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Indice dei capitoli
1. Funzioni e loro grafici ... ... ... ... ... 71. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale ... ... ... ... ... 7
1. Il concetto di funzione ... ... ... ... ... 7
2. Altri esempi di funzioni ... ... ... ... ... 10� Rette ... ... ... ... ... 10
� Potenza n-esima ... ... ... ... ... 11
� Parabole ... ... ... ... ... 12
� Radice n-esima ... ... ... ... ... 13
� Iperbole ... ... ... ... ... 14
� Funzioni definite "a pezzi". Funzione valore assoluto di x e funzione segno di x ... ... ... ... ... 14
� Traslazioni ... ... ... ... ... 16
3. Esercizi ... ... ... ... ... 17
4. Funzioni pari, dispari, periodiche ... ... ... ... ... 20
2. Operazioni con le funzioni ... ... ... ... ... 241. Somma, prodotto e quoziente ... ... ... ... ... 24
2. Relazione d'ordine ... ... ... ... ... 24
3. Composizione di funzioni ... ... ... ... ... 25
4. Codominio di una funzione; funzioni surgettive ed ingettive; funzioni inverse ... ... ... ... ... 26
5. Esercizi ... ... ... ... ... 31
3. Estremi di insiemi numerici ... ... ... ... ... 351. Maggioranti e minoranti di un insieme ... ... ... ... ... 35
2. Minimo e massimo di un insieme ... ... ... ... ... 36
3. La proprietà di completezza di R ... ... ... ... ... 36
4. Estremo inferiore e superiore di un insieme numerico; insiemi contigui ... ... ... ... ... 37
5. Esercizi ... ... ... ... ... 39
6. Proprietà caratteristiche ... ... ... ... ... 41
7. Esercizi ... ... ... ... ... 44
4. Estremi di funzioni ... ... ... ... ... 451. Maggioranti e minoranti di una funzione ... ... ... ... ... 45
2. Massimo e minimo di una funzione ... ... ... ... ... 46
3. Estremo inferiore e superiore di una funzione ... ... ... ... ... 47
4. Esercizi ... ... ... ... ... 52
5. Funzioni monotone ... ... ... ... ... 541. Definizioni ... ... ... ... ... 54
2. Proprietà delle funzioni monotone ... ... ... ... ... 56
3. Esercizi ... ... ... ... ... 57
6. Successioni ... ... ... ... ... 591. Definizioni ... ... ... ... ... 59
2. Esercizi ... ... ... ... ... 61
2. Funzioni elementari ... ... ... ... ... 621. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo ... ... ... ... ... 62
1. Funzione esponenziale ... ... ... ... ... 62
2. Funzione logaritmo ... ... ... ... ... 65
2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse ... ... ... ... ... 671. La misura in radianti di un angolo ... ... ... ... ... 67
2. Le funzioni seno e coseno ... ... ... ... ... 68
3. Le funzioni arcoseno e arcocoseno ... ... ... ... ... 71
4. Le funzioni tangente e arcotangente ... ... ... ... ... 76
5. Altre funzioni trigonometriche ... ... ... ... ... 77
6. Periodicità delle funzioni trigonometriche ... ... ... ... ... 78
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte 2
Settembre 2010
6. Periodicità delle funzioni trigonometriche ... ... ... ... ... 78
3. Esercizi ... ... ... ... ... 81
3. Limiti di funzioni e successioni ... ... ... ... ... 831. Definizione di limite di una funzione ... ... ... ... ... 83
1. Considerazioni preliminari ... ... ... ... ... 83
2. Definizione di limite con x0 Î R, ed { Î R ... ... ... ... ... 85
3. Definizione di limite con x0 Î R, ed { = ± ¥ ... ... ... ... ... 90
4. Definizione di limite con x0 = ± ¥, ed { Î R ... ... ... ... ... 91
5. Esercizi ... ... ... ... ... 94
6. Funzioni che non ammettono limite ... ... ... ... ... 94
7. Limite a sinistra e a destra ... ... ... ... ... 95
8. Esercizi ... ... ... ... ... 98
9. La definizione generale di limite ... ... ... ... ... 99
2. Primi teoremi sui limiti ... ... ... ... ... 1011. Operazioni con i limiti ... ... ... ... ... 101
2. Limiti di polinomi ... ... ... ... ... 105
3. Limiti all'infinito di funzioni razionali ... ... ... ... ... 106
4. Esercizi ... ... ... ... ... 107
5. Funzioni continue ... ... ... ... ... 107
6. La forma indeterminata { � 0 ... ... ... ... ... 112
7. Limiti delle funzioni razionali negli zeri del denominatore ... ... ... ... ... 112
8. Esercizi ... ... ... ... ... 113
9. Limiti di funzioni composte ... ... ... ... ... 114
10. Limiti di alcune funzioni irrazionali ... ... ... ... ... 116
11. Esercizi ... ... ... ... ... 118
12. Asintoti ... ... ... ... ... 118
3. Altri teoremi sui limiti e alcuni limiti notevoli ... ... ... ... ... 1211. Permanenza del segno e conservazione delle disuguaglianze ... ... ... ... ... 121
2. Confronto ... ... ... ... ... 123
3. Esercizi ... ... ... ... ... 125
4. Il limite notevole limx®0Sin@xD
x= 1 e i limiti notevoli collegati ... ... ... ... ... 125
5. Esercizi ... ... ... ... ... 128
6. Prodotto di una funzione infinitesima per una limitata ... ... ... ... ... 128
7. Somma di una funzione divergente e di una limitata ... ... ... ... ... 130
8. Funzioni della forma f @xDg@xD e loro limiti ... ... ... ... ... 131
9. Esercizi ... ... ... ... ... 133
10. Limiti di funzioni monotone ... ... ... ... ... 133
4. Limiti di successioni ... ... ... ... ... 1351. Definizione di limite per una successione ... ... ... ... ... 135
2. Teoremi sui limiti delle successioni ... ... ... ... ... 137
3. Sottosuccessioni ... ... ... ... ... 139
4. La successione JJ1 +1
nNnN
n e il numero di Nepero ... ... ... ... ... 140
5. Altri limiti notevoli ... ... ... ... ... 143
1. Il limite notevole limx®±¥ J1 +1
xNx
e i limiti notevoli collegati ... ... ... ... ... 143
2. Esercizi ... ... ... ... ... 145
4. Funzioni continue ... ... ... ... ... 1461. Funzioni continue e punti di discontinuità di una funzione ... ... ... ... ... 146
1. Definizione di funzione continua e punti di discontinuità di una funzione ... ... ... ... ... 146
2. Prolungamento per continuità di una funzione ... ... ... ... ... 150
3. Esercizi ... ... ... ... ... 151
2. Funzioni continue su intervallo. Teorema di Weierstrass e degli zeri ... ... ... ... ... 1531. Richiami sul minimo e massimo di una funzione ... ... ... ... ... 153
2. Il teorema di Weierstrass ... ... ... ... ... 154
3. Teorema degli zeri ... ... ... ... ... 156
4. Esercizi ... ... ... ... ... 161
3. Funzioni uniformemente continue ... ... ... ... ... 163
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte 3
Settembre 2010
3. Funzioni uniformemente continue ... ... ... ... ... 1631. Definizione ed esempi ... ... ... ... ... 163
2. Teoremi sulle funzioni uniformemente continue ... ... ... ... ... 165
3. Esercizi ... ... ... ... ... 166
5. Derivate ... ... ... ... ... 1661. Definizioni e prime proprietà ... ... ... ... ... 166
1. Definizione di derivata ... ... ... ... ... 166
2. Funzioni non derivabili; derivate a sinistra e a destra ... ... ... ... ... 171
3. Primi teoremi sulle derivate ... ... ... ... ... 174
4. Esercizi ... ... ... ... ... 178
2. Derivate delle funzioni elementari ... ... ... ... ... 1791. Derivate delle funzioni potenza di esponente Α, esponenziale e logaritmo ... ... ... ... ... 179
� Derivata di xΑ ... ... ... ... ... 179
� Derivata di ax ... ... ... ... ... 180
� Derivata di Loga@xD e di Loga@ x¤D ... ... ... ... ... 180
2. Derivate delle funzioni trigonometriche ... ... ... ... ... 180� Derivata del seno ... ... ... ... ... 180
� Derivata del coseno ... ... ... ... ... 181
� Derivata della tangente ... ... ... ... ... 181
3. Derivate delle funzioni trigonometriche inverse ... ... ... ... ... 181� Derivata dell'arcoseno ... ... ... ... ... 181
� Derivata dell'arcocoseno e dell'arcotangente ... ... ... ... ... 182
4. Derivate delle funzioni elementari "generalizzate" ... ... ... ... ... 182
5. Derivate di funzioni della forma f @xDg@xD ... ... ... ... ... 184
3. Derivate successive; altri significati della derivata ... ... ... ... ... 1861. Derivate successive ... ... ... ... ... 186
2. Significato fisico della derivata ... ... ... ... ... 188
3. Tangenti e approssimazioni ... ... ... ... ... 189
4. Esercizi ... ... ... ... ... 191
4. Calcolo dei limiti mediante la regola dell'Hôpital ... ... ... ... ... 1931. La regola dell'Hôpital ... ... ... ... ... 193
2. Esercizi ... ... ... ... ... 196
6. Applicazioni delle derivate. Studio di grafici ... ... ... ... ... 1971. Alcune applicazioni delle derivate ... ... ... ... ... 197
1. Punti di minimo o massimo relativo ... ... ... ... ... 197
2. Ricerca del minimo o del massimo assoluto ... ... ... ... ... 199
3. Teoremi di Rolle, Lagrange; crescenza e decrescenza ... ... ... ... ... 200
2. Primi studi del grafico di una funzione ... ... ... ... ... 2081. Polinomi e funzioni razionali ... ... ... ... ... 208
2. Funzioni logaritmiche ed esponenziali ... ... ... ... ... 210
3. Funzioni irrazionali ... ... ... ... ... 213
4. Funzioni trigonometriche ... ... ... ... ... 215
5. Funzioni trigonometriche inverse ... ... ... ... ... 217
3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali ... ... ... ... ... 2191. Convessità, concavità e flessi ... ... ... ... ... 219
2. Studio di grafici ... ... ... ... ... 227� Funzioni razionali ... ... ... ... ... 227
� Funzioni logaritmiche ed esponenziali ... ... ... ... ... 229
� Funzioni trigonometriche ... ... ... ... ... 232
� Funzioni varie ... ... ... ... ... 235
3. Punti angolosi e cuspidali ... ... ... ... ... 237
4. Studio di grafici ... ... ... ... ... 244
4. Funzioni trascendenti. Equazioni e disequazioni trascendenti ... ... ... ... ... 2521. Studio di funzioni trascendenti ... ... ... ... ... 252
2. Equazioni e disequazioni trascendenti ... ... ... ... ... 255
7. Indici ... ... ... ... ... 2591. Indice delle definizioni ... ... ... ... ... 259
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte 4
Settembre 2010
1. Indice delle definizioni ... ... ... ... ... 259
2. Indice dei teoremi ... ... ... ... ... 261
3. Indice analitico ... ... ... ... ... 263
4. Notazioni ... ... ... ... ... 268
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte 5
Settembre 2010
Avvertenza sulle notazioni usate in questo testo
In questi appunti di Analisi Matematica le notazioni adoperate sono leggermente diverse da quelle standard; la ragione èdovuta essenzialmente al programma con cui sono stati compilati. Ad esempio si usa la notazione f @xD per indicare le
funzioni, adoperando quindi le parentesi quadre, invece della notazione più usata che è f HxL. Anche i nomi delle funzioni
elementari sono leggermente diversi da quelli standard: il logaritmo in base ã, ad esempio, viene indicato con Log@xD, mentre
di solito si indica con log x.
Particolare attenzione dovrà essere usata per le potenze delle funzioni elementari; ad esempio, per indicare il quadrato dellogaritmo di x usiamo il simbolo Log@xD2 invece della notazione consueta log2 x. Bisogna dunque prestare attenzione a non
confondere Log@xD2 con LogAx2E, che, con le consuete notazioni si scriverebbe invece logIx2M.Al termine di queste dispense si trova un elenco in cui sono indicate tutte le principali differenze rispetto alle notazioniconsuete. E' opportuno consultare spesso questo elenco, in modo da non avere nessun dubbio sull'interpretazione dei simboli.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte 6
Settembre 2010
1. Funzioni e loro grafici
1.1. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale
1.1.1. Il concetto di funzione
La nozione di funzione è una delle più importanti e basilari non solo della matematica odierna, ma anche della vitaquotidiana; si incontrano infatti in ogni momento grandezze che dipendono, in qualche modo, da altre: ad esempio, latemperatura in un dato luogo varia al variare del tempo, quindi dipende dal tempo, ossia, come si dice nel linguaggio
matematico, è funzione del tempo.
Supponendo di monitorare la temperatura di una certa località quotidianamente, nell'arco di dieci giorni, si può mostrare ilrisultato mediante una tabella, del tipo:
giorno: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10temperatura: 16 18 20 21 22 20 19 17 18 16
Una visualizzazione più chiara dell'andamento della temperatura in funzione del tempo si ottiene rappresentando i giorni suun asse orizzontale (asse delle ascisse) e le temperature corrispondenti su un asse verticale (delle ordinate):
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10giorni
16
18
20212019
17
temperature
I punti evidenziati rappresentano coppie ordinate giorno-temperatura; il grafico, costituito dall'insieme di tutte queste coppieordinate giorno-temperatura, rappresenta in modo chiaro il modo in cui la temperatura è variata al variare del tempo; èimmediatamente evidente, ad esempio, che la temperatura messima si è avuta nel quinto giorno, ed essa era di 22°, mentre laminima si è avuta nel primo e nell'ultimo giorno considerato, ed era di 16°, ecc. ecc..
Con una terminologia del tutto naturale, la variabile temporale si chiama variabile indipendente, mentre la temperatura si
chiama variabile dipendente.
Naturalmente il legame tra le due variabili tempo e temperatura dell'esempio precedente era di natura empirica. Nellamaggior parte dei casi che considereremo nel seguito, tale legame sarà invece espresso tramite formule matematiche, cheindicano il complesso di operazioni da svolgere sulla variabile indipendente per ottenere il corrispondente valore dellavariabile dipendente.
Ad esempio, detta x la lunghezza del lato di un quadrato, e detta y la sua area, il legame tra queste due variabili è dato dalla
formula y = x2. La variabile indipendente x varia questa volta nell'insieme di tutti i numeri reali strettamente positivi
(essendo la lunghezza di un segmento), da noi indicato con R+ o anche col simbolo di intervallo D 0, +¥[. Per avere un'ideadel grafico di questa funzione, possiamo scegliere alcuni numeri reali strettamente positivi come lunghezze del lato delquadrato, e calcolare i corrispondenti valori dell'area. Ad esempio, dando alla variabile indipendente x i valori:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici 7
Settembre 2010
x = lato: 0.25 0.5 0.75 1. 1.25 1.5 1.75 2.
si ottiene la tabella:
lato: 0.25 0.5 0.75 1. 1.25 1.5 1.75 2.area: 0.0625 0.25 0.5625 1. 1.5625 2.25 3.0625 4.
da cui il grafico:
0.25 0.5 0.75 1. 1.25 1.5 1.75 2.x
0.25
0.5625
1.
1.5625
2.25
3.0625
4.
y
Si è così ottenuto un grafico, sia pure molto approssimativo, della funzione y = x2 nell'intervallo @0, 2D. E' possibile ottenere
un grafico più preciso aumentando il numero di punti, sempre nello stesso intervallo @0, 2D in cui calcolare il valore dellavariabile indipendente:
numero punti 30
1 2x
1
2
3
4
y
Considerando tutti i punti dell'asse x, si ottiene, come grafico, "una curva continua":
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
1. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale8
Settembre 2010
Considerando tutti i punti dell'asse x, si ottiene, come grafico, "una curva continua":
1 2x
1
2
3
4
y
Il legame tra la variabile indipendente x e quella dipendente y, viene indicato, di solito con il simbolo y = f @xD, o con altri
analoghi.
Il simbolo f @xD indica il complesso di operazioni da eseguire sulla variabile x per ottenere il corrispondente valore di y; ad
esempio, la funzione dell'esempio precedente può essere indicata col simbolo f @xD = x2: in questo caso, l'operazione da
eseguire su x per ottenere y, è l'elevamento al quadrato.
Allo stesso modo, con la scrittura f @xD = x2 - 1 si intende indicare che, per calcolare il valore di f @xD, bisogna calcolare,
nell'ordine, prima x2, poi x2 - 1, e infine x2 - 1 .
Terminiamo questo paragrafo con alcune definizioni, che riassumono e precisano quanto visto negli esempi precedenti.
Definizione 1.1.1 - 1. (Funzione tra insiemi numerici)Sia E un sottoinsieme di R. Si dice funzione di E in R, e si indica con f : E ® R, una legge che associa ad ogni elemento di
E, uno ed un solo elemento di R.L'insieme E si dice insieme di partenza della funzione. Se x è un elemento di E, il corrispondente elemento di R si indicacon f @xD. L'insieme delle coppie ordinate 9Hx, f @xDL Î R
2 x Î E=, si dice grafico di f .
Una funzione viene data, di solito, scrivendone l'espressione matematica, cioé il complesso delle operazioni da svolgere sullavariabile x per ottenere il valore di f @xD. Generalmente non viene dato l'insieme di partenza della funzione in quanto si
assume, di solito, come insieme di partenza, il più grande insieme X Ì R per cui ha senso calcolare f @xD, ed f @xD è un
numero reale. Tale insieme viene chiamato insieme di definizione di f .
Ad esempio, per poter calcolare f @xD = x - 1 , è necessario che x - 1 ³ 0, dato che non è possibile calcolare nel campo
reale la radice quadrata di un numero negativo.
Pertanto, l'insieme di definizione di f @xD = x - 1 è l'insieme X = @1, +¥@, ottenuto risolvendo la disequazione x - 1 ³ 0.
L'insieme di definizione di f sarà indicato, di solito, con D@ f D.La ricerca dell'insieme di definizione di una funzione si effettua risolvendo delle disequazioni, pertanto sarà trattatosuccessivamente.
Osservazione. Per chiarire ulteriormente la differenza tra insieme di partenza e insieme di definizione di una funzione,osserviamo che, ad esempio, la funzione f @xD = x2 ha come insieme di definizione tutto R; tuttavia, nell'esempio
precedente, è stato opportuno assumere come insieme di partenza non tutto R, ma solo R+, dato il significato geometricodella variabile x (una lunghezza non può essere negativa!).
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
1. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale9
Settembre 2010
Osservazione. Per chiarire ulteriormente la differenza tra insieme di partenza e insieme di definizione di una funzione,osserviamo che, ad esempio, la funzione f @xD = x2 ha come insieme di definizione tutto R; tuttavia, nell'esempio
precedente, è stato opportuno assumere come insieme di partenza non tutto R, ma solo R+, dato il significato geometricodella variabile x (una lunghezza non può essere negativa!).
Quando si assume come insieme di partenza di una funzione un insieme E1 più piccolo dell'insieme di partenza E, si dice che
si effettua una restrizione della funzione f all'insieme E1.
1.1.2. Altri esempi di funzioni
à Rette
Si dimostra che una funzione del tipo f @xD = a x + b, dove a e b sono numeri reali, ha come grafico una retta. Essa è quindi
individuata da una sola coppia di punti del piano cartesiano.
Il numero a si dice coefficiente angolare della retta, ed è uguale alla tangente trigonometrica dell'angolo Α che la retta formacol semiasse positivo delle x (la nozione di tangente trigonometrica di un angolo sarà richiamata in dettaglio in seguito). Essaindica, pertanto, l'inclinazione della retta rispetto al semiasse positivo delle x.
Coeff. angolare 1
Inters. asse y 0
-2 -1 1x
-2
-1
1
y
b
y = x
In particolare, se a = 0, si ottiene una funzione costante a costante valore b, il cui grafico è una retta parallela all'asse delle x.Le uniche rette non rappresentabili nella forma f @xD = a x + b, sono quelle perpendicolari all'asse x, in quanto il loro
coefficiente angolare dovrebbe essere "infinito". Una retta perpendicolare all'asse x, e passante per il punto di coordinateHx0, 0L, si rappresenta mediante l'espressione x = x0.
Ricordiamo infine che:
- l'equazione di una retta non verticale, passante per i punti P1 = Hx1, y1L e P2 = Hx2, y2L, si ottiene dalla formula:
y - y1
x - x1
=y2 - y1
x2 - x1
;
- due rette non verticali sono parallele se e solo se hanno lo stesso coefficiente angolare;
- due rette non verticali sono perpendicolari se e solo se il prodotto dei loro coefficienti angolari è uguale a -1.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
1. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale10
Settembre 2010
à Potenza n-esima
Se n è un intero naturale, la funzione f @xD = xn, si dice funzione potenza n -esima. E' chiaro che, se n = 1, rappresenta una
retta, cioé la bisettrice del primo quadrante. Escluso questo caso, il grafico di xn è diverso a seconda che n sia pari o dispari:
x
yn pari
x
yn dispari
La funzione potenza n -esima è, ovviamente, definita in tutto R. Nel seguente grafico sono tracciate le funzioni x2, x4, x6:
-1 1x
1
yn pari
x2
x4
x6
Come si vede, tutte le funzioni considerate passano per i due punti H1, 1L e H-1, 1L; inoltre, all'interno dell'intervallo @-1, 1D,le funzioni si avvicinano sempre più all'asse x al crescere di n, mentre all'esterno di tale intervallo la situazione si inverte.
Analoghe considerazioni si possono fare per le funzioni x3, x5, x7...:
-1 1x
-1
1
yn dispari
x3
x5x7
Osserviamo che i grafici di tutte le funzioni considerate sono "tangenti" all'asse x nell'origine (la definizione precisa di rettatangente al grafico di una funzione sarà data in seguito, ma la consideriamo fin d'ora nota, almeno a livello intuitivo).
In particolare, la funzione f @xD = x2 rappresenta una parabola, avente vertice nell'origine e avente come asse l'asse y.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
1. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale11
Settembre 2010
n 1
-1 1x
-1
1
yf @xD = x
à Parabole
Abbiamo visto che la funzione f @xD = x2 rappresenta una particolare parabola. Più in generale, una funzione del tipo
f @xD = a x2 + b rappresenta una parabola con asse perpendicolare a quello delle x, e con vertice nel punto di coordinate
H0, bL. Nella figura seguente sono rappresentati i due casi a > 0 ed a < 0 (concavità rivolta verso l'alto e concavità rivoltaverso il basso):
-3 -2 -1 1 2x
1
3
y
y = -x2+3
y = x2+1
Come si può vedere, aumentando il coefficiente a si accentua la concavità o la convessità della parabola, mentre il puntoH0, bL rappresenta il vertice della parabola.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
1. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale12
Settembre 2010
a 1
b 0
-2 -1 1x
-2
-1
1
yy = x2
à Radice n-esima
Se n è un intero naturale, ed x è un numero reale, ogni numero la cui potenza n -esima sia uguale ad x si chiama radicen -esima di x. Se n è pari, per ogni x > 0 esistono due radici n -esime di x nel campo reale, uguali e di segno opposto; ad
esempio, ± 3 sono le due radici quadrate di 9, ± 2 sono le due radici quarte di 16, ecc. ecc.... Di queste due radici, quella
positiva si denota con xn
. Se x < 0 invece, xn
non esiste nel campo reale (sempre nel caso n pari). Ad esempio, -9 nonesiste nel campo reale in quanto non esiste alcun numero reale in cui quadrato sia uguale a -9 (i quadrati sono semprepositivi).
Se n è dispari invece, per ogni x Î R esiste un'unica radice n -esima di x nel campo reale, che si denota senz'altro con xn
.
Ad esempio, -273
= -3, in quanto H-3L3 = -27.
La funzione f @xD = xn
si chiama funzione radice n -esima. Per quanto ricordato sopra, se n è pari, la funzione xn
è
definita per x ³ 0, mentre se n è dispari, essa è definita in tutto R. Il grafico della funzione radice n -esima nei due casi npari ed n dispari, è il seguente.
1x
1
y
n pari
-1 1x
-1
1
y
n dispari
Si noti che la funzione radice n -esima passa per il punto H1, 1L e, nel caso dispari, anche per H-1, -1L. Si noti anche che ilgrafico è tangente all'asse delle y nell'origine (la funzione "parte" con "pendenza" infinita).
Mostriamo infine il grafico per diversi valori di n. Fissiamo l'attenzione sul caso n pari, dato che per n dispari la situazione èanaloga.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
1. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale13
Settembre 2010
1x
1
y
n pari
xx4
x6
n 1
-1 1x
-1
1
yf @xD = x
à Iperbole
La funzione f @xD = 1 � x, il cui grafico è il seguente:
-4 -2 2x
-4
-2
2
y
y =1
x
rappresenta un'iperbole. A differenza delle funzioni incontrate precedentemente, che sono, definite in tutto R, lafunzione y = 1 � x è definita solo per x ¹ 0, cioé in R \ 80< (R "meno" zero).
à Funzioni definite "a pezzi". Funzione valore assoluto di x e funzione segno di x
Talvolta può essere necessario considerare funzioni definite con espressioni differenti in differenti insiemi; in un garage, adesempio, parcheggiare un'automobile può costare 60 Euro al mese se la lunghezza dell'automobile è minore o uguale a 4metri, 100 in caso contrario. Se vogliamo esprimere il costo del parcheggio in funzione della lunghezza, dobbiamo utilizzareuna funzione definita nel modo seguente:
f @xD =60 se x £ 4
100 se x > 4
Il grafico di questa funzione è il seguente:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
1. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale14
Settembre 2010
Il grafico di questa funzione è il seguente:
3 4 5 6x
60
100
y
Si noti il punto, che indica, senza possibilità di equivoco, che f @4D è uguale ad 60 e non a 100 (un'auto lunga esattamente 4
metri paga 60 Euro al mese, e non 100!).Un altro esempio è il seguente.
Funzione
f @xD =
3 se x £ -1
x2 se - 1 < x < 2-x + 6 se 2 £ x
Grafico:
-4 -3 -2 -1 1 2 3x
1
2
3
4
y
Si noti che, in questo caso, il secondo ed il terzo "pezzo" della funzione, che sono una parabola ed una retta, si raccordano"in modo continuo" nel punto x = 2, mentre vi è "una discontinuità", cioè un "salto", tra il primo ed il secondo pezzo difunzione. Il punto segnato nel grafico indica che f @-1D = 3.
Altri esempi importanti di funzioni definite a pezzi, sono le funzioni valore assoluto e segno di x. Ricordiamo che il valoreassoluto di un numero reale x è uguale ad x stesso se x ³ 0, mentre è uguale a -x se x < 0; il valore assoluto di x si indicacon x¤. Dunque, ad esempio, -5.3¤ = 5.3, 6¤ = 6, 0¤ = 0, ecc. ecc.. Possiamo dunque scrivere:
x¤ = : x se x ³ 0
-x se x < 0
Il grafico della funzione x ® x¤ è il seguente.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
1. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale15
Settembre 2010
-2 -1 1x
0.5
1.0
1.5
y
y = x¤
Come si vede, il grafico di x¤ coincide con quello della retta y = x (la bisettrice del primo quadrante) nell'intervallo @0, +¥@,mentre coincide con quello della retta y = -x (la bisettrice del secondo quadrante) nell'intervallo D - ¥, 0@. Naturalmente, i
due pezzi del grafico si raccordano "con continuità" nell'origine (formando un angolo di 90°).
La funzione segno di x, invece, è definita nel modo seguente:
Sign@xD =
-1 se x < 0
0 se x = 0
1 se x > 0
Il suo grafico è il seguente.
x
-1
1
y
y = Sign@xD
Terminiamo questo paragrafo osservando che un'errore abbastanza comune consiste nell'eseguire la seguente
semplificazione: x2 = x; in realtà, questa uguaglianza è corretta nel caso in cui x è un numero positivo o nullo, mentre è
errata nel caso in cui x è un numero negativo: ad esempio, se x = -2, si ha: x2 = H-2L2 = 4 = 2 = -x ; si ha dunque:
x2 = : x se x ³ 0
-x se x < 0
Ricordando la definizione di valore assoluto, possiamo scrivere:
x2 = x¤.à Traslazioni
Se f @xD è una funzione, ed a è un numero reale, si può considerare la nuova funzione g@xD = f @x - aD. Il grafico di g@xD si
ottiene traslando quello di f parallelamente all'asse x di un segmento di lunghezza a¤. La traslazione è verso destra se a > 0,
verso sinistra se a < 0.Ad esempio, conoscendo il grafico di f @xD = x2 - 2 (parabola), è possibile disegnare quello della
funzione g@xD = Hx - 2L2 - 2; infatti g@xD = f @x - 2D, pertanto dobbiamo traslare il grafico della parabola verso destra:
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Settembre 2010
Ampiezza
traslazione
0
x
y
a = 0
g@xD = f@xD
1.1.3. Esercizi
Esercizio 1.1.3 - 2. (prezzi benzina)
L'andamento dei prezzi della benzina ai distributori AGIP-IP, nel perido giugno-agosto 2007, è stato il seguente:
data: 01�06 02�06 03�06 06�06 08�06 20�06 30�06 05�07 08�07 12�07 20�07 26�07 28�07 08�08
prezzo
Hin EuroL:1.270 1.270 1.270 1.270 1.265 1.275 1.275 1.275 1.275 1.275 1.255 1.235 1.220 1.230
Disegnare il grafico della funzione data ® prezzo, identificare l'insieme di partenza, il prezzo minimo e quello massimo nel
perido considerato.
Esercizio 1.1.3 - 3. (parcheggio)
Parcheggiare l'auto in città costa 1.5 Euro la prima ora, e 1 Euro ogni ora successiva o frazione. Disegnare il grafico dellafunzione che esprime la variazione del costo del parcheggio in funzione del tempo.
Soluzione Reset
Esercizio 1.1.3 - 4. (rette passanti per due punti)
Scrivere le equazioni delle rette passanti per le seguenti coppie di punti, e disegnarne il grafico:
1°) P1 = H-1, 2L, P2 = H2, 4L; 2°) P1 = H-1, 2L, P2 = H2, 4L; 3°) P1 = H2, -4L, P2 = H0, 4L; 4°) P1 = H-1, 2L, P2 = H2, 2L.
Soluzione Reset
Esercizio 1.1.3 - 5. (coefficienti angolari)
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Settembre 2010
Esercizio 1.1.3 - 5.
(coefficienti angolari)
1°) Scrivere le equazioni delle bisettrici del primo e del secondo quadrante, e osservarne i coefficienti angolari;
2°) sapendo che Tan@30 °D = 1� 3 , scrivere l'equazione della retta, passante per l'origine, che forma un'angolo di trenta
gradi col semiasse positivo delle x;
3°) disegnare le rette di equazione: y = 3 x, y = 20 x, y = 100 x;
4°) disegnare le rette di equazione: y = -1
2x, y = -5 x, y = -50 x.
Esercizio 1.1.3 - 6. (rette parallele e perpendicolari)
Scrivere l'equazione delle seguenti rette, e disegnarne il grafico:
1°) retta passante per il punto P0 = H-2, -1L e parallela alla bisettrice del primo quadrante;
2°) retta passante per il punto P0 = H-2, -1L e perpendicolare alla retta y = -3 x + 2;
3°) retta passante per il punto P0 = H-2, -1L e parallela all'asse x.
Esercizio 1.1.3 - 7. (parabole)
Determinare l'equazione della parabola del tipo y = a x2 + b passante per le seguenti coppie di punti:
1 °) P1 = H0, 0L, P2 = H2, 3L;2 °L P1 = H0, 0L, P2 = H-2, -3L;3 °L P1 = H0, 3L, P2 = H2, 4L;4 °L P1 = H0, 2L, P2 = H-2, 2L.
Soluzione Reset
Esercizio 1.1.3 - 8. (identificazione di funzioni)
Identificare le funzioni del seguente grafico:
x
y
- 210
27�8
3�2
- 2
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Esercizio 1.1.3 - 9. (identificazione di funzioni)
Nel seguente grafico sono disegnate le funzioni x7, x6
, x3, x4
; identificare ciascuna di esse.
x
yx7, x
6, x3, x
4
Esercizio 1.1.3 - 10. (identificazione di funzioni)
Osservare il seguente grafico:
x
y
In esso è rappresentata la funzione - x , x , o nessuna delle due?
Soluzione Reset
Esercizio 1.1.3 - 11. (identificazione di funzioni)
Adoperando le informazioni contenute nel seguente grafico, scrivere l'espressione analitica di tutte le funzioni in essodisegnate:
-2 3 � 2 2
x
3
6
y
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Esercizio 1.1.3 - 12. (funzioni a pezzi)
Disegnare il grafico delle seguenti funzioni, e, per ciascuna di esse, individuare l'insieme di definizione e calcolarne il valorenei punti di raccordo.
f1@xD =-x2 se - 2 £ x £ 13 x - 4 se 1 < x
f2@xD =x
3
se 0 £ x
-x3
se x < 0
f3@xD =x se 0 £ x
-x + 1 se x < 0
f4@xD =
1 se x £ 0
x 0 < x £ 2
1 � x se 2 < x £ 4
Soluzione Reset
Esercizio 1.1.3 - 13. (valore assoluto)
Quali delle seguenti relazioni è vera?
0 1 2 3 4 5 6 7 8
1. x2 = x Falso H x2 = ÈxÈL2. xÈxÈ = x2 Falso
3. x 2 = x2 Vero
4.x
x=
x
xVero
5.x
x= Sign@xD Falso Hsolo per x ¹ 0L
6. x44= x Falso H x44
= x L7. x714
= x Vero
8. x2 = x2 Vero
1.1.4. Funzioni pari, dispari, periodiche
I grafici di alcune funzioni presentano delle simmetrie che è utile mettere in evidenza; ad esempio, una parabola del tipof @xD = a x2 + b è simmetrica rispetto all'asse delle y; dal punto di vista analitico, questa proprietà consiste nel fatto che
f @xD = f @-xD, cioé la funzione assume lo stesso valore nei due punti dell'asse x (simmetrici rispetto all'origine) x e -x.
Invece, l'iperbole f @xD = 1 � x ha un grafico simmetrico rispetto all'origine, cioé f @xD = - f @-xD. Nel primo caso si dice che la
funzione è pari, nel secondo che è dispari.
La funzione potenza n -esima, con n pari, è una funzione pari, mentre, con n dispari è una funzione dispari.
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La funzione potenza n -esima, con n pari, è una funzione pari, mentre, con n dispari è una funzione dispari.
La funzione xn
, con n dispari è una funzione dispari; invece, se n è un intero pari, non è una funzione pari perché non èdefinita per valori negativi di x.
Diamo dunque la seguente definizione.
Definizione 1.1.4 - 14. (Funzione pari o dispari)Una funzione f : X ® R si dice pari (risp. dispari) in X , se per ogni x Î X , anche -x Î X , e si ha f @xD = f @-xD (risp.f @-xD = - f @xDL.
Dunque, affinché una funzione f : X ® R sia pari o dispari, anzitutto lo stesso insieme X dev'essere simmetrico rispetto
all'origine, e poi deve verificarsi che f @-xD = f @xD nel caso pari, e f @-xD = - f @xD nel caso dispari.
Esempio 1.1.4 - 15.
La funzione f @xD = x6 - x4 + 1, definita in tutto R, è pari, infatti cambiando x in -x, il valore della funzione non cambia. Il
suo grafico è il seguente:
-1.0 -0.5 0.5 1.0x
0.5
1.0
y
Esempio 1.1.4 - 16.
La funzione f @xD = x3 - x, pure definita in tutto R, è dispari, infatti
f @-xD = H-xL3 - H-xL = -x3 + x = -Ix3 - xM = - f @xD.Il suo grafico è il seguente:
-1.0 -0.5 0.5 1.0x
-1.0
-0.5
0.5
y
Una funzione f @xD è periodica di periodo T (con T > 0) se risulta f @xD = f @x + TD per ogni x appartenente all'insieme di
definizione di f ; ciò significa che il grafico di f "si ripete" in modo identico su intervalli di lunghezza T .
Più precisamente, diamo la seguente definizione.
Definizione 1.1.4 - 17. (Funzione periodica)Sia f : X ® R, una funzione di X in R; se esiste T > 0 tale che:1°) per ogni x Î X , anche x ± T Î X ;2°) per ogni x Î X si ha f @xD = f @x + TD,allora la funzione f @xD si dice periodica di periodo T (o anche T -periodica); il numero T si dice periodo della funzione
f @xD.Il primo punto della definizione precedente significa che, affinché una funzione f : X ® R sia T -periodica, anzitutto
l'insieme X deve "ritornare identico a se stesso" dopo una traslazione a destra o a sinistra pari a T , e, inoltre (questo è inveceil significato del secondo punto), la funzione f @x] deve assumere lo stesso valore in x e in x + T per qualsiasi x Î X .
Carlo Greco :
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1. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale21
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Il primo punto della definizione precedente significa che, affinché una funzione f : X ® R sia T -periodica, anzitutto
l'insieme X deve "ritornare identico a se stesso" dopo una traslazione a destra o a sinistra pari a T , e, inoltre (questo è inveceil significato del secondo punto), la funzione f @x] deve assumere lo stesso valore in x e in x + T per qualsiasi x Î X .
Esempio 1.1.4 - 18.
Non abbiamo ancora introdotto le funzioni trigonometriche, tuttavia anticipiamo che, ad esempio, le funzioni Sin@xD e Cos@xDsono periodiche di periodo 2 Π, infatti, intanto sono definite su tutto R, quindi la 1° condizione della definizione precedente ècertamente soddisfatta; inoltre, come sappiamo dalla definizione di seno e coseno, si ha Sin@xD = Sin@x + 2 ΠD eCos@xD = Cos@x + 2 ΠD. I grafici sono i seguenti.
-2 Π -3 Π
2 -Π
2-Π Π
Π
2
3 Π
2 2 Π
x
-1
y
Esempio 1.1.4 - 19.
La funzione Tan@xD è invece periodica di periodo Π: infatti, intanto il suo insieme di definizione è
X = 9x Î R x ¹Π
2+ k Π, con k Î Z= ,
e, come è facile verificare, tale insieme è invariante per traslazioni di ampiezza Π; inoltre dalla trigonometria sappiamo cheTan@x + ΠD = Tan@xD. Il grafico di questa funzione è il seguente:
-2 Π -3 Π
2 -Π
2-Π Π
Π
2
3 Π
2 2 Π
x
y
Sulle funzioni trigonometriche torneremo in seguito. Osserviamo che esistono molte altre funzioni periodiche, oltre a quelletrigonometriche, e non è detto che il loro periodo abbia a che fare col numero Π. Ad esempio, la funzione rappresentata nelseguente grafico è periodica di periodo 2:
Ampiezza
traslazione
0
x
y
g@xD = f@xD
Come si vede, si tratta di una funzione definita non in tutto R, ma solo nell'insieme indicato in nero. Tale insieme, così comeil grafico della nostra funzione, è invariante per traslazioni di ampiezza pari a 2.
Carlo Greco :
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1. Generalità sulle funzioni reali di una variabile reale22
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Come si vede, si tratta di una funzione definita non in tutto R, ma solo nell'insieme indicato in nero. Tale insieme, così comeil grafico della nostra funzione, è invariante per traslazioni di ampiezza pari a 2.
Osservazione importante. E' facile vedere che, se una certa funzione f @xD è periodica di periodo T , allora è anche periodica
di periodo pari a un qualsiasi multiplo di T ; ad esempio, la funzione Sin@xD è 2 Π -periodica, ma è anche 4 Π -periodica,infatti, ovviamente,
Sin[x + 4 Π] = Sin[x + 2 Π + 2 Π] = Sin[x + 2 Π] = Sin[x].
