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1 Francesco Giannattasio L ' etnomusicologia Se è buona norma, quando ci si addentra in un ambito disciplina- re, partire dalla sua definizione, tanto più lo è nel caso dell'etnomusi- cologia, visto che, a oltre cento anni dalla sua nascita come campo di studi e a quasi cinquanta da quando ha adottato ufficialmente tale nome, obbliga ancora i suoi cultori a una scansione lenta e sillabata, quando qualche incauto pone loro la fatidica domanda: «Scusi, lei di cosa si occupa?». Nove volte su dieci, alla risposta di rito — «Di et-no- mu-si-co-lo-gia» — segue un momento di imbarazzato silenzio, di solito rotto da un «Ah, ecco» e da un enfatico scuotere del capo o, nei casi più coraggiosi, da una richiesta di ulteriori chiarimenti o di conferme a interpretazioni azzardate su due piedi. Certo, è vero che il termine in questione, al di là del suo conglomerato di affissi che lo rende quasi uno scioglilingua (e paradossalmente, visto il referente, del tutto amu- sicale), rinvia anche a una professione fra le meno consuete; e in effetti, ai più non capita spesso di incontrare un `etnomusicologo'. Ma le cose non vanno poi molto meglio, ancora oggi, con coloro che ritengono di sapere (o di dover sapere): ad esempio con non pochi musicisti e critici musicali dei circuiti colti o di consumo, che normal- mente hanno dell'etnomusicologia un'idea parziale e riduttiva. Anche perché, trattandosi di una disciplina relativamente recente e per questo ancora soggetta a continue trasformazioni del modello teorico e del suo stesso campo di indagine, spesso ci si riferisce a concezioni e a pra- tiche di ricerca ormai superate da tempo. Tuttavia, viene da credere che le ragioni del disorientamento siano, per tutti, più profonde e trovino un primo alimento nel termine stesso di etnomusicologia e nella sua ambiguità che – come si vedrà – non è solo formale, ma di sostanza. Dall'etimo composito di etno-musico-logia si possono infatti trarre due diverse ma altrettanto legittime interpretazioni: a) musicologia etnica (dei diversi popoli); b) etnologia della musica. IL CONCETTO DI MUSICA Contributi e prospettive della ricerca etnomusicologica BULZONI EDITORE

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1Francesco Giannattasio L'etnomusicologia

Se è buona norma, quando ci si addentra in un ambito disciplina-re, partire dalla sua definizione, tanto più lo è nel caso dell'etnomusi-cologia, visto che, a oltre cento anni dalla sua nascita come campo distudi e a quasi cinquanta da quando ha adottato ufficialmente talenome, obbliga ancora i suoi cultori a una scansione lenta e sillabata,quando qualche incauto pone loro la fatidica domanda: «Scusi, lei dicosa si occupa?». Nove volte su dieci, alla risposta di rito — «Di et-no-mu-si-co-lo-gia» — segue un momento di imbarazzato silenzio, di solitorotto da un «Ah, ecco» e da un enfatico scuotere del capo o, nei casipiù coraggiosi, da una richiesta di ulteriori chiarimenti o di conferme ainterpretazioni azzardate su due piedi. Certo, è vero che il termine inquestione, al di là del suo conglomerato di affissi che lo rende quasiuno scioglilingua (e paradossalmente, visto il referente, del tutto amu-sicale), rinvia anche a una professione fra le meno consuete; e in effetti,ai più non capita spesso di incontrare un `etnomusicologo'.

Ma le cose non vanno poi molto meglio, ancora oggi, con coloroche ritengono di sapere (o di dover sapere): ad esempio con non pochimusicisti e critici musicali dei circuiti colti o di consumo, che normal-mente hanno dell'etnomusicologia un'idea parziale e riduttiva. Ancheperché, trattandosi di una disciplina relativamente recente e per questoancora soggetta a continue trasformazioni del modello teorico e delsuo stesso campo di indagine, spesso ci si riferisce a concezioni e a pra-tiche di ricerca ormai superate da tempo.

Tuttavia, viene da credere che le ragioni del disorientamento siano,per tutti, più profonde e trovino un primo alimento nel termine stessodi etnomusicologia e nella sua ambiguità che – come si vedrà – non èsolo formale, ma di sostanza.

Dall'etimo composito di etno-musico-logia si possono infatti trarredue diverse ma altrettanto legittime interpretazioni:a) musicologia etnica (dei diversi popoli);b) etnologia della musica.

IL CONCETTO DI MUSICAContributi e prospettive della ricerca etnomusicologica

BULZONI EDITORE

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IL CONCETTO DI MUSICA

Entrambe le formulazioni corrispondono in effetti a due tendenzerealmente presenti nella ricerca etnomusicale e alternamente prevalentinella storia degli studi: l ' una che privilegia la specificità musicale –ovvero le forme, le tecniche, le tecnologie e i prodotti dell ' attivitàmusicale – e adotta competenze e strumenti di descrizione e analisiprettamente musicologici; l'altra che invece pone al centro dell'atten-zione tutte le manifestazioni del comportamento musicale – dunquenon solo forme e repertori, ma anche funzioni, occasioni e concezionidella musica – considerandole espressioni di un più ampio sistema cul-turale e adottando perciò un punto di vista antropologico e strumentidi indagine propri dell'etnografia e della demologia. In entrambe leformulazioni il fuoco è comunque sul `musicale' . Pertanto, si può prov-visoriamente prendere per buona una prima definizione secondo cuil'etnomusicologia studia le forme e i comportamenti musicali delle società eculture d'interesse etnologico.

Quali sono queste società e culture? Nella tradizione degli studi 'etnologici esse si sono definite in base a un rapporto di diversità – o,come spesso si dice, di `alterità' – rispetto alla cultura osservante, chefino a oggi è stata quella dominante nelle società complessedell'Occidente. Sono state così considerate d'interesse etnologico:

le culture dei popoli definiti (con termine discusso) `primitivi',ovvero delle società a struttura semplice, tuttora consistenti inAfrica, Asia, Oceania e America meridionale ma rilevabili, in sem-pre più ristrette oasi etniche, anche in America Settentrionale e inEuropa (Indiani, Eschimesi, Lapponi ecc.);le alterità culturali delle cosiddette `fasce folkloriche' (ovvero diquegli strati agro-pastorali e artigiano-paesani che tuttora conser-vano una struttura economico-sociale e dinamiche culturali tradi-zionali) presenti all'interno del contesto eurobianco occidentale';le società e culture anche `complesse' del Vicino, Medio e EstremoOriente.Una caratteristica comune a tutte queste società e culture è di basa-

re prevalentemente la trasmissione del proprio sapere, e del propriosaper-fare, sull'oralità piuttosto che sulla scrittura. Ciò non significache una tradizione scritta sia sempre e dappertutto assente – si pensi inquesto senso alle grandi civiltà dell'Oriente, all'India, alla Cina, all'e-steso e multiforme mondo islamico – ed esiste pertanto una gradualitàdi situazioni. Ma al di là delle diverse soglie rilevabili fra oralità e scrit-tura, in tutte queste società e culture la memoria, individuale e colletti-

' Per una definizione di `fasce folkloriche', cfr. Carpitella 1975b, p. 22.

I. L'ETNOMUSICOLOGIA

va, ha un ruolo preponderante nei processi di creazione, trasmissione efruizione di prodotti culturali quali quelli musicali, per cui:

la trasmissione del sapere (delle forme, dei repertori vocali e stru-mentali, delle norme e delle tecniche di esecuzione e di costruzionee uso degli strumenti ecc.) è basata prevalentemente su un passag-gio `da bocca a orecchio ' o su un'acquisizione di tipo visivo e inogni caso empirica (cfr. PAR. 7.1);i prodotti musicali, così come l'elaborazione teorica (o comunquela ratio) che li sottende, sono sempre sottomessi alla pratica e nonvivono di vita propria (cfr. CAP. 7), come invece accade nellesocietà della scrittura (il che pone, fra l 'altro, notevoli problemi aun eventuale approccio storico);ogni esecuzione musicale, proprio perché libera dai vincoli pre-scrittivi e proscrittivi della scrittura e affidata ai meccanismi sog-gettivi della memoria, non si configura mai come esatta riprodu-zione di un modello preesistente, ma sempre come condotta creati-va (cfr. CAP. 9).In questo senso, la definizione prima proposta può essere anche

riscritta come: l'etnomusicologia studia le forme e i comportamenti musi-cali di tradizione orale.

Entrambe le definizioni danno un'idea abbastanza precisa, anche se– occorre ribadirlo – provvisoria e non esaustiva, del campo di applica-zione della ricerca etnomusicale così come, almeno fino a tempi recenti,esso si è configurato (in seguito si vedrà come o 2:i sia in realtà molto piùesteso). Esse non ci dicono come, ma soltanto cosa l'etnomusicologia tra-dizionalmente studia. Tuttavia, delimitando il campo, permettono anchedi tracciare alcune demarcazioni fra letnomusicologia e le discipline cuiè più prossima e alle quali, anche se sostanzialmente coeva, è in buonamisura tributaria: la musicologia e le scienze demo-etno-antropologiche.

1.1Etnomusicologia e musicologia:

le ragioni di una autonomia di campo

Oggetto privilegiato dell ' etnomusicologia sono tutte le musiche aldi fuori della tradizione colta europea, cioè tutte quelle – e sono lamaggior parte – di cui la musicologia occidentale non si occupa.Inoltre, la ` storia della musica', così Come è ancora oggi insegnata nelleuniversità e nei conservatori, non solq limita il suo campo d'interesseall'evoluzione del pensiero e della produzione musicali dell'ambitocolto, ma ne ricostruisce le tappe soprattutto attraverso tracce scritte,anche perché – com'è noto – la trattatistica musicale da un lato e la

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IL CONCETTO DI MUSICA

notazione e la grafia musicale dall'altro hanno giocato un ruolo deter-minante negli sviluppi della musica occidentale. Una doppia opposi-zione — oralità / scrittura e eurocolto / folklorico-etnico — delimita per-tanto, tradizionalmente, le soglie fra etnomusicologia e musicologia. Ètuttavia significativo, e oggi ormai anche paradossale, che etichettequali ` storia della musica' e `musicologia' , pur riferendosi a un 'unicacultura, pretendano di rappresentare un concetto onnicomprensivo dimusica, e che viceversa, quando ci si rivolge alle espressioni musicali ditutte le altre culture e società del mondo, se ne debba circoscriverel 'ambito con attributi e prefissi più o meno pertinenti (etnomusica,folkmusic, musica orientale, primitiva, esotica ecc.), quasi che da unIato vi fosse `la' musica, dall'altro `delle' musiche, se non addiritturadelle parvenze di musica.

La `rivoluzione antropologica' che ha caratterizzato l'ultimo secolo,consentendo alle diverse culture di svelarsi reciprocamente, ha permes-so fra l'altro di constatare che non esistono società, per quanto ristrettee isolate possano essere, prive di una qualche forma espressiva musica-le. In altri termini, è oggi possibile ritenere che la musica costituisca un`universale' del comportamento umano, come il linguaggio o l ' organiz-zazione sociale. Naturalmente, così come esistono società e linguediverse, esisteranno molteplici tipi di musica e differenti sistemi diorganizzazione delle forme e dei comportamenti musicali. La stessamusicologia occidentale, in quanto studio di uno specifico sistema,non è l'unica: basti pensare alle musicologie araba, cinese, giapponese,indiana ecc. In questo senso, la dicotomia fra musicologia ed etnomu-sicologia, così come si è fino a oggi configurata, sembra trovare sempremeno giustificazioni ed è semmai la prima ad avere sempre più biso-gno di aggettivi che ne delimitino la portata.

