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1 Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma Scuola Forense V.E. Orlando 12.11.2012 Avv. Valeria Simeoni

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Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma

Scuola Forense V.E. Orlando12.11.2012

Avv. Valeria Simeoni

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Libro Quarto

Misure cautelari

Classificazione

Misure cautelari personali e reali

Misure coercitive (272 – 286 bis): sopprimono o limitano la libertà personale (custodiali e non custodiali)

Misure interdittive (287 – 290): limitano l’esercizio di alcuni diritti o facoltà personali

Misure Reali (315 - 325): incidono sul patrimonio, determinando l’indisponibilià di cose o di beni

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PREMESSE

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Art. 280 Condizioni di applicabilità delle

misure cautelari coercitive

Solo per i delitti per i quali è prevista: la pena dell’ergastolo

o della reclusione superiore nel massimo a tre anni

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Custodia cautelare in carcere (art. 280 comma 2, 285 c.p.p.)

La Custodia cautelare in carcere è la misura cautelare con il più elevato grado di afflittività.

Si applica solo per delitti consumati o tentati: puniti con pena non inferiore nel massimo a quattro anni (o nelle ipotesi di trasgressione delle prescrizioni inerenti ad una misura cautelareai sensi dell’art. 276 c.p.p. e 307

c.p.p.) In pratica, un reato per il quale la pena è massima superiore ai tre anni ma non raggiunge i quattro anni, la custodia cautelare in carcere non si

può applicare ed è illegittima.

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Arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.)

L’imputato agli arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare

La misura degli Arresti domiciliari ha anch’essa un grado di afflittività molto elevato,

anche se inferiore alla custodia cautelare in

carcere.

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Misure cautelari coercitive non custodiali

Divieto di espatrio (art. 281 c.p.p.)Il divieto di uscire dal territorio nazionale senza

l’autorizzazione del giudice che procede

Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (art. 282 c.p.p.)

Con il provvedimento che dispone l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il giudice

prescrive all’imputato di presentarsi a un determinato ufficio di polizia giudiziaria, fissando i

giorni e le ore di presentazione.

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Allontanamento dalla casa familiare (art. 282 bis c.p.p.)Con tale misura il giudice ordina all’imputato di lasciare la casa

familiare e di non accedere ad essa senza un provvedimento autorizzativo.

Divieto e obbligo di dimora Tale disposizione contempla l’ipotesi in cui il giudice dispone con un provvedimento il divieto di dimora, o l’obbligo di dimora. Si tratta

di due distinte misure cautelari coercitive non custodiali. Con il primo, il giudice prescrive all’imputato di non dimorare in un

determinato luogo e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede.

Con il provvedimento che dispone l’obbligo di dimora, il giudice prescrive all’imputato di non allontanarsi, senza l’autorizzazione.

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Art. 291Procedimento applicativo

Le misure cautelari sono disposte su richiesta del P.M., al giudice competente che è il giudice che procede, il quale nella fase delle indagini

preliminari è il G.I.P.

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Presidio costituzionale delle misure cautelari Art. 13 della Costituzione

“La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della

libertà personale, se non per atto motivato dell'Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati

tassativamente dalla legge, l'autorità di Pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'Autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati

e restano privi di ogni effetto. È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di

libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione

preventiva”.

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Tale norma costituzionale stabilisce il principio della riserva di legge e di

giurisdizione in materia di libertà personale, di cui sancisce l’inviolabilità.

Soltanto la legge autorizza e stabilisce quando e come la libertà può essere limitata (riserva

di legge) e solo l’Autorità Giudiziaria può disporre gli strumenti per limitarla, nei casi e

nei modi previsti dalla legge (riserva di giurisdizione).

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Art. 272 Limitazioni alla libertà della persona

“Le libertà della persona possono essere limitate con misure

cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo”.

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Tale norma è espressione dei principi di legalità, tipicità e tassatività, al fine di evitare qualsiasi

indeterminatezza dei provvedimenti che incidono sulla libertà personale.

