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•1° Cap 'manuale del Consigliere' - files.meetup.comfiles.meetup.com/206790/Manuale del consigliere.pdf · mento degli organi e dei servizi per riduzione dell’organo assembleare

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Questa edizione è stata chiusa in redazione il 17 maggio 2011

ISBN: 978-88-324-7758-0

© 2011 - Il Sole 24 Ore S.p.A.

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Prima edizione: maggio 2011

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Introduzione...................................................................................................

1. L’ELEZIONESezione I - Il procedimento preparatorio1.1. La candidatura ..................................................................................1.2. Le cause di non candidabilità .........................................................1.3. Le cause di ineleggibilità .................................................................

1.3.1. Premessa....................................................................................1.3.2. Le singole cause di ineleggibilità ...........................................

1.4. La rimozione delle cause di ineleggibilità.....................................1.4.1. Procedimento............................................................................1.4.2. Gli istituti della rimozione......................................................

1.4.2.1. Dimissioni.........................................................................1.4.2.2. Trasferimento ...................................................................1.4.2.3. Revoca dell’incarico o del comando .............................1.4.2.4. Collocamento in aspettativa ..........................................

1.5. Le cause di incompatibilità..............................................................1.5.1. Premessa....................................................................................1.5.2. Le singole cause di incompatibilità .......................................

1.6. La rimozione delle cause di incompatibilità.................................1.7. La composizione dei Consigli .........................................................

1.7.1. Composizione dei Consigli comunali ...................................1.7.2. Composizione dei Consigli provinciali.................................

1.8. La dichiarazione di accettazione della candidatura ....................1.9. La presentazione della lista dei candidati .....................................1.10. L’ammissione delle candidature...................................................

1.10.1. Per le elezioni comunali ........................................................1.10.2. Per le elezioni provinciali......................................................

Sezione II – Il procedimento elettorale1.11. La convocazione dei comizi...........................................................

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1.12. I sistemi elettorali............................................................................1.12.1. Elezione diretta del Sindaco e del Consiglio nei Comuni

con meno di 15.000 abitanti ..................................................1.12.2. Elezione diretta del Sindaco e del Consiglio nei Comuni

con popolazione superiore a 15.000 abitanti ......................1.12.2.1. Elezione del Sindaco .....................................................1.12.2.2. Elezione del Consiglio comunale ................................

1.12.3. Elezione del Presidente della Provincia e del Consiglioprovinciale...............................................................................

1.12.3.1. L’elezione del Presidente della Provincia ..................1.12.3.2. L’elezione del Consiglio provinciale...........................

1.13. Il programma amministrativo.......................................................1.14. La tutela giurisdizionale ................................................................

1.14.1. Il contenzioso elettorale in materia di operazioni eletto-rali.............................................................................................

1.14.1.1. Immediata impugnazione dei provvedimenti diesclusione di liste e candidati ......................................

1.14.1.2. Il procedimento ordinario ............................................1.14.2. Il contenzioso in materia di eleggibilità..............................

1.15. Anagrafe degli amministratori locali e regionali .......................

2. ENTRATA E DURATA IN CARICA – IL RUOLO DEL CONSIGLIERE2.1. Entrata in carica ................................................................................2.2. Durata in carica .................................................................................2.3. Il consigliere anziano........................................................................2.4. Il consigliere nei gruppi consiliari..................................................2.5. Il consigliere delegato ......................................................................

2.5.1. La delega per l’esercizio di compiti istituzionali.................2.5.2. La delega delle funzioni di ufficiale del Governo ...............2.5.3. Le deleghe nei Comuni con popolazione inferiore ai

3.000 abitanti .............................................................................2.6. Il consigliere di opposizione ...........................................................

2.6.1. Individuazione .........................................................................2.6.2. Le forme di tutela e garanzia..................................................2.6.3. Le forme di partecipazione.....................................................

2.7. La tutela giurisdizionale ..................................................................

3. LE CAUSE DI CESSAZIONE DALLA CARICA3.1. Premessa ............................................................................................3.2. Scadenza del quinquennio di durata in carica del Sindaco o

del Presidente della Provincia o del Consiglio .............................

MANUALE DEL CONSIGLIERE VI

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3.3. Annullamento delle elezioni ...........................................................3.4. Variazione di almeno un quarto della popolazione del Comu-

ne in conseguenza di una modificazione territoriale (art. 8,comma quarto, lett. a, d.P.R. 570)....................................................

3.5. Compimento da parte del Consiglio di atti contrari alla Costi-tuzione (art. 141, comma 1, lett. a, D.Lgs. 267) ............................

3.6. Gravi e persistenti violazioni di legge da parte del Consiglio(art. 141, comma 1, lett. a) ................................................................

3.7. Gravi motivi di ordine pubblico (art. 141, comma 1, lett. a).......3.8. Quando non possa essere assicurato il normale funzionamen-

to degli organi e dei servizi per impedimento permanente, ri-mozione, decadenza, decesso del Sindaco o del Presidentedella Provincia (art. 141, comma 1, lett. b, n. 1) ............................

3.9. Quando non possa essere assicurato il normale funzionamen-to degli organi e dei servizi per dimissioni del Sindaco (art.141, comma 1, lett. b, n. 2) ................................................................

3.10. Quando non possa essere assicurato il normale funziona-mento degli organi e dei servizi per cessazione dalla caricaper dimissioni contestuali, ovvero rese con atti separati pur-ché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente,della metà più uno dei membri assegnati, non computando atal fine il Sindaco ( art. 141, comma 1, lett. b, n. 3) .....................

3.11. Quando non possa essere assicurato il normale funziona-mento degli organi e dei servizi per riduzione dell’organoassembleare per impossibilità di surroga alla metà dei com-ponenti del Consiglio (art. 141, comma 1, lett. b, n. 4) ...............

3.12. Quando non sia approvato nei termini il bilancio (art. 141,comma 1, lett. c)...............................................................................

3.13. Il procedimento di scioglimento del Consiglio ..........................3.14. In conseguenza a fenomeni di infiltrazione e di condiziona-

mento di tipo mafioso o similare (art. 143, come sostituitodall’art. 2, comma 30, della L. 94 del 2009) .................................

3.15. Per mancata assunzione del piano di risanamento finanzia-rio (art. 193, D.Lgs. 267) .................................................................

3.16. Per il concretizzarsi di una causa di dissesto (art. 247, D.Lgs.267) ..................................................................................................

3.17. Per mancata presentazione della ipotesi di bilancio di previ-sione stabilmente equilibrato (art. 262, D.Lgs. 267) ...................

3.18. A seguito di mozione di sfiducia ..................................................3.19. Per mancata approvazione degli strumenti urbanistici (art.

141, comma 1, lett, c-bis, D.Lgs. 267) ............................................

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3.20. Rimozione ........................................................................................3.21. Decadenza dalla carica...................................................................

3.21.1. Premessa..................................................................................3.21.2. Per perdita della qualità di elettore .....................................3.21.3. A seguito della correzione degli scrutini ............................3.21.4. Per cause ostative all’assunzione della carica....................3.21.5. Per mancato intervento alle adunanze................................

3.22. La sospensione dalla carica ...........................................................3.22.1. Sospensione a carattere discrezionale .................................3.22.2. Sospensione di diritto............................................................

3.23. Altre cause di cessazione dalla carica ..........................................3.23.1. Morte........................................................................................3.23.2. Rinuncia...................................................................................3.23.3. Dimissioni ...............................................................................

4. LA FUNZIONE DI INDIRIZZO POLITICO-AMMINISTRATIVO4.1. Premessa ............................................................................................4.2. La funzione di indirizzo politico amministrativo........................4.3. La partecipazione del Consiglio alla definizione delle linee

programmatiche................................................................................4.4. Gli indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e

degli enti dipendenti ........................................................................4.5. Gli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresen-

tanti del Comune in enti, aziende, istituzioni...............................4.6. Gli indirizzi per il coordinamento degli orari degli esercizi

commerciali e degli uffici pubblici .................................................

5. LA FUNZIONE DI CONTROLLO POLITICO-AMMINISTRATIVO5.1. Principi generali ................................................................................5.2. Il controllo esercitato in collaborazione con i revisori dei conti.

5.2.1. Nomina dei revisori .................................................................5.2.2. Compiti di collaborazione dei revisori .................................

5.3. L’attività ispettiva .............................................................................5.3.1. Le istanze di sindacato ispettivo e conoscitivo....................5.3.2. Le commissioni di indagine e di inchiesta ...........................

6. GLI ATTI FONDAMENTALI DEI CONSIGLI COMUNALI EPROVINCIALI6.1. Premessa ............................................................................................6.2. Gli statuti comunali (art. 42, comma 2, lett. a) ..............................

MANUALE DEL CONSIGLIERE VIII

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6.2.1. Contenuto e adeguamento......................................................6.2.2. Il procedimento di approvazione dello statuto ...................

6.3. Gli statuti delle aziende (art. 42, comma 2, lett. a) .......................6.4. I regolamenti (art. 42, comma 2, lett. a)..........................................6.5. L’ordinamento di uffici e servizi (art. 42, comma 2, lett. a).........6.6. I programmi (art. 42, comma 2, lett. b)...........................................

6.6.1. Premessa....................................................................................6.6.2. L’attività programmatoria.......................................................

6.7. Le relazioni previsionali e programmatiche. I bilanci annuali epluriennali e le relative variazioni (art. 42, comma 2, lett. b) .....

6.7.1. Contenuto..................................................................................6.7.2. Le variazioni al bilancio ..........................................................

6.8. I conti consuntivi (art. 42, comma 2, lett. b) ..................................6.9. I piani finanziari, i programmi triennali e l’elenco annuale dei

lavori pubblici (art. 42, comma 2, lett. b) ........................................6.9.1. La disciplina..............................................................................6.9.2. Casi pratici ................................................................................

6.10. I piani territoriali e urbanistici, i programmi annuali e plu-riennali per la loro attuazione, le eventuali deroghe ad essi(art. 42, comma 2, lett. b) ................................................................

6.10.1. I piani territoriali e urbanistici .............................................6.10.2. I piani urbanistici di attuazione ...........................................

6.11. I pareri da rendere in dette materie (art. 42, comma 2, lett. b)..6.12. [Le piante organiche e le relative variazioni (art. 32, lett. c)]....6.13. Le convenzioni tra i Comuni e quelle tra Comuni e Province

(art. 42, lett. c) ..................................................................................6.13.1. Convezioni facoltative...........................................................6.13.2. Convenzioni obbligatorie .....................................................

6.14. I consorzi (art. 42, comma 2, lett. c) ..............................................6.14.1. Premessa..................................................................................6.14.2. La costituzione del consorzio facoltativo ...........................6.14.3. Gli organi.................................................................................6.14.4. Casistica...................................................................................

6.15. Le Unioni di Comuni .....................................................................6.15.1. Finalità e requisiti per istituire l’Unione di Comuni.........6.15.2. La costituzione dell’Unione di Comuni..............................6.15.3. Gli organi.................................................................................6.15.4. Le risorse .................................................................................6.15.5. Le norme applicabili ..............................................................

6.16. Le Comunità montane (art. 42, comma 2, lett. c)........................

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6.16.1. Nuova configurazione...........................................................6.16.2. Costituzione ............................................................................6.16.3. Gli organi.................................................................................

6.17. L’istituzione, i compiti e le norme sul funzionamento degliorganismi di decentramento (art. 42, lett. d) ...............................

6.17.1. La normativa...........................................................................6.17.2. Casistica...................................................................................

6.18. I municipi.........................................................................................6.19. L’istituzione, i compiti e le norme sul funzionamento degli

organismi di partecipazione (art. 42, comma 2, lett. d) .............6.20. L’assunzione diretta dei pubblici servizi (art. 42, comma 2,

lett. e).................................................................................................6.21. La gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza eco-

nomica ..............................................................................................6.22. La gestione in economia (art. 42, comma 2, lett. e).....................6.23. La costituzione di istituzioni (art. 42, comma 2, lett. e) .............6.24. La costituzione di aziende speciali (art. 42, comma 2, lett. e)...

6.24.1. Costituzione ............................................................................6.24.2. Gli organi.................................................................................6.24.3. L’attività...................................................................................6.24.4. La trasformazione delle aziende speciali in società per

azioni........................................................................................6.25. La concessione dei pubblici servizi (art. 42, comma 2, lett. e) ..

6.25.1. La disciplina normativa ........................................................6.25.2. Casistica...................................................................................

6.26. La partecipazione a società di capitali (art. 42, comma 2,lett. e) ................................................................................................

6.27. L’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali a rile-vanza economica.............................................................................

6.28. L’affidamento di attività o servizi mediante convenzione(art. 42, comma 2, lett. e) ................................................................

6.29. L’istituzione e l’ordinamento dei tributi (art. 42, comma 2,lett. f) .................................................................................................

6.30. La disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni edei servizi (art. 42, comma 2, lett. f)..............................................

6.30.1. La disciplina normativa ........................................................6.30.2. Casistica...................................................................................

6.31. Gli indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche edegli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza(art. 42, lett. g). Rinvio ....................................................................

MANUALE DEL CONSIGLIERE X

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6.32. La contrazione dei mutui (art. 42, comma 2, lett. h) ..................6.33. L’emissione di prestiti obbligazionari (art. 42, comma 2, lett. h)6.34. Le spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi,

escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla som-ministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere conti-nuativo (art. 42, lett. i) ....................................................................

6.35. Gli acquisti e le alienazioni immobiliari, le relative permute,gli appalti e le concessioni che non siano previsti in atti fon-damentali del Consiglio o che ne costituiscano mera esecu-zione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria ammi-nistrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta,del segretario o di altri funzionari (art. 42, lett. l) ......................

6.35.1. Acquisti e alienazioni ............................................................6.35.2. Appalti e concessioni .............................................................6.35.3. Casi pratici ..............................................................................

6.36. La definizione degli indirizzi per la nomina e la designazio-ne dei rappresentanti del Comune presso enti, aziende edistituzioni, nonché la nomina dei rappresentanti del Consi-glio presso enti, aziende ed istituzioni ad esso espressamenteriservata dalla legge (art. 42, lett. m), come sostituita dall’art.13 della L. 81 del 1993). Rinvio .....................................................

6.37. Le altre attribuzioni del Consiglio comunale .............................

7. LE FUNZIONI FONDAMENTALI DI COMUNI, PROVINCE ECITTÀ METROPOLITANE NELLE PROSPETTIVE DI RIFORMA7.1. Premessa ............................................................................................7.2. Funzioni fondamentali dei Comuni...............................................7.3. Funzioni fondamentali delle Province...........................................7.4. Funzioni fondamentali delle Città metropolitane........................

8. L’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA E FUNZIONALE DELCONSIGLIO8.1. Il regolamento per il funzionamento del Consiglio.....................8.2. La fornitura dei servizi.....................................................................8.3. Le attrezzature...................................................................................8.4. Le risorse finanziarie ........................................................................8.5. La dotazione organica ......................................................................8.6. I gruppi consiliari .............................................................................8.7. Le commissioni consiliari ................................................................8.8. Le commissioni consiliari permanenti...........................................

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8.8.1. Costituzione di queste commissioni......................................8.8.2. La presidenza............................................................................8.8.3. Funzionamento e poteri ..........................................................

8.9. Le commissioni di inchiesta e di indagine ....................................

9. LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO COMUNALE E PROVINCIALE9.1. Premessa ............................................................................................9.2. Nei Comuni con meno di 15.000 abitanti ......................................9.3. Nei Comuni con più di 15.000 abitanti e nelle Province .............

9.3.1. Nomina......................................................................................9.3.2. Revoca........................................................................................

9.4. Il grado di rappresentatività del Presidente del Consiglio.........9.5. La direzione dei lavori del Consiglio.............................................9.6. La polizia dell’adunanza .................................................................

9.6.1. Nei riguardi dei consiglieri.....................................................9.6.2. Sospensione e scioglimento della seduta.............................9.6.3. Nei riguardi dell’uditorio ......................................................

10. LA PRIMA ADUNANZA DEL CONSIGLIO NEO ELETTO10.1. L’ordine del giorno .........................................................................10.2. La convocazione del Consiglio .....................................................10.3. La presidenza della prima adunanza ..........................................

10.3.1. Nei Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti .10.3.2. Nei Comuni con più di 15.000 abitanti e nelle Province ..

10.4. La convalida degli eletti ................................................................10.4.1. La natura giuridica della convalida.....................................10.4.2. I quorum per la validità della adunanza e delle votazioni

10.5. L’oggetto della deliberazione di convalida .................................10.6. La surrogazione del Consiglio inadempiente.............................

11. LA CONVOCAZIONE DEL CONSIGLIO11.1. Le sessioni del Consigli ..................................................................11.2. L’ordine del giorno .........................................................................

11.2.1. Rilevanza .................................................................................11.2.2. Redazione ................................................................................

11.3. La convocazione ad iniziativa del Presidente.............................11.4. La convocazione del Consiglio su richiesta del quinto dei

consiglieri .........................................................................................11.5. La convocazione del Consiglio su “richiesta” del Sindaco o

del Presidente della Provincia.......................................................

MANUALE DEL CONSIGLIERE XII

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11.6. Poteri surrogatori del Prefetto.......................................................11.7. Poteri surrogatori della Regione...................................................

12. COMPILAZIONE E CONSEGNA DELL’AVVISO DI CONVO-CAZIONE12.1. Contenuto dell’avviso di convocazione ......................................12.2. Termini di consegna dell’avviso di convocazione .....................12.3. Modalità della consegna ................................................................12.4. La seduta di seconda convocazione.............................................

12.4.1. Rilevanza .................................................................................12.4.2. Presupposti .............................................................................

13. LE ADUNANZE DEL CONSIGLIO13.1. Il numero legale per la validità delle adunanze.........................13.2. Apertura della seduta.....................................................................13.3. Sedute pubbliche e segrete ............................................................13.4. La discussione .................................................................................13.5. La votazione ....................................................................................

13.5.1. Votazione palese.....................................................................13.5.2. Votazione segreta ...................................................................

13.6. Astensione........................................................................................13.6.1. Premessa..................................................................................13.6.2. La disciplina normativa ........................................................13.6.3. La sanzione per la mancata astensione...............................13.6.4. L’obbligo di allontanamento dall’aula ................................13.6.5. Casistica...................................................................................

13.7. Il numero legale per le votazioni..................................................13.7.1. Il calcolo della maggioranza.................................................13.7.2. La parità di voti ......................................................................

13.8. Proclamazione dell’esito della votazione....................................

14. IL VERBALE DELLE ADUNANZE14.1. L’organo verbalizzante...................................................................14.2. Contenuto ........................................................................................14.3. Lettura, approvazione, sottoscrizione .........................................14.4. Diritto di accesso del consigliere al verbale ................................14.5. Le deliberazioni consiliari .............................................................

14.5.1. Potere di iniziativa delle deliberazioni del Consiglio.......14.5.1.1. Da parte dei consiglieri.................................................14.5.1.2. Da parte di altri soggetti...............................................

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14.5.2. Requisiti delle proposte di deliberazione ...........................14.5.3. La pubblicazione delle deliberazioni e degli atti...............14.5.4. Esecutività ed esecutorietà delle deliberazioni..................

14.6. Le determinazioni dirigenziali .....................................................

15. DIRITTI E DOVERI DEL CONSIGLIERE COMUNALESezione I - I diritti del consigliere comunale15.1. Il potere di concorrere alla convocazione del Consiglio. Rin-

vio ...................................................................................................15.2. La proposta di deliberazione. Rinvio...........................................15.3. Il diritto di presentare interrogazioni ..........................................15.4. Il diritto di presentare interpellanze ............................................15.5. Il diritto di presentare mozioni.....................................................15.6. Diritto di prendere la parola per fatto personale e per salva-

guardare l’onorabilità dei consiglieri...........................................15.7. Il diritto di ottenere tutte le notizie ed informazioni utili per

lo svolgimento del mandato..........................................................15.8. Il diritto di prendere visione dei provvedimenti adottati dal-

l’ente e degli atti preparatori in essi richiamati..........................15.8.1. La disciplina legislativa.........................................................15.8.2. Casistica...................................................................................

15.9. Diritto di assentarsi dal lavoro per l’intera giornata nellaquale è convocato il Consiglio ......................................................

15.10. Diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 delgiorno successivo alla seduta del Consiglio .............................

15.11. Diritto di assentarsi per l’intera giornata successiva a quelladi convocazione del Consiglio ....................................................

15.12. Diritto di assentarsi dal servizio per il tempo dell’effettivadurata della riunione dell’organo di cui si fa parte .................

15.13. Ulteriori permessi retribuiti ........................................................15.14. Permessi non retribuiti.................................................................15.15. Documentazione dei permessi....................................................15.16. Oneri per i permessi retribuiti ....................................................15.17. Collocamento in aspettativa........................................................15.18. Gettone di presenza......................................................................15.19. Criteri per la determinazione delle indennità e dei gettoni ...15.20. La trasformazione del gettone di presenza in indennità di

funzione. Esclusione.....................................................................15.21. Divieti di cumulo ..........................................................................15.22. Rimborsi spese al datore di lavoro.............................................

MANUALE DEL CONSIGLIERE XIV

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15.23. Aumento o diminuzione delle indennità e dei gettoni. Abo-lizione .............................................................................................

15.24. Diritto di priorità nella scelta della sede per i militari ............15.25. Rimborsi spese viaggio e indennità di missione ......................15.26. Partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti

locali................................................................................................15.27. Oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi .......................15.28. Assicurazione contro i rischi conseguenti all’esercizio del

mandato .........................................................................................15.29. Divieto di trasferimento dei lavoratori dipendenti eletti

consiglieri comunali .....................................................................15.30. Diritto di impugnazione delle deliberazioni consiliari ...........

15.30.1. Principi generali ...................................................................15.30.2. Casistica.................................................................................

15.31. Diritto di accesso alle strutture ...................................................Sezione II - I doveri del consigliere comunale15.32. Adempimento della pubblica funzione “con disciplina ed

onore” .............................................................................................15.33. Rispetto del principio dell’imparzialità.....................................15.34. Divieto di ricoprire determinati incarichi .................................15.35. Dovere di rendere pubblica la situazione patrimoniale .........15.36. Dovere di dichiarare l’entità delle spese elettorali...................15.37. Dovere di partecipare alle sedute del Consiglio. Rinvio.........

16. LA RESPONSABILITÀ16.1. Premessa ..........................................................................................16.2. La responsabilità penale ................................................................16.3. La responsabilità civile...................................................................

16.3.1. Definizione..............................................................................16.3.2. Elementi costitutivi ................................................................16.3.3. Casi di esclusione della responsabilità................................

16.4. La responsabilità amministrativa o patrimoniale ......................16.4.1. Definizione..............................................................................16.4.2. Elementi costitutivi ................................................................16.4.3. Caratteri della responsabilità amministrativa ...................16.4.4. Il procedimento ......................................................................

16.4.4.1. L’obbligo della denuncia .............................................16.4.4.2. Istruttoria e trattazione .................................................16.4.4.3. Il potere riduttivo dell’addebito..................................16.4.4.4. La valutazione dei vantaggi conseguiti dall’ente .....

INDICEXV

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16.5. Casi di esclusione della responsabilità patrimoniale ................16.5.1. Insindacabilità delle scelte amministrative ........................16.5.2. Esclusione della responsabilità nell’adozione delle deli-

berazioni ..................................................................................16.5.3. Esclusione della responsabilità nell’adozione o appro-

vazione di atti in buona fede ................................................16.5.4. Esclusione della responsabilità per mancata copertura

minima del costo dei servizi.................................................16.6. Casistica............................................................................................

16.6.1. Casi di esclusione della responsabilità amministrativa....16.6.2. Casi di sussistenza della responsabilità amministrativa..

16.7. La responsabilità contabile ............................................................16.8. Le spese di rappresentanza ...........................................................

16.8.1. Definizione..............................................................................16.8.2. Casistica...................................................................................

16.9. Le spese per l’organizzazione e partecipazione a convegnimostre, manifestazioni ...................................................................

16.9.1. Le spese per l’organizzazione ..............................................16.9.2. Le spese per la partecipazione .............................................16.9.3. Casistica...................................................................................

16.10. Le spese per l’affidamento di incarichi......................................

Indice analitico .................................................................................................

MANUALE DEL CONSIGLIERE XVI

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Prefazione1. L’attività del Consigliere comunale e provinciale è importante, complessa e diffi-cile.È importante, perché egli opera, come rappresentante della comunità locale, nell’or-gano collegiale che ha funzioni di indirizzo e di controllo sull’esecutivo, ed anche - pertaluni atti fondamentali - di funzioni di amministrazione attiva. Il Consigliere operanel “cuore amministrativo” dell’Ente locale territoriale, ed agisce quindi in tutti i set-tori della vita amministrativa dell’Ente.È complessa, perché il sistema legislativo che riguarda l’Ente locale e l’attività ammi-nistrativa è in fase di profondo cambiamento, ed il Consigliere deve orientarsi tra tuttele nuove norme, alcune delle quali sono princìpi comunitari, altre sono leggi statali oregionali, altre ancora sono norme statutarie e regolamentari locali. L’intreccio legisla-tivo è quindi molto complesso ed il Consigliere deve individuare i punti nodali diquesta disciplina normativa, interpretarla secondo i criteri dell’interpretazione lette-rale e sistematica, ed applicarla alle singole situazioni.È, infine, un’attività difficile, perché i difetti del sistema normativo in questi ultimitempi sono aumentati, e le leggi sono frammentarie, disorganiche, e sono modificatecon decreti legge che sono poi convertiti - con ulteriori modificazioni - in legge. Anchela disciplina dell’attività amministrativa è più complessa, perché i criteri della traspa-renza e della proporzionalità sono ora stabiliti da princìpi e direttive comunitarie chedevono essere recepite in norme di legge statali, regionali e locali. Le difficoltà inter-pretative ed applicative sono quindi aumentate, anche perché il Consigliere devetenere conto delle modifiche legislative e di quelle giurisprudenziali.

2. La presente Guida pratica fornisce al Consigliere comunale e provinciale le precisecoordinate giuridiche affinché la sua attività si svolga nei binari della legittimità e noncontenga errori. La Guida è stata strutturata seguendo un preciso percorso temporale e logico: si è con-siderato lo status del Consigliere dal momento dell’elezione sino alla cessazione dellacarica; sono stati poi esaminati i vari e complessi problemi relativi all’ineleggibilità,incompatibilità, non candidabilità, ed anche l’azione del Consigliere per l’indirizzo edil controllo e nelle singole attività amministrative. Il funzionamento del Consiglio èstato analizzato in tutti i suoi aspetti, specie per i problemi relativi alle votazioni,all’obbligo di astensione e di allontanamento dall’aula, e per i problemi che riguarda-no il numero legale ed il calcolo della maggioranza. La Guida ha quindi considerato tutti i principali problemi sui diritti, doveri e respon-sabilità del Consigliere, ed ha esaminato tutto l’arco della sua attività, che - nei riferi-menti legislativi e giurisprudenziali - deve essere attenta, meditata e sicura.

Gli Autori

1.1. La candidatura

1. L’Elezione

Chi intende ricoprire la carica di consigliere comunale o provinciale – ossia esercitareil diritto di elettorato passivo, sancito dall’art. 51 Cost. - deve partecipare alle elezio-ni che, periodicamente, a cadenza quinquennale, sono indette in ogni Comune o Pro-vincia; deve, in altre parole, candidarsi a tale carica.Per fare ciò deve essere in possesso dei requisiti prescritti dalla legge ed essere iscrit-to in una lista di candidati, iscrizione che consegue ad apposita dichiarazione di ac-cettazione della candidatura.I requisiti per poter partecipare alla competizione elettorale sono:

a) aver raggiunto la maggiore età, ossia aver compiuto diciotto anni, nel primogiorno fissato per la votazione;

b) essere elettore di un qualsiasi Comune della Repubblica (art. 55, comma 1, delD.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), oppure, per le sole elezioni comunali, essendo cit-tadino della Comunità europea, essere iscritto nella speciale lista elettorale ag-giunta, istituita presso il Comune in cui si è residenti, come opportunamente pre-cisa il comma 2, dell’art. 55, il quale però si limita ad enunciare le sole elezioni co-munali (art. 1 del D.Lgs. 12 aprile 1996, n. 197). Specificando, l’iscrizione dà diritto all’esercizio del diritto di voto per l’elezionedel Sindaco, del Consiglio comunale e del Consiglio circoscrizionale, nonché adessere eletti alla carica di:

- consigliere comunale;- consigliere circoscrizionale;- componente della Giunta del Comune in cui sono stati eletti consiglieri, con

esclusione dalla carica di vice sindaco (art. 1, comma 5, L.lgs. 197). Da questa di-sposizione si rileva che il cittadino dell’Unione europea per poter essere nomina-to assessore debba già ricoprire la carica di consigliere (ved. art. 47, comma 3);

c) non versare in una causa di non candidabilità, di ineleggibilità o di incompati-bilità.

Per quanto concerne la qualità di elettore, è necessario che i candidati posseggano irequisiti prescritti per l’esercizio del diritto di elettorato attivo (di cui all’art. 48 Cost.),che possono suddividersi in requisiti:

1) positivi, per cui debbono considerarsi elettori tutti i cittadini, che abbiano com-piuto il diciottesimo anno di età (art. 1 del d.P.R. 223 del 1967);

SEZIONE PRIMA Il procedimento preparatorio�

Requisiti

2) negativi. Il candidato, per poter essere elettore, oltre ad essere in possesso dei re-quisiti positivi (cittadinanza e maggiore età), non deve trovarsi in una delle se-guenti cause di incapacità e che abbiamo definito come requisiti negativi, nel sen-so che debbono essere assenti, in quanto anche la sola presenza di uno di loro dàluogo alla perdita del diritto di elettorato attivo (art. 2 d.P.R. 223, come sostituitodall’art. 1 della l. 16 gennaio 1992, n. 15):

a) fallimento. Questa causa è stata abrogata dall’art. 152, comma 1, lett. a) delD.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 152;

b) misure di prevenzione. Non sono elettori “coloro che sono sottoposti, in forza diprovvedimenti definitivi, alle misure di prevenzione di cui all’art. 3 della legge 27 di-cembre 1956, n. 1423 (recante misure di prevenzione nei confronti delle persone perico-lose per la sicurezza e per la pubblica moralità), come da ultimo modificato dall’art. 4della legge 3 agosto 1988, n. 327, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi”;

c) misure di sicurezza detentive. In virtù dell’art. 2, lett. c), del d.P.R. 223 del 1967non sono iscrivibili nelle liste elettorali e se iscritti perdono il diritto di elettora-to attivo “coloro che sono sottoposti a misure di sicurezza detentive o alla libertà vigi-lata o al divieto di soggiorno in uno o più Comuni o in una o più Province a norma del-l’art. 215 del codice penale, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi”;

d) interdizione dai pubblici uffici. Si distingue fra interdizione perpetua ed inter-dizione temporanea.

Coloro che sono sottoposti a pena che comporta l’interdizione perpetua da pubbliciuffici perdono definitivamente la capacità elettorale (art. 2, lett. d), d.P.R. 223). Secon-do l’art. 29 del codice penale tale specie di interdizione consegue alla condanna all’er-gastolo e alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni, alla dichiarazionedi abitualità o di professionalità nel delitto ovvero di tendenza a delinquere; l’interdi-zione perpetua consegue, altresì, alle condanne per peculato (art. 314 cod. pen.) e perconcussione (art. 317 cod. pen.), a meno che venga inflitta, per circostanze attenuan-ti, la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, nel qual caso la condanna compor-ta l’interdizione temporanea (art. 31-bis cod. pen.).L’interdizione temporanea dai pubblici uffici (art. 2, lett. e), d.P.R. 223) consegue didiritto alla condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni ed ha la du-rata di anni cinque; di regola, non può avere una durata inferiore ad un anno e nonsuperiore a cinque, salvo che la legge non disponga altrimenti.Tale situazione ricorre nel caso dei reati commessi in violazione delle norme sancitein materia di elettorato attivo dal Titolo VI del d.P.R. 223, poiché qualora venga appli-cata la reclusione si consegue l’interdizione per un tempo non inferiore a due e nonsuperiore a cinque anni (art. 60, comma primo, d.P.R. 223). Ai sensi degli artt. 102 d.P.R. 570 del 1960 e 113 del d.P.R. 361 del 1957, le condanneper i reati elettorali, che comportano la pena della reclusione, producono la sospen-sione dal diritto elettorale e da tutti i pubblici uffici; se la condanna colpisce il candi-dato, la privazione del diritto elettorale e di eleggibilità è pronunciata per un temponon minore di cinque e non maggiore di dieci anni.Il secondo periodo del comma 2, dell’art. 2, d.P.R. 223, stabilisce che la sospensionecondizionale della pena non ha effetto ai fini della privazione del diritto di elettorato.

Una delle cause ostative all’assunzione delle cariche negli enti locali avente carattereinsanabile è l’incandidabilità che è stata introdotta dalla L. 18 gennaio 1992, n. 16, co-me modificazione dell’art. 15, della L. 55 del 1990, al fine di evitare inquinamenti distampo mafioso nella vita delle amministrazioni locali.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 2

1.2. Le cause di non candidabilità

La finalità di questo intervento legislativo è stata illustrata dalla Corte costituzionalenella sent. n. 352 del 2008, con la quale ha affermato che le misure di cui al citato art.15 sono volte a garantire la salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica, latutela della libera determinazione degli organi elettivi, il buon andamento e la traspa-renza delle amministrazioni pubbliche al fine di poter fronteggiare una situazione digrave emergenza nazionale coinvolgendo gli interessi dell’intera collettività.

La dichiarazione di incostituzionalità comportava l’obbligo per il legislatore ordi-nario di procedere alla riscrittura della normativa, al fine di adeguarla all’insegna-mento della Corte; intervento che si è verificato con la L. 13 dicembre 1999, n. 475,riprodotta nell’art. 58, D.Lgs. 267 del 2000, in base al quale non possono candidarsialle elezioni provinciali e metropolitane e non possono comunque ricoprire le cari-che di:

- Sindaco;- Presidente della Provincia; - assessore comunale e provinciale;- consigliere comunale e provinciale;- presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi;- consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali;- consigliere di amministrazione e presidente delle istituzioni di cui all’art. 114

D.Lgs. 267 del 2000:a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per il delitto previsto dall’arti-

colo 416-bis del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffi-co di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all’art. 74 del testo unico appro-vato con d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di cui all’art. 73 del citatotesto unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, o per undelitto concernente la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la vendita ocessione, nonché, nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione non inferio-re ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materieesplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in re-lazione a taluno dei predetti reati;

b) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli artt.314 (peculato)1, 316 (peculato mediante profitto dell’errore altrui), 316-bis (mal-versazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per attod’ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio), 319-ter (cor-ruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblicoservizio) del codice penale:

Art. 58 Dlgs 267/2000

1.2. LE CAUSE DI NON CANDIDABILITÀ3 L’ELEZIONE

Con la sentenza 146 del 1996, la Corte costituzionale ha dichiarato l’incostitu-zionalità del citato art. 15, comma primo, in quanto prevedeva la non candida-bilità e la decadenza dalle cariche elettive, anche solo al sopraggiungere di unasentenza di condanna non ancora passata in giudicato o di provvedimenti nondefinitivi, in contrasto con l’art. 27 Cost.

(1) Con l’art. 7, del d.l. 29 marzo 2004, n. 80 era stato aggiunto l’inciso “primo comma”, per cui il pe-culato d’uso non era più considerato causa di non candidabilità; ma la Corte cost. con sent. 171 del2007 ha dichiarato tale aggiunta incostituzionale.

c) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclu-sione superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri ocon violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico ser-vizio diversi da quelli indicati alla lettera b);

d) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non infe-riore a due anni di reclusione per delitto non colposo (in questa lettera sono sta-te abrogate le parole “per lo stesso fatto” e “o con sentenza di primo grado, con-fermata in appello”);

e) coloro nei cui confronti il Tribunale ha applicato, con provvedimento definiti-vo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una delleassociazioni di cui all’art. 1, della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituitodall’art. 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646.

Le citate disposizioni si applicano a qualsiasi altro incarico, con riferimento al qualel’elezione o la nomina è di competenza:

- del Consiglio comunale, circoscrizionale e provinciale;- della Giunta comunale o provinciale, del Sindaco o del Presidente della Provincia,

di assessori comunali e provinciali.Una nuova causa di incandidabilità è stata introdotta dall’art. 2, comma 30 della L. 94del 2009, il quale dispone che gli amministratori responsabili delle condotte che han-no dato causa allo scioglimento del Consiglio per infiltrazioni di stampo mafioso o si-milare non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali ecircoscrizionali, che si svolgono nella Regione nel cui territorio si trova l’ente interes-sato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scio-glimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento de-finitivo. Ai fini della dichiarazione d’incandidabilità il Ministro dell’Interno invia sen-za ritardo la proposta di scioglimento al tribunale competente per territorio, che va-luta la sussistenza degli elementi di infiltrazione mafiosa con riferimento agli ammi-nistratori indicati nella proposta stessa.Accogliendo il prevalente indirizzo giurisprudenziale circa la rilevanza della senten-za di patteggiamento ai fini della incandidabilità ed alla pronuncia di decadenza dal-la carica2 si aggiunge, con l’art. 2, della legge 475, all’art. 15, comma 1, un nuovo com-ma, che è collocato come secondo comma dell’art. 58, che qui si esamina. Esso è delseguente tenore:“Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo e dal successivo articolo 59 la sentenzaprevista dall’articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna “. Per procedere alla applicazione della normativa si dispone che tutti i candidati alleelezioni regionali ed amministrative (ossia, provinciali, comunali e circoscrizionali)debbono sottoscrivere, nella dichiarazione di accettazione della candidatura , “espli-cita dichiarazione” di non versare in alcuna delle condizioni sopra indicate (art. 2della L. 16 del 1992, che modifica gli artt. 28 e 32 del d.P.R. 570 e l’art. 9 della L. 108del 1968).

MANUALE DEL CONSIGLIERE 4

Patteggiamento

(2) Consiglio di Stato, I, 27 maggio 1992, n. 1647/92, in Cons. St. , 1993, I, pag. 453; Cass. civ., III, 19ottobre 1994, n. 8515, ivi, 1995 II, pag. 285; Id. I, 13 settembre 1997, n. 9068, ivi, 1998, II, pag. 36; T.A.R.Trentino-Alto Adige, 2 marzo 1994, n. 37, in TAR, 1994, I, pag. 1921; ved., anche Circolare Ministerodell’interno 25 novembre 1998, n. 4.

Pertanto, in presenza di una causa di incandidabilità, il Consiglio comunale deveprovvedere, nella stessa seduta di convalida, alla dichiarazione di non convalidadell’elezione, provvedendo alle necessarie surrogazioni, ai sensi dell’art. 41 del testounico 267 del 2000. Qualora il Consiglio non vi provveda, è da ritenere che trovi applicazione l’art. 136 ilquale demanda allo statuto il compito di individuare l’organo titolare del potere so-stitutivo.La normativa testè illustrata non trova applicazione nei caso in cui, a seguito di sen-tenza di condanna passata in giudicato o misura di prevenzione definitiva, è conces-sa la riabilitazione, ai sensi dell’art. 178 cod. pen. o dell’art. 15 della L. 3 agosto 1988,n. 327 ( comma 5).

1.3.1. PremessaLa ratio della introduzione nell’ordinamento elettorale delle cause di ineleggibilità èquella di assicurare la perfetta parità tra i partecipanti alla competizione elettorale,in modo che nessuno possa esercitare, a motivo dell’ufficio ricoperto, una indebitacaptatio benevolentiae, che possa incidere sulla libera determinazione della volontà de-gli elettori, che si estrinseca nella manifestazione del voto3.

1.3. LE CAUSE DI INELEGGIBILITÀ5 L’ELEZIONE

A sanzionare questo obbligo del candidato si opera in tre direzioni: - In primo luogo, consentendo agli organi competenti ad esaminare le candi-

dature, di procedere alla cancellazione dalle liste i nominativi dei candidati acarico dei quali viene accertata la sussistenza di una condanna o di un provve-dimento di quelli sopra elencati o per i quali manca ovvero è incompleta la di-chiarazione di accettazione della candidatura (art. 2 della l. 16 citato);

- In secondo luogo, si dispone la nullità dell’elezione del candidato che versiin una causa di non candidabilità (comma 4, del presente art. 58);- In terzo luogo, infine, si stabilisce una nuova fattispecie criminosa, consisten-

te nella pena della reclusione da sei mesi a tre anni per chiunque, nella dichia-razione di accettazione della candidatura, espone fatti non conformi al vero(art. 87-bis, del d.P.R. 570, aggiunto dall’art. 3, comma 5, della l. 16 del 1992).

1.3. Le cause di ineleggibilità

(3) Cfr., tra le pubblicazioni relative alla L. 154 del 1981, che ha disciplinato ex novo, le cause ostati-ve: MILITERNI-SAPORITO, La nuova legge elettorale, Napoli, 1982; Id., La nuova legge elettorale. Ag-giornamento al maggio 1983, Napoli, 1983; DAVOLI, Le nuove norme sulle ineleggibilità e incompatibilità,Roma, 1982; ALBERTI, Ineleggibilità amministrative e principi costituzionali, Milano, 1984; DI STILO-MAGGIORA, Ineleggibilità e incompatibilità alle cariche pubbliche elettive, Rimini, 1985; PINTO, Gli am-ministratori locali nella democrazia contemporanea, Milano, 1984; SAPORITO-PISCIOTTA-ALBANESE,Elezioni regionali e amministrative, Bologna, 1990; SARTI, Incandidabilità, ineleggibilità, incompatibilità,sospensione e decadenza negli enti locali, Firenze, 1998; MAGGIORA, Ineleggibilità, incompatibilità, incan-didabilità nell’ente locale, Milano, 2000. Per la dottrina successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. 267del 2000: cfr.: PINTO-D’ALFONSO, Incandidabilità, ineleggibilità, incompatibilità e status degli ammini-stratori locali, Rimini, 2001: MAGGIORA, in AA. VV., Testo unico degli enti locali, coordinato da Italia,Milano, 2000, vol. I, pagg. 583-734; SARTI-VACCARO, in AA. VV., Commentario al nuovo t.u. degli en-ti locali, a cura di De Marzo e Tomei, Padova, 2002, pag. 401; RIZZO, Incandidabilità, ineleggibilità, in-compatibilità, in AA. VV., L’ordinamento degli enti locali nel testo unico, 2001, pag. 387.

L’art. 60 del D.Lgs. 267 del 2000, riproduce l’art. 2 della L. 154 del 1981, con alcunemarginali, anche se significative innovazioni, ma senza procedere ad una rivisitazio-ne della materia, per cui permangono le perplessità che la previgente normativa su-scitava, specie con riguardo alla constatazione che la scelta effettuata dal legislatorecon la elencazione delle cause di ineleggibilità, non rispondeva completamente allasu indicata ratio, poiché molte cause ostative, ivi indicate, come ineleggibilità, si risol-vevano, in realtà, in mere cause di incompatibilità (come quelle di cui ai nn. 5, 7, 8, 9,10 ed 11).

Ciò premesso, passeremo, ora, all’esame delle singole cause di ineleggibilità, seguen-do l’elencazione stabilita dalla legge.

1.3.2. Le singole cause di ineleggibilità

Secondo la dottrina, la ratio della disposizione è da ricercare nell’esigenza di esclude-re dall’eleggibilità coloro che rivestono cariche tali da fare temere indebite influenzesulla determinazione della volontà degli elettori; si tratta di causa ostativa assoluta,che agisce indistintamente nei confronti dei funzionari in parola, per tutto il territo-rio nazionale.I funzionari dello Stato che sono stati ritenuti ineleggibili alla carica di Sindaco, Pre-sidente della Provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale, sono i se-guenti:

1) capo della polizia: è identificabile nel direttore generale preposto al Dipartimen-to della pubblica sicurezza (art. 5, comma secondo, della L. 1 aprile 1981, n. 121;

2) vice capi di polizia: si tratta dei due vice direttori generali, incaricati nel citato Di-partimento della pubblica sicurezza, dei quali, uno esplica le funzioni vicarie el’altro attività di coordinamento e di pianificazione (art. 5, comma quarto, L. 121):

3) ispettori generali di pubblica sicurezza: sono i funzionari preposti all’ufficiocentrale ispettivo (art. 5, comma primo, L. 121), col compito di verificare l’esecu-zione degli ordini e delle direttive del Ministero e del Capo della polizia, di rife-rire sull’attività svolta dagli uffici periferici dell’amministrazione della pubblicasicurezza e di verificare l’efficienza e la corretta gestione patrimoniale e contabi-le (art. 5, comma sesto, L. 121);

4) dipendenti civili dello Stato, che svolgono funzioni di direttore generale o equi-parate o superiori. È stata riscontrata l’inesattezza terminologica della qualificadi “direttore generale”, oggi non più esistente: Prefetti, capo della polizia; presi-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 6

L’art. 60 delD.Lgs. 267/2000

Capi e ispettori dipolizia e direttori

generali

Opportunamente la nuova normativa esclude tra i destinatari delle cause osta-tive i consiglieri regionali ed include nella previsione il Sindaco ed il Presiden-te della Provincia, ai quali devono aggiungersi - come prescrive la bozza delnuovo testo unico degli enti locali - anche il Sindaco metropolitano, nonché in-sieme ai consiglieri provinciali anche quelli metropolitani.

A) Ineleggibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comu-nale, provinciale e circoscrizionale del capo della polizia, dei vice capi di polizia, de-gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano servizio presso il Ministero del-l’interno, dei dipendenti civili dello Stato che svolgono funzioni di direttore generale oequiparate o superiori (art. 60, comma primo, n. 1)

dente del Consiglio superiore dei lavori pubblici; segretario generale del CNEL;dirigenti generali.

Non sono più ineleggibili i capi di gabinetto dei Ministri, ai sensi dell’art. 4 della L. 6agosto 2002, n. 137.Sono anche eleggibili il Ministro dell’interno e dei suoi sottosegretari non svolgendopiù il predetto Ministero funzioni di vigilanza sulle Province e sui Comuni.

Si è in presenza di una causa di ineleggibilità relativa, che opera soltanto con riferi-mento al territorio nel quale i predetti funzionari statali esercitano le loro competen-ze; così, il Prefetto ed i vice Prefetti possono essere eletti in altra Provincia o Città me-tropolitana e così via.La ratio della causa ostativa è identica a quella prevista nel precedente paragrafo, os-sia quella di evitare che i menzionati funzionari possano, a cagione dell’ufficio rico-perto, esplicare una indebita captatio benevolentiae, volta a coartare la libera determi-nazione della volontà degli elettori.La causa di ineleggibilità relativa colpisce i seguenti uffici:

- Prefetti della Repubblica. Benché rientranti nella categoria dei dipendenti civilidello Stato, che svolgono le funzioni di direttore generale o equiparate o superio-ri” (ved. precedente lett. A) e nella categoria di coloro che “esercitano poteri di con-trollo istituzionale nell’amministrazione di Comuni e Province” (ved. successiva lett. E),il legislatore ne ha disciplinato a parte la ineleggibilità, definendone, tra l’altro, ilcarattere relativo, in quanto organi periferici dello Stato. Infatti, i Prefetti rappre-sentano il potere esecutivo nella Provincia e vigilano sull’andamento di tutte lepubbliche amministrazioni statali;

- vice prefetti. È da ritenere che l’ineleggibilità colpisca il solo “vice prefetto vica-rio”, ossia colui che sostituisce il Prefetto in caso di assenza, impedimento o tem-poranea vacanza4;

- funzionari di pubblica sicurezza. Si tratta degli appartenenti ai ruoli dirigenzialie direttivi e che esplicano funzioni di polizia (art. 39 della l. 121 del 1981).

L’ineleggibilità degli addetti alle Forze armate era prevista solo per la carica di consi-gliere regionale, ma concerneva tutti gli ufficiali delle Forze armate in servizio perma-nente (art. 5, n. 6, l. 108 del 1968).

1.3. LE CAUSE DI INELEGGIBILITÀ7 L’ELEZIONE

Prefetti

Ammiragli eUfficiali delleForze armate

B) Ineleggibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere, comu-nale, provinciale e circoscrizionale, nel territorio nel quale esercitano le loro funzioni,dei Prefetti della Repubblica, dei vice Prefetti vicari e dei funzionari di pubblica sicu-rezza (art. 60, comma primo, n. 2)

C) Ineleggibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comuna-le, provinciale e circoscrizionale, nel territorio, nel quale esercitano il comando, degliufficiali generali, degli ammiragli e degli ufficiali superiori delle Forze armate dello Sta-to (art. 60, comma primo, n. 3)

(4) Conformi, LEVANTE-MELCHIORRE-STRANGES, Ineleggibilità e incompatibilità alle cariche ammi-nistrative locali, in La voce delle autonomie, 1982, pag. 66; ritiene, invece, che debbano ricomprendersianche i vice prefetti “ispettori”, PRINCIVALLE, Gli organi elettivi, vol. I. cit., pag. 84. Sono, quindi,eleggibili i restanti funzionari di Prefettura.

La L 154 ha esteso la causa ostativa alle cariche di consigliere provinciale, comunalee circoscrizionale, ma ne ha circoscritto gli effetti, restringendola ai soli ufficiali gene-rali, ammiragli e superiori (maggiore, tenente colonnello, colonnello) e limitandola alterritorio, nel quale i predetti ufficiali esercitano il comando. Sono, quindi, eleggibilicapitani, tenenti, sottotenenti, sottufficiali.Si tratta, perciò, di una ineleggibilità relativa, la quale, tuttavia, si trasforma in asso-luta nei confronti degli ufficiali di Stato maggiore, la cui attività di estende su tutto ilterritorio nazionale.Al pari delle ineleggibilità sin qui esaminate, anche questa in esame risponde all’esi-genza di evitare l’esercizio di una captatio benevolentiae, da parte delle persone che, ri-coprendo alte cariche militari, possono esercitare sui subordinati gerarchici un’inde-bita coazione sulla loro volontà elettorale.I militari che hanno titolo a candidarsi - in quanto non rivestenti il grado di ufficialigenerali o superiori o perché, pur rivestendolo, si candidano in una circoscrizione ter-ritoriale5 diversa da quella nella quale esercitano il comando - sono posti in licenzaspeciale per la durata della campagna elettorale. I militari di leva ovvero quelli che svolgono servizio civile, potevano fruire di licenzaspeciale per la campagna elettorale, periodo, però, che non era computabile ai finidell’assolvimento dell’obbligo (art. 2, della L. 19 marzo 1990, n. 50). Le disposizionirelative ai militari di leva debbono essere riferite, a seguito della sospensione del ser-vizio militare obbligatorio, a coloro che svolgono il servizio militare volontario.La materia è stata disciplinata anche dal codice dell’ordinamento militare (D.Lgs. 15marzo 2010, n. 66) il quale dispone, all’art. 1487, che non sono eleggibili a Sindaco,Presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale, nelterritorio nel quale esercitano il comando, gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli uf-ficiali superiori delle Forze armate dello Stato.La causa di ineleggibilità non ha effetto se l’interessato cessa dalle funzioni per dimis-sioni, trasferimento, revoca dell’incarico o del comando, collocamento in aspettativanon retribuita, non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature.Si applica, per quanto non previsto, il D.Lgs. 267 del 2000, compatibilmente con lo sta-to di militare.Il precedente art. 1484 precisa che i militari candidati a elezioni per il Parlamento eu-ropeo, a elezioni politiche o amministrative possono svolgere liberamente attività po-litica e di propaganda al di fuori dell’ambiente militare e in abito civile. Essi sono po-sti in licenza speciale per la durata della campagna elettorale.

La ragione dell’ineleggibilità è da ricercare nell’esigenza di impedire che il candida-to, avvalendosi delle sue elevate funzioni spirituali, possa esercitare un’illegittima in-fluenza sugli elettori, in ordine alla libera scelta dei consiglieri6.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 8

Ecclesiastici

(5) La nozione di “circoscrizione” non coincide con l’ambito territoriale delle circoscrizioni di decentra-mento comunale (T.A.R. Puglia, Bari, I, 1° settembre 2005, n. 3734, in Foro amm. TAR, 2005, pag. 2944);essa coincide, pertanto, con le circoscrizioni territoriali in cui è suddiviso l’ordinamento militare.(6) Così, Cass. civ., I, 27 giugno 1975, n. 2514, in Cons. St., 1975, II, pag. 1157 e, con le stesse motiva-zioni, Corte costituzionale, sent. n. 58 del 1972; ved., inoltre, Cass. civ., 27 giugno 1968, n. 2172, in

D) Ineleggibilità alla carica di consigliere comunale e circoscrizionale, nel territorio, nelquale esercitano il loro ufficio, degli ecclesiastici e dei ministri di culto, che hanno giu-risdizione e cura di anime e di coloro che ne fanno ordinariamente le veci (art. 60, com-ma primo, n. 4)

Si aggiunge a questa motivazione, anche quella (ritenuta prevalente dalla meno re-cente dottrina), basata sulla necessità di non distrarre gli ecclesiastici dalle cure delproprio ufficio spirituale, ossia di evitare che la cura della cosa pubblica sia affidata achi, essendo occupato in altro ufficio, si trovi nella materiale impossibilità di disimpe-gnarla efficacemente.Tuttavia, quest’ultima ragione giustificatrice non può più ritenersi rilevante, già nel-la vigenza della normativa del 1981, la quale ha costruito una causa di ineleggibilitàrelativa, i cui effetti si ripercuotono soltanto nei limiti del territorio, nel quale gli ec-clesiastici ed i ministri di culto esercitano il loro ministero, per cui possono candidar-si in altre circoscrizioni elettorali, laddove gli elettori non sono da essi direttamenteinfluenzabili. Pertanto, si presume che cura delle anime e cura delle cose pubbliche siano esigenzetra loro conciliabili. Si esclude, soltanto, che i ministri di culto possano ricoprire la ca-rica di Sindaco, di Presidente della Provincia (art. 61 D.Lgs. 267 del 2000).Comunemente si ritiene che con l’espressione ecclesiastici la norma si riferisca ai mi-nistri della Chiesa cattolica, mentre con quella di ministri di cult alle confessioni acat-toliche.L’ineleggibilità colpisce gli ecclesiastici ed i ministri di culto che hanno giurisdizionee cura di anime. Per giurisdizione s’intende quella potestà ed autorità che la Chiesa affida ad alcunodei suoi ministri di dirigere i fedeli nell’ordine spirituale, di reggere e governare le co-se sacre, di custodire i riti e la disciplina ecclesiastica. Tale potestà risiede negli arci-vescovi, vescovi, vicari generali, arcipreti e parroci.S’intende, poi, per cura di anime, il complesso degli uffici parrocchiali, quali l’obbli-go della residenza, l’amministrazione dei sacramenti, l’assistenza agli infermi nellaparrocchia, la celebrazione della messa pro populo, le processioni religiose nei giornifestivi, la spiegazione del Vangelo e l’insegnamento della dottrina cristiana7. Si annoverano, in quest’ultima categoria, gli ordinari, i parroci, i curati, i rabbini ed ipastori protestanti, i cappellani dei luoghi di cura, di pena e detenzione e degli ordi-ni religiosi femminili, il direttore e l’economo dei seminari; ne sarebbero esclusi i con-fessori, i predicatori, gli insegnanti di religione (i diaconi ed i suddiaconi, le cui man-sioni sono meramente liturgiche e non importano alcun compito di governo dei fede-li, ed infine, coloro che hanno ricevuto soltanto gli ordini minori, i semplici tonsuratied i seminaristi.Dopo molte incertezze interpretative, circa la necessità o meno che le due attività sia-no svolte congiuntamente, si è giunti alla conclusione che non vale ad escludere l’ine-leggibilità del candidato il quale sia investito non già della pienezza delle funzioni diministro del culto, ma solo dell’esercizio di talune di esse, come, ad esempio, la pre-dicazione e la spiegazione del Vangelo, qualora si tratti di funzioni che, costituendoun compito spirituale elevatissimo, è esercitabile solo da chi si trovi in una posizionedi sicura preminenza nell’ambito della comunità religiosa e, quindi, di indubbia au-torità e superiorità nei confronti dei propri fedeli. L’ineleggibilità colpisce anche coloro che “ne fanno ordinariamente le veci” (vicari e so-stituti), ancorché non siano canonicamente investiti delle funzioni vicarie, né formal-

1.3. LE CAUSE DI INELEGGIBILITÀ9 L’ELEZIONE

Mass. Giust. civ., 1968, pag. 1112. Per la dottrina, cfr. PRINCIVALLE, Gli organi elett., cit. vol. I, pag.85; SAPORITO-PISCIOTTA-ALBANESE, Elezioni reg. ed amm., cit., pag. 40; DI STILO-MAGGIORA,Elezioni degli organi comunali, Rimini, 1990, pag. 55.(7) SAREDO, La nuova legge sulla amministrazione comunale e provinciale., Torino, vol. II, 1889, pag.633.

mente delegati, bastando il fatto materiale ovvero l’esercizio di fatto delle mansioni.L’ineleggibilità, qui in esame, è stata limitata soltanto alle cariche di consigliere, inquanto per le cariche di Sindaco e di Presidente della Provincia esiste una specificacausa di ineleggibilità (art. 61 D.Lgs. 267).

La ratio della causa di ineleggibilità si fonderebbe sulla necessità di evitare il conflit-to di competenza che deriverebbe dal cumulare nella stessa persona la doppia funzio-ne di sorvegliante e di sorvegliato8; caratteri questi propri, più che della ineleggibili-tà, della causa di incompatibilità, nella quale dovrebbe essere ricompresa la fattispe-cie qui in esame.Pur nel silenzio della legge, deve ritenersi che si tratti di una causa di ineleggibilitàrelativa, operante nei soli confronti dell’ente sul quale si esercita il controlloSono considerati “organi” individuali e collegiali che esercitano, a vario livello, su Co-muni e Province, i controlli previsti dalle leggi, elenchiamo i seguenti:

- Prefetto, che esercita il controllo sugli organi, ai sensi degli artt. 142 e 143 D.Lgs.267 del 2000, organo per il quale è già prevista la causa ostativa di cui al commaprimo, n. 2;

- organo, monocratico o collegiale, previsto dallo statuto che esercita il controllosostitutivo su Comuni e Province, ai sensi dell’art. 136 del D.Lgs. 267 del 2000;

- revisori dei conti, i quali, secondo il dettato legislativo (art. 239 D.Lgs. 267) colla-borano con il Consiglio nella sua funzione di controllo e di indirizzo, esercitano lavigilanza sulla regolarità contabile e finanziaria della gestione dell’ente ed attesta-no la corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione; attività che com-portano l’esercizio di poteri di vigilanza o controllo, con carattere continuativo;

- Commissione per la finanza locale e gli organici degli enti locali, prevista dagliartt. 329 e segg. del t.u. com. prov. 1934 (conservati in vigore dall’art. 64 della L.142 del 1990) e disciplinata dall’art. 45 del D.Lgs. 504 del 1992; d.P.R. 13 settembre1999, n. 420).

Sono pure ineleggibili i magistrati della Corte dei conti, addetti al controllo dei con-ti consuntivi degli enti locali, compresi quelli addetti alle delegazioni regionali edesercitanti funzioni di giurisdizione contabile, ma limitatamente alla Regione in cuiprestano servizio. L’ineleggibilità trova applicazione nei confronti dei componenti della Commissioneelettorale circondariale (prima, Commissione elettorale mandamentale), perché taleCommissione, in quanto competente anche a decidere sui reclami contro le operazio-ni della Commissione elettorale comunale, esercita, a norma di legge, un permanen-te e predeterminato controllo di carattere continuativo sull’attività dei ComuniL’ineleggibilità colpisce i titolari degli organi, individuali e collegiali, “nonché i dipen-denti che dirigono o coordinano i rispettivi uffici”. Secondo la lettera della legge, sono ine-leggibili non tutti gli addetti o impiegati dell’ufficio che esplica il controllo (com’eranella previgente normativa), ma soltanto i dirigenti o coordinatori degli uffici, ossiacoloro che concorrono, con i titolari degli organi, all’esercizio di “poteri di controllo”.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 10

Organi di controllo

e dipendentiE) Ineleggibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comuna-le, provinciale e circoscrizionale dei titolari di organi individuali e dei componenti diorgani collegiali che esercitano eventuali poteri di controllo istituzionale sull’ammini-strazione del Comune e della Provincia nonché dei dipendenti che dirigono o coordina-no i rispettivi uffici (art. 60, comma primo, n. 5).

(8) SAREDO, op.cit., vol. II, pag. 644.

Deve ritenersi, tuttora, eleggibile, sulla scorta della giurisprudenza acquisita sotto laprevigente normativa, il Commissario prefettizio nominato per reggere temporanea-mente un Comune, in quanto lo stesso non è incaricato di esercitare un controllo sul-l’ente e gli emolumenti da lui percepiti non possono essere assimilati a stipendi9.

La formulazione della norma tiene conto dell’entrata in vigore del D.Lgs. 19 febbraio1998, n. 51, che ha istituito l’ufficio del giudice unico, con soppressione delle Preture,nonché della novella recata dall’art. 7, comma 9, della L. 131 del 2003, per cui si fa ri-ferimento ai magistrati della Corte dei conti, compresi quelli designati dal Consiglioregionale o dal Consiglio delle autonomie locali ovvero dal Presidente del Consiglioregionale, nel caso in cui tale organo non sia stato istituito.La ratio di questa causa ostativa trova fondamento nell’esigenza di evitare che i giu-dici, per ragione del loro ufficio, possano esercitare un’indebita captatio benevolentiae,influenzando il risultato elettorale. Si tratta di una ineleggibilità relativa, limitata, cioè, al territorio nel quale i magistratiesercitano le loro funzioni e che costituisce, perciò, deroga all’art. 16 del r.d. 30 genna-io 1941, n. 12 (disciplina dell’ordinamento giudiziario), norma che vieta ai magistratidi assumere pubblici o privati impieghi o uffici, all’infuori di quelli di deputato, sena-tore ed amministratore a titolo gratuito di pubbliche istituzioni di beneficenza.I giudici ordinari della Corte di cassazione sono eleggibili alle cariche di consiglierecomunale e provinciale, tranne che siano addetti a Corti di appello o a Tribunali, neiquali casi l’ineleggibilità relativa, di cui si discute in questa sede, trova applicazione.Parimenti, sono da ritenersi eleggibili i magistrati del Consiglio di Stato, a meno chenon siano addetti ai Tribunali amministrativi regionali, poiché, allora, diventano ine-leggibili.I giudici del Tribunale superiore delle acque, della Corte dei conti (ad eccezione diquelli addetti alle sezioni regionale e che esercitano funzioni giurisdizionali e di con-trollo sugli enti locali) ed i componenti del Consiglio superiore della magistratura so-no eleggibili alle cariche amministrative elettive.Sono ineleggibili i magistrati onorari addetti ai Tribunali ordinari, ai sensi dell’art. 42-bis aggiunto al r.d. 12 del 1941, dall’art. 8 del D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 5110.Sono da considerarsi ineleggibili i giudici di pace, ineleggibilità sancita anche dal-l’art. 8, comma 1, lett. a) della L. 374 del 199111.I componenti delle Commissioni tributarie provinciali e regionali non possono rico-prire tale incarico se esercitano l’ufficio di consigliere comunale e circoscrizionale o di

1.3. LE CAUSE DI INELEGGIBILITÀ11 L’ELEZIONE

MagistratiF) Ineleggibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comuna-le, provinciale e circoscrizionale, nel territorio nel quale esercitano le loro funzioni, deimagistrati addetti alle Corti d’appello, ai Tribunali, ai Tribunali amministrativi regio-nali, alle sezioni regionali della Corte dei Conti, sia con funzioni giurisdizionali che dicontrollo, ivi compresi quelli designati ai sensi dell’articolo 7, comma 9, della legge n.131 del 2003, nonché i giudici di pace (art. 60, comma primo, n. 6)

(9) Cass. civ., 27 luglio 1964, in Mass. Giust. civ., 1964, pag. 969.(10) Cass. civ. sez. I, 14 febbraio 2003, n. 2195, in Cons. St., 2003, II, pag. 769.(11) Cfr. T.A.R. Lazio, I, 6 aprile 2006, n. 2444, in Foro amm. TAR, 2006, pag. 1327, il quale afferma cheil giudice di pace nell’ambito del territorio di esercizio delle funzioni è ineleggibile alla carica di con-sigliere comunale (e di Sindaco), mentre al di fuori di questo territorio vanta il diritto di elettoratopassivo, ma una volta conseguita l’elezione decade dalle funzioni giudiziarie.

amministratore di altri enti che applicano tributi o hanno partecipazione al gettito deitributi percepiti dall’ente. La rimozione dell’incompatibilità opera in questo modo: all’atto dell’elezione, i com-ponenti della Commissione sono sospesi dall’incarico di componente la Commissio-ne fino alla data di cessazione della causa ostativa (fine del mandato elettivo, dimis-sioni, dichiarazione di decadenza, ecc.), che determina la riassunzione delle funzioni,anche in soprannumero, presso la Commissione tributaria di appartenenza.

La causa di ineleggibilità dei dipendenti dell’ente trae fondamento dal “principio ge-nerale delle assemblee parlamentari inglesi, secondo cui, in omaggio alla regola dellarigida separazione dei poteri, i dipendenti del potere esecutivo e giudiziario non pote-vano far parte del Parlamento nazionale anche allo scopo di evitare i pericoli di corru-zione dissimulati sotto l’offerta di cariche remunerative ed onorifiche ai deputati”12. La L. 154 del 1981 ha inserito la candidatura del dipendente degli enti territoriali trale cause di ineleggibilità, suscitando vive perplessità. È stata, infatti, rilevata13 l’estre-ma difficoltà di giustificare la scelta legislativa, in quanto dovrebbe parlarsi di unacausa di incompatibilità più che di ineleggibilità.Infatti, si è piuttosto in presenza di un conflitto di interessi, che si concreta soltantocon l’elezione, mentre “fino a tale momento esso rimane allo stato potenziale, o me-glio, è inesistente, ed è dunque insuscettibile di arrecare alcun danno al buon funzio-namento dell’ufficio”.L’ineleggibilità concerne i dipendenti degli enti locali per i rispettivi Consigli, supe-rando, quindi, le precedenti incertezze relative all’ineleggibilità a consigliere provin-ciale dei dipendenti dei Comuni compresi nella circoscrizione della Provincia. Tra i dipendenti, nei confronti dei quali opera questa causa di ineleggibilità, sono daannoverare i Segretari generali, “dirigenti o funzionari pubblici dipendenti da appositaAgenzia”, ma nominati dal capo dell’amministrazione, dal quale dipendono funzio-nalmente, scegliendoli tra gli iscritti in apposito albo. È parimenti ineleggibile il se-gretario reggente che esercita le funzioni del segretario nel caso di sede di segreteriavacante.Pure ineleggibile deve ritenersi il segretario consorziale in tutti gli enti che fanno par-te del consorzio. La formula usata dal legislatore consente di considerare ineleggibili anche coloro chesono assunti a tempo determinato come è desumibile dall’ottavo comma dello stessoart. 60, il quale, a proposito dei mezzi per far cessare gli effetti delle cause di ineleg-gibilità prescrive che “non possono essere collocati in aspettativa i dipendenti assunti a tem-po determinato”; con il che vengono qualificati “dipendenti” anche quelli a tempo de-terminato.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 12

Dipendenticomunali eprovinciali

G) Ineleggibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comu-nale, provinciale e circoscrizionale dei dipendenti del Comune e della Provincia per i ri-spettivi Consigli (art. 60, comma primo, n. 7)

(12) PINTO, Gli amministratori locali, cit., pag. 27. Osservava il SAREDO (op. cit., 1889, vol. II, pag. 652)che “lo stipendio distruggerebbe l’indipendenza del consigliere, il quale in molte deliberazioni po-trebbe essere inspirato, più che dal fine di promuovere il vantaggio del Comune, da quello di con-servare o migliorare la propria condizione. Tal ragione della ineleggibilità, insomma, sta nei rappor-ti di autorità e dipendenza, che, a ragione della qualità di stipendiato o salariato, vengono a stabilir-si tra l’impiegato ed il Comune”.(13) MILITERNI-SAPORITO, La nuova legge elett., cit., pag. 131.

In questa categoria di dipendenti legati all’ente da un rapporto di precarietà sono daannoverare i dirigenti assunti a tempo determinato, ed il direttore generale, ove isti-tuito, dipendenti che debbono considerarsi ineleggibili, al pari di tutti gli altri dipen-denti provinciali e comunali.È stato ritenuto non ricorrere la causa di ineleggibilità qui in esame nei confronti: diconsiglieri comunali, iscritti nelle liste di mobilità, avviati al lavoro, in attuazione delprogetto dei lavori socialmente utili presso il Comune e di consiglieri che vengono oc-cupati in qualità di allievi e/o operai in cantieri comunali 14.Nella passata legislazione, il richiamo allo “stipendio o salario” dava luogo ad una in-terpretazione molto ampia della disposizione, che includeva nella causa ostativa nonsolo il rapporto di pubblico impiego, ma altresì qualsiasi rapporto giuridico a carat-tere continuativo, per il quale il cittadino era tenuto a determinate prestazioni, concorrelativo diritto ad un corrispettivo, ossia doveva ricomprendersi qualsiasi com-penso avente il carattere della continuità e per ciò stesso determinativo di uno statodi soggezione nei confronti dell’ente.15

Pertanto, l’ineleggibilità operava indipendentemente da ogni denominazione dellaretribuzione: “l’essenziale è - si sosteneva - che il Comune eroghi una somma con unacerta periodicità (anche annuale) per servizi che creano rapporti di soggezione, indi-pendentemente dall’ammontare della somma erogata (che può essere, quindi, anchedi esiguo importo), dall’esistenza di un formale atto di nomina del percipiente, dallaeventuale iscrizione della somma in bilancio, nello specifico articolo del servizio peril quale viene erogata (che altrimenti sarebbe troppo agevole eludere il fine che il le-gislatore si è proposto), ed indipendentemente, infine, dall’esistenza di un regolarerapporto di servizio fra il Comune ed il dipendente, o di un contratto formale, ondeè sufficiente a generare l’ineleggibilità la mera percezione del compenso”16. Per tali motivi furono ritenuti ineleggibili: il medico delle carceri mandamentali, peril solo fatto che il Comune fissasse uno stipendio, sia pure con il concorso dello Statoe lo pagasse al professionista, anche a titolo di anticipazione; il medico condotto, ilquale, benché nell’esercizio delle sue funzioni fosse sottoposto alla vigilanza del me-dico provinciale, era pur sempre un dipendente del Comune ed era da questo stipen-diato.Per contro, fu esclusa l’esistenza di una causa di ineleggibilità nel caso di modesteprestazioni d’opera artigiana, di limitato contenuto economico tra colui che l’effettuae l’ente che le riceve17; come pure nel caso di quei professionisti che, senza vincolo de-terminato da apposito capitolato e, senza diritto ad un assegno predeterminato e con-tinuativo, prestano all’occorrenza la loro opera al Comune o alla Provincia, riceven-done la corrispondente remunerazione18. La nuova formulazione della causa ostativa, ha il pregio di eliminare le incongruen-ze e le incertezze interpretative cui dava origine la previgente normativa. Ora, ciò cherileva è esclusivamente il rapporto organico che lega i dipendenti con l’ente, situazio-ne che dà vita ad un rapporto d’impiego avente carattere continuativo (servizio diruolo) o provvisorio (avventizi e dipendenti fuori ruolo). Di conseguenza, le sopra

1.3. LE CAUSE DI INELEGGIBILITÀ13 L’ELEZIONE

(14) Risposte a quesiti formulati dalla Direzione Gen. Amm. civ. del Ministero dell’interno - Ufficiorapporti con gli amministratori di enti locali del 16 ottobre 1996 e 27 marzo 1997, in SARTI, Incandi-dabilità, ineleggibilità, incompatibilità, sospensione e decadenza negli enti locali , Firenze, 1998, pagg. 39,40 e 41. (15) BOSCIA, L’ordinamento elettorale, cit., pag. 82.(16) SPADACCINI, Ineleggibilità amm., cit., pag. 133.(17) DAVOLI, Elezioni amm., cit., pag. 50.(18) GHIORZO, Commento alla legge comunale e provinciale, Milano, 1914, pag. 60.

esaminate fattispecie, derivanti da un rapporto professionale, anche a carattere conti-nuativo con l’ente, danno luogo ad una semplice causa di incompatibilità, disciplina-ta dall’art. 63, comma primo, n. 219.

L’emanazione della legge di riforma sanitaria 833 del 1978, rese indilazionabile disci-plinare la posizione degli addetti al servizio sanitario nazionale nei confronti degli en-ti locali, mediante una nuova normativa afferente le cause di ineleggibilità e di incom-patibilità.Con la legge 154 del 1981 il legislatore ha creato le seguenti fattispecie:

1) di ineleggibilità:- nei confronti dei dipendenti dell’Unità sanitaria locale, facenti parte dell’ufficio

di direzione e dei coordinatori dello stesso ufficio (art. 2, n. 8). Poiché l’ineleggi-bilità era limitata alla carica di consigliere comunale soltanto con riguardo ai Co-muni il cui territorio coincideva con il territorio dell’USL (c.d. USL monocomu-nale) o lo ricomprendeva (USL subcomunale), la Corte costituzionale, con sent.n. 43 del 1987, estese l’ineleggibilità anche con riguardo ai Comuni che concorre-vano a formare il territorio dell’USL (USL pluricomunale);

- nei confronti dei legali rappresentanti e dei dirigenti delle strutture convenziona-le con l’USL (ved. lettera che segue);

2) di incompatibilità:- dei dipendenti delle USL nonché dei professionisti con esse convenzionati a rico-

prire la carica di Presidente e di componente del Comitato di gestione (poi, deigaranti) e Presidente dell’Assemblea generale delle USL locali da cui dipendonoo sono convenzionate (art. 8, n. 1);

- dei dipendenti delle USL, nonché dei professionisti con esse convenzionate a ri-coprire la carica di Sindaco o assessore del Comune il cui territorio coincide conil territorio dell’USL da cui dipendono o lo ricomprende o con cui sono conven-zionati, nonché di Sindaco o di assessore di Comune con popolazione superioreai 30.000 abitanti che concorre a costituire l’USL da cui dipendono o con cui so-no convenzionati (art. 8, n. 2);

- dei dipendenti delle USL nonché dei professionisti con esse convenzionati a rico-prire la carica di Presidente o componente della Giunta della Comunità montananel caso previsto dall’art. 15, nono comma, della l. 833 del 1978 (art. 8, n. 3);

- dei dipendenti delle USL nonché dei professionisti con esse convenzionati a rico-prire la carica di componente del Consiglio circoscrizionale nel caso in cui a det-to Consiglio siano attribuiti i poteri di cui all’art. 15, comma quarto, della l. 833(art. 8, n. 4).

Questo sistema delle cause ostative era incentrato sullo stretto rapporto esistente traComuni e Servizio sanitario locale, di cui le Unità sanitarie locali costituivano l’orga-nismo essenziale della gestione dell’intero servizio; di qui la previsione dell’ineleggi-bilità alla sola carica di consigliere comunale e circoscrizionale, nonostante la rubrica

MANUALE DEL CONSIGLIERE 14

Direttori Asl e AOH) Ineleggibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comu-nale, provinciale circoscrizionale del direttore generale, del direttore amministrativo edel direttore sanitario delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere (art. 60, comma 1,n. 8)

(19) Cfr. Cass. civ., I, 15 settembre 1995, n. 9762, in Cons. St., 1996, II, pag. 260, che esclude il rappor-to di subordinazione nei confronti delle prestazioni di lavoro autonomo.

della norma comprendesse anche le cariche di consigliere regionale e provinciale, nonesercitando la Regione e la Provincia compiti di amministrazione sanitaria. Peraltro, la ineleggibilità non concerneva tutti i dipendenti dell’USL, ma soltanto i di-rigenti facenti parte dell’ufficio di direzione ed i coordinatori dello stesso20.La farraginosità del sistema disciplinato dalla legge istitutiva del Servizio sanitarionazionale e, parzialmente, riformato con la normativa sopra citata, subì una profon-da modificazione con il riordino disposto dall’art. 1 della L. 23 dicembre 1992, n. 421ed attuato con il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal D.Lgs. 7 dicem-bre 1993, n. 517.Dei precedenti organi dell’Unità sanitaria locale, permane il solo collegio dei reviso-ri dei conti, in quanto tutti i poteri gestionali sono concentrati nel direttore generale,che nomina (ossia, assume con provvedimento motivato) il direttore amministrativoed il direttore sanitario (art. 4, comma 7, D.Lgs. 502).La nuova normativa ha, quindi, ridisciplinato la materia delle ineleggibilità e delle in-compatibilità, ferme restando le cause di incandidabilità, come regolamentate dal-l’art. 15, della L. 55 del 1990 e successive modificazioni (ora, art. 58 del D.Lgs. 267 del2000), laddove contiene il riferimento ai componenti “degli organi comunque denomina-ti delle Unità sanitarie locali e ospedaliere”.La disciplina dettata dal D.Lgs.. 502 del 1992 (art. 3, come sostituito dall’art. 4, com-ma 1, d.lg. 517 del 1993) è riprodotta nel presente art. 60, comma 1, n. 8, che esamine-remo nel dettaglio, tenendo presente che le cause ostative riguardano sia le Aziendesanitarie locali, sia le aziende ospedaliere.È prevista una causa di ineleggibilità del direttore generale e dei direttori ammini-strativi e sanitari a ricoprire le cariche di:

- Sindaco;- Presidente della Provincia;- consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale.

Per potersi candidare i suindicati dirigenti debbono osservare le seguenti prescrizioni:- debbono cessare dalle loro funzioni almeno 180 giorni prima della data di scaden-

za dei predetti organi, a meno che non si verifichi uno scioglimento anticipato, nelquale caso è sufficiente cessare dalle funzioni entro i sette giorni successivi alla da-ta del provvedimento di scioglimento (art. 60, comma 2, primo periodo);

- non possono candidarsi in collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o inparte, il territorio dell’Azienda sanitaria locale o ospedaliera presso la quale abbia-no esercitato le loro funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti ladata di accettazione della candidatura (art. 60, comma 2, secondo periodo).

È inoltre previsto che in caso di mancata elezione, i direttori non possano esercitareper un periodo di cinque anni le loro funzioni in Aziende sanitarie locali o ospedalie-re comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale, nel cui ambito si sono svolte leelezioni (art. 60, comma 2, terzo periodo). La norma, che ricalca fedelmente la dispo-sizione di cui all’art. 8, comma secondo, del d.P.R. 361 del 1957, che concerne l’elezio-ne dei magistrati alla Camera dei deputati, assume nei riguardi degli organi direttividelle Aziende sanitarie un carattere punitivo e fortemente lesivo del diritto di eletto-rato passivo. Infatti, mentre i magistrati possono essere trasferiti in altra circoscrizione giudiziaria,conservando il posto di lavoro, non così accade per i direttori delle Aziende sanitarie

1.3. LE CAUSE DI INELEGGIBILITÀ15 L’ELEZIONE

(20) Organi dell’USL erano l’assemblea generale (poi soppressa con l’istituzione di un commissariostraordinario dall’art. unico della L. 15 gennaio 1986, n. 4), il comitato di gestione, con il suo presi-dente (sostituiti con il comitato dei garanti, con l’art. 1 del D.L. 35 del 1991), il collegio dei revisori(istituito con l’art. 13 della L. 26 aprile 1982, n. 181).

locali o ospedaliere, i quali sono nominati per ricoprire l’apposito ufficio, con contrat-to di diritto privato, di durata quinquennale, rinnovabile. La disposizione ha caratte-re di deterrente, ma è in contrasto con l’art. 51, comma terzo, Cost. che garantisce aglieletti alle cariche elettive la conservazione del posto di lavoro, evenienza che non è inquesto caso prevista, con sospetto, non infondato, di illegittimità costituzionale dellanormativa.Mentre la causa di ineleggibilità è prevista per il direttore generale ed i direttori am-ministrativo e sanitario che intendono candidarsi alle cariche pubbliche elettive, lacausa di incompatibilità è stabilita nei confronti di coloro che, ricoprendo determina-te cariche pubbliche, intendono essere nominati all’ufficio di direttore generale, di di-rettore amministrativo e di direttore sanitario nelle USL (art. 66).Pertanto, non possono essere nominati a tale incarico:

- i consiglieri provinciali;- i Sindaci;- gli assessori comunali;- i Presidenti e gli assessori (ossia, i componenti della Giunta esecutiva) delle Co-

munità montane.L’incompatibilità cessa con la cessazione dalla carica o dall’ufficio che dà luogo all’in-compatibilità.Eleggibili debbono considerarsi, anche con la nuova disciplina, i dirigenti capo-servi-zio, nei cui confronti la Corte di Cassazione21 aveva affermato non ricorrere l’ineleg-gibilità, qualora risultasse che questi non potevano considerarsi membri dell’ufficiodi direzione, pur essendo chiamati occasionalmente ad intervenire in veste di consu-lenti, perché forniti di qualifica inferiore a quella richiesta per la partecipazione all’or-gano. Parimenti debbono considerarsi eleggibili e compatibili, il Sindaco e l’assessore di-pendenti della locale Azienda sanitaria locale o ospedaliera se ricoprono l’ufficio diprimari ospedalieri, come ha affermato la Corte costituzionale, con la sen. n. 220 del200322.

La Corte costituzionale con la sent. n. 27 del 2009 ha dichiarato l’illegittimità costitu-zionale di questa disposizione, “nella parte in cui prevede l’ineleggibilità dei direttori sa-nitari delle strutture convenzionate per i Consigli del Comune il cui territorio coincide con ilterritorio dell’azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate o lo ricompren-de, ovvero dei Comuni che concorrono a costituire l’azienda sanitaria locale o ospedaliera concui sono convenzionate”.La Corte rileva che a seguito della riforma del sistema sanitario, ad opera del D.Lgs.502 del 1999, la causa di ineleggibilità alle cariche di Sindaco e di consigliere comu-nale, è stata limitata alle sole figure del direttore generale, del direttore amministra-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 16

Legalirappresentanti

struttureconvenzionate

I) Ineleggibilità alla carica di Sindaco e consigliere comunale dei legali rappresentantie dei dirigenti delle strutture convenzionate per i Consigli del Comune il cui territoriocoincide con il territorio dell’azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono conven-zionate o lo ricomprende o dei Comuni che concorrono a costituire l’azienda sanitarialocale o ospedaliera con cui sono convenzionate (art. 60, comma primo, n. 9)

(21) Cass. civ., I, 27 marzo 1993, n. 3721, in Cons. St., 1993, II, pag. 1487.(22) Sul punto cfr. MAGGIORA, La carica di Sindaco è compatibile con l’ufficio di primario ospedaliero, inNuova Rass., 2003, pag. 2358.

tivo e del direttore sanitario, con conseguente eleggibilità dei dirigenti degli ospe-dali pubblici non costituiti in aziende, i quali sono ora presìdi interni alle aziendestessi23.Tale distinzione non operava per i direttori sanitari delle strutture private convenzio-nate, i quali pur svolgendo funzioni analoghe a quelle dei dirigenti medici dei presì-di sanitari pubblici, erano considerati ineleggibili.Di qui la dichiarazione di ineleggibilità sopra enunciata.Abbiamo omesso il riferimento al Presidente della Provincia, nonché al consigliereprovinciale, in quanto il comma 9 dello stesso art. 60 dispone che questa causa osta-tiva non si applica alla carica di consigliere provinciale. La disposizione riproduce laprecedente (art. 2, comma 9, della L. 154), quando il Presidente della Provincia erascelto dal Consiglio tra i consiglieri e quindi ne omette la menzione, lacuna che non èstata colmata dal testo unico 267 del 2000.

La ratio di questa causa di ineleggibilità è da ricercare nell’esigenza di eliminare ilconflitto di interessi, anche solo eventuale, che si determinerebbe, nel caso in cui unastessa persona rivestisse contemporaneamente la qualità di amministratore dell’entecontrollante e di quello controllato; ma allora, potrebbe trattarsi, più che di una cau-sa di ineleggibilità, di una vera e propria causa di incompatibilità.Il legislatore ha fatto concreta applicazione dell’orientamento giurisprudenziale, af-fermatosi sotto la vigenza della abrogata normativa, secondo il quale solo la parteci-pazione azionaria di maggioranza poteva dare luogo “per tutte le facoltà attribuitedalla legge alla maggioranza assembleare in tal modo precostituita, ad un potere divigilanza, nel senso di controllo, cioè di ingerenza amministrativa, nell’attività spie-gata dall’ente controllato”24.Per contro, non rileva ai fini dell’ineleggibilità, una partecipazione minoritaria, anchese essa può consentire, nell’evenienza, un controllo di fatto sulla società, come potreb-be verificarsi in un’assemblea di seconda convocazione, disertata dalla quasi totalitàdegli azionisti25. A precisare tale concetto è stato disposto con l’art. 14-decies del D.L. 30 giugno 2005,n. 115, che la presenza del capitale maggioritario dell’ente locale debba essere supe-riore al 50%.Dal punto di vista soggettivo, l’ineleggibilità opera soltanto nei confronti dei “legalirappresentanti” e dei “dirigenti”. Per legali rappresentanti debbono intendersi coloro che, nell’ambito degli ammini-

LegalirappresentantiSpA

1.3. LE CAUSE DI INELEGGIBILITÀ17 L’ELEZIONE

L) Ineleggibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comuna-le, provinciale e circoscrizionale dei legali rappresentanti e dei dirigenti delle società perazioni con capitale superiore al 50 per cento rispettivamente del Comune e della Pro-vincia (art. 60, comma primo, n. 10)

(23) In argomento, cfr. BOZZELLO-VEROLE, Via libera della Corte costituzionale all’eleggibilità a sinda-co per i dirigenti sanitari delle case di cura private convenzionate, in Foro amm. CDS, 2009, pag. 1646.(24) Così, Cass. civ., I, 8 luglio 1974, n. 1987, in Giust. civ., 1974, I, pag. 1363; Id. 29 maggio 1972, n.1679, in Mass. giust. civ., 1972, pag. 935.(25) Cfr. Cass, civ., I, 16 luglio 2005, n. 15104, in Foro amm. CDS, 2005, pag. 2509, la quale afferma chela causa ostativa in oggetto non è estensibile agli amministratori o legali rappresentanti di societàdelle quali il Comune detenga un capitale inferiore alla maggioranza assoluta anche se tale da assi-curargli sulla stessa una posizione di controllo o di influenza dominante.

stratori della società, hanno la rappresentanza della stessa (art. 2328 codice civile); è,quindi, da ritenere che l’ineleggibilità colpisca non tutti i componenti del consiglio diamministrazione (come era nel previgente sistema, che parlava genericamente di“amministratori”), ma soltanto quegli tra gli amministratori che sono muniti del po-tere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, salve le limitazioni ri-sultanti dalla legge e dall’atto costitutivo (art. 2384 cod. civ., nel testo modificato dal-l’art. 5 del d.P.R. 29 dicembre 1969, n. 1127). Sempre dal punto di vista soggettivo, la limitazione della causa ostativa ai dirigenti,ossia a coloro che concorrono alla formazione ed esternazione della volontà degli or-gani societari, comporta la eleggibilità a consigliere provinciale, metropolitano di tut-ti gli altri dipendenti della società . Sono eleggibili anche i sindaci della società, non esercitando poteri tali da determina-re un conflitto di interessi tra ente e società.Sull’applicabilità dell’art. 67 del D.Lgs. 267 del 2000 (già art. 5 della l. 154), che nonprevede il concretizzarsi della causa ostativa, qualora le funzioni siano conferite adamministratori del Comune, in virtù di una norma di legge, statuto o regolamento, èda rilevare che tale evenienza si realizzi quando, ai sensi degli artt. 2449 e 2450 cod.civ., gli enti locali abbiano il potere di nominare uno o più amministratori e sindacidella società in mano pubblica. È stato rilevato che l’ineleggibilità non è esclusa dal fatto che lo statuto della societàconsenta di nominare consiglieri di amministrazione della stessa i consiglieri comu-nali, atteso che l’eccezione in proposito, prevista dell’art. 5 della L 154, per un cumu-lo di cariche derivante, tra l’altro, da norma di “statuto”, è riferibile solo alle disposi-zioni dello statuto dell’ente pubblico territoriale, non già a quelle dello statuto di unente diverso, anche se approvato dall’ente territoriale.26

Siamo in presenza di una causa di ineleggibilità che colpisce coloro che, in qualità di:- amministratori o - dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o di co-

ordinamento del personale;sono preposti a:

- istituti;- consorzi;- aziende,

dipendenti dal Comune o dalla Provincia.Con il termine di istituto il legislatore deve aver inteso comprendere quelle entità, di-verse dal consorzio e dall’azienda, che si trovano in rapporto di dipendenza dal Co-mune o dalla Provincia, creando, in tal modo, una categoria residuale, comprensivadella “vasta gamma di quelle persone di fatto e di diritto, nascenti per il soddisfaci-mento di talune esigenze delle collettività locali” (quali: musei, biblioteche, enti lirici,teatri stabili, ecc.), con o senza personalità giuridica, gestiti con propri bilanci e risor-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 18

Rappresentanti e dipendenti

consorzi oaziende comunali

M) Ineleggibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comu-nale, provinciale e circoscrizionale degli amministratori e dei dipendenti con funzionidi rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di isti-tuto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal Comune e dalla Provincia(art. 60, comma primo, n. 11)

(26) Cass. civ., I, 4 maggio 1993, n. 5179, cit..

se, pur essendo subordinati all’ente, sia per disposizione statutaria o delle tavole difondazione, sia per norma di legge27. In questa categoria rientravano le istituzioni, di cui all’art. 11428 (già art. 23 della L.142), facoltativamente create dagli enti locali per l’esercizio di servizi sociali senza ri-levanza economica) e gli enti comunali di consumo (d.lg. 13 settembre 1947, n. 90), en-ti economici con funzione calmieratrice, che hanno il compito di provvedere all’ap-provvigionamento di prodotti e derrate di largo consumo ed alla loro più rapida edeconomica distribuzione, senza finalità di lucro.Con la locuzione consorzi si intendono le unioni volontarie, obbligatorie o coattive dipiù Comuni, da soli o con la Provincia o altri enti pubblici, comprese le Comunitàmontane, con lo scopo di provvedere a determinati servizi, od opere di comune inte-resse, o per l’esercizio di funzioni con il concorso anche finanziario, di tutti gli enticonsorziati, da determinarsi o in ragione della popolazione di ciascun ente ovvero inrapporto all’interesse dei singoli enti consorziati (art. 31, D.Lgs. 267 del 2000). Una volta costituito, il consorzio è configurabile come un ente autonomo e distinto daglienti che concorrono alla sua costituzione, per cui non sembra che nei confronti degli am-ministratori, ossia di coloro che vengono nominati dai singoli enti a far parte degli orga-ni amministrativi del consorzio, possa ravvisarsi un conflitto anche potenziale, nè con gliinteressi dell’ente territoriale e tanto meno con quelli del consorzio che amministrano, an-zi, essendo portatori dell’interesse dell’ente che li ha nominati, porterebbero nell’ammini-strazione del consorzio l’identità dell’interesse collettivo che il consorzio persegue.Questa tesi trova conferma, attualmente, dalla normativa dettata dall’art. 31, il qualedispone che dell’ assemblea del consorzio, fanno parte, di diritto, il Presidente dellaProvincia o il Sindaco o un loro delegato, per cui non può più parlarsi di ineleggibi-lità, trovandoci in presenza di una norma di legge che, ai sensi dell’art. 67 del D.Lgs.267 del 2000 conferisce detto incarico.Per i dipendenti, invece, valgono le considerazioni sopra formulate in ordine alla lo-ro ineleggibilità.Nel termine “aziende” si fa esplicito riferimento alle aziende municipalizzate che iComuni, nella loro autonomia organizzativa, potevano costituire, sia ai sensi del r.d.15 ottobre 1925, n. 2578, per l’esercizio dei servizi pubblici a carattere prevalentemen-te industriale (acqua, luce, gas, trasporti, servizi pubblici in genere), sia à sensi del-l’art. 114. Attualmente, la loro importanza è decisamente ridimensionata, in quantoesse possono essere costituite esclusivamente per la gestione di servizi privi di rile-vanza economica.Per quanto concerne l’eleggibilità degli amministratori delle aziende è necessario te-nere conto dell’art. 16 del d.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902 (che approva il nuovo regola-mento delle aziende di servizi degli enti locali), il quale sancisce l’obbligo per il Con-siglio comunale di scegliere i componenti della Commissione amministratrice “fuoridel proprio seno”. Ma c’è da chiedersi come possa una norma regolamentare abrogareuna disposizione di legge, quale quella di cui all’art. 5 del r.d. 2578 del 1925 il che èda dubitare. Qualora, quindi, quest’ultimo articolo fosse ancora in vigore ci si trove-rebbe in presenza di una “norma di legge” che rende, tuttavia, applicabile l’art. 67, conesclusione dell’ineleggibilità.L’ineleggibilità è limitata agli “amministratori” (ossia, a tutti gli amministratori, nonsolo quelli muniti di rappresentanza) ed ai “dipendenti con funzioni di rappresentan-za o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale”.

1.3. LE CAUSE DI INELEGGIBILITÀ19 L’ELEZIONE

(27) GIOVENCO-ROMANO, L’ordinamento com., cit., pag. 478. (28) L’art. 114 del d.lg. 267 del 2000 è stato dichiarato incostituzionale con la sent.Corte cost. 13-27luglio 2004, n. 272.

Tutti gli altri dipendenti, che non svolgono le su indicate funzioni sono, pertanto,eleggibili.

Questa causa di ineleggibilità è prevista non solo dalla disposizione qui in esame, maanche dall’art. 56, comma 1, secondo periodo, del D.Lgs. 267 del 2000, il quale espres-samente ribadisce che “i consiglieri provinciali, comunali o di circoscrizione in carica nonpossono candidarsi, rispettivamente, alla medesima carica in altro Consiglio provinciale, co-munale o di circoscrizione”. In merito si precisa che l’ineleggibilità - che la norma opportunamente estende ai Sin-daci e ai Presidenti della Provincia i quali precedentemente dovevano essere sceltiesclusivamente tra i consiglieri - opera soltanto nei confronti degli amministratori incarica in un determinato ente, i quali, svolgendosi le elezioni in epoche diverse, nonpossono candidarsi nella stessa carica elettiva in altro ente, a meno che non provve-dano a rimuovere l’ineleggibilità con le modalità di cui al successivo comma 3.Né i consiglieri comunali in carica possono candidarsi alla carica di Sindaco in altroComune, in quanto un soggetto non può far parte di più assemblee rappresentativedi altrettante collettività comunali, salvo che non presenti preventive dimissioni dal-la carica di consigliere29.Se, invece, le elezioni si svolgono contemporaneamente non sussiste per i consiglie-ri alcuna causa di ineleggibilità, ma la sola preclusione a presentarsi candidato in piùdi due Province, o in più di due Comuni o in più di due Circoscrizioni (art. 56, primoperiodo).Invece, per i Sindaci, ed i Presidenti della Provincia esiste la causa preclusiva dispo-sta dal comma 2 dell’art. 56, il quale prescrive che nessuno può essere candidato allacarica di Sindaco o di Presidente della Provincia (in più di un Comune ovvero di unaProvincia La precedente legislazione prevedeva la rimozione della causa ostativa per chi, giàconsigliere intendeva candidarsi ad altro Consiglio, esclusivamente con le dimissio-ni dalla carica (art. 2, comma terzo, della l. 154). Ora, il testo unico estende anche aquesta causa di ineleggibilità gli stessi rimedi previsti per tutte le altre cause (colloca-mento in aspettativa, trasferimento, revoca del comando o dell’incarico), ma esse nonpossono trovare applicazione, per cui è da ritenere che anche nella vigenza della nuo-va normativa l’unico rimedio sia quello delle dimissioni.

1.4.1. ProcedimentoCome è noto, è merito della L. 154 l’aver chiaramente indicato i modi di rimozionedelle cause di ineleggibilità e di incompatibilità, materia che nell’abrogata normativanon era espressamente disciplinata.L’eliminazione della cause ostative è vista dal legislatore sotto due angoli di visuale,

MANUALE DEL CONSIGLIERE 20

Amministratorieletti N) Ineleggibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, di consigliere comu-

nale, provinciale e circoscrizionale dei Sindaci, dei Presidenti della Provincia, dei con-siglieri comunali, provinciali e circoscrizionali in carica, rispettivamente in altro Co-mune, altra Provincia o circoscrizione (art. 60, comma primo, n. 12)

(29) Cass. Civ., I, 20 maggio 2006, n. 11894, in Nuova Rass., 2006, pag. 1982.

1.4. La rimozione delle cause di ineleggibilità

facenti capo, rispettivamente, all’una ed all’altra causa impeditiva, dando ad esse unadiversa configurazione, correlata alla differente influenza che le su ricordate causeostative spiegano sull’elezione del candidato.Infatti, mentre le cause di ineleggibilità incidono direttamente sul procedimento diformazione dell’atto elettivo, sostanziandosi nell’impossibilità, per il candidato, di di-venire soggetto passivo del rapporto elettorale, l’incompatibilità non attiene al pro-cedimento elettivo, che, anzi, è perfetto e valido, ma consiste nell’impossibilità giuri-dica di conservare un ufficio od una carica, ai quali si è stati validamente eletti, ossia,essa impedisce il regolare esercizio delle pubbliche funzioni.Da tale diversità concettuale, deriva che le cause di ineleggibilità debbono essere eli-minate prima delle elezioni, mentre nei confronti delle cause di incompatibilità , chevengono ad esistenza con le elezioni, è possibile esercitare il diritto di scelta tra l’uf-ficio incompatibile e la carica pubblica, salvo che non siano previsti speciali modi dieliminazione della causa ostativa.Prima di passare alla trattazione dell’argomento, oggetto del presente paragrafo, oc-corre precisare che le cause di ineleggibilità che sopravvengono successivamente al-le elezioni, cioè nel corso del mandato, degradano a cause di incompatibilità e ricevo-no lo stesso trattamento giuridico previsto per queste ultime, ai fini della rimozione;si ha, in sostanza, la trasformazione delle cause di ineleggibilità in cause di incompa-tibilità (art. 63, comma primo, n. 7, del D.Lgs. 267 del 2000).Ai fini della rimozione delle cause di ineleggibilità originarie sono stati posti i se-guenti principi:

1) le cause ostative debbono essere rimosse con la cessazione dalle funzioni (o dal-la carica di Sindaco, o di Presidente della Provincia o di consigliere, nelle ipotesidi cui all’art. 60, comma 1, n. 12), “non oltre il giorno fissato per la presentazione del-le candidature”, che è - secondo l’interpretazione corrente data dalla dottrina - l’ul-timo giorno utile per la presentazione delle liste dei candidati (ossia il venticin-quesimo giorno antecedente la data delle elezioni);

2) gli istituti individuati dalla legge e con i quali si può addivenire alla rimozionedelle cause di ineleggibilità sono le seguenti:

- dimissioni;- trasferimento;- revoca dell’incarico o del comando;- collocamento in aspettativa.

Detti istituti trovano alternativamente applicazione per tutte le cause ostative ad ec-cezione di quella indicata al n. 12 relativa agli amministratori già in carica, per i qua-li la rimozione può addivenire soltanto con le dimissioni e con la precisazione che, perquella di cui al n. 8, relativa agli incarichi direzione nelle ASL, è prevista la cessazio-ne dalle funzioni almeno centottanta giorni prima della data di scadenza del periododi durata degli organi ovvero, entro sette giorni dalla data del provvedimento di scio-glimento nel caso si verifichi detta eventualità (art. 60, commi 2 e 3);3) la pubblica amministrazione, cui sono indirizzate le domande di dimissioni, tra-

sferimento, revoca dell’incarico o del comando, collocamento in aspettativa, de-ve adottare il provvedimento richiesto entro cinque giorni (comma 5, primo pe-riodo).

Tuttavia, mentre per i provvedimenti di trasferimento e di revoca dell’incarico o delcomando sembra necessario esplicito atto di assenso da parte dell’ente, qualora, inve-ce, si tratti di domanda di dimissioni o di aspettativa, è previsto il silenzio-accogli-mento, nel senso che, trascorsi cinque giorni dalla presentazione dell’istanza, accom-pagnata dalla effettiva cessazione delle funzioni (cioè effettiva astensione da ogni at-to inerente all’ufficio rivestito, come prescrive il comma 6), senza che l’amministra-

1.4. LA RIMOZIONE DELLE CAUSE DI INELEGGIBILITÀ21 L’ELEZIONE

zione provveda in merito, la domanda si ha per accolta (art. 60, comma 5, secondo pe-riodo)30.

1.4.2. Gli istituti della rimozione

1.4.2.1. Dimissioni

Esse, di regola, sono presentate per iscritto, ma non è escluso che possano essere pre-sentate oralmente, come nel caso dell’amministratore che, nella seduta del consigliodi amministrazione, dichiara e fa risultare a verbale le sue dimissioni dall’incarico, alfine di potersi candidare.Per regola generale, le dimissioni possono essere ritirate fino a quando non vengonoaccettate. Nei riguardi della accettazione o presa d’atto delle dimissioni, è da rilevareche, siccome nel diritto elettorale sono state previste le dimissioni tacite o per facta con-cludentia (ved. retro), le quali conseguono al decorso di cinque giorni dalla presenta-zione della domanda, accompagnata dall’effettiva astensione da ogni atto inerente al-l’ufficio, ne consegue che, trascorsi i predetti cinque giorni, non è più possibile il riti-ro delle dimissioni.Nei confronti dei Sindaci, dei Presidenti della Provincia, dei consiglieri comunali eprovinciali in carica che intendono candidarsi in altro ente locale territoriale, può sor-gere il dubbio se, nella fattispecie, trovi applicazione la normativa speciale dettata inmateria elettorale e che abbiamo sopra illustrato o se debba applicarsi la proceduragenerale prevista dall’art. 38, comma 8, del d.lg. 267 del 2000. Essa dispone che le di-missioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo Consiglio, devono essereassunte immediatamente al protocollo dell’ente nell’ordine temporale di presentazio-ne, conché esse sono da ritenersi irrevocabili, senza che sia necessaria presa d’atto,stante la loro immediata efficacia; inoltre, il Consiglio deve procedere, entro diecigiorni, alla surroga dei consiglieri dimissionari con separate deliberazioni. Mentre,per i Sindaci ed i Presidenti della Provincia trova applicazione l’art. 53, comma 3, se-condo il quale le loro dimissioni diventano efficaci ed irrevocabili trascorso il termi-ne di venti giorni dalla loro presentazione al Consiglio.È da ritenere che la normativa generale non trovi applicazione in tema di accettazio-ne delle candidature dei consiglieri comunali e provinciali, che intendono candidarsiin altro Comune o altra Provincia, con possibilità, quindi, di revoca delle dimissioni,prima della scadenza del termine dei cinque giorni e senza che la pubblica ammini-strazione ne abbia preso atto, come accade nel caso delle dimissioni del Sindaco e delPresidente della Provincia, che possono essere ritirate prima della scadenza dei ventigiorni dalla presentazione.L’istituto delle dimissioni è, di norma, utilizzato da coloro che non hanno un rappor-to di lavoro, come nel caso di chi ricopre la carica di amministratore in istituti, con-sorzi, aziende dipendenti dalla Regione, dalla Provincia o dal Comune od in societàa partecipazione maggioritaria dei predetti enti territoriali.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 22

Revoca delledimissioni

Le dimissioni consistono nella dichiarazione di volontà di voler cessare da unrapporto che lega una persona con un ente; può trattarsi di un rapporto di im-piego o soltanto di servizio, come è quello che intercorre tra l’eletto e la Pro-vincia, o il Comune o tra un amministratore ed un ente.

(30) Cfr. Cass. civ., I, 28 settembre 1994, n. 7886, in Cons. St., 1995, II, pag. 79; Id. 15 maggio 1996, n.4512, ivi, 1996, I, pag. 1733). Con sent. n. 309 del 1991, la Corte costituzionale ha ritenuto non sussi-stente una ingiustificata disparità di trattamento tra coloro i quali versano in una ipotesi di ineleggi-

1.4.2.2. Trasferimento

C’è da chiedersi se la pubblica amministrazione, di fronte ad una domanda di trasfe-rimento per motivi elettorali ex art. 60, debba obbligatoriamente darvi corso oppurerigettarla per comprovati motivi di funzionamento dell’ufficio. Da taluno si è osservato che anche in tale caso la pubblica amministrazione non per-de il potere discrezionale di trasferire di sede i suoi dipendenti e che essa possa an-che non accogliere la domanda di trasferimento, con la conseguenza che “se rigettatanel termine di cinque giorni, può essere tramutata dall’interessato in domanda di di-missioni o di aspettativa, sempre che non sia trascorso il giorno fissato per la presen-tazione delle candidature; infatti, per il “trasferimento” non vige il principio del taci-to assenso di cui al quinto comma, dell’art. 2 citato, riservato esclusivamente alle do-mande per dimissioni o aspettativa”.31

La sopra segnalata soluzione (consistente nella possibilità di riproposizione di unadomanda di dimissioni o di aspettativa) susseguente all’atteggiamento passivo del-l’amministrazione o all’esplicita negazione del trasferimento, anche se conforme aldettato normativo, suscita non poche perplessità, in quanto in tale modo si verrebbe-ro a limitare fortemente la libertà di scelta del candidato tra le varie possibilità di ri-mozione o, addirittura, la possibilità di poter esercitare il diritto di elettorato passivo,qualora il diniego avvenga oltre il su indicato termine. Il problema è quello di conci-liare l’esercizio di due principi, costituzionalmente garantiti: da un lato, quello di as-sicurare a tutti i cittadini il libero accesso alle cariche elettive (art. 51) e, dall’altro la-to, quello di garantire il “buon andamento” della pubblica amministrazione (art. 97),dilemma che il legislatore non è riuscito a comporre con l’attuale disciplina.

1.4.2.3. Revoca dell’incarico o del comando

Con l’incarico sono temporaneamente affidate funzioni connesse a cariche pubbliche,in mancanza o in assenza o a fianco dei titolati (reggenza, supplenza, ecc.); con il co-mando l’impiegato è destinato a prestare servizio presso altra amministrazione stata-

1.4. LA RIMOZIONE DELLE CAUSE DI INELEGGIBILITÀ23 L’ELEZIONE

bilità che viene meno solo a seguito a provvedimento della pubblica amministrazione o comunquedopo il decorso di cinque giorni dalle dimissioni o dalla richiesta dell’interessato e coloro i quali, tro-vandosi in una situazione di ineleggibilità che non ha rapporti con la pubblica amministrazione (nn.4, 9 e 10) possono farla cessare con effetto immediato all’atto della presentazione delle dimissioni,trattandosi di situazioni non comparabili.(31) ROMANO, in GIOVENCO-ROMANO, L’ordinamento com. cit., pagg. 482-483, il quale rileva chenell’ambito dell’impiego presso gli enti locali è prevista la “mobilità” del personale tra enti, con laquale si ottiene il passaggio dell’interessato da un ente locale ad un altro, con contemporanea cessa-zione del rapporto di impiego con l’ente di provenienza e l’instaurazione di detto rapporto con l’en-te di destinazione.

Il trasferimento è tipico istituto del pubblico impiego, consistente nella asse-gnazione ad altra sede di un impiegato: esso può essere disposto a domanda oper motivate esigenze di servizio.

La causa di ineleggibilità può essere rimossa con la domanda di revoca dell’in-carico o del comando, qualora questi diano origine a situazioni di ineleggibili-tà alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere del Comune, odella Provincia, presso i quali si esercitano le predette funzioni.

le o presso enti pubblici. Con la revoca dell’incarico o del comando si eliminano lecause ostative all’assunzione della carica elettiva.Si ritiene, opportunamente, che nel caso in cui la pubblica amministrazione non prov-veda nei cinque giorni dalla domanda, secondo quanto dispone l’art. 60, comma 5, ladomanda debba considerarsi accolta, “perché la richiesta di revoca delle situazioni dicui trattasi sostanzialmente corrisponde alla domanda di dimissioni relativamente alrapporto di servizio, fermo restando il rapporto organico dell’impiego”32.

1.4.2.4. Collocamento in aspettativa

Secondo quanto stabiliva la precedente normativa, il collocamento in aspettativa eraprevisto:

- per i lavoratori dipendenti da privati datori di lavoro, soltanto senza assegni, equalora ricoprissero la carica di membro del Parlamento nazionale, del Parlamen-to europeo, di Assemblea regionale o altre funzioni pubbliche elettive, nelle qualipotevano ricomprendersi i lavoratori eletti alle cariche di consigliere provinciale,comunale e circoscrizionale (art. 31, della L. 20 maggio 1970, n. 300, c.d. Statuto dilavoratori);

- per i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, l’aspettativa era concessa con as-segni, ma soltanto a coloro che ricoprivano la carica di consigliere regionale, dipresidente di Giunta regionale, di assessore provinciale di Provincia con più di700.000 abitanti, di Sindaco di Comune capoluogo di Provincia o di Comune conpopolazione superiore a 50.000 abitanti e di assessore di Comune con popolazio-ne superiore a 100.000 abitanti (art. 1 della L. 12 dicembre 1966, n. 1078).

La nuova normativa - art. 2, comma 7, della l. 154 - dispose che l’aspettativa senza as-segni fosse conferita a tutti gli eletti per tutta la durata del mandato, anche in derogaai rispettivi ordinamenti33, mentre quella retribuita continuava ad essere concessasoltanto ai pubblici dipendenti che ricoprivano le cariche sopra individuate.Infine, l’art. 2 della L. 27 dicembre 1985, n. 816, ha stabilito che tutti i dipendenti pub-blici o dipendenti da imprese, aziende o enti, pubblici o privati, eletti alle cariche perle quali la citata legge prevede l’erogazione di particolari indennità (consiglieri comu-nali e provinciali, Sindaci e Presidenti di Provincia, consiglieri e Presidenti dei Consi-gli di circoscrizione, componenti delle Comunità montane, delle associazioni e deiconsorzi tra enti locali, Presidenti ed amministratori delle aziende municipalizzate eprovincializzate) hanno diritto di chiedere, a domanda, di essere collocati in aspetta-tiva non retribuita (o senza assegni). La nuova legge ha abrogato la precedente normativa, che prevedeva l’istituto dellaaspettativa retribuita (art. 3 della l. 1078 dl 1966), che era conservato in vigore per ilperiodo transitorio.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 24

Con il collocamento in aspettativa si ha una temporanea sospensione degli ob-blighi di servizio, determinata da particolari contingenze (di servizio militare,di salute, familiari, sindacali, politiche). Esso non può essere concesso ai dipen-denti assunti a tempo determinato (art. 60, comma 8).

(32) GIOVENCO-ROMANO, op. cit., p. 484.(33) L’inciso “l’aspettativa è concessa anche in deroga ai rispettivi ordinamenti per tutta la durata del man-dato” va inteso nel senso di non riconoscere il diritto all’aspettativa anche a coloro per i quali i rispet-tivi ordinamenti non lo prevedono, ma di ammetterlo anche nel caso in cui il regime giuridico deldipendente che intenda avvalersene non lo contempli per motivi elettorali (Cass. Civ. S.U., 31 luglio2006, n. 17287, in Foro amm. CDS, 2006, pag. 3022).

L’istituto dell’aspettativa è confermato dall’art. 22 della L. 265 del 1999 (ora, art. 81 delD.Lgs. 267 del 2000, come modificato dall’art. 2, comma 24 della L. 244 del 2007) chelo limita ai soli Sindaci, Presidenti delle Province, Presidenti dei consigli comunali eprovinciali, Presidenti dei consigli circoscrizionali che siano lavoratori dipendenti.A tutti competono, inoltre, i permessi retribuiti e non, e le speciali indennità, di cui altesto unico delle autonomie locali.

1.15.1. PremessaLe cause di incompatibilità alla carica di Sindaco Presidente della Provincia, e di con-sigliere comunale, provinciale e circoscrizionale sono disciplinate dagli artt. 63 e 65del D.Lgs. 267 del 2000. Rientrano nelle previsioni legislative sia le cause ostative derivanti dal ricoprire cari-che od uffici che possono creare situazioni di conflitto di interesse tra ente ed eletto,il quale verrebbe a trovarsi nella posizione di vigilante e di vigilato, di sovvenzionan-te e di sovvenzionato (nn. 1, 2 e 3), sia determinate situazioni che potrebbero pregiu-dicare gli interessi dell’ente, in quanto l’amministratore locale, profittando della cari-ca, potrebbe coagire, in qualche modo, sulla volontà dell’amministrazione elettiva(come nell’ipotesi di lite pendente, di cui al n. 4).Con altre cause di incompatibilità si vuole impedire che una persona, dimostratasi in-capace di gestire la cosa pubblica, possa accedere alla stessa carica (n. 5); così, pure,non appare conveniente che si instauri un rapporto tra l’ente (creditore) ed il consi-gliere (debitore (art. 3, n. 6).Con la fattispecie di cui al n. 7 si disciplina il caso di chi, nel corso del mandato, vie-ne a trovarsi in una situazione di ineleggibilità e si dispone con la previsione di unasemplice incompatibilità.Le disposizioni dell’art. 65, comma 2 e 3, tendono ad evitare la contemporanea titola-rità di due cariche:

- consigliere comunale in altro Comune;- di consigliere provinciale in altra Provincia;- di consigliere circoscrizionale in altra Circoscrizione.

Il comma 1 dell’art. 65 contempla pure l’incompatibilità tra le cariche Sindaco ed as-sessore comunale, di Presidente ed assessore provinciale con la carica di consigliereregionale. Nella disamina delle cause di incompatibilità ci atterremo alla metodologia adottatanella trattazione delle cause di ineleggibilità, ossia esamineremo, in primo luogo, lesingole cause ostative, nell’ordine indicato dal legislatore, e riserveremo apposito pa-ragrafo alle modalità di rimozione delle stesse.

1.5.2. Le singole cause di incompatibilità

Amministratore o rappresentante di ente controllato

1.5. LE CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ25 L’ELEZIONE

1.5. Le cause di incompatibilità

A) Incompatibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comu-nale, provinciale e circoscrizionale dell’amministratore o del dipendente con poteri dirappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza in cuivi sia almeno il 20 per cento di partecipazione rispettivamente da parte del Comune odella Provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tuttoo in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell’anno il dieci per cento deltotale delle entrate dell’ente (art. 63, comma primo, n. 1)

L’art. 63, comma 1, n. 1 del D.Lgs. 267 del 2000 sancisce l’incompatibilità dell’ammi-nistratore o del dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di en-te, istituto o azienda soggetti alla vigilanza rispettivamente da parte del Comune odella Provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione, in tut-to o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell’anno il dieci per cen-to del totale delle entrate dell’ente.Con l’art. 14-decies del D.L. 30 giugno 2005, n. 115 si è stabilito il limite oltre il qualela partecipazione acquista rilevanza, ossia essa deve raggiungere almeno il 20 percento, limite che è calcolabile sulle quote di partecipazione dell’ente.Come è dato rilevare, la presente causa di incompatibilità configura due distinte ipo-tesi, e precisamente:

- l’incompatibilità dell’amministratore o del dipendente con poteri di rappresentan-za o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti alla vigilanza in cui visia almeno il 20 per cento di partecipazione del Comune o della Provincia;

- l’incompatibilità dell’amministratore o del dipendente con poteri di rappresentan-za o di coordinamento di ente, istituto o azienda che riceve dal Comune o dallaProvincia a, in via continuativa, una sovvenzione, in tutto o in parte facoltativa,quando la parte facoltativa superi nell’anno il dieci per cento delle entrate del-l’ente, istituto, azienda.

Nella formula ente, istituto, azienda che ricalca quella di “istituto, consorzio o azienda”(di cui all’art. 60, n. 11, con la sola sostituzione della parola “consorzio” con quella di“ente”), sono compresi tutti quegli organismi, muniti o meno di personalità giuridi-ca, che sono sottoposti a vigilanza dell’ente locale oppure ricevono dallo stesso unasovvenzione (con le caratteristiche che più oltre esamineremo). Unica differenza tra le due formule è che nella dizione “istituto, consorzio o azienda”sono compresi solo quegli enti che sono legati al Comune o alla Provincia da un rap-porto di dipendenza e che sono, quindi, istituiti o che alla loro costituzione hannoconcorso gli enti locali. Invece, con la formula “ente, istituto, azienda” si indicano anche organismi che nontraggono la loro origine da un atto formale di costituzione da parte del Comune o del-la Provincia, ma che sono, tuttavia, sottoposti ad un potere di ingerenza da parte de-gli stessi, per svolgere attività di rilevante interesse per l’ente locale.Passando, ora, all’esame dei concetti differenziali delle due fattispecie, che si concre-tizzano, sostanzialmente, nei termini “vigilanza” e “sovvenzione”, prenderemo lemosse dagli orientamenti giurisprudenziali, manifestatisi sotto la vigenza della abro-gata legislazione.

Ciò che rileva, ai fini della presente indagine, non è la vigilanza esercitabile occasio-nalmente e de facto (come potrebbe essere quella svolta negli organi amministratividell’ente da parte di rappresentanti nominati dal Comune o dalla Provincia), ma quel-la che si sostanzia in uno specifico potere giuridico di controllo.In sostanza, la vigilanza si concretizza come potere di ingerenza del Comune o dellaProvincia sul funzionamento dell’ente, istituto o azienda (come, ad esempio, il pote-re di concorrere alla nomina degli organi, la facoltà di approvare i bilanci consuntivied i regolamenti), ingerenza che può spaziare su tutta o parte dell’attività dell’ente vi-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 26

Concettodi vigilanza Costituisce vigilanza qualsiasi forma di ingerenza dell’ente controllante nell’at-

tività dell’ente controllato, derivante da qualunque fonte legislativa o ancheconvenzionale (Cass. civ., S.U., 15 giugno 1967, n. 1372, in Nuova Rass., 1969,pag. 357; Id. 10 giugno 1968, ivi, 1969, pag. 2130).

gilato34 e che deve essere prevista da apposita disposizione convenzionale o di leg-ge35. e avere una incidenza pari almeno al venti per cento della partecipazione del-l’ente locale.Il concetto di vigilanza è riscontrabile anche quando il rapporto tra ente locale ed en-te vigilato risulti tale da consentire un’ingerenza diretta dell’ente territoriale sugli at-ti o sui comportamenti di quell’ente36. Un potere di vigilanza è esercitato dall’ente lo-cale territoriale nei confronti del servizio di tesoreria, stante l’obbligo dei revisori deiconti di verificare, con cadenza trimestrale, la situazione di cassa e la gestione del ser-vizio e di quello degli altri agenti contabili (art. 223, D.Lgs. 267).La vigilanza può scaturire - come detto - oltre che per disposizione di legge, anche percontratto, come nel caso in cui il Comune, per provvedere all’illuminazione pubblica,stipuli con l’E.N.E.L. un contratto di somministrazione o di appalto; in tal caso, si vie-ne ad instaurare un rapporto contrattuale, nel quale il Comune, nella qualità di uten-te o committente, svolge nei confronti dell’E.N.E.L. una funzione di controllo sulla re-golarità della fornitura e della gestione del servizio, in base al principio dell’assogget-tamento dei servizi pubblici al controllo ed alla direzione del pubblico potere; sorge,allora il problema dell’eleggibilità dei dipendenti dell’E.N.E.L. nei Comuni in cui l’en-te fornisce il suddetto servizio37 .La giurisprudenza, al riguardo, aveva affermato che bisogna distinguere tra dipen-denti che, ancorché salariati, abbiano in un determinato settore, compiti di responsa-bilità e dipendenti che di tali compiti siano sforniti e siano gerarchicamente soggettia funzionari che sono responsabili dell’attività gestoria. Ora, l’art. 63, n. 1, ha cura di specificare che soltanto i dipendenti con poteri di rap-presentanza o di coordinamento versano in una causa ostativa e precisamente in unacausa di incompatibilità.

Il legislatore del 1981 ha fatto puntuale applicazione delle conclusioni cui era perve-nuta la giurisprudenza, sotto la vigenza dell’art. 15, n. 3, del d.P.R. 570 del 1960.38

Viene poi precisato che il versamento di somme o di beni e servizi non deve derivareda un obbligo di legge o avere carattere di corrispettivo, ma deve essere erogato di-

Concetto disovvenzione

1.5. LE CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ27 L’ELEZIONE

La sovvenzione (la quale può estrinsecarsi sia nell’erogazione di somme di de-naro, sia nella somministrazione di beni e servizi (Cass. civ., I, 8 ottobre 1974,n. 2675, in Cons. St., 1974, II, pag. 1260.), deve consistere in una erogazione con-tinuativa a titolo gratuito rivolta a consentire all’ente sovvenzionato di rag-giungere, con l’integrazione del proprio bilancio, le finalità in vista delle qualiè costituito.

(34) Cass. civ., I, 30 dicembre 1954, n. 4639, in Riv. amm., 1955, pag. 547.(35) GIOVENCO-ROMANO, L’ordinamento com., cit., pag. 488.(36) Cass. civ., I, 11 aprile 1995, n. 4168, in Cons. St., 1995, II, pag. 1759, che ha ritenuto sussistentel’incompatibilità tra la carica di Sindaco, cui è applicabile la normativa, e quella di amministratore diuna società consortile a responsabilità limitata, della quale il Comune sia socio per avere sottoscrit-to una quota anche minoritaria del capitale sociale (nella specie il 3%), quando sia accertato che il ca-pitale è frazionato tra i soci in modo tale da rendere possibile che il socio titolare della minor quotasia in grado di esprimere un voto determinante in assemblea.(37) Cass. civ., I, 10 aprile 1973, n. 1018, in Cons. St., 1973, II, pag. 849.(38) Cfr. DI GIOVINE-MAGGIORA, Guida alle elezioni reg. ed amm., cit., pag. 87, da cui abbiamo trat-te le considerazioni che seguono.

screzionalmente e con le eventuali variazioni di misura che il Comune o la Provinciaintenda apportare a suo insindacabile giudizio39.Concludendo, l’art. 63, comma primo, n. 1, attribuisce alla sovvenzione i seguenti ca-ratteri:

a) deve essere versata “in via continuativa” (per almeno due o più anni) e non unatantum, nel qual caso rivestirebbe il carattere di contributo, cioè di erogazionecomplementare (cum tribuere) o straordinaria;

b) deve essere “in tutto o in parte facoltativa”; tale formula va intesa in un duplicesignificato:

- nel senso che l’intervento finanziario dell’ente erogatore sia completamente fa-coltativo, non derivi, cioè da un obbligo di legge o convenzionale;

- nel senso che detto intervento possa essere parte obbligatorio e parte facoltativo;c) la somma di denaro o il corrispettivo in beni o servizi erogati a titolo di sovven-

zione non deve superare nell’anno, la quota riferita a titolo facoltativo (con che laparte eventualmente elargita a titolo obbligatorio non assume rilevanza) pari al10 per cento del totale delle entrate dell’ente sovvenzionato40.

È stato osservato che la percentuale su indicata va commisurata alle entrate di partecorrente, con esclusione delle entrate per movimento di capitali e per partite di giro41;si può, tuttavia, osservare che il legislatore fa riferimento al totale delle entrate, sen-za ulteriori distinzioni circa la categoria delle stesse.È appena il caso di rilevare che la predisposizione di una quota minima, oltre la qua-le la sovvenzione determina l’insorgere della causa di incompatibilità, se da un lato,appare opportuna, al fine di evitare una troppo eccessiva limitazione del diritto dielettorato passivo (sopperendo in tale modo agli inconvenienti che si verificarono nelpassato), dall’altro lato, tuttavia, presta il fianco ad eventuali prevaricazioni, sol chesi consideri che la causa di incompatibilità potrebbe insorgere all’improvviso, con lasemplice deliberazione del Consiglio di elevare la quota di sovvenzione al di sopradella soglia del 10 per cento.Un’escamotage per eliminare il suddetto pericolo di incorrere nell’incompatibilità, èstato suggerito dalla dottrina42, pur con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 63, com-ma primo, n. 2 (seconda parte, su cui ved. infra alla lettera che segue). È stato osser-vato che il consigliere, di fronte ad una tale proposta di deliberazione dovrebbeastenersi dal voto, facendo constare a verbale il proprio dissenso ed adoperarsi perfar rifiutare, da parte degli organi dell’ente sovvenzionato, l’aumento della sovven-zione.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 28

(39) Cass. civ., III, 10 dicembre 1971, n. 3578, in Cons. St., 1972, II, pag. 102; Id., I, 16 maggio 1972, n.1472, ivi, 1972, II, pag. 915; Id. 22 maggio 1972, n. 2068, ivi, 1972, II, pag. 1039; Id. 11 agosto 1977, n.3707, ivi, 1978, II, pag. 172. Pertanto, non costituisce sovvenzione, non rivestendo i requisiti dellacontinuità, il contributo che sia versato una tantum dal Comune o dalla Provincia a favore di altroente, ancorchè il pagamento debba essere effettuato periodicamente in varie rate (Cass. civ., 10 set-tembre 1968, n. 2918, cit.); nè costituisce sovvenzione, per mancanza del requisito della discreziona-lità, il versamento dei contributi che l’ente locale effettua a favore dell’INAM per l’assicurazione deisuoi dipendenti, sia perché detti contributi costituiscono il corrispettivo dell’assicurazione e, media-mente, delle prestazioni che da questa derivano a carico dell’istituto, sia perché, sotto il profilo sog-gettivo, il titolo dell’obbligazione contributiva risiede nella mera qualità di datore di lavoro che l’en-te assume nel relativo rapporto (Cass. civ., I, 22 luglio 1968, n. 2426, in Nuova Rass., 1969, pag. 1123).(40) Cfr. Cass. civ., I, 18 febbraio 1982, n. 1015, in Cons. St., 1982, II, pag. 697.(41) GIOVENCO-ROMANO, L’ordinamento com., cit., pag. 489.(42) MILITERNI-SAPORITO, op. cit., pag. 128.

Enti nei confronti dei quali l’ente locale eroga sovvenzioni, per lo svolgimento di at-tività che rivestono particolare interesse per l’ente erogatore, possono considerarsi:

- le Pro-loco, associazioni privatistiche aventi per scopo lo sviluppo dell’attività tu-ristica43;

- le aziende di promozione turistica (che hanno preso il posto dei soppressi enti pro-vinciali per il turismo e delle aziende autonome di cura, soggiorno e turismo). Neiriguardi di tale aziende è da rilevare che non costituiscono sovvenzione i conferi-menti cui sono obbligatoriamente tenuti il Comune o la Provincia, ai sensi del r.d.l.1425 del 1938 o delle successive leggi regionali, che hanno disciplinato la materia;resta ferma la condizione del non superamento della quota del dieci per cento del-le entrate per l’eventuale erogazione facoltativa;

- le società sportive, cui il Comune o la Provincia consentano l’uso di attrezzatureed impianti di loro proprietà, per il miglioramento fisico e per l’educazione spor-tiva della cittadinanza44.

Si rammenta, infine, che una speciale causa di incompatibilità è disciplinata dal succes-sivo art. 63, comma primo, n. 3, nei riguardi del consulente, che presta la propria operanegli enti, istituti o aziende vigilati o sovvenzionati dal Comune o dalla Provincia.

La causa di incompatibilità, qui in trattazione, prevede due distinte fattispecie, e cioè:a) l’incompatibilità del titolare, amministratore e dipendente con poteri di rappre-

sentanza o di coordinamento, che hanno parte, direttamente o indirettamente, inservizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti nell’interesse del Comuneo della Provincia;

b) l’incompatibilità del titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappre-sentanza o di coordinamento che hanno parte, direttamente o indirettamente, insocietà volte al profitto dei privati, sovvenzionate dal Comune o dalla Provinciain modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di unalegge dello Stato o della Regione.

Servizi effettuatiper conto del comune

1.5. LE CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ29 L’ELEZIONE

(43) Cass. civ., I, 17 luglio 1986, n. 4260, in Cons. St. , 1986, II, pag. 1500.(44) Cass. civ., I, 19 aprile 1979, n. 2201, in Mass. Giust. civ., 1979, pag. 973.

B) Incompatibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comuna-le, provinciale e circoscrizionale di colui che come titolare, amministratore, dipenden-te con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamen-te, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, rispettivamente, nel-l’interesse del Comune o della Provincia, ovvero in società ed imprese volte al profitto deiprivati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non sia-no dovute in forza di una legge dello Stato o della Regione fatta eccezione per i comunicon popolazione non superiore a 3.000 abitanti qualora la partecipazione dell’ente localedi appartenenza sia inferiore al 3 per cento e fermo restando quanto disposto dall’ artico-lo 1, comma 718, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (art. 63,comma primo, n. 2)

Per titolare deve intendersi il proprietario della ditta individuale, mentre conil termine amministratore si fa riferimento a chi, nell’ambito delle persone giu-ridiche o delle associazioni non riconosciute, svolge funzioni di amministrazio-ne attiva; con la limitazione ai dipendenti con poteri di rappresentanza o dicoordinamento, l’incompatibilità non colpisce tutti i dipendenti, ma soltanto idirigenti, aventi poteri rappresentativi e di coordinamento.

Incompatibilità di chi ha parte in servizi, esazione di diritti, somministrazioni ed appalti

Sono riconducibili in questa categoria e, quindi, incompatibili:- gli appaltatori o concessionari o gestori, anche di fatto del servizio di trasporti

pubblici: alunni, infermi, funebri, ecc.;- i professionisti che svolgono, con continuità, attività per conto del Comune o del-

la Provincia. Nell’esazione di diritti si comprendono tutti coloro che partecipano alla riscossionedi imposte, tasse ed altri tributi degli enti locali (esattori, riscuotitori dei diritti di pub-bliche affissioni, dei pesi e misure, della tassa di occupazione di spazi ed aree pubbli-che, ecc.). A ben vedere, anche l’esazione dei diritti - che comunemente è qualificatocome servizio di esattoria - è riconducibile alla categoria dei servizi, di cui costituisceuna sottospecie, ma è stata autonomamente messa in evidenza, dal legislatore, per lasua rilevanza.Questa specifica causa ostativa è stata successivamente ribadita dall’art. 31, comma 3,lett. b), del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, ed ora dall’art. 2 del D.Lgs. 13 aprile 1999, n.112, che regola ex novo la materia.La citata disposizione, nel disciplinare il servizio di riscossione dei tributi e di altreentrate dello Stato e di altri enti pubblici, prescrive che non possono essere rappresen-tanti legali, amministratori o sindaci delle società ed istituti di credito che gestisconoil suddetto servizio, i membri dei Consigli o Giunte provinciali e comunali e dei re-lativi organi di controllo.Secondo la previgente normativa, a richiesta degli enti locali interessati, il concessio-nario del servizio di riscossione assumeva anche il servizio di tesoreria, comprenden-te sia le entrate diverse da quelle oggetto della concessione di esattoria ed il pagamen-to delle spese, nonché le altre incombenze demandate al tesoriere da norme legislati-ve e regolamentari (art. 32, comma 5, d.P.R. 43 del 1988). La materia è stata ridiscipli-nata dal D.Lgs. 77 del 1995, il quale, superando la segnalata separazione tra serviziodi esattoria e di tesoreria, dispone che Comuni e Province hanno un servizio di teso-reria, che compie le operazioni finanziarie dell’ente locale e finalizzate in particolarealla riscossione delle entrate, al pagamento delle spese, alla custodia dei titoli e valo-ri e agli adempimenti connessi previsti dalla legge, dallo statuto, dai regolamenti del-l’ente e dalla norme pattizie. Il servizio può essere affidato ad una banca o ad una so-cietà per azioni avente per oggetto la gestione del servizio, mediante le procedure adevidenza pubblica, stabilite nel regolamento di contabilità (artt. 208, 209 e 210 D.Lgs.267 del 2000). Pertanto, i tesorieri (ovvero gli amministratori ed i dipendenti con poteri di rappre-sentanza o di coordinamento degli istituti abilitati al servizio di riscossione e paga-mento) rientrano nella previsione normativa qui in esame, poiché essi sono abilitati asvolgere quella specifica attività, che concreta la fattispecie “esazione dei diritti”, og-getto di impedimento all’assunzione della carica di amministratore locale, e nella

MANUALE DEL CONSIGLIERE 30

Nel termine servizi vi si comprende “qualsiasi rapporto intercorrente con l’en-te locale, che, a causa della sua durata e della costanza delle prestazioni effet-tuate, sia in grado di determinare conflitto di interessi”, ossia ogni attività cheil Comune o la Provincia assumono per raggiungere i loro scopi istituzionali, ocomunque per realizzare con maggiore efficacia una qualsiasi utilità sociale(SAPORITO-PISCIOTTAALBANESE, Elezioni reg. ed amm., cit., pag. 115). Con-tenuto dei servizi è una prestazione di fare, senza elaborazione della materia,diretta a produrre una utilità, sia essa ad esecuzione prolungata, continuativao periodica.

quale sono da comprendersi sia la riscossione delle entrate, sia il pagamento dellespese dell’ente locale.In materia, sono stati dichiarati incompatibili (prima ineleggibili):

- il socio consigliere di amministrazione di una società a responsabilità limitata, in-caricata del servizio di tesoreria45;

- i soci di cassa rurale ed artigiana, assuntrice del servizio di tesoreria comunale, inquanto, pur non partecipando direttamente alla gestione, hanno interesse a “chela gestione della tesoreria sia attiva nel bilancio dell’ente, anche se economicamen-te onerosa per il Comune, laddove il Comune ha l’interesse contrario, del pari evi-dente, che la gestione della tesoreria pesi il meno possibile sul bilancio comuna-le”46.

Il conflitto di interesse tra l’ente e l’appaltatore è riscontrabile anche nel caso in cuil’opera è finanziata ed appaltata dallo Stato o dalla Regione, ma è a beneficio del Co-mune o della Provincia47.È incompatibile, non solo chi gestisce l’appalto, ma altresì chi lo gestisce attraverso in-terposta persona, a seguito di cessione del contratto, senza essersi però liberato dalleobbligazioni assunte verso l’ente appaltante48. Come è stato rilevato49, l’incompatibilità sorge con l’aggiudicazione dei lavori50 e ces-sa con l’ultimazione dei lavori e specificatamente con il collaudo, dato che solo la pro-batio operis con cui il committente constata che l’opera è stata compiuta a regola d’ar-te esonera l’appaltatore da responsabilità51.

1.5. LE CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ31 L’ELEZIONE

Con il termine appalti, il legislatore fa riferimento alla nozione delineata dal-l’art. 1655 cod. civ., che li definisce come quei contratti nei quali “una parte as-sume, con l’organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il com-pimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro”.

(45) Cass. civ., III, 5 dicembre 1962, n. 3275, in Nuova Rass., 1963, pag. 958.(46) Cass. civ., I, 10 ottobre 1958, n. 3139, in Foro it., 1958, I, c. 1411.(47) Cfr., in terminis, Cass. civ. 19 luglio 1948, n. 1167, in Riv. amm., 1949, pag. 91; Id., 10 novembre1961, n. 2617, in Cons. St., 1961, II, pag. 511, relativamente ai lavori appaltati e pagati dallo Stato, mache realizzavano un’opera di cui l’ente locale sarebbe divenuto beneficiario.(48) Corte d’appello Brescia, 20 agosto 1954, in Giur. it., 1955, I, 2, c. 1000; Cass. civ., I, 11 marzo 1980,n. 1622, in Foro it., 1980, I, c. 1664.(49) SAPORITO-PISCIOTTA-ALBANESE, Elezioni reg. ed amm., cit., pag. 118.(50) Cass. civ. I, 31 gennaio 1969, n. 288, in Mass. giust. civ., 1969, pag. 149.(51) Cass. civ., I, 10 ottobre 1958, n. 3193, in Foro it., 1950, I, c. 1411). Nè il collaudo può essere sosti-tuito dal certificato di ultimazione dei lavori, rilasciato dal direttore dei lavori, in quanto tale certifi-cato rappresenta solo uno degli atti inerenti al collaudo, che è procedimento ben più ampio e com-plesso (Cass. civ., 23 giugno 1972, n. 2092, citata da SAPORITO-PISCIOTTA-ALBANESE, op. loc. ult.cit., i quali sottolineano che non ha neppure rilievo il fatto che l’appaltatore si impegni formalmentea non muovere alcuna riserva all’atto del collaudo. Infatti, la rinuncia del solo appaltatore afar valere pretese nascenti dal rapporto non è idonea a definire il contratto di appalto, il quale essen-do di natura sinallagmatica, comporta obblighi e diritti per entrambe le parti e, quindi, pretese cheil Comune può far valere a sua volta nei confronti dell’appaltatore, con conseguente perdurare diuna potenziale situazione di conflittualità (sul principio, cfr. Corte d’appello di Catanzaro 23 febbra-io 1959, in Corr. amm., 1959, I, pag. 382. I citati autori riportano una interessante sentenza del Tribu-nale di Foggia - 8 aprile 1984, in Foro it., 1984, I, c. 198 - secondo il quale la consegna delle opere sen-za riserve, anche se non conclude il rapporto di appalto, è comunque rilevante per fare cessare il li-mite dell’elettorato passivo, posto dalla norma che si commenta.

La disputa circa l’ineleggibilità del coniuge dell’appaltatore è venuta meno, poichél’incompatibilità opera esclusivamente nei confronti dei titolari, amministratori e di-pendenti con poteri di rappresentanza o di coordinamento.

Non ha rilievo, invece, ai fini del radicarsi della causa ostativa, l’effettuazione di fornitu-re occasionali, come l’acquisto da parte dell’ente di materiale di cancelleria o simili dalconsigliere, titolare della ditta che effettua la prestazione. In tale caso, sorgeva - nel pas-sato - l’obbligo per il consigliere di astenersi dal prendere parte alle deliberazioni di im-pegno e di liquidazione, provvedimenti che non sono più di competenza del Consiglio.Si segnalano, infine, alcune fattispecie, che non concretano l’insorgenza di cause diineleggibilità (ora, incompatibilità):

- contratto di acquisto di un taglio di bosco ceduo comunale, in quanto si è realiz-zato l’effetto traslativo della proprietà con il contratto di compravendita52;

- contratto di concessione in affitto di una cava comunale, poiché le obbligazioni na-scenti dal contratto ed in esso prestabilite escludono potenziali conflitti53;

- contratto di locazione di immobile patrimoniale dell’ente, in quanto le relative ob-bligazioni stabilite sin dal momento del sorgere del rapporto, escludono da partedel Comune il controllo e la valutazione delle prestazioni54.

Incompatibilità di chi ha parte in società ed imprese sovvenzionate dall’ente territoriale

Si tratta dell’incompatibilità dei titolari, degli amministratori e dei dipendenti con po-teri di rappresentanza o di coordinamento delle società ed imprese volte al profittodei privati, sovvenzionate dal Comune o dalla Provincia in modo continuativo, quan-do le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della Regione.

La periodicità o la continuità della sovvenzione comporta la congruità della stessa,nel senso che deve essere correlata alle esigenze dell’ente sovvenzionato e non risol-versi in una contribuzione meramente simbolica. Qui, a differenza della precedentecausa ostativa, la quale pone il limite del 10 per cento del totale delle entrate dell’en-te (art. 63, comma primo, n. 1), non si specifica l’entità dell’elargizione, ma tuttavia sideve ritenere che essa, per poter determinare la causa preclusiva, debba essere tale daincidere in modo significativo sull’attività dell’impresa o società.Con l’innovazione apportata con l’art. 2, comma 42 del D. L. 29 dicembre 2010, n. 225(convertito in L. 26 febbraio 2011, n. 10) mentre per i Comuni con popolazione supe-riore a 3.000 abitanti si prescinde dall’entità della partecipazione, per i Comuni con po-polazione non superiore a 3.000 abitanti la causa ostativa opera soltanto qualora la par-tecipazione dell’Ente locale di appartenenza in società sia superiore al 3 per cento.Resta fermo quanto disposto dall’art. 1, comma 718, della legge 27 dicembre 2006, n.296, che così dispone: “Fermo restando quanto disposto dagli articoli 60 e 63 del testo uni-co di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, l’assunzio-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 32

Per somministrazioni debbono intendersi le prestazioni periodiche o conti-nuative di cose, verso un corrispettivo del prezzo (art. 1559 cod. civ.).

Nell’espressione “società ed imprese volte al profitto dei privati” e sovvenzionatedal Comune o dalla Provincia, si considerano solo le imprese e le società che ri-cevono periodicamente e con continuità elargizioni e contributi da parte deipredetti enti.

(52) Cass. civ., I, 11 dicembre 1971, n. 3599, in Mass. cass. civ., 1971, n. 355315.(53) Cass. civ., I, 11 agosto 1972, n. 2674, in Cons. St., 1972, II, pag. 1284.(54) Corte d’appello di Reggio Calabria, 23 gennaio 1958, in Repertorio giust. civ., 1959, pag. 958.

ne, da parte dell’amministratore di un ente locale, della carica di componente degli organi diamministrazione di società di capitali partecipate dallo stesso ente non dà titolo alla correspon-sione di alcun emolumento a carico della società”. Occorre, inoltre, precisare che si trattadi società ed imprese private, che perseguono scopi lucrativi, anche se svolgono atti-vità a rilevanza pubblica (tipico è il caso delle aziende private di trasporto pubblico,sovvenzionate dagli enti locali). Tra esse è dato annoverare:

- le imprese teatrali, cinematografiche ed in generale di pubblico spettacolo;- le società di calcio55 e le società sportive in genere;- le imprese operanti nel settore turistico.

Il comma 2 dell’art. 63 D.Lgs. 267 del 2000 dispone che la incompatibilità “non si appli-ca a coloro che hanno parte in cooperative o consorzi di cooperative, iscritte regolarmente neiregistri pubblici”. Questa disposizione trova la sua ratio nel fatto che dette società ten-dono a realizzare, diversamente dalle imprese a scopo di lucro, benefici comuni extra-capitalistici56. Si esclude, perciò, un conflitto di interessi tra cooperative ed enti locali,conflitto che è, ora, considerato eliminabile con il ricorso all’istituto dell’astensione57.Anche nei confronti della causa di incompatibilità, qui in esame, trova applicazionel’art. 67, che esclude l’incompatibilità quando gli incarichi e le funzioni siano conferi-ti ad amministratori in virtù di una norma di legge, statuto o regolamento, in connes-sione con il mandato elettivo.

L’incompatibilità si applica, accanto ai consulenti legali ed amministrativi, anche aiconsulenti tecnici, con la precisazione che, nonostante la formula legislativa, parli disole “imprese”, senza menzionare gli “enti, istituti o aziende” di cui all’art. 63, n. 1, e le“società”, di cui al n. 2 dell’art. 63, una tale interpretazione sia contraddetta dallo stes-so legislatore che, con il richiamo ai precedenti nn. 1 e 2 (lett. A e B) accomuna nel con-cetto di imprese tutti gli organismi sopra indicati.

La ratio della disposizione è da ricercare nell’intento di evitare un conflitto di interessi tra

1.5. LE CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ33 L’ELEZIONE

(56) Cass. civ., S.U., 8 giugno 1985, n. 3455, ivi, 1985, II, pag. 1551.(57) MILITERNI-SAPORITO, La nuova legge elett., cit., pag. 163; per la giurisprudenza, cfr. Cass. civ.,I, 7 aprile 1982, n. 2144, in Cons. St., 1982, II, pag. 1006, che ha ritenuto non ricorrere l’incompatibili-tà per i soci di cooperativa di credito incaricata del servizio di tesoreria comunale. Sotto la vigenzadella abrogata normativa, si propendeva, invece, per la sussistenza di una causa ostativa: Id., 10 giu-gno 1958, n. 1918, in Foro it., 1958, I, c. 1097, con riguardo ad una cooperativa di lavoro.

Per il radicarsi della causa di incompatibilità è richiesto che la sovvenzione ab-bia carattere discrezionale e facoltativo, non sia, cioè dovuta e, quindi, resa ob-bligatoria in base ad una legge dello Stato o della Regione.

C) Incompatibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comu-nale provinciale e circoscrizionale del consulente legale, amministrativo e tecnicoche presta opera in modo continuativo in favore delle imprese di cui alle precedenti lett.A e B (art. 63, comma primo, n. 3)

Secondo un corretto orientamento giurisprudenziale, è da ritenere che la causadi incompatibilità operi, non solo, nei confronti del consulente di imprese vigi-late o sovvenzionate dal Comune o dalla Provincia, ma altresì, a fortiori, nei ri-guardi del consulente del Comune o della Provincia (Cass. civ., I, 21 novembre1981, n. 6200, in Giust. civ., 1982, I, pag. 390).

l’ente locale e “soggetti che possono autorevolmente influenzare l’operato di enti, istitu-ti o aziende vigilati o sovvenzionati”58 ovvero di società e imprese che svolgono servizi,esazioni di diritti, somministrazioni od appalti a favore del Comune o della Provinciaovvero che ricevono sovvenzioni in via continuativa dai predetti enti locali territoriali.La legge richiede, ai fini dell’incompatibilità, che il consulente presti la propria opera “inmodo continuativo” e non con carattere saltuario e occasionale. È questa una condizionedi non facile determinazione e la cui indagine è demandata al giudice59, in quanto la con-tinuità della prestazione esclude i connotati della esclusività e della permanenza, propridel lavoro dipendente. Potrà trattarsi di una “serie di incarichi che si succedono in un ra-gionevole periodo di tempo, la cui durata sia proporzionale alla gravosità dell’incaricostesso, alla rilevanza esterna ed anche al potenziale contrasto di interessi”60 .

La normativa della L. 154 del 1981, è stata riprodotta dal testo unico degli enti locali,con l’esclusione del riferimento alla Regione, apportando le seguenti innovazioni:

a) la lite deve essere radicata e non solo eventuale;b) la causa ostativa è degradata da causa di ineleggibilità a causa di incompatibilità;

In ordine all’innovazione, relativa al concetto di lite pendente, il legislatore - superan-do una pluridecennale elaborazione giurisprudenziale che aveva posto l’accento sul-l’aspetto sostanziale del contrasto reale, o anche potenziale, di interessi idonei a deter-minare una situazione di conflitto tra eletto ed ente pubblico, pur se non formalizzatain una contesa giudiziaria in atto - ha inteso dare rilievo determinante, se non esclusi-vo, proprio al dato formale della pendenza attuale di un’effettiva controversia giudizia-ria, nella quale l’eletto sia parte contro l’ente, non a caso adoperando a tale fine il ter-mine “procedimento” civile o amministrativo, che non si presta ad essere interpretatoin senso più ampio di quello che risulta dal suo preciso significato tecnico-giuridico.Per quanto concerne la tipologia delle liti la nuova norma ricollega la fattispecie di in-compatibilità al duplice presupposto che sia stato iniziato un giudizio civile o ammi-nistrativo e che il Comune o la Provincia e l’eletto abbiano assunto la qualità di particontrapposte (se mancasse la contrapposizione non vi sarebbe lite). Da quanto detto, circa la limitazione della causa di incompatibilità soltanto alle liti“civili ed amministrative”, consegue la non rilevanza della lite pendente in sede pena-le, che nel passato era considerata causa di ineleggibilità. La scelta del legislatore sembra, perciò, opportuna, in quanto il giudizio penale èl’unico non rinunciabile dalla parte e, quindi, rappresenta un facile mezzo per rende-re incompatibili.Secondo un costante orientamento giurisprudenziale, la causa di incompatibilità di-veniva operante, qualora l’ente si costituisse parte civile, cumulandosi allora il pro-cedimento civile con quello penale. Ma con l’innovazione apportata dalla L. 24 apri-le 2002, n. 75, di conversione del D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, la costituzione di partecivile nel procedimento penale non costituisce più causa di incompatibilità, anche conriguardo ai procedimenti in corso.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 34

D) Incompatibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comu-nale provinciale o circoscrizionale di colui che ha lite pendente, in quanto parte in unprocedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il Comune o la Provincia(art. 63, comma primo, n. 4)

(58) MILITERNI-SAPORITO, op. cit., pag. 131.(59) SAPORITO-PISCIOTTA-ALBANESE, op.cit., pag. 173.(60) SAPORITO-PISCIOTTA-ALBANESE, op.cit., pag. 172.