Tanto meno sono realistiche definizioni, come quella riportatanella più recente edizione del Vocabolario Zingarelli, secondo cui l'et-nomusicologia costituirebbe quella «parte della musicologia che stu-dia le musiche popolari dei vari paesi». Come risulterà dalla storiadegli studi (CAP. 3), nonostante le origini comuni e le attuali nuoveconvergenze, la ricerca etnomusicale ha in realtà mantenuto, lungotutto il corso del suo sviluppo, una sostanziale autonomia da quellamusicologica, non solo per la necessità di mettere a punto propriemetodiche di ricerca e di analisi, ma anche a causa dell'aristocraticodistacco con cui i musicologi hanno sempre trattato i ricercatori dimusiche `popolari' e `primitive' . Una traccia di tale presa di distanza sipuò cogliere nella stessa definizione dello Zingarelli e in quel generi-co ` musiche popolari ' . Cosa c'è infatti di ` popolare ' in un maqamarabo per liuto, in un raga eseguito al sitar da un maestro della tradi -

I. L 'ETNOMUSICOLOGIA

zione indostana oppure nello stile e nei repertori di un'orchestragagaku giapponese? In realtà, la ricerca etnomusicale ha sempre consi-derato il prefisso etno- nel suo senso più generale, ritenendo tutti ipossibili strata musicali (colti, popolari, di tradizione orale, di tradi-zione scritta) come manifestazioni equivalenti, e di pari dignità, diun'unica esigenza umana di esprimersi creativamente mediante isuoni. Ciò che diversifica, nei quattro angoli del mondo, i vari piani elivelli di organizzazione sonora musicale sono naturalmente le condi-zioni storiche, economiche e socio-culturali nelle quali i diversi siste-mi musicali si sono realizzati e stratificati, e non un valore intrinsecodelle diverse ` lingue' musicali. Tant'è vero che sempre più, in annirecenti, l'etnomusicologia si è interessata anche a generi e forme dimusica non folklorici e in larga misura interni al mondo culturale e alsistema musicale occidentale (jazz, pop-rock, popular music, musicaapplicata ecc.), non tanto e soltanto perché ignorati dalla musicolo-gia, ma perché appunto manifestazioni importanti di `etnicità' musi-cale. In questa logica è comprensibile l'affermazione secondo cui inrealtà «tutta la musica è musica popolare, nel senso che non può esse-re trasmessa o avere un significato al di fuori dei rapporti sociali»(Blacking, 1986, p. 24; ed. or. 1973). Ciò non significa che l 'etno-musicologia debba invadere il campo dei musicologi occidentali, lecui modalità di approfondimento storico e sistematico della musica`d'arte' euroculta hanno una autonoma e consolidata ragion d'essere.Anzi, per la loro ` internità ' rispetto alla cultura musicale osservata,esse sono in buona misura incompatibili con le esigenze di generaliz-zazione e con il distacco critico necessari a uno studio transculturale,qual è quello etnomusicale.

Questo suk.erisce una terza importante linea di demarcazione framusicologia ed etnomusicologia: dicendo che la prima studia la musicadella `propria cultura e la seconda le musiche delle `altre' culture, nonci si riferisce tanto e soltanto alle aree geografiche investite dall'indagi-ne, ma anche alle modalità dell ' approccio e all'esigenza, per gli etnolo-gi musicali, di porsi come `cultura osservante' rispetto a una `culturaosservata'. Non è detto perciò che le culture `altre' debbano esserenecessariamente le altre culture: quanto ora affermato a proposito delcrescente interesse dell'etnomusicologia per i generi della cosiddettapopular music dimostra che essa può anche affrontare questioni interneal mondo musicale occidentale, a patto di non esprimere giudizi divalore, come la musicologia è portata a fare (ad esempio, ignorando deltutto la cosiddetta musica extracolta) e di assumere invece un punto divista antropologico che le garantisca una osservazione distaccata e ten-denzialmente `neutrale'. Per meglio chiarire la questione con un esem-

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IL CONCETTO DI MUSICA

pio in qualche modo paradossale: se l'etnomusicologia dovesse studiaresistematicamente la cultura musicale eurobianca dovrebbe analizzarecon la stessa attenzione i jingles della pubblicità televisiva e le concezio-ni, i comportamenti e il ruolo dei musicologi, che di tale cultura sonouna significativa espressione.

Per altri versi, la convenzionale divisione di ruoli fra etnomusico-logia e musicologia non è che il prodotto delle particolari condizionistoriche in cui le due discipline si sono parallelamente sviluppate. Ineffetti, la prima può essere definita come `studio delle forme e deicomportamenti musicali di tradizione orale ' , soprattutto sulla base diuna specializzazione maturata, in un secolo di indagini, proprio invirtù di un progressivo distacco dal campo di interessi della `storiadella musica' eurobianca; campo che oggi, come un secolo fa, restasostanzialmente delimitato alla sola letteratura musicale, ovvero aopere di produzione individuale (`d'autore') e soggiacenti a normeprevalentemente estetiche (`d'arte'). Allargando la sfera d'interessealla musica di produzione (e trasmissione) collettiva e funzionale,l'etnomusicologia si è andata invece configurando sempre più come«studio della musica in quanto aspetto universale del comportamen-to umano» (Kwabena Nketia, 1962, p. 1), in una prospettiva che vaoltre la sola produzione etno-folldorica di tradizione orale per porsi ilproblema più complessivo della musica in quanto forma espressiva.Soprattutto per tale ragione si porrebbe oggi la necessità di rivedere,se non altro, almeno la distinzione terminologica fra i due ambiti distudio.

Per comprendere questa evoluzione della ricerca etnomusicaleoccorrerà, naturalmente, rifarsi alla sua storia (CAP. 3). Essa correparallela a quella delle discipline antropologiche, da cui anzi si distin-gue esclusivamente per la specificità del suo interesse, che richiede unacompetenza musicale di cui generalmente etnologi, demologi e antro-pologi sono sprovvisti.

L'etnologo musicale ha innanzitutto una formazione di tipo musi-cologico, di cui si serve in una ticerca di tipo antropologico. E ovvioche tale competenza musicale è stata acquisita, almeno inizialmente, inrapporto alla musica della propria cultura; il che equivale a dire, per lamaggior parte dei casi, nelle scuole e nella pratica dell ' Occidente. Nonva dimenticato, a questo proposito, che etnologia, musicologia edetnomusicologia sono concretizzazioni diverse di un unico modello dipensiero, di scienza e di cultura: quello occidentale. Questo spiega per-ché la teoria musicale eurocolta resta un punto di riferimento indi-spensabile nella formazione di un etnomusicologo, anche oggi che,diversamente dal passato, esistono corsi specifici e curricula universitari

I. L'ETNOMUSICOLOGIA

finalizzati allo studio etnomusicale. Ma naturalmente ciò era tanto piùvero agli inizi, quando lo studio transculturale della musica cominciò amuovere i suoi primi passi.

La ricerca etnomusicale iniziò infatti ad avere una sua sistemati-cità nella seconda metà del secolo scorso, sull'impatto delle primeacquisizioni della ricerca etnologica da cui emergevarro, per quanto inmodo discontinuo, anche testimonianze e dati su pratiche musicalidelle più sperdute regioni del mondo. Questi reperti documentari cheben presto, con l'invenzione del fonografo (nel 1877, a opera diThomas Edison) ebbero anche una loro materialità sonora, feceroapparire una tale eterogeneità di forme e di usi musicali, da renderenecessaria una musicologia comparata che si occupasse di ricercareanalogie, differenze, costanti, punti di contatto fra queste musicheesotiche e `primitive' e la musica occidentale, allora considerata come`la' musica tout court. Per oltre mezzo secolo la disciplina mantenne ilnome di musicologia comparata, finquando, nei primi anniCinquanta, l ' olandese Jaap Kunst non introdusse il termine di etno-musicologia (cfr. PAR. 3.2). La vocazione comparativa resta a tutt ' og-gi un tratto fondamentale della ricerca etnomusicologica; tuttavia,quel che è progressivamente cambiato, soprattutto da quando ladisciplina ha assunto l ' attuale denominazione, sono i termini del con-fronto: cosa e come comparare? quale concezione di musica assumerecome modello di riferimento? quali strumenti interpretativi utilizzareper la comparazione? Perché è evidente che il primo problema che cisi trova di fronte quando ci si appresta allo studio di musiche diversedalla propria è quello della loro riconoscibilità. E che dunque la ricer-ca etnomusicale, mettendo a confronto forme e comportamentimusicali delle diverse società e culture, ha posto di fatto al centrodella questione il concetto stesso di musica. Come si cercherà didimostrare nel CAP. 2, è forse proprio questa la ragione che rendedifficile, anche a molti attuali cultori della musica occidentale, coglie-re il senso più profondo dell 'etnomusicologia, e della rivoluzioneconcettuale che ha provocato rispetto alla apparentemente univoca`arte delle Muse'.

1 .2.Etnomusicologia e antropologia:

le ragioni di una convergenza di metodi

Se il confronto con la musicologia ha permesso di precisare il dovee il perché della disciplina, quello con l'antropologia e, più in generale,con le scienze umane, permetterà ora di definirne il come e il cosa, in

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IL CONCETTO DI MUSICA

quanto e soprattutto in tale ambito di studi che l'etnomusicologia, perle sue metodiche, può essere collocata. Si è visto infatti come essa sidifferenzi dalla musicologia occidentale non solo per il suo specificocampo di investigazione, ma anche perché affronta lo studio dei feno-meni musicali in una prospettiva transculturale, ponendosi l ' obiettivoambizioso di rispondere al quesito «cos'è la musica?» attraverso l'indivi-duazione dei suoi meccanismi e delle sue funzioni nel campo delle atti-vità e dei comportamenti umani. Come si è accennato, alla definizionedi questo suo progetto l'etnomusicologia è giunta gradualmente, all'i-nizio accingendosi allo studio delle musiche `altre' da quella occidenta-le e, progressivamente, sviluppando la sua duplice vocazione — descrit-tiva e comparativa — fino ad arrivare addirittura a mettere in crisi ilconcetto occidentale di musica, da cui peraltro il confronto era partito.Proprio il suo sviluppo e il suo attuale obbiettivo — per dirla col titolodel libro più famoso di John Blacking (1986; ed. or. 1973), compren-dere Come è musicale l'uomo? — hanno comportato l'esigenza di metterea punto una strumentazione di indagine sempre più `scientifica.' , alme-no per quanto è concesso a una disciplina che si occupa del comporta-mento umano e dei suoi prodotti. Questa tendenza a una sempre mag-giore `oggettività' le deriva appunto dal crescente bisogno di verificaree classificare i dati raccolti, formulare ipotesi e controllare variabili, alfine di arrivare a generalizzazioni sul comportamento musicale che,travalicando le singole società o culture, assumano portata e validitàuniversali. È proprio questa esigenza di identificare ` leggi ' generali chedivarica i metodi e i modelli di analisi dell'etnomusicologia da quellidelle discipline storiche (fra cui, sostanzialmente, va collocata anche latradizionale musicologia), accomunandoli invece a quelli delle cosid-dette `scienze nomotetiche' 2 : in primo luogo a quelli dell 'antropologiaculturale, ma anche, come da altre parti del volume risulterà evidente,della linguistica, della semiologia, della psicologia, della sociologia. Ciònon significa per l 'etnomusicologia, così come per le altre scienzeumane ora menzionate, trascurare completamente la dimensione stori-ca; ma anche in tale dimensione — sempre che il contesto studiatorenda possibile coglierla — oltre a reperire eventuali dati da mettere adisposizione delle varie `storie della musica'', vengono privilegiate la

2 Sulla differenza fra scienze storiche e nomoretiche (cioè `atte a stabilireleggi'), cfr. Piaget, 1973, pp. 11-8.

3 Vanno in questo senso, ad esempio, i contributi dell'etnomusicologiaall ' identificazione dei nessi tra colto e popolare e fra oralità e scrittura nellagenesi e nello sviluppo della musica culta medioevale, sulla base di ipotesi infe -

I. L ' ETNOMUSICOLOGIA

ricerca e l'identificazione di `leggi di sviluppo', ricavabili in base a unconfronto fra elementi sincronici e diacronici'. Ad esempio, nella piùrecente ricerca etnomusicale, grande importanza ha assunto lo studiodei `modelli di trasformazione ' della musica nella profonda interazionefra società tradizionali e società `avanzate' che caratterizza l'attuale fasestorica.