Nel rispetto di tali principi, si può applicare una misura cautelare personale alla volta, ad

eccezione dei casi espressamente previsti dagli artt. 276, comma 1, e 307, comma 1 bis, c.p.p.

(Cass. pen. SS. UU, n. 29907, 30.05.2006, sez. I, 21.10.2009, n. 42891).

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Al riguardo, la Suprema Corte di Cassazione a SS. UU. penali, con la sentenza n. 29907, 30.05.2006, richiama fermamente il principio di stretta legalità e, tra l’altro,

evidenzia: la “applicazione congiunta di due distinte misure, omogenee o eterogenee, che pure siano astrattamente

compatibili …potrebbe determinare la creazione, in un “mixtum compositum”di una “nuova” misura non

corrispondente al paradigma normativo tipico”.

L’applicazione congiunta di misure coercitive in funzione sostitutiva dei provvedimenti custodiali è illegittima e non è consentita perché in violazione dei principi di tassatività e

tipicità e non soddisfa i criteri di adeguatezza e proporzionalità ex art. 275 c.p.p .

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ARTICOLO 273Condizioni generali di applicabilità

delle misure.

Comma 1. “Nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono gravi indizi di colpevolezza (384, 714 comma 2,

715,736 comma 2 e 250 disposiz trans)

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I Gravi indizi di colpevolezza o indizi cautelari, costituiscono la base probatoria del fatto per cui si procede ma non hanno la pretesa

di provare la responsabilità dell'indagato, in termini di certezza. Sono richiesti indizi di colpevolezza “gravi” che giustificano l'esercizio del potere cautelare, perchè solo in base ad essi è

legittimo fondare una qualificata probabilità di colpevolezza con riferimento ad un determinato fatto di reato (cfr. Cass. pen. sez. 1,

19.10.1994, Cass. pen. SS.UU. 21.05.1995, Cass. Pen. Sez. VI, 17.02.2005).

Il grave indizio di colpevolezza può essere anche unico purchè ne sia motivata la valenza probatoria. Non si tratta degli indizi disciplinati nell'ambito del sistema delle prove ex art. 192 co 2 c.p.p.. Infatti,

con riferimento all'art. 192 co 2 c.p.p ci troviamo di fronte ad indizi che assurgono a dignità di prova (prova logica o indiretta ) idonea a sostenere l’affermazione della responsabilità penale, in termini di

“certezza”. Ai fini cautelari, invece, è sufficiente un giudizio di qualificata

probabilità in ordine alla responsabilità dell'imputato, trattandosi di un giudizio effettuato in termini di probabilità.

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ARTICOLO 273Condizioni generali di applicabilità delle

misure.

Comma 1-bis. “Nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano le

disposizioni degli articoli 192 , commi 3 e 4, 195, comma 7, 203 e 271 comma 1”

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Comma 1-bis. Fa riferimento, nella parte in cui richiama gli artt. 192, commi 3 e 4, all’ipotesi in cui le esigenze cautelari siano costituite dalle

dichiarazioni rese dal coimputato nel medesimo procedimento, dal coimputato nel medesimo reato o da persona imputata in un

procedimento connesso, a norma dell’art. 12 c.p.p. Tali dichiarazioni sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne

confermano l’attendibilità.

In senso esemplificativo, non è sufficiente che nell’ordinanza di custodia cautelare, il Giudice sostenga che

dalle “ulteriori indagini svolte” è emerso che l’indagato svolgesse un ruolo più importante e che “anche gli interrogatori resi dai coindagati

hanno confermato” tale ruolo.Il riferimento alle dichiarazioni rese dai coindagati posto in questi

termini è astratto e generico, poiché il giudice non individua i soggetti “coindagati” che avrebbero reso interrogatorio, né fa alcun riferimento

al contenuto delle dichiarazioni, né c’è alcun riferimento ai criteri di valutazione dell’attendibilità della chiamata del correo in sede

cautelare, come invece richiesto dall’art. 273, comma 1 bis c.p.p..

