimenti e mobili creando uno sfondo uniforme per la presentazione degli articoli nelle vetrine e sui tavoli espositivi progettati dagli architetti. Alcuni materiali naturali co-me il legno sono abbinati a materiali sintetici come le resine. Nel progetto si gioca con l’effetto sorpresa e con la curiosità del clien-te, consentendo lungo i percorsi verticali scorci verso la città sempre mutevoli. Depo-siti, magazzini e spazi secondari necessari sono concentrati nel piano cantinato, mentre al piano interrato si trova un caffè raggiun-gibile anche con una scala esterna.

Pagina 174Biomarket a GreenwichVicino al Millenium Dome ha aperto i battenti un biomarket; un quinto della superficie a disposizione per articoli freschi è riservato ai prodotti biologici. All’idea complessiva di progetto si deve il fatto che sia possibile ri-sparmiare sino al 50% del fabbisogno ener-getico di un convenzionale supermercato paragonabile a questo. Grandi pannelli sola-ri e turbine a vento generano energia per l’il-luminazione; un ampio ingresso principale vetrato divide la facciata sud a forma di ar-co. Fino a cinque metri d’altezza le adiacenti superfici di facciata sono protette da uno strato vegetativo che si rivela un naturale isolamento in grado di proteggere dal fred-do, dal surriscaldamento e da vento oltre a contribuire al mantenimento della tempera-tura costante negli interni. Le piante rampi-canti sono irrigate grazie all’acqua piovana raccolta in uno stagno posto sul lato nord. La pavimentazione in terrazzo alla venezia-na bianco riflette la luce naturale che pene-tra dal soffitto, rischiarando la superficie all’intradosso del solaio; in caso di necessità è possibile attivare l’illuminazione in corris-pondenza delle scaffalature, molto efficace poiché direttamente proiettata sui prodotti esposti. L’illuminazione artificiale è unica-mente impiegata nell’area casse e per la presentazione dei prodotti.

Pagina 176Supermercato TUS con cinema multisalaIl complesso, situato ai margini del centro storico della città slovena di Novo Mesto, è composto di volumi parallelepipedi di diver-so colore riconoscibili a distanza. Il volume a basamento di colore verde, sul quale sono stati posizionati altri tre parallelepipedi colo-rati, accoglie un supermercato. Nel volume blu si distribuiscono superfici ad ufficio e in quello giallo diversi negozi. Lo spazio inter-medio costituito dalla terrazza rivestita di perline di legno é accessibile anche dalla strada grazie alla particolare conformazione del terreno. Il terzo cubo in rosso, maggiore per dimensione rispetto ai restanti, costitui-sce il volume di testa del complesso rivolto verso la città e ospita sei sale cinematografi-che, tavoli da biliardo e flipper. Dopo la chiusura dei negozi, un avvolgibile in rete metallica con maglia di grandi dimensioni, separa l’area del supermercato da quella della caffetteria. L’eterogeneità delle desti-nazioni d’uso produce sinergie grazie alla doppia funzione della terrazza che il caffè utilizza fino a tarda notte.

Pagina 178Grande magazzino a ChemnitzL’edificio, che occupa un vuoto urbano nel centro storico, è orientato verso la piazza e comprende oltre alla superficie commercia-le, un autosilo con 450 posti auto con acces-so al grande magazzino mediante una galle-ria. Al piano terra, alcuni negozi di vendita

diretta disposti a forma di U ampliano l’offer-ta. La relazione tra l’intorno urbano e il volu-me in vetro è risolto grazie alla copertura in aggetto. Lo spazio, che si sviluppa attra-verso una maglia strutturale di 10 ≈ 10 m ed è ripartito su sei piani, è definito da: acces-sibilità su tutti i lati attraverso un ingresso principale e due accessi laterali, orienta-mento attraverso una chiara struttura interna ed una corte con copertura a lucernario per la distribuzione e l’orientamento dei flussi di visitatori. Al livello della terrazza si trova un ristorante. Il progetto illuminotecnico si basa sul concetto di trasparenza. Le facciate originariamente erano state pensate come superfici pubblicitarie a lamelle pieghevoli mobili disposte su tre piani, ma a causa dei costi di realizzazione sono state previste unicamente con la funzione di protezione solare.

