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EDUCATIONAL Nozioni base per la conoscenza e l’utilizzo di lenti oftalmiche progressive Principi di funzionamento e nozioni pratiche indispensabili per sviluppare con denza nell’approntamento di lenti oftalmiche progressive. di Francesco Vargellini optometrista IBZ Le lenti progressive La possibilità di generare lenti con più poteri fu inizialmente realizzata costruendo la faccia anteriore con una curvatura non continua (le geometrie moderne sfruttano anche la faccia posteriore). Diminuendo il valore del raggio della curva anteriore si riesce così a realizzare poteri di- versi sulla stessa superficie diottrica. Dalla costruzione di queste lenti si possono individuare le tre zone funzionali: - visione per lontano - visione intermedia - visione per vicino Contrariamente a quello che accade nella co- struzione di lenti bifocali, fatta eccezione for- se per le trifocali, oggi in disuso, esiste una zona dedicata alle medie distanze. La struttura della progressione Con l’aumentare dell’addizione, le lenti bi- focali non sono più in grado di mantenere una uniformità di utilizzo a tutte le distan- ze. Alcuni soggetti manifestano precoci dif- ficoltà nella gestione del “vicino”, proprio perché la distribuzione del potere in questa zona può risultare parzialmente inadeguata per tutte le attività visive a distanza pros- simale. Doversi continuamente avvicinare o allontanare dalla posizione visiva e postura- le voluta può risultare molto affaticante e quando non lo sia, risulta comunque causa di un abbassamento della performance visi- va, sia questa una attività impegnativa come lo studio, sia una semplice attività manuale non intellettualmente impegnativa. Andiamo ad analizzare la lente multifocale nelle sue parti. La postura del corpo influisce strettamente con il sistema visivo. La postura è la posizio- ne che il corpo assume per realizzare qual- siasi azione con partecipazione dei muscoli, compresi quelli degli occhi. Se non si tiene conto delle abitudini posturali della perso- na, o se non le si conosce, si può incappare in grossolane difficoltà di adattamento alle lenti, derivate da un’altezza di montaggio non conforme. Per ovviare a questo pro- blema ci sono numerosi accorgimenti utili, primi tra questi: Preferire con primi portatori o portatori complessi il montaggio su montature con frontale in metallo con naselli regolabili. Fig. 1 Schematizzazione delle curve sferiche che formano una lente progressiva; la sfera di maggior diametro rappresenta la zona di lente superiore adibita alla visione in distanza remota, quindi con il potere sferico meno positivo di tutta la lente. Nella zona inferiore le curvature si fanno sempre più strette producendo così, un aumento di potere sferico positivo, necessario per la visione prossima. dossier 110 P.O. Professional Optometry ® Maggio 2008

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Nozioni base per la conoscenza e l’utilizzo di lenti oftalmiche progressive

Principi di funzionamento e nozioni pratiche indispensabili per sviluppare con! denza nell’approntamentodi lenti oftalmiche progressive.di Francesco Vargellini

optometrista IBZ

Le lenti progressiveLa possibilità di generare lenti con più poteri fu inizialmente realizzata costruendo la faccia anteriore con una curvatura non continua (le geometrie moderne sfruttano anche la faccia posteriore).Diminuendo il valore del raggio della curva anteriore si riesce così a realizzare poteri di-versi sulla stessa superfi cie diottrica.

Dalla costruzione di queste lenti si possono individuare le tre zone funzionali: - visione per lontano- visione intermedia- visione per vicinoContrariamente a quello che accade nella co-struzione di lenti bifocali, fatta eccezione for-se per le trifocali, oggi in disuso, esiste una zona dedicata alle medie distanze.

La struttura della progressioneCon l’aumentare dell’addizione, le lenti bi-focali non sono più in grado di mantenere una uniformità di utilizzo a tutte le distan-ze. Alcuni soggetti manifestano precoci dif-fi coltà nella gestione del “vicino”, proprio perché la distribuzione del potere in questa zona può risultare parzialmente inadeguata per tutte le attività visive a distanza pros-simale. Doversi continuamente avvicinare o allontanare dalla posizione visiva e postura-le voluta può risultare molto affaticante e quando non lo sia, risulta comunque causa di un abbassamento della performance visi-va, sia questa una attività impegnativa come lo studio, sia una semplice attività manuale non intellettualmente impegnativa. Andiamo ad analizzare la lente multifocale nelle sue parti.La postura del corpo infl uisce strettamente con il sistema visivo. La postura è la posizio-ne che il corpo assume per realizzare qual-siasi azione con partecipazione dei muscoli, compresi quelli degli occhi. Se non si tiene conto delle abitudini posturali della perso-na, o se non le si conosce, si può incappare in grossolane diffi coltà di adattamento alle lenti, derivate da un’altezza di montaggio non conforme. Per ovviare a questo pro-blema ci sono numerosi accorgimenti utili, primi tra questi:Preferire con primi portatori o portatori complessi il montaggio su montature con frontale in metallo con naselli regolabili.