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La Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza del 30.05.2006, n. 36267, ha

definitivamente chiarito che le dichiarazioni del correo acquistano valore indiziario ai fini cautelari, a

condizione che venga verificata, tra l’altro, l’attendibilità intrinseca, l’attendibilità estrinseca e

l’esistenza di riscontri esterni individualizzanti. Per riscontri esterni individualizzanti si intende, che la dichiarazione deve “assumere idoneità dimostrativa in relazione all’attribuzione del fatto reato al soggetto

destinatario della misura”.

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ARTICOLO 273Condizioni generali di applicabilità delle

misure.

Comma 2. “Nessuna misura può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di

giustificazione (50-54 c.p.) o di non punibilità (45 - 48, 85 e ss., 308, 309, 384, 599,649 c.p.)

o se sussiste una causa di estinzione del reato (150 s. c.p.; 445 comma 2) ovvero una causa di estinzione della pena (171 s.

c.p.) che si ritiene possa essere irrogata (250 disposiz trans)”.

Si evita un’afflizione inutile laddove risulta una previsione certa dell'esistenza di una della situazioni

citate.

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LE ESIGENZE CAUTELARI

In via generale e preliminare, le esigenze cautelari rilevano solo ai fini delle misure cautelari personali coercitive ed interdittive e non ai fini di quelle reali. Si applicano in via alternativa. Ma se ci sono più esigenze, esse sono autonome,

per cui il venir meno di una non comporta la revoca della misura cautelare in vigore.

La valutazione discrezionale del Giudice deve essere effettuata sempre in termini di concretezza, attualità, mai in termini di genericità ed

astrattezza. Concretezza: la singola esigenza va valutata rispetto al singolo caso concreto

in relazione al quale il giudice adotta la misura.Attualità ed effettività: è altamente probabile che in quel determinato

momento storico in cui si applica la misura cautelare, si verifichino le esigenze cautelari che la legge vuole tutelare.

Il Giudice deve indicare i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari e motivare entrambi analiticamente, in modo da ricostruire l'iter logico ed

argomentativO che ha portato alla decisione di applicare la misura, a pena di nullità dell’ordinanza dispositiva della misura ex art. 125 c.p.p..

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Art. 274 Esigenze cautelari

Inquinamento probatorio

Comma 1. “Le misure cautelari sono disposte:a) quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze

attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto ed attuale pericolo per

l'acquisizione o la genuinità della prova, fondate su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di

nullità rilevabile anche d'ufficio. Le situazioni di concreto ed attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della

persona sottoposta alle indagini o dell'imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata ammissione degli addebiti”

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Inquinamento probatorio: la libertà dell'indagato e, quindi la sua condotta se fosse libero, costituisce un pericolo concreto ed attuale al processo di formazione della prova, a meno che

la prova non si possa formare indipendentemente e a prescindere dalla condotta dell'imputato. Deve cioè fondarsi su

precise circostanze indicate nel provvedimento dispositivo della misura cautelare e deve essere attuale rispetto al

momento di applicazione della misura e di valutazione della revoca o della conferma.

ES: se l'indagato mostra di aver reciso in concreto e in maniera definitiva i legami con l'associazione criminosa o l'ambiente

in cui il delitto era maturato, non c'è il pericolo di inquinamento probatorio.

Si deve trattare di “situazioni fattuali non genericamente indicate ma espressamente enunciate nel provvedimento

applicativo della misura cautelare”, a pena di nullità come evidenziato anche dalle SS.UU. 11,luglio 2001, Canavesi.