Certamente, l'esigenza di oggettività delle scienze nomotetiche,specie se confrontata con quella delle cosiddette scienze esatte, è piùtendenziale che reale, nel senso che anche l'intuizione e la speculazionehanno un loro peso innegabile nel determinare le scelte e gli esiti diuna ricerca che ponga al centro dell'attenzione i comportamentiumani. Ciò per l ' etnomusicologia è tanto più evidente se si considerache essa è nata proprio da un'intuizione di diversità fra le `lingue'musicali e si è sviluppata come riflessione, anche filosofica, sulle ragio-ni e i caratteri di tali diversità. La `scientificità' della ricerca può emer-gere tuttavia dal modo di contemperare, senza confusioni e forzatureideologiche, le intuizioni e le speculazioni con adeguate metodiche diapproccio e verifica dei diversi fenomeni musicali.

Ciò che soprattutto accomuna l ' etnomusicologia alle disciplineantropologiche sono le fasi e le procedure di raccolta, elaborazione egeneralizzazione dei dati. Va da sé che l'oggetto stesso dell'indagine,così come alcune specifiche esigenze di trattamento dei dati e di for-malizzazione dei risultati (trascrizioni, analisi acustiche, realizzazionidiscografiche ecc.), conferiscono all'etnomusicologia una fisionomiaautonoma, che la differenzia, a volte anche in modo marcato, daglialtri campi dell'indagine antropologica. È pertanto in questo quadro diriferimento che saranno prese in esame le modalità specifiche dello stu-dio etnomusicologico, riguardanti:a) i settori di indagine;b) le fasi, le tecniche e i metodi di lavoro;c) i prodotti della ricerca (ovvero i modi in cui essa viene formaliz-zata per essere resa alla comunità scientifica oppure specificamente ela-borata per una divulgazione al largo pubblico).

Come è chiaro, si tratta di tre piani interrelati, tutti egualmentedipendenti da una serie di variabili: dal modello teorico del singoloricercatore alle trasformazioni sociali delle realtà studiate, fino alle evo-luzioni tecnologiche che, nel corso di cento anni di studi, hanno pro-

rite dai meccanismi di produzione e dai repertori arcaici dell'attuale folldoremusicale europeo.

a Cfr., a questo proposito, Philipp, 1989.

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IL CONCETTO DI MUSICA

vocato sensibili cambiamenti nelle modalità di rilevamento, analisi eriproduzione dei dati etnomusicali. Tuttavia, questi tre piani si sonoproporzionatamente sviluppati con il progredire della etnomusicologia,determinando nel tempo anche una sorta di deontologia professionale.Si possono pertanto rintracciare diverse costanti nel lavoro dell'etno-musicologo, che in qualche modo prescindono dal suo particolarepunto di vista o dalla sua specifica area d'interesse.

1.2.1. I settori d' indagine

L' etnomusicologo si trova sempre a confronto con una moltepli-cità di forme e comportamenti che, nel loro insieme e in modo inter-relato, caratterizzano i sistemi musicali oggetto della sua ricerca. Nellaraccolta dei dati `sul campo' e nelle fasi successive dell'elaborazioneegli può porsi l'obiettivo di esaminare sistematicamente tutti gli aspet-ti, al fine di identificare i tratti peculiari di una singola cultura musi-cale che intenda studiare nel suo complesso; ma può anche selezionar-ne uno, o soltanto alcuni, da sottoporre a esame intensivo in un'areageografica e culturale limitata oppure a un'indagine estensiva checoinvolga contemporaneamente più aree. Si configura pertanto, anchein etnomusicologia, la possibilità di uno studio (e di una specializza-zione) settoriale, così come avviene nella ricerca antropologica, dovealcuni si dedicano all'analisi dei sistemi di parentela, altri ai fenomenirituali ecc. Fra i settori privilegiati della ricerca etnomusicologica, sipossono considerare:

– lo studio dei repertori musicali e dei loro tratti distintivi (forma-li, per genere, per denominazione, per categorie funzionali ecc.) che, insostanza, costituisce la condizione preliminare a ogni ulteriore tipo diapprofondimento;

– lo studio delle fonti e delle tecniche di produzione del suonomusicale, in primo luogo delle modalità di esecuzione vocale (timbri,registri, tecniche di emissione ecc.) e, in modo detta iato, degli stru-menti musicali che, in ambiti di tradizione orale, costituiscono spessol'unica `traccia materiale' della musica (cfr. PARK 5.1 e 5.2);

– lo studio, nei repertori cantati, dei testi verbali, che può riguar-dare il loro contenuto ma anche le loro relazioni formali(fonologico/foniche, metrico/ritmiche ecc.) con il contenitore musicalee porre, più in generale, la questione dei rapporti fra linguaggio emusica (cfr. PAR. 9.2 e CAP.10, pp. 210-2);

– lo studio del complesso dei tratti stilistici, desumibili dalle formee dai repertori vocali e strumentali e dalle loro modalità di trattamen-to, che permettono di identificare, sotto il profilo – per così dire –

I. L 'ETNOMUSICOLOGIA

` grammaticale' e `sintattico ' , un intero sistema musicale o parti di esso(cfr. CAPP. 5-7 e 9);

– lo studio delle occasioni del `fare musica' e delle molteplici fun-zioni che le forme e i comportamenti musicali assolvono nella vitasociale, in relazione ad altre forme di comunicazione e di espressione(si pensi soprattutto alla danza) e, in generale, ad altri aspetti, attività evalori della cultura (cfr. CAR 10);

– lo studio del ruolo sociale, delle pratiche di apprendimento e ditrasmissione del sapere e, in generale, dell ' attività dei musicisti, intesicome specialisti, e pertanto come interlocutori privilegiati, nell ' ambitodi una cultura musicale (cfr. PAR. 7.1);

– lo studio delle idee e dei concetti relativi alla musica e ad aspettispecifici (tecnici, teorici, estetici ecc.) della sua produzione, espressi daimusicisti ma anche dagli altri appartenenti alla cultura studiata (cfr.PAR. 7.1 e CAI? 8).

Per quanto un ricercatore possa essere soprattutto interessato a unoo ad alcuni soltanto dei settori ora elencati, è evidente che, soprattuttonella fase dell'indagine sul campo, sarà portato (a meno che non sitratti di uno studio estensivo compiuto passando rapidamente da un ' a-rea musicale a un'altra) a raccogliere dati anche sugli altri aspetti; e ciònon solo perché forme, concetti e comportamenti musicali di solitocostituiscono un insieme indissociabile all ' interno del ` fare musica' tra-dizionale, ma anche per un motivo deontologico, essendo tenuto adocumentare nel modo più completo possibile le culture musicali chestudia.

1.2.2. Le fasi, le tecniche e i metodi di lavoro

Lo studio etnomusicologico, così come quello antropologico,i mplica essenzialmente tre fasi:a) la ricerca sul campo, che costituisce una fonte indispensabilenello studio di musiche di mentalità e tradizione orale e che, per quan-to dipendente dalle concezioni e dagli interessi specifici di ciascunricercatore, rispetta generalmente specifiche modalità di svolgimento(soggiorni prolungati, adattamento ai costumi e alle regole di vita loca-li, particolari tecniche di selezione, approccio ed escussione degli infor-matori, uso di apparecchiature per il rilevamento sonoro e audiovisivo,eventuale impiego di schede e questionari 'di campo' ecc.);b) l'elaborazione dei dati raccolti sul campo, consistente nello spo-glio dei materiali e nella loro collazione in insiemi coerenti alle finalitàdella ricerca, che implica di solito un'attività di studio ` in laboratorio',nella quale i reperti musicali vengono schedati, trascritti (con portico-

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r„. analisi spettro-

c) la valutazione in chiave comparativa dei dati risultanti dalle duefasi – `sul campo' e ` in laboratorio'– dell'indagine etnografica, al fine diuna loro generalizzazione rispetto alle principali questioni etnomusico-logiche, siano esse di natura prettamente musicale (ad esempio la dif-fusione, l'uso le tecniche di costruzione di un particolare tipo di stru-mento, i sistemi scalari ecc.), o di carattere più squisitamente antropo-logico musicale (ad esempio le funzioni della musica nelle praticherituali, il concetto di musica e le tassonomie musicali nelle varie cultu-re ecc.).

Sebbene il fine ultimo di questa articolata attività di studio sia lacomprensione della musica in quanto attività espressiva umana, vìsono alcuni compiti più immediati che la ricerca etnomusicologica, daquando esiste, non ha mai cessato di assolvere. Il primo è quello didocumentare la produzione musicale dei vari popoli, completando erendendo disponibile, per tutte le possibili forme di divulgazione, unasorta di `atlante' delle diverse culture musicali che consenta una circo-lazione di informazioni su forme, strumenti, repertori e usi musicali,molti dei quali ancora in buona misura sconosciuti ai più. Il secondocompito, che costituisce in qualche modo ìl corollario del primo, èquello di realizzare questa opera di documentazione prima che buonaparte di tali forme e comportamenti musicali scompaiano, spazzati viadal processo di omologazione culturale che caratterizza l'epoca attuale.Per quanto un'esigenza di urgent anthropology effettivamente esista,come soprattutto gli ernomusicologi degli anni Cinquanta segnalavanonei loro appelli e con la loro infaticabile attività documentaria (cfr.PAR. 3.2), il problema non va sopravalutato, in quanto è ormai evi-dente che nelle attuali dinamiche di cambiamento buona parte dellemusiche tradizionali non scompare, ma si trasforma (per evoluzioneinterna, per sincretismo ecc.). Anche tali processi di mutamento posso-no in effetti costituire un importante oggetto di studio etnomusicale.

1.2.3. I prodotti della ricerca

I modi in cui la ricerca viene resa alla comunità scientifica o divul-gata al largo pubblico rispecchiano i vari momenti dello studio etno-

' Sui metodi di trascrizione in etnomusicologia, cfr. Giuriati, inAgamennone, Facci, Giannattasio, Giuriati, 1991, pp. 243-90.

fatto, un livello di formalizzazione dei dati.I brani musicali registrati sul campo, accompagnati dalle relative

schede che il ricercatore ha compilato all ' atto della raccolta con í daticontestuali (data, luogo e occasione del rilevamento, nomi degli infor-matorì ecc.) e una prima sommaria descrizione dei singoli repertisonori (titolo, indicazioni sul genere, la funzione, l'organico vocale e/ostrumentale, eventuale testo verbale ecc.), costituiscono già, per loroconto, una prima base documentaria che può venire affidata a unarchivio, per essere consultata da altri studiosi. Per rendersi conto del-l'importanza di questo primo livello di documentazione, basti conside-rare che la `musicologia comparata' ha potuto avere inizio proprio gra-zie alla costituzione, agli inizi di questo secolo, dei primi archivi sonori(cfr. PAR. 3.2).

