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http://www.trio-lescano.it/ Notizie Ottobre 2010 Sono vietati l’uso e la riproduzione di testi e immagini presenti in questo documento senza un’esplicita autorizzazione del Curatore. 1° Ottobre 2010 Mail di Sandro: «Collegata con l’intervista al dr. Gianni Borgna – politico navigato ma musicologo dalle strane affermazioni (personalmente trovo sorprendente che gli sia stato affidato per anni l’Assessorato alla Cultura del Comune di Roma e, più di recente, la Presidenza dell’Auditorium, il più importante polo musicale della Capitale e forse d’Italia – avevo già letto l’altra intervista, quella che Manuel Carrera (un ragazzo che non può che ispirare un’autentica ammirazione!) ha fatto al Curatore del sito. L’ho trovata molto utile, in quanto riassume efficacemente gli scopi e i risultati del lavoro che questi ha promosso, svolto e coordinato nei due anni di vita del sito stesso. Complimenti ad entrambi. Ora, secondo me, sarebbe importante avere contezza di quanti la leggono, come misura dell’interesse che la gente potrebbe avere per la vera storia del Trio Lescano. Ho letto il preciso resoconto di Manuel circa l’intervista fattagli da Van Schaik, ne ho ascoltato la registrazione e oggi ringrazio il caso e la fretta grazie ai quali a me è stata risparmiata. Non ho una grande opinione su molti Olandesi: l’ovvietà delle quattro domande mandate in onda è adeguata alla scarsa perspicacia di tanti dei destinatari. La musica mi appassiona, ma non sono assolutamente un intenditore di quella leggera: metto così le mani avanti, scusandomi in anticipo per quanto il mio parere può contraddire quello di chi è più esperto di me. Le poche canzoni che la colonna sonora della fiction propone mi sono sembrate gradevoli e ben eseguite, fino a farmele ritenere tra le poche cose riuscite di questo fumettone, che per tanti altri motivi è degno di un numero di Sogno o di Grand Hotel (lo dico con grande rispetto per chi ha lavorato o lavora a queste due riviste). Il mio commento alla seconda parte della fiction ve lo risparmio al novanta per cento, dicendo che aderisco totalmente, anzi, parola per parola al commento di Virgilio,

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http://www.trio-lescano.it/

Notizie

Ottobre 2010

Sono vietati l’uso e la riproduzione di testi e immagini presenti in questo documento senza un’esplicita autorizzazione del Curatore.

1° Ottobre 2010

◙ Mail di Sandro: «Collegata con l’intervista al dr. Gianni Borgna – politico navigato ma musicologo dalle strane affermazioni (personalmente trovo sorprendente che gli sia stato affidato per anni l’Assessorato alla Cultura del Comune di Roma e, più di recente, la Presidenza dell’Auditorium, il più importante polo musicale della Capitale e forse d’Italia – avevo già letto l’altra intervista, quella che Manuel Carrera (un ragazzo che non può che ispirare un’autentica ammirazione!) ha fatto al Curatore del sito. L’ho trovata molto utile, in quanto riassume efficacemente gli scopi e i risultati del lavoro che questi ha promosso, svolto e coordinato nei due anni di vita del sito stesso. Complimenti ad entrambi. Ora, secondo me, sarebbe importante avere contezza di quanti la leggono, come misura dell’interesse che la gente potrebbe avere per la vera storia del Trio Lescano. Ho letto il preciso resoconto di Manuel circa l’intervista fattagli da Van Schaik, ne ho ascoltato la registrazione e oggi ringrazio il caso e la fretta grazie ai quali a me è stata risparmiata. Non ho una grande opinione su molti Olandesi: l’ovvietà delle quattro domande mandate in onda è adeguata alla scarsa perspicacia di tanti dei destinatari. La musica mi appassiona, ma non sono assolutamente un intenditore di quella leggera: metto così le mani avanti, scusandomi in anticipo per quanto il mio parere può contraddire quello di chi è più esperto di me. Le poche canzoni che la colonna sonora della fiction propone mi sono sembrate gradevoli e ben eseguite, fino a farmele ritenere tra le poche cose riuscite di questo fumettone, che per tanti altri motivi è degno di un numero di Sogno o di Grand Hotel (lo dico con grande rispetto per chi ha lavorato o lavora a queste due riviste). Il mio commento alla seconda parte della fiction ve lo risparmio al novanta per cento, dicendo che aderisco totalmente, anzi, parola per parola al commento di Virgilio,

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anche perché ovviamente lui scrive benissimo e io non l’avrei saputo fare. Mi ci sono fatto delle risate, un po’ amare... Una cosa vorrei aggiungere: ’a rega’, lassamo perde..., non ci meravigliamo troppo della falsità della televisione: se avessimo uno stomaco tanto forte da reggere l’analisi di tutte le fiction che questo mezzo straordinario ha sparato nelle nostre case da vent’anni a questa parte, ci troveremmo gli stessi difetti (mi sia perdonato l’eufemismo) che ha quella in questione. Rassegniamoci a ricordare con nostalgia i lavori di sceneggiatori magistrali come Romildo Craveri e Diego Fabbri (La vita di Leonardo da Vinci) o di registi come Renato Castellani (Vita di Michelangelo), e non ne elenco tanti altri, tutta gente a cui questo Zaccaro non sarebbe degno di allacciare le scarpe. Sono convinto ormai che la TV, qualunque argomento e qualunque epoca tratti, ci mostrerà sempre più qualcosa di virtuale, di approssimativo, collegabile a mondi assolutamente fasulli. Aggiungo due cosette: 1) a me sembra l’esito della sutura di una labioschisi (una forma lieve di “labbro leporino”) la causa dell’esagerata distanza tra i baffetti dell’attore che impersona il cameriere/amante; 2) lo stemma sabaudo è assente (pure questo!) nelle bandiere italiane che appaiono nelle scene della “caccia al fascista”, mentre sappiamo che vi rimase fino al 1946. A proposito della caccia suddetta, sentite questa perla: “Toc-toc - Chi è? - Cielleenne!”. Neanche la buonanima di Antonello Trombadori se la sarebbe saputa inventare così, quella scenetta!». ◙ Mail di Tiziano: «Cari amici, se ho sentito il bisogno di ricercare nel vostro sito informazioni veritiere sul Trio, era proprio perché la fiction mi puzzava parecchio di bruciato. Non sono assolutamente un puritano, però ritengo inutili le scene con la prostituta e il tentato adescamento ad opera della madre verso il primo impresario (scusatemi se i nomi mi sfuggono). Era proprio necessario farla passare per una ninfomane? Per il resto, stendiamo un velo pietoso su questa fiction, che è un prodotto commerciale e basta. E avete ragione quando dite che probabilmente darà un’immagine distorta del trio. Ho letto infine l’intervista fatta da Manuel al Curatore: una chicca! D’ora in poi leggerò attentamente, ogni giorno, le vostre Notizie. Complimenti per il lavoro che state facendo!». Non era necessario no, presentare Eva de Leeuwe come una donna disperatamente affamata di sesso, al punto da mostrarla mentre circuisce nel modo più volgare ed esplicito un poveraccio, oltretutto fisicamente piuttosto repellente. Quel poco che sappiamo di certo sulla madre di Alexandra, Judith e Kitty Leschan non ci autorizza nel modo più assoluto a supporre che la donna fosse sfacciata e di facili costumi, atteggiamenti doppiamente vergognosi e turpi agli occhi di un’ebrea matura e praticante come Eva. E anche il vero impresario delle Lescano negli anni 1930-1937, Enrico Portino, non aveva neanche lontanamente né il fisico né, verosimilmente, i modi volgari, la viscida doppiezza e la disonestà del Canapone della fiction, un personaggio assolutamente “moderno”.

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Grecia, 1933, Casino Loutraki: Eva de Leeuwe, Enrico Portino e tre delle Sunday Girls (foto facente parte del Fondo Portino,

attualmente proprietà di Giorgio Bozzo).

Siamo insomma in pieno e arbitrario stravolgimento della Storia, e non ci convince affatto la tesi del regista che tale operazione fosse indispensabile per “evocarla” – la Storia – anziché “rappresentarla”: quasi che quest’ultima opzione fosse a priori artisticamente perdente! ◙ L’intervista che il nostro Manuel ha concesso alla Radio Olandese è stata trascritta fedelmente e pubblicata in una pagina del sito ufficiale dell’emittente, all’indirizzo: http://www.rnw.nl/nederlands/article/haags-zangtrio-nog-steeds-hit-italie. Per andare incontro a quanti non leggono correntemente questa lingua, Manuel ha convinto una sua amica, Alessia, che conosce perfettamente l’olandese, a tradurre tale testo in italiano. Traduzione che abbiamo inserito in un documento a parte (v. Appendice 1). L’evidente debolezza di questa intervista è unicamente imputabile alla modestia e genericità delle domande che l’intervistatore ha rivolto a Manuel: le sue risposte, tra l’altro, sono state pesantemente tagliate e quindi banalizzate al massimo. ◙ Mail di Attilio Hary: «Sono un appassionato di swing, jazz blues ed altra bella musica. Sono anche un dei pochi che ogni 3 Febbraio va a portare i fiori sulla tomba di Fred Buscaglione, che tra l’altro era mio conterraneo biellese, essendo la famiglia originaria di Graglia. Dopo aver visto la piacevolissima miniserie Le ragazze dello swing alla televisione, ho scoperto il vostro sito. Che dire... splendido, fatto molto bene, dettagliato, curato... Avrei voluto fare lo stesso per Fred, ma non avrei saputo nemmeno da che parte incominciare. Vorrei anche dire che sarei felice di darvi una mano, se in qualche modo posso esservi utile. Avrei comunque piacere di essere informato sulle iniziative che dovessero essere promosse, per ricordare le nostre tre magnifiche sorelle.

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Complimenti ancora per il lavoro svolto, ed un sentito grazie per aver raccolto tutto questo ben di Dio musicale, Un abbraccio forte, ecc.». Condividiamo l’ammirazione che questo nostro nuovo simpatizzante ha per Fred Buscaglione, ma non, sfortunatamente, quella per Le ragazze dello swing. In questa rubrica abbiamo spiegato le tante, troppe ragioni che ci spingono a dare un giudizio severo su tale fiction: se non l’ha ancora fatto, invitiamo Attilio a prenderne visione, certi che tutto gli risulterà chiaro. Nel caso che non lo conosca gli segnaliamo il bel libro di Maurizio Ternavasio, Il grande Fred (Lindau, 1999) e, per quanto riguarda la possibilità di collaborare con noi, lo invitiamo a mettersi in contatto col suo concittadino Vito Vita, tramite la Redazione della rivista mensile Musica Leggera [http://www.musicaleggera.org/la-rivista/]. Infine, per tenersi informato su ogni genere di novità riguardanti le sorelle Lescano e il loro mondo, basta che legga regolarmente la presente rubrica di Notizie, pubblicata di solito ogni giorno. ◙ Mail di Marco Bonafaccia: «Come prima cosa vi faccio i miei più vivi complimenti per il sito. Dopo la messa in onda della fiction sulle Lescano, mi sono molto appassionato alla loro storia, e mi sono imbattuto nel vostro sito, leggendo le vostre doverose smentite su alcuni fatti inventati ad hoc per commercializzare la miniserie. Adesso però, essendomi appassionato, vorrei avere la vostra biografia per entrare ancora di più nel mondo di questo Trio. Grazie». Ecco la nostra risposta: Gentile sig. Marco Bonafaccia, lei avrà senz’altro letto che la biografia del Trio Lescano che da anni ci stiamo sforzando di ricostruire sulla base delle ricerche portate avanti in ogni possibile direzione dal nostro folto gruppo di collaboratori, sarà parte integrante del CD-ROM che a tempo debito verrà offerto in dono a quanti ci hanno dato un valido aiuto fino al termine dell’impresa. Le ricordiamo, però, che se lei avrà la pazienza di leggersi, nell’Archivio delle Notizie, il resoconto puntuale di tali ricerche, giorno dopo giorno e mese dopo mese, potrà farsi sin d’ora un’idea molto precisa dei contorni di tale biografia. Al tempo stesso sarà in grado di toccare con mano l’enorme quantità di inesattezze e bugie che si sono dette e scritte sul conto delle tre sorelle, dagli anni in cui erano attive ad oggi. Sia dunque il benvenuto tra i lescanofili doc! ◙ I nostri collaboratori Virgilio e Franco, sempre attenti alle novità di un qualche rilievo, ci segnalano rispettivamente un articolo e un video di Aldo Grasso, uno più sconcertante dell’altro: ▪ http://www.corriere.it/spettacoli/10_settembre_29/grasso-fil-di-rete_79c2ed6a-cb8c-11df-a93d-00144f02aabe.shtml ▪ http://video.corriere.it/opinioni/televisioni/index.shtml Avevamo una buona opinione di questo famoso e premiatissimo giornalista, critico televisivo e docente, specializzato in storia della televisione; ma, in tutta sincerità, in presenza di due exploits di tal fatta siamo assaliti da dubbi di ogni genere. Invitiamo i nostri lettori a farsene loro stessi un’idea e, se è il caso, ad inviarci i loro commenti.

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Aldo Grasso.

◙ Ci scrive un nuovo lettore, Pierluigi Martena: «Ciao. Innanzitutto, volevo farvi i complimenti per il vostro sito. Avete fatto bene a renderlo non accessibile a tutti, visti i problemi avuti in passato, anche se a me piacerebbe molto approfondire la storia di queste mitiche ragazze. Io sono un appassionato di radio e, preparando l’esame universitario di Storia della radio e tv, mi sono interessato soprattutto al periodo dei suoi inizi e quindi non posso non amare il Trio Lescano. Volevo segnalarvi un libro, in caso non lo conosceste: è da esso che è stata tratta la fiction andata in onda in questi giorni sulla Rai. Spettacolosa anche la vostra iniziativa del dvd interamente dedicato al Trio Lescano. Un caro saluto, ecc.». Ringraziamo il cortese lettore per le sue parole di apprezzamento. Tuttavia siamo colpiti dalla sua incredibile distrazione: è da un bel po’ che parliamo – c’è chi dice perfino troppo – del libretto di Gabriele Eschenazi sulle sorelle Lescano, e perciò egli ci fa torto supponendo che la sua esistenza ci sia ignota. Inoltre non comprendiamo a cosa alluda quando parla del «dvd interamente dedicato al Trio Lescano» che noi staremmo preparando: noi abbiamo parlato solo di un CD-ROM (dati) di adeguata capacità, contenente tutto l’enorme archivio del sito. Come abbiamo detto e ripetuto tante volte esso sarà regalato un giorno a tutti coloro che hanno collaborato attivamente con noi (e non solo a parole, quindi) fino alla chiusura (o meglio “congelamento”) del sito, previsto per i primi mesi dell’anno prossimo. Inutile chiederci di poter acquistare tale CD-ROM: noi non siamo né affaristi né commercianti, bensì appassionati puri e studiosi seri, e non ci è mai passato per la testa di fare ricerche sulle Lescano e la loro epoca con la recondita speranza di guadagnare dei soldi o ricavare comunque dei benefici materiali. Chi lo pensa non ha davvero capito niente di noi! 2 Ottobre 2010

◙ Abbiamo deciso, anche per andare incontro ad alcune richieste in tal senso che ci sono pervenute, di rendere immediatamente accessibili i più importanti documenti che sono stati presentati e discussi nelle Notizie pregresse. Essi si visualizzano da una finestra apribile dal fondo di questa pagina, cliccando sul link Documenti di particolare importanza.

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◙ Ci scrive, dopo un lungo silenzio, Massimo R. F., un nostro collaboratore della prima ora, che ha il merito di averci procurato a suo tempo alcuni documenti per noi della massima importanza: contributo che mai dimenticheremo. Anche lui ha visto Le ragazze dello swing e queste sono le sue impressioni: «Mi sono visto in tutta calma, avendole registrate, le due puntate dello sceneggiato televisivo e vi dico il mio parere. Suppongo che io, non avendo la conoscenza approfondita che avete voi specialisti, sia dal punto di vista biografico che da quello prettamente musicale, probabilmente rappresento un po’ il telespettatore medio (o poco più di quello, perché qualche informazione in più ce l’ho). Nell’insieme a me il film non è dispiaciuto. Certo non sarà il tipo di lavoro che fra qualche anno ricorderemo ancora con nostalgia, ma insomma l’ho trovato accettabile. Di certo è molto leggero, i personaggi sono appena tratteggiati, soprattutto quelli centrali (le cantanti ed i musicisti). Per assurdo abbiamo un quadro più completo dei personaggi inventati (cioè il manager e il saltimbanco Fiore, suppongo mai esistiti veramente). Mi è piaciuto il moderno rifacimento dei brani con le voci che imitano sia lo stile delle Lescano, sia la loro pronuncia imperfetta. Forse, musicalmente parlando, voci non perfettamente “swinging”, ma assai vicine. Ammetto però di non essere un jazzista, bensì un “rockettaro”, per cui magari sbaglio. Questo in linea generale. Naturalmente, come dicevo prima, a differenza del telespettatore medio, io qualche informazione in più la possiedo, e quindi mi rendo conto chiaramente che un buon 70% della sceneggiatura è pura invenzione. Personaggi inesistenti e fatti mai accaduti, ma che in uno spettacolo che non è biografico né documentaristico, bensì solo uno sceneggiato TV, a mio avviso si possono accettare. Quello che manca è l’avvertimento iniziale ai telespettatori che questa NON è la storia delle Lescano, ma un liberissimo adattamento di quella che è stata la loro vicenda. Temo ora che il 90% degli spettatori immagini di aver assistito alla vera “Storia delle Lescano”, e per questo trovo che l’intervista concessa dal Curatore del sito a Manuel Carrera meriti una ben più ampia diffusione di quella che Internet possa offrire. Ho preso qualche appunto, che si risolve in altrettante domande per i cultori della materia, e in alcune mie considerazioni: - lo zio Aaron è esistito veramente? - Kitty (e la madre) arrivano veramente in Italia in un secondo tempo? - il personaggio del M° Prato, che credo sia stato fondamentale per la formazione musicale del Trio, passa nel lavoro televisivo come un fantasma, nessun telespettatore (che già non ne conosca l’importanza) si accorge di lui: non trovate che questa sia una grossa pecca della sceneggiatura? - la storia d’amore tra Sandra e Funaro c’è stata veramente? Immagino poi che la storia del sacrificio (involontario) di Funaro in favore del maître del ristorante sia un’altra invenzione… - ascoltando la pronuncia delle 4 olandesi (o meglio 3, ma credo che anche la Osvart parli in olandese, a meno che non ci abbiano anche spacciato per olandese un idioma

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che olandese non è) trovo una conferma alla mia supposizione dello scorso anno, cioè che il nome Lescano derivi dalla pronuncia lèskan e non lèscian; - anche se certe scene si potevano evitare, devo dire che non ho trovato così volgare mamma Eva, che voi avete percepito come una ninfomane. È vero che le sfrontate avances che lei fa a Fiore sono risultate un po’ esagerate, ma costui è anche l’unico che le abbia ricevute, cioè Eva poteva anche essere attratta da lui e solo da lui. Non certo da Canapa, per esempio. Quindi non è esatto che lei concupisse tutti gli uomini che incontrava... A mio parere personale, la cosa più volgare è stata la canzonaccia cantata sul pullman, ossia la versione licenziosa della canzone Bombolo. Un po’ di deshabillé nella casa di piacere c’è stato, ma d’altra parte in quelle case le “fanciulle” non si muovevano di certo compitamente vestite. Non so infine se la produzione sia costata molto, io non lo credo: quasi tutti interni, attori in cerca di successo (le ragazze o il gerarca) o di un rilancio (Krystel), nulla in definitiva che faccia pensare a enormi spese. Beh, questo è tutto. Adesso posso iniziare a leggere i pareri degli altri. Ho atteso per non farmi influenzare. Spero che non siano diametralmente opposti al mio. Se avete le risposte o anche se avete qualche appunto da fare alla mia disamina, sono pronto ad ascoltarvi». Rispondiamo volentieri, in maniera sintetica, all’amico Massimo: 1) Aaron de Leeuwe esisteva sì, ma nel ’43, all’epoca del presunto arresto delle Lescano, era già morto (suicida) da un anno; inoltre viveva in Olanda e non in Italia. 2) È vero che Kitty arrivò in Italia in un secondo momento, mentre mamma Eva si trovava già a Torino, assieme ad Alexandra e Judith, che lei non perdeva mai di vista. 3) Il M° Prato fu non solo lo scopritore e il preparatore delle Lescano durante tutta la loro carriera in Italia (1935-1943), ma anche il loro amico più devoto e il loro confidente: averlo ridotto nel film ad un’insignificante comparsa è stata senz’altro, a nostro parere, una pessima idea. 4) Alla luce di ciò che sappiamo non ci fu mai alcuna love story tra Sandra Lescano e Giuseppe Funaro. 5) A noi la scena del fallito adescamento di Fiore da parte di Eva è sembrata di pessimo gusto, tanto più che la precedente condotta della donna non la lasciava minimamente presagire; ma è chiaro che altri, con una sensibilità diversa dalla nostra, la possono giudicare con una maggiore apertura; lo stesso vale per le scene nel bordello. La versione scollacciata di Bombolo, invece, va deprecata senza remissione ed è la prova provata della mancanza di gusto che affligge chi l’ha inserita nel film. 6) Può darsi che la fiction non sia costata un’enormità, ma di certo non può essere costata poco: niente di quello che fa la Rai è a buon mercato, basti considerare gli stipendi da favola che elargisce ai suoi dirigenti, giornalisti e presentatori vari (non di rado mezze calzette)… ◙ Mail di Corrado Randone-Ragusa: «Cari amici, ritenevo che una “fisiologica” alterazione delle vicende ci fosse stata nella miniserie televisiva Le ragazze dello swing, così come avviene peraltro in quasi tutte le fiction. È un vero peccato che – dettaglio che ho appreso grazie a voi – produttori, sceneggiatori e regista non si siano curati di verificare l’esattezza dei fatti narrati, e li abbiano addirittura ignorati o falsificati. Ciò non lo ammetto nel modo più assoluto, tanto più che la storia del Trio

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Lescano aveva di per sé elementi tali da poter ugualmente risultare coinvolgente, senza ricorrere a gratuiti stravolgimenti della realtà. Sono d’accordo con voi che occorresse evitare l’alterazione dei fatti, soprattutto là dove scivolano nella diffamazione di persone che avevano tenuto in vita ben altro comportamento. Conoscevo il Trio Lescano perché mia madre non mancava mai, nella mia infanzia (ho 70 anni), di cantarmi le loro canzoni, facendomele ascoltare, quando era possibile, alla radio. Di recente ho potuto scaricarne alcune da Internet, e sul filo dei ricordi mi sono lasciato coinvolgere dalla fiction, che sotto un altro aspetto mi è sembrata abbastanza piacevole, e centrata nella scelta dei protagonisti e nella rielaborazione delle classiche canzoni. Questo non comporta un mio giudizio positivo, perché penso, come voi, che non è corretto, né nei confronti delle persone presentate in cattiva luce, né nei confronti dei fruitori, propinare fatti che alterano in modo sostanziale la Storia. E tuttavia, a mio parere, non si può non riconoscere allo sceneggiato almeno il merito di aver tirato fuori dalle nebbie del tempo un’epoca che, fatte salve le degenerazioni del Regime, ha il sapore ineguagliabile del buon tempo andato, allorché la nostra esistenza scorreva al ritmo rilassante dello swing, e non a quello frenetico di oggi. Un cordiale saluto, e auguri per il vostro sito veramente ben documentato, al quale sono pervenuto appunto per la curiosità di conoscere la vera storia del Trio Lescano, di cui non ricordavo di aver mai letto nulla, mentre ero perfettamente al corrente della vita di altri artisti dell’epoca (Rabagliati, Bonino, Oscar Carboni, ecc.)». ◙ Mail di Paolo: «Noto con sommo piacere che la fiction ha avuto l’effetto sperato di avvicinare a noi nuovi curiosi o appassionati, desiderosi di saperne di più: mi sembra che le mail dei nuovi ospiti facciano sperare in bene, in quanto dimostrano che esiste ancora qualcuno spinto dalla curiosità intellettuale ad andare oltre il mezzo televisivo per formarsi opinioni sue proprie. Ancora stamattina ricevo una mail da un corrispondente italoamericano anzianotto, innamorato delle Blue Dolls: si è sorbito pure lui la fiction in streaming e mi ha chiesto il mio parere... Mi sento ripagato da questo interesse. Speriamo vivamente di conquistare nuovi appassionati!». Condividiamo la soddisfazione ed anche la speranza di Palo, memori di ciò che cantava Fabrizio de Andrè nei suoi giorni migliori: dal letame spuntano i fiori. ◙ Mail di Achille Mezzadri: «Per quanto riguarda la fiction, io mi occupo nel mio blog [http://www.pramzanblog.com/] solo dei risvolti parmigiani e quindi un’intervista a Zaccaro, come voi mi suggerite, per parlare di tutta la fiction, sarebbe per me fuori tema. Però oggi ho fatto due interviste “parmigiane” che in un qualche modo sono legate alla fiction: con l’aiuto regista di Zaccaro, Lorenzo Molossi (fratello del direttore della Gazzetta di Parma), con il quale ho fatto anche un accenno agli svarioni da voi denunciati, e con Angelica Dettori, una delle Blue Dolls, quella che ha rielaborato le armonizzazioni delle Lescano e che ha dato la voce proprio a Sandra [http://dl.dropbox.com/u/2398515/DETTORIintervista.pdf.]. La Dettori è fiorentina, ma studia e abita a Parma. Anche lei è critica con la fiction perché a loro sono state fatte promesse non mantenute. Non potrò fare molto, quindi, considerata la ristrettezza dello spazio “parmigiano” in cui mi muovo. Precisazione su Zaccato: è milanese di nascita, ma romagnolo d’adozione: vive a Sant’Arcangelo

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di Romagna. Ora è a Torino dove sta preparando il casting di un nuovo film (sempre con Molossi come aiuto regista). Ho visto anch’io la seconda puntata: capisco certe scelte discutibili, e sono d’accordo con voi nel criticarle, però come spettacolo mi è piaciuto». Personalmente siamo stupiti nel constatare con quanta serafica “diplomazia” la brava Angelica Dettori abbia incassato il colpo basso tiratole dalla Rai (o dalla Casanova Multimedia?). Noi, quando siamo stati cinicamente presi in giro da Rai Tre (l’emittente che si picca di dar lezioni a tutti di serietà e correttezza…) abbiamo reagito in ben altro modo: si veda l’ampio dibattito riportato nelle Notizie dei giorni 22-25 Settembre 2009. ◙ Mail di Vito: «Finalmente la Biblioteca Nazionale di Torino mi ha consegnato la fotocopia tratta dal microfilm [si tratta dei necrologi pubblicati su La Stampa in data 5 febbraio 1949]. Ho provato a digitalizzarla: la qualità dell’originale non è un granché, ma qualcosa si riesce a leggere, come potete vedere nell’allegato (v. Appendice 2 ). Ho notato un particolare che mi era sfuggito quando avevo visto la pagina del giornale sul microfilm: uno dei necrologi è dell’Oriente della Massoneria di rito scozzese di Torino: non so se tale informazione ci serva o no, comunque mi pare di dedurre che il Maestro fosse massone: può essere un nuovo filone di indagine? Magari hanno qualche informazione che ci può essere utile. Per inciso, non vi sembra che, se Caterinetta Lescano fosse stata a Torino nel 1949, sapendo della morte del M° Prato, avrebbe pubblicato almeno un piccolo necrologio? Posso provare anche a cercare sulla Gazzetta del Popolo, però La Stampa era il principale quotidiano torinese, e nei giorni successivi non si parla più di Carlo Prato». 3 Ottobre 2010

◙ L’intervista (v. la sezione Documenti) che Manuel Carrera ha fatto al Curatore di questo sito ha ottenuto parecchi consensi, a giudicare almeno dal cospicuo numero di mail ricevute a tal proposito dal giorno della sua pubblicazione. Anche nella stessa pagina dove l’intervista è apparsa, si leggono quattro commenti ben articolati, i primi tre di approvazione, il quarto invece, firmato semplicemente “Antonio”, assai critico. Si tratta di un testo redatto in modo insolitamente corretto ed elegante, con ogni evidenza opera di un professionista tra i più seri della parola scritta (la precisazione è d’obbligo, perché abbondano in questo campo anche i “professionisti” poco o nient’affatto seri, per tacere di quelli che si qualificano da soli come autentici semi-analfabeti). Sorge quindi il legittimo sospetto che cotale Antonio sia in realtà un nome di fantasia, forse ispirato al famoso romanzo di Vitaliano Brancati, Il bell’Antonio, perché ci piace immaginare che chi scrive tanto bene abbia anche un aspetto dei più gradevoli. Dietro questo pseudonimo si celerebbe dunque un maître à penser di prima classe, incaricato di difendere, contre vents et marées, le scelte compiute dai genitori (una madre e due padri, assistiti da un padrino di comprovata autorevolezza) della fiction Le ragazze dello swing: scelte da noi notoriamente

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disapprovate per millanta ragioni. Ma ecco cosa scrive, papale papale, questo maestro della più sottile retorica, questo novello Protagora: «…credo invece che le fiction vadano trasmesse e rispettate per quello che sono: romanzi! Romanzi ispirati a fatti realmente accaduti. Esagerando il paragone sono più simili ad un romanzo storico piuttosto che alla rappresentazione della realtà. Qualcuno forse, prima di emettere sentenze, dovrebbero imparare a meditare sui termini e sul significato della parola “fiction”. Il tutto poi, dovrebbe essere ricollocato nella giusta proporzione rispetto a ciò che realmente fu il Trio Lescano: con tutto il rispetto rimaneva e rimarrà un fenomeno di quell’Italietta provinciale che nel bene e nel male è passata. Loro malgrado non entreranno mai a far parte della storia dello swing se non come personaggi minori e molto semplicemente perché questo fu il loro ruolo. Il posto di regine dello swing, per quanti sforzi possano fare i cultori del Trio Lescano, rimarrà occupato dalla Signora che lo ha meritato. Nonostante questo la storia ha dato, tutto sommato, una giusta dimensione alle nostre “tre reginette” italiane, conservandone una dignità che rischia solo di essere sminuita da queste sterili discussioni storiografiche. Sterili e tanto più inutili proprio in quanto vi è celata la pretesa di scindere gli estimatori su una inesistente questione morale. Scissione che inevitabilmente, come proprio la storia dimostra, porterebbe al definitivo oblio». Confessiamo di non capire chi sia questa Signora che, sola soletta, merita la qualifica di “regina dello swing”, mentre le nostre beniamine, sciaguratelle, devono accontentarsi di essere “personaggi minori” di “un’Italietta provinciale” che per nostra fortuna “è passata”. Siamo tentati di dire subito che un discorso di tal fatta, ancorché condotto con consumata destrezza dialettica, rasenta la farneticazione; tuttavia non vogliamo escludere a priori la possibilità che siamo noi a non capire. Se c’è qualcuno che è in grado di illuminarci, si faccia per favore avanti per diradare, con un sonoro e apotropaico fiat lux, le tenebre che avvolgono le nostre meningi. Quanto all’invito rivoltoci con garbo squisito a «meditare sui termini e sul significato della parola “fiction”», lo accogliamo senz’altro, essendo noi desiosi di imparare sempre nuove cose. Vorremmo però che mastro Antonio ci spiegasse preventivamente chi o che cosa può autorizzare un romanziere oppure un autore di fiction televisive a diffamare pesantemente nelle proprie evocazioni artistiche persone realmente esistite, e magari vissute – come le sorelle Lescano – in un’epoca a noi ancora relativamente vicina. E non è forse offendere una persona in ciò che essa ha di più caro e degno di rispetto, presentare, senza alcuna vera necessità “artistica”, i suoi familiari più stretti come individui assai poco raccomandabili? È precisamente ciò che hanno fatto i realizzatori de Le ragazze dello swing, dove i genitori delle Lescano vengono mostrati, pour épater le bourgeois, come un ubriacone che abbandona le proprie creature in tenera età e una scostumata, mentre nella realtà erano – a quanto è dato sapere – delle persone rispettabilissime. Sarebbe contento il sor Antonio se qualcuno facesse altrettanto con i suoi amati genitori, sia pure in nome delle superiori esigenze di un’ipotetica “arte” della fiction televisiva, notoriamente (e miseramente) schiava dell’audience? Ha egli mai sentito parlare dell’aureo detto latino quod tibi fieri non vis, alteri ne feceris, che l’imperatore siriaco Alessandro Severo fece scrivere, bene in vista, nella sua dimora, esigendo poi che tutti lo rispettassero?