Pagina 180Namba Park ad OsakaAl posto dell’ex stadio Nangai, sorge, con i suoi 297 000 m2 di superficie e 42 metri d’altezza, il più imponente centro commer-ciale del paese. La struttura a terrazze me-dia fra il costruito tradizionale a due piani e i palazzi di nuova costruzione dei terreni adiacenti. Scopo degli architetti era creare in un contesto urbano un giardino tridimen-sionale nel cuore di una metropoli caratteriz-zata da elevata concentrazione edilizia. I giardini pensili, accanto ad occasioni di sva-go, offrono anche la possibilità di curare orti urbani di proprietà. Il percorso conduce il vi-sitatore attraverso paesaggi rocciosi, colline e ponticelli di vetro all’interno delle aree commerciali che poco differiscono dalle Shopping Mall sotterranee di standard inter-nazionale. Le “terrazze verdi” non sono fre-quentate solo durante il fine settimana ma sono diventate un ideale punto d’incontro di giovani ed anziani.

Pagina 182“5 Höfe” a Monaco di BavieraL’area fra la Theatiner Strasse e la Kardinal-Faulhaber-Strasse era originariamente occupata dalla filiale e dalle sedi amministrative della Hypo-Bank e della Vereinbank; successivamente, dal 1985, dalla Galleria d’Arte “Hypokunsthalle”. In seguito alla fusione delle due banche (1998), la nuova HypoVereinsbank, in concomitanza con le graduali misure di riqualificazione e di modernizzazione, optò per un progetto di concezione completa-mente nuova con l’obiettivo di aprire tali spazi alla vita del centro storico. L’isolato storico a blocco avrebbe dovuto offrire uno spazio tecnicamente e strutturalmente di nuova ideazione. Una successione di piazze, corti e gallerie con attigui negozi e spazi ufficio esplode la tipologia “ad isolato” trasformandola in una reticolare. I pedoni si muovono in un’area commerciale protetta la cui qualità urbana è valorizzata dalla presenza di caffè, spazi culturali e di ricrea-

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zione. L’intera superficie è di circa 24.000 m2 di cui almeno 5.000 m2 sono occupati da gallerie e corti pubbliche. Al piano terra prevalgono i negozi e gli spazi per la gastronomia, mentre al piano primo si distribuiscono principalmente uffici e appartamenti. Le facciate e le strutture del costruito esistente sono state per lo più conservate, mentre si è proceduto alla sostituzione del 40% dell’esistente con nuova volumetria. Cinque accessi consentono l’ingresso al complesso, la connessione avviene attraverso due gallerie a croce cui si dirama verso nord una quinta (corte Viscardi). Nei percorsi variano ampiezza ed estensione, si susseguono spazi coperti e aperti, dove il filtrare dei raggi solari o il battere della pioggia mantengono vivo il rapporto con l’esterno. Seguendo il carattere dell’impianto esistente, le corti non aderiscono ad un principio geometrico predefinito; l’immagine visiva é sempre mutevole per tema, scelte formali e materiche. Le particolari condizioni d’affitto hanno consentito anche a giovani e nuove aziende di occupare superfici commerciali esclusive. Nella scelta degli utenti si è, infatti, optato per i marchi di una certa rinomanza ma non esclusivi. Moltissimi artisti hanno partecipato all’allestimento della galleria. Cuore del complesso è la Galleria d’Arte “HypoKunsthalle”, al secondo piano della corte Perusa.

Pagina 186Supermercato a WattensDominique Perrault Architects, ParigiReichert Pranschke Maluche, MonacoIl solo requisito progettuale posto era creare qualcosa di unico, qualcosa che si distinguesse dalle 130 filiali della catena alimentare ma che mantenesse i necessari limiti di budget, richieste che sono state pienamente soddisfatte dal team di architetti. Un corpo di vetro fluttuante: di giorno, i riflessi di luce sul tessuto metallico conferiscono profondità alla facciata di vetro a specchio velando i movimenti interni; di notte, l’edificio si illumina dall’interno proiettando i contorni dei prodotti come ombre cinesi. La sua posi-zione centrale ha richiesto un progetto urbanistico in grado di integrare funzioni parallele. Infatti, non solo sono state mantenute superfici da locare per piccole attività commerciali ma anche spazi per la stazione di polizia locale.