Con la citata L. 75 del 2002, si è altresì stabilito che non costituisce più causa ostativala lite intentata con l’azione popolare, di cui all’art. 9 del D.Lgs. 267 del 2000, stru-mento di partecipazione popolare, che era sovente utilizzato al solo fine di rendere in-compatibile un candidato o un eletto.Sulla posizione di coloro che siano parte in un giudizio di responsabilità contabile-amministrativa esiste qualche perplessità di inquadramento della fattispecie. È statorilevato che vige, durante il giudizio stesso, l’incompatibilità ex art. 63, n. 4, del D.Lgs.267 del 2000, mentre, quando il giudizio si conclude e vi è una condanna e un debitoancora da estinguere, scatta l’incompatibilità ex art. 63, n. 5. Per il radicarsi della pendenza della lite, occorre che il rapporto processuale sia costi-tuito fra le parti, il che avviene in base all’atto di citazione, regolarmente notificatoalla controparte, i cui effetti si producono anche senza la costituzione e la comparsain giudizio del convenuto.61

L’interesse fatto valere in giudizio e che dà origine alla causa di incompatibilità deveessere, secondo i canoni della giustizia ordinaria ed amministrativa, attuale persona-le e diretto.Riguardo al Comune, l’interesse in causa deve riguardare l’ente o una Circoscrizione,non anche gli istituti o aziende da essa dipendenti, in quanto in tale evenienza l’art.78, comma 2 del D.Lgs. 267, fa obbligo al consigliere comunale di astenersi dal pren-dere parte alle relative deliberazioni62. Nei confronti del candidato, la causa di incompatibilità di cui trattasi deve riferirsinon ad un conflitto soltanto indiretto tra l’eletto e l’ente territoriale, ma esclusivamen-te ad un rapporto litigioso del quale sia parte l’eletto in persona propria. Pertanto, è stato ritenuto non sussistere la causa ostativa per lite pendente, nei con-fronti:

- dei soci e degli amministratori di una persona giuridica, allorché sia quest’ultima,quale soggetto giuridico distinto ed autonomo dalle persone fisiche dei suoi socied amministratori, ad avere lite pendente con il Comune o la Provincia63;

1.5. LE CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ35 L’ELEZIONE

L’ipotesi della lite pendente ricorre, altresì, non soltanto quando la lite si siaformalizzata in una controversia giudiziaria in senso stretto (davanti ad un giu-dice civile e amministrativo), ma anche se sia pendente un procedimento in se-de amministrativa contenziosa, come nel caso del ricorso straordinario al Pre-sidente della Repubblica avverso procedimento dell’ente territoriale, poichéanche in tal caso esiste una contrapposizione di parti nell’ambito dell’appositoprocedimento, instaurato al fine di risolvere una controversia tra pubblica am-ministrazione e privato ricorrente e tenuto conto, in particolare, per il ricorsostraordinario, della sua alternatività giurisdizionale al giudizio amministrativo(Cass. civ., I, 15 aprile 1982, n. 2262, in Cons. St., 1982, II, pag. 1011).

(61) PRINCIVALLE, Gli organi elettivi del Com. e della Prov., cit. , vol. I, pag. 105; Cass. civ., I, 29 luglio1954, n. 2777, in Repertorio Foro it., voce Elezioni, 1954, m. 39.(62) SPADACCINI, Ineleggibilità, cit., pag. 162.(63) Cass. civ., I, 29 maggio 1972, n. 1685, in Cons. St., 1972, II, pag. 989: nella specie, il giudizio pen-deva tra il Comune ed una Cassa rurale avente natura giuridica di società cooperativa a responsabi-lità limitata.

- del candidato che abbia promosso, quale rappresentante, nel nome e nell’interes-se altrui, una lite contro l’ente locale64;

- del candidato il cui padre abbia lite vertente con l’ente, a meno che alla di lui mor-te il figlio prosegua in qualità di erede, la lite65;

- del condomino, che sia rimasto estraneo alla lite instaurata da altro condominocontro il Comune66;

- dell’occupante abusivo di terreni di uso civico, anche qualora, al momento delleelezioni, sia in corso il procedimento amministrativo di liquidazione degli usi ci-vici, mancando, nella fattispecie, un rapporto processuale contenzioso.67

Deve, inoltre, ritenersi insussistente la lite pendente quando la lite appaia, anche adun esame non approfondito, manifestamente ed ictu oculi infondata ed artificiosa.

Qualora la parte abbia agito in giudizio con mala fede o colpa grave o senza la nor-male prudenza, instaurando una lite temeraria, il giudice può condannare l’agente alrisarcimento del danno (art. 96 cod. proc. civ.).

MANUALE DEL CONSIGLIERE 36

(64) Cass. civ., I, 11 aprile 1972, n. 1102, in Cons. St., 1972, II, p, 881: nella fattispecie, si controvertevase poteva considerarsi ineleggibile il procuratore di chi aveva lite pendente con il Comune; i giudicidi merito avevano escluso la causa di ineleggibilità (ora, di incompatibilità), esclusione confermatadalla Corte di cassazione.(65) MAZZOCCOLO, La nuova legge com e prov., cit., pag. 86; Cass. civ., I, 8 maggio 1987, n. 4243, inCons. St., 1987, II, pag. 1936). Viceversa, è stata ritenuta esistente lite pendente tra il Comune e la ma-dre dell’eligendo, in ordine ad un terreno da costei donato successivamente al figlio, con riserva diusufrutto, in quanto gli effetti della vicenda processuale vengono a prodursi direttamente nella sfe-ra dell’eligendo (Cass. civ., I, 26 ottobre 1977, n. 4593, ivi, 1977, II, pag. 328).(66) Cass. civ., I, 26 giugno 1971, n. 2024, in Foro amm., 1972, I, pag. 298.(67) MILITERNI-SAPORITO, op. cit., pag. 139.

Per lite artificiosa s’intende quella fatta sorgere mediante la trasformazionedel vero e con la creazione di una situazione particolarmente vessatoria perl’eletto, in modo da costringerlo a proporre giudizio davanti all’autorità giudi-ziaria ordinaria o davanti ad un giudice amministrativo o con l’addebitare al-l’eletto un comportamento inesistente, prospettato in maniera tale da far appa-rire legittima la lite proposta dall’ente locale.

Lite manifestamente infondata è quella in cui si faccia valere una pretesa che,anche ad un esame superficiale, appaia priva del benchè minimo fondamento oper la inesistenza o impossibilità del petitum o per la mancanza della causa pre-tendi. (Cass. civ., I, 14 gennaio 1958, n. 76, in Nuova Rass., 1958, pag. 1690; Id., 9novembre 1968, n. 3710, ivi, 1969, pag. 1860; Id., III, 10 dicembre 1971, n. 3579,in Cons. St., 1972, II, pag. 102; Id., 17 aprile 1992, n. 4724, ivi, 1992, II, pag. 1477.)

È considerata lite temeraria e quindi foriera di danno erariale la lite intentata ola resistenza in giudizio decisa da un pubblico amministratore tutte le volte incui sia evidente che le ragioni dell’ente sono ictu oculi indifendibili, essendoravvisabile in ciò una condotta mossa dal solo intento di dilazionare nel tempoil riconoscimento di un credito privato che invece deve ritenersi fondato e cometale da soddisfare con tempestività onde evitare che gli aggravi di spesa che dal-la resistenza in giudizio inevitabilmente deriverebbero (Corte conti, Sez. giur.Reggio Calabria, 21 febbraio 2006, n. 249, in Foro amm.TAR, 2006, pag. 773)

Si ha cessazione della pendenza della lite, quando si verificano alcuni dei seguentifatti:

- sia emanata una sentenza di primo grado, anche non passata in giudicato;- si manifesti l’intenzione di abbandonare la lite. L’abbandono della lite, anche se

non risultante da atti formali, deve determinare, incontrovertibilmente, il concre-to venir meno del conflitto di interessi, come quando il comportamento delle par-ti, anche se successivo alle elezioni, sia indicativo della volontà di non proseguirela lite;

- si transiga tra le parti la lite. La transazione è efficace a condizione che sia accet-tata, con apposito provvedimento deliberativo (o determinazione dirigenziale)dell’ente territoriale;

- si abbia rinuncia alla lite. La rinuncia può essere proposta sia in sede civile, sia insede penale. Essa si concreta nella notificazione all’ente della volontà di rinuncia-re agli atti del giudizio ed a tutte le pretese introdotte con l’atto di citazione ed èoperativa anche senza l’accettazione della controparte68;

- l’interessato faccia atto di cessione della lite, purché non sia simulata, sia notifica-ta all’ente e da questi accettata;

- il consigliere presenti le dimissioni dalla carica. Con la nuova procedura dell’isti-tuto non è più richiesta, per l’operatività delle dimissioni, l’accettazione delle stes-se, mediante la presa d’atto.

Lite tributaria

Sotto la vigenza dell’abrogata normativa che, originariamente, prevedeva l’ineleggi-bilità per tutti coloro che avessero lite pendente con il Comune o la Provincia, costi-tuiva fonte di gravi incertezze interpretative la pendenza della lite tributaria .Si trattava, il più delle volte, di accertamenti tributari per imposte e tasse comunali,artatamente elevati in modo da costringere il contribuente ad interporre ricorso e por-si, così, automaticamente, sia come candidato sia come eletto, in una situazione diineleggibilità.Per quanto concerne le lite tributarie con il Comune fu dettata apposita normativacon l’articolo unico della L. 25 febbraio 1971, n. 67, riprodotto nel testo unico a com-pletamento della causa ostativa.Tale normativa, tuttavia, deve ritenersi non più applicabile, in base al nuovo ordi-namento del contenzioso tributario, che prevede Commissioni tributarie provinciali,in primo grado, sedenti nel capoluogo di ogni Provincia e Commissioni tributarie re-gionali, in secondo grado, presso ogni capoluogo di Regione, istituite con decreto delMinistro delle finanze, di concerto con i Ministri del tesoro e di grazia e giustizia.

Esimente per fatto connesso con l’esercizio del mandato

L’ultimo comma dell’art. 63 del D.Lgs. 267 del 2000 stabilisce che l’incompatibilitàprevista per coloro che hanno lite pendente “in quanto parte in un procedimento civile odamministrativo” non si applica “agli amministratori”, se la lite è conseguenza di “fattocommesso con l’esercizio del mandato”.La ratio di questa specifica esimente di incompatibilità per gli amministratori degli

La cessazionedella causaostativa

1.5. LE CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ37 L’ELEZIONE

(68) cfr., Cass. civ., II, 13 settembre 1996, n. 8271, in Cons. St., 1997, II, pag. 242, che ha ritenuto ope-rante la rinuncia presentata, nella seduta di convalida, senza necessità del compimento delle forma-lità necessarie per la dichiarazione di estinzione del processo; Id., I, 30 aprile 1992, n. 516, ivi, 1992,II, pag. 1491.

enti locali è quella di evitare che una censura, anche infondata, sull’operato di questepersone determini il loro allontanamento dalla carica, anche se non è ancora accerta-ta la loro responsabilità; deve, però, trattarsi di “fatto connesso all’esercizio del manda-to”, perché, nel caso contrario, si avrebbe incompatibilità.Pertanto, durante la pendenza della lite, compresa quella penale, con costituzione diparte civile da parte dell’amministrazione, opera l’esimente di cui sopra, a condizio-ne che il fatto oggetto di contestazione risulti connesso con l’esercizio del mandato,nel senso che deve trattarsi di fatti strettamente legati ai compiti istituzionali del con-sigliere, tra i quali sono da comprendersi quelli che sono diretti a tutelare gli interes-si della collettività.In questa direzione, è stato riconosciuto il carattere di fatto connesso al mandato al ri-corso straordinario proposto al Capo dello Stato da un consigliere avverso alcune de-liberazioni consiliari assunte in ordine alla rideterminazione della pianta organica69.Parimenti, è stata esclusa la causa ostativa nel caso in cui il consigliere impugni da-vanti al Tribunale amministrativo regionale una deliberazione di approvazione di unprogetto edificatorio, ove risulti che l’impugnazione medesima sia proposta a tutelaesclusivamente di interessi generali, quali quelli attinenti al diritto alla salute ed al-l’integrità dell’ambiente70. Si è in un primo momento ritenuta sussistente l’esimente in parola, nell’ipotesi in cui,l’amministratore, chiamato in giudizio per la restituzione di somme relative all’in-dennità di carica, che si presumono indebitamente riscosse, controdeduca di trovar-si in presenza di un fatto connesso all’esercizio del mandato. Successivamente, è sta-to però sostenuto che il compenso o l’indennità di carica attiene ad una situazione acontenuto patrimoniale che riguarda la persona dell’amministratore, e non riguardal’espletamento di funzioni istituzionali del consigliere, non essendo finalizzata al per-seguimento di interessi generali dell’ente territoriale o della collettività71.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 38

E) Incompatibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comu-nale, provinciale o circoscrizionale di colui che, per fatti compiuti allorchè era ammi-nistratore o impiegato, rispettivamente, del Comune o della Provincia o ovvero di isti-tuto o azienda da essi dipendenti o vigilati è stato, con sentenza passata in giudicato,dichiarato responsabile verso l’ente, istituto o azienda e non ha ancora estinto il debito(art. 63, comma primo, n. 5)

È stato deciso che non sussiste incompatibilità e ricorre l’esimente per fattoconnesso al mandato nel caso in cui l’oggetto della lite riguardi l’impugnazio-ne, davanti al giudice amministrativo, della revoca del mandato di assessoreconferito al consigliere (in Comune con popolazione inferiore a 15.000 abitan-ti) successivamente alla sua elezione, trattandosi di controversia che trascendel’interesse personale del soggetto in quanto finalizzato ad assicurare il corret-to funzionamento della p.a. e con esso l’interesse della comunità locale o co-munque della parte rappresentata (Cass. Civ. I, 16 agosto 2006, n. 16956, in Fo-ro amm. CDS, 2006, pag. 2510.).

(69) Risposta a quesito formulato dalla Dir. Gen. dell’Amm. Civ. dell’interno - Ufficio Rapporti conle autonomie, in data 11 aprile 1997, riportata da SARTI, Incandidabilità, cit. , pag. 108.(70) Cass. civ., I, 22 giugno 1985, n. 3576, in Cons. St., 1985, II, pag. 1516.(71) Cass. Civ., I, 27 febbraio 2008, n. 5211, in Foro amm. CDS, 2008, pag. 1037.

La ratio della norma è da ricercare nel fatto che la posizione di debitore rispetto all’en-te produce un conflitto di interessi, per cui è naturale che non possa continuare a farparte dell’ente chi incorre nella responsabilità civile o amministrativa72.Da altri, la ragione è stata rinvenuta nell’opportunità di impedire che un amministra-tore, dimostratosi incapace di gestire la cosa pubblica, possa accedere, di nuovo, allacarica di cui si è dimostrato incapace73.Per quanto concerne l’individuazione delle aziende ed istituti, sottoposti alla dipen-denze o alla vigilanza di Comune e Provincia, si rileva che qui il legislatore ripete lo-cuzioni già in precedenza richiamate, e precisamente nelle cause ostative di cui all’art.60, n. 11 ed all’art. 63, n. 1 .

La causa ostativa opera soltanto per l’ente territoriale, nei confronti del quale si è sta-ti dichiarati responsabili (o il Comune o la Provincia), non nei confronti degli altri en-ti locali; di tal che se la sentenza colpisce un impiegato o un amministratore del Co-mune, questi può candidarsi ed essere eletto alla Regione ed alla Provincia e così via.Come rilevato, la causa di incompatibilità si radica, non in virtù della semplice dichia-razione di responsabilità (come era nel passato), ma soltanto a seguito di appositasentenza passata in giudicato, che dichiari la responsabilità dell’amministratore odell’impiegato verso il Comune o la Provincia, o verso gli istituti o le aziende da essidipendenti o vigilati.Dal che consegue che:

- con la dizione “sentenza passata in giudicato” il legislatore ha inteso riferirsi alla re-sponsabilità civile o contabile, di competenza, rispettivamente, del giudice ordina-rio e di quello contabile (Corte dei conti);

- la semplice dichiarazione di responsabilità, che instaura il giudizio, potrà dar luo-go alla incompatibilità per lite pendente, di cui al precedente n. 4, dell’art. 63;

- non ha rilevanza l’eventuale giudizio per revocazione, che pende contro una sen-tenza definitiva74; ha, invece, rilievo il giudizio per cassazione, instaurato ai sensidell’art. 111 Cost.75;

1.5. LE CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ39 L’ELEZIONE

Con il termine istituto, la normativa comprende quelle entità, diverse dal con-sorzio e dall’azienda, che si trovano in rapporto di dipendenza dal Comune odalla Provincia, creando, in tal modo, una categoria residuale, comprensivadella vasta gamma di quelle persone di fatto, nascenti per il soddisfacimento ditalune esigenze delle collettività locali, quali le istituzioni di cui all’art. 114D.Lgs. 267 del 2000 (già art. 23, L. 142).

Con la locuzione aziende il legislatore intende chiaramente riferirsi alle azien-de speciali che i Comuni, nella loro autonoma organizzazione, potevano nelpassato costituire per l’esercizio dei servizi pubblici a prevalente carattere in-dustriale (trasporti, acqua, luce, gas, servizi pubblici in genere); ora, le aziendespeciali svolgono un ruolo più modesto, ossia quello di gestire servizi privi dirilevanza economica (art. 113-bis, del D.Lgs. 267).

(72) SAREDO, La nuova legge sull’ammin. comunale e prov., cit., Appendice, Torino, 1894, pag. 271. (73) MILITERNI-SAPORITO, La nuova legge elett., cit., pag. 153.(74) Consiglio di Stato, I, 7 maggio 1957, n. 737, in Cons. St., 1958, I, pag. 239.(75) Consiglio di Stato, Ad. plen., 23 marzo 1979, n. 12, in Cons. St., 1979, I, pag. 321.

- l’incompatibilità opera anche nell’ipotesi in cui l’amministratore o l’impiegato sia-no stati dichiarati responsabili, con sentenza passata in giudicato, in qualità dicontabili di fatto, per indebito maneggio del denaro di pertinenza del Comune odella Provincia o degli istituti o aziende da essi dipendenti o vigilati76.

La rimozione di questa causa ostativa a ricoprire una carica elettiva negli enti localiterritoriali, avviene esclusivamente con l’estinzione del debito, come dispone espli-citamente il legislatore, il quale commina l’incompatibilità all’amministratore o im-piegato che “non ha ancora estinto il debito”, per cui sono state superate le dispute, inprecedenza sostenute, circa la perpetuità o la temporaneità dell’efficacia dell’incom-patibilità.Qualora nascano difficoltà per l’estinzione del debito, in quanto l’ente creditore frap-ponga ostacoli al pagamento, occorre fare ricorso alla procedura prevista dal codicecivile per la mora del credito; trattandosi di obbligazioni aventi ad oggetto denaro, sa-rà necessario procedere alla cosiddetta offerta reale, ai sensi dell’art. 1209 del codicecivile, e degli artt. 73, comma primo e 74 del r.d. 30 marzo 1942, n. 318, recante dispo-sizioni per l’attuazione del codice civile. Se l’ente rifiuta l’offerta, il debitore può ese-guire il deposito, con i requisiti di cui all’art. 1212 cod. civ.

Sono previste due distinte fattispecie: quella del debito per qualsiasi natura e quelladel debito per imposte, tasse e tributi, che esamineremo separatamente.

Incompatibilità per debito di qualsiasi natura

Iniziando dalla prima, si rileva che, quantunque la ratio dell’incompatibilità sia quel-la di evitare un conflitto di interessi, che si presume possa sussistere o venire in rilie-vo, tra l’eletto e l’ente, perché si concretizzi la causa ostativa non è sufficiente la veri-fica dell’esistenza di un debito nei confronti dell’ente, ma è necessario che il debito sialiquido ed esigibile e che il debitore sia stato legalmente messo in mora.

Circa il quantum, ovvero l’ammontare del debito, è stato precisato che anche un debi-to di esiguo ammontare è idoneo e sufficiente a determinare l’applicazione della san-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 40

F) Incompatibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comu-nale, provinciale e circoscrizionale di colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, ri-spettivamente verso il Comune o la Provincia ovvero verso istituto o azienda da essi di-pendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibi-le per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notifica-zione dell’avviso di cui all’art. 46 del D.P.R. 20 settembre 1973, n. 602 (art. 63, com-ma primo, n. 6)

Il debito è liquido quando è determinato nel suo ammontare (ovvero è deter-minabile con semplice calcolo aritmetico) ed il debitore sia esattamente indivi-duato.

Il debito è esigibile quando è già maturato e non è sottoposto a termine od acondizione.

(76) Consiglio di Stato, I, 8 gennaio 1957, n. 2206, in Cons. St., 1957, I, pag. 1035.

zione; infatti, è stato deciso che, se anche un debito di scarsissima entità non determi-ni un “serio conflitto di interessi, tuttavia non facendo la legge alcuna distinzione,non è dato all’interprete di fissare limiti quantitativi, per cui anche se il debito è disomma minima l’ineleggibilità (ora, incompatibilità) si applica egualmente”77. Oltre alla liquidità ed esigibilità del debito, occorre - come sopra rilevato - la messain mora del debitore, consistente nella “intimazione o richiesta per iscritto” di adem-piere all’obbligazione, ai sensi dell’art. 1219 del codice civile.La costituzione in mora non è necessaria e si verifica di per se stessa, nelle seguentifattispecie:

- quando il debito deriva da fatto illecito;- quando il debitore ha dichiarato per iscritto di volere eseguire l’obbligazione;- quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del

creditore.La richiesta fatta per iscritto dal Comune al titolare di concessione edilizia per il pa-gamento di una somma a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione, con l’av-vertenza che, in caso di mancato pagamento, si sarebbe proceduto al recupero dellasomma, ai sensi dell’art. 16 della L. 28 febbraio 1985, n. 47, è sufficiente per costituirein mora il debitore, ai sensi dell’art. 1219 cod. civ.,

Incompatibilità per debito tributario

Con quest’ultima disposizione (relativa alla messa in mora del debitore per tributiprovinciali e comunali) introdotta dalla L. 280 del 1971, si è risolta una annosa que-stione, quale era quella relativa alla sussistenza della causa di ineleggibilità del debi-tore per imposta.Secondo quanto disposto dalla nuova normativa, la costituzione in mora dei debitoriper tributi avviene con la notificazione, da parte dell’esattore, di un avviso contenen-te l’indicazione del debito, distintamente per imposta, indennità di mora e spese el’invito ad adempiere entro il termine di cinque giorni (art. 46, comma primo, deld.P.R. 602 del 1973). L’avviso di mora permane anche nel nuovo regime di riscossio-ne mediante ruolo (d.P.R. 28 giugno 1988, n. 43, artt. 63 segg. ed ora art. 17 segg.D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46). La riforma tributaria del 1971 ha notevolmente ridotto la capacità impositiva degli en-ti locali, dimodoché questa causa ostativa, relativamente al debito di imposta, ha scar-sa applicazione, anche se è in previsione l’ampliamento della sfera impositiva deglienti locali.È evidente, quindi, che ampliando tale principio alle imposte erariali, nelle quali l’en-te locale ha ora compartecipazione ovvero partecipa al loro accertamento, la catego-ria dell’incompatibilità per debito tributario verrebbe notevolmente estesa.Nei riguardi dei tributi o dei crediti che venivano riscossi con liste di carico, elenchi ereversali, trova applicazione la procedura generale, secondo la quale, anche per la ri-scossione delle entrate diverse dalle tasse e dalle imposte indirette, il concessionariodel servizio si serve del ruolo, per la cui formazione e riscossione delle somme iscrit-te si applicano le disposizioni generali, vigenti in materia, con conseguente messa inmora, con le modalità sopra illustrate.Questa causa di incompatibilità è rimossa, al pari di quella esaminata alla lettera cheprecede, con il pagamento del debito.

Rimozione

1.5. LE CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ41 L’ELEZIONE

(77) DAVOLI, Le nuove norme, cit., pag. 107, che cita Corte d’appello di Roma, 10 marzo -23 aprile1966.

In merito, è stato deciso che ai particolari fini della tempestiva eliminazione della cau-sa ostativa derivante da una situazione debitoria verso l’ente, non può aversi riguar-do sic et simpliciter alla stretta e rigorosa osservanza delle norme che disciplinano, sulpiano civilistico, il perfezionamento della fattispecie estintiva dell’obbligazione di pa-gamento, essendo invece necessaria, di volta in volta, un’indagine concreta, diretta adaccertare se la situazione debitoria possa, o meno, ritenersi sostanzialmente ancoraesistente al momento della convalida degli eletti.78

Nella fattispecie, la causa estintiva è stata ritenuta perfetta con la spedizione entro ilgiorno della convalida, di un vaglia per l’importo del debito, ancorché il pagamentocome atto solutorio, si fosse perfezionato il giorno successivo a quello predetto; conriferimento a detta ipotesi, si è precisato altresì che se l’interessato avesse esercitato lafacoltà di revoca dopo il momento della convalida e fosse riuscito ad impedire la con-segna del vaglia alla tesoreria comunale, la sua posizione debitoria sarebbe riemersa,trasformandosi in causa di decadenza dall’ufficio di consigliere comunale.

Le cause di ineleggibilità che sopravvengono successivamente alle elezioni, cioè nelcorso del mandato, degradano a cause di incompatibilità e ricevono lo stesso tratta-mento giuridico di queste ultime; ai fini della rimozione, si ha pertanto, la trasforma-zione delle cause di ineleggibilità in cause di incompatibilità.La trasformazione delle ineleggibilità sopravvenute in incompatibilità è prassi or-mai consolidata del Parlamento, specie con riguardo ai parlamentari che vengonoeletti alle cariche di Sindaco, nei Comuni con oltre 20.000 abitanti, o di Presidente del-la Provincia, ai quali è concesso un termine, di regola di quindici giorni, entro il qua-le possono esercitare la facoltà di scelta per una delle cariche79.La ratio della disposizione è chiara: poiché le cause di ineleggibilità mirano ad evita-re che possano partecipare alla competizione elettorale candidati che possono in-fluenzare la volontà del corpo elettorale, il successivo verificarsi di una di codestecause, non comporta più alcun pericolo di turbativa. Inoltre, considerato che le cause di ineleggibilità possono essere rimosse, come unodei modi previsti dalla legge (dimissioni, trasferimento, revoca dell’incarico o del co-mando, collocamento in aspettativa) soltanto prima delle elezioni (e precisamente,non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature) se si verificano suc-cessivamente, sarebbe scaduto il termine per la loro rimozione.

Questa disposizione produce una grave incongruenza - nei Comuni con meno di15.000 abitanti il cui statuto preveda la nomina di assessori esterni - ed è questa: sel’assessore, già consigliere, è successivamente revocato dal Sindaco o si dimette dallacarica di assessore, egli non viene più ripristinato nella carica di consigliere in prece-denza ricoperta.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 42

G) Incompatibilità alla carica di Sindaco, Presidente della Provincia, consigliere comu-nale, provinciale e circoscrizionale di colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsiin una condizione di ineleggibilità previste nei precedenti articoli (art. 63, comma pri-mo, n. 7)

H) Incompatibilità tra le cariche di consigliere e assessore

(78) Cass. civ., I, 22 luglio 1977, in Giur. it., 1979, I, 1, c. 197.(79) Cfr. BUONOMO, La trasformazione delle cause di ineleggibilità sopravvenute in cause di incompatibi-lità, in Nuova Rass., 2004, pag. 2629.

Questa anomalia la si sarebbe potuta evitare se il legislatore avesse fatto ricorso al-l’istituto della supplenza, introdotto dall’art. 21 della l. 81 del 1993 (ora, art. 45, com-ma 2), consentendo al consigliere nominato assessore di essere sospeso dal seggio diconsigliere e di entrarne nuovamente in possesso, alla cessazione della causa di so-spensione.Si discute se la incompatibilità tra le cariche di consigliere e di assessore operi soltan-to nei confronti di un medesimo ente oppure anche tra enti diversi, ossia tra consi-gliere in un Comune o in una Provincia e di assessore comunale o provinciale in altroComune o in altra Provincia, questione che assume, ora, particolare rilievo, in presen-za della nuova disposizione del t.u., il quale nella rubrica del citato articolo 64 parladi incompatibilità che si verificano “nella rispettiva Giunta”.È da ritenere, tuttavia, stante la identità della formulazione normativa, rispetto allaprecedente, che la incompatibilità, qui stabilita, valga anche per quest’ultima ipotesi,in virtù della incompatibilità generale stabilita, sia pure con riguardo alla carica diconsigliere, dall’art. 65, comma 2, che sancisce l’impossibilità di ricoprire la stessa ca-rica di consigliere in enti dello stesso genere80.Non esiste, invece, incompatibilità tra la carica di consigliere comunale e di assessoreprovinciale e viceversa, ossia di assessore comunale e di consigliere provinciale, nonprevedendo la legge alcuna causa ostativa a ricoprire in enti di diverso livello locale,cariche diverse; infatti, la norma che stabiliva l’incompatibilità tra la carica di consi-gliere provinciale con quella di Sindaco o di assessore di un Comune della Provincia,è stata abrogata dall’art. 10 della l. 154 del 1981.Parimenti è compatibile la carica di assessore provinciale con quella di Sindaco, a se-guito dell’espressa abrogazione della previsione contenuta nell’art. 6 d.P.R.. 570, adopera dell’art. 21 della l. 265 del 1999.

Il comma 4 dell’art. 64 contempla una causa di incompatibilità, oggetto della presen-te indagine, ed un divieto, che esamineremo alla lettera che segue. In base al primo divieto, non è consentito di far parte della stessa Giunta:

- al coniuge;- agli ascendenti;- ai parenti;- agli affini fino al terzo grado,

con il Presidente della Provincia o il Sindaco. Si tratta di una causa ostativa sui generis, non riconducibile alla categoria delle ineleg-gibilità, né a quella delle incompatibilità, che sono sempre sanabili, sia pure con di-verse modalità, poiché si tratta di una relazione fra congiunti, finalizzata non già adeliminare un conflitto di interessi tra ente ed eletto o ad evitare la captatio benevontiae,ma ad evitare, specie nei piccoli Comuni, che la Giunta diventi un organismo a pre-valente carattere familiare.

1.5. LE CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ43 L’ELEZIONE

I) Incompatibilità tra componenti della stessa Giunta

L) Incompatibilità con la carica di consigliere regionale

(80) Cosi, Risoluzione del Ministero dell’interno, Direzione centrale delle Autonomi, 9 maggio 1995,n. 15.000- bis/20102, in Il Sole 24 Ore, 17 giugno 1996, L’esperto risponde, n. 48, pag. 1101.

Il primo comma dell’art. 65, d.lg. 267 del 2000 sancisce la semplice incompatibilità trala carica di Sindaco, di assessore comunale, di Presidente della Provincia, di assesso-re provinciale con la carica di consigliere regionale.Pertanto, trattandosi di incompatibilità che viene ad esistenza soltanto al momentodell’elezione, gli amministratori che ricoprano le su indicate cariche e che si candida-no alla carica di consigliere regionale, continuano ad esercitare il loro ufficio sino allaproclamazione degli eletti, giorno dal quale decorrono i dieci giorni entro i quali deb-bono cessare dalle funzioni, ossia con la presentazione delle dimissioni (art. 68, com-ma 4).

Trattando della ineleggibilità di cui all’art. 60, primo comma, n. 12, abbiamo rilevatoche, con riguardo al divieto di ricoprire la medesima carica in due enti della stessa na-tura, occorre distinguere tra l’ipotesi in cui le elezioni avvengano in epoche diverseoppure si svolgano contemporaneamente.Se si svolgono in epoche diverse, si verifica una vera e propria ineleggibilità, quelladi cui al citato art. 60, n. 12, sanabile - a nostro avviso - con le sole dimissioni dalla ca-rica.Se le elezioni si svolgono contemporaneamente, è previsto che ci si possa candidarein non più di due Città metropolitane, di due Province (art. 56, D.Lgs. 267), ma se siverifica l’elezione in entrambi gli enti dello stesso tipo, si verifica una causa di incom-patibilità, prevista dall’art. 65, comma 2, qui in esame e per ridondanza dalla secon-da parte dell’art. 56, citato.Per la rimozione della causa di incompatibilità è prevista una speciale procedura, di-sciplinata dall’art. 69 (ved., infra).

L’art. 6 della L. 24 gennaio 1979, n. 18, nel testo modificato dalla l. 8 aprile 2008, n. 90,sancisce l’incompatibilità tra la carica di membro del Parlamento europeo e quella diPresidente della Provincia e di Sindaco di Comune con più di 15.000 abitanti.Quando si verifichi una delle incompatibilità di cui sopra, il membro del Parlamentoeuropeo risultato eletto deve dichiarare all’ufficio elettorale nazionale, entro trentagiorni dalla proclamazione, quale carica sceglie.Qualora il membro del Parlamento europeo non vi provveda, l’ufficio elettorale na-zionale lo dichiara decaduto e lo sostituisce con il candidato che, nella stessa lista ecircoscrizione, segue immediatamente l’ultimo eletto.Il membro del Parlamento europeo dichiarato decaduto può proporre ricorso controla decisione dell’ufficio elettorale nazionale avanti la Corte di appello di Roma. Il ri-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 44

Mentre nei riguardi del Presidente della Provincia e degli assessori provincialila causa di incompatibilità ha carattere assoluto, nel senso che ha rilevanza neiconfronti di tutte le Regioni, per il Sindaco e l’assessore comunale si tratta diincompatibilità relative, che trovano applicazione soltanto nella Regione, nel-la quale i candidati alla carica di consigliere regionale ricoprono l’ufficio in Co-muni compresi nel territorio della Regione; costoro non incorrono nella incom-patibilità, se si candidano alla carica di consigliere in altra Regione.

M) Incompatibilità delle cariche di consigliere comunale, provinciale con quelle di con-sigliere comunale in altro Comune, di consigliere provinciale di altra Provincia

N) Incompatibilità della carica di Sindaco di Comune con più di 15.000 abitanti e diPresidente della Provincia con la carica di membro del Parlamento europeo

corso deve essere proposto a pena di decadenza entro venti giorni dalla comunicazio-ne della decisione.

Le cause di incompatibilità non inficiano l’atto elettivo, che è validamente venuto inessere, ma determinano l’impossibilità per l’eletto di ricoprire l’ufficio di Sindaco, diPresidente della Provincia, di consigliere comunale o provinciale, a meno che l’inte-ressato non provveda, nei termini prescritti, alla rimozione della causa determinatri-ce dell’incompatibilità, con le modalità indicate negli artt. 68, commi 3 e 4, e 69 D.Lgs.267 del 2000.Premesso che la causa di incompatibilità viene ad esistenza soltanto con l’elezione, inquanto proprio da quel momento si concretizza quella situazione di conflitto di inte-ressi tra l’ente e l’eletto, il legislatore stabilisce che:

- le cause di incompatibilità, sia che esistano al momento della elezione, sia che so-pravvengano e

- le cause di ineleggibilità sopravvenute (le quali sono equiparate alle cause di in-compatibilità ved. art. 63, n. 7)

debbono essere rimosse - al fine di evitare la decadenza dalla carica - con le modali-tà stabilite per la rimozione delle cause di ineleggibilità preesistenti alle elezioni (art.68, commi 3 e 4).Occorre subito precisare che i rimedi stabiliti per la rimozione delle cause di ineleggi-bilità - che sono: dimissioni, trasferimento, revoca dell’incarico o del comando, collo-camento in aspettativa - non sono applicabili a tutte le cause di incompatibilità.Infatti, l’incompatibilità per lite pendente (art. 63, comma 1, n. 4) si rimuove a segui-to di sentenza, anche solo di primo grado, con la rinuncia alla lite, la transazione, ecc.;quella per debito verso il Comune o la Provincia o istituto o azienda dipendente dal-lo stesso (art. 63. nn. 5 e 6) si rimuove con il pagamento.Pertanto, i suindicati rimedi (dimissioni, trasferimento, revoca del comando o dell’in-carico, aspettativa) trovano applicazione soltanto per le cause di incompatibilità dicui ai nn. 1, 2 e 3 dell’art. 63, in quanto, in queste fattispecie, ci si trova in presenza diuffici (carica di amministratore, dipendente, socio, consulente di determinati enti, isti-tuti, aziende, imprese) che, qualora siano assunti da persona che ricopre anche la ca-rica di Sindaco, di Presidente della Provincia o di consigliere, determinano l’insorge-re di una contaminazione di interessi con il Comune o la Provincia e gli enti, istituti,aziende da essi dipendenti.L’ultimo comma dell’art. 68 D.Lgs. 267 del 2000 specifica che la cessazione dalle fun-zioni deve avere luogo entro dieci giorni dalla data in cui è venuta a concretizzarsi lacausa ostativa. In merito, occorre rilevare che questa modalità (cessazione dalle funzioni) è applica-bile soltanto per le cause di incompatibilità da ultimo esaminate (quelle di cui all’art.63, nn. 1, 2 e 3), non certamente per quelle prima considerate (per lite pendente, de-bito).

1.6. LA RIMOZIONE DELLE CAUSE DI INCOMPATIBILITÀ45 L’ELEZIONE

1.6. La rimozione delle cause di incompatibilità

A tale proposito, c’è da chiedersi se anche nei confronti di queste ultime causeostative debba tenersi conto del limite temporale dei dieci giorni, decorrentidal giorno dell’insorgenza della causa ostativa (che è l’elezione), in cui devefarsi cessare l’impedimento (ossia procedere all’estinzione del debito, far cessa-re la lite). Riteniamo che alla domanda debba darsi risposta positiva, per cui iltermine di dieci giorni deve trovare applicazione generalizzata.

Inoltre, è necessario stabilire, sia che la causa di incompatibilità sia coesistente o pree-sistente alle elezioni, sia che l’incompatibilità sorga con l’elezione, da quale momen-to decorrano i dieci giorni, se da quello della proclamazione degli eletti, ovvero daquello della convalida degli eletti. Riteniamo che sia da preferire la tesi che conside-ra il momento della convalida degli eletti, ai fini della decorrenza del termine81.Se l’eletto non provvede ad eliminare, nei modi su indicati e nel termine di dieci gior-ni dalla convalida la causa di incompatibilità (preesistente od originaria) o la causa diineleggibilità sopravvenuta, trova applicazione il procedimento disciplinato dall’art.69, già art. 7, commi dal terzo all’ottavo, della L. 154 del 1981, e predisposto per po-ter addivenire alla eventuale dichiarazione di decadenza dalla carica di consigliere.

1.7.1. Composizione dei Consigli comunaliPrima della L. 81 del 1993, che ha introdotto l’elezione diretta del Sindaco l’ordina-mento elettorale comunale contemplava un duplice sistema, uno maggioritario, neiComuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e l’altro proporzionale, con listeconcorrenti negli altri Comuni.Il Sindaco e gli assessori erano nominati dal Consiglio nella sua prima adunanza do-po le elezioni.La legge 81 che disciplina l’elezione diretta del Sindaco e del Presidente della Provin-cia e collega strettamente la loro elezione a quella dei rispettivi Consigli, mantenen-do il sistema maggioritario, sia pure misto a proporzionale, per i Comuni con popo-lazione inferiore a 15.000 abitanti e quello proporzionale, con premio di maggioran-za, per i Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, e per le Province, nellequali è conservata la suddivisione per collegi.In conformità alla legge finanziaria per il 2010 (L. 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, com-ma 184), che ha operato un riduzione del 20 per cento del numero dei consiglieri82,

MANUALE DEL CONSIGLIERE 46

1.7. La composizione dei Consigli

(81) Come sostiene la Corte di cass. civ., I, 28 novembre 1981, n. 6337, in Giust. civ., 1982, I, pag. 395.(82) La riduzione è stata operata con arrotondamento all’unità superiore, non computando il Sinda-co; sul punto, cfr. MAGGIORA, La nuova compostone dei Consigli e delle Giunte degli enti locali, in Lostato civ. it., 2010, marzo, pag. 42. La riduzione del numero del consiglieri era stata prevista nel d.d.l.recante il nuovo Codice delle autonomie, su cui cfr. ITALIA, La riduzione del numero dei consiglieri, inNuova Rass., 2009, pag. 2089; CAMARDA, La riduzione del numero dei consiglieri comunali e provincialinel segno della riduzione del costo della politica e dell’efficienza dell’azione amministrativa, ivi, pag. 2090.

I Consigli comunali sono composti dal Sindaco e da:a) da 48 membri nei Comuni con popolazione superiore ad un milione di abi-

tanti; b) da 40 membri nei Comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti; c) da 36 membri nei Comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti; d) da 32 membri nei Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti o

che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia; e) da 24 membri nei Comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti; f) da 16 membri nei Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti; g) da 13 membri nei Comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti; h) da 9 membri negli altri Comuni.

Ai fini dell’assegnazione dei consiglieri ai singoli enti si ha riguardo alla popolazionedeterminata in base ai risultati dell’ultimo censimento, come pubblicati sulla GazzettaUfficiale (art. 37, comma 4, D.Lgs. 267 del 2000; art. 2 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570)83.L’addizione del Sindaco al numero dei componenti del Consiglio è in armonia con latradizionale figura del Sindaco, che eletto tra i consiglieri era, altresì, posto a capo –come attualmente - della Giunta, per cui, per suo tramite, si costituisce un trait d’unionfra i due organi.Ciò non toglie che la figura del Sindaco, inserita nel Consiglio non per elezione allacarica di consigliere, ma in virtù della disposizione di legge, non è ben individuata,perché la sua presenza potrà determinare situazioni da studiarsi quando le propostedi deliberazione presentate dalla Giunta siano approvate o respinte per un solo voto,quello del Sindaco nelle vesti di consigliere.La nuova composizione del Consiglio comunale, costituita per la prevalenza da unnumero pari di consiglieri e dall’eletto alla carica di Sindaco, turba la divisibilità delnumero risultante dalla sommatoria, quando la normativa attribuisce ad una quotaparte dei componenti alcuni poteri.In alcuni casi, è la stessa legge che stabilisce l’obbligo di non computare il Sindaco,come nel caso del calcolo:

- di almeno un terzo dei consiglieri assegnati, per la validità delle sedute (art. 38,comma 2, d.l. 267);

- dei due quinti dei consiglieri assegnati, per la sottoscrizione della mozione di sfi-ducia (art. 52, comma 22, D.Lgs. 267).

In altri casi, mancando una indicazione legislativa, è consentito allo statuto o al rego-lamento che disciplina le adunanze del Consiglio, provvedere a colmare la lacuna, co-me nell’ipotesi della proposta di convocazione del Consiglio formulata dal quinto deiconsiglieri (art. 39, comma 2,), in cui calcolando anche il Sindaco si avrebbe una cifradecimale, che si potrà ragguagliare per difetto, se si intende favorire la minoranzaconsiliare, alla quale è indirizzata, di regola, la disposizione oppure per eccesso.

1.7.2. Composizione dei Consigli provincialiIn conformità alla legge finanziaria per il 2010 (L. 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, com-ma 184), che ha operato un riduzione del 20 per cento del numero dei consiglieri,

Il comma 3 dell’art. 37del D.Lgs. 267 del 2000 dispone che il Presidente della Provin-cia ed i consiglieri rappresentano l’intera Provincia e non il singolo collegio, in cui so-no eletti84. La disposizione è pleonastica nei confronti del Presidente della Provincia,

1.7. LA COMPOSIZIONE DEI CONSIGLI47 L’ELEZIONE

I Consigli provinciali sono composti dal Presidente della Provincia e da:- 36 consiglieri nelle Province con popolazione superiore a 1.400.000 abitanti; - 28 consiglieri nelle Province con popolazione superiore a 700.000 abitanti; - 24 consiglieri nelle Province con popolazione superiore a 300.000 abitanti; - 19 consiglieri nelle altre Province.

(83) Il criterio ancorato all’ultimo censimento, qui previsto per la composizione del Consiglio, valeogni qual volta vi sia analoga necessità che la consistenza numerica di un organo sia determinata conmodalità che non si prestino ad artificiose o temporanee e continue variazioni, per evidenti finalitàgarantistiche e di certezza (T.A.R. Campania, Napoli, I, 6 novembre 2009, n. 7016, in Foro amm. TAR,2009, pag. 3217).(84) Cfr., in terminis , TAR Sicilia, Catania, 18 novembre 1980, n. 1115, in TAR, 1981, I, pag. 342.

in quanto la circoscrizione per la sua elezione coincide con l’intero territorio provin-ciale (art. 74, comma 1, D.Lgs. 267 del 2000).Ai fini dell’assegnazione dei consiglieri ai singoli enti si ha riguardo alla popolazionedeterminata in base ai risultati dell’ultimo censimento, come pubblicati sulla Gazzet-ta Ufficiale (art.. 2 della L. 122 del 1951).

Per partecipare alla competizione elettorale occorre concretamente aderire medianteesplicita dichiarazione di accettazione della candidatura, atto che deve contenere iseguenti elementi:

- la lista ed il suo contrassegno;- la dichiarazione di non trovarsi in una condizione di non candidabilità, ai sensi

dell’art. 58 del D.Lgs. 267 del 2000;- la dichiarazione di non avere accettato la candidatura per altre liste, né di essersi

presentato candidato in più di due Comuni, nè di essere consigliere in altro Co-mune;

- la sottoscrizione, autenticata da notaio, pretore (ora, giudice unico), giudice di pa-ce, cancelliere di pretura, di tribunale e di Corte d’appello, collaboratori delle can-cellerie delle Corti d’appello, dei tribunali e delle preture, segretari delle procuredella Repubblica, Sindaco, Presidente della Provincia, assessore comunale e pro-vinciale, presidente del Consiglio comunale e provinciale, presidente del Consi-glio di circoscrizione, segretario comunale e provinciale, funzionario apposita-mente incaricato dal Sindaco o dal Presidente della Provincia, consiglieri provin-ciali e comunali, a condizione che comunichino la propria disponibilità, rispettiva-mente, al Presidente della Provincia e al Sindaco (art. 14 L. 19 marzo, n. 53 del 1990e successive integrazioni).

Premesso che la comunicazione può essere fatta con efficacia avente carattere genera-le, ossia per tutte le elezioni (comprese le consultazioni referendarie) che si svolgonodurante il mandato del consigliere o in occasione di una specifica consultazione, conanaloga comunicazione i consiglieri manifestano la volontà di rinunciare alla facoltàdi autenticare.Occorre, inoltre, tenere presente che, in base alla legge 25 marzo 1993, n. 81, che ha in-trodotto l’elezione diretta del Sindaco, ogni lista deve essere collegata ad un candi-dato alla carica di Sindaco. Secondo il nostro ordinamento, le liste dei candidati debbono essere presentate daun certo numero di cittadini, aventi i requisiti di elettori, al fine di dare credibilità al-la lista che si accinge ad intraprendere la campagna elettorale e di assicurare alla stes-sa un minimo di sostegno. Nei Comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti il numero dei candidati di ciascu-na lista non deve essere superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferio-re ai tre quarti

MANUALE DEL CONSIGLIERE 48

1.8. La dichiarazione di accettazione della candidatura

Deve ritenersi che la comunicazione di essere disponibili ad autenticare sia re-cepita dal Presidente della Provincia e dal Sindaco (trattandosi di atto unilate-rale ricettizio), i quali possono apporvi un visto, atto che non può ovviamenterivestire carattere autorizzatorio, ma con il quale si riconosce la volontà delconsigliere a svolgere le funzioni di pubblico ufficiale e che deve essere esibitounitamente alla dichiarazione, quale atto di certificazione dell’assunzione del-l’incarico.

Ai sensi dell’art. 73, comma 1, nei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abi-tanti le liste per l’elezione del Consiglio comunale devono comprendere un numerodi candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai dueterzi, tenendo presente che se il numero minimo non è divisibile esattamente per tree la cifra decimale è superiore a 50 centesimi, si procede all’arrotondamento all’unitàsuperiore.

È pacificamente ammesso, in dottrina ed in giurisprudenza, che il candidato che haaccettato la candidatura possa rinunciare alla stessa, trattandosi di un atto unilatera-le (sia pure ricettizio) che, come tale, non pone in essere un vincolo giuridico, ma dàluogo ad un impegno puramente fiduciario.85

La rinuncia alla candidatura, che non va notificata ai delegati di lista, deve essere co-municata alla Commissione elettorale circondariale ed ha effetto dal momento in cuiquesta ne ha conoscenza.È pure consentito al candidato che ha fatto rinuncia, revocare l’atto stesso, purché nonsia scaduto il termine entro il quale debbono essere presentate le candidature86.

La dichiarazione di presentazione delle liste dei candidati al Consiglio comunale edelle collegate candidature alla carica di Sindaco deve essere sottoscritta per ogniComune secondo le previsioni dell’art. 3, comma 1, della L. 81, come sostituito dal-l’art. 3, comma 2, della L. 130 del 1999, come schematizzato nel box che segue:

1.9. LA PRESENTAZIONE DELLA LISTA DEI CANDIDATI49 L’ELEZIONE

Comuni fino a 15000 abitanti – Numero di candidati da comprendere in cia-scuna lista- almeno 7 e da non più di 9 candidati, nei Comuni con popolazione fino a 3.000

abitanti;- almeno 9 e da non più di 12 candidati, nei Comuni con popolazione da 3.001 a

10.000 abitanti;– almeno 12 e da non più di 16 candidati, nei Comuni con popolazione da 10.001

a 15.000 (arti, 37, comma 1, ed art.71, comma 3, del decreto legislativo 18 ago-sto 2000, n. 267, e successive modificazioni).

Comuni con più di 15000 abitanti – Numero di candidati da comprendere inciascuna lista

- da 11 a 16, nei Comuni con popolazione da 15.001 a 30.000 abitanti;- da 16 a 24, nei Comuni con popolazione da 30.001 a 100.000 abitanti;- da 21 a 32, nei Comuni con popolazione da 100.001 a 250.000 abitanti;– da 24 a 36 , nei Comuni con popolazione da 250.001- da 27 a 40, nei Comuni con popolazione da 500.001 a 1.000.000 di abitanti;- da 32 a 48, nei Comuni con oltre 1.000.000 di abitanti.

1.9. La presentazione della lista dei candidati

(85) Cfr. DE FINA, Diritto elettorale, Torino, 1977, pag. 226; SPADACCINI, Ineleggibilità amministrati-ve e ricorsi elettorali, Roma, 1968, pag. 229; Consiglio di Stato, V, 28 aprile 1950, n. 528, in Cons. di St.,1950, I, pag. 544; Id, 22 ottobre 1954, n. 1014, ivi, 1954, I, pag. 994; TAR Calabria, Reggio Calabria, 20marzo 1989, n. 44 e TAR Marche, 6 luglio 1990, n. 330, in I T.A.R., 1989, I, pag. 2067 e 1990, I, pag.3223, i quali ritengono che la rinuncia debba recare l’autenticazione della relativa sottoscrizione.

Nessuna sottoscrizione è richiesta per la dichiarazione di presentazione delle liste neiComuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti. In questi Comuni sono gli stessicandidati che, sottoscrivendo la loro candidatura, suppliscono in tal modo alla sotto-scrizione della lista.Le sottoscrizioni sono nulle se anteriori al 180° giorno precedente il termine finale fis-sato per la presentazione delle candidature (art. 14, terzo comma, della L. 53 del 1990).Sembra logicamente inammissibile e contrario alla funzione assegnata dalla legge al-la dichiarazione di cui trattasi che i candidati figurino tra i presentatori delle liste e,pertanto - secondo il Ministero dell’interno - le loro eventuali sottoscrizioni devonoritenersi come non apposte.Nessun elettore può sottoscrivere più di una dichiarazione di presentazione di lista,sotto pena dell’ammenda da 200 a 1.000 euro (art. 28, quinto comma e 32, quinto com-ma, e art. 93 d.P.R. 570, come modificato dall’art. 1 della L. 61 del 2004).La dichiarazione di presentazione della lista deve essere firmata dagli elettori sotto-scrittori. A norma degli artt. 28, comma quarto e 32, comma quarto, d.P.R. 570, comemodificati dall’art. 4 della L. 11 agosto 1991, n. 271, la firma degli elettori deve avve-nire su appositi moduli riportanti il contrassegno di lista, il nome, cognome, luogo edata di nascita dei candidati, nonché il nome, cognome, luogo e data di nascita deisottoscrittori87, al fine di dare certezza che i sottoscrittori abbiano conoscenza delle li-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 50

Numero di sottoscrittori per la presentazione delle liste- da non meno di 1.000 e da non più di 1.500 elettori nei Comuni con popolazio-

ne superiore ad 1.000.000 di abitanti;- da non meno di 500 e da non più di 1.000 elettori nei Comuni con popolazione

compresa tra 500.001 ed 1.000.000 di abitanti;- da non meno di 350 e da non più di 700 elettori nei Comuni con popolazione

compresa tra 100.001 e 500.000 abitanti;- da non meno di 200 e da non più di 400 elettori nei Comuni con popolazione

compresa tra 40.001 e 100.000 abitanti;- da non meno di 175 e da non più di 350 elettori nei Comuni con popolazione

compresa tra 20.001 e 40.000 abitanti;- da non meno di 100 e da non più di 200 elettori nei Comuni con popolazione

compresa tra 10.001 e 20.000 abitanti;- da non meno di 60 e da non più di 120 elettori nei Comuni con popolazione

compresa tra 5.001 e 10.000 abitanti;- da non meno di 30 e da non più di 60 elettori nei Comuni con popolazione com-

presa tra 2.001 e 5.000 abitanti;- da meno di 25 e da non più di 50 elettori nei Comuni con popolazione compre-

sa tra 1.000 e 2.000 abitanti.

(86) Consiglio di Stato, V, 22 ottobre 1954, n. 1014, cit.; Id., 23 maggio 1953, n. 293, in Cons. di St., 1953,I, pag. 498, che riguardava il caso in cui la rinuncia di un candidato aveva fatto venir meno il nume-ro minimo dei candidati richiesto per la validità della lista, con conseguente ricusazione della stes-sa; orbene, la revoca della rinuncia non è stata più possibile, scaduti i termini previsti, in quanto ilritiro della rinuncia al fine di completare la lista, sarebbe equivalso a presentare una candidatura ol-tre il termine di legge. (87) TAR Toscana, II, 23 ottobre 1997, n. 668, in I T.A.R., 1997, I, pag. 4436; T.A.R. Lazio, II bis, 18 lu-glio 2000, n. 5964, ivi, 2002, I, pag. 3691; Consiglio di Stato,V, 27 ottobre 2005, n. 5985, in Foro amm.CDS,, 2005, pag. 2966.

ste che si accingono a presentare88; pertanto, è illegittima l’ammissione di una listaqualora i fogli recanti le firme dei presentatori non rechino il contrassegno della lista,il nome, luogo e data di nascita di tutti i candidati89.La presentazione della lista, ossia il suo deposito nella segreteria del Comune deveavvenire, a pena di inammissibilità, dalle ore 8 del trentesimo giorno sino alle ore 12del ventinovesimo giorno antecedenti la data della votazione (artt. 28 e 32 d.P.R. 570e successive modificazioni). Alla lista devono essere allegati:

- la dichiarazione di accettazione della candidatura alla carica di Sindaco, sotto-scritta ed autenticata;

- le dichiarazioni di accettazione della candidatura alla carica di consigliere comu-nale, sottoscritte ed autenticate. Qualora la candidatura sia presentata da un citta-dino dell’Unione europea, deve essere allegata anche la seguente documentazione;1) una dichiarazione contenente l’indicazione della cittadinanza, dell’attuale resi-

denza e dell’indirizzo nello Stato di origine;2) un attestato in data non anteriore a tre mesi dell’autorità amministrativa com-

petente dello Stato membro di origine, dal quale risulti che l’interessato non èdecaduto dal diritto di eleggibilità (art. 5 del D.Lgs. 12 aprile 1996, n. 197);

- la dichiarazione del candidato alla carica di Sindaco di collegamento con la listao con altre liste (nei Comuni con più di 15.000 abitanti);

- i certificati attestanti che i candidati alla carica di Sindaco e di consigliere comu-nale sono elettori di un Comune della Repubblica;

- la dichiarazione dei delegati di lista del collegamento della lista al candidato allacarica di Sindaco;

- qualora la lista sia presentata per conto di un partito o di un gruppo politico pre-sente anche in una sola delle due Camere o nel Parlamento europeo o che sia co-stituito in gruppo parlamentare anche in una sola delle due Camere, occorre la di-chiarazione sottoscritta dal presidente o dal segretario del partito o gruppo politi-co o dai presidenti o dai segretari regionali o provinciali di essi che tali risultinoper attestazione dei rispettivi presidenti o segretari nazionali ovvero da rappre-sentanti all’uopo incaricati con mandato autenticato da notaio, attestante che la li-sta e le candidature sono presentate in nome e per conto del partito o gruppo po-litico;

- il modello del contrassegno di lista in triplice esemplare;- copia del programma amministrativo da affiggere all’albo pretorio;- bilancio preventivo delle spese cui la lista ed i candidati intendono vincolarsi, ai

sensi dell’art. 30 della L. 81 del 1993, qualora si tratti di Comune con più di 50.000abitanti;

- la dichiarazione contenente l’indicazione dei due delegati che possono assisterealle operazioni di sorteggio del numero progressivo da assegnare a ciascuna listaammessa ed hanno facoltà di designare i rappresentanti della lista presso ogni seg-gio e presso l’Ufficio centrale.

Il Ministero dell’interno prescrive che alla lista debbano essere allegati anche i certi-ficati attestanti la qualità di elettore del Comune dei sottoscrittori, ma tale adempi-mento non è prescritto dalla legge e la sua omissione è stata riconosciuta legittimadalla giurisprudenza dei Tribunali amministrativi regionali, sul presupposto che talicertificazioni sono già in possesso dell’amministrazione comunale ed è ultroneo ri-

1.9. LA PRESENTAZIONE DELLA LISTA DEI CANDIDATI51 L’ELEZIONE

(88) TAR Sardegna, 16 gennaio 2002, n. 8, I T.A.R. , 2002, I, pag. 1276; Consiglio di Stato, V, 22 febbra-io 2002, n. 1087, in Cons. di St., 2002, I, pag. 402.(89) Consiglio di Stato, 22 febbraio 2001, n. 1008, in Cons.di St., 2001, I, pag. 387.

chiederne l’allegazione da parte dei presentatori della lista, anche ai sensi dell’art. 18della legge sul procedimento amministrativo, 7 agosto 1990, n. 241.Il segretario comunale, o chi lo sostituisce legalmente, deve rilasciare, per ogni listadepositata, a coloro che materialmente effettuano la presentazione, una ricevuta det-tagliata che deve indicare, oltre il giorno e l’ora precisa di presentazione, l’elenco par-ticolareggiato di tutti gli atti presentati.Il segretario comunale non può rifiutarsi di ricevere le liste dei candidati, i relativi al-legati e i contrassegni di lista anche se li ritenga irregolari o se siano presentati tardi-vamente, purché indichi, sia nella ricevuta, sia sugli atti stessi l’ora della ricezione.È, tuttavia, consigliabile che il segretario comunale faccia rilevare quelle irregolaritàche gli sia dato di conoscere come, ad esempio, se le firme dei candidati non siano de-bitamente autenticate, le liste non contengano il numero prescritto di candidati, ecc.

1.10.1. Per le elezioni comunaliOgni lista, entro lo stesso giorno in cui è stata presentata, deve essere rimessa allaCommissione elettorale circondariale, cui spetta controllare la regolarità formale esostanziale delle candidature e delle documentazioni ad esse inerenti, entro il giornosuccessivo a quello della presentazione delle liste.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 52

1.10. L’ammissione delle candidature

Le operazioni della Commissione sono le seguenti (art. 30 e 33 d.P.R. 570 del1960):

1) accertamento della data di presentazione: se la lista è presentata oltre il ter-mine previsto, la dichiarerà non valida. Circa la determinazione dell’ora esat-ta, si ritiene decisiva l’ora segnata dall’orologio che il segretario comunale ab-bia scelto “come misuratore del tempo per la fiducia che vi ripone”90;

2) verifica del numero dei presentatori e della regolarità dei moduli conte-nenti le firme: la Commissione deve ricusare le liste le cui firme dei sottoscrit-tori non siano apposte sui prescritti moduli e con i dati richiesti e deve depen-nare i sottoscrittori le cui firme non sono autenticate o che hanno sottoscrittoaltre liste. Se manca il numero prescritto, la lista è ricusata, tranne che sia anco-ra aperto il termine di presentazione, per cui è consentito di procedere alla in-tegrazione, comunque prima della scadenza.Inoltre, la lista deve essere ricusata quando essa ecceda il limite massimo dei sot-toscrittori, in quanto il legislatore fissando un limite massimo ha inteso evitareche, specie nei piccoli Comuni, una lista si accaparri gli aventi diritto alla sotto-scrizione, impedendo ad altre liste di partecipare alla competizione elettorale91;

3) controllo del numero dei candidati: si deve verificare se oltre al candidatoalla carica di Sindaco, la lista ha il numero consentito di candidati; in caso con-trario si procede alla ricusazione, salvo integrazione, qualora non sia ancorascaduto il termine; se la lista ha un numero eccessivo di candidati la Commis-sione cancellerà gli ultimi nominativi; cosi pure cancellerà i candidati compre-si in altre liste, presentate in precedenza.

(90) Cons. giust. ammin. sic., 3 marzo 1955, n. 30, in Cons. di St., 1955, I, pag. 375.(91) TAR Abruzzo, Pescara, 25 giugno 1993, n. 334, in TAR., 1993, I, pag. 3270.

(segue)

La Commissione elettorale circondariale deve riunirsi dopo la scadenza del termineassegnato per la sostituzione degli eventuali contrassegni contestati e per sentire i de-legati delle liste, per le quali si siano avute contestazioni e per prendere visione deinuovi documenti e decidere, seduta stante, sulle questioni controverse.

1.10. L’AMMISSIONE DELLE CANDIDATURE53 L’ELEZIONE

Non deve più essere osservato l’obbligo di rispettare il rapporto di rappresen-tatività tra i due sessi, in quanto la disposizione (contenuta negli artt. 5, com-ma 2 e 7, comma 1, della L. 81) è stata dichiarata incostituzionale dalla Cortecostituzionale con la sent. n. 422 del 1995. Tuttavia, il principio delle pari op-portunità deve essere rispettato nella composizione delle Giunte e degli altriorgani collegiali, in quanto principio recepito dalla Costituzione (artt. 51 e 117,comma 7, Cost.) ;4) controllo delle dichiarazioni di accettazione delle candidature. Se è mancan-te la dichiarazione di accettazione della candidatura debitamente sottoscrittaed autenticata, ovvero non è stata fatta la dichiarazione di non trovarsi in unacausa di non candidabilità oppure il candidato alla carica di Sindaco non ha ef-fettuato la dichiarazione di collegamento con la lista o con alcune liste (trattan-dosi di Comuni con oltre 15.000 abitanti) il candidato deve essere cancellatodalla lista.Particolare attenzione dovrà essere posta nel verificare l’esattezza dei dati sul-la identità dei candidati, al fine di evitare errori nella stampa dei manifesti edelle schede;5) controllo dei certificati di iscrizione nelle liste elettorali dei candidati, concancellazione di quelli sprovvisti, salvo che sia ancora possibile l’integrazione,perché i termini di presentazione delle liste non sono ancora scaduti;6) verifica dell’avvenuto deposito del programma amministrativo, in quantola sua mancanza è causa di esclusione della lista92;7) esame dei contrassegni di lista, con ricusazione di quelli identici o che sipossano facilmente confondere con contrassegni notoriamente usati da altripartiti o gruppi politici o con quello di altra lista presentata in precedenza, op-pure riproducenti simboli o elementi caratterizzanti di simboli usati tradizio-nalmente da partiti presenti in Parlamento, se presentati da persone non auto-rizzate oppure riproducenti immagini o soggetti di natura religiosa oppurerappresentanti immagini oscene o contrarie all’ordine pubblico. 8) assegnazione di un numero ai singoli candidati di ciascuna lista, secondol’ordine di presentazione, e dopo che siano state effettuate le eventuali cancel-lazioni.

(continua)

Ricusato un contrassegno se ne dà notizia agli interessati, i quali, se si tratta diComuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, possono presentare un contras-segno diverso entro un termine di 48 ore, mentre se si tratta di Comuni con piùdi 15.000 abitanti, il nuovo contrassegno dovrà essere presentato non più tardidelle ore 9 del mattino successivo al giorno entro il quale la Commissione de-ve ultimare l’esame delle liste.

(92) TAR Lazio, II, 14 luglio 1993, n. 790, in TAR, 1993, I, pag. 2951; Id., 7 agosto 1993, n. 948, ivi, 1993,I, pag. 2965)

Dopo che si sia pronunciata definitivamente in ordine a tutte le liste presentate, laCommissione deve procedere all’assegnazione di un numero progressivo a ciascuncandidato alla carica di Sindaco ed a ciascuna lista, mediante sorteggio, da effettuar-si alla presenza dei delegati di lista, appositamente convocati.Sulla scheda di votazione e sul manifesto dei candidati, i nominativi alla carica di Sin-daco sono riportati secondo l’ordine riportato dal sorteggio, con a fianco i contrasse-gni delle liste riprodotti secondo l’ordine risultante da un distinto sorteggio, effettua-to a norma delle vigenti disposizioni. In merito, è stato ritenuto che non comporta il-legittimità delle operazioni elettorali il fatto che la posizione dei contrassegni di listasulle schede non corrisponda ai risultati del sorteggio, ai sensi dell’art. 13 della L. 53del 1990, dovendosi escludere che la posizione del contrassegno sulla scheda abbiafunzione individuatrice delle liste ovvero una qualsiasi altra funzione.93

Le decisioni della Commissione elettorale circondariale sono comunicate al Sindacoper la stampa del manifesto ed al Prefetto per la stampa delle schede di votazione.La controversa questione circa l’immediata impugnabilità delle decisioni della Com-missione è stata risolta dalla Corte costituzionale e dalla normativa adottata dal Co-dice del processo amministrative (ved. infra, 1.12.1).

1.10.2. Per le elezioni provincialiLa dichiarazione di presentazione del gruppo di candidati deve essere sottoscritta, anorma dell’art. 14, quarto comma, della legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive mo-dificazioni, pena la sua invalidità:

La presentazione deve essere fatta alla segreteria dell’Ufficio elettorale centrale co-stituito presso la corte d’appello o il tribunale del capoluogo di provincia o, in man-canza, presso il tribunale della provincia più vicino al capoluogo.Per gli altri adempimenti si rinvia alla Pubblicazione n. 4 del Ministero dell’interno:“Elezione diretta del Presidente della Provincia e del Consiglio provinciale. Istruzioni per lapresentazione delle candidature”.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 54

a) da almeno 200 e da non più di 400 elettori iscritti nelle liste elettorali di Co-muni compresi nelle Province fino a 100.000 abitanti;

b) da almeno 350 e da non più di 700 elettori iscritti nelle liste elettorali di Co-muni compresi nelle Province con più di 100.000 abitanti e fino a 500.000 abi-tanti;

c) da almeno 500 e da non più di 1.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di Co-muni compresi nelle Province con più di 500.000 abitanti e fino a 1.000.000 diabitanti;

d) da almeno 1.000 e da non più di 1.500 elettori iscritti nelle liste elettorali diComuni compresi nelle Province con più di 1.000.000 di abitanti.

(93) TAR Campania, Napoli, IV, 27 luglio 1990, n. 240 e 15 novembre 1990, n. 358, in TAR, 1990, I, pag.3627 e 1991, I, pag. 310; Consiglio di Stato, V, 15 marzo 1991, n. 263 e 27 settembre 1991, n. 1207, inCons. St., 1991, I, pagg. 434 e 1341.

I Consigli comunali e provinciali durano in carica cinque anni (art. 51, comma 1, delD.Lgs. 267 del 200o), salvo che non si addivenga ad un rinnovo anticipato delle ele-zioni, a seguito di particolari evenienze che determinano lo scioglimento del Consi-glio (dimissioni del Sindaco o del Presidente della Provincia o della metà più uno deiconsiglieri, approvazione di una mozione di sfiducia, ecc.).La data delle elezioni è fissata dal Ministro dell’interno non oltre il cinquantacinque-simo giorno precedente quello delle elezioni, ossia in una domenica compresa tra: trail 15 aprile ed il 15 giugno, se il mandato normale scade nel primo semestre dell’an-no ovvero nello stesso periodo dell’anno successivo se il mandato scade nel secondosemestre (arrt. 1 e 3 della L. 182 del 1991 e successive modificazioni).Innovativamente, si prescrive un unico turno annuale anche per i Consigli che deb-bono essere rinnovati per motivi diversi dalla scadenza normale, stabilendo che le ele-zioni debbono svolgersi nella stessa giornata di domenica fissata tra il 15 aprile ed il15 giugno per il turno normale, se le condizioni che rendono necessario il rinnovo sisono verificate entro il 24 febbraio ovvero nello stesso periodo (15 aprile-15 giugno)dell’anno successivo, se le condizioni si sono verificate oltre il 24 febbraio (art. 2 del-la L. 182).Con quest’ultima normativa - come è dato rilevare - qualora si debba addivenire allanomina del commissario governativo, che gestisce l’ente sino alle elezioni - si verifi-ca una gestione straordinaria che si prolunga per più di un anno (come nell’ipotesidi un Consiglio che è sciolto il 25 febbraio, dovendosi le elezioni tenere tra il 15 apri-le ed il 15 giugno dell’anno successivo.In merito, abbiamo più volte osservato94 che la nuova normativa costituisce una gra-ve anomalia, in quanto si protrae arbitrariamente il periodo di gestione commissaria-le e si limita fortemente la sfera di autonomia degli enti locali, i quali debbono essereposti in condizione di poter al più presto ricostituire gli organi di governo dell’ente econcludevamo avanzando seri dubbi sulla legittimità costituzionale della normati-va, per violazione degli artt. 5 e 114 Cost. Premesso che la illustrata legislazione trova applicazione nelle sole Regioni a statutoordinario, si auspica che il legislatore ponga rimedio a tale situazione, stabilendo uncongruo, ma comunque ridotto periodo di gestione commissariale, periodo che, se-condo la tradizione del nostro ordinamento, si può commisurare in tre mesi (art. 323TU l. com. prov. 1915; art. 85 d.P.R. 570; art. 39, comma 4, della L. 142, nel testo origi-nario).La data delle elezioni è immediatamente comunicata al Prefetto, il quale provvede ademanare il decreto di convocazione dei comizi elettorali ed a parteciparlo ai Sindaci,perché procedano, con manifesto da pubblicarsi quarantacinque giorni prima delleelezioni, a darne notizia agli elettori (art. 18 d.P.R. 570, come modificato dall’art. 8,comma 2, della L. 120 del 1999).Anche se non è richiesto dalla legge, la quale dispone che il Prefetto indichi nel decre-to di convocazione dei comizi la sola data delle elezioni, il decreto contiene, per con-

1.11. LA CONVOCAZIONE DEI COMIZI55 L’ELEZIONE

SEZIONE SECONDA Il procedimento elettorale�

1.11. La convocazione dei comizi

(94) MAGGIORA, La fissazione della data delle elezioni amministrative, in Lo stato civ. it., 1995, pag. 457;Id., in A.V., Le nuove leggi elettorali, cit., pag. 381.

suetudine anche altre indicazioni, come il numero dei consiglieri assegnati ai Comu-ni interessati dalle elezioni.Se sopravvengono motivi di forza maggiore (come errori nei dati anagrafici dei can-didati sui manifesti o errori nelle schede) è consentito al Prefetto di disporre il rinviodelle elezioni, che avranno luogo nel termine di sessanta giorni, ferme restando leoperazioni elettorali già compiute (escluse quelle successive all’insediamento dei seg-gi) (art. 18 d.P.R. 570).

1.12.1. Elezione diretta del Sindaco e del Consiglio nei Comuni con meno di15.000 abitanti

Nei Comuni con meno di 15.000 abitanti, con la lista dei candidati al Consiglio deveessere presentato il nome e cognome del candidato alla carica di Sindaco ed il pro-gramma amministrativo, da affiggere all’albo pretorio (art. 71, comma 1, D.Lgs. 267).Ogni lista di candidati alla carica di consigliere deve essere collegata ad una candida-tura alla carica di Sindaco e deve contenere un numero di candidati non superiore alnumero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai tre quarti, come abbiamo avutomodo di indicare al paragrafo 1.8.Nella scheda sono indicati i seguenti elementi:

- contrassegno;- nome e cognome del candidato alla carica di Sindaco;- spazio per l’espressione della preferenza, che deve essere data ad un consigliere

compreso nella lista collegata al Sindaco.Ogni elettore ha diritto di votare il Sindaco, segnando il contrassegno e può facoltati-vamente scrivere il cognome (non è consentito esprimere le preferenze con i numericon cui i candidati sono elencati nella lista) di un candidato alla carica di consiglierecompreso nella lista collegata al candidato alla carica di Sindaco prescelto (art. 71,comma 5, D.Lgs. 267 del 2000). È proclamato eletto Sindaco il candidato che ha otte-nuto il maggior numero di voti.In caso di parità di voti si procede al secondo turno di ballottaggio, da effettuarsi laseconda domenica successiva. In caso di ulteriore parità viene proclamato eletto il piùanziano di età (comma 6).Uniformandosi all’insegnamento della Corte costituzionale (sent. n. 304 del 1996), sidispone che in caso di decesso di un candidato alla carica di Sindaco, intervenuto do-po la presentazione delle candidature e prima del giorno fissato per le elezioni, si pro-cede al rinvio delle elezioni, ai sensi dell’art. 18 del d.P.R. 570 del 1960, consentendo,in ogni caso, l’integrale rinnovo del procedimento di presentazione di tutte le liste ecandidature alla carica di Sindaco e a consigliere comunale (art. 71, comma 11).La normativa non prevede - diversamente dall’art. 72, comma 6, applicabile ai Comu-ni con più di 15.000 abitanti - l’ipotesi in cui si verifichi un impedimento permanenteo il decesso di uno dei candidati ammessi al ballottaggio, nel quale caso partecipa alballottaggio il candidato che segue nella graduatoria. È da ritenere che tale disposi-zione sia applicabile anche nei Comuni con meno di 15.000 abitanti.Per la determinazione dei seggi da consigliere si procede in questo modo (art. 71,commi 7, 8 e 9):

1) alla lista collegata al Sindaco che ha riportato il maggior numero di voti (al pri-mo o al secondo turno) sono attribuiti i due terzi dei seggi assegnati al Consiglio,con arrotondamento all’unità superiore, qualora il numero dei consiglieri dacomprendere nella lista contenga una cifra decimale superiore a 50.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 56

1.12. I sistemi elettorali

Pertanto, alla lista vincente sono assegnati:- nei Comuni con 9 consiglieri.......................6 seggi- nei Comuni con 12 consiglieri.................... 8 seggi- nei Comuni con 16 consiglieri...................11 seggi2) i restanti seggi, rispettivamente 3, 4 e 5, sono ripartiti proporzionalmente fra le

altre liste, applicando il metodo d’Hondt, e cioè dividendo la cifra elettorale diciascuna lista (data dalla somma dei voti validi riportati dalla lista) per 1, 2, 3, 4...sino alla concorrenza del numero dei seggi da assegnare e quindi si scelgono, trai quozienti così ottenuti, i più alti, in numero eguale a quello dei seggi da asse-gnare, disponendoli in una graduatoria decrescente.

Ciascuna lista ottiene tanti seggi quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compre-si nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è at-tribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di questa, persorteggio.

3) per la scelta dei consiglieri si proclamano eletti, nell’ambito di ciascuna lista, icandidati secondo l’ordine delle rispettive cifre individuali (costituite dalla cifraelettorale aumentata dei voti di preferenza), tenendo conto che il primo seggiospettante a ciascuna lista di minoranza è attribuito al candidato alla carica diSindaco della lista medesima. Qualora gli altri candidati abbiano conseguito laparità di voti, sono proclamati eletti i candidati che precedono nell’ordine di li-sta.

Qualora sia stata ammessa e votata una sola lista si stabilisce - secondo quantodettato dell’art. 60 d.P.R. 570 del 1960 nei confronti dei Comuni con popolazionesuperiore a 15.000 abitanti - che sono eletti tutti i candidati compresi nella lista, edil candidato a Sindaco collegato, purché la lista abbia riportato un numero di votivalidi non inferiore al 50 per cento dei votanti ed il numero dei votanti non sia sta-to inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune. Senon si raggiungono tali percentuali, l’elezione è dichiarata nulla (art. 71, comma10).

1.12. I SISTEMI ELETTORALI57 L’ELEZIONE

Si propone il seguente esempio pratico.Il Consiglio sia composto di 16 seggi, di cui 11 sono stati assegnati alla lista vin-cente, ed i restanti 5 seggi siano da ripartirsi tra le seguenti liste, che hanno ot-tenuto le corrispondenti cifre elettorali:

lista A..................1.700lista B..................1.221lista C....................683

Si dividono le cifre elettorali per 1, 2, 3, 4, 5 e si ottengono i seguenti quozienti:

Lista A Lista B Lista C1 1.700 (1) 1.221 (2) 683 (4)2 850 (3) 610 (5) 3413 566 407 2274 425 305 1705 340 244 136

Alla lista A spetteranno 2 seggi, come pure 2 seggi alla lista B, mentre alla listaC sarà assegnato un solo seggio;

1.12.2. Elezione diretta del Sindaco e del Consiglio nei Comuni con popolazionesuperiore a 15.000 abitanti

1.12.2.1. Elezione del Sindaco

Anche nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti il Sindaco è eletto asuffragio universale e diretto contestualmente all’elezione del Consiglio comunale(art. 72, comma 1; art. 46, comma 1, D.Lgs. 267).I candidati alla carica di Sindaco debbono dichiarare al momento dell’accettazionedella candidatura con quale o quali liste presentate per l’elezione del Consiglio sonocollegati; i delegati di lista debbono effettuare analoga convergente dichiarazione dicollegamento con il candidato alla carica di Sindaco (art. 72, comma 2).Ai sensi dell’art. 73, comma 1, le liste per l’elezione del Consiglio comunale devonocomprendere un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleg-gere e non inferiore ai due terzi, tenendo presente che se il numero minimo non è di-visibile esattamente per tre e la cifra decimale è superiore a 50 centesimi, si procedeall’arrotondamento all’unità superiore. Sul punto ved. retro 1.8.Con la lista dei candidati al Consiglio deve essere presentato il nome e cognome delcandidato alla carica di Sindaco ed il programma amministrativo da affiggere all’al-bo pretorio. Più liste possono presentare lo stesso candidato alla carica di Sindaco; intale caso debbono presentare il medesimo programma e si considerano fra di loro col-legate (art. 73, comma 2).Nella scheda sono compresi il nome dei candidati a Sindaco, scritti in un rettangolo,al cui fianco sono riprodotti i contrassegni della lista o delle liste collegate; a fianco diogni lista è posta apposita riga per l’espressione del voto di preferenza per un candi-dato a consigliere della medesima lista (art. 72, comma 3, primi due periodi).

È proclamato eletto Sindaco il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei vo-ti validi (art. 72, comma 4).Se nessun candidato raggiunge tale maggioranza, si procede ad un secondo turno diballottaggio, che ha luogo la seconda domenica successiva, tra i due candidati alla ca-rica di Sindaco che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In casodi parità di voti tra i candidati, è ammesso al ballottaggio il candidato collegato conla lista o il gruppo di liste per l’elezione del Consiglio, che ha conseguito la maggio-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 58

Il voto può essere espresso nei seguenti modi:- tracciare un segno sul contrassegno di lista ed in tal modo si vota la lista ed

il Sindaco ad essa collegato (art. 72, comma 3, terzo periodo);- tracciare un segno sul rettangolo recante il nome del Sindaco e un segno sul

contrassegno di una lista non collegata al Sindaco prescelto (art. 72, comma3, quarto periodo);

- esprimere la preferenza per un candidato ala carica di consigliere comuna-le ed in tale modo si votano implicitamente la lista ed il Sindaco ad essa col-legato (art. 5, comma 1, d.P.R. 132 del 1993);

- esprimere la preferenza per un candidato alla carica di consigliere e per unSindaco non collegato alla lista del consigliere (art. 5, comma 1, d.P.R. 132);

- tracciare un segno di voto sia sul contrassegno di lista, sia sul nominativodel candidato alla carica di Sindaco collegato alla lista votata (art. 6, comma1, d.P.R. 132);

- votare il solo candidato alla carica di Sindaco ed in tale caso si vota solo peril Sindaco, escludendo ogni attribuzione di voto alla lista (art. 6, comma 3,d.P.R. 132).

re cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, partecipa al ballottaggio ilcandidato più anziano di età (comma 5).Nel caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati ammessi al bal-lottaggio, partecipa al ballottaggio il candidato che segue nella graduatoria; detto bal-lottaggio ha luogo la domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi dell’even-to (comma 6).Nel turno di ballottaggio rimangono fermi i collegamenti con le liste dichiarati al pri-mo turno, con possibilità, però, per i candidati al ballottaggio di dichiarare, entro set-te giorni, dalla prima votazione, il collegamento con ulteriori liste, rispetto a quellecon cui è stato effettuato il collegamento nel primo turno. Queste dichiarazioni di col-legamento hanno efficacia solo se convergenti con analoghe dichiarazioni rese dai de-legati delle liste interessate (comma 7).La scheda per il ballottaggio comprende il nome e cognome dei due candidati alla ca-rica di Sindaco, scritti secondo l’ordine risultante da apposito sorteggio (ai sensi del-l’art. 4, comma 1, d.P.R. 132), entro l’apposito rettangolo, sotto il quale sono riportatii contrassegni delle liste collegate (comma 8, primo periodo).Il voto si esprime tracciando un segno sul rettangolo entro il quale è scritto il nomedel candidato prescelto (comma 8, secondo periodo).È proclamato eletto Sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di votivalidi. In caso di parità di voti è proclamato eletto Sindaco il candidato collegato, insede di secondo turno, con la lista o il gruppo di liste per l’elezione del Consiglio co-munale, che ha conseguito la maggior cifra elettorale complessiva e a parità di cifraelettorale il più anziano di età (comma 9).

1.12.2.2. Elezione del Consiglio comunale

La scheda per l’elezione del Consiglio comunale è quella utilizzata per l’elezione delSindaco ed il voto si esprime con le modalità sopra illustrate, tenendo presente checiascun elettore può esprimere un voto di preferenza per un candidato della lista dalui votata, scrivendone il cognome sull’apposita riga posta a fianco del contrassegno(art. 73, comma 3).L’attribuzione dei seggi alle liste è effettuata dopo la proclamazione dell’elezione delSindaco, al termine del primo o del secondo turno (art. 73, comma 4; art. 8 d.P.R. 132del 1993).Non sono ammesse all’assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano ottenuto al pri-mo turno meno del 3% dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di li-ste che abbia superato tale soglia (art. 73, comma 7).Per l’assegnazione del numero dei seggi spettanti a ciascuna lista o gruppo di listecollegate con i candidati ala carica di Sindaco, si divide la cifra elettorale (corrispon-dente al totale di voti validi riportati da ciascuna lista in tutte le sezioni, come dispo-ne il comma 5), per 1, 2, 3, 4...sino a concorrenza dei numero dei consiglieri da eleg-gere e, quindi si scelgono, tra i quozienti così ottenuti, i più alti, in numero eguale aquello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente.Ciascuna lista o gruppo di liste avrà tanti rappresentanti quanti sono i quozienti adessa appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intereo decimali, il seggio è attribuito alla lista o gruppo di liste che ha ottenuto la maggio-re cifra elettorale e, a parità di quest’ultima, per sorteggio. Se ad una lista spettano piùseggi di quanti sono i suoi candidati, i seggi eccedenti sono distribuiti, fra le altre li-ste, secondo l’ordine dei quozienti (comma 8).Nell’ambito di ciascun gruppo di liste collegate, la cifra elettorale di ciascuna di esse,corrispondente ai voti riportati nel primo turno, è divisa per 1, 2, 3 e 4...sino a concor-

1.12. I SISTEMI ELETTORALI59 L’ELEZIONE

Attribuzione deiseggi alle liste

renza dei seggi spettanti al gruppo. Si determinano in tal modo i quozienti più alti e,quindi, il numero dei seggi spettanti ad ogni lista (comma 9).Se un candidato alla carica di Sindaco è proclamato eletto al primo turno, alla lista ogruppo di liste a lui collegate, che non abbiano già conseguito alla prima votazionealmeno il 60% dei seggi, ma abbia ottenuto almeno il 40% dei voti validi, viene asse-gnato, come premio di maggioranza, il 60% dei seggi, sempreché nessuna altra listao gruppo di liste collegate abbia superato il 50% dei voti validi. I restanti seggi sonoassegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate (comma 10, primo periodo).Se un candidato alla carica di Sindaco è proclamato eletto al secondo turno, alla listao gruppo di liste ad esso collegate, che non abbia conseguito, al primo turno, almenoil 60% dei seggi del Consiglio, viene assegnato il 60% dei seggi, sempreché nessunaaltra lista abbia già superato nel primo turno il 50% dei voti validi. I restanti seggi sono assegnati alle altre liste o gruppi di liste, con il metodo d’Hont,descritto al comma 8 (comma 10, secondo e terzo periodo). In pratica i seggi sono ri-partiti tra la lista o i gruppi di liste collegate al candidato alla carica di Sindaco noneletto in sede di ballottaggio, nonché tra le liste o le coalizioni di liste non collegate anessuno dei candidati ammessi al secondo turno (art. 9, comma 2, d.P.R. 132).Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascuna lista o gruppo di listecollegate, sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di consigliere comunale icandidati alla carica di Sindaco, non risultati eletti a tale carica, collegati a ciascuna li-sta che abbia ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento di più liste al mede-simo candidato alla carica di Sindaco risultato non eletto, il seggio spettante a que-st’ultimo è detratto dai seggi complessivamente attribuiti al gruppo di liste collegate(art. 72, comma 11).Compiute le operazioni di cui sopra, sono proclamati eletti consiglieri comunali icandidati di ciascuna lista secondo l’ordine delle rispettive cifre individuali, costitui-te, ai sensi del comma 6, dalla cifra di lista aumentata dei voti di preferenza. In casodi parità di cifra individuale, sono proclamati eletti i candidati che precedono nell’or-dine di lista (comma 12).

1.12.3. Elezione del Presidente della Provincia e del Consiglio provinciale

1.12.3.1. L’elezione del Presidente della Provincia

Con alcuni adattamenti, propri del sistema uninominale già vigente, gli artt. 74 e 75 delD.Lgs. 267 del 2000, mutuati dagli artt. 8 e 9 della L. 81 del 1993, riproducono per l’ele-zione del Presidente della Provincia e del Consiglio provinciale, il sistema elettoraleproporzionale innestato sul metodo per collegi, come disciplinato dalla L. 8 marzo1951, n. 122, tuttora applicabile per quanto non in contrasto con la nuova normativa.Il Presidente è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente alla elezionedel Consiglio provinciale.La circoscrizione per l’elezione del Presidente della Provincia coincide con il territo-rio provinciale e non con uno o più collegi, in cui è ripartita la Provincia (art. 74, com-ma 1).In virtù dell’art. 14 della L. 122 del 1951 (come modificato dall’art. 4 della L. 962 del1960 e dagli artt. 3, comma 7 e 4, comma 5, della L. 271 del 1991) recante norme perl’elezione del Consiglio provinciale:

- la presentazione delle candidature per singoli collegi è fatta per gruppi di candi-dati contraddistinti da un unico contrassegno;

- ciascun gruppo deve comprendere un numero di candidati non inferiore ad unterzo e non superiore al numero dei consiglieri assegnati alla Provincia e precisa-mente:

MANUALE DEL CONSIGLIERE 60

Si dispone l’osservanza dei commi 3 e 4 dell’art. 3 della L. 81 del 1993, in quanto ap-plicabili.Pertanto, all’atto della presentazione della lista, ciascun candidato alla carica di Pre-sidente della Provincia deve dichiarare di non aver accettato la candidatura in altraProvincia (art. 3, comma 3) e per la raccolta delle sottoscrizioni si applicano le dispo-sizioni dell’art. 20, quinto comma, del d.P.R. 361 del 1957 (ved., ora, art. 14 della L. 53del 1990, come sostituito dall’art. 1 della L. 130 del 1998 ed integrato dall’art. 4, com-ma 2, della l. 120 del 1999) (successivo comma 4).All’atto di presentare la propria candidatura ciascun candidato alla carica di Presi-dente della Provincia deve dichiarare di collegarsi ad almeno un gruppo di candida-ti per l’elezione del Consiglio provinciale. La dichiarazione di collegamento ha effica-cia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati dei gruppi interes-sati (art. 74, comma 3).Con il gruppo dei candidati collegato deve essere anche presentato il nome e cognomedel candidato alla carica di Presidente della Provincia ed il programma amministrati-vo da affiggere all’albo pretorio. Più gruppi possono presentare lo stesso candidato al-la carica di Presidente della Provincia. In tal caso, i gruppi debbono presentare il mede-simo programma amministrativo e si considerano fra loro collegati (art. 75, comma 2). La scheda per l’elezione del Presidente è quella stessa utilizzata per l’elezione del Con-siglio provinciale e reca, alla destra del nome e cognome di ciascun candidato alla ca-rica di Presidente della Provincia, il contrassegno del gruppo o dei gruppi di candida-ti al Consiglio, cui il candidato ala carica di Presidente ha dichiarato di collegarsi.Alla destra di ciascun contrassegno è riportato il nome e cognome del candidato alConsiglio provinciale facente parte del gruppo di candidati contraddistinto da quelcontrassegno (art. 74, comma 4).In conformità al comma 5 dell’art. 74 (già comma 5 dell’art. 8 della L. 81, come sosti-tuito dall’art. 1, comma 2, della L. 120 del 1999) si disciplina il modo di espressionedel voto95.In merito, si rileva che la precedente normativa prevedeva che ciascun elettore potes-se esprimere il proprio voto unicamente sul simbolo posto alla sinistra dell’ unicocandidato alla carica di consigliere provinciale ovvero sul simbolo posto alla sinistradi uno dei candidati alla carica stessa, collegato al candidato alla carica di Presidente.In tal modo, il voto si intendeva validamente espresso sia a favore del candidato allacarica di consigliere provinciale corrispondente al contrassegno votato, sia al candi-dato alla carica di Presidente (ved., anche, art, 6, comma 4, d.P.R. 132 del 1993).Inoltre, l’art. 5, comma 2, del d.P.R. 132 citato disponeva che il voto potesse esprimer-

1.12. I SISTEMI ELETTORALI61 L’ELEZIONE

La scheda

– da almeno 7 e non più di 19, nelle Province con popolazione fino a 300.000 abi-tanti;

– da almeno 8 e non più di 24, nelle Province con popolazione da 300.001 a700.000 abitanti;

– da almeno 10 e non più di 28, nelle Province con popolazione da 700.001 a1.400.000 abitanti;

– da almeno 12 e non più di 36, nelle Province con più di 1.400.000 abitanti (art.14, secondo comma, della legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive modifica-zioni).

(95) Cfr. MAGGIORA, Nuove disposizioni in materia elettorale, in Lo stato civ. it. , 1999, pag. 777.

si anche con il segnare unicamente il nominativo del candidato alla carica di consi-gliere e in tal modo il voto si intendeva validamente esteso al candidato ala carica diPresidente della Provincia, collegato alla stessa lista.Ed ancora, in applicazione dell’art. 69, primo comma, d.P.R. 570 del 1960, secondo ilquale la validità dei voti deve essere ammessa ogni qual volta se ne possa desumerela volontà effettiva dell’elettore, si riteneva validamente espresso a favore dei candi-dati alla carica di Presidente e di consigliere, il voto dato contrassegnando sia il no-minativo del candidato alla carica di Presidente, sia il simbolo della lista ad esso col-legato.Non era in alcun modo previsto che l’elettore potesse esprimere il voto disgiunto -come era invece consentito per l’elezione del Sindaco nei Comuni con più di 15.000abitanti - votando per un candidato ala carica di Presidente e per un candidato con-sigliere di lista non collegata al candidato ala presidenza oppure per il solo candida-to alla carica di Presidente.Con il citato art. 1, comma 2, della L. 120 del 1999 si sostituisce l’intero comma 5 del-l’art. 8 della L. 81 del 1993 (attuale comma 5 dell’art. 74) e si dispone che il voto si in-tende attribuito sia al candidato alla carica di consigliere provinciale corrispondente alcontrassegno votato, sia al candidato alla carica di Presidente della Provincia, qualora:

- si sia votato uno dei candidati al Consiglio provinciale tacciando un segno sul re-lativo contrassegno;

- il voto sia stato espresso per un candidato alla carica di Presidente della Provincia,tracciando un segno sul relativo rettangolo e per uno dei candidati al Consiglioprovinciale ad esso collegato, tracciando anche un segno sul relativo contrassegno.

Infine, ciascun elettore può votare per un candidato alla carica di Presidente dellaProvincia tracciando un segno sul relativo rettangolo, nel qual caso il voto si intendeattribuito solo al candidato alla carica di Presidente della Provincia.Non è previsto che si possa votare per un candidato alla carica di Presidente e per uncandidato ala carica di consigliere provinciale appartenente ad una lista non collega-ta al candidato alla carica di Presidente e ciò per il particolare modo di votazione delConsiglio provinciale, che avviene per gruppi di candidati, anziché per liste di candi-dati, come per l’elezione del Consiglio comunale.È proclamato eletto Presidente della Provincia il candidato che ottiene la maggioran-za assoluta dei voti validi (comma 6).Se nessun candidato ottiene tale maggioranza, si procede ad un secondo turno eletto-rale, che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del primo turno.Sono ammessi al secondo turno di ballottaggio i due candidati alla carica di Presi-dente che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti; in caso di paritàdi voti fra il secondo ed il terzo è ammesso al ballottaggio il più anziano di età (com-ma 7).In caso di impedimento o decesso (o, secondo noi, di rinuncia) di uno dei candidatiammessi al ballottaggio, partecipa al secondo turno il candidato che segue nella gra-duatoria. Detto ballottaggio avrà luogo la domenica successiva al decimo giorno dalverificarsi dell’evento (comma 8).I candidati ammessi al ballottaggio mantengono i collegamenti con i gruppi dei can-didati al Consiglio provinciale dichiarati al primo turno, ma hanno facoltà, entro set-te giorni dalla prima votazione, di dichiarare il collegamento con ulteriori gruppi dicandidati rispetto a quelli con cui è stato effettuato il collegamento nel primo turno.La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa daidelegati dei gruppi interessati (comma 9).La scheda per il ballottaggio comprende il nome e cognome dei due candidati alla ca-rica di Presidente, scritti entro l’apposito rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i

MANUALE DEL CONSIGLIERE 62

contrassegni dei gruppi di candidati collegati; il voto si esprime tracciando un segnosul rettangolo entro il quale è scritto il nome del candidato (comma 10).Dopo il secondo turno è proclamato eletto Presidente della Provincia il candidato cheha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti è proclamatoeletto il candidato collegato con il gruppo o i gruppi di candidati per il Consiglio pro-vinciale che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità dicifra elettorale, è proclamato eletto Presidente della Provincia il più anziano di età(comma 11).

1.12.3.2. L’elezione del Consiglio provinciale

In conformità all’art. 75 del D.Lgs. 267 del 2000, l’elezione dei consiglieri è effettuatasulla base di collegi uninominali e secondo le disposizioni della L. 122 del 1951, inquanto compatibili con le norme del precedente art. 74 (comma 1).L’attribuzione dei seggi del Consiglio provinciale ai gruppi di candidati è effettua-ta dopo la proclamazione dell’elezione del Presidente della Provincia (art. 75, com-ma 3).

La cifra elettorale di ogni gruppo è data dal totale dei voti validi ottenuti da tutti icandidati del gruppo stesso nei singoli collegi della Provincia (comma 4).La cifra individuale dei candidati a consigliere provinciale viene determinata molti-plicando il numero dei voti validi ottenuto da ciascun candidato per cento e dividen-do il prodotto per il totale dei voti validi espressi nel collegio per i candidati a consi-gliere provinciale. Nel caso di candidature presentate in più di un collegio si assume,ai fini della graduatoria, la maggiore cifra individuale riportata dal candidato (com-ma 12).Se il gruppo o i gruppi di candidati collegati al candidato proclamato eletto Presiden-te della Provincia abbiano conseguito almeno il 60 per cento dei seggi assegnati alConsiglio, per l’assegnazione dei seggi a ciascun gruppo di candidati collegati, si pro-cede in questo modo (comma 7). Si divide la cifra elettorale conseguita da ciascungruppo di candidati successivamente per 1, 2, 3, 4.....(metodo d’HONDT) sino a con-correnza del numero di consiglieri da eleggere.Quindi, tra i quozienti così ottenuti si scelgono i più alti, in numero eguale a quellodei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente.A ciascun gruppo di candidati sono assegnati tanti rappresentanti quanti sono i quo-zienti ad esso appartenenti compresi nella graduatoria.A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito al gruppo dicandidati che ha ottenuto la maggior cifra elettorale e, a parità di quest’ultima, persorteggio.Se ad un gruppo spettano più posti di quanti sono i suoi candidati, i posti eccedentisono distribuiti tra gli altri gruppi, secondo l’ordine dei quozienti (comma 6).Se il gruppo o i gruppi collegati al candidato proclamato eletto Presidente della Pro-vincia non abbiano conseguito il 60 per cento dei seggi assegnati al Consiglio provin-ciale, a tale gruppo o gruppi viene assegnato il 60 per cento dei seggi, con arrotonda-

1.12. I SISTEMI ELETTORALI63 L’ELEZIONE

Non sono ammessi all’assegnazione dei seggi i gruppi di candidati che abbia-no ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti validi e che non ap-partengano a nessuna coalizione di gruppi che abbia superato tale soglia (com-ma 5, introdotto come comma 2-bis nell’art. 9 della L. 81, ad opera dell’art. 6,comma 1, della L. 120 del 1999).

mento all’unità superiore, qualora il numero dei consiglieri da attribuire al gruppo oai gruppi contenga una cifra decimale superiore a 50.In caso di collegamento di più gruppi con il candidato proclamato eletto Presidente,per determinare il numero dei seggi spettanti a ciascun gruppo, si dividono le rispet-tive cifre elettorali corrispondenti ai voti riportati al primo turno, per 1, 2, 3, 4....sinoalla concorrenza del numero dei seggi da assegnare.Si determinano in tal modo i quozienti più alti e, quindi, il numero dei seggi settantiad ogni gruppi di candidati (comma 8.I restanti seggi sono attribuiti agli altri gruppi di candidati con le modalità indicate alcomma 6 (comma 9).Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascun gruppo di candidati,sono in primo luogo proclamati eletti alla carica di consiglierei candidati alla caricadi presidente della Provincia non proclamati eletti, collegati a ciascun gruppo di can-didati che abbia ottenuto almeno un seggio.In caso di collegamento di più gruppi con il candidato alla carica di presidente dellaProvincia non eletto, il seggio spettante a quest’ultimo è detratto dai seggi comples-sivamente attribuiti ai gruppi di candidati collegati (comma 10).Compiute le operazioni di cui sopra, sono proclamati eletti consiglieri provinciali icandidati secondo l’ordine delle rispettive cifre individuali (comma 11).

Nella descrizione del procedimento elettorale, abbiamo osservato che con la lista deicandidati al Consiglio comunale o provinciale deve essere presentato, assieme al no-minativo del candidato alla carica di Sindaco o di Presidente della Provincia, anche ilprogramma amministrativo da affiggere all’albo pretorio (art. 71, comma 2; art. 73,comma 2; art. 75, comma 2 del D.Lgs. 267).Nei Comuni con più di 15.000 abitanti e nelle Province, più liste possono presentarelo stesso candidato alla carica di Sindaco o di Presidente della Provincia; in tale eve-nienza debbono presentare lo stesso programma amministrativo e si intendono tra lo-ro collegate.Il programma costituisce uno dei punti fondamentali del procedimento elettorale,in quanto contiene l’elencazione dei progetti che la lista o la coalizione di o grup-pi di candidati intendono realizzare nel corso del mandato e che può essere prefe-rito rispetto agli altri programmi che sono presentati dalle liste o gruppi in compe-tizione.Per tali motivi, la presentazione del programma amministrativo non deve essere con-siderata come un requisito formale e secondario, poiché tale documento risponde al-lo scopo di qualificare e differenziare le varie candidature e in definitiva di porsi a ga-ranzia della serietà delle stesse e quindi della consultazione elettorale, che è finalizza-ta non soltanto alla scelta del Sindaco o del Presidente della Provincia e dei consiglie-ri, ma anche dei programmi che tali candidati intendono realizzare.96

La legge dispone che il programma è presentato con le liste, insieme con il nominati-vo del candidato alla carica di Sindaco o di Presidente della Provincia, ma è quest’ul-timo, una volta eletto, che è il garante della realizzazione degli obiettivi che sonostati fissati dal programma.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 64

(96) TAR Lazio, sez. II, 7 agosto 1993, n. 948, in TAR , 1993, I, pag. 965.

1.13. Il programma amministrativo

Si rileva che, mentre la legge elettorale non attribuisce la paternità del programma,qui si riferimento al capo dell’amministrazione, che è, in ultima analisi, l’organo chedà attuazione al programma, che è formulato dai raggruppamenti politici che dannoorigine alla coalizione e scelgono il proprio candidato alla carica di Sindaco o di Pre-sidente della Provincia, ossia di colui che deve assicurare la realizzazione del pro-gramma.Poiché il programma amministrativo deve essere presentato unitamente alle liste deicandidati entro le ore dodici del ventinovesimo giorno antecedente la data delle vo-tazioni, ossia negli stessi termini perentori previsti per la presentazione delle liste deicandidati, deve ritenersi ricusabile quella lista o coalizione di liste che non abbia pro-ceduto ad allegare il programma97.L’affissione all’albo pretorioAnche se, durante la campagna elettorale, i candidati illustrano più volte il program-ma, si prescrive che ne debba essere data pubblica conoscenza, attraverso il metodousuale di esternalizzazione degli atti comunali, che è l’affissione all’albo pretoriodell’ente.Tuttavia, è stato rilevato che la mancata affissione all’albo pretorio delle candidature e delprogramma amministrativo non si ripercuote sulla validità delle operazioni elettorali98. La decisione99 richiede alcune precisazioni, in quanto la mancata affissione precludeagli elettori di comparare con immediatezza i vari programmi in competizione, a me-no che non provvedano autonomamente, rivolgendosi al competente ufficio presso ilquale sono depositati gli atti elettorali. Particolarmente grave sarebbe, poi, la mancataaffissione del programma di una o alcune liste rispetto ad altre, che hanno potuto usu-fruire di tale mezzo di pubblicità, con palese violazione del principio della par condicio.Peraltro, mancando una precisa sanzione ogni interpretazione sembra praticabile, an-che se quella della irrilevanza della mancata affissione all’albo pretorio del program-ma amministrativo non sembra conforme all’esigenza di dover garantire la partecipa-zione dei cittadini all’organizzazione politica del Paese (art. 3 Cost.).La legge non contiene indicazioni puntuali sul termine iniziale e finale della pubbli-cazione all’albo. In merito, è da ritenere che il termine iniziale decorra dal giorno incui la lista è stata ammessa fino a compimento delle operazioni di voto, ossia sino al-le ore 15 del lunedì dell’eventuale turno di ballottaggio.Il programma può essere soggetto a variazioni, specie qualora, in sede di ballottag-gio, altre liste si aggiungano a quelle originarie che hanno sostenuto il candidato allacarica di Sindaco o di Presidente della Provincia al primo turno. Infatti, la partecipa-zione alla coalizione di altre liste è sovente condizionata al raggiungimento di alcuni

1.13. IL PROGRAMMA AMMINISTRATIVO65 L’ELEZIONE

Le finalità del programma sono chiaramente delineate dall’art. 109, comma 1,D.Lgs. 267, il quale nell’attribuire al Sindaco o al Presidente della Provincia ilcompito di conferire gli incarichi dirigenziali precisa che egli deve adottare unprovvedimento motivato, in conformità alle modalità fissate dal regolamentosull’ordinamento degli uffici e dei servizi, secondo criteri di competenza pro-fessionale “in relazione agli obiettivi indicati nel programma amministrativo del Sin-daco o del Presidente della Provincia”.

(97) MAGGIORA, Guida alle elezioni comunali, Firenze, 2001, 197; .TAR Lazio, sez. II, 14 luglio 1993,n. 790 e 7 agosto 1993, n. 948, in TAR , 1993, I, pagg. 2951 e 2965.(98) Consiglio di Stato, sez. V, 17 settembre 1996, n. 1141, in Cons. St., 1996, I, pag. 1331.(99) Che annulla TAR Lazio, sez. II, 3 novembre 1995, n. 1669, in TAR, 1995, I, 4738, che aveva san-cito la nullità delle operazioni elettorali per mancata affissione dei programmi amministrativi.

obiettivi, che non erano stati presi in considerazione dal programma amministrativopresentato in precedenza.Tale integrazione dovrebbe, a nostro avviso, essere oggetto di pubblicazione all’albopretorio, al fine di renderne edotti gli elettori.Circa i rapporti tra il programma amministrativo e le linee programmatiche, ved. inappresso.

1.14.1. Il contenzioso elettorale in materia di operazioni elettorali In materia elettorale sono previsti due procedimenti giurisdizionali, uno riguardantele varie fasi in cui si articolano le operazioni elettorali e che esamineremo in questosottoparagrafo, e l’altro, relativo alle questioni di eleggibilità, ossia alla legittimità diun eletto a ricoprire la carica elettiva nell’ente locale100.La competenza giurisdizionaleIl giudizio in materia di operazioni elettorali è devoluto al giudice amministrativo(Tribunale amministrativo regionale e Consiglio di Stato), quello in materia di eleggi-bilità alla magistratura ordinaria.L’istituto del contenzioso elettorale amministrativo è stato recentemente interessatoda due provvedimenti: uno giurisdizionale, rappresentato dalla sentenza della Cor-te costituzionale n. 236 del 5 luglio 2010 e l’altro, dall’emanazione del coevo D.Lgs. 2luglio 2010 n. 104, recante il codice del processo amministrativo, provvedimenti traloro legati da una, sia pure parziale, comunanza di materia.

1.14.1.1. Immediata impugnazione dei provvedimenti di esclusione di liste e candidati

Con la sentenza citata la Corte costituzionale, risolvendo l’annosa questione sull’im-mediata impugnabilità degli atti di esclusione delle liste e dei candidati alle elezio-ni comunali e provinciali, decidendo in senso affermativo, fa riferimento allo schemadel Codice del processo amministrativo, in gestazione, che intendeva disciplinare ilprocedimento prevedendo, da un lato, l’abrogazione dell’art. 83-undecies del d.P.R. n.570 del 1960 e, dall’altro, la possibilità di impugnare immediatamente l’ammissione ola esclusione delle liste elettorali, senza attendere la proclamazione degli eletti.Infatti, il codice del processo amministrativo (in appresso, c.p.a.) all’art. 129 disponeche i provvedimenti relativi al procedimento preparatorio per le elezioni comunali,provinciali e regionali concernenti l’esclusione di liste o candidati possono essereimmediatamente impugnati, esclusivamente da parte dei delegati delle liste e deigruppi di candidati esclusi, innanzi al tribunale amministrativo regionale competen-te, nel termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovverodalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati. Pertanto, il provvedimento con il quale la Commissione elettorale circondariale ol’Ufficio elettorale centrale esclude una lista o un candidato è immediatamente impu-gnabile al TAR, ma solo da parte dei delegati delle liste o dei gruppi entro tre giornidalla comunicazione del provvedimento di esclusione.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 66

1.14. La tutela giurisdizionale

(100) In materia, cfr.: IUSO, Il contenzioso elettorale amministrativo, Milano, 1959; SAITTA, Il nuovo con-tenzioso elettorale amministrativo, in Riv. trim. dir. pubb., 1967, pag. 224; SPADACCINI, Ineleggibilità am-ministrative e ricorsi elettorali, Roma, II ed. 1968; BOSCIA, L’ordinamento elettorale, Milano, 1976; DEFINA, Diritto elettorale, Torino, 1977; BORGHESI, Il contenzioso in materia di eleggibilità, Milano, 1979;MIGNONE, Giustizia elettorale amministrativa, Milano, 1978; SAPORITO-PISCIOTTA-ALBANESE,Elezioni regionali ed amministrative, Bologna, 1990; MAGGIORA, Ineleggibilità incompatibilità incandida-bilità nell’ente locale, Milano, 2000.

Si precisa che, come per il passato, ogni altro provvedimento relativo al procedimen-to, anche preparatorio, per le elezioni comunali provinciali e regionali è impugnabilesoltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’atto di procla-mazione degli eletti.Il ricorso avverso l’esclusione della lista o del candidato deve essere:

a) notificato, direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente me-diante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all’ufficio che ha ema-nato l’atto impugnato (ossia alla Commissione circondariale), alla Prefettura e, ovepossibile, agli eventuali controinteressati; in ogni caso, l’ufficio che ha emanatol’atto impugnato rende pubblico il ricorso mediante affissione di una sua copiaintegrale in appositi spazi all’uopo destinati sempre accessibili al pubblico e talepubblicazione ha valore di notifica per pubblici proclami per tutti i controinteres-sati; la notificazione si ha per avvenuta il giorno stesso della predetta affissione;

b) depositato presso la segreteria del tribunale adito, che provvede ad affiggerlo inappositi spazi accessibili al pubblico.

L’udienza di discussione si celebra, senza possibilità di rinvio anche in presenza di ri-corso incidentale, nel termine di tre giorni dal deposito del ricorso, senza avvisi. Alla no-tifica del ricorso incidentale si provvede con le forme previste per il ricorso principale.Il giudizio è deciso all’esito dell’udienza con sentenza in forma semplificata, da pub-blicarsi nello stesso giorno. Innovativamente si dispone che la relativa motivazionepuò consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negliscritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie. La sentenza non appellata è comunicata senza indugio dalla segreteria del Tribuna-le all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato, nel nostro caso, alla Commissione cir-condariale o all’Ufficio centrale per gli adempimenti di competenza, ossia per l’am-missione della lista o del gruppo o del candidato. Il ricorso di appello, nel termine di due giorni dalla pubblicazione della sentenza,deve essere, a pena di decadenza:

a) notificato, direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, esclusivamente me-diante consegna diretta, posta elettronica certificata o fax, all’ufficio che ha ema-nato l’atto impugnato, alla Prefettura e, ove possibile, agli eventuali controinte-ressati; in ogni caso, l’ufficio che ha emanato l’atto impugnato rende pubblico ilricorso mediante affissione di una sua copia integrale in appositi spazi all’uopodestinati sempre accessibili al pubblico e tale pubblicazione ha valore di notificaper pubblici proclami per tutti i controinteressati; la notificazione si ha per avve-nuta il giorno stesso della predetta affissione; per le parti costituite nel giudiziodi primo grado la trasmissione si effettua presso l’indirizzo di posta elettronicacertificata o il numero di fax indicato negli atti difensivi ai sensi del comma 4;

b) depositato in copia presso il Tribunale amministrativo regionale che ha emes-so la sentenza di primo grado, il quale provvede ad affiggerlo in appositi spaziaccessibili al pubblico;

c) depositato presso la segreteria del Consiglio di Stato, che provvede ad affigger-lo in appositi spazi accessibili al pubblico.

Nel giudizio di appello si applicano le disposizioni previste per il ricorso al TAR. Per la proposizione dei ricorsi non è richiesto il ministero di un avvocato (art. 23c.p.a.); gli atti relativi sono redatti in carta libera e sono esenti dal contributo unifica-to e da ogni altro onere fiscale (art. 127 c.p.a.).Sia nel ricorso contro l’esclusione di liste o gruppi o candidati, sia nel ricorso controle altre operazioni elettorali, ai fini della proponibilità del gravame da parte dell’inte-ressato, che si ritiene leso nei proprio diritto di elettorato passivo, trova applicazionel’art. 22 della l. 241 del 1990, secondo il quale il candidato alle elezioni amministrati-

La sentenza

1.14. LA TUTELA GIURISDIZIONALE67 L’ELEZIONE

ve ha titolo all’accesso alla documentazione relativa alle schede elettorali e ai verbalirelativi alle operazioni elettorali101.

1.14.1.2. Il procedimento ordinario

Precisa l’art. 130 c.p.a che ogni altro provvedimento relativo al procedimento, anchepreparatorio, per le elezioni comunali, provinciali e regionali diverso dai provvedi-menti di esclusione di liste o candidati è impugnabile soltanto alla conclusione delprocedimento elettorale, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti

Il ricorso deve essere presentato al Tribunale amministrativo regionale, competenteper territorio, e per la sua proposizione non è richiesto il ministero di un avvocato(art. 23 c.p.a.); gli atti relativi sono redatti in carta libera e sono esenti dal contributounificato e da ogni altro onere fiscale (art. 127 c.p.a.).L’impugnativa è rivolta contro l’atto di proclamazione degli eletti, il cui verbale deveessere depositato nella segreteria del TAR, insieme agli atti e documenti del processo,entro il termine perentorio di trenta giorni dalla proclamazione degli elettiSono legittimati a proporre ricorso:

- qualsiasi candidato;- qualsiasi elettore del Comune o della Provincia, nell’esercizio di una tipica azione

popolare;Non sono legittimati a ricorrere il Prefetto ed il Comune o la Provincia, poiché l’entelocale non è portatore di un interesse diretto, nè tanto meno in ordine alla scelta dellepersone fisiche chiamate a far parte del Consiglio o a ricoprire le cariche elettive102.Sono legittimati a resistere al ricorso (in qualità di contraddittori) tutti gli eletti, nelcaso in cui la contestazione involga tutto il procedimento di elezione; oppure uno opiù candidati, proclamati eletti, quando la contestazione investa i risultati delle vota-zioni conseguite in una o più sezioni e lo stesso ente, in quanto, in definitiva, sono adesso imputati i risultati della consultazione elettorale.Particolare rilievo riveste la questione relativa alla formulazione dei motivi del ricor-so, i quali non debbono essere espressi in modo generico, ma con l’indicazione di vi-zi specifici atti ad individuare la fase del procedimento in cui le irregolarità si sonoverificate. Ad esempio, le censure debbono individuare le singole sezioni in cui si pre-sume che si siano verificate le irregolarità, con l’indicazione degli elementi utili perl’individuazione delle schede da riesaminare; il ricorso non deve, cioè chiedere la re-visione in toto delle operazioni elettorali, con denunce generiche o ipotetiche.Se il Tribunale regionale amministrativo accoglie il ricorso, corregge il risultato delleelezioni e sostituisce ai candidati eletti illegalmente coloro che hanno diritto di esser-lo (art. 130, comma 9, c.p.a.) salvo che l’accoglimento non comporti l’annullamentototale delle elezioni (art. 85 d.P.R.. 570).La sentenza è pubblicata entro il giorno successivo alla decisione della causa. Se lacomplessità delle questioni non consente la pubblicazione della sentenza, nello stes-so termine è pubblicato il dispositivo mediante deposito in segreteria. In tal caso lasentenza è pubblicata entro i dieci giorni successivi.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 68

La sentenza

Oggetto del giudizio elettorale amministrativo sono tutti gli atti del procedimen-to elettorale, dal decreto di indizione dei comizi elettorali alla proclamazione de-gli eletti (le irregolarità in tema di presentazione delle candidature, il modo diespressione del voto, le operazioni di scrutinio, la vidimazione delle liste, ecc.).

(101) TAR Piemonte, II, 10 ottobre 2001, n. 1747, in TAR, 2002, I, pag. 4032.(102) BOSCIA, L’ordinamento elettorale, Milano, 1976, 408.

La sentenza è immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del tribunaleamministrativo regionale, al Sindaco, alla Giunta provinciale, a seconda dell’ente cuisi riferisce l’elezione. Il Comune o la Provincia provvede, entro ventiquattro ore dal ri-cevimento, alla pubblicazione per quindici giorni del dispositivo della sentenza nel-l’albo o bollettino ufficiale dell’ente interessato a mezzo del segretario che ne è diret-to responsabile. In caso di elezioni relative a Comuni, Province o Regioni, la sentenza ècomunicata anche al Prefetto. Ai medesimi incombenti si provvede dopo il passaggioin giudicato della sentenza annotando sulla copia pubblicata la sua definitività. Contro la sentenza del TAR è dato ricorso in grado di appello al Consiglio di Stato(art. 131 c.p.a.), entro venti giorni dalla notifica della sentenza, per coloro nei cuiconfronti è obbligatoria la notifica; per gli altri candidati o elettori nel termine di ven-ti giorni decorrenti dall’ultimo giorno della pubblicazione della sentenza medesimanell’albo pretorio del Comune. Anche il Consiglio di Stato, se accoglie il ricorso, corregge il risultato delle elezioni inconformità all’art. 130, comma 9, c.p.a..La sentenza è immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del Consi-glio di Stato, agli stessi soggetti ai quali è comunicata la sentenza del TAR, i qualiprovvedono agli ulteriori incombenti.

1.14.2. Il contenzioso in materia di eleggibilitàContro le deliberazioni del Consiglio aventi ad oggetto la convalida del Sindaco o delPresidente della Provincia e dei consiglieri, ovvero il diniego di convalida ovvero lasurrogazione operata in sede di convalida degli eletti, ovvero contro il provvedimen-to assunto dall’organo di controllo, nel caso in cui il Consiglio ometta o si rifiuti diprovvedere in merito, è dato ricorso al Tribunale civile nella cui circoscrizione è com-preso l’ente (art. 82 d.P.R. 570 del 1960).

Il ricorso è presentato entro il termine di trenta giorni dalla data finale di pubblica-zione della deliberazione all’albo dell’ente, se si tratta di attore popolare, oppure dal-la data di notificazione di essa, se l’azione è proposta dal diretto interessato.Nel caso di ricorso contro la deliberazione di convalida adottata in via surrogatoriadall’organo di controllo il termine di trenta giorni decorre dall’ultimo giorno dellapubblicazione della decisione nell’albo dell’ente, effettuata entro ventiquattro ore dalricevimento, a cura del segretario, che ne è responsabile.Nel giudizio si applicano le norme del processo civile, ma i termini sono ridotti al-la metà.Se il Tribunale accoglie il ricorso, si applica l’art. 4 della L. 1147 del 1966, ossia cor-regge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente convalidatio non convalidati o surrogati coloro che hanno diritto di esserlo.

1.14. LA TUTELA GIURISDIZIONALE69 L’ELEZIONE

Possono ricorrere:- qualsiasi cittadino elettore del Comune o della Provincia (azione popolare);- chiunque abbia interesse diretto: il candidato la cui eleggibilità è contestata

e gli altri candidati non eletti o proclamati eletti, ma che aspirano a una mi-gliore graduatoria;

- il Prefetto.

Contro la sentenza del Tribunale è dato ricorso alla Corte d’appello competen-te, da parte di:

- qualunque cittadino elettore del Comune o della Provincia, anche se non haproposto ricorso in primo grado;

(segue)

L’esecuzione della sentenza emessa dal Tribunale rimane sospesa in pendenza del-l’esito del ricorso in appello.Il ricorso va proposto entro venti giorni, decorrenti:

- dalla notificazione della sentenza, per coloro che sono stati parti nel giudizio diprimo grado;

- dall’ultimo giorno della pubblicazione del dispositivo della sentenza all’albo del-l’ente, per ogni altro cittadino elettore o diretto interessato.

La sentenza, che può applicare l’art. 4 della l. 1147, circa il potere correttivo sopra cita-to, va immediatamente comunicata al Sindaco o alla Giunta provinciale, che ne cura lanotificazione, senza spese, agli interessati; uguale comunicazione è fata al Prefetto.La sentenza pronunciata in secondo grado dalla Corte d’appello può essere impugna-ta con ricorso per cassazione, dalla parte soccombente e dal Procuratore generalepresso la Corte d’appello, entro venti giorni dalla notificazione.La Corte di cassazione, nel giudizio elettorale, decide eccezionalmente anche nel me-rito, senza bisogno di rinvio al giudice competente, ma con emissione di immediatadeclaratoria eseguibile dall’autorità amministrativa (nella specie, il Consiglio), che hal’obbligo di uniformarsi; è quindi applicabile l’art. 4 della l. 1147.La sentenza è immediatamente pubblicata e comunicata al Sindaco o alla Giunta pro-vinciale, che ne cura la notificazione, senza spese, agli interessati; eguale comunica-zione è fatta al Prefetto.

L’art. 76 D.Lgs. 267 del 2000 dispone, allo scopo di avere una cognizione complessivadei vari amministratori degli enti locali, elettivi e non, la raccolta dei dati relativi, inapposito registro, che assume la denominazione di anagrafe degli amministratori lo-cali e regionali.Alla tenuta dell’anagrafe è incaricato un ufficio del Ministero dell’interno, che racco-glie ed aggiorna i dati relativi agli eletti a cariche locali e regionali (art. 76, comma 1).

Per gli amministratori non elettivi i suddetti dati sono forniti con il consenso degli in-teressati (comma 3).Viene assicurata la massima pubblicità dei dati acquisiti, con il riconoscere a chiun-que il diritto di prendere visione e di estrarne copia, anche su supporto informatico(comma 4).

MANUALE DEL CONSIGLIERE 70

La sentenza

1.15. Anagrafe degli amministratori locali e regionali

I dati - acquisiti presso Comuni, Province e Regioni, anche con sistemi di co-municazione telematica - concernono:

- cognome e nome dell’amministratore elettivo;- luogo e data di nascita;- residenza;- lista o gruppo di appartenenza o di collegamento;- titolo di studio;- professione esercitata (art, 76, comma 2).

- chiunque vi abbia interesse;- Procuratore della Repubblica;- Prefetto, quando abbia promosso l’azione di ineleggibilità.

(continua)

2.1. Entrata in carica

2. Entrata e durata in caricaIl ruolo del consigliere

L’art. 38, comma 4, D.Lgs. 267 del 2000. dispone che i consiglieri entrano in carica al-l’atto della proclamazione degli eletti ovvero, in caso di surrogazione, non appenaadottata la relativa deliberazione.A seguito della proclamazione degli eletti il Sindaco ed il Presidente della Provinciapossono procedere alla convocazione del Consiglio alla prima seduta e nominare gliassessori ed i consiglieri comunali e provinciali possono esercitare i diritti propri delloro ufficio, come concorrere con il quinto dei consiglieri alla convocazione del Con-siglio (art. 39, comma 2, D.Lgs. 267), oppure presentare proposte di deliberazione,avanzare interrogazioni, interpellanze o mozioni, di ottenere notizie ed informazionisu tutti gli atti del Comune, della Provincia e delle loro aziende (art. 43, comma 1,D.Lgs. 267).La successiva convalida dell’elezione, effettuata dal Consiglio nella sua prima sedutanon ha effetto costitutivo del Consiglio, che trae la sua legittimazione direttamentedal corpo elettorale, ma meramente accertativo dell’esistenza o meno di cause preclu-sive dell’investitura, investitura che è perfezionata con la proclamazione degli eletti. La legge 142 del 1990 ha risolto, pure, l’annosa questione riguardante il momento incui il surrogante entra in carica, in quanto l’art. 39, comma 4, sopra citato, stabilisceche i consiglieri, chiamati a ricoprire un seggio vacante (per morte, dimissioni, deca-denza, rimozione, ecc.), entrano in carica con l’adozione della relativa deliberazionedel Consiglio che procede a sostituire il consigliere cessato dalla carica con il candi-dato che nella medesima lista segue immediatamente l’ultimo eletto (art. 45, comma1, D.Lgs. 267).In merito, occorre rilevare che, nei riguardi del surrogante, lo status (ossia, la qualità)di consigliere comunale e provinciale deve farsi risalire ad un momento anteriore alsopraggiungere della causa che consente al candidato di esercitare l’ufficio per la qua-le il corpo elettorale lo ha scelto. Questo momento è individuabile nella graduatoria dei non eletti stilata dall’Ufficioelettorale; ma, a differenza dei consiglieri proclamati eletti, i surroganti sono sottopo-sti alla condizione sospensiva del verificarsi di quell’atto determinativo o dichiarati-vo della vacanza del seggio1.In sostanza, sia per i consiglieri proclamati eletti, sia per i surroganti, la nomina devefarsi risalire alla volontà popolare, mentre l’ investitura, ossia il diritto di esercitare la

Proclamazionedegli eletti

(1) IACCARINO, Consiglio comunale, in Enc.del dir. , Milano, 1961, vol. IX, pag. 186.

carica, decorre, per i primi, dalla proclamazione degli eletti e, per i secondi, dall’ado-zione della deliberazione di surrogazione.Anche nei confronti del surrogante deve adottarsi la deliberazione di convalida,provvedimento che, benché concettualmente distinto da quello di surrogazione è dinorma, adottato contestualmente a quello di surrogazione, al fine di evitare che unconsigliere entri in carica e subito dopo venga dichiarato ineleggibile e, quindi, deca-duto dalla carica.La formula legislativa, secondo la quale il consigliere surrogante entra in carica “nonappena adottata” la deliberazione di surrogazione, fa ritenere che venga “implicita-mente attribuito” a tale deliberazione il carattere dell’ immediata esecutività, senzache la stessa debba essere dichiarata espressamente dal Consiglio2. In ordine al problema se alla seduta in cui si delibera la surrogazione possano parte-cipare anche i consiglieri subentranti, che verrebbero computati nel quorum richiestoper la validità della seduta, il Ministero dell’interno ritiene che tale partecipazione sialegittima, in quanto, se si escludesse la loro presenza, si dovrebbe ammettere la sus-sistenza di una fase temporale in cui il Consiglio risulta strutturalmente incompletouna volta venuti meno i consiglieri da surrogare e prima che si proceda alla loro so-stituzione3.

Infatti, per prassi, si notifica l’avviso di convocazione del Consiglio, in cui si discutela surrogazione, anche ai consiglieri subentranti, che se presenti in aula, sono chiama-ti a prendere posto tra i banchi dei consiglieri, ma solo dopo la dichiarazione di avve-nuta surrogazione.

Il Consiglio dura in carica per un quinquennio (art. 51, comma 1, D.Lgs. 267 del 2000e art. 7 della l. 120 del 1999) “sino all’elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazionedel decreto (prefettizio) di indizione dei comizi elettorali, ad adottare atti urgenti ed improro-gabili” (art. 38, comma 5, D.Lgs. 267 del 2000). In pratica si stabilisce che i consiglieridurino in carica sino alla proclamazione dei nuovi consiglieri.Questa scelta innovativa - fermo restando che i Consigli cessano di esercitare il loropotere deliberativo in ordine alla ordinaria amministrazione allo spirare delle oreventiquattro del quarantaseiesimo giorno antecedente alla data delle elezioni (al fi-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 72

Questo orientamento non appare condivisibile, perché così operando si do-vrebbe ammettere la partecipazione al Consiglio di estranei, come debbono es-sere considerati i candidati subentranti, che non debbono essere in alcun modoparagonati ai consiglieri proclamati eletti. Questi ultimi entrano subito in cari-ca, all’atto della proclamazione e quindi partecipano legittimamente alla primaseduta per la convalida, mentre i surroganti, non possono essere considerati, anessun titolo, consiglieri, acquistando la legittimazione – come sopra rilevato –solo dopo la loro surrogazione, che li legittima a partecipare ai lavori del Con-siglio.

2.2. Durata in carica

(2) BARUSSO, Il nuovo ordinamento delle autonomie locali, Napoli, 1990, pag. 52.(3) Risposta a quesito da parte della Direzione generale dell’A.C. Direzione delle autonomie, reso al-l’ANCI (2002), la quale aggiunge che “la partecipazione dei consiglieri subentranti alla delibera disurroga risulta meglio armonizzata, fra l’altro, con il principio della prioritaria ricostituzione del ple-num del collegio, ogni qual volta questo venga meno, prima di deliberare su qualsiasi altro argomen-to”.

ne di evitare che, nel periodo pre-elettorale, si adottino provvedimenti a chiaro scopodi propaganda elettorale, potendo incidere sulla formazione della volontà elettoraledei cittadini) - è, secondo il nuovo ordinamento, una scelta obbligata. Infatti, la Giunta ha assunto un nuovo ruolo, consistente nello svolgimento di alcunicompiti di amministrazione, già esercitati dal Consiglio, per cui è necessario che indetto periodo il Consiglio ne controlli l’operato (che, nel passato, poteva concretizzar-si anche con la richiesta, da parte del prescritto quorum dei consiglieri, di sottoposi-zione al controllo di talune deliberazioni). A ciò si aggiunga il fatto che è stata toltaalla Giunta la possibilità di deliberare d’urgenza (tranne che per le variazioni di bi-lancio) per cui le materie di competenza del Consiglio non troverebbero attuazione,se il Consiglio non potesse provvedere4.Il legislatore ha posto un limite alla potestà deliberativa del Consiglio ed è quello chedeve trattarsi di “atti urgenti ed improrogabili”, nel senso che occorre evitare un dan-no grave che minaccia il pubblico interesse (urgenza) e che non sono possibili ulterioridilazioni (improrogabilità). È da ritenere che rivesta i caratteri dell’urgenza e dell’im-prorogabilità, ad esempio, la revisione delle norme statutarie, la cui mancata approva-zione comporterebbe un vuoto normativo, che si ripercuoterebbe negativamente sul-l’operato dei nuovi organi elettivi; basti pensare alla determinazione del numero degliassessori, adempimento che consente al nuovo Sindaco di procedere immediatamentealla scelta degli assessori, secondo le indicazioni dello statuto oppure quando si tratti diprovvedimenti imposti per legge ed a contenuto vincolato5. Non rientrano nella cate-goria degli atti urgenti ed improrogabili piani regolatori ed i piani particolareggiati6

La limitazione delle attribuzioni consiliari durante il periodo elettorale non trova ap-plicazione in caso di gestione straordinaria dell’ente, non potendo il commissario in-terferire con la libera manifestazione di volontà degli elettori7 .

Occorre, inoltre, tenere presente che la suddetta limitazione dei poteri del Consiglio èoperante non dalla data di emanazione dei decreti di indizione dei comizi (da partedel Prefetto), ma da quella di pubblicazione, che è quella disposta dal Sindaco o dalPresidente della Provincia8.

Il testo unico del 2000 ha posto fine alla annosa questione della individuazione delconsigliere anziano, demandandone la soluzione allo Statuto, che potrà dettare crite-ri diversi da quelli suggeriti dal legislatore, ai sensi dell’art. 40, comma 2, D.Lgs. 267del 2000, che risale all’art. 1 della l. 415 del 1993.

Art. 40, co. 2,Tuel

Il nuovo ruolodella Giunta

2.3. IL CONSIGLIERE ANZIANO73

ENTRATA E DURATA

IN CARICA DELCONSIGLIERE

In ordine all’inderogabilità del termine delle ore 24 del quarantaseiesimo gior-no antecedente alla data delle elezioni, detto termine è da ritenersi perentorio,con eventuale illegittimità delle deliberazioni, non urgenti ed improrogabili,assunte dopo lo scadere delle ore ventiquattro (Cfr., in terminis, T.A.R Puglia,Bari, 27 agosto 1981, n. 194, in TAR, 1981, I, 3178.).

2.3. Il consigliere anziano

(4) ITALIA, Il municipio cambia così, in Italia oggi, 8 giugno 1990, XXVII.(5) Consiglio di Stato, IV, 30 giugno 2003, n. 3894, in Cons. St., 2003, I, 1451.(6) TAR Valle d’Aosta, 19 giugno 2002, n. 67, in TAR, 2002, I, 2897.(7) TAR Veneto, 2 luglio 1996, n. 1273, in TAR, 1996, I, 3162.(8) TAR Umbria, 13 febbraio 1998, n. 165, in TAR, 1998, I, 1436, che ha considerata legittima l’assun-zione di una variante del piano regolatore generale, anche dopo l’adozione dei detti decreti, purchéprima della loro pubblicazione.

Con tale disposizione si prescrive che:

Qualora il consigliere anziano fosse assente o rifiutasse di presiedere l’assemblea allaprima adunanza, la presidenza deve essere assunta dal consigliere che nella gradua-toria di anzianità, determinata secondo i criteri sopra enunciati, occupa il posto im-mediatamente successivo. La sopra riportata normativa trova applicazione sino a quando lo statuto non stabili-rà nuovi criteri (art. 40, comma 6).Premesso che il tipo di anzianità suggerito dal legislatore non tiene conto dei consi-glieri che, partecipando come candidati alla carica di Sindaco, non rientrano nellagraduatoria, lo statuto potrà individuare altri modi di scelta, come quello della mag-giore età o dell’anzianità di legislature, ecc.Il ruolo del consigliere anziano è stato ridimensionato dall’art. 39, comma 1, terzo pe-riodo, il quale si limita a disporre che egli possa svolgere le sole funzioni vicarie delPresidente del Consiglio, nell’eventualità in cui lo statuto non preveda la istituzionedell’ufficio di vice presidente del Consiglio.Per quanto concerne la Provincia, secondo la previgente legislazione era consideratoconsigliere anziano il maggiore di età (art. 238 t.u. com. prov. 1915), criterio che deveritenersi applicabile nell’eventualità in cui lo statuto non statuisca in merito.La necessità di individuare il consigliere anziano assumeva rilievo in sede di primaadunanza del Consiglio, in quanto nel passato il Presidente della Provincia non eraancora stato eletto, per cui la scelta adottata fu quella – come rilevato – di conferirel’incarico al consigliere più anziano d’età.Attualmente, la questione è stata risolta con l’attribuire il potere di convocazione e dipresidenza del Consiglio neo eletto al Presidente della Provincia (art. 40, comma 4,D.Lgs. 267 del 2000).

La prassi in vigore presso i Consigli comunali e provinciali aveva da tempo conside-rato ed attuato la possibilità di dare rilevanza ai gruppi consiliari, di norma coinciden-ti con i consiglieri eletti nelle liste o gruppi partecipanti alla elezione del Consiglio.Per tale motivi, i regolamenti per le adunanze del Consiglio prevedevano la costitu-zione dei gruppi consiliari, l’obbligo per ciascun consigliere di farne parte e di con-correre alla nomina o designazione del capogruppo.La legislazione precedente e successiva alla L. 142 ha fatto sovente riferimento ai grup-pi consiliari, materia disciplinata dai regolamenti sul funzionamento del Consiglio,dapprima facoltativamente, poi obbligatoriamente. Infatti, vi sono delle norme che fan-no ad essi esplicito riferimento (comunicazione ai capigruppo delle deliberazioni dellaGiunta; attribuzione - come rilevato - di risorse ai gruppi consiliari, attribuzioni ai capi-gruppo dei permessi per partecipare alle riunioni della conferenza dei capigruppo).

MANUALE DEL CONSIGLIERE 74

È considerato consigliere anziano quel consigliere che ha ottenuto la maggio-re cifra individuale, con esclusione del Sindaco neo eletto e dei candidati allacarica di Sindaco, proclamati consiglieri.

2.4. Il consigliere nei gruppi consiliari

Statuto e regolamento, pertanto, debbono disciplinare i seguenti argomenti(Per una esemplificazione del contenuto dei provvedimenti, cfr. l.r. Molise 4 no-vembre 1991, n. 20, come modificata dalla l.r. 24 dicembre 2002, n. 43, recante il“testo unico delle norme in materia di funzionamento e di assegnazione del personaleai gruppi consiliari”):

(segue)

Per questi motivi è necessario che, qualora si intenda costituire il gruppo misto, si sta-bilisca quale è il numero minimo di consiglieri che concorrono alla costituzione di ungruppo consiliare. Tuttavia, nulla vieta che si possa stabilire che anche un singolo con-sigliere possa costituire un gruppo a sé, specie nel caso in cui sia l’unico eletto di unalista o gruppo di candidati9.E qualora sia stabilito un numero minimo, la defezione di un consigliere da un grup-po, può solo consentire l’aggregazione ad altro gruppo, ma non la costituzione di ungruppo a sé10;

- stabilire il termine entro il quale i consiglieri debbano comunicare alla presidenzadel Consiglio il gruppo al quale intendano far parte, eventualmente prevedendoche, se non viene rispettato il termine, fanno parte di diritto del gruppo misto;

- fissare le modalità con le quali il consigliere possa esercitare il diritto di recessodal gruppo per aggregarsi ad un altro o al gruppo misto o costituire un gruppo asé, ove consentito;

- stabilire le modalità di elezione del capogruppo consiliare, prescrivendo che, inmancanza, è capogruppo di diritto il consigliere che riveste la qualifica di consi-gliere più anziano del gruppo;

- determinare le attribuzioni della conferenza dei capigruppo, di modo che essapossa agire come organo di consulenza del presidente del Consiglio, nell’organiz-zazione dei lavori consiliari e nella redazione dell’ordine del giorno. A tale fine sipotrebbero conferire alla conferenza le prerogative della commissione comunale,con assimilazione alle commissioni permanenti.

2.5.1. La delega per l’esercizio di compiti istituzionaliIl consigliere svolge la sua attività istituzionale, innanzitutto e principalmente, inqualità di componente di un organo collegiale, il Consiglio, che è destinatario deicompiti individuati e prescritti dalle leggi e dallo statuto.Tuttavia, in taluni casi, la legge prevede l’attribuzione al consigliere comunale di par-ticolari compiti, come nell’ipotesi disciplinata dall’art. 54, comma 10, D.Lgs. 267 del2000, che dispone la delega del Sindaco ai consiglieri per l’esercizio delle funzionidallo stesso esercitate in qualità di ufficiale di Governo.Molto controversa, anche nel nuovo ordinamento delle autonomie locali, è la delegada parte del Sindaco o del Presidente della Provincia ai consiglieri delle attribuzioninon statali, ma riguardanti in modo particolare i compiti istituzionali del Comune odella Provincia. In genere, si esclude una delega al consigliere per l’esercizio di com-piti riguardanti i singoli settori dell’amministrazione comunale o provinciale, poichéin questo modo si aumenterebbe in modo surrettizio il numero degli assessori.Per la verità, alcuni statuti hanno disciplinato la possibilità di delega ai consiglieri, macon il compito di coadiuvare il capo dell’amministrazione e circoscrivendo la delega

2.5. IL CONSIGLIERE DELEGATO75

ENTRATA E DURATA

IN CARICA DELCONSIGLIERE

- che cosa si intenda per “gruppi consiliari”, se le aggregazioni dei consiglie-ri, quali delineate dalle liste o gruppi che hanno partecipato alle elezioni, ovve-ro le aggregazioni risultanti dalla riunione di consiglieri provenenti da liste di-verse, il c.d. “gruppo misto”.

(continua)

2.5. Il consigliere delegato

(9) TAR Lombardia, Milano, 19 febbraio 1996, n. 214, in TAR, 1996, I, 1292.(10) TAR Liguria, II, 22 aprile 1996, n. 161, in TAR 1996, I, 2532.

a compiti specifici, e per un periodo di tempo limitato (Statuti del Comune di Geno-va, art. 43 e di Perugia, art. 44).

È da ritenere che l’istituto della delega sopra esaminato, e che concerne lo svolgimen-to da parte del consigliere di compiti propri del Sindaco o del Presidente della Pro-vincia, debba trovare la sua previsione in una apposita norma dello statuto, cui com-pete specificare “le attribuzioni degli organi” (art. 6 D.Lgs. 267 del 2000).

2.5.2. La delega delle funzioni di ufficiale del Governo

Discorso a parte va fatto per le deleghe del Sindaco ai consiglieri comunali delle fun-zioni svolte in qualità di ufficiale di Governo, le quali possono essere conferite, conapposito e specifico atto di delegazione, ai singoli consiglieri, ma alla condizione chenon sia prevista l’istituzione degli organi del decentramento, in quanto, in questo ca-so, la delega va fatta ai soli Presidenti dei Consigli Circoscrizionali. La delega è facoltativa, non obbligatoria, e deve essere accettata dal delegato e parte-cipata al Prefetto, al quale non compete esprimere un giudizio di approvazione, co-me era nel passato, in cui l’istituto trovava ampia applicazione, essendo la delegaestesa anche a coloro, che risiedendo nelle frazioni o borgate, avevano i requisiti perricoprire la carica di consigliere comunale (artt. 154, 155 e 156 t.u. com. prov. 1915).Riteniamo possibile anche in questa materia una norma del regolamento sul funzio-namento del Consiglio che definisca le modalità di conferimento della delega, il suocontenuto, che può essere ampio o limitato a talune materie ed il dovere di presenta-re una relazione annuale al Consiglio, come prevedeva l’art. 68 reg. 1911.Sono delegabili le seguenti funzioni (art. 54, comma 1 e 3 e art. 14, D.Lgs. 267.del 2000):

a) tenuta dei registri di stato civile e di popolazione, ed adempimenti demandatial Sindaco in materia elettorale, di leva militare e di statistica; in queste materie,le attribuzioni del consigliere delegato sono le stesse di quelle del Sindaco e con-sistono nella potestà di sovrintendere ai compiti affidati agli organi burocraticidel Comune;

b) emanazione degli atti che sono attribuiti al Sindaco dalle leggi e dai regolamentiin materia di ordine e sicurezza pubblica;

c) svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, delle fun-zioni affidategli dalla legge;

d) vigilanza su tutto quanto possa interessare la pubblica sicurezza e l’ordine pub-blico, informandone il Prefetto; al di fuori dell’emanazione degli atti di pubblicasicurezza, sopra citati, per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubbli-ca non compete al Sindaco altra funzione che quella di tempestivamente avvisa-re il Prefetto di tutto ciò che possa costituire turbativa dell’ordine e della sicurez-za pubblica.

Al consigliere delegato nei quartieri e nelle frazioni possono essere conferite dal Sin-daco tutte o alcune delle funzioni che abbiamo descritto, compresa la facoltà di adot-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 76

Le funzionidelegabili

In merito, dovrebbe valere la regola, individuata, a suo tempo, dal Comitato re-gionale di controllo Lombardia (Sez. di Lecco, decisione del 3 ottobre 1991, inROLLA-GROPPI-LUATTI, L’ordinamento dei Comuni e delle Province 1990-1993,Milano, 1993, 631.), secondo il quale non sarebbe ammessa la delegazione dicompiti di amministrazione attiva, in quanto si verrebbero a confondere con-trollore e controllato, mentre sarebbe possibile la delega volta ad affidare aiconsiglieri il compito di coadiuvare il Sindaco o il Presidente della Provincianell’esame e nello studio di problemi e materie specifici.

tare ordinanze, fatta eccezione di quelle contingibili ed urgenti, che debbono essereemanate esclusivamente dal Sindaco.

2.5.3. Le deleghe nei Comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti

Speciali deleghe ai consiglieri sono previste nei Comuni con popolazione inferiore ai3.000 abitanti, in cui manchi la Giunta. Infatti, la legge finanziaria per il 2010 (L. 23 dicembre 2009, n. 191, art. 2, comma 186)stabilisce che nei Comuni con popolazione non superiore a 3.000 abitanti il Sindacopossa delegare l’esercizio di proprie funzioni a non più di due consiglieri, in alterna-tiva alla nomina degli assessori.In questi Comuni non prevedendosi la nomina di assessori e quindi la costituzione diuna vera propria Giunta, è da ritenere che tutti i poteri che la legislazione statale e re-gionale conferisce a tale organo collegiale, siano esercitati, trattandosi di funzioni ge-stionali, dal capo stesso dell’esecutivo che è il Sindaco. Infatti, se si sostenesse che le funzioni giuntali sono adottate dal Sindaco e dai dueconsiglieri delegati, si avrebbe una forma surrettizia di Giunta comunale, in contrastocon la normativa che intende produrre un interessante esempio di semplificazioneistituzionale.Tali atti del Sindaco, che possono qualificarsi deliberazioni, decreti, ordinanze, deter-minazioni e simili, necessitano comunque, al pari delle deliberazioni giuntali, dei pa-reri di regolarità tecnica e contabile previsti dall’art. 49 del d. lg. 267 del 2000. Inoltre, debbono essere verbalizzati e raccolti in apposito registro in successione tem-porale e quindi numerati.Per quanto concerne la nomina del vicesindaco, occorre rilevare che la normativa pre-vede la delega da parte del Sindaco di “proprie funzioni” solo a due consiglieri co-munali e pertanto, ad uno dei due designati il Sindaco deve delegare le funzioni divicesindaco, ossia indicare semplicemente uno dei due prescelti, come vicesindaco,che ha – come noto - il compito di sostituire il Sindaco in caso di sua assenza o impe-dimento temporaneo, in aggiunta ad eventuali deleghe che gli siano state affidate.

La disposizione che abbiamo brevemente illustrato, è tuttavia di portata limitata inquanto essa non è obbligatoria, ma semplicemente facoltativa, essendo rimessa allavolontà del Sindaco. Per inciso, si rileva che la norma è contenuta nel comma 186 dell’art. 2 della L. 191 del2009, il quale specifica che i Comuni “devono … adottare” determinate misure, richia-mando, con l’indicativo presente l’obbligatorietà della misura da adottare, ma subitodopo si afferma che la delega del Sindaco costituisce una semplice “possibilità”, dan-do origine ad una vera e propria contraddizione in termini.

2.6.1. IndividuazioneParticolare attenzione deve essere dedicata al consigliere che riveste la qualifica di“consigliere di minoranza”, specie a seguito della speciale tutela che è conferita dalD.Lgs. 267 del 2000 alle minoranze ed alle opposizioni sedenti in Consiglio.

2.6. IL CONSIGLIERE DI OPPOSIZIONE77

ENTRATA E DURATA

IN CARICA DELCONSIGLIERE

In pratica, il Sindaco deve comportarsi nello stesso modo in cui procede allanomina degli assessori, cioè redigere, con l’eventuale assistenza del segretariocomunale, un atto di designazione dei due consiglieri, specificando quali fun-zioni essi dovranno espletare nel governo del Comune e designare uno dei dueprescelti alla carica di vicesindaco.

2.6. Il consigliere di opposizione

L’art. 44, comma 1, del D.Lgs. 267/2000, prescrive l’obbligo per lo statuto di:1) specificare le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze;2) prevedere l’attribuzione alle opposizioni della presidenza delle commissioni

consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite.Occorre, prima di iniziare l’indagine, procedere alla definizione dei concetti di mag-gioranza, minoranza ed opposizione, prescindendo dalle risultanze delle votazioniche si svolgono in Consiglio, nell’assunzione dei provvedimenti che richiedonol’espressione di un voto, potendo aversi maggioranze e minoranze contingenti, so-vente non collegate all’appartenenza politica del consigliere.Nella previgente legislazione, per la individuazione dei consiglieri facenti parte dellamaggioranza, si faceva riferimento alle forze politiche che avevano proceduto alla nomi-na del Sindaco o del Presidente della Provincia e degli assessori oppure, a seguito dellaL. 81 del 1993, avevano approvato, nella prima adunanza successiva alle elezioni, gli in-dirizzi generali di governo, con la conseguenza che erano considerati consiglieri di mi-noranza, quelli che avevano espresso voto contrario e che costituivano l’opposizione.Con la L. 265 del 1999 si è sostituito l’onere dell’approvazione degli indirizzi generali digoverno con la presentazione delle linee programmatiche da parte del Sindaco e del Pre-sidente della Provincia, venendo così a mancare una precisa indicazione normativa, tran-ne quella di fare riferimento alle dichiarazioni favorevoli o contrarie rese dai capigruppoo dai singoli consiglieri in quella sede, sul contenuto delle linee programmatiche.

Non abbiamo adoperato il termine di minoranze, per indicare queste forze politiche,in quanto il D.Lgs. 267 sembra riferire detto sostantivo non solo “a qualsiasi minoran-za esistente nell’ambito del Comune (ad esempio di carattere etnico, religioso, eccete-ra)”11, ma anche ai raggruppamenti politici sedenti in Consiglio, sia a quelli che fan-no parte dell’opposizione e che sovente con questa si identificano, sia a tutte le mino-ranze, comprese quelle che concorrono a comporre ed a sostenere la maggioranza digoverno, anch’esse bisognevoli di tutela e, quindi, di essere destinatarie di particola-ri forme di garanzia e di partecipazione. Occorre tenere presente, tuttavia, che nel corso del mandato sono possibili radicalimutamenti nella fisionomia politica del Consiglio, quale risultante dalle elezioni, inquanto possono verificarsi casi (c.d. “ribaltoni”), in cui uno o più consiglieri decido-no di non far più parte delle forze di opposizione e di entrare nella maggioranza o vi-ceversa12. In queste ipotesi, si dovrà prendere atto della nuova situazione e procede-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 78

L’art. 44, comma1, del D.Lgs.

267/2000

Il criterio più sicuro è quello di riferirsi alle risultanze elettorali, ossia avere ri-guardo alla lista o gruppi di liste che hanno espresso il Sindaco o il Presidentedella Provincia, al primo turno o in quello di ballottaggio e ritenere queste listecome quelle costituenti la maggioranza, mentre tutte le altre sono qualificabilicome opposizioni al governo dell’ente.