Quando si parla del periodo di una funzione, si intende, di solito, il periodo minimo di tale funzione. Più precisamente, si dàla seguente definizione.
Definizione 1.1.4 - 20. (Periodo minimo)Sia f : X ® R una funzione periodica, e sia A l'insieme numerico di tutti i suoi periodi, cioé:
A = 8T > 0 f è T - periodica<. Se tale insieme è dotato del più piccolo elemento, esso si dice periodo minimo di f @xD.Ad esempio, se f @xD = Sin@xD, l'insieme A è formato da tutti i multipli di 2 Π, cioé:
A = {2 n Π | n Î N}.
Chiaramente il più piccolo elemento di tale insieme è 2 Π, e questo è il periodo minimo della funzione [email protected]' bene osservare che non tutte le funzioni periodiche hanno un periodo minimo. L'esempio più semplice è dato dallefunzioni costanti: ad esempio, la funzione costante f @xD = 1 è certamente periodica di qualsiasi periodo T ; si ha infatti
ovviamente, per ogni T > 0, f @x + TD = f @xD. Dunque, nel caso di una funzione costante, l'insieme A di tutti i suoi periodi
non è altro che l'intervallo D 0, +¥@:A =] 0, +¥[ .
Tale insieme non è dotato del più piccolo elemento, quindi una funzione costante, pur essendo periodica, non è dotata diperiodo minimo.
Carlo Greco :
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1.2. Operazioni con le funzioni
1.2.1. Somma, prodotto e quoziente
Siano f @xD e g@xD due funzioni. E' allora possibile considerare la funzione f @xD + g@xD che associa ad ogni x la somma di f @xDe di [email protected], per calcolare f @xD + g@xD, è necessario poter calcolare sia f @xD che g@xD; pertanto l'insieme di definizione di
f @xD + g@xD è l'intersezione dei due insiemi di definizione D@ f D e D@gD. Analogo discorso per quanto riguarda il
prodotto f @xD [email protected], l'insieme di definizione del quoziente di due funzioni, cioé della funzione f @xD � g@xD, si ottiene togliendo da
D@ f D Ý D@gD l'insieme dei punti nei quali la funzione g@xD si annulla.
In particolare, indicheremo con f @xD + a, o semplicemente con f + a, la somma della funzione f @xD e della funzione costante
a costante valore a. Il grafico di f @xD + a si ottiene trasalando (verso l'alto se a > 0, verso il basso se a < 0) il grafico di f .
Ampiezza
traslazione
0
-4 -2 2x
-4
-2
2
y
g@xD = f@xD
1.2.2. Relazione d'ordine
Se due funzioni f e g sono definite entrambe in un insieme X , si pone, per definizione,
f £ g se e solo se per ogni x Î X , si ha: f @xD £ [email protected] f £ g, il grafico di f si trova tutto al di sotto di quello di g, senza escludere punti di contatto tra i due grafici.
Analogamente si pone:
f < g se e solo se per ogni x Î X , si ha: f @xD < g@xD,nel qual caso il grafico di f si trova "strettamente" al di sotto di quello di g, cioé senza punti di contatto tra i due grafici. Ad
esempio, dalla figura seguente:
Carlo Greco :
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f @xDg@xD
1 2 3x
1
2
3
y
si deduce che f @xD < g@xD nell'intervallo @0, 1@, mentre g@xD < f @xD nell'intervallo D 1, +¥@.Particolarmente importante è il caso in cui una delle funzioni f o g è costante. Ad esempio, se a Î R, ed f £ a, significa che
il grafico di f è tutto al di sotto della retta, parallela all'asse x, di equazione y = a.
Ad esempio, dal grafico:
-3 -2 2 3x
yf @xD = x4-13x2+36
si deduce che la disequazione biquadratica: x4 - 13 x2 + 36 £ 0 è soddisfatta negli intervalli @-3, -2D e @2, 3D.
1.2.3. Composizione di funzioni
Oltre alle consuete operazioni algebriche (somma, prodotto, quoziente), è possibile introdurre un'altra operazione tra
funzioni: la composizione. Supponiamo infatti di avere due funzioni f @xD e g@xD; possiamo allora considerare la nuova
funzione g@ f @xDD, che si dice ottenuta componendo la funzione f e la funzione g.
Per ottenere il valore di g@ f @xDD in un dato x, è necessario prima calcolare il valore di f @xD, e, successivamente, sostituirlo
nella funzione g@xD al posto della x.
In generale l'insieme di definizione di g@ f @xDD è più piccolo di quello di f @xD, in quanto non solo si deve poter calcolare f @xD,ma anche g@ f @xDD.Più precisamente, diamo la seguente definizione.
Definizione 1.2.3 - 21. (Funzione composta)Sia f : X ® Y, e sia g : Y ® R; si dice funzione composta da f e da g, e si indica con g ë f , la funzione di X in R definita
ponendo: Hg ë f L@xD = g@ f @xDD.Esempio 1.2.3 - 22.
Siano f @xD = x2 - 1, e g@xD =1
x; la funzione composta g@ f @xDD si ottiene scrivendo, nella funzione g@xD, al posto di x,
l'espressione di f @xD; si ha cioé : g@ f @xDD =1
x2-1.
Osserviamo esplicitamente che l'operazione di composizione tra due funzioni è completamente diversa dalla
moltiplicazione delle due funzioni. Ad esempio, nel caso precedente si ha: g@xD f @xD =1
x Ix2-1M .
Carlo Greco :
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Settembre 2010
Osserviamo esplicitamente che l'operazione di composizione tra due funzioni è completamente diversa dalla
moltiplicazione delle due funzioni. Ad esempio, nel caso precedente si ha: g@xD f @xD =1
x Ix2-1M .
Osserviamo anche che g@ f @xDD ¹ f @g@xDD, ossia, in generale, la composizione di due funzioni non è commutativa; ad
esempio, per le due funzioni f @xD e g@xD precedenti, si ha:
g@ f @xDD =1
x2-1;
f @g@xDD = I 1
xM2
- 1 =1-x2
x2 .
Naturalmente è possibile comporre non solo due, ma un numero arbitrario di funzioni; ad esempio, date tre funzioni f @xD,g@xD, h@xD, è possibile considerare la funzione h@g@ f @xDDD.Esempio 1.2.3 - 23.
Siano
f @xD =x
x-1, g[x] = 3 x + 2 , h@xD =
1
5 x;
si ha allora:
h@g@ f @xDDD = hAgA x
x-1EE = hA3 x
x-1+ 2E =
1
5 J3 x
x-1+2N =
x-1
5 H5 x-2L .
La maggior parte delle funzioni che incontreremo in seguito, sono composte da un limitato numero di funzioni "elementari"
(esponenziale, logaritmo, funzioni trigonometriche...); ad esempio, la funzione SinB ãx + 1F, può essere considerata come
composta dalle funzioni elementari:
x ® ãx ® ãx ® ãx + 1 ® SinB ãx + 1F .
1.2.4. Codominio di una funzione; funzioni surgettive ed ingettive; funzioni inverse
Diamo ora alcune definizioni fondamentali per il seguito, riguardanti le funzioni tra insiemi numerici.
Definizione 1.2.4 - 24. (Codominio)Sia E un sottoinsieme di R, e sia f : E ® R, una funzione di E in R. L'insieme dei valori assunti da f @xD al variare di x in E
si dice codominio di f , e si indica con f @ED. In simboli:f @ED = 8 f @xD x Î E<.
Ad esempio, la funzione giorno ® temperatura, considerata all'inizio del capitolo, ha come codominio l'insieme
816, 17, 18, 19, 20, 21, 22<, perché queste sono le temperature misurate nell'arco dei dieci giorni.
Se si conosce il grafico di f @xD, da esso è possibile dedurre qual'è il codominio di f ; esso, infatti, non è altro che l'insieme di
tutte le ordinate dei punti del grafico di f , pertanto si ottiene immaginando di proiettare ogni punto del grafico di f @xDsull'asse y:
Carlo Greco :
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26
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a bx
c
d
y
Il codominio è, in questo caso, un intervallo sull'asse delle y, evidenziato dalla linea più spessa, l'intervallo @c, dD.Nel grafico che segue è invece rappresentato il caso di una funzione il cui codominio è formato da due intervalli disgiunti.
x
y
E' opportuno sottolineare ancora che il codominio di una certa funzione f : X ® R deve essere pensato come un
sottoinsieme dell'asse y, sottoinsieme costituito precisamente da tutti quei numeri y per i quali esiste almeno un x,
appartenente all'insieme X , tale che f @xD = y. Ciò è illustrato ulteriormente dal grafico seguente.
y
x1 x2x
y
Diamo ora la seguente definizione.
Definizione 1.2.4 - 25. (Funzione surgettiva)Una funzione f : E ® R, si dice surgettiva se il suo codominio coincide con R.
Ad esempio, la funzione del grafico precedente non è surgettiva, mentre la funzione seguente è surgettiva:
Carlo Greco :
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27
Settembre 2010
Ad esempio, la funzione del grafico precedente non è surgettiva, mentre la funzione seguente è surgettiva:
x
y
(il grafico si immagina prolungato indefinitamente, a sinistra verso il basso, e a destra verso l'alto). Infatti, proiettando i puntidel grafico sull'asse y, si ottiene l'intervallo D - ¥, +¥@, cioé tutto R.
Definizione 1.2.4 - 26. (Funzione ingettiva)Una funzione f : E ® R, si dice ingettiva se ogni suo valore è assunto in un'unico elemento x Î E. In altri termini, se per
ogni y Î f @ED, esiste uno ed un solo x Î E tale che f @xD = y.
Se si conosce il grafico di una funzione, è facile stabilire se essa è ingettiva oppure no; infatti una funzione è ingettiva se esolo se per ogni k Î R, la retta parallela all'asse x di equazione y = k, non incontra il grafico di f , oppure lo incontra una sola
volta.
Ad esempio, la retta y = 1 incontra il grafico della funzione:
y = 1
x1 x2 x3
x
y
in tre punti diversi, di ascissa x1, x2 ed x3; ciò significa che lo stesso valore y = 1 è assunto dalla funzione per tre differenti
valori di x, e, pertanto, non è ingettiva.
Le definizioni precedenti, di codominio, di funzione surgettiva e di funzione ingettiva, hanno molto a che fare con ilproblema dell'esistenza e dell'eventuale molteplicità di soluzioni delle equazioni.
Infatti, il codominio di f @xD non è altro che l'insieme dei valori y per i quali l'equazione y = f @xD ammette una soluzione
x Î E. Se tale soluzione è sempre unica, la funzione è ingettiva.
Esempio 1.2.4 - 27.
Calcolare il codominio della funzione f @xD = 4 x2 + 3, e stabilire se è surgettiva o ingettiva.
Cerchiamo di risolvere l'equazione y = 4 x2 + 3, assumendo x come incognita. Si ha: y = 4 x2 + 3 � x2 =y-3
4; a questo
punto, per ottenere x, è necessario estrarre la radice quadrata di y-3
4. Ciò è possibile, nel campo reale, solo se y ³ 3.
Supponendo dunque y ³ 3, si hanno due valori di x: x = ±y-3
2; per la precisione, i due valori si riducono ad uno solo se
y = 3.
Questo calcolo ci ha fornito le seguenti informazioni:1°) il codominio di f è l'intervallo @3, +¥@;2°) la funzione non è ingettiva, in quanto per ogni y ÎD 3, +¥@, esistono due soluzioni dell'equazione y = f @xD. Il grafico
della funzione data è il seguente:
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Settembre 2010
Questo calcolo ci ha fornito le seguenti informazioni:1°) il codominio di f è l'intervallo @3, +¥@;2°) la funzione non è ingettiva, in quanto per ogni y ÎD 3, +¥@, esistono due soluzioni dell'equazione y = f @xD. Il grafico
della funzione data è il seguente:
-2 -1 1x
3
y
Supponiamo ora che una certa funzione f : E ® R sia ingettiva; ciò significa, in sostanza, che, se y Î f @ED, l'equazione
nell'incognita x: y = f @xD si può risolvere in modo univoco, ottenendo quindi un'unica soluzione x. Questa soluzione dipende,
in generale, da y, cioé è una funzione di y. Questa nuova funzione viene detta inversa di f , e viene indicata col simbolo
f [email protected] il concetto introdotto con la seguente definizione:
Definizione 1.2.4 - 28. (Funzione inversa)Sia f : E ® R una funzione ingettiva. La legge che ad ogni y Î f @ED fa corrispondere l'unica soluzione x dell'equazione
y = f @xD, si dice funzione inversa di f , e si indica con f [email protected] che, per definizione, l'insieme di partenza della funzione inversa coincide col codominio della funzione f .
Inoltre i grafici di f e di f -1 sono simmetrici rispetto alla bisettrice del primo quadrante: infatti un punto Hx, yL del piano
appartiene al grafico di f se e solo se y = f @xD, e quindi se e solo se x = f -1@yD, cioé se e solo se il punto Hy, xL appartiene al
grafico di f -1. Poiché i due punti Hx, yL e Hy, xL sono simmetrici rispetto alla bisettrice, i due grafici sono simmetrici.
In altri termini, rappresentando nello stesso piano cartesiano il grafico di f e di f -1 , si ha la seguente situazione:
x
y
f
f -1
P = Hx, f@xDL
P' = Hf@xD, xL
Ad esempio, la funzione potenza n -esima, con n dispari è ingettiva: l'equazione y = xn, con n dispari, ammette un'unica
soluzione reale per ogni y Î R, che non è altro che x = yn . Dunque la funzione radice n -esima, con n dispari, è l'inversa
della funzione potenza n -esima.
Invece, la funzione potenza n -esima, con n pari, non è ingettiva: l'equazione y = xn, con n pari, ammette infatti le due
soluzioni x = ± yn . Se si considera la funzione potenza n -esima ristretta all'intervallo @0, +¥@, si ottiene una funzione
invertibile, la cui inversa è, appunto, yn . Grafico:
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1x
1
y
xn, con n pari, ristretta a @0, +¥@
xn
xn
Esempio 1.2.4 - 29.
Consideriamo la funzione f @xD = 2 x - 1, il cui grafico è una retta. Questa funzione esprime il modo in cui la variabile y
dipende dalla variabile x. Tuttavia, se siamo interessati invece alla dipendenza di x da y, possiamo risolvere l'equazione
y = 2 x - 1 ottenendo così x in funzione di y: x =y+1
2. La nuova funzione y ®
y+1
2 si indica con f -1@yD, ed è, per definizione,
l'inversa di f .
La relazione che intercorre tra y e f -1@yD è illustrata dal seguente grafico:
x f -1@yD x
f @xD
y
y
f
Il grafico della funzione inversa y+1
2 è il seguente (si noti che il ruolo dell'asse x e dell'asse y è scambiato):
Asse y
Asse x
y + 1
2f -1
Ovviamente il grafico di f -1@yD =y+1
2 è una retta, di coefficiente angolare 1
2. Se tracciamo ora le due rette sullo stesso
grafico, otteniamo:
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Ovviamente il grafico di f -1@yD =y+1
2 è una retta, di coefficiente angolare 1
2. Se tracciamo ora le due rette sullo stesso
grafico, otteniamo:
x
y
f
f -1
Terminiamo questo paragrafo osservando che, se f : E ® R, ingettiva, e se f -1 : f @ED ® R è l'inversa, si ha, per definizione
stessa di funzione inversa:
f -1@ f @xDD = x per ogni x Î E ;
f A f -1@yDE = y per ogni y Î f @ED .
1.2.5. Esercizi
Esercizio 1.2.5 - 30. (Simmetrie)
Dire quali delle seguenti funzioni sono pari o dispari, e quali non sono né pari né dispari:
f1@xD =x
x3+1; f2@xD = x2 +
1
x2+1; f3@xD = x3 + x2 - 1; f4@xD =
1
x+ 5.
Esercizio 1.2.5 - 31. (Simmetrie)
Il prodotto di due funzioni pari è pari? e quello di due funzioni dispari? e quello di una dispari ed una pari? Una funzionepari passa necessariamente per l'origine? ed una dispari?
Soluzione Reset
Esercizio 1.2.5 - 32. (Operazioni)
Una funzione f @xD ha il seguente grafico:
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x
y
Disegnare il grafico delle funzioni: f @x + 2D, f @xD + 2, - f @xD, 3 f @xD.
Soluzione Reset
Esercizio 1.2.5 - 33. (Operazioni)
Controllare l'effetto delle tralazioni verticali e orizzontali nel seguente grafico.
Traslazione
verticale
0
Traslazione
orizzontale
0
-4 -2 2x
-4
-2
2
y
g@xD = f@x +0D +0
Esercizio 1.2.5 - 34. (Operazioni)
Controllare l'effetto della moltiplicazione per una costante nel seguente grafico.
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k 1
x
yg@xD = f @xD
Esercizio 1.2.5 - 35. (disequazioni - funz. varie)
Adoperando le informazioni contenute nel grafico, dire per quali valori di x sono soddisfatte le seguenti disequazioniirrazionali:
x + 4 < x2 - 2 ; x2 - 2 £ x + 4 .
0 1 2
x
y
-4 - 2 2 3
-2
Esercizio 1.2.5 - 36. (disequazioni - potenze e radici)
Aiutandosi con i grafici, risolvere le seguenti disequazioni:
x3 ³ 8; x3
< 3; x < 1; x4
³ 2; x2 < 4; x4 > 16.
Esercizio 1.2.5 - 37. (disequazioni - funz. varie)
Disegnare sullo stesso piano cartesiano i grafici delle funzioni f @xD = x , e g@xD = x4; dire poi dove è soddisfatta la
disequazione x4 < x .
Esercizio 1.2.5 - 38. (disequazioni - funz. varie)
Disegnare sullo stesso piano cartesiano i grafici delle funzioni f @xD = x, e g@xD = x7; dire poi dove è soddisfatta la
disequazione x7 ³ x.
Esercizio 1.2.5 - 39. (disequazioni - valore assoluto)
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Esercizio 1.2.5 - 39.
(disequazioni - valore assoluto)
Aiutandosi con il grafico della funzione valore assoluto, risolvere le seguenti disequazioni:
| x | < 3; | x | ³ 10; | x | < -2; | x | ³ 0; | x | £ 0;
| x | > 0; | x - 2 | < 4; | x + 5 | £ 0; | x + 5 | > 3.
Esercizio 1.2.5 - 40. (composte - funzioni varie)
Date le funzioni:
f @xD =x - 1
2 x2, g@xD =
1
1 - x, e h@xD = x3 - 2 x,
calcolare le seguenti funzioni composte:
f[h[x]]; g[f[x]]; f[h[g[x]]]; g[f[h[x]]].
Soluzione Reset
Esercizio 1.2.5 - 41. (composte)
Decomporre le seguenti funzioni in tutte le loro funzioni componenti.
f @xD =1
1 + x+ 23 ; f @xD =
1
x3
+ 1
2
.
Esercizio 1.2.5 - 42. (codominio)
Tracciare i grafici delle funzioni: 1
x-2, 5 - 2 x2, 2 - x, e, proiettando i punti del grafico sull'asse y, determinare il codominio
di ciascuna di esse. Dire poi, per ciascuna di esse, se è surgettiva o ingettiva.
Esercizio 1.2.5 - 43. (codominio)
Disegnare il grafico di una funzione f : @0, 1D ® R il cui codominio sia: 1°) l'intervallo @2, 3D; 2°) l'insieme @2, 3D Ü @4, 5D.Esercizio 1.2.5 - 44. (inverse)
Verificare che la funzione f @xD =x-5
4 è ingettiva, e calcolarne l'inversa.
Esercizio 1.2.5 - 45. (inverse)
Verificare che la funzione f @xD =2
3 x-4 è ingettiva, e calcolarne l'inversa.
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1.3. Estremi di insiemi numerici
In questa sezione studieremo gli insiemi numerici, cioé i sottoinsiemi dell'insieme R dei numeri reali. Vedremo che lapresenza della relazione d'ordine £ consente di definire le nozioni di minimo e massimo di un sottoinsieme di R, mentre laproprietà di completezza consente di definire l'estremo inferiore e superiore di un insieme numerico.
1.3.1. Maggioranti e minoranti di un insieme
Diamo la seguente definizione:
Definizione 1.3.1 - 46. (Insieme limitato superiormente, maggiorante)Un insieme numerico X si dice limitato superiormente se esiste un numero reale a tale che per ogni x Î X , si ha x £ a. In
tal caso, il numero a si dice maggiorante di X . Un insieme non limitato superiormente si dice anche illimitatosuperiormente.Esempio 1.3.1 - 47.
L'insieme D -¥, 1D è limitato superiormente e 1 è un suo maggiorante. Anche l'insieme D -¥ , 1@ è limitato superiormente, e1 è ancora un suo maggiorante.
L'insieme N degli interi naturali è invece illimitato superiormente.
L'insieme @1, 2D Ü 83< è limitato superiormente, e 3 è un suo maggiorante.
Osservazione. Si noti che, se a è un maggiorante di X , allora anche ogni numero maggiore di a è, a maggior ragione, unmaggiorante di X . Dunque, se X è limitato superiormente, detto A l'insieme dei maggioranti di X , esso è sempre dotato diinfiniti elementi.
Ovviamente, se X è illimitato superiormente, l'insieme A sarà vuoto.
Ad esempio, con riferimento agli esempi precedenti, si ha:
Insieme X Insieme A
D -¥, 1D @1, +¥@D -¥, 1@ @1, +¥@
N Æ
@1, 2D Ü 83< @3, +¥@In modo analogo è possibile definire le nozioni di insieme limitato inferiormente e di minorante di un insieme:
Definizione 1.3.1 - 48. (Insieme limitato inferiormente, minorante)Un insieme numerico X si dice limitato inferiormente se esiste un numero reale a tale che per ogni x Î X , si ha a £ x. In
tal caso, il numero a si dice minorante di X . Un insieme non limitato inferiormente si dice anche illimitato inferiormente.
Diamo infine la seguente definizione:
Definizione 1.3.1 - 49. (Insieme limitato)Un insieme numerico X si dice limitato se è limitato inferiormente e superiormente. Un insieme non limitato si dice anche
illimitato.Esempio 1.3.1 - 50.
L'insieme X = 9 1
nn Î N= è limitato. Evidentemente, l'insieme dei minoranti di X è l'insieme A =D - ¥ , 0D, mentre
l'insieme dei suoi maggioranti è B = @1, +¥ @.
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1.3.2. Minimo e massimo di un insieme
Abbiamo visto in uno degli esempi precedenti che 1 è un maggiorante tanto per l'insieme D -¥ , 1D che per l'insiemeD -¥, 1@. Nel primo caso 1 appartiene all'insieme X considerato, nel secondo caso invece non appartiene. Un maggiorante diun insieme X che appartiene all'insieme X si dice massimo di X , secondo la seguente definizione.
Definizione 1.3.2 - 51. (Massimo di un insieme numerico)Sia X un insieme numerico ed x0 un numero reale. Il numero x0 si dice massimo (o più grande elemento) di X se :1°) x0 Î X ;2°) per ogni x Î X si ha x £ x0.Il massimo di un insieme numerico X , se esiste, si indica con Max @X D.Considerazioni analoghe portano a definire il minimo di X :
Definizione 1.3.2 - 52. (Minimo di un insieme numerico)Sia X un insieme numerico ed x0 un numero reale. Il numero x0 si dice minimo (o più piccolo elemento) di X se :1°) x0 Î X ;2°) per ogni x Î X si ha x >= x0.Il minimo di un insieme numerico X , se esiste, si indica con Min @X D.Osservazione. Si dimostra facilmente che il massimo di un insieme, se esiste, è unico, e analogamente per il minimo. Si hainoltre, ovviamente, Min@X D £ Max@X D.Esempio 1.3.2 - 53.
Se X =D 1, 3D, si ha Max@X D = 3, mentre il minimo non esiste.
Si ha Min@81< Ü @3, 4DD = 1, mentre Max@81< Ü @3, 4DD = 4.
Il minimo dell'insieme 9 1
nn Î N= non esiste, mentre MaxA9 1
nn Î N=E = 1.
L'insieme N degli interi naturali non è dotato di massimo perché non è dotato di nessun maggiorante. Dunque sarebbe erratodire che Max@ND = +¥ in quanto +¥ non è un intero naturale.
1.3.3. La proprietà di completezza di R
Richiamiamo ora alcuni fatti fondamentali sull'insieme dei numeri reali. L'insieme R dei numeri reali ha una struttura moltopiù ricca di un insieme qualsiasi; intanto sono definite in R due operazioni, l'addizione e la moltiplicazione che godono delleproprietà commutativa, additiva, distributiva, ecc. note fin dalle scuole medie. Inoltre è definita in R anche una relazioned'ordine £ che è, a sua volta, legata all'addizione e alla moltiplicazione dalle seguenti proprietà:
a £ b � a + c £ b + c;
a £ b, c ³ 0 � a c £ b c.
In altri termini, sommando (moltiplicando) entrambe i membri di una diseguaglianza con uno stesso numero (positivo), la
diseguaglianza non cambia.
Oltre alle precedenti, la relazione £ gode di un'altra proprietà importante, la proprietà di completezza. Per ricordarla,introduciamo alcune definizioni.
Definizione 1.3.3 - 54. (Insiemi separati)Due sottoinsiemi A e B di R si dicono separati se, per ogni a Î A e per ogni b Î B, si ha a £ b.
La definizione precedente afferma che A e B sono separati se ogni elemento di A è minore o uguale di ogni elemento di B. Inaltri termini, se rappresentiamo gli insiemi A e B su una retta orientata, l'insieme A si trova a sinistra dell'insieme B.
Esempio 1.3.3 - 55.
Gli insiemi D -¥, 5D e D 7, 10D sono evidentemente separati, e così pure gli insiemi D -¥ , 0D e 9 1
nn Î N=.
Invece gli insiemi @1, 2D Ü 85< e @3, 4D non sono separati.
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Invece gli insiemi @1, 2D Ü 85< e @3, 4D non sono separati.
Osservazione. Si noti che la nozione di insiemi separati è diversa da quella di insiemi disgiunti. Ad esempio gli insiemiD 1, 3D e @3, +¥@ sono separati ma non disgiunti, mentre gli insiemi @1, 2D Ü 85< e @3, 4D dell'esempio precedente sonodisgiunti ma non separati.
Diamo ora la seguente definizione:
Definizione 1.3.3 - 56. (Elemento di separazione)Se A e B sono insiemi separati, si dice elemento di separazione tra A e B, ogni numero reale Λ tale che, per ogni a Î A e
per ogni b Î B, si ha a £ Λ £ b.
Ciò premesso, ricordiamo che vale la seguente proprietà (di completezza).
Teorema 1.3.3 - 57. (Completezza di R)Se A e B sono sottoinsiemi separati di R, esiste un elemento di separazione Λ Î R, tra A e B.
Dimostrazione.
Omessa.
Osservazione. Tale proprietà di completezza non è banale; ad esempio essa non è soddisfatta nell'insieme Q dei numerirazionali. Infatti, i due sottoinsiemi di Q così definiti:
A = 9q Î Q q ³ 0, q2 < 2=, B = 9q Î Q q ³ 0, q2 > 2=pur essendo separati, non ammettono in Q alcun elemento di separazione. L'elemento di separazione di A e B è, in questo
caso, il numero Λ = 2 che, però, non appartiene a Q.
Gli insiemi A e B possono ammettere infiniti elementi di separazione, come è il caso degli insiemi D -¥, 5D e D 7, 10D, o un
unico elemento di separazione, come gli insiemi D -¥, 0D e 9 1
nn Î N=.
Come vedremo in seguito, i due insiemi, in tal caso, si dicono contigui.
1.3.4. Estremo inferiore e superiore di un insieme numerico; insiemi contigui
Come si è visto in precedenza, il minimo o il massimo di un insieme X può benissimo non esistere, sia perché X può nonessere limitato inferiormente o superiormente, sia perché, pur essendo limitato, ad esempio inferiormente, può accadere chenessun minorante di X appartenga a X .
Ciò si verifica, ad esempio, per l'insieme X = 9 1
nn Î N= = 91, 1
2, 1
3, ...=.
x
y
11
2
1
3
1
4
1
5
A dire il vero esiste un numero che è "quasi" il minimo di X , e cioé lo zero; in effetti zero non è il minimo di X perché nonappartiene ad esso. Osserviamo però che l'insieme dei minoranti di X è A =D - ¥ , 0D, e che 0 è proprio il massimo di A.
Questo fatto non è casuale, ma si dimostra che l'insieme dei minoranti di qualsiasi insieme X , se non è vuoto, è dotato delpiù grande elemento. Questo più grande elemento si dice estremo inferiore di X .
Si dimostra infatti il seguente teorema.
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Si dimostra infatti il seguente teorema.
Teorema 1.3.4 - 58. (Esistenza del massimo dei minoranti)Sia X limitato inferiormente e sia A l'insieme dei minoranti di X . Allora l'insieme A è dotato del più grande elemento.
Dimostrazione.
Anzitutto osserviamo che i due insiemi A e X sono separati; infatti, per definizione stessa di minorante, si ha, per ogni a Î A
ed ogni x Î X , a £ x. Ma allora, essendo A ed X separati, grazie alla proprietà di completezza di R, esiste un elemento diseparazione Λ tra i due insiemi, pertanto si ha a £ Λ £ x per ogni a Î A ed ogni x Î X . Ora, la seconda delle due ultimediseguaglianze, cioé Λ £ x per ogni x Î X , significa che Λ è un minorante di X ; la prima di esse, cioé a £ Λ per ogni a Î A, cidice che Λ è il più grande dei minoranti di X , e il teorema è dimostrato. à
Il teorema precedente rende possibile la seguente definizione.
Definizione 1.3.4 - 59. (Estremo inferiore di un insieme numerico)Se X è un insieme limitato inferiormente, si dice estremo inferiore di X il più grande elemento dell'insieme dei minoranti di
X . Tale estremo inferiore si indica con Inf @X D.Esempio 1.3.4 - 60.
Elenchiamo qui di seguito tre insiemi con i rispettivi insiemi dei minoranti e i rispettivi estremi inferiori:
Insieme X Insieme A Inf@X D9 1
nn Î N= D -¥, 0D 0
D 1, 2D D -¥, 1D 1
82< ÜD 3, 5@ D -¥, 2D 2
In modo analogo si può dimostrare il seguente teorema.
Teorema 1.3.4 - 61. (Esistenza del minimo dei maggioranti)Sia X limitato superiormente e sia A l'insieme dei maggioranti di X . Allora l'insieme A è dotato del più piccolo elemento.
Dimostrazione.
Vedere il teorema sull'esistenza del massimo dei minoranti. à
Il teorema precedente rende lecita la seguente definizione.
Definizione 1.3.4 - 62. (Estremo superiore di un insieme numerico)Se X è un insieme limitato superiormente, si dice estremo superiore di X il più piccolo elemento dell'insieme dei
maggioranti di X . Tale estremo superiore si indica con Sup@X D.Esempio 1.3.4 - 63.
Indichiamo con B l'insieme dei maggioranti dell'insieme X . Allora:
Insieme X Insieme B Sup@X D9 1
nn Î N= @1, +¥@ 1
D 1, 2D @2, +¥@ 2
82< ÜD 3, 5@ @5, +¥@ 5
Osservazione. E' ovvio che, se X è dotato di massimo, questo massimo è anche il suo estremo superiore. Inoltre, se l'estremosuperiore di un insieme X appartiene all'insieme stesso, esso è anche il massimo di tale insieme.
Analogamente per l'estremo inferiore e il minimo.
Osservazione. Le definizioni di estremo inferiore e superiore date in precedenza hanno senso, evidentemente, solo per
insiemi limitati inferiormente e superiormente. Nel caso di insiemi non limitati si pone, per definizione:
Inf@X D = -¥ se X è illimitato inferiormente;
Sup@X D = +¥ se X è illimitato superiormente.
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Sup@X D = +¥ se X è illimitato superiormente.
Si noti anche che, in ogni caso,
Inf@X D £ Sup@X D.Osservazione. Abbiamo visto che un certo insieme X non è necessariamente dotato di minimo o di massimo, mentre èsempre dotato di estremo inferiore o superiore; se però X è dotato di massimo, questo massimo è anche l'estremo superiore,e, analogamente, se X è dotato di minimo, tale minimo è anche l'estremo inferiore di X . Ad esempio, il numero 1 è, allostesso tempo, il massimo dell'insieme X =D 0, 1D, ed anche il suo estremo superiore.
Consideriamo ora una coppia A, B di insiemi separati di R; è evidente che A è limitato superiormente, e B è limitatoinferiormente; se consideriamo Sup@AD e Inf@BD, si ha:
Sup@AD £ [email protected], per ogni elemento di separazione Λ, esistente per la proprietà di completezza di R, si ha:
Sup@AD £ Λ £ [email protected]ò premesso, si ha la seguente definizione.
Definizione 1.3.4 - 64. (Insiemi contigui)Gli insiemi separati A, B si dicono contigui se Sup@AD = Inf @BD, ossia, equivalentemente, se ammettono un unico elemento
di separazione.Esempio 1.3.4 - 65.
Sia A = @0, 1D, e B = @1, 2D. Chiaramente A e B sono contigui.
Esempio 1.3.4 - 66.
Siano A = :-2
3 nn Î N>, B = 9 1
nn Î N=; è facile vedere che A e B sono contigui, infatti Sup@AD = 0 = Inf@BD:
x
y
-
2
3-
1
3-
2
9-
1
6-
2
15
11
2
1
3
1
4
1
5
1.3.5. Esercizi
Esercizio 1.3.5 - 67.
Se X ed Y sono due sottoinsiemi di R dotati di massimo, e risulta X Ì Y , che relazione c'è tra Max@X D e Max@Y D? e seinvece sono dotati di minimo, che relazione c'è tra Min@X D e Min@Y D?
Esercizio 1.3.5 - 68.
Se X ed Y sono due sottoinsiemi di R tali che X Ì Y , e se Y è dotato di massimo, l'insieme X è necessariamente dotatoanch'esso di massimo?
Esercizio 1.3.5 - 69.
Dimostrare che:
MinB: n
2 n + 1n Î N>F =
1
3.
Svolgimento. Dobbiamo dimostrare che:
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Svolgimento. Dobbiamo dimostrare che:
1°) per ogni n Î N si ha 1
3£
n
2 n+1;
2°) esiste n0 Î N tale che 1
3=
n0
2 n0+1.
Possiamo dimostrare contemporaneamente la 1°) e la 2°) risolvendo la disequazione 1
3£
n
2 n+1. Si ha infatti:
n
2 n+1³
1
3�
*3 n ³ 2 n + 1 � n ³ 1, il che è vero.
(Osserviamo che il passaggio indicato con * è lecito in quanto 2 n + 1 è positivo).
Dunque l'ultima diseguaglianza è soddisfatta per ogni n Î N, e questo significa che la 1°) è vera. Inoltre, prendendo n = 1, siha proprio l'uguaglianza, e questo significa che, prendendo n0 = 1, la 2°) è verificata.
In modo analogo, si possono svolgere i seguenti esercizi.
Esercizio 1.3.5 - 70.
Dimostrare che:
MinB: 3 n
4 n + 7n Î N>F =
3
11; MinB: n2
n2 + 4n Î N>F =
1
5.
Negli esercizi precedenti, il minimo era ottenuto prendendo n0 = 1. Questo era dovuto al fatto che i numeri n
2 n+1, 3 n
4 n+7, n2
n2+4
crescono al crescere di n. Ovviamente questo non si verifica sempre, come si vede nel seguente esercizio.
Esercizio 1.3.5 - 71.
Dimostrare che
MinA99 n2 - 84 n + 196 n Î N=E = 1.
Svolgimento. Per dimostrare che
1°) per ogni n Î N si ha 1 £ 9 n2 - 84 n + 196;
2°) esiste n0 Î N tale che 1 = 9 n02 - 84 n0 + 196,
risolviamo la disequazione 1 £ 9 n2 - 84 n + 196. Le radici dell'equazione 9 n2 - 84 n + 195 ³ 0 sono 13
3= 4. 3 e 5, pertanto
essa è soddisfatta per gli interi naturali £13
3 e per quelli ³ di 5, vale a dire per tutti gli interi naturali; dunque la 1°) è vera.
Inoltre, si ha l'uguaglianza 9 n2 - 84 n + 195 = 0 per n =13
3 e per n = 5; la prima soluzione dev'essere scartata, perché 13
3 non
è intero; per n0 = 5 invece, si ha appunto la 2°).
In modo analogo si svolgono i seguenti esercizi.
Esercizio 1.3.5 - 72.
Dimostrare che:
MinA99 n2 - 60 n + 100 n Î N=E = 1.
Esercizio 1.3.5 - 73.
Dimostrare che:
MaxA942 n - 9 n2 - 49 n Î N=E = -1; MaxA928 n - 4 n2 - 49 n Î N=E = -1.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici3. Estremi di insiemi numerici
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Settembre 2010
Esercizio 1.3.5 - 74.
Dimostrare che:
SupA9n2 +1
nn Î N=E = +¥; SupB:n3 -
1
n2 n Î N>F = +¥; InfB: 1
n2 - n n Î N>F = -¥.
Esercizio 1.3.5 - 75.
Per ciascuno dei seguenti insiemi, trovare l'insieme dei minoranti, quello dei maggioranti, l'estremo superiore e quelloinferiore:
1°) X =D - ¥, 4@Ü@4.5, 8@;2°) X = Q Ý @0, 1D;3°) X = 8-5, -6, -7< Ü N.
1.3.6. Proprietà caratteristiche
Dalle definizioni precedenti, non si deduce un metodo pratico per determinare l'estremo inferiore o superiore di un insieme
numerico. E' pertanto opportuno dimostrare le seguenti proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore (superiore), chesaranno utilissime negli esercizi.
Teorema 1.3.6 - 76. (Proprietà caratteristiche)Se X è limitato inferiormente (risp. superiormente), e Λ è un numero reale, le seguenti proposizioni sono equivalenti:a) Λ = Inf @X D (risp. Λ = Sup@X D);b)
1°) Λ è un minorante di X (risp. un maggiorante);2°) per ogni Α Î R, con Λ < Α , esiste un x Î X tale che x < Α (risp., per ogni Α Î R, con Α < Λ, esiste un
x Î X tale che Α < x).
Dimostrazione.
Facciamo solo la dimostrazione relativa all'estremo inferiore, essendo l'altra analoga. Sia A l'insieme dei minoranti di X .L'insieme A è non vuoto in quanto X è limitato inferiormente. Adesso osserviamo che la 2°) della proposizione b) affermache ogni numero reale Α maggiore di Λ non è un minorante di X , in quanto esiste sempre un x Î X tale che x < Α; in altritermini: " Α > Λ : Α Ï A; dunque:
bL �1 °L Λ Î A
2 °L " Α > Λ : Α Ï A� Λ = Max@AD � Λ = Inf@X D � aL.
Dunque la proposizione a) è effettivamente equivalente alla proposizione b). à
Illustriamo ora il significato delle proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore: la 1°) dice che Λ è un minorante di X , cioé,rappresentando graficamente l'insieme X sulla retta dei numeri reali, Λ si trova "a sinistra'' dell'insieme X .
La 2°) dice che, se prendiamo un qualunque numero Α Î R, con Λ < Α, esiste sempre almeno un elemento x di X minore diΑ. Ad esempio, una situazione "tipica" si ha nel caso in cui l'insieme X sia dotato di infiniti elementi che si "accumulano''nelle vicinanze di Λ. Tale situazione è rappresentata nella seguente figura, dove i puntini neri rappresentano alcuni elementidi X :
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici3. Estremi di insiemi numerici
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Settembre 2010
x
y
Λ Αx
La seguente figura rappresenta l'analoga situazione per l'estremo superiore:
x
y
ΛΑ x
Nei seguenti esempi facciamo vedere come si adoperano la proprietà caratteristiche.