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Art. 274 Esigenze cautelari

Pericolo di fuga

Comma 1 lett. b) “quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due

anni di reclusione”

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Tale esigenza cautelare si riferisce all'imputato, indagato che “si da alla fuga” (colui che in passato

è già fuggito)nonché, al “concreto pericolo che egli si dia alla

fuga”. Tale ultima ipotesi, si desume dal comportamento complessivo del soggetto da cui deve derivare con

elevata probabilità un reale, effettivo, concreto, pericolo di fuga. ES: acquisto del biglietto aereo, i suoi precedenti penali, le sue frequentazioni, più

in generale le sue concrete situazioni di vita (Cass. pen. Sez VI, 25 maggio 2005).

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Art. 274 Esigenze cautelari

Pericolo di reiterazione dei reati

Comma 1 lett. c) “quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona

sottoposta alle indagini o dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali,

sussiste il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti

contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie

di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro

anni”.

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Tale disposizione, che disciplina il pericolo di reiterazione dei reati, si basa sulle esigenze di tutela della collettività.

Il Giudice deve effettuare il giudizio prognostico di pericolosità in base alla valutazione del concreto pericolo

di commissione di: gravi delitti con uso di armi, o di criminalità organizzata,

degli altri delitti che sono indicati nel comma 1

o i delitti della stessa specie di quello per cui si procede.

In ogni caso, in presenza di tale esigenza cautelare, la misura della custodia cautelare in carcere è disposta solo

se si tratta di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni.

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Es: Nell’ordinanza di applicazione di una misura cautelare il G.I.P. evidenzia “La natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo,

il luogo e ogni altra modalità dell’azione posta in essere, fanno ritenere sussistente il pericolo che tutti gli indagati possano

nuovamente commettere dei reati della medesima natura…”.

In tal caso, il riferimento “agli indagati” non è idoneo a rappresentare in concreto il pericolo di reiterazione del reato

nei confronti del singolo soggetto. Il G.I.P. non riferisce, infatti, il pericolo di reiterazione specificatamente al singolo indagato, ma utilizza una clausola di stile che fa riferimento a “tutti gli indagati”. Inoltre, il G.I.P. non motiva in alcun modo su come

potrebbe articolarsi un pericolo concreto di reiterazione dell’indagato e l’ordinanza impugnata risulta generica, e nulla

ai sensi dell’art. 125 c.p.p (cfr. Cass. pen. SS.UU. del

28.10.2010, n. 1235)

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L' articolo 275 c.p.p. Criteri di scelta delle misure

Comma 1. “Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla

natura, al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto”.

Criterio di adeguatezza: In concreto il Giudice deve applicare una misura cautelare adeguata (specifica

idoneità) a soddisfare le esigenze cautelari sussistenti nei confronti di quel determinato soggetto.

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Comma 2. “Ogni misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere

irrogata”. Comma 2. bis “Non può essere disposta la misura della

custodia cautelare se il Giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della

pena”.

Es. Soggetto incensurato che è stato colto in flagranza di reato o che offre ampia confessione e, pertanto, si può

valutare in vista del processo, la sussistenza dei presupposti per la sospensione condizionale della pena, anche a seguito

di patteggiamento. In tal caso, la misura della custodia cautelare in carcere non

può essere disposta.

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Comma 3. “La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui

all’art. 416 bis del codice penale o ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416 bis ovvero al

fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che

siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”.

La custodia cautelare in carcere è la misura più gravosa che deve essere applicata come estrema ratio e solo per delitti

consumati o tentati, puniti con pena non inferiore nel massimo a quattro anni o nelle ipotesi di trasgressione delle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare ai sensi dell’art. 276 c.p.p. .

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Art. 276 c.p.p. Provvedimenti in caso di trasgressione delle

prescrizioni imposte

Comma 1. “In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell'entità, dei motivi e delle circostanze della

violazione. Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva (287 c.p.p.), il giudice può disporre la sostituzione o il

cumulo anche con una misura coercitiva” .

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Tale disposizione non prevede alcun automatico inasprimento delle misure (“il giudice può disporre” ) poiché, anche in siffatta ipotesi, il giudice deve valutare se la trasgressione ha in concreto

violato la finalità per cui la misura era stata applicate e la sostituzione deve essere disposta nel rispetto dei principi della

adeguatezza e della proporzionalità con riferimento al caso concreto.