La successiva elaborazione, `a tavolino' e ` in laboratorio', dei datiraccolti sul campo può avere come esiti una serie di pubblicazionidestinate alla comunità scientifica e/o a un pubblico più vasto:monografie su specifiche culture musicali o su un singolo aspettodella loro organizzazione sonora (un particolare strumento, un deter-minato repertorio ecc.); antologie e raccolte dì canti e brani strumen-tali relativi a una determinata società o area folklorica; analisi puntua-li (acustiche, formali, contestuali) su singoli aspetti di una data pro-duzione musicale. Tali studi possono essere presentati sotto forma ditesti scritti (libri, saggi e articoli su riviste specializzate o di divulga-zione) o servirsi del medium, spesso più idoneo all'argomento tratta-to, di un supporto sonoro (disco, cassetta, compact), dì solito corre-dato da un apparato critico scritto (ad esempio, opuscoli inseriti nelcontenitore del supporto, con informazioni, foto, trascrizioni ecc.);ma sono possibili anche soluzioni del tipo libro + disco, libro + musi-cassetta ecc. Così come esistono edizioni e riviste specializzate dietnomusicologia, sono reperibili in vari paesi collane discograficheconsacrate alla musica etnica e folkorica. Recentemente, con lo svi-lupparsi del fenomeno della cosiddetta world musìc, pubblicazionidiscografiche di etnomusica cominciano a essere inserite anche neipiù larghi e convenzionali circuiti di distribuzione e di mercato. Negliultimi anni si è inoltre intensificata una produzione documentariaaudiovisiva, da sempre fiorente in ambìto etnomusicologico ma oggiancora più sviluppata grazie alle facilità di impiego e ai minori costidi esercizio e di edizione, rispetto alla produzione su pellicola, deivideoregistratori su supporto magnetico. Così come in altri ambitidella ricerca antropologica, anche in etnomusicologia si è delineatauna specifica `antropologia visiva' della musica, che ha i suoi cultori e

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IL CONCETTO DI MUSICA 3i suoi specialisti 6 . Fra questi vi era anche Diego Carpitella, pionieredella moderna etnomusicologia italiana, il quale riteneva determinan-te, per l'interpretazione dei fenomeni musicali, l"indice visuale', e ciòspecialmente in ambiti di comunicazione, mentalità e tradizioneorali, nei quali, come spesso affermava (Carpitella, 1980):

il modo di tenere uno strumento o di atteggiarsi per cantare, di ostentare glieffetti, di guardare il pubblico, di rievocare con i suoni un mito o una leg-genda ecc. [sono] tutti avvenimenti e fatti che rientrano in culture modularie formulari: [e] il film quando ha una sintassi e una grammatica pertinenti èun ottimo mediatore di formule e moduli. Ma soprattutto sostituisce tanteparole...

In effetti, oltre ai comportamenti fisici relativi all'esecuzione vocalee strumentale, il documento audiovisivo ne rivela altri (espressioni, delvolto, gesti, posture ecc.), egualmente significativi per l'evento musica-le, che nessuna descrizione verbale o trascrizione grafica potrebbe ren-dere in modo compiuto.

Infine, al terzo stadio della ricerca etnomusicologica, quello dellacomparazione e generalizza7,ione dei dati, si collocano opere di caratte-re più complessivo: non solo manuali e testi di carattere generale, maanche e soprattutto studi transculturali su particolari argomenti musi-cologici – si pensi ad esempio a Rhythm and Tempo di Curt Sachs(1953) — o antropologico-musicali — come ad esempio l 'ampio trattatosu Musica e trance di Gilbert Rouget (1986; ed. or. 1980) —, i qualispesso travalicano lo specifico disciplinare, rendendo disponibili i datidella ricerca etnomusicale alle analisi e agli approfondimenti di altrescienze umane (antropologia culturale, semiologia della musica, psico-logia ecc.).

6 Sulla storia e le tecniche del film etnomusicologico, cfr. Feld, 1976 eZemp, 1989a.

Le tappe .di evoluzionedel progetto etnomusicologico

L'allargamento del campo sonoro musicale all'intero universoumano e la constatazione che l"arte delle Muse' non è unica, ma esi-stono molti e autonomi «fatti musicali» (Molino, 1975, p. 38), hannoposto così la necessità di riformulare il concetto stesso di musica. Inquesta prospettiva, la storia di oltre cento anni di studi etnomusicolo-gici può essere anche letta come la cronaca del passaggio da una defini-zione a priori di musica, basata sull'esperienza e le categorie cognitiveoccidentali, a una nuova griglia interpretativa in grado di spiegare aposteriori le profonde e reciproche alterità musicali delle diverse cultu-re. Prima di ripercorrere per sommi capi tale storia', converrà enun-ciarne le fasi principali.

Il periodo iniziale – che abbraccia i primi quattro decenni del seco-lo e che è definibile come periodo della `musicologia comparata'( Vergleichende Musikwissenschafi), dal nome che i pionieri della cosid-detta Scuola di Berlino (Hornbostel, Abraham, Stumpf, Sachs ecc.)attribuirono inizialmente alla disciplina – fu caratterizzato dal tentativodi individuare, sulla base delle concezioni evoluzioniste e diffusionisteallora in voga, costanti e fasi evolutive universali della musica. L'ipotesiera che i fenomeni musicali si fossero sviluppati da forme più elemen-tari e indifferenziate a forme più complesse, secondo una successione distadi analoga a quella teorizzata da Darwin per le specie biologiche eripresa dagli evoluzionisti per le società umane. Dunque, l'etnografiamusicale dei popoli `primitivi' e delle `sopravvivenze' folklorichedell'Europa avrebbe permesso di ricostruire, mediante la comparazione,tale itinerario storico che, naturalmente, non poteva che avere al suoapice la produzione musicale più `progredita', cioè quella occidentale.

' Sulla storia dell ' etnomusicologia, cfr. Netti, 1956, pp. 26-44, e 1964, pp.12-24; Sachs, 1979, pp. 23-37, i cui dati sono aggiornati nell'introduzione diCarpitella (1979, pp. 9-18); Rouget, 1968, pp. 1339-90; Boilès, Nattiez,1977, pp. 26-53; Giannattasio, 1985a, pp. 127-35.

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IL CONCETTO DI MUSICA3. LE TAPPE DI EVOLUZIONE DEL PROGETTO ETNOMUSICOLOGICO

Si trattava perciò di datare la nascita di forme, strumenti e usi musicalie anche di stabilire se avessero avuto una nascita plurima e indipenden-te (secondo la teoria `poligenetica' formulata dagli evoluzionisti negliultimi decenni dell'Ottocento) o se invece si fossero irradiati da singolipunti di origine (come invece sostenevano le teorie monogeneticheavanzate dai diffusionisti nei primi trent'anni del secolo).

In reazione al comparativismo storicista della prima fase e anche inbase a considerazioni di urgent anthropology (bisognava poter descrivere lesocietà tradizionali prima che molte di esse si estinguessero) si verificò, apartire dagli anni Quaranta-Cinquanta, un fiorire di ricerche `sul campo'e studi sistematici sulle diverse culture musicali. Questa seconda fase fusoprattutto influenzata dai funzionalismi antropologici che contrappone-vano a un studio `diacronico', proprio dell'evoluzionismo e del diffusioni-smo, un'osservazione `sincronica' dei fatti culturali, considerati nelle lororelazioni sistemiche all'interno delle diverse società. E questo il periododella `etnomusicologia propriamente detta' (dal termine coniato da Kunstnel 1950), contraddistinto da un accantonamento del problema, degliuniversalia e da una ricchissima produzione documentaria (bibliografica,sonora e filmica) sui `sistemi' e le `culture' musicali dei diversi continenti.

È grazie a questa abbondante documentazione etnomusicologicache, a partire dagli anni Sessanta, verranno di nuovo affrontate le que-stioni nomotetiche. Torna dunque alla ribalta il problema degli univer-sali in musica', questa volta non più affrontato, come agli albori delladisciplina, sulla base di concezioni aprioristiche, ma sulla scorta deidati empirici forniti dalle ricerche sul campo. Quest'ultima fase, anco-ra attuale, che per certi versi potrebbe essere definita della 'antropolo-gia della musica'', compartecipa in buona misura delle tendenze strut-turaliste e in seguito cognitiviste sviluppatesi nel campo delle scienzesociali. Essa è inoltre caratterizzata dal convergere di una varietà diapprocci analitici (in particolare linguistici e semiologici, psicologici eneuropsicologici)', nel tentativo ormai dichiarato di dare fondamentounitario allo studio della musica in quanto specifico comportamento

2 Sulla ripresa della questione degli universalia, cfr. Meyer, 1960, pp. 49-54;Harwood, 1976, pp. 521-33; gli interventi di McAllester, Wachsmann, Seeger eList nella sessione plenaria del congresso della Society far Ethnomusicology del1970, consacrata al tema degli universali, riportati in «Ethnomusicology », XV,3, 1971, pp. 379-402; i due numeri di «The World of Music», XIX, 1-2, 1977 eXXXI, 2, 1984, interamente dedicati alla questione degli universali.

Dal titolo dell'importante testo di Merriam (1983; ed. or. 1964).' Per una bibliografia concernente gli approcci linguistici e semiologici alla

musica, cfr. Nattiez, 1990, pp. 247-303. Una bibliografia abbastanza aggiorna-

umano. Alcuni porranno addirittura la questione se l'etnomusicologianon debba essere ormai considerata «una branca dell'antropologiacognitiva» (Blacking 1986, p. 123), e ciò dà la misura di come lo statu-to scientifico della disciplina sia soggetto, in quest'ultimo periodo, aprofonde trasformazioni.

Tornando alle origini, anche la storia dell'etnomusicologia ha lasua preistoria. Ma, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, essanon va cercata in un'evoluzione interna agli studi musicali della culturaeuropea. Come già osservava Curt Sachs (1979, pp. 26-7):

Durante il Medioevo e il Rinascimento, i pilastri della cultura europea furonola teologia e i classici dell'antichità. Le continue letture della Bibbia e dei testiclassici facevano sl che i compositori non potessero evitare un contatto alme-no letterario con il mondo musicale delle Scritture e dei Greci. [...] In realtà,la musica della Bibbia era irrimediabilmente perduta e i molti frammenti dicomposizioni greche che sono giunti fino a noi, a quei tempi non erano statiancora riscoperti. [...] Gli studiosi erano esperti nell'arte complicata di inter-pretare, sovente in modo incerto, i molti passaggi di argomento musicale chesi leggevano nelle Scritture e nei testi della Grecia antica.Anche in tempi più recenti, l'influenza di queste letture fu tanto grande che laprima delle grandi opere di argomento storico-musicale, la Storia della musicain tre volumi di padre Martini (1775-81), si occupava unicamente dell'anti-chità. Essa però non trattava esclusivamente del periodo greco-romano, maincludeva anche alcuni capitoli sugli Ebrei – dai tempi della «creazione diAdamo» – sugli Egizi, sui Caldei e su altri «popoli orientali».

Dunque, l ' interesse si limitava a quei «popoli orientali» ritenuti iprecursori dell'arte musicale europea, nel tentativo dichiarato di stabi-lire gli antecedenti della storia della musica occidentale. Ma continuaSachs (1979, p. 27):

I successori inglesi di Martini furono meno generosi. La Generai History ofMusic di Charles Burney (1776) non si occupava affatto dei «Caldei e di altripopoli orientali»; ma almeno , la trattazione si apriva con un capitolo abbastan-za ampio sulla musica egiziana. John Hawkins, nella sua Generai History of theScience and Practice ofMusic dello stesso anno [...] si sbarazzava molto elegan-temente di tutti i «barbari». Il meglio della loro musica – come scriveva l'au-tore nella prefazione – «si dice sia fatta di suoni orripilanti e stupefacenti. Che

ta di psicologia della musica si trova in Dowling, Harwood, 1986, pp. 240-58;cfr. anche le bibliografie parziali contenute in Deutsch, 1982 e in Howell,Cross, West, 1985. Per una bibliografia sugli studi di neuropsicologia dellamusica, cfr. Clynes, 1982.