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◙ Mail di Moreno [nessun cognome nell’originale]: «Salve, voglio anch’io esprimere il mio parere circa la fiction tv sulle Lescano. Premetto che da quando avevo 10 anni circa mi piaceva la sonorità e musicalità dello swing, ora ne ho 47, non mi sono mai comprato niente su questa musica, ma tutte le occasioni erano buone per ascoltarla. Aspettavo con ansia queste due puntate, ma sono state una vera delusione. Che si siano raccontate balle o parecchie falsità, lo si percepiva nella stessa narrazione da parte di attori poco convincenti. Credo che sia il periodo storico che le vicissitudini dei personaggi siano stati vissuti e goduti, bene o male, con ben altra intensità di quella di semplici comparse, come mi sono apparsi gli attori di questa fiction. Una cosa spiacevolissima, poi, la storia delle Blue Dolls: ma siamo pazzi? Cantano, si preparano e non vengono menzionate, non sono apparse in tv o nei giornali, tranne che per polemizzare sul fatto che hanno fatto credere che le tre protagoniste fossero loro a cantare! Mi dispiace moltissimo di questo, ma quando mai in Italia verrà riconosciuta la vera professionalità? Sì, la fiction non mi è piaciuta, però grazie ad essa stiamo ora parlando delle Lescano e abbiamo ascoltato la musica d’una volta inserita in tempi alquanto oscuri e poco piacevoli. Che sia un bene parlarne male e comunque parlarne? Questo mi fa ricordare anche il film del top dei top, Zeffirelli, sulla Callas: orribile! Hanno aspettato tanti anni per farlo, per raccontare poi una farsa… No, no, le cose bisogna interpretarle bene, restando fedeli ai fatti storici, alla realtà, quella che si conosce; se non si conosce o è incerta, si lascia stare questo o quell’altro episodio di una biografia. L’importante è che ne escano le personalità vere di chi si va a raccontare, ciascuno con il proprio pensiero e i propri sentimenti. Solo cosi possiamo percepire chi erano i personaggi storici, in questo caso le sorelle Lescano. Poi sto cercando, telefonando e scrivendo che mi è piaciuta l’interpretazione delle Blue Dolls. Ma un CD della colonna sonora si poteva fare, no?, e invece niente: poverine, piuttosto i produttori si ammazzano. E l’orchestrazione? Una cosa da far spavento! Volete la verità? Preferisco l’impareggiabile Orchestra Maniscalchi e, se pur en travesti, preferisco ascoltare nell’insieme le Sorelle Marinetti». Siamo assolutamente d’accordo con Moreno circa il giudizio più che favorevole che dà dell’Orchestra Maniscalchi e delle Sorelle Marinetti (per noi è del tutto irrilevante che siano “sorelle” solo sul palcoscenico). Ci permettiamo di aggiungere che il loro direttore artistico, l’amico carissimo Christian Schmitz, sarebbe stato perfetto, nella fiction televisiva, nel ruolo del M° Carlo Prato: non solo perché esercita nella vita con identica maestria la sua stessa professione di pianista, arrangiatore e preparatore di cantanti, ma anche perché gli assomiglia fisicamente in modo impressionante, occhialini inclusi! ◙ Mail di Roby: «Il libro e la fiction sulle Lescano mi hanno danneggiato sia fisicamente, provocandomi febbre e forti crampi allo stomaco, che emotivamente. Mi sono sentito offeso nel profondo dal modo con cui hanno fatto apparire le Lescano agli occhi del mondo intero! Le hanno offese tanto come donne quanto come cantanti, malgrado fossero grandissime artiste!

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Questa mia affermazione è suffragata anche dalla signora Lidia Martorana, che ho sentito telefonicamente il pomeriggio del 28 Settembre scorso. Mi ha detto queste testuali parole: “Le Lescano erano molto più serie e professionali di come le abbiano fatte apparire nel film!”. Ha anche aggiunto una domanda che noi tutti lescanofili ci poniamo spesso e volentieri in merito a ciò che abbiamo visto: “Ma non si potevano documentare meglio, prima di fare un film di questa importanza divulgativa?”. Sono quindi lieto di informarvi che anche la suddetta signora (alias Lidia Aurora) la pensa esattamente come noi, lei che ha conosciuto le Lescano di persona e molto da vicino! Inoltre mi ha confermato che il giornalista che ha calunniato le componenti del Trio Aurora è lo stesso che ha firmato il libretto Le regine dello swing. Dunque costui, non soddisfatto di aver compromesso la reputazione del Trio Aurora, ha mietuto altre vittime: le sorelle Lescano ed entrambi i loro genitori, che non meritavano certo di passare per un beone irresponsabile e una svergognata». Il fatto, oltremodo increscioso, cui allude il nostro giovanissimo collaboratore è stato da noi ampiamente commentato nella prima Notizia del 2 Settembre 2009, e poi ulteriormente approfondito nella penultima del 7 Luglio 2010: chi desiderasse andare a fondo di tutta la brutta faccenda può rifarsi a tali testi, crediamo esaurienti. ◙ Mail di Marco B.: «Carissimi, come ben sapete, io sono un collezionista di apparecchi della ditta Geloso di Milano, la stessa casa che riforniva l’Eiar prima, la Rai dopo, di attrezzature elettro-acustiche come microfoni, altoparlanti, amplificatori e sistemi per l’incisione magnetica. Due anni fa, alla scoperta di alcuni oggetti rari e pregiati del periodo prebellico, che ora fanno parte della mia collezione, sono entrato in contatto con un certo dirigente Rai, il quale mi aveva assicurato che il materiale da me posseduto sarebbe poi finito sulla suddetta fiction. Ho investito parecchio denaro per eseguire tutti i necessari restauri a regola d’arte, ma poi gli interessati non si sono più fatti vivi. Mal comune, mezzo gaudio, sarei tentato di dire! Sono convinto che i realizzatori de Le ragazze dello swing, se avessero ascoltato di più il parere degli storici (non quelli che “studiano” sui libri, ma quelli che, come noi, fanno ricerche sul campo e hanno le mani in pasta, ben in profondità), avrebbero commesso sicuramente meno strafalcioni, sia dal punto di vista storico che da quello “artisticamente cronologico”: mi riferisco a dettagli minori ma ugualmente importanti, come per esempio i microfoni. Come è noto, al tempo delle Lescano si cantava assieme davanti ad un solo microfono, e non, come hanno fatto vedere nella fiction, un microfono a carbone e due a nastro, nati negli ultimi anni Quaranta, per far cantare tre persone. Il colmo lo hanno toccato sfoggiando apparecchi radio che, all’epoca citata nel sottotitolo, non erano ancora stati prodotti come modello».

Le sorelle Lescano cantano davanti ad un unico microfono.

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◙ Il nostro collaboratore romano Manuel, che trabocca letteralmente di entusiasmo e voglia di operare in favore della buona causa che portiamo avanti, ha voluto farci partecipi della sua incontenibile gioia per essere finalmente riuscito a procurarsi il 47° fascicolo de Il Canzoniere della Radio (1° Novembre 1942-XXI), la cui copertina è dedicata a Norma Bruni, la sua cantante prediletta.

Manuel Carrera col suo ultimo acquisto.

4 Ottobre 2010

◙ Ricorre oggi il 41° anniversario della morte, così prematura (non aveva ancora compiuto 57 anni), di Natalino Otto. Questo grandissimo artista, che ci ha lasciato innumerevoli incisioni, molte delle quali di tale qualità da figurare come autentiche pietre miliari nella storia della Canzone Italiana, si incrociò professionalmente con le Lescano in un’unica occasione. Ciò avvenne nella stagione teatrale 1941/42, quando lavorò unitamente a loro, e a parecchi altri artisti di valore, nella rivista Fantasia musicale, con l’Orchestra diretta dal M° Alberto Semprini. Purtroppo a nessuno venne allora l’idea di far incidere qualche disco al cantante genovese accompagnato dal nostro Trio, ed è un vero peccato, perché c’è da scommettere che assieme avrebbero fatto scintille, essendo sia l’uno che le altre ineguagliabili quanto a swing e innata maestria nel fraseggio jazzistico applicati alla voce. Si sente spesso dire che Natalino Otto, a dispetto dei suoi indiscutibili meriti artistici, è un cantante dimenticato, sorte toccata del resto a tanti altri magnifici interpreti della sua epoca: http://www.radio.rai.it/radioscrigno/trasmettiamo/trasmettiamo_lancio.cfm?Q_IDSCHEDA=110. Fino a qualche anno fa una simile amara constatazione non era purtroppo lontana dal vero, ma oggi, per fortuna, le cose sono cambiate. C’è infatti chi ha pensato di tirare Otto – e non solo lui – dall’oblio e ci piace segnalare fra codeste iniziative il bel sito Vendo Ritmo - La vera storia di Natalino Otto [http://www.natalinootto.it/index.htm]. Esso è curato della Company of Arts / The Dreambuster, la dinamica agenzia internazionale che ha come product manager Silvia C. [Codognotto] Sandon, l’unica figlia nata dal matrimonio di Natalino con la cantante vicentina Flo Sandon’s (1924-2006). Ricordiamo per inciso che Vendo Ritmo è il titolo di un piacevole fox-trot composto da Cosimo di Ceglie e dallo stesso Otto, su parole di Testoni. Invitiamo dunque tutti i nostri lettori a visitare a fondo il sito in questione, ricco di immagini, testi, musiche e filmati, il tutto presentato con classe e buon gusto. Tra i pensieri annotati dallo stesso artista nel suo taccuino personale ci ha colpito questo, risalente

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all’epoca in cui egli rinunciò a stabilirsi definitivamente negli Stati Uniti, dove pure gli si prospettava una luminosa carriera: «Nessuno può vivere fuori dal proprio destino». Parole intrise di fatalismo, ma anche di profonda saggezza, quella stessa che lo spingerà, appena cinquantenne e ancora nel pieno possesso dei suoi mezzi vocali, a farsi definitivamente da parte quando comprese, da quell’uomo intelligente, onesto e sensibile che era, che il suo stile interpretativo apparteneva ormai al passato. Per parte nostra desideriamo rendere omaggio all’indimenticabile Natalino riprendendo dall’ultima annata del «Canzoniere della Radio» (prima serie) queste citazioni:

Foto e testo dal «Canzoniere della Radio», n. 59, 1° Maggio 1943, pp. 28-29.

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Dal «Canzoniere della Radio», n. 70, 1-15 Dicembre 1943, 4a di copertina.

Dal «Canzoniere della Radio», n. 71, 31 Dicembre 1943, La posta dello zio Radio.

Per inciso, molto si è detto e scritto sui motivi che spinsero i dirigenti dell’Eiar, la Radio di Stato del Ventennio fascista, nonché suo megafono, a bandire del tutto Natalino Otto dai propri programmi, e questo malgrado la vasta popolarità conquistata dal cantante con i tanti dischi di successo incisi per la Fonit. La spiegazione più ricorrente è che egli fosse inviso al Regime per via di quel suo modo di cantare così apertamente americaneggiante: spiegazione certo plausibile, ma che da sola non sembra – almeno a noi – esauriente. Ci dev’essere, a nostro avviso, dell’altro, su cui non si è ancora fatta piena luce. In quegli stessi anni, in effetti, altri cantanti famosi – si pensi ad Alberto Rabagliati, Ernesto Bonino e alle stesse sorelle Lescano – cantavano con swing e impostazione jazzistica (le Lescano perfino in scat), senza per questo venire oscurati. Inoltre non si capisce perché Natalino, seppur

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ignorato completamente dall’Eiar, abbia sempre trovato ampio spazio nelle pagine del «Canzoniere della Radio», che dell’Eiar era una delle voci ufficiali, allineata quanto il «Radiocorriere» ai voleri del Regime. Ricordiamo a tal proposito che il 37° fascicolo della rivistina tascabile dedicò al Nostro non solo la bellissima copertina, ma anche un articolo di quattro pagine, decisamente elogiativo, a firma di Sergio Valeri, il giornalista specializzato nelle biografie dei cantanti dell’Eiar. Ci pare francamente che tutto questo mal si concili con l’etichetta di “cantante inviso al Regime” appiccicata a Natalino Otto, per cui riteniamo che sarebbero opportune ulteriori e più approfondite ricerche su questo punto importante della sua biografia.

Copertina del «Canzoniere della Radio»,

n. 37, 1° Giugno 1942-XX. Postilla di Paolo: «Grande Natalino! Eccolo in una bella canzone di Kramer, La mia donna si chiama desiderio [http://www.youtube.com/watch?v=RLT_CX7ACu0]. Non sarebbe male ricordare che Natalino Otto deve anche buona parte del suo eccezionale senso ritmico al fatto di aver debuttato giovanissimo come batterista jazz: certe cose restano. Fece parte dei complessi imbarcati sulle navi della Compagnia “Italia”, e mi piace pensarlo negli stores di New York a cercare dischi dei vari Bing Crosby, Rudy Vallee e Russ Columbo. Lo vediamo in tale veste in una bella foto del 1934, con l’Orchestra di George Link, italianissimo gruppo nato nell’ambito genovese (da Mazzoletti, Il jazz in Italia, foto e anche pag. 289, nota). Il corpulento trombettista in prima fila è il celebre Gaetano Gimelli, lead trumpet e solista in molti dei dischi delle Lescano». ◙ Mail di Francis: «Tolti alcuni risvolti prettamente zeffirelliani, come l’inserimento nel cast di Gabriel Garko, o la storia omosessuale tra l’impresario e il ragazzino, Callas Forever (2002) non può neanche minimamente essere paragonato a Le ragazze (o regine o quel che sia) dello swing. Zeffirelli era un grande amico della Callas e da lei molto stimato. Grazie alla superba interpretazione di Fanny Ardant, viene fuori soprattutto l’immagine di una Callas estremamente professionale in

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ambito musicale, una Callas che non si piega (come non si era mai realmente piegata in vita), all’avvento della televisione, perché la lirica era qualcosa che, se le toglievi lo spazio teatrale, perdeva metà del suo effetto. Oltretutto la maggior parte delle scene (come quella commovente in cui lei “canticchia” Un bel dì vedremo sopra la sua incisione) sono “plausibili”, nel senso che lei veramente è morta per amore di Onassis. Se proprio vogliamo citare il personaggio, vorrei ricordare la fiction con Luisa Ranieri, di pura invenzione e direi anche di puro scherno, giacché la Ranieri – non me ne voglia – era assolutamente non all’altezza del portamento del personaggio che doveva interpretare. E guarda un po’, anche in quella fiction le parti cantate, paradossalmente, vennero affidate ad un’altra cantante [il soprano Annalisa Raspagliosi], il che, nel caso di Maria Callas, è fuorviante e non ha alcun senso. Paragonare la miniserie televisiva Callas e Onassis al film d’autore Callas Forever è come paragonare Le ragazze (o regine o quel che sia) dello swing a Sanguepazzo, che abbiamo visto qualche tempo fa e di cui siamo rimasti piuttosto soddisfatti [v. le Notizie del 2 Giugno 2010; del resto non si possono mettere sullo stesso piano Maurizio Zaccaro e Marco Tullio Giordana - NdC]. Insomma, per usare un famosissimo aneddoto della Divina, è come paragonare la Coca Cola allo Champagne di marca e di ottima annata...».

Nell’ordine: Maria Callas, Fanny Ardant e Luisa Ranieri.

◙ Mail di Roberto Mancuso: «Vivo a Salsomaggiore Terme e recentemente, navigando nei blog locali, ho trovato un pezzo che ricordava la figura di Alessandra Lescano [http://dl.dropbox.com/u/2398515/LESCANOarricolo.pdf]. Ricordandomi di aver saputo anch’io, da ragazzo, che la cantante visse nella mia città nell’ultima parte della sua vita, ho pensato di ricordarla su un gruppo di Facebook che si chiama Cartoline da Salsomaggiore [http://www.facebook.com/group.php?gid=272263004129&ref=share]. Vorrei quindi invitarvi a visitarlo, magari aggiungendo qualcosa che possa riguardare il legame di Alessandra con la mia città o, in alternativa, vi chiedo se avete documenti o aneddoti attinenti a tale legame: li pubblicherei volentieri a vostro nome, in segno di omaggio ad un’artista che è stata nostra concittadina per almeno vent’anni. Mi complimento infine con tutti voi per il bel lavoro di recupero della memoria storica che state svolgendo in favore del Trio Lescano e di tanti altri artisti oggi ingiustamente dimenticati».

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Abbiamo ringraziato questo nuovo giovane simpatizzante per le sue amabili parole di apprezzamento nei nostri confronti e gli abbiamo suggerito alcune iniziative che potrebbe intraprendere in loco per ravvivare il ricordo della nostra Sandra. Il centenario della sua nascita (Gouda, 29 Luglio 1910), anche se trascorso, non è stato ancora del tutto archiviato: non si dice forse che le uova sono buone anche dopo Pasqua? 5 Ottobre 2010

◙ Mail di Giorgio Zoffoli, intitolata Riuscirà Maurizio Zaccaro a emulare Franco Zeffirelli?: «Riemergo dalle nebbie estive e rispunto timidamente dopo mesi di oblio, nonostante i vostri periodici e cortesi solleciti, per inserirmi solo alla lontana nel serrato dibattito sulla fiction TV Le ragazze dello swing. Dico subito che l’atmosfera creatasi tra le varie fazioni, a favore o contro, in merito ad un giudizio sullo sceneggiato è di quelle irripetibili, vista la passione e spesso la foga degli innamorati dello swing italiano degli anni Trenta e Quaranta, e l’occasione ghiotta offerta dalla messa in onda della fiction. Ripeto che preferisco per ora stare alquanto defilato e non entrare a gamba tesa nella discussione, dal momento che ogni giudizio un po’ affrettato potrebbe essere male interpretato: perciò non ho ancora preso la risoluzione di espormi fino in fondo. D’altra parte, per gli appassionati come noi, questa diatriba può essere paragonata al tormentone dell’estate, “l’affaire Montecarlo”, che ha coinvolto e stravolto, spesso in maniera pesantissima, chiunque si sia inserito nella vicenda... Ho seguito le due puntate televisive durante una vacanza in Slovenia (in un centro termale e di benessere) e dunque con la massima tranquillità e predisposizione d’animo, dopo avere comunque seguito giornalmente l’aggiornamento del dibattito nelle Notizie delle ultime settimane. Per non lasciare niente di intentato le ho scaricate e riguardate in questa fine settimana, e mi è infine venuta l’ispirazione di rivedermi un altro sceneggiato, questa volta della TV tedesca, che risale al 1998: Comedian Harmonists del regista Joseph Vilsmaier, che avevo in archivio. Beh (spero che “beh” si scriva così, perchè negli ultimi tempi occorre stare molto attenti anche agli accenti delle parole [si scrive proprio così - NdC]) ho provato a confrontare l’infinità di analogie tra le due opere: periodo storico, appartenenza alla religione ebraica di tre dei sei componenti l’organico, l’ambiente musicale, l’esilio, ecc. Non conosco che superficialmente la travagliata esperienza umana dei Comedian Harmonists e del loro fondatore, Harry Frommermann, ho poche canzoni su cui basarmi, e dunque pochi termini per giudicare il valore della fiction tedesca che ne racconta la vicenda. Quanto di vero è stato riportato nello sceneggiato e quanta parte inventata dal regista o dallo sceneggiatore? La qualità delle canzoni inserite rispecchia lo stile, l’animo e l’arte di questi grandi artisti tedeschi? Conoscendo solo parzialmente il microcosmo dei Comedian Harmonists devo dire che, a distanza di dodici anni, quell’opera mi è stata di grande aiuto, se non altro per stimolare la mia curiosità e per indurmi ad approfondire con ricerche e studi quell’esperienza. Ma...

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mi avrà suggerito delle strade e dei percorsi virtuosi o mi avrà indirizzato nel vicolo cieco della superficialità e dell’apparenza? Ecco, è questo che chiedo ai frequentatori del sito: c’è qualcuno che mi può dare delucidazioni sulle domande che mi pongo confrontando i due sceneggiati? E ancora, visto che Le ragazze dello swing verranno esportate in tanti paesi stranieri, dove la maggior parte degli spettatori scopriranno l’esistenza del Trio Lescano solo per aver visto l’opera: nascerà un interesse sincero per queste formidabili artiste, a dispetto delle inesattezze, delle invenzioni e distorsioni? Lo dico anche perché conosco diverse sincere e felici vocazioni nate, e poi realizzate, nel sacerdozio e nella vita monastica francescana di tanti amici che mi raccontavano di aver visto l’edulcorato, superficiale, favolistico e a volte stucchevole film su San Francesco di Franco Zeffirelli Fratello sole, sorella luna del 1972, che tanta autorevole critica dell’epoca stroncò drasticamente.

Franco Zeffirelli (Firenze, 1923) e Maurizio Zaccaro (Milano, 1952).

La mia, per ora, è solo una richiesta di chiarimento e spero di stimolo e contributo al dibattito in corso». La nostra personale opinione è questa. Un telespettatore, specie se giovane e inesperto, il quale, avendo visto le due puntate de Le ragazze dello swing, desideri documentarsi meglio sulla vita e la carriera artistica delle sorelle Lescano e per farlo compri il libretto di Gabriele Eschenazi Le regine dello swing, sarà senz’altro condotto fuori strada. Prenderà cioè fischi per fiaschi. Per fortuna c’è Internet, che è in grado, se vuole, di aprirgli gli occhi: poco o nulla, in verità, se il telespettatore suddetto si limita a consultare i siti “compiacenti” che incensano il duo Zaccaro-Eschenazi; completamente, invece, se l’occhio lo butta sul nostro sito, o anche sulla pagina di Wikipedia [http://it.wikipedia.org/wiki/Trio_Lescano] dedicata al Trio Lescano, pagina che un nostro volonteroso collaboratore ha provveduto recentemente a sistemare un po’. Prima, quanto a disinformazione, era al livello del libretto recentemente pubblicato (che tristezza!) da Einaudi. ◙ Mail di Aldo: «Ho riflettuto un po’ dopo la trasmissione Rai della fiction sulle Lescano. Pur apprezzando un certo sforzo recitativo (anche riuscito) di alcuni attori, condivido tuttavia gran parte delle critiche mosse “in qualche maniera contro”, e credo anche giustificate, se consideriamo (vedi il bel lavoro di ricerca effettuato da

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Virgilio) come queste si muovano partendo dall’ambito di correzioni o legittime obiezioni. Errori grossolani a parte (che non sto qui a ripetere), quello che davvero mi ha colpito è stato lo svolgimento molto “romanzato” di una storia (? sic, con le varie definizioni possibili di questo sostantivo), riguardante di fatto tre personaggi famosi (del mondo dello spettacolo, appunto), reali, e nemmeno tanto distanti da noi nel tempo, ma dei quali non si possono di certo ricostruire tratti talora troppo marcati o in parte immaginati: si veda ad esempio l’immagine di una Sandra quasi famelico-assatanata. ma era davvero così? Ne dubito! In fondo, che ne sappiamo, o che ce ne importa poi di questo... Mi chiedo (farò ridere), centenario di Alessandra a parte, e quindi del nostro Trio, quale input e quale motivazione così forte possa aver determinato la realizzazione della fiction (due puntate) in questione: lo spettacolo, l’ennesima spettacolarità televisiva, di sicuro (in e con tutti i suoi risvolti). Ma non era più giusto optare per un ampio bel documentario (narrativo) da diffondere in Rai? Sarebbe stato non meno interessante (vedi l’esempio del dvd Tulip Time); magari avvalendosi anche (e soprattutto) della collaborazione di alcuni appassionati, fan e ricercatori che (pur vituperati) danno, come in questo sito, il meglio delle loro conoscenze». Noi siamo invece convinti che si poteva fare un bel film televisivo sulle Lescano anche senza falsificarne in modo pacchiano la storia, come è stato fatto. La vita di queste tre artiste, quale essa emerge dai documenti, era già infatti di per sé un “romanzo”, anzi un bellissimo romanzo, che richiedeva solo di essere “tradotto” con arte nel linguaggio filmico. Una tale trasposizione, al tempo stesso creativa e fedele, presupponeva tuttavia nei suoi realizzatori ben altra apertura mentale, comprendente anche la disponibilità ad ascoltare i veri esperti, di quella esibita per l’occasione da Zaccaro e soci. ◙ Altra mail di Aldo: «A proposito di Natalino Otto, scomparso già più di quattro decenni fa, e come tanti altri artisti del passato troppo presto dimenticato, ricordo (ero adolescente) che in quei primi giorni dell’ottobre 1969 anche un giornaletto (molto famoso) per ragazzi qual era L’Intrepido, pubblicò in un piccolo box la notizia della sua morte (4.10.69). Questo per dire quanto oggi siamo cambiati. Circa l’assenza di questo artista (come del resto tanti altri cantanti appartenenti ad altre etichette) da gran parte della programmazione radiofonica dell’EIAR, un motivo può essere l’appartenenza ad una casa discografica non direttamente collegata al suddetto Ente di Stato. Una segnalazione bibliografica: è uscito il volume Firenze Radio Swing (Musica, orchestre e radio dal 1944 al 1952), di F. d’Amelio e R. Parretti, Mauro Pagliai Editore, Firenze. Corredato anche da un cd (con alcune esecuzioni di “swing esemplificativo” offerte dall’Orchestra ‘Les Italiens’) il volume (155 pagine) offre una contenuta bibliografia, notizie di artisti, orchestre e palinsesti-locandine relativi a quel periodo, ed alcune immagini e foto di un certo interesse. Niente di eclatante, ma qualcosa comunque da aggiungere ed apprezzare. Il testo segue d’altronde uno precedente similare, uscito nel 2007 e distribuito soprattutto nelle edicole: Qui Radio Firenze (Mille voci in vent’anni di storia, 1932-1952), di P. Batignani, Edizioni It. Comm., Firenze; anche questo (135 pagine) di un certo piacevole interesse: si parla di