Pagina 188Un piccolo museo o un centro commercialeDominique PerraultLa differenza tra un supermercato e un museo non è così grande come può sembrare : i soggetti sono messi in scena con la luce, elemento guida in grado di attrarre e sedurre. Nel museo per ispirare una relazione intellet-tuale con il soggetto, nel caso del super-mercato per stimolare l’acquisto. Quindi

perché non costruire un piccolo museo in una posizione così centrale, perché non creare un luogo di comunicazione e di ritrovo? Ho incontrato per la prima volta l’amministratore delegato di MPreis, HansJörg Mölk, al Forum d’Architettura Tirolese durante la mostra in anteprima della Galleria del Municipio per la quale avevo vinto il concorso. Da questo incontro ne risultarono tre supermercati. Il primo era collocato all’ingresso est di Wattens e aveva come tema principale l’integrazione della natura nell’edificio; due anni più tardi il nostro studio ricevette l’incarico per un secondo supermercato con due localizzazioni a scelta: a Zirl sulle sponde dell’Inn o a Wattens nel centro urbano. Proponemmo di costruire entrambi. Per quanto concerne la relazione con la natura, il progetto per il centro di Wattens si è rilevato più complesso di quello di Zirl le cui facciate in muratura si smateriali-zzavano grazie al rivestimento d’acciaio inox a specchio che rifletteva all’interno gli alberi e i movimenti sulla passeggiata lungo il fiume. Nei primi schizzi di Wattens, in cui si studiavano le superfici necessarie per i posti auto e le super-fici funzionali, abbiamo disposto gli spazi rich-iesti per la stazione di polizia sopra gli spazi commerciali, cosa che ha generato un corpo di fabbrica compatto allineato con la strada e do-tato di parcheggio nella parte posteriore. Sulla base di alcune riflessioni urbanistiche abbiamo disposto, infine, l’ingresso su una nuova piazza, la stazione di polizia è stata collocata in una parte di edificio in posizione arretrata, i posti auto sotto l’edificio. Ora c’erano tutti i presupposti per inscenare lo spazio commer-ciale come un volume di vetro fluttuante leggibile su tre lati – come un museo. L’ele-mento centrale del progetto era il cortile interno che distingueva le funzioni e le connetteva visivamente. Dove era previsto un irraggia-mento solare diretto sugli articoli, è stata inte-grata una rete metallica per prevenire il surris-caldamento. Negli interni, le scelte cromatiche e materiche hanno conferito atmosfera allo spazio. Gli esili ed eleganti pilastri fanno ap-parire il soffitto di legno fluttuante. Gli elementi d’arredo specifici come gli scaffali e le aree frigorifero sono stati verificati con Alton Mölk, l’allestimento del caffè con Werner Mölk. Per noi era importante un ambiente curato, profili metallici discreti e superfici cariche di intensità espressiva.

Pagina 190M come MercatoEssendo la nostra, un’azienda a conduzione familiare tirolese abbiamo da sempre conferito incarichi per i progetti dei nostri supermercati ad architetti tirolesi. La vicinanza fisica è per noi una condizione fondamentale per l’instaurarsi di un dialogo con l’architetto. Nel momento in cui fu confermato che Dominique Perrault sarebbe rimasto ad Innsbruck per diversi anni per terminare il suo progetto del Municipio, abbiamo deciso di affidare l’incarico ad un famoso architetto straniero. Avendo trovato particolarmente illuminante il suo primo