Fig. 1 Schematizzazione

delle curve sferiche che formano una lente progressiva;

la sfera di maggior diametro rappresenta

la zona di lente superiore adibita alla

visione in distanza remota, quindi con il potere sferico meno

positivo di tutta la lente. Nella zona

inferiore le curvature si fanno sempre più strette producendo

così, un aumento di potere sferico

positivo, necessario per la visione

prossima.

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Regolare la calzata della montatura ed il suo assetto, in ogni parte, prima di prendere le misure di montaggio della lente.Considerare lo spessore e il peso della lente montata dal punto di vista di possibile di-sturbo dell’assetto (ad es: una lente che toc-ca nelle ciglia mentre è tenuta in posizione d’uso normale, o una lente che tenderà ad allargare l’occhiale una volta montata)

Zona per lontanoÈ la zona superiore della lente, l’area funzio-nale più estesa, (mediamente il 35% della superfi cie totale della lente) in cui la po-tenza diottrica corrisponde anche con quel-la normalmente indicata nella prescrizione come permanente nei soggetti non presbiti. In questa zona è giusto indicare al sogget-to che oltre a guardare in lontananza può anche guardare la TV, e guidare l’auto; è la zona utile per tutte quelle attività visive che si svolgono fuori dalla nostra sfera spaziale egocentrica (distanza di un braccio circa).Normalmente si è attenti nel lasciare al montaggio uno spazio suffi ciente per la pro-gressione, e il lontano?Alcuni soggetti si lamentano di più nella guida che nel vicino, a volte proprio perché lo spazio della lente dedicato al lontano è stato eccessivamente tagliato, o perché non è sfruttabile nelle normali escursioni dello sguardo.

Nota beneUno dei punti critici delle progressive è il loro utilizzo nelle zone marginali per lonta-no. Da sempre operazioni come, effettuare una manovra con l’auto, o movimenti dina-mici degli occhi verso l’ambiente periferico sono considerati diffi cili da eseguire.La soluzione a questi problemi sta in pri-mo luogo nell’affi darsi a lenti con geome-trie evolute, a progressione interna e design asimmetrico. Poi in seconda istanza, nell’as-setto della montatura, che oltre ad essere effi ciente deve essere congruo ai dettami tecnici della ditta costruttrice delle lenti (an-golo pantos eccentuato, avvolgimento stan-dard presente, distanza apice corneale-lente rispettata ecc.)Anche la forma e la grandezza della lente possono infl uire in maniera signifi cativa sul-l’effi cienza della lente in queste particolari mansioni.Se la lente è grande, e il soggetto è sensi-bile, può avere stimolo di percezione della periferia molto distrurbanti (ondulazione o deformazione). D’altra parte se la montatura è piccola, il soggetto che richiede la lente per visualizzare qualcosa in una posizione molto periferica troverà disturbante il fatto di dover girare più del voluto la posizione del tronco e della testa, soprattutto se la motilità e scarsa.Infi ne il potere delle stesse, soprattutto il

Fig. 2Lo schema raccordo tra le curve asferiche per la creazione della progressione.

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cilindro rifrattivo e l’addizione elevata sono elementi di disturbo, e raramente aiutano (miopi).

Legge di MinkwitzQuesta formula regola in maniera netta le relazioni che esistono tra i vari parametri del canale di progressione. La rigidità tra questi parametri oggi viene parzialmente “ammor-bidita” dall’utilizzo di curve asferiche ad alta eccentricità (paraboloidi e iperboliche oltre che ellittiche).La relazione di Minkwitz ci dice come cam-biano lunghezza del canale, larghezza del canale (priva di cilindri periferici), in relazione all’addizione. Come si evince l’astigmatismo generato dal raccordo tra le zone di visione, aumenta proporzionalmente all’addizione e alla brevità del corridoio.Per questo motivo ad esempio molte dit-te produttrici di lenti a canale corto (11, 13 mm) limitano le possibilità prescrittive dell’addizione a 2.50 Dt, sconsigliando co-munque di utilizzare addizioni superiori a 2.00 Dt.Infatti le aree periferiche di queste lenti ri-sultano spesso fastidiose se utilizzate con addizioni elevate. Per motivi innerenti alle curve di costruzione le lenti a canale corte risultano anche meno economiche, perché costruite grazie all’uti-lizzo di algoritmi e strumentazione creati appositamente.

Zona intermediaTecnicamente rappresenta il canale di pro-gressione. I dati che lo identifi cano sono la lunghezza e la larghezza.A causa di limiti di costruzione questa zona segue una regola dimensionale molto sem-plice: maggiore è la sua lunghezza, cioè la

quantità di millimetri necessaria a passare dal minimo al massimo potere nominale del-la lente, maggiore sarà la sua larghezza.