Esempio 1.3.6 - 77.
Sia X = 9 1
nn Î N=. Dimostriamo, adoperando le proprietà caratteristiche, che Inf@X D = 0.
Verifica della 1°) di b). Poiché gli elementi di X sono del tipo 1
n, con n Î N, dobbiamo verificare che 0 £
1
n per ogni n Î N, e
questo è senz'altro vero.
Verifica della 2°) di b). Poiché la 2°) di b) inizia con un quantificatore universale, dobbiamo anzitutto fissare un Α Î R con
0 < Α, e poi dobbiamo vedere se esiste un n Î N tale che 1
n< Α, cioé se la disequazione 1
n< Α, nell'incognita n ammette
almeno una soluzione. Ovviamente, passando ai reciproci e ricordando che 0 < Α, si ha n >1
Α, cioé la nostra disequazione è
soddisfatta da tutti gli n maggiori del numero 1
Α. Dunque ammette addirittura infinite soluzioni; ciò conclude la verifica
della 2°) di b).
Esempio 1.3.6 - 78.
Sia X = 9 5 n+3
nn Î N=. Dimostriamo, adoperando le proprietà caratteristiche, che Inf @X D = 5.
Verifica della 1°) di b). Gli elementi di X sono del tipo 5 n+3
n, con n Î N. Dobbiamo quindi verificare che 5 £
5 n+3
n per ogni
n Î N. A tale scopo, risolviamo, appunto, la disequazione 5 £5 n+3
n, e vediamo se è effettivamente soddisfatta per ogni
n Î N. Si ha: 5 £5 n+3
n� 5 n £ 5 n + 3 � 0 £ 3, e poiché l'ultima disequazione è soddisfatta per ogni n Î N, la 1°) di b) è
vera.
Verifica della 2°) di b). Anche questa volta fissiamo un Α Î R con 5 < Α, e risolviamo la disequazione 5 n+3
n< Α. Si ha:
5 n+3
n< Α � 5 n + 3 < Α n � 3 < HΑ - 5L n. Poiché Α - 5 > 0, dividendo si ha n >
3
Α-5.
Dunque la nostra disequazione è soddisfatta addirittura per infiniti interi naturali, e cioé per tutti quelli maggiori di 3
Α-5.
Il prossimo esempio riguarda le proprietà caratteristiche dell'estremo superiore.
Esempio 1.3.6 - 79.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici3. Estremi di insiemi numerici
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Settembre 2010
Esempio 1.3.6 - 79.
Sia X = : 5 n-3
3 nn Î N>. Dimostriamo, adoperando le proprietà caratteristiche, che Sup@X D =
5
3.
Verifica della 1°) di b). Questa volta gli elementi di X sono del tipo 5 n-3
3 n, con n Î N. Dobbiamo quindi verificare che
5 n-3
3 n£
5
3 per ogni n Î N. Risolviamo dunque tale disequazione. Si ha: 5 n-3
3 n£
5
3� 15 n - 9 £ 15 n � -9 £ 0, quindi la
disequazione è soddisfatta per ogni n Î N.
Verifica della 2°) di b). Fissiamo, come vuole la 2°) di b), un Α <5
3, e risolviamo la disequazione Α <
5 n-3
3 n. Si ha
Α <5 n-3
3 n� 3 n Α < 5 n - 3 � 3 < H5 - 3 ΑL n. Ora, essendo 5 - 3 Α > 0, dividendo appunto per 5 - 3 Α, si ha n >
3
5-3 Α, cioé
la nostra disequazione è soddisfatta per infiniti interi naturali.
Osserviamo ora che anche la definizione di coppia di insiemi contigui, data in precedenza, non si presta molto a fornire unmetodo per dimostrare che effettivamente due insiemi A e B sono contigui.
Si dimostra però il seguente teorema.
Teorema 1.3.6 - 80. (Condizione necessaria e sufficiente per la contiguità)Siano A e B due insiemi separati; allora, le seguenti proposizioni sono equivalenti:a) A e B sono contigui;b) per ogni ¶ > 0 esistono a Î A e b Î B, tali che b - a < ¶ .
Dimostrazione.
Siano A e B due insiemi separati.
a)Þb): supponiamo vera la a), per cui, per definizione di insiemi contigui, si ha Sup@AD = Inf@BD, e poniamo
Λ = Sup@AD = Inf@BD. Fissato un ¶ > 0, si ha Λ -
¶
2< Λ, pertanto, per la seconda proprietà caratteristica dell'estremo superiore, esiste a Î A tale che
Λ -¶
2< a.
Analogamente, per la seconda proprietà dell'estremo inferiore, esiste b Î B, tale che b < Λ +¶
2. Ma allora b - a < ¶, e la b) è
dimostrata.
b)Þa): supponiamo vera la b); poiché A e B sono separati, si ha Sup@AD £ Inf@BD; per dimostrare che si ha proprio
l'uguaglianza, osserviamo che, fissato un ¶ > 0, grazie alla b), che stiamo supponendo vera, esistono a Î A e b Î B, tali cheb - a < ¶. Ma allora, essendo ovviamente a £ Sup@AD e Inf@BD £ b, si ha Inf@BD - Sup@AD £ b - a < ¶. Data l'arbitrarietà di ¶,
dev'essere necessariamente Sup@AD = Inf@BD, e la a) è dimostrata. à
Il teorema precedente afferma, in altre parole, che A e B sono contigui se e solo se, per ogni ¶ > 0, è possibile trovare unelemento di A ed un elemento di B che "distano" tra loro meno di ¶.
Esempio 1.3.6 - 81.
Sia A = :-2
3 nn Î N>, B = 9 3
mm Î N=. Allora A e B sono contigui.
Infatti, fissiamo un ¶ > 0, e cerchiamo un elemento a = -2
3 n di A e un elemento b =
3
m di B tali che b - a =
3
m+
2
3 n< ¶.
Dobbiamo dunque risolvere la disequazione 3
m+
2
3 n< ¶ nelle due variabili m ed n.
Il modo più semplice di fare ciò, consiste nel cercare m ed n in modo che risulti contemporaneamente 3
m<
¶
2 e 2
3 n<
¶
2.
Queste due disequazioni sono soddisfatte rispettivamente per m >6
¶ e per n >
4
3 ¶.
Dunque, prendendo m0 Î N, ed n0 Î N con m0 >6
¶ e n0 >
4
3 ¶, e ponendo rispettivamente a =
3
m0, b =
2
3 n0, si ha b - a < ¶, e
questo dimostra che A e B sono contigui.
Carlo Greco :
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Dunque, prendendo m0 Î N, ed n0 Î N con m0 >6
¶ e n0 >
4
3 ¶, e ponendo rispettivamente a =
3
m0, b =
2
3 n0, si ha b - a < ¶, e
questo dimostra che A e B sono contigui.
I due insiemi A e B sono costituiti da numeri (negativi quelli di A e positivi quelli di B) che si "accumulano'' intorno allozero, rispettivamente da sinistra e da destra, come illustra la seguente figura:
x
y
BA
1.3.7. Esercizi
Esercizio 1.3.7 - 82.
Dimostrare che:
gli insiemi A = : n
2 n+1n Î N> e B = : 3 n
2 n-1n Î N> sono separati;
gli insiemi A = : 2 n
2 n+1n Î N> e B = : 2 n+3
3 n-1n Î N> sono separati;
gli insiemi A = 9 3 n+2
n+5n Î N= e B = 9 2 n+3
n+1n Î N= non sono separati;
gli insiemi A = 9 3 n+4
n+2n Î N= e B = 9 2 n+1
n+1n Î N= non sono separati.
Esercizio 1.3.7 - 83.
Dimostrare che gli insiemi A = :-1
2 nn Î N> e B = : 2
3 nn Î N> sono contigui.
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1.4. Estremi di funzioni
Nella sezione precedente abbiamo studiato le nozioni di minimo e di massimo di un insieme numerico, e quelle di estremo
inferiore o superiore sempre di un insieme numerico. Definiremo ora analoghi concetti con riferimento alle funzioni; adesempio il minimo o il massimo di una funzione non è altro che il minimo o il massimo del suo codominio (ammesso cheesista), e analogamente per quanto riguarda gli estremi.
1.4.1. Maggioranti e minoranti di una funzione
Diamo la seguente definizione.
Definizione 1.4.1 - 84. (Minoranti, maggioranti, funzioni limitate)Un numero k Î R si dice un minorante (risp. un maggiorante) per una funzione f : X ® R, se esso è un minorante (risp. un
maggiorante) per f @X D, cioé se, per ogni x Î X , si ha k £ f @xD (risp. f @xD ³ kL.Una funzione dotata di minoranti (risp. di maggioranti) si dice limitata inferiormente (risp. superiormente). In caso
contrario si dice illimitata inferiormente (risp. superiormente).Una funzione limitata sia inferiormente che superiormente, si dice limitata. Una funzione illimitata sia inferiormente che
superiormente, si dice illimitata.Esempio 1.4.1 - 85.
La funzione f @xD = x2 + 3, definita in R, è dotata di minoranti, infatti per ogni x Î R si ha f @xD ³ 3, pertanto il numero 3 è un
minorante per f @xD. Questa funzione non è invece dotata di maggioranti.
Osservazione. Ovviamente, se un certo numero k Î R è un minorante per una data funzione, anche tutti i numeri minori di ksono pure minoranti della stessa funzione; la stessa osservazione vale per i maggioranti.
Osservazione. Dal punto di vista geometrico, dire che k Î R è un minorante (risp. un maggiorante) per la funzione
f : X ® R, significa dire che il grafico di f è tutto al di sopra (risp. al di sotto) della retta di equazione y = k.
k
x
yk non è un minorante o un maggiorante
k
Osservazione. Osserviamo infine che le nozioni di minorante, maggiorante, funzione limitata ecc. dipendono in modoessenziale dall'insieme di partenza della funzione che si considera. Ad esempio, la funzione f @xD = 1 � x è illimitata
superiormente nell'insieme X =D 0, +¥@, ma è invece limitata superiormente nell'insieme X = @1, +¥@.
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Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
4. Estremi di funzioni45
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1x
k
y
f @xD=1
x
X=@1,+¥@
1.4.2. Massimo e minimo di una funzione
Diamo la seguente definizione.
Definizione 1.4.2 - 86. (Minimo e massimo di una funzione, punto di minimo e punto di massimo)Sia f : X ® R una funzione definita in X a valori in R. Se esiste il minimo (risp. il massimo) elemento del codominio f @X Ddi f , esso si dice minimo (risp. massimo) di f in X , e si indica con:
MinxÎ X
f @xD (risp. con MaxxÎ X
f @xD).In altri termini, un numero m Î R (risp. M Î R) si dice minimo (risp. massimo) di f in X se esiste x0 Î X tale che
m = f @x0D e per ogni x Î X si abbia m = f @x0D £ f @xD (risp. M = f @x0D e per ogni x Î X si abbia f @xD £ f @x0D = M.Infine, un punto x0 Î X tale che
f @x0D = MinxÎ X
f @xD (risp. f @x0D = MaxxÎ X
f @xD),si dice punto di minimo (risp. punto di massimo).
Osservazione. Ovviamente il minimo ed il massimo di una funzione, se esistono, sono unici, mentre non sononecessariamente unici i punti di minimo o di massimo, come si vede nella seguente figura.
k
x
y
k
Per alcune funzioni come, ad esempio le funzioni Sin@xD e Cos@xD, vi possono essere anche infiniti punti di minimo e/o dimassimo.
Una funzione f : X ® R non è necessariamente dotata di minimo e/o di massimo; ciò può accadere perché la funzione è
illimitata inferiormente e/o superiormente, il che significa, per definizione, che il suo codominio f @X D è illimitato
inferiormente e/o superiormente. In tal caso, come sappiamo, non esiste il minimo e/o il massimo di f @X D.Può anche accadere che una funzione, pur essendo limitata, non sia dotata di minimo e/o di massimo.
Ad esempio, la funzione rappresentata nella seguente figura:
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Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
4. Estremi di funzioni46
Settembre 2010
Ad esempio, la funzione rappresentata nella seguente figura:
x
-1
1
y
è definita in tutto R, ed ha come codominio l'intervallo aperto D - 1, 1@; tale codominio non è dotato né di minimo nè dimassimo, quindi anche la funzione data non è dotata né di minimo né di massimo in R.
Anche la funzione rappresentata nella seguente figura è limitata, ma non ammette né minimo né massimo:
x
y
1
34
6
Il motivo è che tale funzione ha come codominio l'insieme f @X D =D 1, 3D Ü @4, 6@, che non è dotato né di minimo né di
massimo.
1.4.3. Estremo inferiore e superiore di una funzione
Come per le nozioni di minorante e maggiorante, di minimo e di massimo, possimo introdurre la nozione di estremo inferioreo superiore di una funzione facendo riferimento al suo codominio.
Definizione 1.4.3 - 87. (Estremo inferiore e superiore di una funzione)Sia f : X ® R una funzione definita in X a valori in R; si dice estremo inferiore (risp. estremo superiore) di f in X ,
l'estremo inferiore (risp. l'estremo superiore) del suo codominio f @X D. Esso si indica coninfxÎ X
f @xD (risp. con supxÎ X
f @xD).Osservazione. A differenza del minimo e del massimo, una funzione f @xD è sempre dotata di estremo inferiore e superiore;
se f @xD è illimitata inferiormente, il suo estremo inferiore è -¥, se è illimitata superiormente, il suo esremo superiore è +¥.
Esempio 1.4.3 - 88.
La funzione
x
-1
1
y
ha come codominio l'intervallo f @RD =D - 1, 1@, quindi:
infxÎ R
f @xD = -1, supxÎ R
f @xD = -1.
Carlo Greco :
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4. Estremi di funzioni47
Settembre 2010
infxÎ R
f @xD = -1, supxÎ R
f @xD = -1.
Esempio 1.4.3 - 89.
La funzione
x
y
1
34
6
ha come codominio l'insieme f @X D =D 1, 3D Ü @4, 6@, quindi:
infxÎ X
f @xD = 1, supxÎ X
f @xD = 6.
Esempio 1.4.3 - 90.
La funzione f @xD = x2 + 1 (una parabola) ha come codominio l'intervallo f @RD = @1, +¥@, quindi:
infxÎ R
f @xD = 1, supxÎ R
f @xD = +¥.
Osservazione. Esattamente come per gli insiemi numerici si ha che:
- se la funzione f : X ® R è dotata di minimo (risp. di massimo), allora:
minxÎ X
f @xD = infxÎ X
f @xD (risp. maxxÎ X
f @xD = supxÎ X
f @xD).- la funzione f : X ® R è dotata di minimo (risp. di massimo) se e solo se:
infxÎ X
f @xD Î f @X D (risp. supxÎ X
f @xD Î f @X D).Ricordiamo ora le proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore (superiore) di un insieme numerico:
se Y Ì R e Λ Î R, allora:
Λ = inf Y se e solo se 1 °L Λ £ y per ogni y Î Y
2 °L per ogni Α Î R, con Λ < Α, esiste y Î Y tale che y < Α
Analogamente:
Λ = sup Y se e solo se 1 °L y £ Λ per ogni y Î Y
2 °L per ogni Α Î R, con Α < Λ, esiste y Î Y tale che Α < y
Come per gli insiemi numerici, anche per le funzioni possiamo enunciare delle proprietà caratteristiche che ci consentono didimostrare che un certo Λ Î R è l'estremo inferiore o superiore di una data funzione.
Si ha infatti il seguente teorema.
Teorema 1.4.3 - 91. (Proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore e superiore di una funzione)Sia f : X ® R una funzione definita in X a valori in R, e sia Λ Î R. Allora le seguenti due proposizioni sono equivalenti:a) Λ = inf
xÎ X
f @xDb)
1 °L Λ £ f @xD per ogni x Î X
2 °L per ogni Α Î R, con Λ < Α , esiste x Î X tale che f @xD < Α
Analogamente sono equivalenti le seguenti due proposizioni:
Carlo Greco :
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4. Estremi di funzioni48
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Analogamente sono equivalenti le seguenti due proposizioni:a) Λ = sup
xÎ X
f @xDb)
1 °L f @xD £ Λ per ogni x Î X
2 °L per ogni Α Î R, con Λ < Α , esiste x Î X tale che Α < f @xDDimostrazione.
Dimostriamo la parte relativa all'estremo inferiore, essendo l'altra analoga. Si ha, ricordando la definizione di codominio, e leproprietà caratteristiche dell'estremo inferiore di un insieme numerico:
aL � Λ = infxÎ X
f @xD � Λ = inf f @X D �1 °L Λ £ y per ogni y Î f @X D2 °L per ogni Α Î R, con Λ < Α, esiste y Î f @X D tale che y < Α
�
�1 °L Λ £ f @xD per ogni x Î X
2 °L per ogni Α Î R, con Λ < Α, esiste x Î X tale che f @xD < Α� bL,
e con questa catena di equivalenze il teorema è dimostrato. à
Osservazione. Le proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore ci dicono che un certo Λ Î R è l'estremo inferiore di f @xD se
e solo se:
1°) Λ è un minorante di f @xD;2°) se Α è un numero maggiore di Λ, è possibile trovare un valore della funzione minore di Α.
Analogamente, un certo Λ Î R è l'estremo superiore di f @xD se e solo se:
1°) Λ è un maggiorante di f @xD;2°) se Α è un numero minore di Λ, è possibile trovare un valore della funzione maggiore di Α.
Vediamo ora di illustrare il significato e l'utilizzo delle proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore e superiore di unafunzione mediante i seguenti esempi.
Esempio 1.4.3 - 92.
Verificare che
infxÎ R
x2+2
x2+1= 1.
Dobbiamo utilizzare le proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore di una funzione. Anzitutto dobbiamo far vedere che 1 èun minorante della funzione, cioé che:
per ogni x Î R, si ha 1 £x2+2
x2+1.
Infatti basta risolvere la disequazione:
1 £x2+2
x2+1 � x2 + 1 £ x2 + 2 � 1 £ 2,
e si vede che essa è soddisfatta per ogni x Î R, e quindi la prima proprietà è soddisfatta. Per verificare la seconda, prendiamoun numero Α > 1, e cerchiamo di risolvere la disequazione:
x2+2
x2+1< Α;
se essa è soddisfatta per almeno un x Î R, anche la seconda proprietà è soddisfatta.
In effetti si ha:
x2+2
x2+1< Α � x2 + 2 < Α x2 + Α � 2 - Α < HΑ - 1L x2 �
H*L x2 >
2-Α
Α-1
(l'implicazione H*L è giustificata dal fatto che Α > 1). Risolviamo ora l'ultima disequazione x2 >2-Α
Α-1; si ha evidentemente:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
4. Estremi di funzioni49
Settembre 2010
(l'implicazione H*L è giustificata dal fatto che Α > 1). Risolviamo ora l'ultima disequazione x2 >2-Α
Α-1; si ha evidentemente:
x2 >2-Α
Α-1 �
x Î R se 2 - Α < 0, cioé se Α > 2
x Î R \ 80< se 2 - Α = 0, cioé se Α = 2
x¤ >2-Α
Α-1se 2 - Α > 0, cioé se Α < 2
In tutti i casi essa ammette almeno una soluzione (in effetti infinite soluzioni), quindi anche la seconda proprietà è verificata.
Grafico
Α
x
yf @xD < Α per ogni x
Α
1
2
Vogliamo ora esporre un esempio leggermente più complicato.
Esempio 1.4.3 - 93.
Verificare che
infxÎ@1,+¥@ I1 -
x
x+1Cos@xD2M = 0.
Anche in questo caso adoperiamo le proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore; la prima proprietà dice che, per ognix Î @1, +¥@, si deve avere:
1 -x
x+1Cos@xD2 ³ 0.
In effetti, per ogni x Î @1, +¥@, si ha:
1 -x
x+1Cos@xD2 ³ 0 � x
x+1Cos@xD2 £ 1 �
H*L Cos@xD2 £
x+1
x= 1 +
1
x
(l'implicazione H*L è giustificata dal fatto che, per x ³ 1, x
x+1 è strettamente positivo).
Ora, l'ultima disequazione a cui siamo arrivati, cioé Cos@xD2 £ 1 +1
x, è certamente soddisfatta in @1, +¥@, e dunque la prima
proprietà caratteristica dell'estremo inferiore è soddisfatta.
Per quanto riguarda la seconda proprietà, prendiamo un numero Α > 0, e cerchiamo di risolvere la disequazione:
1 -x
x+1Cos@xD2 < Α.
Se essa ammette almeno una soluzione x0 Î @1, +¥@, anche la seconda proprietà caratteristica dell'estremo inferiore èsoddisfatta.
Tale disequazione equivale a:
1 -x
x+1Cos@xD2 < Α � x
x+1Cos@xD2 > 1 - Α �
H*L Cos@xD2 > H1 - ΑL x+1
x.
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Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
4. Estremi di funzioni50
Settembre 2010
1 -x
x+1Cos@xD2 < Α � x
x+1Cos@xD2 > 1 - Α �
H*L Cos@xD2 > H1 - ΑL x+1
x.
(Anche questa volta l'implicazione H*L è giustificata dal fatto che, per x ³ 1, x
x+1 è strettamente positivo).
La disequazione a cui siamo arrivati, cioé Cos@xD2 > H1 - ΑL x+1
x, non può essere risolta esplicitamente, in quanto è una
disequazione trascendente, e, in più, contiene anche il parametro Α. A noi tuttavia, non interessa risolvere esplicitamente taledisequazione, ma solo dimostrare che ha almeno una soluzione x0 Î @1, +¥@; ora, poiché il massimo valore assunto daCos@xD2 è uno, ed esso è assunto in tutti i punti del tipo xn = n Π, è naturale cercare di vedere se in uno di tali punti la nostradisequazione è soddisfatta.
In effetti, sostituendo xn = n Π nella disequazione, si ha:
1 = Cos@n ΠD2 > H1 - ΑL n Π+1
n Π � 1 > H1 - ΑL J1 +
1
n ΠN � 0 > -Α +
1-Α
n Π � n >
1-Α
Α Π.
Ora, l'ultima disequazione, cioé n >1-Α
Α Π, è certamente soddisfatta pur di prendere n Î N sufficientemente grande, e ciò basta
a dire che anche la seconda proprietà caratteristica dell'estremo inferiore è soddisfatta.
Il ragionamento fatto è illustrato nella seguente figura.
Α
x
yf @xD < Α almeno nel punto xn
Α
1
xn
Vediamo infine un ultimo esempio sull'utilizzo delle proprietà caratteristiche dell'estremo superiore.
Esempio 1.4.3 - 94.
Verificare che
supxÎD 1,+¥@
x-3 x +2
1- x= 1.
Per verificare la prima proprietà caratteristica dell'estremo superiore dobbiamo verificare che 1 è un maggiorante dellafunzione data nell'intervallo D 1, +¥@, cioé che, per ogni x ÎD 1, +¥@, si ha:
x-3 x +2
1- x£ 1.
Risolviamo infatti tale disequazione; osservando che x - 3 x + 2 = I x - 1M I x - 2M, si ha:
x-3 x +2
1- x£ 1 �
J x -1N J x -2N1- x
£ 1 � 2 - x £ 1 � 1 £ x ,
quindi la disequazione data è soddisfatta per ogni x ÎD 1, +¥@.Verifichiamo ora la seconda proprietà caratteristica dell'estremo superiore. A tale scopo, prendiamo un Α < 1; dobbiamodimostrare che la disequazione
Carlo Greco :
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4. Estremi di funzioni51
Settembre 2010
Verifichiamo ora la seconda proprietà caratteristica dell'estremo superiore. A tale scopo, prendiamo un Α < 1; dobbiamodimostrare che la disequazione
x-3 x +2
1- x> Α
ammette almeno una soluzione x0 ÎD 1, +¥@.In effetti, risolvendo tale disequazione si ha:
x-3 x +2
1- x> Α �
J x -1N J x -2N1- x
> Α � 2 - x > Α � x < 2 - Α.
Ora, l'ultima disequazione, cioé x < 2 - Α, è soddisfatta per x Î A0, H2 - ΑL2@, e poiché H2 - ΑL2 > 1, la disequazione data,
cioé x-3 x +2
1- x> Α ammette soluzioni nell'intervallo D 1, +¥@.
Α
x
yf @xD > Α nell'intervallo D1, H2-ΑL2@
Α
1
1 H2-ΑL2
1.4.4. Esercizi
Esercizio 1.4.4 - 95.
Verificare che
infx Î R
x2+3
x2+1= 1; inf
x Î R
x2+1
3 x2+1=
1
3; sup
x Î R
2 x2+1
3 x2+2=
2
3; inf
x Î R
x2+3
x2+1= 1.
Esercizio 1.4.4 - 96.
Verificare che gli estremi inferiori e superiori dell'esercizio precedente non sono anche minimi o massimi.
Esercizio 1.4.4 - 97.
Verificare, adoperando le proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore, che:
infx Î R
Ix2 - 2 xM = -1
(Si osservi che -1 è anche il minimo della funzione data).
Esercizio 1.4.4 - 98.
Consideriamo ora una funzione definita nel modo seguente: suddividiamo l'intervallo @0, +¥@ negli infiniti intervalli a due adue disgiunti @0, 1@Ü@1, 2@Ü2, 3@ º, e sia f : @0, +¥@ ® R così definita:
f @xD =1 negli intervalli @2 k, 2 k + 1@, con k Î N
1
xnegli intervalli @2 k + 1, 2 k + 2@, con k Î N
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4. Estremi di funzioni52
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f @xD =1 negli intervalli @2 k, 2 k + 1@, con k Î N
1
xnegli intervalli @2 k + 1, 2 k + 2@, con k Î N
In altri termini, la funzione f è definita in due modi diversi a seconda che ci si trovi in intervalli con primo estremo pari o
con primo estremo dispari. Negli intervalli con primo estremo pari f è costante a costante valore 1, negli altri essa è un arco
di iperbole.Il suo grafico è il seguente.
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10x
1
Verificare che:
infx Î @0,+¥@ f @xD = 0.
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4. Estremi di funzioni53
Settembre 2010
1.5. Funzioni monotone
1.5.1. Definizioni
Consideriamo una funzione f : E ® R avente il seguente grafico:
x1 x2
x
f @x1D
f @x2D
y
Se prendiamo due valori della variabile indipendente x1 ed x2, con x1 < x2, e confrontiamo i corrispondenti valori f @x1D ed
f @x2D, notiamo che f @x1D < f @x2D, e questo accade per ogni scelta di x1 ed x2, purché sia x1 < x2. Dunque, se diamo ad x
valori via via più grandi, aumentano corrispondentemente i valori assunti da f @xD. In tale situazione si dice che f è
strettamente crescente in E.
Esercizio 1.5.1 - 99.
Nel seguente grafico, verificare che, comunque si prenda la coppia x1, x2 sull'asse x, con x1 < x2, si ha sempref @x1D < f @x2D, quindi la funzione f @xD è strettamente crescente.
x
y
x1
f @x1D
f @x2D
x2
f @x1D<f @x2D
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5. Funzioni monotone54
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Esercizio 1.5.1 - 100.
Verificare che, per la funzione seguente, non è vero che, comunque si prenda la coppia x1, x2 sull'asse x, si ha sempref @x1D < f @x2D, cioé esistono delle eccezioni a questa situazione. Non possiamo quindi affermare che la funzione f @xD data sia
strettamente crescente.
x
y
x1
f @x1D
f @x2D
x2
x1 < x2 � f @x1D < f @x2D
Analoghe considerazioni conducono alla nozione di funzione strettamente decrescente. Possiamo pertanto dare la seguentedefinizione.
Definizione 1.5.1 - 101. (Stretta crescenza o decrescenza)Una funzione f : X ® R si dice strettamente crescente (risp. strettamente decrescente) in X , se, per ogni x1 e x2 Î X , con
x1 < x2, risulta f @x1D < f @x2D (risp. f @x1D > f @x2D).In generale una funzione può essere strettamente crescente in un certo intervallo del suo insieme di definizione, estrettamente decrescente in un altro. Ad esempio, la funzione f @xD = 1 - x2, il cui grafico è il seguente:
-2 -1 1x
-3
-2
-1
y
è strettamente crescente nell' intervallo D - ¥, 0D, e strettamente decrescente nell' intervallo @0, +¥@.Talvolta può capitare che una funzione non sia proprio strettamente crescente, ma abbia dei tratti "pianeggianti" :
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5. Funzioni monotone55
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1 2 3x
1
2
y
Se prendiamo x1 e x2, con x1 < x2 nella zona "pianeggiante", si ha f @x1D = f @x2D. Dunque, se prendiamo x1 e x2
arbitrariamente in X , (ma sempre con x1 < x2), è verificata solo la condizione più debole f @x1D £ f @x2D. Funzioni di questo
tipo si dicono crescenti. In modo analogo si introduce la nozione di funzione decrescente.
Definizione 1.5.1 - 102. (Crescenza e decrescenza)Una funzione f : X ® R si dice crescente (risp. decrescente) in X , se, per ogni x1 e x2 Î X , con x1 < x2, risulta
f @x1D £ f @x2D (risp. f @x1D > f @x2D).Diamo infine la seguente definizione:
Definizione 1.5.1 - 103. (Monotonia)Una funzione strettamente crescente o strettamente decrescente si dice strettamente monotona. Una funzione crescente o
decrescente si dice monotona.
1.5.2. Proprietà delle funzioni monotone
Nel seguente teorema sono elencate alcune proprietà delle funzioni monotone per quanto riguarda somma, prodotto equoziente.
Teorema 1.5.2 - 104. (Somma, prodotto e reciproco di funzioni strettamente monotone)Siano f : X ® R e g : X ® R due funzioni strettamente crescenti (risp. strettamente decrescenti). Allora:1°) la somma f + g è strettamente crescente (risp. strettamente decrescente);2°) se f > 0 e g > 0, il loro prodotto f g è strettamente crescente (risp. strettamente decrescente);3°) la funzione - f è strettamente decrescente (risp. strettamente crescente);
4°) se f > 0 oppure f < 0, allora 1
f è strettamente decrescente (risp. strettamente crescente).
Dimostrazione.
Supponiamo, per fissare le idee, che f e g siano strettamente crescenti (se sono strettamente decrescenti la dimostrazione è
analoga). Siano x1, x2 Î X , con x1 < x2; poiché f e g sono strettamente crescenti, si ha che:
1.5.2 - 105f @x1D < f @x2D e g@x1D < [email protected] ciò segue immediatamente che:
1°) f @x1D + g@x1D < f @x2D + g@x2D, pertanto f + g è strettamente crescente.
2°) Sempre dalla 1.5.2 - 105 si ha che, se f > 0 e g > 0, moltiplicando membro a membro si ha f @x1D g@x1D < f @x2D g@x2D,pertanto anche f @xD g@xD è strettamente crescente.
3°) E' ovvia in quanto f @x1D < f @x2D implica che - f @x2D < - f @x1D.4°) Se f > 0 oppure f < 0, i due numeri f @x1D ed f @x2D sono entrambe positivi oppure entrambe negativi, pertanto, da
f @x1D < f @x2D, passando ai reciproci, si ha 1
f @x2D <1
f @x1D . à
Osservazione. Il teorema precedente può essere esteso alle funzioni monotone non strettamente; ad esempio, la somma didue funzioni crescenti è crescente. Si può anche precisare che affinché tale somma sia strettamente crescnte, basta che unasola delle due funzioni lo sia.
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5. Funzioni monotone56
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Osservazione. Il teorema precedente può essere esteso alle funzioni monotone non strettamente; ad esempio, la somma didue funzioni crescenti è crescente. Si può anche precisare che affinché tale somma sia strettamente crescnte, basta che unasola delle due funzioni lo sia.
Osservazioni analoghe possono essere fatte per gli altri punti.
Osservazione. Ovviamente la differenza o il quoziente di due funzioni ad esempio strettamente crescenti non è, in generale,monotona; ad esempio le due funzioni f @xD = x e g@xD = x2 sono strettamente crescenti nell'intervallo @0 + ¥@, ma la loro
differenza x - x2 non è monotona in tale intervallo.
Vediamo ora cosa si può dire per quanto riguarda la composizione di funzioni monotone.
Teorema 1.5.2 - 106. (Composizione di funzioni strettamente monotone)Siano f : X ® Y e g : Y ® R due funzioni. Allora:1°) se esse sono entrambe strettamente crescenti o strettamente decrescenti, la funzione composta g@ f @xD è strettamente
crescente;2°) se f è strettamente crescente e g è strettamente decrescente o viceversa, allora la funzione composta g@ f @xD è
strettamente decrescente.
Dimostrazione.
1°) Supponiamo ad esempio che entrambe le funzioni siano strettamente decrescenti; per dimostrare che g@ f @xDD è
strettamente crescente, fissiamo x1 ed x2 Î X , con x1 < x2. Si ha allora:
f @x2D < f @x1D � g@ f @x2DD > g@ f @x1DD � g@ f @x1DD < g@ f @x2DD.2°) è analoga. à
Si ha infine il seguente teorema.
Teorema 1.5.2 - 107. (Ingettività delle funzioni strettamente monotone)Una funzione strettamente monotona è ingettiva, e pertanto invertibile; inoltre la sua inversa ha lo stesso tipo di monotonia.
Dimostrazione.
Sia f : X ® R una funzione strettamente monotona, ad esempio strettamente crescente; è ovvio che essa è ingettiva e quindi
invertibile; resta da dimostrare che la sua inversa f -1 : f @X D ® X è pure strettamente crescente; a tale scopo, siano y1 e y2
due elementi di f @X D, con y1 < y2; esistono allora x1 e x2 Î X tali che y1 = f @x1D e y2 = f @x1D; poiché stiamo supponendo
y1 < y2 ed f @xD strettamente crescente, dovrà essere necessariamente x1 < x2 (in caso contrario si avrebbe infatti y2 £ y1).
Ma allora:
f -1@y1D = x1 < x2 = f -1@y2D,e questo dimostra che f -1 è strettamente crescente. à
1.5.3. Esercizi
Esercizio 1.5.3 - 108.
Utilizzando la definizione di funzione strettamente crescente, dimostrare che la funzione f @xD = 3 x - 2 è strettamente
crescente.
Esercizio 1.5.3 - 109.
Una certa funzione f @xD è definita in R \ 80<, ed è strettamente crescente sia nell'intervallo D - ¥, 0@ che nell'intervallo
D 0, +¥@; possiamo dire che è strettamente crescente in tutto il suo dominio di definizione?
Carlo Greco :
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5. Funzioni monotone57
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Esercizio 1.5.3 - 110.
Sia f : E ® R una funzione strettamente crescente; dimostrare che, se k è un numero reale strettamente positivo, allora k f @xDè strettamente crescente, mentre, se k è un numero reale strettamente negativo, k f @xD è una funzione strettamente
decrescente.
Esercizio 1.5.3 - 111.
Sia f : @0, 2D ® @0, 3D la funzione così definita:
f @xD =x se 0 £ x £ 1
4 - x se 1 < x £ 2
Disegnare il grafico di f @xD e dire se è crescente, decrescente, surgettiva o ingettiva. Se è ingettiva, calcolarne l'inversa e
disegnarla.
Carlo Greco :
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5. Funzioni monotone58
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1.6. Successioni
1.6.1. Definizioni
Ci siamo fino adesso occupati di funzioni definite di solito su intervalli o unioni di intervalli; sappiamo però che una
funzione f : X ® R è una legge che associa ad ogni elemento di un arbitrario insieme X uno ed un solo elemento di R, e
può talvolta capitare di considerare funzioni che hanno, come insieme di partenza, l'insieme N degli interi naturali o un suosottoinsieme.
Ad esempio, consideriamo la legge che associa ad ogni n intero naturale, il suo fattoriale: f @nD = n !; è chiaro che si ottiene la
seguente corrispondenza:
n
n f @nD = n!
1 1º ººº
Possiamo rappresentare la situazione in un grafico:
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12x1
26
24120
720
5040
40 320
362 880
3 628 800
y
Sull'asse x abbiamo l'insieme di partenza di f , costituito dai numeri interi naturali 1, 2, 3, 4,... e il grafico di f è costituito da
una serie di punti isolati del piano cartesiano.
Una tale funzione si chiama, più propriamente, successione di numeri reali, e si indica, brevemente, con Hn !Ln. Più ingenerale, si ha la seguente definizione.
Definizione 1.6.1 - 112. (Successione)Si dice successione di numeri reali di termine generale yn, e si indica con HynLn la funzione che associa ad ogni n Î N , il
numero reale yn.
Esempio 1.6.1 - 113.
La successione Ha n + bLn, dove a e b sono due numeri reali fissati, è la funzione che associa ad ogni intero naturale n il
numero reale yn = a n + b; questa successione si chiama progressione aritmetica, ed ha la proprietà che la differenza tra
ogni termine e il precedente è costante: yn+1 - yn = Ha Hn + 1L + bL - Ha n + bL = a.
Carlo Greco :
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6. Successioni59
Settembre 2010
Esempio 1.6.1 - 114.
La successione HqnLn, dove q è un numero reale fissato, è la funzione che associa ad ogni intero naturale n il numero reale
yn = qn, e questa successione si chiama progressione geometrica di ragione q. Essa ha la proprietà che il quoziente di ogni
termine con il precedente è costante: yn+1
yn=
qn+1
qn = q.
Generalmente la progressione geometrica di ragione q viene considerata a partire da n = 0, cosicché, essendo q0 = 1, i suoi
primi termini sono: 1, q, q2, q3, ...
Ricordiamo inoltre la formula per la somma dei primi n termini di una progressione geometrica:
Úk=0
nqk = 1 + q + ... + qn =
1-qn+1
1-q, valida per q ¹ 1.
Infatti, posto s = 1 + q + ... + qn, si ha: q s = q + q2 ... + qn+1 e, sottraendo membro a membro: s - q s = 1 - qn+1, da
cui la formula precedente.
Esempio 1.6.1 - 115.
La successione I n
n+1Mn
è la funzione che associa ad ogni intero naturale n il numero reale n
n+1; sostituendo ad n i numeri
1, 2, 3, ..., si ottiene: 1
2, 2
3, 3
4, ..., che sono i primi elementi della successione. Grafico:
5 10 15x
1�22�33�4
y
Osservazione. Molte successioni si possono considerare, in modo naturale, la restrizione ad N di una funzione definita in
uno o più intervalli di R. Ad esempio, la successione J n
n2+1Nn, può essere considerata la restrizione ad N della funzione
f @xD =x
x2+1 (definita in R). Nella seguente figura sovrapponiamo i due grafici.
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12x
y
Altre successioni, come ad esempio quelle che coinvolgono il fattoriale di n, non sono restrizioni ad N di funzioni elementaridefinite in R.
Alle successioni si estendono, in modo naturale, molte definizioni e teoremi studiati per le funzioni. Anzitutto il codominio di
una successione è l'insieme 8y1, y2, ..., yn, ...<, che si dice anche insieme degli elementi della successione.
Una successione è poi monotona crescente (decrescente, ecc.) se ogni termine è minore (maggiore) o uguale del successivo:
Definizione 1.6.1 - 116. (Monotonia per le successioni)
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
6. Successioni60
Settembre 2010
Definizione 1.6.1 - 116.
(Monotonia per le successioni)Una successione HynLn si dice crescente (risp. decrescente, strettamente crescente, strettamente decrescente), se, per ogni
n Î N , si ha: yn £ yn+1 (risp. yn ³ yn+1, yn < yn+1, yn > yn+1).
Una successione crescente o decrescente si dice monotona; una successione strettamente crescente o strettamente
decrescente si dice strettamente monotona.Esempio 1.6.1 - 117.
Verificare che la successione I n!
n+1Mn è strettamente crescente.