supermercato a Wattens, c’interessava vedere quale idea gli avrebbe suggerito un terreno situato in un contesto urbano della stessa regione. Dato che un ampliamento dell’edificio esistente nel centro urbano non era possibile, acquistammo il terreno confinante. Dato che l’area destinata a superficie commerciale per alimentari dal piano regolatore definiva un massimo di 800 m2, per ampliarla a 1200 m2 abbiamo trovato una definizione tipologica idonea: “piccolo centro commerciale”. La combinazione funzionale voluta si creò spontaneamente: gli esistenti spazi della stazione di polizia erano ormai obsoleti, così il sindaco propose di decentrare gli uffici ai piani sovrastanti il supermercato. Nei mesi successivi, altri spazi in locazione sono stati occupati da una banca e da un negozio di tessili. Contemporaneamente il buon grado di accettazione da parte dei cittadini di un mercato ad Innsbruck con posti auto sotto l’edificio, ci convinse a realizzarne uno simi-le anche per l’edificio di Wattens. Le corti adibite a giardino coronate da lucernari e le ampie superfici vetrate pensate da Perrault ne arricchirono la qualità spaziale. Ad una seconda corte interna dovemmo rinunciare per non compromettere il grado di flessibilità nella disposizione delle scaffalature. Nono-stante le ampie superfici vetrate siamo riu-sciti a mantenere i costi di costruzione a 800 Euro al metro quadro.

1 Piazza; 2 Foyer con caffè; 3 Banca; 4 Negozio di tessili; 5 Spazi sociali; 6 Cortile con vegetazione; 7 Ascensore di vetro; 8 Casse; 9 Frutta e verdura; 10 Accesso parcheggio; 11 Area consegne; 12 Celle fri-gorifere; 13 Stazione di polizia; 14 Spazi sociali, P.1°; 15 Direzione; 16 Magazzino; 17 Parcheggio della stazione di polizia Sezioni, piante, scala 1:1000

Pagina 192Una struttura composita di legno, acciaio e calcestruzzoAlfred BrunnsteinerLa collaborazione continua con MPreis ci ha permesso di realizzare strutture di provata efficacia ma anche di ottimizzarle oltre che di sviluppare sistemi completamente nuovi. Il supermercato trasparente di Wattens e la sottostante area parcheggio sono connessi con il corpo di fabbrica compatto di calce-struzzo armato della stazione di polizia e dell’area consegne. Le facciate portanti con-tinue, prive di pilastri intermedi consentono di salvaguardare la relazione tra interno e natura. L’introduzione di traversi ha permes-so di dimezzare la lunghezza libera della struttura soggetta a presso flessione, mentre i tubolari d’acciaio diagonali provvedono al-l’irrigidimento. Una particolarità della faccia-ta è il riempimento di calcestruzzo dei tubo-lari cavi verticali per elevare la forza di compressione e le caratteristiche antincen-dio. Gli otto pilastri eretti attualmente nel su-permercato sono stati realizzati con una struttura composita d’acciaio-calcestruzzo armato con speciali teste e basi; sono alti

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sti e negli accertamenti del progetto con le istituzioni locali, mentre nelle fasi successive Perrault ha curato direttamente gli esecutivi e la realizzazione. Principalmente, lo studio Perrault ha elaborato i dettagli guida dei punti architettonici di maggior rilievo che nel corso dell’iter progettuale sono stati appro-fonditi e sviluppati da RPM. La supervisione dei lavori in loco é stata assunta direttamen-te dalla MPreis. Nel caso particolare dell’uti-lizzo di reti d’acciaio inox abbiamo potuto contare su un’esperienza di anni. Per mante-nersi nei limiti dell’esiguo budget di un su-permercato alimentare, già in fase prelimina-re, abbiamo riunito i progettisti tecnici e le aziende realizzatrici per discutere la realiz-zazione e il montaggio. Per il progetto nel centro di Wattens, l’introduzione di una rete d’acciaio inox era connessa con la regola-zione della luminosità e la protezione dall’ir-raggiamento solare. A tale scopo, era ne-cessario poter quantificare le proprietà fisico-tecniche dell’edificio da considerare ai fini di un bilancio complessivo; durante i calcoli strutturali, è emerso che il carico ipotizzato in relazione alla permeabilità al vento relativa e alla portanza statica della rete doveva essere sovradimensionato in considerazione di un possibile congelamen-to e quindi di una maggiore superficie di contatto da parte del vento. Ciò ha portato al rinforzo dei punti di giunzione di testa e di base. Il padiglione commerciale non ha ae-razione e climatizzazione meccanica. La combinazione di ombreggiamento -ottenuto con rete metallica – e delle lamelle di aera-zione sulla facciata garantiscono una buona regolazione del microclima interno ed offro-no un’elevata trasparenza verso l’esterno.