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artisti e orchestre nella programmazione radiofonica fiorentina, immersa negli eventi storici di quel tempo (vengono ricordati fra gli altri Emilio Livi e Norma Bruni). L’iconografia non è purtroppo di buona qualità». ◙ Mail di Massimo R. F.: «Ho terminato di leggere le recensioni degli altri collaboratori del sito, nonché quelle dei semplici appassionati, e devo dire che è stato un piacere ascoltare l’opinione di chi è conoscitore così profondo della musica, dei personaggi ed anche della situazione sociale dell’epoca. Ho letto di decine di particolari ai quali non avevo fatto caso (o semplicemente non conoscevo), e ho trovato tutto molto interessante. Insomma il parere generale è piuttosto negativo, ma vedo che c’è qualcuno che esprime un giudizio meno severo di altri. A conti fatti io sono stato uno di quelli che ha avuto la mano più leggera... Ma, da musicomane, mi ha fato molto piacere che anche altri abbiano rilevato la leggera imprecisione negli arrangiamenti delle versioni moderne delle canzoni del Trio. Cioè quella leggera zoppìa nello swing delle Blue Dolls. A proposito di Blue Dolls, forse l’intenzione della produzione non era quella di tagliarle completamente fuori. Probabilmente nei titoli di coda il loro nome sarebbe certamente comparso. Peccato che la Rai (come anche Mediaset) tagli sempre i titoli di coda di qualsiasi film o fiction. Ricordo l’argomento trattato su un Forum di cinefili che lamentavano il fatto che di un particolare film, un giallo trasmesso in TV, la chiarificazione degli eventi della pellicola avvenisse durante i titoli di coda. Peccato che questi ultimi fossero stati tagliati. Insomma chi ha visto il film in TV non ci ha capito nulla, perché gli è mancato il tassello finale. La triste realtà è che – lo ripeto ad ogni occasione – per Mediaset, ed in misura solo un po’ minore per la Rai, noi telespettatori esistiamo solo in quanto fruitori degli spot pubblicitari. E fra uno spot e l’altro devono pur trasmettere qualcosa che abbia un po’ di sostanza, altrimenti chi mai guarderebbe la TV?». ◙ Mail di Filippo Mangieri: «Perché, mi chiedo, quei signori che hanno realizzato lo show televisivo sulle formidabili Lescano, non hanno contattato la Redazione del sito, per avere lumi e ben altro? O dobbiamo essere abituati a ingurgitare ogni notizia falsa o avvenimento manipolato alla stregua degli idioti? E meno male che, alla fine, i nodi vengono al pettine e le informazioni vere filtrano: giuste le reazioni e c’è da augurarsi che ne seguano altre… Precise le risposte che il Curatore ha dato all’intervistatore. Auguri di ogni bene, da parte mia». Non l’hanno fatto per la semplice ragione che a loro la Storia, quella basata su documenti autentici e perciò vera, non interessa minimamente: quando serve, la Storia, se la inventano di sana pianta e in modo che vada bene per i propri bisogni di cassetta. Meno male che qualche volta sbagliano i conti: a quanto pare, Le ragazze dello swing sono state un mezzo flop [http://unduetreblog.wordpress.com/2010/09/29/ascolti-tv-di-martedi-28-settembre-2010-i-dati-saranno-disponibili-in-tarda-mattinata/]. ◙ Mail di Antonio (il nostro fedele collaboratore di Polignano a Mare, da non confondere con l’Antonio di cui abbiamo parlato il 3 u.s.): «Desidero dire la mia su quanto si è scritto circa il fatto che Natalino Otto fosse inviso al Regime di allora e quindi bandito dai microfoni dell’Eiar. Tutto falso e questo perché l’Eiar era

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strettamente legato alla casa discografica Parlophon-Cetra e quindi tutti i cantanti che passavano dai suoi microfoni dovevano incidere esclusivamente per questa casa discografica. E tanto meno venivano invitati ai microfoni cantanti di altre case. Questi venivano oscurati, o meglio ignorati, e quindi non restava loro altro che incidere soltanto per la propria casa. Difatti cantanti come Nino Amorevoli, Meme Bianchi, Pippo Starnazza, Rudy Solinas, Luciano Taioli (tutti della Odeon) e Carlo Buti, Enzo Di Mola, Miriam Ferretti, Bruno Pallesi, Sergio Lulli, Renato Grimaldi, Peppino Sacchi, Giorgio Vallieri, Italia Vaniglio (tutti della Columbia-Voce del Padrone) con Natalino Otto e i suoi colleghi della Fonit non li abbiamo mai sentiti attraverso l’etere. L’unica eccezione fu il maestro Alberto Semprini che, pur essendo scritturato dalla Fonit, si esibì (forse perché solo direttore) varie volte con la sua orchestra ritmo-sinfonica ai microfoni della radio (Concerti Cora ed altro). Il fatto poi che sia Il Canzoniere della Radio che il Radiocorriere abbiano pubblicato foto e scritto articoli su Natalino Otto fu soltanto perché ormai la fama del cantante rappresentava per quell’epoca un fenomeno di costume. D’altronde non si può nemmeno affermare che lo “swing” fosse inviso al Regime di allora. Rabagliati e Bonino furono gli unici a lanciarlo per radio. Perché a loro fu permesso?». ◙ Ci scrive un tal Giocondo Tersilli, il cui nome – dato e non concesso che sia vero – pare ricalcato su quello del protagonista (interpretato da Alberto Sordi) del film di Luciano Salce, Il prof. dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue (1969). La mail del nostro Giocondo somiglia stranamente a quella di Isacco B. (v. le Notizie del 18 Settembre 2010): quest’ultima ci accusava di essere antisemiti, solo perché avevamo “osato” criticare il giornalista Gabriele Eschenazi; ora ci vediamo tacciati di essere “antidemocratici”, perché “osiamo” (da notare il riuso dello stesso verbo…) mettere in dubbio il valore come musicologo del dr. Gianni Borgna, noto esponente del partito italiano che più di ogni altro ama fregiarsi della qualifica di “democratico”, quasi che gli altri partiti non lo siano, o lo siano in misura nettamente inferiore. Confessiamo di non capire un’accusa del genere. Il nostro collaboratore Sandro – e non solo lui – è rimasto sfavorevolmente colpito dall’insistenza con cui il dr. Borgna continua a sostenere, anche in una recente intervista, la veridicità storica di un fatto (l’arresto delle Lescano a Genova, nel Novembre del ’43, ad opera dei nazifascisti) che ricerche serie e approfondite condotte ultimamente da uno studioso genovese, Virgilio Zanolla, nostro collaboratore, hanno dimostrato essere una colossale montatura. Sandro si è dunque limitato ad osservare che un musicologo con la reputazione del dr. Borgna (autore della notissima Storia della Canzone Italiana, Laterza, 1985; Oscar Mondadori, 1992) non dovrebbe arrampicarsi sugli specchi per ribadire la storicità di avvenimenti di pura fantasia, e ciò nella speranza di evitare la spiacevole incombenza di dover ammettere di essersi sbagliato in passato. Tutto qui. Le convinzioni politiche del dr. Borgna, rispettabilissime, non c’entrano assolutamente nulla in questa presa di posizione. Quanto al Curatore della presente rubrica di Notizie, egli intende garantire a tutti la massima libertà di parola e di opinione, alla sola condizione che chi desidera

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prendere parte al dibattito lo faccia con urbanità e rispetto assoluto di chiunque la pensi diversamente da lui. A tutti è inoltre garantito l’inalienabile diritto di replica, naturalmente alle medesime condizioni. Tutto questo, per l’appunto, a riprova che della democrazia noi siamo, senza eccezioni o distinguo, dei sostenitori arciconvinti e praticanti, sicuramente più di molti altri. Mai e poi mai “oseremmo” censurare una mail, solo perché “osa” criticare, a ragion veduta, questo o quel pezzo grosso dell’establishment socio-politico-televisivo-giornalistico italiano. Noi siamo persuasi che una stupidaggine resti tale anche se a dirla è il vip più vip del nostro Bel Paese.

6 Ottobre 2010

◙ Mail di Santina [il cognome non è indicato]: «Penso anch’io che le vostre aspre critiche all’indirizzo della miniserie Le ragazze dello swing e dei suoi realizzatori (produttore, sceneggiatori e regista) siano determinate dal fatto che non capite – o, per meglio dire, non volete capire – cosa sia una fiction per la TV. E allora lasciate che ve lo spieghi io in soldoni. È uno spettacolo concepito per e destinato a un pubblico di milioni di telespettatori, per lo più di cultura medio-bassa, ossia con limitatissime conoscenze in campo storico-artistico. Tale pubblico ha tutto il diritto, specie in prima serata e dopo una giornata di lavoro, di assistere a qualcosa di appassionante, divertente e non troppo impegnativo, obiettivo che ben difficilmente sarebbe raggiunto se gli venissero propinate grevi e seriose ricostruzioni storiche, attente alla verosimiglianza di ogni minimo particolare, come piacerebbe a voi. Diciamoci la verità nuda e cruda: la vita delle sorelle Lescano raccontata secondo i rigidi criteri di fedeltà storica che voi propugnate, magari scegliendo come interpreti tre smunte nanerottole a loro somiglianti nel fisico, avrebbe sicuramente dato vita ad un film noioso e inguardabile. Volete sì o no rendervene conto? Bene hanno dunque fatto i realizzatori della fiction a non darvi minimamente retta. Certo, i genitori delle Lescano non erano affatto nella realtà come li vediamo nel film, e allora? Come non ammettere che un padre vizioso e snaturato più una madre effervescente e perennemente in calore sono, narrativamente parlando, ben più interessanti di due brave persone normali? Avete forse dimenticato la grande lezione di Gide quando afferma (visto che vi piace citare frasi in francese): c’est avec les beaux sentiments qu’on fait de la mauvaise littérature? E come negare che la figura di Canapone, con i suoi eccessi, la sua gigioneria e alla fine la sua perfidia, è un’invenzione a dir poco geniale, che ha per di più trovato in Battiston un interprete da Leone d’Oro?

La superlativa e consumata arte mimica di Giuseppe Battiston, nei panni dell’impresario Pier Maria Canapa, detto Canapone.

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Se al suo posto fosse stato messo qualcuno di somigliante, nel fisico e nel comportamento, al vero impresario delle Lescano, questo tal Enrico Portino di cui nulla si sa [non è affatto vero: al contrario sappiamo molto su di lui grazie al ritrovamento, per merito di Giorgio Bozzo, di tutto il suo archivio - NdC], vi immaginate che pizza sarebbe stato lo sceneggiato televisivo? E infine la storia dell’arresto, che voi dite non esserci mai stato (però le prove addotte al riguardo da Virgilio Zanolla non mi convincono più di tanto), non conferisce forse al racconto un epilogo altamente drammatico e spettacolare? Che ne sarebbe stato della trama del film, e del suo interesse presso il pubblico, se le Lescano, ad un certo punto, avessero fatto fagotto e se ne fossero andate in silenzio e alla chetichella a rifugiarsi in montagna, con la loro brava mamma? Voi sareste stati tutti contentissimi, certo, perché – dite voi – così si sono svolti i fatti: ma i telespettatori avrebbero gradito una conclusione così banale e piatta? Suvvia, ammettetelo: di fiction televisive, e anche di cinema, voi non ci capite un’acca che sia una! Occupatevi perciò d’altro e lasciate lavorare in santa pace i professionisti più qualificati del settore, come Laura Ippoliti, Gabriele Eschenazi, Maurizio Zaccaro e Luca Barbareschi. È grazie a specialisti del loro calibro, unanimemente apprezzati e lodati, che abbiamo in Italia una delle migliori TV al mondo! Non è forse vero che ben 16 paesi hanno già acquistato chat en poche la miniserie sulle Lescano? Sono forse tutti scemi?». Chi lo sa… Comunque, visto che Santina (ma quanto buona e comprensiva è questa adorabile adoratrice della nostra TV…) ci tira per i capelli sul terreno di scontro che a noi è più congeniale, le diciamo: è proprio vero che contentement passe richesse! Da noi si dice chi si contenta gode, ma è indubbiamente meno suggestivo, non vi pare? ◙ Il nostro Manuel ha scritto ad Antonio, quello che ha postato due commenti alle interviste che ha fatto rispettivamente al dr. Gianni Borgna e al nostro Curatore (interviste pubblicate nel sito al quale Manuel collabora). Lo ha contattato per invitarlo a replicare alle osservazioni che lo riguardano, apparse in questa pagina il 3 u.s. In particolare Manuel ha pregato Antonio di approfondire questo suo pensiero: “Il voler a tutti i costi pretendere l’esistenza di una consapevolezza storica dello ‘swing italiano’ (fenomeno mai esistito) non potrà che creare ulteriori confusioni sul passato e farlo regredire ancor di più nell’oblio”. Manuel ha quindi concluso la sua mail con queste parole: “A noi tutti sembra che lo swing italiano ci sia stato. Sperando che abbia colto il tono pacifico del tutto, aspetto sue notizie”. La risposta di Antonio non si è fatta attendere, ma non è stata né conciliante né – così almeno sembra a noi – realmente chiarificatrice. Giudichino comunque i nostri lettori, ognuno per proprio conto: «Cordiale Manuel, personalmente ben comprendo il tono pacifico del tutto, come lei si preoccupa di farmi notare, ma detto tono non posso essere il solo ad usarlo: rilegga bene l’intervento del Curatore del sito perché i suoi non mi sembrano toni molto pacifici. Ad ogni modo la ringrazio per avermi invitato a replicare, ma non posso esitare al contrapporre ad ogni chiarimento il giusto tono. Purtroppo temo di dover dare una

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serie di delusioni. Comincerò con il chiarire che “Il bell’Antonio” si chiama realmente Antonio e tale vuole rimanere: un Antonio comune. Seconda delusione: non sono affatto un professionista della parola ma un “Antonio comune” che cerca di far comprendere il proprio pensiero attraverso un meditato uso delle parole, nella convinzione che il linguaggio abbia come fine ultimo la condivisione del sapere umano. Terza delusione: non posso essere un maître à penser: sfortunatamente non ho ancora conosciuto alcun folle disposto a pagarmi per pensare e nella vita sono in tutte altre [sic] “faccende affaccendato”. Quarta delusione: se volessi difendere contre vents et marées le scelte compiute dai genitori della fiction in questione non avrei rilasciato equivalente commento presso l’intervista del Sig. Gianni Borgna. Quinta delusione: se avessi le capacità di un novello Protagora forse non me ne andrei in giro per i siti altrui a lasciar commenti. Qui finiscono le delusioni che potrei dare: mi occuperò dunque di quelle ricevute. Forse a causa di una mia mancanza nell’uso del comprendonio alcuni concetti presenti sul sito www.trio-lescano.it risultano, alla mia povera mente, difficili da digerire. Si riceve l’impressione che il tipo di jazz in cui la vostra passione trova riferimento sia lo swing e all’interno di tale genere collocate il Trio Lescano. Ora, se fosse così, sarebbe lecito pensare che vi sia stata una preventiva ricerca al fine di stabilire i confini dentro i quali sia opportuno definire come appartenente al genere un determinato artista, pertanto mi appare assai incomprensibile la frase: “Confessiamo di non capire chi sia questa Signora che, sola soletta, merita la qualifica di ‘regina dello swing’, mentre le nostre beniamine, sciaguratelle, devono accontentarsi di essere ‘personaggi minori’ di ‘un’Italietta provinciale’ che per nostra fortuna ‘è passata’”. Se vi fosse stata una ricerca preventiva, altra questione incomprensibile sarebbe il successivo addebito alla mia persona di una presunta “farneticazione” proprio là dove probabilmente andrebbe supposta una grossa carenza da parte degli autori. Anche volendo prendere per buone le parole del Curatore e supponendo che le mie siano farneticazioni, sarebbe farneticante anche il Dott. Arrigo Polillo quando nel suo inarrivabile Jazz così andava vergando qualche decennio fa: “[…] Billie sarebbe diventata l’incontrastata regina della 52a Strada, nei locali (in particolare al Kelly’s Stable, affacciatosi sulla ‘Swing Street’ nel 1940 e al Dawbeat, inaugurato nel 1944) cantò per parecchi anni, conquistando una vasta popolarità. Si discuteva tuttavia se Billie, una ragazza dalla voce acre, inimitabile, fosse eguagliata da Ella Fitzgerald […]”.

Billie Holiday (Baltimora, 1915 - New York, 1959), l’incontrastata regina della 52a Strada; essa però non fu certo l’unica grande cantante americana nei generi jazz e blues, inoltre non c’è alcun nesso tra lei e il Trio Lescano.

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Sarebbe anche farneticante tutta la storia del jazz che ha poi dimostrato come questa ‘Billie’ o ‘Lady Day’ o Eleanor Fagan Gough era, sarà e rimarrà per sempre la regina incontrastata della 52a Strada? Farneticazione anche l’assunto internazionale che vuole regina della 52a Strada sinonimo di regina dello Swing? Farneticazione anche quei milioni tra appassionati e studiosi che continuano a considerare ‘Lady Day in Satin’ come fondamenta del jazz? Chissà se quando la storia ricollocherà nella giusta dimensione il Trio Lescano sarò io ad aver farneticato o non piuttosto il mio interlocutore? In quanto poi al voler che “mastro Antonio spieghi preventivamente chi o che cosa può autorizzare un romanziere oppure un autore di fiction televisive a diffamare pesantemente nelle proprie evocazioni artistiche persone realmente esistite, e magari vissute – come le sorelle Lescano – in un’epoca a noi ancora relativamente vicina” e tutto ciò che segue, dove vengono tirati in ballo addirittura anche i miei genitori, posso solo rispondere che quando vi saranno i termini legali per configurarsi un reato di pesante diffamazione sarà lecito parlare anche di quale direzione potrebbe prendere il mio comportamento a fronte di un potenziale romanziere-diffamatore. Per il momento tali termini non si configurano nei miei confronti e tantomeno in quelli delle Sorelle Lescano. Ciò che realmente si configura è invece la volontà di spaccare in due l’opinione pubblica su una inesistente questione morale che può avere solo due effetti: togliere al Trio Lescano la dignità che con tanto sforzo hanno acquisito durante la loro carriera e consentire a qualche moderno paladino della giustizia di un tempo che fu di cavalcare l’onda a proprio uso e consumo. Se anche personalmente forse (chi può dirlo dal momento che non intendo pronunciarmi in merito?) non ho mai sentito parlare del detto quod tibi fieri non vis, alteri ne feceris, con quasi certezza posso invece affermare che al mio interlocutore sia ben nota la locuzione divide et impera, giacché al posto di cercare un confronto costruttivo, del tutto evidente nel mio precedente commento per chi lo legge senza pregiudizio, cavalca appunto l’onda. Nonostante tutto, essendo un cultore della pace tra tutti gli esseri dell’universo, rimango disponibile ad ulteriori confronti… purché si faccia un passo indietro e si cominci dal rispetto.

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Riguardo poi alla mia affermazione “Il voler a tutti i costi pretendere l’esistenza di una consapevolezza storica dello ‘swing italiano’ (fenomeno mai esistito) non potrà che creare ulteriori confusioni sul passato e farlo regredire ancor di più nell’oblio”, posso solo fare delle precisazioni che aiutino la comprensione. Il fenomeno mai esistito non è lo swing italiano di per se ma la ‘consapevolezza storica di uno swing italiano’. Il termine ‘Swing Italiano’ è un’invenzione ad uso della critica musicale per riferirsi non ad un genere con delle proprie caratteristiche intrinseche ma all’emulazione che in Italia viene fatta nei confronti di tale genere. Lo swing non nasce e non si sviluppa in Italia, paese che assorbe, per emulazione dello Swing originale, solo alcuni aspetti di tale tipo di jazz. Si può accettare questo assunto e rendere dignità allo Swing Italiano oppure far finta che la storia non esista ed accontentarsi di rimediare una ben magra figura quando sul confronto internazionale si scopre non aver più alcuno spazio di manovra». ◙ Sulla carta stampata di ogni tendenza, e ovviamente anche in quell’edicola virtuale che è la Rete, c’è stato nei giorni scorsi un vero tsunami di articoli su Le ragazze dello swing, tutti iperbolicamente elogiativi (cioè privi del ben che minimo approccio critico). Già i titoli la dicono lunga circa l’impostazione di tali “recensioni”: Giornata di sole con il Trio Lescano, Rivive il Trio Lescano, voce dell’Italia in camicia nera, Il canto dei tre cigni, Le Lady Gaga del Duce e la preistoria del pop, Le ragazze dello swing - La storia vera del Trio Lescano, Applausi a scena aperta alle Ragazze dello swing, ecc. Naturalmente il regista Maurizio Zaccaro si è subito affrettato a riportare quelli per lui più lusinghieri nel suo blog, ignorando i pochi che contenevano qualche velata critica. Una rapida scorsa a questa sequela di insopportabili sviolinature ci ha permesso di spigolare in esse un numero enorme di scemenze, a riprova di quanto in basso sia ormai sceso il grado di professionalità di quanti si guadagnano da vivere scrivendo sui giornali, poco importa se stampati o diffusi via Internet. Non vale davvero la pena fare il censimento di codesto mortificante stupidario, tuttavia vogliamo appuntare almeno una cantonata, perché l’abbiamo reperita su Famiglia cristiana, un periodico che un tempo (ahinoi ormai lontano) era un modello di serietà, da tutti i punti di vista. L’articolo incriminato si intitola C’era una volta il Trio Lescano, ed è a firma di Eugenio Arcidiacono. Esso infila uno dopo l’altro, con bella disinvoltura, i soliti vieti luoghi comuni, uno più falso dell’altro, come le immancabili mille lire al giorno, il declino cominciato già nel ’38 (!) con l’emanazione delle leggi razziali, l’arresto in scena nel ’43, ecc., ma poi ecco spuntare una perla più rilucente delle altre. Dal carcere le tre sorelle «furono liberate anche perché, come risulterebbe da un documento venuto di recente alla luce, Benito Mussolini, che era un loro ammiratore, concesse alle tre ragazze la cittadinanza italiana d’accordo con il Re». Dunque, se interpretiamo bene l’Arcidiacono-pensiero, le Lescano vennero rilasciate dal Marassi (malgrado le pesantissime accuse con cui si dice che fossero state arrestate!) perché il Duce, per salvarle, concesse loro a tamburo battente la cittadinanza italiana. A parte che allora anche dei cittadini italiani, se accusati di spionaggio a favore degli Alleati, facevano comunque una brutta fine, e a parte il dettaglio che non era Mussolini bensì il Re in persona che poteva concedere la

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cittadinanza agli stranieri, eventualmente su proposta del Capo del Governo, resta il fatto che le Nostre, quando furono arrestate e imprigionate nel Novembre del ’43, erano già cittadine italiane da più di un anno e mezzo (in realtà, come Virgilio Zanolla ha ampiamente dimostrato, non ci fu mai nessun arresto e nessuna detenzione). Il «documento venuto di recente alla luce» di cui parla l’Arcidiacono, senza averlo mai visto, è di certo l’atto con cui Vittorio Emanuele III concesse alle sorelle Leschan, su proposta di Mussolini, la sospirata cittadinanza italiana; esso è datato Roma, 30 Marzo 1942-XX:

Firma del Re in calce all’atto ufficiale di concessione della cittadinanza

italiana alle sorelle Leschan, tutte di nazionalità ungherese. Tale documento fa attualmente parte dell’archivio privato di Giorgio Bozzo.

Egregio signor Eugenio Arcidiacono, vorrebbe per favore in futuro documentarsi meglio prima di scrivere delle falsità su Famiglia cristiana? Se non andiamo errati uno dei Dieci Comandamenti divini vieta espressamente di dire (o scrivere) bugie: lavorando per un settimanale cattolico, lei dovrebbe sapere che chi lo fa rischia di andare all’inferno... 7 Ottobre 2010

◙ Da quando Rai Uno ha mandato in onda le due puntate della miniserie Le ragazze dello swing, nei giorni 27 e 28 del mese scorso, siamo stati letteralmente sommersi da messaggi di ogni genere. Molti ci hanno scritto per esprimere perplessità o per criticare apertamente il lavoro di Maurizio Zaccaro, pochi altri per lodarlo, altri ancora, infine, per chiederci informazioni sui più disparati argomenti o per sollecitare l’invio di materiali vari (spartiti, foto, incisioni, ecc.; uno voleva addirittura i dischi originali del magico Trio...). Non sono mancati neppure i minus habentes che ci hanno contattato solo per dirci «buuuh» o altre simili amenità, rivelatrici del loro quoziente di intelligenza (?), ovvero per offenderci pesantemente – là dove noi non abbiamo MAI offeso nessuno, ma solo (riteniamo) esercitato il nostro sacrosanto diritto di criticare (rispettosamente, o al massimo con un po’ di ironia) ciò che non ci piace, motivando per di più SEMPRE ogni nostro appunto. Abbiamo pubblicato integralmente, nei giorni scorsi, parecchie di tali mail, non tutte però: perché erano davvero troppe e inoltre molte si configuravano in pratica come dei doppioni. Ora siamo dell’avviso che, se non tutto, almeno l’essenziale sia stato

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detto sulla tanto discussa fiction televisiva dedicata alle sorelle Lescano, per cui abbiamo preso la decisione di chiudere, con le mail di oggi, la discussione su di essa. Questo perché per nulla al mondo vorremmo annoiare i nostri visitatori, che hanno fin qui già dato prova di ammirevole pazienza. Da domani torneremo dunque ad occuparci solo ed esclusivamente delle nostre ricerche (Santina ne sarà felice) e delle novità di rilievo concernenti gli argomenti che abbiamo scelto di trattare in questo sito. ♦ Pasquale Domenico Romano [quest’ultimo è il cognome]: «Dal giorno dopo in cui è stata trasmessa la “famigerata” fiction sto seguendo più assiduamente il vostro sito e devo dire che finalmente viene fuori il vostro vero carattere, finora nascoto, e non mi piacete più! Al contrario di quanto dite, il Signor Antonio è stato molto chiaro, così come anche la Signora Santina: le vostre critiche sono il frutto della vostra chiusura mentale. Avreste potuto sfruttare la fiction come punto di partenza per far conoscere il vostro lavoro attraverso un confronto costruttivo, e probabilmente far divertire gli utenti guidandoli attraverso le incongruenze in maniera simpatica. Probabilmente in questo modo avreste attirato molte più persone verso il vostro lavoro di ricerca e chissà: magari avreste pescato anche qualche nuovo appassionato. Ma [non mi piace neanche] il vostro voler a tutti i costi mettere al centro della scena musicale lo swing italiano in un contesto storico dove il centro erano i musicisti americani ed il vostro quasi nascondere che gli artisti italiani non facevano altro che copiare e ri-arrangiare pezzi composti dai vari Benny Goodman, Count Basie, Duke Ellington, Jimmy Dorsey, Tommy Dorsey, Glenn Miller, Woody Herman, Harry James, Artie Shaw, Chick Web, Cab Calloway. Pezzi che solo grazie alle voci di Ella Fitzgerald, Ethel Waters, Anita O’Day, Sarah Vaughan, Billy Eckstine, Ann Baker, Earl Coleman furono apprezzati in tutto il mondo occidentale, ma soltanto attraverso la voce di Billie Holiday furono resi immortali, e non grazie al Trio Lescano che non raggiunse mai tali vette, semplicemente perché non era all’altezza. Ammettere che le tre olandesi scopiazzavano, così come tutto lo staff che le circondava, se non altro renderebbe loro il merito di aver fatto un ottimo lavoro per far apprezzare all’Italia di quei tempi la musica che andava per la maggiore. Continuarlo a nascondere, come fate voi, sortisce l’effetto, una volta scoperto l’imbroglio, di far cadere nel ridicolo tutto quanto voi stessi dite di apprezzare». Rispondiamo - Saremo anche narrow-minded, come afferma Pasquale Domenico (e con lui Antonio, Santina e qualche altro), ma almeno diamo ampio spazio a chi ha vedute diverse dalle nostre. Provi invece un po’ il nostro ex-simpatizzante a verificare se nel blog [http://mauriziozaccaro.myblog.it/] di un certo personaggio open-minded (che probabilmente egli ammira) ci sia qualche frase o anche singola parola che non sia di sperticato elogio nei suoi confronti o di… autoincensamento! Quanto alla sua convinzione che il Trio Lescano e i suoi tanti collaboratori italiani si siano limitati a “scopiazzare” gli americani, beh, qui siamo proprio su posizioni decisamente distanti, anche se non neghiamo che parecchi compositori e arrangiatori italiani di quell’epoca si siano ispirati da vicino ai grandi Maestri d’Oltreoceano. Sia chiaro però che dei musicisti americani citati da Pasquale Domenico (e la lista è ben

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lungi dall’essere completa) siamo pure noi ferventi ammiratori, anzi, di alcuni/alcune di loro, a cominciare da Billie Holiday, siamo unconditional fans. ♦ Sandro: «Giorno dopo giorno, mi sto chiedendo se valga francamentela pena di parlare ancora di questo fumettone trasmesso dalla TV di Stato e pagato, quindi, anche coi nostri quattrini. Certo, va dato spazio a tutti, ma ditemi: non credete che quello occupato sinora sia stato sufficiente, per un tale chef-d’oeuvre? Ormai vi sarete accorti tutti che stiamo ripetendoci e che, così facendo – nonostante le nostre ottime intenzioni, elogiative o critiche che siano le nostre parole – rischiamo di far scadere e imbarbarire il confronto. “Le cose lunghe diventano serpi...” diceva mia Nonna. Desidero tuttavia commentare almeno la mail di Santina, la prode campionessa dell’italico buonismo (del tutto disinteressato?), la quale vuole convincerci a tutti i costi che viviamo, grazie alla televisione, nel migliore dei mondi possibili. [...] Cominciamo dal suo invito: “...occupatevi d’altro e lasciate lavorare in santa pace i professionisti più qualificati del settore”. In tutta onestà non vedo come potremmo occuparci d’altro, visto che il sito che ci ospita si propone di ricordare il Trio Lescano. De ché stamo a pparla’? [...] Santina ha ragione quando dice che in una fiction tutto dev’essere inventato, guai a metterci dentro qualcosa di vero! La mia è di conseguenza una replica inutile perché Santina si è già risposta da sé, quando difende “milioni di telespettatori [...] di cultura medio-bassa [...] con limitatissime conoscenze in campo storico-artistico”. Essa inquadra così lo spettatore televisivo medio, ideale beneficiario dei lavori dei suddetti professionisti del settore, che lo mettono al sicuro dal pericolo di qualcosa che potrebbe essere un po’ meno pregno di scurrilità e oscenità, che potrebbe interessarlo in modo diverso, un po’ più verosimile di un pacco di bugie. Che importanza volete che abbia, poi, se in questa fiction si rappresentano fatti accaduti e persone realmente esistite e non “something invented or imagined”, come i dizionari inglesi definiscono il vocabolo “fiction”? [...] In realtà le scelte di soggettisti e registi TV da decenni si uniformano al principio di dare in pasto al pubblico sempre ed esclusivamente quel che ama masticare, cioè quello che il mezzo televisivo lo ha abituato a metabolizzare. Costoro pensano che tentare di elevare minimamente i livelli di conoscenza ed il gusto dei telespettatori sia un’impresa inutile, anzi dannosa. Ci abitueremmo male, diventeremmo più esigenti, magari cercheremmo qualcosa di meglio, cominceremmo a infastidirci delle pillàcchere che oggi ci schizzano in faccia dal teleschermo. E allora, vedete che è giusta e sacrosanta quell’abbondanza gratuita di scene nei bordelli, quelle reiterate riprese di nudi e di sesso, quel “padre vizioso e snaturato” e quella “madre perennemente in calore”, quella scurrile parodia di Bombolo, quel rappresentare Barzizza come una macchietta, quel trattare Prato come fosse un personaggio assolutamente secondario, ecc, ecc. Ma non si rende conto, Santina, quanto sia assurdo, mostruoso e perfino criminale sostenere la tesi che la TV (segnatamente quella di Stato, che esige il pagamento di un canone) debba solo divertire il pubblico, abdicando di fatto a qualsiasi fine educativo, dandogli sempre e solo spazzatura, perché è quella e solo quella, che

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vuole? Non crede, Santina, che ragionando così si entra in un circolo vizioso dal quale non si esce più e si precipita nella barbarie, nell’inciviltà? In realtà, tenere la magnatora vascia, e sempre più bassa, questo è importante per i sommi pensatori, responsabili delle TV. E i “professionisti più qualificati del settore”, prendono la forma del... recipiente che li contiene, si adeguano. Che je resta da fa’? In conclusione, una Santina ci darà sempre giudizi favorevoli, anzi encomiastici della televisione. Per la stessa ragione lo ha sempre fatto e sempre lo farà un Vincenzo Mollica, come lo ha fatto, fino al suo ultimo respiro, la buonanima di Claudia Vinciguerra. Cari miei, ...nun se sputa ner piatto ’ndo’ se magna...». ♦ Franco: «Leggo, ormai con qualche fastidio, le critiche mosse alle “nostre” considerazioni sulla recente, arcicelebre fiction di Rai Uno. Specie le ultime due, quelle di Antonio e Santina, mi rammaricano, per quel che può valere il mio rammarico. Mi sembra, insomma, che gli animi si stiano esacerbando un po’ troppo e vorrei che si ponesse fine a tale polemica. A prescindere da ciò, a Santina vorrei dire – comunque col massimo rispetto per le sue idee – che se ritiene che la vita delle Lescano, così come è stata, non fosse adatta ad una fiction nazionalpopolare di successo e che, pertanto, per ovviare a ciò, occorreva “arricchirla” con un po’ di “sugo”, sarebbe stato sufficiente non fare la fiction sulle Lescano. Mica lo ha ordinato il medico di ricordare le tre grandissime cantanti “mandandole” in televisione. La cronaca, recente e meno recente, è piena di fatti e fattacci di cronaca nera, rosa e gialla, che più e meglio si prestano per un soggetto televisivo che attragga lo spettatore medio. Se un soggetto “reso storicamente” non “paga” commercialmente, basta rinunciarvi. Per far ridere, piangere o comunque distrarre la gente che la sera torna a casa stanca dal lavoro, esistono quelle cose che si chiamano “romanzi” che sono, appunto, frutto della pura fantasia degli autori, nonché ottimi soggetti per fiction di ogni tipo: da quelle storiche, a quelle rosa, a quelle erotiche. A volte sono belli, a volte sono brutti, o meglio, a volte piacciono, a volte non piacciono, ma ce n’è quanti se ne vuole! Se poi non si vuole ricorrere al romanzo (i diritti d’autore, tra l’altro, costano cari), allora esiste il “racconto”, di pura fantasia, e in questo caso gli autori possono scrivere e dire tutto quello che vogliono: basti pensare al successo dei vari Cesaroni, Medico in famiglia, Don Matteo, e chi più ne ha più ne metta. Anche quelle sono fiction. Certo, è più semplice “arricchire” una storia già scritta, piuttosto che inventarne una nuova, e di De Filippo, Scarpetta, Govi e innumerevoli altri, oggigiorno, non ne nascono più molti. Quindi, se si può ricorrere alla fantasia, che bisogno c’è di inventare cose e fatti su persone realmente esistite e che, da anni, non sono più tra noi per poter eventualmente rintuzzare qualche inesattezza di troppo? […] “Sfortunatamente” per me, ho una formazione accademica da storico, e nella storia contano solo i documenti. Noi di carte, in questo sito, ne abbiamo esibite tante. Noi... Un amichevole saluto a TUTTI e quando dico tutti, è a tutti!».