(11) Così ITALIA, Controllo in mano alle “opposizioni”, in Il Sole 24 Ore del 9 agosto 1999, pag. 25.(12) Cfr., TAR Lombardia, Milano, 8 maggio 1997, n. 548, in TAR, 1997, I, pag. 2375, il quale affermache è legittimo il criterio di identificazione della minoranza stabilito in una norma dello statuto, se-condo la quale fanno parte della minoranza medesima, i consiglieri appartenenti a liste diverse daquella collegata al Sindaco, a condizione che ne venga circoscritta l’operatività ai soli casi in cui, nelcorso del mandato, i consiglieri mantengano la contrapposizione che ha caratterizzato le liste di ri-spettiva appartenenza durante la competizione elettorale, mentre il criterio diviene inoperante nelcaso in cui la segnatura politica di un consigliere muti e questi assuma, non occasionalmente, ma si-stematicamente, una collocazione tale da ascriverlo alla maggioranza, il che si verifica quando, conla nomina ad assessore, egli divenga partecipe dell’indirizzo di governo, e dunque organico allamaggioranza consiliare che lo sostiene.

re, se del caso, ad assicurare quella tutela che è venuta a mancare, cui le opposizionihanno diritto. Se ad esempio, il consigliere, già espressione della opposizione, presie-deva una commissione consiliare, o svolgeva le funzioni di vicepresidente del grup-po consiliare, si dovrà valutare l’opportunità della sua permanenza negli uffici primaricoperti.

2.6.2. Le forme di tutela e garanziaIl D.Lgs. 267 del 2000, come legge di principi, non procede ad una indicazione anali-tica delle forme di garanzia e di partecipazione che debbono essere riservate alle mi-noranze, per assicurare loro una maggiore tutela, ma lascia allo statuto il compito del-la specificazione e della loro individuazione.Mutuando l’esperienza della Camera dei deputati, nella quale la presidenza fu per al-cune legislature appannaggio del maggiore partito di opposizione al governo, si po-trebbe prevedere anche questa scelta nei Consigli, come peraltro avviene già attual-mente, per la designazione del vicepresidente.Un organo di garanzia è sicuramente il difensore civico, attualmente operante nellesole Province, per cui sarebbe altamente significativo del ruolo dell’opposizione, ladesignazione di un suo rappresentante in tale ufficio.La legge menziona, pure, l’attribuzione alle opposizioni della presidenza delle com-missioni aventi funzioni di garanzia o di controllo, come la commissione di bilancioo quella addetta al controllo di gestione o le commissioni di inchiesta o di indagine,svolgenti un’attività di controllo e di sindacato ispettivo.Costituisce esercizio di poteri di controllo, di spettanza di tutti i consiglieri, ma ado-perato, con assiduità dai consiglieri di opposizione, l’utilizzo di determinati strumen-ti, quali le interrogazioni, le interpellanze, le mozioni, la presentazione di propostedi deliberazione. Sarebbe indice di particolare tutela e garanzia, accordare a tali attiproposti dai consiglieri di minoranza una corsia preferenziale, in sede di discussionein Consiglio, come quella di darne la precedenza oppure dedicare apposita seduta al-la discussione degli atti di sindacato avanzati dalla opposizione.

2.6.3. Le forme di partecipazioneLo statuto deve anche specificare le forme di partecipazione della minoranza, ossiaprevedere in quali organismi essa deve essere presente, come è stato previsto nelle di-sposizioni dello statuto, le quali, prevedendo che le commissioni permanenti debbo-no rispettare il principio di proporzione tra le forze politiche presenti in Consiglio, as-sicurano la presenza delle minoranza. Tale esigenza può essere generalizzata e sanci-ta per tutte le commissioni o gli organismi cui si dà vita per esigenze amministrative.

Gli statuti si sono fatti carico di indicare le forme più appropriate per garantire le mi-noranze, facendo ricorso al voto limitato o prescrivendo la preventiva individuazio-ne dei nominativi dei rappresentanti da parte della maggioranza e della minoranza. Si è pure disposto che qualora, dopo le votazioni, la minoranza non ha acquisito al-cun rappresentante, si considera non eletto il rappresentante della maggioranza cheha conseguito il minor numero di voti, con assegnazione del posto al consigliere di

2.6. IL CONSIGLIERE DI OPPOSIZIONE79

ENTRATA E DURATA

IN CARICA DELCONSIGLIERE

Una particolare forma di partecipazione è quella derivante dalla nomina o de-signazione di rappresentanti della minoranza negli enti, istituzioni ed aziendedipendenti dal Comune o dalla Provincia o per i quali sia prevista la facoltà lanomina, indipendentemente dal fatto di essere emanazione del Comune o del-la Provincia.

minoranza avente il maggior numero di voti e, in caso di parità, il più anziano di età(tale procedura è stata mutuata dall’art. 13, comma secondo, del d.P.R. 223 del 1967,per l’elezione dei componenti della Commissione elettorale comunale).La necessità della partecipazione della minoranza negli enti od organismi di emana-zione comunale è prescritta dalla stessa legge, come nel caso delle Comunità monta-ne, nei cui confronti si dispone che i rappresentanti dei Comuni debbano essere elet-ti dai Consigli comunali con il sistema del voto limitato, che è quello che dà maggio-ri garanzie, metodo che è previsto anche per la nomina dei revisori dei conti. In altri casi, come in quello delle Unioni di Comuni, la legge si limita a prescrivereche gli organi siano formati da componenti delle Giunte e dei Consigli comunali “ga-rantendo la rappresentanza delle minoranze”, demandando allo statuto dell’Unione la di-sciplina delle modalità della designazione.La giurisprudenza si è occupata della questione, specie con riguardo alle Comunitàmontane ed ha stabilito alcuni principi, come quello che all’elezione del rappresentan-te della minoranza non deve dare il proprio apporto determinante la maggioranza13. Si è anche stabilito che l’optimum è raggiungibile soltanto con votazioni separate, unada parte della maggioranza, una della minoranza14. Per contro, si è affermato che la tutela della minoranza non richiede la divisione delcorpo elettorale in due tronconi e di procedere a distinte votazioni15. Rilevato che tale procedura sarebbe del tutto legittima qualora fosse prescritta dallostatuto, sembra corretta la soluzione che vede i Consigli - in mancanza di precise epuntuali disposizioni legislative - procedere, prima dell’inizio della votazione, alladeterminazione, anche in sede di conferenza dei capigruppo, dei criteri atti ad assicu-rare il conseguimento delle finalità legislative (che è la tutela e la partecipazione del-la minoranza) e ad impedire possibili interferenze della maggioranza consiliare nellaelezione dei rappresentanti della minoranza16.

Il consigliere comunale o provinciale riveste la qualifica di funzionario onorario, cheesercita la sua attività non a titolo professionale, ma a titolo volontario, ossia comeprivato cittadino investito, a tempo determinato, di pubbliche funzioni. Ne consegue

MANUALE DEL CONSIGLIERE 80

2.7. La tutela giurisdizionale

((13) Consiglio di Stato, V, 23 febbraio 1979, n. 100, in Cons. St., 1979, I, pag. 205; Id., 12 dicembre 1997,n. 1533, ivi, 1997, I, pag. 1702; TAR. Umbria, 16 aprile 1982, n. 70, in TAR., 1982, I, pag. 2121; TARLombardia, Milano, 20 gennaio 1983, n. 30, ivi, 1983, I, pag. 891; Id., 14 luglio 1983, n. 1000, ivi, 1983,I, pag. 2466; TAR. Abruzzo, L’Aquila, 20 novembre 1987, n. 402, ivi, 1988, I, pag. 229; Id., 9 dicembre1997, n. 1401, ivi, 1998, I, pag. 535; TAR Lazio, II, 21 settembre 1991, n. 1401, ivi, 1991, I, pag. 3404;TAR. Liguria, II, 29 gennaio 1998, n. 19, ivi, 1998, I, pag. 959; TAR Calabria, Catanzaro, 12 novembre1998, n. 995, ivi, 1999, I, pag. 342; contra, sulla possibilità che il rappresentante delle minoranze pos-sa essere eletto col voto della maggioranza: TAR Abruzzo, L’Aquila, 24 maggio 1984, n. 254, ivi, 1984,I, pag. 221; TAR Calabria, Catanzaro, 2 agosto 1985, n. 353. ivi, 1985, I, pag. 3518.(14) TAR. Lombardia, Milano, 14 luglio 1983, n. 1000, cit.; TAR Sardegna, 19 maggio 1982, n. 150, inTAR., 1982, I, pag. 2292; TAR Lazio, II, 4 novembre 1997, n. 1766, ivi, 1997, I, pag. 4249.(15) Consiglio di Stato, V, 5 maggio 1988, n. 285, in Cons. St., 1988, I, pag. 628, che annulla TAR Mar-che, 20 aprile 1987, n. 202, in TAR., 1987, I, pag. 2458; TAR Molise, 20 gennaio 1989, n. 6, ivi, 1989, I,pag. 1016, il quale rileva che qualora vi sia stata la “designazione” da parte della maggioranza e del-la minoranza, si esclude che nella fase della votazione il Consiglio si scinda in due distinti collegi e,quindi è legittima la votazione del rappresentante della minoranza anche col voto determinante del-la maggioranza; Id., 23 maggio 1989, n. 139, ivi, 1989, I, pag. 2533; TAR Calabria, Catanzaro, 23 ago-sto 1991, n. 535, ivi, 1991, I, pag. 3654.(16) TAR Piemonte, 4 maggio 1982, n. 269, in TAR., 1982, I, pag. 1918.

che egli assume, nell’esercizio delle sue funzioni, la qualifica di pubblico ufficiale e,in quanto tale ha diritto alla tutela che la legge gli garantisce, sia come singolo, sia co-me componente di un organo amministrativo (il Consiglio).Qualora il consigliere eserciti, singolarmente, una pubblica funzione (come nel casoin cui sia stato delegato dal Sindaco ad esercitare le funzioni di ufficiale del Governo)la legge gli garantisce di essere tutelato contro chi:

- esercita violenza o minaccia a pubblico ufficiale (art. 336 codice penale);- oppone resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 cod. pen.);- usurpa pubbliche funzioni (art. 347 cod. pen.).

Anche come componenti del Consiglio, i consiglieri trovano tutela negli artt. 338 e 342del codice penale che puniscono, rispettivamente, la violenza o minaccia ad un corpoamministrativo o ad una rappresentanza di esso o a qualsiasi autorità costituita incollegio per impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente o per turbarne co-munque l’attività (art. 338) ovvero offende l’onore ed il prestigio di un corpo ammi-nistrativo o di una rappresentanza di esso o di una pubblica autorità costituita in col-legio, al cospetto del corpo, della rappresentanza o del collegio (art. 342).È stato deciso che ai fini della sussistenza del reato di oltraggio ad un corpo politico,amministrativo o giudiziario, è necessario che l’espressione oltraggiosa sia rivolta aduno dei predetti consessi al “cospetto del corpo”, cioè nel momento in cui essi si tro-vino nell’esercizio delle loro funzioni17. Per contro, qualora il consigliere, nell’esercizio di funzioni in qualità di pubblico uffi-ciale, compia determinati reati essi sono puniti con particolare severità dal codice pe-nale, essendo venuto meno al dovere di comportarsi con corettezza ed onesta nel-l’esercizio delle sue funzioni. Così, la legge prevede una serie di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica am-ministrazione (come modificati dalle leggi 16 aprile 1990, n. 86 e 7 febbraio 1992, n.181) e precisamente:

- peculato18 (art 314);- peculato mediante profitto dell’errore altrui (art. 316);- malversazione a danno dello Stato (art. 316-bis);- concussione (art. 317);- interdizione perpetua dai pubblici uffici a seguito della condanna per i reati di cui

agli artt. 314 e 317 (art. 317-bis);- corruzione per atto d’ufficio (art. 318);- corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 31);- corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter);- istigazione alla corruzione (art. 322);- abuso d’ufficio (323, nel testo sostituito dall’art. 1 della l. 234 del 1997). A seguito

della nuova formulazione, il reato di abuso d’ufficio non può configurarsi se nonin presenza di violazioni di legge o di regolamento o di omissione del dovere diastensione ricorrendo un interesse proprio dell’agente o di un prossimo congiun-

Delitti contro la PA

2.7. LA TUTELA GIURISDIZIONALE81

ENTRATA E DURATA

IN CARICA DELCONSIGLIERE

(17) Cass. pen., VI, 12 maggio-24 giugno 1998, n. 7498, in Cons. St., 1999, II, pag. 238). (18) Sussiste il reato di peculato, ad esempio, nel caso in cui il pubblico funzionario si sia servito perragioni personali dell’autovettura di rappresentanza di cui aveva la disponibilità, facendosi accom-pagnare in una località insieme ad un familiare per imbarcarsi su di una nave di crociera e di esser-si fatto venire a prendere per compiere il percorso inverso, ponendo a carico dell’amministrazionel’onere di trattamento di missione per l’autista e le spese della benzina (Cass. pen. VI, 21 ottobre2003, n. 39771).

to o negli altri casi prescritti. Pertanto, non è consentito al giudice penale di entra-re nell’ambito della discrezionalità amministrativa19;

- rilevazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio (art. 326)20;- rifiuto od omissione di atti d’ufficio (art. 328).

MANUALE DEL CONSIGLIERE 82

(19) Cass. pen., VI, 10 novembre 199-29 gennaio 1998, n. 1163, in Cons. St., 1998, II, 1498. Configurail reato di abuso d’ufficio, ad esempio, il comportamento del Sindaco che ordina temporanee e spe-ciali forme di smaltimento dei rifiuti senza che sussistano le condizioni per l’esercizio di tale potere(Cass. pen. VI, 1 ottobre 2001-1 febbraio 2002, n. 3882, in Cons. St., 2002, II, 1554).(20) Commette il delitto di rivelazione di segreto d’ufficio, ad esempio, il presidente di una commis-sione comunale per la trasparenza che riveli in una conferenza stampa il contenuto di tabulati rela-tivi a conversazioni telefoniche effettuate per ragioni d’ufficio dal Sindaco e da assessori su utenzeintestate al Comune, oggetto di denuncia all’autorità giudiziaria ed alla Corte dei Conti (Cass. pen.VI, 11 febbraio – 8 marzo 2002, n. 9331, in Cons. St., 2002, II, 1554).

3.1. Premessa

3. Le cause di cessazione dalla carica

Nell’esame delle cause che determinano la cessazione della carica del consigliere oc-corre tenere presente che, dati gli stretti rapporti intercorrenti con il Consiglio (che èeletto contestualmente al Sindaco ed al Presidente della Provincia) e con la Giunta (icui componenti sono nominati dal capo dell’amministrazione), il venir meno del Sin-daco o del Presidente della Provincia comporta anche automaticamente la cessazionedegli organi collegiali e che il sopraggiungere del venire meno del Consiglio, ossia ilsuo scioglimento, determina, in ogni caso la decadenza del Sindaco o del Presidentedella Provincia e della Giunta (art. 53, comma 4, D.Lgs. 267 del 2000). Con queste precisazioni, si esamineranno, qui di seguito, i vari eventi che determinanola cessazione dalla carica del Sindaco, del Presidente della Provincia e del Consiglio.

Con la scadenza del termine di durata in carica del Consiglio e del Sindaco o del Pre-sidente della Provincia, ossia del quinquennio, il capo dell’amministrazione cessadall’ufficio e agisce in regime di proroga insieme alla Giunta, sino alla nomina delnuovo Sindaco o del nuovo Presidente della Provincia, mentre il Consiglio rimane incarica sino all’elezione dei nuovi, limitandosi ad adottare solo gli atti urgenti ed im-prorogabili (sul punto, ved. 2.2).

Nel caso in cui, a seguito di ricorso, il giudice pronunci l’annullamento delle elezio-ni, deve procedersi a nuove elezioni ed i consiglieri in carica cessano dalle funzioni.In merito, si distingue l’ipotesi in cui vi sia un annullamento totale delle elezioni osoltanto un annullamento parziale, in quanto interessa soltanto alcune sezioni eletto-rali; in quest’ultimo caso si fa luogo alle elezioni solo nelle sezioni interessate ed acondizione che il voto degli elettori di queste sezioni interessi i risultati complessividelle votazioni, nel senso che coinvolga alcuni o tutti i consiglieri.Divenuta definitiva la sentenza del giudice amministrativo che pronuncia l’annulla-mento totale delle elezioni, tutti i consiglieri cessano dalla carica ed il Prefetto nomi-na un commissario, che reggerà l’ente sino all’elezione dei nuovi organi (art. 85 d.P.R..570 del 1960).

3.2. Scadenza del quinquennio di durata in carica del Sindaco o del Presidente della Provincia e del Consiglio

3.3. Annullamento delle elezioni

Nell’eventualità di un annullamento parziale, si producono gli stessi effetti dell’an-nullamento totale, anche se occorre procedere al rinnovo delle elezioni soltanto in al-cune sezioni, in quanto l’annullamento coinvolge anche l’atto finale del procedimen-to elettorale, che è il verbale di proclamazione degli eletti, ossia l’atto di legittimazio-ne dell’investitura, per cui venuto meno questo, anche i consiglieri perdono momen-taneamente il titolo di legittimazione e cessano, ovvero sono sospesi dalla carica, si-no all’esito delle elezioni parziali1; anche qui il Prefetto nomina il commissario cheregge il Comune, sino all’esito finale delle votazioni (artt. 77 e 79 d.P.R. 570).

In queste ipotesi, può accadere che la modificazione territoriale sia ininfluente, circala popolazione, per il Comune che si amplia e per quello che subisce la diminuzioneterritoriale (ed in tale caso non sarà necessario procedere alla rinnovazione dei Con-sigli). Se, invece, l’acquisizione del territorio è influente soltanto per un Comune (in quan-to si ha la variazione di un quarto, in più o in meno della popolazione) e non per l’al-tro, allora le elezioni si terranno nel primo Comune, mentre nell’eventualità che lamodificazione territoriale abbia rilevanza, sempre con riguardo alla popolazione, perentrambi i Comuni, la rinnovazione del Sindaco e del Consiglio avverrà in entrambigli enti.Le elezioni per il nuovo Sindaco ed il nuovo Consiglio si dovranno tenere entro tremesi dalla scadenza del termine di novanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettinodella Regione della legge che dispone l’erezione del nuovo Comune, entro il quale ilComune deve procedere alla compilazione delle liste elettorali.

L’art. 141 D.Lgs. 267 del 2000 tratta lo scioglimento del Consiglio determinato a segui-to di violazioni di legge o compimento di atti che impediscono il normale funziona-mento dell’ente.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 84

3.4. Variazione di almeno un quarto della popolazionedel Comune, in conseguenza di una modificazioneterritoriale (art. 8, comma quarto, lett. a, d.P.R. 570)

3.5. Compimento da parte del Consiglio di atti contrarialla Costituzione (art. 141, comma 1, lett. a, D.Lgs.267/2000)

(1) Consiglio di Stato, Commissione speciale, 14 maggio 1973, n. 12, in Cons. St., 1975, I, pag. 688.

Può verificarsi una variazione territoriale - consacrata in apposita legge regio-nale - in uno dei seguenti casi:

- ampliamento di un Comune (che conserva la propria denominazione) conl’incorporazione di altro (i) Comune (i);

- ampliamento di un Comune (che conserva la propria denominazione) conl’incorporazione di una parte del territorio di altro (i) Comune (i);

- distacco di una frazione (o del capoluogo) da un Comune ed aggregazionead un altro.

Si tratta di un grave provvedimento, che costituisce una forma di limitazione dell’au-tonomia locale, costituzionalmente garantita agli enti locali (artt. 5 e 114 Cost.). La prima causa di cessazione è quella determinata per compimento di atti contrarialla Costituzione, ipotesi che si verifica in casi eccezionali, a seguito di comporta-menti diretti a sovvertire l’ordine costituzionale o ad usurpare i poteri degli organistatali o regionali2.

Con lo scioglimento del Consiglio si determina la decadenza del Sindaco o del Presi-dente della Provincia e della Giunta.

Si tratta di un’ipotesi che lascia qualche spazio di discrezionalità all’autorità che de-ve valutare la rilevanza delle violazioni, che il Consiglio ha espressamente o per im-plicito violato. Le gravi e persistenti violazioni di precise disposizioni di legge possono consistereanche nell’omissione di una attività deliberativa dovuta, come nel caso della manca-ta adozione o revisione dello statuto nei termini prescritti dalla legge3.Data la gravità dell’atto di scioglimento, è necessario esperire, prima di ricorrere al-l’estremo rimedio, tutti i mezzi consentiti dalla legge per riportare l’organo alla suanormalità ed anche se non è richiesta, come lo era nel passato, occorre la preventivacontestazione delle violazioni, con invito ad eliminarle in un determinato termine,adempimento che deve ritenersi necessario trattandosi, in definitiva, dell’unico mo-do per accertare le “persistenti” violazioni di legge”.

Si è in presenza di una formula generica, comprensiva di una infinità di casi, difficil-mente classificabili, ma aventi tutti come tratto comune quello di acquisire rilevanza

3.6. GRAVI E PERSISTENTI VIOLAZIONE DI LEGGE DA PARTE DEL CONSIGLIO85

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

(2) VIRGA, Diritto amministrativo , Milano, 1998, vol. III, pag. 114.(3) VIPIANA P., in AA.VV., Commento alla legge sulle autonomie locali , Torino, 1993, pag. 489.

Si potrebbero ipotizzare violazioni dei seguenti articoli della Costituzione: 3(eguaglianza), 14 (violazione di domicilio), 16 (libertà di movimento), 17 (liber-tà di riunione), 19 (libertà di culto), 21 (libertà di pensiero), 23 (divieto di im-porre prestazioni personali o patrimoniali non previste dalle leggi), 37 (tuteladella donna lavoratrice), 40 (violazione del diritto di sciopero), 43 (violazionedella proprietà privata).

3.6. Gravi e persistenti violazioni di legge da parte delConsiglio (art. 141, comma 1, lett. a)

Le reiterate disapplicazioni della legge debbono essere imputate al Consiglionel suo complesso e, una volta accertate, debbono essere contestate ai singoliconsiglieri, con apposita notificazione, unitamente all’invito a provvedere en-tro un termine perentorio (cosi Circolare Ministero dell’interno 16 luglio 1951,n. 15900/-bis /2716)

3.7. Gravi motivi di ordine pubblico (art. 141, comma 1,lett. a)

per il fatto di presentarsi come “casi nei quali un Consiglio è collocato nella impossi-bilità morale o politica di continuare ad esercitare le sue funzioni e che non entranonella seconda categoria dei motivi di scioglimento” (denominata, scioglimento permotivi amministrativi, di cui all’art. 141, lett. b ) e c). Per la definizione di “ordine pubblico” vale quanto affermato dalla Corte costituzio-nale (sentenza n. 40 del 1972), secondo la quale, ai fini dello scioglimento del Consi-glio, deve farsi riferimento a tutto ciò che attiene alla sicurezza ed alla quiete pubbli-ca e non a quella più ampia di tutela del buon funzionamento degli enti pubblici e delprestigio degli organi amministrativi.

La particolare posizione conferita al Sindaco e al Presidente della Provincia dalla L.81 del 1993, a seguito della loro elezione diretta, fa sì che la cessazione dalla carica de-termini speciali conseguenze sul Consiglio, l’organo che è eletto contemporaneamen-te al capo dell’esecutivo e la cui composizione è influenzata dall’esito della preferen-za accordata al candidato alla carica di Sindaco o di Presidente della Provincia, che haprevalso.

In merito, si rileva che siamo in presenza più che di un caso di scioglimento, di unafattispecie di rinnovo, in quanto il Consiglio rimane in carica, sia pure in regime diprorogatio, unitamente alla Giunta (cioè, i soli assessori), sino alla elezione del nuovoConsiglio e del nuovo Sindaco e del nuovo Presidente della Provincia e le funzioni dicapo dell’amministrazione sono assunte dal vicesindaco e dal vicepresidente. Infat-ti, questo particolare tipo di cessazione del Consiglio trova conferma nell’art. 141,comma 3, il quale esclude la nomina del commissario nelle ipotesi di impedimento,decesso, rimozione decadenza del capo dell’amministrazione.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 86

Sono stati ritenuti gravi motivi di ordine pubblico: l’avere il Sindaco ed i con-siglieri abbandonato il Comune in momenti di epidemia o di altra pubblica ca-lamità; quando si sia verificato un insanabile conflitto tra consiglieri o in senoal Consiglio stesso; nel passato, quando il Consiglio fosse per la maggioranzacostituito da pregiudicati, causa di scioglimento che è ora disciplinata con ap-posita normativa (ved. infra, 3.14).

3.8. Quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per impedimento permanente, rimozione, decadenza,decesso del Sindaco o del Presidente della Provincia(art. 141, comma 1, lett. b, n. 1)

Si dispone - con l’art. 53 D.Lgs. 267 del 2000 - che nel caso in cui il Sindaco o ilPresidente della Provincia:

- sia colpito da un impedimento permanente;- venga rimosso, ai sensi dell’art. 142 d. lg. 267 del 2000; - sia dichiarato decaduto dalla carica;- deceda,

la Giunta nella sua interezza, (ossia, il Sindaco, il Presidente della Provincia egli assessori) decade, cioè cessa dalla carica e si procede alla “scioglimento” delConsiglio.

Si verifica un impedimento permanente ogni qual volta la causa di cessazione dallacarica trova fondamento, non in un atto giuridico, ma in un fatto naturale, al pari deldecesso, come nelle ipotesi di invalidità che comportano una grave menomazionedelle facoltà fisiche e psichiche, tali da rendere impossibile per il Sindaco o il Presi-dente della Provincia l’esercizio delle proprie attribuzioni.Come rilevato, in presenza di tale causa di cessazione dall’ufficio, come pure nel ca-so di rimozione, decadenza o decesso, il Consiglio e gli assessori restano in carica, conl’assunzione dal parte del vicesindaco e del vicepresidente delle funzioni proprieSindaco e del Presidente della Provincia.È da ritenere che l’organo vicario possa procedere alla nomina di un assessore, al fi-ne di ripristinare l’originario numero dei componenti della Giunta ed assicurare, siapure per breve tempo, l’ordinato svolgimento della vita amministrativa dell’ente4.Nel caso in cui il capo dell’amministrazione, all’atto di lasciare l’incarico, proceda al-la revoca del vicesindaco o del vicepresidente, accade sovente che il Prefetto provve-da a mettere in moto il procedimento di scioglimento anticipato del Consiglio, inquanto viene meno un organo che consente la prosecuzione della vita amministrati-va dell’ente.La procedura è corretta, ma essa dovrebbe tenere conto dell’esistenza di una eventua-le norma statutaria che stabilisca l’organo che sostituisce a sua volta il vicepresidenteassente o impedito.

L’art. 53, comma 3, D.Lgs. 267 del 2000 disciplina le dimissioni del Sindaco o del Pre-sidente della Provincia (che anteriormente alla L. 120 del 1999 erano accomunate al-l’impedimento, alla rimozione, alla decadenza, al decesso), disponendo che esse di-ventano irrevocabili e producono la decadenza dalla carica, dopo che sia trascorso iltermine di venti giorni dalla loro presentazione al Consiglio.Fino alla scadenza del suddetto termine, le dimissioni possono essere ritirate, con ap-posito atto, che deve essere presentato anch’esso al Consiglio, per impedire che le di-missioni producano l’effetto decadenziale, loro proprio.Sia per il perfezionamento dell’efficacia delle dimissioni, sia per il loro ritiro, la leggerichiede la sola presentazione, senza l’aggiunta di altri adempimenti, come la presad’atto da parte del Consiglio, che si concreterebbe, peraltro, non in una esplicita vo-tazione, ma nella semplice ricezione della volontà del capo dell’amministrazione diabbandonare l’ufficio oppure in un invito a recedere dalle dimissioni. Con queste pre-cisazioni, non si può escludere che il regolamento sul funzionamento del Consigliopreveda l’opportunità di queste prese di posizione del Consiglio, fermi restando glieffetti previsti dalla legge.La nuova disciplina delle dimissioni - che originariamente producevano gli stessi ef-fetti dell’impedimento permanente, della decadenza, della rimozione e del decesso,ossia la permanenza in carica della Giunta e del Consiglio, sino alla nomina dei nuo-

3.9. DIMISSIONI DEL SINDACO87

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

3.9. Quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per dimissioni del Sindaco (art. 141, comma 1, lett. b, n. 2)

(4) MAGGIORA, L’assessore comunale e provinciale, Milano, 1999, pag. 60, tesi che è, ora, confortata dalparere del Consiglio di Stato, come riferito dalla circolare del Ministero dell’interno 6 settembre 2001,n. 7, la quale aggiunge che agli organi vicari competano anche le indennità di funzione spettanti aititolari.

vi organi – prevede, inspiegabilmente, che, alla scadenza dei venti giorni prescritti aifini della revocabilità delle dimissioni (con che dopo la scadenza del termine non èpiù possibile il ritiro delle dimissioni), “si procede alla scioglimento del rispettivo Consi-glio, con contestuale nomina di un commissario”.

Si verifica, quindi, un vero e proprio caso di scioglimento (e non di semplice rinnovo)del Consiglio, al pari delle altre fattispecie elencate nell’art. 141, misura eccessiva enon giustificabile, tenuto conto che le cause di cessazione dalla carica determinate peril verificarsi di gravi sanzioni, come la rimozione e la decadenza, consentono la pro-rogatio del Consiglio e della Giunta, che rimangono in carica fino alla elezioni dei suc-cessori.Invece, con il considerare le dimissioni come causa di scioglimento, si prescrive la ge-stione commissariale dell’ente per un lungo periodo, anche superiore all’anno.

L’art. 141, comma 1, lett. b, D.Lgs. 267 del 2000, disciplina lo scioglimento del Consi-glio a seguito delle dimissioni dalla carica di consigliere di almeno la metà più unodei componenti il Consiglio, ossia dei consiglieri assegnati. Affinché le dimissioni abbiano efficacia è necessario che esse si verifichino contempo-raneamente - ossia siano presentate nello stesso giorno al protocollo dell’ente, anchese sono redatte con atti separati - in quanto le dimissioni singole sono soggette a pron-ta surrogazione5.La contestualità delle dimissioni sta a significare la grave crisi patologica che colpiscel’ente, il cui Consiglio vede scemare la propria compattezza, per cui è necessario con-sultare il corpo elettorale per la scelta di un nuovo Consiglio e di un nuovo Sindacoo Presidente della Provincia, in quanto le dimissioni della metà più uno dei consiglie-ri determinano lo scioglimento del Consiglio e la nomina del commissario governati-vo, nominato con decreto del Presidente della Repubblica. In questo caso, in cui le di-missioni sono presentate contestualmente, non si fa luogo alle surrogazioni, come èespressamente, disposto dall’art. 38, comma 8, ultimo periodo del D.Lgs. 267 del20006.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 88

È da ritenere che, in conformità all’art. 3 della L. 241 del 1990, l’atto di presen-tazione delle dimissioni e quello del loro ritiro debbano essere adeguatamentemotivati.

3.10. Quando non possa essere assicurato il normalefunzionamento degli organi e dei servizi per cessazione dalla carica per dimissioni contestuali,ovvero rese con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il Sindaco (art. 141, comma 1, lett. b, n. 3)

(5) Consiglio di Stato, V, 11 ottobre 1996, n. 1223, in Cons. St., 1996, I, pag. 1501; TAR Campania, Na-poli, II, 11 luglio 1996, n. 289, in TAR,, 1996, I, pag. 3360.(6) In argomento, ved. amplius, MAGGIORA, Le dimissioni ultra dimidium dei consiglieri, in Stato civ.it., 2004, pag. 617.

Il discusso problema della computabilità del capo dell’amministrazione nel calcolodella metà dei consiglieri è stato risolto dall’art. 5, comma 2, della l. 127 del 1997 (re-cepito dall’art.141 D.Lgs. 267) il quale espressamente dispone che non si tiene contodel Sindaco o del Presidente della Provincia.

Dovrebbe ritenersi praticabile – contrariamente alla dottrina dominante - anche l’isti-tuto del ritiro o revoca delle dimissioni, fino a quando non si è proceduto alla presad’atto ovvero, in caso di diserzione delle sedute, sino al giorno indicato nell’ordine diconvocazione del Consiglio. Si perviene a questa conclusione per il fatto che nella fattispecie, a differenza di quel-la relativa ai singoli consiglieri, non si fa cenno all’efficacia caducante delle dimissio-ni all’atto della loro protocollazione, esclusione del tutto logica, considerando la gra-vità delle conseguenza, che è lo scioglimento del Consiglio. Infatti, a favore della revocabilità delle dimissioni del Sindaco o del Presidente dellaProvincia si adduce – giustamente – che deve essere consentita una approfonditaponderazione dell’atto dismissorio, che dà luogo alla grave sanzione dello sciogli-mento del Consiglio. Non si vede perché queste considerazioni non debbano valereanche nei confronti dei consiglieri, tenuto conto che il loro atto di dimissioni dalla ca-rica produce gli stessi effetti delle dimissioni del Sindaco o del Presidente della Pro-vincia, per cui si verifica una disparità di trattamento, che fa sorgere non pochi dub-bi di costituzionalità della norma7.Nell’eventualità della contemporanea presentazione delle dimissioni da parte deiconsiglieri e del Sindaco o del Presidente della Provincia si danno le seguenti soluzio-ni: se le dimissioni del Sindaco o del Presidente della Provincia, sommate a quelle deiconsiglieri sono irrilevanti perché si è concretata la causa estintiva del Consiglio pervolontà dei consiglieri, non ha rilievo la norma che prescrive per le dimissioni del Sin-daco o del Presidente della Provincia il decorso dei venti giorni, affinché le dimissio-ni diventino irrevocabili (art. 53, comma 3, D.Lgs. 267), in quanto un eventuale ritirodelle stesse sarebbe inutiliter datum, poiché lo scioglimento del Consiglio avverrebbedi diritto per le dimissioni dei consiglieri.Nel caso in cui le dimissioni del Sindaco o del Presidente della Provincia sono deter-

3.10. DIMISSIONI CONTESTUALI89

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

Nella valutazione delle conseguenze relative all’atto di dimissioni (che com-portano lo scioglimento del Consiglio) occorre considerare, logicamente, anchela validità delle dimissioni dei singoli consiglieri; infatti, non si può escludereche i consiglieri, nei confronti dei quali è in corso un giudizio sulla loro eleggi-bilità, possano presentare le dimissioni, fino al momento in cui la sentenza chedichiara l’ineleggibilità e priva gli interessati dello ius in officio, sia passata ingiudicato e se le dimissioni concretano la fattispecie di cui all’art. 141, il Prefet-to inizia la procedura di scioglimento (Consiglio di Stato, V, 28 settembre 1973,n. 663, in Cons. St., 1973, I, 1219). Ma, una volta intervenuto un giudicato, chedecidendo sull’eleggibilità, sostituisce ai candidati dimissionari altri idoneicandidati, le dimissioni dei consiglieri ineleggibili, per l’efficacia retroattivadell’annullamento, debbono considerarsi inutiliter datae, perché provenientida soggetti che dovevano considerarsi come mai investiti dell’ufficio e, pertan-to, dette dimissioni non rilevano ai fini dello scioglimento del Consiglio (Con-siglio di Stato, V, 19 maggio 1978, n. 587, in Cons. St., 1978, I, 872.).

(7) Sul punto, cfr., con altre argomentazioni, COSCIA, Problematiche ed effetti giuridici della fattispecieex art. 141 della nuova legge per gli enti locali (scioglimento del Consiglio comunale,, in Stato civ. it., 2002,pag. 223.

minanti, in quanto le dimissioni dei consiglieri non raggiungono il quorum prescritto,e quindi non essendo operative acquistano rilievo quelle del Sindaco o del Presiden-te della Provincia, questi può scegliere di lasciare decorrere il termine dei venti gior-ni e quindi dar luogo allo scioglimento del Consiglio oppure ritirarle, consentendo lavita del Consiglio, che verrebbe integrato con i consiglieri surroganti.

L’art. 8, comma terzo, lettera b, del d.P.R. 570 del 1960, dispone che si fa luogo allarinnovazione integrale del Consiglio, “quando il Consiglio comunale, per dimissioni oaltra causa, abbia perduto la metà dei propri membri”. Poiché la fattispecie relativa alledimissioni della metà più uno dei consiglieri è disciplinata dal precedente n. 3 del-l’art. 141, comma 1, come sopra illustrato, con questa disposizione si precisano i ca-si di scioglimento del Consiglio per cause diverse dalle dimissioni, ossia per tutti icasi, in cui, per morte, decadenza dalla carica, ecc. si verifichi l’impossibilità di pro-cedere a nuove surrogazioni dei consiglieri ed il Consiglio conti soltanto più la me-tà dei propri membri, computando tra questi anche il Sindaco o il Presidente dellaProvincia. Tenuto conto che l’art. 8 del d.P.R. 570 non è stato espressamente abrogato, ma rego-la la stessa materia disciplinata dalla nuova disposizione, ci si trova in presenza abro-gazione tacita, ai sensi dell’art. 15 disposizioni preliminari al codice civile;

Per la rilevanza che acquista il bilancio, senza il quale viene paralizzata la vita ammi-nistrativa dell’ente, la sua mancata approvazione comporta l’obbligo di addivenire al-lo scioglimento del Consiglio, con la seguente procedura (Circolare Ministero dell’in-terno 29 novembre 1979, n. 15900/-bis-50):

- mancata approvazione del bilancio entro il 31 dicembre per l’anno successivo onel termine che può essere stabilito, per motivate esigenze, dal Ministro dell’inter-no, con proprio decreto (art. 151, comma 1, D.Lgs. 267 del 2000);

- predisposizione d’ufficio, da parte dell’organo sostitutivo individuato dallo statu-to, per tramite di commissario, dello schema di bilancio, da sottoporre, poi, all’ap-provazione del Consiglio; in caso di mancata individuazione dell’organo sostitu-tivo da parte dello statuto vi provvede il Prefetto; non vi sarà ragione di effettua-re tale intervento, nel caso in cui detto schema risulti già deliberato dalla Giunta(art. 141, comma 2, nel testo sostituito dal D.L. 22 febbraio 2002, n. 13);

- diffida da parte del commissario al Presidente del Consiglio a convocare, entro unpreciso termine, il Consiglio, per provvedere all’approvazione del bilancio ed al-l’assegnazione a tale consesso di un termine massimo di venti giorni, entro cui de-liberare il bilancio con l’espressa avvertenza che, in caso contrario, verranno adot-tati i provvedimenti sostitutivi previsti dalla legge; tale deliberazione dell’organodi controllo deve, necessariamente, essere notificata a tutti consiglieri;

MANUALE DEL CONSIGLIERE 90

3.11 Quando non possa essere assicurato il normalefunzionamento degli organi e dei servizi per riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componentidel Consiglio (art. 141, comma 1, lettera b, n. 4)

3.12. Quando non sia approvato nei termini il bilancio(art. 141, comma 1, lett. c)

- mancata approvazione del bilancio da parte del Consiglio, entro il termine sopraassegnato dall’organo di controllo;

- approvazione, in via sostitutiva, del bilancio da parte del commissario ad actus no-minato dall’organo di controllo.

Successivamente, il provvedimento sostitutivo, ossia la nomina del Commissario ècomunicato al Prefetto, che inizia la procedura per lo scioglimento del Consiglio.

La procedura di scioglimento del Consiglio nei casi sopra esaminati (ad eccezionedella cessazione della carica da parte del Sindaco o del Presidente della Provincia, perimpedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso) inizia con una relazioneillustrativa del Prefetto trasmessa al Ministero dell’interno, che la istruisce e la inol-tra, a firma del Ministro, al Presidente della Repubblica per l’adozione del decreto discioglimento.Il decreto è comunicato immediatamente alle due Camere del Parlamento e pubblica-to nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica (art. 141, comma 6).Contemporaneamente all’inizio della procedura di scioglimento, il Prefetto può so-spendere, in via cautelare, il Consiglio, in attesa del decreto di scioglimento, nomi-nando un proprio commissario che rimane in carica sino all’insediamento del com-missario straordinario nominato dal Presidente della Repubblica con il decreto discioglimento. La decisione del Prefetto di addivenire alla sospensione del Consiglio è una scelta di-screzionale, per cui il decreto prefettizio deve essere congruamente motivato, e dareconto dei “motivi di grave ed urgente necessità” che lo sorreggono.

A differenza della previgente legislazione, in cui erano indicati i poteri che potevanoessere conferiti al commissario, nel nuovo ordinamento spetta al decreto di sciogli-mento la individuazione degli stessi: in pratica tutti i poteri del Consiglio, della Giun-ta e del Sindaco o del Presidente della Provincia, al fine di consentirgli il governo del-l’ente.È discussa quale sia l’estensione dei poteri del commissario, se essi siano pieni ovve-ro limitati agli atti di ordinaria amministrazione, soluzione quest’ultima da ritenersipreferibile, in analogia all’art. 38, comma 5, D.Lgs. 267 del 2000, secondo il quale ilConsiglio, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, è te-nuto ad adottare i soli atti urgenti ed improrogabili con chiaro riferimento ad un prin-cipio di amministrazione da valere in tutti i casi in cui gli organi rappresentativi del-l’ente locale versano in situazione di emergenza (come appunto è la gestione commis-sariale). Circa l’ impugnazione del decreto di scioglimento si ritiene possibile il ricorso al Tri-bunale amministrativo, sia che il decreto sia stato determinato per motivi amministra-tivi, sia per motivi di ordine pubblico.

3.13. IL PROCEDIMENTO DI SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO91

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

Come è dato rilevare, a garanzia dell’autonomia dell’ente, è stato introdottol’istituto della previa diffida e la necessità della notificazione della determina-zione dell’organo di controllo a tutti i consiglieri.

3.13. Il procedimento di scioglimento del Consiglio

Il decreto di sospensione ha efficacia limitata, ossia fino alla nomina del com-missario governativo e, comunque, per un periodo non superiore a novantagiorni, trascorsi i quali i Consigli rientrano nella pienezza delle loro attribuzio-ni (art. 141, comma 7).

In ordine alla determinazione della data delle elezioni, si stabilisce che “il rinnovo delConsiglio nelle ipotesi di scioglimento deve coincidere con il primo turno utile previsto dallalegge” (art. 141, comma 4), disposizione oltremodo limitativa dell’autonomia locale,poiché - tenuto conto della nuova normativa (L. 182 del 1991) - si protrae, senza alcu-na valida ragione, la gestione commissariale, per alcuni mesi, (anche per un periodosuperiore all’anno), mentre dovrebbe essere preoccupazione del legislatore ricostitui-re al più presto gli organi elettivi degli enti locali. Opportunamente, il comma 5 dell’art. 141 prescrive che i consiglieri, i quali cessanodalla carica, a seguito dell’emanazione del decreto di scioglimento, continuano adesercitare, fino alla nomina dei successori, gli incarichi esterni loro eventualmente at-tribuiti, al fine di consentire la normale attività degli organismi in cui operano i con-siglieri (commissioni, enti, istituzioni, ecc.).

Si addiviene allo scioglimento del Consigli quando “emergono concreti, univoci e rile-vanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafio-so o similare degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condi-zionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione del-la volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento ol’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamen-to dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiu-dizio per lo stato della sicurezza pubblica”.La norma, emanata al dichiarato scopo di combattere le infiltrazioni di stampo ma-fioso o similare (camorra, ‘ndrangheta, sacra corona unita, ecc.) nelle amministrazio-ni locali, appronta una procedura di carattere eccezionale, investendo la gestionecommissariale di particolari poteri e circondandola di speciali garanzie, al fine di evi-tare i dubbi di costituzionalità, che, peraltro, sono stati avanzati ed esclusi dalla Cor-te costituzionale (sent. n. 103 del 1993).

Con la nuova normativa introdotta dalla l. 94 del 2009 si è esteso la verifica dei colle-gamenti diretti o indiretti con la malavita organizzata anche all’apparato burocratico,ossia al segretario comunale e provinciale, al direttore generale, ai dirigenti ed ai di-pendenti dell’ente locale, in quanto anch’essi possono essere oggetto di condiziona-menti mafiosi e quindi è opportuno che nei loro confronti si assumano provvedimen-ti cautelari e se del caso sanzionatori. La nuova procedura si articola nei seguenti moduli. Innanzitutto, è prevista la nomina da parte del Prefetto, competente per territorio, diuna commissione d’indagine, composta da tre funzionari pubblici, con il compito dicompiere gli opportuni accertamenti sul grado di infiltrazione della malavita nellaamministrazione dell’ente locale.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 92

La nuovaprocedura

3.14. In conseguenza a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare(art. 143, come sostituito dall’art. 2, comma 30della L. 94 del 2009)

Le cause che danno luogo allo scioglimento sono determinate dai collegamen-ti con la criminalità organizzata, sia che si tratti di collegamenti operanti nellastruttura dell’ente, attraverso gli amministratori, sia che detti collegamenticompromettano, dall’esterno, il buon andamento e l’efficienza del Comune, os-sia la funzionalità dei suoi servizi.

Entro tre mesi rinnovabili una sola volta per altri tre mesi, la commissione rassegnaal Prefetto le proprie conclusioni. Entro il termine di quarantacinque giorni dal deposito delle conclusioni della com-missione d’indagine, ovvero quando abbia comunque diversamente acquisito gli ele-menti ovvero in ordine alla sussistenza di forme di condizionamento degli organi am-ministrativi ed elettivi, il Prefetto, sentito il Comitato provinciale per l’ordine e la si-curezza pubblica integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblicacompetente per territorio, invia al Ministro dell’interno una relazione nella quale sidà conto della eventuale sussistenza degli elementi di infiltrazione mafiosa, anchecon riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigen-ti e ai dipendenti dell’ente locale. Nella relazione sono, altresì, indicati gli appalti, i contratti e i servizi interessati daifenomeni di compromissione o interferenza con la criminalità organizzata o comun-que connotati da condizionamenti o da una condotta antigiuridica. Nei casi in cui peri fatti oggetto degli accertamenti di cui sopra o per eventi connessi sia pendente pro-cedimento penale, il Prefetto può richiedere preventivamente informazioni al procu-ratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all’art. 329 c.p.p., comunicatutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze delprocedimento. Entro tre mesi dalla trasmissione della relazione prefettizia, se gli elementi raccolticomportano l’assunzione dei provvedimenti di scioglimento dei Consigli comunali eprovinciali, il Presidente della Repubblica adotta apposito decreto, su proposta delMinistro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decreto che èimmediatamente trasmesso alle Camere. Innovativamente, si dispone che nella proposta di scioglimento siano indicati inmodo analitico le anomalie riscontrate ed i provvedimenti necessari per rimuoveretempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l’interesse pubblico; la pro-posta indica, altresì, gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hannodato causa allo scioglimento. La procedura rimane invariata rispetto alla precedente, per cui:

- lo scioglimento del Consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dal-la carica di consigliere, di Sindaco, di Presidente della provincia, di componentedelle rispettive giunte e di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ri-coperte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordina-mento e funzionamento degli organi predetti;

- il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici mesi adiciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezio-nali, dandone comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti, al finedi assicurare il regolare funzionamento dei servizi affidati alle amministrazioni,nel rispetto dei princìpi di imparzialità e di buon andamento dell’azione ammini-strativa. Le elezioni degli organi sciolti si svolgono in occasione del turno annua-le ordinario di cui all’art. 1 della L. 182 del 1991. Nel caso in cui la scadenza delladurata dello scioglimento cada nel secondo semestre dell’anno, le elezioni si svol-gono in un turno straordinario da tenersi in una domenica compresa tra il 15 ot-tobre e il 15 dicembre. La data delle elezioni è fissata ai sensi dell’art. 3 della cita-ta L. 182 del 1991. L’eventuale provvedimento di proroga della durata dello scio-glimento è adottato non oltre il cinquantesimo giorno antecedente alla data di sca-denza della durata dello scioglimento stesso, osservando le procedure e le moda-lità stabilite per la procedura di scioglimento (decreto presidenziali, deliberazionedel Consiglio dei ministri, trasmissione alle Camere);

- quando ricorrono motivi di urgente necessità, il Prefetto, in attesa del decreto di

3.14. SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO PER INFILTRAZIONE MAFIOSA93

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

La relazioneprefettizia

La proposta disciogliemento

scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro in-carico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell’ente me-diante invio di commissari. La sospensione non può eccedere la durata di sessan-ta giorni e il termine del decreto di scioglimento decorre dalla data del provvedi-mento di sospensione;

- si fa luogo comunque allo scioglimento dei Consigli quando sussistono le condi-zioni di condizionamento esterno di cui all’art. 143, ancorché ricorrano le situazio-ni previste dall’art. 141, che danno luogo agli scioglimenti per altre cause.

È però previsto che: - a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto di scioglimento sono risolti di

diritto gli incarichi di cui all’art. 110, del D.Lgs. 267 del 2000, nonché gli incarichidi revisore dei conti e i rapporti di consulenza e di collaborazione coordinata econtinuativa che non siano stati rinnovati dalla Commissione straordinaria di cuiall’art. 144 dello stesso decreto legislativo entro quarantacinque giorni dal suo in-sediamento;

- si instaura una nuova causa di incandidabilità stabilendo che, fatta salva ogni al-tra misura interdittiva ed accessoria eventualmente prevista, gli amministratoriresponsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento del Consiglionon possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circo-scrizionali, che si svolgono nella Regione nel cui territorio si trova l’ente interes-sato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo alloscioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedi-mento definitivo. Ai fini della dichiarazione d’incandidabilità il Ministro dell’in-terno invia senza ritardo la proposta di scioglimento al tribunale competente perterritorio, che valuta la sussistenza degli elementi di infiltrazione mafiosa con ri-ferimento agli amministratori indicati nella proposta stessa. Si applicano, in quan-to compatibili, le procedure di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di pro-cedura civile.

Può accadere che la relazione prefettizia non contenga elementi tali da condurre alloscioglimento degli organi assembleari, ma accerti la sussistenza di collegamenti tra ilsegretario, il direttore generale, i dirigenti ed il personale e la criminalità organiz-zata; in tale caso, con decreto del Ministro dell’interno, su proposta del prefetto, èadottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in at-to e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell’ente, ivi inclusa la sospen-sione dall’impiego del dipendente, ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o al-tra mansione con obbligo di avvio del procedimento disciplinare da parte dell’auto-rità competente. Nel caso in cui non sussistano i presupposti per lo scioglimento o l’adozione di altriprovvedimenti nei confronti dell’apparato burocratico, il Ministro dell’interno, entrotre mesi dalla trasmissione della relazione prefettizia, emana comunque un decreto diconclusione del procedimento in cui dà conto degli esiti dell’attività di accertamen-to. Le modalità di pubblicazione dei provvedimenti emessi in caso di insussistenzadei presupposti per la proposta di scioglimento sono disciplinate dal Ministro dell’in-terno con proprio decreto. È infine previsto che, oltre a far luogo allo scioglimento dei Consigli, possa essere as-sunta la decisione da parte del Ministro dell’interno di trasmettere la relazione delPrefetto all’autorità giudiziaria competente per territorio, ai fini dell’applicazione del-le misure di prevenzione previste nei confronti dei soggetti di cui all’art. 1 della L. 575del 1965.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 94

Incandidabilità

Sospensionedall’impiego del

personalecoinvolto

La scelta della commissione anziché del singolo commissario, è determinata dal lun-go periodo di tempo richiesto per ristabilire la normalità amministrativa. A differen-za della Regione e della Provincia (prima della l cost. 1 del 1999 e della l. 142), in cuila gestione commissariale era affidata a tre elettori, qui data la oggettiva difficoltà direperire elettori che diano garanzia di competenza ed indipendenza, si nominanofunzionari statali e magistrati, ma mentre per questi ultimi la scelta cade tra quelli inquiescenza, per i funzionari statali si può scegliere anche tra quelli in servizio, oltreche in quiescenza, con il rischio di distogliere, per molti mesi, valenti funzionari daicompiti di istituto; non si è tenuto conto del notevole contributo che anche i soli fun-zionari in quiescenza (tra essi i segretari comunali e provinciali) possono offrire inmateria.Circa la determinazione delle attribuzioni della commissione, il legislatore si è atte-nuto alla scelta fatta dall’art. 141, per cui la commissione, al pari del commissario,“esercita le attribuzioni che le sono conferite con il decreto stesso”.Presso il Ministero dell’interno è istituito il Comitato di sostegno e di monitoraggiodell’azione delle commissioni straordinarie nominate per la gestione dei Comunisciolti per infiltrazione della criminalità organizzata, nonché per il sostegno dei Co-muni riportati a gestione ordinaria.È demandato ad un regolamento, adottato dal Ministro dell’interno, il compito di de-lineare “le modalità di organizzazione e funzionamento della commissione straordinaria, perl’esercizio delle attribuzioni ad essa conferite, le modalità di pubblicizzazione degli atti adot-tati dalla commissione stessa, nonché le modalità di organizzazione e funzionamento del Co-mitato” di sostegno (art. 144, comma 3).

In condizioni di necessità ed urgenza ed in assenza o impedimento di taluno dei com-ponenti della commissione, gli atti che non costituiscono provvedimento, e quelli dicompetenza del Sindaco, nelle vesti di ufficiale del Governo, possono essere adottatianche da un solo componente, qualora non comportino l’esercizio di valutazioni di-screzionali.L’art. 145 D.Lgs. 267 detta alcune disposizioni, finalizzate ad accelerare il risanamen-to amministrativo dell’ente e ad imprimere ai risultati ottenuti nel periodo di gestio-ne commissariale, maggiore stabilità.

3.14. SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO PER INFILTRAZIONE MAFIOSA95

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

Con il decreto di scioglimento è nominata una commissione straordinaria,composta di tre membri scelti tra i funzionari dello Stato, in servizio o in quie-scenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quie-scenza; la commissione rimane in carica sino allo svolgimento del primo turnoelettorale utile, ossia sino all’insediamento dei nuovi organi comunali (art. 144,comma 1, D.Lgs. 267 del 2000).

Il regolamento (Illustrato da GELATI, Il controllo sugli organi degli enti locali, inNuova Rass., 1994, pag. 1277.) ha stabilito che le deliberazioni, aventi ad ogget-to gli statuti delle aziende speciali, i regolamenti, l’ordinamento degli uffici edei servizi, nonché le deliberazioni concernenti gli atti fondamentali di compe-tenza del Consiglio, quali quelle previste dall’art. 42, siano adottati dalla com-missione al completo ed a maggioranza, mentre per gli altri affari è sufficientela presenza ed il voto favorevole di due componenti (Cfr. Cass. civ., I, 9 febbra-io 2000, n. 1421, in Cons. St., 2000, II, pag. 925, che ha ritenuta valida l’autoriz-zazione a stare in giudizio assunta da due soli commissari che avevano espres-so voto favorevole.) .

L’art. 193 D.Lgs. 267 del 2000 dispone che gli enti locali, al fine della verifica del ri-spetto, durante la gestione, del pareggio finanziario e di tutti gli equilibri stabiliti inbilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimen-ti, debbono assumere entro il 30 settembre di ogni anno la ricognizione sullo stato diattuazione dei programmi. La mancata adozione, da parte del Consiglio, dei provvedimenti di riequilibrio èequiparata alla mancata approvazione del bilancio di previsione, di cui all’art. 141,comma 1, lett. c), con applicazione della procedura prevista dal comma 2 del citato ar-ticolo.L’obbligo dell’assunzione della deliberazione compete pure al commissario che gesti-sce il Comune, il cui Consiglio sia stato sciolto per altra causa, in analogia a quantostabilito in materia di dissesto (art. 246, comma 3, D.Lgs. 267 del 2000).

L’art. 247 D.Lgs. 267 del 2000 stabilisce che se dalle deliberazioni dell’ente, dai bilan-ci di previsione, dai rendiconti o da altra fonte l’organo regionale di controllo vengaa conoscenza dell’eventuale situazione di dissesto - situazione che si verifica quandol’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili osussiste una grave situazione debitoria - chiede chiarimenti all’ente e una motivata re-lazione all’organo di revisione contabile, assegnando un termine, non prorogabile, ditrenta giorni. Se alla scadenza del termine di cui sopra l’organo regionale di controllo ritiene chesussista l’ipotesi di dissesto, assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli con-siglieri, un termine, non superiore a venti giorni, per la deliberazione di dissesto.Decorso infruttuosamente tale termine l’organo di controllo nomina un commissarioad acta per la deliberazione dello stato di dissesto. La disposizione individua come organo competente il Comitato regionale di control-lo, ma il riferimento deve essere fatto a favore dell’organo individuato dallo statutodell’ente locale, o in mancanza del Prefetto.Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al Prefetto, che inizia la proce-dura per lo scioglimento del Consiglio.L’obbligo della deliberazione dello stato di dissesto si estende, ove ne ricorrano lecondizioni, al commissario che regge straordinariamente un ente locale il cui Consi-glio sia stato sciolto per qualsiasi causa (art. 246, comma 3).Sia che il Consiglio non sia sciolto, sia che lo sia a seguito della adozione della delibe-razione di dissesto - con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Mi-nistro dell’interno, sono nominati un commissario straordinario liquidatore, nei Co-muni con meno di 5.000 abitanti ed una commissione straordinaria liquidatrice ne-gli altri Comuni e nelle Province, comprese le Città metropolitane, con il compito diprovvedere all’amministrazione della gestione e dell’indebitamento pregressi e perl’adozione di tutti i provvedimenti per l’estinzione dei debiti (art. 252).

MANUALE DEL CONSIGLIERE 96

3.15. Per mancata assunzione del piano di risanamentofinanziario (art. 193, D.Lgs. 267)

3.16. Per il concretizzarsi di una causa di dissesto (art. 247, D.Lgs. 267/2000)

È da ritenere che il commissario e la commissione, con compiti esclusivamentedi liquidazione, affianchino il commissario nominato per la gestione provviso-

(segue)

L’art. 262 D.Lgs. 267 del 2000 prevede un’ulteriore causa di scioglimento del Consi-glio, che ricorre nelle seguenti ipotesi, ossia quando il Consiglio dell’ente locale, cheha adottato la deliberazione di dissesto:

- non presenti al Ministro dell’interno, entro tre mesi dall’adozione del decreto pre-sidenziale di nomina dei commissari liquidatori, una ipotesi di bilancio di previ-sione stabilmente riequilibrato;

- oppure non osservi il termine di sessanta giorni entro il quale l’ente deve forni-re risposta ai rilievi formulati dalla commissione di ricerca (art. 261, comma 2);

- oppure non osservi il termine di quarantacinque giorni, entro il quale il Consi-glio deve deliberare una nuova ipotesi di bilancio, a seguito del decreto del Mini-stro dell’interno di diniego dell’approvazione della prima ipotesi di bilancio equi-librato (art. 261, comma 4);

- oppure è stato emanato il provvedimento di diniego da pare del Ministro dell’in-terno.

Anche in questo caso, trova applicazione il procedimento di scioglimento, concretiz-zandosi la fattispecie di cui all’art. 141, comma 1, lett. a, ossia una grave violazione dilegge.

L’istituto della mozione di sfiducia (cfr. anche art. 94 Cost.) è stato introdotto dalla L.142 del 1990, allo scopo di conferire stabilità agli esecutivi, tanto è vero che essa veni-va qualificata come “costruttiva”, poiché contestualmente all’approvazione della mo-zione doveva essere approvata la nuova Giunta.In virtù dell’art. 18 della L. 81 del 1993, riprodotto nell’art. 52 D.Lgs. 267 del 2000, es-sa ha assunto il carattere di una vera e propria revoca del Sindaco o del Presidentedella Provincia e degli assessori, ma con effetto “Sansone”, ossia il contemporaneoscioglimento del Consiglio, allo scopo di evitare frequenti e pretestuose proposizionidi mozioni.Il richiamo alla non necessità delle “dimissioni” in caso di un voto contrario del Con-siglio su una proposta del capo dell’esecutivo o della Giunta è improprio, in quantoesse sono un atto volontario, che non produce effetti vincolanti.Probabilmente si voleva affermare che il voto contrario non determina la cessazionedalla carica degli organi di governo dell’ente, ossia la loro decadenza.

3.18. A SEGUITO DI MOZIONE DI SFIDUCIA97

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

La mozione di sfiducia deve essere presentata e sottoscritta da almeno i duequinti dei consiglieri assegnati, con esclusione del Sindaco e del Presidente del-la Provincia, come espressamente dispone la norma (art. 52, comma 2. D.Lgs.267 del 2000).

ria dell’ente il cui Consiglio è stato sciolto. Confortano questa interpretazioneil fatto che il commissario liquidatore e la commissione di liquidazione sononominati anche negli enti il cui Consiglio non è sciolto, ma è stata adottata dalConsiglio la deliberazione di dissesto.

3.17. Per mancata presentazione della ipotesi di bilancio di previsione stabilmente equilibrato(art. 262, D.Lgs. 267/2000)

3.18. A seguito di mozione di sfiducia

(continua)

(segue)

Avendo la legge prescritto che il quorum sia ragguagliato ai componenti - diversamen-te dalla abrogata normativa che richiedeva il computo sui consiglieri assegnati - è daritenere che il computo sia fatto sui consiglieri in carica8, considerando anche il Sin-daco. La mozione deve essere posta all’esame del Consiglio non prima di dieci giorni e nonoltre trenta giorni dalla sua presentazione, al fine di consentire ai consiglieri un esa-me ponderato ed approfondito della stessa; non si esclude che gli stessi presentatoridella mozione possano avere un ripensamento e procedere, quindi, al ritiro della stes-sa, con l’osservanza delle tesse modalità previste per la sua presentazione. Se il Presidente del Consiglio non procede, entro i suddetti termini a porre all’ordinedel giorno del Consiglio la mozione di sfiducia, si ritiene che essa decada9, salvo chei presentatori non rivolgano istanza al Prefetto, perché proceda, previa diffida, allaconvocazione del Consiglio per la discussione. A seguito dell’approvazione della mozione di sfiducia, il Prefetto mette in moto ilprocedimento che conduce allo scioglimento del Consiglio, ed alla nomina del com-missario che reggerà l’ente sino all’insediamento dei nuovi organi. I consiglieri e i componenti della Giunta cessano dalle funzioni, dal giorno di entratain carica del commissario governativo o prefettizio, qualora, in attesa dello sciogli-mento, il Prefetto proceda alla sospensione del Consiglio.

Con l’art. 32, comma 7, del D.L. 269 del 2003, è stato disposto che

La procedura è la seguente.Trascorso il termine dei diciotto mesi, entro il quale gli strumenti urbanistici devonoessere adottati, la Regione segnala al Prefetto gli enti inadempienti. Il Prefetto invita gli enti che non abbiano provveduto ad adempiere all’obbligo neltermine di quattro mesi. A tal fine gli enti locali possono attivare gli interventi, anche sostitutivi, previsti dal-lo statuto secondo criteri di neutralità, di sussidiarietà e di adeguatezza. Decorso infruttuosamente il termine di quattro mesi, il Prefetto inizia la proceduraper lo scioglimento del consiglio.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 98

Per la sua approvazione la legge prescrive il voto favorevole della maggioran-za assoluta dei componenti del Consigli, con votazione espressa per appellonominale.

(continua)

3.19. Per mancata approvazione degli strumenti urbanistici (art. 141, comma 1, lett, c-bis, D.Lgs. 267)

Nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei mille abitanti siano sprov-visti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti en-tro diciotto mesi dalla data di elezione degli organi, si verifica un’ipotesi discioglimento del Consiglio, adottato con decreto presidenziale su proposta delMinistro dell’interno di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei tra-sporti.

(8) MARZANATI, in AAVV., L’elezione diretta del Sindaco, Milano, 1993, pag. 359.(9) GIOVENCO-ROMANO, L’ordinamento comunale, cit., pag. 637.

La disposizione è stata dettata al fine di sollecitare i Comuni, non ancora provvisti, dimunirsi degli strumenti urbanistici generali di governo del territorio, ma è da chie-dersi se essa debba estendersi anche alle Province, che non abbiano ancora adottatoil piano territoriale di coordinamento, domanda alla quale riteniamo di dare rispostaaffermativa.

Secondo la previgente legislazione, la rimozione dalla carica era prevista per il soloSindaco (art. 149 t.u. com. prov. 1915), mentre, ora, l’art. 142 del D.Lgs. 267 del 2000(già art. 40 della L. 142) la estende a tutti gli amministratori degli enti locali (Sinda-co, Presidente della Provincia, consiglieri, assessori e Presidenti dei Consigli circoscri-zionali, dei consorzi e delle Comunità montane, ai quali debbono aggiungersi i Sin-daci metropolitani).La rimozione ha carattere squisitamente discrezionale, come è dato ricavare dalla for-mulazione dell’art. 142, il quale dispone che gli amministratori “possono” essere ri-mossi, con ciò consentendo al Prefetto, in primo luogo, che redige la relazione ed alMinistro dell’interno, che decreta la rimozione, la possibilità di valutare la rilevanzadei fatti e degli episodi addebitati all’amministratore. Le cause di rimozione sono le stesse che la legge prescrive per addivenire allo sciogli-mento del Consiglio (ved. retro), ossia:

- compimento di atti contrari alla Costituzione; questa causa, che è prevista nei con-fronti dei consiglieri regionali, dall’art. 126 Cost., ricorre quando l’organo pone inessere una attività contrastante con le regole dell’ordinamento costituzionale10;

- per gravi e persistenti violazioni di legge; nei confronti del consigliere comunalesi ha riguardo, in special modo alle funzioni che egli esercita per delega del Sinda-co ed in particolare a quelle espletate in qualità di ufficiale del Governo.

Deve considerarsi applicabile la previa diffida ad ottemperare ed occorre che la vio-lazione di legge non abbia carattere episodico, ma consista in ripetuti “gravi e persi-stenti” oltraggi alla legge11.È stato ritenuto legittimo il provvedimento di rimozione dalla carica di consigliere co-munale, adottato per gravi e persistenti violazioni di legge, che si fondi sull’esistenzadi quattro condanne penali per emissione di assegni a vuoto e su altri tre procedimen-ti penali pendenti per uguale imputazione12;

- per gravi motivi di ordine pubblico. Con questa espressione, secondo un orien-tamento giurisprudenziale, basato su una interpretazione estensiva della disposi-zione, si intende fare riferimento ai valori essenziali per la convivenza organizza-ta, ma non strettamente limitati all’incolumità ed alla sicurezza fisica dei cittadini.Pertanto, può costituire ragionevole e congruo presupposto per una valutazionedi pericolosità per l’ordine pubblico e, quindi, per l’adozione di un provvedimen-to di rimozione, il richiamo a situazioni penalmente rilevanti, ancorché non defi-nitive (esempio: denunce o procedimenti penali pendenti) a condizione che dettesituazioni, ritenute suscettibili di pregiudicare l’ordinato svolgersi dei rapporti in-terni alla collettività comunale, siano identificate nei loro esatti termini13.

3.20. RIMOZIONE99

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

3.20. Rimozione

(10) GELATI, in AA .VV., Le autonomie locali, Milano, tomo II, pag. 580. (11) Cfr. MAGGIORA, La rimozione e la sospensione degli amministratori degli enti locali, in Lo stato civi-le it. , 1995, pag. 214.(12) TAR Campania, Salerno, 5 agosto 1997, n. 474, in TAR , 1997, I, pag. 3754.(13) TAR Puglia, Lecce, I, 8 giugno 1993, n. 478, in TAR, 1993, I, pag. 3383.

Una speciale causa di rimozione è stata introdotta, come comma 1-bis, dell’art. 142,dall’art. 3 del D. L. 172 del 2008, il quale stabilisce che nei territori in cui vige lo sta-to di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti dichiarato ai sensi della L.225 del 1992 (che è la legge sulla protezione civile), in caso di grave inosservanza de-gli obblighi posti a carico delle Province inerenti alla programmazione ed organizza-zione del recupero e dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale ed alla indivi-duazione delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smalti-mento dei rifiuti, ovvero in caso di grave inosservanza di specifici obblighi posti a ca-rico dei Comuni inerenti alla disciplina delle modalità del servizio di raccolta e tra-sporto dei rifiuti urbani, della raccolta differenziata, della promozione del recuperodelle diverse frazioni di rifiuti, della raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imbal-laggio ai sensi degli artt. 197 e 198 del D.Lgs. 162 del 2006, anche come precisati dal-le ordinanze di protezione civile, il Sottosegretario di Stato delegato alla gestione del-l’emergenza assegna all’ente interessato un congruo termine perentorio per adottarei provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, su propostamotivata del medesimo Sottosegretario, con decreto del Ministro dell’interno posso-no essere rimossi il Sindaco, il Presidente della provincia o i componenti dei Consiglie delle Giunte (ossia i consiglieri e gli assessori).Si sostiene che non sia necessario, nell’adozione del provvedimento di rimozione, co-municare all’interessato l’avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della L. 7 agosto1990, n 241, in quanto il procedimento, finalizzato alla rimozione degli amministrato-ri di enti locali, è per sua natura caratterizzato da ragioni di urgenza sufficienti a giu-stificare l’assenza della fase partecipativa prevista dalla L. 241; d’altra parte, quandotali ragioni assumono carattere di eccezionalità il provvedimento di rimozione puòessere preceduto da un intervento prefettizio che, nell’immediato, assicuri la sospen-sione dell’amministratore14.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 100

Secondo una linea più tradizionalista, e condivisibile, si afferma che non sem-bra possibile che il concetto di ordine pubblico comprenda anche la tutela delbuon funzionamento e del prestigio degli organi dell’amministrazione. Infatti,la violazione, anche solo potenziale dell’ordine pubblico, è ipotizzabile solocon riferimento a situazioni suscettibili di pregiudicare l’ordinato svolgersi deirapporti interni della comunità locale e di turbare la quiete e la sicurezza pub-blica (TAR Campania, Napoli, IV, 25 luglio 1996, n. 410, in TAR, 1996, I, pag.3388; Id., 13 marzo 1997, n. 668, 30 aprile 1998, n. 1342 e 18 settembre 1998, n.2908, ivi, 1997, I, pagg. 1974 e 1998, I, pagg. 2697 e 4188, che hanno dichiaratoillegittima la rimozione, rispettivamente di un consigliere comunale e di unSindaco, adottata per la sola pendenza di un procedimento penale per il delit-to di abuso d’ufficio, trattandosi di eletto per il quale non è prevista l’incompa-tibilità con l’esercizio di funzioni pubbliche e che non costituisce neppure unaminaccia per l’ordine pubblico, che sia cioè capace di per sé solo pregiudicarel’ordinato svolgersi dei rapporti all’interno della comunità locale; Id., I, 9 mar-zo 1998, n. 835, ivi , 1998, I, pag. 2007; Consiglio di Stato, IV, 30 luglio 2002, n.4076, in Cons. St., 2002, I, pag. 1625, che ha ritenuta illegittima la rimozione diun amministratore semplicemente indagato in una vicenda che non presenta-va aspetti ancora controversi, in relazione a fatti ancora da chiarire, poi risolticon l’archiviazione).

(14) TAR. Puglia, Lecce, 12 novembre 1992, n. 464, in TAR, 1993, I, pag. 283.

Infatti, in attesa del decreto ministeriale di rimozione, è consentito al Prefetto di pro-cedere, qualora ricorrano motivi di grave ed urgente necessità, alla sospensione del-l’amministratore (art. 142, comma 2, D.Lgs. 267 del 2000), provvedimento che ha du-rata limitata al tempo necessario per addivenire alla rimozione, per cui se il provve-dimento non viene adottato, l’amministratore sospeso ha diritto di essere reintegratonella carica.È da ritenere che, in caso di sospensione di un consigliere debba procedersi alla suasupplenza, ossia alla sua surrogazione con il candidato che nella medesima lista se-gue l’ultimo eletto, istituto che trova applicazione nei confronti dei consiglieri sospe-si in applicazione dell’art. 45, comma 2, D.Lgs. 267 del 2000; ma riteniamo che nonsussistano particolari preclusioni per la sua applicabilità anche alle sospensioni ope-rate in attesa della rimozione. Se poi, questa, sopravviene si fa luogo alla dichiarazio-ne di decadenza del consigliere; se, invece, non si verifica, il consigliere sospeso èreintegrato nella carica.

Ai sensi del comma 1, dell’art. 142, D.Lgs. 267 del 2000, compete al Ministro dell’in-terno adottare il provvedimento di rimozione, disposizione che subisce deroga nel ca-so in cui si debba procedere alla rimozione del Sindaco o del Presidente della Provin-cia, in quanto, dopo la L. 81 del 1993, al venir meno del capo dell’amministrazione oc-corre fare luogo al rinnovo del Consiglio, come dispone l’art. 53, comma 1, D.Lgs. 267del 2000, per cui la competenza ad adottare la rimozione spetta al Presidente dellaRepubblica15.

3.21.1. PremessaLa decadenza costituisce una causa di cessazione dalla carica di consigliere che rive-ste carattere sanzionatorio e che si verifica in una pluralità di situazioni, come: perdi-ta della qualità di elettore, dichiarazione di ineleggibilità o di incompatibilità; esclu-sione dal Consiglio per reiterate assenze non giustificate; ecc.Essa comporta, non solo la perdita dello status di consigliere, ma anche di tutte le al-tre funzioni, per le quali la legge richiede la qualità di consigliere o di componente dideterminati organismi, che debbono essere, per norma statutaria o di legge (statale oregionale) ricoperti solo da consiglieri.La previgente normativa (art. 9-bis, del d.P.R. 570 del 1960) prevedeva due procedi-menti, per procedere alla dichiarazione di decadenza: uno, amministrativo dinanzi alConsiglio e, l’altro, giurisdizionale, davanti al Tribunale civile.Secondo il procedimento amministrativo, l’iniziativa per la dichiarazione di decaden-za spettava, in primo luogo al Consiglio, che procedeva d’ufficio (appena avuto noti-zia della causa ostativa, quindi anche su istanza di un consigliere) e, in secondo luo-

3.21. DECADENZA DALLA CARICA101

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

È stato ritenuto che la sentenza di patteggiamento, ancorché non produttiva ditaluni effetti tipici della sentenza di condanna è tuttavia idonea a comportarela sospensione dalla carica del consigliere comunale, a norma dell’art. 59 D.Lgs.267 del 2000, quando porti applicazione di pena per uno dei reati ivi previsti,non rientrando detta sospensione nel numero delle pene accessorie (Cass. civ.,I, 12 aprile 1996, n. 3490, in Cons. St., 1996, II, 1505.).

3.21. Decadenza dalla carica

(15) Consiglio di Stato, IV, 28 maggio 1997, n. 582, in Cons. St., 1997, I, pag. 654, che annulla TAR Na-poli, IV, 15 luglio 1996, n. 410, in TAR, 1996, I, pag. 3388.

go, a qualsiasi elettore del Comune e a chiunque altro vi avesse interesse. Contro ladeliberazione del Consiglio era previsto ricorso al Tribunale civile competente per ter-ritorio.Il nuovo testo unico del 2000, che ridisciplina la materia (art. 70), non contempla piùil procedimento di decadenza dinanzi al Consiglio, ma solo il procedimento giurisdi-zionale. Ciò costituisce una grave limitazione, in quanto, di fronte ad una causa di in-candidabilità o di ineleggibilità originaria (cioè precedente all’elezione), è possibile ilsolo ricorso al giudice ordinario, mentre per le cause di ineleggibilità sopravvenute eper le cause di incompatibilità originarie o sopravvenute, è previsto che la questionesia sottoposta al Consiglio, che la esamina, sia d’ufficio, sia su istanza di qualsiasi elet-tore (art. 69 D.Lgs. 267 del 2000).

Il ricorso è promosso davanti al Tribunale civile competente per territorio, e deve es-sere notificato all’amministratore interessato o agli amministratori interessati ed alpresidente del Consiglio con la prescrizione dell’applicabilità delle norme di proce-dura che si osservano nei giudizi di eleggibilità, di cui all’art. 82 d.P.R. 570 del 1960 .Contro la sentenza del Tribunale è ammesso ricorso, in secondo grado, alla Corted’appello, ai sensi dell’art. 82/2 d.P.R. 570 ed il ricorso non ha effetto sospensivo del-la sentenza (art. 84 d.P.R. 570); contro la sentenza della Corte d’appello è dato ricorsoper cassazione (art. 83/3 d.P.R. 570).Ciò premesso, la decadenza dalla carica di consigliere si verifica nelle seguenti ipo-tesi.

3.21.2. Per perdita della qualità di elettoreCome abbiamo avuto modo di rilevare, per rivestire la carica di consigliere o di Sin-daco o di Presidente della Provincia occorre essere elettore di un qualsiasi Comunedella Repubblica, per cui quando viene meno la qualità di elettore, ossia si verifica laperdita il diritto di elettorato attivo, si perde anche il diritto di essere eletti e quindidi permanere in carica.

3.21.3. A seguito della correzione degli scrutiniPuò accadere che, in sede di accoglimento del ricorso contro le operazioni elettorali oin materia di eleggibilità, il giudice proceda alla correzione del risultato delle elezio-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 102

Art. 70 Tuel

Il procedimento giurisdizionale è disciplinato dall’art. 70 D.Lgs. 267 del 2000,secondo il quale la decadenza dalla qualità di Sindaco, Presidente della Provin-cia, consigliere può essere promossa, in prima istanza:

- da qualsiasi cittadino elettore del Comune o della Provincia (L’azione popo-lare può essere promossa anche in assenza di una deliberazione di convali-da o dalla correlativa impugnazione di tale deliberazione (Cass, civ., I, 19 di-cembre 2002, n. 18128, in Cons. St., 2003, II, pag. 291).);

- da chiunque altro vi abbia interesse;- dal Prefetto.

Per procedere alla dichiarazione di decadenza è necessario disporre la cancel-lazione dalle liste elettorali, effettuata dal responsabile dell’ufficio elettorale, inoccasione delle revisioni semestrali o dinamiche. Della cancellazione l’Ufficia-le elettorale ne dà notizia al Consiglio, che procede alla presa d’atto della so-pravvenuta decadenza, ed alla surrogazione con chi ne ha diritto.

ni ed alla sostituzione dei candidati illegalmente proclamati, con coloro che hanno di-ritto di esserlo (art. 130 cod. proc. amm.).

Resta comunque inteso che nel caso del Sindaco o del Presidente della Provincia, an-che in caso di inerzia, il Consiglio decade di diritto e si fa luogo alle elezioni, mentreil vicesindaco o il vicepresidente e la Giunta restano in carica sino all’elezione deinuovi organi.

3.21.4. Per cause ostative all’assunzione della caricaCome rilevato, per ricoprire la carica di Sindaco o di Presidente della Provincia o diconsigliere è richiesto, oltre al requisito di elettore, anche l’assenza di cause ostative aricoprire la stessa; occorre, cioè, che il candidato, prima, l’eletto, poi, non versino inuna causa di ineleggibilità o di incompatibilità o di non candidabilità.Possono verificarsi tre ipotesi di decadenza:

1) decadenza per causa di ineleggibilità preesistente all’elezione. Se l’interessatoversava, prima delle elezioni, in una causa di ineleggibilità e non ha provvedutoa rimuoverla, entro il giorno fissato per la presentazione delle candidature (art.60, comma 3, D.Lgs. 267 del 2000) tale causa ostativa è insanabile, ed è, quindi,necessario - qualora non si sia provveduto in sede di convalida degli eletti - cheil Consiglio proceda alla dichiarazione di decadenza dalla carica, illegittimamen-te ricoperta;

2) decadenza per causa di ineleggibilità sopravvenuta e per causa di incompatibi-lità esistente al momento dell’elezione o sopravvenuta. L’art. 63, comma 1, n. 7,D.Lgs. 267 del 2000 parifica - ai fini della rimozione della causa ostativa e delladichiarazione di decadenza - le cause di ineleggibilità sopravvenute dopo le ele-zioni alle cause di incompatibilità, per cui in presenza di queste cause si fa luogoalla procedura stabilita dall’art. 69 D.Lgs. 267 del 2000.

Occorre rilevare che se l’incompatibilità concerne una lite pendente con il Comune(art. 63, comma 1, n. 4), il consigliere non può essere dichiarato decaduto se il fatto èconnesso con l’esercizio del mandato (art. 63, ultimo comma).L’iniziativa per addivenire alla dichiarazione di decadenza può essere assunta dallostesso Consiglio, d’ufficio o su istanza di qualsiasi elettore (azione popolare); il Con-siglio provvede a contestare - a cura del Presidente del Consiglio - la causa di ineleg-gibilità sopravvenuta o di incompatibilità all’interessato, il quale entro dieci giornipuò seguire due vie: o formulare osservazioni, cioè scritti difensivi oppure eliminarela causa di ineleggibilità o di incompatibilità (dimissioni dall’ufficio, collocamento inaspettativa, pagamento del debito, ecc.).Entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine concesso al consigliere conl’atto di contestazione (che è - come visto - anch’esso di dieci giorni), il Consiglio de-libera:

- o di ritenere insussistente la causa ostativa e, quindi, di non dover accoglierel’istanza di decadenza;

- o di ritenere sussistente la causa di ineleggibilità sopravvenuta o di incompatibili-tà e, in tale caso, invita il consigliere a rimuoverla o a fare opzione per la carica cheintende conservare, assegnando un ulteriore termine di dieci giorni per l’adempi-mento.

3.21. DECADENZA DALLA CARICA103

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

Dal momento della notificazione della decisione al Sindaco o del Presidentedella Provincia o al consigliere già proclamato eletto, questi deve ritenersi de-caduto ed il Consiglio procede d’ufficio alla dichiarazione di decadenza.

Se l’interessato non vi provvede entro il termine suddetto, il Consiglio lo dichiara de-caduto.

Contro la dichiarazione di decadenza è ammesso ricorso giurisdizionale al Tribuna-le civile competente per territorio, da parte del consigliere dichiarato decaduto o diqualsiasi elettore (azione popolare); la deliberazione che esclude la decadenza è, pa-rimenti, impugnabile da parte di qualsiasi elettore e da chiunque vi abbia interesse16.La procedura da applicare dinanzi al giudice ordinario è quella prevista dagli artt. 82,82/2, 82/3 d.P.R. 570, per analogia al procedimento prescritto dall’art. 9-bis dello stes-so d.P.R.; pertanto, il termine di trenta giorni per la presentazione del ricorso decor-rerà dalla data di notificazione della deliberazione, per il Sindaco, oppure dalla datadi pubblicazione all’albo pretorio della stessa, per gli altri interessati.Poiché l’art. 70, nel disciplinare il procedimento di decadenza, non specifica quale siala causa ostativa, mentre l’art. 69 precisa che esso è applicabile solo per le ineleggibi-lità sopravvenute e per le incompatibilità, può accadere che un elettore popolare o uninteressato, di fronte ad una di queste cause impeditive, anziché rivolgersi al Consi-glio, il quale dà inizio al procedimento amministrativo, ai sensi dell’art. 69, si rivolgaal Tribunale civile, ai sensi dell’art. 70, con che si avvia un procedimento giurisdizio-nale che può portare alla dichiarazione di decadenza, senza concedere all’interessatola possibilità di rimuovere la causa ostativa, come gli garantisce l’art. 69.Questa discrasia legislativa è stata risolta dall’art. 20 della L. 265 del 1999 (ora, art. 69,comma 3), il quale dispone che il termine di dieci giorni, previsto dal comma 2, del-l’art. 69, entro il quale l’interessato può formulare osservazioni o eliminare le cause diineleggibilità o di incompatibilità, trova applicazione anche nel caso in cui sia propo-sta l’azione giurisdizionale e decorre dalla data di notificazione del ricorso giurisdi-zionale al Tribunale civile competente per territorio;3) decadenza per causa di incandidabilità originaria o sopravvenuta. In presenza diuna causa di non candidabilità alle elezioni, preesistente o sopravvenuta, occorre pro-cedere alla dichiarazione di decadenza dalla carica di Sindaco, poiché detta causa èinsanabile e non è soggetta a rimozione.L’art. 59 D.Lgs. 267 del 2000 dispone che l’eventuale nomina è nulla e l’organo che hadeliberato la nomina o la convalida dell’elezione (nel nostro caso, il Consiglio) è tenu-to a revocarla non appena venuto a conoscenza della causa ostativa17.La deliberazione di decadenza per incandidabilità da parte del Consiglio è assunta,al pari delle altre deliberazioni in materia, in seduta pubblica ed a votazione segretaed è soggetta alle impugnative sopra descritte.La decadenza qui in esame è applicabile anche nel caso di sentenze pronunciate in ba-se al rito del patteggiamento, sottintendendo la procedura di patteggiamento una so-stanziale ammissione di responsabilità da parte dell’imputato18.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 104

Ricorso

La deliberazione di decadenza deve essere adottata in seduta pubblica ed a vo-tazione segreta; deve essere, nel giorno successivo depositata nella segreteriacomunale o provinciale, e notificata, entro i cinque giorni successivi, a colui chesia dichiarato decaduto; deve essere pubblicata all’albo pretorio.

(16) Ad esempio, il primo escluso: MILITERNI-SAPORITO, La nuova legge elettorale, Napoli, 1982,pag. 208.(17) Sulla legittimità costituzionale della normativa (che risale all’art. 15 della L. 55 del 1990 e succes-sive modificazioni ed integrazioni) si è pronunciata la Corte costituzionale con la sent. 25 del 2002.(18) Consiglio di Stato, I, 27 maggio 1992, n. 1647/92, in Cons. St., 1993, I, pag. 453; Cass. civ., III, 19ottobre 1994, n. 8515, ivi, 1995, II, pag. 285; TAR Trentino-Alto Adige, 2 marzo 1994, n. 37, in TAR,1994, I, pag. 1921.

3.21.5. Per mancato intervento alle adunanze L’art. 289 t.u. com. prov. 1915 (conservato in vigore dall’art. 274, D.Lgs. 267 del 2000)e che trova applicazione fino a quando l’ente non provvederà a dare nuova discipli-na alla materia (art. 43, comma 4, D.Lgs. 267) sancisce la decadenza dalla carica deiconsiglieri e degli assessori che non intervengono, rispettivamente, ad una interasessione ordinaria del Consiglio e a tre sedute consecutive della Giunta, senza giu-stificato motivo.La decadenza è pronunciata dal Consiglio, d’ufficio o su iniziativa del Prefetto e diciascun cittadino, nell’esercizio di una tipica azione popolare, dopo il decorso di die-ci giorni dalla notificazione all’interessato della proposta di decadenza.Come è dato rilevare, la norma non contempla il Sindaco o il Presidente della Provin-cia, in quanto egli era consigliere e, quindi, soggetto alla stessa disciplina; inoltre, neiconfronti del Sindaco o del Presidente della Provincia assenteista si poteva fare ricor-so all’istituto della revoca.Del particolare status del Sindaco o del Presidente della Provincia si dovrà tenere con-to quando si porrà mano all’integrazione dello statuto per disciplinare questa formadi decadenza del Sindaco o del Presidente della Provincia, tenendo presente che sitratta di una vera e propria rimozione o mozione di sfiducia, per cui sarebbe correttofare rinvio a questi istituti, qualora il Sindaco o il Presidente della Provincia si assen-ti ingiustificatamente dalle sedute del Consiglio o della Giunta.La disposizione ha trovato, nel passato, ampia applicazione specie nei Consigli comu-nali, causando vere e proprie discriminazioni nei confronti dei consiglieri dell’oppo-sizione, sovente soggetti a soprusi da parte della maggioranza consiliare.La giurisprudenza è intervenuta per mitigare le conseguenze di una rigida applica-zione della norma, stabilendo più di un distinguo in materia, seguita dalla più quali-ficata dottrina19. L’intervento mitigatore è stato particolarmente incisivo nell’indivi-duazione delle cause giustificative dell’assenza.

3.21. DECADENZA DALLA CARICA105

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

(19) SAREDO, La nuova legge sull’amministrazione comunale e provinciale, Torino, 1896, vol. IV, pag.720; MAZZOCCOLO, La nuova legge comunale e provinciale, Milano, 1901, pag. 623.

Sono stati riconosciuti validi motivi:- le assenze per malattia (Consiglio di Stato, V, 27 marzo 1954, in Cons. St.,

1954, pag. 290, che ha considerato illegittima la deliberazione di decadenzapronunciata senza prendere in considerazione i certificati medici allegatidall’interessato a giustificazione delle assenze.);

- per congedo autorizzato dal Presidente del Consiglio (GIOVENCO-RO-MANO, L’ordinamento comunale, Milano, 1994, pag. 519; CHECCHI, Gli orga-ni del Comune. Il Consiglio comunale, in Corr. amm., 1956, Supplemento al n. 18,pag. 98.);

- per svolgere una missione straordinaria o temporanea per pubblico servi-zio;

- per adempiere ai doveri di senatore o di deputato;- in tutti i casi di forza maggiore, come serie necessità di lavoro, che assurgo-

no a forza maggiore, in relazione ai tempi di assunzione degli impegni(T.A.R. Puglia, Lecce, I, 6 febbraio 2003, n. 387, in TAR, 2003, I, pag. 137: nel-la specie si trattava di viaggio all’estero per motivi di lavoro).

È stata ritenuta illegittima la deliberazione con la quale il Consiglio si limita a pren-dere atto delle giustificazioni delle assenze dalle sedute, fornite da un consigliere co-munale e, senza neppure verificare se le stesse siano accompagnate da un principiodi prova circa i fatti indicati, respinge immotivatamente la richiesta di decadenza dal-la carica, richiesta dal primo dei non eletti20.Come rilevato, l’art. 43, comma 4, D.Lgs. 267 del 2000 demanda allo statuto il compi-to di stabilire i casi di decadenza “e le relative procedure, garantendo il diritto del consi-gliere a far valere le cause giustificative”.Deve stabilirsi, innanzitutto, a chi spetti l’iniziativa della proposta di decadenza - iconsiglieri e gli elettori, come per il passato, titolari, quindi, di una azione popolare -indicare le cause giustificative dell’assenza ed il modo della loro comunicazione e legaranzie da accordare al consigliere, quali: il termine entro il quale può presentare leproprie controdeduzioni ed il termine entro il quale il Consiglio deve assumere la de-liberazione, congruamente motivata.Pertanto, la disposizione statutaria non esclude per la sua applicabilità una normati-va di dettaglio – anche di natura regolamentare - che chiarisca gli aspetti procedura-li, in modo da garantire la massima trasparenza ed il contemperamento degli interes-si in gioco21.In conformità a consolidata giurisprudenza è da ritenersi non necessaria la preventi-va giustificazione delle assenze, potendo questa essere fornita successivamente ed an-che dopo la notificazione all’interessato della proposta di decadenza, ferma restanol’ampia facoltà di apprezzamento del Consiglio in ordine alla fondatezza ed alla se-rietà ed alla rilevanza delle circostanze addotte a giustificazione dell’assenza22.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 106

Il rinvio allo statuto

Per contro, non sono stati ritenuti giustificati motivi di diserzione dalla sedute:- l’avere una lite con l’ente;- il fatto della presenza alle sedute di consiglieri dei quali gli assenti abbiano

impugnato l’elezione;- l’intenzione di voler protestare contro il sistema di amministrare della mag-

gioranza (Segnalati da GHIANI, Le cause di cessazione dalla carica di consiglie-re comunale, di assessore municipale, di Sindaco, in Nuova rass., 1969, pag. 2198.);

- la genericità dei motivi posti a giustificazione delle assenze (Come asserire“causa motivi di lavoro è impossibile intervenire” (TAR Emilia-Romagna, 4febbraio 2003, n. 72, in TAR, 2003, I, pag. 1519)).

(20) TAR. Abruzzo, L’Aquila, 2 marzo 1990, n. 144, in TAR, 1990, I, pag. 2165; particolare attenzio-ne va posta nel valutare le ipotesi del c.d. “assenteismo politico”, nel quale possono rientrare com-portamenti di disimpegno dall’attività amministrativa, idonei a giustificare la decadenza dalla cari-ca (TAR Lombardia, Milano, II, 23 settembre 2003, n. 4285, in Foro amm. TAR, 2003, pag. 2543).(21) TAR Calabria, Catanzaro, II, 10 dicembre 2002, n. 3211, in TAR, 2003, I, pag. 874.(22) Consiglio di Stato, V, 2 marzo 1973, n. 218, in Cons. Stato, 1973, I, pag. 411; TAR Basilicata, 15maggio 1975, n. 75, in TAR., 1975, I, pag. 2439; TAR Friuli-Venezia Giulia, 24 maggio 1984, m. 152,ivi, 1984, I, pag. 2115; TAR Calabria, Catanzaro, 19 marzo 1997, n. 217, in Foro amm., 1997, pag. 3247.

È buona consuetudine giustificare l’assenza, quando ciò sia possibile, prima del-la seduta, alla quale non si può partecipare, in modo da consentire al Presidentedel Consiglio di darne comunicazione all’inizio dell’adunanza, con la lettura deimotivi, che, una volta verbalizzati, possono valere come causa giustificativa.

La deliberazione, che dichiara la decadenza o la esclude, deve essere adottata - secon-do la prevalente dottrina - in seduta pubblica ad a scrutinio segreto, deve essere no-tificata, a cura del Presidente del Consiglio, all’interessato (che da quel momento ces-sa dalle funzioni di consigliere, qualora la deliberazione sia dichiarativa di decaden-za) e va pubblicata all’albo pretorio per la durata di quindici giorni.In caso di inerzia del Consiglio, deve ritenersi possibile il richiamo all’art. 136 D.Lgs.267 del 2000 che disciplina l’intervento surrogatorio dell’organo di controllo, come in-dividuato allo statuto.Contro la deliberazione di decadenza è dato ricorso al Tribunale amministrativo re-gionale o ricorso straordinario al Capo dello Stato.

3.22.1. Sospensione a carattere discrezionaleLa sospensione dalla carica consiste in una cessazione dalla carica a carattere tempo-raneo, che può avere un duplice effetto: o la decadenza dalla carica o la riassunzioneo reintegrazione nell’incarico in precedenza ricoperto.Essa è disciplinata dagli artt. 59 e 142, comma 2, D.Lgs. 267 del 2000, con le seguenticaratteristiche.Dispone l’art. 142, che il Prefetto, in attesa dell’emanazione del decreto di rimozione,può, discrezionalmente, sospendere gli amministratori degli enti locali, qualora ricor-rano motivi di grave ed urgente necessità.

Qualora il decreto ministeriale di rimozione non venga adottato, l’amministratore hadiritto ad essere reintegrato nella carica, dalla quale è stato illegittimamente allonta-nato, presentando apposita istanza al Prefetto o rivolgendosi al giudice per l’annulla-mento dell’atto di sospensione; non è escluso un atto di autotutela da parte del Pre-fetto.Il comma 3 dell’art. 142 stabilisce che sono fatte salve le disposizioni dettate dagli artt.58 e 59 (come modificati ed integrati dall’art. 7 del D. L. 80 del 2004), che disciplina-no un particolare tipo di sospensione, applicabile agli amministratori coinvolti in par-ticolari reati, anche se non ancora colpiti da provvedimenti definitivi e che opera didiritto, diversamente di quella di cui all’art. 142, che ha carattere discrezionale e quin-di eventuale.

3.22.2. Sospensione di dirittoLa sospensione di diritto dalla carica di amministratore locale (Presidente della Pro-vincia, Sindaco, consigliere comunale e provinciale, Presidente e componente del con-siglio di amministrazione dei consorzi, presidenti e componenti dei consigli delleaziende speciali e delle istituzioni) opera nei confronti di coloro:

a) che hanno riportato condanna, anche non definitiva, per uno dei seguenti de-litti previsti:

- dall’art. 416-bis cod. pen. o per il delitto di associazione finalizzata al traffico il-lecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all’art. 74 del T.U. 309 del 1990o per un delitto di cui all’art. 73 del citato T.U., concernente la produzione o il

3.22. LA SOSPENSIONE DALLA CARICA107

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

3.22. La sospensione dalla carica

La legge non specifica la durata della sospensione, ma tenuto conto della suanatura di atto prodromico alla rimozione, è da ritenere che la sua durata deb-ba essere specificata nel decreto prefettizio di sospensione, anche con riferi-mento al periodo utile per poter addivenire alla rimozione.

traffico di dette sostanze o per un delitto concernente la fabbricazione, l’impor-tazione, la vendita o cessione, nonché nei casi un cui sia inflitta la pena della re-clusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi,munizioni o materie esplodenti o per il delitto di favoreggiamento personale oreale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;

- dagli artt. 314, primo comma (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell’er-rore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318(corruzione per un atto d’ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai dove-ri d’ufficio), 319 ter (corruzione in atti giudiziari) e 320 (corruzione di persona in-caricata di un pubblico servizio) del codice penale;

b) che, con sentenza di primo grado, confermata in appello per la stessa imputa-zione, hanno riportato condanna ad una pena non inferiore a due anni per undelitto non colposo, dopo l’elezione o la nomina ;

c) nei cui confronti l’autorità giudiziaria ha applicato, con provvedimento nondefinitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere aduna delle associazioni di cui all’art. 1 della l. 14 settembre 1982, n. 646;

d) nei cui confronti sia disposta una delle misure coercitive di cui agli art. 284 (ar-resti domiciliari), 285 (custodia cautelare in carcere), 286 (custodia in casa di cu-ra) del cod. proc. pen.

Il Prefetto, appena ricevuta comunicazione, da parte della cancelleria del Tribunale odella segreteria del Pubblico ministero, dei provvedimenti su citati, e accertata la sus-sistenza di una causa di sospensione, provvede a notificare il relativo provvedimen-to agli organi che hanno convalidato l’elezione o deliberato la nomina (art. 59, com-ma 4, D.Lgs. 267del 2000).Operando la sospensione di diritto, ossia dal momento dell’emanazione del provve-dimento, gli organi destinatari del provvedimento prefettizio debbono limitarsi aprenderne atto e procedere alla eventuale supplenza .L’art. 45, comma 2, D.Lgs. 267 del 2000, dispone, infatti, che il Consiglio, nella primaadunanza successiva alla notifica del provvedimento che dà luogo alla sospensione,procede alla temporanea sostituzione del consigliere, affidando la supplenza perl’esercizio delle funzioni di consigliere al candidato della stessa lista che ha riportato,dopo gli eletti il maggior numero di voti.La supplenza ha termine con la cessazione della sospensione e se sopravviene la de-cadenza, si fa luogo alla surrogazione.La supplenza è pure prevista dall’art. 53, comma 2, nei riguardi del Sindaco, nel casodi sua sospensione, ai sensi dell’art. 59, con l’assunzione delle funzioni vicarie da par-te del vicesindaco.La sospensione non può superare i diciotto mesi, e cessa di diritto al trascorrere delpredetto termine. Qualora, l’interessato abbia proposto appello contro la sentenza dicondanna e l’appello sia stato rigettato anche con sentenza non definitiva, decorre unulteriore periodo di sospensione che cessa di produrre effetti trascorso il termine didodici mesi dalla sentenza di rigetto (art. 59, comma 3, come sostituito dall’art. 7 delD.L. 80 del 2004)23.Cessato il periodo di sospensione l’amministratore sospeso deve essere reintegratonella carica, a meno che nel frattempo non intervenga sentenza di condanna passatain giudicato o il provvedimento che applica la misura di prevenzione, divenga defi-nitivo, nei quali casi si verifica la decadenza di diritto dalla carica.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 108

(23) Con la nuova formulazione della disposizione si sono corretti gli effetti della precedente norma-tiva, la quale non contemplava un ulteriore effetto sospensivo nell’eventualità in cui la sentenza an-che non definitiva confermava, in appello, la condanna (cfr. Consiglio di Stato, I, 9 maggio 2001, n.427, in Cons. St., 2001, I, pag. 2409).

Inoltre, il comma 5 dell’art. 59 dispone la cessazione della sospensione nel caso incui, nei confronti dell’interessato, venga meno l’efficacia della misura coercitiva ovve-ro venga emessa sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procede-re, di proscioglimento o di assoluzione o provvedimento di revoca della misura diprevenzione o sentenza di annullamento ancorché con rinvio.In questa evenienza, la sentenza o il provvedimento di revoca devono essere pubbli-cati nell’albo dell’ente di appartenenza dell’amministratore sospeso e comunicati al-la prima adunanza dell’organo che ha proceduto all’elezione, alla convalida dell’ele-zione o alla nomina.L’organo competente prende atto del provvedimento, con che si verifica la reintegra-zione nella carica dalla quale gli amministratori erano stati sospesi.In assenza di esplicita previsione legislativa, è da ritenere che la misura della sospen-sione dalla carica trovi applicazione anche in presenza della concessione del benefi-cio della sospensione condizionale della pena24.

3.23.1. MorteAl verificarsi di tale evento, il Consiglio prende atto del decesso e procede alla surro-gazione del seggio rimasto vacante con il candidato che, nella medesima lista, segueimmediatamente l’ultimo eletto (art. 45, comma 1, D.Lgs. 267/2000).Se il candidato alla carica di consigliere muore prima della proclamazione degli elet-ti, ed entra nella graduatoria degli eletti, non deve essere proclamato eletto, ma deveessere sostituito dallo stesso Ufficio elettorale che procede alla proclamazione del ri-sultato delle votazioni. Se, invece, il consigliere muore dopo la proclamazione degli eletti, ma prima dellaconvalida degli eletti, da effettuarsi nella prima seduta dal Consiglio, in tale sede sideve procedere alla sua surrogazione, con le modalità sopra indicate.

3.23.2. Rinuncia alla caricaIl candidato può rinunciare, oltre alla candidatura, anche alla carica, sia prima dellaproclamazione degli eletti, sia successivamente. Nel primo caso, si ha una situazione analoga al decesso: l’Ufficio elettorale prende attodella rinuncia (che l’interessato avrà avuto cura di presentare allo stesso Ufficio) e, nel ca-so di elezione, procede alla proclamazione dell’avente diritto, in luogo del rinunciatario25.

3.23. ALTRE CAUSE DI CESSAZIONE DALLA CARICA109

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

Nel periodo di sospensione i soggetti sospesi non sono computati al fine dellaverifica del numero legale, né per la determinazione di qualsiavoglia quorum omaggioranza qualificata (art. 59, comma 2).

3.23. Altre cause di cessazione dalla carica

(24) Parere del Ministero dell’interno. Direzione gen. dell’Ammin. Civ., in Nuova rass., 2003, pag. 1100.(25) Cfr., in terminis: TAR Puglia, Lecce, 27 settembre 1980, n. 260, in TAR, 1980, I, 4000, confermatadal Consiglio di Stato, V, 15 maggio 1981, n. 165, in Cons. St., 1981, I, 529; TAR Calabria, Reggio Ca-labria, 13 settembre 1983, n. 153, in TAR, 1983, I, pag. 3319; TAR Friuli-Venezia Giulia, 19 luglio 1985,n. 186, ivi, 1985, I, 3349; Id., 19 ottobre 1985, n. 271, ivi, 1985, I, pag. 4302; TAR Puglia, Lecce, 2 lu-glio 1985, n. 345 e 12 luglio 1985, n. 361, ivi, 1986, I, 322 e 329; TAR Lombardia, Milano, I, 12 dicem-bre 1985, n. 1591, ivi, 1986, I, 1910; Cass. civ., sez. un., 5 settembre 1986, n. 5437, in Cons. St., 1987,II, 219; T.R.G.A. Trento, 13 ottobre 2000, n. 394, in TAR, 2000, I, 5148, il quale correttamente dispone

Nel secondo caso, si concreta una vera e propria ipotesi di dimissioni dalla carica, di-sciplinata con le modalità di cui al successivo sottoparagrafo.

3.23.3. DimissioniL’istituto delle dimissioni dalla carica di consigliere comunale ha subito alterne vicen-de26.Con la legge 81 del 1993, si sono regolamentate le dimissioni del Sindaco e del Presi-dente della Provincia, ma non quelle dei consiglieri, lacuna colmata dalla l. 415 del1993, e perfezionata con l’art. 5, comma 1, della l. 127 del 1997, e dal d.l. 80 del 2004,nel testo recepito dall’art. 38, comma 8, del D.Lgs. 267 del 2000, che così dispone: “ledimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo Consiglio, devono essere assun-te immediatamente al protocollo dell’ente nell’ordine temporale di presentazione. Le dimissio-ni non presentate personalmente devono essere autenticate e inoltrate al protocollo per trami-te di persona delegata con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni. Esse sono ir-revocabili, non necessitano di presa d’atto e sono immediatamente efficaci. Il Consiglio, entroe non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separatedeliberazioni, seguendo l’ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo.Non si fa luogo alla surroga qualora, ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo scio-glimento del Consiglio a norma dell’art. 141”.Come è dato rilevare, non vi è alcuna possibilità di ripensamento da parte del dimis-sionario, in quanto le dimissioni dal momento della loro protocollazione (che deveavvenire immediatamente, ossia essere assunte al protocollo dell’ente nello stessogiorno in cui sono presentate, con che il consigliere deve presentarle, ovviamente, inorario di ufficio) diventano irrevocabili ed immediatamente efficaci, nel senso che ilconsigliere non può più ritirarle. Poiché si stabilisce l’efficacia immediata delle dimis-sioni, il consigliere deve ritenersi cessato dalla carica dal momento della presentazio-ne delle stesse; è come se fosse considerato “deceduto”.Non assumono alcuna rilevanza i motivi che hanno determinato i consiglieri a dimet-tersi né le finalità che si intendevano perseguire con le dimissioni27, per cui trattando-si dell’esercizio di un diritto potestativo non è prescritto l’obbligo di motivazione. Néè possibile procrastinare gli effetti dell’atto a data futura rispetto a quella di presen-tazione28, con l’apposizione di condizioni o termini29.Qualora le dimissioni non siano presentate personalmente dall’interessato, ma daparte di un terzo - di regola, un altro consigliere comunale, che si fa parte diligentenel raccogliere le adesioni degli altri consiglieri intenzionati a causare lo scioglimen-to anticipato del Consiglio – le dimissioni debbono essere autenticate, nei modi di

MANUALE DEL CONSIGLIERE 110

che la rinuncia alla candidatura, debba essere effettuata seguendo le stesse procedure e forme delladichiarazione di accettazione, con la conseguenza che la firma apposta in calce alla rinuncia debbaessere autenticata ai sensi dell’art. 14 della l. 53 del 1990.(26) Sotto la vigenza della abrogata legislazione (art. 158 reg. 1911) le dimissioni erano soggette allapresa d’atto da parte del Consiglio (o della Giunta, qualora non fossero aperte le sessioni consiliari)con possibilità di ritiro, prima di quel momento, secondo un paradigma che trova applicazione intutti i consessi elettivi.A seguito dell’entrata in vigore della l. 142, che non regolamentava espressamente l’istituto, e che,quindi, demandava allo statuto la disciplina della materia, la più qualificata dottrina riteneva che,nel caso di dimissioni del singolo consigliere le dimissioni fossero revocabili fino alla presa d’atto.(27) Consiglio di Stato, V, 7 maggio 2002, n. 1703, in Cons. St., 2002, I, 1425.(28) Consiglio di Stato, I, (parere) 10 ottobre 2002, n. 3049, in Cons. St., 2002, I, 2403.(29) TAR Veneto, I, 23 aprile 2003, n. 2455, in Foro amm. TAR, 2003, 1185.

legge, ed inoltrate al protocollo per il tramite di persona delegata con atto autentica-to in data non anteriore a cinque giorni.Lo scopo della disposizione è quella di evitare gli inconvenienti che danno luogo ledimissioni presentate dalla metà più uno dei consiglieri che conducono allo sciogli-mento del Consiglio (su cui ved. 3.10).Infatti, con la richiesta di autenticazione della sottoscrizione, si vuole escludere che ilconsigliere non possa contestare la sua volontà a dimettersi e, stabilendo il termine dicinque giorni, ad evitare che il consigliere sia indotto – come sovente avveniva – a sot-toscrivere, al momento dell’accettazione della candidatura o successivamente, un at-to di dimissioni “in bianco”, ossia senza specificazione di data, atto che poteva esse-re utilizzato qualora gli organi del partito ne ritenessero opportuna la presentazione.La garanzia della effettiva provenienza delle dimissioni da parte del consigliere è suf-fragata dalla prescrizione di una duplice autenticazione, quella della sottoscrizionedella volontà di dimettersi e quella della sottoscrizione della delega al terzo incarica-to della presentazione dell’atto di dimissioni.Tale duplice adempimento consiglierà i consiglieri a presentare direttamente le pro-prie dimissioni al protocollo dell’ente.L’istituto delle dimissioni dei consiglieri comunali e provinciali, così come è stato re-centemente delineato e regolamentato costituisce una singolare anomalia, se raffron-tato a tutti gli altri rappresentanti elettivi degli enti territoriali, deputati, senatori, con-siglieri regionali, nei confronti dei quali le dimissioni soggiacciono alla presa d’attoed al potere di revoca, esercitabili sino a quando non si è proceduto alla loro accetta-zione, al pari delle dimissioni dal pubblico impiego.Non si riesce a comprendere il fondamento giuridico della normativa che si è costrui-ta e l’”accanimento” nei riguardi dei consiglieri comunali e provinciali, i soli che so-no soggetti ad una regolamentazione di questo tipo, nonostante che, nella stessa nor-mativa si disciplinino le dimissioni del Sindaco o del Presidente della Provincia, nelrispetto della tradizione, riconoscendo possibile il ritiro delle dimissioni, tanto da farritenere che sussistano non pochi dubbi di costituzionalità.Ulteriori motivi di riflessione sulla disciplina dell’istituto sono offerti dalla entrata invigore della l. 265 del 1999, la quale ha stabilito che tutta la normativa riguardantel’ordinamento degli enti locali deve essere adottata per principi (art. 1, comma 1, oraart. 1, comma 3, D.Lgs. 267 del 2000).È da ritenere, quindi, che disposizioni del tipo di quelle qui in esame debbano consi-derarsi illegittime per contrasto con l’art. 114 Cost., per cui è data possibilità agli sta-tuti ed al regolamento sul funzionamento del Consiglio di darsi una nuova e più con-facente normativa delle dimissioni, conformemente, peraltro, alla stessa l. 265, che hademandato allo statuto il compito di disciplinare la decadenza dalla carica per man-cato intervento alle sedute del Consiglio (art. 11, comma 4).Nulla vieta - a nostro avviso - che il consigliere presenti le dimissioni direttamente alConsiglio, nel corso della seduta, ed in tale caso occorre prenderne nota nel verbalee da questo momento diventano efficaci e decorrono i dieci giorni per fare luogo allasurrogazione.Qualora il Consiglio non provveda, entro il termine di dieci giorni (termine non pe-rentorio)30 alla surrogazione del consigliere dimissionario, questi o chi deve subentra-re nella carica può rivolgere istanza al difensore civico regionale, ove costituito, per-ché provveda a mezzo di commissario ad acta alla surrogazione (art. 136 D.Lgs.267/2000).

3.23. ALTRE CAUSE DI CESSAZIONE DALLA CARICA111

LE CAUSE DI CESSAZIONEDALLA CARICA

((30) T.A.R. Puglia, Lecce, I, 20 ottobre 2001, n. 6325, in TAR, 2001, I, 4213, il quale rileva che non ècollegato alla scadenza del termine alcun effetto sanzionatorio.

4.1. Premessa

4. La funzione di indirizzo politico-amministrativo

Nella previgente legislazione, il Consiglio comunale o provinciale è considerato l’or-gano assembleare, per eccellenza, avente competenza deliberativa generale “sopra tut-ti gli oggetti che sono propri dell’amministrazione comunale e che non sono attribuiti allaGiunta od al Sindaco” o al Presidente della Giunta provinciale, come espressamente di-sponeva l’art. 131, ultimo comma, del T.U. 1915, relativamente al Comune, conché siaffermava una competenza residuale del Consiglio comunale, in tutti i casi in cui lalegge, con riguardo ad una determinata materia, non conferiva al Sindaco o alla Giun-ta una specifica attribuzione in merito.Con la legge 142 del 1990, pur conservando il Consiglio la sua funzione di preminen-za, nei confronti degli altri organi istituzionali del Comune o della Provincia, il Sin-daco o il Presidente della Provincia e la Giunta, che da esso erano eletti, si alleggeri-rono in modo consistente le competenze amministrative del Consiglio, che furonoconferite alla Giunta, che assumeva, a sua volta la funzione residuale già del Consi-glio, nel senso che ad essa spettavano “tutti gli atti di amministrazione che non siano ri-servati dalla legge al Consiglio e che non rientrino nelle competenze, previste dalla legge o dal-lo Statuto, del Sindaco...degli organi del decentramento, del segretario o dei funzionari diri-genti” (art. 35).Ma è con la legge 81 del 1993, che introduce, nel nostro ordinamento, l’elezione di-retta del Sindaco e del Presidente della Provincia, che la configurazione del Consiglioassume nuova luce, anche se l’impianto normativo della legge 142 rimane invariato,in ordine alle attribuzioni del Consiglio. Infatti, al precedente sistema monistico che - come abbiamo rilevato - vedeva ilConsiglio come unico organo che riceveva legittimazione diretta dai cittadini,mentre Sindaco o Presidente della Provincia e Giunta erano derivati dal Consiglio,si è sostituito un sistema dualistico, che vede Consiglio e capi delle amministra-zioni locali ricevere entrambi la loro legittimazione direttamente dal corpo eletto-rale, con una valenza, quindi, paritaria, differenziabile soltanto in base ai poteri dicui sono muniti: potere di indirizzo e di controllo del Consiglio e potere di ammi-nistrazione riservato al Sindaco o al Presidente della Provincia, in unione allaGiunta, tramutata in organo di mera collaborazione del Sindaco o del Presidentedella Provincia.Alla precedente costruzione normativa, ispirata all’individuazione di un complessosistema di pesi e contrappesi nei rapporti tra i diversi organi e soggetti dell’ammini-strazione comunale, si è sostituito un sistema che apporta non solo un mutamentonella forma di governo degli enti locali, ma un diverso orientamento in ordine al ruo-

lo e alle responsabilità reciproche della legittimazione politico-popolare e di quellatecnico-burocratica1

Tutto ciò, tuttavia, non sminuisce, ma per altri versi rafforza le funzioni del Consiglio,che non solo è deputato ad indirizzare l’operato degli organi amministrativi nellosvolgimento dei loro compiti, ma a controllarli ed a sindacarli in modo penetrante, si-no all’estremo rimedio della mozione di sfiducia, che ha effetti caducatori, sia del Sin-daco o del Presidente della Provincia sia dello stesso Consiglio.Nel presente Capitolo e nei seguenti indicheremo le attribuzioni del Consiglio co-munale, al fine di consentire ad ogni consigliere di avere un quadro complessivo deicompiti esercitati, nella sua collegialità, dall’organo di cui fa parte, con la precisazio-ne che, come singolo, il consigliere potrà utilizzare tutti gli strumenti che la legge edi regolamenti gli conferiscono in ordine alla facoltà di concorrere alla concreta defini-zione dei contenuti di ciascuna attribuzione. Tale attività trova attuazione con la pre-sentazione di proposte di deliberazione, di interrogazioni, di mozioni e con gli inter-venti che, in aula o nelle apposite commissioni consiliari, vorrà esercitare nello svol-gimento dei suoi compiti istituzionali.L’art. 42, comma 1, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 definisce il Consiglio come “l’or-gano di indirizzo e di controllo politico-amministrativo”, definizione particolarmen-te significativa ed in sintonia con la natura di ente autonomo conferita al Comune dal-la Costituzione (artt. 5, 114). Infatti, con la Costituzione si riconosce il carattere di centri di potere amministrativoad enti esponenziali di comunità territoriali, riconoscimento che è “accompagnatodall’attribuzione agli stessi della possibilità di perseguire, sulla base di scelte autono-me (e perciò non soggette all’indirizzo dello Stato o di altri enti...) obiettivi - di voltain volta illimitati o specificati dalla legge - di interesse della comunità.2“ In altre parole, il tratto tipico dell’autonomia locale risiede nel fatto che l’organo fon-damentale degli enti territoriali è il popolo costituito in corpo elettorale, e che conse-guentemente essi derivano l’indirizzo amministrativo non dallo Stato, ma dalla pro-pria comunità, ossia dalla maggioranza della propria comunità - di cui il Consiglio èl’espressione più rappresentativa - con la ulteriore conseguenza che tale indirizzo puòdivergere da quello dello Stato e perfino con esso contrastare, ove non vi sia corri-spondenza di maggioranze tra la comunità statale e quella dell’ente locale3. L’art. 42, che definisce le attribuzioni del Consiglio gli riconosce, oltre all’eserczio del-le funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, anche l’esercizio difunzioni deliberative, che sono definite “atti fondamentali”, in quanto costituisconoil naturale corollario della funzione di indirizzo, trattandosi di atti che definiscono lelinee direttive dell’azione di amministrazione, sostanziandosi in atti normativi, oppu-re di pianificazione e programmazione, finanziaria ed urbanistica o la costituzionedegli organismi di esercizio dei pubblici servizi o le modalità di provvista dei beni eservizi.

Come rilevato, l’art. 42, comma 1, del D.Lgs. 267 del 2000 definisce il Consiglio come“l’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo”, definizione particolar-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 114

(1) In tale senso, FRANCO PIZZETTI, Relazione al Forum ANCI-UPI, del 16 luglio 1993, in Riv. ANCI,1993, n. 9, pag. 19; CLEMENTE, ivi, pag. 11. (2) SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1982, voL. I, pag. 168.(3) GIANNINI, Autonomia politica, in Enc. dir., Milano, 1959, vol. IV, pag. 364.

4.2. La funzione di indirizzo politico-amministrativo

mente significativa ed in sintonia con la natura di ente autonomo conferita al Comu-ne, alla Provincia ed alla Città metropolitana dalla Costituzione (artt. 5 e 114).

Significativamente, si opera un non trascurabile spostamento nell’individuazionedell’organo che deve dare concreta attuazione agli indirizzi del Consiglio, non più laGiunta, nella sua globalità (Sindaco ed assessori), ma il Sindaco (a testimoniare la ri-levanza della sua legittimazione popolare), in collaborazione con la Giunta.L’art. 48, oltre che a questo spostamento di competenze dà rilievo ad un’altra conno-tazione del nuovo sistema di bilanciamento tra i poteri comunali, ossia alla responsa-bilità primaria del capo dell’amministrazione nel dare attuazione agli indirizzi delConsiglio, al quale ne risponde, in via primaria, ancor prima della sottoposizione delsuo operato al giudizio degli elettori, al compimento del mandato amministrativo.Come è stato rilevato5, per la prima volta la legislazione degli enti locali pone in risal-to la rilevanza del momento “politico” nello svolgimento dell’attività amministrativa,momento politico che, anche nel passato era presente nelle scelte dell’ente, ma nontrovava concreta previsione. Esso, tuttavia, costituisce un momento importante, manon essenziale in quanto per essere operativo deve essere tramutato in uno degli stru-menti attuativi predisposti dall’ordinamento. Si faccia l’esempio di un Comune che assuma come obiettivo “politico” preminentedella sua attività quello di intervenire nel campo sociale a favore delle fasce più de-boli della popolazione: anziani, giovani, famiglie disagiate; per concretizzare taleobiettivo deve tradurre questa scelta in un provvedimento deliberativo, che indichi lepriorità, gli strumenti, umani e materiali, le risorse finanziarie, ecc., che ne consenta-no la realizzazione.Queste due fasi (politica e amministrativa) possono avere previsione in separati atti,ossia in sedi distinte, prima, in quella politica (con ordini del giorno, mozioni, delibe-razioni programmatiche) e poi in quella amministrativa, con l’adozione di un prov-vedimento deliberativo, che indichi il percorso amministrativo. Nulla vieta, tuttavia, che essi trovino concretezza in un unico atto, come è dato rile-vare dalla formula legislativa, che non parla di “indirizzi politici e di indirizzi ammi-nistrativi”, ma di “indirizzo politico-amministrativo”, per sottolineare la inscindibili-tà dei due momenti, dal punto di vista giuridico, con la sostanziale differenza chequello politico può anche non essere esplicitato in modo puntuale (potendo esserepresupposto od implicito, con riferimento al programma amministrativo enunciatoall’atto della presentazione delle candidature), mentre quello amministrativo è sem-pre indispensabile per attuare l’attività che si intende perseguire.

4.3. LA FUNZIONE DI INDIRITTO POLITICO-AMMINISTRATIVO115

LA FUNZIONE DI INDIRIZZO

POLITICOAMMINISTRATIVO

Pertanto, si attribuisce al Consiglio il potere di definire l’indirizzo politico-am-ministrativo del Comune, inteso come potere di indicare, suggerire, imporre lelinee da seguire nel perseguimento delle funzioni comunali e che sono attuatedal Sindaco in collaborazione con la Giunta, come espressamente dispone l’art.48 dello stesso testo unico, che attribuisce ai suindicati organi del potere esecu-tivo il compito di provvedere all’”attuazione degli indirizzi generali del Consi-glio”4.

(4) Cfr. VIPIANA P., in AA.VV., Commento alla legge sulle autonomie locali, Torino, 1993, voL. I, pag.349; GRIFFINI-MACCAPANI, in AA.VV., L’elezione diretta del Sindaco, a cura di Italia e Bassani, Mi-lano, 1993, pag. 333. (5) SORGE, Atti politici di indirizzo e controllo nell’attività del Consiglio comunale, in Nuova rass., 1996,pag. 16 segg.

Mentre, nel primo caso, l’atto di indirizzo rimane confinato nelle sue finalità, esclusi-vamente politiche, in una sfera meta-giuridica, negli altri due casi, i provvedimentiacquistano rilevanza giuridica, ai fini della realizzazione degli obiettivi. È auspicabi-le che nella predisposizione dell’ordine del giorno delle sedute del Consiglio si ten-gano presenti questi principi e si dia la dovuta rilevanza agli atti, secondo il loro con-creto contenuto e le specifiche finalità.

Il potere di indirizzo generale del Consiglio, trova consacrazione nel comma 1 del-l’art. 42, ed è ulteriormente previsto, oltre che nello stesso art. 42 (comma 2, lett. g edm), in altre disposizioni del testo unico ed in altre leggi, ma deve ritenersi come unpotere esercitabile, anche senza esplicita previsione normativa, ossia ogni qualvolta ilConsiglio ritenga opportuno additare particolari finalità nell’esplicazione di una cer-ta funzione, e le modalità di realizzazione.La rilevanza degli atti di indirizzo è tale che deve considerarsi illegittimo un atto diamministrazione del Sindaco, della Giunta e degli assessori o di gestione, da parte deidirigenti che non sia conforme all’indirizzo disposto dal Consiglio, con la conseguen-te assoggettabilità dell’atto al sindacato del giudice amministrativo. A sua volta, l’atto di indirizzo deve essere conforme alle leggi, allo Statuto, ai regola-menti ed al programma amministrativo, che è stato preferito dagli elettori, con la scel-ta di quel Sindaco e di quel Consiglio e con le linee programmatiche relative alle azio-ni ed ai progetti da realizzare nel corso del mandato.Qualora l’atto di indirizzo abbia assunto la veste del provvedimento deliberativo es-so non sarà corredato dai prescritti pareri di cui all’art. 49 D.Lgs. 267 del 2000, qualo-ra i suoi effetti siano limitati alla sola sfera politica, mentre se con l’atto si esplicanoeffetti anche nel settore amministrativo, non pare sussistano dubbi in ordine alla ne-cessità che sia corredato dai prescritti pareri, ove richiesti, del responsabile del servi-zio e di quello di ragioneria, quando comporti un impegno di spesa o una diminuzio-ne di entrata amministrativo, non pare sussistano dubbi in ordine alla necessità chesia corredato con i.Fatte queste premesse di carattere generale, nelle pagine che seguono delineeremole varie funzioni di indirizzo, tenendo conto della distinzione tra indirizzi generalidi governo e indirizzi specifici di amministrazione, relativi a singole materie comu-nali.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 116

In sintesi, possono aversi le seguenti combinazioni:- atto di indirizzo politico, non seguito da un ulteriore atto di indirizzo am-

ministrativo;- unico provvedimento di indirizzo politico-ammnistrativo, che è il metodo

prescelto dalla legge;- provvedimento di indirizzo amministrativo, non preceduto da atto di indi-

rizzo politico.

Sono da ritenere non suscettibili di indirizzo, da parte del Consiglio, le fun-zioni statali esercitate dai Comuni (come quelle di stato civile, anagrafe, leva,elezioni, statistica), nei confronti delle quali il potere di indirizzo è esercitatodagli organi statali (Ministero dell’interno, di giustizia, ecc.).

Si demanda allo Statuto il compito di stabilire il termine entro il quale il Sindaco de-ve presentare al Consiglio il proprio programma di governo, termine che potrà esse-re fissato al di là della prima seduta del Consiglio, al fine di consentire all’esecutivodi meglio delineare e ponderare le azioni ed i progetti che si prefigge di realizzare nelcorso del mandato amministrativo.L’iniziativa, ossia la proposta delle linee programmatiche, è del capo dell’amministra-zione, che è il responsabile dell’attuazione del programma amministrativo, che ha de-positato all’atto della presentazione della lista o della coalizione di liste, insieme allacandidatura alla carica.Deve, tuttavia, tenersi presente che una cosa è il programma amministrativo che èstato approvato dal corpo elettorale, e come tale è intangibile e non suscettibile di mo-dificazioni, mentre le linee programmatiche rappresentano, invece, le coordinate delprogramma, le modalità con le quali si dà attuazione al programma amministrativo,stabilendo le priorità, le varie fasi di esecuzione, i mezzi per realizzarlo. La proposta del Sindaco o Presidente della Provincia è redatta, su parere della Giun-ta, intervento opportuno ed indispensabile, in quanto alla individuazione delle “azio-ni” e dei “progetti” debbono provvedere i singoli assessori, i quali sono, poi, chiama-ti a dare attuazione concreta alle linee programmatiche, afferenti ai vari settori dicompetenza.Il parere deve essere formulato con apposita deliberazione della Giunta, tipico prov-vedimento con il quale gli organi collegiali manifestano all’esterno la propria volon-tà. Trattandosi di parere il Sindaco o il Presidente della Provincia non è vincolato alsuo contenuto, per cui può disattenderlo, ma a questo punto, ci si troverebbe di fron-te ad un dissidio patologico e, per certi versi, insanabile, in quanto gli assessori sonostati scelti dal capo dell’esecutivo e debbono essere in sintonia con lui.In merito, l’art. 42, comma 3, D.Lgs. 267 del 2000 prescrive che lo Statuto debba disci-plinare anche i modi della partecipazione del Consiglio alla definizione, all’adegua-mento e alla verifica periodica dell’attuazione delle linee programmatiche da partedel Sindaco o del Presidente della Provincia e dei singoli assessori.Alla definizione delle linee programmatiche potranno concorrere le commissioniconsiliari permanenti, ove istituite, o la conferenza di capigruppo, tenendo, tuttavia,presente che tale attività non può concludersi che con un provvedimento deliberati-vo, che è il solo modo con cui gli organi collegiali si esprimono.All’adeguamento delle linee programmatiche darà il proprio contributo lo stessoConsiglio, con le modalità stabilite dallo Statuto e dal regolamento sul funzionamen-to del Consiglio. Si potrà prevedere che l’adeguamento sia effettuato, annualmente,in occasione della predisposizione del bilancio preventivo e della relazione previsio-nale e programmatica, con la possibilità di apportare tutti quegli accorgimenti atti adassicurare la realizzazione dei progetti predisposti dall’esecutivo.La verifica dell’attuazione da parte del Consiglio delle linee programmatiche ad ope-ra del Sindaco o il Presidente della Provincia e dei singoli assessori deve avvenire, co-

4.3. DEFINIZIONE DELLE LINEE PROGRAMMATICHE117

LA FUNZIONE DI INDIRIZZO

POLITICOAMMINISTRATIVO

4.3. La partecipazione del Consiglio alla definizione delle linee programmatiche

L’art. 46, comma 3, D.Lgs. 267 del 2000 dispone che, entro il termine fissato dal-lo Statuto, il Sindaco o il Presicente della Provincia, sentita la Giunta, presentaal Consiglio le linee programmatiche relative alle azioni ed ai progetti da rea-lizzare nel corso del mandato.

me dispone la legge, periodicamente, in modo da sindacarne l’operato e di suggeriretempestivi rimedi. È questa una attività che costituisce estrinsecazione del potere dicontrollo, di cui è investito il Consiglio e che acquista, in questa sede, un particolaresignificato, in quanto trova formalizzazione il potere istituzionale di controllo sul-l’esecutivo.Anche per l’attuazione del compito di adeguamento e di verifica è necessaria l’ado-zione di una deliberazione, che manifesti quali siano le modificazioni ed integrazionida apportare alle linee programmatiche, fermo restando il potere del Sindaco o il Pre-sidente della Provincia e della Giunta di accogliere in tutto o in parte i suggerimentidel Consiglio.La legge non prevede l’eventualità in cui il Sindaco o il Presidente della Provincia nonpresenti le linee programmatiche, nel termine prescritto dallo Statuto.

La norma non è altro che una specificazione della disposizione contenuta nell’art. 114,comma 6, D.Lgs. 267 del 2000, il quale demanda all’ente locale il compito di determi-nare “le finalità e gli indirizzi” delle aziende speciali e delle istituzioni, con l’aggiuntadegli “enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza” dell’ente locale.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 118

Premesso che il termine non è di natura perentoria, ma ordinatoria, non essen-do sanzionato e sanzionabile, è da ritenere che, qualora si verificasse questa ne-gligenza dell’esecutivo nel darsi una programmazione del proprio operare, co-me pure nel caso in cui lo Statuto non disciplini le modalità con cui il Consiglioapporta il proprio contributo alla delineazione delle linee programmatiche, cisi trova in presenza di un grave contrasto istituzionale, sanabile con il ricorsoallo strumento previsto dalla legge, ossia con la presentazione della mozione disfiducia. Non si può però escludere che lo Statuto stabilisca che, scaduto il ter-mine per la presentazione delle linee programmatiche, alla loro stesura prov-veda lo stesso Consiglio, cui spetta - come abbiamo più volte sottolineato - ilpotere di indirizzo e di controllo politico-amministrativo6.

4.4. Gli indirizzi da osservare da parte delle aziendepubbliche e degli enti dipendenti

L’art. 42, lett. g), D.Lgs. 267 del 2000 prescrive che spetta al Consiglio dettare“gli indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti, sov-venzionati o sottoposti a vigilanza”.

(6) L’emananda legge di riforma dell’ordinamento degli enti locali (c.d. Legge CALDEROLI) inten-de aggiungere all’art. 42 la lett. m-bis, con la quale demanda al Consiglio il compito di “approvazione,entro il 31 gennaio antecedente alla scadenza del mandato consiliare, del documento di verifica conclusiva del-le linee programmatiche di cui al comma 3 del presente articolo e all’articolo 46, comma 3”. Si tratta del c.d.“bilancio di mandato”, adottato da alcune amministrazioni locali e che sarà reso obbligatorio per latotalità degli enti. Con esso l’amministrazione uscente illustra i risultati della propria attività svoltanel quinquennio e la sua coerenza con le istanze contenute nelle linee programmatiche.L’approvazione deve essere condotta a termine entro il 31 gennaio dell’anno in cui si procede al rin-novo normale del mandato, per cui in caso di rinnovo anticipato non è previsto un termine perl’adempimento, anche perché di regola lo scioglimento anticipato del Consiglio è sovente causato dalmal funzionamento dell’amministrazione in carica.

Mentre per l’individuazione delle “aziende speciali” e delle “istituzioni” si rinvia al-la normativa dettata dallo stesso art. 114, per gli “enti dipendenti”, occorre procederead indagine specifica, trattandosi di formula non riconducibile al testo unico, il qua-le con le aziende e le istituzioni indica precise forme di gestione dei servizi pubblicilocali.Con l’espressione “enti dipendenti o sovvenzionati o sottoposti a vigilanza”, mu-tuata dal diritto elettorale (art. 63, comma 1, n. 1, D.Lgs. 267 del 2000), sono stati for-mulati i seguenti principi7:

- riveste la qualifica di ente “dipendente”, l’ente, istituto, azienda, che è sottoposto,per legge o per Statuto o per convenzione, ad un potere di ingerenza del Comuneo della Provincia;

- è “sovvenzionato” l’ente, istituto, azienda che riceve, in via continuativa, una sov-venzione (che può consistere sia nell’erogazione di somme di denaro, sia nella som-ministrazione di beni e servizi), rivolta a consentire all’ente di raggiungere, con l’in-tegrazione del proprio bilancio, le finalità, in vista delle quali è stato costituito;

- è sottoposto a “vigilanza” l’ente, istituto o azienda soggetto ad un potere di “in-fluenza” del Comune o della Provincia, che si riverbera sul funzionamento del-l’ente stesso, come il potere di concorrere alla nomina degli organi, di approvare ibilanci, i conti consuntivi, ed i regolamenti.

Come vedremo, il potere di formulare indirizzi, comporta il correlativo potere di con-trollo del rispetto degli indirizzi, da parte del soggetto destinatario, controllo che do-vrebbe essere, logicamente, esercitato dallo stesso organo che li ha elaborati, anche senulla vieta che la verifica sia demandata ad altro organo dell’ente locale (Sindaco oPresidente della Provincia o Giunta). Al Consiglio lo Statuto conferisce, oltre al potere di indirizzo sull’attività delle aziende edegli enti dipendenti anche il potere di approvazione degli “atti fondamentali” degli en-ti ed aziende (individuati, dall’art. 114, comma 8, D.Lgs. 267 del 2000, su cui ved. infra).

Attualmente, si attribuisce al Sindaco o Presidente della Provincia la potestà di nomi-na e designazione dei rappresentanti del Comune e della Provincia , ferma restandola competenza del Consiglio, nei casi in cui la legge riservi espressamente al Consi-glio il potere di nominare propri rappresentanti (come la nomina dei consiglieri nel-la Commissione elettorale comunale8 o nella commissione edilizia9).

4.5. NOMINA E DESIGNAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEL COMUNE119

LA FUNZIONE DI INDIRIZZO

POLITICOAMMINISTRATIVO

4.5. Gli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresentanti del Comune in enti, aziende, istituzioni

(7) MAGGIORA, L’incompatibilità alla carica di consigliere comunale dell’amministratore e del dipendentedi enti, istituti o aziende soggetti a vigilanza o sovvenzionati dal Comune , in Lo stato civ. it. , 1990, 758.(8) Cfr. TAR Liguria, II, 22 aprile 1996, n. 153, in TAR., 1996, I, pag. 2531, che correttamente distinguetra “rappresentanti del Consiglio” e “rappresentanti del Comune”;(9) TAR Veneto, 18 settembre 1996, n. 1563, in TAR, 1996, I, pag. 4168; T.AR Lombardia, Milano, 17marzo 1997, n. 300, ivi, 1997, I, pag. 1749.

La lettera m) dell’art. 42, comma 2, D.Lgs. 267 del 2000 conferisce al Consiglioil compito di deliberare “la definizione degli indirizzi per la nomina e la designazio-ne dei rappresentanti del Comune presso enti, aziende ed istituzioni”, modificando ilprecedente sistema che vedeva il Consiglio titolare del potere di nomina.

È stata, altresì, affermata la competenza del Consiglio anche in tutti i casi in cui essaè definita dalla norma statutaria di una fondazione10.La disposizione distingue due attività del Consiglio:

- quella di definizione degli indirizzi e - quella di nomina.

In merito, riguardo agli indirizzi per la designazione dei rappresentanti del Consigliosi rileva che potrebbero valere gli indirizzi definiti per la nomina dei rappresentantidesignati dal Sindaco o dal Presidente della Provincia, anche se non si esclude che ilConsiglio possa procedere a stabilire indirizzi diversi, a seconda del tipo di rappre-sentante che deve essere designato o nominato, scelta che riteniamo possibile e, talo-ra, auspicabile, senza contare che, in taluni casi, lo stesso legislatore stabilisce i requi-siti per la scelta dei rappresentanti. Si veda, ad esempio, il caso della nomina, da parte del Consiglio comunale, dellaCommissione comunale per l’esercizio delle competenze previste, in materia di pub-blici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande, dalla L. 287 del 1991 (art.4), in cui la qualità ed il numero dei rappresentanti sono individuati direttamente dal-la legge. Si rileva, infine, che correttamente si può parlare di rappresentanti del “Con-siglio”, in quanto in questa evenienza, il Consiglio procede alla costituzione di un or-ganismo, la Commissione, che entra a far parte dell’ordinamento comunale.La disposizione dell’art. 42 conferisce il potere di nomina al Consiglio solo nell’ipo-tesi in cui detto potere sia espressamente riservato dalla “legge”, locuzione che deveessere intesa non nel senso restrittivo di “provvedimento emanato da organi aventipotere legislativo, bensì nel senso di norma contenuta non solo in leggi formali, maanche in statuti e regolamenti emanati da enti ed altri organismi titolari del potere sta-tutario e/o regolamentare”, in quanto se così non fosse, altri organi del Comune si so-vrapporrebbero al Consiglio comunale, privandolo dell’esercizio di una scelta da far-si intuitu personae, quale è quella che sta alla base della nomina di “propri rappresen-tanti”11.L’attribuzione al Consiglio del potere di nomina è particolarmente significativa neicasi in cui occorre nominare nell’ente od organismo rappresentanti della maggioran-za e della minoranza. Altro problema, di particolare rilievo, concerne la potestà di nomina dei componen-ti delle Commissioni, nei casi in cui la legge non attribuisca direttamente la compe-tenza al Consiglio. In merito, deve ritenersi, nel silenzio della legge, la necessità del-l’intervento del Consiglio, qualora si debba procedere alla nomina di consiglieri co-munali, rappresentativi, sia della maggioranza, sia della minoranza, soluzione accol-ta da molti statuti.Di particolare rilievo è stato il ruolo dello Statuto che è intervenuto in materia, pro-cedendo ad una specificazione del contenuto degli indirizzi generali da osservarsi daparte del Sindaco e dello stesso Consiglio nell’esercizio del potere di nomina, quali laparticolare competenza e professionalità dei rappresentanti del Comune, le modalitàdi scelta, ispirate al rispetto della trasparenza, l’obbligo per i rappresentanti di riferi-re periodicamente al Consiglio, oltre che al capo dell’amministrazione, sull’andamen-to gestionale degli enti, aziende, istituti nel quale svolgono il mandato, ecc. Ovviamente, gli indirizzi del Consiglio, dettati a complemento dello Statuto, debbo-no rispettare le disposizioni statutarie e procedere alla loro integrazione, richiedendo

MANUALE DEL CONSIGLIERE 120

(10) TAR Lombardia, Milano, 14 aprile 1997, n. 470, in TAR, 1997, I, pag. 1768; TAR Veneto, 16 dicem-bre 1996, n. 2168, ivi, 1997, I, pag. 548, con riguardo allo Statuto di una IPAB.(11) ROMANO, in GIOVENCO-ROMANO, L’ordinamento comunale, cit., 534.

ulteriori requisiti dei rappresentanti, come la presenza di entrambi i sessi, la necessi-tà di far precedere le nomine da un bando, in modo da consentire la presentazionedelle domande da parte degli interessati, entro un termine perentorio, l’esame delledomande da parte di apposita Commissione, la possibilità di procedere all’audizionedei designati prima della nomina, il divieto di ricoprire lo stesso incarico per più didue volte, a seconda della durata del mandato in seno all’ente rappresentato, ecc.Gli indirizzi del Consiglio, in tema di nomina o designazione dei rappresentanti del-l’ente in enti, aziende ed istituzioni, costituiscono un vincolo per il Sindaco, che è te-nuto a rispettarli, con la conseguente invalidità dell’atto di nomina, in caso di inosser-vanza. Peraltro, il potere di dettare gli indirizzi per le nomine non comporta il potere di con-trollare la conformità dell’attività dei nominati ai detti indirizzi consiliari12.Trova applicazione, anche nei confronti delle nomine da effettuarsi da parte del Con-siglio, il disposto dell’art. 50, comma 9, D.Lgs. 267/2000, secondo il quale tutte le no-mine e le designazioni debbono essere effettuate entro quarantacinque giorni dal-l’insediamento del Consiglio neo eletto ovvero entro i termini di scadenza, con l’av-viso che, in caso di inosservanza, il difensore civico regionale, si sostituisce al Consi-glio e vi provvede autonomamente. Questa disposizione subisce deroga, tutte le volte in cui la legge stabilisce termini di-versi.

Si riconosce al Sindaco un potere di “coordinamento” e di “riorganizzazione” in or-dine agli orari che debbono osservare le attività, pubbliche o private, che erogano ser-vizi ai cittadini, quali gli esercizi commerciali (compresi quelli svolgenti attività suaree pubbliche), i pubblici esercizi (ristoranti, bar, pizzerie, autorimesse, noleggi, salegiochi, ecc.), i servizi comunali (anagrafe, stato civile, leva, biblioteche, impianti spor-tivi, ecc.), nei confronti dei quali è riconosciuto in capo al Comune un potere di deter-minazione degli orari (art. 54, lett. d, d.P.R. 616 del 1977; art. 8 della L. 287 del 1991;artt. 11, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114), nonché gli orari di apertura alpubblico degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche (Provincia, Regioneed aziende pararegionali, dello Stato e degli enti pubblici: INPS, ENEL, Camere dicommercio, ecc.), nei confronti dei quali il Comune non esercita alcun potere decisio-nale. Di qui, l’esigenza di coordinare gli orari di tutte queste realtà che operano nel

4.6. ESERCIZI COMMERCIALI E UFFICI PUBBLICI121

LA FUNZIONE DI INDIRIZZO

POLITICOAMMINISTRATIVO

4.6. Gli indirizzi per il coordinamento degli orari degli esercizi commerciali e degli uffici pubblici

L’art. 50, comma 7, D.Lgs. 267/2000 dispone che il Consiglio comunale deveesprimere gli indirizzi, atti a consentire al Sindaco l’esercizio del compito di co-ordinare e riorganizzare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici eser-cizi e dei servizi pubblici, nonché d’intesa con i responsabili territorialmentecompetenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblicodegli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l’esplicazio-ne dei servizi alle esigenze complessive e generali degli utenti.

(12) TAR Friuli-Venezia Giulia, 31 gennaio 1996, n. 23, in TAR., 1996, I, 911: nella specie, il Consiglioaveva proceduto alla revoca di un rappresentante del Comune, potere di pertinenza del Presidentedella Provincia o del Sindaco.

territorio comunale, di armonizzarle, anche mediante una nuova articolazione - comeafferma la norma - alle esigenze degli utenti.Premesso che il Sindaco realizza, di norma, queste finalità tramite la convocazionedelle conferenze di servizi (ai sensi dell’art. 14 della L. 7 agosto 1990, n. 241), stabi-lendo, in tal modo, un centro di collegamento e di confronto tra i vari enti erogatoridei servizi, spetta al Consiglio comunale dettare gli indirizzi, cui il Sindaco deve at-tenersi nell’opera di coordinamento e di riorganizzazione, essendo il Consiglio il na-turale organo esponenziale delle esigenze dei cittadini. A sua volta, il Consiglio co-munale deve rispettare, nell’elaborazione degli indirizzi, l’eventuale “disciplina re-gionale”, che interviene a individuare i criteri di coordinamento degli orari.Le Regioni che hanno provveduto in merito13 prescrivono - per lo più - l’obbligo peri Comuni di dotarsi di un “piano regolatore degli orari” (nel quale possono essere ri-compresi gli indirizzi) e la necessità di consultare gli utenti e le associazioni dei con-sumatori.Questa facoltà regionale è divenuta obbligo con la L. 8 marzo 2000, n. 53 (art. 22), cheall’art. 24 prescrive che i Comuni con più di 30.000 abitanti debbono redigere un pia-no territoriale degli orari , individuando un responsabile cui è assegnata la compe-tenza in materia di tempi ed orari, ferma restando la competenza del Sindaco nell’ela-borazione delle linee guida del piano.In tema commercio, spetta al Consiglio comunale dettare i criteri da osservare daparte degli esercenti per l’apertura e la chiusura al pubblico degli esercizi di vendi-ta al dettaglio (art. 11, comma 1, D.Lgs. 114 del 1998), nonché determinare i criteri peril rilascio delle autorizzazioni relative alle medie strutture di vendita (art. 8, comma3) e per l’assegnazione delle aree riservate agli agricoltori, nel commercio su aree pub-bliche (art. 28, comma 15). Circa la speciale ordinanza d’urgenza da adottarsi in ma-teria di orari, ved. infra.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 122

(13) LIGURIA: L.r. 28 maggio 1992, n. 14; MARCHE L.r. 2 giugno 1992, n. 20, 17 dicembre 1993, n. 33e 5 aprile 1994, n. 12; TOSCANA: L.r. 30 dicembre 1992, n. 62; VALLE D’AOSTA: L.r. 26 maggio 1993,n. 60; VENETO: L.r. 22 giugno 1993, n. 15 e 14 settembre 1994, n. 40; FRIULI-VENEZIA GIULIA: L.r.24 giugno 1993, n. 49; LAZIO: L.r. 10 settembre 1993, n. 48; EMILIA-ROMAGNA: L.r. 8 aprile 1994,n. 15 e 16 maggio 1994, n. 21.

5.1. Principi generali

5. La funzione di controllo politico-amministrativo

Oltre alla funzione di indirizzo, al Consiglio è attribuita quella di controllo politico-amministrativo, che si presenta come logico corollario della prima, costituendo com-pito non secondario tra quelli conferiti al Consiglio, la verifica del corretto eserciziodel modo in cui il Sindaco o il Presidente della Provincia e la Giunta hanno procedu-to alla realizzazione delle finalità che sono state individuate dal “programma ammi-nistrativo”, prescelto dagli elettori e successivamente specificate con le “linee pro-grammatiche”, alla cui definizione ha collaborato il Consiglio (su cui ved. retro 4.36).L’attività di controllo è una attività costante, che non subisce soluzioni di continuitàe che è esercitabile, in ogni momento, sia dai singoli consiglieri, sia dall’organo nelsuo complesso, con gli strumenti che la legge, lo Statuto ed i regolamenti pongono adisposizione degli stessi.Vale, nei confronti della funzione di controllo, quanto abbiamo precisato in ordine aquella di indirizzo, in cui è stata delineata la definizione dei termini “politico” ed“amministrativo”, entrambi suscettibili di separata valutazione ed incidenza, ma con-siderati dal legislatore come elementi inscindibili, ai fini del corretto esercizio dellapotestà conferita al Consiglio. Nel presentare una interpellanza, sovente ci si muove sul terreno delle motivazionipolitiche, con cui si sindaca un provvedimento della Giunta, il quale, ovviamente, haconcreti risvolti amministrativi, nei suoi contenuti e nei risultati che intende persegui-re, per cui il controllo assume i connotati di atto politico-amministrativo, di partico-lare valore, anche se, per continuare nell’esempio, se si vorrà concludere in modo in-cisivo il controllo, si dovrà procedere, con un successivo atto, alla rimozione del prov-vedimento censurato o con il fissare nuovi indirizzi, atti ad evitare il perpetuarsi diatti di tale genere.Il risultato finale dell’attività di controllo consiste in un giudizio ed in una misu-ra; il giudizio può concludersi - riguardo a quello di competenza del Consiglio - nelsenso della conformità, della difformità e della parziale conformità-difformità agli in-dirizzi tracciati dallo stesso, mentre la misura può concretarsi in un assenso (appro-vazione) o in una sanzione (disapprovazione), sino a pervenire all’atto di controllopiù radicale, quello che si concreta nella mozione di sfiducia, definito come “il più si-gnificativo atto politico ‘tipico di controllo amministrativo che un Consiglio può es-sere chiamato ad esprimere”, riguardando l’operato dell’amministrazione nel suocomplesso e tale da determinare lo scioglimento degli organi elettivi1.

(1) SORGE, op. cit., 24.

Circa i modi e gli strumenti per effettuare il potere di controllo politico-amministra-tivo, occorre distinguere a seconda che i controlli siano esercitati dai singoli consiglie-ri, oppure dal Consiglio nella sua globalità o da un certo numero di consiglieri. Tra i primi, si menzionano le interrogazioni, le interpellanze, le mozioni, su cui ved.infra.Sono controlli del secondo tipo: il controllo esercitato attraverso l’operato dei reviso-ri dei conti (art. 239 D.Lgs. 267/2000); l’approvazione dei conti consuntivi (art. 151D.Lgs. 267); il controllo effettuato con la richiesta di apposite relazioni al difensore ci-vico ed ai rappresentanti del Comune o della Provincia e del Consiglio in enti, azien-de, istituzioni, controlli - questi ultimi - che debbono essere previsti da apposite nor-me statutarie o regolamentari.