L’autore è capoprogetto presso RPM.

Sezione orizzontale, scala 1:10 1 Muratura, ala stazione di polizia: intonaco 15 mm

dipinto bianco, isolante 150 mm, c.a. 200 mm 2 Cavo tenditore d’acciaio inox Ø 5 mm, asse =

443 mm 3 Profilo d’acciaio a ∑ 100/100/8 mm zincato 4 Tubolare d’acciaio distanziatore Ø 80/5 mm 5 Solaio di c.a. in aggetto 340 mm 6 Rete d’acciaio inox 5330/3580 mm 7 Profilo di elevazione d’alluminio nero 8 Vetrata anti infortunio, vetro semplice 6 mm

+ intercapedine 16 mm + vetro di sicurezza 2x6 mm

9 Tubolare d’acciaio ¡ 140/60/5630 mm, asse 1330 mm con riempimento di calcestruzzo

10 Lamiera d’alluminio nera11 Traverso di tubolare d’acciaio ¡ 140/60 mm12 Cablaggio dell’avvolgibile di protezione solare

Pagina 200Grande Magazzino a BirminghamFuture System, London“This will be on postcard”. Jan Kaplicky ne era sicuro già mesi prima dell’inaugurazio-ne. E senza dubbio, Birmingham e il grande magazzino Selfridges con questa architettu-ra hanno acquisito un nuovo emblema. Sulla facciata arcuata in calcestruzzo proiettato blu elettrico sembrano fluttuare i dischi d’al-luminio lucido. Come le paillette di un abito

mutano la loro gradazione in relazione all’in-cidenza della luce naturale lungo le curve dell’edificio, riflettendo la situazione atmo-sferica e l’intorno. L’edificio si integra sor-prendentemente con la chiesa neogotica. All’interno penetra molta luce naturale fino al piano più basso, le scale mobili bianche e i parapetti sono spettacolari quanto l’involu-cro esterno.

Pagina 202Il committentePeter WilliamsQuando Gordon Selfridge inaugurò nel 1909 la sede principale dell’omonimo grande magazzino nella Oxford Street, si aprì una nuova era nel commercio al dettaglio. La medesima cosa sta succedendo ora per “Selfridges” a Birmingham. Come progettisti abbiamo scelto Future Systems che hanno soddisfatto appieno la nostra richiesta di creare un simbolo. Sefridges dispone di quattro piani di superfici commerciali ognu-na delle quali possiede una propria identità creativa. Gli architetti hanno progettato una struttura di grande effetto e il piano più bas-so del grande magazzino, mentre gli interni sono stati curati da altri tre studi d’architettu-ra: Eldridge Smerin, Stanton Williams e Cibic & Partner con Lees Associates. Le facciate, che si ispirano ad un vestito di Paco Raban-ne, generano un forte impatto sullo skyline di Birmingham. L’edificio ha un ruolo fonda-mentale nel processo di rinnovamento della città. Birmingham non si limita ad essere ri-nomata per l’offerta culturale, ma è anche la seconda più vasta città inglese e un’impor-tante metropoli commerciale.

Planimetria generale, scala 1:40001 Selfridges; 2 Bullring, centro commerciale; 3 Chiesa di St.Martin; 4 Torre “Rotunda”

Pagina 203Dal Bullring al Blob. Urbanistica e progettoBirmingham, antica città industriale e sede della produzione automobilistica, negli ultimi secoli non ha tratto grande beneficio dall’evoluzione della pianificazione urba-nistica. Il ring, progettato prima della guerra, è stato realizzato solo negli anni ’60, dopo che il traffico era rapidamente aumentato. E’ stata, quindi, creata un’autostrada urbana che separa i quartieri esterni dal centro, mentre i pedoni sono stati convogliati in un sottopasso. Il Bull Ring, considerato sin dal medioevo la piazza mercato e il centro commerciale della città, fu separato dal centro e dalla strada commerciale princi-pale, mentre sull’area, nel 1964, fu inaugu-rato un grande centro shopping. Nel 1987 il magazzino fu venduto e per anni passò di proprietà in proprietà finché nel 1999 lo studio d’architettura Benoy fu incaricato del piano regolatore e della riqualificazione dello stabile. Questa volta l’urbanistica parve portare un miglioramento: la torre “Rotunda” ai cui piedi sorge una piazza