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♦ Gianna Montanari [figlia del famoso cantante Michele Montanari]: «[…] Sto lavorando con una certa continuità al libro su mio padre, che spero di portare a termine in tempi non biblici. Nel frattempo, seguo sul vostro sito l’acceso dibattito sullo sceneggiato Le ragazze dello swing. Io l’ho visto quasi per intero e non mi è piaciuto, così come non mi è piaciuta l’ultima lettera che avete pubblicato, quella della signora o signorina che difende a spada tratta la scelta di mandare in onda spettacoli soprattutto piacevoli, non importa quanto rispettosi siano della verità. Io ho mandato una breve lettera al direttore di un quotidiano, ma fino ad oggi non è stata pubblicata, e ormai credo sia fuori tempo massimo. Gliela mando in allegato ( v. Appendice 3) e spero vi faccia piacere che abbia citato il vostro sito. Continuate così, almeno qualche voce sincera esiste ancora». ♦Alessandro: «Perché non suggeriamo a Santina di comprarsi o di noleggiare il film La vie en rose? Forse vedendo questo vero capolavoro si renderebbe meglio conto di cosa intendiamo noi per film biografico (televisivo o cinematografico, non ha alcuna importanza!). La vie en rose (titolo originale: La Môme), è un film del 2007, diretto da Olivier Dahan, che ripercorre le vicende artistiche e private della cantante Edith Piaf (1915-1963). 140 minuti (quindi paragonabilissimo ad una fiction in due puntate) di ricostruzione storica della vita della cantante francese: ovviamente, per rendere il tutto più fluido, il soggetto è stato romanzato, sono stati aggiunti, magari, qualche prostituta o qualche avventore frutto della fantasia, ma nessuno dei personaggi chiave (quelli realmente esistiti) è stato caratterizzato rasentando la macchietta o impelagato in storie e avvenimenti mai accaduti. Certo, i soggettisti hanno dovuto fare delle scelte, ad esempio hanno sorvolato su tutto il periodo della Seconda Guerra Mondiale, hanno appena accennato a Charles Aznavour e non hanno minimamente filmato alcuna scena tra la Piaf e Yves Montand, con la loro tormentata love story; tuttavia quello che ne è venuto fuori sono due ore di film meraviglioso, estremamente avvincente e interessante. Un film in cui la verità storica è narrata così com’è, senza ulteriore bisogno di inventare personaggi o faccende indispensabili per un pubblico di cultura “medio-bassa”. E ricordo a tutti che questo lungometraggio è stato premiato dal pubblico e – cosa spesso rara – dalla Critica, con ben due premi Oscar, un Golden Globe e cinque César. Ah, dimenticavo: il film ha come protagonista la bella Marion Cotillard, trasformata per l’occasione in una “smunta nanerottola” somigliante a Edith Piaf. In 140 minuti la scene di sesso sono poche ed eleganti, girate con intelligenza; per le canzoni non c’è stato alcun doppiaggio da parte di qualche cantante cover della Piaf: sono state usate le versioni originali, né più, né meno, com’è giusto che sia. E i risultati sono stati premiati, come si vede. Con Le ragazze dello swing non c’è neppure paragone. E se qualcuno mi viene a dire che il paragone tra Edith Piaf e le Lescano non regge, sappia subito che le cose non stanno affatto così: la Francia è un Paese che ricorda i suoi artisti, li omaggia e continua a farlo anche quando il loro periodo di gloria è passato. E lo fa per quello che hanno dato alla Patria, al Paese, alla gente. Gilbert Bécaud disse che se Modugno fosse nato in Francia sarebbe stato venerato fino agli ottant’anni, così come lo furono Maurice Chevalier o Charles Trenet. L’Italia è un Paese che invece cancella tutto e ha una cronica assenza di risposta per le anziane star della canzone di casa nostra. Per

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questo molti di noi, specie i giovani, hanno una cultura “medio-bassa”. Ma come è già stato detto: chi si contenta gode! E quindi ben vengano, secondo chi la pensa come Santina, questi grandi Maestri della Tv! Un’ultima domanda, però, voglio farla. La fiction è uno spettacolo “destinato a un pubblico di milioni di telespettatori, per lo più di cultura medio- bassa, ossia con limitatissime conoscenze in campo storico e artistico”. Perdoniamo allora alla fiction le omissioni e altre stranezze? E dobbiamo perdonare anche al libro il fatto di non aver approfondito alcuni aspetti della vita delle Lescano e di aver sorvolato su numerosi punti chiave, senza un minimo di critica personale, oltreché errori grossolani e facilmente correggibili? Sicuramente la nostra Santina l’avrà fatto, perché anche il libro è destinato ad un pubblico composto da milioni di persone che la sera, prima di addormentarsi, vogliono leggere qualcosa di “leggero”, di non troppo impegnativo, giusto? Ma non lo sa, l’ineffabile Santina, che per questo esiste Topolino? Quanto ad Antonio, sinceramente non so che dire: forse non ha capito bene cosa facciamo o quali siano gli scopi del nostro sito». ♦ Paolo: «Credo sia il momento di stemperare i toni. Santina, in maniera appassionata, esprime una verità ineluttabile. Parlando di soldoni, e non in senso metaforico, centra il problema alla radice. Il destinatario dei polpettoni moderni che uno vede in TV commenta e dimentica, è “un pubblico di milioni di spettatori, [...] di cultura medio-bassa [...] con limitatissime conoscenze in campo storico-artistico”. Preso per buono questo pensiero, non posso che adeguarmi, visti i tempi: allora ogni altra discussione perde di significato. Direi soltanto che con le offerte televisive di oggi i poveri lavoratori affaticati che giungono stremati a casa (schiera di cui faccio parte anch’io) hanno qualche possibilità in più di godersi spettacoli rilassanti. Quando ero bambino ti beccavi quello che c’era e ne parlavi per settimane, fosse Il mulino sul Po o Il Giornalino di Gian Burrasca, ora hai sempre la possibilità di scegliere tra Amici, X Factor o Il Grande Fratello XX. Il succo è che chi vuole farsi distrarre in questo modo è pregato di accomodarsi. Chi invece vuole la verità, approfondisca i suoi dubbi. Ecco appunto a cosa serve il nostro sito. In questi anni abbiamo fatto tanta strada, ricordo l’emozione di trovare un’etichetta, un vecchio spartito, le gare con Max per reperire le foto dei compositori. Mi tornano in mente telefonate a figli di cantanti, indagini in Belgio, Olanda, Ungheria, Venezuela, richieste di informazioni a Consolati ed Ambasciate, Musei della Canzone portoghesi, Biblioteche fiorentine, Discoteche di Stato, visite a cimiteri, attento vaglio dei siti di aste online, la ricerca di nuovi collaboratori, da Alessandro a Virgilio e tutti gli altri, ascolti di canzoni in tutti i siti possibili… Quantità di dati si sono accumulati ad uso di chi vuole la verità. A questo punto torno alla mia proposta antica. Visto che ormai il lavoro è quasi completo, che non emergono quasi più nuovi fatti, visto che ormai la stampa ufficiale si è espressa con Eschenazi, la TV si è espressa con Zaccaro, pubblichiamo anche noi la nostra storia del Trio Lescano! La verità come tutti noi l’abbiamo ricostruita, la biografia che ne è emersa, i documenti pazientemente raccolti.

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A questo punto chi li vorrà usare commercialmente dovrà scontrarsi con le versioni “ufficiali”. Chi li vorrà usare per saperne di più sarà accontentato. A me basta che sempre nuovi amici ci visitino, commentino, critichino, segno che forse non tutti disprezzano le “grevi e seriose ricostruzioni storiche”. Circa l’amico Antonio, egli ha le idee ben chiare, e gliene rendo atto. Mi associo con la sua richiesta di abbassare i toni. Tuttavia, da musicista e appassionato dello swing, non posso fare a meno di notare che, se esiste un unico e incontrastato “King of the Swing” e cioè il grande Benny Goodman, per lo scettro femminile (basta fare una semplice ricerca su Google) si parte da Keely Smith (la compagna del geniale Louis Prima) passando per Norma Miller e Helen Ward (che guarda caso era di Goodman la cantante e prima compagna). Mi sento di definire Billie Holiday un po’ meno cantante swing e un po’ più cantante jazz. La differenza? Lo swing è la disco music degli anni 1935-1944. Musica commerciale, spesso poco jazzistica. Lo swing propriamente detto è una forma di fox-trot, dove chi non balla non può fare a meno di “dondolare”, appunto. Vi garantisco che anche chi suona il genere è portato irrefrenabilmente a dondolarsi sulla sedia – parlo per esperienza diretta. L’autobiografia di Billie Holiday spiega esattamente come la pensasse la cantante sul lavoro nelle big bands, e che cinismo avesse maturato in quei contesti. La si ascolti nella sua unica incisione con l’orchestra di Artie Shaw, o nel lavoro con Benny Goodman, quand’era appena diciassettenne. Bravina, ma nulla più. Il bello verrà dopo! […] Dunque ben vengano i commenti. Che ognuno tragga le conclusioni che più gli piacciono. Quello che a me personalmente preme è focalizzare l’attenzione sulle nostre care Lescano. Che comunque, vuoi ragazze, o regine, sempre dello swing sono! Molti miei contatti su YouTube e Facebook mi chiedono, vogliono sapere, scoprono nuovi mondi. Evviva! Per finire, personalmente trovo che Mina sia la cantante con più swing che io abbia mai sentito. Un abbraccio a tutti». ♦ Virgilio: «Ho letto il messaggio di Santina, e sono rimasto stupito: perché, dietro il suo apparente buon senso che chiama al realismo, si cela una sconcertante banalità di fondo. Infatti l’assunto che sigilla la sua lettera sarebbe quello che noi ci rifiutiamo di capire cosa sia una fiction di ricostruzione storico-biografica per la TV: la quale fiction, tutto ammetterebbe meno la realtà dei fatti, dato che a riguardo vigerebbe l’assioma: verità storica = grande menata (mi si perdoni l’espressione, ma non riesco a definire meglio quello che, al ’succo’, la stessa intendeva dire). Ebbene, cara Santina, su una cosa devo senz’altro darle ragione: è vero, noi non vogliamo capire; e non è, questo rifiuto, un gesto pieno di nobiltà, un richiamo all’aristocrazia dell’arte? La quale, a mio modesto modo di vedere, riguardo allo spettacolo non dovrebbe ammettere riserve o significative differenze – tranne quelle tecniche – circa i luoghi deputati, siano essi il cinema, la televisione o il teatro. Lei dice che i “milioni di telespettatori, per lo più di cultura medio-bassa, ossia con limitatissime conoscenze in campo storico-artistico” hanno “tutto il diritto, specie in prima serata e dopo una giornata di lavoro, di assistere a qualcosa di appassionante, divertente e non troppo impegnativo”. Sarebbe facile darle ragione, se non fosse –

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guarda caso – che quegli stessi milioni di telespettatori hanno applaudito, e decretato il successo, di fiction con una ricostruzione storica più seria, e certo di assai minor spettacolarità de Le watusse..., pardon, Le ragazze dello swing: come ad esempio Maria Montessori - Una vita per i bambini di Gianluca Maria Tavarelli (Canale 5), o le due su Padre Pio (Rai Uno e Canale 5), eccetera. Come vede, dunque, le sue osservazioni zoppicano un po’. Se poi guardiamo al cinema, o al teatro, registi come Visconti, Ford, Kurosawa e David Lean dovrebbero averle insegnato che ricostruire storicamente un’epoca in ambienti, abiti, costumi sociali e quant’altro non è di per sé garanzia che la vicenda narrata sarà banale, ma semmai il contrario. Perché è proprio la profusione di “effetti speciali” che oggi, in 9 casi su 10, tenta pateticamente di mascherare delle storie del tutto prive di logica e costrutto, che fanno acqua da tutte le parti. Nel cinema, in questo senso un vero “capolavoro alla rovescia” è la serie degli Ocean’s di Steven Soderbergh: osceni filmacci che non stanno in piedi né nelle sceneggiature, né sul piano registico, né su quello del montaggio, ma si affidano soltanto al carisma degli interpreti, e quali interpreti! George Clooney, Brad Pitt, Julia Roberts, Matt Damon, Andy Garcia: tutti attori che sono protagonisti da soli in altri film... Io m’arrabbiavo molto nel vedere questa loro corrività a sostenere ruoli così stomachevoli, poi ho capito: giacché con la montagna di soldi che guadagnano grazie a quelle autentiche marchette, molti di loro poi finanziano, e magari dirigono e/o interpretano, i film in cui credono, di ben altra pasta. Cara signora Santina, riportare i fatti esattamente come si svolsero non significa essere per forza banali e non interessanti; lei ha dimenticato un fattore importante: ovvero che non sono le cose a contare di per sé ma l’occhio che le vede, ma la penna, il pennello o lo strumento musicale che le descrive. Altrimenti, dovrebbe spiegarmi come mai Proust riesce ad riempirti il cuore soltanto descrivendo la sua camera da letto, oppure un particolare effetto di luce, o ancora, la frase musicale di un settimino; e non mi venga a dire che il pubblico seduto in poltrona alle nove di sera non legge Proust: se non lo legge, è perché magari non lo conosce, non certo perché la lettura della Recherche non sarebbe potenzialmente avvolgente per chiunque. Non vale neppure l’obiezione che si tratta di un libro e non di un film: ci sono decine di film (ahimè, non centinaia) dove poco o nulla succede, eppure si tratta di capolavori, che il pubblico ha mostrato di gradire moltissimo, non solo al cinema, anche nella programmazione televisiva. Che ne dice, ad esempio, de Il pranzo di Babette di Gabriel Axel, tratto dall’omonimo romanzo di Karen Blixen? Se non l’ha visto, glielo sintetizzo brutalmente in quattro parole: siamo a metà Ottocento e Babette, una signora con un passato da cuoca, fuggita da Parigi, trova ospitalità in un villaggetto danese in casa di due anziane sorelle nubili e un po’ bigotte, figlie di un pastore protestante, dove lavora come governante; quando, quattordici anni dopo, le giungono dalla Francia 10.000 franchi, Babette, anziché servirsene per tornare in Francia, li impiega tutti per organizzare un pranzo alla memoria del pastore, padre delle signore che la ospitano: e in esso sfoggia tutta la sua grande sapienza culinaria. Minuto più, minuto meno, la trama è tutta qui: non ci sono arresti, denunce, amorazzi e via dicendo, non ci sono neppure amori, ove

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si escludano quello di Babette per la cucina e quello delle due signore verso la memoria del padre; eppure, pochi film esprimono così tanto con così poco! Un altro, è Dersu Uzala, di Kurosawa. Ma non voglio ampliare il discorso. Vede, non è che la deformazione della realtà sia sempre inaccettabile: deprecabile sì, almeno a mio avviso, ma non dimentico che – tanto per limitarmi ad un nome – Bertolt Brecht ha scritto un capolavoro col suo Vita di Galileo, anche mettendo in bocca al sommo scienziato cose che lui non si sognò mai di dire. Ma – mi perdoni – Brecht era Brecht, mentre Zaccaro (ed Eschenazi) sono (ahinoi e ahiloro)... Zaccaro ed Eschenazi, né più e né meno: con questo, parafrasando l’intercalare del grande Peppino De Filippo in Totò, Peppino e la malafemmina, in proposito “Ho detto tutto”.

Le sorelle Lescano al mare verso il 1937/8: erano piccoline di statura, ma avevano corpi perfetti e sicuramente un aspetto sano e florido, essendo tutte e tre sportive e amanti della vita all’aria aperta.

Per chiudere, ancora una cosa. Le Lescano non erano “smunte” né “nanerottole”, anche se Judith era alta all’incirca 1 metro e 50: ha forse dimenticato che la statura è un fattore fisico in costante aumento con ogni generazione? Prima di dare delle nanerottole alle tre sorelle olandesi, vada a verificare la statura di molte delle nostre più belle attrici di quegli anni, o se preferisce, della stessa Hollywood, così mi saprà dire. Questa sua affermazione sulla statura, ahimè, fa un triste paio col suo discorso sui magnifici quattro che cita (i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse, è proprio il caso di dire...) e sul fatto che il frutto dei loro “artistici lombi” sia stato acquistato chat en poche da già “ben 16 paesi”. La quantità non garantisce la qualità, gentile signora Santina: guardi solo a certi massimi riconoscimenti. Proust, Joyce e Musil non hanno mai vinto il Nobel per letteratura, e così Ezra Pound, eppure questo non impedisce loro di essere considerati rispettivamente tre dei più grandi scrittori – il quarto è Thomas Mann, che l’ottenne; e ci sarebbe a un dipresso anche un certo Kafka... – e il più grande poeta del Novecento; Greta Garbo non ha mai vinto l’Oscar e Alfredo Di Stefano un mondiale di calcio, ma molti considerano la prima la più grande attrice della storia del cinema, e il secondo, con Pelé e Maradona, il Gotha del pallone. Non credo di dover continuare. Il problema de Le ragazze dello swing è che tutti, ma proprio tutti, si sono dati da fare per contrabbandare la fiction come “la vera storia

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delle sorelle Lescano”; basterebbe – sarebbero ancora in tempo a farlo – un bell’avviso all’inizio: che, non essendovi in volume una (seria) ricostruzione biografica del Trio, quindi non potendo fare riferimento ad essa, potrebbe essere concepito così: “Molto liberamente ispirato alla storia di Alexandra, Judith e Kitty Leschan”. Basterebbe. Quanto al fatto che neanche le notizie sugli spettacoli dei giornali dell’epoca la persuadano circa la falsità della storia dell’arresto delle tre sorelle olandesi, beh... ciascuno è libero di credere quel che vuol credere. Anche Monaldo Leopardi, all’alba dell’Ottocento, sosteneva che fosse il Sole a girare attorno alla Terra, e non viceversa... Mi raccomando, usi un buon cannocchiale». 8 Ottobre 2010

◙ Il 5 Ottobre scorso la cantante bolognese Marisa Colomber (al secolo Marisa Colombara) ha festeggiato il suo ottantaduesimo compleanno. È stata, con pieno merito, una delle cantanti italiane più famose degli anni Cinquanta, ai quali un numero crescente di appassionati, anche giovani, guardano oggi con profonda nostalgia. Fra questi c’è anche il nostro Alessandro Rigacci, il quale ha voluto rendere omaggio a questa artista con un bellissimo video, caricato su YouTube all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=RO2s6Zl1yhM.

Esso è in forma di medley ed è inoltre arricchito da numerose illustrazioni. A nostro giudizio si qualifica come una delle cose più fini ed eleganti che si incontrino su tale sito, che pure è ricchissimo di preziosità (ma anche purtroppo di spazzatura). Sarà contenta la brava Marisa Colomber, cantante che non aveva nulla da invidiare a Nilla Pizzi, e c’è da scommettere che, vedendo in Internet un simile omaggio, le saranno scesi dagli occhi dei gran lucciconi di gioia, ma anche di rimpianto per i bei tempi andati! Alessandro sta ora preparando, con la nostra collaborazione, un altro video strutturato allo stesso modo e dedicato al cantante di Grassina (FI) Otello Boccaccini, di cui ricorre questo mese il centenario della nascita. Appena sarà pronto, ne daremo notizia in questa sede.

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Otello Boccaccini sulla copertina del Catalogo Dischi Cetra-Parlophon, Aprile 1939-XVII.

◙ Mail di Virgilio: «Ho apprezzato molto il fatto che il dibattito si sia spostato dalla fiction televisiva verso temi di carattere più generale e, al momento attuale, perfino più avvincenti. Anzitutto, sulla liceità o meno d’imbrogliare il pubblico con delle castronerie riguardo ai personaggi storici, tema che grazie ad alcuni “bastian contrari” ci ha portati a indagare se sia giusto accettare o meno questo tipo di bocconi, di carne non precisamente genuina. Poi, il discorso sull’autonomia o meno dello swing “dei telefoni bianchi” rispetto alla tradizione d’Oltreoceano: e mi pare che, in proposito, le osservazioni più acute le abbia fatte Paolo, distinguendo il jazz dallo swing, che ne è, sì, un’emanazione, ma del jazz puro costituisce solo un’espressione in chiave brillante: niente di negativo, per carità, anzi! Quando Paolo scrive che lo swing era la disco-music degli anni 1935/44 dice una cosa che mi sento di sottoscrivere in pieno – e perciò aggiungo: se compariamo con quella l’attuale disco-music, chi ne esce con le ossa rotte? In realtà, penso che anche oggi ci sia tanta buona disco-music, ma che quella del tempo delle Lescano sia comparativamente superiore non mi sembra possano sussistere dubbi. Ecco, se posso permettermi di dare a tutti un suggerimento, direi che incanalata su questi temi la discussione potrebbe continuare, perché realmente appassionante e costruttiva. ◙ Il nostro vecchio amico Max, quando ci si mette, è capace di arrivare fino… agli antipodi. E in effetti è proprio a Cape Town, in Sudafrica, che è riuscito a scovare la sorella del cantante palermitano Gianni Di Palma (1921 - 2002), di nostro interesse perché incise col Trio Lescano ben cinque canzoni, fra cui la notissima Ti-Pi-Tin (GP 93080, 1939).

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Gianni Di Palma nella tavola di Nico Edel (1940-XVIII) dedicata ai vincitori della Seconda Gara della Canzone, organizzata dall’EIAR.

Questa gentile signora, il cui nome completo è Anna Di Palma Couvert, ha oggi 77 anni ed è una donna molto in gamba, con una memoria ancora eccellente: ricorda ad esempio tutta una serie di aneddoti divertenti sulla difficile carriera artistica del fratello, perennemente ostacolata dai genitori. Il nostro biografo ufficiale dei cantanti che hanno collaborato con le Lescano, Alessandro Rigacci, ha provveduto a contattarla via e-mail (la signora è perfettamente aggiornata e usa il computer come le nostre nonne usavano i ferri da calza). Ha così saputo che Gianni Di Palma ha un figlio e un nipote che vivono qui in Italia. Sua moglie inoltre, la signora Maria Teresa Basso, era la cognata del cantante torinese Armando Broglia, avendo quest’ultimo sposato la sorella Bianca Basso, tutt’ora vivente a Torino. Dopo lo scambio di alcune mail, è nata tra Alessandro (23 anni) e l’anziana, eppur giovanilissima signora, una calda amicizia, tanto che Anna ha trovato naturale invitare il nostro biografo a darle del tu. Gli ha quindi scritto questa bellissma lettera che, col suo amabile consenso, pubblichiamo a beneficio di tutti i nostri lettori: «[…] Quando ci si dà del tu […] il discorso scorre meglio, senza tanti bizantinismi, e poi il fatto stesso di avere degli interessi in comune lo richiede. Mi congratulo con te per la biografia di mio fratello Gianni e mi rendo conto che non deve essere stato facile compilarla, dato lo scarso numero di dati a tua disposizione. La causa di tale penuria è senz’altro da ricercare nel fatto che la “meteora Gianni Di Palma” ha quasi sempre dovuto muoversi in incognito, per la dura opposizione della nostra famiglia. Non è che io sia in possesso di molte più notizie: avevo solo sette anni quando egli vinse il Concorso Eiar per voci nuove, e vivevo confusamente la tensione tra Gianni e i miei genitori. Anzi decisamente preferivo starne lontana, perché egli era il mio eroe e pensavo che i miei genitori non capissero niente. Quest’ultimo giudizio poi mi riempiva di sensi di colpa, perché non in linea con ciò che doveva pensare a quell’epoca una brava bambina educata. Quello che posso dirti però è che nel ’40 ci trasferimmo da Genova a Torino, dove Gianni visse parecchi anni e quindi fu per questo motivo che incideva (quando riusciva a scappare) a Milano, alla Voce del Padrone. Inoltre frequentava il liceo classico, dove veniva accompagnato ogni mattina da nostro padre in veste di carabiniere, perché non andasse a cantare da qualche parte. Cosa che invece ogni

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tanto avveniva: fuggiva dalla finestra del bagno del liceo e io e mia madre lo sentivamo dalla radio cantare in diretta! Ricordo mia madre disperata che correva al bar sotto casa (allora poche famiglie possedevano un telefono) per avvisare mio padre, che era al lavoro. E lui si precipitava a scuola e faceva scenate epiche al preside perché “il ragazzo è ancora minorenne, io la denuncio!”. Ti ricordo che nel ’40 si diventava maggiorenni a 21 anni… C’era la guerra e la vita divenne durissima. Gianni lavorò dove trovava e poteva: fece persino per breve tempo il portiere di notte all’albergo Principe di Piemonte a Torino, qualche serata nei night, e curò, come conduttore confidenziale, una rubrica radiofonica all’Eiar. Poi si laureò con ottimi voti in Economia e Commercio e seguì, ormai domato, le orme paterne: si impiegò in banca, fece un’ottima carriera, diventò direttore, si sposò e dimenticò definitivamente la musica. Il giorno in cui andò in pensione, però, si trasferì a Genova e si permise, finalmente, di ritornare al vecchio amore al quale era stato strappato: il canto. Partecipò alle trasmissioni che tu hai elencato e a qualche serata musicale nei locali di Genova e provincia e, come fosse stato un ragazzino, pochi mesi prima di morire si stava preparando per una crociera, nella quale avrebbe cantato, accompagnandosi al pianoforte, come “cantante confidenziale”. So che aveva composto anche qualche canzone, perché mi parlava di diritti d’autore che la Siae gli pagava... ma non posso esserti più precisa. Chissà che tu, con i tuoi potenti mezzi, non ci riesca. E forse, sempre approfittando degli stessi mezzi, potresti scovare qualcosa sulle sue trasmissioni radiofoniche all’Eiar verso il 1942. Erano serali (o notturne?), basate sulle lettere e le telefonate degli ascoltatori. Io purtroppo di lui non ho quasi più nulla: nella mia vita ho molto viaggiato all’estero (a differenza di Gianni, io, alla mia famiglia ossessiva mi sono ribellata e sono addirittura scappata di casa!). Anche adesso – come mi pare d’averti detto – vivo a Cape Town in Sudafrica e quindi col tempo, a causa dei viaggi, ho dovuto rinunciare ai suoi dischi (a 78 giri, poi!!!) e alle pochissime foto dell’epoca. Ne ho solo qualcuna di lui e la sua famiglia (ha avuto un figlio e un nipote), ma direi poco interessanti ai fini delle vostre ricerche. Ho solo un ritaglio del Secolo XIX sulla sua scomparsa; la prossima volta cercherò di mandartelo. Uhmm, penso d’essermi dilungata un po’ troppo. I vecchi, si sa, se gli dai corda non la smettono più. P.S. - Rileggendo adesso la lettera mi viene veramente in mente che si potrebbe scrivere un articolo umoristico intitolato: Ai tempi in cui X Factor non c’era e il papà non piangeva di gioia per i successi del proprio figliolo canterino!!! […] Un saluto affettuoso e ancora grazie! Anna». 9 Ottobre 2010

◙ Mail di un nuovo estimatore che, per comprensibili motivi, non desidera che riveliamo la sua identità, né la città da cui scrive. Per comodità lo chiameremo per ora, simpaticamente, Nicolò, in onore del Santo che un tempo, prima dell’arrivo qui

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da noi di Babbo Natale, portava i doni ai bambini meritevoli (noi, in verità, bambini non lo siamo più da un pezzo, tuttavia qualche piccolo merito riteniamo di averlo: inoltre, quando riceviamo mail come questa, torniamo a credere per un momento che Santa Klaus, alias San Nicolò, esista per davvero): «Sono appassionato da molti anni di musica anni Trenta e dispongo di numerosi dischi d’epoca, compresi quelli del Trio Lescano, che gradisco particolarmente. Ho inoltre una collezione di radio, dello stesso periodo, di circa 250 pezzi, principalmente radio italiane, più diversi grammofoni meccanici. Visitando il vostro sito ho riconosciuto la vera professionalità nel trattare l’argomento, pertanto sono lieto di mettere a vostra disposizione il mio materiale (foto, dischi, radio ed altri apparecchi, eventualmente anche per mostre). Se siete interessati, fatemi sapere come posso collaborare. In merito al CD che state preparando, vorrei sapere se è possibile acquistarne una copia a titolo ed uso personale. Saluti, ecc.». Abbiamo subito ringraziato questo nuovo amico, inviandogli l’elenco dettagliato di ciò che abbiamo in archivio, al fine di verificare se possiede qualcosa che a noi manchi. Naturalmente gli abbiamo anche assicurato che l’archivio suddetto è fin da subito a sua disposizione, e che non mancheremo inoltre di offrirgli in dono il CD-ROM con i frutti delle nostre ricerche, non appena esso sarà pronto, presumibilmente nei primi mesi dell’anno prossimo. ◙ Mail da Francesco Paci: «Innanzi tutto complimenti per l’ottima iniziativa di recupero della memoria storica del Trio Lescano attraverso il vostro sito (cui, noto con piacere, partecipano molte persone che condividono gli stessi ideali). Vi scrivo per proporvi un mio disegno del Trio Primavera, formazione vocale da me molto apprezzata, scoperta grazie al lavoro di Roberto Berlini, con il quale sto intrattenendo un proficuo rapporto di collaborazione, che, mi auguro, porterà, avanti nel tempo, molti frutti nel campo della ricerca. Spero, altresì, di poter contribuire, personalmente, su questo sito, al recupero della verità, sulle tre sorelle Lescano, con materiale di ogni tipo, che già molte persone si sono prodigate a far tornare alla luce».