Dobbiamo dimostrare che, per ogni n, si ha: yn < yn+1, cioé n!
n+1<
Hn+1L!
n+2. In effetti, si ha:
n !
n + 1<
Hn + 1L !
n + 2�
n + 2
n + 1<
Hn + 1L !
n !�
n + 2
n + 1< n + 1 �
1
n + 1< n.
Poiché l'ultima disuguaglianza è certamente vera per ogni n intero naturale, anche la prima lo è.
E' facile verificare che, se una successione HynLn è la restrizione ad N di una funzione f crescente (decrescente, ecc.)
nell'intervallo @1, +¥@, allora anche la successione data è crescente (risp. decrescente, ecc.).
1.6.2. Esercizi
Esercizio 1.6.2 - 118. (Successioni)
Rappresentare graficamente le seguenti successioni:
1
n n
; In2Mn;
1
1 + n n
; I16 - n2Mn.
Esercizio 1.6.2 - 119.
Verificare, adoperando la definizione di successione strettamente crescente, che le seguenti successioni sono strettamentecrescenti:
1°) I2 n2 + 1Mn;
2°) J n2
n2+1Nn;
3°) I2 n +1
nMn.
Esercizio 1.6.2 - 120.
Calcolare la somma seguente:
1 +1
4+
1
16+
1
64+
1
256+
1
1024.
Esercizio 1.6.2 - 121.
Calcolare la somma seguente:
ân=5
15 1
2n.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte1. Funzioni e loro grafici
6. Successioni61
Settembre 2010
2. Funzioni elementari
Nelle sezioni precedenti abbiamo introdotto alcune funzioni elementari, essenzialmente la funzione potenza n -esima, lafunzione radice n -esima e il valore assoluto. Introdurremo ora altre importanti funzioni elementari, cioé la funzioneesponenziale, la funzione logaritmo, le funzioni trigonometriche e le loro inverse.
2.1. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo
2.1.1. Funzione esponenziale
Per definire la funzione esponenziale di base a, con a > 0, iniziamo a vedere come si può definire il numero ax per qualunquex Î R.
1°) passo: definiamo am con m Î Z. Ovviamente am non è altro che a moltiplicato per se stesso m volte se m è un intero
positivo, 1
a moltiplicato per se stesso -m volte se m è un intero negativo; si pone infine a0 = 1.
Ad esempio, a4 = a´a´a´a, mentre, ad esempio: a-3 =1
a´
1
a´
1
a, ecc. ecc....
2° passo: definiamo aq con q Î Q. Prendiamo dunque q Î Q; q può essere scritto come frazione: q =m
n, dove m è un intero
relativo, ed n è un intero naturale (non nullo). Poniamo allora:
aq = amn.
Si verifica facilmente che, se q =m
n=
m¢
n¢, si ha anche amn
= am'n', quindi il secondo membro della formula precedente
non dipende dalla particolare frazione scelta per rappresentare q.
Ad esempio, 54.25 = 5425�100 = 54250�1000.
3°) passo: dobbiamo ora definire ax con x Î R. Per fare ciò, fissiamo x Î R, e osserviamo che esso può essere approssimatoper difetto e per eccesso mediante numeri razionali. Consideriamo dunque i due insiemi
A = {q Î Q | con q < x}, B = {q Î Q | con x < q}.
L'insieme A è costituito da tutti i numeri razionali minori di x, B è costituito da tutti i razionali maggiori di x, comeschematizzato nella seguente figura.
xx
y
A B
I punti sull'asse x rappresentano i numeri razionali, che, ovviamente, si devono pensare distribuiti densamente sull'asse x. Idue insiemi A e B sono contigui, ed hanno x come elemento di separazione. Consideriamo gli insiemi che si ottengonoelevando la base a a tutti i numeri razionali minori di x:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte2. Funzioni elementari
6. Successioni62
Settembre 2010
A ' = 8aq con q < x<, B ' = 8aq con x < q<.Gli insiemi numerici A ' e B ' possono essere raffigurati sull'asse y:
xx
®
y
A B
A '
B '
Si può dimostrare che i due nuovi insiemi numerici A ' e B ' sono contigui ("ereditano" la contiguità di A e B). A questo punto,
consideriamo l'unico elemento di separazione tra A ' e B ', certamente esistente per la proprietà di completezza di R, ed
indicato con una freccetta nel grafico precedente, e definiamo ax come tale elemento di separazione.Ad esempio, per definire (e contemporaneamente calcolare!) 2Π, consideriamo i due insiemi:
A ' = 923.1, 23.14, 23.141, 23.1415 , 23.14159 , 23.141592 , º =B ' = 923.2, 23.15, 23.142, 23.1416 , 23.14160 , 23.141593 , º =
Essi sono contigui ed approssimano, rispettivamente, per difetto e per eccesso 2Π.
Osservazione importante. Per poter definire ax, è necessario che la base a sia strettamente positiva; ad esempio, -32.1 nonha senso nel campo reale, infatti significa
H-3L2.1 = H-3L2110= -32110
,
e la radice decima di -321 non esiste nel campo reale.
Ora che abbiamo definito ax per ogni x reale, ricordiamo alcune regole di calcolo.
Teorema 2.1.1 - 1. (Proprietà di ax)Siano a e b due numeri reali strettamente positivi, e siano x ed y due numeri reali qualsiasi. Si ha: 1°) ax+ y = ax ay;2°) ax y = HaxLy;
3°) a-x =1
ax ;
4°) 1x = 1;5°) Ha bLx = ax bx.
Dimostrazione.
Omessa.
Diamo ora la seguente definizione.
Definizione 2.1.1 - 2. (Esponenziale)La funzione che associa ad ogni x Î R il numero reale ax, si chiama funzione esponenziale di base a.
Il grafico della funzione esponenziale varia a seconda che sia a > 1 oppure 0 < a < 1 (a £ 0 non può essere, e il caso a = 1 èbanale perché la funzione 1x è costante a costante valore 1).
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte2. Funzioni elementari
1. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo63
Settembre 2010
x
1
caso a > 1
x
1
caso 0 < a < 1
Come si vede, in entrambe i casi il grafico di ax passa per il punto H0, 1L perché a0 = 1, e la funzione esponenziale di base a èstrettamente crescente se a > 0, mentre è strettamente decrescente nell'altro caso. Inoltre il grafico si avvicina sempre piùall'asse x: l'asse x è un asintoto orizzontale per ax.
Il codominio della funzione esponenziale è D 0, +¥@.Infine, nel grafico seguente sono messe a confronto due funzioni esponenziali con basi diverse.
-4 -2 2x
1
2
3
4
2x5x
Osservazione. Come vedremo in seguito, ha interesse considerare la funzione esponenziale avente come base un particolarenumero reale (irrazionale) che si chiama numero di Nepero. Tale numero si indica con ã, ed è uguale a2.7182818284590452354.
Spesso, quando si parla di funzione esponenziale senza precisarne la base, si intende proprio la funzione ãx. Poiché ã > 1, ilsuo grafico rientra nel caso a > 1 (v. figure precedenti).
Esercizio 2.1.1 - 3.
Osservare come cambia il grafico della funzione esponenziale al cambiare della base. (La funzione fissa è f @xD = ex).
Base a
-4 -2 2 4x
2
4
6
8
y
ãx
ãx
2.1.2. Funzione logaritmo
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte2. Funzioni elementari
1. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo64
Settembre 2010
2.1.2.
Funzione logaritmo
La funzione esponenziale ax è ingettiva, perché è strettamente monotona sia nel caso a > 1 che nel caso 0 < a < 1. La sua
inversa si chiama funzione logaritmo in base a.
Definizione 2.1.2 - 4. (Logaritmo)L'inversa della funzione esponenziale di base a, con a > 1 oppure 0 < a < 1, si dice funzione logaritmo in base a, e si indica
con [email protected] grafico della funzione logaritmo si ottiene simmetrizzando quello della funzione esponenziale rispetto alla bisettrice delprimo quadrante. Poiché per la funzione esponenziale si distinguono i due casi a > 1 e 0 < a < 1, anche per la funzionelogaritmo si deve effettuare un'analoga distinzione di casi.
1x
y
Loga@xDHcaso a > 1L
1x
y
Loga@xDHcaso 0 < a < 1L
Come si vede, la funzione logaritmo è definita solo per x > 0 (in quanto il codominio della funzione esponenziale è, appunto,l'intervallo D 0, +¥@), è strettamente crescente se a > 1, strettamente decrescente nell'altro caso. Si annulla inoltre per x = 1:Loga@1D = 0.
La relazione che sussiste tra la funzione esponenziale e quella logaritmica, è illustrata dal seguente grafico.
x Loga@yD x
ax
y
yax Hcon a > 1L
Poiché il logaritmo in base a di y è la soluzione dell'equazione y = ax, possiamo dire, a parole, che il logaritmo di y non è
altro che l'esponente a cui si deve elevare la base a per ottenere y. In altri termini si ha, per definizione:
y = aLoga@yD per ogni y > 0 .
Ad esempio, Log2@16D = 4, perché 24 = 16.
Particolarmente importanti sono i logaritmi in base ã, dove ã è il numero di Nepero. La funzione Logã
@xD si indica, di solito,
con Log@xD, senza indicare la base.
Esercizio 2.1.2 - 5.
Osservare come cambia il grafico della funzione logaritmo al cambiare della base. (La funzione fissa è f @xD = Log@xD).
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte2. Funzioni elementari
1. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo65
Settembre 2010
Base a
2 4 6 8x
-4
-2
0
2
y
Log@xDLog@xD
Riassumiamo nel seguente teorema le proprietà più importanti dei logaritmi.
Teorema 2.1.2 - 6. (Proprietà dei logaritmi)Se a, b Î R, con a ¹ 1, b ¹ 1, e se x, y > 0, si ha:1°) Loga@x yD = Loga@xD + Loga@yD;2°) LogaB x
yF = Loga@xD - Loga@yD;
3°) Loga@xyD = y Loga@xD;4°) Loga@xD =
Logb@xDLogb@aD ;
5°) Loga@bD =1
Logb@aD .
Dimostrazione.
Omessa.
A queste proprietà aggiungiamo quelle che derivano dal fatto che le due funzioni, esponenziale e logaritmo, sono unal'inversa dell'altra:
aLoga@xD = x per ogni x > 0;
Loga@axD = x per ogni x Î R.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte2. Funzioni elementari
1. La funzione esponenziale e la funzione logaritmo66
Settembre 2010
2.2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse
2.2.1. La misura in radianti di un angolo
Com'è noto, per misurare un dato angolo in gradi, si suddivide l'angolo giro in 360 parti, ognuna delle quali si chiama grado,si suddivide poi ogni grado in 60 minuti, ogni minuto in 60 secondi, e si vede quanti gradi, minuti e secondi sono contenutinell'angolo dato. Indichiamo con Αg la misura in gradi dell'angolo Α.
Esiste però un'altro modo di misurare l'angolo Α, che sarà quello più usato nel seguito del corso, sostituendo completamentela misura in gradi. Tale metodo consiste nell'assegnare come misura all'angolo Α la lunghezza dell'arco di circonferenza
unitaria su cui "insiste" tale angolo. Indichiamo con Αr tale misura; essa è chiamata misura in radianti dell'angolo Α.
E' facile dimostrare che tra Αg ed Αr sussiste la seguente relazione di proporzionalità:
Αr =Π
180Αg .
Nella seguente figura è riportata la misura in gradi ed in radianti di alcuni angoli notevoli.
0 = 0° x
y
0Π
6
Π
4
Π
3
Π
2
2 Π
3
3 Π
4
5 Π
6Π
7 Π
6
5 Π
4
4 Π
3
3 Π
2
5 Π
3
7 Π
4
11 Π
6
0 30 45 60 90 120 135 150 180 210 225 240 270 300 315 330
Sarà indispensabile, nel seguito, considerare angoli di misura superiore a quella di un angolo giro, così come anche angoli dimisura negativa. Per dare significato a tali concetti, immaginiamo che l'angolo Α sia descritto da una semiretta mobile OP,dove il punto P ruota in senso antiorario sulla circonferenza unitaria. Possiamo dare allora significato ad un angolo di misurasuperiore a quella di un angolo giro pensando ad un angolo descritto da una semiretta OP che compie un intero girosuperando la posizione di partenza.
Ad esempio, un angolo di 3 Π radianti è descritto da una rotazione completa più un angolo di Π radianti.
Possiamo in modo analogo dare un significato ad un angolo di misura negativa pensando che esso sia descritto da una
rotazione in senso orario invece che antiorario. Ad esempio, un angolo di - Π
4 radianti è descritto da una rotazione in senso
orario pari a Π
4.
Carlo Greco :
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2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse67
Settembre 2010
-6 Π -4 Π -2 Π 0 2 Π 4 Π 6 Π
2.2.2. Le funzioni seno e coseno
La ragione di ciò che è stato fatto alla fine del paragrafo precedente, è che ora abbiamo definito una funzione che associa adogni numero reale x, positivo o negativo, un ben determinato punto P@xD sulla circonferenza unitaria.
Se misuriamo gli angoli in radianti, il numero x rappresenta precisamente la lunghezza orientata dell'arco AOP, con laconvenzione di tener conto dei giri fatti intorno all'origine.
Ovviamente tale funzione x ® P@xD non è ingettiva, anzi in un certo senso è periodica, dato che a valori di x che differisconodi 2 Π corrisponde lo stesso punto P: P@xD = P@x + 2 ΠD.L'ascissa e l'ordinata del punto P = P@xD si dicono, rispettivamente, coseno e seno di x.
x
ΠΠ
2
3 Π
2 2 Π
x
-1
1
y
f@xD = Sin@xD
Carlo Greco :
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2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse68
Settembre 2010
x
ΠΠ
2
3 Π
2 2 Π
x
-1
1
y
f@xD = Cos@xD
Si può allora dare la seguente definizione.
Definizione 2.2.2 - 7. (Seno e Coseno)Le due funzioni che associano ad ogni x Î R rispettivamente il seno ed il coseno di x, si dicono funzione seno e funzionecoseno.
Le funzioni seno e coseno sono definite in tutto R, e si denotano, rispettivamente, con Sin@xD, e con Cos@xD, per cui:
P@xD = HCos@xD, [email protected] grafico delle due funzioni Sin@xD e Cos@xD è il seguente.
-2 Π -3 Π
2 -Π
2-Π Π
Π
2
3 Π
2 2 Π
x
-1
1
y
Sin@xD Cos@xD
Come si vede, le due funzioni differiscono l'una dall'altra per una traslazione di ampiezza Π �2, cioé
Cos@xD = SinBx +Π
2F.
E' poi evidente che esse sono periodiche di periodo 2 Π. Ciò è dovuto al fatto che P@xD = P@x + 2 ΠD, come abbiamo giàosservato. Si vede anche subito che la funzione seno è dispari, mentre la funzione coseno è pari:
Sin@-xD = -Sin@xD, Cos@-xD = [email protected]é poi il seno ed il coseno sono l'ascissa e l'ordinata di un punto P@xD che si trova sulla circonferenza unitaria, si ha larelazione fondamentale
Sin@xD2 + Cos@xD2 = 1.
Le funzioni seno e coseno si annullano in infiniti punti, si ha infatti:
Sin@xD = 0 per x = k Π, con k Î Z,
Cos@xD = 0 per x =Π
2+ k Π, con k Î Z.
Assumono poi i valori 1 e -1, cioé il massimo ed il minimo, negli infiniti punti:
Sin@xD = ± 1 per x = ±Π
2+ 2 k Π, con k Î Z,
Cos@xD = 1 per x = 2 k Π, con k Î Z,
Carlo Greco :
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2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse69
Settembre 2010
Cos@xD = 1 per x = 2 k Π, con k Î Z,
Cos@xD = -1 per x = Π + 2 k Π, con k Î Z.
E' opportuno ricordare a memoria il seno e il coseno di alcuni angoli notevoli, che sono i seguenti:
SinA0E = 0
CosA0E = 1x
y
x 0Π
6
Π
4
Π
3
Π
2
2 Π
3
3 Π
4
5 Π
6Π
7 Π
6
5 Π
4
4 Π
3
3 Π
2
5 Π
3
7 Π
4
11 Π
6
Sin@xD 01
2
1
2
3
21
3
2
1
2
1
20 -
1
2-
1
2
-3
2-1 -
3
2-
1
2
-1
2
Cos@xD 13
2
1
2
1
20 -
1
2-
1
2
-3
2-1 -
3
2-
1
2
-1
20
1
2
1
2
3
2
In effetti, dalla prima parte di tale tabella, relativa al primo quadrante, grazie alle formule precedenti, si ricavano i valori delseno e del coseno degli altri angoli notevoli. Ad esempio:
SinB 5 Π
6F = SinB Π
6F =
1
2
SinB 3 Π
4F = SinB Π
4F =
2
2,
ecc. ecc.... Tra le altre formule trigonometriche, ricordiamo, in particolare, le formule di addizione e sottrazione:
Sin@x + yD = Sin@xD Cos@yD + Cos@xD Sin@yDCos@x + yD = Cos@xD Cos@yD - Sin@xD Sin@yD
Le formule di duplicazione:
Sin@2 xD = 2 Sin@xD Cos@xD,Cos@2 xD = Cos@xD2 - Sin@xD2 = 1 - 2 Sin@xD2 = 2 Cos@xD2 - 1,
quelle di bisezione:
Sin@xD = ±1-CosB x
2F
2
Cos@xD = ±1+CosB x
2F
2
nelle quali bisogna prendere il segno + o il segno - in accordo col segno del primo membro.
Tra le altre formule, ricordiamo infine la seguente (una delle formule di prostaferesi):
Carlo Greco :
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2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse70
Settembre 2010
Tra le altre formule, ricordiamo infine la seguente (una delle formule di prostaferesi):
Sin@xD - Sin@yD = 2 SinA x-y
2E CosA x+y
2E.
Osservazione. Le funzioni seno e coseno non sono monotone nel loro insieme naturale di definizione, cioé in tutto R. Losono però in opportune restrizioni. Ad esempio, esaminando il grafico della funzione seno, vediamo che essa è strettamente
crescente nell'intervallo A-Π
2, Π
2E, mentre la funzione coseno è strettamente decrescente nell'intervallo @0, ΠD.
2.2.3. Le funzioni arcoseno e arcocoseno
Introdurremo in questo paragrafo le cosiddette funzioni trigonometriche inverse, che sono necessarie per risolvere leequazioni e le disequazioni trigonometriche.
Osserviamo subito che il nome di funzioni trigonometriche inverse è improprio, in quanto le funzioni Sin@xD e Cos@xD, nonsono invertibili. Si procederà pertanto a definire l'inversa di opportune restrizioni di tali funzioni.
Definizione 2.2.3 - 8. (Arcoseno)Si dice funzione arcoseno, e si denota con ArcSin@xD l'inversa della restrizione della funzione Sin@xD all'intervallo A-
Π
2, Π
2E.
Tale definizione è lecita in quanto la funzione Sin@xD, ristretta all'intervallo A-Π
2, Π
2E è strettamente crescente e quindi è
invertibile.
Vediamo come possiamo tracciare il grafico di ArcSin@xD, dal quale ne "leggeremo" le proprietà. Anzitutto consideriamo la
restrizione all'intervallo A-Π
2, Π
2E di Sin@xD:
-Π
2
Π
2
x
-1
1
y
Chiaramente la funzione ottenuta è strettamente crescente, è definita solo in A-Π
2, Π
2E, ed ha infine come codominio
l'intervallo @-1, 1D.Simmetrizziamo ora tale grafico rispetto alla bisettrice del primo e del terzo quadrante. Otteniamo il grafico seguente:
Carlo Greco :
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2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse71
Settembre 2010
-1 1x
-Π
2
Π
2
y
Questo è, appunto, il grafico di ArcSin@xD. La funzione ArcSin@xD è definita nell'intervallo @-1, 1D, è strettamente crescente,
ed ha l'intervallo A-Π
2, Π
2E come codominio.
-Π
2
Π
2
x
-1
1
y
Sin@xD ristretta
all'intervallo B-
Π
2,
Π
2F
Osservazione. Possiamo anche dire che ArcSin@xD è l'arco, compreso tra - Π
2 e Π
2, il cui seno è uguale ad x. Tenendo conto di
questo, si ha la seguente tabella di valori di ArcSin@xD: x ArcSin@xD0 01
2
Π
6
2
2
Π
4
3
2
Π
3
1 Π
2
Osserviamo anche che la funzione ArcSin@xD è dispari, pertanto dalla tabella precedente si deduce anche il valore diArcSin@xD per x < 0.
Carlo Greco :
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2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse72
Settembre 2010
Osserviamo anche che la funzione ArcSin@xD è dispari, pertanto dalla tabella precedente si deduce anche il valore diArcSin@xD per x < 0.
La relazione che intercorre tra Sin@xD e ArcSin@xD può essere sintetizzata dal seguente grafico.
y01
2
y0
-1 -3
2
-1
2-
1
2 01
2
1
2
3
2 1
x
-1
1
yx0 = ArcSin@y0D
-2Π -3Π�2 -Π -Π�2 Π�2 Π 3Π�2 2Π 5Π�2 3Π
x-2 x-1 x0 x1 x2 x3 x4
y0
Osservazione. Se y Î @-1, 1D, esiste uno ed un solo x Î A-Π
2, Π
2E, tale che Sin@xD = y, e questo x è precisamente ArcSin@yD. Si
ha cioé
Sin@ArcSin@yDD = y per ogni y Î @-1, 1D.Esistono poi infiniti altri valori di x il cui seno è uguale ad y; questi altri valori di x, non più appartenenti all'intervallo
A-Π
2, Π
2E, sono dati dalla formula
x = k Π + H-1Lk ArcSin@yD, con k Î Z.
La funzione ArcSin@xD può essere utilizzata per la risoluzione delle equazioni trigonometriche del tipo Sin@xD = y, dove y è
un numero dato, come si vede nei seguenti esempi.
Esempio 2.2.3 - 9.
Risolvere l'equazione Sin@xD =3
2. Poiché 3
2Î @-1, 1D, che è il codominio di Sin@xD, l'equazione ammette soluzioni. Esse
sono date della formula precedente: si ha quindi x = k Π + H-1Lk ArcSinB 3
2F, e, tenendo conto della tabella precedente, si ha
x = k Π + H-1Lk Π
3, ossia, scrivendo la formula in modo più esplicito, x =
Π
3, x =
2 Π
3, x =
7 Π
3, x =
8 Π
3, e così via.
Esempio 2.2.3 - 10.
Risolvere l'equazione Sin@xD =2
4. Ovviamente 2
4Î @-1, 1D, pertanto l'equazione è certamente risolubile. Si ha quindi
x = k Π + H-1Lk ArcSinB 2
4F.
Questa volta, a differenza dell'esempio precedente, al numero 2
4 non corrisponde un arco notevole, pertanto il risultato
ottenuto non può essere reso più esplicito.
In modo analogo a quanto fatto per l'arcoseno, si introduce la funzione ArcCos@xD.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte2. Funzioni elementari
2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse73
Settembre 2010
In modo analogo a quanto fatto per l'arcoseno, si introduce la funzione [email protected] 2.2.3 - 11. (Arcocoseno)Si dice funzione arcocoseno, e si denota con ArcCos@xD, l'inversa della restrizione della funzione Cos@xD all'intervallo @0, Π D.La restrizione della funzione Cos[x] all'intervallo @0, ΠD è la seguente:
Π
2Π
x
-1
1
y
Come si vede, essa è strettamente decrescente in @0, ΠD, ed ha come codominio ancora l'intervallo @-1, 1D. La funzioneArcCos@xD è definita nell'intervallo @-1, 1D, è strettamente decrescente, ed ha l'intervallo @0, Π D come codominio.
Il grafico della funzione ArcCos@xD è il seguente.
-1 1x
Π
2
Π
y
Si ha la seguente tabella per i valori di ArcCos@xD:x ArcCos@xD
-1 Π
-3
2
5 Π
6
-2
2
3 Π
4
-1
2
2 Π
3
0 Π
21
2
Π
3
2
2
Π
4
3
2
Π
6
1 0
Osserviamo ora il seguente grafico:
Carlo Greco :
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2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse74
Settembre 2010
y01
2
y0
-1 -3
2
-1
2-
1
2 01
2
1
2
3
2 1
x
-1
1
yx0 = ArcCos@y0D
-2Π -3Π�2 -Π -Π�2 Π�2 Π 3Π�2 2Π 5Π�2 3Π
x-3 x-2 x-1 x0 x1 x2 x3
y0
Come si vede, per ogni y Î @-1, 1D, esiste uno ed un solo x Î @0, ΠD, tale che Cos@xD = y. Si ha
Cos@ArcCos@yDD = y per ogni y Î @-1, 1D.Gli altri valori di x si ottengono dalla formula
x = 2 k Π ± ArcCos@yD, con k Î Z.
Osserviamo che, per tracciare correttamente il grafico delle due funzioni ArcSin@xD e ArcCos@xD, è opportuno tenere presenteche esso è tangente alle due rette x = -1 e x = 1, e inoltre il grafico di ArcSin@xD è tangente alla bisettrice del primo e del
terzo quadrante nell'origine, mentre il grafico di ArcCos@xD è tangente alla retta di equazione y = -x +Π
2 (la giustificazione
completa di tali fatti verrà data in seguito).
Anche la funzione ArcCos@xD è utilizzata per la risoluzione delle equazioni trigonometriche elementari, cioé del tipoCos@xD = y, dove y è un numero dato.
Esempio 2.2.3 - 12.
Risolvere l'equazione Cos@xD =1
2. Poiché 1
2Î @-1, 1D, che è il codominio di Cos@xD, l'equazione ammette soluzioni. Esse
sono date della formula precedente: si ha quindi x = 2 k Π ± ArcCosA 1
2E, e, tenendo conto della tabella precedente, si ha
x = 2 k Π ±Π
3, ossia, scrivendo la formula in modo più esplicito, x = ±
Π
3, x = ±
5 Π
3, x = ±
7 Π
3, x = ±
11 Π
3, e così via.
Esempio 2.2.3 - 13.
Risolvere l'equazione Cos@xD =1
5. Ovviamente, 1
5Î @-1, 1D, pertanto l'equazione è certamente risolubile. Si ha quindi
x = k Π + H-1Lk ArcCosA 1
5E.
Questa volta, a differenza dell'esempio precedente, al numero 1
5 non corrisponde un arco notevole, pertanto il risultato
ottenuto non può essere reso più esplicito.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte2. Funzioni elementari
2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse75
Settembre 2010
2.2.4. Le funzioni tangente e arcotangente
La funzione tangente di x viene definita come il quoziente delle funzioni seno e coseno di x.
Definizione 2.2.4 - 14. (Tangente) Il quoziente delle due funzioni seno e coseno si chiama funzione tangente, e si indica con [email protected], Tan@xD =
Sin@xDCos@xD , e, pertanto, essa è definita per Cos@xD ¹ 0, cioé per x ¹
Π
2+ k Π. Il significato geometrico di Tan@xD
si ricava immediatamente esaminando il seguente grafico.
x
P T
x
1
y
Il grafico di questa funzione è il seguente.
-Π -Π
2
Π
2Π
3 Π
2 2 Π
x
y
E' immediato verificare che si tratta di una funzione periodica, di periodo Π, dispari. In corrispondenza degli zeri deldenominatore, presenta asintoti verticali.
E' opportuno ricordare a memoria i seguenti valori di [email protected] Tan@xD0 0Π
6
1
3Π
41
Π
33
Osservazione. E' anche opportuno osservare che, ad esempio, TanA Π
2E non si può considerare, perché Tan@xD non è definita
per x =Π
2. Sarebbe errato dire che TanA Π
2E = ¥, dato che ¥ non è un numero!
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte2. Funzioni elementari
2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse76
Settembre 2010
Osservazione. E' anche opportuno osservare che, ad esempio, TanA Π
2E non si può considerare, perché Tan@xD non è definita
per x =Π
2. Sarebbe errato dire che TanA Π
2E = ¥, dato che ¥ non è un numero!
Dalla tabella precedente, ricordando la simmetria e la periodicità della funzione, è possibile ricavare altri valori di [email protected] esempio: TanA 3 Π
4E = -1; TanA 5 Π
6E = -
1
3, ecc. ecc...
Tra le varie formule trigonometriche che coinvolgono la tangente, ci limitiamo a ricordare le seguenti.
Le formule che legano Tan@xD al seno ed al coseno:
Sin@xD2 =Tan@xD2
1+Tan@xD2 e Cos@xD2 =1
1+Tan@xD2 ;
le formule parametriche:
Sin@xD =2 TanB x
2F
1+TanB x
2F2 , Cos@xD =
1-TanB x
2F2
1+TanB x
2F2 , e Tan@xD =
2 TanB x
2F
1-TanB x
2F2 ;
infine, le formule di bisezione per la tangente:
TanA x
2E = ±
1-Cos@xD1+Cos@xD .
Passiamo ora a definire, col metodo ormai consueto, "l'inversa" della funzione tangente.
In questo caso, si usa restringere la funzione tangente all'intervallo E -Π
2, Π
2A, in cui è strettamente crecente e quindi ingettiva.
Definizione 2.2.4 - 15. (Arcotangente)Si dice funzione arcotangente, e si denota con ArcTan@xD l'inversa della restrizione della funzione Tan@xD all'intervallo
E -Π
2, Π
2@.
Il grafico, ottenuto per simmetrizzazione, è il seguente.
x
-Π
2
Π
2
y
Esempio 2.2.4 - 16.
Risolvere l'equazione Tan@xD = 1.
L'unica soluzione dell'equazione nell'intervallo E -Π
2, Π
2@, è x =
Π
4; tenendo conto della Π -periodicità della funzione, tutte le
soluzioni sono date da x =Π
4+ k Π.
2.2.5. Altre funzioni trigonometriche
Oltre alle funzioni Sin@xD, Cos@xD, Tan@xD, si introducono alcune altre funzioni trigonometriche, che possono risultare utili inqualche occasione. Anzitutto le funzioni reciproche (da non confondere con le inverse) di seno, coseno e tangente:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte2. Funzioni elementari
2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse77
Settembre 2010
Nome Simbolo Significato
Cosecante Csc@xD 1
Sin@xDSecante Sec@xD 1
Cos@xDCotangente Cot@xD 1
Tan@xDI loro grafici sono i seguenti.
funzione Csc@xD Sec@xD Cot@xD
-2 Π -Π Π 2 Πx
yCsc@xD
Restringendo ciascuna delle funzioni precedenti ad un opportuno intervallo, sarebbe possibile considerare le funzioni inversearcocosecante, arcosecante e arcocotangente.
2.2.6. Periodicità delle funzioni trigonometriche
Abbiamo già detto che le funzioni Sin@xD e Cos@xD sono periodiche di periodo minimo 2 Π, mentre la funzione Tan@xD èperiodica di periodo minimo Π. E' del tutto naturale chiedersi cosa succede sommando, moltiplicando o componendo variefunzioni periodiche.
Regola 1. Anzitutto osserviamo che, in generale, se una certa funzione f @xD è T -periodica, e se k Î R \ 80<, allora la
funzione g@xD = f @k xD è T
k¤ -periodica. Infatti:
gBx +T
k¤ F = f Bk x +T
k¤ F =
f Bk x +k
k¤ TF = f @k x ± TD = f @k xD = [email protected], se T era il periodo minimo di f @xD, il numero T
k¤ è il periodo minimo di g@xD. Ad esempio, Sin@3 xD è periodica di
periodo minimo 2 Π
3, mentre Tan@-2 Π xD è periodica di periodo minimo Π
-2 Π¤ =1
2.
Regola 2. Se f @xD e g@xD sono due funzioni aventi lo stesso periodo T , la loro somma, prodotto o quoziente è ancora una
funzione periodica di periodo T . Non è però detto che T sia il suo periodo minimo.
Ad esempio, la funzione Sin@xD + Cos@xD è periodica di periodo 2 Π in quanto somma di funzioni 2 Π -periodiche. In questocaso il numero 2 Π è anche il suo periodo minimo.
La funzione Tan@xD =Sin@xDCos@xD è certamente una funzione 2 Π -periodica in quanto è quoziente di due funzioni 2 Π -periodiche;
tuttavia, in questo caso, il numero 2 Π non è il suo periodo minimo che è invece, come sappiamo, Π.
Carlo Greco :
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2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse78
Settembre 2010
La funzione Tan@xD =Sin@xDCos@xD è certamente una funzione 2 Π -periodica in quanto è quoziente di due funzioni 2 Π -periodiche;
tuttavia, in questo caso, il numero 2 Π non è il suo periodo minimo che è invece, come sappiamo, Π.
Le due funzioni Sin@xD2 e Cos@xD2 sono entrambe Π -periodiche, come si verifica facilmente. Anzi, Π è il loro periodominimo; tuttavia la loro somma è la funzione costante a costante valore 1, che è certamente Π -periodica, ma non ammettealcun periodo minimo.
Regola 3. Se f @xD è T1 -periodica, e g@xD è T2 -periodica, allora la loro somma, prodotto o quoziente è una funzione
periodica avente come periodo il minimo comune multiplo di T1 e T2, ammesso che tale minimo comune multiplo esista.
Ad esempio, le due funzioni Sin@xD e Tan@xD sono periodiche di periodo, rispettivamente, 2 Π e Π. Il minimo comune multiplodei periodi è 2 Π, pertanto, ad esempio, la funzione Sin@xD + Tan@xD è una funzione 2 Π -periodica.
Invece le due funzioni Sin@3 Π xD e Sin@4 Π xD sono periodiche di periodo, rispettivamente, 2
3 e 1
2; il minimo comune multiplo
tra di essi è 2, pertanto la funzione Sin@3 Π xD + Sin@4 Π xD è 2 - periodica. Verifichiamolo direttamente a titolo di esercizio.
f @x + 2D = Sin@3 Π Hx + 2LD + Sin@4 Π Hx + 2LD = Sin@3 Π x + 6 ΠD + Sin@4 Π x + 8 ΠD = Sin@3 Π xD + Sin@4 Π xD = f @xD.Invece le due funzioni Sin@xD e Sin@Π xD sono periodiche di periodo, rispettivamente, 2 Π e 2; questi due numeri non hannonessun multiplo comune in quanto 2 Π è irrazionale. La funzione Sin@xD + Sin@Π xD, benché sia la somma di due funzioniperiodiche, non è periodica.
Nella seguente animazione è mostrato il grafico di Sin@xD + Sin@Π xD; a prima vista sembra quello di una funzione periodica,ma, come si può controllare per traslazioni, non è così.
T 0
f@xD - f@x-TD
x
-2
-1
1
y
Regola 4. Data la funzione composta h@xD = g@ f @xDD, se la funzione f @xD (cioé la funzione più interna) è T -periodica, anche
h@xD è T -periodica. Se invece è solo la funzione più esterna ad essere periodica, non è detto che h@xD sia periodica.
Ad esempio, la funzione h@xD = ãSin@xD è una funzione 2 Π -periodica, mentre la funzione h@xD = SinAx2E non è periodica di
alcun periodo. Il suo grafico è il seguente:
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2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse79
Settembre 2010
x
ySin@x2D
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2. Le funzioni trigonometriche e le loro inverse80
Settembre 2010
2.3. Esercizi
Esercizio 2.3.0 - 17. (esponenziale)
Dire quali delle seguenti uguaglianze sono corrette:1°) 6x = 3x 2x;
2°) 6x2= H6xL2;
3°) 9x�2 = 3x.
Esercizio 2.3.0 - 18. (logaritmo)
Dire quali delle seguenti uguaglianze sono corrette:
1°) -Log@xDLog@yD =
Log@yDLog@xD ;
2°) Log@1 + ãxD = x + Log@ã-x + 1D;3°) Log@Log@xDD = Log@xD2;
4°) Log@2 xD
2= Log@xD;
5°) Log@xD2 = Log@xD [email protected] 2.3.0 - 19. (identificazione di grafici)
Nel seguente disegno sono rappresentate le funzioni f @xD = -Log@xD, f @xD = 3x-1, f @xD = I 1
2Mx
- 1. Identificare ciascuna di
esse.
x
y
Esercizio 2.3.0 - 20. (identificazione di grafici)
Nel seguente grafico sono rappresentate le due funzioni Log3@xD e Log9@xD; quale dei due è il grafico di Log9@xD?
1x
y
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3. Esercizi81
Settembre 2010
Esercizio 2.3.0 - 21. (identità trigonometriche)
Giustificare, mediante considerazioni geometriche, le seguenti uguaglianze:1°) Sin@-xD = -Sin@xD;2°) Sin@x + ΠD = -Sin@xD;3°) SinAx +
Π
2E = Cos@xD;
4°) Sin@xD2 + Cos@xD2 = 1.
Esercizio 2.3.0 - 22. (periodicità)
Dire se le seguenti funzioni sono periodiche, e di quale periodo.1°) CosAx2E;2°) Log@2 + Cos@xDD;3°) 2 + SinA x E;4°) Sin@xD Cos@xD;5°) Cos@3 xD2 + 1 ;
6°) Sin@xD Tan@xD;Esercizio 2.3.0 - 23. (Periodicità)
Dire quale delle seguenti funzioni è periodica, e di quale periodo.
f @xD = SinA 1
xE, f @xD = Cos@4 xD, f @xD = 1 + Tan@xD2 ,
f @xD = CosA x E, f @xD = Tan@2 xD + Sin@xDEsercizio 2.3.0 - 24. (arcoseno e arcocoseno)
Verificare che il grafico della funzione arcocoseno può essere ottenuto da quello della funzione arcoseno mediante simmetriee traslazioni.
Esercizio 2.3.0 - 25. (arcoseno e arcocoseno)
Definire una funzione arcoseno "personalizzata", come inversa della restrizione della funzione seno ad un intervallo diverso
da A-Π
2, Π
2E.
Esercizio 2.3.0 - 26. (arcoseno e arcocoseno)
Sappiamo che ArcSin@Sin@xDD = x per ogni x appartenente all'intervallo A-Π
2, Π
2E; ma fuori da tale intervallo l'uguaglianza vale
ancora? La risposta è, ovviamente, negativa; infatti, osservando, ad esempio, che Sin@ΠD = 0, si ha:ArcSin@Sin@ΠDD = ArcSin@0D = 0 ¹ Π.
Proviamo ancora, ad esempio con x =3 Π
2: osserviamo che
Sin@3 Π �2D = SinB Π
2+ ΠF = -Sin@Π �2D = -1,
pertanto
ArcSin@Sin@3 Π �2DD = ArcSin@-1D = -Π
2¹
3 Π
2.
Generalizzare queste osservazioni e verificare che il grafico della funzione ArcSin@Sin@xDD è il seguente.
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3. Esercizi82
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-2 Π -Π Π 2 Πx
-Π
2
y
Esercizio 2.3.0 - 27. (Dominio di definizione)
Determinare il dominio di definizione della seguente funzione:
f @xD = ArcCos@1 + Log@xDD .
Esercizio 2.3.0 - 28. (Traslazioni)
Disegnare il grafico delle seguenti funzioni.
f @xD = 1 - 3 ArcSin@x + 1D, f @xD = Π - ArcCos@x + 3D,f @xD = Log1
2
@x + 1DEsercizio 2.3.0 - 29. (Ingettività, surgettività, inverse)
Determinare dominio di definizione e codominio delle seguenti funzioni, stabilire se sono ingettive e/o surgettive e, quandopossibile, determinarne l'inversa.
f @xD = LogAx2E, f @xD = ¢ x3 ¦, f @xD = ãArcSin@xD,
f @xD = Log@ArcTan@xDD
3. Limiti di funzioni e successioni
In questo capitolo studieremo uno dei concetti più importanti di tutta l'Analisi Matematica, cioé il concetto di limite, che ciservirà per analizzare quasi "al microscopio" il comportamento delle funzioni nelle vicinanze di un dato punto.