Tale disposizione prevede altresì la sostituzione con una misura più grave o l’applicazione cumulativa della misura coercitiva e di

quella interdittiva. Naturalmente tali due ipotesi non riguardano la custodia cautelare in carcere che è la più affittiva delle misure

cautelari. Come già evidenziato, tale concetto è stato definitivamente

precisato dalla Suprema Corte di Cassazione a SS.UU, penali, con sentenza n. 29907 del 30.05.2006 (cfr. Cass. pen. , sez. I, 21.10.2009,

n. 42891).

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La ratio di tale meccanismo derogatorio è rappresentata dall’esigenza di garantire la applicazione concreta delle

misure diverse dalla custodia cautelare in carcere. Tale meccanismo automatico di sostituzione delle misure, richiede, in ogni caso, la valutazione da parte del giudice della volontarietà dell’allontanamento del soggetto agli

arresti domiciliari, a titolo di dolo o di colpa, rimanendo esclusa da tale disposizione il comportamento ascrivibile

alla colpa.

L’automatismo di tale disposizione si basa su una sorta di “presunzione di inadeguatezza di ogni misura diversa dalla

custodia cautelare”, atteso che la misura meno affittiva degli arresti domiciliari è risultata inadeguata alle esigenze

del caso (Corte Cost. del 6 marzo 2002, n. 40).

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Art. 278 Determinazione della pena agli effetti dell’applicazione delle misure

“Agli effetti dell’applicazione delle misure, si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato (56 c.p.). Non

si tiene conto della continuazione, della recidiva (81 c.p.) e delle circostanze del reato (50 – 70, 118 – 119), fatta eccezione della

circostanza aggravante prevista al numero 5) dell’art. 61 del codice penale e della circostanza attenuante prevista dall’ art. 62, n. 4 del

codice penale nonché delle circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad

effetto speciale (4, 379; c.p. 63)”. Art. 61 numero 5 c.p.: l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (es: agire con il buio, in una

strada isolata)Art. 62, n. 4 c.p.: l'avere nei delitti contro il patrimonio o che comunque

offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro,

l'avere agito per conseguire o l'avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l'evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità

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Art. 279 Giudice competente

“Sull’applicazione e sulla revoca delle misure nonché sulle modifiche delle loro modalità esecutive, provvede il giudice che procede. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini

preliminari”.

Il giudice che procede è il giudice che ha la materiale disponibilità degli atti, quindi, in caso di

impugnazione è il giudice dell’impugnazione.

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Art. 280Condizioni di applicabilità delle misure coercitive

Comma 1. “Salvo quanto disposto dai commi 2 e 3 del presente articolo e dall’art. 391, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si

procede per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a

tre anni (391 comma 5, 476, 714)”Comma 2. “La custodia cautelare in carcere può essere

disposta solo per i delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo

a quattro anni”.Comma 3. “La disposizione di cui al comma2 non si

applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare”.

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Capo IIIMisure interdittive

(287 – 290)Sono misure cautelari con finalità preventiva e non coercitiva, con un grado di

afflittività meno elevato poiché non incidono sullo status libertatis, bensì limitano l’esercizio di determinati diritti e facoltà collegati ad una condizione giuridica

soggettiva di status civile e professionale. Costituiscono una sorta di applicazione cautelare delle pene accessorie (artt. 28,

30, 30 bis e 34 c.p.)e sono ad esse assimilabili tanto che la loro durata viene sottratta alle pene accessorie eventualmente inflitte con la sentenza di condanna.

Esse richiedono per la loro applicazione:i gravi indizi di colpevolezza ai sensi dell’art. 273 c.p.p. ;

le esigenze cautelari ai sensi dell’art. 274 c.p.p. ad eccezione del pericolo di fuga; poiché la loro applicazione soddisfa le esigenze cautelari dell’inquinamento probatorio e della reiterazione dei reati, ma non sono idonee a scongiurare il

pericolo di fuga; i criteri di applicazione della adeguatezza e della proporzionalità, dettati dall’art.