Il Trio Primavera nella graziosa interpretazione grafica di Francesco Paci.

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10 Ottobre 2010

◙ Il Curatore di questo sito intrattiene da sempre legami particolarissimi con la Francia, sia perché ne conosce bene la lingua (che ha insegnato per tanti anni in uno dei più prestigiosi atenei italiani), sia perché è felicemente sposato da una vita con un’incantevole parigina. È naturale quindi che egli conti in quel paese molte belle amicizie, specie nell’ambiente degli intellettuali e degli artisti. Tra codesti bons amis, c’è anche uno sceneggiatore e regista di cui, per discrezione e anche per il motivo che vedremo tra poco, il Curatore preferisce non rivelare l’identità. Questo esperto uomo di spettacolo, che lavora sia nel campo del cinema (dove produce più che altro documentari), sia in quello della televisione di qualità, è sempre assai occupato, nonché spesso e volentieri in giro per il mondo, anche per lunghi periodi; ne consegue che gli incontri tête à tête tra lui e il Curatore si sono fatti rari negli ultimi anni; tuttavia gli fa ogni tanto delle lunghe telefonate via Skype, a volte in orari impossibili a causa del diverso fuso orario: conversazioni che, come si può ben immaginare, non sono mai banali. Così al Curatore è capitato di parlare ultimamente con questo autorevole professionista proprio dei temi spinosi toccati qui nelle settimane scorse da molti dei nostri collaboratori, in particolare da Virgilio: dove finisca la legittima – e necessaria, sia chiaro, anzi irrinunciabile – libertà creativa dell’artista e dove inizi invece l’ arbitrio del mestierante, magari al servizio di interessi commerciali che con l’arte hanno ben poco a che vedere. Abbiamo pensato di raccogliere il succo delle telefonate aventi per argomento il cinema e la televisione in una specie di “intervista”, ovviamente non reale, bensì modellata sulle Biographies imaginaires, di cui i nostri cugini d’Oltralpe sono gli indiscussi maestri (si veda al riguardo la pregevole pagina del sito Lettres et Arts: http://www.lettres-et-arts.net/histoire_litteraire_19_21_emes_siecles/48-biographie_imaginaire_bibliographie). Ne proponiamo la lettura (v. Appendice 4) ai nostri affezionati lettori, facendo nostra la celebre esortazione di Renzo Arbore: meditate, gente, meditate! Precisiamo solo che riteniamo giusto garantire l’anonimato al cineasta francese, perché si è espresso in piena libertà, come si fa appunto conversando in modo informale tra vecchi amici: non si dice forse che è lecito parlare finché si vuole dei peccati, purché non si facciano mai i nomi e cognomi dei peccatori? Postilla. A proposito del summenzionato Arbore, confessiamo che non ci piace molto – e lo diciamo con tutto il rispetto dovuto a questo originale e scoppiettante personaggio radio-televisivo – il tono perennemente canzonatorio che egli sfoggia ogni volta che parla della musica leggera italiana degli anni Trenta e Quaranta. Né apprezziamo più di tanto, in tutta sincerità, il modo goliardico-parodistico con cui ripropone i classici di quel periodo con le varie orchestre che ha fondato e lanciato, per altro con grande successo di pubblico e di critica.

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Renzo Arbore e l’Orchestra Italiana. 11 Ottobre 2010

◙ Mail firmata: «La storia si ripete: anche al sommo Kantor di Eisenach toccò la stessa sorte del nostro amatissimo Trio! Ma il Curatore del sito – musicista, poliglotta, tuttologo e soprattutto mio carissimo amico d’infanzia – sta ora, grazie a Dio, mettendo le cose a posto: e sicuramente per la première finale non scomoderà Karl Friedrich Zelter! Un sincero applauso a tutti i collaboratori del sito per il certosino e bellissimo lavoro, che seguo ogni giorno con enorme interesse: bravi ancora!!! Tito Zaggia, musicista e orchestrale in pensione».

Il polistrumentista Tito Zaggia, nei suoi verdi anni.

◙ Mail firmata: «Gentile Curatore, mi sono avvicinato al Vostro sito dopo aver seguito la fiction televisiva sul Trio Lescano. Pertanto dal mio punto di vista questo è un elemento di merito, che mi ha consentito di scoprire queste meravigliose artiste. Ma non voglio parlare del film, volevo solo ringraziarVi per lo splendido, accurato, puntuale servizio che fornite agli appassionati e vorrei accodarmi ai tanti utenti

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desiderosi di ottenere il cd che state preparando. Vorrei mettermi peraltro a Vostra disposizione, per eventuali attività di ricerca nella mia zona di residenza: vivo infatti a Novate Milanese, in provincia di Milano. Colgo infine l’occasione per porgerVi i più cordiali saluti. Francesco Piraino». Dopo aver ringraziato questo nuovo amico per le sue cortesi parole di apprezzamento, gli abbiamo indicato cosa potrebbe fare per diventare un nostro collaboratore, unico modo per ricevere, quando sarà pronto, il CD con tutto l’Archivio del sito. ◙ Mail di Paolo: «Plaudo vivamente al cambio di tonalità... tanto i concetti sono espressi, e chi vuol approfondire, ebbene bussi alla nostra porta, che è sempre aperta. Tuttavia non posso esimermi dal segnalare un articoletto (v. Appendice 5) che ho trovato su un foglio locale (L’Unione Monregalese). Esso va, se non altro, un pochino controcorrente, definendo lo sceneggiato come realizzato “con qualche libertà”. Tra le varie insensataggini riportate, la cosa più gustosa è che un monregalese D.O.C. si sente offeso perché i suoi concittadini dell’epoca avrebbero apostrofato come “terùn” il povero capocomico napoletano Fiore durante lo spettacolo (inventato) di Mondovì, cittadina amena ed industre, definita dal lettore “una città seria, colta e raffinata”, nella quale difficilmente “poteva esserci un pubblico che faceva uso di epiteti così insultanti”. Sto ancora ghignando...». ◙ Mail di Francesco Paci: «Grazie per il bel servizio pubblicato sulle Notizie del 9 Ottobre scorso: l’ho apprezzato moltissimo! Vi scrivo per avvertirvi che il primo numero della rivista da me annunciata in precedenza è stato pubblicato proprio ieri sul blog ufficiale della Fisa Editrice: http://fisaeditrice.blogspot.com/. L’introduzione nella quale vi ho citati, come promesso, si trova a pagina 29, mentre il disegno di Roberto Berlini è pubblicato nella pagina successiva. Vi invio inoltre la copertina dell’album con le canzoni del Trio Primavera: Springtime!:

Una buona giornata a tutti, e grazie ancora!». 12 Ottobre 2010

◙ Mail di Vito: «Amici, anche se non c’entra con le Lescano, vi segnalo la pagina http://www.ildiscobolo.net/public/SPECIALI%20-%20OSCA R%20CARBONI/MANDAMI%20UNA%20CARTOLINA.htm

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sul sito Il Discobolo, nella quale il nostro amico Massimo Baldino ha inserito alcune cartoline musicali che gli avevo mandato. Mi sono state regalate qualche anno fa da Alfredo Rossi. Penso che comunque vi possano interessare». ◙ Mail di Osvaldo G.: «Ho letto l’intervista al regista francese, trovandola di estremo interesse. Devo dire, senza polemica, che quanto lui afferma a proposito di un certo modo di ricostruire le biografie di personaggi della nostra storia recente (per me è tutto recente quel che avvenne nel Novecento) è largamente condivisibile. Ed è con comprensibile amarezza che valuto molta produzione della cinematografia italiana al riscontro con quella dei nostri cugini d’Oltralpe: in merito alle ricostruzioni storico-biografiche, i francesi, quasi sempre, ci sanno fare più di noi. Non è un caso, forse, se un capolavoro come La prise de pouvoir par Luis XIV di quel genio di Roberto Rossellini (1966) è una produzione francese, girata con maestranze ed attori francesi.

Jean-Marie Patte e Raymond Jourdan nel film La prise de pouvoir par Luis XIV, diretto da Roberto Rossellini.

Le eccezioni italiane sono pochissime. Personalmente, ricordo con piacere La vita di Leonardo da Vinci di Renato Castellani (1971), coproduzione italo-spagnola interpretata da Philippe Leroy; anche se – è vero – era ossessivo l’imperversare del commentatore Giulio Bosetti in giacca e cravatta (l’immortale Raimondo Vianello ne fece una stupenda parodia, infilandosi – come neo-commentatore – addirittura nel letto del preoccupatissimo Leonardo, quando questi si coricava!); ma come regista televisivo, tranne in quell’occasione, Castellani non mi ha mai entusiasmato: il suo successivo Verdi (1982) l’ho trovato sciapo e fuori registro. In tempi a noi più recenti, voglio ricordare La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana (2003), che è un ampio affresco della nostra storia recentissima (1966-2003): per quanto mi riguarda ho gustato molto questo film, che non mi ha mai annoiato, malgrado la sua durata, ed è grazie ad esso che, emotivamente, ho rivissuto in pieno gli anni della mia stessa gioventù e poi quelli della maturità. A questo punto non posso fare a meno di immaginare come sarebbe stata una fiction sulle Lescano diretta da Giordana, magari con uno sceneggiatore che si fosse avvalso in qualche misura della vostra competentissima e disinteressata collaborazione. Tale fiction si sarebbe potuta intitolare – butto lì un’idea – Per cantar ci vuol swing e sono certo che avrebbe realmente riportato in vita le favolose olandesine con tutto il loro

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ambiente: non barbie e manichini, come nella fiction Rai, bensì persone vere e credibili, in carne, ossa e... ugola. In definitiva è ad opere come quelle del miglior Castellani o di un Giordana che dovrebbe rifarsi chi si accinge oggi a girare in Italia una ricostruzione filmica di carattere storico-biografico: perché il vero lavoro avviene al 50% prima di cominciare a girare, informandosi, curando in ogni dettaglio la veridicità dei fatti, la somiglianza fisica degli attori, la rispondenza di luoghi e ambienti, a volte – perfino – del modo di esprimersi, del linguaggio. Ma come andare a spiegare tutto questo a chi è accecato dalla presunzione di non avere nulla da imparare da nessuno?». ◙ Mail di Jess Clifton, intitolata Ottimi principi, pessimi esempi: «Gentile Curatore, da tempo seguo con grande interesse il sito Ricordando il Trio Lescano, che ritengo la fonte più autorevole in Rete (e non solo) riguardo le sorelle Leschan. Pur essendo tutt’altro che esperta di musica del periodo (la mia conoscenza non esula dai soliti noti) è per me sempre un gran piacere leggere delle scoperte e opinioni Sue e dei Suoi collaboratori. Non ho mai voluto disturbarLa, ma l’ultima notizia, ovvero quella in cui vengono riportate le conversazioni telefoniche con il Suo amico francese, mi spinge a mettere le mani sulla tastiera del pc onde esprimere la mia perplessità. A scanso di equivoci, i principi per realizzare un biopic [biographical picture - NdC] come si confà, espressi dallo sceneggiatore e regista transalpino, sono pienamente condivisibili: chiunque fosse dotato di un minimo di piatto buonsenso (dote che evidentemente scarseggia anche nel mondo dello spettacolo) non potrebbe non essere d’accordo. Il problema è quando, nel finale, vengono citati i film di Gérard Corbiau quali esempi di capolavoro. Ora, dei citati io ne ho visto solo uno su tre: ma già quello, che per inciso è il famigerato Farinelli - Voce Regina, basta a farmi scuotere la testa. Si tratta infatti, e a giudizio non solo mio (sono una povera laureata in lingue la cui opinione conta quanto le coppe a briscola quando regnano i denari), di uno dei peggiori biopic mai realizzati: tronfio, presuntuoso, con un cast clamorosamente sbagliato che riduce a macchiette sia il povero Broschi che qualunque personaggio lo circondi, musiche che puzzano di plastica grazie a risibili quanto inutili artifici digitali, e soprattutto infarcito di inesattezze storiche. Non sto a elencarle onde non rubarLe tempo prezioso, ma da appassionata di musica barocca posso dirle che a confronto l’orrendo sceneggiato sulle Lescano da poco elargitoci da Mamma Rai è un capolavoro di credibilità: se nella fiction di Zaccaro le sorelle olandesi sono tre watusse palestrate (chapeau per la definizione, ho riso di cuore), nel film di Corbiau lo sventurato Farinelli è ridotto a una diva isterica, una rockstar di quart’ordine ante litteram che di acuto in acuto e di materasso in materasso si trascina verso un finale che è un capolavoro (quello sì!) di ridicolo involontario. Che il Suo amico francese scelga proprio un simile orrore quale esempio di film che dovrebbe incarnare le regole di una biografia ben fatta, getta una luce assai mesta sulle sue affermazioni precedenti: parafrasando un celebre romanzo italiano che

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oramai nessuno più legge, se le incarnazioni scendono sotto un certo livello, anche l’idea ci patisce».

Il vero Carlo Broschi, detto Farinelli (Andria, 1705 - Bologna, 1782) e l’attore romano Stefano Dionisi che lo impersona nel film di Gérard Corbiau.

Il regista francese nostro amico ha espresso, in piena libertà, delle valutazioni molto personali che noi non siamo ovviamente obbligati a condividere in toto. In effetti, dei tre film di Corbiau che egli ha citato, Farinelli (nella versione italiana: Farinelli - Voce Regina) è senz’altro il più discutibile: ha ricevuto, nel 1995, numerosi e significativi riconoscimenti internazionali (Golden Globe come miglior film straniero, 2 Premi César come miglior scenografia e migliore colonna sonora, David di Donatello per i costumi e infine una nomination all’Oscar), ma anche aspre critiche, in verità non sempre prive di fondamento. È insomma uno di quei film che provocano reazioni nettamente contrastanti, anche tra gli stessi connaisseurs: o di plauso entusiastico o di condanna senza appello, un po’ come, dieci anni prima, era successo con l’Amadeus di Miloš Forman. Non ci pare comunque che Farinelli meriti di venir liquidato con la sbrigativa qualifica di “orrore”: forse, più che un film storico-biografico, bisognerebbe considerarlo un’opera di pura poesia, a tratti surreale, alla stregua del Casanova di Fellini (1976), che resta comunque un modello inavvicinabile. Sul valore degli altri due film di Corbiau (Le maître de musique e Le roi danse) crediamo invece che non sussistano dubbi di sorta, specialmente sul primo. 13 Ottobre 2010

◙ Mail di Paolo Piccardo, avente per oggetto: Invito agli appassionati: «Vorrei invitarvi tutti a Genova per un evento dedicato allo swing, i prossimi 22/23/24 Ottobre 2010. Questa è la quarta edizione del BeLindy Zena Camp: iniziato in sordina, con il passare delle edizioni ha visto crescere il numero dei partecipanti che sono quadruplicati in pochi anni. Ringraziamo tutti i ballerini di swing italiani e di ogni parte del mondo che ci hanno dato forza e fiducia, indispensabili per poter organizzare un evento ogni anno più bello e più ricco, consentendoci di portare in Italia i migliori ballerini ed insegnanti di swing del mondo. Solo così siamo potuti giungere alla 4a edizione con un cast eccezionale di ballerini, showmen, musicisti ed insegnanti, che faranno crescere il Lindy Hop nel nostro paese, realizzando il nostro sogno di formare una nuova generazione di ballerini improntata sul più classico degli

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stili e sulla vera cultura musicale e di ballo della Swing Era. Per informazioni si veda il sito http://www.belindyzenacamp.it.

Gli Wops sono il primo (ed a tutt’oggi unico) gruppo-spettacolo italiano di balli Vintage e Swing.

Inutile dire che il 23 Ottobre, presso l’Hotel Sheraton di Genova Aeroporto, per lo spettacolo anch’io sarò seduto in orchestra: in anteprima assoluta ecco i pezzi che suoneremo. Per inciso, il foglio mostra il tipo di lavoro che un direttore d’orchestra prepara prima dello show... salvo poi stravolgerlo durante lo spettacolo. Mi sembra di vedere Barzizza distribuire la “scaletta” ai suoi, con tutti i commenti e le gag del caso... In orchestra ci si diverte molto! Sperando di vedervi vi abbraccio tutti, Paolo». ◙ Altra mail di Paolo: «Ecco una mail dal sito del Monumento Digitale, sorta di omaggio e memoriale per gli israeliti in Olanda. Durante le ricerche sulla famiglia De Leeuwe ho scambiato informazioni con questi curatori, e ora ce ne rendono atto.

Dear Sir, I am writing to let you know that, in the months of August and September 2010 we have added the information you supplied to the Digital Monument. You can visit our website to view the changes. Please bear in mind that not all the information you provided could be added without modification. For instance, in accordance with the Dutch laws protecting privacy, we had to leave out references to surviving relatives, or make them anonymous. For questions about the criteria that were used in dealing with your information, please consult the explanation page on our website. The Digital Monument was recently extended with the Jewish Monument Community, a new interactive website where you can post information about Jews in the Netherlands before, during and after World War II. Here you can publish articles, add photographs and establish family relationships. All posted information is immediately visible on the internet. Through the community you can contact other users, exchange information and build a network of friends. Visit the website www.communityjoodsmonument.nl and check the links bellow for a first impression: - An introduction on the Community - What does the Jewish Monument Community have to offer?

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Once again, I would like to express my gratitude for your contribution to the Digital Monument. And I invite you to join our new Community. Kind regards, Daniël M. Metz Coordinator, Digital Monument to the Jewish Community in the Netherlands Jewish Historical Museum E-mail: [email protected] websites: www.joodsmonument.nl / www.jhm.nl ◙ Giorni fa siamo stati contattati dall’attore, fotografo, regista e altro ancora Victor Vegan (al secolo Davide Loris Fiore: http://www.solitoposto.com/victorvegan/index.htm), il quale ci ha inviato le sue impressioni sulla fiction Le ragazze dello swing, del cui cast doveva in un primo momento fare parte. Purtroppo esse ci sono giunte… fuori tempo massimo, per cui non abbiamo potuto pubblicarle (come del resto numerose altre: prima o poi dovevamo pur chiudere definitivamente questo capitolo, per nulla gradevole!). Ora Victor ci segnala che ha realizzato l’altro ieri un’intervista filmata alla sua concittadina Maria Bria (anche lui è di Chivasso), intervista che ha quindi subito pubblicato [http://www.youtube.com/watch?v=yz25a_qGsyI] su YouTube. Sfortunatamente la Signora Bria non dice qui nulla di nuovo rispetto a ciò che ha già raccontato nelle tante interviste concesse in precedenza. Stupisce inoltre che essa continui ad affermare che Giuditta si separò dalla sorella maggiore e dalla madre (rimasta sempre con loro) nel 1952, quando il nuovo Trio Lescano si sciolse definitivamente, mentre noi abbiamo validi argomenti per ritenere che la separazione sia avvenuta assai più tardi, verso il 1963.

Maria Bria durante l’intervista concessa a Victor Vegan l’11 Ottobre 2010.

Inoltre Victor ha messo sulla sua pagina di Facebook delle foto estrapolate (col suo permesso) dall’album della signora Bria, con la «speranza – sono parole sue – che servano a qualcosa». 14 Ottobre 2010

◙ Mail di Lea: «Ho letto con interesse il documento che il nostro ottimo Curatore ci ha offerto qualche giorno fa, cioè la sua “intervista” al cineasta francese ***. Se devo

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essere del tutto sincera, ne ho tratto l’impressione che questo misterioso personaggio parli un po’ troppo pro domo sua. Egli ci descrive delle situazioni che saranno senz’altro reali, non lo metto in dubbio, ma che, lungi dall’essere la norma, come le sue parole ci inducono a credere, devono al contrario riguardare un numero ristretto, un’élite di sceneggiatori e registi del suo paese, in particolare se prendiamo in considerazione quelli che lavorano prevalentemente per la TV. Anche in Francia, infatti, c’è molta télé poubelle, la quale ha l’unico scopo di attrarre, con qualunque mezzo, il maggior numero possibile di telespettatori, ai quali somministrare poi robuste dosi di pubblicità commerciale. Non è realistico suppore che chi è parte interessata di un sistema del genere possa avere determinati scrupoli o elevate istanze etiche da rispettare coûte que coûte: chi leggiucchia il francese, può documentarsi a sufficienza su questo argomento, oltremodo avvilente, mediate la pagina ad esso dedicata in Wikipedia [http://fr.wikipedia.org/wiki/T%C3%A9l%C3%A9_poubelle]. Per quanto riguarda poi le fiction di genere storico-documentaristico i francesi indubbiamente stanno meglio di noi, ma non troppo – mi pare. Giusto per rimanere sul concreto, ho potuto seguire su France 2, grazie all’antenna parabolica, la docu-fiction di Christophe Nick intitolata La Résistance, trasmessa nel 2008, e devo dire che, accanto ad aspetti indiscutibilmente apprezzabili e avvincenti, spesso toccanti, ne ho trovato altri che, almeno ai miei occhi, lo sono in misura minore: anche qui, a conti fatti, siamo in presenza di una storia recente che, pur senza essere smaccatamente falsificata come avviene così spesso da noi, è comunque in parte riscritta ad usum delphini. Detta con parole meno auliche, è la storia riscritta dai vincitori, alquanto diversa da quella scritta dagli storici veri, ossia rigorosamente imparziali e unicamente al servizio della Verità.

Fotogrammi dalla serie televisiva francese La Résistance: a sinistra, la parte tratta da filmati a destra la parte girata ai giorni nostri, con una perfetta ricostruzione degli ambienti e dei costumi.

Sotto, la copertina del cofanetto che raccoglie le sei puntate della fiction.

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In altre parole anche in Francia c’è parecchio imbarazzo nell’affrontare di petto certi argomenti, sviscerando fino in fondo gli avvenimenti storici che i documenti originali permettono di ricostruire, e questo allo scopo di evitare che tornino a divampare antichi rancori e contrapposizioni frontali, che covano sempre sotto la cenere. Ci sono insomma capitoli del passato prossimo della Francia che sono tuttora degli insidiosi campi minati: la figura del Maresciallo Pétain, il Regime collaborazionista di Vichy, la “sporca” Guerra d’Algeria (1954-1962) o il dramma degli harkis, gli algerini che, per interesse o per un mal inteso senso di lealtà verso la Francia, combatterono nelle fila dell’Esercito francese contro i loro stessi compatrioti del FLN, che lottavano per affrancarsi dal colonialismo; a guerra finita furono molto mal ricompensati dai francesi. Ma ce ne sono vari altri più recenti, come la tenebrosa affaire du sang contaminé, che ha visto coinvolti fino al collo un buon numero di politici francesi di primissimo piano e di quasi tutti gli schieramenti ideologici. Sono tutti temi, questi, che sceneggiatori e registi d’Oltralpe maneggiano con le pinze, per paura di scottarsi. La loro prudenza è certo apprezzabile, perché dettata in parte da giuste preoccupazioni (la pace sociale è un valore da salvaguardare il più possibile), ma è chiaro che in un tale contesto è difficile immaginare che esistano molti registi francesi disposti a realizzare fiction per la TV basate sulla storia recente, le quali siano veritiere al cento per cento, secondo i nobili principi enunciati da ***. A mio modo di vedere, il massimo che si possa ottenere da loro è che producano delle fiction oneste, tali cioè da raccontare al pubblico serale tutto quello che si può dire di vero senza provocare dolorose lacerazioni, ma anche senza ricorrere a spudorate menzogne per nascondere le verità più scomode. È appunto quello che ha proposto, secondo me, il regista Alain Tasma (che si è fatto le ossa come assistente di François Truffaut prima e di Jean-Luc Godard poi) col suo sceneggiato del 2006 Harkis: la storia di Leïla, una ragazza algerina un po’ ribelle, che vuol vivere oggigiorno la sua vita in piena libertà.

Leïla Bekhti (1984), protagonista della fiction Harkis di Alain Tasma (Arte).

In conclusione ritengo che non ci sia paese, per quanto civile e democratico, che non abbia, per quanto riguarda la storia del Novecento, i suoi bravi armadi strapieni di scheletri. Sarebbe auspicabile che, una buona volta, questi armadi venissero spalancati in modo da farvi entrare la piena luce del giorno, ma non è una cosa facile

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per nessuno. Si pensi alla fatica che hanno fatto i pur civilissimi Norvegesi per fare pubblica ammenda delle atroci umiliazioni che hanno inflitto per più di mezzo secolo alle migliaia di incolpevoli vittime del folle progetto nazista denominato Lebensborn. E si pensi, per fare almeno un accenno a ciò che avviene in Italia, al mare di polemiche e rabbiose reazioni che hanno suscitato i coraggiosi (e inattaccabili!) libri-inchiesta del giornalista Giampaolo Pansa, come Il sangue dei vinti. Difficile non è però impossibile e oggi abbiamo tutto il diritto di esigere che anche dei programmi televisivi di puro intrattenimento, come le fiction, si basino il più possibile sulla verità: i loro realizzatori devono smetterla una volta per tutte di trattarci come poveri di spirito ai quali raccontare bugie “edificanti” o “narrativamente più coinvolgenti” dei fatti come si sono realmente svolti. So bene che molti riconoscono agli “artisti” il diritto/dovere di reinventarsi la storia a loro piacimento, magari per meglio “evocarla”, ma io, nel mio piccolo, mi permetto di dissentire con un deciso non ci sto! Se lo ha detto pubblicamente qualche anno fa, alla TV e all’ora di cena, un nostro emerito Presidente della Repubblica, non vedo perché non possa dirlo pure io, che sono una semplice cittadina con l’unico merito di aver sempre pagato le tasse...». ◙ Ci scriveva una decina di giorni fa un lettore inviperito: «Come fate ad essere così sicuri che lo zio materno delle Lescano, Aaron de Leeuwe, non abitasse affatto a Torino al momento del loro arresto, alla fine del ’43? Che prove concrete avete in mano quando affermate che a quell’epoca Aaron era già morto, in Olanda, e per di più suicida? L’avete letto in Internet, e con questo? Non siete voi i primi a dire che la Rete è piena di notizie prive di fondamento? E poi, volete saperne più voi sulla storia degli ebrei di un reputato specialista della materia come Gabriele Eschenazi, pure lui israelita e autore di un libro ammirevole come Ebrei invisibili. I sopravvissuti dell’Europa orientale dal comunismo a oggi? Io credo più a Eschenazi che a voi e se lui ha inserito nella sceneggiatura della fiction Aaron de Leeuwe accanto alle nipoti e alla sorella Eva, deve per forza essere così. Dovreste pensarci su bene, prima di scrivere stupidaggini e tacciare gli altri di incompetenza: troppo spesso parlate a vanvera, voi!». Non abbiamo risposto a suo tempo a questo garbato signore, perché ci sembrava che fosse del tutto inutile: ora siamo lieti di esibire la prova certa che quanto da noi affermato è la pura e semplice verità. Il nostro instancabile collaboratore Paolo ha reperito, grazie alla cortesia del signor René van Heijningen (Information Department, Netherlands Institute for War Documentation) un foglio [v. Appendice 6], datato 23 Settembre 1942, che egli così descrive: «letter written by the Amsterdam Jewish Council to the local German Police Authorities giving notice of mr. Aaron de Leeuwe’s suicide [Selbstmorde]». Ci sembra che tale documento elimini ogni dubbio, almeno se uno crede alla validità del vecchio detto carta canta e villan dorme. Speriamo che ci creda pure il sullodato cortese lettore e capisca finalmente chi dice il vero e chi il falso, in questa come in tante altre occasioni.