5.2.1. Nomina dei revisori

Il controllo economico-finanziario sulla gestione del Comune era affidato, nella pre-vigente legislazione, agli stessi consiglieri comunali, che eleggevano, tre propri mem-bri, incaricati dell’esame del conto reso dal tesoriere, esame che si concludeva in unarelazione, sottoposta all’approvazione del Consiglio (art. 129 t.u. L.c.p.. 1915; art. 308t.u. L.c.p.. 1934).Con la legge di riforma delle autonomie locali si sono estese agli enti locali le proce-dure di riscontro contabile vigenti in tutti gli enti pubblici dotati di autonomia ammi-nistrativa e mutuando le funzioni dei revisori da quelle del collegio sindacale, ope-rante nelle società disciplinate dal codice civile.È compito dei Consigli comunali, provinciali e delle Città metropolitane procedere,salva diversa disposizione dello Statuto, alla nomina, a maggioranza dei due terzi

MANUALE DEL CONSIGLIERE 124

Il controllo del Consiglio ha le seguenti caratteristiche:- è un controllo interno, in quanto effettuato da un organo incardinato nello

stesso ente di cui fanno parte gli organi controllati (Sindaco o Presidente del-la Provincia, Giunta nel complesso, singoli assessori, dirigenza); ed è, altre-sì, un controllo sugli organi;

- può essere preventivo, se esercitato prima che l’atto sia sottoposto a control-lo oppure successivo, se esercitato sull’atto già efficace e portato ad esecuzio-ne, come il controllo sui conti consuntivi;

- può estrinsecarsi in un riscontro sulla legittimità del provvedimento, os-sia della sua conformità alle leggi, allo Statuto, ai regolamenti, oppure in uncontrollo di merito, consistente un sindacato sulla rispondenza dell’atto amotivi politici o di convenienza o di opportunità;

- può concretarsi in un controllo ispettivo, esercitato per verificare il regola-re funzionamento dei servizi dell’ente o l’esatta osservanza della normativacui l’ente deve attenersi nell’esplicazione della sua attività amministrativa.Questo particolare tipo di controllo sarà trattato, a parte, in apposito para-grafo (ved. infra).

5.2. Il controllo esercitato in collaborazione con i revisori dei conti

L’art. 239, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 267 del 2000 dispone che l’organo di re-visione svolge “attività di collaborazione con l’organo consiliare secondo le disposi-zioni dello Statuto e del regolamento”.

dei rispettivi componenti, di un collegio di revisori composto da tre membri (art. 234D.Lgs. 267). La scelta dei componenti il collegio dei revisori è così effettuata:a) uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, il quale svolge le funzioni dipresidente del collegio; b) uno tra gli iscritti nell’albo dei dottori commercialisti; c) uno tra gli iscritti nell’albo dei ragionieri. A seguito della costituzione dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti con-tabili ai sensi del D.Lgs. 139 del 2005, i richiami ai dottori commercialisti ed ai ragio-nieri e periti commerciali si intendono riferiti all’albo unico dei dottori commerciali-sti e degli esperti contabili, con la conseguenza che la distinzione tra dottori com-mercialisti e ragionieri, prevista per la elezione del collegio dei revisori dei conti de-gli enti locali, non ha più ragion d’essere2. In conformità all’art. 1, comma 732 della L. 296 del 2006, nei Comuni:con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, nelle Province e nelle città metropolita-ne, il Collegio dei revisori è composto da tre membri, eletti dal Consiglio con voto li-mitato a due preferenze;con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, le Unioni dei Comuni e le Comunitàmontane l’organo è composto da un solo componente eletto dal Consiglio, o dal-l’Assemblea per la Comunità montana, a maggioranza assoluta dei membri (art. 234del D.Lgs. 267 del 2000). Non avendo la legge stabilito a quale quorum debba riferirsi la maggioranza assoluta(membri assegnati o in carica) riteniamo che possa provvedervi lo Statuto o il rego-lamento sul funzionamento del Consiglio e che, in mancanza, la maggioranza debbaragguagliarsi ai consiglieri in carica, poiché dove la legge ha prescritto il riferimentoai consiglieri assegnati lo ha fatto espressamente; è da comprendersi nel computo an-che il Sindaco.È stato ritenuto possibile l’esercizio del potere di autotutela da parte del Consigliocomunale, il quale può procedere, con successivo procedimento elettivo, alla modifi-ca della deliberazione di nomina dei revisori, trattandosi di un procedimento che siconclude pur sempre con una deliberazione consiliare di dichiarazione del risultato edi nomina, che non può sottrarsi al potere di revisione d’ufficio da parte del Consi-glio3.

Durata in carica e compenso dei revisori

I revisori durano in carica tre anni, non sono revocabili se non per inadempienza, esono rieleggibili per una sola volta. Ove nei collegi si proceda a sostituzione di unsingolo componente la durata dell’incarico del nuovo revisore è limitata al tempo re-siduo sino alla scadenza del termine triennale, calcolata a decorrere dalla nomina del-l’intero collegio. Si applicano le norme relative alla proroga degli organi amministra-tivi di cui agli articoli 2, 3, comma 1, 4, comma 1, 5, comma 1, e 6 del D.L. 293 del 1994,convertito, con modificazioni, dalla L. 444 del 1994 (art. 235 D.Lgs. 267). L’art. 241 del D.Lgs. 267 stabilisce la disciplina concernente il compenso spettante airevisori contabili, rimandando ad un decreto del Ministero degli interni, di concertocon quello del tesoro, la determinazione dei limiti massimi, da aggiornarsi ogni treanni (. Ved. D.M. 20 maggio 2005).

5.2. CONTROLLO CON I REVISORI DEI CONTI125

LA FUNZIONE DI CONTROLLO

POLITICOAMMINISTRATIVO

(2) In tal senso si è pronunciato il TAR Abruzzo, sezione di Pescara, con la sentenza n. 425/06 del 12agosto 2006. (3) TAR. Lazio, Latina, 29 giugno 1992, n. 635, in TAR 1992, I, pag. 2554.

Una volta stabiliti gli importi-base, secondo quanto previsto dal comma 2 e 3 dell’art.241 del D.Lgs. 267, gli enti possono aumentarli fino ad un massimo del 20% nel ca-so in cui all’organo di revisione siano affidati ulteriori compiti rispetto a quanto pre-visto dall’art. 239. Inoltre, se i revisori svolgono la loro attività anche nei confronti diistituzioni dell’ente verrà loro riconosciuto un ulteriore 10 per cento per ogni istitu-zione fino ad un massimo del 30 per cento degli importi-base.È da ritenere che non trovi applicazione nei confronti dei revisori dei conti l’art. 6,comma 3, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, cheha disposto la riduzione del dieci per cento degli importi delle indennità, compensi,gettoni, retribuzioni corrisposte dalle pubbliche amministrazioni ai componenti di or-gani di controllo ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, risultanti alla data del 30aprile 2010. Infatti, nell’elenco delle funzioni dell’organo di revisione stabilito dall’art.239 del D.Lgs. 267 del 2000 non è espressamente compresa quella di controllo che ne-gli enti locali è regolata dagli organi previsti dal titolo VI dello stesso decreto legisla-tivo, nei quali non è compreso l’organo di revisione economico-finanziaria.

5.2.2. Compiti di collaborazione dei revisoriI revisori costituiscono un organo permanente incaricato della revisione economico-finanziaria ed esercitante un tipo di controllo interno all’ente, secondo le modalitàdettate dallo Statuto e dal regolamento di contabilità. In particolare, gli statuti hanno proceduto a definire i casi di decadenza e di sciogli-mento dell’organo, nelle ipotesi di gravi inadempienze ed a definire i rapporti traConsiglio, Giunta e revisori, i quali assumono, altresì, la veste di organo primario diconsulenza, non solo in sede di redazione del bilancio (nei confronti del quale debbo-no esprimere un proprio parere), ma anche qualora il Consiglio debba assumere prov-vedimenti che impegnano il bilancio per piu` annualità.Con riguardo al momento collaborativo, oggetto di analisi in questa sede, gli statutihanno proceduto ad individuare molti punti di raccordo, come:

- la possibilità per i revisori dei partecipare a tutte le sedute del Consiglio oppurea quelle in cui si discute sul bilancio e sul conto consuntivo oppure ogni qual vol-ta sia richiesto il loro intervento, anche su istanza della minoranza (ragguagliataad un terzo dei consiglieri);

- la facoltà di prendere la parola, se richiesti dal Sindaco o dal Presidente del Con-siglio e di far risultare a verbale le loro dichiarazioni;

- la opportunità di partecipare alle riunioni delle Commissioni consiliari permanen-ti ed alle sedute di Giunta e di prendere la parola, se richiesti.4

Oltre ai compiti di collaborazione, spetta all’organo di revisione:- riferire immediatamente al Consiglio le gravi irregolarità riscontrate nella gestio-

ne dell’ente (art. 239, comma 1, lett. e) D.Lgs. 267), in modo da consentire al Con-siglio di assumere, per la parte di sua competenza, i provvedimenti ritenuti oppor-tuni per rimuovere le cause di disfunzione;

- esprimere pareri, con le modalità stabilite dal regolamento, in materia di:1) strumenti di programmazione economico-finanziaria;2) proposta di bilancio di previsione e relative variazioni;3) modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione

ad organismi esterni;

MANUALE DEL CONSIGLIERE 126

Compitidell’organo di

revisione

((4) I dati sugli statuti sono tratti da: ROLLA-GROPPI-LUATTI, L’ordinamento dei Comuni e delle Pro-vince, Milano, 1993, pag. 944, segg..

4) proposte di ricorso all’indebitamento;5) proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa, nel rispetto della disci-

plina statale vigente in materia;6) proposte di riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni;7) proposte di regolamento di contabilità, economato-provveditorato, patrimonio

e di applicazione dei tributi locali5;- vigilare sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione relati-

vamente all’acquisizione delle entrate, all’effettuazione delle spese, all’attivitàcontrattuale, all’amministrazione dei beni, alla completezza della documentazio-ne, agli adempimenti fiscali ed alla tenuta della contabilità; l’organo di revisionesvolge tali funzioni anche con tecniche motivate di campionamento;

- controllare ogni trimestre la regolarità amministrativa e contabile della gestionediretta e indiretta dell’ente; verificare la regolare tenuta della contabilità, dellaconsistenza di cassa e dell’esistenza dei valori e dei titoli di proprietà;

- presentare relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendicontodella gestione e sullo schema di rendiconto entro il termine, previsto dal regola-mento di contabilità e comunque non inferiore a 20 giorni, decorrente dalla tra-smissione della stessa proposta approvata dall’organo esecutivo. La relazione con-tiene l’attestazione sulla corrispondenza del rendiconto alle risultanze della ge-stione nonché rilievi, considerazioni e proposte tendenti a conseguire efficienza,produttività ed economicità della gestione;

- effettuare le verifiche di cassa di cui all’art. 223 del D.Lgs. 267 del 2000 (art. 239). L’organo di revisione è dotato, a cura dell’ente locale, dei mezzi necessari per lo svol-gimento dei propri compiti, secondo quanto stabilito dallo Statuto e dai regolamenti.

5.3.1. Le istanze di sindacato ispettivo e conoscitivo

5.3. L’ATTIVITÀ ISPETTIVA DEL CONSIGLIO127

LA FUNZIONE DI CONTROLLO

POLITICOAMMINISTRATIVO

5.3. L’attività ispettiva del Consiglio

Il controllo sull’attività del Sindaco o del Presidente della Provincia e dellaGiunta si effettua anche mediante l’attività ispettiva, con la quale, non solo siverificano i risultati dell’azione amministrativa, che è lo scopo finale del control-lo, ma le modalità con cui si è dato attuazione agli indirizzi del Consiglio, ancheal fine di proporre suggerimenti e speciali direttive, in caso di riscontri negativi. A colmare la lacuna della L. 142 che non conteneva specifica normativa, è in-tervenuto il legislatore, il quale con l’art. 19 della L. 81 del 1993 (ora, art. 43,comma 3, D.Lgs. 267/2000) ha così disposto: “ 1. Il Sindaco o il Presidente dellaProvincia o gli assessori da essi delegati rispondono, entro trenta giorni, alle interroga-zioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri. Le moda-lità della presentazione di tali atti e delle relative risposte sono disciplinate dallo Statu-to e dal regolamento consiliare”.

(5) Si dispone che nei pareri è espresso un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendi-bilità contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto dell’atte-stazione del responsabile del servizio finanziario, delle variazioni rispetto all’anno precedente, del-l’applicazione dei parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri so-no suggerite all’organo consiliare le misure atte ad assicurare l’attendibilità delle impostazioni. I pa-reri sono obbligatori. L’organo consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a mo-tivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall’organo di revisione.

Premesso che il termine dei trenta giorni, entro i quali deve essere data risposta aiconsiglieri non è perentorio, non si vede l’utilità della disposizione, che, ovviamen-te, rinvia alla disciplina statutaria e regolamentare di ciascun Comune, in una mate-ria, peraltro, prevista e disciplinata da tutti i regolamenti per le adunanze dei Consi-gli, adottati già sotto la vigenza della abrogata legislazione.Si dovrà stabilire, con lo Statuto e con il regolamento a chi debba essere indirizzatal’istanza (Sindaco o Presidente della Provincia, normalmente, come capo dell’esecuti-vo o il Presidente del Consiglio comunale, che cura i rapporti istituzionali tra l’orga-no di indirizzo e controllo e l’organo di governo) e le modalità con cui deve essere da-ta risposta: se direttamente al Consiglio, oppure nell’apposita Commissione, nella suaprima seduta, oppure risposta scritta, qualora la richiesta non abbia rilevanza gene-rale, ma interessi in modo particolare il consigliere.Per quanto concerne l’organo che deve formulare la risposta, la legge pone una solaalternativa: o il Sindaco o il Presidente della Provincia o l’assessore delegato dallostesso capo dell’esecutivo che è, di regola, l’assessore preposto al ramo interessatodall’istanza di sindacato ispettivo. Nulla vieta che lo Statuto od il regolamento prevedano, specificando in modo anali-tico i casi, istanze rivolte ai dirigenti o ai responsabili dei servizi, qualora si tratti diattività gestionale, demandata alla loro competenza.La legge stabilisce il termine - peraltro meramente ordinatorio - di trenta giorni, en-tro i quali deve essere data risposta alle interrogazioni ed agli atti di sindacato ispet-tivo, ma nulla dispone in ordine alle sanzioni in caso di mancata risposta. È stato so-stenuto, al riguardo, che l’inerzia dia luogo ad una fattispecie omissiva e che, comun-que, se sistematica e persistente, si traduca in gravi ripetute violazioni di legge, talida determinare l’istituto della rimozione6.Escluso che il potere ispettivo, riconosciuto in capo ad ogni consigliere, possa estrin-secarsi in ispezioni e visite individuali agli uffici comunali, in quanto la funzione dicontrollo è prerogativa del Consiglio, nella sua collegialità, ai singoli consiglieri sonoconsentiti soltanto gli strumenti istituzionali, che si sostanziano in atti aventi rilevan-za nell’ambito dell’attività del Consiglio, come avviene con la presentazione delle in-terrogazioni, delle interpellanze, delle mozioni e di ogni altro atto che la legge classi-fica come “istanza di sindacato ispettivo”. La necessità dell’attività ispettiva sussiste tutte le volte in cui si presuppone, sulla ba-se di precisi fatti congruamente motivati, che si siano verificate disfunzioni nell’atti-vità della Giunta o degli uffici, e si chiede di dare gli opportuni chiarimenti. L’atto che, nella specie, risulta di uso più frequente è l’ interpellanza, con cui si chie-de al capo dell’amministrazione - come vedremo nel capitolo sul funzionamento delConsiglio - di dare conto della sua condotta o di quella della Giunta. Altro idoneo strumento per l’effettuazione del sindacato ispettivo è quello offerto dal-le Commissioni consiliari permanenti, ove istituite, presso le quali i consiglieri pos-sono ottenere quei riscontri e quelle delucidazioni utili a chiarire dubbi ed incertezze,qualora sia prescritta la possibilità di chiedere l’audizione del Sindaco o del Presiden-te della Provincia, degli assessori, dei dirigenti o dei responsabili dei servizi, degliamministratori e dei funzionari delle aziende speciali e degli enti dipendenti dal Co-mune o dalla Provincia.Il controllo sull’attività dell’esecutivo si ottiene, oltre che con l’utilizzo degli strumentiispettivi, caratterizzati dalla loro coercibilità nei confronti dei soggetti cui sono indiriz-zati, anche con quelli meramente conoscitivi, diretti a svolgere accertamenti, indagini

MANUALE DEL CONSIGLIERE 128

((6) VILLONE, in AA.VV., I nuovi statuti degli enti locali, Gorle, 1994, 205.

ed acquisire informazioni “con strumenti e modalità non aventi il carattere della coer-cività, ma non meno utili ai fini del consentire al Consiglio di essere messo in grado diesplicare in modo efficace la sua fondamentale funzione di indirizzo e controllo”7. Si ricorre, a fini conoscitivi, all’uso delle interrogazioni, con le quali si chiede al Sin-daco o al Presidente della Provincia di verificare la veridicità di un fatto e di riferirecirca le decisioni da prendere in relazione ad una particolare situazione.

5.3.2. Le commissioni di indagine e di inchiesta

Gli statuti hanno previsto la possibilità di dare vita ai più svariati organismi collegia-li, non rientranti nella previsione di cui all’art. 38, comma 6, del D.Lgs. 267 del 2000,che richiede i requisiti della proporzionalità e della presenza esclusiva dei consiglie-ri. Si sono, quindi, avute commissioni delle elette nel Consiglio comunale (Roma) enei Consigli circoscrizionali (Siena, Terni) ovvero la commissione per lo Statuto ed ilregolamento, per la interpretazione dello Statuto e la soluzione dei conflitti di compe-tenza ed in genere commissioni col compito di compiere indagini, inchieste, studi8.L’art. 44, comma 2, del D. Ls. 267 del 2000, stabilisce che “il Consiglio comunale o pro-vinciale, a maggioranza assoluta dei propri membri, può istituire al proprio interno commis-sioni di indagine sull’attività dell’amministrazione. I poteri, la composizione ed il funziona-mento delle suddette commissioni sono disciplinati dallo Statuto e dal regolamento”9.

5.3. L’ATTIVITÀ ISPETTIVA DEL CONSIGLIO129

LA FUNZIONE DI CONTROLLO

POLITICOAMMINISTRATIVO

Il Consiglio ha assunto con la L. 142 del 1990 la veste di “organo di indirizzo e dicontrollo politico-amministrativo” (ved., ora, art. 42, comma 1, D.Lgs. 267 del2000), ossia di organo che, oltre ad indicare, suggerire, imporre le linee da se-guire nel perseguimento delle funzioni comunali e provinciali, assolve anche ilcompito di verificare il corretto esercizio del modo in cui il Sindaco o il Presi-dente della Provincia e la Giunta hanno proceduto alla realizzazione delle fina-lità che sono state delineate nel programma amministrativo, approvato daglielettori e precisato nelle linee programmatiche relative alle azioni ed ai proget-ti da realizzare nel corso del mandato, sottoposti al Consiglio neo eletto.Il controllo politico-amministrativo è esercitato, sia dal Consiglio nel suo com-plesso, sia nelle sue articolazioni, come le commissioni consiliari permanenti oquelle - come abbiamo visto - appositamente istituite.

(7) MARZANATI, in AA.VV., L’elezione diretta del Sindaco, Milano, 1993, 369.(8) ROLLA-GROPPI-LUATTI, L’ordinamento dei Comuni e delle Province, Milano, 1993, pag. 533, i qua-li rilevano che rientra nella potestà di autorganizzazione dell’ente la possibilità di individuare unadifferente tipologia di commissioni, diversamente composte ed aperte alla integrazione di esperti,sempre che venga rispettato il principio di tutela delle minoranze, alle quali, talora, è concesso il po-tere di promuovere l’istituzione di commissioni d’inchiesta.(9) Cfr. MAGGIORA, Il funzionamento del Consiglio comunale e provinciale, Milano, 2000, pag. 44, dovesi è rilevato che questo potere era già stato regolamentato dall’art. 305 t.u. com. prov. 1915, che riser-vava ai Consigli la facoltà di “incaricare uno o più dei loro membri di riferire sopra gli oggetti cheesigono indagini o speciale esame”, mentre, con riguardo ai Consigli provinciali, l’art. 245 dello stes-so testo unico prevedeva la loro potestà di “demandare ad uno dei suoi membri l’incarico di fare leinchieste di cui abbisogni nella cerchia delle sue attribuzioni”. Sempre in materia, l’art. 340 t.u. com.prov. 1934 conferiva al Podestà la facoltà di ordinare, nell’esercizio delle proprie attribuzioni, inchie-ste. Come è dato di rilevare si distingueva tra indagini ed inchieste, differenziazione che non è tenu-ta presente dalla vigente normativa (ved. infra , nel testo).

Alle commissioni di inchiesta fa riferimento il vigente art. 101 del d.P.R. 16 maggio1960, n. 570, il quale dispone che “ordinata un’inchiesta dal Consiglio comunale (...) chi èincaricato ha diritto di citare testimoni” (comma primo), ai quali “sono applicabili le disposi-zioni del codice penale sulla falsa testimonianza, sulla occultazione della verità e sul rifiuto dideporre in materia civile, salvo le maggiori pene, secondo il codice stesso, cadendo la falsa te-stimonianza o l’occultazione della verità, od il rifiuto, su materia punibile” (comma secon-do). È una disposizione dettata in materia elettorale e per munire il Consiglio, che nelpassato era giudice delle operazioni elettorali, di un efficace strumento di indagine,quale la citazione dei testi; ma la disposizione è tuttora vigente e, quindi, applicabile,nel rispetto delle garanzie previste dalla legge.A seguito dell’entrata in vigore della L. 142 la materia era devoluta alla previsione sta-tutaria, anche se non manca chi afferma che, indipendentemente dall’esistenza di nor-me di legge, deve essere riconosciuta agli organi amministrativi la possibilità, nel-l’ambito delle attribuzioni e responsabilità loro spettanti, di eseguire inchieste ed in-dagini10 .Con l’art. 19, comma 2, della L. 25 marzo 1993, n. 81 (attuale art. 44, comma 2, D.Lgs.267 del 2000), il legislatore è intervenuto a disciplinare una materia che, come si è avu-to modo di rilevare11 non aveva bisogno di essere regolamentata, anche perché si li-mita a prevedere le sole commissioni di indagine, lasciando - a nostro avviso - im-pregiudicata la possibilità, per ciascun ente territoriale locale, di normare le commis-sioni di inchiesta e le altre commissioni che non hanno per oggetto esclusivo il com-pito di indagare sull’attività dell’amministrazione12.Occorre, peraltro, aggiungere che l’art. 44 prescrive che la decisione di istituire lacommissione di indagine debba essere assunta dalla maggioranza assoluta dei mem-bri del Consiglio e che la composizione debba essere limitata ai soli consiglieri. È daritenere che il calcolo della maggioranza debba essere commisurato al numero deiconsiglieri in carica, in quanto quando la legge ha inteso riferirsi ai consiglieri asse-gnati, lo ha fatto espressamente (art. 6, comma 4, per l’approvazione dello Statuto; art.52, comma 2, per la sottoscrizione della mozione di sfiducia)13.È una disposizione, nella sua prima parte, fortemente riduttiva, in quanto - prescri-vendo la maggioranza assoluta dei consiglieri - preclude alla minoranza di poter de-terminare l’istituzione dell’organo collegiale, e non consente agli altri organi operan-ti nell’ambito dell’ente di avere voce in capitolo (Consigli circoscrizionali, elettori, ca-tegorie sociali, ecc.).Relativamente alla composizione delle commissioni di indagine, si è rilevato che lalegge prevede la sola presenza dei consiglieri, nella misura che sarà stabilita dallo Sta-tuto, avuto riguardo alla composizione dei gruppi consiliari. Tuttavia, non può esclu-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 130

Commissioni di indagine

(10) PRINCIVALLE, Gli organi elettivi del Comune e della Provincia, Firenze, 1985, voL. II, pag. 51; SA-REDO, La nuova legge sull’amministrazione comunale e provinciale, Torino, 1896, voL. IV, pag. 837, il qua-le afferma che non è vietato al Sindaco ed alla Giunta di far uso della stessa facoltà.(11) MAGGIORA, Il consigliere comunale, Milano, 2000, pag. 119.(12) Contra, SCARCIGLIA, in AA. VV., Elezione diretta del Sindaco, Rimini, 1993, pag. 134, il quale ri-tiene che il testo di legge lasci presumere che il legislatore abbia voluto ricomprendere sia le commis-sioni di indagine, sia quelle di inchiesta.(13) Deve ritenersi che il Sindaco, che è a pieno titolo componente del Consiglio, debba calcolarsi aifini della validità della votazione, in quanto la legge non lo ha escluso (come nel caso dell’art. 52,comma 2 e dell’art. 141, comma 1, n. 3). Tuttavia, il regolamento potrebbe prescrivere di non compu-tarlo, qualora si voti l’istituzione di una commissione che indaghi sull’operato dello stesso Sindacoo del suo esecutivo.

dersi che possa essere prevista la possibilità di far partecipare ai lavori delle commis-sioni, anche esperti della materia oggetto dell’indagine, sia pure con solo voto con-sultivo, qualora non esistano consiglieri aventi la richiesta professionalità.Per le altre commissioni, comprese quelle di inchiesta, invece, non operano i limiti so-pra descritti, in ordine alla maggioranza qualificata ed alla sola partecipazione di con-siglieri. In conformità allo spirito che permea la riforma operata dalla L. 3 agosto1999, n. 265, deve riconoscersi alle minoranze la facoltà di promuovere le commissio-ni che non rivestono il carattere di indagine sull’attività dell’amministrazione o quan-to meno prevedere che la presidenza di dette commissioni sia assunta da un rappre-sentante delle minoranze o delle opposizioni, facoltà questa che può anche essereestesa a quelle di indagine.Circa l’estensione dei poteri delle commissioni speciali, deve ritenersi che l’indagine,l’inchiesta o la specifica finalità che ha determinato l’istituzione della commissione,non debba essere limitata alle sole attribuzioni del Consiglio, ma essere estesa allecompetenze di tutti gli organi comunali, in quanto l’attività di controllo del Consiglioha, per natura, carattere generale e come tale riferibile a tutta l’amministrazione delComune.Occorre, però, rispettare il limite per materia, nel senso che l’oggetto deve essere cir-coscritto alle competenze comunali e provinciali, come il funzionamento dei servizi edegli uffici, l’andamento di una particolare attività, gestita in economia o in conces-sione a terzi, la condotta dei dipendenti14.I lavori della commissione, che sono sovente rigidamente circoscritti ai quesiti indica-ti dalla deliberazione istitutiva della commissione, possono concludersi, sia conun’unica relazione, che riflette l’orientamento complessivo dei membri della commis-sione, sia con due relazioni, una della maggioranza e l’altra dell’opposizione. Le con-clusioni sono portate a conoscenza del Consiglio, per le definitive determinazioni.

Commissionidiverse da quelle

di indagine

5.3. L’ATTIVITÀ ISPETTIVA DEL CONSIGLIO131

LA FUNZIONE DI CONTROLLO

POLITICOAMMINISTRATIVO

(14) Cfr. Consiglio di Stato, V, 20 giugno 1972, n. 496, in Cons. St., 1972, I, pag. 1036, il quale ha rite-nuto illegittima la istituzione di una commissione di inchiesta con l’incarico di svolgere indagini cir-ca: lo stato delle libertà politiche e sindacali dei lavoratori all’interno delle aziende, il grado di effet-tiva partecipazione dei lavoratori alle scelte decisionali sulle ristrutturazioni settoriali ed aziendali;le condizioni igienico-sanitarie dell’ambiente di lavoro. Diversa sarebbe stata - a nostro avviso - laconclusione, qualora la commissione fosse stata indirizzata ad indagare sulle condizioni di lavoro esul rispetto dei diritti sindacali dei lavoratori dell’ente.

6.1. Premessa

6. Gli atti fondamentali dei Consigli comunali e provinciali

La riforma dell’ordinamento degli enti locali del 1990 ha conferito al Consiglio comu-nale e provinciale gli esclusivi e particolarmente significativi compiti di indirizzo edi controllo, sollevandolo da ogni altra incombenza relativa alla amministrazionedell’ente, devoluta al Sindaco o al Presidente della Provincia ed alla Giunta, mentrela gestione è di competenza dell’apparato burocratico.Tuttavia, l’art. 42 del D.Lgs. 267/2000 (già art. 32 della L. 142 del 1990), che definiscele attribuzioni del Consiglio gli riconosce, altresì, l’esercizio di funzioni deliberative,che sono definite “atti fondamentali”, in quanto costituiscono il naturale corollariodella funzione di indirizzo, trattandosi di atti che definiscono le linee direttive del-l’azione di amministrazione, sostanziandosi in atti normativi, oppure di pianifica-zione e programmazione, finanziaria ed urbanistica o la costituzione degli organini-smi di esercizio dei pubblici servizi o le modalità di provvista dei beni e servizi. Inpratica, si tratta di atti che esulano dall’ordinaria amministrazione, come è dato rile-vare dagli orientamenti della giurisprudenza, laddove afferma che deve “ammettersiche gli atti fondamentali, previsti dall’art. 42, siano quelli assai significativi e qualifi-canti per la vita e l’organizzazione dell’ente, che per la loro rilevante incidenza e/ostraordinarietà rispetto al flusso quotidiano dei bisogni correnti, richiedano l’atten-zione del massimo organo.”1

Si è molto discusso sul carattere dell’elencazione degli atti fondamentali, contenutanell’art. 42, se, cioè, questa enumerazione debba essere considerata definitiva e nonsuscettibile di integrazione oppure sia meramente descrittiva, e consenta, quindi, chelo Statuto possa individuare altri atti fondamentali.La norma assunse questa configurazione, in sede di aprovazione alla Camera, quan-do fu aggiunto l’avverbio “limitatamente”, per cui l’elencazione delle materie dicompetenza del Consiglio è trasformata da “un ambito di competenze comunque ri-servate al Consiglio” (con possibilità di ampliamento) al “solo ambito di competenzaconsentito all’organo assembleare.”2

In tale modo, le funzioni indicate dall’articolo (dalla lett. a alla lett. n), acquistano ca-rattere tassativo e non possono essere esercitate da altri organi, neppure in casi di ur-genza (fanno eccezione per le variazioni di bilancio e gli accordi di programma), enon sono suscettibili di delega da parte del Consiglio3.

((1) TAR. Emilia-Romagna, Bologna, II, 17 giugno 1992, n. 255, in TAR, 1992, I, pag. 3404. (2) VANDELLI, Ordinamento delle autonomie locali, Rimini. 1990, pag. 186.(3) Sulla tassatività della elencazione contenuta nell’art. 42 e sull’esclusione che lo Statuto comuna-

Le attribuzioni deliberative, così come delineate dalla legge, non possono essereampliate dallo Statuto, con l’individuazione di altri atti fondamentali, in quanto siopererebbe una invasione di competenza degli altri organi (Giunta, organi del decen-tramento, apparato burocratico), come è dato rilevare dall’art. 48, che nel configurarele competenze residuali della Giunta, fa salve le competenze del Consiglio riservate-gli “dalla legge” e quelle del Sindaco e degli altri organi comunali, riservate loro dallalegge e “dallo Statuto”. La differente dizione non può essere senza significato: non ave-re fatto riferimento allo Statuto, nel caso delle competenze del Consiglio, significa chesi è esclusa una sua ulteriore competenza prevista dallo Statuto (Circolare Ministerodell’interno 7 giugno 1990, n.17101/127/1). Tale esclusione è - ripetesi - riferita allecompetenze relative agli atti di amministrazione, in quanto lo Statuto può prevederecompetenze consiliari di altra natura e la legge può conferire - come vedremo - ulte-riori competenze, anche riferibili ad atti fondamentali, muniti del carattere di straor-dinarietà e di eccezionalità.Per quanto concerne le competenze che la normazione anteriore alla L. 142 attribuivaal Consiglio, occorre verificare il carattere della funzione, ossia se essa possa farsirientrare nelle competenze specificatamente delineate dall’art. 42, con la conseguen-za che, in caso contrario sarà necessario individuare l’organo competente, alla lucedegli artt. 48 e 107 del D.Lgs. 267, con i quali si ripartono tra Sindaco o Presidente del-la Provincia, Giunta, Consigli di circoscrizione e dirigenza le attribuzioni afferentil’amministrazione e la gestione dell’ente. Nel procedere all’esame degli atti fondamentali attribuiti al Consiglio comunale, si se-guirà l’elencazione dell’art. 42, con esclusione delle competenze di cui alle lett. g) edm), concernenti gli indirizzi alle aziende ed enti dipendenti e per le nomine, già esa-minate in precedenza.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 134

le possa intervenire nella materia afferente la competenza del Consiglio, integrandola si veda: Cass.civ., I, 26 marzo 1992, n. 3725, in Cons. St., 1993, II, pag. 1325; TAR Veneto, I, 20 novembre 1991, n.966, in TAR., 1992, I, pag. 211. In una interessante decisione, il TAR Puglia (Bari, I, 8 novembre 1995, n. 1155, ivi, 1996, I, pag. 309)ha ritenuto illegittima una deliberazione del Consiglio comunale che stabiliva: a) di non consentire,in un’area privata, il recupero di cave di pietra calcarea, esistente in detta zona, riattandole a disca-riche di rifiuti di qualsiasi tipo, natura e determinazione; b) che nel luogo in oggetto venissero inter-dette azioni e manomissioni non compatibili con la necessità di salvaguardia e tutela dell’ambiente;c) di demandare per la piena attuazione delle disposizioni a tutti gli uffici comunali competenti edinteressati la vigilanza costante e specifica sull’osservanza delle disposizioni medesime. Il Tribunaleamministrativo, ha censurato il comportamento del Consiglio, in base alla considerazione che, cosìoperando, il Consiglio ha esorbitato dalle sue attribuzioni, in quanto per adottare una deliberazionedi tale contenuto avrebbe dovuto esercitare il potere di pianificazione urbanistico-edilizia e non unatto di indirizzo, avente quel contenuto.

Sono considerati atti fondamentali:a) statuti dell’ente e delle aziende speciali, regolamenti salva l’ipotesi di cui al-l’articolo 48, comma 3, criteri generali in materia di ordinamento degli uffici edei servizi; b) programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, pro-grammi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e plurien-nali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, program-mi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pa-reri da rendere per dette materie;

(segue)

6.2.1. Contenuto e adeguamento

6.2. GLI STATUTI COMUNALI 135

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

c) convenzioni tra i comuni e quelle tra i comuni e provincia, costituzione emodificazione di forme associative; d) istituzione, compiti e norme sul funzionamento degli organismi di decentra-mento e di partecipazione; e) organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende spe-ciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell’ente locale a societàdi capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione;f) istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazionedelle relative aliquote; disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei benie dei servizi; g) indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipen-denti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza; h) contrazione di mutui e aperture di credito non previste espressamente in at-ti fondamentali del consiglio ed emissioni di prestiti obbligazionari; i) spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle rela-tive alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni eservizi a carattere continuativo; l) acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioniche non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o chenon ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella or-dinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta, delsegretario o di altri funzionari; m) definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresen-tanti del comune presso enti, aziende ed istituzioni, nonché nomina dei rap-presentanti del consiglio presso enti, aziende ed istituzioni ad esso espressa-mente riservata dalla legge.

(continua)

6.2. Gli Statuti comunali (art. 42, comma 2, lett. a)

L’art. 6, del D.Lgs. del 2000 stabilisce che lo Statuto, nell’ambito dei principi fis-sati dal testo unico, nel senso di “esplicitamente stabiliti, fissati, dalla legge e,nel caso di specie dal testo unico”4, deve stabilire le norme fondamentali del-l’organizzazione dell’ente, ossia le disposizioni che regolano la vita ed i rap-porti degli organi che costituiscono la struttura essenziale dell’ente, la sua os-satura basilare, come i rapporti tra Consiglio ed organi di governo, tra gli orga-ni politici e quelli burocratici.Inoltre, lo Statuto deve procedere a specificare le attribuzioni degli organi, nelsenso che dovrà precisare quali competenze, al di fuori di quelle previste daltesto unico e dalla vigente legislazione, siano conferite ed esercitate dagli orga-ni dell’ente, siano essi istituzionali o meno, obbligatori o facoltativi.

(4) ITALIA, in AA.VV., Testo unico degli enti locali, cit., voL. I, tomo I, pag. 44.

In questo settore, è compito dello Statuto stabilire i principi sul funzionamento delConsiglio, compresa l’opportunità di dare vita alle commissioni consiliari permanen-ti; l’eventuale individuazione del vice presidente del Consiglio o del Presidente delConsiglio nei Comuni con meno di 15.000 abitanti o il procedimento relativo alla pri-ma seduta dopo le elezioni; le modalità di presentazione, da parte dei consiglieri del-le istanze di sindacato ispettivo; i casi di decadenza dall’ufficio di consigliere per as-senteismo; la fissazione del termine entro il quale il capo dell’amministrazione pre-senta al Consiglio le linee programmatiche; la fissazione del numero degli assessori;la nomina facoltativa del difensore civico e le sue attribuzioni. In conformità alla innovazione apportata dalla L. 265 del 1999 (art. 1, comma 1, ora art.44 D.Lgs. 267) - è compito dello Statuto specificare le forme di garanzia e di partecipa-zione delle minoranze. Occorre rilevare che con il termine “minoranze” il legislatore hainteso riferirsi, non soltanto “a qualsiasi minoranza esistente nell’ambito dell’ente (adesempio, di carattere etnico, religioso, eccetera)”5, ma altresì, alle rappresentanze poli-tiche presenti in Consiglio, sia a quelle che concorrono a costituire le forze di opposizio-ne, sia a tutte le minoranze esistenti nel collegio, comprendendovi anche quelle che ap-poggiano la maggioranza che sostiene la Giunta, anch’esse bisognevoli di tutela e, quin-di, di essere destinatarie di particolari forme di garanzia e di partecipazione.Premesso che per maggioranza si intende l’insieme dei consiglieri facenti parte dellalista o gruppo di liste che hanno espresso il Sindaco o il Presidente della Provincia eche, quindi, il rapporto tra maggioranza e minoranze o opposizioni è quello risultan-te dal responso delle urne, può accadere che durante il quinquennio di durata in ca-rica del Consiglio possano aversi mutamenti nella composizione politica del collegio,in quanto possono verificarsi spostamenti di consiglieri dal raggruppamento cheesprime la maggioranza o la minoranza.6. È evidente che, in queste evenienze, si dovrà tenere nella dovuta considerazione lanuova situazione e provvedere ad adottare tutti quegli accorgimenti che tendono agarantire alla minoranza quella tutela di cui ha diritto, come ad esempio, la sostitu-zione del consigliere in quegli uffici ed in quelle cariche che, secondo lo Statuto o lalegge, debbono essere appannaggio delle opposizioni.L’art. 6, comma 1, D.Lgs. 267/2000 dispone che la tutela delle minoranze deve con-cretarsi con l’assicurare ad esse forme di garanzia e di partecipazione , intendendoper garanzia ogni forma di “difesa contro tutto ciò che può limitare o comprimere lefunzioni proprie delle minoranze” ed è rivolta “a tutelare, a valorizzare quelle che so-no le espressioni “proprie” delle minoranze”7. Con l’espressione “forme di partecipazione” si fa riferimento ad una presenza attivadella minoranza in istituzioni, organi, enti di cui il Comune e la Provincia sono tito-lari o partecipi. Già la vigente legislazione si premura di indicare la presenza indi-spensabile della minoranza in seno alle unioni di Comuni (art. 32, comma 3), alle Co-munità montane (art. 27, comma 2) e nella scelta dei revisori (art. 234, comma 1), neiquali casi la tutela della minoranza è assicurata con il ricorso al voto limitato.Tuttavia, lo Statuto potrà prevedere anche altre forme di partecipazione, come il con-ferimento alle opposizioni della vicepresidenza del Consiglio, ove istituita, oppurel’ufficio del difensore civico, ma soprattutto prevedendo l’attribuzione alle opposizio-ni della presidenza delle commissioni aventi funzioni di controllo o di garanzia, co-me vedremo nel prosieguo.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 136

Le garanzie per leminoranze

Le norme sulfunzionamento

del Consiglio

(5) ITALIA, Controllo in mano alle “opposizioni” , in Il Sole 24 Ore , del 9 agosto 1999, pag. 25.(6) Cfr. TAR Lombardia, Milano, 8 maggio 1997, n. 548, in TAR , 1997, I, pag. 3475.(7) ITALIA, in AA.VV., Autonomia e ordinamento degli enti locali , Milano, 1999, pag. 3.

Il testo unico, innovativamente, dispone che lo Statuto debba specificare “i modi dirappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio”.È stato esattamente rilevato che si tratta di due distinti problemi: quello della rappre-sentanza legale dell’ente e quello della sua rappresentanza in giudizio.8Infatti, riguardo alla prima questione, occorre precisare che si ha una rappresentanzaistituzionale dell’ente (quella che si esplica nei rapporti politici e civili) e che spettaal Sindaco ed al Presidente della Provincia, ai sensi dell’art. 50, comma 1, organi chepotranno delegare tale loro potestà ad altri organi (consiglieri, assessori, organi deldecentramento), nei modi stabiliti dallo Statuto. In riferimento alla rappresentanzagiuridico-legale dell’ente, quella che consiste nell’adozione di provvedimenti desti-nati a produrre effetti nel mondo esterno, in conformità all’art. 107, e che è prerogati-va dei dirigenti, non si può escludere che, nei Comuni privi della qualifica dirigenzia-le, lo Statuto proceda ad indicare l’organo al quale spetti rappresentare legalmentel’ente. Ad esempio, fermo restando il potere rogatorio in capo al segretario comuna-le, lo Statuto potrebbe attribuire al Sindaco o all’assessore delegato la potestà di sti-pulare gli atti, in rappresentanza dell’ente. Per quanto concerne più specificamente il secondo problema, quello della rappresen-tanza in giudizio, è necessario precisare che, salvi i rari casi di difesa giudiziale adopera del diretto interessato (come nei casi di azione popolare e di quelli tributari, incui si consente l’esercizio del diritto alla difesa da parte dei funzionari dell’ente) larappresentanza in giudizio è prerogativa delle sole persone abilitate alla professioneforense, al cui patrocinio anche l’ente pubblico deve fare ricorso, salvo che non siaconsentito rivolgersi all’Avvocatura di Stato. Ciò che occorre definire è se la decisione ad instaurare il giudizio, civile, penale, am-ministrativo, spetti agli organi politici (Giunta, Sindaco od assessore delegato) oppu-re al dirigente preposto al settore interessato dall’esito del giudizio.Siamo in presenza di una delicata questione, che coinvolge non solo interessi ammi-nistrativi, ma anche politici, come potrebbe essere il caso della decisione a resistere inun giudizio di decadenza instaurato da un consigliere.Di queste varie problematiche dovrà interessarsi lo Statuto, specificando i casi in cuila decisione ad agire o a resistere in giudizio è demandata alla competenza degli or-gani politici oppure alla decisione dirigenziale.La seconda parte del comma 2 dell’art. 6, che è rimasta invariata per quanto riguardagli oggetti attribuiti alla competenza statutaria, stabilisce che lo Statuto deve discipli-nare:

- i criteri generali in materia di organizzazione dell’ente (ossia gli indirizzi per lacompilazione del regolamento degli uffici e dei servizi di competenza della Giun-ta e per ogni altra forma organizzativa, come per l’istituzione degli uffici di staffe dell’ufficio del vicesegretario, ecc.);

- le forme di collaborazione fra Comuni e Province (mediante convenzioni, con-sorzi, conferenze di servizio, Unioni di Comuni, Comunità montane, accordi diprogramma);

- le forme della partecipazione popolare (consultazioni, referendum, istanze, peti-zioni, proposte);

- le forme del decentramento (per municipi, circoscrizioni, circondari);- le forme dell’accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministra-

tivi (partecipazione al procedimento, accesso agli atti ed alle strutture dell’ente).

6.2. GLI STATUTI COMUNALI 137

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

La Rappresentanzain giudiziodell’ente

(8) ITALIA, in AA.VV., Testo unico degli enti locali, cit., pag. 51.

Innovativamente, il Testo unico dispone che lo Statuto deve stabilire lo stemma e ilgonfalone, ossia descrivere, oppure rinviare ad apposito regolamento, la raffigura-zione di tali simboli dell’ente, il cui riconoscimento legale è devoluto alla competen-za statale. Infine, lo Statuto deve stabilire per assicurare condizioni di pari opportunità tra uo-mo e donna, ai sensi della L. 125 del 1991 e degli artt. 51 e 117, comma 7, Cost., e perpromuovere la presenza di entrambi i sessi nelle Giunte e negli organi collegiali delComune e della Provincia, nonché degli enti, aziende, istituzioni da essi dipendenti.È necessario tenere presente che nella predisposizione, sia delle norme che tendonoad “assicurare”, sia di quelle che debbono “promuovere” le condizioni di pari oppor-tunità tra uomo e donna, si debbono evitare limiti numerici, come era stato previstonei confronti delle liste elettorali, principio colpito di illegittimità dalla Corte costitu-zionale (sent. 422 del 1995).Si deve, per contro, affermare la volontà di garantire ad entrambi i sessi la concretapossibilità di far parte di tutti gli organi collegiali, facenti capo all’ente ed alle sue isti-tuzioni.

6.2.2. Il procedimento di approvazione dello Statuto In ordine al procedimento di approvazione e di revisione dello Statuto, il Testo unicoha innovato disponendo che la sua entrata in vigore (che era fissata al trentesimo gior-no successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione) avviene, ora,“decorsi trenta giorni dalla sua affissione all’albo pretorio dell’ente”, rendendo più solleci-ta l’operatività delle disposizioni statutarie.

Apposito ufficio del Ministero dell’interno, istituito per la raccolta e conservazionedegli statuti comunali e provinciali, cura anche adeguate forme di pubblicità deglistatuti stessi (comma 6).Riguardo al problema della revisione dello Statuto, rivestono particolare rilievo an-che le disposizioni che i singoli statuti dettano, prescrivendo ulteriori profili procedu-rali, non previsti dall’art. 6, come quelle norme che attribuiscono l’iniziativa anche aicittadini, ad un certo numero di consiglieri, alla Giunta, alla conferenza dei capigrup-po, al difensore civico, alle associazioni e istituzioni di partecipazione9.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 138

Il procedimento di approvazione dello Statuto:√ il quorum strutturale e funzionale è fissato nei due terzi dei consiglieri as-

segnati, compresi il Sindaco o il Presidente della Provincia, per l’approva-zione in unica votazione;

√ se non è raggiunta la maggioranza qualificata dei due terzi, è sufficiente lamaggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, da conseguirsi in due vota-zioni favorevoli, da tenersi entro trenta giorni, in sedute successive;

√ se nel termine non si approva lo Statuto, occorre ripetere l’iter procedurale;√ lo Statuto non è più soggetto al controllo preventivo di legittimità, da parte

del Comitato regionale di controllo;√ lo Statuto è pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione ed affisso all’al-

bo pretorio dell’ente per trenta giorni, decorsi i quali entra in vigore;√ copia dello Statuto è inviata al Ministero dell’interno per essere inserito nel-

la Raccolta ufficiale degli statuti (comma 5).

(9) ROLLA-GROPPI-LUATTI, L’ordinamento dei Comuni e delle Province, Milano, 1993, 48.

Una novità della L. 142 è l’attribuzione alle aziende speciali, che gestivano pubbliciservizi locali, della personalità giuridica ed il conferimento ad esse di un “proprio”Statuto, approvato dal Consiglio, come espressamente dispone l’art. 114 del D.Lgs.267/2000.La situazione, nel frattempo, è radicalmente mutata, in quanto le aziende speciali so-no attualmente adibite alla sola gestione dei servizi pubblici privi di rilevanza eco-nomica (art. 113-bis, D.Lgs. 267).L’ordinamento fondamentale dell’azienda non è più determinato dal regolamentocomunale, ma dallo Statuto che è deliberato dal Consiglio comunale o provinciale,senza escludere, in caso di azienda già costituita ed in fase di trasformazione, in baseai principi del D.Lgs. 267/2000, una collaborazione da parte del Consiglio di ammi-nistrazione della stessa azienda, che potrebbe “adottare” uno schema di Statuto, dasottoporre alla deliberazione definitiva del Consiglio. Poiché la decisione di addivenire alla istituzione dell’azienda costituisce una fase a sestante, ed oggetto di apposito intervento del Consiglio - come vedremo a commentodella lett. e) dell’art. 42 - anche per gli enti di nuova istituzione potrebbe prevedersiun primo momento procedimentale, costituito dalla nomina, da parte del Sindaco odel Presidente della Provincia, del Consiglio di amministrazione, che produce, comeprimo suo atto, la bozza di Statuto, in seguito approvata dal Consiglio. In questi casi, la collaborazione dell’azienda si ferma al solo aspetto propositivo, fer-ma restando la facoltà per il Consiglio di procedere a tutte le modificazioni ed inte-grazioni ritenute necessarie, considerato il carattere “strumentale” dell’azienda (comeprecisato all’art. 114, comma 1), i cui fini sono diretti alla realizzazione di compiti dirilevante interesse per la collettività comunale o provinciale, di cui il Consiglio è lamassima espressione. Non si esclude, ovviamente, che contestualemte alla volontà dicostituire una nuova azienda, la si munisca del proprio Statuto.Lo Statuto dell’azienda speciale deve contenere, come detto, le norme fondamentalirelative all’organizzazione dell’ente, mentre quelle riguardanti il suo funzionamentodebbono essere oggetto di appositi regolamenti, da ritenersi di emanazione da partedell’azienda, come è dato rilevare dall’art. 114, comma 5, del D.Lgs. 267/2000, il qua-le dispone che l’ordinamento ed il funzionamento delle aziende sono “disciplinati dalproprio Statuto e dai regolamenti”, mentre quelli delle istituzioni sono disciplinati dalloStatuto e dai “regolamenti dell’ente locale”, ossia del Comune o dalla Provincia, compe-tenza che non è prevista per i regolamenti delle aziende. Lo Statuto dell’azienda speciale deve contenere i seguenti oggetti essenziali:

- la composizione del Consiglio di ammnistrazione ed i requisiti specifici (di profes-sionalità e di esperienza) richiesti per ricoprire l’incarico, tenuto conto che gli in-dirizzi generali per le nomine sono stabiliti dal Consiglio;

- le modalità per la regolarità delle sedute e delle deliberazioni del Consiglio di am-ministrazione;

- l’istituzione dell’organo di revisione (art. 114, comma 7);- le modalità di nomina del direttore;- le attribuzioni del Consiglio di amministrazione, del Presidente e del direttore e la

disciplina dei rapporti tra gli organi aziendali e quelli comunali, nel rispetto degliindirizzi dettati dal Consiglio, ai sensi dell’art. 42, lett. g);

- le modalità di approvazione da parte del Comune o della Provincia degli “atti fon-damentali” dell’azienda, cosi` come individuati dall’art. 4 del D.L. 26 del 1995(ved. retro, 4.5), tenuto conto che spetta allo Statuto dell’ente locale individuarel’organo che procede all’approvazione degli stessi e ad esercitare i poteri di vigi-

6.3. GLI STATUTI DELLE AZIENDE139

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

6.3. Gli statuti delle aziende (art. 42, comma 2, lett. a)

lanza e controllo sull’azienda, trattandosi di competenza che attiene alla determi-nazione delle “attribuzioni degli organi” (art. 6 D.Lgs. 267).

Sin dall’origine del nostro ordinamento amministrativo degli enti locali, i regolamen-ti - quelli dotati di potere innovativo nell’ordine legislativo (come i regolamenti di po-lizia locale, di igiene, di edilizia) - erano considerati tipici atti di manifestazione del-l’autonomia normativa dell’ente, in quanto potevano “incidere in materia di libertacostituzionali e di diritti dei privati, prevedere sanzioni contravvenzionali, regolaremateria tributaria e derogare a norme dispositive di norme statali, ma sempre sottol’osservanza dei principi - anche non generali - contenuti in atti normativi primaridello Stato”10.La potestà regolamentare, specie quella dei Comuni – di spettanza del Consiglio - eb-be il suo periodo di massima affermazione nell’Ottocento, quando l’ente locale fuchiamato a “legiferare” in materie non coperte dalla normazione statale (si pensi al-l’azione esplicata dai regolamenti assunti per la disciplina dei pubblici servizi, primadella legge sulla municipalizzazione, nella materia edilizia, ecc.). In seguito, a manoa mano che lo Stato riconosceva la rilevanza degli interessi locali e dava ad essi unaregolamentazione legislativa di principi, oppure ne assumeva direttamente la gestio-ne, conferendo agli stessi rilevanza generale (basti osservare l’evoluzione subita daisettori dell’istruzione, dell’assistenza, della previdenza sociale), diminuiva propor-zionalmente l’autonomia normativa comunale e provinciale, sino a ridurla in ambitiristretti, limitandola ai soli casi previsti dalla legge (come rilevava l’art. 131, n. 6, t.u.com. prov. 1915).

Venendo all’attuale disciplina legislativa, si rileva che al testo originario, quale deli-neato dalla L. 142 (art. 5), sono state apportate, dalla L. 265 del 1999 e dall’art. 7,D.Lgs. 267 due significative innovazioni.Infatti, i regolamenti sono adottati non più nel rispetto della “legge”, ma dei “prin-cipi fissati dalla legge”, cioè con gli stessi criteri che sono stati dettati per la redazio-ne dello Statuto.Premesso che la legge cui si fa riferimento è, di norma, la legge statale, che - anterior-mente alla riforma costituzionale - fissa i principi dell’ordinamento e per la discipli-na delle funzioni degli enti locali, la norma regolamentare deve rispettare i limiti san-citi da quei principi, potendo “prevedere delle diversità, che però non devono incide-re sui principi stessi”11.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 140

6.4. I regolamenti (art. 42, comma 2, lett. a)

Attualmente, a fronte dell’ampio processo di delegificazione, iniziato con la L.142 e proseguito con le leggi Bassanini (L. 59 del 1997, L. 127 del 1997) e e con laL. 265 del 1999, lo spatium deliberandi delle autonomie locali, in materia di auto-nomia normativa, si è notevolmente ampliato, tanto da ottenere esplicito rico-noscimento costituzionale nel nuovo testo dell’art. 117, laddove si afferma che“I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordinealla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”.

(10) GIANNNI, Autonomia pubblica , in Enc. dir. , Milano, 1959, voL. IV, pag. 359.(11) ITALIA, Autonomia e ordinamento, cit., pag. 23.

È merito del Testo unico precisare puntualmente la sfera di azione della potestà rego-lamentare dei Comuni e delle Province, che in base alla previgente formulazione eraindividuata con riferimento a vari settori (organizzazione e funzionamento delle isti-tuzioni e degli organismi di partecipazione, funzionamento degli organi e degli uffi-ci, esercizio delle funzioni), formulazione che consentiva, comunque, all’ente locale diregolamentare l’intera sua attività istituzionale ed amministrativa.Con la nuova formulazione, si estende l’attività regolamentare del Comune a tutte le“materie di propria competenza”, indipendentemente da una specifica previsione le-gislativa che facoltizzi l’ente ad intervenire con lo strumento normativo.Peraltro, l’importanza dell’esercizio dell’attività normativa, con la quale si identificala potestà regolamentare - già enunciata dallo stesso art. 5 della L. 142, riguardo alfunzionamento degli organi e degli uffici e per l’esercizio delle funzioni, nonché perl’organizzazione ed il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipa-zione e da altre disposizioni della stessa L. 142 (accesso agli atti, municipi, circoscri-zioni, istituzione dell’assemblea dei Sindaci nel circondario, funzionamento del Con-siglio, istituzioni, sulla dotazione organica, criteri per la direzione degli uffici e deiservizi, attribuzioni ai dirigenti, revisori dei conti, di contabilità e sui contratti) - erastata ulteriormente ampliata dalla recente legislazione (si veda l’ampia potestà rego-lamentare esercitata in materia tributaria, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. 446 del 1997,nonché l’art. 21 D.Lgs. 22 del 1997, in tema di rifiuti, l’art. 43, comma 4, della L. 449del 1997, per la individuazione delle prestazioni non rientranti tra i servizi pubbliciessenziali o non espletate a garanzia dei diritti fondamentali, per le quali richiedereun contributo da parte dell’utente), tanto che essa assurgeva, già prima delle puntua-lizzazioni del testo unico, a strumento essenziale di amministrazione dell’ente loca-le.12

Da segnalare l’attribuzione della potestà regolamentare alle Unioni di Comuni, perla disciplina della propria organizzazione, per lo svolgimento delle funzioni ad essaaffidate e per i rapporti anche finanziari con i Comuni (art. 32, comma 4, D.Lgs. 267),conferimento che ha valore ricognitorio, in quanto detta potestà deve ritenersi attri-buto peculiare di queste speciali forme associative fra Comuni, espressamente quali-ficate “enti locali”. Circa l’attribuzione alla Giunta della potestà normativa in materia di ordinamentodegli uffici e servizi si rinvia al paragrafo successivo.Con l’art. 7-bis, aggiunto dalla L. 16 gennaio 2003, n. 3, ed integrato dal D.L. 31 mar-zo 2003, n. 50, si è stabilito che per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti edelle ordinanze comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecu-niaria da 25 a 500 euro, colmando così la lacuna determinata dall’abrogazione del-l’art. 106 del t.u. com. prov. 1934.

Abbiamo rilevato al precedente 6.2.1 che tra le materie che l’art. 6 del D.Lgs. 267 del2000 indica tra quelle che debbono essere inserite nello Statuto vi è l’ordinamento de-gli uffici e dei servizi pubblici e al successivo 6.4 che tra le materie che, ai sensi del-l’art. 6 debbono essere disciplinate con regolamento è incluso il funzionamento degliuffici e che l’organo competente a deliberare in merito è il Consiglio comunale.

Sfera di azionedella potestàregolamentare

6.5. L’ORDINAMENTO DI UFFICI E SERVIZI141

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

6.5. L’ordinamento di uffici e servizi (art. 42, comma 2, lett. a)

(12) Per una elencazione dei regolamenti dell’ente locale, si rinvia a ITALIA, I regolamenti dell’ente lo-cale, Milano, 2000.

La lett. a) dell’art. 42 stabilisce l’ulteriore competenza dello stesso Consiglio in meri-to all’ordinamento di uffici e servizi, materia che nel disegno originario della L. 142rientrava nelle attribuzioni consiliari.Ora, come abbiamo rilevato nel sottoparagrafo 6.2.1, la competenza ad adottare i re-golamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi spetta alla Giunta, potestà cheessa esercita “nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal Consiglio” (art. 48, comma 3, delD.Lgs. 267/2000). Pertanto, con apposita deliberazione, il Consiglio comunale dovrà dettare i criteri chela Giunta dovrà seguire nell’adozione del regolamento sull’ordinamento degli uffici,tenendo contro, altresì, che già con lo Statuto il Consiglio ha provveduto a delinearei principi ed i criteri che debbono sopraintendere al modo di strutturazione (ordina-mento) dell’ufficio comunale, articolato in uffici, volti al disbrigo dei compiti provve-dimentali (certificazioni, deliberazioni, ordinanze, atti amministrativi in genere) e ser-vizi, per lo svolgimento di attività destinate all’erogazione di pubblici servizi (asili ni-do, biblioteche, impianti sportivi, opere di manutenzione delle strade, dei giardini,ecc.), nonché le modalità di direzione dei predetti uffici e servizi, il rapporto tra orga-ni istituzionali e l’ufficio comunale. Con il regolamento sull’ordinamento degli uffici e servizi la Giunta deve procede-re alla individuazione, nel dettaglio, del modo in cui procedere all’organizzazione deisingoli uffici e servizi, dei quali deve essere stabilita la dotazione organica, generale especifica, del personale, in relazione ai singoli reparti, settori, unità operative (affarigenerali, tributari, economali, del commercio, dei lavori pubblici, della polizia muni-cipale, ecc.), in cui si suddivide l’ufficio comunale, nonché fissare le modalità di fun-zionamento, prescrivendo a chi debba essere affidata la loro direzione e quali siano lespecifiche attribuzioni, in materia, del Consiglio, del Sindaco, della Giunta, dei singo-li assessori, e dei compiti che debbono essere affidati ai singoli addetti; inoltre, dovràdisciplinare le modalità di assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le moda-lità concorsuali (art. 89 D.Lgs. 267/2000).Il contenuto del regolamento sull’ordinamento degli uffici e servizi è individuato nel-l’art. 6, comma 9, della L. 127 del 1997, e che abbiamo testè illustrato, e nell’art. 17,comma 69 della stessa legge (ora, art. 97, comma 5, D.Lgs. 267), il quale dispone cheil regolamento “può prevedere un vicesegretario per coadiuvare il segretario e sostituirlo neicasi di vacanza, asenza o impedimento”, organo che secondo l’abrogato art. 52 della L.142 era istituto dallo Statuto e le cui funzioni erano definite dal regolamento.

6.6.1. Premessa

L’originario testo della lett. b), con riguardo alle “opere pubbliche”, si limitava adenunciare “i piani finanziari ed i programmi”, senza ulteriori specificazioni, con eviden-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 142

6.6. I programmi (art. 42, comma 2, lett. b)

La lett. b, dell’art. 42, è una disposizione che comprende, in prevalenza, i prov-vedimenti programmatori che sono attribuiti dalla legge al Comune, senzaescludere che un’autonoma iniziativa pianificatoria possa essere assunta, diret-tamente, dal Consiglio comunale, qualora le esigenze lo richiedano, come po-trebbe accadere nel caso in cui si intenda assumere decisioni che hanno attua-zione in più annualità e, quindi, occorra programmare le varie fasi operative,sia con riguardo alla fattibilità dei progetti, sia in relazione ai piani di finanzia-mento.

te affidamento alla Giunta dei poteri di esecuzione dei programmi indicati dal Con-siglio e, relativamente all’attività urbanistica si limitava, anche qui, a precisare la so-la competenza pianificatoria del Consiglio comunale, laddove faceva esplicito richia-mo ai “piani territoriali e urbanistici”. Con l’art. 15 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (c.d. legge Merloni) si procedette adaggiungere ai programmi, anche “i progetti” ed ai piani territoriali ed urbanistici “ipiani particolareggiati ed i piani di recupero”, conferendo al Consiglio attribuzioni di am-ministrazione attiva, e come tale invasive delle funzioni della Giunta. Il testo così emendato è stato, ulteriormente, modificato con l’aggiunta della parola“preliminari” a “programmi e progetti”, ma con l’eliminazione del riferimento “ai pia-ni particolareggiati e dei piani di recupero”, ad opera dell’art. 5-quater del D.L. 3 apri-le 1995, n. 101 (convertito in L. 2 giugno 1996, n. 216), riportando la materia nell’alveodelle competenze consiliari.Con l’art. 5, comma 4, della L. 127 del 1997, si introducono di nuovo “i piani particola-reggiati ed i piani di recupero”, suscitando le perplessità sopra enunciate.Infine, la L. 415 del 1998, di modifica della L. 109 del 1994, riscrive l’intera lettera, ag-giungendo il riferimento ai (programmi) triennali e all’elenco annuale dei lavori pub-blici, eliminando ogni dubbio in ordine alla sfera di competenza del Consiglio.Nell’esame della presente lettera dell’art. 42 procederemo ad una analitica descrizio-ne delle singole attribuzioni, raggruppandole, se del caso, in una sola voce, al fine difacilitarne l’esegesi.

6.6.2. L’attività programmatoriaSi tratta di un riferimento generico all’attività programmatoria o pianificatoria delConsiglio comunale, come attività di alta amministrazione, che non può che spettareal massimo organo rappresentativo della collettività locale.Ad essa ci si riferisce, in via generale, ogni qual volta la legge conferisce al Comunela potestà di procedere alla elaborazione ed adozione di documenti di programmazio-ne, come nel caso della “programmazione socio-economica”, che il Comune redige, inbase ai criteri ed alle procedure dettate dalla Regione, nelle materie di sua competen-za, ai sensi dell’art. 5, del D.Lgs. 267, attività programmatoria che è esplicitamente ri-chiamata dall’art. 36, comma 6, del D.Lgs. 285 del 1992, per la redazione del “piano ur-bano del traffico” ovvero, in via specifica, attribuisce al Consiglio comunale la compe-tenza in merito, come nel caso del piano comunale di protezione civile (ai sensi del-l’art. 15, comma 1, della L. 24 febbraio 1992, n. 225, che consente al Comune di dotar-si, “nell’ambito del quadro ordinamentale di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142” di “unastruttura di protezione civile”).

6.7.1. Contenuto

6.7. LE RELAZIONI PREVISIONALI E PROGRAMMATICHE143

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

6.7. Le relazioni previsionali e programmatiche. I bilanci annuali e pluriennali e le relative variazioni (art. 42, comma 2, lett. b)

Il bilancio e la relazione previsionale e programmatica, previsti dall’art. 55,commi 2 e 3, della L. 142, disciplinati dal nuovo ordinamento finanziario e dicontabilità (D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77 e successive modificazioni) sono oraregolamentati dal D.Lgs. 267 del 2000 (art. 162 e segg.) e dai relativi regolamen-ti comunali di contabilità, di cui all’art. 153 del D.Lgs. 267/2000.

(segue)

Ferma restando la competenza della Giunta nella predisposizione dello schema dibilancio annuale e pluriennale e della relazione previsionale e programmatica ed al-la sua presentazione al Consiglio, con le modalità ed i termini previsti dal regolamen-to di contabilità, spetta, comunque, al Consiglio procedere all’esame, alla discussio-ne ed alla approvazione dei predetti documenti, sentiti i pareri degli organismi dipartecipazione (compresi i Consigli circoscrizionali ove istituiti) e delle organizzazio-ni sociali, operanti nel Comune, secondo le indicazioni dello Statuto e/o dei regola-menti attuativi (art. 162, comma 7, D.Lgs. 267/2000).Correttamente, la legislazione prevede la possibilità per i consiglieri di presentareemendamenti agli schemi di bilancio (art. 174, comma 2, D.Lgs. 267/2000), ricono-scendo, quindi, la potestà per il Consiglio di autonomamente valutare la congruenzadelle proposte della Giunta; in questa fase, il Consiglio attua anche una forma di con-trollo, nel senso che verifica il modo con cui la Giunta dà attuazione alle linee pro-grammatiche, alla cui definizione ha contribuito lo stesso Consiglio13. Che l’approvazione del bilancio costituisca un atto fondamentale per la vita dell’en-te, ne è prova la norma dell’art. 141, che sancisce lo scioglimento del Consiglio chenon approva il bilancio, nel prescritto termine, fissato dall’art. 151 al 31 dicembre diogni anno (termine che è suscettibile – come rilevato - di proroga, con apposito decre-to del Ministro dell’interno, in presenza di motivate esigenze).La relazione e il bilancio pluriennale sono allegati del bilancio, ed hanno i seguenticontenuti e finalità:

- relazione previsionale e programmatica, che copre un periodo pari a quello delbilancio pluriennale14. Essa contiene una illustrazione delle caratteristiche genera-li della popolazione, del territorio; per la parte entrata , effettua una valutazionegenerale sui mezzi finanziari. Per la parte spesa , la relazione è redatta per pro-grammi e per eventuali progetti, con espresso riferimento ai programmi indicatinel bilancio annuale e nel bilancio pluriennale; fornisce la motivata dimostrazionedelle variazioni intervenute rispetto all’esercizio precedente; fornisce adeguati ele-menti dimostrativi della coerenza delle previsioni annuali e pluriennali, sia con glistrumenti urbanistici, sia con i piani economico-finanziari diretti ad accertarel’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e delle connesse gestioni(artt. 170 e 172, comma 1, lett. c);

- bilancio pluriennale, di durata pari a quello della Regione di appartenenza (di re-gola, tre anni), e che comprende il quadro dei mezzi finanziari che si prevede didestinare per ciascuno degli anni considerati, sia alla copertura di spese correnti,sia al finanziamento delle spese di investimento, con indicazione, per queste ulti-me, della capacità di ricorso alle fonti di finanziamento. Gli stanziamenti del bi-lancio pluriennale, che per il primo anno coincidono con quelli del bilancio annua-le, hanno carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa, e sono

MANUALE DEL CONSIGLIERE 144

L’impiantosanzionatorio

La relazione e ilbilancio

pluriennale

Con l’approvazione del bilancio, il Consiglio indirizza e determina l’attivitàamministrativa dell’ente, alla cui esecuzione è preposta la Giunta e alla cui at-tuazione è incaricato l’apparato burocratico.

(continua)

(13) TAR Campania, Napoli, III, 28 febbraio 1992, n. 54, in TAR, 1992, I, pag. 1623, che ritiene non ne-cessaria la motivazione, anche se il presentatore dell’emendamento è solito illustrare le ragioni del-la sua proposta.(14) I modelli e gli schemi contabili relativi alla relazione previsionale e programmatica sono descrit-ti nel d.P.R. 3 agosto 1998, n. 426.

aggiornati annualmente, in occasione dell’approvazione del bilancio di previsione(art. 171).

Altri allegati al bilancio di previsione sono:a) il rendiconto del penultimo esercizio precedente quello cui si riferisce il bilancio;b) le risultanze dei rendiconti delle aziende speciali, dei consorzi, istituzioni, so-

cietà costituite per l’esercizio di servizi pubblici, relativi al penultimo esercizioantecedente quello cui il bilancio si riferisce;

c) la deliberazione con la quale i Consigli verificano la quantità di aree e fabbricatida destinare alla residenza, alle attività produttive e terziarie;

d) la deliberazione con la quale sono determinate le tariffe per i servizi a domandaindividuale, nonché i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione deiservizi stessi (art. 172).

Sulla base del bilancio di previsione annuale, la Giunta definisce (facoltativamente,nei Comuni con meno di 15.000 abitanti e nelle Comunità montane) prima dell’iniziodell’esercizio, il piano esecutivo di gestione, con il quale sono determinati - attraver-so una graduazione delle risorse dell’entrata in capitoli, dei servizi in centri di costoe degli interventi in capitoli - gli obiettivi della gestione e si affidano gli stessi, unita-mente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi, per la loro attuazione, fat-te salve le eventuali variazioni, da apportarsi, comunque, non oltre il 15 dicembre diciascun anno (artt. 169 e 175, comma 9).Non è più previsto l’invio del bilancio al Comitato regionale di controllo.Con l’art. 28 della L. 23 dicembre 1998, n. 448 (legge finanziaria per il 1999) si è intro-dotto il principio del c.d. patto di stabilità, secondo il quale l’ente si impegna a”ridur-re progressivamente il finanziamento in disavanzo delle proprie spese e a ridurre il rapportotra il proprio ammontare di debito e il prodotto interno lordo” (cfr. circolare Ministero deltesoro 12 marzo 1999, art. 15 della legge finanziaria per il 2002, nonché le relative di-sposizioni delle annuali leggi finanziarie).Il patto di stabilità è annualmente disciplinato dalla legge finanziaria.

6.7.2. Le variazioni al bilancioAl Consiglio compete di apportare, non oltre al 30 novembre di ciascun anno, le va-riazioni al bilancio di previsione, salvo che la Giunta non ritenga necessario proce-dere, con deliberazione d’urgenza, all’assunzione di un provvedimento di variazione,da sottoporre a ratifica del Consiglio, entro il termine di sessanta giorni, a pena di de-cadenza (art. 42, comma 4, D.Lgs. 267 del 2000).L’art. 175 D.Lgs. 267 del 2000 ha chiarito alcuni dubbi interpretativi, prescrivendo chela ratifica deve avvenire comunque entro il 31 dicembre dell’anno in corso, sempreche entro tale termine non siano scaduti i sessanta giorni, entro i quali deve proceder-si alla ratifica, a pena di decadenza (comma 4). È da ritenere che i sessanta giorni de-corrano dalla data di esecutività della deliberazione della Giunta e che la ratifica deb-ba essere conseguita entro il suddetto termine, anche se la legge parla di “sottoposi-zione” al Consiglio, come se fosse sufficiente iscrivere all’ordine del giorno del Con-siglio la ratifica entro il suddetto termine di decadenza, con la conseguenza che la ra-tifica potrebbe avvenire anche oltre tale termine; la soluzione può essere demandataalla normativa dei regolamenti di contabilità anche se non manca giurisprudenza chesostiene la necessità che la deliberazione debba essere ratificata entro sessanta giornie non solo inserita all’ordine del giorno del Consiglio15.

Altri allegati al bilancio diprevisione

La ratifica delle variazioni al bilancio

6.7. LE RELAZIONI PREVISIONALI E PROGRAMMATICHE...145

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

(15) TAR Puglia, Bari, I, 31 dicembre 1994, n. 1322, in TAR, 1995, I, pag. 797.

Qualora il Consiglio non proceda alla ratifica del provvedimento di variazione assun-to dalla Giunta oppure lo ratifichi solo parzialmente, si dispone che esso sia tenuto adadottare, nei successivi trenta giorni, e comunque sempre entro il 31 dicembre del-l’esercizio in corso, i provvedimenti ritenuti necessari nei riguardi dei rapporti even-tualmente sorti sulla base della deliberazione non ratificata, al fine di salvaguardare idiritti dei terzi (comma 5). La norma parla di “obbligo” del Consiglio (“è tenuto”), mamancando una espressa sanzione, è da ritenere che si tratti di semplice facoltà, inquanto non avrebbe senso obbligare il Consiglio, che è sovrano nella valutazione del-la opportunità di procedere alle variazioni di bilancio, a fare proprie le determinazio-ni della Giunta e, quindi, accollare all’ente gli oneri conseguenti ad un provvedimen-to, non ritenuto dal Consiglio rispondente agli interessi generali. Pertanto, in caso dimancata ratifica, ne risponderanno, verso i terzi, i membri della Giunta che hanno ap-provato il provvedimento di variazione.Il Consiglio, in sede di ratifica non solo può rifiutarsi di fare propri i provvedimentidi variazione adottati dalla Giunta, ma può modificarli, essendo il titolare del poteredi apportare le variazioni al bilancio, come precisa la lett. b, dell’art. 42 e ribadisce ilcitato art. 175, il quale accenna, altresì, alla variazione di assestamento generale delbilancio, che deve essere deliberata dal Consiglio entro il 30 novembre di ciascun an-no, mediante la verifica generale di tutte le voci di entrata e di uscita, compreso il fon-do di riserva, allo scopo di assicurare il mantenimento del pareggio di bilancio (com-ma 8).Il comma 4 dell’art. 42 fa divieto ad altri organi dell’ente di assumere, in via d’urgen-za, le deliberazioni di competenza del Consiglio, tranne che si tratti di variazioni delbilancio, or ora esaminate. Ma – come rilevato - vi è un altro caso di assunzione deipoteri del Consiglio da parte di “altro” organo: ci si riferisce al Sindaco, il quale nel-la stipulazione degli accordi di programma può assumere determinazioni che com-portano anch’esse “variazioni”, ma non del bilancio, bensì degli strumenti urbani-stici, determinazioni che debbono essere ratificate dal Consiglio entro trenta giorni,sempre a pena di decadenza (art. 34 D.Lgs. 267/2000). Vi è una differenza tra le de-liberazioni di variazione del bilancio e le determinazioni di variazione degli stru-menti urbanistici ed è il fatto che per le prime deve sussistere l’urgenza del provve-dere.Di particolare importanza è l’obbligo conferito al Consiglio di salvaguardare il prin-cipio dell’ equilibrio del bilancio, con obbligo di effettuare periodicamente, ma co-munque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, la ricognizione sul-lo stato di attuazione dei programmi, al fine di verificare la sussistenza degli equili-bri generali di bilancio. Qualora l’accertamento dia esito negativo e il Consiglio non adotti contestualmente iprovvedimenti riequilibrio, si instaura la procedura di scioglimento del Consiglio(art. 193 D.Lgs. 267/2000).Con la modifica del titolo V della Costituzione, che ha innovato in materia di control-lo sugli atti degli enti locali, sono state superate le questione che erano insorte in or-dine al controllo delle deliberazioni di variazione di bilancio. Nei riguardi delle deliberazioni d’urgenza della Giunta di variazione del bilancio nonè richiesto il parere del Collegio dei revisori16.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 146

L’assunzione deipoteri del

consiglio da partedi altri organi

Ricognizionesullo stato di

attuazione deiprogrammi

(16) TAR Lombardia, Milano, I, 27 dicembre 1999, n. 5105, in TAR, 2000, I, pag. 634.

Il rendiconto è un documento che acquista una forte valenza politica, in quanto sul-le sue risultanze si verifica e si controlla la corretta attuazione, da parte del Sindaco edella Giunta, degli obiettivi prefissati dal Consiglio, con l’adozione degli indirizzi, ge-nerali o specifici, e sui risultati generali conseguiti dalla gestione nel corso del passa-to esercizio.

Il conto del bilancio dimostra - ai sensi dell’art. 228 D.Lgs. 267 - i risultati finali del-la gestione autorizzatoria contenuta nel bilancio annuale rispetto alle previsioni e siconclude con la dimostrazione del risultato contabile di gestione e con quello conta-bile di amministrazione, in termini di avanzo, pareggio o disavanzo. Il conto economico evidenzia i componenti positivi (tributi, trasferimenti correnti,proventi dei servizi pubblici, del patrimonio, finanziari, le sopravvenienze attive e leplusvalenze da alienazioni) e negativi (acquisti di materie prime e beni di consumo,prestazioni di servizi, godimento di beni di terzi, spese per il personale, trasferimen-ti ai terzi, interessi passivi, imposte e tasse a carico del Comune, sopravvenienze pas-sive, minusvalenze da alienazioni, ammortamenti, minori crediti e minori residuipassivi) dell’attività dell’ente, secondo criteri di competenza economica (art. 229).Il conto del patrimonio (art. 230) rileva i risultati della gestione patrimoniale e rias-sume la consistenza del patrimonio al termine dell’esercizio, evidenziando le varia-zioni intervenute nel corso dello stesso, rispetto alla consistenza finale. Il patrimoniocomunale è costituito di: a) beni immobili, che si distinguono in demaniali (strade, acquedotti, beni di parti-

colare interesse storico, archeologico e artistico e le raccolte dei musei, pinacoteche,biblioteche) e patrimoniali, che a loro volta si suddividono in beni patrimoniali indi-sponibili, in quanto destinati a sedi di ufficio o ad un pubblico servizio e in beni pa-trimoniali disponibili, che sono posseduti dall’ente a titolo di proprietà civilistica (de-naro, azioni industriali, titoli di credito, immobili urbani, rurali, boschi, ecc.);b) beni mobili, i normali beni di consumo.Di tutti i beni debbono essere tenuti appositi registri, detti inventari, dei quali deveessere assicurato l’aggiornamento annuale.Il rendiconto deve essere deliberato (ossia approvato) dal Consiglio entro il 30 giugnodell’anno successivo (art. 227, comma 2)Era previsto l’invio del rendiconto al Comitato regionale di controllo, che doveva ul-

6.8. I CONTI CONSUNTIVI147

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

6.8. I conti consuntivi (art. 42, comma 2, lett. b)

È di competenza esclusiva del Consiglio l’approvazione del rendiconto dellagestione, definito con la tradizionale espressione “conti consuntivi”, espres-sione sintetica intesa ad indicare la complessa documentazione dimostrativadei risultati di gestione, consistenti nel conto del bilancio, nel conto economi-co e nel conto del patrimonio (art. 227 D.Lgs. 267 del 2000).

Sono allegati al rendiconto:a) la relazione della Giunta;b) la relazione dei revisori dei conti, della quale il Consiglio deve “motivata-mente” tenere conto, in sede di assunzione della deliberazione sul rendiconto;c) l’elenco dei residui attivi e passivi, distinti per anno di provenienza.Abbiamo riferito che il rendiconto si compone dei conti: del bilancio, economi-co e del patrimonio.

timare l’esame entro il termine di trenta giorni, decorsi i quali la deliberazione sul ren-diconto diveniva esecutiva (art. 133 D.Lgs. 267).Nell’esame del rendiconto, il Comitato regionale di controllo era, pure, facoltizzato ad“indicare all’ente interessato le modificazioni da apportare alle risultanze del conto consunti-vo con l’invito ad adottarle entro il termine massimo di trenta giorni”.Se il Consiglio non delibera il rendiconto entro il 30 giugno (oppure, non approva, conspecifica e dettagliata motivazione, il rendiconto stesso) oppure non apportava le mo-dificazioni suggerite dal Comitato regionale di controllo, oppure il Comitato annulla-va la deliberazione di adozione del rendiconto, era previsto che il Comitato di con-trollo procedesse, in via surrogatoria, alla nomina di uno o più commissari per la re-dazione del conto.A seguito dell’abrogazione dell’organo regionale di controllo, la materia rientra nelcontrollo interno, disciplinato dall’ente con la normativa statutaria, che deve preve-dere le forme di controllo, anche sostitutivo, ai sensi dell’art. 4, comma 2, della L. 135del 2003.In mancanza, sembra legittimo l’intervento del Prefetto, ai sensi dell’art. 19, comma5, del t.u. com. prov. 1934, che previa diffida invia un proprio commissario per la ste-sura del rendiconto.I Comuni con popolazione superiore a 8.000 abitanti e quelli i cui rendiconti si chiu-dono in disavanzo, ovvero rechino l’indicazione di debiti fuori bilancio, presentano ilrendiconto alla Sezione enti locali della Corte dei conti, per il referto di competenza(art. 227, comma 3).

6.9.1. La disciplina

Qualora l’investimento rientri nelle ipotesi previste dall’art. 201 del D.Lgs. 267 del2000 (già art. 46 del D.Lgs. 504 del 1992), deve essere adottato idoneo piano economi-co-finanziario.Infatti, il citato art. 201, precisa che gli enti locali e le aziende speciali sono autorizza-te ad assumere mutui, anche se assistiti da contributi dello Stato o delle Regioni, peril finanziamento di opere pubbliche destinate all’esercizio di servizi pubblici, soltan-to se i contratti di appalto sono realizzati sulla base di progetti «chiavi in mano» ed aprezzo non modificabile in aumento, con procedura di evidenza pubblica e con esclu-sione della trattativa privata. Qualora si tratti di nuove opere il cui progetto generale comporti una spesa superio-re al miliardo di lire (ora 516.000), gli enti e le aziende citate approvano un piano eco-nomico-finanziario diretto ad accertare l’equilibrio economico-finanziario dell’inve-stimento e della connessa gestione, anche in relazione agli introiti previsti ed al finedella determinazione delle tariffe.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 148

6.9. I piani finanziari, i programmi triennali e l’elencoannuale dei lavori pubblici (art. 42, comma 2, lett. b)

Riguardo ai piani finanziari, la materia è regolamentata dall’art. 200 del D.Lgs.267 del 2000, il quale dispone che l’organo deliberante (ossia la Giunta) che ap-prova il progetto od il piano esecutivo dell’investimento deve dare atto che lemaggiori spese derivanti dall’investimento trovano copertura nel bilancio plu-riennale, eventualmente modificato a tale scopo dal Consiglio comunale o pro-vinciale, e deve assumere l’impegno di inserire nei bilanci pluriennali successi-vi le ulteriori o maggiori previsioni di spesa relative ad esercizi futuri, dellequali è redatto apposito elenco.

Per i lavori pubblici, in generale, si applica la normativa prevista dal D.Lgs. 163 del2006 (codice dei contratti) per tutto quanto concerne la programmazione e l’attività diprogettazione dei lavori pubblici.Con la nuova stesura della lettera b, dell’art. 42 del D.Lgs. 267 la competenza all’appro-vazione dei progetti preliminari è della Giunta, salvo che sia prevista anche la variantedi strumento urbanistico, nel quale caso la competenza viene riconsegnata al Consiglio.17

6.9.2. Casi pratici

6.10.1. I piani territoriali e urbamisticiIn materia urbanistica - intesa come quella scienza che disciplina l’assetto e l’utilizza-zione del territorio (art. 80 d.P.R. 616 del 1977) - i Comuni svolgono poteri di iniziati-

6.10. PIANI TERRITORIALI E URBANISTICI E PROGRAMMI DI ATTUAZIONE149

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

Orientamenti di giurisprudenza:- nel caso di preesistenza di un programma di opere pubbliche approvato dal

Consiglio comunale, deve ritenersi sufficiente una deliberazione di Giuntaper l’approvazione del progetto, mentre, nel caso in cui manchi tale pro-gramma, l’approvazione del progetto, cumulando in sè anche la scelta del-l’opera pubblica, sfugge alla competenza della Giunta e si radica in quelladel Consiglio comunale18;

- in base agli artt. 1 e 6 della L. 3 gennaio 1978, n. 1, la competenza ad appro-vare i progetti di opere pubbliche, con conseguente dichiarazione di pub-blica utilità spetta unicamente al Consiglio comunale, potendo essere rimes-sa alla Giunta la sola assunzione, per periodi di tempo prestabiliti e per im-porti determinati, degli atti concernenti l’esecuzione delle opere19;

- in applicazione del combinato disposto degli artt. 42, lett. b e 38 del D.Lgs.267 (già artt 32 e 38 della L. 142), ogni qualvolta il Consiglio comunale abbiadeciso di dare corso alla realizzazione di un’opera pubblica, individuata neisuoi esatti connotati tecnico-finanziari, con l’approvazione del progetto el’assunzione del relativo impegno di spesa a carico del bilancio comunale, ilcompimento degli atti volti a dare concreta esecuzione alle determinazionidel Consiglio medesimo è riservato alla Giunta.20

6.10. I piani territoriali e urbanistici, i programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, le eventuali deroghe ad essi (art. 42, comma 2, lett. b)

(17) PERNICE, Qual è l’organo competente ad approvare i progetti preliminari?, in Nuova Rass., 1999, pag.590.(18) TAR Lazio, I, 28 settembre 1993, n. 1370, in TAR, 1993, I, pag. 3534; TAR Lombardia, Brescia, 15maggio 1993, n. 360, ivi, 1993, I, pag. 2485; TAR Abruzzo, L’Aquila, 16 agosto 1994, n. 566, ivi, 1994, I,pag. 3735; TAR Napoli, V, 24 gennaio 1995, n. 37, ivi, 1995, I, pag. 1303; TAR Basilicata, 6 febbraio 1995,n. 6, ivi, 1995, I, pag. 1961; Id., 20 giugno 1995, n. 342, ivi, 1995, I, pag. 3964; TAR Toscana, 26 luglio 1995,n. 196, ivi, 1995, I, pag. 4266; Consiglio di Stato, IV, 17 gennaio 1995, n. 23, in Cons. St., 1995, I, pag. 27,secondo il quale la competenza della Giunta si estende anche quando l’approvazione del progetto co-stituisce adozione di variante dello strumento urbanistico ai sensi dell’art. 1 della L. 1 del 1978-(19) TAR Abruzzo, L’Aquila, 13 giugno 1995, n. 457, in TAR, 1995, I, pag. 3808.(20) TAR. Veneto, 21 luglio 1995, n. 1108, in TAR, 1995, I, pag. 4215.

va, di impulso, di predisposizione degli strumenti urbanistici, di attuazione deglistessi e di controllo nella loro esecuzione.

Premesso che con il richiamo ai piani “territoriali”, si ha riguardo, in modo particola-re, ai già citati piani territoriali di coordinamento della Provincia, con riferimento al-l’attività comunale, si intende, innanzitutto, indicare il primo livello di pianificazioneurbanistica, che si articola con la predisposizione del piano regolatore generale o conil programma di fabbricazione, strumenti urbanistici che debbono sussistere in ogniComune, a seconda della scelta fatta dalla Regione.Circa l’obbligatorietà della redazione degli strumenti urbanistici si richiama il dispo-sto dall’art. 141 del D.Lgs. 267, che alla lett. c-bis) che dispone lo scioglimento deiConsigli nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei mille abitanti sianosprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti en-tro diciotto mesi dalla data di elezione degli organi. In questo caso, il decreto di scio-glimento del consiglio è adottato su proposta del Ministro dell’interno di concerto conil Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.Il progetto di piano regolatore generale è adottato dal Consiglio comunale, con de-liberazione non più soggetta al controllo di legittimità del Comitato regionale di con-trollo. Sul problema relativo all’obbligo di astensione dei consiglieri comunali interes-sati da talune destinazioni urbanistiche, in quanto proprietari o parenti di soggetti an-ch’essi destinatari delle scelte del piano, ved.infra.Il piano è depositato nella segreteria comunale per la durata di 30 giorni, affinchéchiunque possa prenderne visione e presentare le eventuali osservazioni, che sonoesaminate e discusse dal Consiglio comunale e qualora il loro accoglimento dia luo-go a modifica del piano, occorre procedere a nuova pubblicazione. Ultimata la fase di pubblicazione, il piano è trasmesso alla Regione che lo approva olo rinvia al Comune con richiesta di apportarvi modifiche; se il Comune non intendeaccoglierle spetta alla Regione, in sede di approvazione apportare le modifiche rite-nute opportune.Il piano ha di regola durata illimitata o quella prefissata dalla Regione, ma è possibile,

MANUALE DEL CONSIGLIERE 150

Il primo livello dipianificazione

urbanistica

Alla Provincia compete la redazione e l’attuazione del piano territoriale coor-dinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio e, inparticolare, indica:

a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazionedelle sue parti;

b) la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principa-li linee di comunicazione;

c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione del-le acque;

d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali (art. 20,comma 2, D.Lgs. 2567).

Riguardo alla pianificazione comunale un ruolo rilevante è affidato al Consi-glio comunale, cui compete intervenire nel momento pianificatorio, al quale èconferita, dall’art. 42, comma 2, lett. b), D.Lgs. 267 del 2000, la qualifica di “at-to fondamentale”, a significare l’esclusività del potere del Consiglio21.

(21) Cfr. TAR Lombardia, Milano, II, 14 marzo 1994, n. 87, in TAR, 1994, I, pag. 1871; TAR Toscana, I,1 luglio 1994, n. 416, ivi, 1994, I, pag. 3171.

durante la sua vigenza, apportarvi quelle varianti ritenute opportune dal Consigliocomunale, cui spetta procedere alla loro approvazione 22, con l’osservanza della proce-dura stabilita per l’adozione del piano (è stata abrogata, dall’art. 25 della L. 47 del 1985,la necessità di chiedere la preventiva autorizzazione regionale alla variante).I Comuni che non sono obbligati, in base alla normativa regionale, a dotarsi del pia-no regolatore generale, sono tenuti a formare un programma di fabbricazione, da in-cludere nel regolamento edilizio, e comprendente i limiti di ciascuna zona del territo-rio comunale e la tipologia edilizia delle stesse zone. Il programma di fabbricazione èstato equiparato, circa gli effetti pianificatori, al piano regolatore (sent. n. 23 del 1978della Corte costituzionale), con conseguente sua idoneità a contenere vincoli di desti-nazione di singole aree e sua attitudine all’applicazione delle misure di salvaguardia.In materia urbanistica una posizione molto rilevante è assunta dalla Regione, cuispetta legiferare sul “governo del territorio”, nell’esercizio di una competenza con-corrente con quella statale (art. 117, comma 3, Cost.)

6.10.2. I piani urbanistici di attuazioneL’art. 42, lett. b, del D.Lgs. 267 del 2000 attribuisce alla competenza del Consiglio co-munale anche i programmi annuali e pluriennali di attuazione dei piani urbanisticigenerali, con chiaro riferimento ai programmi pluriennali di attuazione, che i Comu-ni, individuati dalla Regione, debbono adottare, allo scopo di delimitare le aree e lezone - anche se non incluse negli strumenti attuativi - nelle quali debbono realizzarsile previsioni del piano regolatore o del programma di fabbricazione e le relative ur-banizzazioni, con riferimento ad un periodo di tempo non inferiore a tre e non supe-riore a cinque anni (art. 13 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, come modificato dall’art. 6del d.L. 23 gennaio 1982, n. 9). Il programma pluriennale è soggetto a modificazioneed integrazione, di norma, in occasione dell’approvazione del bilancio comunale (art.37, comma 3, della L.r. Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56 e successive modificazioni).Prima dell’approvazione del bilancio annuale, i Consigli comunali debbono verifica-re, con apposita deliberazione, la quantità e qualità delle aree e fabbricati da destinar-si alla residenza, alle attività produttive e terziarie, che potranno essere ceduti in pro-prietà od in diritto di superficie, nonché il prezzo di cessione per ciascun tipo di areao fabbricato.Rientra, altresì, nelle attribuzioni del Consiglio comunale, l’approvazione degli stru-menti urbanistici esecutivi del piano regolatore e del programma di fabbricazione,individuabili nei seguenti piani23:Piani regolatori particolareggiati

a) piani regolatori particolareggiati (ai sensi dell’art. 5, comma 5, della L. 127 del1997), con i quali le previsioni dello strumento urbanistico generale sono svilup-pati, con prescrizioni di dettaglio, relativamente alla volumetria ed altezza dellecostruzioni, agli edifici da demolire, restaurare, bonificare o ricostruire, alla sud-divisione degli isolati in lotti fabbricabili, alla rete stradale, agli spazi riservati adopere ed impianti pubblici. Il piano, il cui procedimento formativo ricalca quellodel piano regolatore, è adottato dal Consiglio (art. 14 della L. 17 agosto 1942, n.

6.10. PIANI TERRITORIALI E URBANISTICI E PROGRAMMI DI ATTUAZIONE151

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

Strumentiurbanisticiesecutivi

(22) TAR Lazio, I, 7 luglio 1993, n. 1062, in TAR, 1993, I, pag. 2919; TAR Valle d’Aosta, 19 ottobre 1995,n. 159, ivi, 1995, I, pag. 4795. Ved. BASSANI, Il piano regolatore, II edizione integrata ed aggiornata coni testi unici sull’edilizia e sull’espropriazione, Milano.(23) Cfr. NITTI, voce Edilizia e urbanistica, in Agenda del Comune 1999, Firenze, 1996, pag. 573 e segg.;per la giurisprudenza, TAR Campania, Napoli, IV, 30 dicembre 1994, n. 306, in TAR., 1995, I, pag. 740.

1150) ed è sottoposto all’approvazione della Regione, che fissa il termine, non su-periore a dieci anni, entro il quale il piano deve essere attuato; l’approvazione delpiano equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere ivi previste, per cui,deve essere notificato ai proprietari degli immobili vincolati dal piano;

b) piani di lottizzazione. In presenza di un piano regolatore generale o di un pro-gramma di fabbricazione e in mancanza di un piano particolareggiato, il Comu-ne può autorizzare i proprietari di aree a lottizzarle a scopo edilizio, ovvero, incaso di mancata adesione dei proprietari all’invito del Comune, questi può pre-disporre, d’ufficio un piano di lottizzazione. L’autorizzazione del Comune - dicompetenza del Consiglio comunale24 è subordinata alla stipulazione di una con-venzione, approvata dal Consiglio comunale, in cui sono precisati gli oneri che iproprietari sono tenuti ad adempiere (opere di urbanizzazione primaria e partedi quella secondaria, cessione gratuita di una quota delle aree necessarie per laurbanizzazione primaria e secondaria, termine non superiore a dieci anni entro ilquale debbono essere eseguite le opere, congrue garanzie finanziarie per l’adem-pimento degli obblighi derivanti dalla convenzione). I piani di lottizzazione nonsono soggetti all’approvazione regionale, ai sensi dell’art. 24 della L. 47 del 1985;

c) piani di zona per l’edilizia economica e popolare (PEEP). I Comuni con popola-zione superiore a 50.000 abitanti o che siano capoluoghi di Provincia sono ob-bligati alla redazione di un piano con il quale sono reperite le aree da destinarealla costruzione di case a carattere economico (L. 18 aprile 1962, n. 167). La Regio-ne può prescrivere l’obbligo anche per i Comuni che siano limitrofi ai Comuniche sono obbligati o abbiano una popolazione di almeno 20.000 abitanti, o sianoriconosciuti stazioni di cura, soggiorno o turismo o abbiano un indice di affolla-mento, secondo i dati ufficiali dell’ISTAT, superiore a 1,5 o che sia in atto un in-cremento demografico eccezionale o vi sia una percentuale di abitazioni malsanesuperiore all’8%.

Il piano deve tenere conto dell’esigenza edilizia economica per un decennio e nonpuò essere inferiore al 40% e superiore al 70% di quella necessaria a soddisfare il fab-bisogno abitativo nel periodo di vigenza del piano, fatta salva la potestà per il Comu-ne di inserire nei piani di zona anche aree sulle quali insistono immobili, da demoli-re o ristrutturare o ritenuti necessari per la realizzazione del piano.Il piano è deliberato dal Consiglio comunale25, è depositato nelle segreteria del Co-mune, nel termine di cinque giorni dalla adozione e vi rimane per i successivi diecigiorni; dell’avvenuto deposito è data notizia con manifesto da affiggersi all’albo pre-torio e da inserire nel Foglio degli annunzi legali della Provincia. Entro venti giornidalla data di inserzione gli interessati possono presentare osservazioni. Contestual-mente al deposito nella segreteria comunale, il Sindaco comunica il piano alle ammi-nistrazioni centrali dello Stato se sono coinvolti dal piano beni statali; le amministra-zioni interessate debbono presentare le loro osservazioni entro 30 giorni dalla comu-nicazione.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 152

PEEP

Piani dilottizzazione

(24) Su cui ved.: TAR Lombardia, Milano, III, 21 aprile 1993, n. 263, in TAR, 1993, I, pag. 2460; Id., I,13 ottobre 1994, n. 806, ivi, 1994, I, pag. 4391; TAR Lazio, Latina, 15 luglio 1993, n. 941, ivi, 1993, I,pag. 2460; TAR Trentino-Alto Adige, Trento, 16 febbraio 1995, n. 43, ivi, 1995, I, pag. 1653; TAR La-zio, II, 24 aprile 1996, n. 710, ivi , 1996, I, pag. 1748; Id., 26 settembre 1996, n. 1748, ivi, 1996, I, pag.3644.(25) Sulla competenza generale del Consiglio comunale in merito alla localizzazione degli interven-ti di edilizia residenziale pubblica, in quanto attuativi di prescrizioni del piano regolatore generale,cfr. TAR Lazio, I, 23 maggio 1996, n. 811, in TAR, 1996, I, 2240.

Sulle osservazioni si pronuncia il Consiglio comunale, con adeguate controdeduzio-ni; non è più richiesta l’approvazione regionale (art. 24 L. 47 del 1985), salvo che il pia-no ricomprenda aree ed ambiti territoriali di interesse della Regione, nel quale casoquesta deve concedere apposita autorizzazione.Di regola, tutti i programmi di edilizia residenziale pubblica debbono essere realizza-ti tenendo conto delle aree scelte a tali fini dal piano di zona per l’edilizia economicae popolare (PEEP), di cui il Comune sia provvisto. Per i Comuni non dotati, è previ-sto che i programmi costruttivi siano localizzati su aree indicate con deliberazione delConsiglio comunale (che è, quindi, equiparata al piano di zona) “nell’ambito delle zo-ne residenziali dei piani regolatori e dei programmi di fabbricazione, sempre che que-sti risultino approvati o adottati e trasmessi per le approvazioni di legge” (art. 51 L.22 ottobre 1971. n. 865). I PEEP ed i loro aggiornamenti sono attuati con appositi programmi pluriennali(biennali o triennali) approvati con deliberazione del Consiglio comunale, immedia-tamente esecutiva (art. 38 della L. 865 del 1971, come sostituito dall’art. 1 del D.L. 2maggio 1974, n. 115, convertito in L. 27 giugno 1974, n. 247);

d) piano per gli insediamenti produttivi (PIP). I Comuni dotati di piano regolato-re o di programma di fabbricazione possono formare, singolarmente o riuniti inconsorzio, un piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi (indu-striali, artigianali, commerciali, turistici), nell’ambito delle zone a ciò destinatedai relativi strumenti urbanistici generali. Il piano è adottato con deliberazionedel Consiglio comunale ed è depositato nella segreteria comunale per venti gior-ni e ad esso si applicano le norme previste per i PEEP; esso è approvato dalla Re-gione, ha validità decennale e le aree destinate agli insediamenti produttivi sonocedute in proprietà per una misura non superiore al 50% e per la rimanente inconcessione con diritto di superficie (art. 27 della L. 865 del 1971);

e) piani di recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente (art. 27, dellaL. 457 del 1978, modificato dall’art. 14 della L. 179 del 1992). Al fine di procedereal recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, mediante interventirivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione ed alla migliore uti-lizzazione del patrimonio stesso, i Comuni debbono individuare, in sede di ap-prontamento degli strumenti urbanistici generali, le zone ove, per le condizionidi degrado, si rende opportuno il recupero di cui sopra. Per i Comuni che all’en-trata in vigore della L. 5 agosto 1978, n. 457, erano già dotati di piano regolatoreo di programma di fabbricazione, l’individuazione delle aree è effettuata con de-liberazione del Consiglio comunale .

Con la stessa deliberazione o con una successiva, i Comuni debbono individuare, nel-l’ambito delle zone di recupero, gli immobili, i complessi edilizi, gli isolati e le areeper i quali il rilascio del permesso a costruire è subordinato al piano di recupero, daformarsi entro tre anni, decorsi i quali, senza che sia formato il piano, la deliberazio-ne di individuazione degli immobili, decade.Il piano è approvato con deliberazione del Consiglio comunale, con la quale vengonodecise le opposizioni presentate al piano ed ha efficacia immediata; trovano applica-zione, in quanto compatibili, le disposizioni previste per i piani particolareggiati (artt.27 e 28 della L. 457 del 1978).Sono interessati, in via principale, all’attuazione del piano di recupero i proprietari,singoli o riuniti in consorzio, i quali, indipendentemente da un intervento del Comu-ne, qualora rappresentino almeno i tre quarti del valore dell’immobile, possono pre-sentare un loro autonomo piano di recupero, da approvarsi con deliberazione delConsiglio comunale (art. 30 L. 457);

6.10. PIANI TERRITORIALI E URBANISTICI E PROGRAMMI DI ATTUAZIONE153

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

PIP

Piani di recupero

f) programmi di riqualificazione urbana. I Comuni con popolazione superiore a300.000 abitanti e i Comuni con essi confinanti ovvero rientranti nelle aree metro-politane da definirsi ai sensi del D.Lgs.267 del 2000, i Comuni capoluogo di Pro-vincia, i Comuni interessati da una percentuale significativa di aree industriali di-smesse e i Comuni ricadenti in ambiti sovracomunali interessati da fenomeni ditrasformazione economica, individuati dalla Regione, possono chiedere di usu-fruire dei finanziamenti disposti dalla L. 17 febbraio 1992, n. 179 e finalizzati:

- alla realizzazione di parti significative delle opere di urbanizzazione primaria esecondaria;

- ad interventi di edilizia non residenziale che contribuiscano al miglioramentodella qualità della vita;

- ad interventi di edilizia residenziale, che inneschino processi di riqualificazionefisica dell’ambito considerato.

I Comuni debbono redigere un programma, la cui adozione è di competenza del Con-siglio comunale, che definisce quali interventi siano meritevoli di finanziamento. Det-ta proposta è inviata al Segretariato generale del Comitato per l’edilizia residenziale(CER), il quale, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, individua le propostedi programma meritevoli di finanziamento ed invita i Comuni alla stipulazione delprotocollo d’intesa, relativo al finanziamento ed all’attuazione del programma. Allo stesso Segretariato sono trasmessi, a cura del Comune, la progettazione e la do-cumentazione definitiva, ai fini della conclusione dell’accordo di programma . Se leproposte prevedono varianti agli strumenti urbanistici vigenti, i Comuni, prima del-la conclusione dell’accordo di programma, devono dare, in conformità alle disposi-zioni delle relative norme regionali, adeguata pubblicità al programma. Nel termineprevisto per l’inizio dei lavori, il Comune stipula con il Segretariato una convenzio-ne, disciplinante l’erogazione dei finanziamenti.Se l’accordo di programma comporta variazione degli strumenti urbanistici, l’adesio-ne del Sindaco deve essere ratificata dal Consiglio comunale, entro trenta giorni, pe-na la decadenza;

g) programmi integrati di intervento. Il legislatore nazionale ha dato attuazione,con l’art. 16 della citata L. 19 del 1992, ad una attività programmatoria, già disci-plinata da alcune Regioni (ved. L.r. Lombardia 22 del 1986; L.r. Puglia 26 del1990), e tendente al finanziamento di programmi integrati mirati alla riqualifica-zione dei tessuti urbanistico-edilizi mediante il coordinamento degli interventipubblici e privati.

Soggetti pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio o in associazione fradi loro, possono presentare al Comune programmi integrati relativi a zone in tutto oin parte edificate o da destinare anche a nuova edificazione, al fine della loro qualifi-cazione urbana ed ambientale. I programmi sono approvati dal Consiglio comunale e qualora il programma sia incontrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici, la deliberazione di approva-zione del Consiglio comunale è soggetta alle osservazioni, da inviare al Comune en-tro quindici giorni dalla data della sua esposizione all’albo pretorio, coincidente conl’avviso pubblico sul giornale locale. Il programma, con le eventuali osservazioni - econseguenti controdeduzioni del Consiglio - è trasmesso, entro i successivi dieci gior-ni, alla Regione, che provvede alla approvazione o alla richiesta di modifiche, entro isuccessivi centocinquanta giorni, trascorsi i quali si intende approvato.La realizzazione dei programmi integrati non è subordinata all’inclusione nei pro-grammi pluriennali di attuazione (art. 16 della L. 19 del 1992, su cui ved. la sent. n.393 del 1992 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituziona-le dei commi 3, 4, 5, 6 e 7, laddove dettano norme relative ad operazioni concrete

MANUALE DEL CONSIGLIERE 154

Programmi diriqualificazione

urbana

Programmiintegrati diintervento

per l’attuazione del piano e dei suoi effetti, in violazione delle competenze regiona-li);

h) programmi di recupero urbano (PRU), costituiti da un insieme sistematico diopere finalizzate alla realizzazione, alla manutenzione e all’ammodernamentodelle urbanizzazioni primarie, con particolare attenzione ai problemi di accessi-bilità degli impianti e dei servizi a rete, e delle urbanizzazioni secondarie, allaedificazione di completamento e di integrazione dei complessi urbanistici esi-stenti, alla manutenzione ordinaria e straordinaria, al restauro e al risanamentoconservativo e alla ristrutturazione edilizia degli edifici (art. 11 del D.L. 5 ottobre1993, n. 398, convertito in L. 4 dicembre 1993, n. 493)26.

Il CER, ai fini della realizzazione dei programmi di recupero urbano, determina mo-dalità e criteri generali per la concessione dei contributi, per l’individuazione dellezone urbane interessate e per la determinazione delle tipologie d’intervento, avendoriguardo alla tutela dei lavoratori dipendenti e delle categorie più deboli.I programmi di recupero sono proposti al Comune da soggetti pubblici e privati, ancheassociati fra di loro; il Comune definisce, con deliberazione del Consiglio, le priorità didetti programmi, sulla base di criteri oggettivi per l’individuazione degli interventi.Ai fini dell’approvazione dei programmi di recupero urbano, può essere promossa laconclusione di un accordo di programma, ai sensi l’art. 34 D.Lgs. 267/2000, in base alquale, qualora l’accordo comporti variante agli strumenti urbanistici, l’adesione delSindaco al programma deve essere ratificata dal Consiglio comunale, entro trentagiorni, a pena di decadenza.Rientrano, inoltre, nella competenza del Consiglio comunale:

- il rilascio di permessi a costruire in deroga, atteso che costituiscano mutamentodell’assetto urbanistico edilizio previsto con gli strumenti di pianificazione27;

- l’approvazione dei progetti di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati,che gli interessati presentano al Comune, ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152(codice dell’ambiente).

- l’approvazione del piano urbano del traffico (PUT) e del programma urbano deiparcheggi (PUP), ai sensi della L. 24 marzo 1989, n. 122;

- l’approvazione dei piani atti a favorire la mobilità ciclistica, ai sensi della L. 19 ot-tobre 1998, n. 366.

Deve, pertanto, riconoscersi la competenza del Consiglio, in ordine al parere che laRegione chiede al Comune, prima dell’adozione del piano per il parco, anche in con-siderazione del fatto che il suddetto piano “ha valore anche di piano paesistico e di piano

PRU

6.11. I PARERI155

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

(26) Con la legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 340) sono stati stabiliti appositi fondi per il re-cupero di aree e quartieri degradati nelle città del Mezzogiorno, identificati quali zone franche urbane.(27) TAR Puglia, Bari, II, 9 febbraio 1996, n. 29, in I TAR, 1996, I, pag. 1551.

6.11. I pareri da rendere in dette materie(art. 42, comma 2, lett. b)

L’Art. 42, co. 2, lett. b) del D.Lgs. 267/2000 attribuisce al Consiglio comunalela potestà di esprimere parere ogni qualvolta sia richiesto da una norma di leg-ge, che disciplini l’attività pianificatoria del Comune, in genere, o con specifi-co riferimento alla materia finanziaria, alle opere pubbliche, all’urbanistica,materie richiamate nella lett. b, qui in esame.

urbanistico e sostituisce i piani paesistici ed i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livel-lo” (art. 25, comma 2, della L. 394 del 1991).Come, pure, di attribuzione del Consiglio comunale è il parere che il Comune deveesprimere sul piano pluriennale economico e sociale di gestione, predisposto dal-l’ente parco (art. 25, comma 3, L. 394).Deve ritenersi, altresì, di competenza del Consiglio comunale e provinciale il parere suipiani regionali di gestione dei rifiuti (art. 196, comma 1, lett. a del D.Lgs. 152 del 2006).Il Consiglio comunale deve, altresì, corredare del proprio parere l’istanza per l’istitu-zione di Centri di servizi a disposizione delle organizzazioni di volontariato e da que-sti gestiti, con la funzione di sostenere e qualificarne l’attività (art. 3, comma 2, D.M.21 novembre 1991).Particolarmente significativa, in sede di redazione degli strumenti di programmazio-ne, è la legislazione regionale che prescrive la collaborazione degli enti locali, sia me-diante forme di partecipazione collettiva, sia mediante richiesta di specifici pareri aciascuno di essi28.

L’originario testo dell’art. 32, lett. c), della L. 142 attribuiva al Consiglio il potere di di-sciplinare lo stato giuridico, le assunzioni del personale, le piante organiche e le rela-tive variazioni.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 156

Orientamenti di giurisprudenza- Il parere comunale relativo all’autorizzzione alla coltivazione di una cava,

non essendo un semplice parere tecnico, ma una valutazione di merito, la cuideterminazione può, se in contrasto con la previsione di piano, assumere va-lenza di variante al piano medesimo, deve essere assunto con delibera delConsiglio29;

- deve essere reso dal Consiglio e non dalla Giunta il parere in ordine alla re-visione della pianta organica delle farmacie30;

- nel caso in cui l’organo politico dell’ente locale abbia nominato un organotecnico per compiere valutazioni e giudizi di merito, deve tendenzialmenterispettare e fare proprie le determinazioni che l’organo tecnico assume, ed ètenuto a motivare espressamente solo ove intenda discostarsene31;

- è inammissibile l’esercizio ex post della funzione consultiva, dovendo il pa-rere necessariamente precedere la pronuncia dell’organo deliberante (che es-so concorre a formare)32.

6.12. [Le piante organiche e le relative variazioni (art. 32, lett. c)]

(28) VANDELLI, Ordinamento delle autonomie locali, cit., pag. 188.(29) TAR Liguria, I, 29 maggio 1997, n. 221, in TAR, 1997, I, pag. 2499.(30) TAR Abruzzo, L’Aquila, 31 gennaio 1998, n. 214, in TAR, 1998, I, pag. 1011.(31) TAR Molise, 30 novembre 1999, n. 396, in TAR, 1999, I, pag. 290.(32) Consiglio di Stato, IV, 12 giugno 1998, n. 941, in Cons. St., 1998, I, pag. 822.

A seguito della privatizzazione del pubblico impiego, con l’art. 74 del D.Lgs. 29del 1993, sostituito dall’art. 38 del D.Lgs. 546 del 1993, si è provveduto ad abro-gare le competenze consiliari relativamente allo stato giuridico ed alle assun-zioni del personale.

Permaneva, quindi, la competenza del Consiglio, in ordine alla determinazione degliorganici e relative variazioni.Come rilevato al paragrafo 6.5 è stata conferita alla Giunta comunale e provinciale,dall’art. 5, comma 4, della L. 127 del 1997, la potestà di disciplinare con apposito re-golamento l’ordinamento degli uffici e servizi, compresa la determinazione dellepiante organiche (art. 6, comma 9, citata L. 127), per cui con il comma 6 della stessalegge, si è provveduto ad abrogare la lettera c), per la parte ancora vigente.

6.13.1. Convezioni facoltative

L’art. 30 D.Lgs. 267/2000 non stabilisce quali siano le condizioni per addivenire allascelta della convenzione33, ma si ritiene che si debba ricorrervi in tutti quei casi in cuisi deve procedere all’esercizio di una funzione (come l’ufficio di segreteria)34 oppuredi un pubblico servizio che, per la tenue importanza, in rapporto a quella degli entiinteressati o per il fatto di non avere carattere prevalentemente industriale (come neicasi dei servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti, macellazione, trasporti funebri, sco-lastici, ecc.) può essere gestito cumulativamente dagli enti locali, senza dover ricorre-re ad un consorzio o ad una Unione di Comuni35.Comuni o Province, Comuni e Province, enti locali tra di loro, per poter stipulare unaconvenzione, avente ad oggetto lo svolgimento, in modo coordinato, di funzioni eservizi “determinati”, ossia analiticamente specificati, debbono, in primo luogo, adot-tare apposita deliberazione del Consiglio (ai sensi dell’art. 42, lett. c), D.Lgs.267/2000, con la quale manifestano la volontà di convenzionarsi ed indicano:

- i fini perseguiti;

6.13. CONVENZIONI TRA COMUNI E TRA COMUNI E PROVINCE157

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

Contenuti delladeliberazioneconsiliare

6.13. Le convenzioni tra i Comuni e quelle tra Comuni e Province (art. 42, lett. c)

La lettera c dell’art. 42 fa riferimento, con il richiamo alle “convenzioni”, allanormativa prevista dall’art. 30, del D.Lgs. 267 del 2000 mentre, con riguardo al-le “forme associative”, ha inteso indicare gli istituti del “consorzio”, dell’“unio-ne di Comuni” e delle “Comunità montane” (di cui agli artt. 31, 32 e 33 delD.Lgs. 267 del 2000), tutte materie riservate alla competenza esclusiva delConsiglio comunale o provinciale e che saranno trattate separatamente nei pa-ragrafi che seguono.

(33) In materia, cfr.: MARTELLINO, Note minime sul rapporto tra convenzioni amministrative, autonomiacontrattuale e fonte legale, in Riv. giur. ener. elett., 1995, 197; FALCON, Convenzioni e accordi amministra-tivi, in Enc. giur., Roma, 1988, 5; FERRARA, Intese, convenzioni e accordi amministrativi, in Dig. pubb.,Torino, 1993, 352; BEZZI, in AA. VV., Testo unico degli enti locali, cit., 2000, voL. I, tomo, I, 358; BAZ-ZANI-ROMANO, in AA. VV., Commentario al nuovo t.u. degli enti locali, Padova, 2002, 225; DAMON-TE, in AA. VV., L’ordinamento degli enti locali nel testo unico, cit., 251.(34) MEOLA, Le convenzioni, con particolare riguardo a quelle di segreteria, in Nuova rass., 1993, 269;ARONICA, Le convenzioni di segreteria, ivi, 1998, 2350.(35) Si è rilevato un parallelo tra le forme di gestione dei servizi pubblici locali, di cui all’art. 113 equelle associative, qui in esame, nel senso che mentre le gestioni in economia trovano a livello sovra-comunale o sovraprovinciale il loro corrispondente nella convenzione, quelle costituite per aziendaspeciale o istituzione trovano corrispondenza, sempre a livello ultracomunale, nel consorzio, organi-smo dotato di separata personalità giuridica (TAR Lombardia, Milano, III, 4 novembre 1997, n. 1905,in TAR, 1998, I, 74).

- la durata (predeterminata o commisurata al raggiungimento degli obiettivi); - la possibilità di rinnovo della convenzione alla scadenza; - le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari (ossia la

indicazione del contributo che ciascun ente deve corrispondere per il corretto svol-gimento della funzione o del servizio comune, sia in numerario, sia con la messaa disposizione di personale e mezzi);

- i reciproci rapporti o garanzie, che l’ente offre per assicurare la continuità dei fi-nanziamenti e quindi l’erogazione dei servizi, con la eventuale previsione di san-zioni, in caso di inosservanza (art. 30, comma 2, D.Lgs. 267/2000;

- la scelta tra la costituzione di uffici comuni e la delega di funzioni (comma 4 ); conquesta disposizione si è dato atto di quanto era stato già oggetto di previsione daparte delle convenzioni tra gli enti locali, che avevano prefigurato uffici comuni oil ricorso all’istituto della delega, in quanto esula dalla convenzione creare auto-nomi organi amministrativi che presiedano alla gestione dei compiti assegnati, di-versamente dai consorzi, unioni di Comuni e Comunità montane, che assurgonoad enti con personalità giuridica distinta da quella degli enti che concorrono a co-stituirli36.

Si potranno, quindi, costituire uffici comuni, che gestiscono gli stessi servizi o svolgo-no le stesse funzioni in un solo Comune o Provincia oppure in più di essi, con il per-sonale distaccato dagli enti partecipanti all’accordo convenzionale oppure si potrà ri-correre all’istituto della delegazione delle funzioni e servizi da parte degli enti parte-cipanti ad uno solo di essi, che agisce in luogo e per conto dei deleganti.La convenzione, oggetto della deliberazione con la quale gli enti manifestano la vo-lontà di esercitare in comune, servizi e funzioni, è poi soggetta ad apposita stipula-zione da parte dei legali rappresentanti degli enti convenzionati, ossia i Sindaci ed iPresidenti delle Province, non rientrando tale tipo di convenzione tra gli atti gestio-nali, di specifica competenza dei dirigenti e dei responsabili degli uffici e dei servizi37.

6.13.2. Convenzioni obbligatorie Il comma 3 dell’art. 30 D.Lgs. 267/2000 prevede la possibilità che la gestione comunedi uno specifico servizio o la realizzazione di un’ opera (è escluso l’esercizio di fun-zioni) da parte dei Comuni e delle Province, sia disposta autoritativamente dallo Sta-to o dalla Regione, nelle materie di propria competenza.In tale caso, lo Stato e la Regione predispongono un disciplinare-tipo, che svolge lefunzioni della convenzione, provvedimento che gli enti obbligati possono integrare,di comune accordo, sempre che non siano in contrasto con le finalità della convenzio-ne obbligatoria.Fattispecie di tale gestione associata a carattere obbligatorio sono rinvenibili, adesempio, nell’art. 9 della L. 5 gennaio 1994, n. 36, riguardante le risorse idriche, ilquale dispone che i Comuni e le Province provvedono alla gestione del servizio idri-co integrato mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla L. 142, come inte-grata dalla L. 498 del 1992, ora, art. 116 D.Lgs. 267).

MANUALE DEL CONSIGLIERE 158

(36) MAGGIORA, in AA.VV., Autonomia e ordinamento degli enti loc., cit., 156.(37) È stato deciso che la convenzione di cui all’art. 24 della L. 142 (ora, art. 30) consente solo intesetra i Comuni e non l’affidamento del servizio da parte di un Comune ad Azienda di altro Comune,essendo necessaria l’adozione di un procedimento concorsuale (Consiglio di Stato, V, 14 novembre1996, n. 1374, in Cons. St. , 1996, I, 1738; contra , TAR Liguria, II, 2 febbraio 1994, n. 35, in TAR , 1994,I, 1458; TAR Emilia Romagna, 3 ottobre 2000, n. 827, ivi, 2000, I, 5197.

All’occorrenza, la Regione potrebbe disporre la gestione di uno dei servizi sopra cita-ti con l’adozione di un disciplinare-tipo, che regoli il ricorso all’istituto della conven-zione.Il carattere obbligatorio della convenzione sembra che non richieda un provvedimen-to deliberativo di adesione, da parte dei soggetti destinatari dell’obbligo di conven-zionamento, anche se l’art. 42, comma 2, lett. c), nel prevedere la competenza esclusi-va del Consiglio, non distingue tra convenzioni obbligatorie o facoltative.Sarà comunque necessaria una determinazione, da parte del competente organo(Giunta, organo esecutivo o responsabile del procedimento di spesa) che individui ilcontributo dell’ente alla gestione, compresa la previsione di uffici comuni o della de-lega di funzioni, al fine di svolgere adeguatamente i compiti affidati.Se l’ente non recepisce gli oneri che gli sono commessi, è da ritenere possibile l’inter-vento surrogatorio del previsto organo regionale, che, previa diffida, agisce in caso diinottemperanza (art. 136).

6.14.1. Premessa

6.14. I CONSORZI159

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

6.14. I consorzi (art. 42, comma 2, lett. c)

Il consorzio amministrativo38 può definirsi come una “organizzazione creatada più soggetti fra di loro per assolvere in modo unitario, attraverso essa, acompiti della medesima specie e propri di ciascuno di essi, senza finalità di lu-cro e senza conferimento di beni o servizi da parte dei consociati”39.

(38) L’istituto consortile è figura organizzatoria ricorrente sia nel diritto privato (cfr. art. 2602 c.c., chedisciplina i consorzi industriali), sia in quello amministrativo, ma non riconducibile ad una nozionegiuridica unitaria (così, STANCANELLI, Consorzi amministrativi, in Nss. D.I., Torino, 1959, voL. IV,pag. 250). In matera, cfr., altresì, MIELE-STANCANELLI, Consorzi amministrativi, in Enc. dir., Milano,1961, voL. IX, pag. 408; BERNARDI, Consorzi fra enti locali, in Enc. dir., Milano, 1961, voL. IX, pag. 414;GIZZI, Consorzi fra enti pubblici, in Nss. D.I., Torino, 1959, voL. IV, pag. 261 e l’aggiornamento, ivi, Ap-pendice II, 1981, pag. 486; STANCANELLI, Aggiornamento della voce Consorzi amministrativi, in Nss.D.I., Appendice II, 1981, pag. 480; AA. VV, I nuovi consorzi nell’ordinamento locale, Gorle, 1992; MAG-GIORA, in AA. VV., Testo unico degli enti locali, cit., voL. I, tomo I, pag. 373.Osserva BERTI, (Caratteri dell’amministrazione comunale e provinciale, Padova, 1969, pag. 199, nota 87)“come il problema dell’autonomia locale si sia legato anche a quelli del consorzio fra enti locali. Ta-lora anzi alcuni di questi, e segnatamente la Provincia e la Regione, sono stati veduti come associa-zioni o consorzi, rispettivamente di Comuni e Province” (si veda l’art. 1 del Progetto Minghetti del1860, sull’amministrazione regionale, secondo il quale “tutte le Province che compongono una Re-gione costituiscono tra loro un consorzio obbligatorio per le spese relative a...”). Il citato autore con-clude rilevando che altra ripresa specifica di tale tematica si è avuta in rapporto alla legislazione si-ciliana sul “liberi consorzi”, tendenzialmente sostitutivi delle Province (d.P.g.reg. 29 ottobre 1955, n.6, rimasto peraltro inattuato).(39) MIELE-STANCANELLI, Consorzi amministrativi, in Enc. dir., Milano, 1961, voL. IX, pag. 410; cfr.,anche SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1982, voL. I, 495, che definisce i consor-zi “organizzazioni permanenti per la realizzazione e la gestione di opere o servizi di interesse comu-ne ai vari consociati (sono quindi enti di tipo comunitario), senza che peraltro delle opere e dei ser-vizi diventi titolare il consorzio”; CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 1999, pag. 93.

Il consorzio esercita, quindi, una attività, comune agli enti consorziati, che tuttavia neconservano la titolarità40; il consorzio è perciò un ente strumentale per la cura di in-teressi di altri enti e possiede una personalità giuridica distinta da quella degli entiche concorrono alla sua costituzione (cfr. art. 162, t.u. com. prov. 1934, il quale espres-samente qualificava i consorzi facoltativi od obbligatori come “enti morali”)41.Quanto alla loro costituzione, si distingue tra consorzi facoltativi, obbligatori e coat-tivi, a seconda che siano istituiti da un accordo degli interessati (facoltativi) oppurela cui costituzione sia disposta dalla legge (obbligatori) oppure siano costituiti d’uf-ficio da un’autorità amministrativa sovraordinata per provvedere a determinati ser-vizi od opere di carattere obbligatorio (coattivi)42. Con la normativa introdotta dalla L. 14243, il consorzio non è più a carattere monofun-zionale, potendo essere costituito per la gestione di uno o più servizi e, inoltre, secon-do la recente legislazione, anche per l’esercizio di funzioni, le quali, in precedenza,potevano essere gestite in forma associata solo con rinvio alla normativa stabilita perle convenzioni. A tutti i consorzi, sia che esercitino funzioni (come l’ufficio di segreteria comunale,l’ufficio tecnico, di statistica, ecc.), sia che gestiscano servizi, privi di rilevanza im-prenditoriale, si applicano le norme dettate per gli enti locali (art. 2, comma 2, D.Lgs.267/2000), oltre alle disposizioni previste per le aziende speciali, in quanto compati-bili (art. 31, commi 1 e 8)44.Con il nuovo istituto del consorzio si privilegia la plurifunzionalità, esigenza codifica-ta dalla disposizione di cui al comma 6 dell’art. 31, il quale pone il divieto di costituiretra gli stessi enti locali, più di un consorzio, disposizione, peraltro, facilmente eludibile,con l’inclusione di un nuovo ente, tra quelli che compongono il consorzio già operante. Similmente alla convenzione, anche nei confronti dei consorzi è prevista la loro costi-tuzione obbligatoria, qualora una specifica legge dello Stato ne determini la costitu-zione, in presenza di un rilevante interesse pubblico; la stessa legge ne demanda l’at-tuazione alle leggi regionali (art. 31, comma 7)45. In tali casi, qualora sia prevista la no-mina di rappresentanza del Comune o della Provincia, la stessa compete al Sindaco oal Presidente della Provincia46.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 160

(40) Cfr., in terminis, Consiglio di Stato, IV, 15 febbraio 1985, n. 47, in Cons. St., 1985, I, pag. 135, il qua-le afferma che il fatto di più Comuni riuniti in consorzio per l’esercizio congiunto di talune funzioninon comporta che tali funzioni debbano, per ciò solo, qualificarsi come relative ad interessi sovraco-munali ed estranee alla competenza comunale.(41) Cfr. sul carattere di ente strumentale del consorzio, Consiglio di Stato, V, 9 maggio 2001, n.2605,in Cons. St., 2001, I, pag. 1117.(42) Un tipico consorzio coattivo era previsto dall’art. 332 t.u. com. prov. 1934, il quale prevedeva chela commissione centrale per la finanza locale, in sede di approvazione dei bilanci deficitari potesse,al fine di assicurare l’andamento dei servizi obbligatori, promuovere anche, ove occorresse, la costi-tuzione coattiva di consorzi. (43) Il testo originario della disposizione (art. 25 della L. 142), che ridisciplina l’istituto consortile, èstato ampiamente modificato ed integrato dall’art. 5 (commi 8, 8-bis, 9 e 9-bis) del d.L. 28 agosto 1995,n. 361, con le innovazioni che sono state recepite nell’art. 31 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.(44) È stato deciso che i consorzi (nella specie di polizia municipale) sono soggetti alla normativapubblicistica e non privatistica e agiscono di regola mediante atti di diritto amministrativo (TARLombardia, Brescia, 27 maggio 2003, n. 752, in Foro amm. TAR, 2003, pag. 1517).(45) Data la loro costituzione in base a legge occorre una specifica norma di legge per lo scioglimen-to del consorzio o per l’assunzione da parte dello stesso di fini diversi o ulteriori rispetto a quelli sta-biliti dalla legge (Consiglio di Stato, V, 14 febbraio 2002, n. 899, in Cons. St., 2002, I, pag. 320).(46) Consiglio di Stato, I, 14 novembre 2001, n. 4, in Cons. St., 2002, I, pag. 477.

6.14.2. La costituzione del consorzio facoltativoLa costituzione di un consorzio facoltativo è soggetta ad un complesso procedimen-to, in parte disciplinato dalla legge, e in parte lasciato alla libera iniziativa degli entilocali interessati, i quali, con trattative, incontri e accordi preliminari, danno contenu-to e forma all’organismo che si intende costituire.Accanto allo Statuto (che nel passato costituiva parte integrante della deliberazionecon la quale l’ente approvava la sua partecipazione al consorzio) si prevede la stipu-la di una convenzione, che diviene atto fondamentale, poiché anch’essa, insieme alloStatuto, concorre a disciplinare la struttura organizzativa dell’ente.

Per la individuazione degli atti fondamentali, si fa riferimento all’elencazione di cuiall’art. 114, comma 8, D.Lgs. 267/2000, normativa specifica delle aziende speciali eche trova applicazione nei confronti dei consorzi, in virtù del rinvio operato dal com-ma 1 dell’art. 31.Pertanto, sono considerati atti fondamentali:

- il piano-programma, comprendente un contratto di servizio che disciplini i rap-porti tra ente locale e consorzi;

- i bilanci economici di previsione pluriennale ed annuale;- il conto consuntivo;- il bilancio di esercizio.

Con il D.m. 19 novembre 1993 sono stati definiti i servizi indispensabili dei consor-zi tra enti locali, identificabili nei servizi indicati dal D.m. 18 maggio 1993, quali ser-vizi indispensabili per Comuni, Province e Comunità montane, con l’aggiunta diquelli connessi agli organi istituzionali e all’amministrazione generale dei consorzi.Deve essere previsto un organo di revisione e forme di verifica della gestione, per ilrinvio operato dalla legge alla disciplina delle aziende speciali (art. 31, comma 1, se-condo periodo).

In mancanza di previsione se il quorum debba essere ragguagliato ai consiglieri in ca-rica o assegnati, deve preferirsi il riferimento ai consiglieri in carica, in quanto si farinvio ai consiglieri assegnati, solo su espressa prescrizione legislativa; nel computodebbono essere inclusi il Sindaco e il Presidente della Provincia. Oggetto della deliberazione consiliare o assembleare è “una convenzione, ai sensi del-l’art. 31, unitamente allo Statuto”, i cui contenuti debbono essere approvati nel mede-simo testo dagli enti consorziandi. Il Comune o Provincia che ha aderito ad un consorzio può recedere dallo stesso quan- Recesso dal

consorzio

6.14. I CONSORZI161

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

Ai sensi dell’art. 31, comma 3, D.Lgs. 267 del 2000 allo Statuto compete la re-golamentazione dell’organizzazione, della nomina e delle funzioni spettantiagli organi consortili, mentre alla convenzione spetta la disciplina delle nomi-ne e delle competenze degli organi, in conformità a quanto stabiliscono gli sta-tuti degli enti consorziati, in ordine alla nomina dei propri rappresentanti, non-chè delle modalità per la trasmissione agli enti degli atti fondamentali del con-sorzio.

La volontà di costituire un consorzio è manifestata dal Consiglio, come ribadi-sce, con riguardo ai Comuni ed alle Province, l’art. 42, comma 2, lett. c), D.Lgs.267/2000, e con la “maggioranza dei componenti” il Consiglio o corrispondenteorgano assembleare, per gli altri enti locali.

do ritenga che la sua partecipazione non risponde più agli originali interessi e tale re-cesso e l’assenso dei Comuni o Province consorziati, richiesto per l’ingresso in un con-sorzio facoltativo non occorre nell’ipotesi in cui uno degli enti consorziati esercitaunilateralmente la facoltà di recesso47.Per quanto concerne i rapporti tra Consiglio dell’ente locale e consorzio, la legge si li-mita a prescrivere la trasmissione al Consiglio degli atti fondamentali, con le modali-tà previste dalla convenzione (art. 31, comma 3). In questo modo, il Consiglio è postoin grado di conoscere l’andamento dell’attività del consorzio, ma è da escludere chepossa operare un intervento diretto, di spettanza peculiare dell’assemblea consortile;potrà, eventualmente, sollecitare il Sindaco o il Presidente (della Provincia o della Co-munità montana, dell’Unione di Comuni) o loro delegato a farsi parte diligente, al fi-ne di salvaguardare gli interesse comunali o provinciali, che si ritengono lesiLe controversie fra consorzio ed enti consorziati possono essere devolute, con normastatutaria, ad arbitri, ma solo quando si tratti di liti concernenti lo svolgimento del-l’attività imprenditoriale del consorzio, in quanto quelle di organizzazione sono di-sciplinate da norme inderogabili di diritto pubblico48.

6.14.3. Gli organi Si distingue tra organi rappresentativi degli enti consorziati ed organi esecutivi o ge-stionali: i primi sono costituiti dall’assemblea e dal suo presidente; i secondi, dal con-siglio di amministrazione e suo presidente e dal direttore, che sono gli stessi previstiper l’azienda speciale, cui il consorzio è assimilato. L’assemblea è composta dai Sindaci o dai Presidenti delle Province o loro delegati edai legali rappresentanti degli altri enti pubblici partecipanti.Riguardo agli enti locali territoriali, nessuna norma dello Statuto comunale o provincia-le e della convenzione consortile può modificare la rappresentanza, che è attribuita, invia esclusiva, ai capi delle rispettive amministrazioni, salvo speciale atto di delegazione.Per quanto concerne l’individuazione della figura del delegato, si ritiene che debbaessere un assessore o un consigliere, in considerazione del fatto che la legge chiama afar parte dell’assemblea la figura più rappresentativa dell’ente, anche se, tenuto con-to che ora il potere di nomina dei rappresentanti del Comune e della Provincia è sta-to trasferito al Sindaco ed al Presidente della Provincia, sulla base degli indirizzi delConsiglio (ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. m, D.Lgs. 267/2000) e che il comma 3dell’art. 31, fa anche riferimento all’art. 50 commi 8, 9 e 10 dello stesso Testo unico,non si può escludere che la scelta del delegato possa cadere anche su terzi estraneiall’amministrazione, per il carattere fiduciario conferito al rapporto intercorrente trail Sindaco o il Presidente della Provincia ed il loro delegato49 .L’art. 31, comma 4, D.Lgs. 267/2000, secondo il quale il Sindaco partecipa all’assem-blea “con responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione e dallo Sta-tuto” consortile, va inteso nel senso che il Sindaco deve avere un solo voto, con valo-re proporzionale alla quota di partecipazione50, per cui deve ritenersi possibile anchela costituzione di assemblea formata da due Sindaci e da due Presidenti o loro dele-gati, in quanto ciò che rileva è la misura della “quota di proprietà”51.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 162

L’assemblea

(47) TAR Campania, Napoli, I, 9 gennaio 2002, n. 172, in TAR, 2002, I, pag. 1161.(48) Cass. civ. sez. un. 10 ottobre 2002, n. 14475, in Cons. St., 2003, II, pag. 18.(49) TARpag. Campania, Napoli, sez. V, 21 dicembre 1994, n. 497, in TAR, 1995, I, 772.(50) Consiglio di Stato, I, 24 marzo 1993, n. 133/93, in Cons. St., 1994, I, pag. 99.(51) TAR Lombardia, Milano, 13 marzo 1995, n. 255, in TAR, 1995, I, pag. 2221.

A presiedere l’assemblea è scelto, di regola, un suo componente, con le modalità fis-sate dallo Statuto o dalla convenzione; ad esso sono attribuiti i poteri di convocazio-ne e di direzione dei lavori, secondo le norme stabilite da apposito regolamento, ap-provato dalla stessa assemblea.L’assemblea è organo a carattere permanente, di durata coincidente con quella delconsorzio, non soggetto a rinnovi per scadenze temporali, ma alle sole sostituzioniper mutamento della titolarità nelle cariche52. Essa - come proiezione degli enti con-sorziati - svolge, nei confronti degli organi di amministrazione e gestionali, gli stessipoteri che il Consiglio esercita nei confronti delle aziende speciali, in ordine alla de-terminazione degli indirizzi, all’approvazione degli atti fondamentali (art. 31, comma5, D.Lgs. 267/2000), all’esercizio della vigilanza ed alla verifica dei risultati.Il consiglio di amministrazione è eletto dall’assemblea, nel numero e con le modali-tà previste dalla convenzione del consorzio, come espressamente dispone il citatocomma 5. Considerata l’esclusività del potere dell’assemblea nell’eleggere il consigliodi amministrazione, ne discende che “la convenzione potrà solo prevedere che il Sin-daco, all’interno degli indirizzi stabiliti dal Consiglio comunale, eserciti direttamentela sola ‘designazionÈ dei candidati”53.Il consiglio di amministrazione può essere composto da membri della stessa assem-blea o da estranei, scelta quest’ultima preferibile, per non sottrarre i Sindaci dai lorocompiti istituzionali e per il fatto che l’assemblea deve esercitare poteri di controllo edi indirizzo, che mal si concilierebbero se nella stessa persona si cumulassero le fun-zioni di amministratore e di controllore. Il presidente del consiglio di amministrazione è eletto secondo le modalità previstedallo Statuto, che può stabilire che la scelta sia fatta tra i membri del consiglio stessoo dell’assemblea. Non si esclude che la carica di presidente del consiglio di ammini-strazione coincida con quella di presidente dell’assemblea, che assume la denomina-zione di presidente del consorzio, e che sia prevista la nomina di un amministratoredelegato54.Il direttore del consorzio è nominato con le modalità previste dallo Statuto, che puòattribuire la potestà di scelta all’assemblea, la quale deve pure indicare chi esercita lefunzioni di segretario dell’assemblea, scegliendolo tra i dipendenti del consorzio, op-pure tra uno dei segretari comunali, di norma quello del Comune sede del consorzio,previo assenso della amministrazione presso la quale presta servizio.Il segretario qualora ricopra l’ufficio di segretario comunale o provinciale, ha dirittoad una indennità aggiuntiva55, ed è facoltizzato a rogare i contratti, nell’esclusivo in-teresse del consorzio, ai sensi della L. 3 maggio 1966, n. 26156.Il direttore è responsabile della gestione del consorzio e dirige il personale consortile. Agli amministratori dei consorzi spettano le aspettative, i permessi e le indennità difunzione e di presenza previste dal Titolo III, Capo IV, Parte Prima, D.Lgs.267/2000.

Il Direttore

Il consiglio diamministrazione

6.14. I CONSORZI163

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

(52) SORTINO, in AA. VV, I nuovi consorzi nell’ordinamento locale, Gorle, 1992, pag. 116.(53) MAZZARELLI, Ai consorzi per i servizi pubblici la “par condicio” con le aziende, in Il Sole-24 ore dell’8novembre 1995.(54)TAR. Piemonte, sez. II, 9 dicembre 1993, n. 379, in TAR, 1994, I, pag. 572. (55) TAR Piemonte, sez. I, 25 luglio 1996, n. 621, in TAR, 1996, I, pag. 3671.(56) Consiglio di Stato, VI, 28 aprile 1994, n. 597, in Cons. St., 1994, I, pag. 605.

6.14.4. Casistica

MANUALE DEL CONSIGLIERE 164

Orientamenti di giurisprudenzaIl divieto della costituzione di più di un consorzio tra gli stessi enti locali, va in-terpretato nel senso che non possono esistere due consorzi che abbiano comeassociati gli stessi soggetti, intendendosi per tali quelli in cui i soggetti aderen-ti al primo consorzio sono gli stessi, non uno di più non uno di meno, che ade-riscono al secondo57

La disposizione di cui all’art. 31, comma 1, D.Lgs. 267/2000 (già art. 25 L. 142),che stabilisce che i Comuni e le Province, per la gestione associata di uno o piùservizi possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le azien-de speciali, di cui al precedente art. 23 (ora, art. 114), in quanto compatibili, vainteso come indicazione del consorzio quale strumento per la gestione di ser-vizi da parte di una pluralità di Comuni, per cui il consorzio rappresental’azienda dell’associazione dei Comuni, cui si applica tutta la normativa ri-guardante le aziende speciali58.Data la loro natura di organismi istituiti per l’esercizio associato di funzioni eservizi, non è consentito ai consorzi di avvalersi di propria azienda per la ge-stione del servizio o delegarlo a terzi, sia perchè l’art. 31 parla di “gestione as-sociata”, richiamando l’esigenza di un esercizio diretto del servizio, sia per ilrinvio alla normativa delle aziende speciali, con una analogia che non vuole es-sere soltanto nominalistica, per cui si costituirà un’azienda speciale, se il servi-zio da erogare ha un ambito comunale o provinciale od un consorzio se avràambito sovracomunale o sovraprovinciale59.Coerentemente, esula dalla potestà dei consorzi la costituzione di nuove entitàsoggettive nella forma della società per azioni, tra soggetti pubblici e privati60.L’elencazione dei soggetti aventi diritto di accesso al Centro elaborazioni datidella Motorizzazione civile è meramente esemplificativa, per cui tale diritto variconosciuto anche ai Consorzi ed alle Comunità montane61.È legittima la previsione statutaria che contempla la decadenza dalla carica dicomponenti del consiglio di amministrazione che non intervengano a tre sedu-te consecutive senza giustificato motivo, ma non prescrive la previa contesta-zione all’interessato, in quanto tale l’obbligo costituisce un canone procedi-mentale generalizzato, che deve essere osservato nell’assunzione dei procedi-menti suscettibili di incidere sulla sfera giuridica degli interessati62.

(57) TAR Umbria, 26 ottobre 2000, n. 844, in TAR , 2000, I, pagg. 4292 e 5222.(58) TAR Sardegna, 5 maggio 1995, n. 690, in TAR , 1995, I, pag. 3405.(59) TAR. Lombardia, Milano, sez. I, 7 marzo 1994, n. 150, in TAR, 1994, I, pag. 1847.(60) TAR Lombardia, Milano, sez. II, 15 novembre 1993, n. 644, in TAR, 1994, I, pag. 116; contra, TARToscana, sez. I, 14 novembre 1994, n. 487, ivi, 1995, I, 216; TAR. Lazio, Latina, 18 ottobre 1997, n. 1010,ivi, 1997, I, pag. 3929.(61) Consiglio di Stato, II, 26 luglio 1995, n. 1933, in Cons. St., 1997, I, pag. 439.(62) TAR Lombardia, Milano, 15 marzo 1995, n. 355, in TAR, 1995, I, pag. 2221.

6.15.1. Finalità e requisiti per istituire l’Unione di ComuniL’istituto della Unione di Comuni è una innovazione della legge di riforma delle au-tonomie locali, che ha subito significative modificazioni ed integrazioni, ad opera del-la L. 265 del 1999, anche al fine di eliminare i non pochi dubbi interpretativi e le per-plessità di ordine costituzionale, palesati dalla precedente formulazione legislativa.Premesso che la materia è da considerarsi rientrare nella competenza legislativaesclusiva delle Regioni, tratteremo la disciplina quale pervenuta e che trova applica-zione fino all’intervento regionale.Le condizioni per poter addivenire alla costituzione di una Unione di Comuni sonole seguenti (art. 32, comma 1, D.Lgs. 267/2000):

a) la contiguità tra enti, condizione prevista come privilegiata, anche se non indi-spensabile, in quanto si richiede che i Comuni (almeno in numero di due), siano“di norma” contermini per adoperare la formula legislativa. Non è più previsto,come per il passato, che tutti i Comuni debbano avere una popolazione inferiorea 5.000 abitanti (con l’eccezione di un solo Comune con più di 10.000 abitanti)rendendo, quindi, l’istituto di carattere generale, aperto a tutti i Comuni, indi-pendentemente dalla popolazione.

Inoltre, modificando l’impianto originario della L. 142 l’Unione di Comuni non è piùcostituita “in previsione di una loro fusione”, anche se non si può escludere che ad essasi possa pervenire;

b) finalità comune dell’ esercizio congiunto di una pluralità di funzioni di compe-tenza dei Comuni63.

A differenza delle convenzioni che sono stipulate per l’esercizio, congiunto o separa-to di “funzioni e servizi”, le Unioni, analogamente ai consorzi, sono destinate a doveresercitare soltanto funzioni di competenza dei Comuni interessati, ossia quelle fun-zioni aventi carattere di atti provvedimentali, ad esclusione di quelle che si sostanzia-no nell’espletamento di un pubblico servizio, a vantaggio della totalità dei Comunifacenti parte dell’Unione64;

c) l’esercizio sia indirizzato ad una pluralità di funzioni, con che si esclude chel’Unione possa costituirsi, a differenza delle convenzioni e dei consorzi, perl’esercizio di una sola funzione.

La legge, quindi, non pone limiti in ordine alla specie ed al numero delle funzioni chepossono essere gestite dall’Unione e, pertanto, potrebbe prevedersi anche la gestionedella totalità delle competenze degli enti aderenti65; ma a questo punto, la fusione sa-rebbe il naturale risultato del felice esito della sperimentazione.Qualora l’Unione di Comuni assuma la gestione delle funzioni di stato civile e di ana-grafe, è da escludere che la titolarità delle relative funzioni – spettante ai Sindaci deisingoli Comuni - possa essere assunta dal Presidente dell’Unione dei Comuni, riguar-dando l’esercizio congiunto delle funzioni il solo aspetto strumentale, organizzativo

6.15. LE UNIONI DI COMUNI165

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

Condizioni per l’Unione

6.15. Le Unioni di Comuni (art. 42, comma 2, lett. c)

((63) È stato deciso che solo i Comuni con più di 40.000 ab. possono gestire il servizio di controllo everifica degli impianti termici, creando un’Unione di Comuni (TAR Campania, Napoli, I, 11 marzo2004, n. 2840, in TAR, 2004, pag. 757.(64) Contra, VIGNERI, op. cit, pag. 73, la quale ritiene che il termine “funzione” sia onnicomprensivoe preveda, quindi, i servizi, anche nella considerazione che non “sembrava elegante parlare di eser-cizio di servizi”.(65) Così BARUSSO, Il nuovo ordinamento delle autonomie locali, Napoli, 1990, pag. 47.

e funzionale, fermo restando che la competenza a formare o rilasciare gli atti o la cer-tificazione rimane in capo al Sindaco di ciascun Comune o suo delegato66. Né è ipo-tizzabile una delega dei Sindaci al Presidente dell’Unione.Parimenti, è da escludersi che possa conferirsi ad una Unione di Comuni il potere diregolamentare il traffico su una strada comunale mediante attribuzione delle funzio-ni di polizia locale, atteso che tale potere è di esclusiva competenza del Comune pro-prietario della strada, ai sensi dell’art. 7 cod. str.67.

6.15.2. La costituzione dell’Unione di ComuniAll’istituzione dell’Unione si perviene con la stipulazione dell’atto costitutivo, che èapprovato insieme allo Statuto, dai singoli Comuni (anche ai sensi dell’art. 42, com-ma 2, lett. c), del D.Lgs. 267/2000, con un’unica deliberazione del Consiglio comuna-le (art. 32, comma 2, D.Lgs. 267/2000).Con l’ atto costitutivo si individuano gli enti aderenti, le finalità, la durata dell’Unio-ne, mentre con lo Statuto si determinano, ai sensi del comma 3 dell’art. 32, le funzio-ni svolte dall’Unione, le risorse ad essa destinate, gli organi. La deliberazione, con allegati atto costitutivo e Statuto dell’Unione, deve essere ap-provata, nell’identico testo, dai Consigli dei Comuni aderenti all’associazione, con leprocedure e la maggioranza richiesta per le modificazioni allo Statuto, ossia il voto fa-vorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati, in prima votazione oppure dellamaggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, ottenuta per due volte, in successivesedute, da tenersi entro trenta giorni. Con il prevedere una tale maggioranza rafforzata - che è la stessa maggioranza richie-sta per l’approvazione dello Statuto comunale (art. 6 del D.Lgs. 267/2000) - si vuoleimprimere alla decisione di addivenire alla Unione un particolare e pregnante signi-ficato, poiché essa può essere prodromica della fusione.Ultimato il procedimento deliberativo, con il quale si acquisisce il consenso dei Co-muni interessati alla costituzione dell’Unione, si procede alla stipulazione dell’accor-do da parte dei legali rappresentanti (i Sindaci) dei Comuni aderenti.Circa la natura giuridica di tale forma associativa, è merito della legge 265 del 1999averne indicato la precisa natura, qualificando le Unioni di Comuni come “enti loca-li”, costituiti volontariamente tra Comuni, in previsione dell’esercizio congiunto diuna pluralità di funzioni, qualificazione giuridica che è anche ribadita dal testo uni-co, il quale dispone che si intendono enti locali, oltre ai Comuni, le Province, le Cittàmetropolitane e le Comunità montane le Unioni di Comuni (art. 2, comma 1).Esistono, tuttavia, dubbi sul riconoscimento della personalità giuridica, anche se adessa è conferita “potestà regolamentare per la disciplina della propria organizzazione, per losvolgimento delle funzioni ad essa affidate e per i rapporti anche finanziari con i Comuni”(art. 32, comma 4).