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IL CONCETTO DI MUSICA

importanza può avere, dunque, indagare su una pratica che . non ha alcun fon-damento scientifico o sistematico, o sapere quali siano i suni più deliziosi perun Ottentotto, per un selvaggio dell'America, o anche per il più raffinatoCinese?»

Non diverso fu l'atteggiamento degli studiosi degli altri paesi euro-pei, e tale rimase almeno fino alla prima metà del secolo scorso.Quanto poi alle `storie della musica', difficilmente, anche nel secolopresente, estenderanno i loro interessi extra-occidentali oltre i confinitracciati da padre Martini.

Volendo individuare una preistoria dell'etnomusicologia, essa vadunque rintracciata altrove: nelle prime sommarie trascrizioni di cantiindigeni contenute nelle cronache degli esploratori coloniali del diciot-tesimo secolo e, per quel che riguarda la musica tradizionale europea,nelle parziali descrizioni di testi musicali della poesia popolare compiu-te dai pionieri dello studio folklorico. E sulla base di queste difformi eapprossimative documentazioni che Jean-Jacques Rousseau potrà inse-rire nel suo Dictionnaire de musique (1768) esempi trascritti di melodiefinlandesi, svizzere, persiane, cinesi e dei «sauvages du Canada». A taleproposito, come afferma Sachs (1979, p. 31), «è lecito pensare ad unlegame tra l'avvento dell'etnomusicologia e il Romanticismo» che, conla sua poetica del `remoto' e del `naturale' e il mito del `buon selvaggio',accese e alimentò, anche nel campo musicale, l'interesse per il `diverso',l'originale e il primitivo. Non a caso in quest'epoca si collocano i primistudi consacrati a musiche non-europee (fra i quali vanno ricordati:Memoire sur la musique des Chinois, 1779, di padre Joseph Amiot; Del'état actuel de la musique en Egypte, 1809, Description historique, tech-nique et littéraire des instruments de musique des Orientaux, 1813, eMemoire sur la musique de l'antique Egypte, 1816, di Guillaume-AndréVilloteau) e alcuni parziali recuperi in ambito storico-musicale, comerisulta ad esempio dal trattato di armonia di Francois-Joseph Fétis, del1840, e soprattutto dalla sua Histoiregénérale de la musique (1869-76),in cui, oltre a capitoli dedicati all'India, al Giappone, alla Cina, maanche ai Calmucchi, ai Kirghisi e ad altri popoli, viene espressa la con-vinzione, per quei tempi straordinaria, che la storia della musica debbaestendersi all'intera umanità.

Con l'intensificarsi degli scambi culturali comincia lentamente(ma inesorabilmente) a farsi strada, fra gli studiosi, il dubbio che lemusiche lontane e `primitive' del folklore e dei popoli extra-europeivadano considerate, piuttosto che inferiori o `selvagge', diverse da quel-le occidentali, in quanto concepite e costruite su altrettanto legittimeregole. Il primo riconoscimento ufficiale di questa diversità, nei termi-

AR

3. LE TAPPE DI EVOLUZIONE DEL PROGETTO ETNOMUSICOLOGICO

ni positivi di uno studio sistematico, va ascritto al filologo e matemati-co inglese Alexander John Ellis che nel suo saggio TonometricalObservations on Some Existing Non-Harmonical Scales (1884), ristam-pato nel 1885 col titolo On the Musical Scales of Various Nations, pro-pone un ingegnoso sistemà di calcolo logaritmico degli intervalli musi-cali, fondato sulla divisione dei semitoni in unità centesimali (e dun-que dell'ottava in 1200 cents), come conseguenza operativa della suarivoluzionaria conclusione che «la scala musicale non è unica né natu-rale». Ellis fornisce, in questo modo, i primi fondamenti teorici e iprimi strumenti operativi allo studio transculturale della musica e per-ciò, a buon diritto, il 1884 può essere considerato l'anno di nascitadell'etnomusicologia.

Sul finire del secolo XIX altre date sono capitali per i destini delladisciplina: il 1877, anno in cui Thomas Edison mette a punto il suofonografo a cilindri di cela, presto sperimentato sul campo (1889) dal-l'antropologo Jesse Walter Fewkes per incidervi le musiche degliIndiani Zufii (Nuovo Messico) e Passamaquoddy (Maine); il 1893,anno di pubblicazione di Primitive Music di Richard Wallaschek,primo panorama antologico di musiche dei vari continenti, in cui percerti versi si anticipa il comparativismo musicale; il 1900, annodell'Esposizione Universale di Parigi, in occasione della quale un certodottor Azoulay registra su cilindri musiche bretoni e giapponesi, cala-bresi e cinesi, senegalesi e caucasiche. Inoltre, in quegli stessi anni, ven-gono creati diversi archivi sonori, in cui si iniziano a raccogliere inci-sioni fonografiche delle più varie provenienze. Come hanno rilevatoBoilès e Nattiez (1977, p. 29):

Due grandi linee cominciano dunque a definirsi: l ' etnomusicologia sulcampo, sensibile ai dati etnografici, e la musicologia della musica etnica: alcu-ni prendono l 'abitudine di studiare a tavolino la musica raccolta da altri.

3 .1.La musicologia comparata

Fra i vari archivi sonori che sorgono a cavallo fra i due secoli, parti-colarmente importante per i futuri sviluppi dell ' etnomusicologia sirivelerà il Phonogramm-Archiv istituito nel 1902 all'Università diBerlino, che presto diventa non solo luogo di raccolta di migliaia dicilindri Edison registrati in tutte le parti del mondo, ma anche la sededi Cari Stumpf, Erich von Hornbostel, Otto Abraham e altri ricercato-ri (a tavolino, più che sul campo), attorno ai quali prende vita la cosid-

An

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IL CONCETTO DI MUSICA

detta `Scuola di Berlino', primo centro operativo di studi etnomusicali.Significativo è il fatto che essa nasca all'interno di un Istituto di psico-logia, dato che «questi ricercatori si interessavano soprattutto allo stu-dio dei processi mentali implicati dalla musica, fondandosi principal-mente sull'analisi delle altezze e delle melodie, su quella dei sistemi diaccordatura e sulle misure delle scale e degli strumenti» (Boilès,Nattiez, 1977, p. 30).

Come si è detto, le teorie evoluzioniste e diffusioniste, dominantiall'epoca nelle scienze umane, caratterizzano fortemente questo nuovocampo di studi, non a caso denominato musicologia comparata. In que-sta direzione, un fondamentale apporto alla Scuola viene dal musicolo-go Curt Sachs, che mette a punto, assieme a Erich von Hornbostel, laprima sistematica e universale classificazione degli strumenti musicali(Hornbostel, Sachs, 1914) e, nella sua ricca produzione successiva (cfr.Bibliografia), ricercherà una teoria e una storia dell'evoluzione musica-le. Come ha sottolineato Carpitella (1979, p. 11):

Il metodo di Sachs era, allora, e per lungo tempo rimase quello di rilevare untratto caratteristico di una musica (il ritmo, il tempo ecc.) e generalizzarlo invarie zone e aree etniche: l'analogo di quanto avevano fatto Tylor in antropo-logia e Frazer nel folklore.

Oltre alle suggestive ipotesi storiche di Sachs, la cui opera maggior-mente significativa in questo , senso può essere considerata l'ultima da luiscritta, Le sorgenti della musica (1979; ed. or. 1962), i contributi più con-sistenti apportati alla disciplina dai continuatori (soprattutto statunitensi)della scuola di Berlino riguardano la proposta di nuovi metodi di approc-cio, descrizione e analisi: vengono ad esempio affrontati, negli aspetti teo-rici, i problemi della misurazione e trascrizione grafica dei suoni 5 e messia punto pratici apparecchi di verifica delle accordature (come il monocor-do proposto da Kunst) e strumenti elettroacustici per la trascrizione auto-matica delle melodie (come il melografo inventato da Charles Seeger).

Il nome di `musicologia comparata' permane, come definizionedegli studi etnomusicali, fino agli anni Cinquanta, anche se le teorie ei metodi originari della Scuola di Berlino, in buona parte ripresi daisuoi continuatori in Europa e negli Stati Uniti (Walter Wiora, JaapKunst, Robert Lachmann, Marius Schneider, Mieczyslaw Kolinskiecc.), sono destinati a un lento e progressivo declino. Se è vero che«senza comparazione non vi può essere etnomusicologia» (Rouget,

s Cfr., a tale proposito, Stockmann, 1989.

3. LE TAPPE DI EVOLUZIONE DEL PROGETTO ETNOMUSICOLOGICO

1968, p. 1339), il comparativismo dei primi studi, condizionato dall'i-dea che la musica sia un linguaggio universale, resta ancorato alleforme e agli stili musicali, come ancora alla fine degli anni Sessantadichiarava esplicitamente Kolinski (1967, p. 5):

Uno degli obiettivi più ambiziosi della ricerca musicologica è l 'analisi compa-rata degli stili musicali dei vari popoli del mondo allo scopo di stabilirne icaratteri distintivi e, in definitiva, di individuare gli universali che sono allabase dell ' immensa varietà di creazioni musicali. Il termine più appropriato perquesto campo di studi sembra essere musicologia comparata.

Il limite maggiore del comparativismo musicale non va individua-to nella vocazione di tipo storico, quanto nel fatto di privilegiare unmetodo sostanzialmente deduttivo: si cerca nei fatti la conferma a unateoria a priori della musica e, in questa impostazione esclusivamentestorico-musicale, la comparazione `a tavolino' prevale nettamenterispetto alla ricerca sul campo.

Con l'avvento del nazismo e il conseguente abbandono dellaGermania da parte di molti ricercatori, ebrei o comunque avversi alregime, la Scuola berlinese avrà tre diverse diramazioni:

una prosecuzione lineare, in Germania e in Austria, a opera di stu-diosi che accettarono di convivere con l ' ideologia hitleriana (comeSchneider, che nel 1934 succedette a Hornbostel nella direzionedel Phonogramm-Archiv, Wiora e altri) e negli Stati Unitid'America, a opera di irriducibili sostenitori dei metodi comparati-vi, come appunto Kolinski e, naturalmente, Sachs;una filiazione americana, che si incrocia con le autonome e contempo-ranee esperienze della ricerca etnomusicale statunitense, dando vita aquella che sarà l ' etnomusicologia `propriamente detta' (cfr. PAR. 3.2);una filiazione europea, nella quale il comparativismo delle originicomincia a essere ridimensionato, anche sulla base dei nuovi svi-luppi del pensiero antropologico, in primo luogo delle teorie fun-zionaliste e, successivamente, strutturaliste; in questo filone euro-peo si colloca anche, almeno in parte, l 'etnomusicologia italiana, dicui si dirà dettagliatamente nel CAP. 4.Converrà subito parlare degli sviluppi europei, iniziando da due

eminenti studiosi la cui opera può essere ancora situata in una prospet-tiva comparativa e storico-evoluzionista, ma con caratteri del tutto ori-ginari e autonomi: André Schaeffner (1895-1980), capostipite dell'et-nomusicologia francese e il compositore e ricercatore ungherese BélaBartók (1881-1945).