5,33 metri d’altezza e hanno un diametro di soli 17cm. All’intradosso delle travi d’acciaio a doppia T, parte principale della struttura del solaio, sono state disposte piastre d’ac-ciaio saldate su elementi sandwich di legno. Lo smaltimento delle acque avviene attra-verso un sistema sottopressione privo di pendenza integrato nei pannelli. In collabo-razione con gli architetti abbiamo ottimizzato le luci dei solai del parcheggio apportando modifiche del reticolato dei posti auto e dei percorsi carrabili con la verifica della luce dei pilastri sull’area commerciale. In questo caso, abbiamo proposto un solaio piano precompresso privo di travi, dove i cavi d’acciaio sono rivestiti da una guaina sinteti-ca e protetti da un olio di scorrimento. Il si-stema è vantaggioso poiché consente ele-menti edili sottili e ampie luci –fino a 18 metri- con limitate deformazioni. Il lavoro di progettazione e controllo è superiore di cir-ca il 30%. Per quanto riguarda i costi il sistema precompresso si è rilevato più eco-nomico di una convenzionale struttura di calcestruzzo.

L’autore, che dirige lo studio di progettazione dibra-Innsbruck, è progettista delle strutture di diversi MPreis

1 Elemento di facciata di tubolare d’acciaio con riempimento di calcestruzzo, scala 1:100

2 Pannelli per copertura di legno, scala 1:1003 Travi doppie HEB 360 con piastra d’appoggio per

il pannello di legno, scala 1:254 Assonometria dell’elemento di copertura travi e

facciata, scala 1:1000

Sezione, scala 1:20 1 Guaina bituminosa a due strati, con autoprotezio-

ne minerale della superficie superiore 2 Pannello di legno da 7400 a 14750/2660/500 mm: pannello OSB 26 mm; trave longitudinale

di massello d’abete rosso 4480/80 mm, quota superiore 1,5% di pendenza, lana minerale intermedia 240 mm; barriera al vapore; pannello OSB 26 mm

3 Alimentatore luci fluorescenti 4 Montanti di facciata in tubolare d’acciaio ¡

140/60 con riempimento di calcestruzzo, nero 5 Barra d’acciaio 140/20 mm 6 Sistema sottopressione per smaltimento acque

meteoriche, senza pendenza Ø 110 mm 7 Trave d’acciaio, doppia HEB 320 8 Barra d’acciaio d’appoggio dell’elemento di le-

gno 290/20 mm 9 Rete d’acciaio inox 5330/3580 mm10 Pavimentazione spazio commerciale: piastrelle di

granito 600/400 mm/10 mm, massetto con ser-pentina di riscaldamento a pavimento 80 mm, pellicola, termoisolante 200 mm, strato di ghiaia 100 mm, solaio di calcestruzzo precompresso 400 mm

11 Calcestruzzo armato-pilastro composito Ø 168,3/8 mm

12 Calcestruzzo armato-pilastro composito Ø400/10 mm con canale di smaltimento acque meteoriche integrato

13 Pavimentazione parcheggio: asfalto fine 40 mm, asfalto 80 mm, pietrisco 200 mm

14 Rete di protezione d’acciaio inox

Pagina 196Verso il particolare costruttivoRPM, Monaco di BavieraGià durante la fase preliminare, RPM si è oc-cupata di consulenza nelle verifiche dei co-