6.15.3. Gli organiLa previgente normazione prevedeva come organi dell’Unione il Consiglio, la Giun-ta ed il Presidente, che erano “eletti secondo le norme di legge relative ai Comuni con po-polazione pari a quella complessiva dell’Unione” (art. 26, comma 4, L. 142), conferendo alnuovo ente una particolare visibilità nel panorama degli enti locali, ma dando vita ad

MANUALE DEL CONSIGLIERE 166

Deliberazione

(66) Cfr. VERCELLI, Unioni di Comuni: esercizio associato delle funzioni di stato civile e di anagrafe, in Sta-to civ. it., 2003, pag. 250, che cita la circolare del Ministero dell’interno n. 23 del 2002.(67) TAR. Lombardia, Milano, 24 gennaio 2003, n. 237, in TAR, 2003, I, pag. 1125.

una sovrastruttura di una certa rilevanza, foriera di potenziali e non infondati conflit-ti con gli enti aderenti all’Unione, senza considerare l’impatto che poteva creare l’ele-zione diretta del Presidente, a seguito dell’entrata in vigore della nuova legge eletto-rale n. 81 del 1993.A questi problemi pone rimedio, almeno in teoria, la nuova formulazione della nor-ma, la quale - come abbiamo rilevato - demanda allo Statuto il compito di determina-re gli organi, nonché le modalità per la loro costituzione. Come per i municipi e per le circoscrizioni, l’orientamento attuale del legislatore èquello di lasciare ai Comuni piena autonomia decisoria nel definire gli organi delnuovo ente, anche se tale orientamento è fortemente compromesso dal comma 3 del-l’art. 32, D.Lgs. 267 del 2000, che lascia poco spazio all’autonomia decisoria dei Co-muni, in quanto si prescrive che il Presidente dell’Unione debba essere scelto fra iSindaci dei Comuni interessati e gli altri organi, ossia la Giunta e l’Assemblea, sianoformati rispettivamente dagli assessori e dai consiglieri dei Comuni associati, con unavera e propria elezione indiretta, consentendo soltanto allo Statuto di indicare le “mo-dalità” con le quali si addiviene alla costituzione degli organi rappresentativi. Tale costituzione può avvenire con la designazione dei rappresentanti da parte deisingoli Consigli comunali oppure con il ricorso alla riunione congiunta, in distinte se-di, dei Sindaci, che eleggeranno il Presidente, degli assessori, che nomineranno i com-ponenti dell’organo esecutivo, dei consiglieri, che eleggeranno i propri rappresentan-ti nell’assemblea dei Comuni, tenendo presente che degli organi collegiali dell’Unio-ne dovranno farne parte anche le rappresentanze delle minoranze68. Con tale costruzione normativa, si è inteso sfumare la figura dell’ente, per ricondur-lo a semplice forma associata di esercizio di funzioni comunali, ponendo in secondopiano quello della futura ed eventuale progressiva unificazione, per il cui obiettivol’instaurazione di organi elettivi diretti avrebbe dato maggiore rappresentatività. Per quanto concerne gli assessori esterni, non pare che sussistano dubbi in merito al-la loro eleggibilità negli organi dell’Unione, in quanto la legge non pone alcuna pre-clusione e per il fatto che se dell’ente fa parte un Comune con popolazione superiorea 15.000 abitanti, necessariamente l’assessore deve essere scelto tra gli estranei all’am-ministrazione.Per quanto riguarda la composizione ed il numero dei componenti gli organi del-l’Unione: assemblea ed organo esecutivo, l’art. 32, comma 5, secondo periodo, D.Lgs.267/2000, dispone che si applicano le norme stabilite per l’ordinamento comunale,con la prescrizione, da ritenersi inderogabile, che “il numero dei componenti degli orga-ni non può comunque eccedere i limiti previsti per i Comuni di dimensioni pari alla popola-zione complessiva dell’ente”. In altre parole, non si debbono superare i limiti numericistabiliti per i Consigli comunali e per le Giunte.

6.15.4. Le risorse Riguardo alle risorse, con la quale l’Unione è posta in grado di svolgere le propriefunzioni istituzionali, la norma, dopo aver stabilito che spetta allo Statuto il compitodi individuare “le risorse ad essa destinate”, prescrive analogamente alla precedentelegislazione, che alle Unione di Comuni “competono gli introiti derivanti dalle tasse, dal-le tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati” (art. 32, comma 5, terzo periodo,D.Lgs. 267/2000).

I limitiall’autonomiacomunale

6.15. LE UNIONI DI COMUNI167

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

(68) È stata disposta la sospensione della nomina di un componente del Consiglio dell’Unione elet-to dai consiglieri di maggioranza, ancorchè appartenente alla minoranza (TAR Puglia, Lecce, I, 23gennaio 2003, n. 49 (ord.), in TAR, 2003, I, pag. 4111).

In particolare, lo Statuto dovrà indicare il contributo finanziario che ciascun Comuneè tenuto ad assicurare, in proporzione alla propria quota di partecipazione, analoga-mente a quanto è disposto in favore delle convenzioni e dei consorzi. Le risorse possono essere consistere non solo in contributi finanziari, ma altresì in per-sonale e mezzi messi a disposizione dai singoli enti associati.Di speciale interesse sono i contributi, che le Regioni erogano alle Unioni (art. 33 com-ma 4, lett. a), in aggiunta a quelli normalmente previsti per i singoli Comuni, sia dal-le leggi statali, sia da quelle regionali.In ordine all’intervento regionale, superando le perplessità del passato69, l’art. 33,comma 4, lett. b) D.Lgs. 267/2000 dispone che alla Regione spetta il compito di “pro-muovere”, come in precedenza, le Unioni di Comuni, e di conferire, a tale fine, contri-buti aggiuntivi e di carattere continuativo, allo scopo di favorirne la costituzione, sen-za alcun potere coercitivo, in merito.

6.15.5. Le norme applicabili Il comma 5 dell’art. 32, D.Lgs. 267/2000, prevede, nel primo periodo, che “alle Unio-ni di Comuni si applicano i principi, in quanto compatibili, previsti per l’ordinamento deiComuni”. Diversamente dai Municipi, per i quali non è previsto il rinvio alla legislazione deglienti locali, se non con riguardo allo status degli amministratori, per le Unioni e per leComunità montane (ad opera del rinvio operato dall’art. 28, comma 7) si disponel’applicabilità dei principi dell’ordinamento comunale, per le attinenze che i citati en-ti locali hanno con quello comunale, di cui sono estrinsecazioni, svolgendo le identi-che funzioni, seppure ad un livello sovracomunale.Con il richiamo ai principi, si è inteso fare riferimento non a specifiche norme regola-trici della materia, ma ai principi generali dell’ordinamento comunale, quali delinea-ti dalla Costituzione e dalla legge generale che regola la vita degli enti locali, il testounico degli enti locali.

6.16.1. Nuova configurazioneCon la riforma apportata dalla L. 265 del 1999, che ha sostituito l’intero art. 28, le Co-munità montane assumono la configurazione di unioni di Comuni montani, per lavalorizzazione delle zone montane e per l’esercizo di funzioni proprie, di funzioni de-legate e per l’esercizio associato di funzioni comunali.Circa la loro natura giuridica, nulla di innovato rispetto al passato, assumendo anchecon la nuova normativa la qualifica di enti locali, costituti tra Comuni montani e par-zialmente montani, anche appartenenti a Province diverse, risolvendo in tal modo,con effetto sanante, le situazioni di quelle Comunità per le quali l’omogeneità geogra-fica o socio-economica travalica i confini di una Provincia.Anche la Comnità montana, come l’unione di Comuni può essere preordinata alla fu-sione, con la particolarità che, qualora essa si realizzi, il nuovo Comune assume la de-nominazione di Comune montano, al fine di cosentirgli di poter continuare ad usu-fruire delle risorse specifiche riservate alle Comunità montane dalle leggi nazionali,regionali e comunitarie.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 168

6.16. Le Comunità montane (art. 42, comma 2, lett. c)

(69) Su cui ved. ITALIA, Il Municipio cambia così, in Italia Oggi, dell’8 giugno 1990, pag. XII; P.M. VI-PIANA, in AA. VV., Commento alla legge sulle autonomie locali, cit. , pag. 241 e la dottrina ivi citata.

Quanto sopra può trovare applicazione da parte della Regione, d’intesa con i Comu-ni interessati, nei confronti delle unioni di Comuni il cui territorio coincida con quel-lo di una Comunità montana (art. 28, comma 7).In ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, checome Regioni a Statuto speciale regolano autonomamente la materia, ove esistano piùComuni, può essere istituita, ad iniziativa dei Comuni interessati, la Comunità isola-na o dell’arcipelago, cui si estendono le norme sulle Comunità montane (art. 29).La sorte delle Comunità montane appare, allo stato attuale, quanto mai incerta, comeè dato desumere dal testo del d.d.L. di codificazione delle Autonomie locali, che pre-vede la soppressione delle Comunità montane, con attribuzione delle relative funzio-ni a costituende Unioni di Comuni70.

6.16.2. CostituzioneSpetta alla Regione procedere alla individuazione degli ambiti territoriali o zoneomogenee, d’intesa con i Comuni interessati, da effettuarsi nelle sedi concertative dicui all’art. 3, comma 5, del D.Lgs. 112 del 1998 e tenendo conto dei parametri fissatidalla legge (art. 28, commi 5 e 8).La costituzione della Comunità avviene con decreto del Presidente della Giunta re-gionale.Alla Regione spetta disciplinare l’ordinamento delle proprie Comunità montane, conl’adozione di apposita legge che deve disciplinare:

- le modalità di approvazione dello Statuto;- le procedure della concertazione tra la Regione e gli enti; - la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali, materie previste dall’art. 6

della L. 1102 del 1971;- i criteri di ripartizione tra le Comunità montane dei finanziamenti regionali e di

quelli dell’Unione europea;- i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio, e in particolare con i Comuni fa-

centi parte della Comunità.

6.16.3. Gli organiLa L. 265 del 1999 ha anche proceduto alla ridefinizione degli organi della Comunità,costituiti da:

- un organo rappresentativo degli interessi della Comunità (variamente denomina-to: assemblea, consiglio);

- un organo esecutivo (comitato, giunta);- un presidente.

6.16. LE COMUNITÀ MONTANE169

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

L’ordinamentodelle comunitàmontane

((70) L’art. 76, comma 6-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni,dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, prevede, per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, una riduzionedi 30 milioni di euro dei trasferimenti erariali spettanti alle Comunità montane, intervenendo prio-ritariamente sulle Comunità che si trovano ad una altitudine media inferiore a settecentocinquantametri sopra il livello del mare. A tale disposizione si è data attuazione con il D.m. 3 giugno 2009 delMinistro dell’interno di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze.La legge finanziaria per il 2008 (L. 244 del 2007) ha dettato alcune disposizioni intese a contenere icosti delle istituzioni, stabilendo nei riguardi delle Comunità montane alcune prescrizioni, che le Re-gioni hanno rispettato riducendo in modo sensibile il numero delle Comunità. Con la sent. N. 237del 2009, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale parziale della normativa.

Innovativamente, si dispone che essi debbano essere composti esclusivamente da Sin-daci, assessori (compresi quelli esterni) e consiglieri dei Comuni partecipanti e chedebbano essere eletti dai Consigli dei Comuni associati, con il sistema del voto limi-tato, al fine di consentire la rappresentanza delle opposizioni.Si potrà prevedere che ciascun Consiglio comunale proceda alla nomina dei proprirappresentanti nell’assemblea e nell’esecutivo, nel numero stabilito dalla Regione,d’intesa con i Comuni interessati, conferendo poi all’assemblea il potere di procederealla nomina del presidente, il quale può essere scelto tra i Sindaci dei Comuni dellaComunità.Non è escluso che lo Statuto della Comunità preveda che, oltre al Presidente della Co-munità, che presiede l’organo esecutivo, possa essere eletto un presidente dell’assem-blea o organo rappresentativo.Deve essere nominato un revisore dei conti, ai sensi dell’art. 234, comma 3. del D.Lgs.267 del 2000, il segretario dell’assembleae dell’organo esecutivo ed un direttore, pre-posto alla gestione dell’ente.

6.17.1. La normativa

Tutta la materia relativa alle Circoscrizioni comunali – disciplinata dall’art. 17 delD.Lgs. 267 del 2000 - deve essere oggi rimeditata alla luce delle innovazioni apporta-te dalla legge finanziaria per il 2010 (art. 2, comma 186 della L. 23 dicembre 2009, n.191 e D.L. 25 gennaio 2010, n. 2, convertito in L, 26 marzo 2010, n. 42), la quale, al fi-ne di procedere ad una riduzione del fondo ordinario spettante ai Comuni, fa obbli-go agli stessi di sopprimere “le circoscrizioni di decentramento comunale di cui all’artico-lo 17 del citato testo unico di cui al D.Lgs. N. 267 del 2000, e successive modificazioni, tran-ne che per i Comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti, che hanno facoltà di artico-lare il loro territorio in circoscrizioni, la cui popolazione media non può essere inferiore a30.000 abitanti; è fatto salvo il comma 5, dell’articolo 17, del testo unico delle leggi sull’ordi-namento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267”. La L. 42 del del 2010, di conversione del D.L. 2 del 2010, dispone che detta disposizio-ne si applica a decorrere dal 2011 ai singoli enti per i quali ha luogo il rinnovo del ri-spettivo Consiglio, con efficacia dalla data del medesimo rinnovo sia immediata equindi non debba tenersi conto del decreto-legge. sopra citato. Una doverosa riflessione deve essere fatta relativamente alla individuazione dell’en-te che deve decidere le sorti degli organi circoscrizionali, trattandosi di materia chenon rientra tra quelle riservate allo Stato dall’art. 117, comma 2, lett. p ) Cost. (ossia,“legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Cit-tà metropolitane”), non potendo considerarsi le Circoscrizioni come “organi di governo”dei Comuni; pertanto, la competenza in merito dovrebbe spettare alle Regioni. Tuttavia, in materia vale quanto affermato dalla Corte costituzionale a proposito del-le Comunità montane (sent. n. 237 del 2009 e sent. n. 27 del 2010) sulla cedevolezzadella competenza residuale delle Regioni, in quanto deve essere “fatta salva la possi-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 170

Le circoscrizioni

6.17 L’istituzione, i compiti e le norme sul funzionamentodegli organismi di decentramento (art. 42, lett. d)

Secondo le norme dello Statuto, che debbono fornire le indicazioni sui modi diattuazione del decentramento dei servizi comunali, i Consigli debbono darecorso ai provvedimenti relativi alla istituzione degli organismi di decentra-mento, sia che debbano o meno dare vita ai Consigli circoscrizionali.

bilità di ricondurre ai principi di coordinamento della finanza pubblica quelle norme dettateper il contenimento della spesa pubblica”. Pertanto, si rinviene “un autonomo titolo di legittimazione nella competenza dello Statorelativa alla armonizzazione dei bilanci pubblici ed al coordinamento della finanza pubblica dicui all’art. 117, terzo comma, Cost.”Da quanto disposto dalla Legge 191 del 2009 sembrerebbe che i Comuni, con popola-zione inferiore a 250.000 e che hanno istituito le Circoscrizioni, debbano esplicitamen-te abolirle – o con modifica dello Statuto o con semplice deliberazione esecutiva del-la volontà legislativa – oppure ritenere che la soppressione sia automaticamente ope-rante, sempre a decorrere dalla data della naturale scadenza del mandato. In questosecondo senso sta la nostra interpretazione.Per i Comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti la legge parla di “facoltà diarticolare il loro territorio in circoscrizioni”, mentre in precedenza sussisteva l’obbligodella loro istituzione.Pertanto – a nostro avviso – non è necessario che i Comuni, che intendono avvalersidel decentramento per circoscrizioni adottino, un esplicito atto di assenso, mentre sa-rà necessaria una deliberazione in merito per addivenire alla loro abolizione; il tuttoa partire dal successivo rinnovo.Inoltre, i Comuni che conservano le Circoscrizioni debbono osservare il limite mini-mo dei 30.000 abitanti per ciascuna circoscrizione, per cui dovranno eventualmentearticolare ex novo il loro territorio per adeguarlo al dettato legislativo.Per i Comuni che intendono istituire i Consigli circoscrizionali, il Consiglio comu-nale - sulla base delle indicazioni stabilite dallo Statuto - deve approvare apposito re-golamento, nel quale sono definiti:

- le modalità di elezione, nomina o designazione degli organi circoscrizionali (conricorso, oltre che ai sistemi previsti dalla legge 81 del 1993, anche ad altri sistemi,come quello proporzionale puro, o anche alla elezione indiretta da parte del Con-siglio o del Sindaco);

- i compiti degli organi delle Circoscrizioni (organo rappresentativo, organo esecu-tivo e Presidente);

- le strutture operative ed i mezzi finanziari; - i rapporti tra organi comunali e circoscrizionali, tenendo conto delle finalità del

decentramento per Circoscrizioni, quello di istituire “organismi di partecipazione, diconsultazione e di gestione dei servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegatedal Comune” (art. 17 D.Lgs. 267 del 2000).

Nei Comuni in cui non è prevista la istituzione delle Circoscrizioni, lo Statuto puòprevedere, ai sensi dell’art. 6, del D.Lgs. 267 del 2000, le forme di decentramento rite-nute opportune, al fine di facilitare ai cittadini l’accesso ai servizi di base. In tale modo, un Comune diviso in frazioni potrà istituire in tutto o alcune di esse unadelegazione decentrata di anagrafe e/o di stato civile, aprire una sezione locale delCorpo di polizia muncipale, ecc., unitamente alla possibilità per il Sindaco di delega-re le proprie funzioni di ufficiale di governo ad un consigliere comunale (art. 54, com-ma 10, del D.Lgs. 267).

6.17. GLI ORGANISMI DI DECENTRAMENTO171

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

La legge191/2009

La legge finanziaria per il 2010 fa salva l’applicazione del comma 5 dell’art. 17,il quale dispone che nei Comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti,lo Statuto può prevedere particolari e più accentuate forme di decentramentodi funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresì,anche con il rinvio alla normativa applicabile ai Comuni aventi uguale popola-zione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le

(segue)

6.17.2. Casistica

MANUALE DEL CONSIGLIERE 172

relative modalità di elezione, nomina o designazione. Il Consiglio comunalepuò deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisionedella delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguenteistituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria.Si tratta di una formula ambigua, per la difficoltà di individuare le particolarie più accentuate forme, dal momento che il legislatore non provvede a fornireun modello, da valere come termine di paragone. Probabilmente si ritiene chesia possibile dar vita ad un decentramento più ampio, rispetto a quello vigen-te e diverso da quello che potrà trovare attuazione nelle Città metropolitane,nelle quali le circoscrizioni potrebbero essere trasformate in veri e propri Co-muni, sia pure con i poteri previsti per gli organismi operanti a livello ultra-co-munale.

(continua)

Orientamenti di giurisprudenza- nel caso in cui un Consiglio circoscrizionale decada o venga sciolto o co-

munque cessi dalle sue funzioni, prima della cessazione del mandato delConsiglio comunale (infatti, il Consiglio della Circoscrizione è eletto conte-stualmente al Consiglio comunale), occorre medio tempore provvedere al rin-novo del Consiglio circoscrizionale stesso, poichè questo, una volta istituito,ai sensi dell’art. 13 della L. 142 (ora, art. 17 D.Lgs. 267), diventa organo ne-cessario di rappresentanza della popolazione della Circoscrizione; non solo,ma nulla vieta che lo Statuto disciplini i casi in cui si deve addivenire allacessazione anticipata dei Consigli circoscrizionali ed al loro rinnovo71. È darilevare che, coerentemente alla disposizione che vincola la durata del Con-siglio circoscrizionale a quella del Consiglio comunale (art. 4 della L. 7 giu-gno 1991, n. 182), il Consiglio circoscrizionale rinnovato nel corso del man-dato, durerà in carica sino alla scadenza normale del Consiglio anticipata-mente cessato;

- a seguito dell’abrogazione dell’art. 4 della L. 8 aprile 1976, n. 278, che limita-va il numero massimo dei consiglieri circoscrizionali ai due quinti dei con-siglieri comunali, spetta al Consiglio comunale stabilire il numero dei consi-glieri da eleggere nelle Circoscrizioni; ne consegue che, in mancanza di taleadempimento, trova ancora applicazione la precedente normativa72;

- in tema di presentazione e sottoscrizione delle liste dei candidati alle ele-zioni circoscrizionali, è consentito al regolamento comunale che disciplina lamateria, prevedere - in deroga alla normativa delle elezioni comunali - chenon sia necessaria l’autenticazione dei sottoscrittori quando la lista per leelezioni circoscrizionali sia presentata anche per le elezioni del Consiglio co-munale e con lo stesso contrassegno.73

(71) Cons. di Stato, I, 23 febbraio 1994, n. 223/94, in Cons. St., 1995, I, pag. 1472.(72) TAR Campania, Napoli, II, 18 gennaio 1994, n. 27, in TAR, 1994, I, pag. 1195.(73) TAR Veneto, 17 gennaio 1995, n. 82, in TAR, 1995, I, pag. 82.

Nel caso in cui si sia proceduto alla fusione di due o più Comuni è consentito preve-dere adeguate forme di partecipazione alle comunità di origine, ossia a tutti i Comu-ni soppressi oppure ad alcuni di essi. Tali forme acquistano particolare rilevanza qua-lora assumano la configurazione dei Municipi, ai sensi dell’art. 16 D.Lgs. 267/2000.Mentre, in precedenza, la loro costituzione era demandata alla scelta discrezionaledella Regione, attualmente, ferma restando la discrezionalità in ordine alla istituzio-ne dei Municipi, si demanda correttamente il compito di procedere alla loro attuazio-ne allo Statuto del nuovo Comune, sottraendola alla Regione.Si precisa, poi, che nel caso di fusione di due o più Comuni contigui, lo Statuto puòprevedere l’istituzione di Municipi nei territori delle comunità di origine dei soppres-si Comuni o soltanto in alcune di dette comunità.In ordine alla determinazione della natura giuridica dei Municipi si ritiene che essiconservino, anche con la nuova normativa, la natura di organismi di partecipazionee di decentramento, come dispone l’art. 15, comma 2, D.Lgs. 267/2000 e con l’esten-sione che sarà data a tali compiti dallo Statuto74.È conferito allo Statuto ed al regolamento di esecuzione il compito di disciplinare l’or-ganizzazione dei Municipi, termine onnicompresivo che si riferisce sia alla struttura,sia agli organi, per i quali si dispone che può essere previsto che siano “eletti a suf-fragio universale diretto”.Rispetto alla previgente normativa, si è operata una significativa innovazione, inquanto non si procede più ad individuare gli organi (il prosindaco e due consultori)ed il loro modo di elezione (che era effettuata direttamente da parte dei cittadini resi-denti nei municipi, sulla base di liste concorrenti e con la prevalenza della lista che ot-teneva il maggior numero di voti).Con la nuova normativa ci si limita a stabilire che gli organi possono “anche” essereeletti a suffragio universale diretto, consentendo, quindi, al Comune di individuarequali siano gli organi rappresentativi dei Municipi ed in che modo essi possano esse-re scelti, sia con l’elezione diretta, sia con la semplice designazione da parte del Con-siglio o del Sindaco.Analogamente a quanto previsto dalla abrogata disposizione si stabilisce che “si ap-plicano agli amministratori dei municipi le norme previste per gli amministratori dei Comu-ni di pari popolazione”, con la possibilità di avere diverse regolamentazioni, a secondadella popolazione di ciascun municipio.Come rilevato, i Municipi svolgono funzioni di partecipazione e di decentramento,anche se tale espressione non compare nella disposizione, diversamente dalla abroga-ta legislazione che attribuiva loro “il compito di gestire i servizi di base nonché altre fun-zioni delegate dal Comune”, con una formulazione che ricalcava i poteri conferiti alleCircoscrizioni, cui potevano essere assimilati.La nuova normativa si limita ad affermare che lo Statuto ed il regolamento dovrannodisciplinare le funzioni dei municipi, per cui si potranno attribuire compiti gestiona-li dei servizi di base e funzioni delegate, come le Circoscrizioni oppure meramentepartecipativi, al pari delle frazioni.

L’organizzazionedei municipi

6.18. I MUNICIPI173

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

6.18. I municipi

(74) Essi non costituiscono enti soggettivamente distinti dal Comune, per cui il giudizio elettorale re-lativo alle operazioni per le elezioni del consiglio municipale risulta ritualmente promosso median-te notifica dell’atto introduttivo al solo Comune (Consiglio di Stato, V, 22 ottobre 2002, n. 5792, inCons. St., 2002, I, pag. 2293).

Le modalità di esercizio di queste funzioni saranno disciplinate dal regolamento, ilquale dovrà pure tenere conto delle realtà territoriali preesistenti ed operanti in cia-scun municipio: ci si riferisce alle frazioni ed alle Circoscrizioni, le cui funzioni do-vranno differenziarsi da quelle esercitate dai municipi, al fine di evitare sovrapposi-zioni e contrasti gestionali75.

Il dettato normativo si attua, oltre che con le varie istituzioni con cui si dà vita al de-centramento, le quali sono espressamente qualificate “organismi di partecipazione” (art.17 D.Lgs. 267), con la loro “promozione”, che si concreta, sia con l’utilizzare l’associa-zionismo esistente ed operante nei vari settori, da quello scolastico a quello ricreati-vo, sportivo, culturale, ecc., sia con facilitare la formazione di nuovi organismi, aper-ti alla partecipazione dei cittadini, organismi che possono essere anche “libere formeassociative”, che, proprio per l’intervento promozionale del Comune, hanno possibili-tà di nascere, agire e prosperare. Non è necessario che il sussidio del Comune si concreti in contributi finanziari, po-tendo consistere anche nell’assicurare ai cittadini l’accesso alle strutture ed ai servizi,come è specificatamente disposto dall’art. 10, comma 3, del D.Lgs. 267.La promozione di organismi di partecipazione può indirizzarsi anche con il preve-dere la presenza di rappresentanti delle forze sociali in organi istituzionali, comecommissioni comunali, comitati, consulte, conferenze dei servizi, ecc. Lo Statuto, senza scendere nel dettaglio, deve evidenziare la volontà dell’ente nel fa-vorire e facilitare la presenza dei destinatari dei servizi, come la previsione di appo-sito comitato di gestione degli asili nido, degli impianti sportivi, ecc. aperto alla par-tecipazione degli utenti, sia a livello cittadino, sia a quello di quartiere o di frazione.La partecipazione popolare si concreta anche con la previsione della possibilità diavanzare istanze, petizioni ed anche proposte di deliberazione da parte dei cittadini,singoli o associati, nonché di ammettere il referendum nelle sue varie estrinsecazioni:consultivo, propositivo, abrogativo.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 174

6.19. L’istituzione, i compiti e le norme sul funzionamento degli organismi di partecipazione (art. 42, comma 2, lett. d)

L’art. 8 del D.Lgs. 267 del 2000 dispone, al comma 1, che spetta ai Comuni “va-lorizzare” le libere forme associative e “promuovere organismi di partecipazione po-polare all’amministrazione locale, anche su base di quartiere o di frazione”.

6.20. L’assunzione diretta dei pubblici servizi (art. 42, comma 2, lett. e)

(75) Cfr., sul punto, MIGNONE, op. cit. , voL. I, pag. 288; MARZANATI, in AA.VV., Le autonomie lo-cali, Milano, 1990, tomo I, pag. 288; MAGGIORA, in AA.VV., Testo unico degli enti locali, cit , voL. I, to-mo I, pag. 293 segg.

Rientra nella competenza del Consiglio comunale deliberare il modo di gestionedei servizi che l’ente è tenuto o è facoltizzato ad erogare, facendo ricorso ad uno deimodi indicati dagli artt. 112-116 D.Lgs. 267 del 2000, nonché dal D. L. 112 del 2008.

È merito della legge di riforma delle autonomie locali l’avere definito l’oggetto deipubblici servizi, consistente nella produzione di beni e attività (art. 122 comma 1). In-fatti, la stessa disposizione precisa che i Comuni e le Province possono non solo pro-durre beni e servizi, quali quelli tradizionali elencati, peraltro, in via meramenteesemplificativa, nell’art. 1 del R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578, ma possono assumere an-che la gestione di “attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppoeconomico e civile delle comunità locali”. Si tratta di tutti quei servizi di carattere collettivo (gestione di comunità alloggio, diimpianti sportivi, ricreativi, di soggiorno, ecc.) che il Comune può gestire con gli stru-menti predisposti, in via generale dal legislatore, anche se poi la stessa norma privi-legia, per l’esercizio di queste attività a rilevanza sociale, una particolare forma di ge-stione: l’istituzione, che sarà oggetto di trattazione nel prosieguo.Non mancano Comuni ed aziende municipalizzate che chiedono a ditte specializzatela certificazione di qualità dei servizi erogati ai cittadini.In conformità all’art. 4, comma 2, della L. 142/1990, che demandava allo Statuto ilcompito di specificare “l’ordinamento dei (...) servizi pubblici”, gli statuti hanno det-tato alcune disposizioni, con le quali si sono precisate le modalità con le quali gli en-ti debbono procedere alla scelta del modo di gestione dei servizi.

Alcuni statuti hanno disposto che la scelta avvenga sulla base di valutazioni di op-portunità, di convenienza economica, di efficienza di gestione, avendo riguardo allanatura del servizio da erogare ed ai concreti interessi pubblici da seguire, e con la pre-disposizione di un piano tecnico-finanziario che motivi la forma di gestione prescel-ta76.Anche se l’attuale art. 6, D.Lgs. 267/2000, che disciplina la materia, non contiene piùun tale adempimento, esso può, comunque, essere previsto e disciplinato, rientrandonel potere statutario lo stabilire “le norme fondamentali di organizzazione dell’ente”, tra lequali si comprendono quelle relative alla gestione dei pubblici servizi.L’originario art. 113 D.Lgs. 267 elencava le forme di gestione dei pubblici servizi (ineconomia, in concessione a terzi, a mezzo di azienda speciale, a mezzo di istituzione,a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubbli-co ed a mezzo di società per azioni senza il vincolo della proprietà pubblica maggio-ritaria).Tale classificazione ha subito profonde innovazioni, a seguito della riforma dei servi-zi pubblici locali, attuata dall’art. 35 della L. finanziaria per il 2002 (L. 28 dicembre2001, n. 448), che ha distinto tra servizi pubblici a carattere imprenditoriale e serviziprivi di rilevanza imprenditoriale, ed ha indicato per ciascuno dei due gruppi distin-te forme di gestione77.

La certificazionedi qualità

6.20. L’ASSUNZIONE DIRETTA DEI PUBBLICI SERVIZI175

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

Con il comma 3 dell’art. 112 si dispone l’applicabilità ai servizi pubblici localidel Capo III del D.Lgs. 286 del 1999, secondo il quale detti servizi debbono es-sere erogati con “modalità che promuovono il miglioramento della qualità e assicura-no la tutela dei cittadini e degli utenti e la loro partecipazione, nelle forme, anche asso-ciative, riconosciute dalla legge, alle inerenti procedure di valutazione e definizione de-gli standard qualitativi”.

(76) ROLLA-GROPPI-LUATTI. L’ordinamento dei Comuni e delle Province, Milano, 1993, pag. 407. Cfr.AA. VV., I servizi pubblici locali, a cura di V. Italia, Milano, pag. 2004.(77) Così, CAIA, I servizi sociali degli enti locali e la loro gestione con affidamento a terzi. Premesse di inqua-dramento, in www.giustizia-amministrativa.it.

Con l’art. 14 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito in L. 24 novembre 2003, n.326) si è adeguata la normativa alla legislazione comunitaria ed si è introdotta la di-stinzione tra servizi a rilevanza economica e servizi privi di rilevanza economica,dando vita a nuove forme di gestione dei primi78.Con l’art. 23-bis del D.L. 112 del 2008 è stata disciplinata la materia relativa all’affida-mento ed alla gestione dei servizi a rilevanza economica, successivamente integrata emodificata dal D.L. 135 del 2009, convertito nella legge 20 novembre 2009, n.166 e re-golamentata con il d.P.R. 7 settembre 2010 n. 168.La questione relativa alla individuazione dell’ente competente in materia di servizipubblici locali, è stata risolta dalla Corte costituzionale, in questo modo (sent. 272 del2004)79: spetta allo Stato la competenza legislativa esclusiva nei confronti dei servizia rilevanza economica, rientrando la materia nella “tutela della concorrenza” mentreè riservata alle Regioni la competenza legislativa in materia di servizi privi di rilevan-za economica, con conseguente dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art.113-bis del D.Lgs. 267/2000, che disciplinava le modalità di gestione dei servizi pub-blici locali privi di rilevanza economica.

Per i servizi pubblici locali privi di rilevanza economica la disciplina era dettata dal-l’art. 113-bis 80, come modificato dall’art. 14, comma 2, del D.L. 269 del 2003, con laprescrizione che essi potessero essere gestiti mediante affidamento diretto a:

- istituzioni;- aziende speciali, anche consortili;- società a capitale interamente pubblico, a condizione che gli enti pubblici titola-

ri del capitale sociale esercitassero sulla società un controllo analogo a quello eser-citato sui propri servizi e che la società realizzasse la parte più importante dellapropria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllavano.

Era consentita la gestione in economia quando, per le modeste dimensioni o per lecaratteristiche del servizio non fosse opportuno procedere ad affidamento ai soggettidi cui sopra.Gli enti locali potevano procedere all’affidamento diretto di servizi culturali e deltempo libero anche ad associazioni e fondazioni81 da loro costituite o partecipate.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 176

I servizi arilevanza

economica

6.21. La gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica

(78) Ved. TESSAROLO, Il nuovo ordinamento dei servizi pubblici locali, in www. dirittodeiservizipubblici.it,2004; PURCARO, La disciplina dei servizi pubblici locali, in Nuova rass. 2004, pag. 1750.(79) Per un primo commento alla sentenza della Corte, cfr. DEODATO, Luci ed ombre sul riparto dicompetenza legislativa tra Stato e Regioni in materia di servizi pubblici locali, in www.federalismi.it, 2004.(80) L’art. 113-bis era stato inserito dall’art. 35, comma 15, della L. 448 del 2001 e prevedeva la gestio-ne dei servizi privi di rilevanza economica mediante affidamento diretto ad : a) istituzioni; b) azien-de speciali, anche consortili; c) società di capitali, costituite o partecipate dagli enti locali, regolatedal codice civile; d) associazioni e fondazioni costituite da enti locali, qualora si trattasse di serviziculturali e del tempo libero. Era consentita la gestione in economia quando, per le modeste dimen-sioni o per le caratteristiche del servizio, non fosse opportuno precedere ad affidamento diretto non-ché l’affidamento a terzi (c.d. concessione), in base a procedure ad evidenza pubblica quando fosserichiesto da ragioni tecniche, economiche o di utilità sociale. I rapporti tra enti locali ed i soggetti ero-gatori dei servizi erano regolati da contratti di servizio. Cfr., PIZZUTI, Servizi pubblici locali privi di ri-levanza economica, in Nuova rass., 2004, pag. 735.(81) L’istituto della fondazione ha trovato ampia applicazione nella gestione dei musei, degli enti li-rici e dei teatri stabili.

L’art. 14 del citato D.L. 269 del 2003 aveva abrogato il comma 4 dell’art. 113-bis, chefaceva riferimento all’affidamento mediante procedura ad evidenza pubblica, in pre-senza di ragioni tecniche, economiche o di utilità sociale, procedura che costituivauna anomalia rispetto alle altre forme di gestione che prevedevano l’affidamento di-retto della gestione. Tuttavia, è stato ritenuto che con tale espressa abrogazione non è impedito all’ente lo-cale di avvalersi per un proprio servizio pubblico di carattere sociale della collabora-zione di privati, in quanto si potrebbe ritenere che l’abrogazione sia espressiva dellavolontà del legislatore di rimarcare la sussidiarietà dell’intervento pubblico82.Come rilevato, la sentenza 272 del 2004 della Corte ha considerato illegittimo l’art. 113-bis, in quanto la tutela della concorrenza e l’inderogabilità della disciplina concernonoesclusivamente i servizi pubblici a rilevanza economica e non già i servizi privi di ri-levanza economica “proprio perché in riferimento ad essi non esiste un mercato con-correnziale”; per questi servizi – conclude la Corte costituzionale - “ci sarà dunquespazio per una specifica ed adeguata disciplina di fonte regionale ed anche locale”.Siamo, quindi, in presenza di un vuoto legislativo, con la conseguenza che, nell’atte-sa che venga colmato dalle Regioni e dagli enti locali, trova applicazione la previgen-te normativa, di cui facciamo cenno. Infatti, non è escluso che il legislatore regionalee la normativa statutaria e regolamentare dell’ente non faccia riferimento alle formedi gestione, attualmente operanti nell’ordinamento locale, anche in considerazionedel fatto che la decisione della Corte non ha travolto gli artt. 114 e 116 che disciplina-no la gestione mediante aziende speciali, istituzioni e società per azioni.

Il modo più elementare di gestione dei servizi pubblici locali è quello in economia, alquale si ricorre “quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servi-zio non sia opportuno costituire una istituzione o una azienda” (come precisavanol’art. 22 della L. 142 e l’art. 113, lett. a) del D.Lgs. 267/2000). Il servizio è gestito dagliorgani istituzionali e burocratici dell’ente locale, alla stregua di ogni altra attività del-l’ente.Secondo quanto previsto dall’art. 15 del R.D. 2578 del 1925, che può trovare ancoraapplicazione, il procedimento di assunzione del servizio in economia non diverge daquello stabilito per la gestione mediante azienda speciale, essendo egualmente neces-sari:

1) la deliberazione del Consiglio comunale di assunzione del servizio (art. 42, lett.e, D.Lgs. 267/2000);

2) il quorum speciale previsto dall’art. 15 citato e dall’art. 2 del regolamento di ese-cuzione del R-D. 2578, approvato con d.P.R. 4 ottobre 1986, n. 902 (maggioranzadei consiglieri in carica, non inferiore al terzo dei consiglieri assegnati, compu-tando il Sindaco);

3) redazione di apposito progetto di massima tecnico e finanziario, con l’indicazio-ne dei mezzi con cui si intende fare fronte alle spese per l’impianto e la gestionedel servizio;

4) l’approvazione di apposito regolamento di disciplina del servizio.

6.22. LA GESTIONE IN ECONOMIA177

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

Corte cost.272/2004

(82) Rileva CAIA, op cit., che l’amministrazione può intervenire, direttamente o nella veste di conce-dente solo quando l’autonoma iniziativa dei cittadini e delle formazioni sociali, per prestazioni so-ciali, sia carente o non adeguata ; tale intervento trova fondamento ai sensi dell’art. 3, comma 5 delD.Lgs. 267/2000 e dell’art. 118, comma 4 Cost..

6.22. La gestione in economia (art. 42, comma 2, lett. e)

Per la gestione dei servizi sociali il legislatore ha privilegiato una speciale forma digestione, che è quella dell’istituzione, in quanto si annoverano tra i servizi pubblici,non solo quelli diretti alla produzione di beni, ma anche quelli che abbiano ad ogget-to “attività rivolte a realizzare fini sociali” (art. 113, lett. d) D.Lgs. 267/2000 nel testo ori-ginario, mutuato dalla L. 142).La loro disciplina è accomunata a quella delle aziende speciali, ma con qualche diver-sità, determinata dal carattere peculiare attribuito all’istituto.L’istituzione deve essere gestita con criteri di efficacia, efficienza ed economicità, inmodo da assicurare il pareggio del bilancio, da perseguire attraverso l’equilibrio deicosti e dei ricavi (art. 114, comma 4, D.Lgs. 267/2000).Essa non ha personalità giuridica, come l’azienda, essendo definita come un “organi-smo strumentale dell’ente locale, dotato di autonomia gestionale” (art. 114, comma 2), unavia di mezzo tra la gestione in economia e quella con azienda speciale, alla quale è as-similata, oltre che per i criteri gestionali, prima elencati, anche con riguardo agli or-gani, consistenti, anch’essi, in un consiglio di amministrazione, in un presidente (lecui modalità di nomina sono stabilite dallo Statuto del Comune) ed in un direttore, alquale compete la responsabilità della gestione (art. 114, comma 3). A differenza delleaziende speciali, le istituzioni sono rette dallo Statuto e dai regolamenti del Comune(art. 114, comma 5). Spetta all’ente locale conferire alle istituzioni il capitale di dotazione, determinare -con deliberazione del Consiglio - le finalità e gli indirizzi, esercitare la vigilanza, ve-rificare i risultati della gestione, provvedere alla copertura dei costi sociali (art. 114,comma 6), determinare le tariffe del servizio. Il controllo sulla gestione è esercitato di-rettamente dai revisori dei conti dell’ente locale (art. 114, comma 7).Circa l’individuazione degli atti fondamentali, di cui al comma 8, si rinvia alle consi-derazioni fatte a proposito delle aziende speciali (ved. infra).

6.24.1. Costituzione Le aziende speciali – che sono state, sino alla recente riforma dei servizi pubblici lo-cali il modo normale di gestione dei servizi aventi rilevanza imprenditoriale - sonoenti strumentali dell’ente locale dotati di personalità giuridica, di autonomia impren-ditoriale e di proprio Statuto, approvato dal Consiglio comunale e provinciale (art.114, comma 1, D.Lgs. 267/2000.).In ordine alla loro natura giuridica, si afferma la loro qualificazione di enti pubblicieconomici, con personalità giuridica distinta da quella dell’ente che dà vita alle azien-de83. Riguardo alla individuazione del momento in cui l’azienda acquista la personalitàgiuridica, si è affermato che essa derivi direttamente dalla legge (l’attuale testo unico)

MANUALE DEL CONSIGLIERE 178

6.23. La costituzione di istituzioni (art. 42, comma 2, lett. e)

6.24. La costituzione di aziende speciali (art. 42, comma 2, lett. e)

(83) Giurisprudenza prevalente: TAR Toscana, I, 11 novembre 1991, n. 623, in TAR, 1992, I, pag. 245;TAR Lazio, II, 21 febbraio 1992, n. 442, ivi, 1992, I,pag. 972; TAR Lombardia, Milano, III, 18 febbraio1998, n. 370, ivi, 1998, I, pag. 1310; contra, TAR Veneto, 24 febbraio 1997, n. 487, ivi, 1997, I, pag. 1340.1992, I, pag. 33.

che, pur non configurando alcun specifico atto di riconoscimento, richiede il perfezio-namento di ulteriori elementi costitutivi del fenomeno, quali l’approvazione delloStatuto ed il conferimento dei mezzi patrimoniali84. Non manca chi ritiene che l’ac-quisto della personalità giuridica si perfezioni con l’approvazione dello Statuto e l’iscrizione dell’azienda nel registro delle imprese, ai sensi del comma 3, dell’art. 4 delD.L. 31 gennaio 1995, n. 2685. Quest’ultima soluzione - che è ribadita dall’art. 123D.Lgs. 267/2000. - è quella preferibile, in quanto l’art. 2331 cod. civ. dispone che conl’iscrizione nel registro la società acquista la personalità giuridica.Per istituire l’azienda speciale si applicano le norme stabilite dal R.D. 2578 del 1925 edal regolamento di esecuzione, approvato con d.P.R. 902 del 1986, che richiedono:

1) la deliberazione del Consiglio, adottata con la maggioranza dei consiglieri in ca-rica, non inferiore al terzo dei consiglieri assegnati (ivi compreso il Sindaco);

2) un apposito progetto di massima, tecnico e finanziario, con l’indicazione dei mez-zi con cui si intende far fronte alle spese per l’impianto e la gestione del servizio;

3) lo Statuto dell’azienda.Essendo dotata di autonomia imprenditoriale e dovendo informare la propria attivi-tà a criteri di efficienza, efficacia ed economicità l’azienda speciale soggiace alla disci-plina di diritto privato per quanto attiene al profilo dell’impresa e per i rapporti di la-voro dei dipendenti86.

6.24.2. Gli organi Sono organi dell’azienda speciale: il Consiglio di amministrazione ed il presidente,nominati dal Sindaco, secondo le prescrizioni dettate dallo Statuto comunale e dagliindirizzi generali fissati dal Consiglio dell’ente locale.Ad essi si aggiunge il direttore, “al quale compete la responsabilità gestionale”, e rappre-senta l’azienda nei rapporti con i terzi, mentre al presidente spetta la rappresentanzadell’azienda nei rapporti con il Comune, nello svolgimento di un compito politico.Vigente l’abrogata normativa sui servizi pubblici locali, è stata ritenuta legittima la di-sposizione statutaria che, in relazione alla gestione dei servizi pubblici, prescrive chesi debba “prioritariamente” verificare la possibilità di privilegiare il ricorso all’azien-da speciale, in quanto l’art. 113 non stabilisce alcuna forma di preferenza per le mo-dalità di gestione dei servizi, restando integro il potere autonomo di scelta da partedel Consiglio87. La disposizione è tuttora applicabile, a condizione che si tratti di ser-vizi privi di rilevanza economica.Lo Statuto aziendale deve, inoltre, prevedere un organo di revisione, composto di tremembri, ai sensi dell’art. 114, comma 7, nominato dal Consiglio, in conformità all’art.42, lett. m, D.Lgs. 267/200088. Lo Statuto dell’azienda deve anche prevedere “forme au-tonome di verifica della gestione”, al fine di garantire un efficace controllo sulla gestionedell’azienda, mentre spetta all’ente locale determinare “le finalità e gli indirizzi” delleaziende speciali e delle istituzioni (sul punto, si rinvia, all’art. 42, lett. g: ved. retro).

6.24. LA COSTITUZIONE DI AZIENDE SPECIALI179

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

(84) CAIA, Organizzazione dei servizi pubblici locali. Figure, regime e caratteristiche, in Notiz. giur. reg.,1992, I, pag. 33.(85) FARALDI, L’azienda speciale e le società a partecipazione comunale, in Nuova rass., 1995, pag. 1289,che cita il conforme parere del Consiglio di Stato, III, 18 maggio 1993, n. 405, in Cons. St., 1994, I, pag.1183.(86) TAR Liguria, II, 24 maggio 1995, n. 272, in TAR , 1995, I, pag. 3024.(87) TAR Umbria, 3 marzo 1997, n. 100, in Foro amm., 1997, pag. 2839.(88) Come sostiene TAR Calabria, Reggio Calabria, 18 dicembre 1998, n. 1559, in TAR, 1999, I,. pag.745.

6.24.3. L’attivitàL’azienda deve informare la propria attività a criteri di efficacia, efficienza ed econo-micità e di pareggiare il bilancio, traguardo da perseguire attraverso l’equilibrio deicosti e dei ricavi e dei trasferimenti dell’ente locale, oltre a quelli disposti a coperturadei costi sociali (art. 114, comma 4).Il comma 8 dell’art. 114 individua come atti fondamentali, sui quali l’ente locale eser-cita il potere di approvazione e di vigilanza sull’azienda, i seguenti:

a) il piano-programma, comprendente un contratto di servizio che disciplini i rap-porti tra ente locale ed azienda;

b) i bilanci economici di previsione pluriennale ed annuale;c) il conto consuntivo;d) il bilancio di esercizio.

Il delicato problema della possibilità per l’azienda speciale di svolgere la propria at-tività anche a favore di altri enti locali, e quindi, al di fuori del territorio dell’ente chel’ha costituita, è risolto favorevolmente con il richiamo all’art. 5 del d.P.R. 902 del1986, il quale prescrive apposita deliberazione del Consiglio dell’ente locale, previaintesa con gli enti interessati all’estensione del servizio.La materia deve essere coordinata con l’art. 114, che conferisce all’azienda la persona-lità giuridica, per cui deve ritenersi che l’estensione dell’attività debba essere discipli-nata dallo Statuto dell’ente locale (non però da quello dell’azienda)89, che definisca icasi e le modalità per l’attuazione90. Esiste, tuttavia, un consolidato indirizzo giuri-sprudenziale, secondo il quale l’azienda speciale non può partecipare a gare d’appal-to per la gestione di servizi e risultarne aggiudicataria, nè può concludere a trattativaprivata un contratto con un altro ente locale per gestire un servizio all’interno del ter-ritorio di quest’ultimo, in quanto l’azienda è costituita per il perseguimento di unospecifico scopo determinato dall’ente locale che la istituisce e che vincola l’eserciziodelle funzioni aziendali a quelle ritenute strettamente necessarie per il soddisfaci-mento di tale scopo91.Le aziende speciali sono state oggetto di un processo di privatizzazione, come vedre-mo al sottoparagrafo che segue.

6.24.4. La trasformazione delle aziende speciali in società per azioni Con l’art. 115 D.Lgs. 267 del 2000 (mutuato dall’art. 17, commi da 51 a 57, della L. 127del 1997e successivamente modificato dal comma 12 dell’art. 35 della L. 448 del 2001,dall’art. 7-ter del D.L. 203 del 2005 ) si è inteso accelerare il processo di privatizzazio-ne delle aziende speciali, che nel passato gestivano servizi a rilevanza economica,mediante la loro trasformazione in società per azioni, aperte alla partecipazione deiprivati, processo iniziato da talune amministrazioni locali, anche in assenza di appo-sita normativa.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 180

(89) TAR Piemonte, 16 luglio 1998 n. 275, in TAR,1998, I, pag. 3618.(90) Sulla legittimità dell’estensione dell’attività: TAR Piemonte, II, 29 giugno 1995, n. 373, in TAR,1995, I, pag. 3570; TAR Lombardia, Brescia, 14 marzo 1996, n. 282, ivi, 1996, I, pag. 1862; TAR vene-to, 24 dicembre 1996, n. 2305, ivi, 1997, I,. pag. 561; Id., 11 agosto 1997, n. 1304, iv , 1997, I, 3624; TARLiguria, II, 11 maggio 1998, n. 297, ivi, 1997, I, pag. 2512; TAR Emilia Romagna, Parma, 3 luglio 1998,n. 386, ivi, 1998, I, pag. 3223; Consiglio di Stato, V, 23 aprile 1998, n. 475 , in Cons. dSt. , 1998, I, pag.610.(91) Consiglio di Stato, V, 3 agosto 1995, n. 1159, in Cons. St., 1995, I, pag. 1089; Id. 6 aprile 1998, n.432, ivi, 1998, I, pag. 591; TAR Lombardia, Brescia, 23 marzo 2004, n. 245, in Foro amm. TAR, 2004, 603.

La trasformazione avviene per atto unilaterale degli enti locali, che possono restareazionisti per un periodo non superiore a due anni.Il capitale sociale è determinato dalla deliberazione del Consiglio che dispone la tra-sformazione in misura non inferiore al fondo di dotazione dell’azienda, come risultan-te dall’ultimo bilancio di esercizio approvato e comunque, in misura non inferiore al-l’importo minimo richiesto per la costituzione della società cui si intende dare vita.L’eventuale residuo del patrimonio netto conferito va imputato a riserve e fondi,mantenendo inalterate, ove possibile, le denominazioni o le destinazioni previste nelbilancio delle aziende originarie.Le società costituite dalla trasformazione di aziende speciali conservano tutti i dirittie gli obblighi anteriori alla trasformazione e subentrano in tutti i rapporti attivi e pas-sivi delle aziende originarie.Con il comma 5 dell’art. 115 si consente all’ente locale, che ha proceduto alla trasfor-mazione dell’azienda speciale in società per azioni, di procedere all’alienazione del-le relative azioni, al fine di consentire la partecipazione del capitale privato, facendoricorso alle modalità previste dall’art. 116 (adozione delle procedure ad evidenzapubblica nella scelta dei soci; obbligo per l’ente locale di nominare uno o più ammi-nistratori e sindaci; riserva di una quota delle azioni all’azionariato diffuso).L’art. 118, comma 1, del D.Lgs. 267 dispone che:

a) i trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai Comuni, dalle Province edai consorzi fra enti locali a favore delle aziende speciali o di società per azionicon partecipazione maggioritaria pubblica locale (art. 113, lett. e) sono esenti, sen-za limiti di valore, dalle imposte di bollo, di registro, di incremento di valore su-gli immobili, ipotecarie, catastali e ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto diqualsiasi specie o natura;

b) gli onorari previsti per i periti designati dal tribunale per la redazione della sti-ma di cui all’art. 2343, cod. civ. (ved. art. 115, comma 3), nonché gli onorari pre-visti per i notai incaricati della redazione degli atti conseguenti ai trasferimenti,sono ridotti alla metà.

6.25.1. La disciplina normativaLa concessione della gestione di un servizio pubblico privo di rilevanza economica aterzi è subordinata alla condizione che sussistano “ragioni tecniche, economiche e di op-portunità sociale”, condizioni che debbono sussistere congiuntamente ed essere con-gruamente motivate92. In genere, si tratta di servizi che comportano la predisposizione di strutture tecnolo-giche specialistiche e ad alto costo, che ne sconsigliano l’acquisto da parte dell’ente(ragioni tecniche) oppure è più conveniente ricorrere alla concessione per i minori co-sti sostenuti da terzi, rispetto alla amministrazione locale (ragioni economiche).Il procedimento per addivenire alla concessione è il seguente:

1) in primo luogo, occorre la deliberazione del Consiglio93 che manifesti la volon-tà di scegliere la forma della concessione del servizio, approvi il relativo bando

6.25. LA CONCESSIONE DEI PUBBLICI SERVIZI181

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

Il procedimento

6.25. La concessione dei pubblici servizi (art. 42, comma 2, lett. e)

(92) PICOZZA, Le prospettive dei servizi pubblici locali nell’ambito del nuovo ordinamento delle autonomielocali, in Studi in onore di Domenico Santelia, Firenze, 1993, pag. 114.

di gara e l’annesso disciplinare, mentre la restante attività, ove assuma carattereesecutivo del deliberato consiliare, può essere svolta da altri organi94;

2) si procede, quindi, all’indizione di pubblica gara di asta pubblica o di licitazioneprivata ed eccezionalmente a trattativa privata, ai sensi dell’art. 267 del t.u. per lafinanza locale (R.D. 14 settembre 1931, n. 1175), ritenuto ancora vigente95;

3) infine, si addiviene alla stipulazione di apposito contratto (c.d. concessione-con-tratto), contenente i diritti e gli oneri delle parti. In particolare, deve essere sem-pre prevista la facoltà di riscatto da parte dell’ente locale (art. 26 R.D. 2578; artt. 8-14 del d.P.R. 902 del 1986), da esercitarsi mediante disdetta96, da adottarsi con de-liberazione del Consiglio, assunta con la maggioranza speciale prevista dall’art. 2del d.P.R. 902 (secondo quanto dispone l’art. 9 dello stesso d.P.R.). Devono ancheessere previsti: la regolare manutenzione degli impianti per l’intero periodo dellaconcessione; la rigorosa osservanza delle tariffe per le prestazioni da fare al Co-mune; la vigilanza sul funzionamento del servizio; il canone dovuto per la conces-sione oppure la partecipazione dell’ente agli utili dell’impresa; i corrispettivi do-vuti dal concessionario per gli immobili e gli impianti eventualmente ceduti dal-l’amministrazione; le modalità di trasferimento all’ente, alla scadenza della con-cessione, degli immobili e degli impianti, anche se di pertinenza del contraente; lepenalità per l’inosservanza degli obblighi contrattuali; i casi di decadenza e le mo-dalità per la definizione delle relative controversie (art. 267 t.u. fin. loc.).

6.25.2. Casistica

MANUALE DEL CONSIGLIERE 182

Orientamenti di giurisprudenzaÈ stato deciso che, in presenza di apposita clausola contrattuale che preveda ilrinnovo tacito di una concessione di pubblici servizi, per omessa disdetta, de-ve ritenersi che l’automatica rinnovazione comporta, di fatto, l’assegnazionedella concessione per l’ulteriore periodo a trattativa privata diretta, senza ne-cessità dell’esperimento di alcuna gara, ancorché informale e senza alcuna mo-tivazione sul mancato ricorso alla gara medesima; pertanto, è illegittima l’indi-zione di una nuova gara senza la formalizzazione della disdetta del pregressorapporto contrattuale nei termini contemplati dalla concessione medesima97.Legittimamente l’amministrazione comunale affida in concessione il serviziodi arredo urbano e di installazione di segnaletica industriale lungo le strade98.È, invece, illegittimo l’affidamento in concessione della gestione dell’acquedot-to comunale già gestito in economia dall’ente, in difetto dell’adozione di pro-cedura ad evidenza pubblica, non sussistendo i presupposti di deroga all’astapubblica, tali non essendo la serietà del concessionario prescelto e l’invocataconvenienza basata su asserite condizioni di vantaggio e di affidabilità del con-cessionario medesimo99.

(93) TAR Sardegna, 7 aprile 1997, n. 423, in TAR, 1997, I, pag. 2172; TAR Lazio, II, 13 gennaio 1999, n.238, ivi, 1999, I, pag. 438.(94) TAR Lazio, II, 26 ottobre 1993, n. 1330, in TAR, 1993, I, pag. 3949.(95) TAR Liguria, II, 17 giugno 1995, n. 305, in TAR, 1995, I, pag. 3710; TAR Lombardia, Brescia, 20settembre 1996, n. 918, ivi, 1996, I, pag. 4134.(96) TAR Marche, 28 maggio 1998, n. 734, in TAR, 1998, I, pag. 2641.(97) TAR Veneto, 16 dicembre 1996, n. 2155, in TAR, 1997, I, pag. 546.(98) TAR Toscana, I, 19 giugno 1998, n. 405, in TAR, 1998, I, pag. 3241.(99) TAR. Lombardia, Milano, III, 23 settembre 1998, n. 2166, in TAR, 1998, I, pag. 4019.

(segue)

Con questa normativa, si riconosce la possibilità per gli enti locali di poter costituire so-cietà a responsabilità limitata (prima controversa, ma ammessa, in seguito dalla giuri-sprudenza)101 e di non solo costituire, ma anche di partecipare a società già costituite.La prevalenza del capitale pubblico locale subisce deroga (come prescriveva la suc-cessiva lett. f), nel senso che la partecipazione dell’ente locale può essere minoritaria,qualora le società abbiano ad oggetto:

1) l’esercizio di servizi pubblici;2) la realizzazione di opere necessarie al corretto esercizio di pubblici servizi;3) la realizzazione di infrastrutture ed altre opere di interesse pubblico.

È necessario per la costituzione di tali società minoritarie, che i servizi, le opere e leinfrastrutture: non rientrino nelle competenze istituzionali di altri enti; per la sceltadei soci privati e per il collocamento delle azioni sul mercato si ricorra alla gara adevidenza pubblica; sia consentito il ricorso all’azionariato diffuso (art. 116 D.Lgs. 267del 2000 e regolamento approvato con d.P.R. 16 settembre 1996, n. 533).La decisione di costituire una società per azioni o a responsabilità limitata oppure di par-tecipare a società già costituita è di spettanza del Consiglio, che l’approva, senza necessi-tà di adottare speciale maggioranza, salvo che non la richieda espressamente lo Statuto.Alla deliberazione deve essere allegata la bozza di Statuto e di atto costitutivo dellasocietà. In ordine all’affidamento della gestione del servizio ad una società costituita o parte-cipata da enti locali, si ritiene che non sia necessario instaurare un procedimento con-corsuale, in quanto la società era considerata, dalla legge, uno dei mezzi per gestireun pubblico servizio102.

6.26. LA PARTECIPAZIONE A SOCIETÀ DI CAPITALI183

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

È stata ritenuta legittima la determinazione dell’ente locale di procedere al dia-logo negoziale con la società concessionaria della gestione del servizio pubbli-co di distribuzione del gas metano e quindi all’approvazione di una nuova con-venzione con la stessa, ove ricorrano i requisiti di specialità previsti dall’art.267 del t.u. fin. loc. (rinvenibili, nella specie, nell’esigenza di soddisfare docu-mentate ed urgenti esigenze tecniche ed economiche connesse al fatto che conla preesistente rete un cospicuo numero di cittadini restava escluso dalla frui-zione del servizio per carenza di impianti di adduzione non previsti nella con-venzione originale)100.

(continua)

6.26. La partecipazione a società di capitali (art. 42, comma 2, lett. e)

L’art. 113, lett. e), prevedeva come forma di gestione dei servizi pubblici locali“le società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico lo-cale costituite o partecipate dall’ente titolare del pubblico servizio, qualora sia oppor-tuna, in relazione alla natura o all’ambito territoriale del servizio la partecipazione dipiù soggetti pubblici o privati”.

(100) T.AR Lombardia, Milano, III, 15 dicembre 1998, n. 2939, in TAR, 1999, I, pag. 509.(101) Consiglio di Stato, I, 2 dicembre 1992, n. 2685, in Cons. St., 1994, I, pag. 284.(102) TAR Puglia, Bari, II, 23 aprile 1998, n. 367, in TAR, 1998, I, pag. 2763; TAR Toscana, II, 11 giu-gno 1998, n. 551, ivi, 1998, I, pag. 3248; TAR Emilia-Romagna, Bologna, I, 13 luglio 1998, n. 271, ivi,1998, I, pag. 3197.

Se, invece, si intende affidare il servizio ad una società già operante, per altri pubbli-ci servizi, in tale caso si deve procedere ad indire apposita gara, ai sensi dell’art. 267t.u.. fin. loc.Per quanto concerne la scelta dei soci, occorre distinguere se si tratta di soci pubblicio privati. Nel primo caso, non è necessaria l’adozione di procedure ad evidenza pub-blica, in quanto la loro partecipazione era comunque dettata da ragioni di pubblicointeresse.Qualora, invece, si intende aprire la società alla partecipazione dei privati, è necessa-rio indire apposita gara103.Trova applicazione, nei confronti della società a partecipazione pubblica, prevalente ominoritaria o mista, la disciplina prevista dagli artt. 2325 e segg. del Libro V, Titolo V,capo IV cod.civ., come modificati dal D.Lgs. n. 6 del 2003, con le speciali deroghe det-tate dai successivi artt. 2449-2450, che conferiscono all’ente pubblico il potere di nomi-na extrassembleare degli amministratori, dei sindaci e dei componenti del consiglio disorveglianza, sottraendolo all’assemblea dei soci, che è competente in materia, ma acondizione che la nomina extrassembleare sia prevista dallo Statuto della società.In presenza di questa riserva di nomina, alla designazione procede il Sindaco, con lemodalità prescritte dagli indirizzi del Consiglio comunale.Corrispondente al potere extrassembleare di nomina vi è quello di revoca degli am-ministratori e dei componenti del collegio sindacale e del consiglio di sorveglianza,che “possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati” (art. 2449, secondocomma). Si tratta, anche qui, di esercizio di un potere sottratto all’assemblea e chequesta esercita “in qualunque tempo (...)salvo il diritto dell’amministratore al risarcimentodei danni se la revoca avviene senza giusta causa” (art. 2383 cod. civ.)104.In ordine alla possibilità dei pubblici impiegati di essere nominati amministratori osindaci in società in mano pubblica, si riconosce la legittimità della loro designazio-ne, previa autorizzazione, ai sensi degli artt. 60 e 62 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3,in base ai quali l’impiegato pubblico non può accettare cariche soltanto in società co-stituite a scopo di lucro105. Speciale regime fiscale, agevolativo, era stabilito dall’art. 1-bis della L. 15 marzo 1991,n. 80, dall’art. 12, comma 7, della L. 498 del 1992, dall’art. 4, comma 2, del d.L. 26 del1995 e dall’art. 17, comma 56, della L. 127 del 1997.

Per i servizi pubblici a rilevanza economica è possibile separare la gestione degli im-pianti, delle reti e delle dotazioni destinati all’esercizio dall’attività di erogazionedei servizi stessi, sempre che la normativa di settore106 ne consenta la separazione econ la garanzia che tutti i soggetti erogatori dei servizi possano accedere alle reti.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 184

6.27. L’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica

(103) Consiglio di Stato, V, 19 febbraio 1998, n. 192, in Cons. St , 1996, I, pag. 249; TAR Toscana, II, 18agosto 1997, n. 580, in TAR, 1007, I, pag. 3668; TAR Lazio, II, 22 ottobre 1998, n. 1693, ivi, 1998, I, pag.3934; TAR Campania, Napoli, I, 18 settembre 1998, n. 2922, ivi, 1998, I, pag. 4196. (104) MAGGIORA, L’azionariato comunale, in Comuni d’It. , 1991, pag. 1420.(105) TAR. Lombardia, Milano, II, 15 luglio 1994, n. 703, in TAR, 1994, I, pag. 3054, sulla incompati-bilità di un preside.(106) La disciplina dettata dall’art. 113 si applica a tutti i settori, ad esclusione di quelli dell’energiaelettrica e del gas (art. 113, comma 1).

Resta ferma la proprietà degli impianti, delle reti e delle dotazioni patrimoniali, chedeve essere, di regola, di pertinenza dell’ente locale, poiché è prevista la possibilità diconferire, anche in forma associata e nei casi in cui non sia vietato dalle normative disettore, la suddetta proprietà a società a capitale interamente pubblico, che è incedi-bile (art. 113, commi 2 e 13107).La materia relativa all’affidamento e alla gestione dei servizi pubblici locali di rilevan-za economica è stata ridisciplinata dall’art. 23-bis del D.L. 112 del 2008 (integrato emodificato dal D.L. 135 del 2009, convertito nella legge 20 novembre 2009, n. 166), inapplicazione della disciplina comunitaria e al fine di favorire la più ampia diffusionedei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei ser-vizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse ge-nerale in ambito locale, nonché di garantire il diritto di tutti gli utenti alla universali-tà ed accessibilità dei servizi pubblici locali ed al livello essenziale delle prestazioni,ai sensi dell’art. 117, secondo comma Cost. lett. e) ed m), assicurando un adeguato li-vello di tutela degli utenti, secondo i principi di sussidiarietà, proporzionalità e lealecooperazione.Il Governo è delegato ad adottare uno o più regolamenti atti a disciplinare la mate-ria (art. 23-bis, comma 10), adempimento attuato con il d.P.R. 7 settembre 2010 n. 168.Le nuove disposizioni contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servizipubblici locali e prevalgono sulle relative discipline di settore con esse incompatibili.Non si applicano alle disposizioni, in materia di distribuzione di gas naturale, di di-stribuzione di energia elettrica, alla gestione delle farmacie comunali, nonché alla di-sciplina del trasporto ferroviario regionale. Gli ambiti territoriali minimi di cui al comma 2 dell’art. 46 bis sono determinati, en-tro il 31 dicembre 2012, dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Mi-nistro per i rapporti con le regioni, sentite la Conferenza unificata e l’Autorità perl’energia elettrica e il gas, tenendo anche conto delle interconnessioni degli impiantidi distribuzione e con riferimento alle specificità territoriali e al numero dei clienti fi-nali. In ogni caso l’ambito non può essere inferiore al territorio comunale. Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria:

a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuatimediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principidel Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi aicontratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzia-lità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamen-to, mutuo riconoscimento e proporzionalità;

b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezio-ne del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nelrispetto dei principi di cui alla lett. a), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stes-so, la qualità di socio e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi allagestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferio-re al 40 per cento (art. 23-bis, comma 2).

In deroga alle modalità di affidamento ordinario sopra illustrato, per situazioni ecce-zionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geo-morfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e uti-le ricorso al mercato, l’affidamento può avvenire a favore di società a capitale intera-mente pubblico, partecipata dall’ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall’ordi-

6.27. AFFIDAMENTO E GESTIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI185

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

Affidamento

Proprietà di impianti, reti e dotazioni

(107) L’art. 113 è stato abrogato dal comma 11 dell’art. 23-bis, del D.L. 112 cdel 2008, nelle parti in-compatibili con lo stesso art. 23-bis.

namento comunitario per la gestione cosiddetta “in house” e, comunque, nel rispet-to dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla so-cietà e di prevalenza dell’attività svolta dalla stessa con l’ente o gli enti pubblici chela controllano. In questi ultimi casi, l’ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, moti-vandola in base ad un’analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazio-ne contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorità garante della concorrenza edel mercato per l’espressione di un parere preventivo, da rendere entro sessanta gior-ni dalla ricezione della predetta relazione. Decorso il termine, il parere, se non reso, siintende espresso in senso favorevole.Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata asoggetti privati.È consentito l’affidamento simultaneo con gara di una pluralità di servizi pubblicilocali nei casi in cui possa essere dimostrato che tale scelta sia economicamente van-taggiosa. In questo caso la durata dell’affidamento, unica per tutti i servizi, non puòessere superiore alla media calcolata sulla base della durata degli affidamenti indica-ta dalle discipline di settore.Le Regioni e gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze e d’intesa con laConferenza unificata, possono definire, nel rispetto delle normative settoriali, i baci-ni di gara per i diversi servizi, in maniera da consentire lo sfruttamento delle econo-mie di scala e di scopo e favorire una maggiore efficienza ed efficacia nell’espletamen-to dei servizi, nonché l’integrazione di servizi a domanda debole nel quadro di servi-zi più redditizi, garantendo il raggiungimento della dimensione minima efficiente alivello di impianto per più soggetti gestori e la copertura degli obblighi di serviziouniversale.Si stabilisce, in via diretta e dettagliata, la fase transitoria relativa agli affidamenti inessere che si presentano difformi rispetto al nuovo regime e si prescrive quanto segue:

a) le gestioni in essere alla data del 22 agosto 2008 affidate conformemente ai prin-cipi comunitari in materia di cosiddetta “in house” cessano, improrogabilmentee senza necessità di deliberazione da parte dell’ente affidante, alla data del 31 di-cembre 2011. Esse cessano alla scadenza prevista dal contratto di servizio a con-dizione che entro il 31 dicembre 2011 le amministrazioni cedano almeno il 40 percento del capitale attraverso le modalità di cui alla lettera b) del comma 2;

b) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e pri-vata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competiti-ve ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma2, le quali non abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’at-tribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano, im-prorogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante,alla data del 31 dicembre 2011;

c) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e pri-vata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitivead evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2,le quali abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribu-zione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano alla sca-denza prevista nel contratto di servizio;

d) gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipa-zione pubblica già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse controllate aisensi dell’articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel con-tratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica si riduca ancheprogressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero forme di

MANUALE DEL CONSIGLIERE 186

Fase transitoria

collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad unaquota non superiore al 40 per cento entro il 30 giugno 2013 e non superiore al 30per cento entro il 31 dicembre 2015; ove siffatte condizioni non si verifichino, gliaffidamenti cessano improrogabilmente e senza necessità di apposita delibera-zione dell’ente affidante, rispettivamente, alla data del 30 giugno 2013 o del 31dicembre 2015;

e) le gestioni affidate che non rientrano nei casi di cui alle lettere da a) a d) cessanocomunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessità di ap-posita deliberazione dell’ente affidante.

I rapporti degli enti locali con le società di erogazione del servizio e con le società e leimprese di gestione delle reti e degli impianti sono regolati da contratti di servizio,allegati ai capitolati di gara, che dovranno prevedere i livelli dei servizi da garantiree adeguati strumenti di verifica, nel rispetto dei livelli previsti (art. 113, comma 11).Qualora le disposizioni dei singoli settori prevedano la gestione associata del servi-zio per ambiti territoriali di dimensione sovracomunale, il soggetto che gestisce il ser-vizio stipula appositi contratti di servizio con i Comuni di dimensione demograficainferiore a 5.000 abitanti, al fine di assicurare il rispetto di adeguati e omogenei stan-dard qualitativi di servizio, definiti dai contratti stessi. In caso di mancato rispetto ditali standard nel territorio di minore dimensione demografica, i soggetti competentiad affidare la gestione dei servizio nell’ambito sovracomunale provvedono alla revo-ca dell’affidamento in corso sull’intero ambito (art. 35 della L. 448 del 2001).Alla scadenza del periodo di affidamento o in esito alla successiva gara di affidamen-to, le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali di proprietà degli enti locali odelle società con partecipazione maggioritaria degli enti locali, alle quali è stata con-ferita la proprietà delle reti, impianti e dotazioni, sono assegnate al nuovo gestore,unitamente alle reti o loro porzioni, impianti e altre dotazioni realizzate dal gestoreuscente, in attuazione dei piani di investimento. Al gestore uscente è dovuto, da par-te del nuovo gestore, un indennizzo pari al valore dei beni non ancora ammortizzati,il cui ammontare è indicato nel bando si gara (art. 113, comma 9).

Abbiamo sottolineato il fatto che deve trattarsi di ente pubblico, in quanto se si trat-tasse di privato ricorrerebbe la figura della concessione di pubblico servizio a terzi (sucui ved. retro).All’affidamento si ricorre nel caso in cui un Comune o una Provincia stipuli una con-venzione con un’azienda speciale, all’uopo autorizzata dal competente Consiglio co-munale o provinciale oppure con una società in mano pubblica, per l’esercizio di unaattività od un servizio pubblici, in quanto è impossibilitato a farvi fronte autonoma-mente, per carenze di personale e mezzi, con il ricorso agli altri strumenti di gestionedei servizi pubblici stabiliti dall’art. 112, il quale, per completezza avrebbe dovutocomprendere, oltre all’esercizio in forma associata, anche quello mediante affidamen-to, che è regolamentato dall’art. 42, il quale in tale modo colma la lacuna legislativa.

6.28. AFFIDAMENTO DI ATTIVITÀ O SERVIZI IN CONVENZIONE187

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

6.28. L’affidamento di attività o servizi mediante convenzione (art. 42, comma 2, lett. e)

Oltre a consentire a due o più Comuni o Province la stipulazione di convenzio-ni per la gestione associata di funzioni o servizi determinati, ai sensi dell’art. 30D.Lgs. 267, la normativa che qui si annota disciplina l’ipotesi in cui un singoloComune o Provincia affida ad un ente pubblico lo svolgimento di attività oservizi.

Così pure il Comune, singolo, può deliberare la stipula di una convenzione con laProvincia, ai fini dell’affidamento all’ente della progettazione ed esecuzione di operepubbliche comunali (art. 11 del D.L. 28 febbraio 1983, n. 55, convertito in L. 26 aprile1983, n. 131).Non rientra, a nostro avviso, in questa forma di gestione l’affidamento mediante ap-palto pubblico di servizi.

Si potrà parlare di “istituzione” dei tributi, qualora la nuova formulazione dell’art. 119Cost., che attribuisce ai Comuni, alle Province ed alle Città metropolitane la facoltà di“stabilire” ed “applicare” tributi ed entrate proprie, sia intesa come autonoma potestàdi istituire nuovi tributi di esclusiva pertinenza, in armonia con la Costituzione e se-condo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.Indirizzo che non è stato seguito dalla legge di attuazione dell’art. 119 , ossia della L.5 maggio 2009, n. 42, sul federalismo fiscale, con la quale si delega il Governo ad ema-nare, decreti legislativi sulla base dei criteri e principi direttivi intesi a prevedere chela legge statale debba individuare i tributi propri dei Comuni e delle Province, anchein sostituzione o trasformazione di tributi già esistenti e anche attraverso l’attribuzio-ne agli stessi comuni e province di tributi o parti di tributi già erariali; ne definisce pre-supposti, soggetti passivi e basi imponibili; stabilisce, garantendo una adeguata flessi-bilità, le aliquote di riferimento valide per tutto il territorio nazionale. È attualementeall’esame del Parlamento il dcretro di attuazione del federalismo municipale.La materia, dapprima disciplinata dal T.U. per la finanza locale, approvato con il R.D.15 settembre 1931, n. 1175, è stata successivamente dispersa in numerosi testi ed at-tualmente riordinata, in virtù dell’art. 3, commi da 143 a 149 e 151 della L. 23 dicem-bre 1996, n. 662, dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, che si articola, per quanto riguar-da i Comuni, nei seguenti tributi108:

- imposta comunale sugli immobili (ICI);- tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) o in alternativa il cano-ne per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP);

- imposta comunale sulla pubblicità, sostituibile con il canone per l’installazione dimezzi pubblicitari;

- imposta sulle insegne, aventi superficie superiore al mq, secondo quanto disponela legge finanziaria per il 2002:

- tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), di cui siprevede la trasformazione in tariffa per la gestione dei rifiuti .

Sono pure disciplinate entrate di natura extra tributaria , come:- tariffe o contribuzioni per i servizi pubblici a domanda individuale;- proventi dei parcheggi a pagamento;

MANUALE DEL CONSIGLIERE 188

I tributi deicomuni

6.29. L’istituzione e l’ordinamento dei tributi (art. 42, comma 2, lett. f)

L’ordinamento tributario degli enti locali è delineato dallo Stato, che attribui-sce agli enti la relativa potestà impositiva, con la precisazione che l’attuale si-stema tributario è costituito da imposte obbligatorie, per cui il Comune e laProvincia non devono istituire i tributi e definirne l’ordinamento, ma discipli-narne i modi di applicazione e la graduazione delle tariffe.

(108) Cfr. PANASSIDI-MIELE-GIORDANO, Le entrate dei Comuni. Regolamenti e atti, Milano, 1999.

- proventi per la violazione ai regolamenti ed alle ordinanze;- proventi derivanti da violazioni al codice della strada;- tariffa di fognatura e per la depurazione delle acque;- canoni locativi;- diritti sulle pubbliche affissioni;- proventi dei permessi a costruire;- proventi da alienazioni immobiliari.

I Comuni e le Province hanno facoltà di disciplinare con regolamenti le proprie en-trate, comprese quelle tributarie, salvo per quanto concerne la individuazione e defi-nizione delle fattispecie impositive dei soggetti passivi e dell’aliquota massima deisingoli tributi, materie di spettanza statale;I regolamenti sono approvati con deliberazione del Consiglio e sono comunicati alMinistero delle finanze, il quale li può impugnare per vizi di legittimità dinanzi gliorgani di giustizia amministrativa.

Nel potere del Consiglio non è compreso anche quello di determinare la misura del-le aliquote come precisa la nuova dizione della lett. f) dell’art. 42, per cui deve ritener-si competente la Giunta.Rientra, altresì, nelle attribuzioni del Consiglio la determinazione dell’ aggio da por-re a base della licitazione per l’affidamento del servizio di accertamento e riscossionedell’imposta di pubblicità110. Spetta al Consiglio comunale determinare le agevolazioni, sino alla completa esen-zione dal pagamento della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche , con ri-guardo alle superfici ed alle aree per le quali si corrisponde un canone di concessio-ne non meramente ricognitorio della proprietà pubblica (art. 17, comma 63, della L.127 del 1997), conché la tassa è comulabile con i canoni ricognitori.Con la L. 27 luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di Statuto dei dirittidel contribuente, si prescrive l’obbligo per i Comuni e le Province di adeguare i ri-spettivi statuti e gli atti normativi da essi emanati (cioè i regolamenti) ai principi det-tati dalla legge (diritto di informazione, comunicazione bonaria, interpello, ecc.).

6.30.1. La disciplina normativa

6.30. LA DISCIPLINA GENERALI DELLE TARIFFE PER LA FRUIZIONE...189

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

La competenza del Consiglio è esclusiva e non può essere esercitata da altriorgani, anche se sussistono motivi di urgenza per deliberare l’istituzione e l’or-dinamento di imposte comunali109.

(109) TAR Lazio, Latina, 22 gennaio 1993, n. 89, in TAR, 1993, I, pag. 435.(110) TAR Lazio, II, 11 agosto 1993, n. 971, in TAR , 1993, I, pag. 2969.

6.30. La disciplina generale delle tariffe per la fruizionedei beni e dei servizi (art. 42, comma 2, lett. f)

Rientra nella competenza del Consiglio, in qualità di organo di indirizzo, la de-terminazione delle tariffe da corrispondersi da parte dei fruitori dei beni e ser-vizi comunali e provinciali (tariffe tranviarie, delle mense, degli asili nido, deiservizi degli impianti sportivi, ecc.). Con l’art. 54 del D.Lgs. 15 dicembre 1997,n. 446 si è stabilito - molto opportunamente, ponendo fine ai vivi contrasti pri-ma esistenti in ordine all’organo competente in materia, nonostante l’art. 42 in-

(segue)

È stato esattamente stabilito che costituisce “tipica espressione di un potere di valu-tazione di politica sociale e di indirizzo amministrativo la cui competenza è del Con-siglio comunale” il provvedimento che, non solo introduce una semplice modificazio-ne delle quote contributive a carico degli utenti del servizio asili nido, rispetto a quel-le in precedenza determinate, limitandosi al loro aggiornamento ed adeguamento al-la intervenuta lievitazione dei costi del servizio, ma operi una vera e propria ristrut-turazione delle quote o tariffe del servizio, introducendo parametri nonché i criteri dideterminazione delle quote o tariffe del servizio, e tali parametri e criteri, siano deltutto nuovi111.Non si esclude che, ferma la esclusiva e generale potestà del Consiglio, in materia ditariffe, lo stesso Consiglio, fissati i parametri e criteri generali, demandi alla Giunta ilpotere di stabilire nel concreto le singole tariffe, in connessione ai compiti gestionalidi competenza di quest’ultima.112

Riguardo ai servizi pubblici si stabilisce che gli enti locali determinano tariffe o cor-rispettivi a carico degli utenti, anche in modo non generalizzato, ossia tenendo in con-siderazione determinate fasce sociali meritevoli di attenzione; e qualora lo Stato o laRegione prevedano per legge casi di gratuità nei servizi ovvero fissino prezzi e tarif-fe inferiori al costo effettivo della prestazione, debbono garantire agli enti locali risor-se finanziarie compensative (art. 149, comma 8, D.Lgs. 267 del 2000). In materia è degna di menzione la disposizione di cui all’art. 117 D.Lgs. 267, che det-ta i seguenti criteri per la determinazione delle tariffe dei servizi pubblici:

a) corrispondenza tra costi e ricavi , in modo da assicurare la integrale copertura deicosti, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;

b) equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito ;c) entità dei costi di gestione delle opere , tenendo conto anche degli investimenti e

della qualità del servizio;d) adeguatezza della remunerazione del capitale investito coerente con le prevalen-

ti condizioni di mercato .Per i servizi pubblici a domanda individuale occorre stabilire, prima dell’approva-zione del bilancio, e con separata deliberazione, ai sensi dell’art. 173, comma 1, lett. e,D.Lgs. 267. i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei servizi stessi(asili nido, bagni pubblici, mercati, impianti sportivi, trasporti funebri, colonie e sog-giorni, teatri e parcheggi comunali: art. 6 del D.L. 28 febbraio 1983, n. 55).Per i servizi che non rivestono la qualità di servizi pubblici essenziali o che non sonoespletati a garanzia di diritti fondamentali (ossia i servizi a carattere privatistico, ge-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 190

L’art. 117 Tuel

dichi chiaramente la competenza del Consiglio - che le Province ed i Comuniapprovano le tariffe ed i prezzi pubblici, contemporaneamente all’approvazio-ne del bilancio di previsione.

(continua)

(111) TAR Lazio, II, 15 gennaio 1996, n. 169, in TAR, 1996, I, pag. 424; TAR Calabria, Catanzaro, 11 di-cembre 1998, n. 1187, ivi, 1998, I, pag. 738; con riferimento alle tariffe per trasporti e onoranze fune-bri, cfr. TAR Emilia-Romagna, Bologna, II, 6 settembre 1995, n. 341, ivi, 1995, I, pag. 4571.(112) Cfr. TAR Toscana, I, 3 dicembre 1991, n. 659, in TAR, 1992, I, pag. 700, che così ripartisce le at-tribuzioni dei due organi: mentre al Consiglio comunale è riservata la regolamentazione delle singo-le tariffe, in connessione alla peculiarità dei servizi cui esse si riferiscono, alla Giunta è demandata lapolitica tariffaria in senso stretto, per la sua intima correlazione alla conduzione economico-finanzia-ria dell’ente, dove le parole “politica tariffaria” devono essere intese con riferimento alla gestione enon in relazione all’orientamento politico generale del Comune.

stiti dagli enti pubblici, come quelli dello spettacolo, dello sport agonistico, ecc.) lepubbliche amministrazioni, compresi quindi le Province ed i Comuni, debbono adot-tare uno o più regolamenti con i quali individuare le prestazioni, relative ai servizisopra indicati, per le quali si deve richiedere il contributo da parte dell’utente ed ilsuo ammontare.

6.30.2. Casistica

La materia è stata trattata retro, 4.5, cui si rinvia.

6.31. AZIENDE O ENTI SOVVENZIONATI O “VIGILATI”191

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

Orientamenti di giurisprudenza- la deliberazione per l’adeguamento delle tariffe idriche, implicando l’eser-

cizio del potere impositivo, rientra nella competenza del Consiglio comuna-le113;

- il provvedimento di determinazione e di aggiornamento delle tariffe da ap-plicarsi in sede di quantificazione del contributo di concessione di costru-zione non è atto meramente esecutivo di scelte pianificatorie già compiutedal Comune, ma è atto di regolamentazione, riconducibile tra quelli di cuiall’art. 42, lett. f, attribuiti alla competenza del Consiglio comunale, in quan-to organo di indirizzo, oltre che di controllo politico-amministrativo114;

- l’aumento della tariffa per lo svolgimento di un pubblico servizio necessitadi una motivazione puntuale, dettagliata e rigorosa, connessa e parametratacon i costi del servizio, secondo i principi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n.507, e non con i disagi arrecati ad una parte della collettività, ai quali la am-ministrazione deve provvedere con altri strumenti previsti dall’ordinamen-to115;

- la competenza per la disciplina generale delle tariffe per la fruizione di benie servizi è competenza esclusiva del Consiglio comunale, al quale la Giuntanon può sostituirsi, nemmeno in via d’urgenza116;

- rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia aven-te ad oggetto il corretto esercizio del potere dell’amministrazione comunalein ordine all’aggiornamento delle tariffe del servizio idrico117.

6.31. Gli indirizzi da osservare da parte delle aziendepubbliche e degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza (art. 42, lett. g). Rinvio

(113) Consiglio di Stato, 30 aprile 1997, n. 424, in Cons. St., 1997, I, pag. 519.(114) TAR. Lombardia, Milano, II, 13 novembre 1997, n. 1931, in TAR, 1998, I, pag. 80.(115) TAR Liguria, II, 12 giugno 1997, n. 207, in TAR, 1997, I, pag. 3126.(116) TAR Toscana, I, 3 luglio 1997, n. 301, in TAR, 1997, I, pag. 3197.(117) TAR Calabria, Catanzaro, 11 dicembre 199, n. 1187, in TAR,, 1999, I, pag. 738.

Il mutuo costituisce una delle fonti di finanziamento degli investimenti, i quali so-no, altresì, finanziati con le entrate correnti a ciò destinate, con gli avanzi di bilancio,con le entrate derivanti da alienazioni o da trasferimenti in conto capitale dello Stato,delle Regioni o da altri interventi pubblici e privati, dagli avanzi di amministrazione,da altre forme di ricorso al mercato finanziario, come l’emissione di obbligazioni (art.199 D.Lgs. 267 del 2000).

Quando la copertura dell’investimento con mutuo non è prevista in un atto fonda-mentale, occorrerà, comunque, una deliberazione del Consiglio, in quanto è necessa-rio che si controlli il verificarsi delle seguenti condizioni:

a) l’avvenuta approvazione del rendiconto dell’esercizio del penultimo anno prece-dente quello in cui si intende deliberare il ricorso al mutuo;

b) l’avvenuta deliberazione del bilancio annuale nel quale sono incluse le relativeprevisioni. Se, nel corso dell’esercizio, si rende necessario attuare nuovi investi-menti o variare quelli già in atto, il Consiglio adotta apposita variazione di bilan-cio annuale, con contestuale modifica del bilancio pluriennale e della relazioneprevisionale e programmatica per la copertura degli oneri derivanti dall’indebi-tamento e per la copertura delle spese di gestione (art. 203 D.Lgs. 267);

c) l’importo annuale degli interessi sommato a quello dei mutui precedentementecontratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi, a quellodelle aperture di credito stipulate ed a quello derivante da garanzie prestate aisensi dell’art. 207, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, nonsupera il 15 per cento delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del ren-diconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l’assunzionedei mutui. Per le comunità montane si fa riferimento ai primi due titoli delle en-trate. (art. 204, comma 1118, condizione, questa, che deve essere rispettata per tut-te le assunzioni di nuovi mutui).

Una speciale forma di assunzione di mutui è quella disciplinata dall’art. 201, comma1, (c.d. autofinanziamento di opere pubbliche ), che autorizza gli enti locali ad assume-re mutui, anche se assistiti da contributi statali o regionali, per il finanziamento di ope-re pubbliche destinate all’esercizio di servizi pubblici, se i contratti di appalto sono rea-lizzati sulla base di progetti “chiavi in mano” ed a prezzo non modificabile in aumen-to, con procedura di evidenza pubblica e con esclusione della trattativa privata.

Gli enti locali (Province, Comuni, Unioni di Comuni, Città metropolitane e Comuniin esse compresi, Comunità montane, consorzi), che non si trovino in situazione di

MANUALE DEL CONSIGLIERE 192

Condizioni

6.32. La contrazione dei mutui (art. 42, comma 2, lett. h)

La decisione circa l’opportunità di fare ricorso alla contrazione di mutui, per ilfinanziamento di investimenti, e per quale importo è di pertinenza del Consi-glio comunale e provinciale, in sede di approvazione dei piani economico-fi-nanziari, ossia degli atti fondamentali (art. 42, lett. b).

(118) Comma modificato dal comma 7 dell’ art. 27 della L. 448 del 2001, poi dal comma 44 dell’’art.1 della L. 311 del 2004 , dall’art. 1-sexies del D.L. 44 del 2005, e dal comma 698 dell’art. 1 della L. 296del 2006.

6.33. L’emissione di prestiti obbligazionari(art. 42, comma 2, lett. h)

dissesto o in situazioni strutturalmente deficitarie, possono approvare, con delibera-zione del Consiglio, l’emissione di prestiti obbligazionari (c.d. BOC), a condizioneche sia preventivamente approvato (art. 35 della L. 724 del 1994 e regolamento appro-vato con D.M. 29 gennaio 1996, n. 152, sostituito dal D.M. 5 luglio 1996, n. 420 ed art.5 del D.L. 492 del 1996, che consente il ricorso ai mercati esteri):

a) il piano economico-finanziario, ossia, che il prestito sia finalizzato alla realizza-zione di opere pubbliche, destinate all’esercizio di servizi pubblici a rilevanza im-prenditoriale;

b) il progetto o il piano esecutivo dell’investimento, previsto dall’art. 200 D.Lgs. 267del 2000.

La deliberazione, con il contenuto di cui ai commi 2-7 dell’art. 1 del D.M. 420, deveessere trasmessa alla Banca d’Italia, per il benestare preventivo all’emissione del pre-stito, qualora questo ecceda l’importo di lire dieci miliardi; è fatto obbligo all’ente diprendere atto con successiva deliberazione delle eventuali determinazioni della Ban-ca d’Italia (art. 4, D.M. 420), sempre che l’ente ritenga di poter accedere alle decisionidella Banca, perché in caso contrario dovrà revocare la deliberazione o, quanto meno,controdedurre all’ente di emissione. Le Unioni di Comuni, le Comunità montane ed i consorzi, che intendono emettereprestiti obbligazionari debbono chiedere ai Comuni, che ne fanno parte, l’autorizza-zione all’emissione dei BOC. L’autorizzazione, che deve essere adottata dal Consigliocomunale, ai sensi dell’art. 42, si intende negata qualora non sia espressamente con-cessa da tutti i Comuni interessati, entro novanta giorni dalla richiesta (art. 35, com-ma 1, L. 724).

Sono escluse dalla competenza consiliare quelle spese, anche aventi rilevanza sui bi-lanci successivi, che hanno carattere ricorrente e continuativo come le locazioni (atti-ve e passive) e le somministrazioni e forniture di beni e servizi (come i servizi telefo-nici, la fornitura di acqua, elettricità, l’uso di banche dati particolari ed esclusive, ecc.120 e che sono di spettanza degli organi preposti alla gestione (Giunta o dirigenti).

6.34. SPESE CHE IMPEGNANO I BILANCI PER GLI ESERCIZI SUCCESSIVI193

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

Spese esclusedalla competenzaconsiliare

6.34. Le spese che impegnino i bilanci per gli esercizisuccessivi, escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo (art. 42, lett. i)

La disposizione è da correlare con l’art. 171 D.Lgs. 267 del 2000, il quale dispo-ne che gli stanziamenti previsti nel bilancio pluriennale hanno carattere auto-rizzatorio e costituiscono limite agli impegni di spesa, con la conseguenza chela competenza a deliberare spese che impegnino i bilanci per gli esercizi suc-cessivi appartiene al Consiglio “solo ed in quanto gli stanziamenti per tali spe-se non siano stati previsti nel bilancio pluriennale”, attività che assume la ve-ste di atto generale di programmazione e come tale di spettanza del Consi-glio.119.

(119) DE PRIAMO, in AA.VV., Manuale degli enti locali, cit., pag. 137.(120) Così, TAR Emilia-Romagna, Bologna, II, 17 giugno 1992, n. 255, in TAR., 1992, I, pag. 3404.

In materia di contratti di locazione e di somministrazioni, come quelli sopra citati,non bisogna confondere questi casi - in cui per la specificità o l’unicità del bene occor-re necessariamente ed in modo continuativo ricorrere ad un privato fornitore - dai ca-si in cui è necessario preliminarmente decidere tra l’acquisizione diretta o gestione di-retta del servizio o bene e l’affidamento a terzi, come nel caso in cui si deliberi di af-fidare in appalto la fornitura del servizio di pulizia dei plessi scolastici, già svolto ingestione diretta, ipotesi che non rientra nella ordinaria amministrazione di cui all’art.42, lett. i), ma piuttosto in quella di cui alla successiva lett. l), di competenza del Con-siglio.121

6.35.1. Acquisti e alienazioniLa materia relativa agli acquisti, alle alienazioni ed alle permute del patrimonio co-munale e provinciale rientra nella competenza esclusiva del Consiglio, in quanto sitratta di atti di disposizione del patrimonio, diretti ad accrescerlo o a diminuirlo, a se-conda delle contingenti necessità finanziarie dell’ente; alla Giunta ed agli organi ge-stionali spetterà il compito di portare ad esecuzione le decisioni consiliari. È stato affermato che l’espressione “acquisti immobiliari” deve intendersi comprensi-va delle espropriazioni di pubblica utilità, e, come tale, rientrante nelle competenzedel Consiglio.122Rientrano nella competenza consiliare anche le donazioni, da consi-derarsi acquisti o alienazioni a titolo gratuito123.

6.35.2. Appalti e concessioni Riguardo alla materia degli appalti e concessioni, la norma afferma la competenza delConsiglio alle seguenti condizioni124:

- non siano espressamente previsti in atti fondamentali del Consiglio; infatti, se perl’esercizio di una data funzione, disciplinata da un atto fondamentale, il Consigliodispone che si debba attivare una procedura di appalto, spetta agli organi di ge-stione darne esecuzione. Nel caso contrario, in assenza di previsione in un attofondamentale (piano-programma, programma finanziario), occorre espressa deli-berazione consiliare che disponga l’attivazione della procedura di acquisizionedel bene o servizio;

- non siano atti di mera esecuzione di un atto fondamentale del Consiglio. Questacondizione è rafforzativa della precedente, nel senso che il Consiglio non potreb-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 194

6.35. Gli acquisti e le alienazioni immobiliari, le relativepermute, gli appalti e le concessioni che non siano previsti in atti fondamentali del Consiglio o che ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta, del segretario o di altri funzionari (art. 42, lett. l)

(121) TAR Emila-Romagna, citato alla notan che precede.(122) TAR Campania, Napoli, V, 11 febbraio 1994, n. 57, in TAR , 1994, I, pag. 1552.(123) BARUSSO, Il diritto degli enti locali, cit. , pag. 421.(124) Secondo l’impostazione di DE PRIAMO, op. cit., pag. 139.

be deliberare l’appalto o concessione di un intervento già previsto in un atto fon-damentale, configurandosi l’appalto o la concessione atti di mera esecuzione;

- non rientrino nella ordinaria amministrazione. Anche questa condizione stabili-sce il limite dalla competenza del Consiglio che deve arrestarsi di fronte a quelle at-tività che sono espressione della amministrazione normale dell’ente, ossia di tuttequelle attività che non incidono sulla “consistenza patrimoniale” del Comune, inquanto afferenti alla gestione, che come tale è riservata alla competenza della Giun-ta e dell’apparato burocratico (segretario, dirigenti, funzionari)125. Rientra nellacompetenza della Giunta ogni competenza in ordine ai contratti di servizi (come ilservizio di pulizia), che soddisfino le esigenze ordinarie dell’amministrazione126.

6.35.3. Casi pratici

6.35. GLI ACQUISTI E LE ALIENAZIONI IMMOBILIARI195

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

Orientamenti di giurisprudenzaLa giurisprudenza ha avuto modo di affermare che la norma, con l’attribuirealla competenza del Consiglio comunale gli atti di acquisto o di vendita immo-biliari o taluni tipi di appalti o concessioni, si riferisce al solo momento delibe-rativo della procedura, in cui viene effettuata la scelta di soddisfare un deter-minato interesse mediante il ricorso ad un certo strumento giuridico, con laconseguenza che non sono affidati alla competenza del Consiglio gli ulterioriatti della sequenza procedimentale.127

È stato, inoltre, affermata la competenza del Consiglio nei seguenti casi:- indizione di una licitazione privata per l’affidamento del servizio di gestio-

ne di un parcheggio pubblico128;- adozione di una perizia suppletiva in variante di un edificio scolastico129;- deliberazione della misura degli oneri di urbanizzazione dovuti in conse-

guenza del rilascio della concessione di costruzione130;- approvazione del progetto stralcio esecutivo di opera pubblica, che compor-

ta l’individuazione dei mezzi finanziari e del sistema per l’aggiudicazionedei relativi lavori131;

(125) TAR Puglia, Bari, I, 27 ottobre 1995, n. 1049, in TAR., 1995, I, pag. 4972.(126) TAR Calabria, Catanzaro, 6 dicembre 1999, n. 1495, in TAR, 2000, I, pag. 938.(127)TAR Lombardia, Brescia, 4 luglio 1992, n. 801, in TAR. , 1992, I, pag. 3276; TAR Abruzzo, Pesca-ra, 10 marzo 1994, n. 120, ivi , 1994, I, pag. 2074; Id., 9 febbraio 1996, n. 139, ivi , 1996, I, pag. 1455;TAR Campania, Salerno, 12 novembre 1997, n. 639, ivi , 1998, I, pag. 307; TAR Veneto, 16 novembre1995, n. 1355, ivi , 1996, I, pag. 137, che individua come atti del Consiglio l’indizione della gara, l’in-dividuazione del metodo di scelta del contraente, la predeterminazione dei criteri di valutazione del-le offerte e l’espressione dello schema del contratto, restando di competenza della Giunta i residuiatti di concreta gestione delle operazioni concorsuali ; TAR Valle d’Aosta, 15 dicembre 1995, n. 183,ivi , 1996, I, pag. 476 e TAR Basilicata, 21 giugno 1996, n. 138, ivi , 1996, I, pag. 3480, con riguardo alpotere di approvazione dei contratti di spettanza della Giunta; TAR Abruzzo, L’Aquila, 11 agosto1993, n. 393, ivi , 1993, I, pag. 3710, confermata da Cons. di Stato, VI, 8 marzo 1996, n. 372, in Cons. diSt. , 1996, I, pag. 463, che attribuisce alla competenza del Consiglio l’approvazione del progetto stral-cio esecutivo di un’opera pubblica, che comporta l’individuazione dei mezzi di finanziamento e delsistema per l’aggiudicazione dei relativi lavori).(128) TAR Campania, Napoli, I, 1 ottobre 1996, n. 411, in TAR , 1996, I, pag. 4618.(129)TAR Lombardia, Brescia, 6 marzo 1997, n. 271, in TAR , 1997, I, pag. 1780.(130) TAR Campania, Napoli, 28 aprile 1997, n. 1125, in TAR , 1997, I, pag. 2691.(131) TAR Sicilia, Catania, 25 ottobre 1997, n. 1652, ivi , 1997, I, pag. 4589.

(segue)

La materia è stata trattata al paragrafo 4.6, al quale si rinvia.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 196

- concessione in diritto di superficie di aree rientranti nel piano degli insedia-menti produttivi, e quindi sugli atti che ne dichiarano la decadenza132;

- deliberazione che bandisce una gara per l’affidamento a privati di alcuni ser-vizi in precedenza gestiti dall’ente, trattandosi di atti fondamentali di gestio-ne riservati al Consiglio133.

Riguardo alla materia delle “concessioni” in uso dei beni immobili patrimonia-li è stato rilevato che essa rientra nelle competenze della Giunta, trattandosi diattività di gestione del patrimonio immobiliare del Comune, in quanto non de-ve trarre in inganno il riferimento alle concessioni contenuta nella lett. l), lad-dove tale espressione è intimamente connessa ad “appalti” e riferita alla “con-cessione di costruzione e gestione”, avente il medesimo oggetto del contrattodi appalto134.Invece, la concessione a privati di suoli cimiteriali rientra nella competenza delConsiglio comunale , quale atto di amministrazione del demanio comunale135.

(continua)

(132) TAR Lazio, I, 23 dicembre 1997, n. 2229, in TAR , 1998, I, pag. 16.(133) TAR Campania, Salerno, 21 novembre 1997, n. 643, in TAR, 998, I, pag.307.(134) TAR Toscana, 1 luglio 1994, n. 412, in TAR. , 1994, I, pag. 3165.(135) TAR Puglia, Bari, I, 1 giugno 1994, n. 980, in TAR, 1994, I, pag. 3342; Id., 30 aprile 1996, n. 330,ivi, 1996, I, pag. 2716; TAR Veneto, II, 6 settembre 1993, n. 576, in TAR , 1993, I, pag. 4084, con riguar-do alla concessione dei beni demaniali comunali in genere, e come tale rientrante nelle competenzedel Consiglio, al quale sono riservati gli atti di gestione più importanti relativi agli immobili, e cioè,oltre gli acquisti, alienazioni e permute immobiliari, anche le concessioni.

6.36. La definizione degli indirizzi per la nomina e ladesignazione dei rappresentanti del Comune presso enti, aziende ed istituzioni, nonchè la nomina dei rappresentanti del Consiglio pressoenti, aziende ed istituzioni ad esso espressamenteriservata dalla legge (art. 42, lett. m, come sostituita dall’art. 13 della L. 81 del 1993). Rinvio

6.37. Le altre attribuzioni del Consiglio comunale

Oltre alle attribuzioni del Consiglio contenute nell’art. 42, ne esistono numero-se altre, elencate in leggi precedenti e successive alla legge di riforma delle au-tonomie locali e che tenteremo di elencare - senza la pretesa di essere esaurien-ti - nelle pagine che seguono, con riserva di illustrazione, qualora siano argo-mento di interesse della presente pubblicazione.

Sono da annoverarsi le seguenti attribuzioni:- esame della condizione degli eletti (art. 41 D.Lgs. 267 del 2000, su cui ved. infra);- presa d’atto delle dimissioni dei consiglieri che intendono partecipare alle elezio-

ni del Consiglio provinciale, comunale e circoscrizionale in altra Provincia, in al-tro Comune, in altra Circoscrizione (art. 65, comma 2, dell D.Lgs. 267);

- elezione della Commissione elettorale comunale (art. 41, comma 2, D.Lgs. 267);- dichiarazione di decadenza dalla carica di consigliere per incompatibilità, ine-

leggibilità sopravvenuta o per assenteismo ;- surrogazione dei consiglieri, per qualsiasi causa, cessati dalla carica (art. 45

D.Lgs. 267);- denominazione di frazioni e borgate (art. 16 d.P.R. 616 del 1977);- vigilanza sulle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza non soppresse,

ai sensi dell’art. 25 del d.P.R. 616 del 1977; - parere sul piano per il parco e sul relativo piano pluriennale economico e sociale

(artt. 12, comma 3 e 25 comma 3, L. 6 dicembre 1991, n. 394);- parere sulla costituzione dei Centri di servizio istituiti ai sensi dell’art. 3 del D.M.

21 novembre 1991;- stabilire le riduzioni alle addizionali IRPEF, in previsione dell’attribuzione al Co-

mune di detta addizionale (art. 4, comma 1, lett. b, della L. 23 ottobre 1992, n. 421);- parere sulle zone in cui è consentita la raccolta dei funghi e la quantità massima di

raccolta personale (artt. 3 e 4 della L. 23 agosto 1993, n. 352);- consentire agli addetti al Corpo di polizia comunale di portare le armi (art. 17,

comma 134, della L. 127 del 1997), mentre in precedenza la potestà di portare l’ar-ma era connaturata al conferimento della qualità di agente di pubblica sicurezza;oggi, invece, occorre apposita deliberazione del Consiglio comunale, che potràstabilire se ed a quali addetti possa essere consentito il portare le armi;

- parere sulla revisione della pianta organica delle farmacie136.

6.35. ALTRE ATTRIBUZIONI DEL CONSIGLIO COMUNALE197

GLI ATTI FONDAMENTALI

DEI CONSIGLI

(136) TAR Marche, 11 febbraio 2000, n. 285, in TAR,, 2000, I, pag. 1940; contra, sulla competenza del-la Giunta: Consiglio di Stato, IV, 20 dicembre 2000, n. 6850, in Cons.St., 2000, I, pag. 2692; TAR Lazio,I ter, 19 febbraio 2001, n. 1285, in TAR, 2001, I, pag. 805.

7.1. Premessa

7. Le funzioni fondamentali di Comuni,Province e Città metropolitane nelleprospettive di riforma

In attuazione dell’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., a norma del quale lo Sta-to ha legislazione esclusiva (anche) nella materia “legislazione elettorale, organi di gover-no e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” il d.d.L. di riforma(AC 3118, c.d. d.d.L. Calderoli) individua e disciplina le funzioni fondamentali diComuni, Province e Città metropolitane e ne favorisce l’esercizio in forma associata,al fine di razionalizzare le modalità di esercizio delle stesse funzioni, di favorirne l’ef-ficienza e l’efficacia e di ridurne i costi.

In attuazione dell’art. 118 Cost1, la legge si assume il compito di individuare e trasfe-rire funzioni amministrative (art. 1, comma 1).Il comma 2, reca norme di tenore sostanzialmente finalizzato ad assicurare la coeren-za tra vincoli di bilancio ed attuazione della normativa recata dal testo in esame. Con riferimento alla coerenza rispetto all’obiettivo di razionalizzazione delle funzio-ni e di eliminazione delle duplicazioni la emananda legge persegue le seguenti ulte-riori finalità:

- la soppressione o la razionalizzazione di enti e di organismi che operano in am-bito statale, regionale e locale con l’obiettivo che le funzioni da questi esercitatespettino a uno (dovrebbe potersi intendere ?uno solo”) tra gli enti di cui all’art. 114,

(1) Che così dispone: “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarnel’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi disussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle con-ferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h)del secondo comma dell’articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia dellatutela dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, sin-goli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.

Finalità dichiarate della futura legge sono quelle di razionalizzare le modalitàdi esercizio delle stesse funzioni, di favorirne l’efficienza e l’efficacia e di ridur-ne i costi.

primo comma, della Costituzione (Comuni, Province, Città metropolitane, Regio-ni e Stato;

- la definizione e la disciplina (v. artt. 20-22) dei piccoli Comuni (ossia quei Comu-ni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti);

- la modifica delle funzioni del Consiglio comunale e del Consiglio provinciale (v.art. 19);

- modifiche concernenti i direttori generali degli enti locali (v. art. 23); - la modifica delle norme relative ai controlli negli enti locali (v. artt. 24-25), al fine

di assicurare la piena responsabilizzazione degli amministratori e dei dipendenti(comma 3).

Il comma 4 dell’art. 1 disciplina, in primo luogo, il finanziamento delle funzioni fon-damentali e delle altre funzioni individuate e trasferite, facendo riferimento alla leg-ge 5 maggio 2009, n. 42 sul “federalismo fiscale”. Inoltre, dispone che, in sede di prima applicazione della citata legge n. 42, e per il pe-riodo (sostanzialmente: cinque anni) di cui all’art. 21, comma 1, lettera e), di tale leg-ge, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Province sono quelle individuate daicommi 3 e 4 del citato art. 21 della legge n. 42 del 2009, ai fini della determinazionedei fondi perequativi e del relativo finanziamento integrale2.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 200

Per i Comuni, le funzioni, e i relativi servizi, individuati dal comma 3 dell’art.21 sono le seguenti:

a) funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misu-ra complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall’ultimo con-to del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della presente legge;

b) funzioni di polizia locale;c) funzioni di istruzione pubblica, ivi compresi i servizi per gli asili nido e

quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l’edilizia scolastica;d) funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti;e) funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente, fatta ecce-

zione per il servizio di edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edi-lizia nonché per il servizio idrico integrato;

f) funzioni del settore sociale.Per le Province, le funzioni, e i relativi servizi, individuate dal comma 4 del-l’art. 21 sono le seguenti:

a) funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misu-ra complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall’ultimo con-to del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della presente legge;

b) funzioni di istruzione pubblica, ivi compresa l’edilizia scolastica;c) funzioni nel campo dei trasporti;d) funzioni riguardanti la gestione del territorio;e) funzioni nel campo della tutela ambientale;f) funzioni nel campo dello sviluppo economico relative ai servizi del merca-

to del lavoro.

(2) L’art. 21, comma 1, lett. e) prevede che, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni con-cernenti l’individuazione delle funzioni fondamentali degli enti locali:

1) il fabbisogno delle funzioni di Comuni e Province è finanziato considerando l’80 per cento dellespese come fondamentali ed il 20 per cento di esse come non fondamentali, ai sensi del comma 2;

L’individuazione di tali funzioni appare, pertanto, un passaggio necessario per la va-lutazione dell’entità delle risorse finanziarie da attribuire alle autonomie locali. L’importanza dell’individuazione delle funzioni territoriali è confermata dalla L. 5maggio 2009, n. 422, sul federalismo fiscale di attuazione dell’art. 119 Cost., che nel-l’indicare i princìpi e i criteri direttivi della delega relativa al finanziamento delle fun-zioni di Comuni, Province e Città metropolitane, prevede una classificazione dellespese degli enti locali ripartite in:

- spese riconducibili alle funzioni fondamentali individuate dalla legislazione sta-tale;

- spese relative alle altre funzioni;- spese finanziate con contributi speciali.

Prima di procedere all’elencazione delle funzioni fondamentali, giova rilevare che ilTesto unico degli enti locali di cui al D.Lgs. 267 del 2000 già contiene diverse dispo-sizioni in materia di funzioni di Comuni e Province (ad esempio, gli artt. 13, 19, 20),sulle quali la legge in esame non interviene esplicitamente.Sulla materia in questione dovrebbe intervenire la Carta delle autonomie prevista dal-l’art. 13 della legge in esame, che prevede che nell’esercitare la delega il Governo deb-ba, tra l’altro, procedere al coordinamento formale, terminologico e sostanziale del te-sto delle disposizioni contenute nella legislazione statale, apportando le modifiche ne-cessarie a garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa.Come rilevato3, la definizione delle funzioni fondamentali degli enti locali acquistaparticolare rilevanza ai fini del federalismo fiscale. Infatti, l’art. 119, comma 4, Cost.stabilisce che le risorse degli enti locali (e delle regioni) - ossia tributi ed entrate pro-prie, compartecipazioni al gettito erariale e fondo perequativo - devono consentire ilfinanziamento integrale delle “funzioni pubbliche loro attribuite”.

7.2. FUNZIONI FONDAMENTALI DEI COMUNI201

LE FUNZIONIFONDAMENTALI

DI COMUNI,PROVINCE E CITTÀMETROPOLITANE

7.2. Funzioni fondamentali dei Comuni

L’art. 2 della emananda legge elenca le seguenti funzioni fondamentali deiComuni:

- la normazione sulla organizzazione e lo svolgimento delle funzioni (spet-tanti in qualità di enti autonomi dotati di propri statuti e muniti di autono-mia finanziaria di entrata e di spesa, come precisato dalla Camera dei depu-tati) (lett. a));

- la programmazione e la pianificazione nell’ambito delle funzioni spettanti(lett. b);

2) per Comuni e Province l’80 per cento delle spese di cui al numero 1) è finanziato dalle entratederivanti dall’autonomia finanziaria, comprese le compartecipazioni a tributi erariali, e dal fon-do perequativo; il 20 per cento delle spese di cui al numero 1) È finanziato dalle entrate derivan-ti dall’autonomia finanziaria, ivi comprese le compartecipazioni a tributi regionali, e dal fondoperequativo;

3) ai fini del numero 2) si prende a riferimento l’ultimo bilancio certificato a rendiconto, alla datadi predisposizione degli schemi di decreto legislativo di cui all’art. 2.

(3) Le considerazioni che seguono sono tratte dalla già citata pubblicazione dell’Ufficio Studi del Se-nato avente ad oggetto il d.d.L. 2259.

(segue)

MANUALE DEL CONSIGLIERE 202

(continua)

- l’organizzazione generale dell’amministrazione e la gestione del personale(lett. c);

- il controllo interno (lett. d)); - la gestione finanziaria e contabile (lett. e)); - la vigilanza ed il controllo nelle aree funzionali di competenza (lett. f).- organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale (ai comuni quelli

di ambito comunale e alle province quelli di ambito provinciale) (lett. g); - coordinamento delle attività commerciali e dei pubblici esercizi (lett. h);- semplificazione amministrativa per la localizzazione e realizzazione delle

attività produttive (lett. i); - funzioni in materia di catasto, ad eccezione di quelle mantenute allo Stato

(lett. l);- edilizia, compresa la vigilanza e il controllo territoriale (lett. m);- la pianificazione urbanistica (lett. n)). La Camera dei deputati ha precisato

che la competenza in questione non riguarda solo la materia della pianifica-zione urbanistica, ma anche la regolamentazione urbanistica di ambito co-munale e non soltanto con riferimento agli interventi di recupero del territo-rio, come previsto dal testo iniziale, ma anche quelli di riqualificazione de-gli assetti insediativi. Si è inoltre prevista la partecipazione del comune allapianificazione territoriale di livello sovracomunale);

- l’attività di protezione civile (lett. o)); - la gestione delle strade e la regolazione della circolazione stradale (lett. p);- il trasporto pubblico locale (lett. q);- sistema locale dei servizi sociali (lett. r)); - edilizia scolastica e gestione dei servizi scolastici fino all’istruzione secon-

daria di primo grado (lett. s)); - beni culturali di interesse comunale (lett. t)); - sicurezza urbana (lett. u)); - accertamento, per quanto di competenza, degli illeciti amministrativi e irro-

gazione delle relative sanzioni (lett. v)); - polizia municipale, polizia amministrativa e stradale (lett. z)). - la tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e i compiti in materia

di servizi anagrafici (lett. aa). Si tratta di servizi statali eserciti dai Comuniper conto dello Stato, unitamente ai servizi elettorali, di leva militare e di sta-tistica.

7.3. Funzioni fondamentali delle Province

L’art. 3 dispone che ferme restando le funzioni di programmazione e di coordi-namento delle Regioni, le funzioni fondamentali delle Province sono:

a) la normazione sull’organizzazione e sullo svolgimento delle funzioni spet-tanti in qualità di enti autonomi dotati di propri statuti e muniti di autono-mia finanziaria di entrata e di spesa;

(segue)

Le sopra elencate funzioni sono in grande parte già previste nell’art. 19 del D.Lgs. 267del 2000; esse riguardano principalmente il settore ambientale, oltre che la sicurezza,la scuola e il lavoro.Delle funzioni previste dall’art. 19 del D.Lgs. 267 non risultano invece comprese nelnuovo provvedimento, né attribuite ai Comuni, le seguenti:

- valorizzazione dei beni culturali; - protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali; - servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e

regionale;

7.3. FUNZIONI FONDAMENTALI DELLE PROVINCE203

LE FUNZIONIFONDAMENTALI

DI COMUNI,PROVINCE E CITTÀMETROPOLITANE

(continua)

b) la pianificazione e la programmazione delle funzioni spettanti; c) l’organizzazione generale dell’amministrazione e la gestione del personale; d) la gestione finanziaria e contabile; e) il controllo interno; f) l’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito pro-

vinciale; g) la vigilanza e il controllo nelle aree funzionali di competenza e la polizia

locale; h) la pianificazione territoriale provinciale di coordinamento; i) la gestione integrata degli interventi di difesa del suolo; l) nell’ambito dei piani nazionali e regionali di protezione civile, l’attività di

previsione, la prevenzione e la pianificazione d’emergenza in materia; laprevenzione di incidenti connessi ad attività industriali; l’attuazione di pia-ni di risanamento delle aree ad elevato rischio ambientale;

m) la tutela e la valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza,ivi compresi i controlli sugli scarichi delle acque reflue e sulle emissioni at-mosferiche ed elettromagnetiche; la programmazione e l’organizzazionedello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, nonché le relative funzio-ni di autorizzazione e di controllo;

n) la tutela e la gestione, per gli aspetti di competenza, del patrimonio itticoe venatorio;

o) la pianificazione dei trasporti e dei bacini di traffico e la programmazionedei servizi di trasporto pubblico locale, nonché le funzioni di autorizzazio-ne e controllo in materia di trasporto privato in ambito provinciale, in coe-renza con la programmazione regionale;

p) la costruzione, la classificazione, la gestione e la manutenzione delle stradeprovinciali e la regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

q) la programmazione, l’organizzazione e la gestione dei servizi scolastici,compresa l’edilizia scolastica, relativi all’istruzione secondaria di secondogrado;

r) la programmazione, l’organizzazione e la gestione dei servizi per il lavoro,ivi comprese le politiche per l’impiego;

s) la programmazione, l’organizzazione e la gestione delle attività di forma-zione professionale in ambito provinciale, compatibilmente con la legisla-zione regionale;

t) la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico del territorioprovinciale.

- tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche; - raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.In sede di elaborazione della Carta delle autonomie si dovrà provvedre al coordi-

namento delle sue segnalate dispsozioni.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 204

L’art. 4 della legge di riforma dispone che, ferma restando la programmazioneregionale, le funzioni fondamentali delle Città metropolitane sono:

a) le funzioni delle Province, di cui all’art. 3, esaminate al paragrafo che pre-cede;

b) l’organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metro-politano;

c) l’azione sussidiaria e il coordinamento tecnico-amministrativo dei Comu-ni;

d) la pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali;e) la mobilità e la viabilità metropolitana;f) la strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici;g) la promozione e il coordinamento dello sviluppo economico e sociale.

7.4. Funzioni fondamentali delle Città metropolitane

8.1. Il regolamento per il funzionamento del Consiglio

8. L’autonomia organizzativa e funzionale del Consiglio

Come corollario della potestà organizzativa ed amministrativa, riconosciuta ai Comu-ni ed alle Province dall’art. 3, comma 4, D.Lgs. 267 del 2000, nonché dall’art. 117, com-ma 6, Cost. si attribuisce al Consiglio, l’organo collegiale rappresentativo della collet-tività locale, speciale autonomia organizzativa e funzionale, ai sensi dell’art. 38,commi 2 e 3 dello stesso testo unico.Tale riconoscimento acquista particolare significato, in quanto - anche se nel passatoil Consiglio ha sempre esercitato tali poteri, consistenti nella capacità di darsi una or-ganizzazione della propria struttura (con apposito regolamento) - evidenzia e raffor-za la posizione del Consiglio rispetto agli altri organi istituzionali dell’ente, ossia lasua autonomia ovvero “indipendenza” funzionale ed organizzativa, nei confronti diogni altro organo dell’ente, per cui il Consiglio deve essere dotato di adeguate strut-ture e corrispondenti risorse finanziarie, in modo da non comprometterne il funzio-namento. L’autonomia organizzativa e funzionale trova concreta attuazione con il regolamen-to, che deve essere adottato da ciascun ente e diretto a disciplinare “il funzionamentodei Consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo Statuto”, dalle modalità di convocazio-ne del collegio, e della presentazione delle proposte, alla determinazione del numerorichiesto per la validità delle sedute e delle votazioni, nonché fissare le modalità at-traverso le quali i Comuni e le Province debbono fornire ai Consigli servizi, attrezza-ture e risorse finanziare (art. 38)1.La legge dispone che il regolamento deve essere approvato a maggioranza assoluta,espressione quanto mai vaga, che abbisogna di essere completata, con la specificazio-ne del termine di riferimento per il calcolo della prescritta maggioranza, ossia se essadebba essere riferita ai consiglieri assegnati (come sembrerebbe preferibile, compren-dendovi anche il Sindaco o ai consiglieri in carica, scelta che potrà essere effettuatadallo Statuto, che può prescrivere una maggioranza qualificata (come quella pari aidue terzi dei consiglieri assegnati), almeno in prima votazione, per poi fare ricorso al-la maggioranza disposta dalla legge. In questo capitolo esamineremo gli strumenti dicui debbono essere dotati i Consigli, riservando ai capitoli successivi la descrizionedei vari istituti, che regolano il funzionamento del Consiglio.

(1) Sul contenuto di tale regolamento obbligatorio, cfr. ITALIA, I regolamenti dell’ente locale. Contenu-to, limiti e tecniche di redazione dei regolamenti, Milano, 2000, pag. 107.

In conformità al principio sancito dall’art. 77, comma 1, D.Lgs. 267 del 2000, secondoil quale “la Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbli-che nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, deiservizi e delle risorse necessari”, nonché dall’art 51, comma 3, Cost., l’art. 38 indica tut-ta una serie di servizi e risorse che debbono essere poste a disposizione, sia del Con-siglio, sia dei consiglieri, singoli o riuniti nei gruppi consiliari o nelle commissioni re-golarmente istituite. Occorre, inoltre, distinguere l’entità e la misura degli interventi, a seconda del tipo diente, tenendo presente che:

- a tutti i Consigli debbono essere riservati servizi, attrezzature e risorse finanziarieidonee;

- ai Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti possono prevedersi strut-ture apposite per il funzionamento, che non sono indispensabili, tant’è che sonofacoltative, ma facilitano l’andamento dei lavori consiliari (come appositi locali,personale, strumentazioni per ciascun gruppo) (ved. infra, al paragrafo che segue).Rientra nel concetto di fornitura, innanzitutto, la messa la disposizione dei consi-glieri di tutti quei servizi dell’ente che sono utilmente ed economicamente gestitia livello centrale, al fine di conseguire economie di spesa (utenze telefoniche, del-l’elettricità, dell’acqua).

Tutti gli altri servizi, che sono definiti facoltativi, come abbonamenti a riviste specia-lizzate, alla Gazzetta Ufficiale e al Bollettino ufficiale della Regione, l’acquisto di libri,possono essere gestiti direttamente dal Consiglio, attraverso l’apposita struttura del-l’ente posta alle sue dipendenze, che ne cura la fornitura.

L’art. 38, comma 2, D.Lgs. 267 del 2000 dispone che il regolamento sul funzionamen-to del Consiglio disciplina la gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio fun-zionamento e per quello dei gruppi consiliari.Qualunque sia la dimensione dell’ente, le risorse debbono essere destinate e per ilfunzionamento del Consiglio, nel suo complesso e per quello dei singoli gruppi con-siliari, la cui costituzione è obbligatoria (ved. infra).Le risorse non debbono consistere necessariamente nella predisposizione di struttureutilizzabili in via esclusiva da ogni gruppo, esigenza che nei Comuni di media gran-dezza non è indispensabile e che può essere egregiamente soddisfatta dall’ufficio disegreteria.Ciò che rileva è che le risorse siano congrue e confacenti al fine che è quello del corret-to funzionamento del Consiglio. Si noti che il secondo periodo del comma 2 dell’art. 38,fa riferimento alle “risorse finanziarie”, mentre il successivo terzo periodo richiamasemplicemente e puramente le “risorse”, termine da considerarsi onnicomprensivo. Con la fornitura di strutture al Consiglio e di risorse ai gruppi consiliari, si possonomettere a disposizione dei consiglieri locali e arredi, confacenti per il funzionamentodell’organo e dei gruppi, le cui dotazioni debbono essere idonee e funzionali alla con-sistenza numerica di ciascun gruppo.Nell’ipotesi in cui siano assegnati locali ai gruppi, singoli o associati (ad esempio, se-condo l’apparentamento operato in occasione della competizione elettorale), la loroconsistenza può essere determinata dalla Conferenza dei capigruppo e la loro dota-zione essere definita dal presidente del Consiglio d’intesa con il Sindaco e il Presien-te della Provincia o con l’assessore delegato.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 206

8.2. La fornitura dei servizi

8.3. Le attrezzature

Si può ritenere di specifica attribuzione della Conferenza dei capigruppo l’assegna-zione dei locali, all’inizio di ogni mandato amministrativo, in base alla consistenzadei gruppi, come pure l’assegnazione dei posti occupati da ciascun gruppo nell’aulaadibita alle adunanze consiliari.

Deve, pertanto, escludersi che il Consiglio possa deliberare un proprio bilancio pre-ventivo ed il relativo rendiconto, non essendo parificabile a quello dell’ente, di cui èorgano, non essendo munito di autonomia contabile. Infatti, il Consiglio, come tutti gli organi collegiali è privo di personalità giuridica, nelsenso di essere titolare di diritti ed interessi propri, sia nei confronti di terzi, sia di al-tri organi della medesima persona giuridica2. Comunque, l’ammontare delle disponibilità finanziarie, relative al funzionamento delConsiglio, deve essere previsto nel bilancio annuale, secondo le modalità stabilite daltesto unico e dal regolamento di contabilità, che ciascun ente è tenuto a predisporre. In detto regolamento o in quello del Consiglio o in apposito provvedimento regola-mentare è disciplinato anche l’utilizzo delle risorse, con separata specificazione dellaloro destinazione: spese destinate per il funzionamento e le attività dell’organo - com-prese le indennità di presenza o di funzione (qualora se ne sia disposta la trasforma-zione) - dei gruppi consiliari, delle commissioni consiliari permanenti e speciali, perl’organizzazione di iniziative, per l’attività di informazione, per il pagamento di for-niture, ecc. Può essere previsto che per l’utilizzo di alcune disponibilità finanziariedebba essere sentito il preventivo parere della Conferenza dei capigruppo, parere chedeve essere ritenuto obbligatorio per il riparto delle risorse assegnate a ciascun grup-po, per l’acquisto, secondo la normativa vigente, di beni di consumo, e delle quali de-ve essere fornita adeguata rendicontazione; a tale scopo, può essere istituito un fon-do cassa, con obbligo della resa del conto.Gli impegni di spesa e gli ordinativi di pagamento sono disposti dai competenti diri-genti o responsabili degli uffici, che sovrintendono all’ufficio preposto al funziona-mento del Consiglio.Qualora sia necessaria l’assunzione di un provvedimento deliberativo della Giunta,può disporsi la previa richiesta da parte del presidente del Consiglio, da indirizzareal Sindaco o al Presidente della Provincia.

8.4. LE RISORSE FINANZIARIE207

L’AUTONOMIAORGANIZZATIVA E FUNZIONALE DEL CONSIGLIO

8.4. Le risorse finanziarie

Con il conferimento di risorse finanziarie al Consiglio si può parlare, sia purecon i necessari distinguo, di autonomia finanziaria, resa concreta dalla stessalegislazione che attribuisce alla sua competenza esclusiva l’approvazione deibilanci annuali e pluriennali del Comune o della Provincia e relative variazio-ni (art. 42, comma 2, lett. b) del D.Lgs. 267/2000, su cui, ved. infra).

8.5. La dotazione organica

In ordine al personale addetto al funzionamento del Consiglio e delle sue arti-colazioni, gruppi e commissioni permanenti, deve rilevarsi che la nuova nor-mativa non conferisce al Consiglio un diretto potere decisionale, stabilendo chela dotazione organica è definita dalla Giunta sulla base dei criteri generali sta-biliti dal Consiglio (art. 48, comma 3 ).

(2) ITALIA-LANDI-POTENZA, Manuale di diritto amministrativo , Milano, 2002, XI Ed., pag. 72.

Siamo in presenza - come si è avuto modo di rilevare3 - di una materia che vede il con-correre delle competenze di due organi, che hanno entrambi interesse ad evitare con-trasti ed a cercare piuttosto i punti di convergenza, al fine di correttamente svolgerele proprie funzioni. A tale fine, sarà necessario che nel regolamento sul funzionamento del Consiglio o inquello sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, siano previsti speciali strumenti diraccordo o di consultazione fra i due organi.Quanto alla concreta definizione della dotazione organica, è da ritenere che si debbaprocedere sulla via sopra indicata, affinché la Giunta ne disponga la consistenza nu-merica, previo parere del presidente del Consiglio.Parimenti, dovrà prevedersi il previo assenso del presidente del Consiglio per l’asse-gnazione del o dei dirigenti o responsabili degli uffici da preporre alla direzione delsettore, stante la competenza esclusiva del Sindaco e del Presidente della Provincia,ai sensi dell’art. 50, comma 10, D.Lgs. 267 del 2000.Nei Comuni di piccole dimensioni, le su indicate questioni sembrano semplificate, inquanto esiste già la struttura idonea, costituita dall’ufficio che fa capo al segretario co-munale, il quale potrebbe, altresì, acquisire anche il compito di sovraintendere al fun-zionamento del Consiglio, al quale partecipa, sia come organo di consulenza, sia co-me funzionario responsabile della verbalizzazione. All’uopo sarà necessario l’atto diconferimento del Sindaco, in conformità all’art. 97, comma 4, lett. d, D.Lgs. 267/2000e previa intesa con il presidente del Consiglio, ove istituito.

Statuto e regolamento, pertanto, debbono disciplinare i seguenti argomenti4:- che cosa si intenda per “gruppi consiliari”, se le aggregazioni dei consiglieri, qualidelineate dalle liste o gruppi che hanno partecipato alle elezioni, ovvero le aggrega-zioni risultanti dalla riunione di consiglieri provenenti da liste diverse, il c.d. “grup-po misto”.Per questi motivi è necessario che, qualora si intenda costituire il gruppo misto, si sta-bilisca quale è il numero minimo di consiglieri che concorrono alla costituzione di ungruppo consiliare. Tuttavia, nulla vieta che si possa stabilire che anche un singolo con-sigliere possa costituire un gruppo a sé, specie nel caso in cui sia l’unico eletto di unalista o gruppo di candidati5.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 208

8.6. I gruppi consiliari

La legislazione precedente e successiva alla L. 142 del 1990 ha fatto sovente ri-ferimento ai gruppi consiliari, materia disciplinata dai regolamenti sul funzio-namento del Consiglio, dapprima facoltativamente, poi obbligatoriamente. In-fatti, vi sono delle norme che fanno ad essi esplicito riferimento (comunicazio-ne ai capigruppo delle deliberazioni della Giunta; attribuzione - come rilevato- di risorse ai gruppi consiliari, attribuzioni ai capigruppo dei permessi per par-tecipare alle riunioni della conferenza dei capigruppo).

(3) MAGGIORA, Il funzionamento del Consiglio comunale e provinciale, Milano, 2000, pag. 30.(4) Per una esemplificazione del contenuto dei provvedimenti, cfr. L.r. Molise 4 novembre 1991, n.20, come modificata dalla L.r. 24 dicembre 2002, n. 43, recante il “testo unico delle norme in materiadi funzionamento e di assegnazione del personale ai gruppi consiliari”.(5) TAR Lombardia, Milano, 19 febbraio 1996, n. 214, in TAR, 1996, I, pag. 1292.

E qualora sia stabilito un numero minimo, la defezione di un consigliere da un grup-po, può solo consentire l’aggregazione ad altro gruppo, ma non la costituzione di ungruppo a sé6;

- stabilire il termine entro il quale i consiglieri debbano comunicare alla presidenzadel Consiglio il gruppo al quale intendano far parte, eventualmente prevedendoche, se non viene rispettato il termine, fanno parte di diritto del gruppo misto;

- fissare le modalità con le quali il consigliere possa esercitare il diritto di recessodal gruppo per aggregarsi ad un altro o al gruppo misto o costituire un gruppo asé, ove consentito;

- stabilire le modalità di elezione del capogruppo consiliare, prescrivendo che, inmancanza, è capogruppo di diritto il consigliere che riveste la qualifica di consi-gliere più anziano del gruppo;

- determinare le attribuzioni della conferenza dei capigruppo, di modo che essapossa agire come organo di consulenza del presidente del Consiglio, nell’organiz-zazione dei lavori consiliari e nella redazione dell’ordine del giorno. A tale fine sipotrebbero conferire alla conferenza le prerogative della commissione comunale,con assimilazione alle commissioni permanenti.

Il fondamento di queste strutture, che assumono, di regola, la denominazione di com-missioni, si rinviene o nella legge regolatrice dell’ordinamento degli enti locali (comeper le commissioni consiliari permanenti o la commissione elettorale comunale) o nelregolamento (come la commissione edilizia)8 o nello Statuto (come le commissioni perle pari opportunità previste e disciplinate da molti statuti comunali o provinciali).Ma al di fuori di questi casi, in cui esiste un fondamento normativo – legislativo, sta-tutario o regolamentare - l’istituzione delle commissioni può essere disposta anchecon provvedimento dell’autorità amministrativa, normalmente a carattere transito-rio9 e sottoposta ai principi che regolano la loro istituzione (il fine pubblico da conse-guire, il rispetto dei principi della collegialità). Ad esempio, per la valutazione del-l’opportunità di intraprendere una determinata opera, il Consiglio può deliberarel’istituzione di apposita commissione, che valuti, in un tempo predeterminato, le va-rie possibilità di realizzazione, i costi, le fonti di finanziamento, ecc.

8.7. LE COMMISSIONI CONSILIARI209

L’AUTONOMIAORGANIZZATIVA E FUNZIONALE DEL CONSIGLIO

8.7. Le commissioni consiliari

Risponde a fini organizzativi l’istituzione di speciali apparati od organismi am-ministrativi particolarmente adatti, per la loro conformazione collegiale, allacomposizione di contrapposi interessi pubblici7.

(6) TAR Liguria, II, 22 aprile 1996, n. 161, in TAR 1996, I, pag. 2532.(7) Osserva GALATERIA (Gli organi collegiali amministrativi, Milano 1973, ristampa inalterata, voL. I,pag. 31) che se costituisce obbligo della pubblica amministrazione quello di attuare i fini predeter-minati dall’ordinamento giuridico nel modo più consono ai principi di equità e di buona ammini-strazione, nelle facoltà comprese in tale potere è da includersi quella di istituire degli organi colle-giali i quali si rivelano spesso ottimi strumenti per l’attuazione del pubblico fine, attraverso una piùponderata valutazione dei vari interessi, un più completo accertamento dei dati tecnici.(8) Dispone l’art. 33 della L. 17 agosto 1942, n. 1150, che “i Comuni debbono con regolamento edili-zio provvedere a dettare norme sulla formazione, le attribuzioni ed il funzionamento della commis-sione edilizia comunale”, la cui istituzione è divenuta facoltativa (art. 4, comma 2, del d.P.R. 6 giu-gno 2001, n. 380. In argomento, cfr. BERRA, La commissione edilizia, Milano.(9) Così, GALATERIA, Gli organi collegiali amministrativi, cit., voL. I, pag. 29.

In argomento, deve tenersi conto dell’orientamento del legislatore che ha posto il divietoper le pubbliche amministrazioni di costituire comitati, commissioni, consigli ed altri or-gani collegiali, ad eccezione di quelli di carattere tecnico e di elevata specializzazione10.Riguardo agli enti locali, l’art. 96 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, conferisce al Con-siglio ed alla Giunta il potere di valutare, secondo le rispettive competenze, discrezio-nalmente, se gli organi collegiali istituiti ed operanti nell’ente siano o meno indispen-sabili per la realizzazione dei fini istituzionali dell’ente, al fine di conseguire risparmidi spesa e di recuperare efficienza nei tempi dei procedimenti amministrativi (sulpunto, ved. retro, 4.1.4)..Nell’ordinamento degli enti locali sono previste le seguenti commissioni, che saran-no esaminate ai paragrafi di pertinenza, fatta eccezione per le commissioni consiliaripermanenti e le commissioni speciali, di cui in appresso (comprese le commissioniformate non esclusivamente da consiglieri):

Le commissioni possono assumere competenze di:- amministrazione attiva, qualora formino o manifestino la volontà dell’ente o vi

diano esecuzione, come la commissione liquidatrice, di cui all’art. 252 D.Lgs. 267del 2000, su cui ved. infra;

- attività consultiva, qualora, in qualità di ausiliari degli organi attivi, esprimanopareri sugli affari di loro competenza11.

Come tutti gli organi collegiali, anche le commissioni soggiacciono alle regole predi-sposte per tali organismi, come la necessità della convocazione, con annesso ordinedel giorno, la direzione dei lavori da parte di un presidente eletto dai componenti delcollegio, tra i propri membri, la verifica del quorum strutturale, la discussione, la vo-tazione a maggioranza dei votanti, e la verbalizzazione12.Ai componenti delle commissioni consiliari e circoscrizionali formalmente istituitespettano i permessi e le indennità previste dagli artt. 79, comma 3, e 82, comma 2,D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 210

Le commissionipreviste dal Tuel

(9) Così, GALATERIA, Gli organi collegiali amministrativi, cit., voL. I, pag. 29.(10) Si rammentano: l’art. 41 della L. 27 dicembre 1997, n. 449, l’art. 9 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n.112, l’art. 30, comma 8, della L. 23 dicembre 1999, n. 488 e l’art. 18 della L. 28 dicembre 2001, n. 448.(11) ITALIA-LANDI-POTENZA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2002,pag. 73.(12) CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2003, pag. 115, il quale rileva che per alcu-ni collegi (come ad esempio, per le commissioni che accertano l’idoneità dei candidati nei concorsi)è necessaria la presenza di tutti i componenti; si parla in tale caso di collegi perfetti.

- le commissioni elettorali;- le commissioni di gara e di concorso (di cui all’art. 107, comma 3, lett. a),

D.Lgs. 267 del 2000);- la commissione liquidatrice, di cui all’art. 252 D.Lgs. 267 del 2000, operante

in caso di dissesto;- le commissioni comunale e provinciale per la somministrazione di alimenti e

bevande;- la commissione di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo;- la commissione per la disciplina dell’attività di barbiere, parrucchiere ed af-

fini;- la commissione per la formazione degli elenchi dei giudici popolari;- la commissione igienico-edilizia (facoltativa).

8.8.1. Costituzione di queste commissioni

In ordine alla loro composizione, la legge pone due condizioni irrinunciabili, e preci-samente:

- debbono essere composte di soli consiglieri;- debbono rispecchiare in modo proporzionale la composizione del Consiglio.

Quest’ultima condizione è soddisfatta allorquando si abbia la presenza in ogni com-missione di ciascun gruppo presente in Consiglio, di modo che se una lista è rappre-sentata da un solo consigliere, questi deve essere presente in tutte le commissioni per-manenti costituite14 .È da escludere che il criterio proporzionale, ai sensi del quale vanno formate le com-missioni, possa essere calcolato globalmente e non per singola commissione15. Ad ogni consigliere o ai consiglieri che fanno parte della commissione è concesso unnumero di voti corrispondente alla composizione numerica del gruppo (c.d. voto plu-rimo)16. Per quanto concerne la esclusività della partecipazione dei soli consiglieri alle com-missioni (deducibile dall’inciso che esse sono costituite “nel proprio seno”), deve ri-tenersi possibile la deroga a tale principio, prevista da numerosi statuti, ma limitata-mente alla partecipazione ai lavori delle commissioni di esterni, in qualità di esperti,con il compito di esprimere pareri in ordine ai problemi sottoposti all’esame dellacommissione, ma senza diritto di voto.È da ritenere che rientri nella facoltà dei consiglieri facenti parte della commissioneconsiliare permanente di convocare d’ufficio la commissione per l’esame di particola-ri affari, ma a condizione che tale potere sia espressamente disciplinato dal regola-mento, con l’indicazione del numero dei consiglieri che assumono l’iniziativa ed il

Composizione

8.8. LE COMMISSIONI CONSILIARI PERMANENTI211

L’AUTONOMIAORGANIZZATIVA E FUNZIONALE DEL CONSIGLIO

8.8. Le commissioni consiliari permanenti

Negli anni settanta, furono istituite da Comuni e Province le commissioni con-siliari permanenti, aventi la funzione di alleggerire i lavori del collegio delibe-rante, ferma la competenza del Consiglio, in ordine all’approvazione o alla re-iezione delle deliberazioni13. L’art. 38, comma 6, D.Lgs. 267 del 2000 sulla falsariga della previgente discipli-na regolamentare degli enti locali, riconosce e legalizza tale forma di articola-zione interna del Consiglio, consentendone l’istituzione, anche se in via mera-mente facoltativa, prescrivendo una previsione dello Statuto, che ne prevedal’istituzione ed una disciplina ad opera del regolamento sul funzionamento delConsiglio, che procede a dettare le norme in ordine ai poteri, all’organizzazio-ne ed alle forme di pubblicità dei lavori.

(13) PUBUSA, Tendenze dell’organizzazione comunale: le Commissioni consiliari permanenti, in Riv. trim.dir. pubb., 1974, pag. 1165. (14) TAR Lombardia, Brescia, 4 luglio 1992, n. 796, in TAR, 1992, I, pag. 3262; Id., Milano, 3 maggio1996, n. 567, ivi, 1996, I, pag. 2421, il quale rileva, inoltre, l’illegittimità di una disposizione regola-mentare che preveda la facoltà di ciascun consigliere membro di una commissione di farsi sostituirenelle singole sedute da altro consigliere del gruppo consiliare.(15) Consiglio di Stato, V, 23 novembre 1996, n. 1408, in Cons St., 1996, I, pag. 1775.(16) TAR Lombardia, Milano, 19 febbraio 1996, n. 214, in TAR, 1996, I, pag. 1292; Id., 19 novembre1996, n. 1661, ivi, 1997, I, pag. 91.

termine entro il quale il presidente deve convocare la commissione, prevedendo an-che l’intervento sostitutivo del presidente del Consiglio, in caso di inerzia.

8.8.2. La presidenza L’art. 44, comma 1, D.Lgs. 267, dispone che lo Statuto deve prevedere “l’attribuzionealle opposizioni della presidenza delle commissioni consiliari aventi funzioni dicontrollo o di garanzia, ove costituite”.La disposizione può essere interpretata, in un primo significato, come obbligo di at-tribuire alle opposizioni la presidenza delle commissioni di controllo o di garanzia,quando l’ente abbia comunque proceduto alla costituzione delle commissioni, per cuideve essere affidata alle opposizioni la presidenza di quelle commissioni che svolgo-no funzione di controlli o di garanzia, anche se non sono individuate con tale specifi-ca denominazione (come la commissione del bilancio, che svolge anche il controllo digestione); interpretazione che riteniamo preferibile.In un secondo senso, e in conformità all’interpretazione letterale dell’inciso “ove co-stituite” ed alla sua collocazione sistematica, si può ritenere che la presidenza debbaessere conferita alle opposizioni solo quando siano state espressamente costituitequelle commissioni, aventi la specifica qualificazione e funzione di commissioni digaranzia o di controllo, come le commissioni per le pari opportunità o di inchiesta odi indagine. È lasciato alla libera determinazione dello Statuto il compito di procedere alla sceltadella soluzione ritenuta ottimale.Per quanto concerne l’esercizio delle funzioni di controllo e garanzia, è da ritenereche esso possa consistere in “un controllo sia sulla legittimità degli atti, sia sul meri-to, anche alla luce dell’eliminazione del parere preventivo di legittimità da parte delsegretario ed alla sostanziale eliminazione dei controlli del co.re.co.”17.

8.8.3. Funzionamento e poteri Nel termine stabilito dal regolamento, i consiglieri debbono dichiarare a quale com-missione permanente intendano prendere parte; all’uopo può essere indicato il nu-mero massimo (due o tre) di commissioni alle quali ciascun consigliere può parteci-pare ed a condizione che il numero dei consiglieri del suo gruppo sia inferiore al nu-mero delle commissioni, previste dallo Statuto o dal regolamento, salvo che non siaconsentita, in rappresentanza del gruppo, la partecipazione di esperti, con voto con-sultivo.Deve essere previsto il numero dei consiglieri per ciascuna commissione, il modo dielezione del presidente e/o di un vicepresidente, nonché il numero necessario perrendere valida la seduta e le votazioni.Le commissioni svolgono principalmente funzioni di istruzione e di esame delle pro-poste di deliberazione che la Giunta sottopone all’approvazione del Consiglio, non-ché di controllo sull’operato degli organi di governo e burocratici, che possono esse-re convocati per riferire per le materie di competenza.Come corollario del potere di informazione e notizia spettante a ciascun consigliere,ai sensi dell’art. 43, comma 2, D.Lgs. 267 del 2000, anche ad ogni commissione com-pete richiedere le notizie ed i documenti in possesso degli uffici dell’ente e degli entidipendenti.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 212

((17) Così, testualmente, ITALIA, I regolamenti dell’ente locale, cit. pag. 115.

Una delle questioni più controverse in materia, è la definizione dell’estensione dei po-teri delle commissioni in ordine al valore da attribuire alle loro determinazioni. Mentre non sussistono dubbi in merito al conferimento del voto consultivo, espressodalle commissioni, qualora sia richiesto il loro parere, e del potere redigente, in ordi-ne alla redazione di testi regolamentari o deliberazioni a carattere programmatorio,compreso l’esame degli emendamenti, al fine di agevolare i lavori consiliari ed affi-dare all’assemblea il testo definitivo per l’espressione del voto, sussistono perplessi-tà per l’attribuzione alla commissione del potere deliberante.Nonostante il parere favorevole di parte della dottrina18, gli statuti non hanno sceltotale indirizzo, limitandosi al conferimento dei poteri consultivi e redigenti19.La conseguita autonomia funzionale ed organizzativa consente, ora, di aderire al-l’orientamento della dottrina favorevole all’attribuzione del potere deliberante anchealle commissioni, sia pure con talune limitazioni o prescrizioni, come l’esclusione ditalune deliberazioni, quali quelle relative ai bilanci o ai piani programmatori e fattasalva la facoltà per il Consiglio di sottrarre la questione alla commissione, su richie-sta di un quorum di consiglieri.Per espressa disposizione legislativa le sedute delle commissioni sono pubbliche, sal-vo i casi previsti dal regolamento (art. 38, comma 7). La pubblicità dei lavori non de-ve necessariamente essere assicurata mediante l’accesso del pubblico ad una tribunao in apposito settore della sala in cui si svolgono i lavori della commissione, potendoessere garantita con telecamere a circuito chiuso o con la pubblicazione di appositobollettino dei resoconti delle sedute20.

La materia è stata trattata al paragrafo 5.3, al quale si rinvia.

8.9. LE COMMISSIONI DI INCHIESTA E DI INDAGINE213

L’AUTONOMIAORGANIZZATIVA E FUNZIONALE DEL CONSIGLIO

8.9. Le commissioni di inchiesta e di indagine

(18) ROMEO, in AA.VV., Le autonomie locali, Milano, 1990 tomo II, pag. 526; DE PRIAMO, La riformadelle autonomie locali, Roma, 1990, pag. 113; VIPIANA P., in AA.VV., Commento alla legge sulle autono-mie locali, Torino, 1993, pag. 336.(19) Fa eccezione il Comune di Genova, art. 34, come riferiscono ROLLA-GROPPI-LUATTI, L’ordina-mento dei Comuni e delle Province, Milano, 1993, pag. 533.(20) VIRGA, Diritto amministrativo, Milano, 2003, voL. III, ed. VI, pag. 87.

9.1. Premessa

9. La Presidenza del Consiglio comunale e provinciale

In sede di elaborazione della L. 142 del 1990, fu respinto il tentativo di consentire lafacoltà di istituire la carica di presidente del Consiglio nelle Province e nei Comunicon popolazione superiore a 100.000 abitanti, ma la questione ebbe una prima positi-va risposta con la legge 81 del 1993, che rese facoltativa la sua istituzione nelle Pro-vince e nei Comuni con più di 15.000 abitanti.Con la L. 265 del 1999 (ora, art. 39 D.Lgs. 267 del 2000), il presidente diventa organoobbligatorio nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle Provin-ce, escludendo l’intermediazione dello Statuto, il quale deve limitarsi a precisare a chispettino le funzioni vicarie, in caso di assenza o impedimento del titolare; se non viprovvede, assume le funzioni surrogatorie il consigliere anziano.Nei Comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, è in facoltà dello Statuto di pre-vedere la figura del presidente del Consiglio e di chi svolge le funzioni vicarie; inmancanza dell’una e dell’altra prescrizione, svolgono rispettivamente le funzioni dipresidente e di vice presidente, il Sindaco ed il vicesindaco (art. 39, comma 3).Sulle indennità spettanti al Presidente del Consiglio, ved. art. 5 del D.m. 4 aprile 2000,n. 119. Per i permessi si veda infra.

Problema di non poca rilevanza è la sostituzione del Sindaco, assente o impedito, op-pure che deve obbligatoriamente astenersi dal prendere parte alla discussione ed al-la votazione di una deliberazione.Premesso che, nella specie, trova applicazione l’art. 53 comma 2, D.Lgs. 267/2000 chestabilisce la sostituzione da parte del vice sindaco, si discute della legittimità di tale

(1) DE PRIAMO, in AA.VV., Manuale degli enti locali, cit., pag. 142.