275 c.p.p., la determinazione della pena, ex art. 278.

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Condizioni di applicabilità delle misure interdittive (art. 287 c.p.p.)

(come per le misure coercitive)

Solo per i delitti per i quali è prevista: la pena dell’ergastolo

o della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

Tali limiti di pena possono essere derogati solo nelle ipotesi della “sospensione dell’’esercizio della potestà dei genitori” e

nelle ipotesi indicate agli artt. 289 co 2, 290 co 2).

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Sospensione dall’esercizio della potestà dei genitori (art. 288 c.p.p.)

Sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio (art. 289 c.p.p.)

Divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali (art.

290 c.p.p.)

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Art. 291Procedimento applicativo

Comma 1. “Le misure sono diposte su richiesta del P.M., che presenta al giudice competente gli elementi su cui la richiesta si fonda(273, 274), nonché tutti gli elementi a

favore dell’imputato e le eventuali deduzioni e memorie definitive già depositate”.

Il primo comma esprime i principio della domanda cautelare che dà impulso al “procedimento cautelare”. Titolare del potere della domanda cautelare è il P.M. che

richiede l’applicazione di una misura cautelare al giudice che procede che, nella fase delle indagini preliminari è il G.I.P..

Il Giudice procedente non potrà mai adottare una misura cautelare di sua iniziativa, ma soltanto a seguito della richiesta di applicazione da parte del P.M. .

Il giudice procedente può anche applicare una misura meno grave o diversa rispetto a quella richiesta nonché disporre una misura al fine di soddisfare esigenze cautelari

diverse da quelle indicate nella richiesta. Può addirittura non disporre alcuna misura cautelare, ma non può mai applicare una

misura più grave. L’ordinanza applicativa delle misure cautelari deve essere sempre motivata ai sensi

dell’art. 125 c.p.p., a pena di nullità ed è un provvedimento revocabile, ai sensi dell’art. 299 c.p.p. .

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Art. 299 Revoca e sostituzione delle misure

Con la revoca e la sostituzione delle misure ai sensi dell’art. 299 c.p.p. si attua un controllo teso a

verificare la perdurante idoneità della misura applicata a fronteggiare le esigenze cautelari che concretamente

permangono o residuano (Cass.pen., SS.UU. 31.03.2011).

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Revoca: Mancanza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 c.p.p.), anche per fatti sopravvenuti (tra gli altri, cause di giustificazione, di estinzione del reato), Mancanza delle esigenze cautelari (art.

274 c.p.p)

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Sostituzione in melius (con un'altra meno grave o con modalità meno gravose): attenuazione delle esigenze cautelari,

oppure se la misura applicata non appare più proporzionata all’entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa

essere irrogata.

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Sostituzione in peius (con un'altra più grave o con modalità più gravose):

aggravamento delle esigenze cautelari, anche per fatti sopravvenuti (non per rivalutazione degli stessi

presupposti. Es: sostituisco gli arresti domiciliari con la custodia cautelare in carcere se a seguito della

sentenza di condanna, si presenta il pericolo concreto che l’imputato possa darsi alla fuga).

ad eccezione di quanto previsto dall’art. 276 c.p.p., “Provvedimenti in caso si trasgressione delle

prescrizioni imposte” (sostituzione con una più grave o il cumulo con una più grave; sostituzione di una misura interdittiva con una coercitiva o cumularla con essa).

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La revoca e la sostituzione in peius della misura avvengono nel rispetto del principio della domanda cautelare, ma nelle ipotesi indicate nel terzo comma dell’art. 299, il

giudice può disporla anche d’ufficio (interrogatorio della persona in stato di custodia

cautelare o richiesta della proroga del termine per le indagini preliminari o assunzione di incidente probatorio ovvero quando procede all’udienza

preliminare o al giudizio).