Una lente con progressione corta come ad esempio 13 mm avrà un intermedio più stretto di una lente con progressione nor-male di 18 mm.A parità di lunghezza di progressione inve-ce, il canale si restringe all’aumentare della addizione.Il dato nominale più signifi cativo di questa zona è comunque la lunghezza, che può es-sere dichiarata in modi diversi, perché non esiste una convenzione. Per comprendere la reale lunghezza si può misurare la distan-za tra la croce di centraggio del lontano e l’inizio della zona con potere per vicino (cer-chietto nelle tracciature). In questo modo ci si rende conto realmente dello spazio mini-mo richiesto dalla progressione.È utile spiegare che questa è la zona mag-giormente critica nella costruzione e nel-l’adattamento a questo tipo di lenti. In questa area il potere diottrico passa, aumen-tando in maniera più o meno rapida, dalla zona per lontano a quella propria del vicino. Qui si trova quella che nella prescrizione va sotto la voce di “lettura” , attraverso cui passano gli assi visivi nella postura decisa per la principale distanza di utilizzo. Anche in lenti con progressioni lunghe questa zona risulta più stretta rispetto al vicino. L’inter-medio è fondamentale al fi ne di un buon adattamento a questo tipo di lenti.È basilare dedicare tempo alla comprensio-ne di quale design dovrà avere la lente in questo distretto, soprattutto se dovrà esse-re utilizzato per tempi relativamente lunghi, oppure attraversato continuamente, come accade in quei soggetti dove le scansio-

Fig. 3 Legge di Minkwitz

e legenda.

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ni verticali e orizzontali dell’ambiente sono continue, ampie e veloci (visione dinamica).

Nota beneNel cercare di dare il giusto spazio alla pro-gressione della lente, non si deve dimentica-re di avere una zona “coerente” anche per lontano.Per non rischiare di avere una lente sbilan-ciata, con un vicino molto presente e una parte per lontano molto sottile, si tenga presente di mantenere idealmente uno spa-zio sopra la croce di centratura del lontano, pari a metà della lunghezza del canale di progressione della lente.Ad esempio una lente a canale di lunghezza intermedio, cioè 14-15 mm, dovrebbe avere una volta centrata sulla montatura, uno spa-zio di circa 7 mm dalla croce di centraggio. Ovviamente questo riferimento è generico, ma indicativo del rapporto di equilibrio che deve esistere in una lente per avere un pre-stazione effi cace a tutte le distanze.

Zona per vicinoArrivati in fondo alla lente si trova la zona con potere positivo, il vicino. Anche qui, come per lontano esiste una zona funzio-nale abbastanza estesa (circa il 20% della superfi cie totale della lente) in cui il potere diottrico, entro certi limiti, rimane costan-te. Si cerca di dare alla zona per vicino più

estensione possibile e comunque è impor-tante cercare di comprendere mediante anamnesi e osservazione del comportamen-to, se il soggetto sia più predisposto verso lenti che enfatizzino la zona per vicino op-pure l’intermedio.Sotto di esso si dovrebbero avere più milli-metri possibile di lente. Infatti proprio sotto al cerchio è concentrata una zona di visio-ne per vicino molto sfruttabile. Il concetto quindi è quello di montare non il cerchio a bordo lente ma con qualche millimetro di spazio sotto di esso.Non si deve tanto meno andare a tagliare una porzione del cerchio da vicino. In que-sto caso ci si trova di fronte ad una lente con un vicino quasi inesistente. In alcu-ni casi, sbagliando vengono montate lenti multifocali con questo tipo di mutilazione, e per sopperire a questo problema vengono prescritte lenti con addizioni più elevate, in modo da ritrovare il potere sferico deside-rato, un po’ più in alto, nel canale interme-dio. Grosso errore, infatti il canale non può garantire una superfi cie suffi cientemente vasta con un potere stabile (zona per vi-cino) indispensabile per poter utilizzare la lente durante mansioni ravvicinate per tem-pi prolungati. Inoltre utilizzare una addizio-ne troppo elevata porta spesso al mancato adattamento alla lente, o ad una visione prossimale diffi cile da trovare, instabile.

Fig. 4Altezza minima di montaggio di una progressiva a progressione corta. Si noti l’indicazione canonica del cerchio per vicino. Si possono trovare tracciature da vicino di diversa forma e dimensione, a seconda delle ditte. Importante ricordare che una spazio inferiore a 5 mm di altezza di lente con potere per vicino, rende improbabile o fortunoso l’adattamento stesso..