9.2. Nei Comuni con meno di 15.000 abitanti

Nei Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, il cui Statuto nonabbia previsto l’istituzione dell’ufficio di Presidente, la presidenza del Consi-glio spetta al Sindaco, al quale competono tutte le funzioni inerenti alla carica,quali la convocazione, la direzione dei lavori consiliari, la proclamazione del-l’esito delle votazioni, la sottoscrizione dei verbali delle sedute, ecc.

surrogazione nell’eventualità in cui sia prevista la nomina di un assessore esterno,che ricopra la carica di vicesindaco.Riteniamo che, la presidenza del Consiglio da parte di un tale vice sindaco sarebbedel tutto legittima, discendendo direttamente dalla legge, anche se non manca chi ri-tiene che la presidenza, in tale caso, dovrebbe essere assunta dal consigliere anziano1;ma la questione, a nostro avviso, dovrà essere risolta dallo Statuto.Nel caso di impedimento anche del vice sindaco a surrogare il Sindaco nella presiden-za del Consiglio, si può fare ricorso alla specifica normativa statutaria, che potrebbeprevedere, analogamente all’art. 157 t.u. com. prov. 1915, la competenza di un asses-sore e, in mancanza di assessori, del consigliere anziano; in caso di mancata previsio-ne statutaria, deve ritenersi competente il consigliere anziano, come individuato dal-l’art. 40, comma 2, del D.Lgs. 267.

9.3.1. Nomina

I requisiti che deve possedere il Presidente del Consiglio comunale o provinciale (sipotrebbe prevedere che non dovrebbe ricoprire altre cariche pubbliche)2, le modalitàdi nomina, di revoca e di surrogazione debbono essere disciplinati dallo Statuto o dalregolamento sulle adunanze del Consiglio.Premesso che alla votazione del Presidente del Consiglio deve procedersi nella primaseduta, successiva alla elezione del Consiglio, come espressamente dispone l’art. 40,commi 2 e 4, D.Lgs. 267 del 2000, circa il quorum richiesto per la validità dell’adunan-za e per la validità della votazione è lasciata ampia libertà alle decisioni dell’ente, an-che se la carica, data la sua rilevanza, dovrebbe essere espressione di un’ampia mag-gioranza. Alla nomina deve procedersi dopo la convalida degli eletti e le eventualisurrogazioni, in quanto il Consiglio deve essere nel plenum delle sue prerogative3

Pertanto, potrebbe eventualmente prescriversi che in prima votazione debba raggiun-gersi il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati, mentre nelle votazionisuccessive potrebbe essere prevista anche la maggioranza dei consiglieri in carica odei presenti o il ballottaggio tra i due candidati che hanno conseguito il maggior nu-mero di voti.Oltre al Presidente, deve essere disciplinato chi assume le funzioni vicarie, in caso diassenza o impedimento del Presidente o di sua vacanza, per cessazione dalla carica,per qualsiasi motivo (morte, dimissioni, decadenza, ecc.). Di regola, si è prevista laelezione di uno o più vice presidenti, con la precisazione che, in mancanza o nel casoin cui il vice presidente non possa presiedere l’adunanza, la funzione è espletata dalconsigliere anziano , come precisa la nuova normativa.Il Presidente del Consiglio dura in carica per il tempo stabilito dallo Statuto o dal re-golamento (potrebbe essere prevista anche la rotazione nella carica) e, in mancanza diprevisione, per tutta la durata in carica del Consiglio (ossia fino alla nomina del nuo-vo Consiglio, ai sensi dell’art. 38, comma 5).

MANUALE DEL CONSIGLIERE 216

Requisiti

9.3. Nei Comuni con più di 15.000 abitanti e nelle Province

Nei Comuni con più di 15.000 abitanti e nelle Province la presidenza del Con-siglio deve essere affidata ad apposito organo, ossia ad un consigliere elettodallo stesso Consiglio.

(2) Come suggerisce ZUCCHETTI, in AA.VV. L’elezione diretta del Sindaco, Milano, 1993, pag. 43.

9.3.2. Revoca La maggior parte degli statuti ha regolamentato anche la revoca del Presidente, dan-done dettagliata disciplina, sulla falsariga dell’istituto della mozione di sfiducia, checonfigura la revoca del Sindaco e degli assessori4.Ma anche nei casi in cui manchi specifica normativa, è da ritenere che possa, comun-que, procedersi alla revoca del Presidente, essendo l’esercizio del potere di revoca im-plicito nel potere di chi procede alla nomina, sempre nell’osservanza dei principi chepresiedono all’assunzione dei provvedimenti limitativi dei diritti altrui: congrua mo-tivazione, possibilità di contraddittorio, maggioranza qualificata, secondo gli orienta-menti della giurisprudenza formatasi al riguardo.Per quanto concerne l’obbligo di motivazione, si afferma che esso deve basarsi esclu-sivamente con riferimento al cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziatala neutralità e non mai con riferimento al venire meno del rapporto di fiduciarietà,poiché la funzione del Presidente del Consiglio non è strumentale all’attuazione di undeterminato indirizzo politico, bensì al funzionamento dell’istituzione5, tanto è veroche l’incarico può essere svolto anche da un esponente dell’opposizione6.Secondo un recente orientamento giurisprudenziale, nell’ipotesi in cui la revoca siaadottata sulla base di una valutazione anche latamente politica, riferita a concreti e si-gnificativi episodi compiuti dal Presidente, la deliberazione di revoca non richiedeuna motivazione particolarmente analitica e, in tale ipotesi, il sindacato del giudiceamministrativo si svolge con pienezza quando si tratta di verificare la legittimità for-male del procedimento seguito, mentre resta notevolmente limitato ogni apprezza-mento sugli aspetti politico discrezionali manifestati dall’atto7.Peraltro, è stata ritenuta legittima la revoca di un presidente per comportamenti in-compatibili con la sua funzione di terzietà, in quanto operava in proprio come prota-gonista della politica dell’ente8. In particolare, è necessario che nella proposta di revoca siano evidenziate gravi vio-lazioni di legge9 ovvero violazione delle regole di imparzialità e rappresentanza isti-tuzionale, sempre debitamente motivate10.

L’obbligo dimotivazione

9.3. NEI COMUNI CON PIÙ DI 15.000 ABITANTI E NELLE PROVINCE217

LA PRESIDENZADEL CONSIGLIO

COMUNALE E PROVINCIALE

(3) TAR Sicilia, Catania, I, 25 febbraio 2004, n. 448, in Foro amm. TAR, 2004, pag. 530.(4) Il TAR per la Sicilia (Palermo, I, 27 febbraio 2004, n. 396, in Foro amm. TAR, 2004, pag. 530) ha ri-tenuto illegittimo il regolamento di un Consiglio comunale, nella parte in cui prevede la possibilitàper il Consiglio stesso di revocare il suo presidente. La sentenza è condivisibile, in quanto il regola-mento prevedeva la sola facoltà di revoca, senza specificare i casi in cui si può assumere il procedi-mento, che deve essere dettato da gravi violazioni dello Statuto o del regolamento che regola il fun-zionamento del Consiglio. (5) Consiglio di Stato, V, 6 giugno 2002, n. 3187, in Cons. St., 2002, I, pag. 1280, che conferma TARLombardia, II, 31 luglio 2001, n. 5329, in TAR, 2001, I, 3280; TAR Sardegna, 9 giugno 2003, n. 718, inForo amm. TAR, 2003, pag. 2100, il quale rileva che al presidente del consiglio, al quale sia presenta-ta una richiesta di convocazione del Consiglio per la discussione della mozione di sfiducia nei suoiconfronti, è preclusa la valutazione sulla sua ammissibilità, salvo che non si tratti di oggetto che, inquanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell’assemblea, innessun caso potrebbe essere messo all’ordine del giorno; TAR Campania, Salerno, II, 16 febbraio2004, n. 114, ivi, 2004, pag. 487, che ha ritenuto non sufficiente, ai fini della revoca, l’eccepita “sceltapolitica contrapposta alla maggioranza consiliare, che lo aveva eletto”.(6) TAR Campania, Salerno, I, 13 marzo 2001, n. 1911, n. 245, in TAR, 2001, I, pag. 1911.(7) Consiglio di Stato, V, 3 marzo 2004, n. 1042, in Foro amm. CS, 2004, pag. 819.(8) TAR Puglia, Lecce, I, 6 febbraio 2003, n. 408, in TAR, 2003, I, pag. 138.(9) TAR Puglia, Bari, I, 10 luglio 2002, n. 548, in TAR, 2002, I, pag. 2200, che ha ritenuto non sufficien-te l’aver mosso un unico addebito consistente nell’omesso inserimento all’ordine del giorno di sedu-ta già destinata alla trattazione di importanti argomenti, di altri oggetti attinenti all’ordine del giornodi precedente seduta, per i quali il presidente aveva comunque fissato apposita e prossima seduta.(10) TAR Campania, Salerno, II, 16 febbraio 2004, n. 114, in TAR, 2003, I, pag. 4499, che ha ritenutonon fondata la motivazione basata su una presunta “scelta politica contrapposta alla maggioranzaconsiliare che a suo tempo lo aveva eletto”.

Anche negli enti locali, il Presidente del Consiglio ha assunto la funzione di “garantedella funzionalità del collegio, rappresentante dello stesso, custode del suo regola-mento e tutore del diritto della maggioranza di legiferare come di quello dell’opposi-zione (anche numericamente ridotta) di criticare”11.Egli non è, in alcun modo, destinatario di un mandato rappresentativo della maggio-ranza consiliare, tantomeno vincolante, tale da presupporre un rapporto di fiducia,poiché egli assolve a compiti di rappresentatività istituzionale, estesa all’intero Con-siglio; pertanto, “in tale chiave, appare giustificato l’accostamento, quanto alla natu-ra istituzionale e neutrale delle funzioni, ai Presidenti della Camera e del Senato”12.In particolare, dovrebbe chiaramente distinguersi tra rappresentanza del Comune chespetta al solo Sindaco o Presidente della Provincia e rappresentanza del Consigliocomunale o provincialde che appartiene solo al suo Presidente, rappresentatività cheè piena nei rapporti interni, in quanto solo il Presidente rappresenta il Consiglio neisuoi rapporti con il Sindaco o il Presidente della Provincia e la Giunta, mentre nei rap-porti esterni il Presidente non potrebbe rappresentare il Comune o la Provincia , a me-no che non sia espressamente delegato dal capo dell’amministrazione, come avvienenei confronti degli assessori, che sono delegati a rappresentare il Sindaco o il Presi-dente della Provincia nelle cerimonie civili, religiose, militari, alle quali il titolare nonpuò partecipare. A sua volta, il Presidente del Consiglio potrebbe delegare il suo potere di rappresen-tante all’eventuale vicario o ad un consigliere, qualora sia prevista e richiesta la rap-presentanza del Consiglio ed il titolare ne sia impedito. Infatti, non è escluso che, peril futuro, anche gli enti sovracomunali, Stato, Regione, e gli enti pubblici e privati ten-gano conto, nella richiesta di partecipazione del Comune o della Provincia alle variemanifestazioni, anche della nuova realtà istituzionale dell’ente e che estendano l’in-vito anche al Presidente del Consiglio.La rilevanza della Presidenza del Consiglio deve trovare riscontro anche nell’ambitodell’Ufficio comunale e provinciale, che deve essere articolato in distinte strutture, re-lative, rispettivamente, al Consiglio ed alla Giunta, con propri compiti e separati ser-vizi, ed appositi stanziamenti di bilancio. Al Presidente del Consiglio spetta presiedere la conferenza dei capigruppo, in se-de di compilazione dell’ordine del giorno delle sedute del Consiglio e coordinarel’operato dei presidenti delle commissioni consiliari permanenti, eventualmenteistituite.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 218

9.4. Il grado di rappresentatività del Presidente del Consiglio

Di particolare rilevanza, da un punto di vista politico è la determinazione delgrado di rappresentatività da conferire al Presidente del Consiglio, tenuto con-to che al Sindaco o al Presidente della Provincia spetta la rappresentanza gene-rale dell’ente (art. 50, comma 2, D.Lgs. 267/2000).

(11) STICCHI DAMIANI, La decadenza del presidente del consiglio comunale e provinciale, in Foro amm.TAR, 2003, pag. 1840.(12) TAR Puglia, Bri, I, 4 novembre 2002, n. 4719, in TAR, 2002, I, pag. 3371.

Sia che la presidenza del Consiglio spetti al Sindaco, sia che appartenga ad appositoorgano eletto dall’assemblea, identiche sono le incombenze relative alla conduzionedei lavori del Consiglio, e consistenti nelle seguenti:

9.6.1. Nei riguardi dei consiglieri

9.5. LA DIREZIONE DEI LAVORI DEL CONSIGLIO219

LA PRESIDENZADEL CONSIGLIO

COMUNALE E PROVINCIALE

9.5. La direzione dei lavori del Consiglio

a) convocazione del Consiglio;b) dichiarazione di apertura delle sedute, previo accertamento del numero le-

gale;c) rinvio della seduta, nel caso in cui non siano esauriti tutti gli oggetti posti

all’ordine del giorno. In tale caso la seduta prosegue, per rinvio, nei giornisuccessivi, senza necessità di spedire nuovi avvisi di convocazione, sempreche tutti i consiglieri siano presenti, perché, in caso contrario, occorre notifi-care l’avviso ai non intervenuti;

d) comunicazione su argomenti anche estranei all’ordine del giorno, ma di in-teresse generale;

e) direzione della discussione delle proposte, seguendo l’ordine di iscrizionenell’ordine del giorno, salvo che sia chiesta ed accettata dal Consiglio la pro-posta di inversione;

f) concessione della facoltà di parlare ai consiglieri che ne facciano domanda;g) invito agli oratori che si dilungano su una questione, o se ne allontanano, a

concludere;h) esercizio del potere discrezionale di mantenere l’ordine, l’osservanza della

legge e la regolarità delle discussioni e deliberazioni (c.d. polizia dell’adu-nanza, su cui ved. al paragrafo che segue);

i) dichiarazione di chiusura della discussione e messa ai voti della proposta;l) scelta degli scrutatori;m) proclamazione dell’esito della votazione;n) dichiarazione di chiusura dell’adunanza. Nessuna disposizione limita la

durata delle sedute consiliari (a meno che non disponga in merito il regola-mento delle adunanze), per cui esse hanno termine, di regola, solo quandosia esaurito l’elenco degli oggetti da trattare; ne consegue che sono legitti-me le deliberazioni adottate dopo che sia spirata la mezzanotte del giornodi convocazione, nel corso di una seduta che sia iniziata durante lo stesso eproseguita ininterrottamente13. Questa prassi, che trova applicazione nor-malmente, non può essere adottata allo spirare della durata in carica delConsiglio (quarantaseiesimo giorno antecedente la data delle elezioni);

o) sottoscrizione del verbale.

(13) TAR. Abruzzo, Pescara, 5 dicembre 1985, n. 501, in TAR, 1985, I, pag. 690.

9.6. La polizia dell’adunanza

Gli strumenti di cui si avvale il Presidente nei riguardi dei consiglieri, consisto-no nel richiamarli al rispetto del regolamento o della prassi circa l’esercizio del-la facoltà di parola, e possono concretarsi in un richiamo ufficiale da inserirenel verbale.

Molto discussa è la possibilità per il Presidente di avvalersi della facoltà di ordinarel’espulsione e l’arresto del consigliere intemperante, che rechi molestia o disturbo alregolare svolgimento della seduta.Si sostiene da una parte della dottrina e dalla giurisprudenza che i poteri del Presi-dente consistano, qualora il consigliere determini l’impossibilità di proseguire la se-duta, nella sola facoltà di sospendere, per un breve lasso di tempo, la riunione, oppu-re, nei casi estremi di sciogliere l’adunanza14. In tale direzione, è stato ritenuto atto arbitrario la disposizione data dal Sindaco allaforza pubblica, presente nell’aula, di allontanare i consiglieri dell’opposizione, al finedi riportare l’ordine all’interno dell’organo collegiale, atto che manifesta una volontàirrispettosa del diritto della minoranza di partecipare all’adunanza, sino a quando es-sa, nel suo complesso, non venga sospesa o sciolta15. Qualora, invece, l’azione del consigliere configuri una fattispecie delittuosa (art. 650codice penale: inosservanza di un provvedimento dato per motivi di ordine pubbli-co; art. 338 cod. pen.: violazione o minaccia ad un corpo amministrativo per impedir-ne, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne, comunque, l’attività;art. 342 cod. pen.: offesa all’onore o al prestigio di un corpo amministrativo) rientre-rebbe nel potere del presidente procedere alla denuncia del consigliere all’autoritàgiudiziaria.Non manca, tuttavia, giurisprudenza che ha ritenuto legittima la norma di un regola-mento per le adunanze del Consiglio comunale che preveda l’ espulsione del consi-gliere intemperante, sul presupposto che la riserva di legge posta dall’art. 13 della Co-stituzione sull’inviolabilità della libertà personale, subisce deroga nei riguardi del-l’esercizio di una pubblica funzione16. È questa la soluzione da ritenersi preferibile, con l’avvertenza che si addiviene al-l’espulsione del consigliere, solo dopo che inutilmente il Presidente ha richiamato ilconsigliere, una o più volte e che non è possibile prefigurare anche il potere di allon-tanamento, con il ricorso alla forza pubblica, in quanto si incide direttamente sulla li-bertà individuale, tutelata dall’art. 13 Cost., il quale prescrive la previsione legislati-va e l’atto motivato dell’autorità giudiziaria per assumere provvedimenti restrittivi elimitativi di detto diritto; pertanto, il consigliere espulso, che non si allontanasse dal-l’aula sarebbe considerato assente, ad ogni effetto.Il regolamento potrà disporre, nei confronti del consigliere espulso, anche la duratadella sospensione, per l’intera seduta o per una o più adunanze, anche tenuto contodella recidiva.

9.6.2. Sospensione e scioglimento della sedutaAbbiamo rilevato che rientra nei poteri del Presidente del Consiglio quello di decre-tare la sospensione e lo scioglimento dell’adunanza. Con riguardo a quest’ultimo, èda escludere che, sciolta la seduta ed allontanatosi il Presidente, i consiglieri rimasti

MANUALE DEL CONSIGLIERE 220

(14) PRINCIVALLE, Gli organi elettivi del Comune e della Provincia, Firenze, 1985, voL. II, pag. 137;GIOVENCO-ROMANO, L’ordinamento comunale, cit., pag. 561; MAGGIORA, La presidenza delle adu-nanze del Consiglio comunale, in Comuni d’It., 1990, pag. 1037.(15) Cass. pen., VI, 22 ottobre-12 dicembre 1996, n. 10696, in Cons. St. , 1998, II, pag. 232.(16) Cons. giust. amm. sic., 25 maggio 1989, n. 226, in Cons. St. , 1989, I, pag. 842, che ha annullatoTAR Sicilia, Catania, I, n. 1221 del 1988; TAR Lombardia, Milano, II, 31 luglio 2002, n. 5329, in TAR,2001, I, pag. 3280, che ritiene necessaria la presenza di una espressa norma giuridica che lo consen-ta.

in aula possano proseguire validamente la seduta sotto la presidenza di chi legittima-mente lo sostituisce, neppure nel caso in cui lo scioglimento sia ritenuto arbitrario osia successivamente ritenuto tale17.È necessario, ovviamente, che l’ordine di sospensione della seduta sia adeguatamen-te motivato e che non possa consistere in un espediente volto a rinviare arbitraria-mente la discussione di un oggetto posto all’ordine del giorno18

Infatti, è da ritenere che il presidente, che ha così operato, potrà risponderne, in quan-to titolare dell’ufficio, in via amministrativa ed anche in sede penale, ove la compe-tente autorità giudiziaria ravvisi gli estremi di reato (es. abuso di autorità), ma la de-terminazione con la quale l’adunanza sia stata sciolta non può essere disapplicata, an-corché illegittima, né può essere sindacata dai consiglieri rimasti in aula in violazio-ne dell’ordine di scioglimento.19.Deve ritenersi illegittima la decisione del Sindaco di sciogliere la seduta del Consigliocomunale, previa eliminazione dall’ordine del giorno di tutti gli argomenti menzio-nati nell’avviso di convocazione del Consiglio stesso, in quanto in tal modo si espro-pria quest’ultimo del potere di pronunciarsi sugli argomenti portati al suo esame20.

9.6.3. Nei riguardi dell’uditorioRiguardo all’ uditorio, ossia ai cittadini presenti, in apposito sito, ai lavori del Consi-glio, l’art. 297 t.u. com. prov. 1915 prevedeva che il Presidente potesse ordinare l’espulsione di chiunque fosse causa di disordini ed anche l’arresto; l’individuo arre-stato era custodito per ventiquattro ore, senza pregiudizio di procedimento davanti itribunali, quando ne fosse il caso.Attesa l’abrogazione della predetta norma, il regolamento che disciplina le adunanzedel Consiglio potrebbe prevedere il potere del Presidente di dare gli opportuni avver-timenti al pubblico di tenere un comportamento consono al luogo in cui è stato am-messo, avvertimenti che non è richiesto che siano indirizzati al singolo, potendo es-sere diretti in forma generalizzata; non sortendo l’iniziativa del Presidente i risultatisperati, può essere previsto che il Presidente possa ordinare l’espulsione dall’udito-rio di chiunque sia causa di disordine, ma non può ordinare - a nostro avviso - l’arre-sto, anche se esso fosse previsto dal regolamento, non potendo la norma regolamen-tare prescrivere norme penali, limitative della libertà personale. Tuttavia, qualora ricorrano gli estremi di cui all’art. 338 cod. pen. (su cui ved. retro),gli agenti municipali, di regola, presenti nella sala delle adunanze per regolare l’ac-cesso al pubblico nell’apposito settore ad esso riservato, possono procedere, in fla-granza di reato, all’arresto del disturbatore (art. 381 cod. proc. pen.) dandone imme-diata notizia al Pubblico ministero (art. 386 cod. proc. pen.).

9.6. LA POLIZIA DELL’ADUNANZA221

LA PRESIDENZADEL CONSIGLIO

COMUNALE E PROVINCIALE

(17) Consiglio di Stato, V, 4 giugno 1962, n. 485, in Riv. amm., 1963, pag. 127; Cons. giust., amm. sic.,14 dicembre 1963, n. 374, in Cons. St., 1963, I, pag. 2020; Consiglio di Stato, V, 28 settembre 1962, n.699, in Nuova Rass., 1963, pag. 706; T.A.R. Puglia, 29 aprile 1981, n. 109, in TAR, 1981, I, pag. 2355. (18) È stato deciso che il presidente di un collegio non può in sede di discussione della mozione disfiducia, a suo arbitrio e senza motivo alcuno, dichiarare chiusa la seduta e allontanarsi dall’aula,omettendo di porre a votazione l’oggetto proposto; in tale ipotesi, pertanto, realizzandosi un caso diassenza, legittimamente il vicepresidente può assumere le funzioni di direzione della seduta e porrea votazione la questione posta all’ordine del giorno (TAR Abruzzo, Pescara, 17 aprile 2003, n. 425, inForo amm. TAR, 2003, pag. 1321).(19) TAR Sicilia, Catania, 9 dicembre 1981, n. 629, in TAR, 1981, I, pag. 685.(20) TAR Campania, Salerno, 9 febbraio 1996, n. 98, in TAR,, 1996, I, pag. 1536.

Se, nonostante l’adozione di questi rimedi (avvertimenti, espulsione, arresto dei di-sturbatori) l’ordine non possa essere ristabilito, il Presidente potrà disporre la sospen-sione della seduta, per il tempo ritenuto opportuno, salvo scioglierla definitivamen-te, se, ripresa la seduta, la calma non risulta ristabilita.Si ritiene che il Presidente possa ricorrere, come estremo rimedio, all’espulsione tota-le del pubblico, ma in tale caso occorre che l’ordine sia previsto da norma regolamen-tare, perché, in assenza, è necessaria apposita deliberazione del Consiglio comunale,che è competente al riguardo, dovendosi trasformare, all’infuori dei casi previsti, unaseduta pubblica in privata, competenza questa che è di attribuzione consiliare21.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 222

(21) MAZZIOTTI, Attribuzioni e poteri del presidente del Consiglio comunale, in Nuova Rass., 1964, pag.1660

10.1. L’ordine del giorno

10. La prima adunanza del Consiglioneo eletto

Da quanto rilevato, sarebbe sufficiente che il Sindaco, o il Presidente della Provincia,nella predisposizione dell’ordine del giorno della prima adunanza del Consiglio neoeletto, si limitasse ad inscrivere il seguente oggetto: “adempimenti previsti dalla leg-ge nella prima seduta”. Il primo adempimento, cui debbono ottemperare i nuovi consiglieri è quello di pro-cedere alla c.d. convalida degli eletti, o come è definita dalla legge, all’esame dellacondizione degli eletti, ai sensi dell’art. 41, comma 1, D.Lgs. 267/2000, già art. 75d.P.R. 570 del 1960, su cui ved. infra.Nei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o nelle Province, e nei Co-muni con popolazione inferiore nei quali sia prevista l’elezione del Presidente delConsiglio comunale, occorre procedere, immediatamente dopo la convalida deglieletti, a tale adempimento.Sempre nella prima seduta, detta di insediamento, il Sindaco o il Presidente della Pro-vincia deve prestare giuramento, ai sensi dell’art. 50, comma 111, adempimento cheabbiamo posto dopo l’elezione del Presidente del Consiglio, ma la sua prestazioneprima di tale elezione non sarebbe causa di illegittimità. Sempre nella prima seduta il Sindaco o il Presidente della Provincia deve comunica-re al Consiglio, il nominativo degli assessori.In tutti i Comuni deve procedersi, inoltre, alla nomina della Commissione elettora-le comunale.In tema di predisposizione dell’ordine del giorno della prima seduta, si discute se

(1) Il citato art. 50 precisa il contenuto del giuramento, consistente nel giurare “di osservare lealmen-te la Costituzione italiana”.

La prima adunanza del Consiglio successiva alle ultime consultazioni eletto-rali acquista significativo rilievo, per le particolari funzioni che debbono esse-re espletate esclusivamente in quella seduta. Tanto è vero che l’ ordine del gior-no è rigidamente fissato dalla legge, che predetermina l’andamento dei lavorie persino il loro susseguirsi cronologico, tanto da rendere illegittima l’inversio-ne dell’ordine legislativamente predisposto.

possano iscriversi e discutersi anche altri oggetti, oltre a quelli stabiliti dalla legge edal quesito si dà risposta positiva, a condizione che siano prima esauriti gli oggetti ob-bligatori2. In deroga a tale principio, si ammette la trattazione di altri argomenti, ancor primadell’esaurirsi dell’esame della condizione degli eletti - nonostante l’art. 41 ponga il di-vieto di deliberare su qualsiasi altro oggetto - in base alla considerazione che la nor-ma ha carattere ordinatorio3, non stabilendo alcuna sanzione al riguardo, per cui, nelcaso si abbia un rinvio della discussione sulla convalida e ci si trovi in situazioni diemergenza per le quali occorra adottare provvedimenti urgenti, il divieto che è stabi-lito per le situazioni normali, non può essere operante4.

Se trascorrono dieci giorni dalla proclamazione, senza che il Sindaco o il Presidentedella Provincia decida in merito, la legge dispone che vi provvede il Prefetto. Fissata la data della convocazione e firmato, in originale, il relativo avviso di convo-cazione del Consiglio, con annesso ordine del giorno, il Sindaco o il Presidente dellaProvincia provvede, tramite il messo, alla notificazione dell’atto di convocazione aisingoli consiglieri proclamati eletti, nell’ordine risultante nel verbale dell’ufficio cen-trale, una copia del quale è depositata nella segreteria del Comune o della Provincia.Se qualche consigliere ha già provveduto ad inviare eventuale comunicazione di op-zione o di dimissioni dalla carica, occorrerà procedere ad inviare l’avviso di convoca-zione anche ai subentranti, affinché possano, previa convalida, prendere parte ai la-vori del Consiglio, se presenti.

10.3.1. Nei Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti Diversamente dalla convocazione, che è stata attribuita al Sindaco o il Presidente del-la Provincia, per la presidenza del Consiglio nella sua prima seduta successiva alleelezioni, si è operata, per i Comuni, una distinzione, tenendo conto, appunto, della ca-tegoria alla quale appartiene il Comune.Infatti, mentre nei Comuni con più di 15.000 abitanti e nelle Province la presidenzaspetta al consigliere anziano (fino a quando diversamente non stabilisca il regolamen-to), nei Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, la presidenza spetta co-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 224

10.2. La convocazione del Consiglio

10.3. La presidenza della prima adunanza

La controversa questione relativa al termine entro il quale deve essere convo-cato il Consiglio è stata superata dalla vigente legislazione (recepita dall’art. 40D.Lgs. 267 del 2000), la quale prescrive che la prima seduta deve essere convo-cata entro il termine di dieci giorni, decorrenti dalla proclamazione degli elet-ti e deve tenersi entro il termine di dieci giorni dalla convocazione.

(2) CERUTI, La prima adunanza del Consiglio comunale, in La Voce delle autonomie, 1990,pag. 40.(3) In tal senso, Cass. civ. 29 aprile 1954, n. 1334, in Nuova rass., 1954, n. 24.(4) GIOVENCO-ROMANO, L’ordinamento comunale, cit., pag. 459.

munque al Sindaco, anche se lo Statuto ha fatto la scelta di eleggere il presidente delConsiglio, a meno che il regolamento non disciplini diversamente la materia, sulla ba-se dei criteri dettati dallo Statuto (come, ad esempio, assegnare la presidenza al con-sigliere anziano (art. 40, comma 6).

10.3.2. Nei Comuni con più di 15.000 abitanti e nelle ProvinceNei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e nelle Province, il com-ma 2 dell’art. 40, D.Lgs. 267/2000 stabilisce - in assenza di diversa disciplina - la pre-sidenza del Consiglio neo eletto in favore del consigliere anziano. La disposizione citata continua affermando che la presidenza del consigliere anzianoperdura fino all’elezione del Presidente del Consiglio. Dopo di che la seduta prose-gue sotto la presidenza del Presidente eletto, per la comunicazione dei componentidella Giunta e per gli ulteriori adempimenti.Pertanto, possiamo ancora ritenere che la presidenza provvisoria spetti al consigliereanziano, come individuato con le modalità stabilite dalla legge (ved. art. 40, comma2 ), anche se nulla osta che la stessa sia direttamente assunta dal Sindaco o il Presiden-te della Provincia, che già convoca il Consiglio; spetterà al regolamento sul funziona-mento del Consiglio dirimere la questione.Se si è scelto il consigliere anziano e questi è assente o rifiuta di presiedere l’assemblea,la presidenza spetta al consigliere che nella graduatoria di anzianità determinata dal-l’Ufficio centrale, occupa il posto immediatamente successivo (art. 40, comma 2).Il consigliere anziano o il Sindaco o il Presidente della Provincia debbono presiederela seduta sino alla nomina del Presidente del Consiglio che deve avvenire, come rile-vato, subito dopo la convalida degli eletti.Tutto ciò in ossequio al principio della completezza degli organi rappresentativi, prin-cipio affermatosi nella vigenza della abrogata legislazione, secondo la quale non sipoteva procedere alla nomina del Sindaco o del Presidente della Provincia e degli as-sessori, se il Consiglio non fosse, nella sua completezza, validamente insediato, ossianon fossero state compiute le operazioni di convalida. Lo stesso principio trova applicazione anche in costanza della nuova normativa, percui sarebbe non valida l’adunanza indetta per l’elezione del Presidente del Consiglio,alla quale non siano stati convocati tutti i consiglieri aventi diritto. Si aggiunga che glistatuti possono prescrivere per la elezione del Presidente del Consiglio comunale spe-ciali quorum, sia per la validità della adunanza, sia per la validità della votazione, conla conseguenza che il risultato sarebbe falsato e, quindi, illegittimo, qualora non po-tessero partecipare alla seduta tutti coloro che ne debbano fare parte.Ultimate le operazioni di convalida degli eletti e proceduto alla eventuale elezione delPresidente del Consiglio, con deliberazione che deve considerarsi immediatamenteeseguibile, anche in assenza di esplicito richiamo, data la natura dell’atto ed il fattoche la stessa legge dispone che, nominato il Presidente, “la seduta prosegue poi sotto lapresidenza del Presidente eletto”, senza, quindi, soluzione di continuità, l’adunanza con-tinua per procedere agli altri adempimenti di legge, ossia per ricevere il giuramentodel Sindaco o del Presidente della Provincia e la comunicazione da parte del Sindacoo Presidente della Provincia dei componenti della Giunta. Riepilogando, la presidenza della prima seduta, se non è diversamente disposto dalregolamento, nel quadro dei principi stabiliti dallo Statuto:

a) nei Comuni fino a 15.000 abitanti spetta al Sindaco neo eletto;b) nei Comuni con oltre 15.000 abitanti e nelle Province spetta:

- al consigliere anziano, fino alla elezione del Presidente del Consiglio;- al Presidente del Consiglio, subito dopo la sua elezione;- al consigliere che per anzianità segue il consigliere anziano, qualora quest’ultimo

sia assente o rifiuti di presiedere l’assemblea.

10.3. LA PRESIDENZA DELLA PRIMA ADUNANZA225

LA PRIMA ADUNANZA

DEL CONSIGLIONEO ELETTO

10.4.1. La natura giuridica della convalida

L’istituto della convalida degli eletti - con il quale ogni collegio ha il compito di accer-tare la legittimità dei titoli di ammissione dei propri componenti - è stato disciplina-to dall’art. 75 D.P.R. 570 del 1960 ed è confluito nell’art. 41, comma 1, D.Lgs. 267/2000.In ordine al problema relativo alla determinazione della natura giuridica della conva-lida, occorre fare riferimento a quanto disposto, in tema di individuazione del mo-mento dell’entrata in carica dei consiglieri. Considerato che i consiglieri entrano subito in carica all’atto della proclamazione de-gli eletti, l’esame della condizione degli eletti, effettuata dal Consiglio nella sua pri-ma seduta, non ha valore costitutivo dell’assunzione della carica, ma meramente ac-certativo dell’esistenza o meno di cause preclusive dell’investitura, che è già perfezio-nata con la proclamazione degli eletti5

Se l’esame del Consiglio non dà risultato positivo, esso produce gli effetti propri del-la condizione risolutiva, cioè il venir meno ex nunc del diritto all’ufficio di consiglie-re. E la condizione opera, non soltanto in sede di convalida, ma in qualunque momen-to una causa di ineleggibilità o di non candidabilità, originaria o sopravvenuta, ven-ga accertata. Il provvedimento con il quale il Consiglio addiviene alla convalida, assume la formadella deliberazione, come è chiaramente specificato nell’art. 82 d.P.R. 570, il quale di-spone che il ricorso giurisdizionale al Tribunale civile va diretto “contro le deliberazio-ni adottate in materia di eleggibilità dal Consiglio (...) ai sensi dell’art. 75”. Ad esse fannoriferimento, altresì, gli artt. 66 e 67 (nonché l’abrogato 73) del d.P.R. 570, laddove su-bordinano la proclamazione degli eletti “alle definitive decisioni del Consiglio comu-nale a termini dell’art. 75”, decisioni che si concretano, appunto, nella deliberazionedi convalida.Circa la determinazione della natura giuridica della deliberazione in parola, essa nondifferisce dalle normali deliberazioni comunali, nè dal punto di vista formale, né daquello sostanziale6 e, quindi, si è in presenza di un atto di natura amministrativa, nongiurisdizionale (nonostante la non perspicua definizione di “decisione”, di cui ai ci-tati artt. 66, 67 [e 73]).La deliberazione di convalida degli eletti non è soggetta, ai fini dell’impugnazione, al

MANUALE DEL CONSIGLIERE 226

10.4. La convalida degli eletti

L’istituto della convalida degli eletti - con il quale ogni collegio ha il compito diaccertare la legittimità dei titoli di ammissione dei propri componenti - è statodisciplinato dall’art. 75 D.P.R. 570 del 1960 ed è confluito nell’art. 41, comma 1,D.Lgs. 267/2000.

(5) SANDULLI, Sui termini dei ricorsi al Consiglio comunale per questioni di eleggibilità, in Riv. trim .dir.pubb. , 1954, pag. 543; cfr., inoltre, IMPERATO, Poteri del consigliere comunale prima della convalida, inNuova Rass., 1970, pag. 2259; GIOVENCO-ROMANO, op. cit., pag. 458, nota 18, i quali non nascon-dono seri dubbi sul carattere di operatività e di efficacia delle elezioni che si vorrebbe attribuire allaconvalida; DI TIZIO, Le convocazioni del Consiglio comunale dopo la sua elezione, in Corr. amm. , 1957,pag. 26. (6) Consiglio di Stato, V, 30 gennaio 1954, n. 95, in Cons. St., 1954, I, pag. 58.

rito speciale di cui all’art. 83, comma 11, D.P.R. 570 del 1960 (che prescrive il ricorso alTribunale amministrativo regionale, avverso le operazioni di elezione dei consigliericomunali), in quanto trattasi di provvedimento estraneo al procedimento elettorale7,ma alla procedura disciplinata dall’art. 82 del medesimo testo unico, che prevede il ri-corso al Tribunale civile entro trenta giorni dalla data finale di pubblicazione della de-liberazione ovvero dalla data della notificazione di essa, quando sia necessaria.

10.4.2. I quorum per la validità della adunanza e delle votazioni

Nè hanno rilievo altri speciali quorum che possano essere richiesti per l’elezione delPresidente del Consiglio, trattandosi di oggetti diversi.Circa la determinazione del quorum necessario per la validità della deliberazione, èsufficiente la maggioranza assoluta dei votanti, se lo Statuto od il regolamento han-no stabilito questa regola, trattandosi di materia lasciata alla libera determinazionedell’ente. Nell’eventualità in cui la deliberazione ottenga la parità di voti favorevoli e contrariall’eleggibilità di qualcuno dei consiglieri, è stato sostenuto che il Consiglio debbadarne atto nella deliberazione ed attendere, prima di procedere alla nomina del Pre-sidente del Consiglio ed agli altri atti obbligatori, che si pronunci in via sostitutiva ilcompetente organo8. Non escludiamo che, prima di richiedere l’intervento sostitutivo, la proposta di deli-berazione di convalida venga posta all’ordine del giorno di una successiva seduta,per verificare la persistenza della parità di voti.La seduta è pubblica, mentre per la votazione la prevalente dottrina ritiene necessa-ria la segretezza del voto, considerando la materia rientrante nelle “questioni concer-nenti persone”. Tuttavia, sembra che possa essere considerata legittima anche la vo-tazione palese poiché con essa si accerta l’esistenza di fatti e condizioni tassativamen-te stabilite dalla legge senza alcun apprezzamento alle persone e, pertanto, da tutela-re con voto segreto9.

Alla seduta ed alla votazione possono partecipare i consiglieri della cui eleggibili-tà si discute (in deroga all’art. 78, comma 2, D.Lgs. 267/2000, che prescrive l’asten-sione di chi ha un interesse proprio alla deliberazione), in quanto è in discussione,non un interesse individuale, ma un pubblico interesse, quale è quello relativo al-l’elezione di un cittadino ad una carica pubblica, alla quale è stato liberamente pre-posto dagli elettori.

10.4. LA CONVALIDA DEGLI ELETTI 227

LA PRIMA ADUNANZA

DEL CONSIGLIONEO ELETTO

Per la validità della seduta di convalida non è previsto uno speciale quorum,onde è applicabile quello generale stabilito per le adunanze del Consiglio. Nonsembra opportuno che l’ente possa autonomamente fissare uno speciale nume-ro legale, in quanto è interesse procedere quanto prima alla verifica della con-dizione degli eletti, in modo da poter passare all’esame degli altri incombentiprescritti nella seduta di insediamento.

(7) Così TAR. Lazio, II bis, 26 febbraio 2004, n. 1809, in Foro amm. TAR, 2004, pag. 435.(8) PRINCIVALLE, Gli organi elettivi del Comune e della Provincia , cit. , pag. 295.(9) Consiglio di Stato, 2 dicembre 1950, n. 1128, in Riv. amm., 1951, pag. 265; TAR Sicilia, Catania, 29gennaio 1997, n. 83, in TAR, 1997, I, pag. 1167.

In ordine alla questione se debbano assumersi tante singole deliberazioni quanti so-no gli eletti, o se sia sufficiente un unico provvedimento (con pluralità di statuizioni),con il quale si vota la convalida di quei consiglieri ritenuti eleggibili e l’ineleggibilitàdi coloro che versano in una causa preclusiva, riteniamo preferibile quest’ultimoorientamento.

Ciò premesso e considerata la diversa rilevanza che assume la presenza di cause di de-cadenza dalla carica di Sindaco, qualora il Consiglio accerti che alcuno dei componentiversa in una delle su indicate cause ostative, dovrà adottare i seguenti provvedimenti:

1) immediata presa d’atto dei consiglieri deceduti o dimissionari, nel periodo in-tercorrente tra la proclamazione degli eletti e la seduta di convalida e susseguen-te surrogazione. In questi casi non è necessario procedere alla convalida deimembri deceduti o dimissionari, poiché essa si tradurrebbe in un atto assuntoinutilmente, per la sua superfluità10.Se tali eventi hanno come destinatario il Sindaco, occorre distinguere il caso del-l’impedimento permanente e del decesso, che danno luogo al rinnovo del Consi-glio con la permanenza in carica del Consiglio sino all’elezione del nuovo (art. 53,comma 1). Se sono stati nominati gli assessori, essi rimangono in carica sino allanomina dei successori, altrimenti il Prefetto nominerà un commissario che svol-gerà le funzioni del capo dell’amministrazione. Se, invece, il Sindaco o il Presi-dente della Provincia presenta le dimissioni, sin dalla prima seduta, trova appli-cazione il disposto dell’art. 53, comma 3, per cui al decorso dei venti giorni, sen-za che le dimissioni vengano ritirate, si procede allo scioglimento del Consiglio,con contestuale nomina di un commissario;

2) pronuncia di decadenza, se l’eletto non risulta iscritto nelle liste elettorali di unComune della Repubblica11 o nella lista aggiunta del Comune, qualora si tratti dicittadino della Unione europea o non ha compiuto i diciotto anni (art. 55 D.Lgs.267 del 2000 e art. 1, comma 1, D.Lgs. 12 aprile 1996, n. 197). Trattandosi di un

MANUALE DEL CONSIGLIERE 228

10.5. L’oggetto della deliberazione di convalida

Dispone il comma 1 dell’art. 41 che oggetto della deliberazione di convalida èl’esame della condizione degli eletti a norma del capo, II titolo terzo, della Pri-ma parte del testo unico, ossia, tenuto conto che non tutti gli artt. da 50 a 70 in-cidono sull’elettorato passivo, si debbono prendere in esame i seguenti articoli:

- 55, che richiede la qualità di elettore;- 56, sull’impossibilità di assumere pluralità di candidature;- 58, che enumera le cause di non candidabilità;- 60, relativo alle cause di ineleggibilità;- 61 e 62, riguardanti peculiari cause ostative alla carica di Sindaco e di Presi-

dente della Provincia;- 63, 64, 65, 67, che individuano varie categorie di incompatibilità.

(10) Consiglio di Stato, V, 29 maggio 1986, n. 288, in Cons. St. , 1986, I, pag. 687; TAR Puglia, Lecce,25 gennaio 1985, n. 52, in TAR , 1985, I, pag. 2499.(11) Sul punto, ved. COSCIA, La convalida degli eletti ex art. 75 T.U. 1960/570 alla luce della recente giu-risprudenza, in Lo stato civ. it., 1990, pag. 366.

consigliere si procederà alla surrogazione con l’avente diritto, mentre, si addiver-rà al rinnovo (ai sensi dell’art. 53, comma 1) del Consiglio se tale causa di deca-denza colpisce il Sindaco o il Presidente della Provincia;

3) se si tratta di cause di ineleggibilità preesistenti alle elezioni, che devono esse-re rimosse non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature, ilConsiglio procede, senza indugio alla dichiarazione di ineleggibilità ed alla sur-rogazione.Per il Sindaco o il Presidente della Provincia si verifica una situazione analoga aquella di cui al precedente n. 2);

4) in presenza di una causa di ineleggibilità sopravvenuta (venuta cioè ad esisten-za nel periodo decorrente dalla elezione alla seduta di convalida) o di cause di in-compatibilità, il Consiglio accerta le eventuali dichiarazioni di rimozione dellesuddette cause da parte dell’eletto e, in caso contrario, instaura la procedura dicui all’art. 69 D.Lgs. 267, che si risolve o nella rimozione della causa ostativa onella pronuncia di decadenza. In questo caso, la deliberazione di convalida viene rinviata al termine della pro-cedura ex art. 69 e, in caso di denegata convalida, si fa luogo alla surrogazione oal rinnovo del Consiglio, se destinatario della decadenza è il capo dell’ammini-strazione;

5) qualora il Consiglio si trovi in presenza di una causa di non candidabilità, si pro-cede alla dichiarazione di decadenza, con le diverse conseguenze a seconda chesi tratti di consigliere o di capo dell’amministrazione (ved. precedenti n. 2 e 3);

6) se un consigliere è stato contemporaneamente eletto in due Consigli, il Consi-glio che ha ricevuto dall’eletto la comunicazione di opzione, provvede a notifica-re all’altro Consiglio l’avvenuta opzione, dopo di che quest’ultimo può procede-re alla surrogazione.

Questa operazione può avvenire anche successivamente alla seduta di convalida, inquanto la legge consente l’opzione entro cinque giorni dall’ultima convalida, ma nul-la toglie che la scelta tra i due Consigli possa essere effettuata prima delle convalideed in tale caso si applica la procedura sopra illustrata. In caso di mancata opzione, il consigliere rimane eletto nel Comune o nella Provinciao nella Circoscrizione in cui ha riportato il maggior numero di voti in percentuale, ri-spetto al numero dei votanti ed è surrogato nell’altro Consiglio (art. 45 D.Lgs. 267). La stessa normativa trova applicazione nell’ipotesi in cui esista incompatibilità tra la ca-rica di consigliere comunale e di consigliere di una Circoscrizione dello stesso Comune.La legge stabilisce che nessuno può essere candidato alla carica di Sindaco o di Presi-dente della Provincia in più di un Comune o di una Provincia (art. 56, comma 2), manulla dispone nel caso in cui si verifichi l’eventualità di una doppia elezione.Per evitare che si debba procedere alla contemporanea dichiarazione di decadenzanei due enti, con conseguente scioglimento dei Consigli, è da ritenere che trovi appli-cazione l’art. 57, che prevede l’obbligo della opzione.Da quanto sopra esposto circa le varie situazioni, che possono verificarsi durante leoperazioni di convalida, può accadere che il loro completamento richieda la convoca-zione di più sedute, sia per poter acquisire elementi istruttori, sia per consentire al-l’eletto che versa in una causa di incompatibilità, di rimuovere la causa ostativa, siaper poter espletare la complessa procedura di cui all’art. 69, che conduce alla dichia-razione di decadenza. In ordine alle surrogazioni, trova applicazione l’art. 45, comma 1, secondo il quale,indipendentemente dalla popolazione, il seggio rimasto vacante per qualsiasi causa,anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che nella medesima lista segue im-mediatamente l’ultimo eletto.

10.5. L’OGGETTO DELLA DELIBERAZIONE DI CONVALIDA229

LA PRIMA ADUNANZA

DEL CONSIGLIONEO ELETTO

Il secondo comma dell’art. 75 d.P.R. 570 del 1960 disponeva che ove i Consigli omet-tevano di addivenire alla convalida degli eletti nella prima seduta successiva alle ele-zioni provvedeva “la Giunta provinciale amministrativa in sede di tutela”.Attualmente, rilevato che l’intervento sostitutivo si verifica per il mancato adempi-mento di un obbligo di legge e che la Giunta provinciale amministrativa agiva “in se-de di tutela”, ossia come organo di controllo, trova applicazione l’art. 136 D.Lgs. 267del 2000.È stato rilevato che il competente organo regionale debba procedere, in luogo delConsiglio, soltanto quando questi “abbia omesso completamente di deliberare e nonanche quando abbia rinviato le definitive decisioni ad una prossima seduta per poter-si procurare i necessari elementi di giudizio”12. È necessario, inoltre, precisare che, qualora l’omissione del Consiglio sia determinataper mancanza del numero legale, prescritto per la prima convocazione, non sembrache possa farsi ricorso alla seduta di seconda convocazione, in quanto la mancata pro-nuncia da parte del Consiglio determina, di diritto, l’immediato intervento surroga-torio dell’organo a ciò deputato; tutto ciò risponde allo scopo di sollecitamente pro-cedere all’integrale costituzione del massimo organo collegiale, il quale, sempre nellaprima seduta, è tenuto ad adempiere altri importanti compiti: la nomina del Presiden-te del Consiglio, la ricezione del giuramento del Sindaco e la presa d’atto della nuo-va Giunta.Non si esclude che il quinto dei consiglieri solleciti il Prefetto a convocare, previa dif-fida, il Consiglio per questo adempimento, con la conseguenza che in caso di inerzia,il Prefetto procede alla nomina di un commissario, che potrebbe presiedere il Consi-glio per gli adempimenti prescritti dalla legge. Qualora i consiglieri disertassero al se-duta, sussisterebbero le condizioni per promuovere lo scioglimento del Consiglio,neo eletto e mai entrato in funzione.La deliberazione di convalida, adottata in via sostitutiva, deve essere immediatamen-te comunicata al Sindaco e pubblicata all’albo pretorio, entro ventiquattro ore dal ri-cevimento, a cura del Segretario, che ne è il diretto responsabile (art. 82 d.P.R. 570 del1960). Il termine di pubblicazione è da ritenere che sia quello normale dei quindicigiorni, ai sensi dell’art. 124, comma 1, D.Lgs. 267/2000.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 230

10.6. La surrogazione del Consiglio inadempiente

(12) PRINCIVALLE, Gli organi elettivi del Comune e della Provincia , cit.

11.1. Le sessioni del Consiglio

11. La convocazione del Consiglio

Per antica tradizione, la legge definiva i tempi di riunione normale del Consiglio, alfine di consentire ai consiglieri di poter programmare i propri affari e poter quindi as-sicurare la loro partecipazione ai lavori del Consiglio; come sanzione si stabiliva ladecadenza dalla carica per chi non interveniva ad una intera sessione. La legge 142 di riforma degli enti locali ha abrogato gli artt. 124, 129 e 235 del t.u. com.prov. 1915, che regolamentavano la materia, ma ha conservato in vigore l’art. 125 chedisciplina le modalità della convocazione dei Consigli, facendo riferimento alle ses-sioni ordinarie e straordinarie, unitamente agli art. 127 (sul numero legale per la va-lidità delle adunanze) e l’art. 289 (relativo alla decadenza dalla carica, per mancato in-tervento ad una intera sessione ordinaria) fino a quando l’ente non adotti nuova nor-mativa; questa normativa è stata recepita anche dal testo unico degli enti locali, ap-provato con il D. Lgs. 267 del 2000 (art. 273, comma 6).Oggi, la distinzione tra sessioni ordinarie e straordinarie può avere ancora un signifi-cato, come strumento di programmazione dei lavori del Consiglio, mediante il quale sidefiniscono gli oggetti che necessariamente, annualmente, debbono essere sottoposti alsuo esame, in apposite riunioni che assumono la denominazione di ordinarie, in con-trapposizione a tutte le altre adunanze, che sono denominate straordinarie o d’urgenza. Spetterà, poi, al Presidente del Consiglio, d’intesa con la Conferenza dei capigruppoe sentito il Sindaco o il Presidente della Provincia, procedere alla programmazione ecalendarizzazione delle varie sedute, sino ad esaurimento.In via di semplificazione, si potrebbe specificare che tutte le adunanze del Consigliosono sedute ordinarie o normali, con la conseguenza che le altre avrebbero la naturadi sedute straordinarie, convocate esclusivamente per la trattazione degli affari chesono oggetto della specifica richiesta di riunione; né potrebbe escludersi l’adunanzaconvocata d’urgenza, per deliberare su questioni indifferibili.

(1) VIRGA, La delegificazione della materia delle deliberazioni comunali, in Nuova rass., 2002, pag. 977, cheesamina la materia alla luce di alcuni regolamenti comunali (dei Comuni di Roma, Milano, Torino,Firenze).

La materia relativa al funzionamento del Consiglio comunale e provinciale, os-sia tutto quanto concerne le adunanze e le deliberazioni è stata delegificata edevoluta al regolamento che disciplina le sedute del Consiglio1.

Perché il Consiglio possa riunirsi è necessario che sussistano gli argomenti, og-getto di esame e discussione, è necessario, quindi, che si compili quel docu-mento tipico degli organi collegiali, pubblici e privati, che è denominato ordi-ne del giorno.

Orientamenti di giurisprudenza- è illegittimo l’ordine del giorno che reca per oggetto “progetto di piano di

fabbricazione, con annesso programma di fabbricazione”, mentre in realtàil Consiglio delibera “l’approvazione e l’adozione del nuovo regolamentoedilizio con annesso programma di fabbricazione”2;

- la norma di cui all’art. 293 t.u. com. prov. 1915 è dettata a presidio dello iusad officium di colui che è investito della carica di consigliere comunale e, per-tanto, solo quest’ultimo può censurare l’estraneità, rispetto all’ordine delgiorno della seduta consiliare, della questione posta in discussione3;

- è illegittima la deliberazione adottata dal Consiglio quando nell’avviso diconvocazione consegnato ad uno dei consiglieri è stata omessa l’indicazio-ne della data dell’adunanza e degli oggetti da trattare, a nulla rilevando chel’irregolarità dell’avviso sia dipesa da negligenza di un impiegato del Co-mune o a caso fortuito e che il consigliere irregolarmente convocato abbiaavuto la possibilità di conoscere la data e l’oggetto dell’assemblea, sia infor-mandosi direttamente presso la segreteria del Comune, sia esaminandol’avviso affisso all’albo pretorio4;

- è illegittimo l’ordine del giorno in cui l’identificazione degli argomenti dadibattere effettuata per relationem alle vicende di una precedente adunanza,in quanto la conoscenza degli oggetti da trattare non può basarsi sulla me-moria personale o a fonti di cognizione esterne ai consiglieri5.

(2) TAR Lombardia, Milano, 18 ottobre 1979, n. 818, in TAR, 1979, I, pag. 3801.(3) TAR. Molise, 17 dicembre 1983, n. 226, in TAR, 1983, I, pag. 668.(4) Consiglio di Stato, V, 24 febbraio 1962, n. 158, in Cons. St. , 1962, I, pag. 287.(5) TAR Lombardia, Milano, III, 9 febbraio 1991, n. 51, in TAR, 1991, I, pag. 1293.

11.2. L’ordine del giorno

232MANUALE DEL CONSIGLIERE

11.2.1. Rilevanza

L’importanza dell’ordine del giorno era indicata dall’art. 293 t.u. com. prov. 1915, secon-do il quale era vietato al Consiglio di deliberare e discutere proposte o questioni estra-nei all’oggetto della convocazione. Lo scopo della disposizione è evidente: quello diconsentire al consigliere di prepararsi e di documentarsi sull’affare che è in discussioneed evitare che possano prendersi decisioni affrettate e non congruamente ponderate. Anche se tale norma è stata abrogata dalla L. 142 (art. 64), essa era stata inserita neiregolamenti per le adunanze dei Consigli, ma anche in assenza si riteneva che la di-sposizione rientrasse tra quei principi generali del nostro ordinamento che regolanola vita degli organi collegiali e che sono operanti, anche in caso di loro non espressamenzione.

La preparazione dell’ordine del giorno è di competenza del Presidente delConsiglio (compreso il Sindaco che rivesta tale ufficio), in ciò coadiuvato, a se-conda delle scelte di ciascun ente, dalla conferenza dei capigruppi, ma l’ogget-to può essere determinato anche dalla stessa richiesta di convocazione, da par-te del Sindaco e del Presidente della Provincia o dei consiglieri o di coloro chesecondo la normativa statutaria ne abbiano titolo.

(6) Consiglio di Stato, Ad. plen., 28 ottobre 1980, n. 40, in Cons. St. , 1980, I, pag. 1284; TAR Lombar-dia, Milano, 6 maggio 1982, n. 305, in TAR, 1982, I, pag. 1990; TAR. Abruzzo, Pescara, 27 marzo 1991,n. 232, ivi , 1991, I, pag. 1892; Id., L’Aquila, 10 febbraio 1997, n. 42, ivi , 1997, I, pag. 1420; TAR. Vene-to, I, 30 aprile 1991, n. 343, ivi , 1991, I, èag. 2369; TAR. Calabria, Catanzaro, 1 settembre 1993, n. 752,ivi, 1993, I, pag. 4238.(7) È stato deciso che la disposizione secondo cui il Presidente del Consiglio deve assicurare adegua-ta e preventiva informazione ai gruppi consiliari ed ai singoli consiglieri, deve essere interpretata nelsenso che la documentazione deve essere messa a disposizione dei consiglieri nei locali degli ufficicomunali nei giorni antecedenti la data fissata per l’adunanza consigliare e non anche nel senso diimporre l’invio di copia della stessa presso l’abitazione dei consiglieri (TAR. Sardegna, 5 giugno2003, n. 689, in Foro amm. TAR, 2003, pag. 2100), fatta salva, ovviamente, diversa disposizione rego-lamentare. Sulla questione, cfr. ITALIA, Il consigliere non può chiedere che la delibera gli arrivi a casa, inIl Sole 24 Ore, 15 dicembre 2003.

233 11.2. L’ORDINE DEL GIORNO

È stato, tuttavia, ritenuto non generare illegittimità il fatto che un argomento non siastato preventivamente inserito all’ordine del giorno della riunione dell’organo colle-giale, quando alla seduta in cui è stata adottata la relativa deliberazione abbiano par-tecipato tutti i componenti e non vi sia stato dissenso sulla deliberazione stessa6. Maquesti casi sono, ora, rari da verificarsi, poiché, come presto vedremo, le proposte dideliberazione debbono essere corredate dei prescritti pareri e, quindi, predisposte concongruo anticipo.Inoltre, l’abrogato art. 292 t, u. com. prov. 1915 prescriveva l’obbligo del deposito del-le proposte di deliberazione almeno 24 ore prima della seduta, materia che è discipli-nata dall’art. 39, comma 4, D. Lgs. 267/2000, il quale dispone che il Presidente delConsiglio deve assicurare una adeguata e preventiva informazione ai gruppi consi-liari e ai singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al Consiglio7.La materia, da devolversi al regolamento, potrebbe essere così disciplinata:

- prevedere l’invio ad ogni consigliere di copia delle proposte di deliberazione,delle interrogazioni, delle mozioni, ecc., ossia degli oggetti iscritti all’ordine delgiorno, unitamente all’avvio di convocazione;

- di alcune proposte, i cui allegati raggiungono notevole dimensione, può essereprevisto il recapito ai soli capigruppo o l’informazione che possono essere esami-nati presso i competenti uffici, i cui responsabili sono facoltizzati ad illustrarli.

11.2.2. Redazione

In taluni casi, poi, è la stessa legge a stabilire le materie all’ordine del giorno: tipicoè il caso della prima seduta successiva alle elezioni. Non è escluso che lo statuto o ilregolamento stabiliscano che alcune adunanze siano dedicate, a cadenza periodica,alla discussione di determinati oggetti (programmi, bilanci, consuntivi ecc.).L’ordine del giorno ha lo scopo - come abbiamo rilevato - di far sì che i consiglieri sia-

LA CONVOCAZIONEDEL CONSIGLIO

(8) Cfr. Consiglio di Stato, Ad. gen., 22 ottobre 1959, n. 467, in Riv. amm., 1960, pag. 675; TAR Abruz-zo, L’Aquila, 7 maggio 1985, n. 192, in TAR., 1985, I, pag. 2367; TAR Veneto, 26 maggio 1986, n. 256,ivi, 1986, I, pag. 2279; TAR Lombardia, Milano, 21 gennaio 1981, n. 94, ivi, 1981, I, pag. 895; TAR. Ba-silicata, 27 febbraio 1988, n. 9, ivi, 1988, I, pag. 1335; TAR Lazio, II, 11 settembre 1990, n. 1625, ivi,1990, I, pag. 3417; TAR Toscana, II, 17 dicembre 1996, n. 773, ivi, 1997, I, pag. 616; TAR Calabria, Ca-tanzaro, 30 maggio 2001, n. 878, ivi, 2001, I, pag. 2566.

234MANUALE DEL CONSIGLIERE

no informati dei problemi che saranno trattati e, pertanto, deve essere formulato inmaniera chiara e con termini non ambigui, anche se in maniera sommaria8.La questione, unitamente a quella che non richiedeva la predisposizione di uno sche-ma di deliberazione, in quanto il contenuto del provvedimento poteva anche non es-sere preventivamente chiaro al proponente, deve, ora, essere correlato con l’art. 49 D.Lgs. 267/2000 che, richiedendo obbligatoriamente l’espressione di appositi pareri(tecnici e contabili) su ogni proposta di deliberazione, ha comportato una rilevante in-novazione. Infatti, i collegi amministrativi sono stati sempre caratterizzati dal principio della ora-lità. In conseguenza, l’oggetto, genericamente indicato all’ordine del giorno, si con-cretizzava nel suo contenuto proprio in seno al Consiglio, dove si perfezionava la de-liberazione nel suo assetto definitivo. Al segretario era affidato il compito di docu-mentare quanto era stato discusso ed approvato nell’adunanza e, quindi, quale con-tenuto aveva assunto l’oggetto proposto, in modo generico, all’ordine del giorno.Attualmente, poiché deve essere consentito ai responsabili dei servizi il parere dicompetenza, è necessario che le proposte di deliberazione siano concretamente for-malizzate in un documento scritto e sottoscritto dal proponente, ossia ciascun consi-gliere, il Sindaco, il quorum di cittadini, ecc., a seconda delle scelte statutarie. Pertanto, prima di essere sottoposte al Consiglio, cioè, prima di essere iscritte all’or-dine del giorno, le proposte di deliberazione devono, di norma, essere corredate deiprescritti pareri (la legge parla di inserimento dei pareri nella deliberazione, nel sen-so che costituiscono parte integrante della stessa). Nel caso in cui la proposta, inserita all’ordine del giorno non sia perfezionata e com-pleta dei pareri, il regolamento potrebbe dettare una disposizione che preveda il rin-vio della discussione ad una seduta successiva, quando vi sia la richiesta di un certonumero di consiglieri o di capigruppo.Può accadere che il Consiglio apporti alla proposta di deliberazione, corredata dai pa-reri di competenza, modificazioni o integrazioni al contenuto della proposta e, allora,prima della sottoposizione al voto, la proposta dovrebbe essere di nuovo corredatadei previsti pareri, a meno che in questi casi eccezionali si ammetta la votazione, consuccessiva integrazione dei pareri, i quali acquisterebbero effetto sanante, sempre chesiano pareri di segno positivo, poiché in caso di un solo parere negativo, la delibera-zione dovrebbe essere soggetta a nuova votazione.Nella preparazione dell’elenco degli oggetti da discutere nella seduta non è più in vi-gore la norma (art. 291 t.u. com. prov. 1915) che prestabiliva l’ordine di precedenzadelle proposte di deliberazione (autorità governativa, presidente e consiglieri per or-dine di presentazione), per cui è consentito ai regolamenti di disciplinare la materia.Se l’ordine del giorno è già stato notificato ai consiglieri è possibile presentare nuoveproposte in aggiunta a quelle iscritte nell’ordine del giorno di una determinata sedu-ta (elenco suppletivo), ma in tale caso, per poter essere discusse debbono essere co-municate con avviso a tutti i consiglieri ventiquattro ore prima dell’adunanza (art.125, comma quinto, t.u. com.prov. 1915), compresa quella di seconda convocazione

Forma scritta per le proposte

(9) MAGGIORA, Lineamenti di diritto municipale, Firenze, 1988, pag. 289. (10) ALFIERI, L’ordine del giorno delle sedute consiliari, in Amm. it. , 1952, pag. 565.

235 11.3. LA CONVOCAZIONE AD INIZIATIVA DEL PRESIDENTE

(art. 127, comma secondo, t.u. com. prov.1915). Infine, era prevista la possibilità per lamaggioranza dei consiglieri di richiedere che ogni deliberazione, iscritta nell’elencoaggiuntivo, potesse essere differita al giorno seguente (art. 125, comma quarto, t.u.com. prov. 1915).Tutta la materia che abbiamo or ora esaminato, in ordine alla possibilità di redigerel’elenco suppletivo, deve essere disciplinata da ciascun regolamento sul funziona-mento del Consiglio, a seguito dell’abrogazione della legislazione che la disciplinava,la quale resta, tuttavia, in vigore sino all’adozione del regolamento (art. 273, comma6, D.Lgs. 267/2000).Discorso analogo va fatto a proposito della pubblicazione dell’ordine del giorno al-l’albo pretorio a cura e sotto la responsabilità del segretario (art. 125, ultimo comma,aggiunto dall’art. 61 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 2839), al fine di consentire alla citta-dinanza la partecipazione alle sedute del Consiglio. La materia resta disciplinata dal-l’art. 125, fino a quando non sia data nuova normativa da parte del regolamento. Ad uguale scopo di pubblicità-notizia risponde la prassi, adottata da talune ammini-strazioni comunali, che curano, oltre all’affissione all’albo pretorio, anche la pubblica-zione in altri luoghi pubblici, di manifesti, recanti l’avviso di convocazione, con an-nesso ordine del giorno9.Tuttavia, qualora sia prevista, la mancata pubblicazione non influisce sulla validitàdelle deliberazioni assunte, salva restando la responsabilità disciplinare di chi dove-va curarne la pubblicazione10.

Infatti, mentre il primo spetta, oltre che al Presidente del Consiglio (art. 50, comma 2,D. Lgs. 267/2000), al Sindaco o il Presidente della Provincia ed al quinto dei consiglie-ri (art. 39, comma 2) e agli altri organi ai quali lo statuto abbia conferito analogo po-tere di iniziativa (come i Consigli circoscrizionali, le frazioni), la redazione dell’atto diconvocazione è di esclusiva attribuzione del Presidente del Consiglio (art. 39, comma1, secondo periodo).La competenza del Presidente del Consiglio gli deriva, oltre che dalla legge, anchedal potere che è riconosciuto in capo a tutti coloro che presiedono organi collegiali. Al Presidente spetta, quindi, il compito di fissare il giorno, ora e luogo della riunio-ne e di compilare l’ordine del giorno, sulla base delle proposte di deliberazione chegli pervengono dal Sindaco (in qualità di presidente della Giunta), dai singoli consi-glieri o dagli organi ai quali lo statuto abbia riconosciuto tale potere propositivo (as-sessori, Consigli circoscrizionali, frazioni, un certo numero di cittadini) e delle inter-rogazioni, interpellanze e mozioni presentate dai consiglieri, e dai titolari dei diritti dipartecipazione.

11.3. La convocazione ad iniziativa del Presidente

In tema di determinazione del procedimento di convocazione del Consiglio,occorre distinguere tra atto di iniziativa, diretto alla convocazione del Consi-glio, ed atto di convocazione, redatto per riunire concretamente il Consiglio.

LA CONVOCAZIONEDEL CONSIGLIO

Non è escluso, anzi è perfettamente legittimo, che il potere di iniziativa sia esercitatodallo stesso Presidente, che intende sottoporre al Consiglio quegli oggetti che rientra-no nelle sue prerogative di rappresentante del Consiglio, come le proposte dei rego-lamenti, che sono espressione della potestà esclusiva del collegio (tali i regolamentiper le adunanze del Consiglio, i regolamenti di partecipazione, sull’accesso, ecc.) ov-vero dispone apposite riunioni per la trattazione di taluni affari di portata generale,eventualmente concordate con il Sindaco ed i capigruppo consiliari.Il regolamento, cui spetta stabilire “le modalità della convocazione” (art. 38, comma1) preciserà il termine entro il quale il Presidente, ricevuta la richiesta, deve fissare ladata della convocazione ed il termine, decorrente da tale data, entro il quale procede-re alla notificazione degli avvisi di convocazione.L’atto con il quale il Presidente ordina la convocazione del Consiglio (detto “avvisodi convocazione”) può assumere la forma del decreto, dell’ordinanza, della delibera-zione o della determinazione ed è bene che sia adottato con l’assistenza del segreta-rio comunale, il quale deve essere informato della prossima riunione consiliare e de-ve curare che l’ordine del giorno, che è un allegato dell’avviso di convocazione, siapubblicato all’albo pretorio almeno il giorno precedente a quello stabilito per l’adu-nanza.

Costituisce un principio consolidato dell’ordinamento degli enti collegiali la facoltà diautoconvocazione, che è affidata agli stessi componenti dell’assemblea, al fine di sol-lecitare il presidente del collegio a convocare l’organo per la discussione di questionidi rilevante interesse, che il Presidente stesso non ha avuto l’avvertenza o l’opportu-nità di valutare nella loro rilevanza.È per questi motivi che la legge dispone un termine entro il quale il Consiglio deveessere convocato dal Presidente, termine che è fissato in venti giorni, entro i quali èda ritenere che debbano comprendersi le operazioni di convocazione e di riunione, inquanto la norma dispone che il Presidente “è tenuto a riunire” (non semplicemente aconvocare) il Consiglio (art. 39, comma 2).Il termine, che decorre dal giorno in cui perviene alla segreteria (ed è protocollato),non è considerato perentorio, “tant’è che l’inosservanza può determinare l’interven-to - previa diffida - del Prefetto”, di cui al comma 5 dell’art. 3911.L’istanza per la convocazione straordinaria del Consiglio è indirizzata al Presidentedel Consiglio, con atto sottoscritto dal quinto dei consiglieri, percentuale che deveintendersi ragguagliata a quelli in carica, in quanto la legge, quando ha voluto rife-rirsi ai consiglieri assegnati lo ha fatto espressamente. Tuttavia, il regolamento potrebbe prescrivere che il computo debba essere effettuatosui consiglieri assegnati ed in tale caso si aggraverebbe la posizione della minoranza,in contrasto con l’indirizzo assunto dal legislatore, che ha inteso tutelarla.Inoltre, occorre stabilire se nel computo debba essere incluso il Sindaco o il Presiden-te della Provincia, che è considerato consigliere, ma anche in questo caso si danneg-gerebbe la minoranza, come nel caso in cui si disponesse l’eventuale arrotondamen-to per eccesso, tenuto conto che il computo verrebbe effettuato su un numero disparidi consiglieri.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 236

Termine

11.4. La convocazione del Consiglio su richiesta del quinto dei consiglieri

(11) GIOVENCO-ROMANO, L’ordinamento comunale, cit., pag. 544.

Sono da ritenere preferibili quelle soluzioni che sono favorevoli alla minoranza, tenu-to presente che la disposizione è stata dettata a sua tutela.La domanda deve contenere l’oggetto o gli oggetti specifici di cui si chiede la discus-sione e che costituiscono il contenuto dell’ordine del giorno; infatti, il Presidente è te-nuto a convocare il Consiglio, nei prescritti termini “inserendo all’ordine del giornole questioni richieste”.Molto dibattuto è il problema relativo alla sindacabilità o meno, da parte del Presi-dente del Consiglio, dei motivi che determinano i consiglieri a chiedere la convoca-zione. Premesso che il Presidente non ha, in merito, alcun potere di valutare discre-zionalmente la domanda, deve, tuttavia, riconoscersi allo stesso la facoltà di giudica-re sulla congruità dei motivi addotti a sostegno dell’istanza e respingerla, con ade-guata motivazione, quando l’iniziativa dei consiglieri sia diretta “a scopi diversi daquello per il quale è ammessa”12.La dizione legislativa che parla di “questioni”, e non di deliberazioni o atti fondamen-tali, di cui all’art. 42 D. Lgs. 267/2000, fa ritenere che oggetto della convocazione pos-sano essere anche questioni, urgenti ed improrogabili, sostanziantesi in interpellanze,interrogazioni e mozioni.

Questa ipotesi ricorre nelle Province, nei Comuni con più di 15.000 abitanti e nei Co-muni con popolazione inferiore a tale soglia (nei quali è stato eletto il Presidente delConsiglio e quindi il Sindaco non ha il potere di convocare il Consiglio). Qualora, quindi, il capo dell’amministrazione avverta la necessità di convocare in viastraordinaria il Consiglio per discutere su particolari e pressanti questioni ed il Presi-dente del Consiglio non ritenga opportuno procedere in merito, è concesso al Sinda-co o al Presidente della Provincia di ricorrere allo stesso rimedio, che la legge pone afavore del quinto dei consiglieri. Infatti, egli può presentare istanza al Presidente delConsiglio comunale, il quale è tenuto a riunire il collegio in un termine non inferiorea venti giorni, inserendo all’ordine del giorno le questioni richieste (art. 39, comma 2,D.Lgs. 267/2000).Anche in questa ipotesi si pone il problema della sindacabilità, da parte del Presiden-te del Consiglio, dei motivi posti dal Sindaco o dal Presidente della Provincia nella ri-chiesta di convocazione del Consiglio, problema che abbiamo esaminato nel paragra-fo che precede, al quale si rinvia.

11.6. POTERI SURROGATORI DEL PREFETTO237

LA CONVOCAZIONEDEL CONSIGLIO

11.5. La convocazione del Consiglio su “richiesta” del Sindaco o del Presidente della Provincia

(12) SINISCALCO, Rifiuto da parte della Giunta di riunire il Consiglio comunale su domanda di un terzo deiconsiglieri, in Riv .it. dir. e proc.pen., 1966, pag. cfr., inoltre, SANVITI, Note sulla sindacabilità della richie-

11.6. Poteri surrogatori del Prefetto

Sotto la vigenza della abrogata legislazione era riconosciuto in capo al Prefet-to il potere di “ordinare, d’ufficio, adunanze dei Consigli comunali per deliberare so-pra determinati oggetti da indicarsi nel relativo decreto” (art. 124, ultimo comma,t.u. com. prov. 1915, su cui cfr. sent. 90 del 1970 della Corte costituzionale, chevi aveva raffigurato un potere autonomo, non sostitutivo).

Attualmente, l’art. 39, comma 5, D. Lgs. 267/2000 dispone che “in caso di inosservanzadegli obblighi di convocazione del Consiglio, previa diffida, provvede il Prefetto”. Si tratta, co-me è dato rilevare, di un potere esercitato in surrogazione di un organo inadempien-te (nella specie, il Presidente del Consiglio o il Sindaco) e, pertanto, espressione di uncontrollo sostitutivo che è di competenza della Regione, che lo esercita nel rispettodei principi indicati dalla Corte costituzionale e che non rientra nelle fattispecie indi-cate dall’art. 120, comma secondo Cost. Di qui la illegittimità costituzionale della di-sposizione, che si appalesa invasiva dell’autonomia degli enti locali.La questione sarà risolta dal legislatore regionale, trattandosi di materia riservata al-la sua esclusiva competenza.

Può accadere che il Consiglio, nonostante la convocazione non provveda, per varimotivi, ad adempiere agli obblighi di legge (redigere un parere, approvare un inter-vento finanziario a favore di determinate categorie sociali, ecc.) ed allora il legislato-re stabilisce i rimedi del caso.In via generale, era previsto l’intervento del difensore civico regionale, ove costituito,ovvero del Comitato regionale di controllo, che invitava il Consiglio (ossia il Presi-dente) a provvedere entro un congruo termine, trascorso il quale, senza che il Consi-glio vi adempisse, l’organo di controllo nominava un commissario affinché procedes-se agli adempimenti di legge, entro sessanta giorni dal conferimento dell’incarico (art.136 D. Lgs. 267/2000).Questo articolo non è più applicabile, per cui si rinvia alla normativa che sarà detta-ta da ciascuna Regione, relativamente all’esercizio del potere sostitutivo.In sede di approvazione del bilancio è stabilita una speciale procedura che abbiamoillustrato, in occasione dell’elencazione delle cause di scioglimento del Consiglio e adessa si rinvia.Può anche accadere che il Consiglio sia nell’impossibilità di deliberare, non per negli-genza, ma per la presenza di oggettive cause ostative, come nell’eventualità in cui lamaggioranza dei consiglieri sia obbligata ad astenersi dal prendere parte alla discus-sione ed alla votazione di un determinato oggetto. In materia esistono due norme, che disciplinano la materia: l’art. 19, comma quinto,t.u. com. prov. 1934, che facoltizza il Prefetto ad inviare commissari presso le ammi-nistrazioni degli enti locali, per compiere in caso di ritardo o di omissione da partedegli organi ordinari, previamente e tempestivamente invitati a provvedere, atti ob-bligatori per legge ed il citato art. 136 citato, che, come rilevato, dettava una normati-va analoga a quella or ora descritta. Tenuto conto che ci troviamo in presenza di un potere sostitutivo e come tale inqua-drabile nelle competenze della Regione, a questa deve attribuirsi la competenza, an-che in considerazione del fatto che l’art. 273, comma 5, D. Lgs. 267/2000 limita la vi-genza dell’art. 19 “per la parte compatibile con l’ordinamento vigente”, compatibilità chenon ricorre - a nostro avviso - nella fattispecie in esame.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 238

sta di convocazione del Consiglio comunale avanzata dalla terza parte dei consiglieri, in Riv. trim .dir. pubbl.,1969, pag. TAR Piemonte, II, 24, aprile 1996, n. 266, in TAR , 1996, I, pag. secondo il quale sarebbeprecluso al Presidente del Consiglio, assistito dalla conferenza dei capigruppo, verificare la legalitàdella convocazione e l’ammissibilità delle questioni da trattare, salvo che non si tratti di oggetto che,in quanto illecito, impossibile o per legge manifestamente estraneo alle competenze dell’assemblea,in nessun caso potrebbe essere posto all’ordine del giorno.

11.7. Poteri surrogatori della Regione

Inapplicabilitàdell’art. 136 Tuel

12.1. Contenuto dell’avviso di convocazione

12. Compilazione e consegna dell’avviso di convocazione

L’avviso di convocazione deve contenere alcuni elementi, parte obbligatori, parte fa-coltativi.

A tale regola può farsi eccezione soltanto in casi speciali e per gravi giustificati moti-vi di ordine pubblico o di forza maggiore e previo avviso ai cittadini1. Non sono con-siderati gravi e giustificati motivi i timori manifestati dai consiglieri delle frazioni co-stituenti la maggioranza del Consiglio, di essere fatti segno a beffe ed insulti da par-te della popolazione del capoluogo2. Lo statuto o il regolamento possono stabilire:

- i casi eccezionali in cui si dispone la riunione del Consiglio fuori dei locali dellasede, ma comunque nel territorio comunale, come nel caso di discussione di pro-getti interessanti una particolare zona o comunità;

- se si tratta di sessione ordinaria, straordinaria urgente. Non è da ritenere necessa-ria l’indicazione dei motivi dell’urgenza, i quali sono già stati valutati e specifica-ti nell’atto di convocazione (decreto, ordinanza, ecc. del Presidente del Consiglio)e possono risultare dal carattere del provvedimento che deve essere adottato3. Per-tanto, legittimati a dolersi del carattere d’urgenza possono essere solo i consiglie-ri comunali, a presidio del cui diritto ad intervenire alla seduta consiliare sulla ba-se di un sufficiente ed adeguato esame preliminare delle questione da discutere èposta la norma di cui all’art. 125 t.u. com. prov. 19154;

- se la seduta è di prima o di seconda convocazione ;

(1) Consiglio di Stato, IV parere 23 ottobre 1925, in Riv. amm., 1926, pag. 81.(2) Consiglio di Stato, IV parere 12 aprile 1912, in Riv. amm., 1912, pag. 560.(3) Consiglio di Stato, IV, 15 gennaio 1965, n. 36, in Corr. Amm., 1965, pag. 2380; TAR Lombardia, Mi-lano, II, 30 maggio 1986, n. 149, in TAR, 1986, I, pag. 2217; TAR Campania, Napoli, 16 febbraio 1988,n. 65, ivi, 1988, I, pag. 1295; TAR Basilicata, 28 ottobre 1993, n. 367, ivi, 1993, I, pag. 4779.(4) Consiglio di Stato, IV, 24 giugno 2003, n. 3818, in Foro amm. CDS, 2003, pag. 1866.

L’avviso deve contenere- il giorno della riunione;- l’ ora e il luogo della riunione. Il luogo è di regola la casa comunale, ossial’edificio in cui sono allocati gli organi istituzionali dell’ente.

I casi regolati da Statuto o regolamento

- l’elenco degli oggetti da trattarsi (ordine del giorno);- la data;- la sottoscrizione.

Possono, facoltativamente indicarsi:- ad iniziativa di chi è convocato il Consiglio5;- gli oggetti che devono essere discussi in seduta segreta6; - la specificazione dei motivi d’urgenza (su cui ved. sopra);- l’indicazione della continuazione delle sedute nei giorni successivi, sino ad esau-

rimento dell’ordine del giorno7.

L’elenco suppletorio, contenente l’aggiunta di nuovi oggetti da trattare, deve essereconsegnato, con avviso scritto e con le modalità sopra descritte, almeno ventiquattroore prima dell’adunanza; anche in questa ipotesi la maggioranza dei consiglieri puòdifferire la deliberazione di tutti o di alcuni degli oggetti aggiunti al giorno successi-vo (art. 125, comma quinto, t.u. com. prov. 1915)8.A questi termini potranno ispirarsi i regolamenti, tenendo presente che occorre evita-re i dubbi che sussistevano in ordine al computo del tempo che deve trascorrere dalgiorno della comunicazione dell’avviso (dies a quo) a quello della riunione ( dies adquem). Si potranno operare le seguenti scelte:

1) considerare i giorni liberi, ossia non computare il giorno iniziale e quello finale,cosicché se la seduta deve tenersi il 15 del mese e l’avviso deve essere comunica-to almeno cinque giorni prima, la notificazione va effettuata prima del 99;

2) non computare il solo dies a quo o il solo dies ad quem, specificando la scelta ope-rata, con una disposizione chiara ed univoca, che sciolga ogni incertezza.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 240

12.2. Termini di consegna dell’avviso di convocazione

L’avviso di convocazione, con annesso elenco degli oggetti da trattarsi (ordinedel giorno), deve essere consegnato ai consiglieri, nel rispetto dei seguenti ter-mini (art. 125, commi terzo e quarto, t.u. com. prov. 1915), conservato in vigoresino alla nuova disciplina, ai sensi dell’art. 273, comma 6, D.Lgs. 267 del 2000:

- almeno cinque giorni prima di quello stabilito per la prima adunanza, qua-lora si tratti di sessioni ordinarie;

- almeno tre giorni prima di quello stabilito per la prima adunanza, qualorasi tratti di sessioni straordinarie ;

- almeno ventiquattro ore prima dell’adunanza, per i casi d’ urgenza, ma inquesto caso ogni deliberazione può essere differita al giorno seguente, qua-lora la maggioranza dei consiglieri presenti lo richieda.

(5) PRNCIVALLE, ‘Gli organi elettivi del Comune e della Provincia, Firenze, vol. II, 1985, vol. II, pag. 78.(6) PRINCIVALLE, op. loc. ult. cit. (7) PRINCIVALLE, op. loc. ult. cit. (8) Il mancato rispetto dei termini di comunicazione dell’elenco integrativo comporta l’illegittimità del-le deliberazione assunte (TAR Lazio, Latina, 16 ottobre 2007, n. 855, in Foto amm. TAR, 2007, pag. 3168).(9) Cfr., TAR Campania, Salerno, II, 26 giugno 2003, n. 744, in Foro amm. TAR, 2003, pag. 2054, che,nel definire la natura del “termine libero”, da calcolare senza considerare il giorno iniziale né quellofinale, ritiene non illogico, né vessatorio, ma corrispondente al parametro desumibile dall’art. 125, ilregolamento comunale che richieda il rispetto del termine libero. Con la stessa decisione il TAR con-sidera applicabile alla asserita irrituale convocazione della seduta di un organo collegiale, l’istituto

La consegna dell’avviso di convocazione è fatta al domicilio del consigliere, da partedel messo comunale o provinciale, che deve compilare dichiarazione dell’avvenutaconsegna (art. 125, comma primo e secondo, t.u. com. prov. 1915). La parola “domici-lio” non va intesa nel senso rigidamente civilistico (art. 43 cod. civ., secondo il qualeil domicilio è il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affaried interessi), ma in senso lato, comprensiva sia della residenza, sia della dimora abi-tuale, sia del domicilio legale o del semplice recapito.

12.3. MODALITÀ DELLA CONSEGNA241

COMPILAZIONEE CONSEGNA

DELL’AVVISO DICONVOCAZIONE

12.3. Modalità della consegna

Orientamenti di giurisprudenzaSecondo la prevalente giurisprudenza, la notificazione dell’avviso da parte delmesso comunale non deve necessariamente avvenire in forma giudiziaria10,per cui è stato ritenuto:- che, non dovendosi notificare l’avviso nelle forme degli atti giudiziari, non è

necessario che sia consegnato, in assenza del consigliere, a persona col mede-simo convivente, bastando la consegna al domicilio dell’interessato11; per con-tro, è stata ritenuta irrituale ed inefficace la convocazione effettuata alla ma-dre non convivente, ancorché nell’abitazione di costei adiacente a quella delconsigliere, con ingressi separati insistenti su vie diverse, non potendosi pre-sumere lo stato di comunanza di vita, con contatti quotidiani e continuativiche giustificano e legittimano la notifica al familiare convivente; né il vizio èsanato dalla prassi consolidata e dalla circostanza che ad altre sedute consilia-ri l’interessato si sia presentato regolarmente, ancorché così convocato12;

- che la consegna dell’avviso di convocazione è stata validamente effettuata al-la cognata del consigliere, abitante nel medesimo stabile13;

- che l’obbligo della consegna deve ritenersi osservato quando il messo comu-nale, recatosi presso il recapito del consigliere, non abbia potuto effettuare laconsegna per assenza del destinatario e dei familiari, tenuto conto della con-testuale pubblicazione all’albo pretorio dell’avviso medesimo14;

- che la consegna dell’avviso scritto di convocazione effettuata dal messo co-munale nel luogo ove il consigliere lavora, anziché presso l’abitazione, non in-ficia la regolarità della notifica, in quanto, ai sensi dell’art. 43 cod. civ., il do-micilio è nel luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale degli affaried interessi e, inoltre, - utilizzando la nozione desumibile dall’art. 139 stessocodice - il domicilio, quando non coincida con l’abitazione, è il luogo in cui lapersona ha l’ufficio o esercita l’industria o il commercio15.

della convalida, atteso che non può disconoscersi alla p.a. la facoltà di convalidare i propri atti affet-ti da vizi di legittimità, con l’emanazione di un provvedimento nuovo ed autonomo rispetto al pre-cedente da convalidare, di carattere costitutivo.(10) TAR Abruzzo, L’Aquila, 15 luglio 1994, n. 499, in TAR , 1994, I, pag. 3239; TAR Lazio, Latina, 12marzo 1997, n. 221, ivi , 1997, I, pag. 1267; TAR Liguria, I, 11 luglio 1997, n. 301, ivi , 1997, I, pag. 3122.(11) TAR Campania, Salerno, 9 marzo 1983, n. 117, in TAR , 1983, I, pag. 1677.(12) TAR Puglia, Lecce, 1 ottobre 1987, n. 936, in TAR, 1987, I, pag. 4276, che applica alla consegnadell’avviso di convocazione i principi della notificazione degli atti giudiziari, principi ritenuti nonapplicabili dalla prevalente giurisprudenza.(13) TAR Lombardia, Brescia, 15 maggio 1987, n. 470, in TAR, 1987, I, pag. 2375.(14) TAR Basilicata, 28 ottobre 1993, n. 367, in TAR, 1993, I, pag. 4779.(15) TAR. Sardegna, 21 marzo 1992, n. 275, in TAR, 1992, I, pag. 2357.

La consegna non riveste particolare rilevanza nei confronti dei consiglieri residentinel Comune, che è l’ipotesi contemplata dalla legge; se, invece, il consigliere è domi-ciliato in altro Comune, si ritiene che il consigliere debba eleggere domicilio nel Co-mune al cui Consiglio appartiene, affinché al domicilio eletto, vengano effettuate lecomunicazioni che lo riguardano16.In assenza di elezione di domicilio, la consegna può essere fatta, secondo quanto di-sponeva l’abrogato art. 273 t.u. com. prov. 1934, dal messo comunale del Comune diresidenza del consigliere, al quale sarà pervenuta richiesta di notificazione, oppure conla notificazione a mezzo del servizio postale (raccomandata con ricevuta di ritorno).La consegna può essere fatta in qualunque ora del giorno, in quanto, non trattando-si di notifica di atti giudiziari, non sussiste l’obbligo di osservare l’orario stabilito dalcodice di procedura civile17. Non è da considerarsi obbligatoria, oltre alla indicazionedella data, anche quella dell’ora della notificazione18.Occorre, inoltre, precisare che l’art. 125, nel disporre che la consegna dell’avviso diconvocazione debba avvenire nel domicilio dei consiglieri interessati, tramite il mes-so, il quale deve farne dichiarazione, non richiede espressamente la contestuale di-chiarazione del messo19.In questa materia, ci troviamo in presenza di elementi del procedimento collegiale(convocazione, ordine del giorno, avviso) che costituiscono semplici fatti di legittima-zione per adunarsi, per cui è da ritenere che, qualora il collegio si riunisca in numerolegale, i vizi dell’avviso o della convocazione “dovrebbero ritenersi sanati in base alprincipio del raggiungimento dello scopo”20. Tuttavia, la giurisprudenza è, al riguar-do, molto rigida, richiedendo per la sanatoria la presenza di tutti i consiglieri, senzache abbiano sollevato obiezioni21. Pertanto, è stato rilevato che la convocazione di un componente di un organo colle-giale effettuata tardivamente (nella specie, il giorno stesso fissato per l’adunanza)comporta, ove l’interessato risulti in fatto assente dalla seduta, l’illegittimità delle de-liberazioni adottate, a nulla rilevando in contrario la regolarità del quorum struttura-le e di quello funzionale22. Inoltre, è da considerarsi illegittima, per irregolarità della convocazione, la delibera-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 242

Casistica

Vizi dell’avviso

(16) MAZZOCCOLO, La nuova legge comunale e provinciale, Milano, 1901, pag. 290; cfr. Consiglio diStato, V, 10 giugno 1950, n. 733, in Cons. St. , 1950, I, pag. 616, che ha ritenuto osservato l’obbligo del-la notificazione nel caso in cui, avendo un consigliere comunale domicilio in altro Comune, ma an-che recapito nel Comune in cui è consigliere, il messo si rechi presso questo recapito e non possa ef-fettuare la consegna dell’avviso per l’assenza del destinatario e di ogni suo familiare. (17) STRANGES, La convocazione del Consiglio comunale (consegna degli avvisi e termini, in Corr. amm.,1952, pag. 1542. L’art. 147 c.p.c. dispone che le notificazioni non possono farsi dal 1 ottobre al 31 mar-zo prima delle ore 7 e dopo le ore 19, dal 1 aprile al 30 settembre prima delle ore 6 e dopo le ore 20.(18) Cass.civ., sez. trib., 7 ottobre 2002, n. 14342, in Cons. St., 2003, II, pag. 14.(19) Consiglio di Stato, V, 25 marzo 1966, n. 508, in COSSU, Rassegna di giurisprudenza sulla legge co-munale e provinciale, Milano, 1983, pag. 411.(20) GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1970, vol. II, pag. 856; NASUTI, Questioni in tema diordine del giorno nelle sedute degli enti locali minori, in Enc. dei Comuni, 1978, fasc. 31-313, col. 16 e spec.col. 19; TAR Puglia, Bari, I, 19 agosto 1991, n. 346, cit.(21) Consiglio di Stato, IV, 11 dicembre 1981, n. 1063, in Cons. St., 1981, I, pag. 1403; Cons. giust. amm.sic., 29 dicembre 1989, n. 509, ivi, 1989, I, pag. 1612; TAR Lombardia, Milano, III, 9 febbraio 1991, n.51, in TAR, 1991, I, 1293; TAR Lazio, Latina, 16 ottobre 1991, n. 791, ivi, 1991, I, pag. 3830.(22) Consiglio di Stato, V, 15 gennaio 1983, n. 31, in Cons. St. , 1983, I, pag. 28.

zione adottata dal Consiglio comunale in assenza di uno dei suoi componenti, ove ri-sulti che al medesimo non sia stato notificato, nel suo domicilio, l’invito a partecipa-re alla seduta stessa23. Né è da ritenere applicabile la c.d. prova di resistenza, consi-stente nella dimostrazione che la deliberazione sarebbe stata egualmente adottata conl’espressione del voto contrario del consigliere assente, quando sia lo stesso consiglie-re, illegittimamente convocato, a far valere la lesione del suo ius ad officium, per di piùnel caso in cui trattandosi di un organo elettivo, sia sostanzialmente impedito l’esple-tamento del mandato24.È da ritenere possibile la notificazione dell’avviso di convocazione in via telematica,in conformità all’art. 14 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, a condizione che il consi-gliere ne abbia fatta espressa richiesta, comunicando il proprio indirizzo elettronico eche il regolamento disciplini le modalità che assicurino l’avvenuta consegna.L’ordine del giorno va pure comunicato agli assessori esterni, che non rivestono laqualità di consiglieri, ma che debbono partecipare alle sedute del Consiglio, per illu-strare i provvedimenti di cui siano relatori. È da ritenere che il regolamento debba disciplinare questa fattispecie, anche se debbaescludersi che la mancata convocazione dell’assessore sia causa di illegittimità delladeliberazione assunta o respinta, in sua assenza, non rivestendo l’assessore, comeprecisato, la carica di consigliere25. Parimenti l’avviso di convocazione deve essere comunicato ai revisori dei conti, qua-lora lo statuto od il regolamento prescrivano la loro presenza a talune adunanze delConsiglio.

12.4.1. Rilevanza La seduta di seconda convocazione, che è prevista nell’ordinamento di tutti gli or-gani collegiali, pubblici e privati (cfr. art. 2369 codice civile) risponde, oltre allo sco-po di assicurare la continuità dell’amministrazione, anche a quello di garantire i di-ritti della maggioranza e della minoranza. Infatti, può accadere che sia la maggioran-za sia la minoranza facciano mancare il numero legale, per non affrontare la discus-sione di particolari problemi, per cui con il prevedere una seduta a ranghi ridotti, sievita il ricorso a tale mezzo ostruzionistico e le questioni non possono essere procra-stinate. L’importanza del rimedio è sottolineato dallo stesso testo unico, che conser-va in vigore – fino a quando non sarà data apposita normativa statutaria e regola-mentare - l’art. 127 t.u. com. prov. 1915, il cui secondo comma stabilisce che il Con-siglio comunale si raduna legalmente in seconda convocazione con la presenza di al-meno quattro consiglieri, qualunque sia la composizione del Consiglio; per il Consi-glio provinciale è sufficiente l’intervento di almeno il terzo dei consiglieri (art. 238t.u. com. prov. 1915).In argomento, occorre richiamare quanto disposto dall’art. 38, comma 2, D.Lgs.267/2000, il quale dispone che “il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri ne-

12.4. LA SEDUTA DI SECONDA CONVOCAZIONE243

COMPILAZIONEE CONSEGNA

DELL’AVVISO DICONVOCAZIONE

(23) Consiglio di Stato, V, 17 ottobre 1969, n. 1044, in Cons. St., 1969, I, pag. 1665.(24) TAR Puglia, Lecce, 1 ottobre 1987, n. 936, in TAR , 1987, I, pag. 4276.(25) Cfr. TAR Sicilia, Catania, 19 febbraio 1996, n. 189, in TAR, 1996, I, pag. 1662, con riguardo all’or-dinamento degli enti locali siciliani.

12.4. La seduta di seconda convocazione

(26) Cfr. TAR Campania, Salerno, 6 dicembre 1983, n. 707, in TAR, 1984, I, pag. 690; Id., 12 dicembre1985, n. 397, ivi, 1986, pag. 736, secondo il quale si ha diserzione rilevante ai fini della seconda con-vocazione, nel caso di abbandono dell’aula in corso di seduta ritualmente iniziata.(27) TAR. Campania, 13 giugno 1979, n. 188, in TAR, 1979, I, pag. 2862.

244MANUALE DEL CONSIGLIERE

cessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza dialmeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all’ente, senza computare a tale fine il Sin-daco e il Presidente della Provincia”.Sembra che la disposizione, nel richiamare il numero ridotto sufficiente per la legali-tà delle sedute consiliari, abbia voluto riferirsi alle sedute di seconda convocazione.Infatti, essa dispone che - ferma restando la facoltà per ciascun ente di indicare il nu-mero necessario dei consiglieri che deve essere presente per rendere valida, in vianormale, l’adunanza (quella c.d. di prima convocazione) - in ogni altro caso, ossia neicasi eccezionali, vi deve essere la presenza del terzo dei consiglieri assegnati, senzacomputare il Sindaco o il Presidente della Provincia.Si tratta di una disposizione di non precisa formulazione, in quanto sembrerebbe cheil terzo dei consiglieri possa essere considerato anche come limite per la determina-zione del numero legale per la prima convocazione, il che frustrerebbe la necessitàdella seduta di seconda convocazione, considerato che il terzo è già un numero ridot-to. Infatti, era lo stesso numero minimo previsto per le sedute di seconda convocazio-ne del Consiglio provinciale. La soluzione sarà data dal regolamento, con l’avvertenza che, sino a nuova discipli-na, trova tuttora applicazione quella di cui all’art. 127 t.u. com. prov. 1915, che pre-scrive, per la validità della seduta la presenza di quattro membri (art. 273, comma 6).

12.4.2. Presupposti

Tenuto conto che nella seduta di prima convocazione gli oggetti possono essere rin-viati oppure discussi ma non deliberati, per questi oggetti non si avrà seduta di se-conda convocazione, mentre si avrà seduta di seconda convocazione per il caso in cuisi sia verificato il venir meno del numero legale in corso della seduta26.La fissazione della seduta di seconda convocazione è di competenza del Presidentedel Consiglio, che può comunicare la data della seconda convocazione contempora-neamente alla consegna dell’avviso della seduta di prima convocazione, ma in tale ca-so l’avviso della seconda convocazione va rinnovato ai soli consiglieri non intervenu-ti alla prima, in quanto costoro non sono al corrente del fatto che l’ordine del giornonon è stato esaurito e che si terrà una nuova seduta27.

La seduta di seconda convocazione ha per presupposto una precedente sedutanon tenutasi per mancanza del numero legale e la trattazione dei medesimioggetti che si sarebbero dovuti discutere e deliberare nella precedente adunan-za andata deserta, per mancanza del numero legale, come efficacemente dispo-neva l’abrogato art. 50, secondo comma, reg. com. prov. 1911.

(28) TOMIROTTI, Cenni sulle adunanze consiliari di seconda convocazione, in Amm. it. , 1970, pag. 1042.È stato deciso che la mancanza dell’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo della seconda convo-cazione è motivo di irregolarità meramente formale che non inficia la deliberazione adottata, perchéla seduta contestata, proprio per la sua natura, si configura come “eventuale”, diventando necessa-ria solo successivamente (TAR Abruzzo, L’Aquila, 4 dicembre 2003, n. 998, in Foro amm. TAR, 2003,èag. 2578).

245 12.4. LA SEDUTA DI SECONDA CONVOCAZIONE

Il secondo comma dell’art. 127 citato prevede l’ipotesi in cui nell’avviso di secondaconvocazione siano introdotte nuove proposte, le quali non erano nell’ordine delgiorno di prima convocazione e la risolve disponendo che le stesse proposte non pos-sano essere deliberate se non ventiquattro ore dopo averne dato avviso a tutti i con-siglieri. Premesso che - come abbiamo visto - per gli oggetti aggiunti la seduta è di prima con-vocazione, ci si domanda se, nel silenzio dell’art. 127, sia consentita alla maggioran-za dei consiglieri la facoltà di chiedere per tali oggetti il differimento della delibera-zione al giorno seguente, in analogia a quanto disposto dall’art. 125. Propendiamoper l’applicabilità della predetta facoltà, non rinvenendo alcuna disparità di tratta-mento tra gli oggetti aggiunti in prima convocazione e quelli aggiunti in seconda con-vocazione.Nell’eventualità in cui anche la seduta di seconda convocazione vada deserta, deveritenersi che le sedute successive non siano di seconda convocazione, ma che debbaessere convocata altra seduta con le forme ordinarie28. Se, invece, l’ordine del giornodella seduta di seconda convocazione non è esaurito, ma rinviato, le sedute successi-ve per i medesimi oggetti saranno sempre di seconda convocazione.

La legge non fissa il termine massimo in cui deve tenersi la seduta di secondaconvocazione, limitandosi ad affermare che essa deve aver luogo “in altro gior-no” (art. 127, comma primo, t.u. com. prov. 1915). Ma poiché il legislatore sta-bilisce che la consegna dell’avviso della seduta di seconda convocazione siafatta nei termini e con le modalità prescritte dall’art. 125, si ritiene che sia daosservarsi solo il termine minimo di ventiquattro ore, sancito per le convoca-zioni d’urgenza; tra la prima e la seconda convocazione, quindi, devono inter-correre almeno ventiquattro ore.

Nuove proposte

COMPILAZIONEE CONSEGNA

DELL’AVVISO DICONVOCAZIONE

Calcolo delnumero legale

13.1. Il numero legale per la validità delle adunanze

13. Le adunanze del Consiglio

Esso è determinato, in prima convocazione - secondo la normativa di cui all’art. 127,comma primo, t.u. com. prov. 1915, conservato in vigore sino alla nuova disciplina da-ta dal regolamento, ai sensi dell’art. 273, comma 6, D.Lgs. 267/2000 - nella metà delnumero dei consiglieri assegnati, salvo che non sia richiesto un quorum speciale, co-me nel caso dell’approvazione dello statuto (art. 6 D. Lgs. 267/2000) e negli altri casistabiliti dalla legge o dal regolamento per le adunanze del Consiglio.È controverso se nel calcolo del numero legale debba computarsi o meno anche il Sin-daco o il Presidente della Provincia 1. Per l’esclusione propende l’art. 38, comma 2, D.Lgs. 267/2000, il quale rimette al re-golamento la determinazione del quorum strutturale, con la precisazione che è suffi-ciente la presenza del terzo dei consiglieri assegnati, senza computare il Sindaco o ilPresidente della Provincia.Questa struttura minima (terzo dei consiglieri assegnati) deve ritenersi applicabile nelcaso in cui non sussista una specifica disciplina, per cui il regolamento - che svolgeun ruolo fondamentale in materia - potrebbe seguire altri criteri, come prescrivere lametà dei consiglieri assegnati oppure la maggioranza assoluta dei consiglieri asse-gnati ovvero il terzo dei consiglieri assegnati, e precisare se debba computarsi o me-no anche il Sindaco.Qualora nel computo del numero legale per le adunanze del Consiglio si tenga con-to che di esso fa parte anche il Sindaco o il Presidente della Provincia 2, il numero

Perché il Consiglio possa validamente adempiere ai propri compiti è necessa-rio che si riunisca in un numero di componenti, ritenuto sufficiente perché leadunanze del collegio siano regolarmente costituite e si possano adottare vali-de deliberazioni, ossia sia assicurato il c.d. numero legale, detto altresì quorumstrutturale.

(1) Il TAR Campania, Salerno, II, 20 maggio 2002, n. 373, in TAR, 2002, I, pag. 2609, sostiene che, perla diversità della sua posizione funzionale il Sindaco non possa essere compreso nel quorum del Con-siglio comunale. Invece, il TAR PUGLIA, Bari, II, 12 marzo 2004, n. 1301, in Foro amm. TAR, 2004, pag.812, propende per l’inclusione del Sindaco, che del Consiglio è parte integrante, in quanto membrodi diritto, che gode delle stesse prerogative, guarentigie e status dei consiglieri e concorre alla deter-minazione del quorum funzionale ed alle relative votazioni.

dei consiglieri assegnati, come definito nell’art. 37 D. Lgs. 267/2000 e successive mo-dificazioni ed integrazioni, deve aggiungersi una unità. Così operando, se si ottienesempre una cifra dispari, allora la metà dei consiglieri assegnati sarà costituita da quelnumero che moltiplicato per due supera di una unità il numero totale dei consiglieri.La previgente legislazione fissava una serie di prescrizioni dettate al fine di garantireun corretto computo del numero legale. Pur trattandosi di materia che è ora oggettodi disciplina da parte del regolamento sulle adunanze del Consiglio - anche se nonmancano statuti che hanno provveduto in merito, attenendosi, peraltro, alla abrogatanormativa - ne faremo cenno, anche in considerazione del fatto che essa è ormai en-trata a far parte dei principi generali dell’ordinamento degli enti locali.L’art. 49 reg. 1911, così disponeva:

- nel numero fissato da qualsiasi disposizione per la validità delle adunanze dei Con-sigli non devono computarsi i consiglieri presenti quando si deliberi su questioninelle quali essi o i loro parenti od affini abbiano interessi (astensione obbligatoria,ai sensi degli abrogati artt. 290 t.u. com. prov.1915 e 279 t.u. com. prov. 1934, ed ora,in conformità dell’art. 78, comma 2, d.lgs. 267/2000, su cui ved. infra);

- i consiglieri che dichiarano di astenersi si computano nel numero necessario a ren-dere legale l’adunanza (astensione facoltativa)3;

- i consiglieri che escono dalla sala prima della votazione non si computano nel nu-mero necessario a rendere legale l’adunanza. Saranno, per contro, computati i con-siglieri che si sono momentaneamente allontanati dalla sala e che vi rientrano pri-ma delle operazioni di votazione.

Da quanto detto, il Consiglio si troverà, a seconda degli oggetti da trattare, in un nu-mero legale variabile e, quindi, in taluni casi, nell’impossibilità di validamente deli-berare; della mancanza del numero legale dovrà farsi menzione nel verbale, ai finidella seduta di seconda convocazione.

È invalso l’uso, nell’attesa che tutti i consiglieri raggiungano il luogo dell’adunanza,di far svolgere dal Consiglio la trattazione di quegli affari, per i quali non occorre de-liberare (interrogazioni, commemorazioni, comunicazioni, ecc.). La prassi, anche senon commendevole, risponde all’esigenza di sveltire i lavori del collegio e trova fon-damento nell’interpretazione della legge, la quale prescrive il numero legale ai soli fi-ni deliberativi5.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 248

13.2. Apertura della seduta

Il Presidente, trascorsa, secondo prassi, un’ora da quella fissata per la seduta,fa accertare, mediante appello, il numero dei consiglieri presenti e dichiaraaperta o deserta la seduta, a seconda del raggiungimento o meno del quorumnecessario per la validità dell’adunanza4.

(2) Come ritiene TAR. Molise, 16 dicembre 2003, n. 1116, in Foro amm. TAR, 2003, pag. 3583.(3) Cfr. TAR Lazio, I, 30 novembre 1989, n. 1740; T.R.G.A. Trentino, Alto-Adige, 3 ottobre 1989, n. 369,in TAR., 1989, I, pagg. 4212 e 4381.(4) Cfr. TAR Puglia, Bari, I, 12 febbraio 1990, n. 72, in TAR , 1990, I, pag. 1686, che ha escluso la nul-lità di una seduta iniziata oltre l’ora dalla convocazione.(5) SAREDO, La nuova legge sulla amministrazione comunale e provinciale, Torino, 1906, vol. VI, pag. 282.È stata ritenuta legittima la deliberazione assunta colla presenza di membri intervenuti in ritardo al-la seduta, dovendosi presumere che gli stessi siano stati, preventivamente, resi edotti dello stato deilavori del collegio: TAR Lombardia, Milano, I, 5 marzo 1987, n. 107, in TAR, 1987, I, pag. 1825.

La questione della permanenza del numero legale in ogni fase del procedimento de-liberativo è risolta dalla dottrina con una certa elasticità, in quanto, una volta accerta-to in apertura di seduta il numero legale, esso si presume esistente fino all’eventualeverifica, che può essere richiesta da ciascun consigliere e fino alla rilevazione effettua-ta in sede di votazione6.Come abbiamo rilevato, per la validità delle sedute di seconda convocazione è suffi-ciente la presenza di almeno quattro consiglieri comunali o il terzo dei consiglieriprovinciali. Tale quorum minoritario, applicabile qualunque sia la composizione nu-merica del Consiglio comunale, trovava giustificazione nell’esigenza di consentire leoperazioni di scrutinio delle votazioni, richiedendo l’art. 299 t.u. com. prov. 1915 l’ac-certamento e la proclamazione dell’esito del voto da parte del Presidente con l’assi-stenza di tre scrutatori.Talora il numero legale per la validità dell’adunanza è desunto per relationem dal nu-mero richiesto per la validità delle deliberazioni, come nel caso dell’approvazionedello statuto (e sue modificazioni) per la quale è prescritto il voto favorevole dei dueterzi dei consiglieri assegnati, in prima votazione, e la maggioranza assoluta dei votinelle successive, e nel caso dell’assunzione diretta dei pubblici servizi che deve otte-nere il voto favorevole della metà più uno dei consiglieri in carica, purché tale nume-ro non sia inferiore al terzo dei consiglieri assegnati (art. 10 r.d. 2548 del 1925). In talicasi, essendo prescritta una speciale maggioranza per l’adunanza di prima convoca-zione non è consentito che gli stessi oggetti siano deliberati in seduta di seconda con-vocazione con la presenza di soli quattro membri.Nel caso in cui a seguito della convocazione del Consiglio la seduta non possa averluogo per mancanza del numero legale, ne è steso verbale, nel quale sono indicati inomi degli intervenuti. Così disponeva l’art. 50, primo comma reg. 1991, norma che trova applicazione anchein assenza di espressa previsione, dovendo il segretario del Consiglio certificarequanto avvenuto in sua presenza. Il verbale, sottoscritto dal segretario, dal Presiden-te e da coloro che ne sono legittimati, secondo le norme del regolamento, conserva ilsuo valore probatorio, anche nell’eventualità in cui nessun consigliere intervenga al-la seduta ed il verbale sia sottoscritto dal solo segretario.Oltre a questa ipotesi di mancanza originaria del numero legale per insufficienza de-gli intervenuti all’adunanza, il venir meno del numerus quorum può verificarsi succes-sivamente, nel corso della seduta già iniziata, quando, per qualsiasi causa (astensio-ne facoltativa, allontanamento dalla sala delle adunanze, ecc.) il Consiglio non possadeliberare, perché non è presente la metà dei suoi componenti o lo speciale quorum ri-chiesto. Anche in questo caso deve farsi specifica menzione nel processo verbale del nome de-gli intervenuti e di quegli oggetti iscritti all’ordine del giorno della seduta di secondaconvocazione. Non saranno, invece, inclusi nella seduta di seconda convocazione tut-ti quegli affari già trattati in una precedente seduta e non deliberati per “una causanon imputabile alla mancanza del numero legale” (rinvio, scioglimento della seduta,ecc.) e per i quali la seduta sarà di prima convocazione.

Verbale

Permanenza delnumero legale

13.2. APERTURA DELLA SEDUTA249LE ADUNANZEDEL CONSIGLIO

(6) Ved., però: TAR Puglia, Lecce, 7 dicembre 1979, n. 313, in TAR, 1980, I, pag. 754; TAR Lazio, Lati-na, 24 ottobre 1980, n. 195, ivi, 1980, I, pag. 3864; TAR Abruzzo, L’Aquila, 5 marzo 1984, n. 114, ivi,1984, I, pag. 1777; Id., 2 maggio 1984, n. 210, ivi, 1984, I, pag. 2206, i quali ritengono che il numero le-gale debba sussistere durante tutta la discussione dell’oggetto; pertanto, se il quorum strutturale vie-ne a mancare, la seduta deve essere dichiarata chiusa e la trattazione degli affari posti all’ordine delgiorno deve senz’altro cessare; a questa conclusione si perviene, quando viene richiesta la verificadel numero legale e si accerta il suo venir meno.

Si verificano casi di rinvio nei confronti di:1) oggetti che siano stati singolarmente o globalmente rinviati ad altra adunanza

per: a) mancanza di tempo tecnico necessario (ora tarda); b) volontà di trattare con carattere di priorità altri oggetti iscritti all’ordine del

giorno;c) riconoscimento che l’affare può non essere ancora maturo per la decisione;d) riconoscimento che la scelta di tempo non è la più propizia per l’adozione del

provvedimento, per cui si ravvisa la necessità di accantonarlo;2) oggetti che provengono da una seduta sciolta per una causa diversa dalla man-

canza del numero legale;3) oggetti che provengono da una seduta di prima convocazione che sia stata annul-

lata per irregolarità riscontrate nella convocazione e costituzione del collegio;4) oggetti deliberati dal Consiglio, che tornano al suo riesame o su iniziativa di

qualsiasi organo che ne abbia il potere o in seguito ad un annullamento anchegiurisdizionale7.

Nella previgente legislazione era la stessa legge che stabiliva quando si doveva pro-cedere con esclusione del pubblico, ossia nei casi in cui erano poste all’ordine delgiorno questioni concernenti persone (art. 295, comma secondo, t.u. com. prov. 1915)e la giurisprudenza e la dottrina, dopo qualche incertezza, erano pervenute a consi-derare questioni concernenti persone quelle in cui il Consiglio è tenuto a fare apprez-zamenti o ad esprimere un giudizio discrezionale sulle qualità - morali, intellettuali,economiche - e sugli atti di una persona8. Tali questioni dovevano essere discusse in seduta segreta e se si traducevano in unformale provvedimento deliberativo, in una deliberazione concernente questione dipersone (art. 161, ultimo comma, reg. 1911), il legislatore stabiliva che dovesse farsimenzione nel verbale della segretezza della seduta, a pena di nullità della delibera-zione (anche se la giurisprudenza era, sull’argomento, contrastante, in quanto, in ta-lune pronunce, riteneva sufficiente che il verbale contenesse la formula che si era pro-ceduto “con le prescritte formalità”).Nell’ordinamento vigente la previsione dei casi in cui la seduta del Consiglio deve te-nersi in seduta segreta è demandata al regolamento, il quale dovrà attenersi, ovvia-mente, ai principi sopra enunciati, in ordine all’obbligo della segretezza delle adu-nanze nelle ipotesi in cui l’attività del Consiglio si esplichi nella valutazione di pre-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 250

Secondo l’art. 38, comma 7, D. Lgs. 267/2000 le sedute del Consiglio “sono pub-bliche, salvi i casi previsti dal regolamento”. Si stabilisce, quindi, il principio gene-rale della pubblicità delle sedute, che debbono essere aperte alla partecipazio-ne dei cittadini, e si rinvia al regolamento per l’individuazione dei casi in cui laseduta deve svolgersi in segreto o in privato.

13.3. Sedute pubbliche e segrete

(7) TROVATO, La seduta di seconda convocazione nelle adunanze consiliari, in Nuova rass., 1968, pag. 1805.(8) Consiglio di Stato, V, 9 maggio 1964, n. 554, in Nuova rass. , 1965, pag. 2212; TAR Campania, Sa-lerno, 16 dicembre 1988, n. 340, in TAR, 1989, I, pag. 677; ALFIERI, Pubblicità e segreto nelle adunanzee nelle votazioni degli enti locali, in Amm .it., 1952, pagg 512, 614, 742, 968; 1953, 18, pagg. 208, 405;GHIANI, Pubblicità e segretezza nelle adunanze e nelle votazioni degli organi collegiali degli enti locali, inCorr. amm. , 1961, pag. 1234.

supposti, soggetti ad apprezzamento discrezionale, in quanto occorre consentire aiconsiglieri di manifestare liberamente, senza condizionamenti esterni, il loro pensie-ro su determinate persone.Tuttavia, può accadere che la questione sottoposta al Consiglio pur riguardando unapersona, debba concludersi con l’assunzione di un provvedimento fondato su una at-tività non discrezionale, bensì vincolata, cioè su meri accertamenti di un fatto o su fat-ti che si limitino a constatare l’esistenza di un dato obiettivo ovvero ad essere la mec-canica esecuzione di una precedente deliberazione; per le deliberazioni di quest’ulti-mo tipo non occorre la segretezza di seduta, ma è sufficiente la seduta pubblica9.La distinzione testé illustrata, tra attività discrezionale e vincolata, ha rilevanza - co-me vedremo - nella fase della votazione, in quanto anche qui vale la regola della se-gretezza del voto per le deliberazioni concernenti persone aventi carattere discrezio-nale e la sufficienza del voto palese per le deliberazioni a carattere vincolato. Ad esempio, qualora si debba discutere sulla nomina di una persona in un ente o or-ganismo comunale si procederà, di norma, in seduta pubblica ed a votazione palese,ma se ci si sofferma sulle qualità morali, intellettive, manageriali di una persona si do-vrà procedere in seduta e votazione segreta.Può accadere che la seduta, iniziatasi in pubblica udienza, debba trasformarsi in se-duta segreta, qualora, per le intemperanze del pubblico o per gravi motivi di ordinepubblico, non si sia in grado di assicurare il corretto svolgimento della seduta. Il Con-siglio può decidere di proseguire in seduta segreta, a meno che il regolamento non di-sciplini questa eventualità, demandando al Presidente le definitive decisioni, in me-rito, prescrivendo, altresì, il conforme parere dei capigruppo.Qualora il Consiglio debba o decida di riunirsi in seduta segreta si deve provvederead allontanare il pubblico dalla sala delle adunanze; è ammessa la presenza del solosegretario, salvo che il Consiglio, avvalendosi di apposita disposizione regolamenta-re, scelga uno dei suoi membri a svolgere le funzioni di segretario. In entrambi i casi,è da ritenere che non deve essere ammesso alcun altro estraneo, come stenografi, per-sonale inserviente, ecc.10.

13.4. LA DISCUSSIONE251LE ADUNANZEDEL CONSIGLIO

La direzione dei lavori del Consiglio è affidata al Presidente (compreso il Sin-daco che nei Comuni con meno di 15.000 abitanti ricopra tale ruolo), con le mo-dalità prescritte dal regolamento. Di ogni argomento iscritto all’ordine del giorno è fatta relazione, illustrata, diregola, dal presentatore (Presidente, Sindaco, assessore, consigliere), dopo diche si apre la discussione, nella quale tutti possono intervenire, chiedendo laparola al Presidente, che la concede secondo l’ordine delle domande

13.4. La discussione

(9) Consiglio di Stato, V, 13 gennaio 1970, n. 9, in Cons.St., 1970, I, pag. 43; TAR Lazio, Latina, 25 gen-naio 1980, n. 23, in TAR, 1980, I, pag. 544; TAR Piemonte, II, 24 maggio 1986, n. 277, ivi, 1986, I, pag.2178; TAR Calabria, Catanzaro, 21 agosto 1986, n. 276, ivi, 1986, I, pag. 3424, il quale ha stabilito chenon comporta conseguenze invalidanti sull’atto, l’adozione di una deliberazione in seduta privata,anziché pubblica; TAR Marche, 29 settembre 1989, n. 285, ivi, 1989, I, pag. 4036.(10) PAVIOLO, Il commento teorico-pratico della legge com. e prov., cit., pag. 413; contra, PRINCIVALLE,Gli organi elettivi del Comune e della Provincia, cit., vol. II, pag. 144.

Secondo prassi, in attesa del conseguimento del numero legale si procede alle dichia-razioni del Presidente del Consiglio, del capo dell’amministrazione ed alla discussio-ne delle:

- interpellanze, consistenti in domande rivolte all’esecutivo circa i motivi e gli in-tendimenti della loro azione e se intendono assumere provvedimenti in merito;

- interrogazioni, che si concretano in domande rivolte al Sindaco o al Presidente dellaProvincia per sapere se una circostanza sia vera o se una informazione su taluni fat-ti sia pervenuta alla Giunta, se l’informazione sia esatta, se la Giunta intenda comu-nicare determinati documenti o abbia preso o intenda prendere alcuna risoluzione;

- mozioni, consistenti in atti approvati dal Consiglio per esercitare un’azione di in-dirizzo, esprimere posizioni e giudizi su determinate questioni, organizzare lapropria attività, disciplinare procedure e stabilire adempimenti dell’amministra-zione nei confronti del Consiglio.

Gli interventi devono essere contenuti nei limiti temporali stabiliti dal regolamento odalla prassi vigenti in ciascun collegio, e devono riguardare esclusivamente la propo-sta in esame, con obbligo per il Presidente di richiamare i consiglieri che oltrepassa-no i limiti di tempo e di argomento.Se il consigliere deve astenersi, ai sensi dell’art. 78, comma 2, deve, non solo non pren-dere parte alla votazione, ma anche alla discussione, dovere cui si adempie, di nor-ma, allontanandosi dall’aula, come prescriveva l’abrogato art. 279 del t.u. com. prov.1934 e possono disporre, ora, i regolamenti. Ogni consigliere può chiedere la parola per fatto personale, quando sia intaccato nel-la propria condotta o gli siano attribuiti fatti ritenuti non veri od opinioni contrarie aquelle espresse. Può essere presentata per ogni oggetto in discussione la mozione d’ordine, per richia-mare l’osservanza del regolamento che disciplina lo svolgimento delle adunanze.Possono essere sollevate la questione pregiudiziale di non discutere l’argomento11 ela questione sospensiva, al fine di ottenere il rinvio della discussione; possono esse-re presentati emendamenti, che nelle diverse forme di aggiunte, soppressioni, sosti-tuzioni, sono diretti alla modificazione delle proposte in discussione.All’adunanza del Consiglio possono partecipare estranei al collegio come: funzionari,consulenti, esperti, ecc., ma al solo fine di fornire gli indispensabili chiarimenti tecnici,utili per una più approfondita conoscenza degli oggetti posti all’ordine del giorno. È stato ritenuto non costituire causa di illegittimità della deliberazione, la partecipa-zione alla seduta pubblica del Consiglio comunale:

- del progettista del piano regolatore12; - dei funzionari comunali referenti su una determinata deliberazione13; - del presidente di una casa di riposo14 .

MANUALE DEL CONSIGLIERE 252

(11) È stato deciso che la questione pregiudiziale va contemperata con il diritto della minoranza dirichiedere le convocazioni del Consiglio per la discussione di un determinato argomento, sicchè es-sa non può essere esercitata strumentalmente al solo fine di impedire la funzione della minoranza diesercitare il suo diritto di iniziativa a vedere discusso l’argomento (TAR Puglia, Lecce, I, 25 luglio2001, n. 4278, in Nuova rass., 2001, pag.2200). La proposizione della questione pregiudiziale è inveceritenuta legittima quando riguardi ragioni interne e proprie della specifica procedura ovvero ragio-ni di pregiudizialità connesse con l’oggetto della mozione, così come definito dalla proposta di deli-berazione posta quale conclusione della mozione (come per consentire ai cittadini di presentare os-servazioni allo strumento urbanistico ed ai consiglieri di avere congrua conoscenza dei fatti sui qua-li si è chiamati a deliberare: Id. 6 febbraio 2004, n. 1022, in TAR , 2003, I, pag. 4509).(12) Consiglio di Stato, IV, 21 gennaio 1987, n. 26, in Cons. St., 1987, I, pag. 14.(13) Consiglio di Stato, IV, 9 novembre 1985, n. 511, in Cons. St, 1985, I, pag. 1328.(14) TAR Lombardia, Brescia, 15 maggio 1987, n. 512, in TAR, 1987, I, pag. 2378.

È stata, però, ritenuta causa di illegittimità dei conseguenti atti deliberativi la parte-cipazione ai lavori di un organo collegiale di soggetti ad esso estranei, giacché talepartecipazione è in grado di influenzare, attraverso la discussione, la volontà del col-legio15. Per contro, non è stata ritenuta idonea ad influenzare la genuinità dell’opera-to dell’organo collegiale la partecipazione di un estraneo che non prende parte alla di-scussione durante al seduta pubblica dell’organo stesso16

Esaurito l’argomento da trattare, il Presidente dichiara chiusa la discussione; può es-sere consentita una breve replica ai presentatori della proposta, agli assessori compe-tenti ed allo stesso Presidente. Dopo le repliche, non sono più ammessi interventi, tranne che per dichiarazioni divoto, le quali - vigente l’abrogata normativa - erano state ammesse, sia dalla giuri-sprudenza, sia dalla dottrina, sulla base dell’art. 302 t.u. com. prov. 1915, il quale pre-vedeva il diritto del consigliere di far constare nel verbale, del suo voto e dei motividel medesimo. Ammessa, senza contrasti, la facoltà di fare dichiarazioni motivate di voto nelle vota-zioni palesi, si disputa sulla possibilità dell’esercizio di tale diritto nelle votazioni se-grete, esercizio ritenuto possibile da taluno, solo dopo che la “votazione è chiusa e ve-rificata”17 ed al fine di separare la propria responsabilità da quella del collegio18.Premesso che la legge non poneva al riguardo alcuna distinzione e che, attualmente,la materia è oggetto di disciplina regolamentare, riteniamo di aderire all’opinione dichi ammette le dichiarazioni di voto anche nelle votazioni segrete, nella considera-zione che “la segretezza del voto è stabilita nell’interesse del votante, per consentirglidi esprimere liberamente la sua volontà, senza il timore di attirarsi antipatie e rappre-saglie; ma se egli vuole rinunciare a questa forma di tutela o scindere la propria dal-le altrui responsabilità” non si vede “perché dovrebbe esserne impedito”19. È da ritenersi ininfluente, nelle dichiarazioni di voto, il richiamo al rispetto della c.d.disciplina di partito, come accade nel caso in cui il consigliere renda esplicita la suacoerenza con le indicazioni del gruppo politico di appartenenza, comportamento cheè irrilevante ai fine di valutare la legittimità della deliberazione, non creando alcunainterferenza o restrizione nel processo di elaborazione della posizione di un singoloconsigliere20.

13.4. LA DISCUSSIONE253LE ADUNANZEDEL CONSIGLIO

(15) TAR Emilia-Romagna, Bologna, I, 13 dicembre 1994, n. 910, in TAR, 1995, I,pag. 623, dalla qualeè dato rilevare che la partecipazione degli estranei ai lavori del Consiglio deve escludersi quando es-sa sia tale da poter indirizzare in un dato modo la volontà dei consiglieri, eventualità che non si ve-rifica quando la partecipazione risponde allo scopo di illustrare ai consiglieri il provvedimento daadottare.(16) Consiglio di Stato, VI, 10 ottobre 2002, n. 5426, in Cons. St., 2002, I, pag. 2177.(17) SAREDO, La nuova legge sulla amministrazione com. e prov., cit., vol. IV, 1889, pag. 920; TAR Puglia,Bari, 27 agosto 1981, n. 189, in TAR, 1981, I, pag. 3177.(18) GHIANI, Pubblicità e segretezza delle adunanze, ecc., cit., pag. 1280.(19) PRINCIVALLE, op. ult. cit., 147 e la dottrina ivi citata.

13.5.1. Votazione palese

La previgente legislazione stabiliva i modi di votazione, prescrivendo come regolagenerale la votazione palese, e la votazione segreta, per le deliberazioni concernentipersone (art. 298 t.u. com. prov. 1915).A queste regole si conforma la normativa comunale e provinciale, cui spetta discipli-nare la materia, tenendo conto che il legislatore sembra privilegiare nella legge 142 lavotazione palese (precedente versione dell’art. 34, che disciplinava l’elezione del Sin-daco e della Giunta; art. 37 per la votazione sulla mozione di sfiducia).La votazione palese si effettua, oltre che per appello nominale (i consiglieri rispon-dono con un “si” o con “no”) o per alzata e seduta (i favorevoli in piedi, i contrari se-duti), anche con altre modalità, come la votazione per divisione, per acclamazione,per alzata di mano (che è il metodo usuale). È pure ammessa come votazione palesela votazione tacita, consistente nella proposta rivolta dal Presidente al collegio, di ap-provare un determinato oggetto, a condizione che non vi siano obiezioni in merito daparte dei presenti (per cui la deliberazione è approvata all’unanimità). I sistemi di votazione che abbiamo indicati, sono scelti dal Presidente, prima della vo-tazione, salvo che la legge o il regolamento non stabilisca il ricorso ad uno specificometodo (come avviene per l’appello nominale).

13.5.2. Votazione segreta. Casistica

Col metodo della scheda segreta, il votante scrive un “sì o un “no”, rispettivamenteper l’approvazione o la reiezione della proposta e, in caso di nomine, i nomi delle per-sone che intende eleggere. Se è stato scelto il sistema del voto limitato, occorre preci-sare il numero dei nominativi che debbono essere scritti, con la sanzione della cancel-lazione dei nominativi eccedenti il numero.Col sistema delle palline, il consigliere depone nell’urna una pallina bianca per il “sì”o una nera per il “no”; dovendo eleggere delle persone, si eseguirà la votazione perciascun nominativo21. L’obbligo dello scrutinio segreto per le questioni concernenti persone è principio chetrova applicazione esclusivamente nell’ordinamento degli enti locali22. È stato decisoche il voto a scrutinio segreto può essere utilizzato anche per le deliberazioni di altranatura, quando ricorrano particolari motivi di delicatezza23.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 254

13.5. La votazione

Dopo le dichiarazioni di voto, il Presidente riassume le proposte di deliberazio-ne e l’ordine delle votazioni. La votazione è la fase del procedimento delibera-tivo nella quale il Consiglio comunale manifesta di propria volontà; con essa laproposta, se approvata, diventa deliberazione del collegio.

La votazione segreta si adotta per le deliberazioni concernenti persone e neglialtri casi stabiliti dal regolamento e può effettuarsi con il metodo delle schedesegrete e delle palline bianche e nere.

(20) Consiglio di Stato, V, 10 giugno 2002, n. 3191, in Cons. St., 2002, I, pag. 1282.(21) GIOVENCO-ROMANO, L’ordinamento comunale, cit. , pag. 564.(22) Così, Consiglio di Stato, IV, 23 maggio 1978, n. 478, in Cons. St. , 1978, I, pag. 813.(23) TAR Lazio, II, 20 ottobre 1982, n. 854, in TAR , 1982, I, pag. 3012.

Una volta che il regolamento ha stabilito i casi in cui deve procedersi a votazione pa-lese o segreta, nel verbale deve farsi menzione se si è seguita l’una o l’altra, in quan-to i due tipi di votazione rispondono a distinte finalità giuridiche e l’eventuale ricor-so alla votazione segreta fuori dei casi in cui è ammessa, si concretizza nella violazio-ne del principio del controllo spettante agli elettori sull’operato dei consiglieri24.Pertanto, l’adozione della votazione segreta in luogo di quella palese concreta un’ipo-tesi di illegittimità della deliberazione25 similmente al caso in cui, dovendo adottareuna votazione a scrutinio segreto si è votato in modo palese. È infatti notorio che la votazione segreta ha la funzione primaria di salvaguardarel’assoluta indipendenza di giudizio di ciascun membro dell’organo collegiale nei con-fronti di tutti gli altri al momento della esternazione del voto e che, solo come conse-guenza di questa ratio legislativa, necessariamente il verbale non espone il modo co-me hanno votato i singoli componenti26.Questo orientamento non è pacificamente ammesso dalla giurisprudenza, in quanto,ferma restando l’illegittimità della deliberazione assunta a scrutinio palese, quando èprescritto quello segreto, si ritiene che possa consentirsi la votazione segreta anchenell’assunzione di provvedimenti per i quali è sufficiente la votazione palese27.Affermata la necessità, dato il carattere derogatorio, della menzione espressa della se-gretezza del voto nel verbale delle adunanze, si ritiene che sia sufficiente l’uso dellagenerica formula di votazione assunta “in conformità della legge”, quando la delibe-razione debba essere adottata a scrutinio palese 28.Sulla scorta della previgente legislazione, è stata elaborata una copiosa giurispruden-za, secondo la quale le deliberazioni concernenti persone, per la cui adozione è pre-scritta la votazione segreta, sono quelle che comportano l’espressione di apprezza-menti discrezionali su determinate persone29, come nei casi delle nomine e designa-zioni spettanti al Consiglio30 o per il conferimento di un incarico31, in quanto la deli-berazione comporta sostanzialmente la valutazione delle qualità e capacità professio-nali dell’incaricato.Invece, per le deliberazioni a carattere vincolato, cioè per l’adozione di provvedi-menti in cui occorre accertare obiettivamente un dato di fatto o di diritto, la votazio-ne è palese32, come nel caso dell’adozione della deliberazione di decadenza dalla ca-

13.5. LA VOTAZIONE255LE ADUNANZEDEL CONSIGLIO

(24) TAR Molise, 25 ottobre 1982, n. 192, in TAR , 1982, I, pag. 3558; Id. 20 dicembre 1988, n. 228, ivi ,1989, I, pag. 641.(25) Consiglio di Stato, VI, 6 giugno 1995, n. 550, in Cons. St. , 1995, I, pag. 872; Id., V, 13 novembre1995, n. 1543, ivi , 1995, I, pag. 1529. Cfr., anche, TAR Lombardia, Milano, I, 19 dicembre 2003, n. 5932,in Foro amm. TAR, pag. 2003, 3442, secondo il quale ove lo statuto preveda la votazione segreta e dalverbale non risulti che le operazioni di voto si siano svolte secondo la prescritta procedura, la deli-berazione deve essere annullata, non potendo la carenza della verbalizzazione essere surrogata dal-l’esibizione di schede asseritamene utilizzate per le operazioni di voto.(26) Consiglio di Stato, VI, 22 luglio 1988, n. 937, in Cons. St., 1988, I, pag. 914. (27) Cons. giust. amm. sic., 17 febbraio 1972, n. 265, in Cons. St., 1972, I, pag. 254; TAR Sicilia, Paler-mo, II, 25 febbraio 1988,, n. 167, in TAR, 1988, I, pag. 1368.(28) Cons. giust. amm. sic., 24 marzo 1988, n. 51, in Cons. St., 1988, I, pag. 354.(29) TAR. Abruzzo, L’Aquila, 10 marzo 1989, n. 117, in TAR, 1989, I, pag. 1874; TAR Veneto, 19 mag-gio 1993, n. 374, ivi, 1993, I, pag. 2528; TAR Lazio, I, 31 gennaio 1996, n. 143, ivi , 1996, I, pag. 404;Consiglio di Stato, V, 2 aprile 1982, n. 260, in Cons. St., 1982, I, pag. 466; Id., 25 febbraio 1991, n. 179,ivi, 1991, I, pag. 241.(30) Cons. giust. amm. sic., 15 ottobre 1980, n. 69, ivi , 1980, I, pag. 1441.(31) TAR Sicilia, Catania, II, 13 dicembre 1989, n. 1077, in TAR , 1990, I, pag. 1752; TAR Abruzzo,L’Aquila, 10 giugno 1983, n. 216, ivi , 1983, I, pag. 2611.(32) TAR Toscana, 6 agosto 1983, n. 730, in TAR, 1983, I, pag. 3224; TAR Piemonte, II, 17 febbraio 1986,n. 77, ivi, 1986, I, pag. 1324; TAR Umbria, 18 marzo 1994, n. 91, ivi, 1994, I, pag. 2040; Consiglio di Sta-to, V, 1 marzo 1974, n. 203, in Cons. St., 1974, I, pag. 423; Id. IV, 4 novembre 2003, n. 7050, in Foro amm.CDS, 2003, pag. 3289.

rica33; nella revoca della concessione di area comunale34; nella concessione di proro-ga di un pubblico servizio35; nella scelta del concessionario di un pubblico servizio36;nella presa d’atto della sussistenza di una causa di incompatibilità in capo ad un sog-getto a continuare ad essere titolare di una licenza di taxi37.

13.6.1. Premessa

Nella votazione a schede segrete, esiste, però, un’altra forma di astensione: quella di de-porre nell’urna la scheda in bianco, la quale - sotto la vigenza della abrogata normati-va - riceveva dalla legge un diverso trattamento. Mentre, infatti, i consiglieri che dichia-ravano di astenersi non erano computati ai fini della determinazione della maggioran-za dei votanti (art. 49 reg. 1911), le schede in bianco erano, invece, computabili ai finidella predetta maggioranza (art. 298, quarto comma, t.u. com. prov. 1915). Anche se lamateria è, attualmente, liberamente disciplinata dai Comuni e dalle Province, i qualipossono eliminare la citata disparità di trattamento, ci atterremo alla previgente legisla-zione, in quanto essa è stata recepita dalla maggioranza degli statuti o dei regolamenticomunali, costituendo disciplina consolidata nell’ordinamento degli enti locali.Oltre alla astensione volontaria, è prevista l’astensione obbligatoria, che ricorre tut-te le volte in cui esiste un conflitto di interessi tra l’ente locale ed il consigliere ed isuoi parenti o affini fino al quarto grado, per cui il legislatore dispone l’obbligo per ilconsigliere di non prendere parte alla discussione ed alla votazione, ai sensi dell’art.78, comma 2, D. Lgs. 267/2000, che disciplina, ora, la materia, a seguito dell’abroga-zione degli artt. 290 t.u. com. prov. 1915 e 279 t.u. com. prov. 1934, ad opera dell’art.28, comma 4, della l. 265 del 1999. In altre parole, l’operatività dell’obbligo dell’astensione si verifica ogni qual voltaemerge la mancanza di una posizione di neutralità rispetto a concreti interessi a con-tenuto patrimoniale facenti capo direttamente o indirettamente al consigliere stesso38.Tale forma di astensione trae fondamento dall’art. 97 Cost.39, il quale, sancendo l’im-parzialità della pubblica amministrazione, comporta l’applicabilità del principio ge-nerale del procedimento amministrativo, in base al quale ogni soggetto direttamenteo indirettamente interessato al provvedimento da adottare deve necessariamenteastenersi dal partecipare e dall’assistere alla formazione dello stesso, in quanto la par-ticolare relazione che lega l’agente all’oggetto dell’atto da emanare crea una partico-lare situazione d’incompatibilità, dovendo presumersi che il funzionario non possadeterminarsi con la serenità e l’imparzialità richiesta40.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 256

Schede bianche

Astensioneobbligatoria

13.6. Astensione

Il consigliere che non intende partecipare alla votazione, sia palese, sia segreta(astensione facoltativa), deve dichiarare di astenersi.

(33) Cass. civ., I, 16 febbraio 1991, n. 1666, in Cons. St., 1991, II, pag. 1101. (34) Consiglio di Stato, V, 22 aprile 1953, n. 242, in Riv.amm., 1954, pag. 120; TAR Puglia, Bari, I, 28 lu-glio 1990, n. 659, in TAR, 1991, I,pag. 691.(35) TAR Sicilia, Catania, 18 gennaio 1986, n. 1, in TAR, 1986, I, pag. 1200.(36) Consiglio di Stato, V, 13 novembre 1995, n. 1543, in Cons. St., 1995, I, pag. 1529.(37) Consiglio di Stato, V, 2 aprile 2002, n. 1795, in Cons. St., 2002, I, pag. 717.(38) Consiglio di Stato, IV, 8 luglio 2002, n. 3804, in Cons. St., 2002, I, pag. 1537.(39) Consiglio di Stato, IV, 22 febbraio 1994, n. 162, in Cons. St., 1994, I, pag. 152; Id, VI, 9 novembre1994, n. 1590, ivi, 1994, I, pag. 1612; Cons. giust. amm. sic., 26 aprile 1996, n. 83, ivi, 1996, I, pag. 678;TAR Liguria, 14 novembre 1989, n. 845, in TAR, 1990, I, pag. 188. Cfr, MAGGIORA, Lineamenti di di-ritto municipale, cit.,pag. 307.(40) TAR Sicilia, Catania, 15 marzo 1984, n. 102, in TAR, 1984, I, pag. 1877.

L’istituto dell’astensione obbligatoria, per il suo carattere generale, va applicato qua-lunque sia la natura dell’organo – individuale, collegiale, di amministrazione attiva,consultiva o di controllo – e ovviamente, anche in assenza di una specifica normativadettata con riferimento ad una particolare materia, in quanto espressione dei princi-pi di legalità, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa fissata dal-l’art. 97 Cost.41.Esso non è, però, applicabile agli atti non negoziali che si esauriscono in un mero ac-certamento, senza alcun margine per determinazioni volitive42.Per costante giurisprudenza è da ritenersi inammissibile la c.d. prova di resistenzache, nella specie, consisterebbe nel considerare valido il provvedimento deliberativo,qualora, sottratti i voti di chi doveva astenersi, il quorum fosse ancora valido, in quan-to la valutazione della illegittimità compiuta dall’amministratore che non si è astenu-to, è stata preventivamente eseguita dal legislatore43.

13.6.2. La disciplina normativa

Parimenti, non sussiste l’obbligo dell’astensione in tutti quei casi in cui il conflitto diinteressi è direttamente escluso dalla legge o ritenuto inesistente, per essere il consi-gliere portatore non di un interesse privato, ma del pubblico interesse a ricoprire unpublicum officium, al quale è stato prescelto dal corpo elettorale. Per tali motivi, gli as-sessori ed il Sindaco o il Presidente della Provincia possono votare le deliberazioni sulconto consuntivo ed ogni consigliere può partecipare alle votazioni relative all’esamedella condizione degli eletti, alla dichiarazione di decadenza, ecc.Già prima dell’entrata in vigore della presente normativa, parte della giurisprudenzaera pervenuta all’affermazione della non applicabilità del principio di astensioneobbligatoria nelle ipotesi in cui ci si trovava in presenza di provvedimenti a caratte-re generale relativi ad una molteplicità indeterminata ed indifferenziata di soggetti edi rapporti (come nel caso dell’approvazione del regolamento organico o di quello diorganizzazione), occorrendo la prova concreta e specifica che l’atto generale sia statoemanato anche in considerazione di una precisa situazione soggettiva e dell’interessesostanziale ad essa sottostante.La giurisprudenza era pure pervenuta alle stesse conclusioni con riguardo agli stru-menti urbanistici, laddove aveva affermato che l’obbligo di astenersi dalle delibera-zioni ricorreva solo quando vi fosse correlazione immediata e diretta fra situazioni

13.6. ASTENSIONE257LE ADUNANZEDEL CONSIGLIO

Di regola, l’obbligo dell’astensione prescinde da ogni apprezzamento circal’idoneità della misura dell’interesse che determina o esclude l’incompatibili-tà44; fa eccezione il caso in cui il provvedimento da adottare esplichi effetti nonindividuali e gli interessi coinvolti siano di estrema tenuità45.

(41) TAR Sicilia, Catania, 15 marzo 1984, n. 102, cit. ; Consiglio di Stato, V, 6 novembre 1973, n. 812,in Cons. St., 1973, I, 1643; Id, IV, 26 maggio 2003, n. 2826, in Foro amm. CDS, 2003, pag. 1565.(42) TAR Sardegna, 17 settembre 1975, n. 110, in TAR, 1975, I, pag. 2861.(43) TAR Lombardia, 3 dicembre 1975, n. 403, in TAR, 1976, I, 489; Id., Brescia, 16 dicembre 1980, n.382, ivi, 1981, I, pag. 500; Id., 11 settembre 1986, n. 434, ivi, 1986, I, pag. 3688; Id., Milano, 24 luglio1982, n. 548, ivi, 1982, I, pag. 3077; Id., 7 marzo 1986, n. 352, ivi, 1986, I, pag. 1730; Id., I, 27 luglio 1989,n. 342, ivi, 1989, I, pag. 3452; TAR Veneto, I, 15 febbraio 1993, n. 217, ivi 1993, I, pag. 1333; TAR Pie-monte, II, 11 gennaio 2003, n. 7, ivi, 2003, I, pag. 1099.(44) Consiglio di Stato, IV, 13 ottobre 1983, n. 713, in Cons. St., 1983, I, pag. 1002.(45) Cfr. Consiglio di Stato, 30 dicembre 1983, n. 1052, in Cons. St., 1983, I, pag. 1326.

del consigliere ed oggetto della deliberazione, eventualità che non si verificava neces-sariamente con riguardo a provvedimenti normativi o di carattere generale (come ilpiano regolatore generale), in cui il voto espresso non riguarda uno specifico affarema tocca il contenuto complessivo dell’atto.A questi orientamenti si ispira la seconda parte del comma 2 dell’art. 78, il quale sta-bilisce che “l’obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di caratteregenerale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediatae diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di paren-ti o affini fino al quarto grado”.La norma parla di “contenuto della deliberazione”, ma il richiamo è riduttivo, doven-dosi estendere il riferimento a tutti i provvedimenti, siano atti collegiali, siano attimonocratici (come un’ordinanza).La disposizione risolve, quindi, l’annosa questione, che aveva dato luogo - come rile-vato - a copiosa giurisprudenza, specie in materia urbanistica, come prova il richia-mo esemplificativo operato dal legislatore ai “piani urbanistici”; questione, peraltro,risolta, come abbiamo più sopra rilevato, dalla più attenta giurisprudenza. Perché sussista l’obbligo dell’astensione, in occasione dell’adozione di provvedimen-ti generali o normativi, occorre che si verifichi un conflitto (ossia una correlazioneimmediata e diretta) fra specifici interessi dell’amministratore o di suoi congiunti edil contenuto del provvedimento.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 258

Art. 78, co. 2,Tuel

Orientamenti di giurisprudenza Non dà luogo alla violazione dell’art. 78 (già art. 290 t.u. com. prov. 1915) lapartecipazione a provvedimenti normativi e di carattere generale come l’ado-zione del programma di fabbricazione46 o come nel caso del consigliere con-giunto dell’affittuario di un fondo da includere nel piano di zona per l’ediliziaeconomica e popolare47 ovvero nel caso di consigliere che riveste la qualità dilegale rappresentante di un ente proprietario di alcuni degli immobili interes-sati dalle previsioni dello strumento urbanistico48.Qualora, invece, siano coinvolti interessi diretti del consigliere o dei suoi con-giunti, opera la preclusione di cui all’art. 78, come nel caso in cui abbiano par-tecipato alla discussione ed alla votazione consiglieri direttamente interessati,in quanto proprietari, esclusivi o con altri, di aree incluse nel piano e stretti con-giunti di altre aree comprese nel medesimo, sulle quali risulti localizzata la pre-visione di espansione edilizia del centro abitato49.

(46) Consiglio di Stato, IV, 28 ottobre 1986, n. 682, in Cons. St., 1986, I, pag. 1472; TAR Abruzzo,L’Aquila, 1 luglio 1985, n. 287, in TAR, 1985, I, pag. 2952.(47) Consiglio di Stato, II, 18 maggio 1983, n. 152, in Cons. St., 1987, I, pag. 849.(48) TAR Abruzzo, Pescara, 2 gennaio 1995, n. 1, in TAR, 1995, I, pag. pag. 1211.(49) TAR Lazio, II, 23 febbraio 1983, n. 147, in TAR, 1983, I, pag. 811; TAR Lombardia, Milano, 1 lu-glio 1988, n. 814, ivi, 1988, I, pag. 2621; TAR Sardegna, 2 giugno 1982, n. 158, ivi, 1982, I, pag. 2072;TAR Abruzzo, L’Aquila, 30 dicembre 1987, n. 620, ivi , 1988, I, pag. 551; TAR Lazio, II, 24 gennaio1992, n. 204, ivi , 1992, I, pag. 487; Consiglio di Stato, Ad. Plen., 9 marzo 1983, n. 1, in Cons. St., 1983,I, pag. 205; Id., IV, 21 dicembre 1985, n. 813, ivi , 1985, I, pag. 1552; TAR Calabria, Catanzaro, 10 set-tembre 1982, n. 257, in TAR, 1982, I, pag. 3249; TAR Piemonte, 27 marzo 1979, n. 184, ivi, 1979, I, pag.1596; TAR Molise, 24 giugno 1980, n. 123, ivi, 1980, I, pag. 3300; TAR Lombardia, Milano, 18 marzo1981, n. 345, ivi, 1981, I, pag. 1633; TAR Abruzzo, Pescara, 9 ottobre 1986, n. 579, ivi , 1986, I, pag. 4155;TAR Lombardia, Milano, II, 11 luglio 2003, n. 3682, in Foro amm. TAR, 2003, pag. 2162; TAR Abruzzo,Pescara, 13 febbraio 2004, n. 208, ivi, 2004, pag. 458, il quale afferma che l’obbligo di astensione e diallontanamento dall’aula sorge per il solo fatto che l’amministratore rivesta una posizione suscetti-

In definitiva, sempre con riguardo agli strumenti urbanistici, debbono distinguersi leprescrizioni aventi carattere astratto, come ad esempio, gli indici di fabbricabilità, dal-le prescrizioni impositive su fondi ben individuati, con diretta delimitazione del di-ritto dei rispettivi proprietari, prescrizioni che, per la natura non programmatica del-l’intervento, implicano la subordinazione dei consiglieri alle regole della incompati-bilità e sugli obblighi dell’astensione; analoghi principi devono trovare applicazioneanche per gli atti di variante degli strumenti urbanistici50.Di particolare interesse è la pronuncia del Consiglio di Stato51, secondo il quale la cir-costanza che nei piccoli Comuni rapporti di parentela o affinità fra amministratori eamministrati costituiscono fenomeno ricorrente ed inevitabile non esclude, ma al con-trario rende ancora più evidente e pressante, l’obbligo per l’Amministrazione comu-nale di affidare ad un terzo (il commissario ad acta, nominato dalla Regione, compe-tente in materia urbanistica) il compito di elaborare la nuova disciplina del territorio,ove l’organo consiliare competente alla sua adozione non sia in grado di esprimereuna maggioranza non inquinata da interessi personali e/o familiari52.Una soluzione potrebbe essere quella di procedere alla votazione separata e fraziona-ta di talune tavole di zonizzazione, senza la presenza di quei consiglieri che possonodi volta in volta astrattamente ritenersi interessati all’adozione dello strumento urba-nistico53.