In Origine des instruments de musique (1936, ed. it. 1978),

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IL CONCETTO DI MUSICA

Schaeffner riprende criticamente le tesi e la classificazione organologica(aerofoni, idiofoni, membranofoni, cordofoni) di Sachs e Hornbostel,contrapponendo a un'origine linguistica della musica (il canto) un'ori-gine cinesica (il corpo e il gesto) e proponendo una filogenesi e unatassonomia degli strumenti fondate sull'evoluzione degli apparati riso-natori e sui materiali (legno, metallo, pietra, osso ecc.). Ma l'originalitàmaggiore della sua trattazione è forse nell'impostazione etnologicaprima che musicologica: per Schaeffner, infatti, gli strumenti di musicasono innanzitutto dei `segni', che rinviano al sistema di pensiero, allecredenze e alle tecnologie dello specifico contesto culturale. In taleimpostazione Schaeffner rivela una perfetta consonanza con le direttri-ci di pensiero della cosiddetta `Scuola sociologica francese' (Durkheim,Levi-Bruhl, Mauss). In particolare Marcel Mauss, si era fatto portavocedi un concetto di cultura intesa come «fatto sociale totale», per cui nes-sun fenomeno può essere compreso se non viene ricollocato nel suospazio sociale, alla confluenza delle interazioni fisiche, psichiche, indi-viduali e collettive che, nel loro insieme, gli danno un senso. Con l'ap-plicazione di questa concezione allo studio degli strumenti musicali,Schaeffner introduce lo studio dei fatti musicali in una dimensioneantropologica che da allora in poi caratterizzerà la scuola etnomusico -

logica francese.Sempre muovendo in una prospettiva comparativa e storico-evolu-

zionista, anche nell'Europa dell'Est si giunge, ma indipendentementedalle correnti antropologiche dell'Occidente europeo, a una critica del-l'impostazione originaria della Scuola di Berlino e a un progressivosuperamento dell'approccio deduttivo che la caratterizzava. Tali svilup-pi in Europa orientale sono innanzitutto legati al nome di Béla Bartóke alla sua opera incredibilmente vasta di ricerca `sul campo ' . Bartóketnomusicologo è infatti, prima di tutto, instancabile raccoglitore etrascrittore di musica popolare (11.000 melodie: ungheresi, rumene,slovacche, bulgare, ma anche serbo-croate, turche, arabe ecc.), secondouna tradizione di attenzione per il folklore musicale che in Europadell'Est, fin da Balakirev e il `Gruppo dei cinque', vedeva impegnati icompositori, alla ricerca di un'identità musicale nazionale. Ma perBartók è essenziale la distinzione fra musica popolare (contadina) epopolaresca (urbana) e, inoltre, la ricerca di una `via nazionale allamusica' non significa nazionalismo; anzi è significativo che, in pienoperiodo nazista, egli, studiando le analogie (melodiche, ritmiche, direpertori) fra le musiche dei popoli dell'Oriente mediterraneo, mostrila ricchezza proveniente dall'interazione fra culture e stili musicalidiversi. Il maggiore contributo teorico di Bartók è forse nell'aver soste-nuto l'inscindibilità fra ricerca sul campo e analisi generalizzante a

3. LE TAPPE DI EVOLUZIONE DEL PROGETTO ETNOMUSICOLOGICO

tavolino, anteponendo la - descrizione alla comparazione. Ma fonda-mentali sono anche le sue indicazioni sui sistemi di trascrizione e clas-sificazione delle melodie (Bartók, 1977 2, pp. 245-87) e, più in genera-le, sui compiti dell 'etnomusicologo, mestiere di cui, fra i primi, ha rile-vato la complessità «sotto'lineando i legami della musica con tutti glialtri aspetti della vita sociale, dunque tutte le relazioni della musicolo-gia con le altre scienze: filologia, fonetica, coreologia, sociologia, storia,conoscenza delle lingue» (Boilès, Nattiez, 1977, p. 39).

Gli orizzonti teorici e metodologici dischiusi da Bartók vengononotevolmente ampliati da un altro studioso e attivissimo ricercatore`sul campo' dell'Est europeo: il rumeno Constantin Bràiloiu (1893-1958). A lui si debbono, in particolare: il concetto di `sistema' applica-to all ' organizzazione musicale 6 ; le prime indicazioni per lo studio dellevarianti e della variazione nelle esecuzioni musicali di tradizione orale;il principio di classificare i canti secondo i generi riconosciuti all'inter-no dello specifico contesto -culturale; le prime monografie d 'etnografiamusicale su una regione limitata'.

Schaeffner, Bartók e Bràiloiu hanno un ruolo importante nello svi-luppo degli studi etnomusicali in Europa, per quanto questi (nono-stante i tentativi compiuti negli anni Cinquanta da Paul Collaer conLes Colloques de Wégimont) non si configurino mai in scuole e tenden-ze europee. Schaeffner e Bràiloiu, ad esempio, indirizzano l'intensaattività di ricerca in Francia (coordinata poi da Gilbert Rouget per l'et-nomusicologia e da Claudie Marcel-Dubois per il folklore musicalefrancese); Bartók e Bràiloiu diventano i fondamentali riferimenti per lasuccessiva etnomusicologia dei Paesi dell'Est, ma lo sono anche, adesempio, nella formazione dell 'etnomusicologia italiana, che terràconto delle esperienze ungheresi e rumene e, come avviene nell'Esteuropeo, rivolgerà la sua principale attenzione allo studio sistematicodella propria musica folklorica (cfr. CAP. 4).

3 .2.L'etnomusicologia propriamente detta

e l'abbandono delle generalizzazioni

Le esperienze di Bartók, e più ancora quelle di Bràiloiu, sono inol-tre indicative di un progressivo passaggio, negli studi etnomusicali, dallegeneralizzazioni alle descrizioni, soprattutto stilistiche, di specifiche aree

6 Cfr. Bràiloiu, 1982, pp. 20 e 61.' Cfr., ad esempio, Bràiloiu, 1960.

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IL CONCETTO DI MUSICA

culturali-musicali. Questa tendenza caratterizza la fase che, per como-dità, può essere definita dell' etnomusicologia propriamente detta, anchese risulterà ormai chiaro che, fino ai nostri giorni, il campo disciplinareè venato da una notevole varietà di indirizzi, nei quali gli ingredientietnologici e musicologici si combinano in molteplici miscele.

Il termine ethno-musicology, apparso per la prima volta in un opu-scolo di Kunst (1950), riscuote un immediato e generale consenso edifatti viene ufficialmente adottato nel 1955 con la costituzione, negliStati Uniti, della Society for Ethnomusicology. Come osserva Merriam(1977, p. 195): «qualcosa deve essere cambiato nella mente delle per-sone coinvolte nella disciplina, per richiedere una trasformazione dellasua denominazione».

Buona parte di questo cambiamento è legato agli sviluppi ameri-cani degli studi etnomusicali. Infatti, è soprattutto negli Stati Unitiche, dagli anni Trenta in poi, la disciplina ha il suo più notevole incre-mento e consolidamento (fra l'altro anche per una maggiore disponi-bilità di strutture e finanziamenti per la ricerca). Fondamentale per ildeterminarsi di una etnomusicologia induttiva e sul campo è l'in-fluenza della scuola etnologica americana, antievoluzionista, e soprat-tutto di Franz Boas e del suo allievo Alfred Kroeber. Una delle princi-pali caratteristiche del diffusionismo americano, accanto a quella diricercare le origini dei tratti comuni a più società, è di privilegiare unmetodo di ricerca induttivo, inferendo teorie e leggi esclusivamentedai dati raccolti sul campo. In particolare, per quel che riguarda l'av-vio allo studio sistematico dei tratti stilistici musicali, Kroeber esercitaun'influenza diretta su Hellen Roberts 8 , e Boas su George Herzog.L'apporto teorico e critico di Herzog è notevole non solo per quel checoncerne la descrizione degli `stili', ma anche per i nessi da lui rilevatitra certi tratti fonetici (accento, lunghezza sillabica, ritmo e intonazio-ne delle parole) e configurazioni musicali e, su un piano più comples-sivo, fra analisi linguistica e musicale'. Questione prima ripresa dadue suoi illustri allievi, George List e Bruno Netti, e in seguito svilup-pata, come concreta applicazione di modelli linguistici (da quellifonologici e morfemici alle grammatiche generative) all'analisi formaledelle strutture musicali, da una serie di ricercatori americani ed euro-pei (Simha Arom, Judith Becker, Norma McLeod, Jean-JacquesNattiez ecc.) che tuttora animano la tendenza linguistico-semiologicadell'etnomusicologia.

8 Cfr. Roberts, 1933.Cfr. Herzog, 1936.

3. LE TAPPE DI EVOLUZIONE DEL PROGETTO ETNOMUSICOLOGICO

D 'altra parte, già negli anni Venti Frances Densmore si era dedica-ta all'identificazione e all'analisi di specifiche aree culturali-musicali,pubblicando studi (su tredici tribù di Indiani nord-americani) in cui leinformazioni etnografiche si fondevano con comparazioni sistematichedelle varianti musicali e, come hanno rilevato Boilès e Nattiez (1977,p. 36), ponendo questioni oggi proprie alla semiologia musicale: cosa,in quella specifica musica, è propria a una tribù? Cosa la assimila a ungenere particolare?

Si deve invece a un altro allievo di Herzog, David McAllester, l'in-troduzione di un tipo di monografia divenuto poi un modello permolti ricercatori: la prima parte contiene i dati etnografici, la secondale trascrizioni e le analisi musicologiche (McAllester, 1954).

In generale, la fase centrale dell 'etnomusicologia non solo si carat-terizza per un deciso interesse all 'approfondimento, sul campo, dellesingole realtà musicali, ma anche (soprattutto con il chiudersi dell'epo-ca coloniale e l'avvento generalizzato dei mezzi di comunicazione dimassa) per una sorta di etnografia musicale d'urgenza, volta a colmare,nel modo più rapido ed esaustivo possibile, ì vuoti di conoscenza rela-tivi a singole pratiche e aree musicali etniche e folkloriche.

Come dovrà osservare Mantle Hood (1969, p. 299), altro impor-tante esponente dell'etnomusicologia americana: «Molte culture musi-cali [...] devono ancora essere studiate sistematicamente [...] prima chei metodi comparativi possano fornire alla musicologia una prospettivarealmente universale».

Se su questo punto vi è come un tacito accordo fra studiosi di ognitendenza e si assiste a un continuo intensificarsi della produzione didischi, documentari cinematografici, monografie e studi analitici, perquel che riguarda la concezione del campo di studi permane invece perun lungo periodo una notevole disparità di interpretazioni, come risul-ta dalle seguenti definizioni scelte fra le molte.

Netti (1961, p. 2): «L'etnomusicologia è lo studio della musicanon-occidentale e, per estensione, della musica folklorica».

List (1962, p. 24): «L'etnomusicologia si occupa in massima partedella musica di tradizione orale».

Wachsmann (1969, p. 165): «L'etnomusicologia si occupa dellostudio della musica degli altri popoli».

Chenoweth (1972, p. 9): «L'etnomusicologia è lo studio delle pra-tiche musicali di un particolare popolo».

Carpitella (1975, p. 22): «Per area di ricerca etnomusicologica sidovrà intendere quel `campo di suoni' al di fuori dell'esperienza musi-cale euro-culta occidentale. Questo `campo di suoni' [...] si caratteriz-za, soprattutto, per i suoi dispositivi di creazione, trasmissione e frui-

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IL CONCETTO DI MUSICA

zione oltre, naturalmente, che per i suoi contrassegni fisio-acustici pre-musicali».