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urbana connessa alla via principale dei negozi della zona pedonale è stata mantenuta. Un passaggio orlato di caffè e ristoranti divide il nuovo complesso denominato “Bullring” e conduce ad una seconda piazza intorno alla neogotica St. Martin’s Church. Subito Debenhams e Sel-friedges hanno locato i grandi magazzini alla testa del complesso tra i quali si estende una shopping mall con 146 negozi per un totale di 110 000 m2 di superficie commerciale. Il complesso, purtroppo, rappresenta quella che si potrebbe definire una convenzionale architettura commer-ciale. Selfriedges non voleva accontentarsi di tale risultato. L’ex responsabile del grande magazzino, Vittorio Radice, era convinto che un edificio ben progettato insieme ad una presentazione appropriata dei prodotti al suo interno, avrebbero influito in modo decisivo sugli introiti. Volle, quindi, trasformare il magazzino in un grande “palcoscenico” seguendo quella strategia adottata nella maggior parte dei grandi magazzini a partire dalla seconda metà del XIX° secolo. A Birmingham, Selfridges che per contratto avrebbe dovuto prendere in locazione un’area commerciale pari a circa 25 000 m2 per un periodo di 35 anni, aveva in cambio la possibilità di ingaggiare propri architetti. Il concorso indetto è stato vinto da Future Systems: Selfridges desiderava un edificio che diventasse un simbolo per Birmingham. Per evitare il caos visivo della shopping mall, prescrisse che le facciate fossero completamente chiuse – troppe finestre rendono, infatti, complicata l’illuminazione degli articoli. Per Future System si presentò l’occasione, per la prima volta ad ampia scala, di progettare in ambito urbano una situazione per la quale il team aveva per anni progettato in concorsi. Jan Kaplicky plasmò un piccolo modello giallo di plastilina che mostrava le caratteristiche del progetto. Gli architetti svilupparono l’idea a diverse scale con modelli particolareggiati e in 3D. “E’ stato un raro piacere e, al tempo stesso, una sfida aver trovato in Vittorio Radice un committente che comprendesse l’architettura moderna” con il quale discutere di “concetti e non di maniglie” – ha detto Kaplicky.

Pagina 206L’evoluzione del discoFuture SystemPer soddisfare la richiesta di Selfridges di creare un simbolo riconoscibile anche senza insegne e a costi fissi, realizzammo una superficie tridimensionale estesa all’intero edificio che nascondesse l’impiantistica collocata sulla copertura. Al fine di conferire profondità e drammaticità anche da vicino, ci lasciammo ispirare da foto al microscopio di insetti, schizzi di vestiti di Paco Rabanne e dalla muratura della Chiesa del Gesù Nuovo a Napoli. Iniziammo a progettare un elemento unico, ma ripetibile e optammo per un tondo di 660 mm di diametro. Ne

risultarono 15.000 elementi uguali composti di un piatto tondo e da un disco; il materiale favorito parve subito essere l’alluminio rispetto alla ceramica dato che grazie ad alcune prove si dimostrò capace di riflessi luminosi spettacolari. Per rientrare nel budget abbiamo scelto come soluzione tecnica una facciata in calcestruzzo proiettato con isolamento esterno intonacato e colori acrilici. Il fissaggio dei dischi è stato sviluppato insieme all’ingegnere di facciata, il produttore degli elementi stessi e l’impresa. Dovevano essere montati in modo facile e veloce con una tolleranza che consentisse la giustapposizione degli elementi; inoltre, soddisfare anche tutti i requisiti di resistenza a vento ed intemperie. I dischi furono dotati di un fissaggio centrale e montati a fasce orizzontali. Per il colore dell’intonaco cercavamo un colore intenso che contrastasse con i dischi di alluminio: ci ispirammo ai monocromi della serie blu di Yves Klein. La sfida è stata anche riprodurre un colore che non schiarisse.