3.1. Definizione di limite di una funzione
3.1.1. Considerazioni preliminari
Consideriamo la funzione f @xD =x-1
x3
-1; osserviamo che essa è definita in R \ 81<, e supponiamo di volerne conoscere
l'andamento nelle vicinanze del punto x = 1, ad esempio allo scopo di disegnarne il grafico. Non potendo dare ad x
direttamente il valore 1 (otterremmo 0
0), la cosa più naturale da fare è di attribuire ad x dei valori vicini ad 1, e di calcolare i
corrispondenti valori della funzione. Iniziamo col dare ad x valori maggiori di 1, sempre più vicini ad 1:
x: 0.9 0.99 0.999 0.9999f @xD: 2.8976591364 2.9899776660 2.9989997777 2.9998999978
Come si vede, i corrispondenti valori di f @xD sembrano avvicinarsi sempre più al numero 3.
Diamo adesso alla x valori minori di 1, sempre più vicini ad 1:
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3. Esercizi83
Settembre 2010
x: 1.01 1.001 1.0001 1.00001f @xD: 3.0099778882 3.0009997779 3.0000999978 3.0000100000
Anche in questo caso i valori di f @xD sembrano avvicinarsi sempre più al numero 3. In definitiva, dando ad x valori sempre
più vicini ad 1 (sia maggiori che minori di 1), i corrispondenti valori di f @xD approssimano sempre più il numero 3.
Ovviamente non si può affermare che f @1D = 3, perché (come abbiamo già osservato), se proviamo a dare esattamente il
valore 1 alla x, la funzione assume la forma 0
0, priva di significato. Il grafico della funzione f , nelle vicinanze del punto 1, è
il seguente:
1x
3
y
Il cerchietto che compare in corrispondenza del punto H1, 3L sta a significare che la funzione non è definita nel punto x = 1, e,pertanto, tale punto non fa parte del grafico di f .
Nella seguente animazione è possibile scegliere a piacere il valore di x nelle vicinanze di 1, e osservare a cosa è uguale ilcorrispondente valore di f @xD.
x libero 0.9 0.99 0.999 0.9999 1.00001 1.0001 1.001 1.01
1x
3
y
x = 1.3f @xD = 3.2825313083
x
f @xD
Volendo esprimere con linguaggio più preciso quanto osservato sopra, possiamo dire che f @xD assume valori che si possono
rendere arbitrariamente vicini a 3 pur di prendere x sufficientemente vicino a 1.
In altri termini, fissato arbitrariamente un numero ¶ > 0, per avere 3 - ¶ < f @xD < 3 + ¶, (cioé per avere un valore di f @xD che
approssima il numero 3 a meno dell'errore ¶), basta prendere x in un oppotuno intervallino I =D 1 - ∆, 1 + ∆@ (piccolo) che sidetermina, ovviamente in corrispondenza dell'intervallino I ' =D 3 - ¶, 3 + ¶@.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni1. Definizione di limite di una funzione
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Settembre 2010
x
f@xD
y
I
I '
x11-∆ 1+∆
3-¶
3+¶
La situazione è illustrata nel grafico precedente: fissato preliminarmente un intervallino I ' =D 3 - ¶, 3 + ¶@ (sull'asse y), è
possibile determinare un intervallo I =D 1 - ∆, 1 + ∆@, (sull'asse x), in modo che, per ogni x appartenente a tale intervallo (ediverso da 1, dato che per x = 1 la funzione non è definita), il corrispondente valore f @xD appartenga invece all'intervallo I '.
Naturalmente, come si è detto, l'ampiezza dell'intervallo I , cioé il numero ∆ dipende, in generale, da quella dell'intervallo I '(cioé dal numero ¶) e, in generale, è tanto più piccolo quanto più piccolo si sceglie I '.
Nella seguente animazione si può variare a piacere il numero ¶, e vedere come varia corrispondentemente l'intervallo I (cioéil numero ∆).
¶
1x
3
y
3-¶
3+¶
1-∆ 1+∆
Il comportamento mostrato dalla funzione precedente si esprime dicendo che essa tende a 3 per x che tende ad 1, ossia, insimboli:
limx®1
f @xD = 3.
3.1.2. Definizione di limite con x0 Î R, ed { Î R
Ciò premesso, possiamo dare la seguente prima definizione di limite.
Definizione 3.1.2 - 1. (Limite con x0 Î R, ed { Î R)Sia X un intervallo di R, siano x0 Î X ed { Î R, e sia f : X \ 8x0< ® R, una funzione definita in X \ 8x0<. Si dice che f @xDtende ad { per x che tende ad x0, e si scrive:
limx®x0
f[x]={
se, per ogni ¶ > 0, esiste un opportuno ∆ > 0 tale che, per ogni x Î D x0 - ∆ , x0 + ∆ @ÝX \ 8x0<, risulti { - ¶ < f @xD < { + ¶ .
Vediamo ora nei seguenti esempi, in concreto, come applicare la precedente definizione.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni1. Definizione di limite di una funzione
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Settembre 2010
Esempio 3.1.2 - 2.
Dimostrare, adoperando la definizione precedente, che:
limx®1
4 x2-3 x-1
x-1= 5.
La funzione di cui si deve calcolare il limite è definita in X = R \ 81<; fissiamo ora un arbitrario numero ¶ > 0, e cerchiamo distabilire se risulta 5 - ¶ < f @xD < 5 + ¶ pur di prendere x in un opportuno intervallino del tipo D 1 - ∆, 1 + ∆@. Per saperlo,
consideriamo le disequazioni:
5 - ¶ <4 x2-3 x-1
x-1< 5 + ¶.
Cerchiamo di risolvere le due disequazioni precedenti (sono in effetti un sistema di due disequazioni). Otterremo così uncerto insieme in cui tali disequazioni sono soddisfatte. Ora, se tale insieme è (oppure contiene) un intervallino del tipoD 1 - ∆, 1 + ∆@, quale che sia il numero ¶ considerato, la definizione di limite è soddisfatta, altrimenti no.
Risolviamo dunque le due disequazioni sopra indicate. Osserviamo che risulta 4 x2 - 3 x - 1 = Hx - 1L H4 x + 1L, pertanto:
5 - ¶ <4 x2-3 x-1
x-1< 5 + ¶ � 5 - ¶ <
Hx-1L H4 x+1Lx-1
< 5 + ¶ �x¹1
5 - ¶ < 4 x + 1 < 5 + ¶ � 1 -¶
4< x < 1 +
¶
4.
Abbiamo dunque ottenuto che la condizione 5 - ¶ < f @xD < 5 + ¶ è soddisfatta nell'intervallo D 1 -¶
4, 1 +
¶
4@, purché sia
x ¹ 1. Pertanto possiamo dire che, per ogni x ÎD 1 -¶
4, 1 +
¶
4@ÝR \ 81<, si ha 5 - ¶ < f @xD < 5 + ¶, quindi la definizione di
limite è soddisfatta: basta infatti prendere ∆ =¶
4.
Nel grafico seguente è illustrata la situazione (si noti che il grafico della funzione data f @xD =4 x2-3 x-1
x-1 non è altro che il
grafico della retta y = 4 x + 1 privato del punto H1, 5)).
¶
1x
5
y
5-¶
5+¶
1-∆ 1+∆
Per capire ancora meglio la definizione di limite, chiediamoci cosa sarebbe successo se avessimo voluto dimostrare che
limx®1
4 x2-3 x-1
x-1= 9.
Naturalmente la relazione precedente è falsa, infatti sappiamo che il limite vale 5 e non 9. Ma cosa succede se applichiamo ladefinizione di limite? Ciò è mostrato nell'esempio che segue.
Esempio 3.1.2 - 3.
Dimostrare che:
limx®1
4 x2-3 x-1
x-1¹ 9.
La funzione di cui si deve calcolare il limite è definita in X = R \ 81<; fissiamo ora un arbitrario intorno numero ¶ > 0, evediamo se risulta 9 - ¶ < f @xD < 9 + ¶ pur di prendere x in un intervallino del tipo D 1 - ∆, 1 + ∆@. Proviamo a risolvere le
due disequazioni:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni1. Definizione di limite di una funzione
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Settembre 2010
La funzione di cui si deve calcolare il limite è definita in X = R \ 81<; fissiamo ora un arbitrario intorno numero ¶ > 0, evediamo se risulta 9 - ¶ < f @xD < 9 + ¶ pur di prendere x in un intervallino del tipo D 1 - ∆, 1 + ∆@. Proviamo a risolvere le
due disequazioni:
9 - ¶ <4 x2-3 x-1
x-1< 9 + ¶,
Si ha:
9 - ¶ <4 x2-3 x-1
x-1< 9 + ¶ � 9 - ¶ <
Hx-1L H4 x+1Lx-1
< 9 + ¶ �x¹1
9 - ¶ < 4 x + 1 < 9 + ¶ � 2 -¶
4< x < 2 +
¶
4.
Abbiamo dunque ottenuto che la condizione 9 - ¶ < f @xD < 9 + ¶ è soddisfatta nell'intervallo I =D 2 -¶
4, 2 +
¶
4@, purché sia
x ¹ 1. Chiaramente non abbiamo ottenuto un intervallo del tipo D 1 - ∆, 1 + ∆@, quindi questa volta la definizione di limite nonè soddisfatta.
Nel grafico seguente è illustrata la situazione.
¶
1 2x
9
y
9-¶
9+¶
2-∆ 2+∆
Esempio 3.1.2 - 4.
Dimostrare, sempre adoperando la definizione precedente, che:
limx®1
x-1
x -1= 2.
La funzione di cui si deve calcolare il limite è definita, questa volta, in X = @0, +¥@ \ 81<; fissiamo ora un arbitrario ¶ > 0, ecerchiamo di risolvere le due disequazioni (che formano un sistema):
2 - ¶ <x-1
x -1< 2 + ¶.
Se, come soluzione di tale sistema, otterremo un intervallo del tipo D 1 - ∆, 1 + ∆@, o (ancora meglio) un insieme che contienetale intervallo, la definizione di limite sarà soddisfatta.
Per risolvere il sistema, conviene razionalizzare moltiplicando numeratore e denominatore per x + 1; si ha così:
2 - ¶ <J x +1N Hx-1L
x-1< 2 + ¶. Supponendo x ¹ 1 e semplificando, si ha 2 - ¶ < x + 1 < 2 + ¶, cioé 1 - ¶ < x < 1 + ¶. Per
risolvere questa coppia di disequazioni, supponiamo 1 - ¶ > 0, cioé ¶ < 1, ed eleviamo al quadrato entrambe i membri. Siottiene:
1 - 2 ¶ + ¶2 < x < 1 + 2 ¶ + ¶2
ossia, posto ∆1 = 2 ¶ - ¶2, e ∆2 = 2 ¶ + ¶2, le disequazioni di partenza sono soddisfatte nell'intervallo D 1 - ∆1, 1 + ∆[email protected]é questo intervallo non è simmetrico rispetto al punto 1, cioé non è esattamente del tipo D 1 - ∆, 1 + ∆@, utilizziamoquesto trucco: indichiamo con ∆ il più piccolo dei due numeri ∆1 e ∆2:
∆ = Min@∆1, ∆2D,
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni1. Definizione di limite di una funzione
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Settembre 2010
∆ = Min@∆1, ∆2D,e osserviamo che, ovviamente, l'intervallo D 1 - ∆, 1 + ∆@ così ottenuto è contenuto in D 1 - ∆1, 1 + ∆2@, pertanto anche in esso(anzi a maggior ragione) sono soddisfatte le due disequazioni di partenza. Dunque, anche in questo caso, la definizione dilimite è soddisfatta.
Nella seguente figura è illustrata tutta la situazione.
¶
1x
y
2-¶
2+¶
1-∆1
1-∆ 1+∆
1+∆2
Esempio 3.1.2 - 5.
Dimostrare, adoperando la definizione di limite, che:
limx®2
x3-2 x
x-2= 4.
La funzione di cui si deve calcolare il limite è definita in X = R \ 82<; fissiamo ora il solito arbitrario numero ¶ > 0, erisolviamo le disequazioni:
4 - ¶ <x3-2 x
x-2< 4 + ¶.
Essendo x3 - 2 x = x2Hx - 2L , si ha:
4 - ¶ <x3-2 x
x-2< 4 + ¶ � 4 - ¶ <
x2 Hx-2Lx-2
< 4 + ¶ �x¹2
4 - ¶ < x2 < 4 + ¶.
Supponendo, per semplicità, che sia 4 - ¶ > 0, ossia ¶ < 4, si ottiene:
4 - ¶ < x¤ < 4 + ¶ �
x ÎD - 4 + ¶ , - 4 - ¶ @ Ü D 4 - ¶ , 4 + ¶ @.Abbiamo dunque ottenuto che la condizione 4 - ¶ < f @xD < 4 + ¶ è soddisfatta nell'unione di due intervalli, cioé in
F - 4 + ¶ , - 4 - ¶ A æ E 4 - ¶ , 4 + ¶ A, purché sia x ¹ 2. In particolare essa è soddisfatta per
x ÎD 4 - ¶ , 4 + ¶ @. Poiché questo intervallo non è esattamente del tipo D 2 - ∆, 2 + ∆@, ricorriamo, questa volta, al truccoseguente. Poniamo:
∆1 = 2 - 4 - ¶ , e ∆2 = -2 + 4 + ¶ ;
in questo modo si ha:
E 4 - ¶ , 4 + ¶ A = E 2 - ∆1, 2 + ∆2A.Poniamo poi, come nell'esempio precedente,
∆ = Min@∆1, ∆2D. A questo punto, l'intervallo D 2 - ∆, 2 + ∆@ è contenuto in D 2 - ∆1, 2 + ∆2@= D 4 - ¶ , 4 + ¶ @, pertanto la definizione dilimite è soddisfatta.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni1. Definizione di limite di una funzione
88
Settembre 2010
A questo punto, l'intervallo D 2 - ∆, 2 + ∆@ è contenuto in D 2 - ∆1, 2 + ∆2@= D 4 - ¶ , 4 + ¶ @, pertanto la definizione dilimite è soddisfatta.
Grafico: (si noti che il grafico della funzione data f @xD =x3-2 x
x-2 non è altro che il grafico della parabola y = x2 privato del
punto H1, 4)).
¶
-2 2x
4
y
4-¶
4+¶
4 - ¶ 4 + ¶- 4 - ¶- 4 + ¶
1-∆ 1+∆
Osservazione.
1°) La risoluzione delle disequazioni { - ¶ < f @xD < { + ¶ consente di determinare esplicitamente
l'intervallo D x0 - ∆, x0 + ∆@ in funzione di ¶;
2°) Nel corso della risoluzione delle disequazioni { - ¶ < f @xD < { + ¶ è possibile supporre il numero ¶ piccolo (ad esempio,
nell'esempio precedente abbiamo preso ¶ < 4). Ciò, da un lato, può essere comodo per eliminare qualche passaggio, e, d'altrolato, è perfettamente lecito in quanto, se risulta { - ¶ < f @xD < { + ¶, per un certo numero ¶ piccolo, a maggior ragione le
stesse disequazioni saranno soddisfatte pure aumentando il valore di ¶.
Osservazione. Nella definizione di limite si richiede che, per ogni x Î D x0 - ∆, x0 + ∆@ÝX \ 8x0<, risulti { - ¶ < f @xD < { + ¶.
Osserviamo esplicitamente che non è coinvolto il valore di f in x0, dato che nella definizione è coinvolto solo l'insieme
X \ 8x0<, cioé l'insieme X privato del punto x0. Come conseguenza di ciò si ha che, se due funzioni f @xD e g@xD coincidono
tranne che nel punto x0 stesso, i due limiti: limx®x0 f @xD e limx®x0 g@xD, sono uguali, cioé:
limx®x0
f @xD = limx®x0
[email protected] esempio, razionalizzando l'espressione x-1
x -1, si ha:
x-1
x -1=
Hx-1L J x +1NJ x -1N J x +1N =
Hx-1L J x +1NHx-1L =
x¹1x + 1.
L'ultima uguaglianza è valida per ogni x ³ 0, con x ¹ 1; in altri termini, le due funzioni x-1
x -1 e x + 1 sono uguali
dappertutto tranne che per x = 1, in cui la prima non è definita, e la seconda sì. Per quanto osservato sopra, i due limiti:
limx®1
x-1
x -1, e lim
x®1I x + 1M
sono uguali tra loro (valgono entrambe 2).
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni1. Definizione di limite di una funzione
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Settembre 2010
3.1.3. Definizione di limite con x0 Î R, ed { = ±¥
Il comportamento di altre funzioni nelle vicinanze di un punto x0 può essere di tipo molto differente da quello appena visto;ad esempio, la prima delle funzioni seguenti:
x0 x0
x
y
assume valori via via più grandi man mano che x si avvicina ad x0; si dice in tal caso, che essa tende a +¥ per x che tende adx0, e si scrive:
limx®x0
f @xD = +¥.
La seconda, invece, assume valori negativi via via più grandi; si dice che tende a -¥.
Per precisare ciò, diamo la seguente seconda definizione di limite, che riguarda il caso della funzione precedente.
Definizione 3.1.3 - 6. (Limite con x0 Î R, ed { = ± ¥).Sia X un intervallo di R, sia x0 Î X , e sia f : X \ 8x0< ® R, una funzione definita in X \ 8x0<. Si dice che f @xD tende a +¥
(risp. a -¥) per x che tende ad x0, e si scrive:limx®x0
f @xD = +¥, (risp. limx®x0
f @xD = -¥)
se, per ogni k Î R, esiste un opportuno ∆ > 0, tale che, per ogni x Î D x0 - ∆ , x0 + ∆ @ÝX \ 8x0<, risulti f @xD > k (risp.
f @xD < k).
Esempio 3.1.3 - 7.
Dimostrare, adoperando la definizione precedente, che:
limx®1
1
Hx-1L2 = +¥.
La funzione data è definita in X = R \ 81<; fissiamo un numero k Î R, risolviamo la disequazione f @xD > k, e vediamo se essa
è soddisfatta in un intorno di x0 = 1. Si ha:
f @xD > k � k <1
Hx-1L2 . Supponiamo k > 0, e passiamo ai reciproci: 1
k> Hx - 1L2, da cui: - 1
k< x - 1 <
1
k, cioé
1 -1
k< x < 1 +
1
k. Prendendo dunque ∆ =
1
k, si ha che, per ogni x ÎD x0 - ∆, x0 + ∆@ÝR \ 81<, risulta 1
Hx-1L2 > k, come si
doveva dimostrare.Il ragionamento svolto è illustrato dal seguente grafico.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni1. Definizione di limite di una funzione
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Settembre 2010
1-1
k
1+1
k
x
k
y
1
Osservazione. 1°) Anche in questo caso, la risoluzione della disequazione k < f @xD consente di determinare esplicitamente il numero ∆ in
funzione di k (nell'esempio precedente, ∆ =1
k);
2°) Anche in questo caso è stato opportuno supporre k "grande" (precisamente k > 0). Ciò ha evitato di dover distinguere varicasi nell'operazione di passaggio ai reciproci nel corso della risoluzione della disequazione. Ciò è lecito per lo stesso motivodegli esempi precedenti, cioé, se la disequazione k < f @xD è soddisfatta per k grande (diciamo per k > k0), lo sarà a maggior
ragione per k £ k0.
Nel caso della definizione precedente, la retta verticale x = x0 si chiama asintoto verticale della funzione f .
3.1.4. Definizione di limite con x0 = ±¥, ed { Î R
E' talvolta necessario indagare il comportamento di una funzione f @xD non quando x approssima un dato numero reale x0,
ma, piuttosto, quando x diventa infinitamente grande (si dice "quando x tende a +¥") o assume valori negativi infinitamentegrandi ("tende a -¥").
Ad esempio, la funzione seguente:
20 40 60 80x
2
y
tende al valore 2 quando x diventa via via più grande, cioè quando x ® +¥, e in questo caso si scrive:
limx®+¥
f @xD = 2.
Per considerare i due casi x ® +¥, e x ® -¥, diamo la seguente definizione.
Definizione 3.1.4 - 8. (Limite con x0 = ± ¥, ed { Î R)Sia X un intervallo di R illimitato superiormente (illimitato inferiormente), sia { un numero reale, e sia f : X ® R, una
funzione definita in X . Si dice che f @xD tende ad { per x che tende a +¥ (risp. per x che tende a -¥), e si scrive:lim
x®+¥
f @xD = { , (risp. limx®-¥
f @xD = { ),
se, per ogni ¶ > 0, esiste un opportuno x Î R, per ogni x Î D x, +¥@ÝX , (risp. per ogni x Î D x, +¥@ÝX ), risulti
{ - ¶ < f @xD < { + ¶ .
Illustriamo il significato della definizione, nel caso x ® +¥, con un disegno.
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Illustriamo il significato della definizione, nel caso x ® +¥, con un disegno.
xx
c2d
y
Nella seguente animazione è possibile scegliere a piacere il numero ¶, e osservare come varia, in corrispondenza, l'intervalloD x, +¥@ sull'asse x.
¶
x
2
y
2-¶
2+¶
x-
Esempio 3.1.4 - 9.
Dimostrare, adoperando la definizione precedente, che:
limx®+¥
x +4
x +2= 1.
Fissiamo un ¶ > 0, e vediamo dove è soddisfatta la coppia di disequazioni 1 - ¶ <x +4
x +2< 1 + ¶. Se tale coppia di
disequazioni è soddisfatta in un intervallo del tipo D x, +¥@, con x opportuno, abbiamo verificato la definizione. Si ha:
1 - ¶ <x +4
x +2< 1 + ¶ � 1 - ¶ <
x +2+2
x +2< 1 + ¶ � 1 - ¶ < 1 +
2
x +2< 1 + ¶,
da cui:
-¶ <2
x +2< ¶ �
* 2
x +2< ¶ � x + 2 >
2
¶� x >
2
¶- 2.
Prima di andare avanti, osserviamo che l'equivalenza segnata con * è dovuta al fatto che la disequazione -¶ <2
x +2 è
sempre soddisfatta, infatti il numero -¶ è negativo, mentre 2
x +2 è sempre positivo. Dunque non è necessario considerare
ulteriormente tale disequazione. Ora, dall'ultima disequazione ottenuta, cioé x >2
¶- 2, supponendo 2
¶- 2 > 0, cioé ¶ < 2,
si ha: x > I 2
¶- 2M2
. In definitiva, la coppia di disequazioni di partenza, cioé 1 - ¶ <x +4
x +2< 1 + ¶, è soddisfatta per
x > I 2
¶- 2M2
, cioé, posto x = I 2
¶- 2M2
, nell'intervallo I =D x, +¥@, da cui l'asserto. Grafico:
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xx
1-¶1
1+¶
y
Anche in questo caso si potrebbero ripetere osservazioni analoghe a quelle fatte nei precedenti esempi: ¶ si può supporrepiccolo a piacere senza alcuna perdita di generalità, e x dipende, in generale da ¶, nel senso che, rimpicciolendo ¶, ingenerale, x tende a diventare più grande.
Nel caso della precedente definizione, si usa dire che la retta y = { è un asintoto orizzontale per la funzione f .
L'ultimo caso che dobbiamo considerare si presenta quando, per x ® +¥ o a -¥, la funzione f , invece di tendere
asintoticamente ad un certo numero reale {, assume valori, positivi o negativi, sempre più grandi, cioé, come si dice, lafunzione f tende a +¥ o a -¥.
Definizione 3.1.4 - 10. (Limite con x0 = ± ¥, ed { = ± ¥)Sia X un intervallo di R illimitato superiormente (illimitato inferiormente), e sia f : X ® R una funzione definita in X . Si
dice che f @xD tende a +¥ per x che tende a +¥ (risp. per x ® -¥), e si scrive:lim
x®+¥
f @xD = +¥ (risp. limx®-¥
f @xD = +¥),
se, per ogni k Î R esiste un opportuno x Î R tale che, per ogni x Î D x, +¥@ÝX , (risp. per ogni x Î D - ¥, x, @ÝX ), risulta
f @xD > k. Si dice che f @xD tende a -¥ per x che tende a +¥ (risp. per x ® -¥), e si scrive:
limx®+¥
f @xD = -¥ (risp. limx®-¥
f @xD = -¥),
se, per ogni k Î R esiste un opportuno x Î R tale che, per ogni x Î D x, +¥@ÝX , (risp. per ogni x Î D - ¥, x, @ÝX ), risultaf @xD < k.
Esempio 3.1.4 - 11.
Dimostrare, adoperando la definizione precedente, che:
limx®-¥
x3 = -¥.
Fissiamo un k Î R, e risolviamo la disequazione x3 < k; si ha, ovviamente, x < k3
, pertanto, posto x = k3
, la disequazioneè soddisfatta in I =D - ¥, x@. Grafico:
xx
k
y
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3.1.5. Esercizi
Esercizio 3.1.5 - 12.
Disegnare il grafico di ciascuna delle funzioni seguenti (usando simmetrie, traslazioni, ecc. di funzioni elementari note).Dedurre poi dal grafico (quindi senza calcoli e senza verificare la definizione di limite) quale è il valore di ciascuno dei limitiindicati.
f @xD = x - 13
; limx®-¥
f @xD = ??
f @xD = 5 -1
x-1; lim
x®+¥f @xD = ??
f @xD = 2-x + 1; limx®+¥
f @xD = ??
f @xD = ArcTan@x + 1D +Π
2; lim
x®-¥f @xD = ??
f @xD = ArcSin@xD; limx®-¥
f @xD = ??
f @xD = 1 - x ; limx®+¥
f @xD = ??
Esercizio 3.1.5 - 13.
Utilizzando la definizione di limite, dimostrare che:
limx®-1
2 x2+x-1
x+1= -3; lim
x®2
2 x2-7 x+6
x-2¹ 4.
Esercizio 3.1.5 - 14.
Utilizzando le opportune definizioni di limite, dimostrare che:
limx®+¥
3x = +¥; limx®-¥
2x = 0; limx®0
Log@xD = -¥; limx®±¥
1
xn = 0; limx®±¥
ArcTan@xD = ±Π
2.
Esercizio 3.1.5 - 15.
Dimostrare, adoperando le definizioni di limite, che:
limx®1
x - 1
x - 1=
1
2; lim
x®-¥
1
x2= 0; lim
x®+¥x - 3
3= +¥; lim
x®1
x3 - 1
x - 1= 3;
limx®-2
1
x + 2= +¥; lim
x®-¥
3 x2 - 2
x2 + 1= 3.
3.1.6. Funzioni che non ammettono limite
Esistono numerose funzioni che non ammettono limite per x ® x0, o per x ® ± ¥. La funzione SinA 1
xE, ad esempio, compie
infinite oscillazioni intorno all'origine, come si può intuire dal seguente grafico (necessariamente incompleto nelle vicinanzedi zero):
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-0.4 -0.2 0.2 0.4x
-1.0
-0.5
0.5
1.0
y
Se ci avviciniamo a zero, il corrispondente valore f @xD non si "stabilizza" su nessun valore reale, né tende a +¥ o a -¥.
x
x
-1
1
y
x
Sin
1
x
In questo caso si dice che il limite di f @xD per x ® 0, non esiste. Un'altro esempio di funzioni che non ammettono limite, è
costituito dalle funzioni periodiche (non costanti) che non ammettono limite per x ® ± ¥; ad esempio, la funzione Sin@xD nonammette limite per x ® +¥ (e neanche per x ® -¥) infatti, se prendiamo x sempre più grande, Sin@xD oscilla tra -1 e 1,senza stabilizzarsi su alcun valore.
Esistono infine funzioni che presentano un comportamento molto differente a sinistra e a destra di un determinato puntox0 Î R, pertanto, se ci avviciniamo ad x0 da sinistra, f @xD tende ad un determinato valore {1, mentre, se ci avviciniamo ad x0
da destra, f @xD tende ad un differente valore {2. Anche in questo caso, non esiste il limite di f @xD per x ® x0; tuttavia, in
questo caso, è possibile parlare di limite a sinistra e a destra di x0, come si vedrà nel paragrafo seguente.
3.1.7. Limite a sinistra e a destra
Come si è detto, esistono funzioni che presentano un comportamento molto differente a sinistra e a destra di un determinato
punto x0 Î R. Ad esempio, la funzione 1
x assume valori positivi via via più grandi se x tende a zero "da destra", ossia da
valori positivi, mentre assume valori negativi via via più grandi se x si avvicina a zero "da sinistra":
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x
y
Funzione y =1
x
Analogamente, per la funzione Sign@xD:
x
-1
1
y
Funzione y = Sign@xD
Se x si avvicina a zero "saltando" da valori positivi a valori negativi, il valore della funzione Sign@xD salta da 1 a -1, senza
"stabilizzarsi" su un determinato valore.
Un altro esempio ancora è fornito dalla funzione f @xD = ã1
x :
x
y
Funzione y = ã1
x
0
In questo caso, se ci avviciniamo a zero da destra, la funzione f @xD tende a +¥, invece, se ci avviciniamo da sinistra, f @xDtende a zero.
In tutti questi casi non è verificata nessuna delle definizioni date nel paragrafo precedente: le tre funzioni 1
x, Sign@xD, e ã
1
x ,
non ammettono limite per x ® 0.Tuttavia, se ci limitiamo a considerare il comportamento delle tre funzioni solo a sinistra di zero, possiamo dire invece che laprima tende a -¥, la seconda a -1, e la terza tende a zero. Se invece ci avviciniamo a zero da destra, la prima e la terzatendono a +¥, la seconda ad 1.
Per descrivere queste situazioni, è opportuno dare le seguenti definizioni.
Definizione 3.1.7 - 16. (Limite a sinistra)Sia X =D a, x0@ un intervallo di R, e sia f : X ® R. 1°) Si dice che f @xD tende ad { Î R per x che tende ad x0 da sinistra , e si scrive:
Carlo Greco :
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1°) Si dice che f @xD tende ad { Î R per x che tende ad x0 da sinistra , e si scrive:lim
x®x0-
f @xD = {
se, per ogni ¶ > 0, esiste un ∆ > 0, tale che, per ogni x Î D x0 - ∆ , x0@ÝX , risulta { - ¶ < f @xD < { + ¶ .2°) Si dice che f @xD tende a +¥ (risp. a -¥) per x che tende ad x0 da sinistra , e si scrive:
limx®x0
-f @xD = +¥ (risp. lim
x®x0-
f @xD = -¥)
se, per ogni k Î R, esiste un ∆ > 0, tale che, per ogni x Î D x0 - ∆ , x0@ÝX , risulta k < f @xD (risp. f @xD < k).
Come si vede, la definizione, nei vari casi { Î R, { = ± ¥, è perfettamente identica a quella di limite per x ® x0, salvosostituire l'intervallo D x0 - ∆, x0 + ∆@ con l'intervallo D x0 - ∆, [email protected] modo analogo, sostituendo l'intervallo D x0 - ∆, x0 + ∆@ con l'intervallo D x0, x0 + ∆@, si ottiene la definizione nel caso dellimite a destra:
Definizione 3.1.7 - 17. (Limite a destra)Sia X =D x0, b@ un intervallo di R, e sia f : X ® R. 1°) Si dice che f @xD tende ad { Î R per x che tende ad x0 da destra , e si scrive:
limx®x0
+
f @xD = {
se, per ogni ¶ > 0, esiste un ∆ > 0, tale che, per ogni x Î D x0, x0 + ∆ @ÝX , risulta { - ¶ < f @xD < { + ¶ .2°) Si dice che f @xD tende a +¥ (risp. a -¥) per x che tende ad x0 da destra , e si scrive:
limx®x0
+
f @xD = +¥ (risp. limx®x0
+
f @xD = -¥)
se, per ogni k Î R, esiste un ∆ > 0, tale che, per ogni x Î D x0, x0 + ∆ @ÝX , risulta k < f @xD (risp. f @xD < k).
Esempio 3.1.7 - 18.
Dimostrare, adoperando le definizioni precedenti, che:
se n è un intero dispari, limx®0-
1
xn = -¥, limx®0+
1
xn = +¥.
Dimostriamo, ad esempio, che
se n è un intero dispari, limx®0-
1
xn = -¥.
A tale scopo, fissiamo un k Î R, e cerchiamo di risolvere la disequazione 1
xn < k, per vedere se essa è soddisfatta in un
intervallo del tipo D - ∆, 0@. In effetti, essa equivale a k xn-1
xn > 0; supponiamo, per non dover distinguere diversi casi, che sia
k < 0; è lecito fare questa supposizione perché vogliamo dimostrare che il limite è -¥. Osserviamo che, essendo n dispari, si
ha: k xn - 1 > 0 per xn <1
k, cioé per x <
1
kn . Il denominatore è positivo per x > 0. Dunque:
k xn-1 > 0 1� kn
xn > 0 0
k xn-1
xn > 0 1� kn
0
Pertanto la disequazione è verificata per x ÎD 1
kn , 0@. Posto dunque ∆ = -
1
kn , la disequazione è soddisfatta nell'intervallo
D - ∆, 0@, come si doveva dimostrare. Il seguente grafico illustra la situazione.
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x
y
f @xD =1
xn, con n dispari
1� kn
k
Terminiamo questo paragrafo con due utili osservazioni.
Osservazione. Se la funzione f è definita solo in un intervallo del tipo D a, x0@, non è possibile considerare il limite a destra,
ma solo il limite a sinistra. In questo caso i due concetti di limite a sinistra e limite secondo la definizione del primoparagrafo coincidono:
limx®x0
-f @xD = lim
x®x0
f @xD.Analoga osservazione nel caso di una funzione definita solo nell'intervallo D x0, [email protected] esempio, la funzione
f @xD =x-1
x -1+ x - 1 ,
è definita solo per x ÎD 1, +¥@; in questo caso è del tutto indifferente scrivere
limx®1+
J x-1
x -1+ x - 1 N, oppure lim
x®1J x-1
x -1+ x - 1 N,
in quanto questi due limiti o non esistono entrambe, oppure, se esistono, sono uguali. Nel caso di questa funzione è possibileverificare che essi sono uguali a 2.
Osservazione. Supponiamo che una funzione f sia definita in D a, x0@ÜD x0, b@: è allora possibile considerare
contemporaneamente sia il limite di f per x ® x0 come definito nel primo paragrafo, sia il limite a sinistra, sia quello a
destra. Le relazioni che sussistono tra questi limiti sono le seguenti:1°) se esiste il limx®x0 f @xD, allora esistono anche i limiti a sinistra e a destra, e i tre limiti sono uguali tra loro;
2°) se esistono il limite a sinistra e quello a destra, ed essi coincidono, allora esiste anche limx®x0 f @xD, ed esso è uguale ai
precedenti;3°) se esistono il limite a sinistra e quello a destra, ed essi sono diversi tra loro, allora il limx®x0 f @xD non esiste.
3.1.8. Esercizi
Esercizio 3.1.8 - 19.
Disegnare il grafico di ciascuna delle funzioni seguenti (usando simmetrie, traslazioni, ecc. di funzioni elementari note).Dedurre poi dal grafico (quindi senza calcoli e senza verificare la definizione di limite) quale è il valore di ciascuno dei limitiindicati.
f @xD = 1 + SinA 1
xE; lim
x®0f @xD = ??
f @xD = 2 - Cos@xD; limx®-¥
f @xD = ??
f @xD =1
x+3; lim
x®-3f @xD = ??
f @xD = Tan@xD; limx®-
Π
2
f @xD = ??
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f @xD = Tan@xD; limx®-
Π
2
f @xD = ??
f @xD = ãSign@xD; limx®0
f @xD = ??
f @xD = Sign@Sin@xDD; limx®0
f @xD = ??
Esercizio 3.1.8 - 20.
Utilizzando le opportune definizioni di limite, dimostrare che:
limx®
Π
2
±
Tan@xD = ¡ ¥; limx®0+
21
x = +¥; limx®1±
1
Log@xD = ± ¥; limx®0±
ArcTanA 1
xE = ±
Π
2.
Esercizio 3.1.8 - 21.
Dare esempi di funzioni che non ammettano limite per x ® +¥, per x ® 0 e per x ® 0+ (almeno 3 esempi per ciascunasituazione).
3.1.9. La definizione generale di limite
Al fine di compattare i vari casi della definizione di limite per una funzione, introduciamo alcune notazioni. Anzitutto
indichiamo con R`
l'insieme R Ü 8-¥, +¥<, cioé l'insieme R con l'aggiunta dei simboli ± ¥. Dunque, x Î R`
significa che x è
un numero reale, oppure che è uguale a +¥ o a -¥. Il simbolo R`
si legge R ampliato.
Un intervallo del tipo D x0 - r, x0 + r@, con r > 0, verrà chiamato intorno di x0 (di raggio r). Analogamente, un intervallo del
tipo D x0 - r, x0@ verrà detto intorno sinistro, ed uno del tipo D x0, x0 + r@, intorno destro.
Un intervallo D - ¥, k@ si chiama intorno di -¥, mentre un intervallo del tipo D k, +¥@ si chiama intorno di +¥. L'insieme ditutti gli intorni, intorni sinistri, intorni destri, di x0, verrà indicato, rispettivamente, con:
I@x0D, I-@x0D, [email protected]'insieme di tutti gli intorni di -¥ e di +¥ verrà indicato, rispettivamente, con:
I@-¥D, I@+¥D.Dunque, la frase "consideriamo un I Î I@6D", significa: consideriamo un intervallo del tipo D 6 - r, 6 + r@, mentre la frase"consideriamo un I Î I-@0D", significa: consideriamo un intervallo del tipo D - r, [email protected], dire che I Î I@-¥D, significa dire che I è un intervallo del tipo D - ¥, k@, ecc. ecc..
Introduciamo un'altra notazione: se X è un intervallo, indicheremo con X`
(e leggeremo X ampliato) il sottoinsieme di R`
chesi ottiene da X aggiungendo gli estremi (± ¥ compresi).
Esempio 3.1.9 - 22.
Ecco alcuni intervalli X , e i corrispondenti insiemi X`:
Intervallo X Insieme X`
D -2, 4D @-2, 4D@1, +¥@ @1, +¥@Ü8+¥<D 1, +¥@ @1, +¥@Ü8+¥<
@1, 2D @1, 2DD -¥, 0@ D -¥, 0D Ü 8-¥<
R R`
Adoperando le notazioni introdotte, è possibile condensare le varie definizioni di limite nel modo seguente.
Definizione 3.1.9 - 23. (Definizione generale di limite)
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Definizione 3.1.9 - 23.
(Definizione generale di limite)
Sia X un intervallo di R, siano x0 Î X`, { Î R
`, e sia f : X \ 8x0< ® R, una funzione definita in X \ 8x0<. Si dice che f @xD tende
ad { per x che tende ad x0, e si scrive:limx®x0
f @xD = {
se, per ogni I ' Î I @{ D, esiste un I Î I @x0D, tale che, per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, risulti f @xD Î I '.
In modo analogo si da la definizione di limite a sinistra o a destra, semplicemente sostituendo I-@x0D oppure I+@x0D [email protected] ritrovare la consueta definizione di limite in termini di ¶, ∆, o k, esaminiamo il caso in cui, ad esempio, x0 = 1, ed{ = -¥. In questo caso, la definizione generale di limite, diventa:
per ogni I ' Î I @-¥D, esiste un I Î I @1D, tale che, per ogni x Î I Ý X \ 81<, risulti f @xD Î I ',
cioé, tenuto conto di cosa sono gli intorni di -¥ e di 1:
per ogni intervallo del tipo D - ¥, k@, esiste un intervallo del tipo D 1 - ∆ , 1 + ∆ @, tale che, per ogni x Î D 1 - ∆ , 1 + ∆ @ÝX \ 81<, risulti f @xD Î D - ¥, k@,
cioé, ancora:
per ogni k Î R, esiste un ∆ > 0, tale che, per ogni x Î D 1 - ∆ , 1 + ∆ @ÝX \ 81<, risulti f @xD < k,
che è la consueta definizione.