3.3.Sistemi e culture musicali

Ma, a prescindere dalle differenze fra i vari modi di intendere l'et-nomusicologia e il suo campo di applicazione, in questa fase si affer-mano, con decisione, due nozioni che saranno alla base degli sviluppisuccessivi della disciplina: quelle di `sistema musicale ' e di `culturamusicale' .

La nozione di `sistema musicale' riguarda le regole e le relazioni checonnotano, in tutto o in parte, un determinato `linguaggio ' musicale.Si potrà così parlare, come per primo aveva fatto Bràiloiu, di sistemapentatonico o di sistema ritmico infantile (Bràiloiu, 1982, pp. 20 e 61),ma anche di sistema musicale cinese, di micro-sistema musicale sardo(Carpitella, 1967, p. 295) ecc.

La nozione di `cultura musicale' rinvia invece alle relazioni, allefunzioni e ai tratti che permettono di riconoscere un determinato siste-ma musicale come proprio di una determinata cultura; in altri termini,che consentono di identificare forme e comportamenti musicali comespecifici di una determinata società.

Sia il rapporto fra evento musicale e sistema che quello fra sistemamusicale e cultura chiamano in causa la relazione fra espressione indivi-duale e collettiva all'interno di una data comunità; relazione che trova lasua prima formulazione e una chiave interpretativa moderna nella lingui-stica, e in particolare nell'opposizione fra langue (in quanto codice inte-rindividuale) e parole (come atto individuale di utilizzazione del codice),postulata da Ferdinand de Saussure (1972 4 , pp. 23-5; ed. or. 1922).

È il caso, a questo proposito, di ricordare come la dicotomia lan-gue/parole avesse avuto, già nel 1929, una prima applicazione in ambi-to etno-folklorico a opera di due insigni linguisti funzionalisti delCircolo di Praga, Roman Jakobson e Piétr Bogatirév, i quali, adattan-dola ai prodotti folklorici, così definirono le relazioni fra creazione col-lettiva e individuale in ambiti di tradizione orale (Bogatirév, Jakobson,1973, pp. 7-8; ed. or. 1929):

Nel folclore il rapporto tra l'opera d'arte e la sua oggettivazione, ossia le cosid-dette varianti dell'opera introdotte dalle diverse persone che la recitano, corri-sponde esattamente al rapporto tra langue e parole. L'opera del folclore èextrapersonale come la langue, e vive di vita puramente potenziale, non è

3. LE TAPPE DI EVOLUZIONE DEL PROGETTO ETNOMUSICOLOGICO

insomma che un insieme di determinate norme ed impulsi, un canovaccio ditradizione attuale che i recitanti animano con i loro apporti individuali, comefanno i creatori della parole rispetto alla langue. Nella misura in cui questeinnovazioni individuali della lingua (o del folclore) rispondono alle esigenzedella comunità o anticipano 1 èvoluzione regolare della langue (o del folclore),esse vengono socializzate e diventano fatti della langue (o elementi dell'operafolclorica).

La tesi di Bogatirév e Jakobson mantiene ancora oggi una sua vali-dità. In effetti, attraverso le categorie di `creazione collettiva', 'variazio-ne individuale' e `censura preventiva' – nel senso che «l'esistenza diun'opera di folclore non può non presupporre un gruppo sociale chel 'accolga e la sanzioni» (ivi, .p. 5) – i linguisti praghesi danno un'ideaestremamente precisa dei meccanismi di produzione dei fatti folklorici(che fra l'altro permette di comprendere meglio le distinzioni tra ora-lità e scrittura cui si accennava nel primo capitolo). Tuttavia, il lororagionamento sembra limitarsi ai soli artefatti del folklore: dunque, perquel che riguarda la musica, ai repertori, ai generi, alle forme. Ma –bisogna a questo proposito fare molta attenzione – un sistema lingui-stico non è una pura sommatoria di eventi, anzi è essenzialmente qual-cosa d'altro: un insieme strutturato, un sistema di sistemi connessi gliuni agli altri, i cui elementi non hanno valore indipendentemente dallerelazioni (di equivalenza e/o di opposizione) che li tengono assieme.Così, nella lingua si può distinguere fra vari livelli di unità costituenti– suoni, parole, frasi –, che esercitano la loro funzione su due pianidistinti, quello dell'espressione (o della forma) e quello del contenuto(o significato). Ognuno di questi piani e livelli rinvia a un sistemastrutturato (fonologico, grammaticale, sintattico, semantico), ma nes-suno di essi ha un suo valore autonomo nell'esercizio del linguaggio;anzi, tali piani non sono rilevanti e rilevabili nella lingua parlata, madevono essere indotti da essa con un processo di astrazione (ad esem-pio, con un'analisi grammaticale o sintattica). Richiedono, in altri ter-mini, l ' identificazione di `modelli', che rendano manifesta l'organizza-zione strutturale della lingua parlata da una determinata comunità. E ilcaso di ricordare che proprio sulla nozione di `modello' desunta dallalinguistica Claude Lévi-Strauss fonderà la sua Antropologia strutturale.modelli possono infatti essere costruiti per i rapporti di parentela, per imiti o per le relazioni sociali.

Tornando alla langue musicale, si può dunque immaginare unsistema musicale come un insieme di sistemi interrelati in cui è possi-bile distinguere vari livelli: da quello minimale dei suoni pertinenti(intervalli, scale) alle diverse organizzazioni dei suoni in unità formali,

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alle modalità di esecuzione, ai repertori, ai generi, all'occorrenza deidiversi prodotti musicali per specifiche funzioni e occasioni. Pertanto,è evidente che la questione creazione collettiva / variazione individualenon può essere limitata alla morfologia dei repertori, e che l'identifica-zione di un sistema musicale è un'operazione altrettanto complessa diquella che occorre per individuare la struttura di una lingua. Anzi, sipresenta per certi versi più ardua, mancando alla musica la doppia arti-colazione forma/contenuto del linguaggio articolato.

I concetti di `sistema musicale' e di `cultura musicale' ripropongo-no dunque, anche se in modo del tutto nuovq, il problema dei rappor-ti fra generale e particolare, fra tratti universali e tratti culturali dell'e-spressione musicale. Quali meccanismi sono comuni a ogni sistemamusicale? Quali tratti sono invece specifici e diversi da una cultura aun'altra? Esistono vari tipi di sistema musicale? Qual'è la consistenzasociale della langue musicale (ovvera a che livello diviene rilevante ilrapporto tra sistema musicale e sistema sociale)?

Limitatamente ai tratti stilistici della musica vocale, una risposta aquest'ultimo quesito è stata tentata da un etnomusicologo americano,Alan Lomax, i cui metodi e le cui teorie si collocano in una posizionedel tutto appartata rispetto alle diverse correnti dell'etnomusicologia.Lomax, la cui intensa attis'itì di ricercatore avrà, fra l'altro, ancheimportanti conseguenze per )etnomusicologia italiana (cfr. CAP. 4, p.73), cerca infatti una difidle coniugazione fra studio comparativo,condotto con i metodi d%11'indagine statistica, e analisi sistematicadelle culture musicali, elaborando un metodo, da lui definito cantome-trico, per lo studio dei rapporti fra stili musicali e tratti culturali nellediverse società umane. Tale studio, illustrato in Folksong, Style andCulture (1968), è compiuto sottoponendo ad analisi statistica 233diverse culture musicali, per mezzo di una griglia valutativa operantesu 37 parametri (qnuno con 13 possibili variabili) riguardanti tutti gliaspetti formali e ie modalità di esecuzione del canto (cfr. PAR. 5.2).L'ipotesi di Lomax è che esista una corrispondenza biunivoca fra deter-minati tratti stilistici del canto (ad esempio voci maschili gutturali,organizzazioni antifonale ecc.) e tipo di società (ad esempio pastorale,con matriarcato e forte differenziazione di ruoli fra i due sessi ecc.), percui è posibil¢ inferire i tratti musicali da quelli culturali e viceversa. Ilmeccani 4smo di questa teoria è piuttosto evidente, tanto più se si con-sidera che il confronto fra sistemi musicali non si può limitare ai soliaspetti formali. Come ha osservato John Blacking (1966, p. 218):

[...] se accettiamo l'idea che i modelli sonori musicali in ogni cultura sono ilprodotto di concetti e comportamenti propri a quella cultura, non possiamo

3. LE TAPPE DI EVOLUZIONE DEL PROGETTO ETNOMUSICOLOGICO

compararli con modelli simili di un 'altra cultura a meno di non sapere chequesti ultimi sono derivati da analoghi concetti e comportamenti.

Analoghe sono le considerazioni di Leonard Meyer (1960, pp. 49-50):

[...] può risultare che due culture utilizzino la stessa struttura scalare, ma chequesta venga interpretata diversamente dai membri di ognuna delle due cul-ture. Viceversa, la musica di due culture può impiegare materiali del tuttodiversi, ma il meccanismo fondamentale che regola l ' organizzazione di questimateriali può essere lo stesso per entrambi.

Per quanto discutibile sul piano del metodo (fortemente determi-nista e ancora condizionato da un'idea a priori di musica) e dei risultatinon sempre convincenti (a parte alcune suggestive coincidenze 'statisti-che'), il sistema cantometrico di Lomax costituisce comunque unimportante tentativo di sintesi fra questioni etnologiche e musicologi-che, oltre che un utile strumento di confronto fra gli stili vocali deivari continenti.

A dispetto dei tentativi di Lomax, che ancora oggi continua nel suoprogetto estendendo la ricerca alla danza (per la quale ha messo a puntoun sistema coreometrico), la difficile triangolazione fra aspetti universali,sistemi e culture musicali dividerà gli etnomusicologi, a partire daglianni Sessanta, in due correnti: una – per così dire – `formalista', nellaquale l'approccio musicologico puro prevale, anche se fortemente anco-rato a metodi di analisi mutuati dalla linguistica; l'altra, definibile come`antropologico-musicale', che ritiene indispensabile e preliminare per lacomprensione del fenomeno musica l'analisi del contesto sociale e dellecondizioni in cui la musica è pensata, prodotta e percepita.

3.4.L' antropologia della musica e l'opposizione etico-emico

Dopo neppure un secolo dai primi studi di musicologia comparatae a pochi decenni dalla diffusione generalizzata del termine etnomusi-cologia, già si fa strada, a partire dagli anni Sessanta, una nuova conce-zione e definizione del campo di studi: quella di antropologia dellamusica. Se il consolidamento del termine etnomusicologia è tale dacostringere la nuova dicitura al rango di sinonimo, l'evoluzione termi-nologica testimonia comunque della graduale espansione dell'ambitodisciplinare da livelli descrittivo-storici a sempre più globali livelli ana-litico-sistematici, secondo una consequenzialità analoga a quella, rile-

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45): «Nell'etico ci si basa sulle categorie del ricercatore occidentale;nell'emico si tenta di adottare le configurazioni culturali degli infor-matori». Negli anni Ottanta, sulla scia della `nuova etnografia

' e

dell"etnoscienza' , diversi antropologi della musica (Feld, Zemp,Kartomi, Erlmann ecc.) si sono schierati, a volte in modo radicale, perl'approccio emico, col proposito di individuare, nelle culture da lorostudiate, le specifiche etnoteorie della musica (cfr. PAR. 7.1).Nell'ultimo decennio, il confronto fra antropologi della musica edetnomusicologi formalisti ha conosciuto così anche momenti forte-mente conflittuali di dibattito.