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15 Ottobre 2010

◙ Il nostro collaboratore Roberto Berlini ci informa che ha pubblicato sul suo canale di YouTube – l’ormai lanciatissimo Swingitaliano – la prima incisione realizzata nel 1941 dal Trio Aurora. Si tratta dell’allegra canzone Suona la banda di Pasero-Notti (disco Cetra DD 10004). Molto opportunamente Roberto sottolinea il fatto che le tre componenti di tale Trio erano allora poco più che bambine, avendo solo 12 anni. Il videoclip è illustrato con un disegno a china, molto stilizzato, del Trio Aurora eseguito dallo stesso Roberto.

Il Trio Aurora nella realtà (1942) e visto da Roberto Berlini in un disegno a china.

◙ Mail di Virgilio: «La lettera di Lea è davvero interessante, soprattutto perché accorcia alquanto le distanze tra il nostro cinema (televisivo e non) e quello d’Oltralpe. La mia considerazione non è però ottusamente patriottica: rifletto semplicemente sul fatto che anche la TV francese ha le sue magagne e, soprattutto, i suoi tabù. Io penso che al Maresciallo Pétain sia stato riservato un trattamento iniquo da parte dell’opinione pubblica francese (e quindi da chi la “dirige” mediante giornali, libri, documentari, film, ecc.), a fronte del trattamento riservato al suo contraltare ‘politico’ d’allora, il Generale De Gaulle. Qui gli orientamenti politici non c’entrano (io, oltretutto, non parteggio assolutamente per l’estrema destra), c’entra semplicemente la verità dei fatti. E la realtà storica dice, a chiunque abbia un po’ di buon senso, che se si voleva evitare alla Francia non invasa i danni morali e materiali dell’avanzata tedesca non c’era altro modo che quello di venire a patti con Hitler; tanto più che allora, se tutti conoscevano la bellicosità del Führer e il suo odio verso gli ebrei, nessuno in Francia immaginava l’esistenza dei campi di sterminio ed altri orrori del genere (è sempre facile parlare

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col senno di poi, mentre a chi – a qualsiasi livello – ricostruisce i fatti è indispensabile calarsi nella realtà di allora). Giova ricordare, inoltre, che quando iniziarono le deportazioni di ebrei dalla Repubblica di Vichy, questi infelici venivano richiesti dal Terzo Reich ufficialmente per adibirli al lavoro nelle varie fabbriche dello Stato. Se in Germania crediamo alla popolazione civile tedesca, che sosteneva di non conoscere l’esistenza dei campi di sterminio, non vedo perché non dovremmo credere che ignoravano tali abominii anche molti degli stessi membri del governo collaborazionista di Vichy (non dico tutti, e mi riferisco solo al momento in cui queste deportazioni ebbero inizio anche lì).

Moneta con l’effigie del Maresciallo Pétain, coniata a Vichy nel 1941; sull’altro lato si leggono le tre parole – Lavoro, Famiglia e Patria – che

riassumevano il programma di questo governo. A mio avviso, Philippe Pétain meriterebbe ben altro giudizio in sede storica: non solo perché è stato un eroe della Prima Guerra Mondiale, avendo difeso e salvato Parigi e la Francia dai tedeschi nel 1917 (e anche allora, si prese sulle spalle responsabilità che non erano sue, assumendo il comando dell’esercito dopo la disastrosa condotta di guerra prima di Joffre e poi di Nivelle: condotta che, dopo le insensate e altissime perdite sull’Aisne, aveva portato i generali francesi a ordinare la criminale decimazione nei reggimenti renitenti all’assalto; essa fu da Pétain fortemente osteggiata e, non appena assunse il comando, abolita), ma altresì perché, nel ’40, forte della popolarità di cui godeva presso i suoi compatrioti, in un momento di fuggi-fuggi generale e alla veneranda età di ottantacinque anni, volle di nuovo assumersi l’onere di un incarico molto delicato, col migliore intento di giovare unicamente alla causa del suo paese, e salvaguardare un gran numero di vite umane. Certo, sulla Repubblica di Vichy, da lui presieduta, grava l’altissima responsabilità della deportazione degli ebrei in Germania, e, naturalmente, del collaborazionismo; ma quanto egli fu effettivamente informato dell’abietto operato del primo ministro Laval e dei suoi sottoposti? Vorrei ricordare che, dopo lo scriteriato processo a cui Pétain venne sottoposto (su ciò concordano ormai quasi tutti gli storici) e la condanna a morte, fu lo stesso De Gaulle a mutargli la pena nel carcere a vita: e chi, meglio di quest’ultimo, poteva sapere che con la sua pur deprecatissima azione politica, nel ’40, il maresciallo di Chauchy-à-la-Tour aveva tolto le castagne dal fuoco a circa la metà dei francesi, consentendo indirettamente agli Alleati di concertare una rete spionistica

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nella Francia sud-orientale, e di concentrare la loro azione operativa su obiettivi strategici più ridotti, che portarono allo sbarco di Normandia?

Parigi (XVème Arr.): monumento commemorativo del Rastrellamento del Velodromo d’Inverno (Rafle du Vel’ d’Hiv’, 16 luglio 1942), nel corso del quale furono arrestati in un solo giorno

12.884 ebrei, fra cui 4051 bambini; pochissimi si salvarono dai campi di sterminio.

Due dei tanti libri dedicati alla Rafle du Vel’ d’Hiv’ e locandina del film di Roselyne Bosch, La Rafle (2010), dedicato a questa terribile pagina di storia.

No, Pétain non è stato trattato bene dai francesi, che gli rimproverano ancora – con l’aggravante di essere stato un eroe di guerra – il tradimento alla loro grandeur: mentre il Maresciallo agì semplicemente in ossequio al buon senso, per evitare inutili spargimenti di sangue ed ulteriori danni alla popolazione del suo paese: in tutta coscienza, deportazioni degli ebrei a parte, si può davvero dire che fece male? Io non credo proprio. Brava Lea, dunque, che mette in luce i «campi minati» in cui, ancor

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oggi, la TV francese – come molte altre dell’Europa occidentale (figuriamoci, allora, quelle dell’Europa orientale...) – tenta di rinviare il momento di fare davvero i conti col proprio passato». Assicuriamo al nostro collaboratore Virgilio che sono molti gli intellettuali francesi che, nel loro intimo, la pensano come lui; in pubblico, tuttavia, non si azzarderebbero mai a esternare queste loro convinzioni per timore di passare per lepenisti, ossia per simpatizzanti dell’estrema destra di Jean-Marie Le Pen, per la quale il Maresciallo Pétain è un vero idolo. ◙ Mail di Paolo: «Mi spiace proprio vedere che evidentemente c’è chi non ha ancora capito le motivazioni del nostro sito. Nessuno di noi cerca un palcoscenico da cui esibirsi o un pubblico da imbonire. La ricerca della verità storica e documentata, ecco ciò che ci preme. A volte personaggi già famosi, forti della loro fama, possono farsi sfuggire dati importanti o significativi, soprattutto in materie in cui spesso gli archivi sono irraggiungibili, o ancora secretati, o gelosamente custoditi da una “casta”. Non so dove il soggettista della fiction Le ragazze dello swing abbia potuto trarre le proprie informazioni su Aaron de Leeuwe. Io invece ho seguito le tracce che vi presento: - http://www.maxvandam.info/humo-gen/gezin/humo9_/F14460/I40674/ - http://www.communityjoodsmonument.nl/person/216259/en - http://www.communityjoodsmonument.nl/page/110314/en È attraverso questo sito che ho ottenuto il documento con la prova che Aaron de Leeuwe si suicidò nel 1942, assieme alla moglie, per sottrarsi all’arresto e alla deportazione in Germania. Tutto ciò grazie a un po’ di pazienza, molta fortuna e la collaborazione di gentilissimi funzionari olandesi e belgi, che si sono prestati disinteressatamente ad aiutarmi, mentre non posso dire lo stesso di vari altri funzionari italici, vuoi consolari, vuoi religiosi, che spesso si sono negati. Come dicevo poc’anzi, nella ricerca si possono prendere cantonate, tutto sta a far onorevole ammenda quando la verità sia stabilita. Questa è onestà intellettuale. Invece si viene fraintesi, specie quando affermazioni di “mostri sacri” vengono prese con spirito acritico da qualche lettore superficiale. Bene, io non sono un letterato, ma un marittimo, per cui citerò un fatto che rientra nelle mie competenze tecniche specifiche. Anni addietro, in piena “Titanicfollia”, quando il film di James Cameron, noto pignolo, mieteva allori e consensi, mi permisi di fare, in certi blog e siti di appassionati e cinefili, alcune obiezioni tecniche circostanziate, relative a macroscopici errori nel film. Apriti cielo! Molte delle critiche che ci sono state rivolte per la fiction di Rai Uno sono del tutto identiche a quelle che ho ricevuto io in quell’occasione. Mi hanno dato dell’invidioso, del frustrato, dell’incompetente; dall’America mi hanno definito “moron”, “ass**le”; un signore, in particolare, ad un mio riferimento al “donkey boiler” mi ha chiesto se fossi impazzito e dove mai si era visto su una nave “bollire gli asini” (se qualcuno

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vuol approfondire l’argomento, si accomodi pure: “sempre a disposizione”, come direbbe Totò).

Ecco cos’è un donkey boiler: non un “bollitore d’asini” (se non per... gli asini!), bensì uno scaldabagno esterno di fortuna.

In marineria è una calderina ausiliaria per i macchinari a vapore di coperta.

Ecco il punto. Non si può negare la verità quando viene a galla. Se il Nostro si degnasse di ammetterlo, invece di continuare a pontificare, farebbe solamente un bel gesto nei confronti dei suoi lettori. E potrebbe applicare le sue stesse massime, come questa che segue, tratta da un commento fatto su http://israelediversa.ilcannocchiale.it/?r=144218: “La Lettera aperta ai docenti universitari italiani è inaccettabile e certamente non condivisibile sotto diversi punti di vista. Il primo è senza dubbio, come ha già osservato Claudio Luzzatti, la mancata indicazione delle fonti dalle quali sono tratti i dati segnalati. Che degli accademici si prestino a una così grossolana presentazione dei fatti è molto grave. Prima di scrivere una lettera di questo tenore con affermazioni così pesanti dovrebbero mostrare di essersi documentati. Appaiono invece come accademici che hanno svestito i panni degli intellettuali per vestire quelli dei fanatici militanti [...]”. Bene. Ci mostri ora le sue fonti riguardo ad Aaron de Leeuwe». 16 Ottobre 2010

◙ Ci è capitato di parlare spesso, in questa pagina, di Roberto Berlini, uno dei nostri collaboratori (cura tra l’altro il periodico aggiornamento dell’importante sezione Canzoni del Trio Lescano in Internet e sul mercato discografico) nonché creatore di Swingitaliano, il magnifico canale di YouTube che tanto successo sta riscuotendo tra gli appassionati di questo genere di musica. Ne abbiamo appunto parlato anche ieri, per segnalare l’ultimo video postato da Roberto, l’allegra canzone Suona la banda, incisa nel 1941 dall’esordiente Trio Aurora. Ebbene, c’è chi fatica a credere che questo collaboratore, così attivo e preparato, abbia solo sedici anni: pure a noi, del resto, pareva all’inizio impossibile che potesse esistere, nel nostro paese, un liceale animato da una così grande passione non per le

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rock star d’oggidì, ma per le canzoni del Trio Lescano e degli altri artisti della loro epoca. Pensavamo addirittura che si trattasse di uno scherzo di dubbio gusto … Non abbiamo però tardato a renderci conto che Roberto (da noi affettuosamente ribattezzato Roby, per distinguerlo da un altro nostro collaboratore con lo stesso nome) aveva realmente l’età dichiarata nel suo canale. A scanso di ulteriori dubbi o malintesi, lo abbiamo però pregato di inviarci una sua foto recente, in grado di convincere anche gli increduli più ostinati, alla San Tommaso. Egli ci ha subito accontentati e ha accompagnato la foto con queste parole: «Sono nato il 2 Giugno del 1994 a Roma. Comunque, chiunque mettesse ancora in dubbio la mia età, lo invito a contattarmi tramite e-mail [reperibile nella succitata pagina del nostro sito - NdC]. Anche un sedicenne, può interessarsi alla storia dei personaggi che hanno contribuito a cambiare qualcosa, in questo caso il ritmo della musica».

Roberto Berlini nella sua casa romana, dove vive coi genitori ed una sorella.

◙ Sollecitati da numerose richieste in tal senso pervenuteci ultimamente, abbiamo deciso di riunire in un unico pdf (v. la sezione Documenti) le quattro interviste che Alessandra Lescano concesse a dei giornalisti tra il 1980 e il 1985. Siccome tre di tali interviste sono assai problematiche, abbiamo ritenuto utile includere in una seconda parte del documento anche le più importanti discussioni che si sono svolte in questa sede intorno ad esse. Il lettore avveduto avrà così materia su cui riflettere, allo scopo di farsi una propria idea circa il contenuto di tali interviste e la loro attendibilità, il tutto finalizzato alla ricostruzione della vera storia delle sorelle Lescano.

Natalia Aspesi e Adriano Mazzoletti, autori di due delle interviste concesse da Alessandra Lescano nei suoi ultimi anni di vita.

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17 Ottobre 2010

◙ Il nostro collaboratore Marco Basso ci pone un interessante quesito. Egli ha reperito una copia del disco Cetra IT 624, uscito nel 1939, il quale ha su un lato la celeberrima canzone Maramao, perché sei morto? e sull’altro Trullalà jù, entrambe interpretate con una freschezza ed un brio inarrivabili da Maria Jottini. Come tutti sanno nel primo pezzo la cantante solista è affiancata dal Trio Lescano al top della forma, tanto che ancor oggi basta dire “Maramao” perché tutti o quasi gli astanti rispondano in coro – come i mici della canzone – “Trio Lescano”. Se ascoltiamo l’altra canzone, Trullalà jù, del Trio Lescano non c’è traccia, e allora perché sull’etichetta del disco in questione esso è indicato? È ben vero che nel nostro archivio abbiamo un’altra versione della medesima etichetta senza il Trio, ma la cosa ci appare quanto meno strana, tanto più che le due incisioni hanno lo stesso numero di matrice: 50245. Da notare che nel Catalogo Dischi Cetra Parlophon del Gennaio 1941 leggiamo che Trullalà jù è cantata dalla sola Jottini. Se c’è qualcuno in grado di spiegare l’arcano è invitato a farsi avanti.

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◙ Il nostro collaboratore romano Manuel (che, nel tempo libero, sta attualmente seguendo in loco vari filoni di ricerca, uno più interessante e promettente dell’altro) è rimasto colpito da ciò che abbiamo detto ieri su Roberto Berlini. Egli ci scrive dunque al riguardo: «Io stesso ho 24 anni (li compirò precisamente il 26 del mese prossimo) e già da tempo ho una grande passione per la musica e le arti figurative degli anni Trenta-Quaranta. Non si tratta semplicemente di fredda curiosità storica: è che tutto ciò mi emoziona, mi fa sognare ad occhi aperti: una questione di cuore, insomma. È ovvio che questo possa apparire strano, dal momento che è qualcosa di così lontano da noi, ma sono fermamente convinto che l’Arte (quando si configura come tale) sia senza tempo, riesca a comunicare anche a distanza di secoli, e non è mai banale ribadirlo. Non a caso mi sciolgo come neve al sole di fronte ad una tela dell’ultimo Tiziano, o quando la voce di Norma Bruni mi fa compagnia prima di addormentarmi... Tuttavia, tengo davvero molto a specificare che tutto questo non mi aliena assolutamente dal mondo attuale: a quel punto sarei semplicemente un nostalgico di tempi che, tra l’altro, non mi sono mai appartenuti. E invece no: sono laureato in storia dell’arte contemporanea e amo tanta musica dei nostri giorni. I criteri di apprezzamento, ovviamente, sono sempre gli stessi... L’altro giorno contemplavo la mia immagine riflessa in uno specchio di Anish Kapoor, magico ed elegante artista vivente. I miei occhi erano spiritati, tuttavia la freddezza dello storico dell’arte è emersa dal solo fatto che abbia avuto il coraggio di scattare una foto, che non vi mando perché non sono così egocentrico: volevo solo immortalare il momento! Questo è il mio approccio all’arte che m’incanta, a qualsiasi epoca essa appartenga».

Una delle più famose opere di Anish Kapoor (Bombay, 1954): lo Sky Mirror, 1997.

◙ Victor Vegan ci ha inviato un articolo dedicato a Maria Bria. Visto che lui è amico e concittadino dell’anziana ex-cantante lo abbiamo invitato ad approfondire con lei il discorso sul M° Carlo Prato, che fu anche il suo insegnante di canto. Tra l’altro fu lui

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che la presentò, nel 1946, a Sandra e Giuditta Lescano le quali cercavano una giovane cantante che sostituisse Caterinetta, dopo che questa aveva abbandonato il sodalizio artistico con le sorelle.

18 Ottobre 2010

◙ Il nostro nuovo collaboratore Tiziano (v. le Notizie del 1° Ottobre 2010) si è rivelato uomo di parola, a differenza di tanti nostri estimatori che si offrono di collaborare con noi (forse attratti dalla possibilità di ricevere in dono il DVD-Dati con tutto l’enorme Archivio del sito), ma poi, non appena proponiamo loro qualche facile incarico nella zona dove abitano, spariscono senza più farsi sentire (nel qual caso il succitato DVD se lo sogneranno, quando sarà pronto e lo distribuiremo ai meritevoli…). Tiziano dunque, seguendo le nostre precise indicazioni, si è recato nel cimitero di Cugliate Fabiasco e ha fotografato la tomba di Gianni Di Palma, il cantante palermitano di nostro interesse perché incise col Trio Lescano cinque canzoni, fra cui il bellissimo slow-fox di Umberto Bertini Ultime foglie, GP 93058 (1939). Il servizio fotografico che Tiziano ci ha inviato è di prima qualità (un fotografo di professione non avrebbe potuto fare di meglio) ed esso andrà ad arricchire la biografia del cantante, nella quale Alessandro Rigacci, il nostro giovane – ma in gambissima – biografo ufficiale di tutti i collaboratori delle sorelle Lescano, ha anche incorporato le notizie e il materiale illustrativo ricevuto dalla sorella del cantante, Anna Di Palma Couvert, recentemente rintracciata in Sudafrica (v. le Notizie dell’8 Ottobre scorso). Appena tale biografia sarà sistemata in ogni sezione, la mostreremo in anteprima, come quella di Enzo Aita, che funge da esempio. Nel frattempo abbiamo prontamente inserito, secondo la prassi che abbiamo sempre seguito fin dall’inizio della nostra avventura, il nome di Tiziano nella pagina del Ringraziamenti.

La tomba di Giovanni [Gianni] Di Palma nel cimitero di Cugliate Fabiasco (Varese).

◙ Mail di Paolo, in relazione alla mail di ieri di Marco Basso: «Spesso nelle nostre ricerche abbiamo riscontrato incongruenze tra le etichette Cetra e l’ascolto effettivo del disco. Mi sento anche questa volta di ipotizzare che, quando fu stampata l’etichetta originale, soprattutto quando il lato A dello stesso disco comprendeva il

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Trio Lescano, un tipografo distratto abbia iniziato a stampare l’etichetta B senza modificare completamente il cliché, fino a che qualche funzionario se ne accorse. Ormai però il danno era fatto, le etichette incollate... si potevano forse mandare le copie sbagliate al macero? In tempi di autarchia, poi? Quindi solo in seguito, quando la prima tiratura del disco fu esaurita, vennero ristampate altre copie, questa volta con l’etichetta giusta». ◙ Mail di Marco: «Forse ho capito dove sono finite le Lescano: ho ascoltato e riascoltato l’incisione di Trullalà jù, e probabilmente sono le “persone” che nel secondo ritornello, e solo in questo, urlano “jù”». A noi sembra che le “persone” che fanno eco alla cantante solista, la brava Maria Jottini, siano voci maschili, senza dubbio componenti dell’Orchestra “Cetra” del M° Pippo Barzizza: una prassi, questa, allora abbastanza frequente. In tutti i dischi a noi noti in cui il Trio Lescano accompagna uno o più cantanti solisti, esso interpreta sempre almeno un ritornello. Se l’ipotesi di Marco fosse vera, l’incisione di Trullalà jù sarebbe dunque del tutto anomala; inoltre non si spiegherebbe il fatto che nella ristampa del disco IT 624 il Trio Lescano non figuri più. ◙ Mail di Francesco Paci: «Informo tutti gli appassionati che ho sistemato la pagina di Wikipedia riguardante il Trio Aurora. In origine essa era del tutto fuorviante e senza nessun accenno al Trio che noi conosciamo e la cui storia stiamo cercando di divulgare. Ho inoltre inserito diversi link che rimandano al sito Ricordando il Trio Lescano ed ai canali di Roby (Swingitaliano) e di Massimo Menozzi (maxmenox). Cercherò di aggiornare la pagina a mano a mano che Roberto posterà altre canzoni del Trio Aurora; naturalmente, se qualcosa nella voce non andasse, fatemelo subito sapere ed io apporterò le dovute modifiche». Suggeriamo al bravo e volenteroso Francesco di inserire nel suo testo le necessarie spaziature tra una parola e l’altra [es.: «…quegli anni.Le tre ragazze,scelte…» va scritto correttamente «…quegli anni. Le tre ragazze, scelte…»]. 19 Ottobre 2010

◙ Mail di Stefano Maciocchi [http://smaciocchi.blogspot.com/], un nostro nuovo amico: «Sono un ammiratore del Trio Lescano e, da qualche mese, un assiduo frequentatore del vostro interessante sito. Innanzi tutto desidero fare i miei più sinceri complimenti per la vostra opera di divulgazione del trio italo-ungaro-olandese, opera estremamente meritoria in quanto contribuisce non solo a far conoscere le meravigliose sonorità delle sorelle Lescano, ma anche la grandezza di tutte quelle persone che hanno contribuito alla fama del trio, dal Maestro Pippo Barzizza al Maestro Carlo Prato. Vorrei conoscere la vostra opinione riguardo alla scomparsa dalle “classifiche” del Trio Lescano negli anni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale. Possibile che in soli tre anni, dal 1942 al 1945, i gusti degli italiani siano così cambiati, ed in maniera così repentina da far cadere nell’oblio le sorelle Leschan? Sembra difficile crederlo, anzi mi spingo più in là affermando che le scelte musicali degli italiani dal ’45 al ’55 sono assai più conservatrici di quelle che venivano

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proposte dalle orchestre di Angelini e Barzizza durante la “swing-era” italiana (1935-1945), tranne poche e mirabili eccezioni, come le interpretazioni di Natalino Otto. La linea “melodica” di Edera sembra assai più datata dei ritmi sincopati inaugurati dalle orchestre dell’EIAR di Torino circa 20 anni prima. E la stucchevole Papaveri e papere è una banale filastrocca se paragonata a Tulipan o Maramao, perché sei morto? Dunque Le sorelle Lescano non potevano essere considerate antiquate in un ambiente musicale che negli anni immediatamente a venire avrebbe premiato canzoni come Binario o Vecchio scarpone. Addirittura Barzizza, il Trio Lescano ed Ernesto Bonino nel 1941 anticipano, con la canzone Cantando sotto la luna, quel filone del cha-cha-cha e della rumba che avrebbe furoreggiato in Italia dieci anni dopo ed anche oltre. È quindi evidente che le Lescano hanno subito l’ostracismo della RAI (non più EIAR). Qualche solerte funzionario deve avere ritenuto che le tre sorelle erano troppo legate a quell’immagine del “fascismo dei telefoni bianchi” che tutti volevano dimenticare, dopo gli orrori dell’assurda guerra voluta da Mussolini. Tre sorelle olandesi che prendono la cittadinanza italiana e la tessera del PNF nel 1942 andavano epurate: erano l’archetipo di un’epoca da rimuovere dalla memoria. Peccato che lo stesso zelo non sia stato applicato in altri e ben più importanti settori del nostro paese. Prefetti fascistissimi, funzionari pubblici “sansepolcristi” furono reintegrati quasi immediatamente ai loro posti di comando. Solo per le Lescano non ci fu alcuna amnistia, tant’è che dovettero emigrare in Sudamerica, seppur senza Caterinetta. Ma nessuno scriveva più canzoni per loro e, dopo qualche anno di tournée in cui erano costrette a rappresentare sempre lo stesso repertorio e con orchestre probabilmente ben al di sotto del livello di quelle cui erano abituate, si arresero anche le altre due sorelle, sciogliendo nel 1952 il trio, definitivamente. Dunque non l’oblio del pubblico, né alcuna rivoluzione dei gusti musicali pose fine al Trio Lescano. Come ebbe a dichiarare il maestro Barzizza, personaggio assai schivo e poco incline alle dichiarazioni roboanti, le sorelle Lescano ebbero la sfortuna di vivere la loro maturità artistica nel periodo più buio e drammatico del nostro paese. Pagarono colpe non loro, stritolate dagli eventi bellici e post-bellici, certamente non aiutate da un ambiente che covò sempre nei loro confronti invidie e rancori per un successo strepitoso che, a distanza di oltre settant’anni, resta limpido, cristallino ed attuale».

L’opinione del Curatore. Quello che scrive Stefano Maciocchi sul tramonto delle Lescano è giustissimo e perfettamente condivisibile. Nondimeno riteniamo che ci sia dell’altro. Abbiamo ragione di credere (anche se non ne abbiamo le prove materiali) che i rapporti tra le tre sorelle non fossero sempre buoni, e che ogni tanto litigassero per la spartizione dei guadagni: la più scontenta era probabilmente la più giovane. Quando questa si fece del tutto donna, ossia nell’immediato dopoguerra, i contrasti dovettero acuirsi, anche perché Caterinetta era convinta di avere un futuro come cantante solista. Insomma, pare certo che il Trio originale sia andato in pezzi, nella

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tarda primavera del ’46, non già per affari di cuore (figurarsi!) ma – al solito – per banali questioni di interesse. Tuttavia, prima che Caterinetta si separasse per sempre da Sandra e Giuditta, il Trio tentò per una decina di mesi di riconquistare l’antica popolarità: esibendosi però solo nei teatri di provincia e con orchestre di second’ordine, dato che la Rai e la Cetra, divenute ora “democratiche e antifasciste” (ma con buona parte dei vecchi dirigenti saldamente incollati al loro posto…), non le volevano più, proprio per i motivi evidenziati da Stefano. Sappiamo che il loro tentativo non incontrò il successo sperato, ma a questo punto possiamo supporre che il mezzo fiasco sia dipeso anche dal fatto che le Lescano cantassero adesso quasi di malavoglia, che insomma non dovessero avere più la motivazione e la grinta di un tempo. Si consideri anche che il loro pianista preparatore, il buon M° Carlo Prato, non era più verosimilmente quello di prima: era tornato assai mal ridotto dalla Germania, tanto che presto si sarebbe manifestato quel male inesorabile che doveva condurlo alla tomba a soli 39 anni, nel 1949. In conclusione siamo del parere che il grande e irraggiungibile Trio Lescano sia in realtà morto nel dicembre del ’43, per non resuscitare mai più: quello del dopoguerra, inclusa la nuova versione con la Bria, dovette essere solo il pallido riflesso del Trio di dieci anni prima. Possiamo però solo arguirlo, perché – a quanto pare – non incise neanche un disco, né possediamo alcuna sua registrazione radiofonica risalente a quel periodo: certo è che il nuovo Trio vivacchiò sempre più stancamente fino al suo definitivo scioglimento, nel ’52. Difficile immaginare un autunno più malinconico di questo. ◙ Mail di Francesco Paci: «Cari amici del sito Ricordando il trio Lescano, vi informo che, oltre ad avere aggiornato la voce sul Trio Aurora, ne ho creata una sul Trio Primavera, del tutto assente in precedenza [http://it.wikipedia.org/wiki/Trio_Primavera]. Oltre alla storia comune che noi conosciamo (ed ai rispettivi link che ho inserito, che rimandano, come sempre, al vostro sito ed al canale di Roby, nonché al canale di un utente che, gentilmente, ha postato su YouTube le canzoni mancanti del terzetto), mi sono permesso di inserire qualcosina anche sulla successiva carriera di Isa Bellini e Thea Prandi. Ma su Wilma Mangini non ho potuto scrivere proprio nulla. Possibile che in Internet non ci sia una sola informazione su questa poco nota cantante, praticamente scomparsa all’ombra della sorella Alda? Nel caso in cui ci fosse qualcuno che sappia di più riguardo alla successiva carriera della Mangini, per favore, me lo faccia sapere, in modo tale che io possa colmare questa grave lacuna: vi ringrazio in anticipo». ◙ Mail di Paolo: «Cari amici, è un fatto comune che i componenti delle orchestre eseguano piccoli interventi vocali durante i pezzi. Si hanno famosi esempi, da Pennsylvania 6-5000 di Glenn Miller al Hi De Hide Oh di Cab Calloway. I membri delle bands partecipavano anch’essi allo spettacolo, a volte muovendo gli strumenti con effetti coreografici, o canticchiando qualcosa o addirittura diventando i cantanti effettivi dell’orchestra. Ecco alcuni esempi illustri:

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http://www.youtube.com/watch?v=rY_wrB0S_Ck (Glenn Miller) http://www.youtube.com/watch?v=Ynm3fat4adk (Kay Kyser) http://www.youtube.com/watch?v=33nTnawq6jk (Cab Calloway)

Ed ecco l’estratto di una partitura jazz d’epoca, in cui gli strumentisti devono, in falsetto, imitare il “cip cip” degli uccellini, e relativo audio, da Artie Shaw:

20 Ottobre 2010

◙ Come annunciato in precedenza, abbiamo approntato una nuova edizione della biografia di Gianni Di Palma. Essa è decisamente più ricca della precedente, grazie alla generosa e fattiva disponibilità della sorella del cantante, Anna Di Palma Couvert, che ci ha offerto del materiale bibliografico e alcune foto inedite, e del nostro nuovo collaboratore, Tiziano Micci, che ha fotografato la tomba dell’artista. Ecco come Alessandro Rigacci, autore di questa come pure di tutte le altre accuratissime biografie degli artisti che hanno lavorato col Trio Lescano, commenta la cosa: «Finalmente abbiamo reso giustizia anche a questo bravo ma sfortunato interprete: sfortunato perché un’epoca difficile e l’incomprensione dei genitori non gli hanno permesso di potersi esprimere fino in fondo. Ci penserò io ad inviare una copia del nostro lavoro alla signora Anna, alla quale ho già spedito, in segno di gratitudine, un rarissimo recital radiofonico del 1979, tenuto da Gianni Di Palma e da Meme Bianchi». ◙ Ancora Alessandro ci annuncia di aver caricato un altro video-tributo su YouTube, dedicato questa volta a Carla Boni [http://www.youtube.com/watch?v=7XJd13FvseM] nel primo anniversario della sua scomparsa: anche questo un lavoro esemplare, frutto di sicura competenza e sincero amore per le cose belle del nostro passato.