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Zone perifericheLe porzioni di lente che non formano una di queste tre zone, dette “funzionali”, fan-no parte di quella parte di lente detta “non funzionale” o periferica, in cui la distribuzio-ne dei poteri non è regolare come nelle pri-me, e dove anzi sono presenti poteri sferici e cilindrici di natura disturbante al fi ne della

visione, e che sono una della peggiori cause di adattamento e di disturbo nell’utilizzo di queste lenti.In fi gura 6 è disegnata la mappa astigmatica di una lente progressiva. In questo esempio si tratta di una lente progressiva con valori: sf -4.50 Add 2.00.Il colore più chiaro rappresenta le zone del-

Fig. 5Effetto discorsivo

percepito nell’ambiente

da portatore di progressive simile a

quello visibile in caso di cattiva centratura

e o refrazione inesatta.

Fig. 6Mappa astigmatica di una lente progressiva.

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la lente dove non sono presenti aberrazioni cilidriche non nominali. In pratica, in tutta la zona celeste di questo esempio esistono solo gradazioni sferiche che vanno da sf -4.50 (lontano) a sf -2.50 (vicino). L’omoge-neità del colore, in questo caso, non signifi -ca omogeneità di potere! Questo colore rappresenta quindi le zone “funzionali” al 100%.Fuori da queste si possono notare colori gradualmente più intensi, che rappresentano forma, estensione e potere delle aberrazioni ottiche della lente. Più sono scure e maggio-re sarà la distorsione e lo sfuocamento che sviluppano. Sono poco utilizzabili, e posso-no diventare causa di astenopia, vertigine, cefalea.Se incontrate durante il normale utilizzo con troppa frequenza o intensità le cause pos-sono essere:- decentramento delle lenti dalla loro posi-

zione- errato montaggio- errata scelta della lente- errata postura dell’utilizzatore

Se il soggetto non può utilizzare queste zone per discriminare immagini molto defi -nite, può comunque utilizzarle con successo per la visione periferica. Infatti grazie alla fi -siologica organizzazione percettiva e cogni-tiva, le immagini provenienti dalla periferia della retina sono comunque di scarsa quali-tà discriminativa, e quindi non interferiscono in maniera non tollerante. Alcuni soggetto hanno una visione binoculare e una visione

periferica in grado di assimilare le modifi che introdotte da queste zone, altri non tolle-rano minimamente nessun compromesso o adattamento.

Altre caratteristiche geometriche delle lentiLa lunghezza della progressione è una ca-ratteristica peculiare di ogni lente; si deve chiarire che, maggiore è la lunghezza del canale di progressione, maggiore sarà la sua larghezza.All’aumentare della addizione, qualsiasi ca-nale di progressione rimane immutato nella lunghezza, ma si restringe.Quindi, se il canale si allarga si amplia la visione della corrispondente zona funziona-le, e viceversa. L’adattamento a una visione con zone di utilizzo “modulate” come quella delle progressive risulta quindi più facile al diminuire dell’addizione, motivo per cui si dovrebbe educare il presbite a non iniziare ad utilizzarlo solo quando la sua presbiopia sarà consolidata, per non incappare nella fa-tica di abituarsi in un sol colpo ad una lente con distorsioni considerevoli.

Nota beneIndicativamente all’aumentare dell’addizione, la percentuale di campo visivo utile (lente non sagomata) passa da circa un 70% con add 1.00, al 50% con add 2.00, al 30% con add 3.00 . La forma e la grandezza delle montature, oltre ovviamente all’assetto e la posizione che esse assumono quando vengono porta-

Fig. 7Differenze nella grandezza delle zone funzionali al variare della montatura. Da notare la differenza di grandezza delle zone funzionali per vicino (V).

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te può modifi care in senso positivo e nega-tivo le percentuali espresse, con conseguen-ze ben immaginabili per il portatore.

Le incisioni e le tracciatureSu tutte le lenti multifocali sono presenti due tipi di riferimenti, inseriti dalle case co-struttrici per consentire e facilitare il mon-taggio e il riconoscimento delle caratteristi-che ottiche e costruttive.Le tracciature sono tutte quelle informa-zioni e riferimenti presenti al momento del montaggio, disegnate con una speciale cera delebile dal costruttore, e che sono ben vi-sibili.

Le incisioniLe incisioni sono invece riferimenti, mirati al riconoscimento futuro e al controllo dei pa-rametri delle lenti e sono invece più diffi cili da osservare, indelebili e fatte il più delle volte mediante utilizzo del laser. Possono es-sere rintracciate in diversi modi: osservazio-ne in controluce, su un reticolo illuminato, luce blu di Wood.Tra le incisioni si trova sempre: - la casa costruttrice- il modello di lente- l’addizione- i riferimenti orizzontali

In più si possono estrapolare:- il riferimento sulla lunghezza della progres-sione- il materiale della lente- la geometria

I riferimenti orizzontali sono molto impor-tanti, sono dei piccoli riferimenti, distanti tra loro 34 mm (17 mm alla sinistra e alla de-stra della croce di centraggio) e sono spesso usati come spazio attorno a cui inserire le altre incisioni, per facilitarne appunto il ritro-vamento quando questo è necessario:controllo del montaggiocontrollo dei poteriritrovamento del prodotto

Nota beneLe tracciature -è un parere non condiviso da tutti- non andrebbero cancellate al mo-mento della consegna dell’occhiale.Se da un lato possono essere identifi cate dal cliente come una mancanza di rifi nitura al momento della consegna, va immedia-tamente spiegato che sono necessarie per controllare al momento della consegna se le misure prese per la centratura sono state eseguite correttamente.È vero che esistono anche altri modi e mo-menti per effettuare questo controllo, che

Fig. 8Tracciature e

incisioni di una lente progressiva. In colore nero sono le incisioni, in giallo le

tracciature.