In realtà, in quest'ultimo periodo, sia le analisi delle forme sonoreche quelle dei comportamenti, così come anche le indagini sulle etno-teorie musicali, hanno teso tutte, nella ricerca costante di metodi piùrigorosi e scientifici, verso il fine unitario di individuare le relazioni fra`campo dei suoni' musicali e sistemi di pensiero. A questo fine, l

' ap-porto di ambiti di ricerca affini, come quelli della semiologia e dellapsicologia della musica, si è rivelato estremamente costruttivo, ed èormai a tutti chiaro che: «Letnomusicologia è concepita come unostudio interdisciplinare nel quale possono essere utilmente applicatiapprocci derivanti da molte discipline» (List 1971, inedito, inMerriam, 1977, p. 204).

Ma, paradossalmente, è proprio questa interdisciplinarietà (per cuisi finisce col distinguere fra etnomusicologi-psicolog i , etnomusicologi-semiologi, etnomusicologi-sociologi, etnomusicologi immanentisti edetnoscientisti, antropologi della musica ecc.) a sollevare non pochiproblemi di prospettiva. La principale questione che si pone è quella

` di sapere se può e deve ancora esistere un quadro teorico di riferimen-to comune, che permetta la formulazione di ipotesi e tipologie genera-li e l'adozione di strumenti di comparazione e di analisi transculturale;o se invece non si vada chiaramente verso una frammentazione delcampo di studi.

3 .5.Un problema attuale: la trasformazione dell'oggetto di studio

In realtà, le questioni in campo ai fini di un aggiornamento del«modello etnomusicologico» (Rice, 1987, p. 469) sono attualmentemolte e spinose. Ci si limiterà a elencare quelle apparentemente piùrilevanti.

Il profilo storico fin qui tracciato permette di considerare l'etno-

musicologia come un campo di studi suscettibile di continue ridefi -

3. LE TAPPE DI EVOLUZIONE DEL PROGETTO ETNOMUSICOLOGICO

nizioni e, in effetti, l'intera storia della disciplina è il risultato di unadialettica continua fra approcci induttivi e deduttivi, fra descrizioni eanalisi circoscritte e tentativi di sintesi generalizzanti, fra rivendica-zioni di autonomia e sovrapposizioni con altri campi disciplinari.Ciò non significa che, ner suo continuo mutare, 1'etnomusicologiaabbia perso la sua fisionomia originaria, giacché essa ha mantenuto,dagli inizi fino ad oggi, alcuni caratteri costanti: la sua vocazionedescrittivo-comparativa; la funzione di tracciare una demarcazionefra musica in quanto facoltà espressiva umana, e sistemi, forme ecomportamenti musicali, in quanto ` allotropi ' – per così dire – diquesta facoltà nelle diverse società e culture. E certo però che alcunisegnali, sempre più pressanti, indicano che la disciplina si trova anco-ra una volta di fronte all'esigenza di rinnovare, almeno in parte, ilsuo statuto scientifico.

1. Il primo di questi segnali è costituito da una radicale trasformazio-ne del suo tradizionale oggetto di studio; trasformazione che va ormaicon i tempi delle attuali comunicazioni di massa. Dove, ad esempio, ein che termini, si può ancora parlare di folklore musicale? Per fortuna,non siamo ancora, per l'etnomusicologia, alle sconcertanti conclusionidi quel professore di Economia comparata che, in un recente conve-gno, rilevava l'esaurimento de facto della propria disciplina con la crisidel socialismo reale. Non siamo a questo punto, e per diversi motivi:in primo luogo, perché molti sono ancora i terreni di ricerca praticabi-li, anche se è chiaro che le trasformazioni in atto richiedono una sensi-bile revisione delle tecniche e dei metodi di rilevamento sul campo;non lo siamo poi perché gran parte della documentazione raccoltanegli ultimi decenni attende ancora una sua compiuta sistemazioneanalitica; non lo siamo infine perché, dal rapido mutare degli eventi edal determinarsi di quello che alcuni – sulla scia di Marshall Mc Luhan– hanno definito il `villaggio globale', stanno emergendo nuove iden-tità etnico-musicali, prima impensabili: basti fra tutti l'esempio dellacosiddetta world music e dellé nuove musiche sincretiche africane, asia-tiche, latino-americane ecc. Si potrebbe anzi affermare che, nonostantela progressiva lacerazione delle fasce folkloriche ed etniche, il campod'investigazione si è ulteriormente allargato e che questo nuovo villag-gio globale della musica ha bisogno soprattutto dell'etnomusicologiaper una sua corretta segnaletica stradale. Ma il senso di quel prefissoetno-, che fino a oggi ha contraddistinto la nostra disciplina, va ricon-siderato: acquista cioè sempre più valore la già citata affermazione diBlacking (1986, p. 24), secondo cui tutta la musica, in quanto prodot-to di specifici rapporti sociali, è musica etnica. Allo stesso modo, ormai

‘.,

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lontani dalle concezioni eurocentriche delle origini, sembra perdereogni ragion d'essere la contrapposizione teorica e metodologica fraEthnomusicology e Vergleichende Musikwissenschaft che aveva caratteriz-zato il dibattito degli anni Cinquanta.

2. E appunto i problemi di metodo, posti dalla trasformazione del-l'oggetto etnomusicologico e dalla necessità di nuovi strumenti teoriciper affrontarne lo studio, costituiscono il secondo importante segnale.La recente ricerca etnomusicale si è trovata infatti nella necessità diaffidare alcuni dei suoi tradizionali obiettivi ad altri ambiti disciplinari.E il caso ad esempio degli universalia della musica che, inaccessibili apartire dai dati immanenti, sono divenuti oggetto di studio della psico-logia•cognitiva (cfr. CAP. 12), con un significativo ritorno alle motiva-zioni originarie del comparativismo berlinese sviluppatosi in un qua-dro di studi allora definiti, sotto l'influsso positivistico,demopsicologici "; è il caso dell'essenza simbolica della forma musicale,questione anch'essa di portata transculturale (cfr. CAP; 10, p. 210),che sembra ormai costituire un appannaggio esclusivo della semiologiadella musica 12 (anche se la .doppia competenza di etnomusicologo emusicologo del suo massimo esponente, Jean-Jacques Nattiez, è sinto-matica); lo stesso dicasi per le componenti culturali dei diversi sistemimusicali, che sono divenute una parte significativa dell'investigazioneantropologica ed etnoscientifica, creando fra l'altro, negli ultimi duedecenni, quel conflitto teorico fra etnomusicologi formalisti e antropo-logi della musica, di cui si è già detto 13 . Ciò che è in questione, natu-ralmente, non è la legittimità di questi diversi piani di investigazionedel fenomeno musicale, ma lo status scientifico dell'etnomusicologia.In altri termini, la disciplina sembra oggi di fronte a un bivio: o accettadi svolgere un ruolo' puramente etnografico e di essere considerata soloun'area alla quale altri – antropologi, semiologi, psicologi ecc. - attin-gano per le proprie specifiche finalità; oppure riafferma il suo ruolonomotetico e si pone in condizione di definire tipologie, tracciare ipo-tesi generali, mettere a punto strumenti obbiettivi per l'analisi tran-sculturale e con ciò misurare autonomamente i risultati delle proprie edelle altrui ricerche. Nella realtà la questione non si presenta in terminicosì schematici e anzi alcuni sintomi di cambiamento in questo senso

" Cfr. Carpitella, 1979, p. 10.12 Per una definizione del progetto semiologico musicale, cfr. Nattiez,

1989a, p. 26.'3 Cfr. anche, a questo proposito, Boilès, Nattiez, 1977, pp. 44-50.

3. LE TAPPE DI EVOLUZIONE DEL PROGETTO ETNOMUSICOLOGICO

ci sono già. Si è assistito, ad esempio, in questi ultimi anni, alla ripresadi interesse per l'individuazione dei modelli soggiacenti alla produzio-ne musicale, quali ad esempio quelli relativi all'improvvisazione nellemusiche di tradizione orale delineati dai Seminari europei diEtnomusicologia del 1983 è 1984 (cfr. PAR. 9.1) 14 . Sempre in questosenso va intesa la riconciliazione, avvenuta nel corso del Seminarioeuropeo di Etnomusicologia di Siena del 1989, fra Blacking, alloramassimo esponente della tendenza antropologica – purtroppo scom-parso pochi mesi più tardi – e il più acceso sostenitore della correnteformalista, Simha Arom 15 . È significativo che essa si debba alla messa apunto, da parte di Arom e Vincent Dehoux, di uno strumento obbiet-tivo per il rilevamento delle scale musicali: una tastiera-sintetizzatoreYamaha, trasformata in balaphon, che i musicisti tradizionali centro-africani possono suonare e regolare a loro piacimento, e dunque ingrado di registrare e misurare le fluttuazioni degli intervalli e le diffe-renti scale in modo esatto . è oggettivo, ma anche nel pieno rispettodelle concezioni autoctone

3. Proprio le moderne e sofisticate tecnologie di cui può oggi disporrela ricerca costituiscono un terzo sintomo dei cambiamenti in atto nelcampo degli studi etnomusicali. Paradossalmente, la qualità (e quan-tità) degli strumenti di rilevamento e riproduzione sonora e audiovisi-va sembra crescere in modo inverso a quella delle realtà musicali dadocumentare, ma è anche vero che gli attuali sistemi di registrazionedigitale o le più recenti e sofisticate risorse tecniche a disposizione del-l'etnomusicologia visiva permettono livelli di fedeltà prima impensabilinell'accostare e restituire per immagini tali realtà. Analogamente, letecnologie informatiche, e in particolare quelle destinate alla trascrizio-ne, classificazione e analisi della musica, aprono possibilità nuove, tut-tora in buona parte inesplorate, anche per la rapidità con cui tali siste-mi computerizzati si trasformano e si evolvono.

4. Un ultimo segnale su cùi richiamare l'attenzione è costituito dalmutamento avvenuto nei rapporti fra musicologi ed etnomusicologi,

14 I risultati delle due sessioni di Colonia e di Tours sono raccolti inLortat-Jacob, 19876.

5 Gli Atti del VI European Seminar in Ethnomusicology (Siena, agosto1989), che appariranno nella collana dei «Quaderni dell ' Accademia Chigiana»(Ethnomusicologica 2), sono in corso di stampa.

' G Per una descrizione completa di tale metodo di rilevamento, cfr. Arom,19896.

Page 19: 1 Letnomusicologia IL CONCETTO DI MUSICAangeloscozzarella.myblog.it/media/00/00/a948698f60687cadd7e4574f... · e uso degli strumenti ecc.) è basata prevalentemente su un passag-

IL CONCETTO DI MUSICA

nel segno di un nuovo intenso confronto di problemi e metodiche edel riconoscimento di una non soluzione di continuità fra i due campidisciplinari. Già da tempo la IMS (International MusicologicalSociety) ha aperto i suoi congressi a temi etnomusicologici e, ad esem-pio, il meeting annuale della Society for Ethnomusicology americanada alcuni anni si tiene congiuntamente, anzi in completa fusione, conquelli dell'American Musicological Society e della Society for MusicTheory. Purtroppo, tale riavvicinamento risulta ancora confinato, inlarga misura, fuori degli spazi accademici e istituzionali — università,conservatori, accademie ecc. — dove, nei migliori dei casi, gli etnomusi-cologi sono tollerati in numero calmierato. Ma tutto lascia credere chein tempi relativamente brevi si assisterà a quella riunificazione delcampo di studi musicali per la quale l'etnomusicologia, con la sua stes-sa esistenza e con la sua continua evoluzione, obbiettivamente ha ope-rato. Ad esempio, il recente sviluppo dell'analisi sistematica nell'ambi-to degli studi musicologici ha significato di fatto anche un'appropria-zione di strumenti e metodiche che sono da tempo dell'etnomusicolo-gia. Non c'è ragione per non trarre da questi nuovi segnali gli auspicimigliori.