Esercizio 3.1.9 - 24.
Ritrovare, con considerazioni analoghe a quelle svolte, le definizioni di limite date nei restanti casi.
Osservazione. I simboli ± ¥ non sono numeri, tuttavia si usa introdurre le seguenti convenzioni (aritmetica in R`
):
+¥ + ¥ = +¥; -¥ - ¥ = -¥; se k è un numero reale, ± ¥ + k = ± ¥;
H+¥L H+¥L = +¥; H-¥L H-¥L = +¥
se k è un numero reale, k H± ¥L = ± ¥
Hil segno si sceglie in accordo con la regola dei segniLse k è un numero reale, k
±¥= 0 Iin particolare, 0
±¥= 0M.
Come vedremo meglio in seguito, tali convenzioni hanno origine dai teoremi sulle operazioni con i limiti.
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3.2. Primi teoremi sui limiti
In questo paragrafo enunceremo i primi teoremi sui limiti, alcuni dei quali saranno utili al calcolo effettivo di un limite,introdurremo la nozione di funzione continua, che sarà approfondita in seguito, e mostreremo come calcolare il limite dipolinomi, funzioni razionali fratte, funzioni irrazionali.
3.2.1. Operazioni con i limiti
Si ha anzitutto il seguente teorema.
Teorema 3.2.1 - 25. (Unicità del limite)Il limite (risp. limite sinistro, limite destro) di una funzione, se esiste, è unico.
Dimostrazione.
Supponiamo, ad esempio, che si abbia:
limx®x0
f @xD = {1 e limx®x0
f @xD = {2,
con {1 ¹ {2; siano allora I1¢ ed I2 ', rispettivamente, un intorno di {1 e di {2. Poiché {1 ¹ {2, pur di prendere I1 ' ed I2 '
abbastanza piccoli, avremo: I1 ' Ý I2 ' = Æ (step 1).Poiché limx®x0 f @xD = {1, per definizione di limite:
esiste un intorno I1 di x0 tale che, per ogni x Î I1 Ý X \ 8x0<, si abbia f @xD Î I1 ' Hstep 2L.Analogamente, essendo anche limx®x0 f @xD = {2, sempre per la definizione di limite, si ha che:
esiste un intorno I2 di x0 tale che, per ogni x Î I2 Ý X \ 8x0<, si abbia f @xD Î I2 ' Hstep 3L.Ora, poiché l'intersezione dei due intorni I1 e I2 di x0 appena trovati non è vuota, preso x Î I1 Ý I2 Ý X \ 8x0<, si ha,contemporaneamente: f @xD Î I1 ' e f @xD Î I2 ' (step 4), pertanto f @xD Î I1 ' Ý I2 '. Ma questo è assurdo, in quanto i due intorni
I1 ' e I2 ' erano stati presi disgiunti.
Questo assurdo è derivato dall'aver supposto {1 ¹ {2 (questo ci ha dato la possibilità di prendere I1 ' e I2 ' disgiunti), pertanto{1 = {2, e il teorema è dimostrato. à
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Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
2. Primi teoremi sui limiti101
Settembre 2010
step 1 2 3 4
I'1 {1
I'2 {2
x0 x
y
Osservazione. Il teorema precedente afferma che una funzione non può avere più di un valore limite in un punto oall'infinito. Naturalmente può avere un limite a sinistra diverso dal limite a destra, ma, ciscuno di tali limiti, se esiste, è unico.
Tra poco ci occuperemo di come calcolare limiti di somme, prodotto e quoziente di funzioni.
Preliminarmente riassumiamo in una tabella i limiti di alcune funzioni elementari che abbiamo già incontrato agli estremi delloro intervallo di definizione.
funzione
elementare
suo insieme di
definizione X
limite per
x ® -¥
limite per
x ® 0
limite per
x ® +¥
k HcostanteL R k k
xn, con n dispari R -¥ +¥
xn, con n pari R +¥ +¥
xn
, con n dispari R -¥ +¥
xn
, con n pari @0, +¥@ 0 +¥
1
xn , con n pari R \ 80< 0 +¥ 0
1
xn , con n dispari R \ 80< 0 non esiste 0
x R +¥ +¥
ax con a > 1 R 0 +¥
ax con 0 < a < 1 R +¥ -¥
Loga@xD con a > 1 D 0, +¥@ -¥ +¥
Loga@xD con 0 < a < 1 D 0, +¥@ +¥ -¥
Sin@xD, Cos@xD R non esiste non esiste
Tutte le relazioni indicate si dimostrano facilmente adoperando le varie definizioni di limite; il particolare, ricordiamo che il
limite limx®01
xn , con n dispari, non esiste, ma esiste il limite a sinistra e a destra, e si ha:
se n è un intero dispari: limx®0±
1
xn = ± ¥,
come si è visto in uno degli esempi precedenti.
Enunciamo ora il seguente teorema, che ci consente di allargare il numero delle funzioni delle quali possiamo calcolare illimite.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
2. Primi teoremi sui limiti102
Settembre 2010
Enunciamo ora il seguente teorema, che ci consente di allargare il numero delle funzioni delle quali possiamo calcolare illimite.
Teorema 3.2.1 - 26. (Operazioni con i limiti)
Sia X un intervallo di R, sia x0 Î X`, e siano f : X \ 8x0< ® R e g : X \ 8x0< ® R due funzioni definite in X \ 8x0<, tali che:
limx®x0
f @xD = {1 Î R`
, e limx®x0
g@xD = {2 Î R`
Allora:1°) limx®x0 H f @xD + g@xDL = {1 + {2, ad eccezione del caso in cui {1 = +¥ ed {2 = -¥, o viceversa.2°) limx®x0 H f @xD g@xDL = {1 {2, ad eccezione del caso in cui {1 = ± ¥ ed {2 = 0, o viceversa.
3°) limx®x0
f HxLgHxL =
{1
{2, ad eccezione dei seguenti tre casi:
a) {1 = {2 = 0;b) {1 = ± ¥ ed {2 = ± ¥;
c) {1 Î R`
\ 80<, e {2 = 0.
Dimostrazione.
Dimostriamo, per brevità, solo alcune parti del teorema precedente.
1°) Dimostriamo la prima parte del teorema nell'ipotesi che {1 ed {2 Î R; in tal caso, per dimostrare che
limx®x0
H f @xD + g@xDL = {1 + {2,
fissato ¶ > 0, si deve dimostrare che esiste un certo I , intorno di x0, tale che:
per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, risulti: f @xD + g@xD - H{1 + {2L¤ < ¶.
Infatti, essendo per ipotesi:
limx®x0
f @xD = {1, e limx®x0
g@xD = {2,
in corrispondenza di ¶
2, esistono due opportuni intorni I1 ed I2 di x0 tali che:
per ogni x Î I1 Ý X \ 8x0<, risulti: f @xD - {1¤ <¶
2,
per ogni x Î I2 Ý X \ 8x0<, risulti: g@xD - {2¤ <¶
2.
Posto allora I = I1 Ý I2, si ha, per ogni x Î I Ý X \ 8x0<: f @xD + g@xD - H{1 + {2L¤ = H f @xD - {1L + Hg@xD - {2L¤ £
£ f @xD - {1¤ + g@xD - {2¤ <¶
2+
¶
2= ¶,
e questo conclude la dimostrazione di 1°) almeno nel caso {1 ed {2 Î R; gli altri casi possibili, cioé {1 Î R e {2 = ± ¥ oviceversa, oppure {1 = {2 = ± ¥, si dimostrano in modo analogo.
2°) Anche in questo caso, ci limitiamo a dimostrare l'asserto in un caso particolare; ad esempio supponiamo che sia {1 Î R+,ed {2 = +¥; in questo caso, si ha {1 {2 = +¥ (per "l'aritmetica in R ampliato). Si deve dunque dimostrare che:
limx®x0
f @xD g@xD = +¥.
A tale scopo, fissiamo ¶ > 0 e k Î R; poiché stiamo supponendo che:
limx®x0
f @xD = {1, e limx®x0
g@xD = +¥,
in corrispondenza di ¶ esiste I1 intorno di x0 tale che:
per ogni x Î I1 Ý X \ 8x0<, risulti: {1 - ¶ < f @xD < {1 + ¶;
Senza alcuna perdita di generalità possiamo supporre che ¶ sia sufficientemente piccolo in modo da avere {1 - ¶ > 0, e che k
sia positivo; ora, in corrispondenza di k
{1-¶, esiste I2 intorno di x0 tale che:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
2. Primi teoremi sui limiti103
Settembre 2010
Senza alcuna perdita di generalità possiamo supporre che ¶ sia sufficientemente piccolo in modo da avere {1 - ¶ > 0, e che k
sia positivo; ora, in corrispondenza di k
{1-¶, esiste I2 intorno di x0 tale che:
per ogni x Î I2 Ý X \ 8x0<, risulti: g@xD >k
{1-¶.
Posto allora I = I1 Ý I2, si ha, per ogni x Î I Ý X \ 8x0<:{1 - ¶ < f @xD,
k
{1-¶< g@xD.
Moltiplicando membro a membro tali diseguaglianze tra numeri positivi, si ha allora:
per ogni x Î I Ý X \ 8x0<: k < f @xD g@xD,e l'asserto è dimostrato, sia pure nel caso particolare {1 Î R+, ed {2 = +¥. à
Osservazione. In definitiva, il precedente teorema afferma che il limite di una somma, un prodotto o un quoziente difunzioni, è uguale alla somma, al prodotto o al quoziente dei limiti, salvo alcuni casi particolari che, come vedremo presto,
vengono chiamate forme indeterminate del limite.
Esempio 3.2.1 - 27.
Utilizzando il precedente teorema, insieme alla tabella dei limiti delle funzioni elementari agli estremi dell'insieme didefinizione, si ha immediatamente:
limx®+¥
Ix2 +1
xM = lim
x®+¥x2 + lim
x®+¥
1
x= +¥ + 0 = +¥;
limx®-¥
J x3
+ xN = limx®-¥
x3
+ limx®-¥
x = -¥ - ¥ = -¥;
limx®-¥
J 1
x4 + 2N = limx®-¥
1
x4 + limx®-¥
2 = 0 + 2 = 2;
limx®+¥
I x Ix3 - 1MM = limx®+¥
x limx®+¥
Ix3 - 1M = H+¥L K limx®+¥
x3 - limx®+¥
1O = H+¥L H+¥ - 1L = H+¥L H+¥L = +¥;
limx®+¥
3
x +5=
limx®+¥
3
limx®+¥
J x +5N =
limx®+¥
3
limx®+¥
x + limx®+¥
5=
3
+¥+5=
3
+¥= 0.
Se il limite limx®x0 H f @xD + g@xDL si presenta nella forma +¥ - ¥, non è possibile dire nulla sul valore finale del limite;
infatti, può capitare che prevalga la funzione f @xD, e allora il limite sarà uguale a +¥, oppure che prevalga g@xD, nel qual
caso sarà -¥. Se invece le due funzioni "si equivalgono", il valore del limite potrà essere un qualsiasi numero reale. Analogo
discorso nel caso -¥ + ¥. Si dice, brevemente, che il limite si presenta nella forma indeterminata ¥ - ¥ (forma
indeterminata della somma).
Esempio 3.2.1 - 28.
Ad esempio, il limite limx®+¥ Ix2 - xM si presenta nella forma indeterminata ¥ - ¥. Utilizzando il solo teorema precedente,
non è possibile stabilire immediatamente il risultato. Tuttavia, osservando che x2 - x = x Hx - 1L, si ha:
limx®+¥
Ix2 - xM = limx®+¥
Hx Hx - 1LL = K limx®+¥
xO K limx®+¥
Hx - 1LO = H+¥L H+¥L = +¥.
Abbiamo dunque eliminato la forma indeterminata ¥ - ¥ con alcuni passaggi algebrici, e abbiamo stabilito che il limite vale+¥.Se invece consideriamo il limite limx®+¥ Ix - x2M, anch'esso nella stessa forma indeterminata, si ha:
limx®+¥
Ix - x2M = limx®+¥
Hx H1 - xLL = K limx®+¥
xO K limx®+¥
H1 - xLO = H+¥L H-¥L = -¥.
Carlo Greco :
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2. Primi teoremi sui limiti104
Settembre 2010
limx®+¥
Ix - x2M = limx®+¥
Hx H1 - xLL = K limx®+¥
xO K limx®+¥
H1 - xLO = H+¥L H-¥L = -¥.
Abbiamo ottenuto, questa volta, -¥, a riprova del fatto che il valore del limite, nel caso di una forma indeterminata, non puòessere dedotto a priori.
Considerazioni analoghe alle precedenti si possono fare a proposito di limiti della forma H+¥L 0 oppure H-¥L 0; si dice
brevemente, in questo caso, che il limite si presenta nella forma indeterminata 0 ¥ (forma indeterminata del prodotto).
Le prime due forme indeterminate del quoziente si indicano, brevemente, con 0 �0 e con ¥ � ¥. In tutti questi casi, nulla èpossibile dire, a priori, del risultato del limite, senza prima aver eliminato la forma indeterminata, solitamente con varipassaggi algebrici.
La terza forma indeterminata del quoziente f @xD � g@xD, che indicheremo brevemente con { �0, ha una natura leggermente
diversa, e si può risolvere studiando il segno del denominatore g@xD in un intorno di x0; su di essa torneremo tra breve.
3.2.2. Limiti di polinomi
Un polinomio di grado n è una funzione del tipo: f @xD = an xn + an-1 xn-1 + º + a1 x + a0, dove a0, a1, …an sono numeri
reali (i coefficienti), con an ¹ 0. E' chiaro che un polinomio è definito in tutto R; se consideriamo il limite per x ® ± ¥,vediamo che esso, di solito, si presenta nella forma indeterminata ¥ - ¥; ad esempio, limx®+¥ Ix2 - xM. Per calcolare il
limite di f @xD è sufficiente mettere in evidenza il termine di grado più elevato:
an xn + an-1 xn-1 + º + a1 x + a0 = an xn J1 +an-1
an
1
x+ º +
a1
an
1
xn-1 +a0
an
1
xn N;Tutti gli addendi in parentesi tendono a zero per x ® ± ¥, tranne il primo che è 1, pertanto
limx®±¥
f @xD = limx®±¥
Han xnL = an limx®±¥
xn;
si può quindi dire che il limite di un polinomio di grado n, per x ® ± ¥, si ottiene trascurando i termini di grado minore di n,e considerando solo il temine (dominante) an xn . Naturalmente, il valore del limite limx®±¥ Han xnL può essere +¥ o -¥ aseconda del segno di an, e del fatto che n sia pari o dispari.
Esempio 3.2.2 - 29.
Utilizzando il precedente teorema, si ha immediatamente:
limx®+¥
Ix4 - x2 - x + 2M = limx®+¥
x4 = +¥;
limx®-¥
Ix5 + x4 + x2 + 1M = limx®-¥
x5 = -¥;
limx®-¥
Ix3 - 6 x4 - 3 x - 3M = -6 limx®-¥
x4 = -¥;
limx®-¥
I-x2 + 2 x4 - 5 x5 + 1M = -5 limx®-¥
x5 = +¥.
Osservazione. In definitiva, il comportamento all'infinito di un polinomio, dipende solo da quello del monomio di grado piùelevato, detto monomio dominante. Dal punto di vista del grafico, ciò significa che, all'infinito, i due grafici del polinomio edel suo monomio dominante, tendono sovrapporsi. Ad esempio, nella figura seguente è evidenziato il grafico delpolinomio p@xD = x4 - x2 - x + 2 (linea più spessa), ed è tracciato anche, per confronto, quello del suo monomio dominante
x4 (linea più sottile). Come si osserva, i due grafici sono abbastanza diversi nelle vicinanze dell'origine, ma somigliano moltoper valori di x grandi, ed è questo il significato della relazione:
limx®+¥
Ix4 - x2 - x + 2M = limx®+¥
x4 = +¥.
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2. Primi teoremi sui limiti105
Settembre 2010
x
y
3.2.3. Limiti all'infinito di funzioni razionali
Una funzione razionale è quoziente di due polinomi, cioè è una funzione del tipo:
f @xD =an xn+an-1 xn-1+º+a1 x+a0
bm xm+bm-1 xm-1+º+b1 x+b0;
Al numeratore ed al denominatore vi sono dunque due polinomi, in genere di grado differente. Una funzione razionale èdefinita per tutti i valori che non annullano il denominatore, cioé in tutto R meno le radici reali dell'equazione
bm xm + bm-1 xm-1 + º + b1 x + b0 = 0.
Naturalmente questa equazione può avere solo radici complesse, e, in questo caso, f @xD sarà definita in tutto R.
Ad esempio, x+2
x3+1 è definita in R \ 8-1<, x+2
x4-16 è definita in R \ 8± 2<, x+2
x4+1 è definita in R.
Occupiamoci ora dei limiti all'infinito di f @xD; essi si presentano nella forma indeterminata ¥ � ¥; per risolverli, è sufficiente
mettere in evidenza, al numeratore ed al denominatore, i termini di grado più elevato:
f @xD =an xn+an-1 xn-1+º+a1 x+a0
bm xm+bm-1 xm-1+º+b1 x+b0=
=an xn K1+
an-1an
1
x+º+
a1an
1
xn-1+
a0an
1
xn Obn xm K1+
bm-1bm
1
x+º+
b1bm
1
xm-1+
b0bm
1
xm O ;
Poiché tutte le frazioni in parentesi tendono a zero per x ® ± ¥, si ha che
limx®±¥
f @xD = limx®±¥
an xn
bn xm =an
bnlim
x®±¥
xn
xm .
L'ultimo limite vale, ovviamente, zero se m > n; se invece n = m, si ottiene an
bn come risultato del limite; infine, se n > m, il
limite sarà uguale a ± ¥ a seconda del segno di an
bn, e del fatto che n - m sia pari o dispari.
Esempio 3.2.3 - 30.
Utilizzando il precedente teorema, si ha immediatamente:
limx®+¥
x-x3+2
x4+1= - lim
x®+¥
x3
x4 = - limx®+¥
1
x= 0;
limx®-¥
2+3 x2-5 x3+2 x
x3+3 x2+1= -5 lim
x®-¥
x3
x3 = -5 limx®-¥
1 = -5;
limx®-¥
3 x3+x+1
2 x2+3 x+5=
3
2lim
x®-¥
x3
x2 =3
2lim
x®-¥x =
3
2H-¥L = -¥;
limx®+¥
x3-x5+1
3 x2+1= -
1
3lim
x®+¥
x5
x2 = -1
3lim
x®+¥x3 = -
1
3H+¥L = -¥ .
Osservazione. Anche per le funzioni razionali fratte il significato in termini di grafico di quanto esposto sopra è analogo aquanto osservato per i polinomi: il comportamento all'infinito di una funzione razionale fratta è identico a quello delquoziente dei due monomi dominanti del numeratore e del denominatore, come illustrato nella seguente figura.
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2. Primi teoremi sui limiti106
Settembre 2010
Osservazione. Anche per le funzioni razionali fratte il significato in termini di grafico di quanto esposto sopra è analogo aquanto osservato per i polinomi: il comportamento all'infinito di una funzione razionale fratta è identico a quello delquoziente dei due monomi dominanti del numeratore e del denominatore, come illustrato nella seguente figura.
x
y
La linea blu rappresenta il grafico della funzione razionale fratta -x5+x3+1
3 x2+1, l'altra il grafico del quoziente dei due monomi
dominanti, cioé -x5
3 x2 = -x3
3. Anche in questo caso, pur essendo i due grafici abbastanza diversi nelle vicinanze dell'origine,
all'infinito si ha, appunto:
limx®±¥
x3-x5+1
3 x2+1= lim
x®±¥
-x5
3 x2 = ¡ ¥.
3.2.4. Esercizi
Esercizio 3.2.4 - 31.
Calcolare i seguenti limiti:
limx®+¥
1
x3+
1
x4
+ x2 + x ; limx®-¥
1
x3
- x4 + x3
;
limx®-¥
Ix - 3 x3 - x5M; limx®+¥
x - 3 x3 - x5
2 x5 + 2 x - 1;
limx®-¥
x4 + x3 - 2 x + 2
x5 + x + 1; lim
x®+¥
x2 - x3 + 2
x2 + 1.
Esercizio 3.2.4 - 32.
Calcolare i seguenti limiti:
limx®-¥
x ArcTan@xD; limx®0
1
x2- Log@xD ;
limx®+¥
Ix4 + ArcSin@xDM; limx®-¥
x4 + x3
ArcTan@xD .
3.2.5. Funzioni continue
Fino a questo momento ci siamo occupati del limite di una funzione f @xD all'infinito, oppure in un punto x0 nel quale la
funzione non è definita, come nel caso del limite limx®1x-1
x -1= 2 che abbiamo studiato nel primo paragrafo.
Nulla vieta, tuttavia, di considerare il limite di una funzione f @xD per x ® x0, dove x0 è un numero reale in cui la funzione è
definita. Quasi sempre, il valore del limite, in questo caso, non è altro che f @x0D, cioé si può calcolare direttamente "per
sostituzione".
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2. Primi teoremi sui limiti107
Settembre 2010
Nulla vieta, tuttavia, di considerare il limite di una funzione f @xD per x ® x0, dove x0 è un numero reale in cui la funzione è
definita. Quasi sempre, il valore del limite, in questo caso, non è altro che f @x0D, cioé si può calcolare direttamente "per
sostituzione".
Ad esempio, supponiamo di voler calcolare il limite limx®2 x3; è chiaro che, prendendo x sempre più vicino a 2, ilcorrispondente valore di x3 si avvicina sempre più al valore 8 che, d'altra parte, è proprio il valore della funzione f @xD = x3
per x = 2.
Le funzioni che verificano questa proprietà si dicono continue nel punto x0, come precisato dalla seguente definizione.
Definizione 3.2.5 - 33. (Funzione continua)Sia X un intervallo di R, sia f : X ® R, una funzione definita in X , e sia x0 Î X . Si dice che f @xD è continua nel punto x0,
se esiste il limite di f @xD per x ® x0, ed esso coincide con f @x0D:limx®x0
f @xD = f @x0D.Molte funzioni sono continue in ogni punto del loro insieme di definizione; ad esempio, si dimostra che tutte le funzioni
elementari lo sono. Dunque, se consideriamo, ad esempio, la funzione f @xD =1
x2 , essa è definita in R \ 80<, ed è continua in
ogni suo punto. Pertanto si ha immediatamente:
limx®3
1
x2 =1
9, lim
x®-1
1
x2 = 1, ecc. ecc ..
Osservazione. La definizione di funzione continua in x0 può essere data utilizzando la definizione di limite nel caso x0 Î R
ed { Î R; una importante differenza rispetto a tale definizione, è che ora la funzione f è definita in x0, e per x = x0 si ha
ovviamente f @xD - f @x0D¤ < ¶, e pertanto non è necessario considerare X \ 8x0<; in altri termini:
f : X ® R è continua in x0 Î X se e solo se:
per ogni ¶ > 0, esiste ∆ > 0 tale che, per ogni x Î X , con x - x0¤ < ∆, si ha: f @xD - f @x0D¤ < ¶.
Analogamente, volendo invece utilizzare la definizione generale di limite (con gli intorni), possiamo dire che:
f : X ® R è continua in x0 Î X se e solo se:
per ogni intorno I ' di f @x0D, esiste un intorno I di x0, tale che, per ogni x Î I Ý X , si ha: f @xD Î I '.
Anche qui osserviamo che si deve scrivere "per ogni x Î I Ý X ", e non "per ogni x Î I Ý X \ 8x0<", come nella definizionegenerale di limite, dato che per x = x0, si ha ovviamente f @xD = f @x0D Î I '.
Esempio 3.2.5 - 34.
Dimostriamo, ad esempio, che la funzione f @xD = x2 è continua in ogni punto x0 Î R; infatti, fissiamo un x0 Î R, e facciamo
vedere che limx®x0 x2 = x02.
Per definizione di limite, dobbiamo dimostrare che:
per ogni ¶ > 0, esiste ∆ > 0 tale che, per ogni x Î R, con x - x0¤ < ∆, si ha: ¡x2 - x02¥ < ¶.
Fissiamo dunque un ¶ > 0; senza alcuna perdita di generalità possiamo supporre che sia ¶ < 2 H x0¤ + 1L; poniamo allora
∆ =¶
2 H x0¤+1L ,
e facciamo vedere che questo è il ∆ richiesto. Infatti, prendiamo x Î R, con x - x0¤ < ∆ =¶
2 H x0¤+1L , e osserviamo anzitutto che,
essendo ∆ < 1, si ha:
x¤ = Hx - x0L + x0¤ £ x - x0¤ + x0¤ < 1 + x0¤;allora:
¡x2 - x02¥ = Hx - x0L Hx + x0L¤ = x - x0¤ x + x0¤ £ x - x0¤ H x¤ + x0¤L <
< x - x0¤ H1 + x0¤ + x0¤L = x - x0¤ H2 x0¤ + 1L <¶
2 H x0¤+1L H2 x0¤ + 1L = ¶,
Carlo Greco :
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2. Primi teoremi sui limiti108
Settembre 2010
< x - x0¤ H1 + x0¤ + x0¤L = x - x0¤ H2 x0¤ + 1L <¶
2 H x0¤+1L H2 x0¤ + 1L = ¶,
e l'asserto è dimostrato.
Esempio 3.2.5 - 35.
Dimostriamo ora che la funzione f @xD = Log@xD è continua in ogni punto x0 Î R+; infatti, fissiamo un x0 Î R+, e facciamo
vedere che limx®x0 Log@xD = [email protected] definizione di limite, dobbiamo dimostrare che:
per ogni ¶ > 0, esiste ∆ > 0 tale che, per ogni x Î R+, con x - x0¤ < ∆, si ha: Log@xD - Log@x0D¤ < ¶.
Fissiamo dunque un ¶ > 0, e poniamo:
∆ = min@x0 H1 - ã-¶L, x0 H㶠- 1LD;ovviamente ∆ > 0 dato che x0 > 0, 㶠> 1, e ã-¶ < 1; facciamo vedere che questo è il ∆ richiesto. Infatti, prendiamo x Î R, con x - x0¤ < ∆ = x0 H1 - ã-¶L; si ha:
Log@xD - Log@x0D¤ < ¶ � ¢LogB x
x0F¦ < ¶ � -¶ < LogB x
x0F < ¶ � ã-¶ <
x
x0< 㶠� x0 ã-¶ < x < x0 㶠�
� x0 ã-¶ - x0 < x - x0 < x0 㶠- x0 � x0 Hã-¶ - 1L < x - x0 < x0 H㶠- 1L Ü -∆ < x - x0 < ∆
e l'asserto è dimostrato.
Esempio 3.2.5 - 36.
Dimostriamo, ad esempio, che la funzione f @xD = x3
è continua in ogni punto x0 Î R; infatti, fissiamo un x0 Î R, e
facciamo vedere che limx®x0 x3
= x03
.
A tale scopo, adoperiamo la definizione di limite: fissiamo un ¶ > 0, e risolviamo la coppia di disequazioni:
x03
- ¶ < x3
< x03
- ¶.
Poniamo, per brevità, x03
= r; elevando al cubo i tre membri della disequazione, si ottiene:
x03
- ¶ < x3
< x03
+ ¶x0
3=r
r - ¶ < x3
< r + ¶ �
Hr - ¶L3 < x < Hr + ¶L3 � r3 - 3 r2 ¶ + 3 r ¶2 - ¶3 < x < r3 + 3 r2 ¶ + 3 r ¶2 + ¶3 �
� x0 - I3 r2 ¶ - 3 r ¶2 + ¶3M < x < x0 + I3 r2 ¶ + 3 r ¶2 + ¶3M; ponendo ∆1 = 3 r2 ¶ - 3 r ¶2 + ¶3, e ∆2 = 3 r2 ¶ + 3 r ¶2 + ¶3, abbiamo dunque che le disequazioni date sono soddisfatte perx0 - ∆1 < x < x0 + ∆2:
x0-∆1 x0+∆2x0
x
f @x0D-¶
f @x0D
y
Indicato allora con ∆ il più piccolo tra ∆1 e ∆2 (in questo caso ∆1 è il più piccolo), le disequazioni di partenza sono soddisfatte
per x0 - ∆ < x < x0 + ∆, cioé in un intorno di x0. Ciò mostra che effettivamente limx®x0 x3
= x03
, e quindi che x3
è
continua in x0.
Più in generale si dimostra il seguente teorema.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
2. Primi teoremi sui limiti109
Settembre 2010
Più in generale si dimostra il seguente teorema.
Teorema 3.2.5 - 37. (Continuità delle funzioni elementari)Tutte le funzioni elementari sono continue nel loro insieme di definizione.
Dimostrazione.
Omessa. à
La dimostrazione di questo teorema potrebbe essere svolta, in linea di principio, procedendo, per ogni funzione elementare,come si è fatto negli esempi precedenti; tuttavia vedremo in seguito un teorema che consentirà di dimostrare "in un solcolpo" la continuità di tutte le funzioni elementari.
Si può inoltre dimostrare il seguente teorema.
Teorema 3.2.5 - 38. (Operazioni con le funzioni continue)La somma, il prodotto ed il quoziente di funzioni continue è una funzione continua.
Dimostrazione.
La dimostrazione è ovvia; infatti, supponiamo di voler dimostrare che la somma di due funzioni f @xD e g@xD, continue
entrambe in x0, è continua in x0; basta dimostrare che:
limx®x0
H f @xD + g@xDL = f @x0D + g@x0D;ma ciò è ovvio per il teorema sul limite di una somma. Analogamente si procede per gli altri casi. à
Esempio 3.2.5 - 39.
La funzione f @xD = x3 -x-3
x-5+
1
x3
, ad esempio, è definita nell'insieme X dato dall'unione dei tre intervalli
D - ¥, 0@ÜD 0, 5@ÜD 5, +¥@, ed essendo ottenuta mediante operazioni algebriche su funzioni continue, è continua in ognipunto di X . Ciò significa, ad esempio, che
limx®1
x3 +1
x3
-x-3
x-5= 1 +
1
13
-1-3
1-5=
3
2, ecc. ecc ..
Resta naturalmente il problema di come calcolare il limite di f @xD sia nei due punti 0 e 5, sia per x che tende a meno infinito
che per x che tende a più infinito, dato che la sostituzione, in questi casi, non è possibile.
Per quanto riguarda la composizione di funzioni continue, si ha il seguente teorema.
Teorema 3.2.5 - 40. (Continuità delle funzioni composte)Siano X ed Y intervalli di R, e siano f : X ® Y e g : Y ® R due funzioni continue, rispettivamente, in x0 Î X , e in
y0 = f @x0D.Allora la funzione composta g@ f @xDD è continua in x0.
Dimostrazione.
Supponiamo dunque che f sia continua in x0 e g sia continua in y0 = g@x0D; si deve dimostrare che g@ f @xDD è continua in x0;
a tale scopo, utilizziamo la definizione generale di limite (con gli intorni), richiamata sopra, e facciamo vedere che:
per ogni intorno I '' di g@ f @x0DD, esiste un intorno I di x0, tale che, per ogni x Î I Ý X , si ha: g@ f @xDD Î I ''.
In effetti, fissiamo un intorno I '' di g@ f @x0DD = g@y0D; per la continuità di g@yD in y0, in corrispondenza di I '' esiste un
opportuno intorno I ' di y0, tale che:
per ogni y Î I ' Ý Y , si ha: g@yD Î I ''.
Ora, per la continuità di f in x0, in corrispondenza dell'intorno I ' di y0 = f @x0D, esiste un opportuno intorno I di x0 tale che:
per ogni x Î I Ý X , si ha: f @xD Î I '.
L'ultimo intorno I trovato è proprio quello che serve per dimostrare la tesi; infatti, se x Î I Ý X , si ha f @xD Î I ' Ý Y , e
quindi g@ f @xDD Î I '', e il teorema è dimostrato. à
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
2. Primi teoremi sui limiti110
Settembre 2010
L'ultimo intorno I trovato è proprio quello che serve per dimostrare la tesi; infatti, se x Î I Ý X , si ha f @xD Î I ' Ý Y , e
quindi g@ f @xDD Î I '', e il teorema è dimostrato. à
Esempio 3.2.5 - 41.
La funzione f @xD = x2 + x + 1 è continua, dato che è composta dalle due funzioni x ® y = x2 + x + 1 (che è continua
perché è un polinomio) e y ® y (che, come si è detto, è continua).
Non si deve tuttavia pensare che tutte le funzioni siano continue. Ad esempio, la funzione Sign@xD, di cui ricordiamo il
grafico:
x
-1
1
yy=Sign@xD
è definita in tutto R, e non è continua nell'origine. Infatti il limite per x ® 0 non esiste (si ha infatti limx®0- Sign@xD = -1,
limx®0+ Sign@xD = 1) mentre Sign@0D = 0.
Anche la funzione seguente:
1 2 3 4 5x
1
2
3
4
5
6
y
presenta dei punti di discontinuità: è infatti discontinua nei punti x0 = 2, x0 = 3, x0 = 4. Ad esempio, nel punto x0 = 2, si ha:
limx®2-
f @xD = 4, limx®2+
f @xD = 2 = f @2D.Nel punto x0 = 1 si vede dal grafico che è continua, si ha cioé:
limx®1+
f @xD = limx®1
f @xD = 1 = f @1D.Infine, nel punto x0 = 5 la funzione data non è definita, pertanto non si può parlare di continuità in tale punto.
Carlo Greco :
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2. Primi teoremi sui limiti111
Settembre 2010
3.2.6. La forma indeterminata { � 0
Vogliamo ora studiare la terza forma indeterminata del limite del quoziente, cioé { �0. Un'occhiata ai grafici delle funzioni
f @xD =1
x2 , g@xD = -1
x2 , e h@xD =1
x, che sono i seguenti:
y =1
xy =
1
x2y =-
1
x2
suggerisce che 1
0= ± ¥ a seconda che il denominatore si mantenga strettamente positivo o negativo in un intorno di x0; se
invece cambia di segno, come per la funzione 1
x, il limite non esiste. Si ha in effetti il seguente teorema.
Teorema 3.2.6 - 42. (Forma indeterminata { � 0)
Sia X un intervallo di R, sia x0 Î X`, e siano f : X \ 8x0< ® R e g : X \ 8x0< ® R due funzioni definite in X \ 8x0<, tali che:
1°) limx®x0
f @xD = { Î R`
\ 80<, e limx®x0
g@xD = 0;
2°) g@xD > 0 (risp. g@xD < 0) in un intorno di x0.Allora si ha:
limx®x0
f @xDg@xD = { H+¥L (risp. lim
x®x0
f @xDg@xD = { H-¥L).
Se invece g@xD cambia di segno in ogni intorno di x0, il limite dato non esiste.
Dimostrazione.
Omessa. à
Osservazione. In particolare, limx®x0
1
g@xD = +¥ se g@xD > 0 in un intorno di x0, mentre limx®x0
1
g@xD = -¥ se g@xD < 0 in un
intorno di x0.
Per indicare il fatto che g@xD tende a zero mantenendosi strettamente positiva o negativa in un intorno di x0, si usano le
scritture: limx®x0 g@xD = 0+ e limx®x0 g@xD = 0-. Pertanto il teorema precedente può essere riassunto dalle espressioni:
1
0+= +¥, e 1
0-= -¥.
Osservazione. Il teorema precedente resta valido anche per il limite a sinistra e a destra, pur di sostituire la parola "intorno"con "intorno sinistro" o con "intorno destro".
3.2.7. Limiti delle funzioni razionali negli zeri del denominatore
Il teorema precedente è utile, in particolare, per lo studio dei limiti di una funzione razionale nei punti in cui si annulla ildenominatore, come si vede nei seguenti esempi.
Esempio 3.2.7 - 43.
Si ha:
limx®1
-2
Hx-1L2 Ix2+1M = -¥,
infatti il denominatore tende sicuramente a 0, come si verifica "per sostituzione", essendo Hx - 1L2 Ix2 + 1M un polinomio, e
quindi una funzione continua. Dunque il limite dato si presenta nella forma indeterminata -2
0. Per risolvere tale forma
indeterminata, dobbiamo studiare il segno del denominatore, cioé dobbiamo risolvere la disequzione Hx - 1L2 Ix2 + 1M > 0.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
2. Primi teoremi sui limiti112
Settembre 2010
infatti il denominatore tende sicuramente a 0, come si verifica "per sostituzione", essendo Hx - 1L2 Ix2 + 1M un polinomio, e
quindi una funzione continua. Dunque il limite dato si presenta nella forma indeterminata -2
0. Per risolvere tale forma
indeterminata, dobbiamo studiare il segno del denominatore, cioé dobbiamo risolvere la disequzione Hx - 1L2 Ix2 + 1M > 0.
Ora, si vede immediatamente che tale disequazione è soddisfatta in R \ 81<, e quindi addirittura in ogni intorno di 1, pertanto
il limite dato è uguale a -2
0+= -2 H+¥L = -¥.
Esempio 3.2.7 - 44.
Il limite
limx®1
x+3
Ix3-1M Hx+2L non esiste.
Infatti, il numeratore tende a 4; il denominatore tende a zero; per vedere se esso si mantiene strettamente positivo o negativoin un intorno di 1, dobbiamo studiarne il segno, cioé risolvere la disequazione Ix3 - 1M Hx + 2L > 0. Studiando il segno dei
singoli fattori si ha:
x3-1 > 0 1
x+2 > 0 -2
Hx3-1LHx+2L > 0 -2 1
pertanto il denominatore è strettamente negativo in un intorno sinistro di 1 (precisamente in D - 2, 1@), e strettamente positivoin D 1, +¥@, dunque addirittura in ogni intorno destro di 1 del tipo D 1, 1 + ∆@.In definitiva, il denominatore cambia di segno in ogni intorno (completo) di 1, essendo negativo a sinistra e positivo a destra.Per il teorema precedente possiamo dire che il limite dato non esiste, esistono però i limiti a sinistra e a destra di 1:
limx®1-
x+3
Ix3-1M Hx+2L =4
0-= -¥, lim
x®1+
x+3
Ix3-1M Hx+2L =4
0+= +¥.
3.2.8. Esercizi
Esercizio 3.2.8 - 45.
Adoperando la definizione di limite, dimostrare che, se x0 Î R, si ha:
limx®x0
x¤ = x0¤pertanto la funzione x ® x¤ è continua in ogni punto x0 di R.
Esercizio 3.2.8 - 46.
Determinare i valori dei parametri a, b Î R, in modo che la funzione:
f @xD = : 1 - 2 x2 se x < 0a x + b se x ³ 0
sia continua. Verificare il risultato ottenuto nella seguente animazione.
Carlo Greco :
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2. Primi teoremi sui limiti113
Settembre 2010
a 1
b 0
x
y
1
Esercizio 3.2.8 - 47.
Dire quali delle seguenti funzioni è continua, e perché.
1°) f @xD = x9�4 +1
x3+1
+1
x;
2°) f @xD = x2 Sign@xD;3°) La funzione "parcheggio in garage", così definita (x è la lunghezza dell'automobile, in metri, e f @xD è il costo mensile del
parcheggio, in Euro):
f @xD = : 100 se x £ 4
150 se x > 4
Esercizio 3.2.8 - 48.
Calcolare i seguenti limiti, se esistono, oppure il limite a sinistra e a destra.
limx®1
x-3
Hx-1L I3-x2M2 ; limx®-2
x2+x-1
Hx+2L2 x; lim
x®0
x2+x-1
Hx+2L2 x;
limx®3
1
x-3; lim
x®1
1
x3
-1; lim
x®1
1
x23-1
.