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sono comunque indispensabili, ma che non bastano per rendersi conto di come il sog-getto utilizza le zone funzionali con la mon-tatura fi nita, la quale avrà un peso, e quindi anche un assetto diverso da quello usato per la presa delle misure di centraggio.

Le tracciatureSolitamente la distanza che separa la cro-ce di centratura dalla parte inferiore del cerchio per vicino, è indicativa dell’altezza minima di montaggio, intesa come minimo spazio in cui sviluppare la progressione.

Nota beneQuesto signifi ca che se in una montatura dopo aver individuato la zona di centrag-gio per lontano, non si riesce a far entrare almeno tutto il cerchio di centratura per vi-cino, la progressione e il vicino non hanno suffi ciente spazio per svilupparsi, e quindi il soggetto ha buone possibilità di non riu-scire a vedere per vicino in modo soddisfa-cente.La casa costruttrice non è tenuta a dare as-sistenza tecnica in caso di diffi coltà di adat-tamento, anche perché la misura dell’altez-za minima di montaggio è spesso riportata sulle pagine del listino.Quella che è poche volte riportata è l’al-tezza superiore di montaggio, cioè, quanta lente deve esserci, sopra la croce di mon-taggio.Si tenga presente un altro importante fat-tore; il cerchio del vicino non deve essere sempre, obbligatoriamente vicino al bordo della montatura. Infatti come avremo modo di approfondire durante l’analisi delle geo-metrie, sotto il cerchio di centratura per vicino c’è spesso ancora una vasta zona funzionale, priva di aberrazioni. Questo vale soprattutto per:- lenti ad addizione media e bassa

(<2,25 Dt)- con canale di progressione medio o lungo

(>14 mm)- lenti a canale corto di ultima generazione- la presenza di bassi valori di cilindro ri-

frattivo- la presenza di valori di sfera refrattiva non

elevati

a seconda del modello di lente utilizzata, si può reperire dal costruttore il riferimento circa la qualità, e quindi la quantità di lente che è possibile sfruttare sotto ”il cerchio del vicino”, questa quota può variare molto da lente a lente, anche secondo le indicazioni di massima appena riportate

Geometrie delle lenti progressiveDagli anni ‘60 periodo della loro prima commercializzazione, le geometrie delle len-ti sono cambiate molto, ma nonostante ciò non ne esiste nessuna che vada bene per tutti, che sia priva di zone non funzionali e aberrazioni. Esistono però molte più geo-metrie che in passato, ognuna adatta a ri-solvere un certo numero di casi, e inadatta in altri. L’individuazione di quella che sarà la miglior lente per ogni specifi co caso è una delle diffi coltà tecniche con cui confrontarsi quando si appronta una correzione di que-sto tipo. Generalizzando potremmo dire che in alcuni casi ci sono molte lenti utili per un soggetto, in altri una sola; in alcuni casi non è necessario avvalersi di geometrie sofi stica-te, in altri è indispensabile; a volte, infi ne, cercare di migliorare le caratteristiche tecni-che delle lenti già portate con successo, può rivelarsi un errore, a cui non sempre si riesce a dare una spiegazione.La conoscenza di quelle che sono le prin-cipali caratteristiche geometriche di queste lenti risulta quindi indispensabile.

Design soft-hardAttualmente tutte le lenti sviluppate vengo-no studiate con l’uso del computer, in grado si calcolare e sviluppare calcoli estremamen-te complessi, al fi ne di simulare la visione possibile in corrispondenza di ogni singolo punto della lente. Come già detto, non esiste una lente per-fetta, ma come siamo abituati a vedere, nel-lo sviluppo di qualsiasi prodotto si sceglie, o di renderlo compatibile con più esigenze possibili, oppure di specializzarlo, per rac-cogliere meglio le specifi che esigenze di un certo target di soggetti.Se le zone non funzionali sono ben defi nite, il portatore può muovere gli occhi in modo più indipendente dalla testa, senza incappa-

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re, entro certi limiti, in zone poco utilizza-bili. Se con questo tipo di lenti però se ne sbaglia il posizionamento o questo viene in qualsiasi maniera alterato, allora il soggetto si troverà a fare i conti con zone non utili di forte intensità, e quindi molto invalidanti.