Sezione, pianta, scala 1:100

Pagina 209Innovativi ed economici: struttura e impiantiEd Clarck, David GilpinLa funzione principale della struttura portante è stata quella di creare un’armatura per la facciata dalle forme libere ottenendo spazi commerciali di una certa altezza. Ne è risultata una struttura irregolare con piastre solaio di diverse dimensioni e tipologia strutturale differente ad ogni piano. Una delle sfide maggiori di questo progetto era produrre la facciata curva a bassi costi. Le diverse geometrie di curvatura e l’elevata altezza richiesta hanno escluso una pelle modulare e hanno indotto a studiare una struttura omogenea come il calcestruzzo a proiezione usato nella costruzione dei tunnel. Elementi in lamiera stirata fungono da cassaforma a perdere, sono flessibili a sufficienza per simulare la forma dell’edificio; rigide e compatte abbastanza da fungere da supporto per il calcestruzzo. In base ad un reticolato sviluppato lungo il profilo esterno dei solai, sono state definite le coordinate per il fissaggio delle casseforme. Sopra sono stati montati gli elementi d’armatura che contenevano già i fissaggi dei dischi d’alluminio protetti da un cappuccio di plastica. Infine, è stato gettato il calcestruzzo, poi levigato con un autolivellante; sono state inserite le viti di fissaggio dei dischi e dell’isolante al contempo e stesi 10 mm d’intonaco; infine, stesa la pittura acrilica blu cobalto. La richiesta di flessibilità negli allestimenti degli interni ha suggerito l’idea di adottare un sistema Plug-in per l’approvvigionamento energetico, la climatizzazione e l’impianto dati e di controllo. Un sistema con flussi variabili secondo il volume per l’aria d’alimentazione, l’aria fredda e il sistema ad

acqua del condizionatore è stato appo-sitamente studiato per limitare i costi di gestione. Un progetto completo di sicurezza contro gli incendi approntato nelle fasi preliminari ha permesso di realizzare le superfici commerciali e un atrio aperti in modo sicuro ed economico. In caso d’incendio, gli avvolgibili di sicurezza separano i piani interessati dall’atrio; i singoli piani sono dotati d’impianti di nebulizzazione e di sistemi d’aspirazione meccanici dei fumi. Per l’atrio si provvede all’aspirazione dei fumi attraverso la copertura.

Clark è stato il progettista di facciate e di strutture presso Arup per il Selfridges Birmingham; Gilpin era responsabile dell’impiantistica

A Facciata/copertura prima della proiezione del calcestruzzo

B Facciata/copertura prima del montaggio dell’isolante

C Proiezione del calcestruzzoD Struttura sul lato interno della facciata per

la messa a dimora delle casseforme

Particolare facciata, ancoraggio solaio, base, scala 1:10 1 Disco d’alluminio lucidato, anodizzato naturale,

Ø 660 mm 2 Piatto d’alluminio anodizzato 3 Protezione insetti, rete d’alluminio 4 Canale di gronda d’alluminio con membrana

saldata 5 Giunto di dilatazione 6 Muratura: autolivellante sintetico; intonaco

10 mm; isolante 75 mm; autolivellante, elemento di calcestruzzo proiettato 175 mm; intonaco interno 20–30 mm

7 Profilo d’acciaio fi d’irrigidimento del pannello sottostante

8 Sistema di chiusura antincendio 9 Mensola per la sospensione dell’elemento in

calcestruzzo proiettato10 Profilo d’acciaio inox11 Pannello d’acciaio inox con finitura a specchio

3 mm12 Irrigidimento di lamiera d’alluminio

Sezione particolareggiata finestra, scala 1:10 1 Disco d’alluminio anodizzato naturale lucidato

a specchio Ø 660 mm 2 Parete: autolivellante sintetico;

intonaco 10 mm, isolante 75 mm, autolivellante, elemento in calcestruzzo proiettato 175 mm, intonaco interno 20–30 mm

3 Profilo d’acciaio inox 4 Canale di gronda d’alluminio con saldata mem-

brana 5 Tubolare d’acciaio | 150/250 mm 6 Vetro di sicurezza 9+15 mm 7 Lama di vetro semplice 16 mm 8 Rivestimento interno della finestra in MDF 9 Lamiera d’alluminio con saldata membrana

Particolare del parapetto, scala 1:20 1 Corrimano di tubolare d’acciaio

con rivestimento incollato d’acciaio inox con finitura a specchio

2 Elemento parapetto in cartongesso portante 3 Rivestimento asportabile del pannello di

cartongesso 4 Angolare di protezione d’acciaio 5 Trave di bordo a Å 6 Sistema di chiusura antincendio 7 Avvolgibile di protezione antincendio 8 Trave a sbalzo 9 Controsoffitto, pannelli di cartongesso10 Luci