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Carla Boni (1925-2009) sulla copertina di Sorrisi e canzoni.

◙ Il nostro caro amico Massimo Baldino continua ad inviarci regolarmente, in uno spirito di disinteressata condivisione tra i più encomiabili, le canzoni più rare e gradevoli che riesce a trarre dall’oblio, grazie alla collaborazione di alcuni benemeriti collezionisti. Tra le molte preziosità che ci ha offerto ci piace segnalare questa piacevole canzone del filone sentimentale a ritmo di tango, Rosalba, incisa da Silvana Fioresi in duo con Michele Montanari.

Etichetta del disco Cetra IT 988, con il tango Rosalba (matrice 50962, 1940);

dal sito http://www.ildiscobolo.net/.

Questi due assi della canzone non hanno certo bisogno di presentazione, tuttavia ci pare che diano qui una prova quanto mai convincente del loro talento, esaltato dal fatto di cantare assieme: è chiaro che tra Silvana e Michele non v’era ombra di gelosia, ma solo il desiderio di essere una all’altezza dell’altro quanto a classe,

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eleganza del fraseggio (pari a quella del loro portamento), perfetta dizione e incomparabile espressività. Diciamo le cose come sono: quelli sì che erano cantanti, altro che le “star” dei giorni nostri, agghindate il più delle volte in modo stravagante, se non carnevalesco, e che, per farsi sentire, hanno tanto spesso bisogno di ingoiare il microfono!

Michele Montanari e Silvana Fioresi. 21 Ottobre 2010

◙ Mail ricevuta: «Mi chiamo Giacomo B. e scrivo da Ferrara; sono soprattutto un appassionato melomane, ma dopo le famigerate due puntate dello sceneggiato Rai sul Trio, beh, mi sono appassionato alla storia e alla vicenda umana e artistica delle tre sorelle olandesi. Seguo dunque con interesse le Notizie che appaiono qui e vorrei fattivamente collaborare anch’io. In tal senso mi sto interessando, con l’aiuto di un amico italiano che vive a Bruxelles e lavora come traduttore alla Comunità Europea, a tradurre la trasmissione della Radio olandese del 2005, dedicata alle Lescano. Ho scaricato e ascoltato questo documentario radiofonico, della durata di 41 minuti circa; per la prima mezz’ora è per lo più ben comprensibile anche da noi, in quanto il giornalista, che parla un po’ l’italiano, non fa altro che tradurre in olandese le sue domande e le varie risposte date dagli intervistati italiani. In sostanza si parla del periodo storico, della funzione divulgativa e propagandistica della canzone, oltre che della mania di persecuzione del Regime fascista, con la conseguente censura sui testi delle canzoni. Vi è un primo intervento dell’archivista della discoteca Rai di Torino, poi si passa a varie altre interviste che vertono appunto sulle cosiddette “canzoni della fronda”; segue una visita alla Casa degli Artisti “Giuseppe Verdi” a Milano, per realizzare una brevissima intervista ad Ernesto Bonino, il quale non fa altro che ricordare sommariamente la sua collaborazione con le Lescano e il suo stupore per la loro improvvisa scomparsa dalla scena della canzone italiana. Poi si passa a brevi impressioni rilasciate dal figliastro di Sandra, Mauro Franceschi, che non aggiungono niente di nuovo rispetto a quello che ho potuto leggere sul vostro sito. Viene quindi la parte più interessante e forse più “inventiva” del cronista, in quanto, dopo una rapida descrizione dei vari ricordi fotografici e cartacei riguardanti il Trio, presenti nell’appartamento di Salsomaggiore di Sandra Lescano all’epoca della realizzazione del documentario, il giornalista chiude il servizio con una sorta di

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riassunto della loro vicenda sudamericana: da quel poco che mi è parso d’intendere egli dice che dopo la truffa della tournée sudamericana promessa da un ignoto impresario italiano, Judik avrebbe sposato un canadese, andandosene a vivere con lui a Maracaibo, mentre Kitty e Sandra avrebbero inizialmente gestito insieme un piccolo Café Chantant a Caracas. Dopo la morte prematura di Kitty, Sandra lo avrebbe condotto da sola per altri pochi anni, prima di conoscere Guido Franceschi e tornarsene a vivere con lui in Italia, a Salsomaggiore. Queste informazioni le ho “dedotte” io ascoltando la trasmissione, per cui non conoscendo a fondo l’olandese, mi riprometto di confermarle appena ne avrò la traduzione corretta. La cosa sorprendente per me è che il giornalista in questione non citi per nulla Maria Bria come collaboratrice del Trio nel periodo sudamericano, e tanto meno indichi una data e un luogo precisi relativamente alla scomparsa di Kitty. Riguardo sempre a questa trasmissione, però, una cosa che mi sento di puntualizzare con certezza, è che rispetto alle informazioni da voi date nelle Notizie del Novembre 2009, non esiste in questo documentario radiofonico nessun intervento sonoro da parte di Medardo Vincenzi [il fotografo di Cesenatico che “ereditò” la valigetta contenente tutti i ricordi di Sandra Lescano - NdC]. Con la promessa dunque di comunicarvi più ampi chiarimenti al momento del ricevimento della traduzione, per ora vi saluto e auguro a tutti un buon lavoro e una piacevole lettura su questo bel sito».

Dopo aver debitamente ringraziato Giacomo e avergli dato il nostro più cordiale benvenuto nella squadra dei collaboratori effettivi del sito, abbiamo approvato in pieno la sua idea di far tradurre il più fedelmente possibile e integralmente, da un traduttore esperto, la trasmissione radiofonica olandese del 2005 (ascoltabile in rete in streaming audio: v. le Notizie del 19 Novembre 2009); traduzione che non mancheremo di collocare tra i documenti importanti nella nuova pagina che abbiamo creato ad hoc in questo sito. A scanso di equivoci, abbiamo subito chiarito a Giacomo che ci teniamo a rendere accessibile a tutti il contenuto di tale trasmissione non perché racchiuda chissà quali notizie inedite e sensazionali, ma perché, al contrario, è anch’essa piena di luoghi comuni, falsità e stupidaggini, proprio come il “saggio” di Toenke Berkelbach, intitolato Het Trio Lescano e apparso su Doctor Jazz Magazine (n. 200, Marzo 2008, pp. 4-14; la nostra collaboratrice Jess Clifton lo sta traducendo integralmente per noi in italiano). In altre parole è nostra intenzione dimostrare che – come si dice – se Atene piange, Sparta non ride. Ci spieghiamo meglio. Noi italiani abbiamo sicuramente motivo di lamentarci di certi “storici” di casa nostra, che sarebbe più giusto chiamare “falsari della Storia”, nonché di una pletora di “giornalisti”, che sarebbe meglio definire “gazzettieri”, dato che sono in realtà campeones, probabilmente mundiales, della disinformazione; ma, a giudicare dai due importanti documenti che stiamo traducendo parola per parola, grazie a due volenterosi collaboratori, si direbbe che anche i loro omologhi del paese dei tulipani non scherzino affatto quanto a plateale mancanza di professionalità, almeno come la intendiamo noi.

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Certo, prima di fare le pulci alla trasmissione in oggetto, dovremo leggerne per intero la puntuale trascrizione e traduzione nella nostra lingua, ma già da quello che si è capito tutta la parte relativa al periodo sudamericano del Trio appare inventata di sana pianta. Quello che personalmente più ci disturba (e anche ci rattrista) è che il petulante giornalista radiofonico arancione si sia permesso di lavorare di fantasia col destino della sfortunata Kitty-Caterinetta. Recentemente siamo stati contattati da un compitissimo signore [la discrezione ci obbliga a non rivelarne il nome], il quale ci ha detto di essere il nipote dell’antiquario torinese che per diversi anni fu il “fidanzato” (oggi si direbbe compagno o convivente) della più giovane delle Lescano, che egli, allora bambino, conobbe personalmente e anche frequentò. Ecco cosa ci ha scritto di lei: «Kitty e mio zio si conobbero in centro, penso nei caffè di via Roma e/o piazza San Carlo, o nel negozio di antiquariato; vivevano – siamo agli inizi degli anni Cinquanta – in un alloggio in affitto in corso Rosselli […]. Kitty, che aveva lasciato il Trio Lescano, divenne grande amica di mia madre e si affezionò molto a me, in quanto non aveva figli. Mi ricordo che ogni tanto cantavano, poiché mia mamma era intonata e suonava anche il mandolino, ed io mi divertivo a sentirle e mi univo a loro come potevo, quando accennavano a Tulipan. A quell’epoca Kitty non era più certo ricca, in quanto i cantanti non guadagnavano come oggi, anche se stavano bene. Mi pare che i miei l’abbiano perfino aiutata a comprare il biglietto per andare in Venezuela, ma non ne sono sicuro. Nel 1956 la mia famiglia […] si trasferì, sempre a Torino, ma in un posto più lontano dal centro, e dopo quella data non ho più ricordi di Kitty. Penso che sia appunto in quell’anno o poco dopo, al massimo nel 1957/8, che la minore delle Lescano sia andata via dall’Italia, essendo finita la storia con mio zio. […]. So che è poi morta a Caracas nel 1965, ancor giovane, a 46 anni, e suppongo perché soffrisse di tubercolosi. Infatti tossiva molto, questo lo ricordo bene, ed era magra, come del resto lo era sempre stata. Ho in definitiva un bel ricordo di Kitty, perché era sempre molto gentile con tutti». Dunque, quando Caterinetta raggiunse la madre e le sorelle in Venezuela era sola, in difficoltà economiche e seriamente malata: come si può immaginare che potesse gestire, assieme a Sandra, un Café Chantant? È invece ben più verosimile che la povera donna, dimenticando le incomprensioni e i rancori del passato, abbia voluto ricongiungersi ai suoi più stretti familiari solo per farsi assistere nei suoi ultimi anni di vita, sicuramente assai penosi. Bisogna dunque essere del tutto incoscienti, oltre che disonesti, per speculare così sulle sofferenze di una persona, né si può invocare per il suddetto cronista l’attenuante dell’ignoranza, giacché chi non sa, deve tacere, e non già inventarsi i fatti sulla pelle del prossimo: chi lo fa non merita alcuna scusante, a nostro avviso. In attesa che la traduzione sia pronta, abbiamo invitato Giacomo a rintracciare e fotografare, nel Cimitero della sua città, la tomba di Oscar Carboni e di Giorgia Vallieri, la sua amatissima moglie, pure lei eccellente cantante (su YouTube si può ascoltare una sua bella interpretazione dell’immortale canzone di Rodgers-Bracchi, Dove e quando, incisa nel ’38 anche dal Trio Lescano). Il massimo, poi, sarebbe che

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il nostro nuovo collaboratore provasse a rintracciare qualcuno dei figli della coppia, per parlare un po’ dei suoi genitori. Magari avrà del materiale a noi ignoto…

Oscar Carboni e Giorgia Vallieri.

22 Ottobre 2010

◙ Da quando Manuel Carrera è entrato a far parte della nostra équipe di collaboratori (esattamente il 4 Settembre scorso) abbiamo più volte avuto occasione di sottolineare le non comuni capacità di questo giovane Storico dell’Arte lucano e studente alla Sapienza di Roma, nel senso che riesce a portare a compimento, apparentemente con irrisoria facilità, quelle che, in partenza, potevano sembrare delle impossible missions. Non staremo a fare l’elenco degli incarichi che egli ha già brillantemente svolto per noi, né di quelli che sta portando avanti attualmente con la sua consueta alacrità, ma certo è che ieri ci ha regalato una grandissima e insperata soddisfazione. Grazie al suo innato savoir faire, ma anche alla squisita cortesia del Dott. Massimo Pistacchi, Direttore dell’Istituto Centrale per i Beni Sonori ed Audiovisivi della Capitale e del Dott. Roberto Catelli, funzionario della Discoteca di Stato (oggi incorporata nel suddetto ICBSA: http://www.icbsa.it/), Manuel ha potuto ottenere il file in mp3 della canzone O luna pallida, che si trova sul lato b del disco Parlophon GP 92489 (matrice 153531), uno dei più rari tra quelli incisi dalle Lescano.

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Prima d’ora non avevamo mai sentito per intero questa bellissima canzone, composta da Amedeo Escobar su testo di Umberto Bertini per la colonna sonora del film L’Argine (1938) di Corrado D’Errico [v. le Notizie del 13 Giugno 2009 e l’Appendice 7 alle Notizie di Febbraio 2010]. Per lungo tempo, anzi, si era creduto che non fosse mai stata incisa su disco, e fu il nostro Paolo che scoprì per caso, il 20 Dicembre 2008, che questa incisione esisteva e il relativo disco era appunto conservato, in condizioni perfette, presso la Discoteca di Stato. I nostri lettori possono quindi ben immaginare con quale emozione abbiamo ascoltato, più e più volte, questa assoluta rarità, constatando subito che l’incisione discografica è notevolmente diversa (per durata, arrangiamento e tempo) dalla canzone che si ode nel film, pur essa incantevole: la relativa sequenza è stata riproposta nel recente DVD Tulip Time ed è reperibile anche su YouTube. Quest’ultimo videoclip è estrapolato dall’edizione originale olandese del DVD, e ha quindi i sottotitoli in tale lingua: da notare che si tratta di uno dei due soli casi noti in cui le Lescano siano state filmate mentre cantavano; l’altro è la celebre sequenza del film Ecco la radio! di Giacomo Gentilomo (1940), dove il Trio Lescano interpreta un delizioso sketch sulle note della canzone Oh! Ma-ma!. Manuel ha potuto ottenere il file di O luna pallida esclusivamente per finalità di studio e di ricerca, presentando il nostro sito per quello che effettivamente è: un’iniziativa di alto profilo culturale, creata all’unico scopo di approfondire seriamente un capitolo importante della Storia della Canzone Italiana. Ci siamo perciò impegnati sul nostro onore a non divulgare il file in questione, ma solo a farne ascoltare un breve frammento, della durata consentita dalle leggi attualmente in vigore. Abbiamo scelto la parte in cui le Lescano riprendono il tema principale in stile scat, senza le parole: momento a nostro avviso stupefacente per la magia delle voci che rivaleggiano con gli strumenti dell’orchestra Cetra del M° Barzizza in una performance jazzistica di altissima classe. Ci chiediamo come, di fronte a prove come questa, ci possa ancora essere qualcuno che parla (o meglio straparla) di una pretesa inabilità delle Lescano a fare del buon jazz, solo perché erano bianche ed europee. Ci piacerebbe che tutti gli appassionati potessero deliziarsi all’ascolto di O luna pallida, ma gli impegni vanno mantenuti con assoluto rigore. C’è solo da sperare che qualche produttore discografico illuminato si decida prima o poi a pubblicare uno o due CD di rarità lescaniane, attingendo ai tesori custoditi presso la Discoteca di Stato: in tal caso questa canzone non potrà assolutamente mancare, anzi potrebbe diventare il titolo stesso dell’antologia! Un’ultima annotazione. Scorrendo i commenti al succitato video postato dalla nostra simpatica amica Karen van Nooijen (kaatjeaster), vediamo che c’è qualcuno che trova la melodia di O luna pallida molto simile a quella della famosa canzone americana di Ray Noble The very thought of you, pubblicata nel 1934 e magnificamente incisa, tra gli altri, da Billie Holiday. Non si può negare che l’incipit delle due melodie sia quasi identico, ma è altrettanto evidente che il successivo sviluppo del tema iniziale è completamente diverso nelle due canzoni, come pure assai diversa è l’aura poetica che esse esprimono. Siamo

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dunque propensi ad assolvere il compositore Escobar (italianissimo malgrado il cognome spagnoleggiante) dall’accusa di plagio, anche se non si può escludere – le date parlano chiaro – che, componendo O luna pallida, avesse nell’orecchio, magari inconsciamente, le prime battute di The very thought of you. Di casi simili, del resto, la storia della musica, sia leggera che classica, è strapiena: tuttavia, per parlare di plagio vero e proprio, ossia deliberato e truffaldino, ci vuole ben altro. Per fortuna – ci sentiamo di aggiungere – perché le note (sette o dodici che siano) appartengono a chiunque sia capace di usarle per regalarci delle nuove emozioni. Secondo noi, Amedeo Escobar e Umberto Bertini, creando assieme O luna pallida, ci sono riusciti in pieno, grazie anche alla complicità della bacchetta, qui più fatata che mai, del M° Barzizza e, ovviamente, alle voci sireniche delle tre olandesine. Caro Manuel, chapeau bas!

Sandra, Giuditta e Caterinetta Lescano mentre cantano O luna pallida nel film L’Argine (1938) di Corrado D’Errico.

◙ Mail di Aldo: «Con grande piacere vedo ricordata sul Sito (anche con una bella foto) la cantante Giorgia Vallieri. Alcuni potrebbero catalogare certi nomi (meno presenti nella memoria) come di artisti di serie “b”; ma non è affatto così, almeno nel caso di questa brava cantante con una voce semplicemente melodiosa e ritmica (voce che, devo confessarlo, mi ha sempre ricordato quella di Carlastella). La Vallieri, suffragata dagli splendidi arrangiamenti dell’Orchestra di Dino Olivieri, ha interpretato non poche cover inglesi e francesi, e il brano presente su YouTube ne è un gradevolissimo esempio». 23 Ottobre 2010

◙ Mail di Victor Vegan: «[…] in Italia, molte persone discendono dai marrani spagnoli. Ma questa è un’altra storia che metterò in un mio prossimo film dal titolo La memoria dei giusti. Spero di poterlo fare in un futuro prossimo. Ci sono già 112 interessati al progetto, su Facebook. Per il resto penso sia incredibile per me, quarantaquattrenne, avere una nostalgia retrodatata anche per quello che io stesso non ho vissuto in prima persona, perlomeno in questa vita. Tecnologia a parte, mi manca tantissimo quel periodo in cui il Trio Lescano era vivo e vegeto, e sarebbe stato forse possibile per me fare molto più di

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adesso, magari per la mia conoscenza di cinque lingue ed anche perché in Italia molte ricerche vengono interrotte per colpe non personali. Ho un rifiuto totale per i cantanti e le musiche dopo gli anni Ottanta, in cui ero deejay, e mi fa male vedere le nuove leve appassionarsi solo a quello che chiamo rumore e non musica! Prendendo, ad esempio, gli stessi Festival di Sanremo: non riesco più a sopportarne l’esistenza, a differenza di quelli antecedenti agli anni Ottanta, che vorrei trovare in DVD. Sono felicissimo che ci siano sempre notizie interessanti sul vostro sito e spero davvero che riuscirete a rendere bello e corposo il CD-ROM contenente il vostro Archivio, con magari tutta la discografia delle sorelle, che comprerei pure in 78 giri. Possiedo infatti un grammofono di marca La voce del Padrone, anche se non so quanto possa essere originale. Grazie davvero ed anch’io potrei avere a breve una piccola chicca, lo spot Fabbri con Maria Bria, girato qualche anno fa».

Victor Vegan (al secolo Loris Davide Fiore) in compagnia di Maria Bria nel suo appartamento di Chivasso.

◙ Mail di Walter: «Cari amici, la mia richiesta (v. l’ultima delle Notizie del 26 Settembre u.s.) sull’identificazione di Gino Stella è passata un po’ in sordina, senza dubbio a causa delle note diatribe sorte a commento dello sceneggiato televisivo. Nel frattempo mi giunge un nuovo personaggio, questa volta però orfano del suo nome proprio. Sappiamo che all’epoca si tralasciava spesso e volentieri di citare sull’etichetta il nome del cantante, e, a volte, vi compariva solo il cognome. È il caso di questo signor Guberti, di cui non ho trovato traccia alcuna nei siti che di solito vado a consultare. La canzone che interpreta si intitola Una notte con te, ma è tutto quello che so. Qualcuno è in grado di illuminarmi riguardo a questo ennesimo piccolo mistero discografico? ◙ Francis, come sempre attentissimo a tutto ciò che viene posto in vendita su eBay, ci informa che book1959, ovvero il negozio Chartaland di Assago (Milano), offre, a prezzi piuttosto salati, una serie di foto di nostro interesse, tutte provenienti dall’archivio della rivista Rassegna Radio, sulla quale mancano notizie precise. Le copie digitalizzate di alcune di tali foto le avevamo già nel nostro Archivio, ma ritagliate, spesso malamente, e comunque tutte a definizione medio-bassa; logico quindi che saremmo felicissimi di poter acquisire le scansioni a definizione ottimale

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delle foto poste in vendita, perché si tratta degli originali, stampati fotograficamente con “emulsione alla gelatina bromuro d’argento su carta barita” (descrizione del venditore). Osserviamo per inciso che è un vero delitto che archivi di questo valore (non foss’altro che per la rarità o addirittura unicità di molti dei documenti che contengono) vadano miseramente dispersi in questo modo, e sicuramente per sempre. Uno Stato che si rispetti – ma fino a che punto l’Italia attuale lo è? – dovrebbe poter esercitare il diritto di prelazione sui beni culturali di questo genere, in modo da acquisirli in blocco per una somma equa, al fine di destinarli poi a qualche Biblioteca o Fondazione Culturale che non solo li cataloghi e conservi con ogni cura, ma li metta anche a disposizione degli studiosi. Ci rendiamo conto che antiquari, rigattieri e commercianti vari non apprezzeranno mai un discorso come il nostro, ma per noi la preservazione della Cultura è ben più importante dei loro traffici, anche quando siano onesti, il che non sempre si verifica. Tra le foto che Francis ci ha segnalato ve n’è una che sottoponiamo al consueto e autorevole giudizio dei fisionomisti. Essa mostra, fotografati dall’alto, il regista e critico teatrale dell’EIAR Enzo Ferrieri, attorniato da un folto gruppo di uomini di varia età, alcuni in atto di cantare, mentre uno accompagna il canto con la chitarra; al centro, vista di lato, c’è una giovane donna che canta, a debita distanza, davanti ad uno dei tipici microfoni dell’epoca. Ebbene, noi abbiamo l’impressione che si tratti di Caterinetta Lescano: che ne pensano gli esperti?

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24 Ottobre 2010

◙ Riceviamo questta bellissima e toccante mail da un nuovo amico ligure: «Approfittando della bella giornata, mi sono recato al Cimitero Monumentale di Sanremo, munito delle “coordinate” della sepoltura del Maestro Barzizza, nella convinzione che fosse un’operazione semplice rintracciarne la tomba. La sfortuna ha voluto che fosse assente il custode e che il suo sostituto, un ragazzo volonteroso che si è prodigato insieme a me nella ricerca, fosse al suo primo giorno di lavoro in quel cimitero. Se ho raggiunto il mio obiettivo, debbo ringraziare il caso, impersonificato da un “restauratore di lapidi” che ben conosceva l’oggetto della mia ricerca. La giornata di sole che illumina radente le tombe, stride con l’apparente abbandono del luogo che accoglie le spoglie mortali del Maestro. Una lapide, una semplice lapide, raccoglie in un angusto spazio il suo nome, quello di sua moglie e quello di diversi altri componenti della famiglia di quest’ultima, i Salesi. Unico decoro, quello di due vasi, due tristi vasi con due ancor più tristi piante grasse, che accompagnano il sonno di questi defunti. Mi siedo e penso, la mente va ai momenti della ribalta, al pubblico ed agli applausi, quasi li sento. Mi guardo intorno, ma non c’è nessuno, solo il silenzio ed un gatto assonnato che si gode quel raggio di sole che lo riscalda, incurante della sacralità del posto. Sono in quel luogo per fare delle foto, ma mi sembra di essere un ladro, quasi potessi, con un’immagine, portare via qualcosa: la pace, la tranquillità o cos’altro? Ma no, il mio non è un trofeo da appendere alla parete: esso contribuirà a rendere il giusto omaggio al grande Maestro, a ravvivarne il ricordo che va svanendo. Faccio le foto e vado via, in punta di piedi come sono arrivato, solo con un filo di tristezza in più... I ringraziamenti d’obbligo vanno al Comune di Sanremo nella persona di Rinalda Franchelli, responsabile dei cimiteri, che mi ha fatto avere con solerzia le informazioni richieste; al sostituto custode che, pur non sapendo chi fosse Pippo Barzizza (l’età è una buona scusante…), si è dato molto da fare nelle ricerche, ed infine al “restauratore di lapidi” per la “dritta” risolutiva che mi ha dato. Un saluto a tutti gli amici del sito Ricordando il Trio Lescano, Renato Nostro».

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La tomba del M° Pippo Barzizza e di sua moglie, Tatina Salesi, nel Cimitero Monumentale di Sanremo. Laura Giordano Barzizza (1933-1998) dovrebbe essere la nuora dei coniugi Barzizza.

Ringraziamo di cuore Renato – e con lui la Sig.ra Franchelli – per questo impeccabile servizio fotografico, e ancor più per le sue considerazioni, che sottoscriviamo in pieno. Ci asteniamo dal fare commenti, giacché, in presenza di immagini tanto eloquenti, ognuno li può fare per conto proprio; semmai invitiamo tutti a meditare su questa frase, colma di amaro realismo, che si legge nell’Imitatio Christi (I, 3, 6): O quam cito transit gloria mundi: sembra l’epitaffio più giusto per un uomo come il M° Pippo Barzizza, che fu davvero grande quand’era – nel suo caso con pieno e indiscutibile merito – una celebrità. Ma che fosse un grande musicista bisogna saperlo già, quando si entra nel Cimitero Monumentale di Sanremo, perché il suo affollato sepolcro quasi abbandonato nulla dice in proposito al viandante che passa per caso di lì. S.T.T.L., caro Pippo: noi, che amiamo sinceramente la buona musica, quella che ci hai regalato tu a piene mani, non ti dimenticheremo mai, siine certo!

Raccolta di spartiti di Pippo Barzizza, pubblicata a Milano dalla Carisch nel 1934; il titolo ci fornisce l’ennesima conferma che in Italia, negli anni Trenta, il jazz non era affatto proibito,

come invece sostengono pervicacemente certi “storici” di parte.

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◙ Mail di Vito: «Ho letto le interessantissime notizie su O luna pallida: è pazzesco constatare quante incisioni sconosciute, magari credute perse per sempre, possano ancora essere ritrovate! E magari, come in questo caso, sono di straordinaria bellezza e freschezza… Perché, invece di fare sempre le solite antologie del Trio Lescano con le solite canzoni arcinote (e ormai un po’ logore, è inutile negarlo), non si decidono a fare un serio lavoro filologico, con un bel cofanetto che abbia allegato un libretto finalmente fatto bene, e non raffazzonato dai soliti pasticcioni, disinformati e pressappochisti? Penso che sarebbe anche un ottimo affare commerciale, dato che il momento è decisamente favorevole per il nostro amato Trio». Ce lo domandiamo anche noi, e non da oggi! Senza contare che, se a cimentarsi in tale impresa fosse un produttore discografico animato da buone intenzioni, avrebbe, semplicemente chiedendocela, la nostra più completa e disinteressata collaborazione, tanto per la scelta e il reperimento dei brani quanto per la realizzazione del libretto. Speriamo bene! ◙ Mail di Antonio: «In merito a quello che ha scritto Walter ieri, il cognome Guberti non mi dice proprio nulla. Solo mi piace precisare al collega che la canzone, tratta dal film Una notte con te, versione italiana del 1932 di Kleines Mädel - Großes Glück, film tedesco diretto in ambedue le versioni da Emmerich W. Emo, è intitolata Starò con te. Almeno così è indicato sull’etichetta del disco inciso dalla stessa interprete, Elsa Merlini, per la Columbia, con l’Orchestra di Stefano Ferruzzi. Autore della musica dovrebbe essere un certo Fred Raymond. Non so purtroppo altro». ◙ Mail di Aldo: «Riguardo al quesito posto da Walter, circa quegli “illustri sconosciuti” che spesso cantavano in anonimato (problema intrigante e interessante già ricordato), riconosco nella voce di quel Guberti (?, ma trovato scritto proprio così?) quella di Piero Cluberti, il quale canta in realtà Starò con te, motivo tratto dal film Una notte con te (1932, di Emmerich e Biancini). Cluberti incise tra il ’28 e il ’35 per varie etichette e spesso (appunto) con più di un nome (ma così facevan tutti, o quasi). Qaunto alla foto proposta da Fancis, parrebbe anche a me di intravedere una Lescano, ma piuttosto Alessandra che Caterina». Il dettaglio che ci fa propendere per Caterinetta è la fronte spiovente della cantante, abbastanza ben visibile nella foto: era questa, senza dubbio, la caratteristica più saliente nel volto della minore delle sorelle Lescano.

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25 Ottobre 2010

◙ Tra le numerose foto di nostro interesse che ci ha segnalato Francis (v. le Notizie del 23 scorso), ce n’è una che ha una particolarità per noi rilevante.

Si tratta di una foto scattata durante un concerto dal vivo, sul palcoscenico di un teatro, e si vedono le sorelle Lescano che cantano, davanti ad un unico microfono, assieme a Silvana Fioresi ed un’altra cantante, quasi interamente coperta da Caterinetta. Sono accompagnate da una formazione orchestrale il cui direttore non è visibile nella foto, tuttavia si riconosce in primo piano il chitarrista Michele Ortuso (1907-1981), che era uno degli elementi di spicco di quella diretta, a cavallo tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta, dal M° Cinico Angelini, per cui è assai probabile che si tratti proprio della sua Orchestra. Lo confermerebbero del resto anche i leggii e la grancassa della batteria:

Il M° Angelini mentre dirige la sua Orchestra (1940 ca.).