Quindi:ampie zone funzionali, vicine però, a forti zone non funzionali; le lenti con questa ca-ratteristica vengono dette a “design hard”.In antitesi si può avere un soggetto che muove gli occhi e usa direzioni visive molto diverse, abituato a fare cambiamenti con-tinui di direzione e di distanza di osserva-zione, che necessita di avere una migliore padronanza dell’ambiente che lo circonda, oltre che di quello che stà discriminando in modo fi ne.A questo soggetto è preferibile accostare una lente che non abbia zone di aberra-zione molto marcate, in cui cioè si passa da una buona a una scarsa discriminazione in poco spazio, ma che invece consenta di avere una più ampia zona dove muoversi, anche se a discapito della assoluta qualità.

Quindi:zone di perfetta funzionalità più ridotte ri-spetto ad altre lenti, però con la possibilità di sfruttare con buoni risultati anche zone di lente meno centrali senza spesso avver-tire nessuna diffi coltà, grazie al fatto che il degradamento funzionale è lento, e più dinamicamente sfruttabile.

Questi lenti vengono dette a “design soft”. Tutte le lenti attualmente prodotte sono classifi cabili, rispetto alle lenti progressive di 10-15 anni fa, come soft. Infatti attual-mente la qualità e la complessità dei cal-coli che è possibile realizzare porta in tutti i casi ad approntare delle lenti in cui le zone 100% funzionali della lente (quelle cioè dove sono presenti solo i due valori per lontano e vicino, come da prescrizione di ricetta) sono molto piccole rispetto alla superfi cie totale della lente utilizzata dopo il taglio e il montaggio.Questo apparente difetto diventa invece il modo in cui si manifesta una geometria molto soft, che sacrifi ca la pulizia totale di una più ampia zona di uso, a fronte di una ancor maggiore superfi cie o elasticità di utilizzo.

Il lontano (L) della lente (b.) risulta decisa-mente più “sporco” di quello della lente (a.), dove le zone funzionali sono più lar-ghe.Le lenti di ultima generazione si stanno muovendo verso il miglioramento della geometria soft, che se da un lato presen-ta zone più strette, dall’altro, attraverso lo studio sofi sticato della sovrapposizione dei punti corrispondenti del campo visivo è in grado di minimizzare il loro effetto sulla percezione, riuscendo così a realizzare lenti con grande resa “dinamica” (rapidi movi-menti di occhi e corpo, frequenti cambia-menti di distanza di utilizzo).

Fig. 9Lente con design hard (a.) e lente

con design soft (b.). Notare la differenza

di larghezza delle zone funzionali, nel

particolare, quella per lontano (L).

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SimmetriaUn altro fattore di classifi cazione delle geo-metrie nelle geometrie delle lenti multifoca-li è la “simmetria”. Nelle lenti simmetriche il costruttore non introduce un decentramento del canale di progressione, e quindi non c’è differenza tra la lente destra e sinistra, le lenti vengono incise e tracciate introducendo una rotazione nei due sensi in modo da creare l’in-clinazione del canale. Questa tecnica è ancora oggi diffusa anche se ormai obsoleta, anche le lenti a profondità di campo vengono costruite in questa maniera, quali lenti? Facendo l’ordi-ne, o osservando le buste di arrivo o le tracce non è mai indicato se si tratti di lente destra o sinistra, proprio perché non è importante. Come si può vedere della fi gura la differenza da notare è che nella lente asimmetrica (nuove geometrie) il costruttore introduce una inclina-zione del canale di progressione, lasciando che nei movimenti orizzontali sul lontano, il sog-getto disponga di zone più simili. Notare la maggior distorsione nasale in a).

Controllo delle lentiIl controllo del materiale in nostro possesso è estremamente importante. Normalmente si ritiene che affi darsi a ditta produttrici di chiara fama sia di per sé garanzia di quali-tà, questo è sicuramente vero per la grande maggioranza dei casi, ma può capitare di incappare in qualche errore. È molto impor-tante sapere cosa si ha in mano. Controllare che i poteri effettivi coincidano con quelli dichiarati dal costruttore, tenendo conto che alcune ditte forniscono come valori nomina-li della busta quelli calcolati come poteri in

posizione d’uso delle lenti. In pratica quando si ordinano le lenti que-ste possono subire un ricalcolo del potere richiesto, seguendo più fi losofi e. Le più usa-te tra queste sono:Calcolo del potere in posizione d’uso (le len-ti vengono costruite considerando la DAL al quale sono state misurate, il pantos, l’avvol-gimento e la DP della persona).