3.2.9. Limiti di funzioni composte
Consideriamo il limite della funzione composta h@xD = g@ f @xDD per x ® x0; supponiamo che limx®x0 f @xD = y0 Î R`
; ponendo
allora y = f @xD, si dovrebbe poter scrivere:
limx®x0
gH f @xDL =y= f @xD
limy®y0
g@yD,pertanto il limite della funzione composta è ricondotto al calcolo dei limiti delle due funzioni componenti: anzitutto del limitelimx®x0 f @xD, che fornisce il valore y0, e poi del limite limy®y0 [email protected] ipotesi in cui è effettivamente valido tutto il ragionamento precedente, sono precisate nel seguente teorema.
Teorema 3.2.9 - 49. (Limite delle funzioni composte)
Siano X ed Y due intervalli di R, siano x0 Î X`, y0 Î Y
`, e siano f : X \ 8x0< ® Y e g : Y \ 8y0< ® R due funzioni, tali che:
1°) limx®x0
f @xD = y0, e limy®y0
g@yD = { Î R`
;
2°) esiste un intorno J di x0 tale che, per ogni x Î J Ý X \ 8x0<, risulta f @xD ¹ y0.
Allora si ha:limx®x0
g@ f @xDD = { .
Carlo Greco :
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2. Primi teoremi sui limiti114
Settembre 2010
limx®x0
g@ f @xDD = { .
Dimostrazione. Si deve dimostrare che:
limx®x0
g@ f @xDD = {,
ossia, per la definizione generale di limite, che:
per ogni intorno I '' di {, esiste un intorno I di x0, tale che, per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, risulti g@ f @xDD Î I ''.
Sia dunque I '' un intorno fissato di {; poiché limy®y0
g@yD = {, in corrispondenza di I '' esiste un opportuno intorno I ' di y0, tale
che:
per ogni y Î I ' Ý Y \ 8y0< si ha: g@yD Î I ''.
Poiché limx®x0
f @xD = y0, in corrispondenza di I ' esiste un opportuno intorno H di x0, tale che:
per ogni x Î H Ý X \ 8x0< si ha: f @xD Î I '.
Poniamo ora I = J Ý H ; allora, per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, si ha:
f @xD Î I ' perché x Î H Ý X \ 8x0<;f @xD ¹ y0 perché x Î J Ý X \ 8x0<.
pertanto, per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, si ha, in definitiva:
f @xD Î I ' Ý Y \ 8y0<,e quindi per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, si ha:
g@ f @xDD Î I '',
che è quanto si doveva dimostrare. à
Osservazione. La seconda ipotesi significa, in sostanza, che, in un intorno abbastanza piccolo di x0, la funzione f @xD non
assume mai il valore y0, tranne, eventualmente, nel punto x0.
Questa ipotesi è solitamente verificata dalle funzioni f @xD che si considerano nelle applicazioni.
Esempio 3.2.9 - 50.
Calcolare il limite limx®+¥ x2 - x43.
Poiché limx®+¥ Ix2 - x4M = -¥, si ha:
limx®+¥
x2 - x43=
y=x2-x4
limy®-¥
y3 = -¥.
Esempio 3.2.9 - 51.
Calcolare il limite limx®-¥2- x
3
4 x3
+5.
Poiché limx®-¥ x3
= -¥, si ha:
limx®-¥
2- x3
4 x3
+5=
y= x3
limy®-¥
2-y
4 y+5= -
1
4.
Carlo Greco :
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2. Primi teoremi sui limiti115
Settembre 2010
Esempio 3.2.9 - 52.
Calcolare il limite limx®+¥ 8 -3
x3 .
Poiché limx®+¥ J8 -3
xN = 8, si ha:
limx®+¥
8 -3
x3 =
y=8-3
xlimy®8
y3 = 83
= 2.
Esempio 3.2.9 - 53.
Per dare un esempio in cui non è possibile applicare il teorema sul limite delle funzioni composte, consideriamo, comefunzione f @xD, una funzione che, in un intorno D x0 - r, x0 + r@ di x0, sia costante, a costante valore y0.
x0-r x0 x0+rx
y0
yy = f@xD
Questa funzione non soddisfa l'ipotesi 2°) del teorema sul limite delle funzioni composte.
Consideriamo ora, come funzione g@yD, una qualsiasi funzione che non sia continua in y0; ad esempio potremmo considerare
la funzione:
g@yD =1 se y = y0
0 se y ¹ y0
Ovviamente la funzione composta g@ f @xDD sarà costante a costante valore 1 in D x0 - r, x0 + r@, e pertanto:
limx®x0
g@ f @xDD = 1.
D'altra parte, se volessimo applicare il teorema sul limite delle funzioni composte, avremmo:
limx®x0
g@ f @xDD = limy®y0
g@yD = 0,
mentre questo non è il risultato giusto del limite.
3.2.10. Limiti di alcune funzioni irrazionali
Spesso è possibile calcolare il limite all'infinito di alcune funzioni irrazionali si presenta in forma indeterminata, mediantevari procedimenti di razionalizzazione, come è mostrato nei seguenti esempi.
Esempio 3.2.10 - 54.
Calcolare il seguente limite:
limx®+¥
J 3 x + 5 - 3 x - 1 N.La funzione data è ben definita per x grande, quindi ha senso considerare il limite per x ® +¥, ed esso si presenta nellaforma ¥ - ¥. Razionalizzando si ha:
3 x + 5 - 3 x - 1 =H3 x+5L-H3 x-1L3 x+5 + 3 x-1
=5+1
3 x+5 + 3 x-1®
6
+¥= 0.
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Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
2. Primi teoremi sui limiti116
Settembre 2010
3 x + 5 - 3 x - 1 =H3 x+5L-H3 x-1L3 x+5 + 3 x-1
=5+1
3 x+5 + 3 x-1®
6
+¥= 0.
Esempio 3.2.10 - 55.
Calcolare il seguente limite:
limx®+¥
J 2 x + 5 - 3 x - 1 N.Anche questa funzione è ben definita per x grande, quindi ha senso considerare il limite per x ® +¥, ed esso si presenta
nella forma ¥ - ¥. In questo caso, invece che razionalizzare, conviene mettere in evidenza x :
2 x + 5 - 3 x - 1 = x 2 +5
x- 3 -
1
x® H+¥L J 2 - 3 N = -¥.
Infatti, per il teorema sul limite delle funzioni composte, si ha: limx®+¥ 2 +5
x= 2 , e limx®+¥ 3 -
1
x= 3 .
Esempio 3.2.10 - 56.
Calcolare il seguente limite:
limx®+¥
x x-1
x+1- 1 .
La funzione data è ben definita per x grande, quindi ha senso considerare il limite per x ® +¥. Esso si presenta, questa volta,nella forma 0 ¥. Razionalizzando si ha:
x x-1
x+1- 1 = x
x-1
x+1-1
x-1
x+1+1
= x-
2
1+x
x-1
x+1+1
= -2 x
1+x
1
x-1
x+1+1
® -2 1
2= -1.
Nel calcolo del limite delle funzioni irrazionali per x ® -¥, bisogna fare attenzione nel portare la variabile x dentro o fuoridel segno di radice. Infatti, se x è negativo, si ha, ad esempio:
x2 - x = x2 I1 -1
xM = x2 1 -
1
x= -x 1 -
1
x;
viceversa, nel portare x sotto il segno di radice, si deve cambiarne il segno.
Esempio 3.2.10 - 57.
Calcolare il seguente limite:
limx®-¥
J 5 - 2 x - 1 - 3 x N.La funzione è ben definita per x negativo grande, quindi ha senso considerare il limite per x ® -¥, che si presenta nella
forma ¥ - ¥. Mettiamo in evidenza -x :
5 - 2 x - 1 - 3 x = x I 5
x- 2M - x I 1
x- 3M = -x I-
5
x+ 2M - -x I-
1
x+ 3M =
-x -5
x+ 2 - -
1
x+ 3 ® +¥ J 2 - 3 N = -¥,
infatti limx®-¥ -x = +¥.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
2. Primi teoremi sui limiti117
Settembre 2010
3.2.11. Esercizi
Esercizio 3.2.11 - 58.
Calcolare i seguenti limiti (se esistono):
limx®-¥
1
x3 + 1+ x2
3 ;
limx®+¥
I x - x2Mn, sia per n pari che per n dispari;
limx®-¥
¡x3 + x2 + 1¥; limx®4
¡1 - x ¥;
limx®5
x - 5¤x - 5
; limx®1
x2 - 2 x + 1
x - 1;
limx®-1
x3 + 1
x + 1; lim
x®1
x - 4 x + 3
x2 - 1;
limx®+¥
x Hx + 1L Ix2 + 1MI2 x + 3M2 I1 - x M5
; limx®-1
x3 + 1
x + 1.
Esercizio 3.2.11 - 59.
Calcolare i seguenti limiti (se esistono):
limx®0
2 + x2 - 2 - x2
x2; lim
x®+¥x2 + x - x ;
limx®-¥
x2 + x - x ; limx®-¥
x
x2 - x
;
limx®-¥
x2 + 2 x - x2 - 2 x .
3.2.12. Asintoti
Abbiamo già parlato degli asintoti verticali ed orizzontali che una funzione può presentare. Se f : X ® R è definita, ad
esempio, su un intervallo illimitato superiormente, e se limx®+¥ f @xD = ± ¥, la funzione può essere dotata di asintoti obliqui.
Definizione 3.2.12 - 60. (Asintoti obliqui)Sia f : X ® R, dove X è un intervallo illimitato superiormente (risp. inferiormente), e sia limx®+¥ f @xD = ± ¥ (risp.
limx®-¥ f @xD = ± ¥). Una retta y = m x + q si dice asintoto obliquo di f per x ® +¥ (risp. per x ® -¥), se:lim
x®+¥
H f @xD - Hm x + qLL = 0 (risp. limx®-¥
H f @xD - Hm x + qLL = 0).
La precedente relazione esprime il fatto che, per x ® +¥ (o a -¥), la distanza tra il grafico di f e quello della retta, tende a
zero.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
2. Primi teoremi sui limiti118
Settembre 2010
x
10 20 30x
-1
1
2
3
4
y
Distanza tra i due punti:
2.60261
Per calcolare l'equazione degli asintoti obliqui, si utilizza il seguente teorema.
Teorema 3.2.12 - 61. (Calcolo degli asintoti obliqui)Sia f : X ® R, dove X è un intervallo illimitato superiormente (risp. inferiormente), e sia limx®+¥ f @xD = ± ¥ (risp.
limx®-¥ f @xD = ± ¥). Le seguenti proposizioni sono equivalenti:a) La retta di equazione y = m x + q è un asintoto obliquo di f per x ® +¥ (risp. per x ® -¥);b) si ha:
limx®+¥
f @xDx
= m Î R, e limx®+¥
H f @xD - m xL = q Î R (risp. limx®-¥
f @xDx
= m Î R, e limx®-¥
H f @xD - m xL = q Î R).
Dimostrazione.
Per fissare le idee supponiamo che X sia illimitato superiormente, e considerimo i limiti per x ® +¥. Iniziamo col dimostrareche aL Þ bL; supponiamo dunque vera la aL, quindi limx®+¥ H f @xD - Hm x + qLL = 0.
Da ciò segue:
limx®+¥
f @xDx
= limx®+¥
J f @xD-Hm x+qLx
+m x+q
xN =
0
+¥+ m +
q
+¥= m,
nonché:
limx®+¥
H f @xD - m xL = limx®+¥
H f @xD - Hm x + qL + qL = limx®+¥
H f @xD - Hm x + qLL + limx®+¥
q = 0 + q = q,
e con questo la bL è dimostrata.
Viceversa, supponiamo vera la proposizione bL, per cui valgono le relazioni: limx®+¥
f @xDx
= m Î R, e
limx®+¥ H f @xD - m xL = q Î R; consideriamo allora la retta di equazione y = m x + q; dobbiamo dimostrare che essa è un
asintoto obliquo per f per x ® +¥; in effetti, si ha immediatamente:
limx®+¥
H f @xD - Hm x + qLL = limx®+¥
H f @xD - Hm x + qLL = limx®+¥
H f @xD - m xL - limx®+¥
q = q - q = 0,
e la aL è dimostrata. à
Esempio 3.2.12 - 62.
Determinare gli eventuali asintoti della funzione f @xD =x2+1
x-2.
La funzione è definita per x ¹ 2, e per x = 2 si ha un asintoto verticale. Si ha inoltre limx®±¥ f @xD = ± ¥, quindi la funzione
non ha asintoti orizzontali, e può avere asintoti obliqui. Si ha:
limx®±¥
f @xDx
=x2+1
x2-2 x= 1,
Carlo Greco :
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2. Primi teoremi sui limiti119
Settembre 2010
limx®±¥
f @xDx
=x2+1
x2-2 x= 1,
quindi m = 1. Calcoliamo l'altro limite:
limx®±¥
H f @xD - xL = limx®±¥
1+2 x
x-2= 2,
quindi la retta y = x - 2 è un asintoto obliquo per f , per x ® ± ¥. Grafico:
2x
y
y = x+2
Esercizio 3.2.12 - 63.
Identificare tutti gli asintoti (verticali, orizzontali, obliqui) delle seguenti funzioni.
f @xD =3 x + 2 x
1 - x; f @xD =
1
1 - x-
1
1 + x;
f @xD = x2 + 2 x - x2 - 2 x ;
f @xD = x + 5 - x ; f @xD =x2 - 4
x - 2¤ .
Carlo Greco :
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2. Primi teoremi sui limiti120
Settembre 2010
3.3. Altri teoremi sui limiti e alcuni limiti notevoli
3.3.1. Permanenza del segno e conservazione delle disuguaglianze
Supponiamo che una certa funzione f @xD tenda ad { Î R`
per x ® x0, cioé che limx®x0 f @xD = { Î R`
; questo significa che
f @xD > { nelle vicinanze di x0; in particolare, se { è strettamente positivo (eventualmente +¥), la funzione f @xD si mantiene
strettamente positiva in un intorno di x0, e, analogamente, se { < 0, anche f @xD risulterà strettamente minore di zero in un
intorno di x0. In altre parole, la funzione f @xD "eredita", in un intorno di x0, il segno del limx®x0 f @xD.
x
-4 -2 2 4x
{
y
f@xD negativa!!
Questa circostanza è nota col nome di teorema della permanenza del segno per i limiti, che enunciamo in modo più precisocome segue.
Teorema 3.3.1 - 64. (Permanenza del segno per i limiti)
Sia X un intervallo di R, siano x0 Î X`, { Î R
`, ed f : X \ 8x0< ® R una funzione definita in X \ 8x0< tale che:
limx®x0
f @xD = { .
Allora, se { > 0 (risp. se { < 0) esiste un opportuno intorno I di x0, tale che, per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, si ha: f @xD > 0 (risp.
f @xD < 0).
Dimostrazione.
Supponiamo, per fissare le idee, { > 0 (step 1), ed utilizziamo la definizione generale di limite: fissiamo infatti un intorno I 'di { tale che I ' Ì R+ (ciò è possibile perché { > 0) (step 2). In corrispondenza di I ' esiste un intorno I di x0 tale che, per ognix Î I Ý X \ 8x0<, si ha f @xD Î I ' (step 3). Ora, essendo I ' Ì R+, ciò implica che, sempre per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, si abbia
f @xD > 0 (step 4), che è quanto si doveva dimostrare. à
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
3. Altri teoremi sui limiti e alcuni limiti notevoli121
Settembre 2010
step 1 2 3 4
x
y
{
x0
Esempio 3.3.1 - 65.
Consideriamo la funzione f @xD =-x+ x +1
x+1; calcoliamone il limite per x ® +¥; si ha:
limx®+¥
1+ x -x
x+1=x =y
limy®+¥
1+y-y2
y2+1= -1 < 0,
(quindi la retta y = -1 è un asintoto orizzontale); pertanto la funzione data si mantiene negativa in un intorno di +¥; esiste
cioé un x tale che, per ogni x > x, si abbia f @xD < 0. Grafico:
x
y
1-¶
-1
1+¶
x
Osservazione. Se, nel teorema precedente, si ha { = 0, nulla si può dedurre sul segno della funzione in un intorno di x0, comemostrano semplici esempi. Ad esempio, nel seguente grafico sono mostrate tre funzioni, che tendono tutte a zero per x ® x0;tuttavia la prima è strettamente positiva, la seconda strettamente negativa e la terza cambia di segno in un intorno di x0:
x
y
x0 x0 x0
Il teorema precedente ammette anche, in un certo senso, un "viceversa"; infatti, se una certa funzione si mantiene, adesempio, positiva (non strettamente) in un intorno di x0, e se limx®x0 f @xD = {, tale numero { dovrà essere anch'esso ³ 0. Si ha
infatti il seguente teorema.
Carlo Greco :
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3. Altri teoremi sui limiti e alcuni limiti notevoli122
Settembre 2010
Teorema 3.3.1 - 66. (Conservazione delle disuguaglianze)
Sia X un intervallo di R, siano x0 Î X`, { Î R
`, ed f : X \ 8x0< ® R una funzione definita in X \ 8x0<, e si supponga che esista
un opportuno intorno I di x0, tale che, per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, si abbia: f @xD ³ 0 (risp. f @xD £ 0).Allora, se esiste il limite limx®x0 f @xD, tale limite sarà maggiore o uguale a zero (risp. minore o uguale a zero).
Dimostrazione.
E' un'ovvia conseguenza del teorema precedente; infatti, supponiamo che esista un opportuno intorno I del punto x0 tale che,per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, si abbia, ad esempio, f @xD ³ 0; dobbiamo dimostrare che il limite (supposto esistente)
limx®x0 f @xD = { è maggiore o uguale a zero. Infatti, ragioniamo per assurdo, e supponiamo invece { < 0; allora, grazie al
teorema precedente, f @xD si manterrà strettamente negativa in J Ý X \ 8x0<, dove J è un opportuno intorno di x0. Ma allora, in
I Ý J Ý X \ 8x0<, la funzione f @xD dovrebbe essere, contemporaneamente, ³ 0 e < 0, e ciò è assurdo. Tale assurdo è derivato
dall'aver supposto { < 0, pertanto si ha invece { ³ 0, come si doveva dimostrare. à
Osservazione. E' immediato verificare che, se una certa funzione si mantiene strettamente positiva in un intorno di x0
(invece che solo positiva come nel teorema precedente), da questo non si può dedurre che anche il limite { sia strettamentepositivo, ma solo che è ³ 0.
3.3.2. Confronto
Supponiamo che f1@xD, f @xD ed f2@xD siano tre funzioni tali che f1@xD £ f @xD £ f2@xD, e che le due funzioni f1@xD ed f1@xDtendano ad un certo limite finito { per x ® x0; nella figura seguente è illustrata la situazione.
x0
x
{
y
f1@xD
f2@xD
f @xD
E' evidente che anche la funzione f @xD "è costretta" a tendere anch'essa ad { per x ® x0. Le ipotesi precise in cui ciò si
verifica sono contenute nel seguente teorema.
Teorema 3.3.2 - 67. (Primo teorema di confronto)
Sia X un intervallo di R, sia x0 Î X`, e siano f1, f2, f : X \ 8x0< ® R, tre funzioni definite in X \ 8x0< tali che:
1°) esiste un opportuno intorno J di x0 tale che, per ogni x Î J Ý X \ 8x0< si abbia f1@xD £ f @xD £ f2@xD;2°) si ha:
limx®x0
f1@xD = limx®x0
f2@xD = { Î R;
allora si ha anche:limx®x0
f @xD = { .
Dimostrazione.
Per dimostrare il teorema, applichiamo la definizione di limite e facciamo vedere che, per ogni I ' intorno di {, esiste unopportuno intorno I di x0, tale che, per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, si abbia f @xD Î I '. A tale scopo fissiamo un intorno I ' di {, e
osserviamo che, essendo limx®x0 f1@xD = {, in corrispondenza di I ' esiste un opportuno intorno I1 di x0 tale che
f1@xD Î I ' per ogni x Î I1 Ý X \ 8x0< Hstep 1L.Analogamente, sempre in corrispondenza dello stesso I ', essendo pure limx®x0 f2@xD = {, esiste un altro intorno I2 di x0 tale
che:
Carlo Greco :
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3. Altri teoremi sui limiti e alcuni limiti notevoli123
Settembre 2010
Analogamente, sempre in corrispondenza dello stesso I ', essendo pure limx®x0 f2@xD = {, esiste un altro intorno I2 di x0 tale
che:
f2@xD Î I ' per ogni x Î I2 Ý X \ 8x0< Hstep 2L.Allora, considerato l'intorno I = I1 Ý I2 Ý J di x0 (step 3), per ogni x Î I Ý X \ 8x0< si ha contemporaneamente: f1@xD Î I ' e
f2@xD Î I ' , e f1@xD £ f @xD £ f2@xD (step 4); da questo consegue, essendo I ' un intervallo, che:
f @xD Î I ' per ogni x Î I Ý X \ 8x0< Hstep 5L.Data l'arbitrarietà di I ', abbiamo dunque dimostrato che limx®x0 f @xD = {. à
step 1 2 3 4 5
x
y
f1@xDf @xDf2@xD
I'= {
x0
I1
x
f1 @xD
In corrispondenza di I' esiste un opportuno I1 tale che,
se x Î I1, allora f1@xD Î I' ...
Primo teorema di confronto
Un secondo teorema di confronto riguarda il caso in cui { = +¥ oppure { = -¥.
Teorema 3.3.2 - 68. (Secondo teorema di confronto)
Sia X un intervallo di R, sia x0 Î X`, e siano f , g : X \ 8x0< ® R, due funzioni definite in X \ 8x0< tali che:
1°) esiste un opportuno intorno J di x0 tale che, per ogni x Î J Ý X \ 8x0< si abbia f @xD £ g@xD;2°) si ha:
limx®x0
f @xD = +¥, (risp. limx®x0
g@xD = -¥);
allora si ha anche:limx®x0
g@xD = +¥, (risp. limx®x0
f @xD = -¥);
Dimostrazione.
Omessa. à
Possiamo dunque dire, a parole, che una funzione minorata da una che tende a +¥ tende anch'essa a +¥, e così pure, una
funzione maggiorata da una che tende a -¥, tende anch'essa a -¥. Nel grafico seguente è mostrata una semplice funzionef @xD che tende a +¥ per x ® 1; la funzione g@xD, il cui grafico si trova "al di sopra" di quello di f @xD, non può che tendere
anch'essa a +¥ per x ® 1.
Carlo Greco :
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3. Altri teoremi sui limiti e alcuni limiti notevoli124
Settembre 2010
x
y
f @xDg@xD
x0
3.3.3. Esercizi
Esercizio 3.3.3 - 69.
Utilizzando i teoremi sul confronto dei limiti, dimostrare che:
limx®+¥
x+2Sin@xD2-Cos@xD = +¥.
3.3.4. Il limite notevole limx®0Sin@xD
x= 1 e i limiti notevoli collegati
Adoperando il primo criterio di confronto, dimostreremo che
limx®0
Sin@xDx
= 1.
Questo limite si presenta nella forma indeterminata 0 �0; per calcolarlo osserviamo che, per ogni x Î R, con 0 < x < Π �2, siha, con riferimento alla figura successiva:
area triangolo OAP < area settore OAP < area triangolo OAT.
O A
P
T
x
y
Evidentemente l'area del triangolo OAP e quella del triangolo OAT sono, rispettivamente: 1
2Sin@xD e 1
2Tan@xD. L'area del
settore circolare OAP si ricava da una semplice proporzione:
area settore
area cerchio=
lunghezza arco AP
lunghezza circonferenza.
Ricordando che, per definizione stessa di misura in radianti di un angolo, la lunghezza dell'arco AP è uguale ad x, si ottiene
che l'area del settore OAP è uguale a x
2.
In definitiva:
1
2Sin@xD <
x
2<
1
2Tan@xD,
da cui, dividendo per Sin@xD e moltiplicando per 2 Cos@xD (sono tutti numeri positivi), si ha:
Carlo Greco :
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3. Altri teoremi sui limiti e alcuni limiti notevoli125
Settembre 2010
da cui, dividendo per Sin@xD e moltiplicando per 2 Cos@xD (sono tutti numeri positivi), si ha:
Cos@xD <Sin@xD
x< 1.
Queste due disuguaglianze sono valide non solo per 0 < x <Π
2, ma anche per - Π
2< x < 0, dato che le tre funzioni coinvolte
sono pari. Per x ® 0, il primo e nell'ultimo membro tendono ad 1, quindi anche Sin@xDx
tende ad 1.
Per maggiore chiarezza, disegnamo il grafico delle tre funzioni coinvolte.
-Π
2
Π
2
x
y
Cos@xD
y = 1
Sin@xDx
Dal limite notevole appena calcolato possiamo dedurne diversi altri. Intanto è immediato che:
limx®0
x
Sin@xD = 1, limx®0
Tan@xDx
= 1, limx®0
x
Tan@xD = 1.
Inoltre:
limx®0
1-Cos@xDx2 =
1
2,
infatti:
1-Cos@xDx2 =
1-Cos@xD2
x2 H1+Cos@xDL =Sin@xD2
x2
1
1+Cos@xD = I Sin@xDx
M2 1
1+Cos@xD ;
passando al limite nei singoli fattori dell'ultimo prodotto ottenuto, si ha il risultato 1
2.
Dal limite precedente si ha pure, immediatamente:
limx®0
1-Cos@xDx
= 0.
E' anche facile dimostrare altri due limiti che coinvolgono le funzioni ArcSin@xD e ArcTan@xD. Si ha infatti:
limx®0
ArcSin@xDx
= 1, limx®0
ArcTan@xDx
= 1.
Per calcolare, ad esempio, il primo limite, basta porre y = ArcSin@xD, per cui x = Sin@yD (per ogni y Î A-Π
2, Π
2E). Ora, per
x ® 0 si ha y = ArcSin@xD ® ArcSin@0D = 0, quindi, ricordando il teorema sul limite delle funzioni composte si ha:
limx®0
ArcSin@xDx
=y=ArcSin@xD
limy®0
y
Sin@yD = 1.
In modo analogo si dimostra l'altro limite.
Osservazione. Molti dei limiti notevoli dimostrati hanno una semplice interpretazione in termini di derivate. Ad esempio, il
quoziente Sin@xDx
, non è altro che il rapporto incrementale della funzione Sin@xD nell'origine, quindi il fatto che
limx®0Sin@xD
x= 1 significa che la derivata della funzione seno, nell'origine, è uguale ad 1. In altri termini, il grafico della
funzione Sin@xD ha, come tangente nell'origine, la bisettrice del primo e del terzo quadrante.
Come vedremo tra poco, sempre grazie la limite notevole limx®0Sin@xD
x, è possibile calcolare la derivata di Sin@xD non solo
nell'origine, ma in ogni altro punto.
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3. Altri teoremi sui limiti e alcuni limiti notevoli126
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Come vedremo tra poco, sempre grazie la limite notevole limx®0Sin@xD
x, è possibile calcolare la derivata di Sin@xD non solo
nell'origine, ma in ogni altro punto.
Grazie ai limiti notevoli calcolati, è spesso possibile risolvere diverse forme indeterminate che coinvolgono le funzionitrigonometriche o le loro inverse, come si vede nei seguenti esempi.
Esempio 3.3.4 - 70.
Calcolare il limite: limx®0Sin@3 xDSin@2 xD .
Basta osservare che:
Sin@3 xDSin@2 xD =
3
2
Sin@3 xD3 x
2 x
Sin@2 xD .
Poiché, ovviamente:
limx®0
Sin@3 xD3 x
=3 x=y
limy®0
Sin@yDy
= 1, e così pure : limx®0
Sin@2 xD2 x
= 1,
si ha:
limx®0
Sin@3 xDSin@2 xD =
3
2.
Esempio 3.3.4 - 71.
Calcolare il limite: limx®+¥ x SinA 1
xE.
Il limite si presenta nella forma indeterminata +¥ 0; ponendo 1
x= y, si ha:
limx®+¥
x SinA 1
xE =
y=1�xlimy®0
1
ySin@yD = 1.
Esempio 3.3.4 - 72.
Calcolare il limite: limx®01-Cos@xDSin@5 xD2 .
Si ha:
1-Cos@xDSin@5 xD2 =
1
25
1-Cos@xDx2 J 5 x
Sin@5 xD N2,
da cui:
limx®0
1-Cos@xDSin@5 xD2 =
1
25
1
21 =
1
50.
Esempio 3.3.4 - 73.
Calcolare il limite: limx®0Cos@3 xD-Cos@2 xD
x2 .
Si ha:
Cos@3 xD-Cos@2 xDx2 =
Cos@3 xD-1+1-Cos@2 xDx2 = -9 1-Cos@3 xD
H3 xL2 + 4 1-Cos@2 xDH2 xL2
da cui:
limx®0
Cos@3 xD-Cos@2 xDx2 = -9 1
2+ 4 1
2= -
5
2.
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3.3.5. Esercizi
Esercizio 3.3.5 - 74.
Calcolare i seguenti limiti:
limx®0
1 - Cos@3 xDx2
; limx®0
1 - Cos@5 xDSinAx2E ; lim
x®0
Sin@6 xDSin@2 xD ;
limx®1
Sin@Π xDHx - 1L2
; limx®Π
1 + Sin@xD - 1 - Sin@xDSin@xD2
;
limx®0
1 - CosAx2Ex2 Sin@xD2
; limx®0
Sin@xD - Cos@xDSin@4 xD .
Esercizio 3.3.5 - 75.
Calcolare i seguenti limiti:
limx®0
x
Sin@xD2; lim
x®0
x2
ArcSinAx2E ; limx®-¥
x TanB 1
xF;
limx®-¥
x2 ArcSinB 1
xF; lim
x®1
ArcCos@xDArcSin@xD ;
limx®0
1
ArcSin@xD -x
Sin@xD ; limx®+¥
SinB 1
xF CosB 1
xF.
3.3.6. Prodotto di una funzione infinitesima per una limitata
Come ulteriore applicazione del primo criterio di confronto, segnaliamo quanto segue. Supponiamo di dover calcolare illimite, per x ® x0, del prodotto di due funzioni f @xD g@xD, dove la prima funzione tende a zero, e la seconda si mantiene
limitata in un intorno di x0. Ciò significa che si ha -M £ g@xD £ M in un intorno di x0, dove M è una costante opportuna.
Moltiplicando per f @xD si ha allora, sempre nello stesso intorno di x0:
-M f @xD £ f @xD g@xD £ M f @xD,e poiché il primo e l'ultimo membro della diseguaglianza tende a zero, anche la funzione data f @xD g@xD tende a zero per
x ® x0.
Una funzione che tende a zero per x ® x0 si dice infinitesima nel punto x0; pertanto quanto osservato sopra, può essereespresso dicendo che il prodotto di una funzione infinitesima per una limitata è una funzione infinitesima.
Esempio 3.3.6 - 76.
Calcolare il limite: limx®0 x ISinA 1
xE + CosA 1
xEM.
La funzione data si presenta come il prodotto della funzione f @xD = x, che è ovviamente infinitesima per x ® 0, per la
funzione g@xD = SinA 1
xE + CosA 1
xE. Quest'ultima funzione è limitata (non solo in un intorno di zero, ma in tutto R \ 80<), infatti:
SinA 1
xE + CosA 1
xE £ SinA 1
xE + CosA 1
xE £ 2,
da cui:
limx®0
x ISinA 1
xE + CosA 1
xEM = 0.
Carlo Greco :
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3. Altri teoremi sui limiti e alcuni limiti notevoli128
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limx®0
x ISinA 1
xE + CosA 1
xEM = 0.
1 2
x
y
g@xD = Sin@ 1
xD+Cos@ 1
xD
y = 2
y = -2
Nel primo dei due grafici precedenti è mostrata la funzione g@xD = SinA 1
xE + CosA 1
xE; come si vede, essa non ammette limite
per x ® 0, ma è limitata, cioé il suo grafico è contenuto nella "striscia" di piano delimitata dalle due rette y = -M = -2,
y = M = 2, e la funzione compie infinite oscillazioni di ampiezza compresa, appunto, tra -2 e 2. Nel secondo grafico è
mostrata la funzione xISinA 1
xE + CosA 1
xEM. L'effetto della moltiplicazione per x è che ora la nostra funzione compie infinite
oscillazioni, ma di ampiezza compresa tra y = -2 x e y = 2 x, quindi l'ampiezza delle oscillazioni tende a zero per x ® 0.
Esempio 3.3.6 - 77.
Calcolare il limite: limx®-¥ ãx ArcTan@[email protected] funzione data si presenta come il prodotto della funzione infinitesima (per x ® -¥) f @xD = ãx per la funzione
g@xD = ArcTan@Sin@xDD. Quest'ultima funzione è limitata in tutto R \ 80<, infatti:
ArcTan@Sin@xDD £Π
2
(in effetti la funzione ArcTan@Sin@xDD è 2 Π -periodica) da cui:
limx®-¥
ãx ArcTan@Sin@xDD = 0.
Grafici:
Carlo Greco :
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3. Altri teoremi sui limiti e alcuni limiti notevoli129
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1 2
x
yg@xD = ArcTan@Sin@xDD
-Π
2
Π
2
3.3.7. Somma di una funzione divergente e di una limitata
Come applicazione del secondo teorema sul confronto, consideriamo il limite di una somma del tipo f @xD + g@xD, dove f @xDtende a ± ¥, e g@xD è limitata in un intorno di x0. E' chiaro che è la funzione f @xD che "comanda" per quanto riguarda il
limite; ciò è una conseguenza del secondo teorema di confronto dei limiti; ad esempio, se f @xD ® +¥, dalla disuguaglianza:
f @xD - M £ f @xD + g@xDsi ha che anche g@xD ® +¥.
Esempio 3.3.7 - 78.
Calcolare il limite: limx®+¥ Hx + [email protected]é limx®+¥ x = +¥, e Sin@xD è una funzione limitata, si ha limx®+¥ Hx + Sin@xDL = +¥.
Grafici:
1 2
x
yf @xD = x-1
Esempio 3.3.7 - 79.
Calcolare il limite: limx®0 ILog@xD + Sin A 1
xEM.
Poiché limx®0 Log@xD = -¥, e Sin A 1
xE è una funzione limitata, si ha
limx®0
ILog@xD + Sin A 1
xEM = -¥.
Carlo Greco :
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limx®0
ILog@xD + Sin A 1
xEM = -¥.
1 2
x
y
f @xD = Log@xD+1
3.3.8. Funzioni della forma f @xDg@xD e loro limiti
Abbiamo visto che, se a è un numero reale strettamente positivo, e x è un numero reale qualsiasi, è possibile considerare ilnumero ax; in modo analogo, se f @xD e g@xD sono due funzioni definite in un certo insieme X , e la prima di esse è
strettamente positiva in tale insieme, è lecito considerare la funzione h@xD = f @[email protected] che ãLog@kD = k, possiamo scrivere:
h@xD = f @xDg@xD = ãLogA f @xDg@xDE = ãg@xD Log@ f @xDD,cioé:
f @xDg@xD = ãg@xD Log@ f @xDD,cosicché la funzione h@xD = f @xDg@xD può essere considerata composta dalla funzione x ® y = g@xD Log@ f @xDD, e dalla funzione
esponenziale ãy.La precedente formula f @xDg@xD = ãg@xD Log@ f @xDD è alla base di vari calcoli che coinvolgono funzioni del tipo f @xDg@xD, e, in
particolare, il calcolo dei limiti in cui sono coinvolte tali funzioni.
Esempio 3.3.8 - 80.
Calcolare il limite: limx®+¥ Hx + 1Lx.
Si ha:
Hx + 1Lx = ãx Log@x+1D;l'esponente tende, evidentemente, a +¥, pertanto:
limx®+¥
Hx + 1Lx = limx®+¥
ãx Log@x+1D = limy®+¥
ãy = +¥.
Esempio 3.3.8 - 81.
Calcolare il limite: limx®+¥ ArcTan@xD 2 x
x+1 .
Si ha:
HArcTan@xDL 2 x
x+1 = ã
2 x
x+1Log@ArcTan@xDD
;
l'esponente tende a 2 Log@Π �2D, pertanto:
limx®+¥
HArcTan@xDL 2 x
x+1 = limx®+¥
ã
2 x
x+1Log@ArcTan@xDD
= ã2 Log@Π�2D =Π2
4.
Carlo Greco :
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limx®+¥
HArcTan@xDL 2 x
x+1 = limx®+¥
ã
2 x
x+1Log@ArcTan@xDD
= ã2 Log@Π�2D =Π2
4.
Nel calcolare il limite di f @xDg@xD può capitare che l'esponente di ãg@xD Log@ f @xDD, cioé g@xD Log@ f @xDD, sia nella forma
indeterminata del prodotto, e cioé 0 ¥. Ciò accade se e solo se, come subito si verifica, il limite di f @xDg@xD si presenta in una
delle seguenti tre forme:
00, ¥0, 1¥.
Esse si dicono forme indeterminate per i limiti di funzioni del tipo f @xDg@xD. Naturalmente, tali forme indeterminate si
risolvono eliminando, se è possibile, la forma indeterminata 0 ¥ dall'esponente.
Esempio 3.3.8 - 82.
Calcolare il limite: limx®+¥ H1 + 3xL 2 x
x2+1 .
Il limite si presenta nella forma ¥0, che è indeterminata. Si ha:
H3x + 1L 2 x
x2+1 = ã
2 x
x2+1Log@3x+1D
;
l'esponente è nella forma indeterminata 0 ¥; lavoriamo su di esso per eliminare tale forma indeterminata. Si ha:
2 x
x2+1Log@3x + 1D =
2 x
x2+1LogA3x I1 +
1
3x ME =2 x
x2+1I Log@3xD + LogA1 +
1
3x EM =2 x
x2+1x Log@3D +
2 x
x2+1LogA1 +
1
3x E.Passando al limite per x ® +¥, si ha che l'esponente tende a 2 Log @3D, pertanto il risultato del limite è ãLog @9D = 9.
Tra le varie funzioni del tipo f @xDg@xD rientra, in particolare, la funzione h@xD = xΑ, dove Α Î R è un numero reale qualsiasi. In
questo caso f @xD = x, e g@xD è la funzione costante a costante valore Α. Si ha:
xΑ = ãΑ [email protected] il grafico di tale funzione, che varia al variare di Α.
Α
1x
1
y
0 < Α < 1:
f @xD è tipo radice
Come si vede, il grafico è del tipo "iperbole" nel caso in cui l'esponente è negativo, è del tipo "radice" nel caso 0 < Α < 1, è,infine, tipo "parabola" nel caso in cui 1 < Α (il caso Α = 1 è banale, si ottiene una retta).
Essendo xΑ = ãΑ Log@xD, è facile giustificare i limiti per x ® 0 e per x ® +¥. Ad esempio, supponiamo 0 < Α < 1; si ha allora:
limx®0
Α Log@xD = -¥, limx®+¥
Α Log@xD = +¥,
e pertanto:
limx®0
xΑ = 0, limx®+¥
xΑ = +¥.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
3. Altri teoremi sui limiti e alcuni limiti notevoli132
Settembre 2010
limx®0
xΑ = 0, limx®+¥
xΑ = +¥.
In modo analogo si studiano gli altri casi.
3.3.9. Esercizi
Esercizio 3.3.9 - 83.
Utilizzando i teoremi di confronto, calcolare i seguenti limiti:
limx®0
x ãSin@1�xD;
limx®+¥
Kx - x + 2 + Cos@xD O; limx®+¥
ãSin@xD Π
2- ArcTan@xD ;
limx®0
Sin@xD CosB 1
xF; lim
x®+¥
2 + Sin@xD2
x - 2 Sin@xD + Sin@xD2.
3.3.10. Limiti di funzioni monotone
Abbiamo visto che non sempre esiste il limx®x0 f @xD; tuttavia, se la funzione f @xD è monotona, tale limite esiste sempre. Più
precisamente, si ha il seguente teorema.