Da notare che in questa foto Caterinetta si vede perfettamente di profilo, per cui è evidente come la sua fronte fosse assai inclinata all’indietro, sulla linea del naso, quello che in fisiognomica viene definito un “naso greco”.

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Il caratteristico profilo di Giacomo Casanova, assai simile a quello di Caterinetta Lescano.

La foto di cui stiamo parlando la possedevamo da molto tempo nel nostro archivio digitale, tuttavia avevamo parecchi dubbi circa l’identificazione della quinta cantante. La foto originale messa in vendita da book1959, essendo adeguatamente descritta (a parte alcune fastidiose inesattezze, come Angelini che diventa… Angelucci!), chiarisce ora ogni dubbio: la cantante appena visibile è Lina Termini. Ne siamo certi in quanto lo dice espressamente un’annotazione dell’epoca leggibile sul verso della foto, riprodotto nell’annuncio su eBay:

Adesso sappiamo anche che la foto in oggetto misura 180 x 240 mm e fu eseguita dall’agenzia Fotografica Luce durante uno spettacolo EIAR dei primissimi anni Quaranta. Chissà cosa stavano eseguendo queste cinque splendide cantanti, accompagnate dalla chitarra, ruspante e al tempo stesso raffinata, del bravo Ortuso... 26 Ottobre 2010

◙ Mail di Paolo: «Mi sono un po’ dedicato a Pietro Cluberti e nel sito Il Discobolo, del nostro amico Massimo Baldino, ho trovato una sua foto, molto scura e col marchio della DdS. Penso che, restaurandola, possa diventare leggibile.

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Ritratto di Pietro Cluberti, prima e dopo il restauro digitale.

Dal Catalog of Copyright Entries risulta tra i compositori Pietro Cluberti, classe 1900, compositore, assieme a Mendes, di Rosabugia. Inoltre nel libro Uno due tre di R. Buffagni, Ugo Tognazzi afferma: “Lo spettacolo era appena terminato quando l’impresario ed ex cantante Cluberti venne a trovarmi in camerino per offrirmi [...]. Pensai che un’occasione così non si sarebbe più ripetuta e decisi, quindi, di affrontare Cluberti per dirgli […]”; su di lui non c’è poi altro di interessante. Il sito http://www.faqs.org/copyright/non-dirmi-che-impossibile-slow-moderato-w-elio-filippo/ ci informa dal canto suo che Cluberti potrebbe essere uno pseudonimo: “Bordighera, slow a duine; m. Pippo Barzizza, w. Cluberti, pseud. of Pietro Bonacini”. Bonacini sembra essere stato un impresario teatrale, il che si ricollega a quanto detto da Tognazzi. Beh, amici, è poco, ma è meglio di niente! Circa la foto di cui si è discusso ieri, il pianista sulla sinistra è Gheri; si riconoscono poi, in seconda fila da sinistra, i saxofonisti Tommaso Anzalone ed Enrico Barbi. Davanti il violinista Panata e, in alto a destra, il trombonista Giovanni Vallarino. Invece per la batteria ed i leggii, potrebbe anche essere la dotazione di base dello studio, non necessariamente legato ad Angelini. Da rilevare che il Trio Lescano con Silvana Fioresi e Lina Termini non era inusuale, come è documentato da questa ben nota foto (però non ricordo incisioni con tale formazione):

◙ Sempre a proposito di musicisti degli anni Trenta-Quaranta, anche di primissimo piano, che sono oggi di fatto dimenticati, Paolo ci segnala il caso di Alberto Semprini. Questo grande pianista collaborò anche con le Lescano nella stagione teatrale 1941/42, dirigendo l’Orchestra nella rivista Fantasia musicale, nella quale

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cantava pure Natalino Otto. La nipote del Maestro, Viviana Semprini, sorpresa e indignata per non aver trovato il nome di suo nonno nella Garzantina dedicata alla Radio, ha scritto a suo tempo al Direttore di Sorrisi e Canzoni TV una lettera [http://archivio.sorrisi.com/sorrisi/scheda/art023001032184.jsp]che merita di essere letta, perché ci offre diversi spunti su cui riflettere. Dubitiamo però che i due Curatori della succitata Garzantina, supposto che siano venuti a conoscenza di tale composto ma tagliente atto d’accusa a loro carico, abbiamo provato imbarazzo o rincrescimento per la clamorosa esclusione da essi decisa (che non è certo l’unica: pure noi ne abbiamo segnalate parecchie, non meno sconcertanti di quella di Semprini): l’esperienza ci ha insegnato che purtroppo ci vuol ben altro per turbare l’olimpica tranquillità di certi personaggi, abituati da sempre a fare il bello e il cattivo tempo (in verità più il secondo che il primo)...

Pagine centrali del Canzoniere della Radio n. 60 (15 Maggio 1943) dedicate ad Alberto Semprini e ai suoi cantanti: Giovanni Vallarino, Italia Vaniglio, Evi Vallesi, Lucia Mannucci ed Ernesto Bonino. Il 25° fascicolo (1° Dicembre 1941-XX) del periodico consacrò a Semprini la copertina e un articolo a firma di Sergio Valeri (pp. 5-6).

Il M° Alberto Semprini mentre accompagna al pianoforte il cantante Fausto Tommei.

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◙ Mail di Aldo: «Non capisco la perplessità circa la foto con l’Orchestra che accompagna le Lescano che cantano, pubblicata nelle Notizie del 25 c.m. Ma non è coeva (stesso giorno, stesso spettacolo) della foto emblema del sito? Certo, che l’Orchestra è quella di Angelini! Stessi orchestrali, stesso fondale, stesso microfono, e stessi vestiti delle nostre sorelle! L’altra cantante assieme a loro e alla Fioresi, mi parrebbe essere Lina Termini (ed in quell’occasione, siamo nel ’41/’42, vi era pure Rabagliati). Un altro appunto sulla quaestio degli artisti che cantavano contemporaneamente, anche con nomi diversi o in incognito, su varie etichette discografiche: la cosa si è ripetuta nel tempo sino addirittura agli anni ’70 (del secolo scorso). Un esempio (per chi sa e ricorda) è quello di Mara Cubeddu, voce solista in due distinti complessi ed in periodi che si sovrappongono: i Flora Fauna e Cemento (1972-77, Numero Uno e Cetra) e i Daniel Sentacruz Ensemble (1974-79, Odeon/EMI); a metà anni ’70 la Cubeddu incide anche, col suo nome, come cantante solista. Un esempio per il 1977: Io sono mia (con i Flora Fauna & Cemento, su Cetra SP 1652), Bella mia (con i Daniel Sentacruz Ensemble, su EMI 3C006-18247), Piccoli amori (M. Cubeddu, su Numero Uno ZBN 7026). Un’altra sua collega nei Daniel Sentacruz Ensemble, Rossana (Rosanna) Barbieri (1953), incide pure contemporaneamente da solista come Linda Lee (1975-83) (v. Love was the magic, 1977 su Cinevox SC 1095)». ◙ Manuel ci informa di aver caricato sul suo canale un nuovo video con una breve apparizione di Norma Bruni nello sceneggiato televisivo Un’ombra su Maigret (1965) [http://www.youtube.com/watch?v=Ae2x1rbKoF8 ]. Questa la presentazione: «Una piccolissima battuta recitata da Norma Bruni, la meravigliosa cantante che fino a vent’anni prima aveva fatto sognare l’Italia. È triste rendersi conto dell’oblio nel quale era caduta, tanto da essere interprete di una particina irrilevante (nel film compare per qualche altro secondo, ma si tratta appunto di “comparsate”). Questo video vuole avere solo una valenza storico-documentaria: preferiamo decisamente ricordarla per le sue irripetibili interpretazioni musicali». Interessante anche un altro video, caricato sempre dal nostro giovane e valente collaboratore: si tratta della sequenza del film In cerca di felicità (1943) in cui Alberto Rabagliati e Lucy D’Albert interpretano la canzone di Giovanni D’anzi Fatalone [http://www.youtube.com/watch?v=RFy22RIlMQ0]. Uno scoppiettante e simpaticissimo Rabagliati, qui quasi macchiettistico. 27 Ottobre 2010

◙ Continuano ad arrivarci mail di persone le quali, avendo visto a suo tempo lo sceneggiato di Rai Uno e letto il tascabile Einaudi, apprezzandoli entrambi senza riserve, hanno poi consultato la voce di Wikipedia sul Trio Lescano, recentemente revisionata da cima a fondo, e quindi il nostro sito, da questa ben segnalato (oltre che da Google). Sono così rimasti alquanto interdetti nel constatare che noi diamo un giudizio decisamente critico sia sul film che sul libro, e ci chiedono spiegazioni: chi garbatamente, chi, al contrario, accusandoci senza tanti complimenti di essere ottusamente prevenuti nei confronti tanto dell’uno quanto dell’altro, magari per

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motivi inconfessabili (invidia, gelosia, dispetto per non essere stati coinvolti nelle due iniziative, ecc.). Dapprincipio abbiamo risposto a tutti con pazienza e cortesia, ma ora ci siamo proprio stancati di ripetere sempre le stesse cose: oltretutto ci sembra una pura perdita di tempo, perché abbiamo la netta sensazione che le nostre spiegazioni, seppur a nostro avviso esaurienti, abbiano in realtà convinto ben poche persone, forse addirittura nessuna, proprio come accade a molti prigionieri della caverna nella celebre allegoria platonica.

Il mito della caverna ne La Repubblica di Platone, Libro VII (514 b - 520 a); dal sito http://www.fenerland.org/?p=1044.

Abbiamo di conseguenza preso la decisione di non dare in futuro più alcuna spiegazione circa le posizioni critiche che, relativamente al film e al libro, abbiamo assunto con estrema chiarezza, non già per capriccio, ma per ben fondati motivi. A tutti, d’ora in poi, rivolgeremo solamente l’invito, in due righe, a (ri)leggersi quanto abbiamo pubblicato nelle Notizie dal 1° Settembre al 7 Ottobre di quest’anno. Se ciò non bastasse a chiarire i dubbi o soddisfare la curiosità di tali lettori, ebbene non sappiamo che altro dire o fare. Che ognuno si tenga le proprie opinioni e amen. Al lettore Tarcisio S., poi, che ci ha inviato una mail riboccante di indignazione per quello che abbiamo scritto in fondo alla pagina della Bibliografia, rispondiamo che è liberissimo di non condividere il nostro punto di vista: non saremo certo noi ad impedirgli di andare a leggersi – e, se gli fa piacere, a rileggersi fino ad imparali a memoria – tutti i peana che sono stati innalzati per magnificare il libro e il film che a noi non piacciono neanche un po’. E per tutti intendiamo proprio dal primo all’ultimo: per trovarli basta chiedere al servizievole Google. ◙ Mail di Vito: «Sfogliando un vecchio numero di Ciao 2001, ho trovato un trafiletto sulla morte del M° Pavesio, che vi allego. Vi prego di notare quale canzone gli viene attribuita: non c’è niente da fare, anche nel 1969 il giornalismo musicale era popolato, troppo spesso, da incompetenti...!».

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Da Ciao 2001, n. 13, 23 Aprile 1969, pag.41. D’accordissimo, con una precisazione: oggi il grado di incompetenza è a dir poco decuplicato. ◙ Mail di Massimo Baldino: «Ho un amico che si trova attualmente in Cina per lavoro, ma dice di possedere in Italia circa 10.000 dischi a 78 giri. Ha promesso di digitalizzarli appena rientrerà in Italia (ci vorranno secoli!!!), quindi l’ho pregato di farci fare una cernita del materiale da spedirci. Intanto mi invia di tanto in tanto cose che ha travasato nel suo pc, come questa canzone che vi faccio ascoltare: si intitola Non voglio più giocare ed è interpretata da una certa Mary Urban. Confesso la mia ignoranza, ma non so chi fosse costei e come devo archiviare il brano. Qualcuno può darmi una mano? Naturalmente ho pregato questo generoso amico di corredare in futuro le registrazioni che mi invia con i dati tecnici dei relativi dischi, altrimenti esse saranno del tutto inutili per il sito Il Discobolo, e produrranno solo una grande confusione nel mio archivio». ◙ Ricorre oggi il Centenario della nascita di Otello Boccaccini, un cantante che ci è particolarmente caro perché incise col nostro Trio ben sette canzoni, fra cui anche un capolavoro come Questa sera da me, ascoltabile in rete grazie al sito Il Discobolo, che ne fa una presentazione coi fiocchi (per inciso noi siamo del parere che sia questo il modo giusto per valorizzare al meglio la musica leggera di quegli anni ormai così lontani da noi). Per l’occasione Il Discobolo ha consacrato a Boccaccini una pagina antologica speciale. All’indirizzo: http://www.ildiscobolo.net/public/SPECIALI%20-%20OSCAR%20CARBONI/BUON%20COMPLEANNO%20OTELLO.htm. Alessandro Rigacci, il nostro biografo dei cantanti che hanno collaborato con le Lescano, è dal canto suo particolarmente vicino a Boccaccini, essendo toscano come lui: gli ha perciò dedicato uno dei suoi pregevoli videoclip, appena postato su YouTube; http://www.youtube.com/watch?v=kGm_qC0V78w. Quanto a noi, vogliamo ricordare questo artista, che tutti descrivono come un simpaticone e un bon vivant, tirando fuori dal nostro cilindro magico una rarità discografica, seppur limitata all’anteprima consentita dalla legge. Si tratta della piacevole rumba Se tu mi parli, composta da Sergio Mara (pseudonimo di Erminio

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Cambieri) e incisa verso il 1940 da Otello Boccaccini col Trio Lescano (disco Cetra IT 732).

Cartolina d’epoca di Grassina (provincia di Firenze), dove nacque Otello Boccaccini il 27 Ottobre 1910.

28 Ottobre 2010

◙ Un lettore ci chiede se possiamo dirgli quante foto o altri documenti con dedica autografa delle Sorelle Lescano si sono conservati. È una domanda alla quale è impossibile rispondere con precisione. Diventate celebri fin dai loro primi successi discografici, tra la fine del ’36 e gli inizi del ’37, e rimaste sempre sulla cresta dell’onda fino alla loro definitiva uscita di scena, nel Dicembre del ’43, le tre olandesine dovettero distribuire ai loro tanti ammiratori, in questi sette anni abbondanti di gloria, un’infinità di autografi e di foto pubblicitarie con qualche parola di dedica, senza contare quelle altre, simili alle precedenti, che furono pubblicate in libretti e periodici vari. Il grosso di tutto questo materiale andò distrutto o disperso, specie durante gli anni di guerra, ma una parte, forse cospicua, si salvò sicuramente e ora torna a poco a poco alla luce, grazie anche a siti come eBay, che hanno enormemente potenziato il mercatino dell’antiquariato. Nel nostro archivio digitale abbiamo raccolto nove di tali documenti con dedica, datati tra il 1939 e il 1941, e va da sé che nutriamo la speranza di reperirne altri in futuro. Ecco le loro icone:

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Appendici

1) Trio Vocale dell’Aia ha colpito ancora in Italia Traduzione in italiano dell’intervista della Radio Olandese a Manuel Carrera (v. http://www.rnw.nl/nederlands/article/haags-zangtrio-nog-steeds-hit-italie)

Le ragazze dello swing: si chiama così la miniserie che va in onda questa settimana in prima visione alla tv italiana. La fiction in due parti racconta le vicende del Trio Lescano. Nate in Olanda, divennero celebri nell’Italia fascista degli anni ‘30, nonostante la loro ascendenza ebraica. La prima cosa che si nota nel Trio, è l’armonia delle tre belle sorelle. Lo stile è lo swing americano delle Andrew Sisters [in realtà delle Boswell Sisters], ma la tecnica di Alexandra, Judith e Kitty è più raffinata e risulta migliore.

Accento olandese La seconda cosa che si nota è l’accento olandese delle tre ragazze, che vennero chiamate Trio Lescano. Ma, a quanto pare, questo non fu un impedimento per il loro successo. «A quel tempo, tra le due guerre mondiali, l’Italia era abituata ad un flusso di stranieri» – racconta Manuel Carrera, membro dello staff del sito www.trio-lescano.it, un sito ben documentato sulle tre sorelle. «Perciò non era molto strano sentire un accento straniero. Inoltre, non è molto forte e le parole si possono capire bene».

Scoperte a Torino Il successo del Trio ha inizio nel 1935, quando fu scoperto a Torino dal dirigente e compositore Carlo Prato. A quel tempo, il M° Prato era direttore dell’EIAR [in realtà insegnante di canto presso la sede torinese], antenata della RAI e radio pubblica nazionale. La madre, la cantante di operette Eva de Leeuwe, aveva mandato il Trio a suo fratello, perché il circo in cui le tre sorelle lavoravano era caduto in disgrazia dopo l’incidente del loro padre ungherese Alexander Leschan. Nella Torino creativa di quei tempi gli anni scorrevano veloci. Prato raffinò le voci delle ragazze fino a creare una sorta di magica armonia, che permise loro di ottenere un contratto con la Parlophon. Nel 1936 pubblicarono il loro primo disco, Guaranì Guaranà. Le sorelline divennero in poco tempo delle stelle.

Spice Girls «Erano una sorta di Spice Girls ante litteram» – afferma Carrera. «Anche se in effetti erano molto meglio. Avevano un valore artistico che le Spice Girls neanche si sognavano. Le Spice Girls erano solo belle, le Lescano invece erano anche brave». Tra il 1939 e il 1943 il Trio crebbe tra i simboli fascisti. Nel 1940 si esibirono in una

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trasmissione sperimentale, cantando per il Re e nel ‘42 ottennero la cittadinanza italiana.

Mussolini Un giorno Benito Mussolini si fermò sotto il loro balcone a Torino per salutarle. Secondo i giornali erano le “tre Grazie del microfono” e “la personificazione della Trinità Celeste”. Tutto ciò per tre ragazze ebree dell’Aia. «A quanto pare, agli artisti veniva concesso di più che alla gente comune», commenta l’esperto del Trio Lescano, Manuel Carrera. «Sapevano tutti fin dall’inizio che la madre delle Lescano era ebrea, ma a quanto pare questo non era un problema per il Regime». Questo fino al 1943. Poi, durante un concerto a Genova, le Lescano furono arrestate con l’accusa di spionaggio. Gli abbiamo chiesto di questo evento: «Non c’è nessun documento sull’arresto» – dice Carrera, «e anche i giornali del tempo non hanno scritto niente al riguardo. E questo è incredibile, data la loro immensa popolarità».

Una brusca fine Tuttavia la loro carriera terminò proprio nel 1943. Dopo la guerra, continuarono ad esibirsi in Italia ma la loro sorella minore, Kitty, lasciò il gruppo. Le altre due ragazze si trasferirono in Sud America, dove il gruppo si sciolse definitivamente e cadde nel dimenticatoio. Negli ultimi anni sono state ricordate come le “regine dello swing italiano”. Perciò in Olanda sono stati fatti diversi documentari alla radio e in tv, mentre ora in Italia viene trasmessa una miniserie sulla loro biografia.

Lunedì sera milioni di italiani hanno visto come Elise Schaap e Lotte Verbeek, insieme all’attrice ungherese Andrea Osvart, abbiano dato vita al leggendario Trio. Il ruolo della madre Eva de Leeuwe è stato affidato a Silvia Kristel. Con mia grande sorpresa [parla l’intervistatore] non tutto è stato doppiato e per la prima volta nella mia permanenza in Italia ho potuto sentire l’olandese alla RAI. Ciò ha reso la miniserie autentica e divertente. Credo che per molti italiani sia stata una piacevole sorpresa: non molti italiani infatti si rendono conto che il Trio Lescano non era italiano, e inoltre è stata una buona introduzione alla loro storia.

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2) Necrologio del maestro Carlo Prato

La Stampa, 5 febbtaio 1949, pag. 4:

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3) Lettera di Gianna Montanari al Direttore de “La Stampa” di Torino

Caro Direttore,

vorrei tornare sull'argomento della fiction Tv sul Trio Lescano, Le ragazze dello swing. Pur trovando buona la scenografia, la recitazione e l'intreccio della vicenda, ho notato invece diverse pecche dal punto di vista della verità storica, diversi luoghi comuni e diverse incongruenze nello sceneggiato diretto da Maurizio Zaccaro e tratto da "un'idea" dello scrittore Gabriele Eschenazi.

Per fare un esempio relativo alla cronologia, nel 1937 Alberto Rabagliati non era ancora una celebrità; per fare un esempio macroscopico sulla verosimiglianza della storia, ho trovato semplicemente ridicolo l'interrogatorio del funzionario di polizia che cercava nella canzone Tulipan frasi cifrate da passare agli Alleati!

Ma, a parte tutti i dubbi sul rispetto della verità storica (anche sull'arresto delle Lescano non c'è, pare, nessuna certezza), la cosa secondo me offensiva è l'ambientazione, il contesto, sordido e volgare, in cui si aggirano le tre sorelle insieme ad una madre alquanto criticabile. In tale contesto anche loro appaiono contaminate. Trovo sommamente ingiusto che attraverso la televisione si trasmetta un'immagine delle persone, che, anche se non rispondente a verità, resterà impressa nella memoria dei telespettatori che non abbiano altre fonti d'informazione sull'argomento.

È, questo, un problema non nuovo, quello del rapporto tra vero storico e rielaborazione "artistica". Mi chiedo anche, nonostante abbia apprezzato le voci delle Blue Dolls, perché si sia fatta la scelta di non far sentire le voci originali delle "ragazze dello swing" con il loro fantastico fraseggio musicale, ritmato dal mitico maestro Barzizza. Ecco perché, pur riconoscendo anche molti lati positivi dello sceneggiato, tra cui le riprese molto belle per le vie di Torino e le case col ballatoio, e la bravura delle tre interpreti e degli altri attori, lo considero un'occasione mancata.

Commenti puntuali e azzeccati di un gruppo di appassionati fans delle tre sorelle olandesi si possono leggere sul sito internet Ricordando il Trio Lescano.

Cordiali saluti,

Gianna Montanari

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4) Condensato delle conversazioni telefoniche intercorse tra il Curatore del sito “Ricordando il Trio Lescano” e il cineasta francese ***

- Le è mai capitato di scrivere la sceneggiatura di un film o una fiction televisiva di argomento storico, di preferenza attinente alla storia recente? - Ad essere sincero no. Ho realizzato dei documentari di questo tipo, curandone sia la sceneggiatura che la regia, ma opere di taglio storico-narrativo o biografico, no, non ne ho mai fatte, anche se sarei senz’altro in grado di farle. Tra l’altro sono amico di vecchia data di sceneggiatori e registi che ne hanno fatto una sorta di specializzazione, e di conseguenza so perfettamente quali siano le difficoltà che incontrano nel loro lavoro, dato che ne parliamo spesso tra noi. - Me le può illustrare brevemente? - Sono più o meno le stesse con cui deve cimentarsi il biografo classico, vale a dire lo scrittore (o giornalista) che decide di raccontare, con la scrupolosità dello storico, la vita di qualcuno che sia realmente esistito. Anche nel caso ideale che l’abbia conosciuto di persona e magari abbia avuto accesso alle sue carte o abbia potuto parlare a lungo con i suoi intimi, egli si trova continuamente in presenza di black holes, che deve in qualche modo colmare. Il lettore di una biografia dà per scontato che il biografo sappia sempre tutto sul biografato, e invece nessuno può dire di conoscere a fondo un’altra persona, voglio dire nei suoi pensieri più intimi e nascosti. È difficile persino conoscere sé stessi, figuriamoci gli altri! - Ma come fa il biografo coscienzioso a riempire questi buchi neri? Lavora di fantasia? - Sì e no. È chiaro che se una cosa non la sa, non può inventarsela: chi lo fa compie un’operazione delle più disoneste, specie se fa passare ciò che si è inventato per verità comprovate, senza mettere minimamente in guardia i suoi lettori. Bisogna dunque far ricorso all’immaginazione, ma tenendola costantemente sotto controllo, impedendole cioè di introdurre nella biografia elementi che mal si conciliano con quello che si sa per certo della vita del biografato. Ad esempio, se uno si è sempre comportato in vita sua da galantuomo, non si può, neanche a titolo di congettura, inserire in un periodo della sua esistenza poco conosciuto delle azioni disdicevoli, solo per “rimpolpare” il racconto in modo sensazionalistico. E viceversa, naturalmente.

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Esempio di biografia di uno dei maggiori esponenti della Chanson française, Charles Trenet: lavoro accuratissimo ed esaustivo, di 656 pagine,

realizzato nel 1989 dal giornalista Richard Cannavo. - Questo va bene per una normale biografia, che è in fondo un lavoro da storico e non da romanziere, ma cosa succede quando si scrive una sceneggiatura cinematografica, che è l’esatto contrario? - Lo è fino ad un certo punto. Infatti lo sceneggiatore, a differenza del biografo, ha tutto il diritto di “romanzare” la storia, ma non già di falsificarla. Egli può legittimamente soffermarsi più su certi aspetti di una vicenda che su altri, può introdurre nel racconto nuovi personaggi e toglierne altri, realmente esistiti, ma da lui giudicati di scarso rilievo nell’economia generale del racconto; quello che invece non può fare è attribuire a questo o quel personaggio storico azioni o pensieri in netto contrasto col ritratto che di lui emerge dalla documentazione in nostro possesso. Al limite ci può essere un margine di tolleranza per i personaggi vissuti in un lontano passato, immersi o quasi nella leggenda (tipo Carlomagno – per capirci – e mi riferisco alla miniserie televisiva del 1994 Charlemagne, le prince à cheval, diretta da Clive Donner), ma non per quelli che sono in pratica nostri contemporanei: nei confronti di questi ultimi lo sceneggiatore deve dar prova di rispetto e onestà intellettuale. Non gli è lecito, insomma, per rendere il suo copione più avvincente, demonizzare ad arte questo o quello dei personaggi di una biografia, oppure angelicarli contro ogni evidenza storica, il che è lo stesso.

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I protagonisti della fiction Charlemagne, le prince à cheval: Anny Duperey (Berthe au grand pied) e Christian Brendel (Charlemagne).

- Ma che succede, in pratica, se i realizzatori di una fiction su un personaggio della storia recente ignorano questi sani principi di etica professionale, e fanno quello che vogliono, a costo di stravolgerne la biografia? - In Francia una cosa del genere non sarebbe facilmente tollerata, perché lo spettatore medio, anche quello televisivo, è più esigente che altrove e spesso anche assai preparato in ambito storico. È ben noto che la storia moderna, quella basata su documenti d’archivio e non su chiacchiere, balivernes, menzogne e favole varie, è nata proprio nel mio paese, nella seconda metà dell’Ottocento, con i vari Michelet, Thiers, Thierry, Toqueville, Fustel de Coulanges e molti altri, e questo amore per la storia vera e non manipolata è profondamente radicato qui da noi. Se un romanziere o cineasta si prendesse troppe licenze con la verosimiglianza storica le assicuro che non andrebbe lontano e, presto o tardi, sarebbe costretto a trovarsi un altro lavoro. È così anche da voi in Italia? - Lasciamo perdere, amico mio! Ma mi dica ancora: che fa uno sceneggiatore quando deve occuparsi di personaggi storici (parlo sempre di storia recente) sui quali, in partenza, sa poco o nulla: getta la spugna? - Neanche per sogno, giacché le boulot c’est le boulot. Ogni soggettista o sceneggiatore di professione ha una rete di collaboratori di fiducia, che all’occorrenza vengono da lui incaricati di fare delle approfondite ricerche nei luoghi più adatti, in modo da procurargli tutto il materiale grezzo di cui ha bisogno per elaborare la trama della pellicola o della fiction affidategli. Di solito questi aiutanti sono ricercatori o storici qualificati, avvezzi per formazione e mentalità, a non prendere mai per buoni un fatto, una notizia o un aneddoto se non li hanno prima sottoposti ad accurate verifiche. In questo modo è assai improbabile che grossi errori si infiltrino nel copione di un film storico.

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- Un’ultima domanda. È importante, nel tipo di spettacolo di cui stiamo parlando, che gli attori assomiglino in qualche misura ai personaggi reali che devono incarnare? - Anche qui devo risponderle sì e no. I tratti del volto, ad esempio, contano relativamente poco, perché col trucco si possono fare miracoli. La corporatura, al contrario, è un elemento fondamentale. Se faccio un film su Charles de Gaulle, che era un gigante, non posso certo scritturare un attore, anche se bravissimo, che gli arrivi sì e no alla cintola: in questo ruolo farebbe solo ridere! Analogamente, se devo portare sullo schermo una donna piccola e sgraziata, non ha senso che scelga un’attrice meglio adatta, per il suo fisico, ad interpretare una delle dee dell’Olimpo, che tutti immaginiamo statuarie e divinamente belle. Certo, questi sono casi limite, nondimeno ci vuole sempre, in queste cose, il senso della misura. - Prima che ci salutiamo, mi può indicare qualche film storico recente che lei giudichi un capolavoro da ogni punto di vista? - Meno male che questa è una conversazione privata, altrimenti non potrei risponderle, per non farmi troppi nemici! Personalmente amo moltissimo i film storici del belga Gérard Corbiau: Le maître de musique (1987), Farinelli (1994) e Le roi danse (2000). Per quanto riguarda gli adattamenti televisivi di opere letterarie, darei la palma della qualità alla serie Au siècle de Maupassant - Contes et nouvelles du XIXème siècle, dove hanno lavorato molti sceneggiatori, registi e attori miei amici, che io stimo e ammiro tutti incondizionatamente.

José van Dam (Joachim Dallayrac) e Anne Roussel (Sophie Maurier) sono i due magnifici interpreti del film Le maître de musique,

superba ricostruzione del raffinatissimo ambiente

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5) Articolo su L'Unione Monregalese, n. 36, 6 Ottobre 2010, pag. 37:

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6) Lettera dell’Amsterdam Jewish Council