Calcolo del potere frontale posteriore (sul-le buste delle lenti vengono forniti i valori diottrici che l’ottico ritroverà misurando la al frontifocometro; questi possono differi-re anche di quantità signifi cative rispetto ai valori ordinati). Questa differenza nasce dalla costruzione stessa delle lenti, infatti la progressione ed in particolare il vicino non sono di immediata lettura, come una lente monolocale e bifocale. Molte ditte (vedi per esempio Essilor) consigliano di prendere il valore della lente per lontano nella maniera classica, cioè con la parte concava verso il basso, poi di girare la lente sul frontifoco-metro, e di misurare nuovamente il lontano, seguito dalla misura del vicino. La differenza tra i due valori trovati con questa posizione della lente è l’addizione reale. Se non vie-ne adottato questo stratagemma, si trova spesso con diffi coltà l’addizione massima e si rischia di leggere un valore diottrico più basso di 0.25-0.50 Diottrie.Nella parte bassa da vicino allo stesso modo il colore è uguale e uniforme fi n dove non ci sono astigmatismi periferici. Nella parte più periferica della lente invece il potere ci-lindrico arriva a 2.50 Dt.

Fig. 10Lente a) con design asimmetrico, lente b) con design simmetrico.

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Questi test non sono chiaramente possibili con la strumentazione di cui disponiamo, ma comunque, con un frontifocometro elet-tronico è possibile fare una analisi qualita-tiva delle lenti. Infatti una volta ritrovato il punto di centratura, muovendo la lente, è possibile rendersi conto di quanto sia larga la zona di lente “pura” senza cilindri peri-ferici, e quindi capire con quale porzione di lente il soggetto avrà a che fare. Molto importante, muovendo lo sguardo in posizioni laterali si incontrano zone di lente sempre più sporche, cioè con un potere che si allontana sempre di più da quello cor-rettivo. Le modifi che di potere interessano prevalentemente valori cilindrici.Questi sono causati dal raccordo tra le cur-ve indispensabile per avere dalla lente un aspetto omogeneo, privo di scalini o distor-sioni della superfi cie, tipici invece delle bifo-cali, dove raramente ci sono raccordi tra le due zone. Questi cilindri periferici sono una delle principali cause di diffi coltà di adatta-mento alle lenti progressive. Più i valori ci-lindrici sono importanti, e maggiore sarà lo sforzo necessario al soggetto. Infatti si deve imparare a riconoscere la deformazione e lo sfuocamento procurati da queste zone di lente come familiari, fi no a non notarle, se non volontariamente. Il potere rifrattivo per lontano e soprattutto l’addizione accentua questo tipo di problemi. Normalmente il soggetto non utilizza solo le zone prive di astigmatismo periferico, ma riesce ad utiliz-zare senza avvertire fastidi o deformazione anche zone con cilindri di 0.50 Dt. Questa capacità di adattarsi è totalmente sogget-

tiva, e dipende fortemente dalla scelta di decine di parametri, è per questo che esi-stono tante problematiche di adattamento. Ricordiamone solo alcune:- Tipo di lente- Lunghezza canale- Cil rifrattivo - Addizione- Parametri della montatura (DAL, calibro, avvolgimento, pantos)- Centratura delle lentiEcc…

Ogni persona reagisce a questo bisogno di adattamento in maniera unica, comunque in tutti i casi si deve tenere conto che le diffi coltà aumentano se i cilindri sono:- Di potere elevato- Con asse obliquo- Con asse molto variabile- Con entità e asse diversi nei due occhi- Con tendenza ad aumentare velocemente

Ragionando su queste indicazioni si può estrapolare che, se questi cilindri fossero un po’ meno invadenti, le possibilità di adatta-mento e le zone di visione nitida sarebbero più estese. Per fare questo si deve:- Contenere il valore dell’addizione- Centrare al meglio le lenti- Scegliere lenti dal design evoluto- Contenere il cil prescrittivo- Conoscere le abitudini visive del portatore- Utilizzare montature “personalizzabili” sul

viso- Preferire occhiali con naselli regolabili- Informare il portatore sulle caratteristiche

delle progressiveLe lenti di ultima generazione vengono costruite in modo da avere una maggiore coerenza tra le aree retiniche interessate dalla periferia. In pratica, se con lo sguardo verso destra di 20° corrispondenti a circa 6 mm sulla lente il soggetto incontra un astigmatismo periferico di +0.75 x 130° Dt il costruttore cercherà di riprodurre nell’altra lente un cilindro simile come entità, ma so-prattutto come asse.Costruendo la lente in questo modo i pro-blemi derivanti dalla presenza dei cilindri vengono attenuati molto. Infatti producen-

Fig. 11Il controllo della

qualità della geometria fatto dal

produttore delle lenti. Si utilizza un particolare lettore

che analizza il potere della lente in migliaia

di punti, fino a creare a video la

forma completa della lente. Da questa si

possono controllare tutti i parametri ottici

della lente. A video si nota una mappa

iso-stigmatica. In pratica, così come

succede nella lettura delle mappe corneali, si analizza la lente in

ogni punto, in questo caso la lente è:

Sf 0.00 Cil 0.00 add 2.50 60 mm.