13.6.3. La sanzione per la mancata astensione

Pertanto, occorre che l’amministrazione comunale annulli le parti che hanno datoluogo a conflitto di interesse e le sostituisca con una variante urbanistica parziale.Ad evitare che durante l’accertamento giudiziale della correlazione che dà origine alconflitto di interessi si producano effetti irreversibili si dispone che è sospesa la vali-dità delle disposizioni del piano urbanistico, per cui dal momento della proposizionedel ricorso non si deve dare attuazione a quelle parti della pianificazione urbanisticache sono oggetto di contestazione.

13.6. ASTENSIONE259LE ADUNANZEDEL CONSIGLIO

bile di determinare, anche in astratto, un conflitto di interesse, a nulla rilevando che lo specifico fineprivato sia stato o meno realizzato e che si sia prodotto o meno un concreto pregiudizio per la p.a.(50) TAR Calabria, Catanzaro, 6 novembre 1991, n. 706, in TAR, 1992, I, pag. 371; TAR Puglia, Lecce,2 novembre 1995, n. 516, ivi, 1996, I, pag. 328.(51) Della IV sezione, 23 maggio 1994, n. 437, in Cons. St. , 1994, I, pag.701.(52) Al commissario non compete l’onere di procedere necessariamente alla rinnovazione dell’istrut-toria precedentemente condotta (Consiglio di Stato, IV, 4 marzo 2003, n. 1191, in Foro amm.CDS, 2003,pag. 907).(53) Nella specie, variante generale al piano regolatore: TAR Lazio, II bis, 19 luglio 2002, n. 6506, inTAR 2002, I, pag. 2811.(54) Cfr., in terminis, TAR Abruzzo, Pescara, 22 febbraio 2002, n. 271, in TAR, 2002, I, pag. 1520; TARCalabria, Catanzaro, I, 20 marzo 2003, n. 835, ivi, 2003, I, pag. 2255.

A sanzionare il mancato rispetto dell’obbligo di astensione, l’art. 78, comma 4,D. Lgs. 267/2000, dispone che in presenza di piani urbanistici (generali o di at-tuazione), se la correlazione immediata e diretta è stata dimostrata, ossia accer-tata, con sentenza passata in giudicato, le parti di strumento urbanistico che co-stituiscono oggetto della correlazione tra il contenuto del provvedimento e l’in-teresse specifico dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado,sono da considerarsi inefficaci54.

Ultimato l’accertamento, si avrà la sentenza di accertamento della correlazione (equindi l’obbligo di rivedere la pianificazione)o di non luogo a procedere, con conte-stuale venir meno degli effetti sospensivi.Trova applicazione, nella fattispecie, l’art. 323 c.p., il quale punisce il pubblico ufficia-le che, nello svolgimento delle funzioni, in violazione di norme di legge o di regola-mento ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un pros-simo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri uningiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto. Salvo cheil fatto non costituisca un più grave reato, è comminata la pena della reclusione dasei mesi a tre anni, aumentabile nei casi in cui il vantaggio o il danno abbiano un ca-rattere di rilevante gravità.

13.6.4. L’obbligo di allontanamento dall’aula Sotto la vigenza dell’abrogata legislazione la questione relativa all’allontanamentodall’aula del consigliere che era obbligato ad astenersi, era stata risolta dall’art. 279t.u. com. prov. 1934, il quale al secondo comma così disponeva: “il divieto di cui sopra(di prendere parte alle deliberazioni) importa anche l’obbligo di allontanarsi dalla sala del-le adunanze durante la trattazione di detti affari”. La ratio della disposizione è evidente: si vuole impedire che anche la sola presenza delconsigliere obbligato ad astenersi possa influenzare gli altri consiglieri nella discus-sione e nella votazione55.L’obbligo di allontanarsi dalla sala delle adunanze decorre dall’inizio della discussio-ne e permane per tutta la durata della trattazione dell’affare56.

Poiché l’obbligo di ritirarsi dall’adunanza, durante la discussione e la deliberazionedi oggetti relativi ad interessi propri o di congiunti sino al quarto grado, competevapure al segretario (secondo l’art. 279, comma terzo, t.u. com. prov. 1934)57, occorre cheil regolamento disciplini anche tale adempimento.

13.6.5. Casistica

MANUALE DEL CONSIGLIERE 260

L’art. 78, comma 2, che regola ex novo, a seguito dell’abrogazione dell’art. 279unitamente a quella dell’art. 290 t.u. com. prov. 1915, l’obbligo di “astenersi dalprendere parte alla discussione ed alla votazione”, non disciplina l’obbligo diallontanamento dall’aula, per cui occorre che il regolamento prescriva tale do-vere, aggiungendo all’obbligo di non prendere parte alla discussione, che nonesclude la presenza fisica del consigliere, anche il suo allontanamento dall’au-la, al fine di consentire un più sereno dibattito.

(55) Consiglio di Stato, IV 7 giugno 1967, in Nuova rass., 1968, pag. 57, il quale afferma che il consi-gliere che si allontana dall’aula assicura un più libero e sereno dibattito. (56) TAR Lombardia, Milano, 26 febbraio 1996, n. 229, in TAR, 1996, I, pag. 1297; Id., 4 luglio 1996, n.940, ivi, 1996, I, pag. 3121.(57) TAR Puglia, Bari, 25 agosto 1983, n. 556, in TAR, 1983, I, pag. 3027.

Orientamenti di giurisprudenzaSulla copiosa giurisprudenza, che si è formata in merito e di cui abbiamo giàfatto cenno, si annotano i seguenti ulteriori orientamenti:

(segue)

13.6. ASTENSIONE261LE ADUNANZEDEL CONSIGLIO

- in via generale, deve osservarsi il principio, secondo il quale il dovere di asten-sione da parte degli amministratori locali, quando vengono trattati argomentiche riguardano loro stessi o i prossimi congiunti, sussiste soltanto nei casi incui debbono essere adottate determinazioni discrezionali, mentre quando gliatti da deliberazione sono vincolati dalle norme, la loro partecipazione alle se-dute non è rilevante ai fini della legittimità della deliberazione58;

- è da escludersi l’interesse privato nei confronti del consigliere che abbia di-feso in giudizio civile la persona interessata alla deliberazione59;

- l’azione per danni intentata da parte di un privato contro l’amministrazione,in solido con alcuni amministratori, non produce per questi una posizioneantagonista con l’organo di cui fanno parte, per cui non sussiste l’obbligodell’astensione60;

- in sede di adozione di una deliberazione relativa all’occupazione d’urgenzadi un’area destinata alla costruzione di un’opera pubblica (nella specie, unimpianto di fognatura), deve escludersi la configurazione di uno specificoobbligo di astensione a carico dei consiglieri che siano proprietari di aree ser-vite dall’opera stessa, a meno che non si provi, in modo preciso e concreto,che la deliberazione sia stata assunta in considerazione anche della posizio-ne soggettiva di tali consiglieri61;

- è illegittima la deliberazione alla quale abbia partecipato un componente insituazione di incompatibilità in quanto socio della società destinataria delprovvedimento collegiale, a nulla rilevando la circostanza dell’avvenuta di-smissione dalla carica societaria, qualora tale fatto non sia stato trascritto neiregistri delle imprese62;

- tra i congiunti non deve essere compreso il tutore, il quale è titolare di un uf-ficio pubblico, esclusivamente preordinato alla cura di interessi del minore,senza alcun coinvolgimento del legale rappresentante63;

- nelle ipotesi in cui l’obbligo di astensione si manifesti a seguito della presen-tazione di emendamenti alla deliberazione, il consigliere è tenuto ad astener-si, non per tutta la durata della trattazione della deliberazione, ma per la so-la discussione e votazione di quegli emendamenti che siano suscettibili diprovocare il conflitto di interessi tra il Comune ed il consigliere64;

- in caso di esposti o denunce contro alcuni amministratori da parte di un cit-tadino, le deliberazioni che riguardano quest’ultimo debbono essere adotta-te con l’astensione di chi forma oggetto delle predette denunce o esposti, do-vendosi ritenere il denunciante in posizione di conflitto con l’amministrato-re denunciato, e tale posizione integra la situazione di “interesse”, causa diincompatibilità65.

(continua)

(58) TAR Sardegna, 13 aprile 1988, n. 250, in TAR, 1988, I, pag. 1950; TAR Lazio, II, 1 febbraio 1988,n. 227, ivi, 1988, I, pag. 724.(59) Consiglio di Stato, V, 9 maggio 1964, n. 541, in Cons. St., 1964, I, pag. 926.(60) Consiglio di Stato, IV, 13 gennaio 1981, n. 5, in Cons. St., 1981, I, pag. 14.(61) TAR Piemonte, II, 22 maggio 1989, n. 389, in TAR, 1989, I, pag. 2302.(62) Consiglio di Stato, V, 5 febbraio 1993, n. 239, in Cons. St, 1993, I, pag. 182.(63) TAR Liguria, 21 febbraio 1987, n. 85, in TAR , 1987, I, pag. 1404.(64) TAR Abruzzo, L’Aquila, 16 novembre 1985, n. 495, ivi, 1986, I, pag. 273; Consiglio di Stato, 14 no-vembre 1902, in Riv. amm. , 1903, pag. 60.(65) Consiglio di Stato, V, 7 aprile 1978, n. 408, in Cons. St. , 1978, I, pag. 623; TAR Emilia-Romagna,Bologna, II, 24 gennaio 1989, n. 36, in TAR, 1989, I, pag. 960; TAR Sicilia, Catania, 31 gennaio 1996, n.58, ivi, 1996, I, 1pag. 120.

13.7.1. Il calcolo della maggioranza

Il quorum funzionale normale per l’adozione delle deliberazioni del Consiglio era sta-bilito dall’art. 298, comma terzo, t.u. com. prov. 1915, che richiedeva la maggioranzaassoluta (metà più uno) dei votanti. La norma non è stata richiamata in vigore dallalegge 142, per cui è stato conferito ai Comuni ed alle Province il potere di provvede-re in merito, sia in sede statutaria, sia - preferibilmente - in occasione della regolamen-tazione delle adunanze del Consiglio.Gli enti, nel provvedere in merito, si sono attenuti alla previgente normativa, anche inconsiderazione del fatto che il quorum della maggioranza assoluta dei votanti è un prin-cipio generale del nostro ordinamento, che trova cittadinanza nei confronti di tutti gliorgani collegiali, al pari dell’altro principio relativo alle nomine od elezioni, nelle qualisi intende eletto, tra più candidati, chi consegue la maggioranza relativa dei voti66. Questi principi, è bene precisare, trovano applicazione in via normale, a condizione,cioè, che non siano stabilite maggioranze speciali, ai fini dell’approvazione di parti-colari oggetti, come nel caso dello statuto, in cui i quorum, rispettivamente, della pri-ma e delle altre votazioni sono ragguagliate ai due terzi o alla maggioranza assoluta,non dei votanti, ma dei consiglieri assegnati; come nel caso dell’art. 52 D. Lgs.267/2000, in cui la mozione di sfiducia è validamente approvata per appello nomina-le con la maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio.Nella descrizione dei requisiti necessari per acquisire la prescritta maggioranza, ci at-terremo alla normativa previgente, per il fatto che la maggioranza dei Comuni ad es-sa ha fatto riferimento, nel disciplinare la materia.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 262

Quorumfunzionale

13.7. Il numero legale per la validità delle votazioni

La deliberazione è valida, ossia efficace, quando alla sua determinazione abbiapartecipato un certo numero di votanti (quorum funzionale), il quale può an-che non coincidere con il numero necessario per la regolare costituzione delcollegio (quorum strutturale, su cui ved. retro, 13.1).

Per il conseguimento del quorum funzionale, occorre tener presenti i seguentiprincipi:

- chi dichiara di astenersi (astensione volontaria ) e chi è obbligato ad aste-nersi non si computa tra i votanti (art. 49, commi primo e secondo, Reg.1911). È chiaro che, qualora non sia stata accolta questa disposizione gli aste-nuti debbono essere inclusi nel numero dei votanti, ai fini della validità delquorum funzionale, con tutte le conseguenze che ne derivano.67;

- coloro che escono dalla sala prima della votazione non si computano tra ivotanti (art. 49, ultimo comma, Reg. 1911);

- le schede bianche e le non leggibili (comprese quelle nulle) si computanoper determinare la maggioranza dei votanti (art. 298, quarto comma, t. u.com. prov. 1915). Era fonte di vivo contrasto quest’ultima disposizione, quel-la di considerare tra i votanti le schede bianche, data la sostanziale analogiatra chi dichiara di astenersi nelle votazioni palesi (e non è computato) e chivota scheda bianca nelle votazioni segrete (ed è computato tra i votanti).

(66) Consiglio di Stato, VI, 14 novembre 1969, n. 720, in Cons. St., 1969, I, pag. 3228; TAR Molise, 28aprile 1981, n. 71, in TAR, 1981, I, pag. 2301, confermata da Consiglio di Stato, V, 15 dicembre 1983,

Ma se di fronte alla chiara disposizione dell’art. 298, le dispute dottrinarie non aveva-no, nel passato, alcuna rilevanza, ora è consentito riparare a tale disparità di tratta-mento e considerare le schede bianche e non leggibili alla stregua degli astenuti e,quindi, non essere annoverate tra i votanti.La maggioranza assoluta dei votanti è data dalla metà più uno dei voti validi, se i vo-tanti sono in numero pari o da quel numero che, moltiplicato per due, supera di unaunità il numero dei votanti, se questi sono in numero dispari. In taluni casi, come abbiamo rilevato, la maggioranza assoluta è calcolata sui consi-glieri assegnati, che sono quelli previsti dalla legge, come per l’approvazione dellostatuto (art. 6 D.Lgs. 267/2000), altra volta sui componenti il Consiglio, intesi come iconsiglieri in carica, come per l’approvazione della mozione di sfiducia (art. 52) o perla dichiarazione di immediata esecutività delle deliberazioni (art. 134, comma 4); inaltri casi, la maggioranza assoluta è computata sui consiglieri in carica, ma a condi-zione che non sia inferiore al terzo dei consiglieri assegnati (artt. 10 e 15 del r.d. 2578del 1925).Nel computo della maggioranza dei votanti deve computarsi anche il Sindaco che è apieno titolo componente del Consiglio.

13.7.2. La parità di voti Qualora una proposta, messa ai voti, ottenga la parità dei voti favorevoli e contrari,si discute se essa debba essa considerata respinta oppure né approvata, né respinta,ma semplicemente non adottata. La disputa si riduce, poi, in sostanza, a stabilire se la proposta - respinta o non appro-vata - possa essere ripresentata alla votazione nella stessa od in altra seduta. È da ri-tenere che con la proclamazione dell’esito della votazione, il procedimento delibera-tivo si sia esaurito e che non sia, quindi, più possibile ritornare nella stessa seduta sudi esso, a meno che non si sia verificato un vizio nella votazione ed in tale caso il Con-siglio può decidere di rifare immediatamente le operazioni di voto68.

In alcuni collegi è previsto che, in caso di parità di voti, prevalga il voto del presiden-te, sempre, ovviamente, che si tratti di votazioni palesi. Una tale disposizione, che po-trebbe trovare utile collocazione nel regolamento della Giunta, è dubbio che possatrovare cittadinanza in quello del Consiglio, “in quanto la prevalenza data al voto delpresidente costituisce in un certo senso una violazione dell’autonomia della volontàcollegiale e della par condicio di tutti i componenti del collegio”69.

13.7. IL NUMERO LEGALE PER LA VALIDITÀ DELLE VOTAZIONI263LE ADUNANZEDEL CONSIGLIO

n. 747, in Cons. St., 1983, I, pag. 133; TAR Molise, 6 dicembre 1982, n. 217, in TAR, 1983, I, pag. 654;TAR Emilia-Romagna, Parma, 19 agosto 1986, n. 275, ivi, 1986, I, pag. 3359. (67) TRGA Trentino Alto Adige, Bolzano, 24 giugno 1993, n. 127, in I TAR, 1993, I, pag. 3098; TAREmilia-Romagna, Bologna, II, 12 aprile 1991, n. 247, ivi , 1991, I, pag. 1814; Cons. di Stato, V, 21 giu-gno 1985, n. 241, in Cons. di St. , 1985, I, pag. 709.(68) In tal senso, Consiglio di Stato, V, 26 settembre 1952, n. 1122, in Riv. amm., 1953, pag. 199; Id., IV,30 dicembre 1982, n. 916, in Cons. St., 1982, I, pag. 1542. (69) GALATERIA, Gli organi collegiali amministrativi, Milano, 1973, vol. II, pag. 128.

Pertanto, nel caso che si sia adottata una deliberazione a parità di voti e non siriscontri in essa alcun requisito di invalidità della votazione, non rimane altro- a nostro avviso - che riprendere da capo l’iter procedurale, ripresentando laproposta in altro ordine del giorno di una successiva seduta.

L’opportunità di nominare gli scrutatori è avvertita in particolar modo per le votazio-ni segrete, in quanto per quelle palesi, considerata “la facilità di un immediato con-trollo dell’esito della votazione da parte dei consiglieri, l’opera degli scrutatori appa-re inutile”70.La scelta degli scrutatori è effettuata dal Presidente o dal Consiglio o per estrazione,a seconda delle disposizioni regolamentari o della prassi; è opportuno che sia pre-scritta la presenza tra gli scrutatori, di un consigliere della minoranza.Secondo l’art. 162 reg. 1911 si prescriveva che nelle votazioni segrete le schede, perqualsiasi motivo contestate od annullate, dovessero essere vidimate dal Presidente,da almeno uno degli scrutatori e dal segretario, per essere conservate in archivio, alfine di consentire l’eventuale controllo da parte del giudice amministrativo, in caso dicontestazioni sulla regolarità della votazione; tale norma è opportuno che venga ri-pristinata, con l’ulteriore previsione che le altre schede, quelle valide, siano distrutte,a garanzia della segretezza del voto.È accaduto che un consigliere, dopo la votazione a schede segrete e la proclamazionedell’esito della stessa, dichiari di essere incorso in un errore e chieda di ripetere la vo-tazione. Il Consiglio di Stato ha dato risposta negativa, in quanto tale ripetizione po-trebbe agevolmente portare a rendere palese il voto71.Ultimato l’esame degli argomenti posti all’ordine del giorno, il Presidente dichiarachiusa la seduta, oppure dispone il proseguimento in altra adunanza, per l’esame de-gli oggetti dei quali non è iniziata od ultimata la discussione.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 264

13.8. Proclamazione dell’esito della votazione

Ultimate le votazioni, il Presidente, con l’assistenza di consiglieri (scrutatori),che secondo la precedente legislazione erano indicati in numero di tre (art. 299t.u. com. prov. 1915), ne riconosce l’esito e, quindi, proclama il risultato dellevotazioni.

(70) Consiglio di Stato, V, 25 marzo 1966, n. 508, in Nuova rass., 1966, pag. 2653, che si riferisce, pre-cipuamente, alle votazioni all’unanimità; TAR Piemonte, 27 giugno 1974, n. 39, ivi, 1975, pag. 425;TAR Sardegna, 2 giugno 1982, n. 158, in TAR, 1982, I, pag. 2702; Id., 10 giugno 1982, n. 294, ivi, 1982,I, pag. 2783; Id., 27 maggio 1994, n. 624, ivi, 1994, I, pag. 2939; Id., 21 ottobre 1994, n. 1821, ivi, 1994,I, pag. 4709.(71) Consiglio di Stato, 14 aprile 1886, citata da CHECCHI, Gli organi del Comune. Il Consiglio comuna-le, in Corr. amm., 1956, Suppl. al n. 18, pag. 172, il quale riporta altra decisione del Consiglio di Stato,17 giugno 1904, secondo la quale, ove prima di cominciare lo spoglio delle schede, si riscontri un nu-mero differente da quello dei votanti, non si commetterà violazione di legge se si annullino tutte leschede - con l’osservanza delle prescrizioni di cui all’art. 162, sopra illustrate - e si proceda ad unanuova votazione.

14.1. L’organo verbalizzante

14. Il verbale delle adunanze

Alle adunanze del Consiglio “partecipa” il segretario comunale o provinciale, nonsolo in qualità di legale consulente, ma anche di pubblico ufficiale che stende il pro-cesso verbale della seduta (art. 97, comma 4, lett. a, D. Lgs. 267/2000). Non è richiestala presenza del segretario o del funzionario verbalizzatore quando il Consiglio scelgauno dei suoi membri a svolgere le funzioni da segretario, unicamente allo scopo dideliberare su un determinato oggetto e con l’obbligo di farne espressa menzione nelverbale4, ricorrendo nella specie un’ipotesi di luriennalireatibi, in quanto il consiglie-re, che continua a partecipare regolarmente ai lavori del Consiglio, diventa verbaliz-zatore di se stesso5. Il segretario deve ritirarsi dall’adunanza quando si trovi in uno dei casi che determi-nano l’obbligo dell’astensione.Il verbale, come atto proveniente da pubblico ufficiale, fa fede, sino a querela di fal-so, delle dichiarazioni delle parti e dei fatti che il segretario attesta avvenuti in suapresenza o da lui compiuti (art. 2700 cod. civ.). Esso non attiene al procedimento de-

(1) SANDULLI, Il procedimento amministrativo, Milano, 1959 (ristampa), pag. 238.(2) Consiglio di Stato, VI, 28 maggio 1993, n. 388, in Cons. St., 1993, I, pag. 724.(3) TAR Lombardia, Brescia, 1 marzo 1994, n. 92, in TAR., 1994, I, pag. 1893; TAR Abruzzo, L’Aquila,31 luglio 1995, n. 576, ivi , 1995, I, pag. 4290; TAR Emilia-Romagna, Bologna, II, 20 novembre 1997, n.759, ivi, 1998, I, pag. 158.(4) GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1970, vol. II, pag. 982.(5) È stata, infatti, ritenuta legittima la deliberazione consiliare che affida le funzioni di segretario adun consigliere, nel caso in cui sia vacante il posto di segretario e il reggente o sostituto sia assente(Consiglio di Stato, V, 26 marzo 1955, n. 468, in Riv. amm. , 1956, pag. 45.

Tutta l’attività consiliare, che abbiamo sin qui descritto è documentata in appo-sito atto, che prende il nome di verbale delle adunanze, documento richiestoe configurato, con l’atto deliberativo, come unico atto composto, i cui elementicostitutivi sono l’atto documentato (deliberazione) ed il documento (verbale).1È, ovviamente, prescritta la forma scritta2 , con la conseguenza che la mancataredazione del verbale di una deliberazione collegiale, impedisce alla deliberastessa di venire a giuridica esistenza3.

Il segretario

liberativo, che si esaurisce e si perfeziona con la proclamazione del risultato della vo-tazione, ma assolve ad una funzione di mera certificazione dell’attività dell’organodeliberante6.Secondo la prassi, per la stesura dei verbali di Giunta e Consiglio, il segretario si av-vale del c.d. brogliaccio, nel quale annota i punti principali ed i fatti salienti verifica-tisi nella seduta, come pro-memoria, ossia come annotazioni, che non rivestono, pe-rò, il valore di atto pubblico, assimilabile a quello del verbale.Esso ha 2a stessa efficacia giuridica del resoconto stenografico o della registrazione sunastro magnetico della seduta, strumenti che costituiscono soltanto validi mezzi perla stesura del verbale, ma che non possono essere considerati alla stregua di un docu-mento pubblico o di un atto pubblico, ma mezzo strumentale e probatorio, per cui èinsufficiente ad esprimere la volontà dell’ente una motivazione dell’atto collegiale in-serita nel c.d. brogliaccio della seduta, in quanto tale atto, anche se preordinato comeregistro di memoria alla futura verbalizzazione, in difetto di quest’ultima, resta privodi rilevanza esterna, oltre che sfornito di ufficialità ed autenticità7.Per tale sua natura, il brogliaccio non è accessibile ai consiglieri, in quanto i relativiappunti in ordine alle opinioni espresse e alle valutazioni manifestate dai membriconsiliari non integrano un documento amministrativo8.Tuttavia, qualora fossero apposte al brogliaccio delle firme, esse farebbero assumereal documento il carattere di atto pubblico che fa fede delle cose ivi documentate; maper la limitatezza dei fatti descritti non potrà essere parificato al verbale della seduta,a meno che in esso siano contenuti tutti gli elementi propri del verbale, nel quale ca-so non si tratterebbe più di un mezzo strumentale, ma di un vero e proprio documen-to, assimilabile al verbale, e soggetto alla lettura ed alla approvazione.È pertanto consigliabile che il regolamento che disciplina le adunanze del Consiglio edella Giunta non prescriva l’obbligatorietà della tenuta e della stesura del brogliaccioe, qualora fosse prevista, è opportuno che si specifichi l’efficacia ed il fine per il qua-le è predisposto9.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 266

14.2. Contenuto

Circa il contenuto del verbale, si richiedono i seguenti elementi (cfr. art. 161reg. 1911; art. 300 t.u. com. prov. 1915; art. 10 del d.P.C.M. 10 novembre 1993,recante il regolamento interno del Consiglio dei ministri, che offre utili indica-zioni, sul contenuto del verbale):

(6) TAR Lazio, I, 10 ottobre 1991, n. 1703, in TAR, 1991, I, pag. 3687. (7) TAR Lazio, II, 11 ottobre 1983, n. 880, in TAR, 1983, I, pag. 3109.(8) TAR Lombardia, Brescia, 31 dicembre 2003, n. 1823, in Foro amm. TAR, 2003, pag. 3457.(9) È stato ritenuto dal magistrato ordinario costituire falsità ideologica l’avere il segretario comuna-le annotato nel brogliaccio una deliberazione inesistente (Tribunale di Venezia, 2 aprile 1986, in Giur.merito , 1986, II, pag. 1151, con nota di CACCIAVILLANI).Questa decisione attribuisce al brogliaccio l’efficacia propria dell’atto pubblico, anche se, dalla deci-sione, non è dato rilevare i suoi rapporti con il verbale, in quanto le cose mutano notevolmente sel’asserito inserimento della deliberazione inesistente ha trovato collocazione pure nel verbale, poichénel caso in cui tale eventualità non si fosse verificata nessun appunto può essere mosso - a nostro av-viso - al segretario.

(segue)

14.2. CONTENUTO 267

IL VERBALEDELLE

ADUNANZE

(segue)

(continua)

- data, luogo, l’ora di apertura e quella di chiusura della adunanza;- gli estremi dell’atto di convocazione, se la seduta è ordinaria, straordinaria

o d’urgenza; legittimati a dolersi del carattere d’urgenza possono essere so-lo i consiglieri, a presidio del cui diritto ad intervenire alla seduta sulla basedi un sufficiente ed adeguato esame preliminare delle questioni da discute-re è posta la norma, di cui all’art. 125 t.u. com. prov. 191510;

- il nominativo di chi presiede la seduta;- chi svolge le funzioni di segretario;- quali siano i consiglieri presenti e quali abbiano giustificato l’assenza;- l’ordine del giorno, con specifica indicazione degli argomenti inseriti nel-

l’eventuale elenco suppletivo;- indicazione, in modo preciso e fedele, dei punti principali delle discussioni,

senza che sia necessaria la riproduzione integrale delle stesse11. In merito,deve tenersi presente che il dibattito e gli interventi dei consiglieri non costi-tuiscono mai motivazione dell’atto amministrativo collegiale, il quale deveessere sorretto da una motivazione giuridicamente propria, essendo gli in-terventi dei singoli consiglieri del tutto inidonei a palesare il percorso di for-mazione della volontà amministrativa12. In alcuni enti locali, tuttavia, è in-valso l’uso, facendo ricorso alla stesura stenografica ed alla registrazione sunastro magnetico, della verbalizzazione integrale delle sedute. In merito, èstato deciso che non sussiste alcun principio di diritto che imponga la con-servazione dei resoconti stenografici e delle registrazioni delle riunioni di unorgano collegiale dopo l’approvazione del processo verbale il quale, unavolta letto, approvato e sottoscritto è un atto pubblico che fa fede sino a que-rela di falso13.

Tuttavia, qualora nel corso della seduta siano insorte contestazioni sulla veri-dicità di talune affermazioni e sia stata data notizia di denuncia all’autorità giu-diziaria oppure si siano verificati fatti di tale gravità da configurare gli estremidi un reato, in presenza dei quali corre l’obbligo per il presidente e per il segre-tario di procedere alla denunzia alla predetta autorità, è buona norma conser-vare anche le testimonianze dei resoconti stenografici e delle registrazioni etenerle a disposizione, per l’eventuale inoltro all’autorità giudiziaria che ne fac-cia richiesta;

- l’elenco dei presenti ad ogni singola votazione, con l’indicazione dei consi-glieri che si sono astenuti, per obbligo di legge o volontariamente o che si so-no allontanati dall’aula prima della votazione;

- il tipo di votazione adottato: palese o segreta, anche se, trattandosi di vota-

(10) Consiglio di Stato, 24 giugno 2003, n. 3818, in Foro amm. CS,, 2003, pag. 1866: nella specie, la do-glianza veniva sollevata da cittadini privati, che deducevano la mancanza di motivazione a sostegnodella convocazione d’urgenza del Consiglio.(11) TAR Lombardia, Milano, 14 maggio 1983, n. 758, in TAR , 1983, I, pag. 2049.(12) TAR Toscana, II, 20 marzo 2003, n. 1051, in Foro amm. TAR, 2003, pag. 897; TAR Lazio, I, 5 luglio2001, n. 6139, in TAR, 2001, I, pag. 2696, il quale rileva che l’iter logico seguito nell’adozione di unadelibera deve emergere da quest’ultima e non anche dal verbale, il quale ha il solo scopo di certifi-care i fatti storici già accaduti e di dare certezza a determinazioni che sono già entrate e far parte delmondo giuridico dalla data in cui sono state adottate.(13) Consiglio di Stato, VI, 25 maggio 1993, n. 383, in Cons. St. , 1993, I, pag. 716.

Per quanto concerne l’obbligo del segretario di riportare a verbale le frasi oltraggio-se, si ritiene che egli possa ometterle, a meno che non gli sia richiesta esplicitamentela verbalizzazione. Nei confronti delle deliberazioni illegittime, si ritiene che sia suo dovere richiamarel’attenzione del Consiglio sulle conseguenze giuridiche derivanti dall’adozione delprovvedimento, dovere che è positivamente stabilito, in quanto egli è considerato, co-me abbiamo sopra visto, organo di consulenza del Consiglio (art. 97, comma 2, D.Lgs.267/2000).

MANUALE DEL CONSIGLIERE 268

zione palese non è necessaria alcuna particolare indicazione diversa dallasemplice indicazione dei presenti e dei votanti14;

- l’indicazione dei nominativi degli scrutatori scelti;- l’indicazione delle eventuali schede bianche o nulle o illeggibili o contestate e

l’annotazione che le schede contestate o annullate sono state vidimate dalpresidente, dal segretario e da almeno uno scrutatore;

- di ogni proposta deve essere indicato il numero dei voti favorevoli e contra-ri. È questa una condizione essenziale, che dalla giurisprudenza è richiestaa pena di nullità della deliberazione15; fa eccezione il caso in cui il verbale re-chi l’indicazione che la deliberazione è stata assunta ad unanimità dei voti16. Non è condivisibile l’isolato orientamento giurisprudenziale17, secondo ilquale “nel caso in cui il verbale della deliberazione adottata dall’organo col-legiale non indica il numero dei voti favorevoli e di quelli contrari si presu-me che la deliberazione sia stata adottata all’unanimità”, in quanto non èpossibile risalire alla effettiva volontà dei componenti il collegio;

- per le deliberazioni concernenti persone è bene farsi constare nel verbale, ol-tre alla votazione segreta, se prescritta, che si è tenuta seduta segreta;

- la menzione della proclamazione dell’esito delle votazioni da parte del pre-sidente;

- la menzione dei provvedimenti di richiamo, di sospensione, scioglimentodella seduta disposti dal presidente.

(continua)

(10) Consiglio di Stato, 24 giugno 2003, n. 3818, in Foro amm. CS,, 2003, pag. 1866: nella specie, la do-glianza veniva sollevata da cittadini privati, che deducevano la mancanza di motivazione a sostegnodella convocazione d’urgenza del Consiglio.(11) TAR Lombardia, Milano, 14 maggio 1983, n. 758, in TAR , 1983, I, pag. 2049.(12) TAR Toscana, II, 20 marzo 2003, n. 1051, in Foro amm. TAR, 2003, pag. 897; TAR Lazio, I, 5 luglio2001, n. 6139, in TAR, 2001, I, pag. 2696, il quale rileva che l’iter logico seguito nell’adozione di unadelibera deve emergere da quest’ultima e non anche dal verbale, il quale ha il solo scopo di certifi-care i fatti storici già accaduti e di dare certezza a determinazioni che sono già entrate e far parte delmondo giuridico dalla data in cui sono state adottate.(13) Consiglio di Stato, VI, 25 maggio 1993, n. 383, in Cons. St. , 1993, I, pag. 716.(14) Cons. giust. amm. sic., 28 dicembre 1990, n. 442, in Cons. St., 1990, I, pag. 1602.(15) Consiglio di Stato, V, 3 luglio 1953, n. 466, in Riv. amm. , 1954, pag. 354; TAR Sardegna, 15 otto-bre 1982, n. 367, in TAR , 1982, I, pag. 3659.(16) TAR Toscana, II, 20 settembre 1990, n. 453, in TAR, 1990, I, pag. 3949; TAR Molise, 19 ottobre1987, n. 180, ivi, 1987, I, pag. 4217; TAR Lombardia, Milano, 21 dicembre 1995, n. 1562, ivi, 1996, I,pag. 484; TAR Piemonte, I, 21 dicembre 2002, n. 2101, ivi, 2003, I, pag. 671. (17) Consiglio di Stato, V, 11 dicembre 1981, n. 698, in Cons. St ., 1981, I, pag. 1454.

Nel caso in cui il deliberato o la discussione concreti gli estremi del reato sarà dove-re del segretario – fermo restando l’obbligo della verbalizzazione – informare dellacosa l’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 361 del codice penale, che punisce il pub-blico ufficiale il quale omette o ritarda di denunziare all’autorità giudiziaria o ad al-tra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia acausa delle sue funzioni.Per quanto concerne l’uso della lingua propria di una minoranza linguistica nelleadunanze del Consiglio comunale, premesso che la verbalizzazione deve essere fattacomunque in italiano, è stato deciso che, allo stato della normativa vigente, l’unicaforma consentita del dialetto “è una dichiarazione resa dallo stesso interessato nelledue lingue, di cui l’unica a fare testo rimane quella italiana”, in quanto “un’eventua-le traduzione non ufficiale scinderebbe il legame tra chi pronuncia l’intervento e chilo traduce, con l’impossibilità pratica di individuare eventuali responsabilità”18. A questi principi si ispirano le leggi che disciplinano la materia, stabilendo che neiComuni individuati dal Consiglio provinciale i membri dei Consigli comunali e deglialtri organi a struttura collegiale (come le Comunità montane) possono usare, nell’at-tività degli organismi medesimi, la lingua ammessa a tutela (ossia, la lingua e la cul-tura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e diquelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sar-do, ai sensi dell’art. 7 della l. 15 dicembre 1999, n. 482 e la lingua slovena, in virtù del-l’art. 9 della l. 23 febbraio 2001, n. 38).Per rendere effettivo l’esercizio di tale facoltà il Comune deve prevederne l’uso nellostatuto e nel regolamento, con l’indicazione delle forme e delle modalità degli inter-venti in lingua minoritaria da parte dei membri degli organi elettivi e garantireun’immediata traduzione in lingua italiana da parte di personale interprete qualifica-to, qualora uno o più componenti degli organi collegiali dichiarino di non conoscerela lingua ammessa a tutela (art. 4 d.P.R. 2 maggio 2001, n. 345). Disposizione questache crea non pochi oneri a carico del bilancio degli enti locali.

La lettura serve a verificare la corrispondenza tra l’attività descritta nel verbale equella svoltasi all’adunanza. L’approvazione esprime il consenso dell’assemblea sulla predetta corrispondenza; inquesta sede, ogni consigliere potrà chiedere che al documento vengano apportatequelle rettificazioni e precisazioni (es. dichiarazioni di voto) che valgono a renderepiù chiara l’esposizione storica dei fatti19.

14.3. LETTURA, APPROVAZIONE, SOTTOSCRIZIONE 269

IL VERBALEDELLE

ADUNANZE

14.3. Lettura, approvazione, sottoscrizione

Secondo l’abrogata legislazione – ma la normativa trova applicazione nei con-fronti di tutti gli organi collegiali – i verbali debbono essere letti, approvati esottoscritti. I singoli adempimenti hanno una loro precisa e separata rilevanza.

(18) TAR Friuli-Venezia Giulia, 15 luglio 1996, n. 783, in TAR , 1996, I, pag. 3181.(19) TAR Lombardia, Milano, 23 aprile 1983, n. 615, in TAR , 1983, I, pag. 2016, che ha ritenute legit-time le integrazioni successive all’attività di documentazione, sempre che le dichiarazioni siano let-te ed approvate dall’organo collegiale e sottoscritte dal presidente, dal componente anziano e dal se-gretario.

È stato rilevato che si può parlare di errore materiale nella redazione del verbale del-la riunione solo quando l’errore appaia ictu oculi evidente a tutti da un semplice esa-me del testo del provvedimento, ma non quando l’errore stesso non consenta di rico-struire lo svolgimento dei fatti ed il processo formativo della determinazione assun-ta, vertendosi, in questo caso, in un vizio della volontà dell’organo e, pertanto, in unvizio di legittimità, non eliminabile con la semplice correzione20. La sottoscrizione ha lo scopo di attestare la provenienza del documento dal collegio

deliberante, ossia di verificare e garantire la rispondenza della trascrizione con quan-to discusso e deliberato dal Consiglio21. Secondo l’abrogato art. 301 t.u. com. prov. 1915 i verbali dovevano essere firmati dalPresidente, dal membro anziano tra i presenti e dal segretario, ma con una valenzadifferenziata, poiché mentre si riteneva che la mancanza della firma del consigliereanziano non generasse nullità, bensì semplice annullabilità22, era, invece, consideratacausa di nullità (ossia inidoneità a produrre effetti) della deliberazione del Consigliola mancata sottoscrizione da parte del Presidente e del segretario23. La materia è, oggi, demandata alla competenza regolamentare, la quale può attener-si alla descritta normativa oppure disciplinarla ex novo, tenendo conto, tuttavia, che èindispensabile la sottoscrizione del Presidente, ossia di chi dirige i lavori del Consi-glio e del segretario, che è colui che li documenta.Non è richiesta la redazione del verbale durante la seduta, in modo che sia ultimataal termine della stessa, essendo sufficiente che avvenga in un tempo successivo e nonsia protratta a tempo indefinito24.L’approvazione, secondo la prassi, non si concreta in una formale deliberazione, main una semplice presa d’atto del collegio, sulla rispondenza al vero del verbalizzato.E poiché tale verificazione è fatta in una seduta successiva, la sottoscrizione deve – anostro avviso – essere effettuata dalle persone (Presidente, segretario, consigliere an-ziano) presenti a quest’ultima seduta. Non rileva che i sottoscrittori siano stati tutti oalcuni o nessuno presenti all’adunanza cui si riferisce il verbale, in quanto il loro com-pito si risolve, semplicemente, nella verificazione dell’avvenuta presa d’atto da partedel collegio. Sarà, invece, necessaria la sottoscrizione dei presenti all’adunanza cui si riferisce ilverbale, qualora l’ estratto della deliberazione sia affisso all’albo pretorio, prima del-l’approvazione del verbale. In tale evenienza, potendo variare a seconda degli ogget-ti da trattare la persona del Presidente, del consigliere anziano e del segretario, nellasottoscrizione dovrà tenersi conto delle varie sostituzioni.Il problema relativo alla possibilità della delega alla Giunta della lettura ed approva-zione del verbale, oggetto di vive dispute nel passato, è stato risolto dalla l. 142, e dal-la legislazione successiva, che non consente al Consiglio di delegare sue funzioni al-l’organo esecutivo.Una volta che sia approvato il verbale, il Presidente e il segretario non hanno potere –

MANUALE DEL CONSIGLIERE 270

(20) TAR Piemonte, I, 11 giugno 1986, n. 212, in TAR, 1986, I, pag. 2753.(21) TAR Toscana, 24 giugno 1987, n. 496, in TAR, 1987, I, pag. 2924.(22) Consiglio di Stato, V, 24 luglio 1959, n. 518, in Riv. amm. , 1960,pag. 126.(23) TAR Abruzzo, L’Aquila, 4 febbraio 1986, n. 46, in TAR., 1984, I, pag. 1434.(24) Consiglio di Stato, IV, 28 gennaio 1975, n. 60, in Cons. St. , 1975, I,pag. 14; TAR Calabria, Catan-zaro, 18 luglio 1983, n. 170, in TAR, 1983, I, pag. 3043; TAR Friuli-Venezia Giulia, 26 settembre 1984,n. 278, ivi, 1984, I, pag. 3370, il quale precisa che il verbale deve essere redatto in ogni caso, non oltrela data in cui l’assemblea si riunisce nuovamente; TAR Toscana, 24 giugno 1987, n. 496, cit.; TARCampania, Napoli, IV, 9 ottobre 1990, n. 311, ivi, 1990, I, pag. 4396.

in luogo e tempi diversi, successivi all’adunanza consiliare – di operare rifacimenti, ri-visitazioni, interpretazioni, nel contenuto della deliberazione, come risultante dal te-sto, formalmente votato ed approvato, in quanto detto testo è – e deve rimanere – lostrumento documentale, di manifestazione della decisione espressa dal Consiglio25.

Si disputa sulla legittimità per il consigliere di ottenere copia della registrazione ma-gnetofona della seduta, in attuazione del principio sancito dall’art. 43, comma 2,D.Lgs. 267/2000, che riconosce ai consiglieri il diritto di ottenere dal Comune o dallaProvincia “tutte le notizie e le informazioni ... utili all’espletamento del proprio mandato”. Esiste al riguardo contrasto giurisprudenziale tra la magistratura amministrativa equella ordinaria.

14.4. DIRITTO DI ACCESSO DEL CONSIGLIERE AL VERBALE 271

IL VERBALEDELLE

ADUNANZE

14.4. Diritto di accesso del consigliere al verbale

Orientamenti di giurisprudenzaIl giudice amministrativo sostiene la legittimità del provvedimento di dinie-go opposto dall’amministrazione all’accesso alla trascrizione integrale lu-riennalire di una seduta del Consiglio comunale, non costituendo essa espres-sione di attività amministrativa in senso stretto, ma solo supporto per la stesu-ra del verbale della seduta, unico atto che assume rilievo giuridico ai fini dellaemanazione del provvedimento conclusivo da parte dell’organo collegiale26.Si segnala, tuttavia, l’orientamento del T.A.R. per l’Umbria, il quale ha dichia-rato illegittimo il diniego opposto ad un componente di un organo collegiale diaccesso ai verbali non solo delle riunioni alle quali ha partecipato, ma anche diquelle alle quali avrebbe potuto partecipare27.Per contro, il giudice ordinario ha statuito che, tenuto conto che per documentodeve intendersi “ogni rappresentazione grafica, luriennalireatibi, elettromagnetica o diqualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni, formati dalle pubbliche ammi-nistrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa” (art. 22, comma2, della l. 241 del 1990), la richiesta deve ritenersi legittima e, come tale rientra-re nel diritto di accesso, il quale può essere limitato solo nelle ipotesi in cui il suoespletamento determini un intralcio al normale svolgimento dei lavori di ufficio,mentre, nella specie non ricorre tale situazione; inoltre, devesi tenere conto delfatto che il verbale delle adunanze è un atto pubblico, che, peraltro, in questo ca-so, trae il proprio contenuto anche dalla registrazione magnetofona28.

(25) Cass. pen., V, 5 novembre 1991-29 gennaio 1992, n. 869, in Cons. St., 1992, II, pag. 1211.(26) TAR Marche, 3 aprile 1997, n. 170, in TAR, 1997, I, pag. 1922; nello stesso ordine di idee: TAR La-zio, II, 20 novembre 1997, n. 2800, ivi, 1997, I, pag. 4287, secondo il quale gli appunti o annotazionidei funzionari addetti alla verbalizzazione non costituiscono attività deliberativa, con la conseguen-za che gli stessi non sono soggetti al principio dell’accesso di cui agli artt. 22 e segg, della l. 241 del1990; infatti, secondo il Tribunale amministrativo, rispetto alle manifestazioni di volontà degli orga-ni collegiali e agli atti ad essi imputabili, per aversi documento amministrativo è necessario che l’at-tività deliberante sia ritualmente verbalizzata in apposito atto debitamente sottoscritto, da ritenereelemento costitutivo della fattispecie procedimentale.(27) Decisione del 6 maggio 2003, n. 329, in Foro amm. TAR, 2003, pag. 1622.(28) Cass. civ., III, 3 agosto 1995, n. 8480, in Cons. St , 1996, II, pag. 229.

(segue)

14.5.1. Potere di iniziativa delle deliberazioni del Consiglio

14.5.1.1. Da parte dei consiglieri

Dedicheremo particolare attenzione alle deliberazioni consiliari, tenendo presenteche i principi ad esse afferenti valgono anche per quelle della Giunta, fatte salve le de-roghe derivanti dalla sua natura di organo che non si riunisce in seduta pubblica.

La formula, tuttavia – come è dato rilevare – non è delle più precise, in quanto fa sor-gere non pochi dubbi interpretativi, in particolare sulla dizione “questione sottopo-sta alla deliberazione”, che può essere interpretata sia come possibilità per i consiglie-ri di presentare proposte soltanto “sulle deliberazioni” già iscritte all’ordine del gior-no, sia come potere autonomo di cui ogni consigliere è dotato, indipendentemente dalfatto che l’oggetto sia iscritto all’ordine del giorno, interpretazione quest’ultima da ri-tenersi preferibile, in base alle seguenti argomentazioni30:- innanzitutto, perché il principio di iniziativa degli eletti dal popolo è connaturato al-la democrazia rappresentativa e trova espressione e ragione d’essere nella possibilitàdi sottoporre ogni proposta di deliberazione all’assemblea;- in secondo luogo, perché la stessa legislazione ha inteso promuovere la partecipa-zione del cittadino alla formazione degli atti dell’amministrazione, come si ricava dal-l’art. 8, comma 3, D.Lgs. 267/2000, che prescrive l’obbligo per lo statuto di prevedereprocedure per la presentazione di “proposte” di cittadini, singoli o associati, per cuisarebbe incongruo “negare al consigliere ciò che è consentito al cittadino”. Si deve concludere, quindi, per ritenere l’espressione “sottoposta alla deliberazionedel Consiglio” come potere del consigliere di ottenere l’iscrizione all’ordine delgiorno di proposte di deliberazione su tutti gli argomenti sottoponibili alla delibera-zione del Consiglio.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 272

Deve, parimenti, riconoscersi al consigliere la facoltà di registrare con propriostrumento le sedute del Consiglio, facoltà rientrante anch’essa nel diritto di ac-cesso, con la precisazione che il consigliere è personalmente responsabile del-l’uso di tale registrazione, e che egli è, comunque, tenuto al segreto d’ufficio, aisensi dell’art. 43, sopra citato29.

Dispone l’art. 43, comma 1, primo periodo, del D. Lgs. 267/2000, che i “consi-glieri (...) hanno diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazionedel Consiglio”, con ciò significando che spetta ai consiglieri presentare propostedi deliberazione, oggetto di esame da parte del collegio.

(29) Sul punto, cfr. ITALIA, Registratori vietati in seduta consiliare, in Il Sole 24 Ore del 23 luglio 2001.(30) Tratte da PITERÀ, Ordinamento delle autonomie locali , Torino, 1990, sub art. 31.

(continua)

14.5. Le deliberazioni consiliari

Tuttavia, il diritto del consigliere non è illimitato, nel senso che il potere di iniziativanon concerne tutti gli affari di competenza del Comune o della Provincia, ma è circo-scritto agli oggetti che rientrano nelle attribuzioni del Consiglio, ossia quelli indicatinell’art. 42 del D.Lgs. 267/2000, nelle leggi speciali, comprese quelle regionali, nellostatuto e nei regolamenti, che sottopongono determinate questioni alla potestà deli-berativa dell’organo.Il regolamento sul funzionamento del Consiglio dovrà precisare le modalità ed i ter-mini utili per la presentazione delle proposte, da indirizzare al presidente del Consi-glio e con la sottoscrizione del o dei consiglieri proponenti.Inoltre, occorre chiarire alcuni dubbi interpretativi, come quello relativo all’obbligo omeno per il presidente di iscrivere all’ordine del giorno le proposte dei consiglieri e,quindi se sia possibile esercitare poteri sindacatori sulla legittimità delle stesse.In merito, deve ritenersi operante l’obbligo dell’iscrizione, altrimenti il diritto delconsigliere non troverebbe attuazione, anche se è del tutto luriennalire, analogamen-te a quanto rilevato a proposito delle richieste di convocazione avanzate dai consiglie-ri, che competa al presidente – eventualmente confortato dal parere non vincolantedella Conferenza dei capigruppo – rifiutare quelle che contengono oggetti estranei al-le materie consiliari oppure redatte in forma sconveniente31. Il diritto del consigliere di presentare proposte di deliberazione, da sottoporre all’esa-me del Consiglio non comporta anche l’obbligo per il Consiglio di discuterle, per cuila proposta potrebbe decadere e, quindi, essere cancellata dall’ordine del giorno, do-po che sia trascorso un determinato lasso di tempo, stabilito dal regolamento, senzache abbia formato oggetto di discussione.

14.5.1.2. Da parte di altri soggetti

Il potere della Giunta in materia trova legittimazione nell’art. 48, comma 2, del D.Lgs.267/2000, che attribuisce all’organo il compito di svolgere “attività propositiva e diimpulso nel confronti” del Consiglio, attività propositiva che si concreta appunto nel-la presentazione al Consiglio delle proposte di deliberazione, aventi ad oggetto gli at-ti fondamentali dell’organo consiliare (bilanci, programmi, piani urbanistici, regola-menti, ecc.).Potere propositivo è stato concesso dagli statuti ai Consigli circoscrizionali, che pos-sono presentare proposte, sia singolarmente, sia in un numero determinato (due otre), ma in tale caso debbono presentare la proposta nel medesimo testo. Le Circoscri-zioni possono esercitare il potere propositivo, non solo nei confronti del Consiglio, maanche della Giunta, per le materie di sua competenza.L’art. 8, comma 3, D.Lgs. 267/2000 sancisce l’obbligo per lo statuto di prevedere for-me di consultazione della popolazione, nonché “procedure per l’ammissione di istanze,

14.5. LE DELIBERAZIONI CONSILIARI273

IL VERBALEDELLE

ADUNANZE

Limiti

Le proposte di deliberazione possono essere presentate, oltre che dai consiglie-ri, da altri soggetti, come la Giunta, i Consigli circoscrizionali, i cittadini, al-tre organizzazioni sociali, secondo le indicazioni di ciascun statuto.

(31) PRINCIVALLE, Gli organi elettivi del Comune e della Provincia, cit., vol. II, pag. 117, il quale propo-ne di sottoporre, se del caso, alle definitive determinazioni del Consiglio la decisione sull’opportu-nità o meno dell’iscrizione di quelle proposte su cui sorge contestazione.

petizioni e proposte di cittadini, singoli o associati dirette a promuovere interventi per la mi-gliore tutela di interessi collettivi e devono essere altresì determinate le garanzie per il lorotempestivo esame”. Alcuni statuti stabiliscono quorum differenziati, a seconda che si tratti di proposte dideliberazioni aventi ad oggetto l’attività amministrativa in genere o la revisione del-lo statuto, nel quale caso si eleva il numero dei presentatori, esclusi in ogni caso i con-siglieri.

14.5.2. Requisiti delle proposte di deliberazione

MANUALE DEL CONSIGLIERE 274

La proposta di deliberazione redatta dal consigliere e dagli organi di partecipa-zione (Consigli circoscrizionali, cittadini, singoli o associati) deve possedere irequisiti propri delle comuni deliberazioni, predisposte dagli uffici comunali econsistenti nei seguenti elementi principali32:

- oggetto, o titolo, con il quale si indica l’ambito del provvedimento;- intestazione, che indica l’autorità da cui proviene l’atto (nella specie, il Con-

siglio);- premessa o preambolo, contenente l’indicazione dell’oggetto ed i suoi presup-

posti (pareri, accertamenti, proposte, visti, norme di legge richiamate, ecc.);- motivazione, cioè lo svolgimento dei motivi che determinano l’organo al-

l’adozione di quello specifico provvedimento. È, infatti, giurisprudenza co-stante che la motivazione delle deliberazioni del Consiglio non possa esseredesunta dal dibattito consiliare, in quanto, se è vero che può essere consentitaun’interpretazione della motivazione delle delibere anche attraverso il dibat-tito al fine di chiarire alcuni aspetti, non è invece possibile, in mancanza di unaqualsiasi motivazione, supplire ad essa a mezzo del dibattito medesimo33;

- dispositivo, consistente nella concretizzazione della volontà del collegio de-liberante; in definitiva, dell’oggetto della deliberazione. Se oggetto del deli-berare è un regolamento o la revisione dello statuto, esso deve essere redat-to in articoli, nel rispetto delle norme che regolano la formazione di tali tipidi provvedimenti34;

- pareri che debbono essere resi dagli organi tecnici e dai Consigli circoscri-zionali, qualora il regolamento sul decentramento abbia prescritto la neces-sità dell’acquisizione del loro parere, prima dell’adozione di alcuni provve-dimenti di interesse generale o di talune Circoscrizioni.

- attestazione della copertura finanziaria, da parte del responsabile del ser-vizio finanziario, ai sensi dell’art. 151, comma 4, D.Lgs. 267/200035.

(32) Cfr., per utili notizie ai fini della redazione, BOTTA, Atti amministrativi. Elaborazione e redazione ,Milano, 1995.(33) TAR Lombardia, Milano, 29 novembre 1997, n. 2030, in TAR , 1998, I, pag. 86; Consiglio di Sta-to, IV, 18 dicembre 1986, n. 860, in Cons. St. , 1986, I, pag. 1883; Id., 16 ottobre 1998, n. 1311, ivi, 1998,I, pag. 1532, il quale osserva che l’atto collegiale deve essere sorretto da una motivazione propria,cioè dall’esternazione con formula riassuntiva, ma sufficientemente chiara ed onnicomprensiva de-gli elementi essenziali in virtù dei quali il corpo deliberante sia pervenuto alla decisione, unanime omaggioritaria.(34) Sul punto, cfr. ZUCCHETTI-DELLA TORRE, Tecniche di redazione degli atti normativi secondari ,Milano, 1997. (35) Cfr. Consiglio di Stato, IV, 23 marzo 2000, n. 1561, in Cons. St., 2000, I, pag. 653, secondo il qua-

L’art. 49 D.Lgs. 267/2000 prescrive che su ogni proposta di deliberazione sottopostaal Consiglio (ed alla Giunta) che non sia mero indirizzo, deve essere richiesto il pare-re in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e,qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ra-gioneria in ordine alla regolarità contabile.Con l’esclusione della necessità del parere nei confronti degli atti di indirizzo, si è fat-to riferimento a tutte quelle proposte del Consiglio di rilevanza esclusivamente poli-tica, su cui non è dato agli organi burocratici interferire; si tratta delle direttive agli uf-fici o servizi o dei progetti programmatici generali, come le linee programmatiche chesono presentate all’inizio del mandato dal Sindaco o dal presidente della Provincia edalla Giunta oppure di atti aventi carattere contenzioso, come nel caso della delibera-zione con la quale il Consiglio comunale esamina e luriennalir alle osservazioni deiprivati al provvedimento di adozione di uno strumento urbanistico attuativo e, in ge-nere, in tutti i casi in cui il provvedimento non implichi valutazioni di carattere tecni-co o impegni di spesa36. Su tutte le altre proposte di deliberazione deve essere espresso il parere sulla sola re-golarità tecnica, da parte del responsabile del servizio interessato al provvedimentoo, qualora non vi siano funzionari responsabili dei servizi, del segretario, in relazio-ne alle sue competenze (ved. Anche art. 97, comma 4, lett. b, D.Lgs. 267/2000)37. Non luriennalireatibilità tra l’avere svolto l’attività istruttoria in un procedimento el’espressione del parere di regolarità tecnica da parte dello stesso soggetto quale di re-sponsabile del procedimento38.Qualora la proposta comporti un impegno di spesa od una diminuzione di entrata ,deve essere acquisito il parere da parte responsabile di ragioneria. È stato ritenutoche l’obbligo di indicare la spesa prevista ed i mezzi per farvi fronte riguarda le soledeliberazioni implicanti un esborso di somme certe e definitive, e non è applicabilenel caso di spesa non determinabile all’atto della relativa assunzione39. I predetti pareri debbono essere inseriti nella deliberazione – dispone la stessa dispo-sizione sopra citata – ma essi non costituiscono un requisito di legittimità delle de-liberazioni cui si riferiscono, in quanto svolgono la funzione di individuare sul piano

14.5. LE DELIBERAZIONI CONSILIARI275

IL VERBALEDELLE

ADUNANZE

le la nullità sancita per le deliberazioni prive dell’attestazione è esclusa nel caso sussista in concretola copertura, ancorché non previamente attestata, essendo sufficiente la volontà di contrarre un mu-tuo per far fronte alle necessità finanziarie; Id, V, 16 gennaio 2002, n. 216, ivi, 2002, I, pag. 86; TARCampania, Napoli, V, 29 ottobre 2002, in TAR, 2002, I, pag. 4430. L’obbligo della copertura finanzia-ria non trova applicazione nei confronti delle deliberazioni riguardanti la partecipazione dell’ente acontroversie giudiziarie, poiché le conseguenti spese non sono determinabili all’atto della assunzio-ne del provvedimento e pertanto sono da imputare al capitolo del bilancio “spese processuali”, con-cernenti gli oneri per le liti attive e passive, dove trovano sufficiente copertura (Cass. civ., sez. un., 26luglio 2002, n. 11098, in Cons. St., 2002, II, pag. 1788). (36) Consiglio di Stato, V, 23 aprile 1998, n. 670, in Cons. St., 1998, I, pag. 572, TAR Toscana, I, 11 lu-glio 2000, n. 1615, in TAR, 2000, I, pag. 3899; Id, II, 1 agosto 2003, n. 3130, in Foro amm. TAR, 2003, pag-2260.(37) TAR. Veneto, II, 6 novembre 1993, n. 676, in TAR, 1994, I, pag. 167; TAR Emilia-Romagna, Par-ma, 4 giugno 1997, n. 223, ivi, 1997, I, pag. 3161; TAR Abruzzo, Pescara, 18 settembre 1998, n. 681, ivi,1998, I, pag. 4166; TAR Marche, 7 ottobre 1999, n. 1123, ivi, 1999, I, pag. 4928.(38) TAR Marche, 10 luglio 1999, n. 838, in TAR, 1999, I, pag. 3432; TAR Umbria, 1 settembre 1999, n.737, ivi, 1999, I, pag. 4405; TAR Puglia, Bari, I, 15 dicembre 1999, n. 1976, ivi, 2000, I, pag. 882.(39) Cass. civ., II, 8 settembre 1998, n. 8852, in Cons. St., 1999, II, pag. 216.

formale, nei funzionari che li formulano, i responsabili eventualmente in solido con icomponenti degli organi politici in via amministrativa e contabile40. Il regolamento del Consiglio deve formalizzare le modalità con cui debbono essereacquisiti i suddetti pareri, che debbono essere formulati, di norma, prima della iscri-zione delle proposte di deliberazione all’ordine del giorno.

14.5.3. La pubblicazione delle deliberazioni e degli atti Il regolamento della legge comunale e provinciale del 1911 prescriveva la tenuta diappositi registri, in cui dovevano essere conservati gli originali delle deliberazioni egli indici delle stesse (Allegato 4, n. 9 e n. 10). In pratica, si teneva un solo registro, in cui erano inseriti i verbali delle adunanze, conl’indice delle deliberazioni; da esso si estraevano le copie delle deliberazioni d affig-gere all’albo pretorio . L’opportunità di tali adempimenti, la cui disciplina è, ora, devoluta agli enti, è di tut-ta evidenza, costituendo obbligo per i responsabili dell’ente conservare la testimo-nianza degli atti che l’ente produce nello svolgimento della sua attività istituzionale,obbligo che sussiste, indipendentemente da una sua esplicita previsione.

L’obbligo di pubblicazione, specificamente previsto per le deliberazioni, può essereesteso dal regolamento, a tutti gli atti aventi rilevanza esterna, come le ordinanze, ledeterminazioni dirigenziali, i manifesti e gli atti o avvisi che debbono essere portati aconoscenza della cittadinanza, salvi i casi in cui l’obbligo dell’affissione all’albo pre-torio sia disposto direttamente dalla legge (ved. Infra ).La pubblicazione di cui trattasi è una misura di pubblicità, rivolta a soggetti indeter-minati, ed a carattere episodico, in quanto l’esibizione della notizia ha durata croni-sticamente limitata41.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 276

(40) TAR Lazio, Latina, 15 maggio 1992, n. 367, in TAR, 1992, I, pag. 2542; TAR Lombardia, Milano,31 agosto 1995, n. 1089, ivi , 1995, I, pag. 4185; Id., 9 maggio 1998, n. 856, ivi, 1998, I, pag. 2419; TARPiemonte, II, 29 giugno 1995, n. 373, ivi, 1995, I, pag. 3570; TAR Lazio, I, 9 ottobre 1996, n. 1760, ivi,1996, I, pag. 4019; Id., 9 settembre 1997, n. 1346, ivi, 1997, I, pag. 4373; TAR Emilia-Romagna, Par-ma, 23 aprile 1998, n. 209, ivi, 1998, I, pag. 2532; Consiglio di Stato, V, 27 febbraio 1998, n. 219, inCons. St., 1998, I, pag. 258, il quale rileva che nel caso in cui il parere, nella specie reso dal segreta-rio, sia illegittimo (perché privo di motivazione od emesso in violazione ad un dovere di astensio-ne) si è in presenza di una mera irregolarità formale e non di un vizio di legittimità sostanziale delprovvedimento finale, se risulti in concreto che tale violazione non abbia avuto alcuna rilevanza;TAR Sardegna, 15 aprile 1999, n. 412, ivi, 1999, I, pag. 2268; TAR Lombardia, Milano, II, 28 giugno1999, n. 2335, ivi, 1999, I, pag. 3207; TAR Toscana, II, 15 maggio 2000, n. 833, ivi, 2000, I, pag. 3244;TAR Basilicata, 9 agosto 2000, n. 485, ivi, 2000, I, pag. 4583; TAR Puglia, Bari, II, 3 novembre 1999,n. 1211, ivi, 2000, I, pag. 362; TAR Campania, Napoli, 19 dicembre 2000, n. 4759, ivi, 2001, I, pag. 60;Id. Lecce, I, 7 aprile 2001, n. 1616, ivi, 2001, I, pag. 1966; TAR Lazio, Latina, 23 maggio 2001, n. 517,ivi, 2001, I, pag. 2218; TAR Lombardia, Milano, III, 5 giugno 2001, n. 4217, ivi, 2001, I, pag. 2775 .(41) GANNINI, Diritto amministrativo, cit. , vol. II, pag. 1010.

Il testo unico, in conformità alla previgente normativa (art. 70 reg. 1911 e art. 62t.u. com. prov. 1934), sancisce l’obbligo per l’ente di pubblicare “tutte le delibe-razioni del Comune e della Provincia mediante affissione all’albo pretorio, nella sededell’ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge” (art.124, comma 1).

Inoltre, la pubblicazione risponde all’esigenza di porre gli interessati nella condizio-ne di avere legale conoscenza della deliberazione, sia per uniformare ad essa la pro-pria condotta, sia per la proposizione di eventuali reclami o denunce ai competentiorgani, sia per la decorrenza dei termini per l’impugnazione42 .È stato deciso che il termine di pubblicazione ha carattere ordinatorio e che, in ognicaso, la questione della pubblicazione non riguarda la legittimità dell’atto, ma soltan-to la sua efficacia43, con la conseguenza che la sua violazione non costituisce un viziointrinseco, bensì una mera cagione di inoperatività delle deliberazioni medesime44.Pertanto, qualora in sede di controllo si rilevi tale irregolarità non si può pronunciar-ne l’annullamento, ma si deve invitare il Comune a sanarla con la prescritta pubbli-cazione; adempimento che il Comune deve assolvere, anche nell’eventualità che i ter-mini siano scaduti45.La pubblicazione, come abbiamo rilevato, si prefigge lo scopo di portare a conoscen-za dei cittadini i provvedimenti delle pubbliche autorità, in un termine ritenuto con-gruo, che di regola, per le deliberazioni, è fissato in quindici giorni.Per taluni atti, di particolare rilievo, il legislatore stabilisce una durata dell’affissionepiù prolungata, integrandola, talora, con il deposito della documentazione negli uf-fici dell’ente (ruoli delle imposte, liste elettorali, piani urbanistici, ecc.), al fine di con-sentire la visione degli atti agli interessati, i quali hanno facoltà di proporre – in talu-ni casi legislativamente stabiliti – le proprie osservazioni, alle quali l’ente è tenuto apluriennalizzare, in ossequio al principio della partecipazione del cittadino alla for-mazione del procedimento amministrativo.

14.5. LE DELIBERAZIONI CONSILIARI277

IL VERBALEDELLE

ADUNANZE

Termini e durata

(42) Consiglio di Stato, V, 1 dicembre 1970, n. 1035, in Cons. St , 1970, I, pag. 2251; Id., V, 7 aprile 1972,n. 239, in Foro amm., 1972, I, 2, pag. 421; TAR Lombardia, Milano, III, 10 ottobre 1987, n. 475, in TAR,1987, I, pag. 4105.(43) Consiglio di Stato, V, 29 settembre 1972, n. 639, in Cons. St. , 1972, I, pag. 1527.(44) Consiglio di Stato, IV, 25 maggio 1973, n. 363, in Cons. St., 1973, I, pag. 616.(45) Consiglio di Stato, V, 7 aprile 1960, n. 279, in Cons. St., 1960, I, pag. 615.(46) Cfr. TAR Lombardia, Milano, I, 22 marzo 1984, n. 375, in TAR, 1984, I, pag. 1616, secondo il qua-

Sono pubblicati per otto giorni:- tutti i provvedimenti con i quali si stabilisce la misura delle oblazioni alle san-zioni amministrative (già art. 107 t.u. com. prov. 1934);

- le pubblicazioni di matrimonio (art. 95 c.c.).

La pubblicazione è di quindici giorni:- per le deliberazioni (art. 124, comma 1, D.Lgs. 267/2000); - l’albo degli scrutatori (art. 3, comma 4, L. 8 marzo 1989, n. 95);- la domanda di trasferimento di farmacia (art. 1 della L. 8 novembre 1991, n. 362);- la pianta organica delle farmacie (art. 2 della L. 2 aprile 1968, n. 475);- le ordinanze in materia di protezione civile (art. 5, comma 6, della L. 24 feb-

braio 1992, n. 225);

Sono pubblicati per trenta giorni:- l’elenco degli inadempienti all’obbligo scolastico (art. 182 r.d. 5 febbraio

1928, n. 577);- i piani regolatori e particolareggiati (artt. 9 e 16, l. 17 agosto 1942, n. 115046.

(segue)

In taluni casi, la legge dispone l’obbligo dell’affissione all’albo pretorio, ma non nestabilisce la durata, la quale deve ritenersi commisurata al periodo ritenuto necessa-rio per assicurare la piena conoscenza dell’atto, che viene pubblicato. Così, le liste deirenitenti alla leva dovevano essere affisse per tutta la durata della sessione della levain corso47 (tale obbligo appare oggi superato, data la sospensione della leva obbliga-toria); il programma amministrativo con cui i candidati alla carica di Sindaco o diPresidente della Provincia e le liste che li sostengono partecipando alla competizioneelettorale (di cui agli artt. 71, 72 e 74 D.Lgs. 267/2000, deve restare affisso all’albo pre-torio sino alla eventuale votazione di ballottaggio.In altri casi, si fa rinvio alle modalità stabilite per la pubblicazione degli atti degli en-ti locali, come accade per il provvedimento che dichiara il passaggio al patrimonio deibeni demaniali di proprietà di Comuni e Province, che “dev’essere pubblicato nei modistabiliti per i regolamenti comunali e provinciali” (art. 829 c.c.).È anche previsto che taluni provvedimenti, di particolare rilievo, abbiano una pubbli-cazione speciale, ossia quella assicurata dalla Gazzetta Ufficiale, alla quale debbonoessere trasmesse. Sono soggette alla pubblicazione per estratto gli atti regolamentarie le tariffe dei Comuni concernenti l’imposta comunale sugli immobili (ICI, ai sensidell’art. 52, lett. s, del D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 506)48.Speciale forma di pubblicazione è quella disposta in materia di addizionale comuna-le IRPEF, le cui deliberazioni di variazione debbono essere pubblicate in un sito infor-matico, individuato con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze (art. 11,comma 1, della L. 18 ottobre 2001, n. 383). La pubblicazione acquista particolare rilievo ai fini dei gravami, che possono essereopposti ai provvedimenti, i cui termini decorrono dalla data della pubblicazione al-l’albo pretorio, ovvero dall’ultimo giorno di pubblicazione49, salvo che si tratti di attiaventi rilevanza personale, che debbono essere notificati agli interessati; per costoro itermini decorrono dalla notificazione.Perché si formi la presunzione di conoscenza legale sul contenuti dell’atto, ai fini del-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 278

le l’approvazione da parte della Regione del piano regolatore con introduzione di modifiche d’uffi-cio, non comporta l’obbligo di ripubblicare il piano. Il dies a quo per l’impugnativa del piano regola-tore decorre dalla data di pubblicazione del piano all’albo pretorio e non da quella della pubblica-zione del provvedimento di approvazione regionale nel Bollettino Ufficiale della Regione (TAR Emi-lia-Romagna, Bologna, I, 27 novembre 2000, n. 954, in TAR, 2001, I, pag. 220).(47) Circolare Ministero dell’interno, Div. E.L., 13 giugno 1989, n. 4/89, in Lo stato civ. It., 1990, pag. 26.(48) Ved., tuttavia, Circolare Ministero delle finanze, 16 aprile 2003, n. 3, recante nuove modalità dipubblicazione delle deliberazioni di approvazione delle aliquote dell’ICI, con la quale si suggeriscedi attenersi alla previgente legislazione (art. 58, comma 4, D.Lgs. 446 del 1997), che prevedeva la pub-blicazione integrale, in quanto tali atti deliberativi “non si prestano ad essere schematizzati e ricon-dotti a forme sintetiche – indispensabili per definire l’estratto – se non compromettendone il conte-nuto”. Tipico esempio in cui una circolare modifica un provvedimento legislativo.(49) TAR Puglia, Bari, I, 26 ottobre 2002, n. 4670, in TAR, 2002, I, pag. 4449; TAR Liguria, II, 18 aprile2002, n. 444, ivi, 2002, I, pag. 2490.

Delle cose ritrovate e consegnate al Comune, il Sindaco deve rendere nota laconsegna per mezzo di pubblicazione nell’albo pretorio del Comune, da farsiper due domeniche successive e da restare affissa per tre giorni ogni volta (art.928 c.c.).

(continua)

l’impugnazione, è necessario che l’affissione all’albo pretorio sia stabilita da una nor-ma e venga effettuata nei modi prescritti da quest’ultima50.

14.5.4. Esecutività ed esecutorietà delle deliberazioni Anche nei confronti delle deliberazioni del Consiglio si parla – come per ogni altroprovvedimento amministrativo – di attributi di esecutività, esecutorietà e definitività.

In precedenza, le deliberazioni del Consiglio concernenti lo statuto, i regolamenti, ibilanci annuali e pluriennali e relative variazioni ed il rendiconto erano soggette alcontrollo preventivo necessario di legittimità del Comitato regionale di controllo (art.134, D.Lgs. 267/2000) per cui esse diventavano esecutive dopo trascorsi i trenta gior-ni, entro i quali il Comitato doveva esaurire il suo esame oppure dal giorno in cui ilComitato stesso comunicava all’ente di non aver riscontrato vizi di legittimità nelcontenuto della deliberazione.

Verificandosi casi di urgenza la esecutività della deliberazione può, quindi, essere an-ticipata, con espressa dichiarazione in merito da parte della maggioranza dei consi-glieri (compreso il Sindaco), maggioranza che deve intendersi computata non sui con-siglieri assegnati, ma su quelli in carica (in quanto la legge fa richiamo ai soli “com-ponenti”), maggioranza che è prescritta per la dichiarazione di immediata eseguibili-tà, non per la deliberazione, che è soggetta alle regole generali ovvero alla specialemaggioranza prevista dalla normativa vigente.

14.5. LE DELIBERAZIONI CONSILIARI279

IL VERBALEDELLE

ADUNANZE

Secondo la recente normativa, le deliberazioni diventano esecutive dopo il de-cimo giorno dalla loro pubblicazione all’albo pretorio del Comune o della Pro-vincia (ai sensi dell’art. 134, comma 3, D.Lgs. 267/2000), salvo che non se ne an-ticipi l’esecutività, ossia diventino immediatamente seguibili con il votoespresso dalla maggioranza dei componenti (art. 134, comma 4).

È esecutiva la deliberazione che può essere portata ad esecuzione, ossia è rea-lizzata nel suo contenuto. L’esecutività è sinonimo di efficacia, intesa quest’ulti-ma nel senso che la deliberazione deve essere completa (perfetta) di tutti i suoielementi, costitutivi ed integrativi dell’efficacia (pubblicazione ed eventualecontrollo); non è richiesto, però, che essa sia anche valida, poiché, in virtù dellagenerale presunzione di legittimità degli atti amministrativi, gli eventuali vizi dilegittimità non impediscono alla deliberazione di dispiegare i suoi effetti51.

Da non confondere con la esecutività è l’esecutorietà caratteristica peculiare deisoli provvedimenti che contengono una pretesa della pubblica amministrazioneverso i privati. Tali provvedimenti sono esecutori, in quanto il loro contenuto puòessere attuato “dagli organi diretti dell’amministrazione, senza che sia necessarioil preventivo intervento dell’azione dichiarativa di organi giurisdizionali”52.

(50) Consiglio di Stato, V, 10 luglio 2002, n. 3834, in Cons. St., 2002, I, pag. 1549.(51) VITTA, Diritto amministrativo, Torino, 1962, vol. I, pag. 437.(52) ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, Milano, 1958, vol. I, pag. 293.

L’esecutorietà può consistere, sia nell’ apprensione forzata del bene immobile (comenel caso dell’occupazione e dell’espropriazione), sia nell’esecuzione d’ufficio, che ri-corre quando l’amministrazione, previa diffida ad adempiere entro un determinatotermine, procede, in caso di inottemperanza, ad eseguire le prestazioni per conto eda spese dell’inadempiente.

I dirigenti esercitano le proprie competenze gestionali, già della Giunta (che le attua-va con le deliberazioni), con l’adozione di provvedimenti, con i quali manifestano al-l’esterno la volontà dell’ente. Tali atti, che assumono nel linguaggio comune il termi-ne di determinazioni (cfr. Circolare Ministero interno 26 giugno 1993, n, 6), rivestonogli stessi requisiti delle deliberazioni (come elencati al paragrafo che precede), ma conalcune peculiarità.In primo luogo, non è prescritto che siano corredate dai pareri di regolarità tecnica econtabile, in quanto provenendo dai dirigenti si opera una presunzione di conformi-tà alle regole amministrative (prerogativa che deve essere, invece, verificata per iprovvedimenti degli organi politici).È comunque necessario, per le determinazioni che comportano impegni di spesa, l’ac-quisizione del visto di regolarità contabile, attestante la copertura finanziaria, resodel responsabile del servizio finanziario (art. 151, comma 4, D.Lgs. 267/2000).Tale visto, le cui modalità di attuazione debbono essere precisate dal regolamento dicontabilità (art. 153, comma 5), è condizione di esecutività delle determinazioni, percui senza di esso non si dà corso alle risultanze della decisione dirigenziale (art. 151,comma 4, citato).Lo stato di quiescenza della determinazione, che non produce effetti sino alla data incui diviene esecutiva, a seguito dell’apposizione del visto del responsabile di ragio-neria, dovrà essere disciplinato dal regolamento, anche in considerazione del fattoche non è stata prevista, diversamente dalle deliberazioni, la dichiarazione di imme-diata esecutività, da parte del dirigente53. Le determinazioni – secondo le indicazioni dell’art. 183, comma 9, D.Lgs. 267/2000,che pur riferentesi a quelle comportanti impegni di spesa, può avere carattere gene-rale – debbono classificarsi con sistemi di raccolta che individuano la cronologia de-gli atti e l’ufficio di provenienza.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 280

14.6. Le determinazioni dirigenziali

(53) BARUSSO, Il diritto degli enti locali, cit., pag. 689.

15.1. Il potere di concorrere alla convocazione del Consiglio. Rinvio

15. Diritti e doveri del Consigliere

La materia è stata trattata al paragrafo 11.4, al quale si rinvia.

La materia è stata tratta al paragrafo 14. 5, al quale si rinvia.

Della materia abbiamo fatto cenno in occasione della trattazione del potere di control-lo politico-amministrativo spettante al Consiglio comunale, e precisamente dell’eser-cizio della attività ispettiva (5.3.1, al quale si rinvia per le considerazioni di caratteregenerale, ivi illustrate).Oltre alle interrogazioni, rientrano nel concetto di “istanza di sindacato ispettivo”, anchele interpellanze e le mozioni, che saranno oggetto di esame nei successivi paragrafi.

SEZIONE PRIMA I diritti del consigliere comunale�

15.2. La proposta di deliberazione. Rinvio

15.3. Il diritto di presentare interrogazioni

L’art. 43, comma 1, secondo periodo, del D. Lgs. 267 del 2000 dispone che i consiglie-ri “hanno...diritto di presentare interrogazioni”, diritto disciplinato dal successivo com-ma 3 del citato art. 43, il quale prescrive che “il Sindaco o il Presidente della Provincia ogli assessori da essi delegati rispondono, entro trenta giorni, alle interrogazioni e ad ogniistanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri. Le modalità di presentazione di taliatti e delle relative risposte sono disciplinate dallo statuto e dal regolamento consiliare”.

L’interrogazione consiste nella domanda rivolta al Sindaco o alla Giunta persapere:

- se una determinata circostanza sia vera;- se alcuna informazione sia pervenuta al Sindaco o alla Giunta; - se tale informazione sia esatta; - se il Sindaco o la Giunta intendano prendere alcuna risoluzione su oggetti

determinati.

Essa va redatta per iscritto, sottoscritta dal o dai consiglieri proponenti ed è presen-tata al Presidente del Consiglio comunale, che l’invia al Sindaco o al Presidente dellaProvincia per competenza, secondo le modalità previste dallo statuto e dal regola-mento.Il regolamento può prevedere che il consigliere possa chiedere che la risposta sia da-ta per iscritto o in forma orale oppure che, in assenza di indicazione in merito, la ri-sposta debba essere data per iscritto dal Sindaco o dal Presidente della Provincia o da-gli assessori delegati, qualora l’argomento coinvolga la competenza di piu` assessori. Se è chiesta risposta orale, la interrogazione deve essere iscritta all’ordine del giornodella prima seduta consiliare.Il termine di trenta giorni, entro il quale deve essere fornita risposta (scritta od orale)all’interrogazione deve essere inteso come ordinatorio, in quanto il suo mancato ri-spetto non è sanzionato; si tratta di un obbligo dell’esecutivo di fornire tutte le noti-zie utili alla conoscenza dei fatti su cui si chiedono chiarimenti. È stato sostenuto, alriguardo, che l’inerzia dia luogo ad una fattispecie omissiva e che, comunque, se si-stematica e persistente, si traduca in gravi e ripetute violazioni di legge, tali da deter-minare l’istituto della rimozione1.Non si può escludere, anzi la questione può essere disciplinata dal regolamento, che leinterrogazioni (al pari delle interpellanze e delle mozioni) siano “formulate in corso diseduta, come conseguenza della discussione di un determinato affare e salva la deter-minazione da parte della maggioranza del Consiglio che le medesime formino oggettodi particolare dibattito in altra seduta, previa regolare iscrizione all’ordine del giorno.”2

Può essere, altresì, previsto che i proponenti chiedano che l’interrogazione sia trasfor-mata in interpellanza e, quindi, soggetta alla disciplina propria di tale istanza.Come rilevato (ved. retro, 5.3.1), il regolamento può prevedere che le interrogazioni sia-no rivolte ai responsabili dei servizi, che sono, quindi, tenuti a fornire la risposta neitermini e con le modalità stabilite dalla normativa appositamente dettata in merito. Può, anche, prescriversi che alle interrogazioni sia data risposta in sede di Commis-sioni consiliari permanenti, qualora esse siano istituite nel Comune.Se all’interrogazione è data risposta in seduta consiliare, essa è letta al Consiglio e sel’interrogante non è presente può essere previsto che essa debba intendersi ritirata op-pure rinviata ad altra seduta, anche su preventiva richiesta del presentatore assentedall’adunanza per legittimi motivi.Dopo la risposta del Sindaco o del Presidente della Provincia o dell’assessore all’uo-po delegato, il presentatore può replicare per dichiarare di ritenersi o meno soddisfat-to e per quali ragioni; nel caso in cui la interrogazione sia presentata da piu` consiglie-ri si può stabilire che alla replica proceda il primo firmatario o in sua assenza o rinun-cia uno degli altri sottoscrittori.

Sia la L. 142, sia il successivo D. Lgs. 267 non contemplano l’istituto della “interpel-lanza”, largamente in uso nelle assemblee elettive e tradizionalmente disciplinato dairegolamenti sulle adunanze dei Consigli comunali. Esso può farsi rientrare nell’ampia dizione di “ogni altra istanza di sindacato ispettivo”,che il citato art. 19 conferisce a ciascun consigliere, per cui potrebbe trovare applica-zione la normativa prevista per le interrogazioni, in ordine al termine entro cui deveessere fornita risposta.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 282

Caratteristiche

15.4. Il diritto di presentare interpellanze

(1) VILLONE, in A.V., I nuovi statuti degli enti locali. Gorle, 1994, pag. 205.(2) PRINCIVALLE, op. ult. cit., pag. 133.

Le interpellanze, indirizzate al Presidente del Consiglio, devono essere redatte periscritto e sottoscritte dai presentatori; sono inviate al Sindaco o al Presidente dellaProvincia e sono iscritte all’ordine del giorno della prima seduta, per la risposta chedeve avvenire entro trenta giorni (termine non perentorio). A differenza delle interrogazioni, per le quali vige la regola della risposta scritta, ameno che non venga fatta esplicita richiesta di risposta orale, alle interpellanze è da-ta, di norma, risposta orale, in Consiglio o nella apposita Commissione consiliare per-manente (a seconda delle disciplina regolamentare), a meno che non sia fatta richie-sta di risposta scritta.Possono essere presentate anche oralmente durante la seduta del Consiglio, ma in ta-le caso la loro discussione è differita alla successiva adunanza, a meno che il Sindacoo il Presidente della Provincia o gli assessori competenti non siano già in grado di for-nire ogni delucidazione in merito.Deve essere consentito all’interpellante (o ad uno di essi, quando vi siano piu` sotto-scrittori) di illustrare l’istanza, nel tempo previsto dal regolamento e di replicare do-po la risposta da parte del Sindaco o dell’assessore competente, per dichiarare di ri-tenersi o meno soddisfatto. L’interpellante può anche promuovere una discussione sull’argomento, al fine di ad-divenire ad una votazione, ma in tale caso deve presentare apposita mozione; pari-menti, ogni consigliere che intenda aprire la discussione sull’oggetto dell’interpellan-za può presentare specifica mozione. La mozione sarà, ovviamente, iscritta all’ordinedel giorno di una successiva seduta per la discussione che dovrà avvenire nei termi-ni previsti dal regolamento.In caso di assenza del presentatore, il regolamento può prevedere che la interpellan-za debba considerarsi ritirata, a meno che l’assenza sia giustificata, nel quale caso Èrinviata alla successiva seduta.

Il più volte citato art. 43, comma 1, secondo periodo, del D. Lgs. 267, conferisce, altre-sì, al consigliere il diritto di presentare “mozioni”, intese come inviti rivolti al Sindacoo al Presidente della Provincia o alla Giunta e diretti a promuovere un’ampia discus-sione su un argomento di particolare importanza, anche se ha già formato oggetto diinterrogazione o di interpellanza, o diretti a provocare l’attività deliberativa dellaGiunta o del Consiglio ovvero a dettare i criteri direttivi per l’attività amministrativa.

15.5. IL DIRITTO DI PRESENTARE MOZIONI283

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

Caratteristiche

L’interpellanza consiste in domande rivolte al Sindaco o al Presidente dellaProvincia o alla Giunta:

- circa i motivi e gli intendimenti della loro azione su una determinata que-stione;

- quali provvedimenti intendano assumere in ordine a talune situazioni diparticolare rilevanza.

15.5. Il diritto di presentare mozioni

La mozione ha carattere e natura di un atto di sindacato politico sull’operatodell’esecutivo e tende, talora, ad incidere, mediante le indicazioni in essa con-tenute sull’indirizzo politico di questo, escludendosi, quindi, la natura e la for-za giuridica propria dei provvedimenti amministrativi3, anche quando si tra-duca in una votazione.

(3) TAR Abruzzo, Pescara, 20 febbraio 1991, n. 166, in TAR., 1991, I, pag. 1428; Id., 11 novembre 1994,n. 570, ivi, 1995, I, pag. 264.

La mozione assume particolare rilevanza qualora sia finalizzata a far decadere il Sin-daco o il Presidente della Provincia e la Giunta, ossia, quando venga presentata unamozione di sfiducia, istituto che, per la gravità degli effetti che produce, è legislati-vamente disciplinato con la normativa dettata dall’art. 52 del D. Lgs. 267 del 2000 (sucui ved. retro, 3.18).Le mozioni sono presentate per iscritto (fatto salvo il caso in cui siano presentate oral-mente nel corso della seduta), sono sottoscritte dai consiglieri che le propongono, so-no indirizzate al Presidente del Consiglio comunale e sono iscritte all’ordine del gior-no della seduta successiva, per essere discusse nei termini e con le modalità stabilitedal regolamento. Come per le interpellanze deve essere concessa ai presentatori la possibilità di illu-strarle ed ai consiglieri di presentare emendamenti, sui quali, a richiesta dei presen-tatori e con il consenso della maggioranza consiliare, può essere disposta la votazio-ne, con precedenza su quella relativa alla mozione.Per le mozioni aventi oggetti connessi tra di loro o con le interrogazioni ed interpel-lanze, presentate in precedenza o contestualmente, si può disporre la discussionecongiunta, con possibilità per i consiglieri presentatori di intervenire, ed eventual-mente estendere il dibattito a tutta l’assemblea, anche al fine di pervenire ad un testodefinitivo sul quale può aver luogo la votazione. Vengono denominate con il termine di mozioni, quelle iniziative dei consiglieri con lequali si chiede al Presidente di richiamare l’osservanza del regolamento che discipli-na lo svolgimento delle sedute: c.d. mozioni d’ordine, che possono essere presentateper ogni oggetto in discussione.

In questo caso, il consigliere o l’assessore presente all’adunanza può chiedere la paro-la per fatto personale, in qualunque momento della discussione, la quale è tempora-neamente sospesa dal Presidente.Il Presidente, uditi i motivi della richiesta, decide sulla sussistenza o meno del fattopersonale.Se il consigliere o l’assessore non si ritiene soddisfatto della decisione del Presidente,può chiedere che della questione sia investito il Consiglio, il quale delibera in merito,senza discussione, per alzata di mano.Quando, nel corso di una discussione, il consigliere o l’assessore sia accusato di fattiche ledano la sua onorabilità, egli può chiedere al Presidente del Consiglio di nomi-nare - sentiti eventualmente i capigruppo - una commissione d’inchiesta, la quale in-daghi e giudichi il fondamento dell’accusa.La commissione, nel termine prefissato o in quello prorogato, qualora si renda neces-sario un supplemento di indagine, presenta al Presidente le sue conclusioni, che so-no comunicate al Consiglio nella seduta successiva alla presentazione delle conclu-sioni.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 284

Caratteristiche

15.6. Diritto di prendere la parola per fatto personale e per salvaguardare l’onorabilità dei consiglieri

È fatto personale l’essere censurato nella propria condotta o il sentirsi attribui-re fatti non veri od opinioni contrarie a quelle espressa.

Si tratta di un diritto il cui esercizio può dare luogo ad eccessi, sia da parte dei consi-glieri, qualora le loro richieste siano in numero tale da paralizzare gli uffici, sia daparte degli stessi uffici, che potrebbero rifiutare o procrastinare sine die, con motiva-zioni pretestuose, il rilascio delle informazioni o con il fornirne non esaurienti ed in-terlocutorie.Al riguardo, è stato deciso che il Comune non può rifiutare l’accesso al consigliere ad-ducendo l’insufficienza dell’organico di dotazione, in quanto sussiste “l’obbligo del-l’amministrazione di dotarsi di un apparato burocratico in grado di soddisfare gliadempimenti di propria competenza” o quanto meno prevedere “la distribuzione neltempo del rilascio delle copie richieste”, procedendo ad una forma di “rateizzazione”5.Occorre, quindi, che la materia sia oggetto di specifica disciplina mediante appositoregolamento oppure nello stesso regolamento sulle adunanze del Consiglio, che de-finisca le modalità per la formulazione delle richieste di notizie ed informazioni e peril rilascio delle stesse.Per evitare che il diniego di informazione sia motivato con l’esigenza di rispettare ilsegreto d’ufficio, si dispone che i consiglieri siano parimenti tenuti essi stessi al se-greto d’ufficio, affinché nessuna notizia debba ritenersi ad essi preclusa.In generale, i consiglieri comunali sono legittimati ad acquisire, ove indispensabile al-l’esercizio del mandato, anche le notizie e i dati concernenti dati personali, anche sen-sibili, poiché, di norma, tale attività costituisce “trattamento” autorizzato da specifi-ca disposizione legislativa (in conformità al codice sulla privacy), secondo le regoleintegrative fissate dalle determinazioni ed autorizzazioni generali del garante e dagliatti organizzativi delle singole amministrazioni6.Il diritto di avere notizie ed informazioni lo abbiamo tenuto distinto dal diritto, ad es-so, peraltro, connesso, di prendere visione dei provvedimenti e degli atti preparato-

15.7. IL DIRITTO DI OTTENERE NOTIZIE E INFORMAZIONI UTILI AL MANDATO285

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

15.7. Il diritto di ottenere tutte le notizie ed informazioni utili per lo svolgimento del mandato

L’art. 43, comma 2, D.Lgs. 267 del 2000, attribuisce ai consiglieri comunali il di-ritto di ottenere dagli uffici del Comune o della Provincia, nonché dalle sueaziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in suo possesso,utili all’espletamento del proprio mandato4.

(4) In generale, circa il diritto dei consiglieri di prendere visione dei provvedimenti adottati dagli uf-fici dell’ente, nonché di avere tutte le informazioni utili per l’espletamento del loro mandato, cfr.:TAR Lombardia, Brescia, 8 settembre 1994, n. 504, in TAR, 1994, I, pag. 4000; TAR Umbria, 11 dicem-bre 1995, n. 487, ivi, 1996, I, pag. 570, secondo il quale il diritto d’accesso sarebbe uno strumento conil quale il consigliere esercita il controllo sull’operato del Comune; TAR Lombardia, Milano, I, 27 ot-tobre 1992, n. 754, ivi, 1992, I, pag. 4745 e Id., Brescia, 13 dicembre 1993, n. 1041, ivi, 1994, I, pag. 625;Consiglio di Stato, V, 6 dicembre 1999, n. 2046, in Cons. St. , 1999, I, pag. 2096. (5) TAR Sardegna 29 aprile 2003, n. 495, in Foro amm. TAR, 2003, 1407, annotata da ITALIA, L’ente ob-bligato a fotocopiare gli atti richiesti dal consigliere, in Il Sole 24 Ore del 13 ottobre 2003; TAR Lombardia,Milano, I, 10 marzo 2003, n. 408, in TAR, 2003, I, pag. 1925, secondo il quale, quando la richiesta è ri-ferita ad una serie di atti e non richieda l’elaborazione di dati ulteriori rispetto alla mera messa a di-sposizione dei documenti, è illegittimo il diniego motivato con l’esigenza di evitare la compromis-sione del regolare andamento del lavoro degli uffici e ingiustificati ed elevati costi per l’ente.(6) TAR Campania, Napoli, V, 18 febbraio 2003, n. 921, in Foro amm. TAR, 2003, pag. 707.

ri, in quanto la richiesta di informazione comporta, sovente, un lavoro di indagine edi selezione da parte dell’ufficio destinatario della richiesta, mentre l’assolvimentodel diritto di prendere visione si concreta nel porre a disposizione del consigliere gliatti d’ufficio o, come vedremo, nel rilasciargli copia conforme dell’atto di cui si chie-de l’ostensione.Anche per l’esercizio del diritto di avere notizie ed informazioni dagli uffici e dalleaziende ed enti dipendenti dal Comune o dalla Provincia si pone il problema della ne-cessità o meno di un atto di autorizzazione per poter ottenere quanto richiesto. È da ritenere che, anche in considerazione del processo di semplificazione dell’attivi-tà amministrativa, il diritto di avere notizie ed informazioni sia soggetto alla discipli-na dell’art. 19 della L. 241 del 1990, per cui è sufficiente che il consigliere rivolga al ti-tolare dell’ufficio la richiesta, la quale si intende accolta qualora nel termine previstodal regolamento non se ne comunica motivatamente il rigetto dell’istanza, da adot-tarsi - a nostro avviso - dal Sindaco o dal Presidente della Provincia o dal competen-te assessore, e non da parte del responsabile dell’ufficio, in quanto si tratta di un prov-vedimento che incide sul diritto pubblico del consigliere nell’espletamento del man-dato amministrativo.

15.8.1. La disciplina legislativaLa vigente normativa non disciplina direttamente il diritto dei consiglieri ad ottenereil rilascio di copie degli atti, come è invece disposto dall’art. 10, comma 2, D. Lgs.267/2000, che assicura a tutti i cittadini il diritto di accesso agli atti amministrativi delComune.Nei confronti dei consiglieri deve, quindi, ritenersi applicabile sia questa disposizio-ne, in quanto non può rifiutarsi ai membri eletti dai cittadini, quanto è garantito a tut-ti indistintamente coloro che fanno parte della comunità locale, sia quanto prescrittodall’art. 43, comma 2, sopra citato.

Dopo molte incertezze interpretative ha trovato soluzione la questione relativa al pa-gamento dei costi sostenuti dall’ente per il rilascio delle copie degli atti e documentirichiesti dai consiglieri, con il riconoscimento della piena gratuità, sia per quanto ri-guarda i costi di riproduzione, sia per quanto concerne i diritti di visura e di ricerca, inquanto “l’esercizio del diritto di accesso attiene alla funzione pubblica di cui è porta-tore il consigliere comunale stesso, e non al soddisfacimento di un suo interesse indi-viduale e privato”7. Né deve farsi luogo - a nostro avviso - alla corresponsione dei di-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 286

Costi

15.8. Il diritto di prendere visione dei provvedimentiadottati dall’ente e degli atti preparatori in essi richiamati

Pertanto, il Consiglio nel regolamento sul diritto di accesso dei consiglieri de-ve disciplinare, tra le modalità del diritto dei consiglieri di prendere visionedei provvedimenti del Comune o della Provincia e delle aziende ed enti di-pendenti, anche quelle relative al diritto di avere copia degli stessi, al pari deicittadini.

(7) Così, Consiglio di Stato, V, 8 settembre 1994, n. 976, in Cons. St. , 1994, I, pag. 1217; TAR Toscana,I, 2 luglio 1996, n. 603, in TAR, 1996, I, pag. 3253; TAR Calabria, Catanzaro, II, 12 marzo 2002, n. 570,

ritti di segreteria, poiché l’Allegato D alla l. 8 giugno 1962, n. 604 (norme speciali, art.7) esclude la riscossione dei diritti in parola “in tutti quei casi nei quali le leggi ed i re-golamenti dispongono che il rilascio debba farsi senza spesa”, come nel caso de quo).Trascorsi trenta giorni dalla richiesta del consigliere o in caso di rifiuto espresso daparte del Comune è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al Tribunale regionaleamministrativo ovvero chiedere, nello stesso termine, al difensore civico che sia rie-saminata la determinazione di diniego. Se il difensore civico ritiene illegittimo il di-niego o il differimento lo comunica all’organo che lo ha disposto. Se questi non ema-na il provvedimento confermativo entro trenta giorni dal ricevimento della comuni-cazione del difensore civico, l’accesso è consentito (art. 25 della L. 241 del 1990).

15.8.2. Casistica

15.8. IL DIRITTO DI PRENDERE VISIONE DEI PROVVEDIMENTI DELL’ENTE287

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

ivi, 2002, I, pag. 2121; adde, Risoluzione del Ministero delle finanze, 5 febbraio 1980, n. 291861, in No-tiziario ANCI, 1980, n. 7/8, pag. 89, nonché la Risoluzione dell’Agenzia delle entrate 4 ottobre 2001,n. 151/E, per quanto concerne l’esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo.(8) TAR Lombardia, Brescia, 28 settembre 1999, n. 813, in TAR, 1999, I, pag. 4333; TAR Veneto, II, 9ottobre 1999, n. 1515, ivi, 1999, I, pag. 4793.(9) TAR Veneto, 30 marzo 1995, n. 489, in TAR., 1995, I, pag. 2314; TAR Puglia, Lecce I, 6 marzo 2004,n. 1694, in Foro amm. TAR, 2004, pag. 816; Consiglio di Stato, V, 13 novembre 2002, n.. 6293, in Cons.St. 2002, I, pag. 2508. (10) Consiglio di Stato, V, 7 maggio 1996, n. 528, in Cons. St., 1996, I, pag. 837; Id, 22 febbraio 2000, n.940 e 26 settembre 2000, n. 5109, ivi, 2000, I, pagg. 357 e 2070; TAR Piemonte, II, 24 febbraio 2001, n.450, in TAR, 2001, I, pag. 1239; TAR Abruzzo, Pescara, 8 marzo 2002, n. 303, ivi, 2002, I, pag. 1988;TAR Lombardia, Brescia, 16 luglio 2002, n. 1067, ivi, 2002, I, pag. 3466; Id., 20 dicembre 2002, n. 2248,ivi,, 2003, I, pag. 701; TAR Puglia, Lecce, II, 7 ottobre 2002, n. 5078, ivi, 2002, I, pag. 4453; TAR Cam-pania, Napoli, V, 6 marzo 2003, n. 2100, in Foro amm. TAR, 2003, I, pag. 1043, TAR Liguria, I, 1 luglio2003, n. 827, ivi, 2003, 2209, il cui testo è riprodotto in www. giuffre.it./riviste/foro.

Orientamenti di giurisprudenzaSi è affermata una giurisprudenza, ormai consolidata, che ha riconosciuto alconsigliere comunale ampia facoltà di accesso agli atti e documenti del Comu-ne (piani regolatori e strumenti urbanistici, concessioni edilizie, ecc)8, in consi-derazione del fatto che non può disconoscersi in capo all’eletto quanto è confe-rito al cittadino, per cui l’art. 43, comma 2, deve interpretarsi nel senso più fa-vorevole, senza, peraltro, opporre il segreto d’ufficio, in quanto esso è esteso aiconsiglieri.I consiglieri nell’esercizio del diritto di prendere visione di tutti gli atti neces-sari all’espletamento del mandato non debbono rivolgere richieste indetermi-nate, ma debbono specificare l’oggetto della richiesta, in modo da consentireuna sia pur minima identificazione dei supporti documentali che intendonoconsultare e che debbono essere sempre connessi all’espletamento del loromandato9.Per constante e prevalente giurisprudenza non è fatto obbligo al consigliere diindicare i motivi della richiesta, né l’interesse alla stessa come se fosse un pri-vato, perché, diversamente, gli organi di amministrazione sarebbero arbitri distabilire essi stessi l’estensione del controllo sul loro operato10. Non manca tut-tavia giurisprudenza che prescrive l’obbligo di motivare l’interesse che sorreg-

(segue)

MANUALE DEL CONSIGLIERE 288

ge la domanda, non essendo sufficiente un generico richiamo al proprio ufficiodi consigliere11.Sul diritto di accesso del consigliere comunale o provinciale alla documenta-zione amministrativa, nella forma del rilascio di copie, è stato deciso che noncostituisce ostacolo a tale rilascio la mancata emanazione dei regolamenti at-tuativi, atteso che il consigliere comunale è tenuto al segreto su notizie riserva-te sotto la propria personale responsabilità12. Sempre in tema di rilascio di copie è stato ritenuto illegittimo il provvedimen-to del Sindaco che dispone il divieto per i consiglieri di estrarre copie degli at-ti e documenti di loro interesse, consentendo solo la loro visione, in violazionedell’art. 7 della l. 241 del 1990 e delle norme del regolamento comunale, cheprevede la possibilità per i consiglieri stessi di ottenere copie degli atti conesenzione del pagamento dei diritti13.Circa l’estensione del diritto di accesso si è affermata una interpretazione giu-risprudenziale evolutiva, che ritiene il diritto di accesso non limitato alle solematerie di competenza dei Consigli. Infatti, le norme vigenti in materia, “facendo riferimento all’ espletamento delmandato, non hanno avuto riguardo alle competenze amministrative del Con-siglio, nel senso cioè che le informazioni acquisibili debbano riguardare solo lematerie attribuite a detto organo, ma hanno considerato l’esercizio, in tutte lesue potenziali esplicazioni, del munus di cui ciascun consigliere comunale è in-dividualmente investito in quanto membro del Consiglio comunale”14. Né il diritto del consigliere incontra limitazioni a causa del diritto alla riserva-tezza di privati, poiché il consigliere ha l’obbligo di non divulgare le notizie ele informazioni acquisite15.È stata ritenuta legittima la disposizione regolamentare che consente ai consi-glieri di accedere agli atti dell’ente (eventualmente non depositati ventiquattroore prima delle sedute consiliari) previa richiesta orale al Segretario comunalein orario d’ufficio, senza altre formalità o tempi di attesa16. Per quanto concerne l’accesso ai pareri, si distingue tra pareri endoprocedi-mentali, richiamati nella motivazione dell’atto finale, che sono ostensibili, e pa-reri legali, acquisiti per verificare la fondatezza o meno delle pretese avanzateda un privato e rivolti a delineare la futura condotta processuale più conve-

(11) TAR Piemonte, II, 15 giugno 2000, n. 738, in TAR, 2000, I, pag. 3755; Id., 13 ottobre 2003, n. 1224,ivi, 2003, I, pag. 4593; TAR Puglia, Lecce, I, 27 dicembre 2000, n. 3882, ivi, 2001, I, pag. 686.(12) TAR Lombardia, Milano, I, 18 settembre 1992, n. 536, in TAR, 1992, I. pag. 4297.(13) TAR Campania, Salerno, 15 marzo 1996, n. 186, in TAR, 1996, I, pag. 2073.(14) Consiglio di Stato, V, 21 febbraio 1994, n. 119, in Cons. St., 1994, I, pag. 188; TAR Liguria, 28 giu-gno 1994, n. 289, in TAR, 1994, I, pag. 3125; T.A.R .Abruzzo, L’Aquila, 3 novembre 1995, n. 696, ivi,1996, I, pag. 213, il quale rileva che l’accesso si estende fino a comprendervi anche gli atti di “prove-nienza privata “, che ineriscano comunque all’esplicazione del mandato. (15) TAR Calabria, Reggio Calabria, 14 febbraio 1996, n. 127, in TAR, 1996, I, pag. 1631, il quale affer-ma che il diritto del consigliere non incontra i limiti previsti dall’art. 25 della l. 241, che contempla ilpagamento dei costi di riproduzione, l’assolvimento dell’imposta di bollo e la riscossione dei dirittidi ricerca e di visura..(16) TAR Friuli-Venezia Giulia, 30 settembre 1992, n. 402, in TAR, 1992, I, pag. 4391; TAR LombardiaMilano, II, 27 maggio 1994, n. 330, ivi, 1994, I, pag. 2467, il quale sottolinea l’opportunità di prende-re visione degli atti compatibilmente con gli orari dell’ufficio e le relative esigenze organizzative.

(segue)

(continua)

15.8. IL DIRITTO DI PRENDERE VISIONE DEI PROVVEDIMENTI DELL’ENTE289

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

niente per l’amministrazione, nel quale caso si propende per il differimentodell’accesso alla definizione del contenzioso17.Accade sovente che i consiglieri avanzino richiesta di ottenere la trasmissioned’ufficio, in forma sistematica, di tutte le determinazioni che vengono adottatedagli uffici e, in una fattispecie, il giudice amministrativo ha ritenuto legittimoil rifiuto, in quanto il diritto dei consiglieri è sufficientemente tutelato dalla pos-sibilità di prendere visione dei documenti amministrativi presso gli uffici18.Siamo dell’avviso che la materia debba trovare la sua naturale allocazione nelregolamento (sull’accesso o per il funzionamento del Consiglio), precisando,ad esempio, che le deliberazioni della Giunta siano inviate ai capogruppi, pres-so i quali se ne può prendere visione, in conformità all’art. 125 D.Lgs. 267/2000.Riguardo a singole fattispecie, sono stati enunciati i seguenti principi:

- è da escludersi in capo ai consiglieri un indiscriminato accesso al registro diprotocollo generale in quanto lo stesso potrebbe riportare materie coperteda segreto e notizie riservate, per cui occorre la preventiva identificazionedegli oggetti che rientrano nella sfera di interesse del richiedente19;

- mentre deve considerarsi legittima l’istanza volta ad ottenere copia del bi-lancio20, deve ritenersi esorbitante la richiesta di bilanci preventivi e con-suntivi relativi a sei anni di attività amministrativa rispetto allo scopo di ve-rificare l’avvenuta applicazione integrale degli accordi sindacali per il perso-nale degli enti locali21;

- è lecito l’accesso ai provvedimenti di determinazione delle retribuzioni deidirigenti della locale casa da gioco, in quanto il diritto d’accesso prevale sul-l’esigenza della riservatezza del terzo ogniqualvolta l’accesso venga in rilie-vo per la cura di interessi giuridici e non abbia ad oggetto dati sensibili, nelqual caso l’amministrazione deve valutare la prevalenza degli interessi rile-vanti nelle singole fattispecie22;

- gli atti di un concorso pubblico debbono essere esibiti ad un consigliere co-munale che ne faccia richiesta, in quanto tale procedimento è una tipicaespressione del funzionamento della macchina amministrativa comunale, alcui controllo è preposto il Consiglio23;

- deve essere consentito al consigliere l’accesso alla schede di valutazione delpersonale24;

- il diritto di accesso va esteso anche agli atti del gestore di servizi pubblici, inquanto tale attività è esercitata, oltre che nell’interesse proprio, anche persoddisfare quelli della collettività ed ha quindi rilievo pubblicistico25.

(continua)

(17) Consiglio di Stato, V, 2 aprile 2001, n. 1893, in Cons. St., 2001, I, pag. 877; cfr., però, TAR Sicilia,Catania, III, 7 novembre 2000, n. 2031, in TAR, 2001, I, pag. 415, che ha ritenuto soggetti all’accesso ipareri espressi dall’ufficio legale dell’amministrazione.(18) TAR Lombardia, Milano, III, 9 febbraio 1999, n. 475, in TAR, 1999, I, pag. 1300; Id., II, 15 febbra-io 2000, n. 941, ivi, 2000, I, pag. 1839.(19) TAR Veneto, II, 30 marzo 1995, n. 498, in Nuova rass., 2002, pag. 2388, in risposta a quesito da par-te del Ministero dell’interno.(20) TAR Campania, Salerno, 22 maggio 2001, n. 517, in TAR, 2001, I, pag. 2470.(21) TAR Sicilia, Palermo, I, 12 febbraio 1993, n. 105, in Nuova rass., 2002, pag. 2644, in risposta a que-sito da parte del Ministero dell’interno.(22) TAR Liguria, II, 9 ottobre 2001, n. 1027, in TAR, 2001, I, pag. 2674.(23) TAR Liguria, II, 12 maggio 2003, n. 619, in Foro amm. TAR, 2003, pag. 1599.(24) TAR Trentino-Alto Adige, Trento 23 febbraio 2004, n. 51, in Foro amm. TAR, 2004,pag. 358.(25) TAR Campania, Salerno, I, 12 febbraio 2003, n. 121, in Foro amm. TAR, 2003, pag. 715.

Per inciso, si rileva che qualora i richiamati alle armi o coloro che svolgono il serviziocivile ricoprano l’ufficio di Sindaco o di Presidente della Provincia o di Presidente diComunità montana hanno diritto di usufruire, a richiesta, di una licenza illimitata inattesa di congedo per la durata del mandato (comma 2, secondo periodo).Gli amministratori debbono avere la qualifica di componenti, ossia di consiglieri, dei:

- Consigli comunali;- Consigli provinciali;- Comunità montane:- Unioni di Comuni;- Circoscrizioni di Comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti.

Nulla la legge dispone in ordine ai componenti delle assemblee consortili, ma la la-cuna è colmabile assimilandoli ai membri degli organi esecutivi dei consorzi fra entilocali (comma 3)26.

La ratio della disposizione è da ricercare nell’esigenza di assicurare al consigliere, chesia lavoratore dipendente, la possibilità di poter usufruire di un congruo periodo diriposo, nell’eventualità in cui sia sottoposto a turni di lavoro che richiedano l’iniziodell’attività lavorativa prima delle ore 8.Per quanto concerne il problema della individuazione del periodo serale, in cui si tie-ne il Consiglio, si può ritenere che, suddiviso il giorno in mattino, sino all’ora di pran-zo, pomeriggio, fino all’ora di cena e sera, le ore successive, è a queste ultime che bi-sogna fare riferimento, anche con apposita previsione regolamentare.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 290

15.9. Diritto di assentarsi dal lavoro per l’intera giornata nella quale è convocato il Consiglio

Con i commi 1 e 2 dell’art. 79, D.Lgs. 267 del 2000, si stabilisce che hanno dirit-to di assentarsi dal lavoro per l’ intera giornata in cui sono convocati i rispetti-vi Consigli, gli amministratori locali, compresi nelle seguenti categorie:

- lavoratori dipendenti, pubblici e privati;- militari in servizio effettivo; - richiamati alle armi;- coloro che svolgono il servizio civile sostitutivo di quello militare.

15.10. Diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore8 del giorno successivo alla seduta del Consiglio

L’art. 79, comma 1, secondo periodo, D. Lgs. 267 del 2000, innovativamente, di-spone che, qualora la seduta dell’organo consiliare si protragga nelle ore sera-li, ma non oltre la mezzanotte del giorno in cui è convocato, il consigliere ab-bia diritto a non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo.

(26) MARSILIO, in AA. VV. Nuovo ordinamento degli enti locali e status degli amministratori, cit., pag.215.

Prima della innovazione apportata dalla l. 265 del 1999, riprodotta all’ultimo periododel comma 1, dell’art. 79 D. Lgs. 267 del 2000, si era instaurata in molti Consigli laprassi di indire una seduta con inizio in ora serale e termine prima della mezzanottee di indire un’ulteriore adunanza per i primi minuti del giorno successivo, per fare sìche i consiglieri usufruissero di due giornate di permesso retribuito.

Possono usufruire di tali permessi i componenti:- delle Giunte comunali;- delle Giunte provinciali;- degli organi esecutivi dei Consigli circoscrizionali, dei municipi, delle Unioni di

comuni;- degli organi esecutivi dei consorzi fra enti locali;- delle commissioni consiliari formalmente costituite, ossia le commissioni consilia-

ri permanenti e quelle di emanazione dei Consigli;- della conferenza dei capigruppo;- degli organismi di pari opportunità, previsti dagli statuti e dai regolamenti consi-

liari.I citati componenti, che siano lavoratori dipendenti, pubblici o privati, hanno dirittodi assentarsi dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parteper la loro effettiva durata, comprendendo il tempo per raggiungere il luogo dellariunione e rientrare al posto di lavoro.Il permesso è concesso, altresì a:

- militari;- coloro che sono richiamati alle armi;- coloro che svolgono il servizio sostitutivo.

Con il riferimento alle “commissioni comunali previste per legge” (statale o regionale), sirisolve la controversa questione relativa al diritto di usufruire dei permessi anche pertali organismi, mentre secondo la previgente legislazione vi rientravano soltanto lecommissioni consiliari permanenti.

15.12. ASSENZA DAL SERVIZIO PER LA DURATA DELLA RIUNIONE291

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

15.11. Diritto di assentarsi per l’intera giornata successiva a quella di convocazione del Consiglio

Per ovviare a tale espediente, si dispone, pertanto, che i lavoratori dipendenticomponenti dei Consigli sopra indicati, qualora i lavori dei Consigli si protrag-gano oltre la mezzanotte (anche per pochi muniti), hanno diritto di assentarsidal servizio per l’intera giornata successiva.

15.12. Diritto di assentarsi dal servizio per il tempo dell’effettiva durata della riunione dell’organo di cui si fa parte

L’art. 79, comma 3, D. Lgs. 267 del 2000, prevede la concessione di permessi re-tribuiti, commisurati al tempo necessario per poter assolvere al compito pro-prio dell’organo di cui si fa parte, per la partecipazione alle riunioni di:

- organi esecutivi (Giunte, comitati);- commissioni.

Anche con la nuova normativa non si risolve il problema della partecipazione degliassessori esterni alle riunioni dei Consigli, alle quali sono tenuti ad intervenire, in oc-casione della discussione di particolari oggetti, specie di quelli di cui siano relatori.Per sopperire alla mancanza di disciplina, si potrebbero assimilare le riunioni delConsiglio a quelle della Giunta, per le quali è concesso il permesso di assentarsi dalservizio per tutta la durata della seduta.

Possono usufruire di permessi retribuiti per un massimo di ventiquattro ore al mese,i seguenti amministratori:

- assessori comunali;- assessori provinciali;- componenti di organi esecutivi delle Comunità montane, delle Unioni di Comuni

e dei consorzi;- presidenti dei Consigli comunali, provinciali e circoscrizionali;- presidenti e membri degli organi esecutivi dei consorzi fra enti locali;- presidenti dei gruppi consiliari delle Province e dei Comuni con più di 15.000 abi-

tanti. Le ore di permesso retribuito salgono a quarantotto ore al mese, per:

- Sindaci;- Presidenti delle Province;- Presidenti delle Comunità montane;- Presidenti dei Consigli provinciali e dei Comuni con popolazione superiore a

30.000 abitanti.È stato deciso che il legislatore, nel fissare il tetto massimo di ventiquattro o di qua-rantotto ore mensili per il Sindaco o il Presidente della Provincia non esclude dal com-puto totale il tempo di viaggio, per cui deve comprendersi nel tempo di espletamen-to del mandato anche quello di percorrenza27.Il Ministero dell’interno ha rilevato che, qualora l’eletto ricopra più di una carica diquelle indicate non sia consentito il cumulo di permessi per un numero di ore mensi-li superiore a quello fissato: 24 o 48 (circolare 25 marzo 1986, n. 2/86). Trattandosi di permessi retribuiti il rimborso al datore di lavoro di quanto corrispo-sto, per retribuzione ed assicurazioni, al lavoratore, va effettuato dall’ente presso ilquale il lavoratore esplica il mandato (art. 80, D. Lgs. 267 del 2000).

MANUALE DEL CONSIGLIERE 292

15.13. Ulteriori permessi retribuiti

Con il comma 4 dell’art. 79, D. Lgs. 267 del 2000, si concede ad alcuni ammini-stratori il diritto di assentarsi dal servizio per un certo numero di ore lavorati-ve al mese.

(27) TAR Sicilia, Palermo, I, 1 giugno 1994, n. 370, in TAR, 1994, I, pag. 3447.

La richiesta al datore di lavoro di permessi non retribuiti è subordinata alla condizio-ne che sia “necessaria” per l’espletamento del mandato, giudizio di necessarietà cheè, ovviamente, prerogativa del titolare della funzione “quale dominus negotii di dirit-to pubblico alla cui discrezione è interamente rimessa la buona gestione del munus pu-blicum: egli ne è il solo responsabile di fronte al corpo elettorale”28.

Si prescrive, quindi, una preventiva richiesta di permessi, che possono anche esserepreventivamente programmati29, come nel caso in cui il lavoratore, consigliere comu-nale o provinciale dichiari che in un determinato giorno della settimana deve assen-tarsi per l’intera giornata per partecipare alle sedute del Consiglio, con riserva di pre-sentare, al rientro da ciascun permesso, la prescritta documentazione.Riguardo ai permessi non retribuiti è, invece, prescritto l’obbligo di descrivere e do-cumentare le specifiche attività e la loro durata, al fine di giustificare l’assenza30. L’attestazione può essere adottata oltre che dal legale rappresentante dell’ente (Sinda-co o Presidente della Provincia) o dell’organo (Presidente del Consiglio), anche dal se-gretario comunale o provinciale, che è l’organo che verbalizza l’attività dei Consigli odal dirigente responsabile, per le riunioni delle commissioni.È stato affermato che va negata la fruibilità di permessi retribuiti per riunioni di Giun-ta in assenza del relativo verbale, diversamente da quanto accade per i permessi re-tribuiti per la partecipazione alle adunanze del Consiglio, per le quali è sufficiente lasola convocazione del Consiglio31.

15.15. DOCUMENTAZIONE DEI PERMESSI293

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

15.14. Permessi non retribuiti

Tutti i lavoratori dipendenti di cui al commi 1, 2, 3 e 4 dell’art. 79, D. Lgs. 267del 2000, hanno diritto ad usufruire, oltre che dei permessi retribuiti, anche diulteriori permessi non retribuiti, sino ad un massimo di 24 ore mensili, qualo-ra risultino utili per l’espletamento del mandato (art. 79, comma 5).

15.15. Documentazione dei permessi

L’art. 79, comma 6, D. Lgs. 267 del 2000, dispone che l’attività ed i tempi diespletamento del mandato per i quali i lavoratori chiedono ed ottengono i per-messi, retribuiti e non retribuiti, devono essere prontamente e puntualmentedocumentati mediante attestazione dell’ente.

(28) RIZZO, Commento teorico-pratico al muovo regime sulle aspettative, i permessi e le indennità degli am-ministratori locali, in Nuova rass., 1986, I, pag. 871.(29) TAR Molise, 28 settembre 1993, n. 169, in TAR, 1993, I, pag. 4153.(30) VIRGA, L’amministrazione locale, Milano, 1991, pag. 112.(31) Corte conti, sez. giur.. Umbria, 24 gennaio 2008, n. 18, in Foro amm. TAR, 2008, pag. 301,

Con il primo periodo del comma 1, dell’art. 80, D. Lgs. 267 del 2000, si precisa che ipermessi per partecipare alle riunioni degli organi assembleari, degli organi esecuti-vi e per l’espletamento del mandato (art. 79, commi 1, 2, 3 e 4) sono retribuiti.Con l’art 2-bis del d.l. 27 dicembre 2000, n. 392 (convertito in l. 28 febbraio 2001, n. 26)si è ripristinato il previgente sistema che prescriveva il diritto al rimborso degli one-ri retribuiti solo a favore dei datori di lavoro di dipendenti privati o di enti pubblicieconomici, con esclusione, quindi, degli altri enti pubblici, tra i quali sono ricompre-si gli enti locali.L’ente, su richiesta documentata del datore di lavoro, è tenuto a rimborsare quantodallo stesso corrisposto, per retribuzioni ed assicurazioni, per le ore o giornate di ef-fettiva assenza del lavoratore dal servizio.Il rimborso viene effettuato dall’ente entro trenta giorni dalla richiesta, con esenzio-ne dall’IVA, ai sensi dell’art. 8, comma 35, della L. 67 del 1988.

Il collocamento in aspettativa è stato disciplinato, nell’ordine: dalla L. 12 dicembre1966, n. 1078, che lo concedeva ai soli dipendenti dello Stato e degli enti pubblici e so-lo per alcune cariche; dall’art. 31 dello Statuto dei lavoratori, che lo ha esteso anche ailavoratori da privati datori di lavoro; dall’art. 2 della L. 816 del 1985, che concede ilcollocamento in aspettativa non retribuita a tutti i lavoratori, per tutta la durata delmandato, senza alcun onere a carico del datore di lavoro.Tale disciplina è fatta propria dall’art. 22 della L. 265 del 1999 e riproposta nell’art. 81,D. Lgs. 267 del 2000, che riconosce il diritto al collocamento in aspettativa non retri-buita a tutti gli amministratori degli enti locali, indipendentemente dal fatto che rico-prano uffici assembleari o individuali (compresi, quindi, i consiglieri).

L’aspettativa, per tutta la durata del mandato o per parte di esso, è richiesta dal-l’amministratore interessato, con apposita istanza al datore di lavoro, il quale non haalcun potere discrezionale in merito, nel senso che non può rifiutarla, ma semplice-mente prenderne atto.Se il datore di lavoro è un ente locale, il provvedimento di concessione del colloca-mento in aspettativa è di competenza del dirigente.Il secondo periodo del comma 1, dell’art. 81, dispone che il tempo trascorso in aspet-tativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nel senso che è valutabileagli effetti dell’anzianità, per il calcolo degli aumenti periodici e delle classi di stipen-dio, per la progressione in carriera ed ai fini della quiescenza.Inoltre, è considerato come legittimo impedimento per il compimento del periodo diprova, poiché esso è sospeso per tutta la durata del mandato e ricomincia a decorrere,

MANUALE DEL CONSIGLIERE 294

15.16. Oneri per i permessi retribuiti

15.17. Collocamento in aspettativa

Mediante l’istituto del collocamento in aspettativa il lavoratore dipendente,eletto a cariche elettive ha la possibilità di sospendere temporaneamente (pertutta la durata del mandato o solo in parte) il rapporto di lavoro e di dedicarela propria attività al servizio dell’ente, nel quale svolge il mandato elettorale.

Con le innovazioni apportate dalla l. 244 del 2007, art. 2, comma 24, il colloca-mento in aspettativa non retribuita spetta ai Sindaci, ai Presidenti delle Provin-ce, ai presidenti dei Consigli comunali e provinciali, ai presidenti dei Consiglicircoscrizionali dei Comuni, ai presidenti delle comunità montane e delle unio-ni di comuni, nonché ai membri delle Giunte di Comuni e Province, cioè gli as-sessori, con esclusione dei consiglieri.

per la restante parte ancora da compiere, dopo il rientro del lavoratore dall’aspettativa.Con la nuova normativa, che fa riferimento genericamente ai lavoratori dipendenti,senza alcuna precisazione in ordine alla natura, pubblica o privata, del datore di lavo-ro, sono state superate le perplessità prima esistenti sulla estensione del collocamentoin aspettativa anche ai dipendenti da enti privati (compresi sindacati e partiti politici),questione risolta in via di interpretazione autentica dall’art. 8-ter del d.l. 8 del 1993.

Il gettone è percepito per la partecipazione alle sedute dei Consigli e delle commis-sioni operanti nell’ente (commissioni permanenti, quelle previste dallo statuto, dairegolamenti e dalla legge) ed è sottoposto alla condizione che l’ammontare mensiledei gettoni percepiti da ciascun consigliere non superi l’importo pari ad un quarto32

dell’indennità di funzione percepita dal rispettivo capo dell’amministrazione (Sinda-co e Presidente della Provincia).La misura del quarto va calcolata non su quella effettivamente percepita dal capo del-l’esecutivo, che potrebbe essere inferiore o superiore a quella stabilita dal decreto mi-nisteriale che fissa le misure dell’indennità di funzione, ma su quest’ultima.Se la seduta del Consiglio, regolarmente convocata, non ha avuto luogo, per qualsia-si motivo (mancanza del numero legale, causa di forza maggiore, come calamità na-turali, ecc.), il consigliere ha diritto al permesso retribuito ed al rimborso delle spesedi viaggio sostenute, ma - a nostro avviso - non al gettone di “presenza”, presenzache, nella specie, non si verifica.Infatti, in conformità all’ultimo comma dell’art. 82 del D. Lgs. 267, come sostituitodall’art. 76, comma 3, del d.l. 112 del 2008, “la corresponsione dei gettoni di presenza è co-munque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il re-golamento ne stabilisce termini e modalità”.Qualora il Consiglio sia stato illegittimamente sciolto, i consiglieri non hanno alcundiritto al risarcimento del danno per mancata percezione dell’indennità connessa al-l’esercizio delle funzioni33. Né è configurabile un diritto al risarcimento del danno nelcaso di mancata riscossione del gettone di presenza34.

15.18. GETTONE DI PRESENZA295

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

15.18. Gettone di presenza

Il comma 2 dell’art. 82, nel testo sostituito dall’art. 2, comma 25, della L. 244 del2007 e poi dal comma 6, dell’art. 5 del D.L. 78 del 2010, dispone che il gettonedi presenza (che tiene luogo dell’indennità di presenza) spetta alle seguenti ca-tegorie di amministratori locali:

- consiglieri comunali;- consiglieri provinciali, ai quali debbono essere assimilati i consiglieri me-

tropolitani;- consiglieri circoscrizionali delle Città metropolitane; nessuna indennità è

dovuta agli altri consiglieri circoscrizionali;

(32) In precedenza la misura e di un terzo.(33) TAR Lombardia, Brescia, 16 luglio 2002, n. 1055, in TAR, 2002, I, pag. 1697, secondo il quale l’in-dennità è correlata all’effettivo svolgimento dell’ufficio, allo scopo di compensare le eventuali dimi-nuzioni patrimoniali subite, con riferimento all’esercizio dell’attività lavorativa propria del consi-gliere, impegnato nelle sedute consiliari. Inoltre, nel caso di errori degli uffici elettorali, che hanno ritardato l’entrata in carica del consigliere,l’ente non è tenuto a corrispondergli i gettoni di presenza per il periodo in cui non ha svolto il man-dato (Cass. Civ., I, 15 aprile 2005, n. 7921, in Foro amm. CDS, 2005, pag. 1047).(34) TAR Lombardia, Milano, II, 29 ottobre 2001, n. 7070, in TAR, 2001, I, pag. 4066, con riferimentoall’ufficio di consigliere circoscrizionale.

Il comma 9-quater del D. L. 29 dicembre 2010, n. 225 (convertito in L. 26 febbraio 2011,n. 10) prevede che, nei Comuni capoluogo di Regione individuati come Città metro-politane gli oneri a carico dell’ente locale per i permessi retribuiti dei consiglieri cir-coscrizionali che siano dipendenti da privati o da enti pubblici economici non posso-no superare mensilmente, per ciascun consigliere, l’importo pari ad un quarto dell’in-dennità del presidente della circoscrizione. Il secondo periodo del comma, sopprime la disposizione che subordinava l’applica-bilità delle nuove disposizioni sullo status degli amministratori di Roma capitale al-l’entrata in vigore del decreto legislativo sulle nuove funzioni di Roma capitale.Ilcomma 3, dell’art. 82, D. Lsg. 267 del 2000, stabilisce la non assimilabilità ai redditi dalavoro di qualsiasi natura delle indennità di funzione e del gettone di presenza, ai finidell’applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi.È legittima la corresponsione del gettone di presenza per la partecipazione nella stes-sa giornata due o più sedute di organi collegiali appartenenti d enti diversi.Con la legge finanziaria per l’anno 2006 (l. 23 dicembre 2005, n.266) si è disposta unariduzione dei gettoni di presenza del 10 per cento.In conformità all’art. 61, comma 10, del D.L. 112 del 2008, a decorrere dal 1° gennaio2009 i gettoni di presenza sono rideterminati con una riduzione del 30 per cento ri-spetto all’ammontare risultante alla data del 30 giugno 2008 per gli enti che nell’annoprecedente non hanno rispettato il patto di stabilità. Con l’art. 1, comma 120 della Legge finanziaria per il 2011, approvata con la L. n. 220del 2010, si dispone che le indennità di funzione e i gettoni di presenza indicati nel-l’art. 82 del D.Lgs. n. 267 del 2000 sono rideterminati con una riduzione del 30 percento rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 giugno 2008 per gli enti loca-li che nell’anno precedente non hanno rispettato il patto di stabilità interno.Inoltre, il comma 7 dell’art. 5 del citato D.L. 78 del 2010, dispone che con decreto delMinistro dell’interno, adottato entro centoventi giorni dalla data di entrata del citatodecreto-legge, gli importi delle indennità già determinate ai sensi dell’art. 82, comma8, del D.Lgs. 267 del 2000, sono diminuiti, per un periodo non inferiore a tre anni, diuna percentuale pari:

Sono esclusi dall’applicazione delle sopra indicate riduzioni i Comuni con meno di1000 abitanti. Con il medesimo decreto è determinato altresì l’importo del gettone di presenza dicui al comma 2 del citato artt. 82, come modificato dal D.L. 78/2010. Agli amministratori di Comunità montane e di Unioni di comuni e comunque di for-me associative di enti locali aventi per oggetto la gestione di servizi e funzioni pub-bliche non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni, indennità o emolumenti inqualsiasi forma siano essi percepiti.Infine il comma 11 dell’art. 5 del D.L. 78/2010 stabilisce che chi è eletto o nominato inorgani appartenenti a diversi livelli di governo non può comunque ricevere più di unemolumento, comunque denominato, a sua scelta.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 296

Importi delleindennità

- al 3 per cento per i Comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti e per leProvince con popolazione fino a 500.000 abitanti;

- al 7 per cento per i Comuni con popolazione tra 15.001 e 250.000 abitanti eper le Province con popolazione tra 500.001 e un milione di abitanti:

- al 10 per cento per i restanti Comuni e per le restanti Province.

Con il comma 8 dell’art. 82 D.Lgs. 267/2000 si è disposto un nuovo metodo per ad-divenire alla determinazione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza,demandandone il compito al Ministro dell’interno, che con proprio decreto, assuntodi concerto con il Ministro del tesoro, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomielocali, stabilisce la loro misura, nel rispetto dei seguenti princìpi:

Su questa speciale indennità si rileva che:- l’indennità di fine mandato va corrisposta al vicesindaco o al vicepresidente che

abbiano esercitato la reggenza, per la cessazione dalle funzioni del titolare;- in caso di variazioni dell’indennità nel corso del mandato si tiene conto dei perio-

di di applicabilità dei vari parametri.

15.19. CRITERI PER LA DETERMINAZIONE DELLE INDENNITÀ E DEI GETTONI297

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

15.19. Criteri per la determinazione delle indennità e dei gettoni

a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori (Sindaci,Presidenti delle Province, vicesindaci, assessori, consiglieri, ecc.), al fine dievitare che nell’ambito di una stessa categoria si possa creare disparità ditrattamento;

b) articolazione delle indennità con la dimensione demografica degli enti,come avviene attualmente, in cui si gradua l’ammontare delle indennità aseconda della classe di Comune o di Provincia, riferita alla popolazione re-sidente, calcolata in base ai dati dell’ultimo censimento generale della po-polazione.

Nell’articolazione delle indennità occorre tenere conto:- delle fluttuazioni stagionali della popolazione;- della percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto al totale delle entra-

te. Occorre considerare il tasso di indipendenza finanziaria dell’ente, ossia ilsuo grado di autonomia rispetto ai trasferimenti erariali, statali e regionali;

- dell’ammontare del bilancio di parte corrente, ossia del totale delle spesecorrenti;

c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vi-ce sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, in rapportoalla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente dellaprovincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consor-zi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità difunzione nella misura massima del 50 per cento dell’indennità prevista perun comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comu-ni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunitàmonta (lett. così sostituiti dall’art. 2, comma 25 della lo. 244 del 2007);

d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delleCittà metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;

e) lettera soppressa dalla lett. b, del comma 6 dell’art. 5 del D.L. 78 del 2010;f) previsione dell’integrazione dell’indennità dei Sindaci compresi quelli

metropolitani e dei Presidenti della Provincia, a fine mandato con una som-ma pari ad una indennità mensile spettante, per ciascun anno di mandato.È stato chiarito che l’indennità di fine mandato decorre dall’entrata in vigo-re della l. 265 del 1999 (21 agosto 1999). Inoltre, ai sensi dell’art. 1, comma719 della legge finanziaria per il 2007: “L’indennità di fine mandato previstadall’articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’interno 4 aprile2000, n.119, spetta nel caso in cui il mandato elettivo abbia avuto una durata su-periore a trenta mesi”.

Dispone il comma 9 dell’art. 82 che su richiesta della Conferenza Stato-Città ed auto-nomie locali si può procedere alla revisione del decreto ministeriale che fissa le misu-re delle indennità e dei gettoni con la medesima procedura su indicata.Questa revisione deve ritenersi derogatoria rispetto a quella stabilita, in via generale,a cadenza triennale dal successivo comma 10, con il quale le indennità di funzione edi gettoni di presenza sono adeguati, sulla base della media degli indici annuali del-l’ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l’annoprecedente, la variazione verificatasi nel biennio nell’indice dei prezzi al consumo ri-levata dall’ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di ini-zio ed al mese di giugno di termine del biennio.Ai sensi dell’art. 61, comma 10, del d.l. 112 del 2008, sino al 2011 è sospesa la possibi-lità di incremento prevista nel comma 10 dell’art. 82.Le prime misure delle indennità e dei gettoni sono state determinate con il d.m. 4aprile 2000, n. 119 e poi ridotte con le modalità sopra indicate.

L’art. 82, comma 4, D. Lgs. 267 del 2000, che consentiva la trasformazione del getto-ne di presenza in indennità di funzione, è stato abrogato dall’art. 2, comma 25, dellaL. 244 del 2007.

In via derogatoria, era prevista la possibilità di cumulo dell’indennità di funzione coni gettoni di presenza, quando essi siano dovuti per mandati diversi, ricoperti dallastessa persona (comma 6), ma la disposizione è stata abrogata dall’art. 2, comma 25della l. 244 del 2007.Il comma 7 dell’art. 82 dispone che gli amministratori che usufruiscono dell’indenni-tà di funzione non hanno diritto ad alcun gettone per la partecipazione a sedute di or-gani collegiali del medesimo ente, con la precisazione che rientrano tra gli organi col-legiali le commissioni che costituiscono articolazioni, interne (come le commissioniconsiliari permanenti) ed esterne dell’organo collegiale (come le commissioni di inda-gine, delle pari opportunità)35.Per quanto concerne la cumulabilità dei gettoni di presenza, a seguito dell’abrogazio-ne della L. 816 del 1985 ed in particolare dell’art. 10, ultimo comma, il quale ponevail divieto di cumulo nell’ambito della stessa giornata, deve ritenersi possibile il lorocumulo sia per le riunioni giornaliere dello stesso organo collegiale, sia per organi di-versi.L’art. 83 D.Lgs. 267 del 2000, come sostituito dall’art. 2, comma 26 della l. 244 del 2007

MANUALE DEL CONSIGLIERE 298

15.20. La trasformazione del gettone di presenza in indennità di funzione. Esclusione

15.21. Divieti di cumulo

Al fine di disincentivare il cumulo delle cariche pubbliche si dispone che le in-dennità di funzione non sono tra loro cumulabili, ma si consente, nel caso dipercezione di due indennità di funzione la facoltà di optare per una delle dueindennità ovvero di percepire il 50 per cento di ciascuna (art. 82, comma 5, D.Lgs. 267 del 2000).

(35) Cfr, in terminis, Consiglio di Stato, V, 8 maggio 2002, n. 2492, in Cons. St.,, 2002, I, pag. 1075.

e poi modificato dal comma 8 dell’art. 5 del D.L. 78 del 2010, dispone che i parlamen-tari nazionali ed europei, nonché i consiglieri regionali non possono percepire i get-toni di presenza o altro emolumento comunque denominato previsti dalla legge chequi si annota.Il citato art. 83, dispone altresì, nella nuova formulazione che:

- salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, gli ammini-stratori locali di cui all’art. 77, comma 2, non percepiscono alcun compenso per lapartecipazione ad organi o commissioni comunque denominate, se tale partecipa-zione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche;

- in caso di cariche incompatibili, le indennità di funzione non sono cumulabili; aisoggetti che si trovano in tale condizione, fino al momento dell’esercizio dell’op-zione o comunque sino alla rimozione della condizione di incompatibilità, l’inden-nità per la carica sopraggiunta non viene corrisposta.

Il divieto di cumulo concerne unicamente le indennità pecuniarie, e non riguarda ilcumulo dei permessi spettanti agli amministratori locali, per lo svolgimento delle lo-ro funzioni36.

Il rimborso viene effettuato dall’ente entro trenta giorni dalla richiesta, con esenzio-ne dall’IVA, ai sensi dell’art. 8, comma 35, della l. 67 del 1988.

Il comma 11 dell’art. 82 prevedeva la possibilità di aumentare o diminuire l’entità del-le indennità di funzione e dei gettoni di presenza con apposita deliberazione dellaGiunta o del Consiglio.

Con la disposizione di cui all’art. 78, comma 6, secondo periodo, del D. Lgs. 267 del2000 si estendeva tale agevolazione anche ai militari di leva, compresi quelli che svol-gevano il servizio civile sostitutivo, con la precisazione che ad essi era riconosciuto ilsolo diritto di priorità nella destinazione, nel senso che doveva essere scelta, per

15.24. DIRITTO DI PRIORITÀ NELLA SCELTA DELLA SEDE PER I MILITARI299

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

15.22. Rimborsi spese al datore di lavoro

L’ente, su richiesta documentata del datore di lavoro, è tenuto a rimborsarequanto dallo stesso corrisposto, per retribuzioni ed assicurazioni, per le ore ogiornate di effettiva assenza del lavoratore dal servizio.

15.23. Aumento o diminuzione delle indennità e dei gettoni. Abolizione

Tale facoltà è stata soppressa in virtù dell’art. 76, comma 3, del D.L. 112 del2008, che ha sostituito il contenuto del comma 11, con il seguente: “La correspon-sione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva partecipazione delconsigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e modalità”,riportata, retro, al paragrafo 3.22.

15.24. Diritto di priorità nella scelta della sede per i militari

Riguardo ai militari di carriera, l’art. 6, comma quarto, della l. 11 luglio 1978, n.382 dispone che essi, qualora siano investiti di cariche elettive presso gli entiautonomi territoriali “dovranno, compatibilmente con le esigenze di servizio, esseredestinati ad una sede che consenta loro l’espletamento delle particolari funzioni cui so-no stati eletti ed avere a disposizione il tempo che si renda a ciò necessario”.

lo svolgimento del servizio la sede situata nell’ente in cui si svolge il mandato o unasede più vicina ad esso. Tale diritto si applicava con riferimento all’ente di definitivadestinazione per la prestazione del servizio militare e non anche all’ente in cui si ef-fettuava l’addestramento37. Con la sospensione del servizio militare obbligatorio la disposizione in parola trovaapplicazione soltanto nei riguardi di coloro che sono addetti al servizio civile disci-plinato dalla L. 6 marzo 2001, n. 64, tenendo presente che è prevista una incompatibi-lità, nel senso che il servizio sostitutivo non può essere esercitato nell’ente presso ilquale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla mede-sima amministrazione, in quanto si cumulerebbero nella stessa persona le funzioni diamministratore e di amministrato.

A tutti gli amministratori locali, come individuati dal comma 1 dell’art. 77, che si re-chino fuori del capoluogo del Comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autoriz-zazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecuti-vi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, è dovuto esclusivamen-te il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute nella misura fissata condecreto del Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze, d’inte-sa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali 38 (art. 84, comma 1, D. Lgs. 267del 2000, nel testo sostituito dall’art. 2, comma 27, della l. 244 del 2007 e modificatodal comma 9 dell’art. 5 del D. L. 78 del 2010).

Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del Comune ove ha sede il ri-spettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio (non quindi l’indennità dimissione, ora forfetaria)40, nelle seguenti circostanze:

- per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari edesecutivi (Consigli e Giunte);

- per la presenza necessaria presso la sede per lo svolgimento delle funzioni proprieo delegate (art. 84, comma 3).

MANUALE DEL CONSIGLIERE 300

Casistica

15.25. Rimborsi spese viaggio e indennità di missione

In merito al rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, è da ri-tenere che in base alla vigente normativa, come oltre specificata, siano rimbor-sabili i viaggi effettuati in:

- ferrovia: 1^ classe; carrozza letto; supplemento treni rapidi, speciali e di lus-so; autobus;

- mezzi marittimi : 1^ classe;- automezzo dell’ente , condotto da personale dipendente;- mezzo proprio . In questo caso spetta all’amministratore l’indennità chilo-

metrica prevista dall’art. 8 della l. 26 luglio 1978, n. 417 e dall’art. 5 del d.P.R.16 gennaio 1978, n. 51339.

(37) TAR Calabria, Reggio Cal., 19 maggio 2001, n. 375, in TAR, 2001, I,pag. 2574.(38) Cfr. D.m. 12 febbraio 2009.(39) PANASSIDI-ACCADIA, in AA.VV, Autonomia e ordinamento degli enti locali, cit., pag. 406. È sta-to abrogato il comma 4 dell’art. 84 che consentiva ai Consigli ed agli altri organi deliberativi deglienti locali di deliberare la sostituzione dell’indennità di missione con il rimborso delle spese effetti-vamente sostenute, disciplinando con regolamento i casi in cui applicare l’uno o l’altro trattamento.(40) TAR Sardegna, 7 aprile 1994, n. 298, in TAR, 1994, I, pag. 2314; Id., 5 dicembre 1994, n. 2100, ivi,1995, I, pag. 933.

Per la liquidazione delle spese e delle indennità di missione è sufficiente l’atto di de-terminazione del competente dirigente, a seguito di richiesta, corredata della docu-mentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una di-chiarazione, resa dallo stesso interessato, sulla durata della missione (comma 2).

Le spese sostenute dagli enti per la partecipazione dei loro rappresentanti alle riunio-ni ed attività degli organi nazionali e regionali delle associazioni fra enti locali nongravano sui bilanci di queste ultime, ma direttamente sul bilancio dell’ente cui appar-tengono i rappresentanti (comma 2).

- Sindaci;- Presidenti della Provincia;- Presidenti di Comunità montane, di Unioni di Comuni e di consorzi fra enti locali;- assessori provinciali e assessori di Comuni con più di 10.000 abitanti;- Presidenti dei Consigli provinciali e di Comuni con più di 50.000 abitanti;- Presidenti dei Consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei

loro confronti un effettivo decentramento di funzioni:- Presidenti delle aziende anche consortili di servizi pubblici locali (art. 86, comma 1).

Agli amministratori che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le carichesopra elencate, l’amministrazione locale provvede al pagamento di una cifra forfeta-ria annuale, versata per quote mensili, secondo i criteri fissati con decreto dei Mini-stri dell’interno, del lavoro e del tesoro, e da conferire alla forma pensionistica presso

15.27. ONERI PREVIDENZIALI, ASSISTENZIALI E ASSICURATIVI301

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

15.26. Partecipazione alle associazioni rappresentativedegli enti locali

L’art. 85 D. Lgs. 267 del 2000 stabilisce che le norme del testo unico, relative al-la posizione, al trattamento ed ai permessi dei lavoratori chiamati a funzionielettive, si applicano anche per la partecipazione dei rappresentanti degli entilocali alle associazioni:

- internazionali degli enti locali;- nazionali (ANCI, UPI, UNCEM, CISPEL);- regionali (delegazioni delle associazioni nazionali: ANCI, UPI, ecc.) (comma 1).

15.27. Oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi

L’amministrazione locale deve prevedere a proprio carico (ossia a bilancio),dandone tempestiva comunicazione al datore di lavoro, il versamento direttoagli istituti interessati degli oneri assistenziali, previdenziali ed assicurativi(per malattia, trattamento pensionistico, assicurazione infortuni) relativi ai se-guenti amministratori, che siano lavoratori dipendenti e siano stati collocati inaspettativa senza assegni:

Il successivo comma 6 stabilisce che gli interessati possono chiedere la ripeti-zione degli oneri assicurativi, assistenziali e previdenziali, entro il termine dicinque anni dalla data del loro versamento, se antecedente alla data di entratain vigore della L. 265 del 1999, che aveva introdotto tale agevolazione.

la quale il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell’assunzionedell’incarico pubblico (d.m. 25 maggio 2001)41.Precisato che restano fuori dalla contribuzione dell’ente locale gli oneri assistenziali eper infortunio, la quota pensionistica forfetariamente determinata ogni anno potrà es-sere opportunamente integrata dal beneficiario.Il comma 3 dell’art. 86 D. Lgs. 267 del 2000 disciplina l’indennità di fine rapporto,stabilendo che al datore di lavoro è rimborsata la quota annuale di accantonamentodella predetta indennità, entro i limiti di un dodicesimo dell’indennità di funzioneannua da parte dell’ente e per l’eventuale residuo da parte dell’amministratore.Si conferma, altresì, l’abolizione del regime fiscale di favore stabilito dall’art. 19 del-la l. 816, per cui trova applicazione il regime ordinario, con la conseguenza che le in-dennità di funzione ed i gettoni di presenza costituiscono reddito imponibile tassabi-le nella misura del 100% del loro ammontare, con obbligo per l’ente locale di applica-re, la ritenuta d’acconto delle aliquote IRPEF.

La ratio della disposizione consiste nell’evitare che l’assunzione diretta dei rischi daparte degli amministratori, rappresentanti dell’ente, possa costituire un deterrente a ri-coprire i pubblici uffici elettivi, con danno per gli interessi pubblici degli enti stessi42.La copertura assicurativa dei rischi finisce con il fungere quale salvaguardia per la re-sponsabilità dell’ente che tale copertura ha deliberato, senza contare che, anche senon sussistesse l’assicurazione l’amministratore avrebbe comunque diritto di ottene-re dall’ente il rimborso delle spese processuali sostenute nel corso del procedimentopenale per aver agito, nell’esercizio delle funzioni istituzionali, per conto e nell’inte-resse dell’ente.La norma limita la copertura assicurativa ai soli amministratori degli enti locali, maessa può essere estesa anche ai rappresentanti del Comune e della Provincia negli en-ti dipendenti dagli stessi43.I rischi che possono essere oggetto di assicurazione sono:

- quelli inerenti la persona, ossia le eventualità riduttive dell’integrità psico-fisicadegli assicurati;

- quelli inerenti ai beni economici, cioè le eventualità riduttive del patrimonio (fur-to, incendio, deflagrazione, ecc.);

- quelli connessi con responsabilità, cioè le eventualità negative consistenti in per-dite economiche per risarcimento di danni arrecati a terzi44.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 302

(41) Cfr. CIGLIO, Comuni, forfait per i professionisti, in Italia Oggi, 2 giugno 2001.(42) TAR Toscana, I, 8 maggio 1989, n. 343, in TAR, 1989, I, pag. 2436.(43) È stato deciso che il rimborso delle spese legali per la difesa nei giudizi penali concernenti attidella Commissione edilizia spetta esclusivamente ai componenti dipendenti o amministratori delComune, ma non ai membri laici, non investiti del mandato elettorale (Consiglio di Stato, I, 17 feb-braio 2002, n. 174, in Cons. St., 2003, I, pag. 191).(44) ROMANO, Rubrica per i Segretari comunali, in Comuni d’It., 1986, pag. 949.

15.28. Assicurazione contro i rischi conseguenti all’esercizio del mandato

L’art.. 86, D. Lgs. 267 del 2000, consente ai Comuni, alle Province, alle Comuni-tà montane, alle Unioni di Comuni ed ai consorzi di assicurare i propri ammi-nistratori contro i rischi conseguenti all’espletamento del mandato.

Anche i dirigenti ed i responsabili degli uffici e servizi (art. 43 CCNL del 14 settem-bre 2000) possono essere assicurati per la responsabilità civile per i danni causati a ter-zi nell’esercizio di fatti o atti connessi all’espletamento delle loro funzioni.L’art. 3, comma 59 della L. 244 del 2007 ha stabilito la nullità del contratto di assicu-razione con il quale un ente pubblico assicuri propri amministratori per i rischi deri-vanti dall’espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardantila responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad enti pubblici e la responsabi-lità contabile,45 parificando la posizione degli amministratori a quella dei dipenden-ti, con limitazione della responsabilità sola alla colpa lieve, con esclusione della re-sponsabilità civile per colpa grave46.In caso di violazione della disposizione, l’amministratore che pone in essere o cheproroga il contratto di assicurazione e il beneficiario della copertura assicurativa so-no tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’am-montare dei premi complessivamente stabiliti nel contratto medesimo.Apposita disciplina è disposta per il rimborso delle spese legali sostenute nei giudiziper responsabilità amministrativa e contabile, in quanto l’art. 3, comma 2-bis del d.l.543 del 1996 dispone che in caso di definitivo proscioglimento le spese legali sostenu-te dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall’ammi-nistrazione di appartenenza. In merito, al fine di precisare la congruità della spesa da rimborsare si stabilisce, inconformità all’art. 18 del d.l. 67 del 1997, che le spese legali relative a giudizi per re-sponsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti diamministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l’espletamento delservizio o con l’assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o prov-vedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazionidi appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato. Inoltre, leamministrazioni interessate, sentita l’Avvocatura dello Stato, possono concedere an-ticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che ac-certi la responsabilità. Le norme sopra richiamate sono state interpretate dall’art. 10-bis, comma 10, del d.l.203 del 2005, nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito,con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all’articolo91 del codice di procedura civile, liquida l’ammontare degli onorari e diritti spettan-ti alla difesa del prosciolto, fermo restando il parere di congruità dell’Avvocatura del-lo Stato da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all’amministrazione di ap-partenenza. Per costante giurisprudenza le spese legali sostenute da un amministratore sono rim-borsabili, nell’eventualità in cui la causa si concluda con sentenza o provvedimentoche escluda la responsabilità dell’amministratore stesso47, sempre che si tratti di fatticonnessi all’espletamento del mandato48. È stato, altresì, deciso che non è necessario che sussista sentenza assolutoria, essendo

15.28. ASSICURAZIONE CONTRO I RISCHI DEL MANDATO303

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

(45) Si prescriveva che i contratti di assicurazione in corso alla data di entrata in vigore della leggecessavano di avere efficacia alla data del 30 giugno 2008.(46) Sull’applicabilità agli amministratori locali della normativa contrattuale vigente per i dipenden-ti pubblici in tema di rimborso delle spese legali, cfr. Corte conti, sez. giur. Lombardia, 19 ottobre2005, n. 641, in Foro amm. TAR, 2005, pag. 3330.(47) TAR Abruzzo, Pescara, 3 giugno 2000, n. 438, in TAR, 2000, I, pag. 3934(48) T.R.G.A., Trentino-Alto Adige, 6 settembre 2000, n. 339, in TAR, 2000, I, pag. 4833.

sufficiente che non sia stata accertata una responsabilità diretta dell’amministratore,anche se il giudizio si sia estinto per avvenuta oblazione49.La controversia instaurata da un Sindaco per ottenere il rimborso delle spese legali inrelazione di un processo penale conclusosi con l’assoluzione è di competenza del giu-dice ordinario50.L’archiviazione per estinzione del reati (nella specie, remissione di querela) non costi-tuisce condanna, ma non costituisce neppure assoluzione, né proscioglimento inistruttoria, per cui non è dovuto il rimborso delle spese sostenute dall’amministrato-re51.

Inoltre, si precisa che “la richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cuiviene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteridi priorità”.Con questa disposizione, si è introdotto il principio della inamovibilità per gli am-ministratori locali, stabilendo che essi, in quanto lavoratori dipendenti, non possonoessere trasferiti da uno ad altro posto di lavoro, e ciò al fine di evitare provvedimen-ti che potrebbero rendere più oneroso l’esercizio delle funzioni connesse all’espleta-mento del mandato. Perché il trasferimento sia efficace è necessario che esso sia attua-to con il consenso del lavoratore, oppure sia richiesto dallo stesso, allo scopo di poterassolvere più agevolmente le incombenze proprie dell’ufficio elettivo52.Tuttavia, nei confronti dei consiglieri, pubblici dipendenti, è stato affermato che neiloro confronti non può parlarsi di una sorta di inamovibilità, dovendo prevalere, sem-pre e comunque, l’interesse che l’Amministrazione è chiamata a soddisfare, per cui lanorma non può trovare applicazione nel caso in cui l’interesse pubblico specifico siconcreta nell’esigenza di salvaguardare il prestigio dell’ufficio dal nocumento che almedesimo deriva dalla presenza di un dipendente sottoposto a procedimento penaleper fatti commessi nell’esercizio delle proprie funzioni53. Per quanto concerne la richiesta di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il man-dato elettivo, la norma non riconosce un vero e proprio diritto del lavoratore, in quan-to debbono essere soddisfatte anche le esigenze del datore di lavoro, pubblico o pri-vato, per cui è riconosciuto al lavoratore, pubblico amministratore di ente locale, il so-lo diritto di priorità nell’esame della richiesta, con la conseguenza che, qualora vi sia

MANUALE DEL CONSIGLIERE 304

(49) TAR Veneto, I, 25 marzo 1994, n. 320, in TAR, 1994, I, pag. 1953.(50) TAR Veneto, I, 21 gennaio 2004, n. 205, in Foro amm. TAR, 2004, pag. 65.(51) T.R.G.A., Bolzano, 10 maggio 2005, n. 183, in Foro amm. TAR, 2005, pag, 1433; Corte conti, sez.giur. Veneto, 4 dicembre 2006, n. 1146, ivi, 2006, pag. 4075.(52) TAR Abruzzo, L’Aquila, 28 dicembre 1995, n. 843, in TAR, 1996, I, pag. 591.(53) TAR Puglia, Lecce, II, 11 aprile 1994, n. 271, in TAR, 1994, I, pag. 2218; Consiglio di Stato, VI, 13luglio 1993, n. 523, in Cons. St. , 1993, I, pag. 948.

15.29. Divieto di trasferimento dei lavoratori dipendenti eletti consiglieri comunali

L’art. 78, comma 6, D.Lgs. 267 del 2000 stabilisce che gli amministratori localilavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti a trasfe-rimenti durante l’esercizio del mandato consiliare, se non a richiesta o per con-senso.

disponibilità di posti nel luogo di lavoro in cui si chiede il trasferimento di avvicina-mento, la preferenza deve essere data a tale lavoratore.

15.30.1 Principi generaliSulla dibattuta questione relativa all’impugnabilità, da parte del consigliere, delledeliberazioni consiliari, la giurisprudenza è pervenuta ad alcune conclusioni, che co-stituiscono, ormai, orientamento consolidato.Di regola, si afferma l’inammissibilità, per difetto di legittimazione, del ricorso pro-posto da membri di un organo collegiale deliberante contro una deliberazione delCollegio di cui essi fanno parte (nella specie, Consiglio di ente locale), nel caso in cuii ricorrenti non siano portatori di una situazione soggettiva avente carattere specifi-co, che si aggiunga alla qualità di componente del collegio, e cioè nel caso in cui essinon deducano la lesione della potestà di cui in seno al collegio sono titolari né alle-ghino la violazione di norme procedimentali per cui non siano stati posti in condizio-ne di svolgere regolarmente il proprio ufficio di membri dell’organo in occasione del-l’adozione del provvedimento impugnato54.

Fuori da questi casi, in cui si è verificata una lesione diretta dei diritti e delle facoltàdi cui è dotato, il consigliere non ha un interesse personale ad impugnare la delibera-zione nella quale sia rimasto in minoranza, anche se oggetto della deliberazione è la

15.30. DIRITTO DI IMPUGNAZIONE DELLE DELIBERE CONSILIARI305

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

15.30. Diritto di impugnazione delle deliberazioni consiliari

Di conseguenza, il consigliere è legittimato ad impugnare le deliberazioni con-siliari, qualora lamenti una lesione dei diritti e facoltà che gli competono co-me componente dell’organo collegiale, come il diritto di essere convocato, diprendere parte alla votazione, ecc., ossia allorquando vengano allegati vizi cheattengono al procedimento, per modo che egli non è posto in condizione di po-ter svolgere regolarmente l’ufficio di cui è investito55.

(54) TAR Campania, Napoli, II, 17 novembre 1987, n. 474, in TAR, 1988, I, 254; TAR Lazio, II, 17 set-tembre 1990, n. 1650, ivi, 1990, I, 3424; TAR Basilicata, 31 marzo 1999, n. 86, ivi, 1999, I, 2189.(55) TAR Lombardia, Milano, II, 30 maggio 1986, n. 149, in TAR, 1986, I, 2217; TAR Campania, Napo-li, II, 22 settembre 1986, n. 347, ivi, 1986, I, 3791; TAR Piemonte, I, 8 gennaio 1985, n. 1, ivi, 1985, I, 895;T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, 31 maggio 1988, n. 211, ivi, 1988, I, 2185; Consiglio di Stato, V, 27 set-tembre 1990, n. 696, in Cons. St., 1990, I, 1097; Id., VI, 19 febbraio 2002, n. 998, ivi, 2002, I, 383; Id., I,25 settembre 2002, n. 3091, ivi, 2002, I, 2600; TAR Emilia-Romagna, Bologna, II, 21 giugno 1990, n. 277,in TAR, 1990, I, 3167; TAR Lombardia, Brescia, 20 giugno 1996, n. 705, ivi, 1996, I, 3133; TAR Abruz-zo, L’Aquila, 9 gennaio 1992, n. 1, ivi, 1992, I, 1167, che ha, tuttavia, escluso la impugnabilità nel ca-so in cui si contesti la violazione di norme che attengono al procedimento, quali quelle che prevedo-no la preventiva acquisizione di pareri obbligatori; TAR Lazio, I, 28 settembre 1993, n. 1371, ivi, 1993,I, 3535, Id., Latina, 5 marzo 1999, n. 78, ivi, 1999, I, 1253, il quale precisa che i consiglieri sono abili-tati esclusivamente ad impugnare le deliberazioni che alterino l’autonomia o la funzionalità del col-legio o che incidano sulla regolarità dei lavori; T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, 23 luglio 1993, n. 262,ivi, 1993 I, 3617; TAR Basilicata, 27 maggio 1999, n. 191, ivi, 1999, I, 2882; TAR Campania, Napoli, I,16 gennaio 2001, n. 182, ivi, 2001, I, 1018; Id, , 7 dicembre 2001, n. 5301, ivi, 2002, I, 687; Id., 20 giugno2002, n. 3657, ivi, 2002, I, 3078; TAR Calabria, Catanzaro, II, 15 gennaio 2002, n. 7, ivi, 2002, I, 1236; Id.12 marzo 2002, n. 570, ivi, 2002, I, 2121; TAR Umbria, 15 febbraio 2002, n. 114, ivi, 2002, I, 1506; TARPiemonte, I, 25 maggio 2002, n. 1077, ivi, 2002, I, 2401; TAR Puglia, Lecce, I, 25 luglio 2001, n. 4278,

permanenza in carica o meno del Sindaco56; egli potrà far rilevare l’eventuale illegit-timità della deliberazione in seno al Consiglio ovvero presentare esposti57.Ai fini della legittimità della impugnazione non è rilevante che il consigliere abbia vo-tato a favore di un determinato provvedimento, dovendosi ritenere rilevante che egliriceva da esso una lesione personale e diretta; ciò in quanto egli agisce sia in qualitàdi componente di una figura soggettiva che opera nell’interesse pubblico, sia in qua-lità di privato che intende tutelare l’interesse proprio58. È stata pure ritenuta ammissibile l’impugnativa di atti statali che ledano lo ius in offi-cio dei consiglieri59, come è nel caso dei decreti di scioglimento del Consiglio comu-nale, impugnabili dai consiglieri appartenenti al disciolto Consiglio60.

15.30.2. Casistica

MANUALE DEL CONSIGLIERE 306

ivi, 2001, I, 3457, con riguardo ai consiglieri di minoranza; per la dottrina, cfr. AMORTH, Impugnati-va di deliberazioni collegiali da parte dei componenti del collegio, in Riv. amm., 1960, pag. 533).(56) Consiglio di Stato, Ad. gen., 4 aprile 1963, in Nuova rass., 1964, pag. 385; TAR Lombardia, Mila-no, III, 17 giugno 1985, n. 242, in TAR, 1985, I, 3328.(57) TAR Piemonte, I, 26 maggio 1984, n. 160, in TAR, 1984, I, 2044.(58) Cons. giust. amm. sic., 25 maggio 1989, n. 226, in Cons. St., 1989, I, 842.(59) VANDELLLI, in Le autonomie territoriali (di BARTOLE-MASTRAGOSTINO-VANDELLI), Bolo-gna, 1984, 245.(60) Consiglio di Stato, 13 giugno 1902, in Riv. amm., 1902, 553; Cons. giust. amm. sic., 11 febbraio2000, n. 47, in Cons. St., 2000, I, 437.(61) Consiglio di Stato, V, 29 settembre 1965, n. 995, in Nuova rass., 1966, 1753.(62) Cons. giust. amm. sic., 29 marzo 1950, in CAIANIELLO, I Comuni, Torino, 1977, 90.(63) TAR Lombardia, Brescia, 9 agosto 2001, n. 692, in TAR, 2001, I, 3291.(64) TAR Emilia Romagna, Bologna, 21 giugno 1990, n. 279, in TAR, 1990, I, 3167; TAR Lazio, II, 27ottobre 1998, n. 1712, ivi, 1998, I, 3940, il quale riconosce tale diritto ai consiglieri di minoranza qua-lora non abbiano avuto a disposizione il testo dello schema di bilancio prediposto dalla Giunta coirelativi allegati, per l’intero periodo previsto dal regolamento di contabilità al fine di consentire ilpreventivo esame della relativa documentazione e l’eventuale presentazione di emendamenti.(65) TAR Puglia, Lecce, II, 25 luglio 2002, n. 3785, in TAR, 2002, I, 3606.

Orientamenti di giurisprudenzaVenendo alla elencazione di casi concreti, è stato ritenuto che:

- i consiglieri comunali non hanno interesse a ricorrere contro la deliberazio-ne che concede al Sindaco ed agli assessori l’indennità di carica, non essen-do la deliberazione stessa pregiudizievole dei loro diretti interessi61;

- non è dato ai consiglieri comunali impugnativa della deliberazione con laquale il Consiglio comunale ha sdemanializzato una piazza62; oppure ha ap-provato una variante al piano regolatore63;

- i consiglieri hanno interesse a ricorrere contro la deliberazione di approva-zione del bilancio preventivo, quando viene dedotto il vizio concernente lapredisposizione dello schema di bilancio medesimo (nonché della relativarelazione previsionale e programmatica) ad opera del Sindaco, anziché del-la Giunta64; per contro, i consiglieri non hanno interesse a ricorrere contro ladeliberazione del Consiglio che ratifica al deliberazione di Giunta di appro-vazione dell’assestamento di bilancio65

- la deliberazione di surrogazione di un consigliere comunale dimissionario,

(segue)

15.30. DIRITTO DI IMPUGNAZIONE DELLE DELIBERE CONSILIARI307

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

investendo la composizione dell’organo assembleare, è idonea ad incideresulla posizione soggettiva dei singoli consiglieri i quali, pertanto, sono legit-timati ad impugnare la deliberazione stessa66;

- il consigliere che si sia dimesso contestualmente alla metà degli altri consi-glieri ha interesse ad impugnare la deliberazione che procede alla loro sur-rogazione, anziché allo scioglimento del Consiglio67;

- i singoli consiglieri comunali sono legittimati ad impugnare gli atti di nomi-na dei rappresentanti del Comune in seno al consiglio di amministrazionedi una IPAB68;

- i consiglieri comunali sono legittimati a ricorrere contro la deliberazioneconsiliare di soppressione di sei commissioni permanenti nelle quali glistessi avevano diritto di partecipare69;

- di regola, i consiglieri di minoranza non sono legittimati a proporre ricorsocontro le deliberazioni dell’organo di cui fanno parte per motivi non attinen-ti a lesioni del loro ius ad officium (come nel caso di deliberazione di affida-mento ad un libero professionista dell’incarico di redazione della variante alpiano regolatore)70. Essi, tuttavia, hanno interesse ad impugnare le delibera-zioni di nomina dei revisori, nelle quali non sia stato loro consentito di no-minare un proprio rappresentante.71

Controversa è la questione relativa alla legittimazione a proporre ricorso giuri-sdizionale per reclamare competenze del Consiglio in materie che i consiglieriassumono essere state illegittimamente disciplinate da altri organi comunali72,come nel caso in cui lo statuto attribuisca la competenza della Giunta in ordi-ne ad alcune materie che si assumono normativamente riservate al Consiglio73.Tenuto presente l’attuale ordinamento, che ha distinto nettamente le competen-ze degli organi istituzionali del Comune, è stato ritenuto ammissibile il ricorso

(66) TAR Piemonte, II, 3 giugno 1993, n. 221, in TAR, 1993, I, 3003.(67) TAR Lazio, Latina, 3 giugno 1999, n. 431, in TAR , 1999, I, 2362.(68) TAR Veneto, I, 16 dicembre 1996, n. 2168, in Foro amm. , 1997, 1748.(69) TAR Lazio, Latina, 4 febbraio 2003, n. 158, in Foro amm. TAR, 2003, 640.(70) TAR Campania, Napoli, I, 13 gennaio 2003, n. 97, in TAR, 2003, I, 1224.(71) TAR Umbria, 31 agosto 2000, n. 727, in TAR, 2000, I, 3638.(72) Per l’affermativa, cfr.: TAR Lombardia, Milano, 28 giugno 1996, n. 884, in TAR, 1996, I, 3116; Id.,III, 28 febbraio 2002, n. 868, ivi, 2002, I, 1422. Tuttavia, su analoga fattispecie (Id., II, 7 giugno 2000, n.4193, il Consiglio di Stato, V, 31 gennaio 2001, n. 358, si è pronunciato per l’inammissibilità del ricor-so, non riscontrandosi un interesse proprio del consigliere (cfr. ITALIA, Il consigliere non può impugna-re una delibera alla quale partecipa, in Il Sole 24 Ore, del 2 gennaio 2001). Cfr. TAR Campania, Napoli, V,13 marzo 2002, n. 1328, in TAR, 2002, I, 2014, secondo il quale non è ammissibile un’azione dei sin-goli consiglieri in relazione ad un contrasto funzionale tra Consiglio e Giunta, qualora non venganoin rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto all’ufficio dei medesimi; e nello stesso ordine di idee,TAR Liguria, II, 19 novembre 2002, n. 1111, ivi, 2003, I, 289.(73) TAR Calabria, Catanzaro, II, 13 dicembre 2001, n. 2085, in TAR, 2002, I, 773, che ha ritenuto la let-timazione dei consiglieri ad impugnare la relativa deliberazione statutaria; TAR Puglia, Lecce, II, 16gennaio 2004, in Foro amm. TAR, 2004, 236, che ha ritenuto legittimo il ricorso proposto da un consi-gliere nel caso in cui la Giunta abbia approvato la rideterminazione della pianta organica, in assen-za del piano triennale del fabbisogno del personale, atto presupposto di competenza del Consiglio.

(segue)

(continua)

La disciplina della materia, da parte di apposito regolamento79, può prevedere, in-nanzitutto, che la visita avvenga durante l’orario di servizio e quando la struttura èutilizzata e con le modalità tali da non recare intralcio o disturbo allo svolgimentodelle attività degli addetti e da non violare i diritti degli utenti.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 308

proposto dal Sindaco nei confronti di una delibera consiliare, nella parte chemodifica la proposta di bilancio74.Sempre in tema di gravami proposti dal consigliere comunale è stata ritenutalegittima:

- l’impugnazione proposta da un gruppo di consiglieri contro provvedimen-ti del Sindaco, ritenuti lesivi delle competenze del Consiglio comunale75;

- il gravame proposto da consiglieri comunali contro la decisione dell’organodi controllo di annullamento di deliberazioni comunali, in quanto essi sonoportatori di un interesse qualificato alla conservazione degli atti assunti dalConsiglio comunale nell’esercizio di prerogative allo stesso accordate dallalegge, atti alla formazione dei quali ciascuno dei consiglieri ha contribuito eche incidono direttamente sul rapporto funzionale e sull’equilibrio politicotra Sindaco e gruppo di maggioranza consiliare76.

Correttamente è stato ritenuto inammissibile il ricorso proposto da un Comu-ne per impugnare la deliberazione adottata dal Consiglio comunale, attesal’unicità del centro di riferimento e di imputazione dei rapporti giuridici e lapossibilità per il Comune medesimo di rimuovere l’atto giuridico invalido me-diante il ricorso all’autotutela77.I gruppi consiliari, che rappresentano nell’organo collegiale i membri eletticon i voti dei cittadini, fanno valere in concreto le ideologie che li caratterizza-no, e in tale veste possono tutelare in via giurisdizionale i propri interessi rela-tivi alla regolare composizione e funzionalità dell’organo collegiale nel qualesono presenti, ma non possono contestare le decisioni del collegio una volta as-sunte78.

(continua)

(74) TAR Sicilia, Catania, I, 7 marzo 2003, n. 456, in Foro amm. TAR, 2003, 1099.(75) TAR Lombardia, Milano, I, 2 aprile 1993, n. 261, in TAR, 1993, I, 1755; Id., 6 maggio 1994, n. 318,ivi, 1994, I, 2442.(76) TAR Sicilia, Catania, 25 luglio 1996, n. 1325, in TAR, 1996, I, 3987.(77) TAR Puglia, Bari, II, 20 dicembre 1988, n. 394, in TAR, 1989, I, 707.(78) TAR Toscana, I, 11 giugno 2001, n. 1041, in TAR, 2001, I, 2873.(79) Per una esemplicazione, cfr. l. 24 giugno 1998, n. 206, recante “norme per le visite di parlamen-tari alle strutture miliari”.

15.31. Diritto di accesso alle strutture

Al consigliere deve essere, di norma, consentito l’accesso a tutte le sedi (ossiai locali in cui sono ubicati gli uffici) e le strutture utilizzate dall’ente per lo svol-gimento delle sue attività istituzionali (edifici adibiti ad impianti sportivi, ri-creativi, culturali, ecc.), sempre che tale accesso sia finalizzato all’espletamentodel mandato.

Inoltre, è necessario che il consigliere, che intende esercitare tale diritto, debba fareespressa richiesta, anche verbale, al responsabile dell’ufficio o servizio, presente almomento, il quale, se opportuno, accompagna il consigliere nella visita o dispone peril suo accompagnamento.Se la richiesta ha per oggetto la visita a cantieri e strutture dell’ente non utilizzate, es-sa deve essere formulata al responsabile dell’ufficio o servizio, che provvede a garan-tire lo svolgimento della visita entro un congruo termine, a seconda che si tratti dicantiere o di struttura.Può essere consentito al responsabile dell’ufficio o servizio, negare, limitare o differi-re l’accesso, qualora la richiesta esuli dalle finalità proprie dell’esercizio del mandatoo possa generare gli inconvenienti sopra segnalati, in ordine allo svolgimento del la-voro da parte del personale ed ai diritti degli utenti.

15.31. DIRITTO DI ACCESSO ALLE STRUTTURE309

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

Gli stessi concetti sono, ora, espressi dall’art. 78 comma 1, del D. Lgs. 267, il quale te-stualmente dispone che “il comportamento degli amministratori, nell’esercizio delle propriefunzioni, deve essere improntato all’imparzialità e al principio di buona amministrazione”.Anche se non più disciplinato direttamente dalla legge (art. 298 t.u. com. prov. 1915,abrogato dall’art. 64 della L. 142) deve ritenersi tuttora sussistente il “divieto di man-dato imperativo”, in virtù dell’art. 9 D.P.R. 570 del 1960, il quale stabilisce che “la qua-lità di consigliere comunale si perde solo verificandosi “uno degli impedimenti, delle incompa-tibilità o delle incapacità, contemplate dalla legge”. Secondo tale principio, “i rappresentanti del popolo - di qualunque livello essi siano- non debbono...ricevere pressioni da parte di gruppi, dei partiti, dei sindacati e dellealtre strutture in qualche modo ad esse assimilate e, di conseguenza, proprio in quan-to liberi da tali condizionamenti, debbono essere preposti alla carica pubblica non at-traverso l’uso di pubblici poteri nei confronti dei quali godono di una posizione dipreminenza, o per perseguire interessi di natura privata, ma per il solo fatto di esse-re i piu` idonei a perseguire, dopo averlo identificato, il pubblico interesse”80. In merito, si segnala la sentenza n. 14 del 1964, con la quale la Corte costituzionale hastabilito che “il divieto del mandato imperativo importa che il parlamentare è liberodi votare secondo gli indirizzi del proprio partito, ma è anche libero di sottrarsi; nes-suna norma potrebbe legittimamente disporre che derivino conseguenze a carico delparlamentare per il fatto che abbia votato contro le direttive del partito”.È ben vero che gli statuti dei partiti prevedono, in taluni casi - come quello in cuil’eletto, iscritto al partito, si discosti dalla linea politica del partito - l’espulsione dalpartito o gruppo politico, ma questo provvedimento non potrà mai avere ripercussio-ni sul potere di rappresentanza dell’eletto, il quale trae la sua legittimazione, non dalpartito, ma direttamente dagli elettori.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 310

SEZIONE SECONDA I doveri del consigliere comunale�

15.32. Adempimento della pubblica funzione “con disciplina ed onore”

Il consigliere comunale o provinciale deve conformare la sua attività di pubbli-co amministratore, non solo ai principi che l’ordinamento pone a carico di ognicittadino - come “il dovere di essere fedele alla Repubblica e di osservarne la Costitu-zione e le leggi” (art. 54, comma primo, Cost.) - ma anche quelli specifici chel’esercizio della funzione richiede.Questa condizione del consigliere è lucidamente espressa dall’art. 54, commasecondo, Cost., il quale prescrive per “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbli-che...il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi sta-biliti dalla legge”.

(80) PINTO, Gli amministratori locali nella democrazia contemporanea, Milano, 1984, pag. 34.

Tali principi sono ribaditi dall’art. 1 della L. 241 del 1990 e dall’art. 2 del D. Lgs. 165del 2001. Il primo dispone che “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dallalegge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità di pubblicità e di traspa-renza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplina-no singoli procedimenti, nonché dai princìpi dell’ordinamento comunitario”; il secondo, faobbligo alle pubbliche amministrazioni e, quindi, in concreto, a coloro che agisconoin loro vece, di assumere ogni determinazione per l’organizzazione degli uffici nelperseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità. A garantire il buon andamento della p.a. è stato istituito, con il D.P.R. 6 ottobre 2004,n. 258 l’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e dellealtre forme di illecito nella pubblica amministrazione, con il compito di svolgere “in-dagini, anche di natura conoscitiva, di iniziativa propria o per fatti denunciati, con esclusio-ne di quelli oggetto di segnalazioni anonime, o su richiesta motivata delle amministrazioni, te-se ad accertare l’esistenza, le cause e le concause di fenomeni di corruzione e di illecito o di pe-ricoli di condizionamento da parte di organizzazioni criminali all’interno della pubblica am-ministrazione”.Il Congresso dei poteri locali del Consiglio europeo ha adottato il Codice etico per gliamministratori degli enti locali e regionali, con il quale detta le regole che gli eletti so-no tenuti ad osservare nello svolgimento delle loro funzioni, nonché l’obbligo di in-formare i cittadini circa le norme di comportamento che possono a buon diritto aspet-tarsi dagli eletti81.

Si tratta di norma rafforzativa del divieto di assunzione di incarichi che possono crea-re un conflitto di interessi tra l’eletto e l’ente di cui si è amministratori, divieto che ègià sancito sia come ineleggibilità (art. 60, comma 1, nn. 10 e 11 del D. Lgs. 267), sia

15.34. DIVIETO DI RICOPRIRE DETERMINATI INCARICHI311

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

15.33. Rispetto del principio dell’imparzialità

L’art. 78, comma 1, prima parte, dispone – come rilevato al paragrafo che pre-cede - che “il comportamento degli amministratori, nell’esercizio delle proprie funzio-ni deve essere improntato all’imparzialità e al principio di buona amministrazione”, ri-chiamando, in tale modo, i principi costituzionali sanciti dall’art. 97 Cost., ilquale stabilisce che la pubblica amministrazione deve agire nel rispetto dei ca-noni del “buon andamento e dell’imparzialità”.

15.34. Divieto di ricoprire determinati incarichi

L’art. 78, comma 5, D. Lgs. 267 del 2000 stabilisce che il Sindaco, il Presiden-te della Provincia, gli assessori ed i consiglieri comunali e provinciali nonpossono:

- ricoprire incarichi;- assumere consulenze

presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo o co-munque alla vigilanza delle relative Città metropolitane e Province.

(81) Con la Circolare 20 aprile 2004, n. 1074 il Ministero dell’interno ha dato attuazione al codice eti-co europeo.

come causa di incompatibilità (art. 63, comma 1, n. 3), per cui questa ulteriore prescri-zione è pleonastica.

In assenza della disciplina regolamentare, trova applicazione la normativa prescrittadalla legge per i deputati ed i senatori e che così dispone.Entro tre mesi dalla proclamazione degli eletti, gli interessati debbono depositare:

1) una dichiarazione concernente i diritti reali su beni immobili e su beni mobiliiscritti in pubblici registri, le azioni di società, le quote di partecipazione a socie-tà, l’esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di società, con l’apposi-zione della formula: “sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde alvero”;

2) copia dell’ultima dichiarazione sul reddito delle persone fisiche.Gli adempimenti di cui ai precedenti numeri 1) e 2) concernono anche la situa-zione patrimoniale e la dichiarazione dei redditi del coniuge non separato e deifigli conviventi, se gli stessi consentono;

3) una dichiarazione concernente le spese e le obbligazioni assunte per la propagan-da elettorale (su cui ved. infra, al paragrafo che segue) ovvero l’attestazione di es-sersi avvalsi esclusivamente di materiali e mezzi propagandistici predisposti emessi a disposizione dal partito o dalla formazione politica della cui lista fannoparte, con l’apposizione della formula: “sul mio onore affermo che la dichiarazio-ne corrisponde al vero”.

Entro un mese dalla scadenza del termine utile per la presentazione della dichiarazioneannuale dei redditi soggetti all’IRPEF, gli interessati sono tenuti a depositare un’attesta-zione concernente le variazioni della situazione patrimoniale, intervenute nell’anno pre-cedente e copia della dichiarazione dei redditi, unitamente alla situazione patrimonialeed alla dichiarazione dei redditi del coniuge o dei figli conviventi, se consenzienti.Entro tre mesi successivi alla cessazione dall’ufficio, i soggetti interessati sono tenutia depositare una dichiarazione concernente le variazioni della situazione patrimonia-le intervenute dopo l’ultima attestazione. Entro un mese successivo alla scadenza delrelativo termine, essi sono tenuti a depositare una copia della dichiarazione annualerelativa all’IRPEF. Queste disposizioni non si applicano nel caso di rielezione del con-sigliere, cessato dalla carica per il rinnovo del Consiglio.In caso di inadempienza agli obblighi sopra descritti, il Sindaco o il Presidente dellaProvincia diffida ad adempiere entro un congruo termine, trascorso il quale senza chevi sia ottemperanza da parte del diffidato, ne è data notizia mediante pubblicazioneall’albo pretorio (art. 14).Tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune hanno diritto di conoscere ledichiarazioni sulla situazione patrimoniale degli eletti.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 312

15.35. Dovere di rendere pubblica la situazione patrimoniale

Allo scopo di assicurare trasparenza alla vita pubblica, proprio nei confronti dicoloro che ricoprono cariche elettive, cariche che non debbono essere conside-rate e costituire occasioni di indebito arricchimento, la legge 5 luglio 1982, n.441 (nel testo modificato dall’art. 26 della L. 816 del 1985) ha disposto che i con-siglieri provinciali e dei Comuni capoluoghi di Provincia o con popolazionesuperiore ai 50.000 abitanti debbono dare pubblicità della loro situazione pa-trimoniale, secondo le modalità stabilite dal Consiglio, con apposita normati-va regolamentare (artt. 1 e 11).

Queste disposizioni possono essere estese ai rappresentanti del Comune negli enti,istituti ed aziende, e trovano applicazione nei confronti dei dirigenti delle aziende edai dirigenti del Comune, ai sensi dell’art. 17, comma 22, della L. 127 del 1997.

Si stabilisce che debba essere redatta:- una dichiarazione che enunci un preventivo di spese, dichiarazione che dovrà

essere depositata prima dell’inizio della campagna elettorale. Non è da esclude-re un aggiornamento del preventivo, qualora il candidato o la lista partecipinoalle votazioni di ballottaggio;

- il rendiconto delle suddette spese, da depositare entro un congruo termine, suc-cessivamente alla proclamazione degli eletti, comunque dopo la effettuazione del-la eventuale votazione di ballottaggio (art. 30, comma 1, L. 81 del 1993).

La norma non stabilisce le sanzioni da applicare in caso di inosservanza delle dispo-sizioni da essa dettate, ma alla lacuna possono sopperire i regolamenti comunali, chepossono colpire le trasgressioni alle norme da essi prescritte con la sanzione ammini-strativa prevista dall’art. 7-bis dD. Lgs. 267/2000, da 25 a 500 euro (prima, art. 106 t.u.com prov. 1934)82.Indipendentemente dalla normativa statutaria e regolamentare, in ordine alla dichia-razione preventiva ed al rendiconto delle spese per la campagna elettorale, il secon-do comma del citato art. 30 dispone, nei Comuni con più di 50.000 abitanti, l’obbligoper le liste ed i candidati alle elezioni comunali e circoscrizionali di provvedere a de-positare con la documentazione, che accompagna la presentazione delle liste o dellecandidature, il bilancio preventivo di spesa cui le liste ed i candidati intendono vin-colarsi, bilancio che deve reso pubblico tramite affissione all’albo pretorio.Anche qui non è stabilita la sanzione, ma essa è da ricercare nelle disposizioni di cuiagli artt. 30 e 33 del D.P.R. 570 del 1960, che facoltizzano la Commissione elettoralecircondariale a ricusare quelle liste e quei candidati che non provvedono a presenta-re una documentazione completa, tenuto conto che il deposito del bilancio preventi-vo delle spese elettorali è un obbligo di legge che deve essere assolto contestualmen-te con la presentazione delle liste e delle candidature (così deve essere inteso, a nostroavviso, l’inciso “il deposito delle liste o delle candidature deve essere accompagnatodalla presentazione di un bilancio preventivo”).

L’obbligo per il consigliere di prendere parte alle sedute del Consiglio comunale èsanzionato con la decadenza dalla carica per chi risulta assente, senza giustificato mo-tivo, da una intera sessione ordinaria. Sul punto, ved. retro, 3.21.5, dove la materia hatrovato trattazione.

15.37. DOVERE DI PARTECIPARE ALLE SEDUTE DEL CONSIGLIO313

DIRITTI E DOVERI DELCONSIGLIERE

15.36. Dovere di dichiarare l’entità delle spese elettorali

Fatta salva la legislazione nazionale sul finanziamento dei partiti politici, leProvince ed i Comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti debbono di-sciplinare, con lo statuto ed apposito regolamento, le modalità con le quali de-ve essere data pubblicità alle spese sostenute dai candidati e dalle liste in occa-sione delle consultazioni per i rinnovi dei Consigli e per l’elezione diretta delSindaco e del Presidente della Provincia.

15.37. Dovere di partecipare alle sedute del Consiglio.Rinvio

16.1. Premessa

16. La responsabilità

La vigente normativa prescrive la sottoposizione degli amministratori degli enti lo-cali (e quindi del Sindaco), nonché dei dipendenti degli stessi enti a vari tipi di re-sponsabilità, qualora vengano meno ai loro doveri, nell’espletamento delle funzionie dei compiti loro attribuiti.Si distingue tra responsabilità penale, responsabilità civile e responsabilità ammini-strativa; quest’ultima si suddivide, a sua volta, in responsabilità patrimoniale (so-vente definita, puramente e semplicemente, come responsabilità amministrativa o re-sponsabilità amministrativo-patrimoniale) e in responsabilità contabile1.A questa classificazione fa esplicito riferimento l’art. 55 del D.Lgs. 165 del 2001, sul-l’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, il qualestabilisce che “resta ferma la disciplina attualmente vigente in materia di responsabilità ci-vile, amministrativa, penale e contabile per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche”, do-ve per “responsabilità amministrativa” deve intendersi quella che è anche detta re-sponsabilità patrimoniale. Occorre, inoltre, precisare che per i dipendenti esiste un altro tipo di responsabilità,quella disciplinare, che consegue nelle ipotesi di inosservanza dei doveri inerenti al-l’ufficio e può concorrere con gli altri tipi di responsabilità.Rispetto alla previgente normativa, con l’art. 93 D. Lgs. 267 del 2000:

a) si è uniformata la responsabilità degli amministratori e dei dipendenti degli en-ti locali;

b) anziché dettare una nuova normativa, si è fatto rinvio a quella degli “impiegati ci-vili dello Stato” (comma 1);

(1) Cfr.: ITALIA-LANDI-POTENZA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2002, pag. 260; CA-SETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2003, pag. 565; VIRGA, Diritto amministrativo, Mi-lano, 2003, vol. III, pag. 155; PERULLI, La responsabilità civile, penale, amministrativa degli amministra-tori pubblici, Milano, 1995; Id., in AA. VV., Testo unico delgi enti locali, cit., vol. I, tomo, II, pag. 913;STADERINI, responsabilità amministrativa e contabile, in Dig. disc. pubb., Torino, 1997, pag. 207; MELE,La responsabilità dei dipendenti e degli amministratori pubblici, Milano, 2000; AA. VV., L’ordinamento de-gli enti locali nel testo unico, cit. pag. 473; OCELLO, in AA. VV., Commentario al nuovo t.u., cit., pag.499; ALESSI, Responsabilità amministrativa, in Nss. D.I, Torino, 1968, vol. XV, pag. 618; CANNADABARTOLI, Illecito (diritto amministrativo), in Enc. dir., Milano, 1970, vol. XX, pag. 112; BERTI, La re-sponsabilità pubblica. Costituzione a amministrazione, Padova, 1994; PALMIERI-SFRECOLA-ZERMAN,Responsabilità della PA e del pubblico dipendente, Milano, 2009.

c) si è riconosciuto come giudice unico la Corte dei Conti, ai sensi dell’art. 103, com-ma secondo, Cost., che configura tale organo come giudice generale “nelle mate-rie della contabilità pubblica”. Fa eccezione la fattispecie disciplinata dall’art. 18 del-la l. 8 luglio 1988, n. 349, che sottopone il danno ambientale, prodotto dagli ad-detti alle pubbliche amministrazioni, alla giurisdizione del giudice ordinario;

d) resta ferma la competenza del giudice ordinario, nel caso in cui il terzo agiscaper il risarcimento del danno subito ad opera della pubblica amministrazione edei suoi funzionari o dipendenti.

Nell’ipotesi in cui gli amministratori ed i dipendenti degli enti locali commettano de-terminati reati, in qualità di pubblici ufficiali e di incaricati di pubblici servizi, essi so-no puniti con particolare severità, essendo venuti meno al dovere di comportarsi concorrettezza ed onestà nell’esercizio delle loro funzioni.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 316

16.2 La responsabilità penale

Il codice penale prevede i seguenti delitti:- peculato2 (art 314);- peculato mediante profitto dell’errore altrui (art. 318);- malversazione a danno dello Stato (art. 318-bis);- concussione (art. 317);- interdizione perpetua dai pubblici uffici a seguito della condanna per i reatidi cui agli artt. 314 e 317 (art. 317-bis);- corruzione per atto d’ufficio (art. 318);- corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 31);- corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter);- istigazione alla corruzione (art. 322);- abuso d’ufficio (323, nel testo sostituito dall’art. 1 della l. 234 del 1997). A se-guito della nuova formulazione, il reato di abuso d’ufficio non può configurar-si se non in presenza di violazioni di legge o di regolamento o di omissione deldovere di astensione ricorrendo un interesse proprio dell’agente o di un pros-simo congiunto o negli altri casi prescritti. Pertanto, non è consentito al giudi-ce penale di entrare nell’ambito della discrezionalità amministrativa3;- rilevazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio (art. 328)4;- rifiuto od omissione di atti d’ufficio (art. 328).

(2) Sussiste il reato di peculato, ad esempio, nel caso in cui il pubblico funzionario si sia servito perragioni personali dell’autovettura di rappresentanza di cui aveva la disponibilità, facendosi accom-pagnare in una località insieme ad un familiare per imbarcarsi su di una nave di crociera e di esser-si fatto venire a prendere per compiere il percorso inverso, ponendo a carico dell’amministrazionel’onere di trattamento di missione per l’autista e le spese della benzina (Cass. pen. VI, 21 ottobre2003, n. 39771).(3) Cass. pen., VI, 10 novembre 199-29 gennaio 1998, n. 1163, in Cons. St., 1998, II, pag. 1498. Confi-gura il reato di abuso d’ufficio, ad esempio, il comportamento del Sindaco che ordina temporaneee speciali forme di smaltimento dei rifiuti senza che sussistano le condizioni per l’esercizio di talepotere (Cass. pen. VI, 1 ottobre 2001-1 febbraio 2002, n. 3882, in Cons. St., 2002, II, pag. 1554).(4) Commette il delitto di rivelazione di segreto d’ufficio, ad esempio, il presidente di una commis-sione comunale per la trasparenza che riveli in una conferenza stampa il contenuto di tabulati rela-tivi a conversazioni telefoniche effettuate per ragioni d’ufficio dal Sindaco e da assessori su utenzeintestate al Comune, oggetto di denuncia all’autorità giudiziaria ed alla Corte dei Conti (Cass. pen.VI, 11 febbraio – 8 marzo 2002, n. 9331, in Cons. St., 2002, II, pag. 1554).

16.3.1. Definizione

Si configura una responsabilità diretta del funzionario onorario e del dipendente, co-me dispone l’art. 28 Cost., con la conseguenza che il danneggiato può rivolgersi diret-tamente a chi gli ha causato il danno, per ottenere il dovuto risarcimento. Peraltro,poiché la stessa norma costituzionale prevede che, in tale ipotesi, la responsabilità siestende all’ente, a cui favore presta la propria attività l’amministratore o il dipenden-te, il danneggiato può, altresì, chiedere anche alla pubblica amministrazione il risto-ro patrimoniale. Il danneggiato, per ottenere il risarcimento del danno deve promuovere l’azionepresso il giudice ordinario, entro il termine di cinque anni, decorrenti dal giorno incui il fatto dannoso si è verificato (art. 2947 cod. civ.). Se il danno discende da un rea-to e per questo è prevista una prescrizione più lunga, anche la relativa azione di re-sponsabilità si prescrive nel medesimo termine5.Con una decisione innovativa, le Sezioni Unite della Cassazione civile (28 marzo-22luglio 1999, n. 500), hanno riconosciuto la possibilità di risarcire il danno arrecato perviolazione di interessi legittimi, ossia per il danno ingiusto causato per lesione di uninteresse giuridicamente rilevante, anche se non configurabile come diritto soggetti-vo, il solo che, prima, era degno di piena tutela. In tale modo, si possono risarcire idanni subiti per l’illegittima esclusione da un concorso, da una gara o per il mancatorilascio di una concessione o di una autorizzazione, ecc. Peraltro, ferma restando la tutela risarcitoria del giudice ordinario per la violazionedei diritti soggettivi, l’art. 35 del D. Lgs. 80 del 1998, come sostituito dall’art. 7 dellal. 205 del 2000, ha devoluto alla giurisdizione amministrativa le controversie per il ri-sarcimento dei danni conseguente dall’annullamento degli atti amministrativi6.

16.3.2. Elementi costitutivi Secondo una affermata dottrina ed una consolidata giurisprudenza, la responsabilitàcivile della pubblica amministrazione per fatto illecito dei suoi amministratori e di-pendenti deve possedere i seguenti elementi essenziali:

a) sussistenza di un rapporto di servizio tra l’ente e l’amministratore o il dipenden-te, rapporto che, nei confronti dell’amministratore si configura come un rappor-to di servizio onorario (svolto a titolo non professionale) e che, come tale, nonpuò trasformarsi in un rapporto di lavoro vero e proprio7;

16.3. LA RESPONSABILITÀ CIVILE317LA

RESPONSABILITÀ

16.3 La responsabilità civile

L’amministratore ed il dipendente dell’ente locale, che con la sua condotta pro-voca un danno a terzi, è tenuto a risponderne, ai sensi dell’art. 2043 del codicecivile, il quale testualmente dispone che “qualunque fatto doloso o colposo, che ca-giona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire ildanno.”

(5) MELE, La responsabilità degli amministratori e dei dipendenti pubblici, Milano, 1994, IV ed., pag. 83.(6) VIRGA, Diritto amministrativo , Milano, 2001, vol. II, pag. 219 e per la giurisprudenza: Cass. civ. I,10 gennaio 2003, n. 157, in Foro amm. CS., 2003, pag. 32.(7) Si ricomprende anche il funzionario c.d. di fatto, che si ingerisce, senza titolo, nello svolgimentodi pubbliche funzioni. Deve, invece, escludersi la responsabilità dell’ente nel caso in cui l’ammini-stratore o il dipendente abbia agito fuori dell’esercizio delle sue mansioni e per un fine egoistico e

b) verificarsi di un danno ingiusto, che è quello “ derivante da ogni violazione dei di-ritti dei terzi che l’impiegato (o l’amministratore) abbia commesso per dolo o per colpagrave”, fatte salve “le responsabilità più gravi previste dalle leggi vigenti” (art. 23,comma primo, d.P.R. n. 3 del 1957).

La responsabilità personale sussiste “tanto se la violazione del diritto del terzo sia cagio-nata dal compimento di atti od operazioni, quanto se la detta violazione consista nell’omissio-ne o nel ritardo ingiustificato di atti od operazioni al cui compimento l’impiegato (o l’ammi-nistratore) sia obbligato per legge o per regolamento” (art. 23, comma secondo, d.P.R. 3 del1957);

c) l’avere agito con dolo o colpa grave, come espressamente prescrive l’art. 23, com-ma primo, citato. Si ha dolo quando l’agente, dipendente o amministratore, “pre-figura volutamente la propria condotta e gli effetti che da essa scaturiranno, conil che lo stesso non solo vuole la condotta, ma vuole anche gli effetti che da quel-la condotta scaturiranno”8, ossia, agisce con coscienza e volontà dell’evento.

L’evento può essere causato anche da colpa, senza la volontà specifica di generarlo, es-sendo stato frutto di negligenza, imprudenza o imperizia, per non avere usato il re-sponsabile la “diligenza del buon padre di famiglia”, che è la diligenza che ogni per-sona deve porre nel proprio agire. Ma la colpa dovrà essere connotata dal requisitodella gravità, nel senso che non è sufficiente la semplice negligenza e semplici viola-zioni di legge, ma occorre una violazione dei doveri di comportamento che anche lepersone meno diligenti e caute sono solite osservare, come sarebbe nel caso di ignora-re quelle norme elementari che costituiscono i fondamenti della propria professione9;

d) occorre che tra il “fatto antigiuridico posto in essere dal pubblico funzionario e ildanno arrecato al privato cittadino intercorra quello che si chiama il nesso dicausalità, e cioè l’evento dannoso sia stato conseguenza di quel fatto, o, il che èlo stesso, il fatto sia stato causa dell’evento pregiudizievole”10.

16.3.3. Casi di esclusione della responsabilitàSi ritiene comunemente che debba escludersi la responsabilità civile:

- quando si è agito per ordine che si è obbligati ad eseguire, salva la responsabilitàdi chi ha impartito l’ordine (artt. 18 e 28 d.P.R. 3 del 1957). Infatti, i pubblici impie-gati sono obbligati ad eseguire gli ordini impartiti dai superiori gerarchici, ma a

MANUALE DEL CONSIGLIERE 318

privato che dimostri di per sé l’estraneità dell’ente al comportamento illecito, in quanto è venuto, intale caso, a cessare il rapporto organico tra funzionario e pubblica amministrazione (REPPUCCI, Re-sponsabilità civile, penale ed amministrativa dei pubblici amministratori, Torino, 1988, pag. 46).(8) PISICCHIO, voce Responsabilità degli amministratori e dei dipendenti, in Agenda del Comune 1999, Fi-renze, pag. 1017. Cfr., Cass. civ., III, 25 novembre 2003, n. 17914, in Foro amm. CDS, 2003, pag. 3592,secondo la quale la valutazione dell’elemento soggettivo è rimessa al giudice di merito.(9) PERULLI, La responsabilità civile, penale, amministrativa degli amministratori pubblici , Milano, 1995,pag. 30.(10) MELE, La responsabilità dei dipendenti degli amministratori , Milano, 1994, pag. 79. Cfr. Cass. civ.Sez. Lav., 21 settembre 2001, n. 11955, in Cons. St., 2001, II, pag. 2967, che ha riconosciuto il risarci-mento del danno a favore di un dipendente che era stato ammesso con grave ritardo alla prova ora-le, a causa della formulazione da parte della commissione esaminatrice di un giudizio negativo er-roneo nella valutazione della prova scritta. Per la risarcibilità del danno causato dall’omessa o insuf-ficiente manutenzione della strada occorre che la situazione insidiosa sia caratterizzata sia dalla nonvisibilità oggettiva del pericolo, sia dalla non prevedibilità soggettiva del pericolo stesso (Cass. civ.III, 21 dicembre 2001, n. 16179, ivi, 2002, II, pag. 242).

condizione che riguardino le proprie funzioni o mansioni, e si osservino i seguen-ti principi.Se nell’esercizio delle sue funzioni l’impiegato rileva difficoltà od inconvenienti,derivanti dalle disposizioni impartite dai superiori per l’organizzazione o lo svol-gimento dei servizi, deve riferirne a chi tale ordine ha impartito, formulando leproposte a suo avviso opportune per rimuovere le difficoltà o l’inconveniente (art.18 del d.P.R. 3 del 1957). Se, invece, ritiene che l’ordine sia palesemente illegittimo, deve farne rimostran-za allo stesso superiore, dichiarandone le ragioni; se l’ordine è rinnovato per iscrit-to, l’impiegato ha il dovere di darvi esecuzione, salvo che l’ordine sia vietato dal-la legge penale, ossia concreti un reato, nel quale caso il suo rifiuto ad adempiereè pienamente giustificato (art. 17, d.P.R. 3 del 1957);

- quando si è agito per legittima difesa di sé o di altri o quando si è stati costrettiall’azione od omissione dannosa da violenza fisica esercitata sulla persona (art. 29,comma primo, primo periodo, d.P.R. 3);

- quando chi ha commesso il danno è stato costretto dalla necessità di salvare sé odaltri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona ed il pericolo non è statovolontariamente causato dall’agente, né era altrimenti evitabile (art. 29, primocomma, secondo periodo, d.P.R. 3 del 1957).

16.4.1. DefinizioneCon la responsabilità amministrativa o patrimoniale l’amministratore o il dipenden-te risponde per i danni causati allo Stato o ad enti pubblici; essa trova fondamentonelle seguenti norme:

- art. 18 dello Statuto degli impiegati civili dello Stato (d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3),che così dispone: “ (Responsabilità dell’impiegato verso l’amministrazione). -L’impiegato delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è tenutoa risarcire alle amministrazioni stesse i danni derivanti da violazioni di obblighi di servi-zio” (comma primo);

- art. 82 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, recante disposizioni sull’amministrazio-ne del patrimonio e sulla contabilità dello Stato: “L’impiegato che per azione, anchesolo colposa (ved., però, infra, art. 1 della l. 20 del 1994), nell’esercizio delle sue funzio-ni, cagioni danno allo Stato, è tenuto a risarcirlo”;

- art. 52 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, approvazione del testo unico delle leggi sul-la Corte dei Conti: “I funzionari impiegati ed agenti, civili e militari, compresi quelli del-l’ordine giudiziario e quelli retribuiti da amministrazioni, aziende e gestioni statali ad or-dinamento autonomo, che nell’esercizio delle loro funzioni per azione od omissione impu-tabili anche a sola colpa o negligenza (ved., però, infra, art. 1 della l. 20 del 1994) cagio-nano danno allo Stato e ad altra amministrazione dalla quale dipendono sono sottoposti al-la giurisdizione della Corte, nei casi e nei modi previsti dalla legge sull’amministrazionedel patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato e da leggi speciali”;

- art. 1, comma 1, della l. 14 gennaio 1994, n. 20 (nel testo sostituito dall’art. 3, com-ma 1, lett. a), del d.l. 23 ottobre 1998, n. 543, convertito in l. 20 dicembre 1998, n.839), che così dispone: “ 1. La responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizionedella Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica è personale è limitata ai fatti ed al-le omissioni commessi con dolo o colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel meritodelle scelte discrezionali” (primo periodo);

- art. 1, comma 4, della l. 20 del 1994, come sostituito dall’art. 3, comma 1, lett. c-bis,

16.4. LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA O PATRIMONIALE319LA

RESPONSABILITÀ

16.4. La responsabilità amministrativa o patrimoniale

del d.l. 543 del 1998, che testualmente recita: “4. La Corte giudica sulla responsabili-tà amministrativa degli amministratori e dipendenti pubblici anche quando il danno siastato cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza”;

- art. 93 D. Lgs. 267 del 2000 “(Responsabilità patrimoniale). - 1. Per gli amministra-tori e per il personale degli enti locali si osservano le disposizioni vigenti in materia di re-sponsabilità degli impiegati civili dello Stato”.

La responsabilità amministrativa o patrimoniale grava su tutti coloro che sono legatiad una amministrazione pubblica da un rapporto di servizio (sia come amministrato-ri, sia come dipendenti) e che, nell’espletamento di una funzione o mansione arreca-no danno non solo alla pubblica amministrazione, nella quale sono incardinati, maanche ad enti pubblici diversi da quelli di appartenenza. Da qui deriva l’obbligo di risarcire il danno arrecato al patrimonio dell’ente e la qua-lificazione di patrimoniale data a questa responsabilità, comunemente detta ammini-strativa e la definizione di danno erariale, con riguardo al danno arrecato al patrimo-nio pubblico11.La giurisprudenza ha, pure, configurato la responsabilità degli amministratori ed im-piegati della pubblica amministrazione per il danno all’immagine arrecato alla stes-sa, inteso come lesione dell’interesse della persona giuridica alla sua identità, credibi-lità e reputazione, giuridicamente tutelato e conformato in forza dei principi di cui aicommi 1 e 2 dell’art. 97 Cost.È comunque necessario per la configurazione del danno all’immagine che sia data pro-va dell’effettiva erogazione di una spesa per il ripristino dei beni immateriali lesi12.

16.4.2. Elementi costitutiviLa responsabilità degli amministratori e dei dipendenti degli enti locali per il dannoerariale causato all’ente di appartenenza o ad enti diversi, è caratterizzata dai seguen-ti elementi costitutivi:

a) l’esistenza dell’elemento oggettivo, costituito da una azione (ossia di atti mate-riali direttamente causativi del danno o di atti amministrativi) od omissione, daparte di un soggetto appartenente alla pubblica amministrazione;

b) la sussistenza di un rapporto di servizio (onorario o professionale) tra l’organoche ha causato il danno e la pubblica amministrazione.È sufficiente, per configurare la responsabilità amministrativa, che intercorra tra ildanneggiante e l’amministrazione danneggiata anche un semplice rapporto di uf-ficio (o funzionale), indipendentemente dal rapporto di servizio, che può intercor-rere con altro ente, come nel caso in cui un dipendente sia in posizione di coman-do presso l’ente danneggiato. Vi rientrano, quindi, i funzionari onorari, i compo-nenti degli organi collegiali, i funzionari di fatto, nonché, secondo un certo orien-tamento giurisprudenziale non sempre condiviso, i professionisti incaricati dellaprogettazione e direzione di opere pubbliche, potendo tali soggetti determinareeffetti dannosi nei confronti dell’ente pubblico allo stesso modo dei dipendenti,essendo stato talora ritenuto sufficiente il semplice inserimento del soggetto all’in-terno della struttura amministrativa13.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 320

(11) Esiste responsabilità per danno erariale nell’ipotesi di amministratore che abbia indebitamentepercepito un’indennità di carica in misura doppia a quella ordinaria (Cass. civ., sez. un. 6 giugno2002, n. 8229, in Cons. St., 2002, II, 1526).(12) Corte dei Conti, sez. I centr. 5 marzo 2002, n. 63/A, in Nuova rass., 2003, 1089.(13) DONNO, Il sistema delle responsabilità nel nuovo ordinamento delle autonomie locali, in Nuova rass.,1994, 969.

Sono, pertanto, da ricomprendersi in dette categorie il direttore generale, di Co-muni e Province ed i dirigenti e le alte specializzazioni, legati all’ente locale daun contratto a tempo determinato (artt. 108 e 109 D. Lgs. 287 del 2000);

c) l’esistenza dell’elemento soggettivo della volontarietà e consapevolezza dellacondotta, ossia che il danno erariale sia stato causato con dolo o colpa grave;

d) la sussistenza di un danno, subito dalla pubblica amministrazione, presso cuil’amministratore ed il dipendente prestano la loro attività. Inoltre, innovativa-mente, si estende la responsabilità degli amministratori e dei dipendenti pubbli-ci “anche quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti pubblici diversida quelli di appartenenza” (art. 1, comma 4, della l. 20 del 1994, come sostituito dal-l’art. 3, comma 1, lett. c-bis, del d.l. 543 del 1998).Si è, pure, superato il concetto tradizionale del danno come pregiudizio economi-co subito dalla pubblica amministrazione, per approdare al “danno pubblico al-la collettività”. Infatti, un consolidato orientamento della Corte dei Conti ha af-fermato - specie riguardo al danno ambientale - la responsabilità di amministra-tori comunali, i quali nell’esercizio delle loro funzioni, hanno colpevolmente con-corso al danneggiamento di beni ambientali appartenenti alla comunità naziona-le (nella specie, consentendo costruzioni in una zona del Parco nazionaled’Abruzzo protetta da divieto assoluto di costruzione)14. Pertanto, come è stato evidenziato dalla stessa giurisprudenza della Corte deiConti, il “danno patrimoniale” non va inteso più come quello ancorato al tradi-zionale danno al patrimonio, ma va esteso a “tutte quelle attività che costituisco-no violazione non solo dei diritti dello Stato ma anche dei cittadini”15.

e) deve, infine, sussistere, il nesso di causalità tra la condotta dell’amministratore odel dipendente ed il danno subìto dalla pubblica amministrazione, conseguenzia-lità che è diretta applicazione degli artt. 40 e 41 del cod. penale, il primo dei qua-li dispone che “nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come rea-to, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguen-za della sua azione od omissione” e che “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giu-ridico di impedire, equivale a cagionarlo”. L’art. 41 precisa che il “concorso di causepreesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissionedel colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento”.

16.4.3. Caratteri della responsabilità amministrativa La sottoposizione degli amministratori e dei dipendenti degli enti locali alle disposi-zioni vigenti in materia di responsabilità degli impiegati civili dello Stato, operatadall’art. 93 del D. Lgs. 267 del 2000, ha comportato l’eliminazione delle disparità ditrattamento sussistenti tra le responsabilità degli uni e degli altri, specie per quantoriguarda la prescrizione e l’estensibilità agli eredi.Il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità, è di cinque anni decorrentidalla data della commissione del fatto (art. 93, comma 4) ovvero, come dispone l’art.1, comma 2, della l. 20 del 1994 “dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, incaso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta” e se la prescrizione deldiritto al risarcimento sia maturata a causa di omissione o ritardo della denuncia delfatto, rispondono del danno erariale i soggetti che hanno omesso o ritardato la denun-

16.4. LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA O PATRIMONIALE321LA

RESPONSABILITÀ

Prescrizione

(14) Corte dei Conti, Sez. I, 18 settembre 1980, n. 86, citata da PERULLI, op. cit., pag. 88.(15) RESTA, Alcune osservazioni sul nuovo “sistema” della responsabilità amministrativa dei dipendenti de-gli enti locali dopo l’entrata in vigore della legge n. 142 del 1990, in TAR, 1994, II, pag. 201.

cia e in tali casi, l’azione è proponibile entro cinque anni dalla data in cui la prescri-zione è maturata (art. 1, comma 3, della l. 20 del 1994).Nei confronti degli eredi si stabilisce che la responsabilità degli amministratori e deidipendenti degli enti locali è personale e non si estende agli eredi, salvo il caso in cuivi sia stato illecito arricchimento del dante causa e conseguente illecito arricchimen-to degli eredi stessi (art. 93, comma 4), come precisava l’art. 3, comma 1, lett. a, del d.l.543 del 1998.Inoltre, l’assoggettamento degli amministratori e dei dipendenti degli enti locali alladisciplina statale ha comportato l’eliminazione di alcune sperequazioni, per cui:

- la legittimazione ad esercitare l’azione di responsabilità spetta al Procuratore del-la Corte dei Conti e non più all’amministrazione;

- trova applicazione quanto disposto dall’art. 82, comma secondo, del r.d. 2440 del1923, secondo il quale il responsabile ne risponde “per la parte che ne ha presa” a dif-ferenza di quanto accadeva in applicazione dell’art. 281 t.u. com. prov. 1934, cheponeva il principio della responsabilità in solido;

- è prevista l’applicabilità del c.d. potere riduttivo, ossia la possibilità che il giudiceoperi una riduzione del danno accertato (su cui, ved., infra )16.

È stato sostenuto che la distinzione tra compiti di direzione e di controllo, di spettan-za degli organi politici e compiti di gestione, affidati all’apparato burocratico non favenir meno la responsabilità degli amministratori, i quali sono pur sempre chiamatia rispondere del danno non solo allorchè sono venuti meno al dovere di vigilanza sulbuon andamento degli uffici e dei servizi comunali che ad essi fanno capo, ma anchequando il danno delle finanze dell’ente sia direttamente riconducibile agli atti di pro-grammazione, di indirizzo o di controllo o comunque alla attività di direzione ammi-nistrativa, che la legge riserva alla loro competenza17.

16.4.4. Il procedimento

16.4.4.1. L’obbligo della denuncia

Si rileva che detto obbligo, già sancito dall’art. 20 del t.u. per gli impiegati civili del-lo Stato, è stato ribadito dall’art. 1, comma 3, della l. 20 del 1994, secondo il quale,“qualora la prescrizione del diritto al risarcimento sia maturata a causa di omissione o ritar-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 322

L’obbligo delladenuncia

(16) RESTA, op. cit., pag. 197.(17) MIELE, La responsabilità amministrativa mette alle strette uffici e servizi, in Il Sole-24Ore, 1998, n. 266.(18) MELE, op. cit., pag. 197. Sull’obbligo della denuncia è intervenuto il Procuratore generale pres-so la Corte dei Conti, il quale con la nota “Indirizzo di Coordinamento I-C/2 del 27 maggio 1996”,ha fornito a tutte le pubbliche amministrazioni chiari indirizzi operativi sulle modalità di inoltro del-la doverosa denuncia di fatti dannosi per l’erario alle competenti Procure regionali della Corte deiConti. Cfr., inoltre, TENORE, Profili ricostruttivi dell’obbligo di denuncia alla Corte dei Conti di fatti e com-portamenti dannosi per l’Erario, in Foro amm., 1997, pag. 1237, del quale si riportano nel testo le pun-tuali considerazioni sulla predetta nota.

Il Procuratore regionale della Corte dei Conti può dare inizio al procedimentogiurisdizionale o d’ufficio, a seguito della conoscenza, comunque intervenuta(a mezzo stampa, notizie radio-televisive, volantini, manifesti, ecc., lettere,esposti, firmati o meno) di atti che abbiano dato luogo a danno al patrimoniodi enti pubblici oppure a seguito di denuncia da parte della pubblica ammini-strazione.18

do della denuncia del fatto, rispondono del danno erariale i soggetti che hanno omesso o ritar-dato la denuncia”.Conseguentemente, l’obbligo della denuncia grava sugli “organi di vertice” di ogniamministrazione, organi che, per gli enti locali, debbono identificarsi nei seguenti:

- segretari comunali, e provinciali per gli illeciti commessi dai dirigenti o respon-sabili degli uffici e servizi; qualora sia istituito l’ufficio del direttore generale, è daritenere che l’obbligo di denuncia gravi su di lui;

- dirigenti e responsabili degli uffici e servizi, per le infrazioni commesse dai di-pendenti dei rispettivi settori o servizi;

- Sindaci e Presidenti della Province e assessori all’uopo delegati per gli illeciticommessi dal segretario e dal direttore generale;

- Consigli e Giunte per gli illeciti commessi dagli amministratori (argomentando exart. 32, comma secondo, della l. 335 del 1978);

- il commissario ad acta, nominato in caso di inottemperanza del giudicato19.Relativamente al momento in cui sorge l’obbligo di denuncia alla Procura regionale,si afferma che deve essere fatta immediatamente al verificarsi del danno erariale, ocomunque quando se ne ha conoscenza, qualora vi sia stato occultamento doloso.Circa il contenuto della denuncia, si ritiene che essa debba essere corredata di “tuttigli elementi raccolti per l’accertamento della responsabilità e la determinazione dei danni”(art. 20 d.P.R. 3 del 1957), elementi che possono essere così schematicamente indicati:

1) indicazione del fatto, inteso sia come comportamento, sia come procedimentoche è stato seguito, evidenziando, con eventuali allegati e sulla scorta della docu-mentazione in possesso dell’ente, le illegittimità o le diseconomie gestionali ori-ginate da tali comportamenti o procedimenti;

2) quantificazione del danno subito, anche in via equitativa, compresa la segnala-zione del danno non patrimoniale patito;

3) indicazione delle generalità e del domicilio dei dipendenti che si ritengano esse-re autori dell’illecito, in base alle responsabilità sugli stessi gravanti in virtù dinorme settoriali di organizzazione degli uffici e di attribuzione di compiti proce-dimentali. Assume particolare rilievo, in materia, l’osservanza della disciplinadettata dalla l. 241 del 1990, sul procedimento amministrativo, che sancisce l’ob-bligo per ogni amministrazione pubblica di individuare il responsabile di ogniprocedimento (artt. 5 e 8);

4) indicazione delle generalità e del domicilio degli eredi, nell’eventualità in cui ildante causa ed i suoi eredi conseguano un illecito arricchimento;

5) qualora il danno incida su conti giudiziali, la denuncia deve contenere le genera-lità ed il domicilio dell’agente tenuto alla resa del conto;

8) eventuali successive comunicazioni integrative, da inoltrare, a seguito dell’accer-tamento di fatti nuovi o per aggiornare la documentazione istruttoria, già effet-tuata.

16.4.4.2. Istruttoria e trattazione

Dopo che sia ricevuta la denuncia o sia comunque pervenuta notizia del danno, ilProcuratore regionale, che si configura come un Pubblico ministero, sia pure sui gene-ris, data la peculiarità della giurisdizione contabile, dà inizio al procedimento istrut-

Contenuto della denuncia

16.4. LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA O PATRIMONIALE323LA

RESPONSABILITÀ

(19) Consiglio di Stato, IV, 2 marzo 2004, n. 942, in Foro amm. CDS., 2004, pag. 741, che lo ha ritenu-to legittimato a denunciare alla Procura della Corte dei Conti gli specifici comportamenti omissivi diamministratori e funzionari che abbiano reso necessario l’intervento del commissario.

torio, al fine di acquisire ogni elemento utile all’instaurazione del giudizio (accerta-mento della sussistenza delle condizioni dell’azione di responsabilità e dei presuppo-sti processuali)20. L’istruttoria può concludersi o con una proposta di archiviazione, se i fatti sono rite-nuti insussistenti o comunque non rilevanti in un giudizio di responsabilità ammini-strativa, ovvero con la citazione del soggetto inquisito.Prima di emettere l’atto di citazione in giudizio, il Procuratore regionale invita il pre-sunto responsabile del danno a depositare, entro un termine non inferiore a trentagiorni dalla notifica della comunicazione dell’invito, le proprie deduzioni ed even-tuali documenti; entro lo stesso termine, il presunto responsabile del danno può, se loritiene opportuno, presentare apposita istanza per essere sentito personalmente.Il Procuratore regionale emette l’atto di citazione in giudizio entro centoventi giornidalla scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni da parte del presun-to responsabile del danno, salvo che la Sezione giurisdizionale competente, a tale fi-ne convocata in camera di consiglio, non autorizzi eventuali proroghe del suddettotermine. In caso di mancata autorizzazione, il Procuratore regionale deve emetterel’atto di citazione ovvero disporre l’archiviazione entro i successivi quarantacinquegiorni (art. 5, comma 1, del d.l. 453 del 1993, come sostituito dall’art. 1, comma 3-bis,del d.l. 543 del 1998).Contestualmente all’invito a presentare deduzioni, il Procuratore regionale può, ri-correndone le condizioni, chiedere al Presidente della Sezione competente a conosce-re del merito del giudizio, il sequestro conservativo dei beni mobili e immobili delconvenuto, comprese somme e cose allo stesso dovute (come lo stipendio), ma nei li-miti di legge (art. 5, comma 2, del d.l. 453 del 1993)21.Presso la sezione giurisdizionale regionale si svolge il dibattimento, secondo il pro-cedimento dettato dal r.d. 1214 del 1934, e che si svolge anche senza ministero di av-vocato (prescritto, invece, per i giudizi innanzi alle Sezioni riunite); esso si concludecon una sentenza di condanna o di assoluzione.Contro la sentenza è ammesso ricorso in appello alle Sezioni giurisdizionali centralidella Corte dei Conti, per soli motivi di diritto, proponibile dalle parti (amministrato-re o dipendente ed ente danneggiato), dal Procuratore regionale, competente per ter-ritorio o dal Procuratore generale entro sessanta giorni dalla notificazione della sen-tenza o, comunque, entro un anno dalla pubblicazione della stessa. La proposizione dell’appello sospende l’esecuzione della sentenza impugnata, salvoche la sezione centrale non pronunci, motivatamente, l’esecuzione provvisoria, quan-do vi sia istanza del Procuratore regionale o generale (art. 1, comma 5, del d.l. 435 del1993, come sostituito dall’art. 1, comma 1, del d.l. 543 del 1998, che ha aggiunto ancheil comma 5-ter).

MANUALE DEL CONSIGLIERE 324

(20) Cfr. GRECO, Denuncia di danni erariali e attività istruttoria del Procuratore regionale presso la Cortedei Conti, in TAR, 1995, II, pag. 54.(21) Con l’art. 1, commi 231 e 232 della l. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) si è così stabili-to:” 231. Con riferimento alle sentenze di primo grado pronunciate nei giudizi di responsabilità dinanzi allaCorte dei conti per fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, i sog-getti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna possono chiedere alla competente sezione diappello, in sede di impugnazione, che il procedimento venga definito mediante il pagamento di una somma noninferiore al 10 per cento e non superiore al 20 per cento del danno quantificato nella sentenza. 232. La sezionedi appello, con decreto in camera di consiglio, sentito il procuratore competente, delibera in merito alla richie-sta e, in caso di accoglimento, determina la somma dovuta in misura non superiore al 30 per cento del dannoquantificato nella sentenza di primo grado, stabilendo il termine per il versamento”.

La Corte dei Conti, nella pronuncia della sentenza, può fare applicazione del poteredi riduzione della condanna e procedere alla valutazione dei vantaggi conseguiti dal-l’amministrazione o dalla comunità amministrata, al cui esame dedicheremo le pagi-ne che seguono.

16.4.4.3. Il potere riduttivo dell’addebito

Mentre il giudice ordinario, una volta riconosciuta la colpa, deve procedere a porre acarico del responsabile l’intero danno, indipendentemente dal grado della colpa stes-sa, il giudice contabile può stabilire una correlazione tra la misura della colpa e l’en-tità del danno risarcibile22, in ossequio al disposto dell’art. 83 del r.d. 2440 del 1923,secondo il quale la Corte dei Conti, “valutate le singole responsabilità, può porre a caricodei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto” (comma primo).

Secondo una consolidata giurisprudenza, ai fini della valutazione del danno risarcibi-le, la Corte tiene conto di varie circostanze, come del comportamento colposo del sog-getto, del suo stato psicologico, delle circostanze in cui ha dovuto operare in concreto,avuto riguardo, altresì, alle condizioni organizzative della stessa amministrazionedanneggiata e ad eventuali sue deficienze che abbiano potuto favorire la produzionedel danno23. Non meno rilevanti sono state ritenute l’inesistenza a carico del respon-sabile di precedenti specifici o generici, il suo ottimo stato di servizio pregresso, l’im-pegno profuso dallo stesso al fine di limitare il danno arrecato, la prassi comportamen-tale invalsa in un certo ufficio, e, infine, anche l’età e l’inesperienza del soggetto, spe-cialmente in relazione ad attività di notevole complessità o novità24. Deve pure farsi ri-corso a criteri equitativi o desumibili dalle circostanze attenuanti dei reati25.Il potere riduttivo della Corte dei conti - che non può essere esercitato fino al puntodi eliminare del tutto il risarcimento del danno causato, in quanto la legge parla espli-citamente di riduzione “parziale” - può consistere, in caso di partecipazione di piùsoggetti, non solo in una riduzione da applicarsi in eguale misura, ma in una gradua-zione dell’addebito, in proporzione al contributo dato da ciascun soggetto sia nellacommissione del fatto, sia successivamente nella riduzione degli effetti dal danno, co-me espressamente dispone, ora, il comma 1-quater dell’art. 1 della l. 20 del 1994, ag-giunto dall’art. 3, comma 1, lett. a, del d.l. 543 del 1998 che così precisa: “Se il fatto dan-noso è causato da più persone, la Corte dei Conti, valutate le singole responsabilità, condannaciascuno per la parte chi vi ha preso” .Fa eccezione l’ipotesi in cui coloro che hanno causato il danno abbiano conseguito unillecito arricchimento o abbiano agito con dolo, ossia con la determinazione di pro-

16.4. LA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA O PATRIMONIALE325LA

RESPONSABILITÀ

Questo principio, che prende di norme di “potere riduttivo dell’addebito” è ri-badito dall’art. 52, comma secondo, del r.d. 1214 del 1934 nonché dall’art. 19,comma secondo, del d.P.R. 3 del 1957, e trova applicazione anche nei confron-ti degli amministratori e dei dipendenti degli enti locali, ai sensi del più voltecitato art. 93, comma 1, D. Lgs. 287 del 2000.

(22) DONNO, op. cit., pag. 974.(23) DONNO, op. cit. e la giurisprudenza ivi citata. Cfr. Corte dei Conti sez. I, app., 10 settembre 2003,n. 278, in Foro amm. CDS, 2003, pag. 2673, che nel valutare il danno cagionato da un soldato nella gui-da dell’autoveicolo di servizio ha tenuto conto della sua giovane età e della modestia del compensopercepito per la prestazione del servizio militare.(24) MELE, op. cit., pag. 207.(25) Corte dei Conti, sez. I app., 8 marzo 2003, n. 105, in Foro amm. CDS., 2003, pag. 183.

durre un danno all’erario, nel quale caso la responsabilità è in solido (art. 1, comma1-quinquies, della l. 20 del 1994, aggiunto dall’art. 3, comma 1, lett. a, del d.l. 543 del1998). In tali ipotesi, il risarcimento del danno può essere accollato ad uno solo deiconcorrenti (di regola, colui che ha maggiore disponibilità finanziaria), che è tenuto asaldare il debito, salvo rivalsa sugli altri26.

16.4.4.4. La valutazione dei vantaggi conseguiti dall’ente

Si è in presenza di una ulteriore agevolazione concessa a favore degli amministratorie dei dipendenti di enti pubblici, sottoposti al giudizio di responsabilità, in quanto èprevisto che essa trovi applicazione, in aggiunta al potere riduttivo (così è da inter-pretarsi l’inciso “fermo restando il potere di riduzione”).Con la disposizione si è voluto sottolineare l’importanza del comportamento degliamministratori e dei dipendenti, i quali pur arrecando con la propria azione un dan-no al patrimonio dell’ente, hanno, tuttavia, conseguito taluni vantaggi, non solo al-l’amministrazione, ma anche alla comunità amministrata, quindi anche ai cittadini, iquali non solo possono trarre vantaggi patrimoniali, ma anche morali, come il mag-gior prestigio ottenuto dalla collettività.È comunque necessario che i vantaggi siano conseguenza diretta degli stessi compor-tamenti o provvedimenti censurati, siano effettivi e siano provati da chi li eccepisce27.

16.5.1. Insindacabilità delle scelte amministrative La legge individua espressamente alcuni casi in cui gli amministratori ed i dipenden-ti delle pubbliche amministrazioni sono da considerarsi non soggetti al giudizio di re-sponsabilità.Una prima ipotesi concerne l’insindacabilità nel merito delle scelte amministrative,fattispecie già oggetto di attenta valutazione da parte del giudice amministrativo e diquello contabile (art. 3, comma 1, lett. a, del d.l. 543 del 1998).In particolare, si tratta di stabilire quali limiti incontri il giudice contabile, nei casi incui l’amministrazione agisca nell’esercizio di attività discrezionali, ossia nella espli-cazione di attività caratterizzate “da un ampio grado di libertà dell’agente circa il mo-do di perseguire il particolare interesse pubblico coinvolto, nonché con riguardo allascelta dei mezzi a ciò più idonei”28.

MANUALE DEL CONSIGLIERE 326

L’art. 3, comma 1, lett. a, del d.l. 543 del 1998, aggiunge al comma 1 dell’art. 1della l. 20 del 1994, il seguente comma:“1-bis. - Nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve te-nersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione o dalla comunitàamministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendentipubblici soggetti al giudizio di responsabilità”.

16.5. Casi di esclusione della responsabilità patrimoniale

(26) La costituzionalità della presente normativa, che impone la solidarietà solo ai concorrenti che ab-biano conseguito illecito arricchimento o abbiano agito con dolo è stata affermata dalla Corte costi-tuzionale con la sent. n. 453 del 1998.. (27) GALTIERI, op. cit., pag. 41.(28) PERULLI, op. cit., pag. 102.

Un elemento che concorre ad individuare la sindacabilità dell’attività discrezionaledegli amministratori pubblici è il parametro della razionalità della scelta effettuata,nel senso che il giudice, nel valutare le scelte discrezionali “comparerà tali concretescelte a quelle che, nel caso, l’amministratore o il dipendente pubblico avrebbe dovu-to tenere secondo un criterio di razionalità e convenienza autonomamente valutatodal giudice”, con la conseguenza che se dal raffronto di tale parametro con le scelteoperate dalla pubblica amministrazione, emerge un danno erariale, la Corte perverràad affermare la responsabilità amministrativa29.La giurisprudenza contabile ha fatto ampia applicazione del criterio di razionalitànella valutazione delle scelte discrezionali concernenti, in particolare modo, le spesedi rappresentanza e promozionali, i gemellaggi e gli incarichi a professionisti esternio ad imprese specializzate.

16.5.2. Esclusione della responsabilità nell’adozione delle deliberazioni

Secondo la giurisprudenza formatasi in base alla previgente legislazione (art. 282 t.u.com. prov. 1934) e sull’art. 24 dello statuto degli impiegati civili dello Stato, era con-siderato unica causa di esclusione della responsabilità il fatto che l’interessato faces-se constare a verbale il proprio “motivato” dissenso.Vi è però un limite - non trascurabile - della nuova regolamentazione della responsa-bilità degli organi collegiali, che è sfuggita all’attuale legislatore; è il limite della nonapplicabilità della disposizione alle ipotesi di votazioni a scrutinio segreto, nelle qua-li non è dato conoscere quali componenti abbiano espresso voto favorevole, per cui,in questo caso, deve ritenersi esclusa la responsabilità soltanto per coloro che, parte-cipando alla votazione, fanno constare a verbale il loro dissenso, ai sensi dell’ancoravigente art. 24 del d.P.R. 3 del 1957 e si astengono dal prendere parte alla votazione30.

16.5.3. Esclusione della responsabilità nell’adozione o approvazione di atti in buona fede

16.5. CASI DI ESCLUSIONE DELLA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE327LA

RESPONSABILITÀ

È previsto che “nel caso di deliberazioni di organi collegiali la responsabilità si impu-ta esclusivamente a coloro che hanno espresso voto favorevole” (art. 1, comma 1-ter,primo periodo, della l. 20 del 1994, aggiunto dall’art. 3, comma 1, lett. a, del d.l.543 del 1998).

(29) PERULLI, op. cit., pag. 102; Corte dei Conti, Sez. III, 17 settembre 1996, n. 363/A, in Foro amm.,1997, pag. 1265.(30) Tuttavia, in un caso concreto, premesso che nelle votazioni a scrutinio segreto non è possibile fa-re ricorso alla prova per presunzioni (nella specie era stato dichiarato il voto favorevole dei capigrup-po), è stata affermata la responsabilità amministrativa del Sindaco, il quale ha fatto ricorso al sistemadella votazione a scrutinio segreto, in una materia che lo statuto del Comune non riserva a tale mo-dalità di votazione (Corte dei Conti, Toscana, 18 dicembre 1996, n. 641, in Foro amm., 1997, pag. 1542.

Si dispone, altresì che “nel caso di atti che rientrano nella competenza propria degliuffici tecnici o amministrativi la responsabilità non si estende ai titolari degli organipolitici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consen-tito l’esecuzione” (art. 1, comma 1-ter, secondo periodo, della l. 20 del 1994, ag-giunto dall’art. 3 del d.l. 543 del 1998).

La disposizione trova applicazione - come la precedente, esaminata al paragrafo cheprecede - solo nei confronti degli amministratori (così è da intendere l’inciso: “organipolitici”), sia che agiscano come singoli (Sindaco, Presidente della Provincia, assesso-ri) sia come componenti di organi collegiali (Consiglio, Giunta e quelle particolaricommissioni che debbono esplicare funzioni di amministrazione attiva). Essa non èche la naturale estrinsecazione del principio della netta separazione delle competen-ze degli organi politici da quelli burocratici (distinzione sottolineata nella norma colriferimento rispettivamente agli “uffici” ed agli “organi politici”).L’esclusione della responsabilità trova applicazione al verificarsi delle seguenti con-dizioni:

- si tratti di atti che rientrano nella competenza esclusiva di uffici tecnici o ammini-strativi, che li istruiscono e li portano a completamento (tipica è la redazione di unpiano di attuazione del piano regolatore);

- debbono essere atti di cui gli organi politici non ne abbiano una specifica cono-scenza (tale non potrebbe essere un assessore, che come professionista ha contri-buito, nel passato, a redigere piani urbanistici);

- tali atti siano stati approvati oppure la loro esecuzione sia stata specificatamenteautorizzata, con autonomo atto, ovvero meramente consentita (ossia non ne sia sta-ta impedita l’esecuzione) dagli organi politici, i quali hanno agito in buona fede,ponendo, quindi, piena fiducia nell’operato degli organi tecnici o amministrativi31.

La normativa acquista particolare rilevanza riguardo ai pareri che i responsabili de-gli uffici e servizi sono tenuti ad esprimere in occasione della predisposizione delleproposte di deliberazione, ai sensi dell’art. 49 D. Lgs. 267 del 2000, il cui comma 3 di-spone che i funzionari che esprimono detti pareri in ordine alla regolarità tecnica econtabile sono tenuti a risponderne in via amministrativa e contabile.Per contro, gli amministratori, che abbiano approvato in buona fede la deliberazione,sul presupposto della correttezza del parere espresso dai responsabili degli uffici eservizi interessati, sono esenti da responsabilità.In merito ai pareri, occorre distinguere il caso in cui gli organi burocratici abbiano espres-so un parere negativo, in ordine all’adozione di un provvedimento deliberativo e gli am-ministratori abbiano comunque approvato la deliberazione, nel quale caso i funzionarinon possono essere chiamati a rispondere dei danni causati dal provvedimento.

16.5.4. Esclusione della responsabilità per mancata copertura minima del costodei serviziL’art. 3, comma 2-ter del d.l. 543 del 1998 dispone che: “L’azione di responsabilità perdanno erariale non si esercita nei confronti degli amministratori locali per la mancata coper-tura minima del costo dei servizi” . Si tratta di una disposizione che trova applicazione soltanto nei confronti degli am-ministratori e che - come è stato rilevato32 - si dimostra “poco coerente con le nume-rose norme, anche recentissime, che impongono vincoli alla gestione finanziaria de-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 328

(31) La c.d. “scriminante politica” non trova applicazione nel caso in cui l’organo politico abbia eser-citato un’attribuzione sua propria in riferimento alla quale l’apparato burocratico abbia espletatofunzioni di mero supporto strumentale (istruttorie o consultive) (Corte dei Conti, sez. II app., 3 no-vembre 2003, n. 303, in Foro amm. CDS, 2003, pag. 3439).(32) GALTIERI, op. cit., pag. 41. Con sentenza 19 febbraio 1997, n. 15/o, la Corte dei Conti, (Basilica-ta, 16 gennaio 1997, in Gazzetta Ufficiale, n. 13 del 1997) ha sollevato questione di legittimità costitu-zionale della normativa, qui in esame; ma la Corte costituzionale (sent. 327 del 1998) ha ritenuto laquestione non fondata.

gli enti locali, in un quadro di limitatezza delle risorse e di necessaria ottimizzazionedella loro utilizzazione”.

16.6.1. Casi di esclusione della responsabilità amministrativa

16.6. CASISTICA329LA

RESPONSABILITÀ

16.6. Casistica

Orientamenti di giurisprudenzaIn sede di valutazione delle responsabilità connesse alle inadempienze ammini-strative, deve tenersi conto della distinzione tra funzioni di indirizzo e di con-trollo, di pertinenza degli organi politici e funzioni di gestione amministrativa,proprie degli organi burocratici, “cosicchè gli amministratori elettivi non posso-no rispondere dei mancati adempimenti amministrativi facenti capo a singolifunzionari o impiegati, sempre che da essi sia stato assicurato con opportune di-rettive il generale assetto dei servizi burocratici e non sia venuta meno la gene-rale attività di vigilanza sulla funzionalità di tutta l’amministrazione”33.In questa sede, assume particolare rilievo la corretta e puntuale conoscenza, daparte degli amministratori e dei dipendenti, sia delle leggi e dei regolamenti,sia dei criteri di individuazione e riconoscibilità della colpa grave e lieve, sta-biliti dalla giurisprudenza amministrativa, specie della Corte dei Conti34.È stato deciso che non sussiste responsabilità amministrativa a carico dei com-ponenti la Giunta che deliberarono di resistere in un giudizio civile senza valu-tare la fondatezza della lite, atteso che la valutazione della condotta ai fini dellaresponsabilità va effettuata con giudizio ex ante, non potendosi eseguire una va-lutazione ex post, quando già sono noti gli effetti dannosi della condotta35. Non sussiste corresponsabilità amministrativa del segretario comunale, prepo-sto ad adempimenti o a questioni di natura tecnico-giuridica che coinvolgonospecifiche competenze professionali, nel caso in cui le attività causative deldanno implichino scelte di natura politica che restano, comunque, riservateagli organi elettivi (nella specie la priorità dei creditori da soddisfare)36.Qualora un amministratore abbia stipulato un contratto a trattativa privata, aldi fuori delle condizioni di legge e con modalità tali da escludere la partecipa-zione di più offerenti e tale contratto, per sè irregolare, non abbia determinatoalcun danno, ma abbia prodotto utilità all’ente, gli oneri aggiuntivi derivati daritardi di pagamento, anche se cagionati dalla irregolarità delle procedure dispesa, non costituiscono danno ingiusto risarcibile37.

(33) Corte dei Conti, sez. II, 14 gennaio 1997, n. 3, citata da MIELE, Responsabilità divise tra politici eburocrati, in Il Sole 24 Ore, 1997, n. 116.(34) ITALIA, Le condanne puniscono l’ignoranza, in Il Sole 24 Ore, 1999, n. 229, che enuclea i più signifi-cativi casi di responsabilità, per colpa grave e lieve, relativi al Sindaco, alla Giunta ed agli assessori.(35) Corte dei Conti, Sez. giur. Sicilia, 14 settembre 1993, in Giur.amm.siciliana, 1993, pag. 572, citatada PERULLI, op. cit., pag. 62.(36) Corte dei Conti, Veneto, 11 settembre 1996, in Foro amm., 1997, pag. 1267.(37) Corte dei Conti, Sez., III, 3 febbraio 1997, in Sett. giur., 1997, IV, pag. 129, citata da ITALIA, Pro-getto pagato solo alla consegna, in Il Sole 24 Ore, 1997, n. 238, il quale nutre forti dubbi sulla motivazio-ne, non certo persuasiva.

(segue)

MANUALE DEL CONSIGLIERE 330

Qualora siano stati effettuati da ignoti atti di vandalismo su edifici dell’entelocale, gli amministratori non possono essere ritenuti responsabili per non averesercitato la vigilanza sugli edifici, per le seguenti considerazioni:

a) non hanno potuto prevenire gli atti di vandalismo, dato che si sono trovatiin una situazione di notevole carenza di organico del Corpo dei vigili;

b) non hanno potuto provvedere altrimenti, dato l’elevato costo di una vigi-lanza privata;

c) anche le Forze di polizia hanno una generale difficoltà per la prevenzione ela repressione di siffatti delitti38.

Gli amministratori, che hanno deliberato l’acquisto di pagine pubblicitarie diuna pubblicazione ecclesiastica, per pubblicizzare attività e servizi dell’ammini-strazione comunale, hanno fatto una scelta ragionevole “nell’ambito della sferadi discrezionalità entro cui può determinarsi l’amministrazione comunale”39.Il capo dell’amministrazione che ha delegato talune sue funzioni amministra-tive ad un assessore, che ha però posto in essere atti illegittimi, eccedendo an-che i limiti della delega, non è responsabile dei danni procurati dall’assessore,poichè il delegante non ha il potere-dovere di vigilare sulle funzioni attribuiteall’assessore, e di attivarsi per correggere gli atti illegittimi di quest’ultimo, sianell’ambito della delega, sia fuori di essa40.Non è censurabile la Giunta che ha deliberato di inviare in missione, all’este-ro, una delegazione composta di un numero troppo elevato di partecipanti,qualora la composizione di questa delegazione sia stata preventivamente ap-provata dall’autorità governativa competente41. Non è rinvenibile alcuna responsabilità nella deliberazione con la quale laGiunta ha trasformato i rapporti a tempo parziale in rapporti a tempo pieno (inviolazione dell’art. 7 del d.P.C.M. 17 marzo 1989, n. 117) allo scopo di attenua-re le tensioni sociali e sindacali che nella circostanza si erano manifestate nellacittadinanza42.

(continua)

(38) Corte dei Conti, Sez. II, 26 giugno 1996, n. 48/96/A, in Sett. giur., 1996, pag. 427, citata da ITA-LIA, Vigilanza a maglie larghe, in Il Sole 24 Ore, 1997, n. 82.(39) Corte dei Conti, Sez. II, 15 luglio 1996, n. 73/96/A, in Sett. giur., 1996, pag. 486, annotata da ITA-LIA, Polizze, l’ente non paga per gli amministratori, in Il Sole 24 Ore, 1997, n. 294, il quale ritiene la mo-tivazione non persuasiva, in quanto la Corte ha affermato che se anche tale pubblicazione si rivolgead una utenza particolare e circoscritta, ciò non impedisce la diffusione in un ambito più vasto, da-ta l’ampiezza dei rapporti degli organismi ecclesiastici e religiosi con la popolazione.(40) Corte dei Conti, Sez. II, 21 luglio 1997, n. 110; Id. Sez. riun., 24 settembre 1997, n. 66, in Sett. giur.,1997, pag. 431 e 437, citate da ITALIA, Assessori, il Sindaco non deve vigilare, in Il Sole 24 Ore, 1997, n.348.(41) Corte dei Conti, III, 23 settembre 1997, n. 275, in Sett. giur , 1997, pag. 500.(42) Corte dei Conti, II, 5 marzo 1998, n. 79, in Sett, giur., citata da ITALIA, Sul par-time delibere illega-li, in Il Sole 24 Ore, 1998, n. 134, il quale ritiene che le tensioni sociali e sindacali non possano rende-re legittima la deliberazione, e specialmente non tolgano la “gravità” ad un comportamento disin-volto e privo di ogni meditata considerazione verso l’interesse pubblico, che deve essere valutato an-che in una durevole prospettiva temporale.

16.6.2. Casi di sussistenza della responsabilità amministrativa

16.6. CASISTICA331LA

RESPONSABILITÀ

Orientamenti di giurisprudenzaNel giudizio di responsabilità amministrativa-contabile gli atti della pubblicaamministrazione non vengono in rilievo come tali, ma come fatti giuridici ido-nei a modificare la realtà giuridica ed a produrre i conseguenti effetti giuridicie, pertanto, l’accertamento, anche incidentale, del giudice contabile cade sullaliceità-illiceità del fatto giuridico che ha comportato una diminuzione patrimo-niale, non essendo sufficiente per radicare la responsabilità, un mero compor-tamento contrario alle regole di gestione fissate da leggi, da regolamenti, da or-dini di servizio, da regole di buona amministrazione, ma la concreta produzio-ne di un danno ingiusto cui l’ordinamento positivo collega un’obbligazione dirisarcimento43.Sussiste la responsabilità amministrativa dell’amministratore che, in assenzadelle necessarie disponibilità finanziarie, perfezioni il contratto di acquisto diun automezzo e ne disponga la consegna, con conseguente danno erariale perritardato pagamento44.È responsabile l’amministratore che ha stipulato un contratto di utenza per untelefono cellulare a nome e per conto dell’ente locale, ma all’insaputa degli or-gani competenti ad autorizzare la spesa e ne ha fatto uso a sua completa discre-zione, accollando all’ente il pagamento delle bollette45. Sono responsabili i componenti della Giunta per l’affidamento a libero profes-sionista di un incarico volto alla elaborazione di un progetto di opere pubbli-che, in quanto la sua realizzazione si appalesava ictu oculi del tutto eventuale,mancando qualunque concreto piano di attuazione finanziaria ed urbanistica.Nella specie, occorre fare applicazione del principio per cui il progetto di ope-ra non realizzata è privo del carattere di bene giuridico e non rappresenta il ne-cessario incremento patrimoniale quale contropartita giustificativa della spesa,che quindi concretizza un danno erariale46.Configura danno erariale l’avvenuto pagamento dell’intero corrispettivo di unafornitura irregolarmente eseguita, senza applicazione di penale contrattualmen-te stabilita, specie quando il capitolato speciale d’appalto preveda misure ido-nee a dare concreta ed immediata attuazione alla clausola penale stessa47.Sussiste la responsabilità amministrativa della Giunta che - con l’aver delibera-to la stipulazione con una società assicuratrice di un contratto di assicurazionea condizioni eccessivamente onerose, ed in violazione delle competenze rico-nosciute dalla legge al Consiglio, tenuto conto della durata ultraquinquennaledel contratto stesso - abbia arrecato, con comportamento colposo, un danno in-giusto al patrimonio dell’ente amministrato48;

(43) Corte dei Conti, Sez. riun., 18 aprile 1996, n. 22/a, in Foro amm., 1997,pag. 605.(44) Corte dei Conti, Sez. II, 25 ottobre 1994, in PERULLI, op.cit., pag. 63.(45) Corte dei Conti, sez. II centr., 12 gennaio 2001, n. 20/A, in Nuova rass., 2002, pag. 735.(46) Corte dei Conti, Sardegna, 23 settembre 1994; Id., Sicilia, 13 dicembre 1986, n. 1524 e 14 dicem-bre 1993, n. 176, in PERULLI, op.cit., pagg. 64 e 67.(47) Corte dei Conti, Calabria, 11 ottobre 1994, in PERULLI, op cit., pag. 66.(48) Corte dei Conti, Sez. II, 25 luglio 1991, n. 284, in Riv. amm., 1992, pag. 388, citata da PERULLI, op.cit., pag. 97.

(segue)

MANUALE DEL CONSIGLIERE 332

L’utilizzo dell’auto di servizio da parte dell’amministratore pubblico è legitti-mato da esigenze di servizio, per cui, la mancata connessione tra l’utilizzo del-l’autovettura pubblica con le funzioni svolte in qualità di amministratore, de-termina l’obbligo di risarcire all’ente il danno erariale arrecato49.In ipotesi di colposa prescrizione del ruolo di esazione di un tributo, che hacomportato per l’ente il mancato recupero del costo del relativo servizio, ri-sponde del danno, accanto alla Giunta, anche il segretario, il quale nell’eserci-zio delle sue funzioni, ha omesso di impedire l’evento dannoso non essendosiattivato nei confronti del capo dell’amministrazione - cui spetta per legge il po-tere di convocare la Giunta - per sottoporgli lo schema di deliberazione concer-nente la formazione dei ruoli per l’esazione dei tributi, sollecitandolo alla con-vocazione50;Concorre nella responsabilità degli amministratori dell’ente locale il segretarioche, tenuto ad apprestare un’efficiente consulenza tecnico giuridica nell’esamee nella risoluzione delle diverse questioni oggetto di deliberazione, si esprimain modo favorevole sulla legittimità nonché sulla regolarità tecnica e contabiledi atti deliberativi causativi di danno erariale51.Sussiste la responsabilità amministrativa da condotta omissiva dell’ assessore(nella specie, regionale) ai lavori pubblici che non denunci i danni conseguen-ti all’omessa custodia di un cantiere da parte dell’appaltatore, danni di cuil’amministratore sia venuto a conoscenza a seguito di approvazione di periziadi risanamento con oneri a carico dell’ente appaltante52.Il Sindaco che non si attiva per porre all’ordine del giorno del Consiglio l’ap-provazione di un regolamento tributario, è responsabile del danno causato dal-le mancate entrate del Comune per omessa applicazione di un tributo53.Premesso che l’acquisto di beni, in ispecie di quelli immobili, deve essere fun-zionale, ossia deve essere rivolto ad uno scopo che si collega con le finalità del-l’ente e deve concretamente attuare tale scopo, gli amministratori che hannoacquistato a prezzo equo un immobile, che si è rilevato inidoneo a soddisfarele esigenze dell’ente ed è rimasto inutilizzato, sono responsabili, per colpa gra-ve, e devono risarcire il danno54.È responsabile il capo dell’amministrazione che si sia sostituito al dirigentenella gestione di una pratica rientrante in un materia attribuita alla competen-za dirigenziale, qualora abbia avocato a sé la pratica al fine di ridurre l’entitàdella sanzione da irrogare55;I componenti della Giunta che hanno predisposto il bilancio con capitoli di spe-

(49) Corte dei Conti, Abruzzo, 15 ottobre-20 novembre 1996, n. 263/96/EL, in Nuova rass., 1997, pag.1427.(50) Corte dei Conti, Abruzzo, 12 febbraio 1996, n. 37/96/EL, in Nuova rass., 1997, pag. 1429.(51) Corte dei Conti, Veneto, 24 giugno 1996, n. 251, in Foro amm., 1997, pag. 617.(52) Corte dei Conti, Sez. riun., 26 febbraio 1996, n. 6/A, in Foro amm., 1997, pag. 1235.(53) Corte dei Conti, Puglia, 22 novembre 1998, n. 63, in Sett. giur., 1999, IV, pag. 35, citata da ITA-LIA, Sindaco “colpevole” se dimentica di varare i regolamenti tributari, in Il Sole 24 Ore, 1999, n. 79.(54) Corte dei Conti, Sez. II, 2 aprile 1997, n. 23/A, in Sett. giur., IV, 1997, pag. 239, citata da ITALIA,Se il bene è inutilizzato i danni vanno risarciti, in Il Sole 24 Ore, 1997, n. 224.(55) Corte dei Conti, Veneto, 2 aprile 2001, n. 766, in Nuova rass., 2002, pag. 1078.

(segue)

(continua)

16.6. CASISTICA333LA

RESPONSABILITÀ

sa, relativi ai consumi elettrici, palesemente sottostimati, sono responsabili delritardo e delle maggiorazioni per morosità sostenute per il ritardato pagamen-to delle bollette56.È illegittima la deliberazione con la quale gli amministratori di una Provinciahanno approvato la spesa per mettere a disposizione un pullman per coloro cheintendevano partecipare ad una manifestazione sindacale a Roma, indetta daisindacati dei lavoratori chimici della Provincia, per protestare e chiedere l’in-tervento del Governo per la salvaguardia dei posti di lavoro57.Gli amministratori di un ente locale che, pur a fronte della mancanza di mezzifinanziari o nell’incertezza del loro reperimento, abbiano affidato un incaricoper la redazione di un progetto esecutivo per la realizzazione di un’opera pub-blica, poi rimasto inutilizzato per indisponibilità dei mezzi finanziari, sono re-sponsabili del danno sopportato dall’ente per il pagamento della parcella alprofessionista incaricato del progetto58.L’accettazione della promessa di una tangente ha la stessa efficacia causale del-la dazione illecita effettivamente percepita, nel senso che la promessa di tan-gente equivale alla tangente che si è in concreto avuta, e il danno all’immagi-ne dell’ente deve essere risarcita59.Se l’assenza arbitraria dal servizio di un dipendente altera l’equilibrio funzio-nale dell’organizzazione della struttura amministrativa a cui il dipendente èaddetto, provocando disservizi e disagi nell’erogazione dl servizio, il dipen-dente che si sia assentato arbitrariamente dal lavoro è tenuto a risarcire, oltrealla somma indebitamente percepita, anche il danno per il disservizio provoca-to all’amministrazione60.Se la scarsa diligenza sulla corretta formulazione del bando di gara per l’appal-

(56) Corte dei Conti, Sez. II, 19 giugno 1996, n. 36/96/A, in Sett. giur., 1997, pag. 399, citata da ITALIA,Polizze, l’ente non paga per gli amministratori, in Il Sole 24 Ore, 1997, n. 294; Id., Sez, I, centr. 11 maggio1999, n. 134, da MIELE, La previsione sottostimata è ripagata con interessi dalla Giunta , ivi , 1999, n. 285.(57) Corte dei Conti, Sicilia, 27 novembre 1997, n. 335, in Sett. giur., 1997, IV, pag. 53, citata da ITA-LIA, Disco rosso all’accesso: un termine per i ricorsi, in Il Sole 24 Ore, 1998, n. 94.(58) Corte dei Conti, Sardegna, 18 marzo 1999, n. 170/EL/R, citata da MIELE, Il Sindaco deve pagarela parcella del progetto rimasto sulla carta, in Il Sole 24 Ore, 1999, n. 264; Corte dei Conti, sez. II centr. 10gennaio 2001, n. 18/A, in Nuova rass., 2002, pag. 737.(59) Corte dei Conti, II, 12 aprile 1999, n. 112, in Sett. giur., 1999, IV, pag. 202, citata da ITALIA, Le pro-messe di tangenti sanzionabili dai giudici, in Il Sole 24 Ore, 1999, n. 346. Va per contro esclusa la respon-sabilità quando non vi sia prova che l’illecita percezione di somme abbia comportato conseguenzenei rapporti tra la ditta e l’amministrazione (nel senso che quest’ultima si sia impegnata in contrattio abbia posto in essere attività in favore dell’altra) e, in particolare, che abbia determinato la maggio-razione del prezzo di appalto (Corte dei Conti, sez, III app., 12 febbraio 2004, n. 121, in Foro amm.CDS, 2004, pag. 58).(60) Corte dei Conti, Molise, 31 marzo 2000, n. 29, citata da MIELE, L’assenteista risarcisce il danno an-che per il disagio al cittadino, in Il Sole 24 Ore, 2000, n. 117; parimenti, allorchè il servizio che dovrebbeessere reso o prodotto da parte di un impiegato non viene prodotto o è prodotto male, si determinaun danno, che l’autore del disservizio deve risarcire (Id., Umbria, 31 luglio 2000, n. 424, in Sett. giur.,2000, IV, pag. 527, citata da ITALIA, Gli impiegati pagano il danno da disservizio, in Il Sole 24 Ore, 2000,n. 333.(61) Corte dei Conti, Sicilia, 25 ottobre 2000, n. 225, da MIELE, Il tecnico comunale paga le spese per laripubblicazione del bando, in Il Sole 24 Ore, 2000, n. 78.

(segue)

(continua)

In pratica, sono soggetti alla responsabilità di natura contabile coloro che riscuotonoentrate od effettuano pagamenti degli enti pubblici o hanno in custodia beni degli en-ti stessi e coloro che si ingeriscono illegittimamente nell’effettuazione delle operazio-ni sopra indicate (contabili di fatto).Nei confronti degli agenti contabili trova applicazione un duplice giudizio: quello diconto e quello di responsabilità contabile. Sono soggetti al giudizio di conto, procedimento necessario, tutti gli agenti contabi-li al termine della loro gestione, con la presentazione del conto giudiziale, procedi-

MANUALE DEL CONSIGLIERE 334

to di un’opera pubblica, rende necessaria la ripubblicazione del bando stesso,le maggiori spese sostenute a tal fine dall’ente vanno risarcite dal tecnico chericopre l’incarico di responsabile unico in materia di lavori pubblici61.Disporre il pagamento dei lavori senza avere preliminarmente controllato l’ef-fettiva esecuzione dei lavori stessi può comportare l’obbligo per il funzionariotenuto a tale accertamento di risarcire le somme indebitamente pagate dall’en-te locale, mentre nessuna colpa è ravvisabile negli amministratori che in buonafede abbiano deliberato il pagamento sulla base delle fatture vistate dal funzio-nario62.È ravvisabile il danno ingiusto nel comportamento doloso di un impiegato cheabbia conseguito l’impiego con falsi titoli di studio63;Sussiste la responsabilità di un messo notificatore per i danni causati all’ammi-nistrazione finanziaria dalla mancata notifica di un atto di accertamento64;Esiste la responsabilità degli amministratori che abbiano deliberato il ricorso inopposizione ad un decreto ingiuntivo relativo ad una pretesa creditoria la cuifondatezza poteva essere desunta da un semplice riscontro contabile, esponen-do l’ente a ulteriori oneri per interessi e spese processuali65;Sussiste la responsabilità di una Giunta per aver deliberato l’autorizzazione aduna prestazione lavorativa per un numero di ore inferiori a quello stabilito dalCCNL66.

(62) Corte dei Conti, Sicilia, citata da MIELE, Il pagamento senza controllo costa caro a chi vista le fattu-re, in Il Sole 24 Ore, 2001, n. 23.(63) Corte dei Conti, sez, II centr. 12 gennaio 2001, n. 21/A, in Nuova rass., 2002, pag. 737.(64) Corte dei Conti, Abruzzo, 29 ottobre 2002, n. 766, in Nuova rass., 2003, pag. 1912.(65) Corte dei Conti, sez. II, app. 5 dicembre 2002, n. 358, in Foro amm. CDS, 2002, pag. 3292.(66) Corte dei Conti, Sicilia, app. 26 aprile 2003, n. 70, in Foro amm. CD S, 2003, pag. 1729.

16.7. La responsabilità contabile

L’art. 93, comma 2, D. Lgs. 267 del 2000. dispone che debbono rendere il contodella loro gestione e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei Conti, se-condo le norme e le procedure previste dalle leggi vigenti:

- il tesoriere;- ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia in-

caricato della gestione di beni degli enti locali;- nonché coloro che si ingeriscano negli incarichi attribuiti a detti enti.

mento che può concludersi o con il decreto di discarico o con l’apertura della fase con-tenziosa, con eventuale discarico o condanna.Riguardo agli agenti contabili degli enti locali, il comma 3, dell’art. 93 dispone che es-si non sono tenuti alla trasmissione della documentazione occorrente per il giudiziodi conto, a meno che tale richiesta non provenga dalla sezione regionale della Cortedei Conti; ne consegue che il giudizio sui conti resi dagli agenti contabili degli enti lo-cali dovrebbe iniziare “esclusivamente su attivazione del Procuratore regionale e me-diante decreto della sezione (regionale) della Corte, ai sensi dell’art. 45, secondo com-ma del t.u. 1214/1934, notificato agli agenti contabili con la fissazione di un termineper la presentazione dei conti stessi”67. Oltre al giudizio di conto, gli agenti contabili possono essere assoggettati alla respon-sabilità contabile, ogni qual volta si individui un danno del patrimonio pubblico te-nuto e gestito dagli stessi. Questo giudizio, che si differenzia da quello che dà luogoalla responsabilità amministrativa, può originare sia da autonomo atto di iniziativadel Procuratore della Corte dei Conti, sia dalle risultanze del giudizio necessario diconto68.Il giudizio per responsabilità contabile si caratterizza per tre peculiarità: la prima,consistente nell’inversione dell’onere della prova, nel senso che è lo stesso agente chedeve provare che il danno erariale è stato determinato da causa di forza maggiore oda un evento a lui non imputabile; la seconda, consistente nella non ripartibilità deldanno fra i corresponsabili in relazione al grado di colpa di ciascuno, in quanto la re-sponsabilità grava per intero su tutti, in solido; non trova applicazione, di regola, ilpotere riduttivo.Il principio dell’estensione agli eredi della responsabilità del loro dante causa quan-do ne abbiano tratto profitto, trova applicazione anche nei confronti della responsa-bilità contabile.69

16.8.1. Definizione

16.8. LE SPESE DI RAPPRESENTANZA335LA

RESPONSABILITÀ

16.8. Le spese di rappresentanza

In base agli orientamenti della giurisprudenza della Corte dei Conti, si è per-venuti ad individuare i requisiti che debbono possedere le spese di rappresen-tanza, affinché siano ritenute legittime. Si tratta dei seguenti requisiti70:

- preventiva limitazione con atto regolamentare, o comunque a carattere ge-nerale, dei criteri di spesa;

- finalizzazione di tali spese alla diretta soddisfazione di un pubblico interes-se, compreso quello di accrescere l’immagine dell’ente verso l’esterno;

- le spese di rappresentanza, per non dare luogo a responsabilità dell’ammi-nistratore, non devono essere nè di mera liberalità, nè andare a diretto edesclusivo beneficio di pubblici dipendenti o di loro familiari;

- le suddette spese devono formare specifico oggetto di appositi provvedi-menti autorizzativi.

(67) MELE, in AA.VV. Lo snellimento dell’attività amministrativa, Milano, 1997, pag. 337.(68) PERULLI, op. cit., pag. 21.(69) Corte dei Conti, Sez. riun., 11 dicembre 1996, n. 74/A, in Foro amm., 1997, pag. 2165.(70) Come delineati da PERULLI, La responsabilità civile, penale, amministrativa degli amministratori pub-blici, Milano, 1995, pag. 103.

Pertanto, le spese di rappresentanza, oltre a rispondere alla finalità di offrire una “de-corosa immagine dell’ente”, debbono essere sostenute in occasioni rappresentative(come una visita del Capo dello Stato, un anniversario rilevante), alle quali partecipi-no organi dotati di carattere rappresentativo. Per tali motivi, si è negato che possanorientrare nelle spese di rappresentanza quelle concernenti i pacchi natalizi, gli omag-gi per promozioni, regali di nozze, medaglie di anzianità ai dipendenti71. Si è pure negata la legittimità di spesa per pranzi di lavoro72 o rinfreschi in favore diamministratori o dipendenti (ma si è riconosciuta la legittimità della spesa di consu-mazioni per componenti di organi collegiali, rivolte a consentire la prosecuzione deilavori oltre l’orario di ufficio). Con l’art. 1, comma 10, della l. 23 dicembre 2005, n. 266 (l. finanziaria per il 2006) sidispone che a decorrere dall’anno 2006 le pubbliche amministrazioni non possono ef-fettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresen-tanza, per un ammontare superiore al 40 per cento della spesa sostenuta nell’anno2004 per le medesime finalità.

16.8.2. Casistica

MANUALE DEL CONSIGLIERE 336

Orientamenti di giurisprudenzaÈ stato deciso che le spese di rappresentanza, ai fini della loro erogazione, deb-bono essere finalizzate direttamente al pubblico interesse di cui l’ente è porta-tore (previa determinazione in bilancio del limite finanziario entro cui tale in-teresse può essere soddisfatto); pertanto, non sono riconducibili legittimamen-te alla categoria delle spese di rappresentanza, quelle che si risolvono in atti dimera liberalità o che sono destinate a beneficio personale dei dipendenti e/oamministratori dell’ente73; l’elargizione di regali ai consiglieri e agli assessori afine mandato74.

(71) Pertanto, costituisce danno per l’ente locale, del quale debbono essere ritenuti responsabili gliamministratori le spese che, pur qualificate “di rappresentanza”, non sono riconducibili all’esigenzadell’ente di manifestarsi all’esterno, come nel caso di pranzi, colazioni di lavoro, omaggi e pacchi na-talizi per i dipendenti, colazioni offerte ai funzionari del Ministero vigilante, nonché spese di rappre-sentanza genericamente indicate, senza specificazioni atte a comprovare la legittimità del relativoesborso (Corte dei Conti, Sez., I, 2 aprile 1993, n. 38, in Riv. Corte dei Conti, 1993, n. 2, pag. 75).(72) Sono state ritenute anche non conformi alla legge le spese sostenute per pranzi di componentidi commissioni di collaudi e concorsi (SOMMOVIGO, Attuali profili della responsabilità amministrativae contabile di amministratori e dipendenti, in Nuova rass., 1997, pag. 934); specie qualora si tratti di pub-blici dipendenti, che hanno diritto per l’espletamento dei compiti loro affidati a retribuzioni, ovve-ro, alle indennità di missione (Corte dei Conti, Sez. I, 18 settembre 1989, n. 351, in Riv. Corte dei Con-ti , 1989, n. 5, pag. 57, da PERULLI, op. cit., pag. 105).(73) Corte dei Conti, Sez. I, 15 giugno 1992, n. 149, in Riv. Corte dei Conti, 1992, n. 3, pag. 62, citata daPERULLI, op. cit., pag. 104; Id., Lazio, 5 gennaio 1998, n. 20, in Sett. giur., 1998, IV, pag. 98, annotatada ITALIA, Sì al voto “assistito” ma occorre vigilanza, in Il Sole 24 Ore, 1998, n. 120, con riguardo a pac-chi dono natalizi a beneficio del personale; Id., I, 20 aprile 1998, n. 105, in Sett. giur., 1998, IV, pag.225, da ITALIA, Il regalo è danno erariale, in Il Sole 24 Ore, 1998, n. 252, in tema di acquisto di borse dirilevante valore da distribuire agli amministratori ed ai dirigenti; cfr., in terminis, TAR Marche, 2 set-tembre 1997, n. 751, in TAR, 1997, I, pag. 4041, che ha ritenuto legittima la decisione del Comitato dicontrollo di annullamento della deliberazione della Giunta provinciale che acquista borse da asse-gnare agli assessori e ai capi gruppo, non trattandosi di spesa attinente a servizi di pubblica utilità.(74) Corte dei Conti, Umbria, 30 marzo 2000, n. 160, da MIELE, Dono all’assessore in scadenza non è spe-sa di rappresentanza, in Il Sole 24 Ore, 2000, n. 213.

(segue)

16.8. LE SPESE DI RAPPRESENTANZA337LA

RESPONSABILITÀ

Per una corretta nozione delle spese di rappresentanza, che hanno carattere ec-cezionale rispetto all’ordinaria attività amministrativa di spesa, ed in funzionedella preclusione di ogni forma di responsabilità degli amministratori ordina-ri, occorre precisare che le dette spese debbono essere ordinate dagli organi isti-tuzionalmente rappresentativi, per lo più posti al vertice dell’ente, in occasio-ne di cerimonie o di rapporti di carattere ufficiale e nei confronti di soggettiesterni particolarmente qualificati e debbono infine essere adeguatamente mo-tivate e documentate per consentire un appropriato controllo della loro confor-mità a legge75.In materia di sponsorizzazione è stata, da una lato, riconosciuta la facoltà perogni ente pubblico territoriale di stipulare contratti di sponsorizzazione di sin-gole manifestazioni sportive a carattere episodico e limitato nel tempo, esclu-dendo che l’ente possa stipulare un contratto di sponsorizzazione di una squa-dra sportiva che partecipi in modo continuativo a gare agonistiche76. Per contro, è stato affermato che non sussiste alcuna responsabilità per i com-ponenti della Giunta comunale che hanno deliberato di erogare dei contributialla squadra di calcio della città, in quanto l’attività calcistica professionisticacomporta indiscussi effetti promozionali di varie attività economiche e produt-tive della città in cui essa viene svolta e poichè la situazione finanziaria dell’en-te locale non è dissestata77.Le spese per la pubblicazione di un necrologio, effettuate dagli amministrato-ri di un ente pubblico (nella specie Unità sanitaria locale) esulano dalle finalitàistituzionali dell’ente, e comportano quindi la responsabilità, per danno eraria-le, degli amministratori che le hanno deliberate78.Sono stati considerati esenti da responsabilità amministrativa i componentidella Giunta municipale che abbiano disposto l’invio in missione della squa-dra calcistica dei vigili urbani al campionato di calcio della Polizia municipale,intendendosi tale partecipazione al torneo, come esplicazione dell’attività dirappresentanza dell’ente locale, per cui alla relativa spesa va annesso caratteredi utilità pubblica79.Non sussiste responsabilità amministrativa a carico dei componenti la Giuntacomunale, che inviarono in missione alcuni dipendenti comunali a New Yorkper partecipare alla maratona internazionale, atteso che nella fattispecie sussi-stono l’interesse locale e l’utilità pubblica della spesa, finalizzata anche a con-seguire effetti di ordine immateriale, quali il tenere alta l’attenzione del mondosu Palermo, a stimolare la fattiva collaborazione internazionale per la soluzio-ne dei suoi problemi e a comunicare - insieme al bisogno di riscatto da un pas-sato certamente negativo - l’immagine di una città che vuole avviarsi verso unordinato e ordinario sviluppo civile80.

(75) Corte dei Conti, Sez. II, 18 luglio 1990, n. 234, in Foro amm., pag. 1991.(76) Cons. giust. amm. sic., 28 aprile 1997, n. 35, in Sett. giur., 1997, I, pag. 259, citata da ITALIA, Sìagli sponsor purchè occasionali , in Il Sole 24 Ore, 1997, n. 252.(77) Corte dei Conti, II, 29 luglio, n. 118, in Sett. giur., 1997, pag. 454, citata da ITALIA, Compensi ex-tra: disco verde, in Il Sole 24 Ore, 1998, n. 39.(78) Corte dei Conti, Sicilia, 16 maggio 1996, n. 95, in Sett. giur., 1996, pag. 410, citata da ITALIA, Se-gretari: limiti alle responsabilità, in Il Sole 24 Ore, 1997, n. 273.(79) Cons. giust. amm. sic., 8 settembre 1992, n. 190, in Riv. giur. pol. locale, 1993, pag. 465, da PERUL-LI, op. cit., pag. 104.(80) Corte dei Conti, Sicilia, 9 dicembre 1993, n. 165, in Giur. amm. sic., 1993, 801, da PERULLI, op. cit.,pag. 107.

(segue)

(continua)

16.9.1. Le spese per l’organizzazione

Qualora l’organizzazione e la partecipazione a manifestazioni non rivestano tali ca-ratteristiche, occorre distinguere tra “organizzazione” e “partecipazione” a detti con-vegni. In riferimento all’organizzazione di convegni, mostre, fiere, manifestazioni, ecc. è sta-to sostenuto che debbono osservarsi i seguenti criteri83:

- l’iniziativa deve rientrare tra le finalità istituzionali dell’ente locale, in relazioneal tema della manifestazione ed alle caratteristiche proprie dell’ente locale;

- l’erogazione della relativa spesa (sovente sotto forma di contributo) non deve ri-sultare inutile per l’ente locale, dovendo essere finalizzata alla promozione cultu-rale, turistica o di altri aspetti peculiari della comunità locale. Pertanto, non è suf-ficiente il carattere dell’iniziativa, essendo indubbio che qualsiasi manifestazioneculturale potrebbe rientrare, in astratto, tra le finalità di Comuni e Province, maoccorre che il tema dell’iniziativa abbia stretta attinenza con le finalità e gli inte-ressi dell’ente locale in uno specifico settore dell’ente (edilizia, gestione del terri-torio, turismo, tutela del paesaggio, artigianato, patrimonio storico, occupazione,servizi sociali, ecc.), o che comunque non esuli dalle sue finalità istituzionali;

MANUALE DEL CONSIGLIERE 338

È stata esclusa la responsabilità amministrativa per danno degli amministrato-ri dell’ente locale che, nell’ambito delle consuetudini locali, dispongono spesevarie di rappresentanza - di importo peraltro congruo - nell’incolpevole con-vincimento di compiere atti che non esulano dalla sfera di competenza del Co-mune, di agire nell’interesse della popolazione amministrata e ritenendo, altre-sì, di erogare spese dirette a sostenere o a promuovere servizi o uffici di pub-blica utilità81. Riguardo ai gemellaggi, la Corte dei Conti ha ritenuto ammissibile la spesa peressi, anche con enti di nazioni diverse, a condizione che rispondano ad un in-teresse diffuso della comunità comunale e se la visita della delegazione nel Co-mune gemellato consenta il contatto diretto fra popolazioni lontane e lo svilup-po di scambi culturali con possibili riflessi di carattere economico e turistico82.

(continua)

16.9. Le spese per l’organizzazione e partecipazione a convegni mostre, manifestazioni

In tema partecipazione degli amministratori degli enti locali a convegni, semi-nari, mostre, manifestazioni abbiamo esaminato la possibilità per gli ammini-stratori degli enti locali di recarsi in missione per la partecipazione “alle associa-zioni internazionali, nazionali e regionali tra enti locali” (art. 85 D. Lgs. 267 del2000, su cui ved. retro, 3.28), ossia per prendere parte ad attività che rientranotra quelle peculiari allo “svolgimento del mandato”.

(81) Corte dei Conti, Sez. I, 15 giugno 1987, n. 96, in Riv. Corte dei Conti, 1987, 1131, da PERULLI, op.cit., pag. 106. (82) VIRGA, Preclusa alla Corte dei Conti la sindacabilità nel merito delle scelte discrezionali , in Nuova rass.,1997, pag. 10.(83) Secondo l’elencazione di MIELE, Sì ai fondi per i convegni, in Il Sole 24 Ore, 1997, n.308.

- l’erogazione non deve assumere i connotati della illiceità, nel senso che non devecostituire, attraverso il pretesto dell’iniziativa culturale, un mezzo per distribuire,senza giusta causa, risorse pubbliche ad altri soggetti pubblici o privati.

16.9.2. Le spese per la partecipazione

In particolare, il giudizio relativo alla responsabilità degli amministratori che autoriz-zano la spesa, deve avere, come validi presupposti:

- una valutazione di rispondenza diretta dell’oggetto del convegno sia ai compiti ofunzioni dell’ente o struttura pubblica, sia ai compiti e competenze dei soggettiche, per essi, operano;

- l’esame dell’eventuale condizionamento che - in una struttura organizzativa arti-colata in vari centri operativi autonomi - tale articolazione possa comportare nel-la determinazione della rilevanza effettiva degli interessi, per cui va individuatala funzione assegnata dalla legge all’articolazione stessa, distinguendo l’ipotesi dienti dotati di autonomia da quelli di pluralità di centri che debbano solo porre inessere attività e portare servizi;

- il raffronto tra l’eventuale utilità derivante all’ente o struttura pubblica, dalla par-tecipazione al convegno e quella di altre spese da sostenere ove una scelta risultinecessaria, al fine di conservare l’equilibrio della gestione o di non aggravare losquilibrio già esistente, con conseguente esame dell’importo medesimo ai fini diuna valutazione di congruità84.

16.9.3. Casistica

16.9. SPESE PER L’ORGANIZZAZIONE E PARTECIPAZIONE A EVENTI339LA

RESPONSABILITÀ

Relativamente alla partecipazione degli amministratori (e dei dipendenti) aconvegni, mostre, manifestazioni, si richiamano, di regola, i principi, sopraelencati, in ordine alla rilevanza ed alla utilità della manifestazione.

(84) Corte dei Conti, Sez. I, 22 maggio 1989, n. 174, in Foro amm., 1989, n. 10, citata da PERULLI, op.cit., pag. 106.

Orientamenti di giurisprudenzaSulla base degli orientamenti della Corte dei Conti, è dato rilevare quanto se-gue:

- in materia di viaggi all’estero di pubblici amministratori e dipendenti, perla partecipazione a congressi o convegni, compete al giudice contabile, in se-de di giudizio di responsabilità a carico degli amministratori che abbiano di-sposto l’invio in missione, valutare i fatti di gestione che conseguono alle re-lative decisioni discrezionali assunte da essi amministratori, assumendo aparametro di giudizio il rispetto non solo delle prescritte regole giuridiche,ma anche del principio di razionalità amministrativa; ne consegue che, per-ché possa affermarsi la legittimità della spesa, è necessario che concorrano:a) l’attinenza diretta dei temi oggetto del congresso, convegno ed iniziativeanaloghe con gli scopi istituzionali dell’ente; b) la compatibilità della spesastessa con la situazione finanziaria del medesimo secondo i principi di eco-nomicità e di congruità del mezzo al fine; c) la comprovata idoneità dei par-

(segue)

MANUALE DEL CONSIGLIERE 340

tecipanti a recepire al massimo le indicazioni emergenti dal convegno rielabo-randole in relazione alle componenti tipiche della propria cultura professiona-le per finalità applicative di concreto ed immediato interesse dell’ente85;

- non costituiscono danno e non debbono essere rifuse le spese sostenute dal-l’ente per la partecipazione di amministratori e dipendenti a convegni indet-ti per l’approfondimento di tematiche connesse alle attribuzioni dello stessoente86;

- non è ravvisabile, con giudizio ex ante, quale necessariamente deve esseredato, una evidente irrazionalità, che sola consente di censurare e di perse-guire in sede di responsabilità amministrativa, l’attività discrezionale sulcomportamento degli amministratori e consiglieri della Provincia di Roma,per l’organizzazione di viaggi e soggiorni di studio all’estero, a favore dei fi-gli dei dipendenti, in presenza, tra l’altro di idonei stanziamenti di bilan-cio87;

- è legittimo il contributo erogato da un Comune per la partecipazione di unadelegazione, presieduta dal Sindaco, alle iniziative per il festeggiamento delcentenario di una città brasiliana fondata da concittadini emigrati all’iniziodel secolo scorso88;

- è stato ritenuto legittimo il comportamento degli amministratori e dei consi-glieri di una Provincia che hanno deliberato la partecipazione dell’ente aduna manifestazione fieristica artigiana, in quanto, pur in assenza di una spe-cifica competenza in materia, “la Provincia costituisce un ente locale concompetenze potenzialmente rappresentative della generalità degli interessisociali, economici e culturali delle comunità amministrate”89.

16.10 Le spese per l’affidamento di incarichi

Per giustificare le spese sostenute dall’ente per l’affidamento di incarichi aprofessionisti esterni o ad imprese specializzate è necessario dimostrare l’asso-luta impossibilità per le strutture interne dell’ente o per i funzionari in serviziodi effettuare le prestazioni rese dai professionisti esterni90.

(85) Corte dei Conti, Sez. II, 13 novembre 1992, n. 525, in Riv. Corte dei Conti, 1992, n. 2, pag. 77, daPERULLI, op. cit., pag. 107.(86) Corte dei Conti, Sardegna, 16 gennaio 1993, n. 290, in Riv. giur. sarda , 1993, pag. 847, da PERUL-LI, op. loc. ult. cit. (87) Corte dei Conti, Sez. riun., 3 giugno 1996, in Foro amm. , 1997, pag. 310.(88) Corte dei Conti, Sez. II, 24 novembre 1997, n. 226, in Sett. giur., 1997, pag. 570, citata da ITALIA,Posti per l’opposizione: “alt” alla maggioranza, in Il Sole 24 Ore, 1998, n. 88.(89) Corte dei Conti, Sez. riun., 22 dicembre 1997, n. 82, in Sett. giur., 1997, IV, pag. 21, citata da ITA-LIA, Fiera artigiana: sì alle Province, in Il Sole 24 Ore, 1998, n. 107.(90) Corte dei Conti, Sicilia, 6 settembre 1995, n. 302, in Sett. giur., 1995, IV, pag. 480, citata da VIR-GA, op. ult. cit., pag. 11; Id., Emilia-Romagna, 10 febbraio 1997, n. 122, in Foro amm., 1997, pag. 1839,che ha ritenuto responsabili i componenti del Consiglio comunale del danno derivante dall’affida-mento dell’incarico all’avvocato di fiducia del Comune, relativo ad attività prettamente amministra-tiva e di supporto all’esecutore testamentario per gli adempimenti conseguenti all’accettazione diun’eredità a favore dell’ente, attività che poteva essere svolta dai dipendenti comunali. Cfr. CARNE

Resta ferma, anche in questo settore, la necessità di accertare nelle singole fattispeciela razionalità della scelta amministrativa, in rapporto ai parametri che debbono ispi-rare l’esercizio del potere discrezionale91. In merito all’attività di consulenza, è richiesto, inoltre, che l’incarico debba compor-tare la risoluzione di problemi di particolare complessità, eccedenti le normali com-petenze dei dipendenti dell’amministrazione e che debba trattarsi di attività di tipotemporaneo e non continuativo92.Si citano i seguenti esempi pratici93:

- integra un’ipotesi di danno all’erario il conferimento ad estraneo all’ente pubbli-co di un incarico che, per la sua natura e caratteristiche, poteva essere espletato dalpersonale dell’ente medesimo, tenuto conto dell’assenza di situazioni di carenzadi organico (nella specie, l’incarico conferito aveva ad oggetto una consulenza acontenuto amministrativo-organizzatorio, nonché la cura delle relazioni tra l’entee le amministrazioni locali)94;

- in materia di responsabilità amministrativa per danno di amministratori di entelocale, il divieto, per l’ente medesimo, di conferire incarichi professionali ad unproprio dipendente e di erogare compensi aggiuntivi allo stipendio non è assolu-to e può essere derogato qualora: 1) si debbano soddisfare esigenze di carattereepisodico e straordinario; 2) l’incarico esorbiti dai compiti del dipendente; 3) nonesistano appositi uffici per l’espletamento dell’attività; 4) esso sia compatibile conil disbrigo delle ordinarie attività di ufficio.

Pur in presenza di un incarico avvenuto in assenza dei presupposti di legge, deve te-nersi conto, nella valutazione della responsabilità, anche del vantaggio economicoconseguito dall’amministrazione per l’espletamento dell’incarico95.La L. 30 dicembre 2004, n. 311 (l. finanziaria per il 2005) ha stabilito che, fermo restan-do che, ai sensi dell’art. 1, comma 11, della stessa l. 311 del 2004, la spesa annua perstudi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione so-stenuta per ciascuno degli anni 2005, 2008 e 2007 dalle pubbliche amministrazioninon deve essere superiore a quella sostenuta nell’anno 2004, l’affidamento da partedegli enti locali di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggettiestranei all’amministrazione, deve essere adeguatamente motivato con specifico rife-rimento all’assenza di strutture organizzative o professionalità interne all’ente in gra-do di assicurare i medesimi servizi, ad esclusione degli incarichi conferiti ai sensi del-la legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni (ora, codice dei contratti:D.Lgs. 1633 del 2006). In ogni caso l’atto di affidamento di incarichi e consulenze de-ve essere corredato della valutazione dell’organo di revisione economico-finanziariadell’ente locale e deve essere trasmesso alla Corte dei conti. L’affidamento di incari-chi in difformità dalle presenti previsioni costituisce illecito disciplinare e determina

16.10. LE SPESE PER L’AFFIDAMENTO DI INCARICHI341LA

RESPONSABILITÀ

VALE, Brevi considerazioni circa la scelta, la nomina e l’utilizzo dei consulenti esterni nelle pubbliche ammi-nistrazioni, ed, in particolare, nei Comuni, in TAR,2001, II, pag. 617.(91) Corte dei Conti, Campania, 8 agosto 1996, n. 63, in Foro amm., 1997, pag. 955.(92) Corte dei Conti, Toscana, 18 dicembre 1996, n. 641, in Foro amm., 1997, pag. 1542, che ha ritenu-to illegittimo il conferimento d’incarico a professionista esterno all’ufficio comunale al quale sianostate conferite le funzioni di addetto stampa, in quanto l’ufficio stampa, sostanziandosi nella funzio-ne di comunicazione all’esterno dell’attività istituzionale dell’ente pubblico, risponde ad esigenze dicarattere continuativo e deve, quindi, rientrare nella previsione organizzativa del soggetto alla cuiattività esso attiene. (93) Tratti da PERULLI, op. cit., pag. 108 e segg.(94) Corte dei Conti, Sez. I, 25 maggio 1993, n. 85, in Riv. Corte dei Conti, 1993, n. 3, pag. 75.(95) Corte dei Conti, Sez. app. Sicilia, 9 maggio 2001, n. 84.

responsabilità erariale. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano agli en-ti con popolazione superiore a 5.000 abitanti (art. 1, comma 42, l. 311/ del 2004).Con l’art. 3, comma 54, della l. 244 del 2007, si dispone che gli enti locali possano sti-pulare contratti di collaborazione autonoma, indipendentemente dall’oggetto dellaprestazione, solo con riferimento alle attività istituzionali stabilite dalla legge o previ-ste nel programma approvato dal Consiglio ai sensi dell’art. 42, comma 2, del D. Lgs.267 del 2000.Si stabilisce, inoltre, che le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collabora-tori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso,sono tenute a pubblicare sul proprio sito web i relativi provvedimenti completi di in-dicazione dei soggetti percettori, della ragione dell’incarico e dell’ammontare eroga-to. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gli incarichidi collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito discipli-nare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto. Copia degli elenchi ètrasmessa semestralmente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimentodella funzione pubblica (art. 1, comma 127 della l. 262 del 1996, come modificato dal-l’art. 3, comma 54, della l. 244 del 2007).

MANUALE DEL CONSIGLIERE 342

Indice analitico(Il primo numero indica il capitolo, il secondo il paragrafo, il terzo il sottoparagrafo, il quarto il sotto-sottoparagrafo)

ACCESSO (diritto di accesso del consi-gliere)- a copia registrazione sedute, 14.4- a notizie e informazioni, 15.7- a prendere visione di atti, 15.8

ACQUISTI E ALIENAZIONI IMMOBI-LIARI, 6.35

ADUNANZA- convocazione, 11.3- di seconda convocazione, 12.4- discussione, 13.4- gettone di presenza, 15.18- numero legale, 13.1- poteri del Presidente, 9.5- prima - del Consiglio, Cap. X- pubblica, 13.3- segreta, 13.3- verbale dell’-, Cap. XIV

APPALTI E CONCESSIONI, 6.35.2

APPALTO PUBBLICO DI SERVIZI, 6.28

ASPETTATIVA- collocamento in -, 15.17

ASSICURAZIONE- contro i rischi, 15.28

ASTENSIONE, 13.6- obbligatoria, 13.6.1- allontanamento dall’aula, 13.6.4

ATTI FONDAMENTALI, 6.1

AVVISO DI CONVOCAZIONE- compilazione, 12.1.- consegna, 12.3- contenuto, 12.1(vedi, anche, CONVOCAZIONE CON-SIGLIO)

AUTONOMIA ORGANIZZATIVA EFUNZIONALE, Cap. VIII

AZIENDE SPECIALI- costituzione, 6.24.1- indirizzi del Consiglio com., 4.4- organi, 6.24.2- statuto, 6.3- trasformazione in s.p.a., 6.24.4

AZIONARIATO COMUNALE, 6.26

BALLOTTAGGIO- Comuni con meno 15.000 ab., 1.12.2- Comuni con più 15.000 ab., 1.12.2- nelle Province, 1.12.3

BILANCIO- approvazione, 6.7.1 - mancata -, 3.12- pluriennale, 6.7.1- variazioni di-, 6.7.2

BROGLIACCIO, 14.1

BUONA FEDE- esclusione della responsabilità, 16.5.3

B

A

CANDIDATURA- accettazione, 1.1- ammissione, 1.7- requisiti, 1.1- rinuncia alla -, 1.8

CIRCOSCRIZIONI, 6.19

COMMISSARIO GOVERNATIVO, 3.13

COMMISSARIO LIQUIDATORE, 3.16

COMMISSIONE ELETTORALE CIR-CONDARIALE- controllo candidature, 1.10.1

COMMISSIONE ELETTORALE CO-MUNALE- elezione, 10.1

COMMISSIONE LIQUIDATRICE, 3.16

COMMISSIONE STRAORDINARIA,3.14

COMMISSIONI CONSILIARI PERMA-NENTI, 8.8

COMMISSIONI DI INCHIESTA, 5.3.2

COMMISSIONI DI INDAGINE, 5.3.2

COMUNITÀ MONTANE, 6.16

CONCESSIONE- a terzi di pubb. servizi, 6.25- in uso di beni demaniali, 6.35- in uso di beni patrimoniali, 6.35

CONSIGLIERE ANZIANO, 2.3- presidenza Consiglio, 10.3.2

CONSIGLIERE COMUNALE, - accesso (diritto di-), 15.7, 15.8- anziano (vedi voce)- assicurazione, 15.20- autenticazione sottoscrizioni, 1.8- cause di cessazione carica di -, Cap. III- concorso nella convocazione Consi-

glio, 11.4

- decadenza dalla carica di -, 3.21- delegato, 2.5- dimissioni, 3.23.3- divieto di trasferimento, 15.29- entrata in carica, 2.1- fatto personale, 15,6- impugnazione deliberazioni, 15.30- gettone di presenza, 15.18- interpellanze, 15.4- interrogazioni, 15.3- morte, 3.23.1- mozioni, 15.5- nei gruppi consiliari, 2.4- nelle Commissioni permanenti, 8.8- responsabilità (vedi voce)- rimozione, 3.20- situazione patrimoniale, 15.35- sospensione, 3.22

CONSIGLIERE DELEGATO, 2.5

CONSIGLIERE DI OPPOSIZIONE, 2.6- forme di tutela, 2.6.2- forme di partecipazione, 2.6.3- individuazione, 2.6.1

CONSIGLIO COMUNALE E PROVIN-CIALE- atti fondamentali, 6.1- attribuzioni, Cap. VI- elezione- nei Comuni con meno 15.000 ab., 1.12.1- nei Comuni con più 15.000 ab., 1.12.2- nelle Province, 1.12.3- presidenza del -, 9.1, 2.2, 9.3- scioglimento, 3.2-3-19- servizi attrezzature, risorse, 8.2, 8.3, 8.4- sospensione, 3.13- sospensione sedute, 9.6.3(vedi, anche: ADUNANZA; CONVO-CAZIONE CONSIGLIO; PRESIDENTECONSIGLIO)

CONSORZI, 6.14

CONSUNTIVO, 6.8

CONTROLLO (funzione di)- politico-amministrativo, Cap. V

CONVALIDA DEGLI ELETTI- natura giuridica, 10.4.1

C

MANUALE DEL SINDACO 344

- oggetto della-, 10.5- quorum per adunanza e votazione,

10.4.2- surrogazione Consiglio inadempiente,

10.6

CONVENZIONE- affidamento attività o servizi, 6.27- tra enti locali, 6.13

CONVOCAZIONE CONSIGLIO - alla prima adunanza, 10.2- dal quinto dei consiglieri, 11.4- da parte della Regione, 11.7- da parte Prefetto, 11.6- da parte Presidente del Cons. 11.3- seconda convocazione, 12.4- su richiesta del Sindaco o Presidente

Prov., 15.5(vedi, anche, AVVISO DI CONVOCA-ZIONE)

DECADENZA- del consigliere, 3.21

DECENTRAMENTO- istituzione, 6.17

DELIBERAZIONI, 14.5- esecutività, 14.5.4- esecutorietà, 14.5.4- esclusione responsabilità, 16.5.5.2- immediata eseguibilità, 14.5.4- impugnazione da parte consiglieri,

15.30- pareri, 14.5.2- proposta di -, 14.5.1- pubblicazione, 14.5.3- requisiti, 14.5.2

DENOMINAZIONE FRAZIONI E BOR-GATE, 6.37

DICHIARAZIONE DI VOTO, 13.4

DIFENSORE CIVICO,- ineleggibilità a consigliere, 1.3

DIMISSIONI- del consigliere, 3.23.3- della metà più uno dei consiglieri, 3.10

DISSESTO FINANZIARIO, 3.16

DIVIETO DI, 5.29

DOVERI- del consigliere, 15.32-15.37

DURATA IN CARICA, 2.2- cessazione, Cap. III

ELEZIONE (Sindaco, Presidente dellaProvincia e Consigli)- annullamento, 3.3- contenzioso, 1.14- convocazione comizi, 1.11- fissazione data, 1.11- nei Comuni con meno 15.000 ab., 1.12.1- nei Comuni con più 15.000 ab., 1.12.2. nelle Province, 1.12.3- sistemi elettorali, 1.12

ENTRATA IN CARICA, 2.1

FATTO PRSONALE, 14.6

FUNZIONI FONDAMENTALI, 7.1- dei Comuni, 7.2- delle Città metropolitane, 7.4- delle Province, 7.3

GESTIONE PUBBLICI SERVIZI (vediPubblici servizi)

GETTONE DI PRESENZA, 15.18

GIUNTA COMUNALE- rapporti con il Sindaco, 4.1- regolamento su ordinamento uffici, 6.5

G

F

E

D

INDICE ANALITICO345

GRUPPI CONSILIARI, 2.4

INCANDIDABILITÀ- casistica, 1.3

INCARICHI PROFESSIONALI- responsabilità, 16.10

INCOMPATIBILITÀ- casistica, 1.5- rimozione, 1.6

INDIRIZZO (funzione di-)- criteri su ordinamento uffici, 6.12- linee programmatiche, 4.3- nei confronti aziende speciali, 4.4- per coordinamento orari, 4.6- per la nomina rappresentanti del Co-

mune, 4.5- politico-amministrativo, 4.2

INELEGGIBILITÀ- casistica, 1.3.2- rimozione, 1.4

INSINDACABILITÀ DELLE SCELTEAMMINISTRATIVE, 16.5.1

INTERPELLANZE, 15.4

INTERROGAZIONI, 15.3

ISPEZIONI, 5.3

ISTITUZIONE, 6.23

LISTA DI CANDIDATI- consistenza numerica, 1.9- presentazione, 1.9- sottoscrizione, 1.9

LOCAZIONI, 6.34

MESSO COMUNALE- consegna avviso di convocazione, 12.3

MOZIONE DI SFIDUCIA, 3.18

MOZIONE D’ORDINE, 13.4

MOZIONI, 15.5

MUNICIPI, 6.18

MUTUI, 6.32

NOMINE RAPPRESENTANTI DEL CO-MUNE- indirizzi del Consiglio com., 4.5

NUMERO LEGALE- per validità adunanze, 13.1- per validità votazioni, 13.7

ORDINAMENTO UFFICI E SERVIZI- competenza della Giunta, 6.5- criteri del Consiglio com., 6.12

ORDINE DEL GIORNO- della prima adunanza, 10.1- predisposizione, 11.2

PARERI- del Consiglio com., 6.11- dei funzionari, 14.5.2

PARTECIPAZIONE- organismi di -, 6.19

P

O

N

M

L

I

MANUALE DEL SINDACO 346

PERMESSI- agevolazioni per militari, 15.24- documentazione, 15.15- non retribuiti, 15.13- per partecipare alle adunanze Cons.,

15.9-15.12- per partecipare alle Commissioni per-

manenti, 15.13

PIANI DI LOTTIZZAZIONE, 6.10

PIANI DI ZONA PER L’EDILIZIA ECO-NOMICA E POPOLARE, 6.10

PIANI FINANZIARI, 6.9

PIANI PARTICOLAREGGIATI, 6.10

PIANI DI RECUPERO PATRIMONIOEDILIZIO ED URBANISTICO, 6.10

PIANO ESECUTIVO DI GESTIONE, 6.7

PIANO INSEDIAMENTI PRODUTTI-VI, 6.10

PIANO REGOLATORE, 6.10

PIANTA ORGANICA- del Consiglio, 8.5- determinazione, 6.5, 6.12

POLIZIA DELL’ADUNANZA, 9.6

PREFETTO- convocazione Consiglio com., 11.6- decreto convocazione ballottaggio,

1.12.2, 1.12.3- decreto convocazione comizi, 1.11- ricorso contro l’eleggibilità, 1.14.2- sospensione consiglieri, 3.22- sospensione Consiglio com., 3.13

PRESIDENTE DEL CONSIGLIO CO-MUNALE E PROVINCIALE- convocazione Consiglio, 10.2- direzione lavori Cons, 9.5- nella prima adunanza, 10.3- nei Comuni con meno 15.000 ab., 9.2- nei Comuni con più 15.000 ab., 9.3

- nelle Province, 9.3- predisposizione ordine del giorno,

10.1, 11.2- rappresentatività, 9.4

PRESTITI OBBLIGAZIONARI (BOC),6.33

PROCLAMAZIONE DEGLI ELETTI- Comuni con meno 15.000 ab., 1.12.1- Comuni con più 15.000 ab., 1.12.2- Province, 1.12.3- impugnazione verbale di -, 1.14.1.2

PROGRAMMA AMMINISTRATIVO- deposito, 1.13

PROGRAMMAZIONE, 6.6.2

PROGRAMMA ANNUALE E PLU-RIENNALE DI ATTUAZIONE, 6.10

PROGRAMMA DI FABBRICAZIONE,6.10

PROGRAMMI DI RIQUALIFICAZIO-NE URBANA, 6.10

PROGRAMMI INTEGRATI DI INTER-VENTO, 6.10

PROGRAMMI RECUPERO URBANO,6.10

PUBBLICAZIONE DELIBERAZIONI,14.5.3

PUBBLICI SERVIZI- azienda speciale (vedi voce)- concessione a terzi, 6.25- gestione diretta, 6.20- gestione in economia, 6.22- istituzione, 6.23- società per azioni, 6.26

QUESTIONE PREGIUDIZIALE, 13.4

Q

INDICE ANALITICO347

QUESTIONI CONCERNENTI PERSONE- per validità seduta, 13.3- per validità votazione, 12.7.2

REGOLAMENTI- competenza Consiglio com., 6.4- competenza Giunta, 6.5- per funzionamento Consiglio com., 8.1- per ordinamento tributi, 6.29

RELAZIONE PREVISIONALE E PRO-GRAMMATICA, 6.7

RENDICONTO, 6.8

RESPONSABILITÀ- amministrativa o patrimoniale, 16.4- casi di esclusione, 16.5- casistica, 16.6- definizione, 16.4.1- elementi costitutivi, 16.4.2- procedimento, 16.4.4- potere riduttivo, 16.4.4.3- vantaggi conseguiti dall’ente, 16.4.4.4- civile, 15.3- casi di esclusione, 16.3.3- elementi costitutivi, 16.3.2- responsabilità contabile, 16.7- tipologie, 16.1

REVISORI DEI CONTI- nomina, 5.2.1- poteri di collaborazione, 5.2.2

RICORSI- in materia di decadenza, 3.21.1- in materia di eleggibilità, 1.14.2- in materia di operazioni elettorali,

1.14.1- contro esclusione liste, 1.14.1.1

RIMBORSO SPESE VIAGGIO, 15.25

RIMOZIONE- dalla carica, 3.20- della incompatibilità, 1.36- della ineleggibilità, 1.4

RINUNCIA- alla candidatura, 1.8- alla carica di consigliere, 3.23.2

SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIOCOMUNALE E PROVINCIALE (vediCONSIGLIO COMUNALE E PROVIN-CIALE)

SEGRETARIO COMUNALE (funzionidel)- redazione verbale adunanze, 14.1- ricezione candidature, 1.9- sottoscrizione verbale, 14.3

SERVIZI- esclusione responsabilità per mancata

copertura costi, 16.5.4

SESSIONI DEL CONSIGLIO, 16.1- termini per consegna avviso di convo-

cazione, 12.2

SINDACO- ballottaggio- nei Comuni con meno 15.000 ab., 1.12.1- nei Comuni con più 15.000 ab., 1.12.2.2- cessazione dalla carica, 3.8, 3.9- convocazione Consiglio com., 10.2- delega funzioni- ai consiglieri, 2.5- elezione- nei Comuni con meno 15.000 ab., 1.12.1- nei Comuni con più 15.000 ab., 1.12.2.2- presidenza Consiglio com., 9.2

SOCIETÀ DI CAPITALI (vedi AZIONA-RIATO COMUNALE)

SPESE DI RAPPRESENTANZA- definizione, 16.9.- casistica, 16.9.3

SPESE ELETTORALI (pubblicità delle),15.36

STATUTO- del Comune, 6.2- delle aziende, 6.3

SUPPLENZA- del consigliere sospeso, 3.22

S

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MANUALE DEL SINDACO 348

SURROGAZIONE- convalida, 2.1- entrata in carica, 2.1

TARIFFE- di beni e servizi, 6.30

TRIBUTI- istituzione, 6.29

UNIONI DI COMUNI, 6.15

VERBALE DELLE ADUNANZE, Cap.XIV

VICESEGRETARIO COMUNALE- previsione, 6.5

VICESINDACO - sostituzione nella presidenza C.C., 92

VOTAZIONE- dichiarazioni di voto, 13.5- numero legale per validità -, 13.7- parità di voti, 13.7.2- proclamazione esito della -, 13.8- tipi di -, 13.5

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INDICE ANALITICO349

Finito di stampare nel mese di maggio 2011dalla Rotolito Lombarda - Via Sondrio, 3 Seggiano di Pioltello (MI)

Fotocomposizione: Parole & Colore - Via Segesta 3, Roma