Il colore uniforme violaceo qui

rappresentato è quello dei punti in cui c’è assenza di

cilindro, così come dovrebbe essere,

visto che la lente è neutra per lontano.

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do un design asimmetrico tra parte nasale e tempiale della lente e con corrispondenza “tridimensionale” il soggetto è in grado di sopportare cilindri ben più alti di quelli che normalmente gli darebbero fastidio nella normale refrazione per lontano.

Principali parametri della montaturaLe stesse ditte costruttrici sottolineano spesso l’importanza di utilizzare la lente progressiva in una posizione adeguata.Ma cosa signifi ca?Normalmente il cliente è abituato a sceglie-re la montatura con pochi metodi di giudi-zio, estetica e prezzo soprattutto. Nel caso di lenti progressive l’ottico deve ritornare ad essere consigliere e tecnico insieme, in modo da poter ricreare quelle condizioni di utilizzo che sono indispensabili per que-sto tipo di lenti. Quindi ancora una volta si sottolinea l’importanza dell’assetto della montatura.

L’assetto, diversamente da quello che si fa con altri tipi di lenti, dovrebbe essere si-stemato perfettamente priva di decidere il tipo di lente da montare, in modo da non ritrovarsi con noie e incomprensioni, magari davanti alla mola dopo il taglio delle lenti. L’assetto del naso e delle orecchie è racco-mandato sempre, e per quello che riguar-da angolo pantoscopico e avvolgimento si tenga presente che il primo deve essere più accentuato che con altre lenti ( 10°) e parimenti l’avvolgimento, avendo cura che non venga annullato dopo il montaggio, situazione tipica se si utilizzano frontali in materiale plastico.La larghezza dei campi di visione nitida au-menta con l’aumentare dell’angolo panto-scopico, soprattutto per distanze intermedie e vicine, e stessa cosa accade se, compati-bilmente con la forma del viso e le richieste del portatore si abbrevia la distanza dalla lente all’occhio (DAL).

È importante ricordare quando si appronta l’assetto di un occhiale sul cliente prima del-la rilevazione della centratura, o se necessa-rio anche dopo l’esecuzione del montaggio, che la modifi ca ponderata dei parametri di

assetto dell’occhiale può produrre un mi-glioramento della performance di utilizzo delle lenti. In particolare:- Avvicinando la lente all’apice corneale (2-3 mm)- Aumentando l’inclinazione pantoscopica

(circa 4°-5°)Si aumenta la larghezza della zona di niti-dezza per vicino di circa il 10-15% per ogni singola manovra, arrivando a contribuire ad un sensibile miglioramento della sensazione di comfort visivo e ampiezza delle zone di lente adibite alla lettura e scrittura.

La precalibraturaLa precalibratura è la lavorazione su misura della costruzione della lente. Per farla oc-corre comunicare al costruttore oltre a tutti i normali dati della lente, anche la forma e le dimensioni dell’occhio della montatura e la posizione del centro pupillare nella lente. Inoltre il costruttore richiede su quale tipo di montatura dovrà essere montata la lente,

Fig. 12Angolo pantos, valori normali sono tra 5° e 10° ma si possono avere anche valori molto alti o pari a 0. Anche per l’avvolgimento esistono valori indicativi tra 5° e 15° con picchi più alti nelle montature sportive e anche valori negativi cioè con il frontale divaricato (attenzione!).

Condizioni utili per la precalibratura

- Lenti positive, almeno 3,00 Dt (Sf + Cil)

- Lenti toriche con cilindri >1,00 Dt

- Assi tra 0°-45° e 135°-180°

(positivo contro regola)

- Lenti prismatiche o decentrate

- Progressive positive

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a giorno, nylor ecc… in modo da poter de-cidere anche lo spessore necessario in punti in cui questo potrebbe rivelarsi troppo sotti-le, quindi, dove la lente va forata, o fresata (bordo nylor). La lavorazione precal non è necessaria per tutte le lenti, infatti in alcuni casi non sortisce alcun giovamento.Quando necessario invece rende possibile

una forte riduzione degli spessori, e quindi anche del peso della lente a grande bene-fi cio del portatore. La sua proposizione è particolarmente indicata nel caso di lenti progressive.

Fig. 13La differenza che esiste tra il precal

e non di una lente con cil asse 180° e

90°. Come si può notare dalla figura la

precalibratura fatta sulla lente con cil

positivo asse 180° risulta molto più

evidente di quella fatta con il cilindro

a 90°.

Fig. 14Si nota come la

precalibratura riduca il volume e

lo spessore della lente in ogni sua parte. La freccia

nera e il tratteggio rappresentano, il diametro e il

volume della lente normale. La freccia

blu e il la linea intera rappresentano

la differenza relativa alla lente

precalibrata.Questa operazione

risulta molto importante in dimeche sono

di forme molto schiacciate, quindi

con dimensioni verticali e orizzontali

della dima molto diverse tra loro.

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