Teorema 3.3.10 - 84. (Limite di funzioni monotone)
Sia X un intervallo di R, sia x0 Î R`
il suo estremo inferiore (risp. il suo estremo superiore), e sia f : X \ 8x0< ® R.Si ha allora:
limx®x0
+
f @xD =
infxÎ X \8x0<
f @xD se f è monotona crescente
supxÎ X \8x0<
f @xD se f è monotona decrescente, risp.:
limx®x0
-f @xD =
supxÎ X \8x0<
f @xD se f è monotona crescente
infxÎ X \8x0<
f @xD se f è monotona decrescente
Dimostrazione.
Supponiamo ad esempio che x0 sia l'estremo inferiore dell'intervallo X , e che f sia monotona crescente.
Posto per brevità { = infxÎX \8x0< f @xD, dobbiamo dimostrare che:
limx®x0
+f @xD = {,
ossia che:
per ogni I ' intorno di {, esiste un opportuno intorno destro I di x0 tale che, per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, risulti f @xD Î I '.
A tale scopo, fissiamo un intorno arbitrario I ' di {; sia poi Α Î I ' con { < Α; per la seconda proprietà caratteristica dell'estremoinferiore di una funzione, esiste un x Î X \ 8x0< tale che f @xD < Α. Posto allora I =D x0, x@, per ogni x Î I Ý X \ 8x0< si ha x < x,
e, poiché f è monotona crescente, si ha { £ f @xD £ f @xD < Α. Ma allora f @xD Î I ', e il teorema è dimostrato in questo caso. La
dimostrazione negli altri casi è analoga. à
Esempio 3.3.10 - 85.
Utilizzando il teorema precedente è possibile, ad esempio, giustificare il limite delle funzioni elementari agli estremi del lorodomino di definizione, a partire dalla conoscenza del loro codominio.
Ad esempio, volendo dimostrare che:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
3. Altri teoremi sui limiti e alcuni limiti notevoli133
Settembre 2010
Ad esempio, volendo dimostrare che:
limx®+¥
ArcTan@xD =Π
2,
basta osservare che la funzione ArcTan@xD è monotona crescente (anzi strettamente crescente) in R, e il suo codominio è
E -Π
2, Π
2A, pertanto, per il teorema precedente:
limx®+¥
ArcTan@xD = supxÎR
ArcTan@xD =Π
2.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
3. Altri teoremi sui limiti e alcuni limiti notevoli134
Settembre 2010
3.4. Limiti di successioni
3.4.1. Definizione di limite per una successione
Anche per la successione HynLn è possibile dare la definizione di limite; poiché essa dev'essere considerata come una
funzione di N in R, ha senso considerarne solo il limite per n ® +¥, e la definizione è simile a quella relativa al limite
limx®+¥
f @xD.Nel caso di una funzione f : X ® R, dove X è un intervallo illimitato superiormente, la definizione di limite è la seguente:
limx®+¥
f @xD = { Î R`
�
per ogni intorno I ' di {, esiste un opportuno x Î R, tale che, per ogni x Î X , con x > x, si ha f @xD Î I '.
Nel caso della successione HynLn, la definizione di limite ha la seguente forma:
Definizione 3.4.1 - 86. (Limite di una successione)
Sia { Î R`
; si dice che la successione HynLn ha per limite { , e si scrive:lim
n®+¥
yn = {
se, per ogni I ' intorno di { , esiste un opportuno n Î N , tale che, per ogni n Î N , con n > n, si ha yn Î I '.
Si dimostra poi che, se la successione HynLn è la restrizione ad N di una certa funzione f @xD, allora, per calcolare il limite
limn®+¥ yn, è sufficiente calcolare il limite limx®+¥ f @xD:lim
x®+¥f @xD = { � lim
n®+¥yn = {.
Quest'ultima osservazione è molto utile, in quanto per il calcolo del limite limx®+¥ f @xD, è possibile utilizzare tutti i teoremi
che già conosciamo.
Più precisamente, sussiste il seguente teorema.
Teorema 3.4.1 - 87. (Calcolo del limite di una successione)Sia HynLn una successione di termine generale yn, e sia f : @1, +¥@ ® R una funzione tale che, per ogni n Î N , risulti
yn = f @nD; si ha allora:lim
x®+¥
f @xD = { � limn®+¥
yn = { .
Dimostrazione.
Supponiamo dunque che limx®+¥ f @xD = { ; dobbiamo dimostrare che anche limn®+¥ yn = {, cioé che:
per ogni I ' intorno di {, esiste un opportuno n Î N, tale che, per ogni n Î N, con n > n, si ha yn Î I '.
A tale scopo, fissiamo un intorno I ' di {; poiché limx®+¥ f @xD = { , in corrispondenza di I ' esiste un opportuno x Î R, tale
che, per ogni x Î @1, +¥@, con x > x, si ha f @xD Î I '. Denotato allora con n un qualsiasi intero naturale con n > x, per ogni
n Î N, con n > n, si ha anche n > x, e quindi yn = f @nD Î I ', e il teorema è dimostrato. à
Esempio 3.4.1 - 88.
Calcolare il seguente limite:
limn®+¥
n3+2 n2-5
1-4 n3
La successione data si presenta come la restrizione ad N della funzione f @xD =x3+2 x2-5
1-4 x3 , che è una funzione razionale fratta.
Poiché, come già sappiamo,
Carlo Greco :
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4. Limiti di successioni135
Settembre 2010
La successione data si presenta come la restrizione ad N della funzione f @xD =x3+2 x2-5
1-4 x3 , che è una funzione razionale fratta.
Poiché, come già sappiamo,
limx®+¥
x3+2 x2-5
1-4 x3 = -1
4,
il limite richiesto vale anch'esso -1 �4.
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
f @xD =x3 + 2 x2 - 5
1 - 4 x3yn =
n3 + 2 n2 - 5
1 - 4 n3
nx
ynf @xD
Naturalmente, come per le funzioni, non tutte le successioni sono dotate di limite per n ® +¥; ad esempio, la successioneHH-1LnLn non ammette limite (i suoi termini sono, alternativamente, +1 e -1). Il grafico di tale successione si puòrappresentare come segue:
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10x
-1
1
y
Conviene pensare una successione HynLn come un insieme di punti dell'asse y; una successione convergente ad { Î R può
essere pensata come una successione di punti sull'asse y che "si avvicinano" al punto H0, {L.Nella seguente animazione sono mostrate le seguenti situazioni:
1°) - una successione monotona crescente che converge ad { Î R;
2°) - una successione monotona decrescente che converge ad { Î R;
3°) - una successione non monotona che converge ad { Î R;
4°) - una successione che "oscilla" e non ammette limite per n ® +¥.
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4. Limiti di successioni136
Settembre 2010
situazione: 1°L 2°L 3°L 4°Ln
{y49
x
y
3.4.2. Teoremi sui limiti delle successioni
Tra i vari teoremi sulle funzioni che si estendono immediatamente alle successioni, enunciamo esplicitamente i seguenti.
Teorema 3.4.2 - 89. (Limite delle successioni monotone)Se HynLn è una successione monotona crescente (risp. decrescente), si ha:
limn®+¥
yn = supnÎN
yn (risp.: limn®+¥
yn = infnÎN
yn).
Dimostrazione.
Supponiamo, ad esempio, che HynLn sia una successione monotona crecente (la dimostrazione nell'altro caso è analoga);
poniamo per brevità:
supnÎN
yn = { Î R`
(si noti che può essere { Î R oppure { = +¥); dobbiamo dimostrare che limn®+¥ yn = {, cioé, per definizione, che:
per ogni intorno I ' di {, esiste n0 Î N, tale che, per ogni n > n0, risulti yn Î I '.
A tale scopo, fissiamo appunto un intorno I ' di {, e prendiamo un Α Î I ', con Α < {.
Osserviamo che, ovviamente, essendo I ' un intervallo, si ha che:
ogni numero reale y, con Α < y £ { appartiene ad I '.
Ora, per la seconda proprietà caratteristica dell'estremo superiore, esiste un certo n0 Î N tale che yn0 > Α; facciamo vedere
che questo n0 è proprio quello che serve per verificare la definizione di limite; in effetti, poiché la nostra successione èmonotona crescente, per ogni n > n0 si ha yn ³ yn0 , e dunque per ogni n > n0, Α < yn £ {, e, per quanto osservato sopra,
yn Î I ', e il teorema è dimostrato. à
Il seguente teorema è analogo a quello di confronto per le funzioni.
Teorema 3.4.2 - 90. (Primo teorema di confronto per le successioni)Siano HxnLn, HynLn, HznLn, tre successioni tali che:1°) esiste un n0 tale che, per ogni n Î N , con n ³ n0, si abbia: xn £ yn £ zn;
Carlo Greco :
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4. Limiti di successioni137
Settembre 2010
1°) esiste un n0 tale che, per ogni n Î N , con n ³ n0, si abbia: xn £ yn £ zn;2°) si ha:
limn®+¥
xn = limn®+¥
zn = { Î R
allora si ha anche:lim
n®+¥
yn = {
Dimostrazione.
Analoga a quella del teorema per le funzioni. à
La situazione del teorema è illustrata dal seguente grafico:
x
y
xn £ yn £ zn
xn
zn
yn
Il seguente teorema è analogo al secondo teorema si confronto per le funzioni.
Teorema 3.4.2 - 91. (Secondo teorema di confronto per le successioni)Siano HxnLn e HynLn due successioni tali che:1°) esiste un n0 tale che, per ogni n Î N , con n ³ n0, si abbia: xn £ yn;2°) si ha:
limn®+¥
xn = +¥ (risp. limn®+¥
yn = +¥)
allora si ha anche:lim
n®+¥
yn = +¥ (risp. limn®+¥
xn = +¥)
Dimostrazione.
Analoga a quella del teorema per le funzioni. à
Grafico:
x
y
xn £ yn
xn
yn
Esercizio 3.4.2 - 92.
Calcolare il limite, per n ® +¥, delle seguenti successioni:
I2 n2 + 1Mn; J n2
n2+1Nn; I2 n +
1
nMn
;
J n
n2+1Nn; I10 n - n2M
n; J 2 n+n2
n2+10Nn.
Carlo Greco :
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4. Limiti di successioni138
Settembre 2010
J n
n2+1Nn; I10 n - n2M
n; J 2 n+n2
n2+10Nn.
3.4.3. Sottosuccessioni
Se HynLn è una successione numerica, dando ad n successivamente tutti i valori interi 1, 2, 3, º, si ottengono tutti gli elementi
della successione data. Talvolta, tuttavia, si può essere interessati a far variare n solo in un sottoinsieme di N, come adesempio, l'insieme degli interi pari.
Poiché gli interi pari sono numeri del tipo 2 k, con k Î N, gli elementi della successione data HynLn corrispondenti ad n pari, si
ottengono dall'espressione y2 k , dando a k successivamente tutti i valori interi 1, 2, 3, º.
Ad esempio, data la successione I 1
nMn
dei reciproci degli interi naturali, da essa si può "estrarre" la "sottosuccessione" dei
reciproci degli interi pari ponendo n = 2 k, e facendo variare k in N: J 1
2 kNkÎN
è dunque la successione dei reciproci degli interi
pari.
La stessa cosa si potrebbe fare considerando gli interi dispari, che sono del tipo n = 2 k - 1, oppure i multipli di 3, che sonodel tipo n = 3 k, eccetera.
Dunque, da una successione numerica data HynLn è possibile "estrarre" infinite "sottosuccessioni", utilizzando, in definitiva
successioni di interi naturali (la successione degli interi pari, quella degli interi dispari, quella dei multipli di un dato numeroecc. ecc.).
La seguente definizione precisa i concetti appena introdotti.
Definizione 3.4.3 - 93. (Sottosuccessioni)Sia HynLn una successione numerica, e sia HnkLkÎN una successione di interi naturali tale che:
limk®+¥
nk = +¥;
allora la successione Hynk LkÎN si dice sottosuccessione o successione estratta da quella data.
Osservazione. E' possibile pensare ad una sottosuccessione di una successione data anche in termini di funzioni composte: lasottosuccessione Hynk LkÎN
può essere pensata come ottenuta componendo una prima funzione k ® nk che ad ogni k Î R
associa l'intero naturale nk , con quella che ad ogni intero naturale n associa yn:
k ® nk ® ynk .
L'unico vincolo è che la prima successione deve tendere a +¥ per k ® +¥.
Si ha il seguente teorema.
Teorema 3.4.3 - 94. (Relazione tra il limite di una successione e quello delle sue sottosuccessioni)
Sia HynLn una successione numerica; se limn®+¥ yn = { Î R`
, allora anche ogni sua sottosuccessione tende ad {.
Dimostrazione.
Sia dunque Hynk Lk una sottosuccessione di quella data, dove HnkLk è una successione di interi naturali, con limk®+¥ nk = +¥.
Si deve dimostrare che limk®+¥ ynk = {, cioé che:
per ogni I ', intorno di {, esiste k0 Î N, tale che, per ogni k > k0, risulti ynk Î I '.
A tale scopo, fissiamo un intorno I ' di {; poiché limn®+¥ yn = {, in corrispondenza di I ' esiste un n0 Î N tale che, per ogni
n > n0, risulti: yn Î I '. D'altro lato, essendo limk®+¥ nk = +¥, in corrispondenza di n0 esiste k0 Î N tale che, per ogni k > k0,
si ha nk > n0; ovviamente questo k0 trovato è quello che serve per concludere la dimostrazione, infatti, per ogni k > k0, si hank > n0 e pertanto ynk Î I ', come si doveva dimostrare. à
Osservazione. Il teorema precedente è utile, molto spesso, per dimostrare che una certa successione non ammette limite;infatti, se da essa è possibile estrarre due sottosuccessioni che tendono verso due limiti diversi, la successione data nonammette limite.
Carlo Greco :
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4. Limiti di successioni139
Settembre 2010
Osservazione. Il teorema precedente è utile, molto spesso, per dimostrare che una certa successione non ammette limite;infatti, se da essa è possibile estrarre due sottosuccessioni che tendono verso due limiti diversi, la successione data nonammette limite.
Esempio 3.4.3 - 95.
Dimostrare che la successione H2 + H-1LnLn non ammette limite per n ® +¥.
In effetti, consideriamo la sottosuccessione degli interi pari, cioé poniamo: nk = 2 k; si ha:
ynk = y2 k = 2 + H-1L2 k = 2 + 1 = 3,
quindi tale sottosuccessione è costante a costante valore 3, pertanto, ovviamente:
limk®+¥
y2 k = 3.
D'altra parte, se si considera la successione degli interi dispari, cioé nk = 2 k - 1, si ha:
ynk = y2 k-1 = 2 + H-1L2 k-1 = 2 - 1 = 1,
quindi tale sottosuccessione è costante a costante valore 1, pertanto:
limk®+¥
y2 k-1 = 1.
Il fatto di aver trovato due sottosuccessioni convergenti a due diversi limiti, garantisce che la successione data non ammettelimite.
Esercizio 3.4.3 - 96.
Dire se esistono i limiti, per n ® +¥, delle seguenti successioni:
HH-1Ln + 1Ln; HH-1Ln nLn; HH-1Ln n - nLn;
J H-1Ln
n2+1Nn; J n
H-1Ln+n2 Nn; ISinA n Π
2EM
n.
3.4.4. La successione JI1 +1n
MnNn e il numero di Nepero
In questa sezione ci occupiamo di una successione particolarmente importante per l'Analisi e per le scienze applicate, cioé la
successione di termine generale yn = I1 +1
nMn
; i primi elementi di questa successione possono essere visualizzati nella
successiva animazione:
n
Valore: approssimato esatto
y1 = H1+1
1L1 = 2.
Una successione simile a questa interviene, ad esempio, nel seguente problema di Matematica Finanziaria.
Esempio 3.4.4 - 97.
Supponiamo di avere un capitale C depositato su un conto corrente in banca, che rende un interesse del 3 % annuo. Lasomma che ci ritroveremo ad avere alla fine dell'anno dipende da quanto frequentemente vengono accreditati gli interessi sulconto corrente.Se, ad esempio, gli interessi vengono versati una sola volta alla fine dell'anno, il capitale finale sarà:
z1 = C + C 3
100= C I1 +
3
100M.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
4. Limiti di successioni140
Settembre 2010
z1 = C + C 3
100= C I1 +
3
100M.
Se invece gli interessi vengono versati semestralmente, cioé due volte l'anno, avremo, alla fine del primo semestre il capitale
C1 = C + C 1.5
100= C I1 +
1.5
100M
depositato in banca, che, alla fine dell'anno, sarà diventato:
z2 = C1 + C11.5
100=
= C1 I1 +1.5
100M = C I1 +
1.5
100M I1 +
1.5
100M = C I1 +
1.5
100M2
= C I1 +3�100
2M2
.
Più in generale, se gli interessi vengono versati n volte nel corso dell'anno (ad intervalli regolari), il capitale posseduto allafine dell'anno è:
zn = C I1 +3�n100
Mn= C I1 +
3�100
nMn
.
La successione HznLn è molto simile a quella considerata all'inizio del paragrafo; il numero 3
100= 0.03 rappresenta il tasso di
interesse annuo, e se supponiamo (in modo meno realistico) che il tasso di interesse sia uguale ad 1, abbiamo la successione:
C I1 +1
nMn
,
che è (a meno del fattore C) proprio la successione HynLn considerata all'inizio.
Si ha il seguente teorema.
Teorema 3.4.4 - 98. (Numero di Nepero)
La successione di termine generale yn = I1 +1
nMn
è strettamente crescente e limitata superiormente, ammette limite per
n ® +¥, e tale limite è un numero compreso tra 2 e 3, che viene indicato con ã , e viene detto numero di Nepero.
Dimostrazione.
Omessa.
Il numero di Nepero è irrazionale (anzi, è trascendente, cioé non è radice di nessun polinomio a coefficienti interi). Unvalore approssimato del numero di Nepero è:
ã = 2.718281828459045235360287471352662497757...
La successione JI1 +1
nMnN
n tende piuttosto lentamente al suo valore limite ã: come si è visto sopra, dopo aver considerato ben
10.000 termini della successione, il valore di y10 000 ha solo le prime tre cifre dopo la virgola esatte.
Osservazione.1°) Il fatto che la successione HynLn sia strettamente crescente significa che più spesso vengono accreditati gli interessi sul
conto corrente e meglio è per il cliente;
2°) anche se gli interessi vengono depositati spessissimo, la banca non va in rovina, infatti la successione è limitatasuperiormente;
3°) supponendo (irrealisticamente) un interesse del 100% annuo, e che gli interessi vengano depositati in modo continuo, ilcapitale alla fine dell'anno è:
limn®+¥
= C I1 +1
nMn
= C ã » 2.71828 C.
Abbiamo visto, nel teorema precedente, che:
limn®+¥
I1 +1
nMn
= ã.
Ora, se x è un qualsiasi numero reale, possiamo considerare la successione II1 +x
nMnM
n, che è una variante di quella
precedente. Si dimostra il seguente teorema.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
4. Limiti di successioni141
Settembre 2010
Ora, se x è un qualsiasi numero reale, possiamo considerare la successione II1 +x
nMnM
n, che è una variante di quella
precedente. Si dimostra il seguente teorema.
Teorema 3.4.4 - 99. (Funzione esponenziale)Per ogni x Î R, si ha:
limn®+¥
I1 +x
nMn
= ã x.
Dimostrazione. Diamo un cenno della dimostrazione del precedente teorema. La dimostrazione è basata sul fatto di
considerare la parte intera del numero n
x (che, in generale, non è intero). Supponiamo, per fissare le idee, x > 0, per cui
n
x® +¥ per n ® +¥ (il caso x = 0 è ovvio, e il caso x < 0 si tratta in modo analogo). Posto, per brevità, n
x= an, si ha:
@anD £ an < @anD + 1,
dove, appunto @zD denota la parte intera di z. Dalla precedente diseguaglianza si ha (i numeri an sono tutti positivi):
1
@anD+1<
1
an£
1
@anD ,
da cui, ancora:
J1 +1
@anD+1N@anD
< J1 +1
anNan
£ J1 +1
@anD N@anD+1.
Ora, le successioni al primo ed al terzo membro delle disuguaglianze precedenti tendono ad ã, infatti, si ha, ad esempio:
limn®+¥
J1 +1
@anD+1N@anD
= limn®+¥
JJ1 +1
@anD+1N@anD+1 J1 +
1
@anD+1N-1N;
ora, essendo:
limn®+¥
J1 +1
@anD+1N@anD+1
=m=@anD+1
limm®+¥
I1 +1
mMm
= ã,
si ha immediatamente:
limn®+¥
J1 +1
@anD+1N@anD
= ã.
In modo analogo si dimostra che
limn®+¥
J1 +1
@anD N@anD+1= ã.
Per il teorema di confronto dei limiti si deduce che anche:
limn®+¥
J1 +1
anNan
= ã.
Dunque, essendo an =n
x:
limn®+¥
I1 +x
nMn�x
= ã,
e quindi:
limn®+¥
I1 +x
nMn
= limn®+¥
KI1 +x
nM n
x Ox
= K limn®+¥
I1 +x
nM n
x Ox
= ãx,
che era quello che si doveva dimostrare.à
Osservazione. Il teorema precedente fornisce una definizione alternativa per la funzione esponenziale, che abbiamointrodotto nel capitolo sulle funzioni elementari.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
4. Limiti di successioni142
Settembre 2010
3.5. Altri limiti notevoli
Il limite notevole per le successioni:
limn®+¥
I1 +1
nMn
= ã,
studiato nel precedente paragrafo, ci consente di introdurre altri importanti limiti notevoli per le funzioni, in particolare perfunzioni che coinvolgono logaritmi, esponenziali e funzioni del tipo f @xDg@xD.
3.5.1. Il limite notevole limx®±¥ I1 +1x
Mx e i limiti notevoli collegati
Consideriamo la funzione h@xD = I1 +1
xMx
; essa si presenta come la funzione 1 +1
x elevata ad x, ed è ben definita se la "base"
1 +1
x è maggiore di zero, cosa che si verifica negli intervalli D - ¥, -1@ e D 0, +¥@. Ha quindi senso considerarne il limite sia
a -¥ che a +¥. Fissiamo prima l'attenzione sul limite per x ® +¥; non è utile, in questo caso, la formula:
h@xD = I1 +1
xMx
= ãx LogB1+
1
xF,
dato che l'esponente, in questo caso, è x LogA1 +1
xE, il cui limite, per x ® +¥ si presenta nella forma indeterminata H+¥L 0
che, in questo momento, non sappiamo risolvere. Utilizziamo invece un'altra strada; precisamente, ricordiamo che
limn®+¥
I1 +1
nMn
= ã,
e facciamo vedere che anche
limx®+¥
I1 +1
xMx
= ã.
Infatti, indicando con @xD la funzione parte intera di x, dalle disuguaglianze @xD £ x < @xD + 1, segue immediatamente:
J1 +1
@xD+1N@xD
< I1 +1
xMx
< J1 +1
@xD N@xD+1;
nel seguente grafico è visualizzata la situazione:
2 4 6 8x
ã
y
E' facile calcolare il limite del primo e dell'ultimo membro dell'ultima diseguaglianza, infatti si ha, ad esempio:
J1 +1
@xD+1N@xD
= J1 +1
@xD+1N@xD+1 J1 +
1
@xD+1N-1
,
quindi, posto n = @xD + 1, si ha:
limx®+¥
J1 +1
@xD+1N@xD
=n=@xD+1
limn®+¥
JI1 +1
nMn I1 +
1
nM-1N = ã ×1 = ã,
grazie al teorema sul limite delle funzioni composte, e al fatto che, come sappiamo, limn®+¥ I1 +1
nMn
= ã. In modo analogo si
verifica che anche l'ultimo membro tende ad ã, quindi, per il teorema sul confronto dei limiti, si ha l'asserto.
Carlo Greco :
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5. Altri limiti notevoli143
Settembre 2010
grazie al teorema sul limite delle funzioni composte, e al fatto che, come sappiamo, limn®+¥ I1 +1
nMn
= ã. In modo analogo si
verifica che anche l'ultimo membro tende ad ã, quindi, per il teorema sul confronto dei limiti, si ha l'asserto.
Una volta dimostrato che
limx®+¥
I1 +1
xMx
= ã,
è facile verificare che si ha pure:
limx®-¥
I1 +1
xMx
= ã.
Infatti:
I1 +1
xMx
=y=-x J1 -
1
yN-y
= J y-1
yN-y
= J y
y-1Ny
= J1 +1
y-1Ny
= J1 +1
y-1Ny-1 J1 +
1
y-1N.
Passando al limite per x ® -¥, e quindi per y ® +¥, si ottiene effettivamente ã ×1 = ã.
I limiti notevoli appena dimostrati consentono di calcolarne molti altri, tutti importanti.
Anzitutto, mediante la sostituzione 1
x= y, si ha:
limx®0
H1 + xL 1
x = ã.
Da questo consegue immediatamente che:
limx®0
Loga@1+xDx
= Loga@ãD.Si ha pure:
limx®0
ax-1
x= Log@aD e, in particolare: lim
x®0
ãx-1
x= 1.
Infatti, ponendo y = ax - 1, per cui x = Loga@1 + yD, si ha:
limx®0
ax-1
x= lim
x®0
y
Loga@1+yD =1
Loga@ãD = Log@aD .
Un altro limite importante è il seguente:
limx®0
H1+xLΑ-1
x= Α,
infatti possiamo scrivere:
H1+xLΑ-1
x=
H1+xLΑ-1
Log@1+xDΑ
Log@1+xDΑ
x;
ora, il limite del secondo fattore è uguale ad Α, dato che
Log@1+xDΑ
x= Α
Log@1+xDx
® Α ×1 = Α.
Per quanto riguarda il primo fattore, si ha:
H1+xLΑ-1
Log@1+xDΑ=
y=H1+xLΑ-1 y
Log@y+1D ® 1,
da cui l'asserto.
Altri limiti notevoli che ci limitiamo ad enunciare, sono i seguenti:
limx®+¥
ax
xΑ= +¥ (con a > 1, Α > 0)
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
5. Altri limiti notevoli144
Settembre 2010
limx®+¥
ax
xΑ= +¥ (con a > 1, Α > 0)
limx®+¥
Loga@xDxΑ
= 0 (con a > 1, Α > 0)
limx®0
xΑ Loga@xD = 0 (con a > 0, a ¹ 1, Α > 0).
3.5.2. Esercizi
Esercizio 3.5.2 - 100.
Calcolare i seguenti limiti:
limx®0
LogB x+1 Fx
; limx®0
LogAx3+1Ex
; limx®1
Log@xDx-1
; limx®0
Log@Cos@xDDx2 .
Esercizio 3.5.2 - 101.
Calcolare i seguenti limiti:
limx®0
ã2 x2-1
x2 ; limx®0
x
1-23 x ; limx®0
ã3 x-ãx
x; lim
x®0
Cos@2 xD-Cos@3 xDã3 x2
-ãx2 .
Esercizio 3.5.2 - 102.
Calcolare i seguenti limiti:
limx®+¥
I2x - x2M; limx®+¥
ILog@xD - x M ;
limx®+¥
LogAx3+1Ex3 ; lim
x®+¥
LogAx3+1Ex
; limx®0
Sin@xD Log@xD .
Esercizio 3.5.2 - 103.
Calcolare i seguenti limiti:
limx®0
1-2 Log@xD2
1+Log@xD2 ; limx®0
x Sign@xD ; limx®0
ãSin@xD2; lim
x®0+LogB 1
Sin@xD F ;
limx®2
SinB Π x
4F
4-x2; lim
x®+¥J x + 1 - x N x ; lim
x®1Log@log@xDD .
Esercizio 3.5.2 - 104.
Calcolare i seguenti limiti:
limx®0
xx; limx®0
xSin@xD; limx®0
H1 + Sin@xDL1�x; limx®0
Cos@xD1�Sin@xD2;
limx®-¥
H1 + ãxLx; limx®1
x2�Hx-1L .
Esercizio 3.5.2 - 105.
Calcolare i seguenti limiti:
limx®+¥
Ix - x M x2
x+1 ; limx®+¥
I x
x+1Mx
; limx®0
Log@Cos@xDDCos@xD-1
; limx®0
HCos@xDL1�x ;
limx®0
x+1
Log@Cos@xDD
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte3. Limiti di funzioni e successioni
5. Altri limiti notevoli145
Settembre 2010
4. Funzioni continue
4.1. Funzioni continue e punti di discontinuità di una funzione
4.1.1. Definizione di funzione continua e punti di discontinuità di una funzione
Ricordiamo la definizione di funzione continua, che abbiamo già incontrato nel capitolo sui limiti.
Definizione 4.1.1 - 1. (Funzione continua)Sia X un intervallo di R, sia f : X ® R, una funzione definita in X , e sia x0 Î X . Si dice che f @xD è continua nel punto x0,
se esiste il limite di f @xD per x ® x0, ed esso coincide con f @x0D:limx®x0
f @xD = f @x0D.Per le funzioni continue vale, come già sappiamo, il seguente teorema.
Teorema 4.1.1 - 2. (Operazioni con le funzioni continue)La somma, il prodotto ed il quoziente di funzioni continue è una funzione continua. Una funzione composta da due funzioni
continue è continua.
Dimostrazione.
V. capitolo sui limiti. à
Osservazione. Dire che una funzione è continua in x0 significa dire, essenzialmente, che nelle vicinanze di x0 il valoreassunto dalla funzione f @xD è quasi uguale a quello di f @x0D, ossia che ad una piccola variazione della variabile indipendente
x (intorno ad x0) corrisponde una piccola (quindi "non brusca") variazione di f @xD.Osserviamo pure che nel concetto di continuità, è implicita la possibilità di paragonare il valore di f @xD nelle vicinanze di x0
col valore assunto da f @xD in x0; per fare ciò è indispensabile che f @xD sia definita in x0; ad esempio, la funzione f @xD = 1 � x
non è definita per x0 = 0, pertanto non ha senso dire che è continua o non è continua in zero, semplicemente perché non èdefinita in zero.
Ora, supponiamo di avere una funzione f : X ® R definita nell'intervallo X , e non continua in un certo punto x0 Î X ; ciò
può avvenire nei seguenti modi:
1°) esiste il limite limx®x0 f @xD, ma questo limite è diverso da f @x0D; in questo caso si dice che x0 è un punto di
discontinuità eliminabile.
2°) esistono finiti, ma diversi tra loro, i limiti a destra e a sinistra limx®x0± f @xD; in questo caso si dice che x0 è un punto di
discontinuità di prima specie per f @xD, e la differenza tra il limite a destra e quello a sinistra si chiama salto della funzione
in x0.
3°) uno dei due limiti a sinistra o a destra non esiste oppure è infinito; in questo caso si dice che x0 è un punto didiscontinuità di seconda specie per f @xD.Esempio 4.1.1 - 3.
Consideriamo la funzione f : R ® R così definita:
f @xD =x2 se x ¹ 26 se x = 2
il cui grafico è rappresentato nella figura seguente.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte4. Funzioni continue5. Altri limiti notevoli
146
Settembre 2010
2x
4
6
y
Si tratta di una funzione che non è continua in x0 = 2, in quanto, ovviamente:
limx®2
f @xD = 4,
mentre invece, per definizione, f @2D = 6. Si tratta di un punto di dicontinuità eliminabile, dato che può essere eliminato
ridefinendo la funzione data nel punto 2, e ponendone uguale il valore a 4 invece che a 6.
Esempio 4.1.1 - 4.
Consideriamo la funzione f : R ® R così definita:
f @xD =x2 se x £ 28 - x se x > 2
il cui grafico è rappresentato nella figura seguente.
2x
4
6
y
Si tratta di una funzione che non è continua in x0 = 2, in quanto:
limx®2-
f @xD = 4, limx®2+
f @xD = 6.
Dunque esistono finiti il limite a destra e il limite a sinistra per x ® 2, ma essi sono diversi tra loro. La funzione presenta
dunque un punto di discontinuità di prima specie in x0.
Notiamo anche che, in questo caso, il valore assunto dalla funzione f @xD per x = 2 coincide col limite a sinistra (punto nero).
Il salto della funzione in x0 = 2 è dato da 6 - 4 = 2; dunque, se si modifica, anche di poco, il valore di x, ad esempioprendendolo appena più grande di x0, il valore della funzione f @xD passa bruscamente da 4 ad un valore vicino a 6.
Esempio 4.1.1 - 5.
Consideriamo la funzione f : R ® R così definita:
f @xD =
x2 se x < 28 - x se x > 2
2 se x = 2
il cui grafico è rappresentato nella figura seguente.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte4. Funzioni continue
1. Funzioni continue e punti di discontinuità di una funzione147
Settembre 2010
2x
4
6
y
Anche in questo caso abbiamo una funzione che non è continua in x0 = 2, in quanto:
limx®2-
f @xD = 4, limx®2+
f @xD = 6.
La funzione presenta ancora un punto di discontinuità di prima specie in x0.In questo caso il valore assunto dalla funzione f @xD per x = 2 è 2, ed è diverso sia dal limite a sinistra che da quello a destra.
Se si modifica di poco il valore di x, si ha quanto segue: prendendo x un pò più piccolo di x0, il valore della funzione f @xDpassa bruscamente da 2 ad un valore vicino a 4. Prendendo x un pò più grande di x0, il valore della funzione f @xD passa
bruscamente da 2 ad un valore vicino a 6.
Esempio 4.1.1 - 6.
Osservare, nell'animazione seguente, i diversi tipi di discontinuità che può presentare la funzione f @xD rappresentata.
Retta
Punto
f @xD =
x2 se x < 20.5 se x = 2x-1 se x > 2
2x
4
y
f@xD ha una discontinuità di prima specie HsaltoL!
Esempio 4.1.1 - 7.
Consideriamo la funzione f : R ® R così definita:
f @xD =x2 se x £ 2
1
x-2se x > 2
il cui grafico è rappresentato nella figura seguente.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte4. Funzioni continue
1. Funzioni continue e punti di discontinuità di una funzione148
Settembre 2010
2x
4
y
In questo caso si ha:
limx®2-
f @xD = 4, limx®2+
f @xD = +¥,
e dunque la funzione presenta un punto di discontinuità di seconda specie in x0.
Esempio 4.1.1 - 8.
Consideriamo la funzione f : R ® R così definita:
f @xD =x2 se x £ 2
2 + SinA 1
x-2E se x > 2
il cui grafico è rappresentato nella figura seguente.
2x
2
4
y
In questo caso si ha:
limx®2-
f @xD = 4, mentre il limx®2+
f @xD non esiste.
Dunque, anche in questo caso, la funzione data presenta un punto di discontinuità di seconda specie in x0.
Dal teorema sul limite delle funzioni monotone, segue immediatamente il seguente teorema.
Teorema 4.1.1 - 9. (Punti di discontinuità di una funzione monotona)Gli eventuali punti di discontinuità di una funzione monotona in un intervallo possono essere solo di prima specie sui punti
interni all'intervallo, e solo eliminabili agli estremi.
Dimostrazione.
Supponiamo, per fissare le idee, che f : X ® R sia monotona crescente sull'intervallo X , e sia x0 un punto interno ad X .
Posto Y = 8x Î X x £ x0<, la funzione data è monotona crescente su Y , ed è dotata di massimo, che è f @x0D; per il teorema
sul limite delle funzioni monotona, si ha:
limx®x0
-f @xD = sup
xÎY
f @xD £ f @x0D,il che garantisce che il limite a sinistra esiste finito (ed è £ f @x0D). In modo analogo si dimostra che esiste finito il limite a
destra, (e tale limite è ³ f @x0D) quindi x0 può essere solo un punto di discontinuità di prima specie. In modo analogo si
ragiona nel caso in cui x0 è un estremo di X . à
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte4. Funzioni continue
1. Funzioni continue e punti di discontinuità di una funzione149
Settembre 2010
il che garantisce che il limite a sinistra esiste finito (ed è £ f @x0D). In modo analogo si dimostra che esiste finito il limite a
destra, (e tale limite è ³ f @x0D) quindi x0 può essere solo un punto di discontinuità di prima specie. In modo analogo si
ragiona nel caso in cui x0 è un estremo di X . à
Dal teorema della permanenza del segno per i limiti, consegue subito il seguente teorema.
Teorema 4.1.1 - 10. (Permanenza del segno per le funzioni continue)Sia f : X ® R una funzione continua nel punto x0 Î X ; allora, se f @x0D > 0 (risp. f @x0D < 0), esiste un opportuno intorno I
di x0, tale che, per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, si abbia f @xD > 0 (risp. f @xD < 0).
Dimostrazione. La dimostrazione è ovvia, infatti basta osservare che, essendo f @xD continua, si ha
limx®x0
f @xD = f @x0D,ed utilizzare il teorema della permanenza del segno per i limiti. à
4.1.2. Prolungamento per continuità di una funzione
Sia X un intervallo di R, sia x0 Î X , e sia f @xD una funzione continua definita in X \ 8x0<; dunque la funzione f @xD è definita
ed anche continua in tutti i punti dell'intervallo X , tranne che in x0, dove non è definita; supponiamo inoltre che esista finitoil limite:
limx®x0
f @xD = {.
Come già sappiamo, non possiamo dire che la funzione f @xD sia continua in x0, perché non è definita in x0. Possiamo però
considerare una nuova funzione g@xD che coincida con f @xD in X \ 8x0<, e che sia uguale ad { per x = x0; la nuova funzione
g@xD è dunque definita in tutti i punti dell'intervallo X , e coincide con f @xD per x ¹ x0, mentre, per x = x0, si ha g@x0D = {.
E' facile verificare che g@xD è continua in tutto X ; infatti, è continua in tutti i punti di X \ 8x0< perché coincide con f @xD, che è
continua in X \ 8x0< per ipotesi; è inoltre continua anche in x0 perché si ha, ovviamente:
limx®x0
g@xD = limx®x0
f @xD = { = [email protected] nuova funzione g@xD si dice prolungamento per continuità della funzione data f @xD.Esempio 4.1.2 - 11.
Consideriamo la funzione
f @xD =Sin@xD
x;
ovviamente essa è definita in tutto R \ 80<, ed è continua. Non è invece definita in x0 = 0, e il suo grafico è, il seguente:
x
1
y
f @xD=Sin@xD
x
Come al solito, il cerchietto indica che la funzione non è definita per x = 0, e pertanto il punto H0, 1L non appartiene al suografico.Se consideriamo il limite per x ® 0, si ha, come sappiamo:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte4. Funzioni continue
1. Funzioni continue e punti di discontinuità di una funzione150
Settembre 2010
Come al solito, il cerchietto indica che la funzione non è definita per x = 0, e pertanto il punto H0, 1L non appartiene al suografico.Se consideriamo il limite per x ® 0, si ha, come sappiamo:
limx®0
f @xD = limx®0
Sin@xDx
= 1;
allora, la nuova funzione:
g@xD =
Sin@xDx
se x ¹ 0
1 se x = 0
è il prolungamento per continuità della funzione data, e il suo grafico è identico a quello dalla funzione f @xD, solo che, questa
volta, il punto H0, 1L appartiene al grafico di g@xD:
x
1
y
y = g@xD
4.1.3. Esercizi
Esercizio 4.1.3 - 12. (Classificazione dicontinuità)
Stabilire che tipo di discontinuità presentano le seguenti funzioni nel punto x0 = 0:
f @xD =
2 - x2 se x < 00 se x = 0
x se x > 0
; f @xD =1
Tan@xD ; f @xD =x - x se x ¹ 0
1 se x = 0;
f @xD =
1 se x < 01
Cos@xD-1se x = 0
; f @xD =Hx + x¤L SinA 1
xE se x ¹ 0
1 se x = 0
Esercizio 4.1.3 - 13. (Classificazione dicontinuità)
Individuare gli eventuali punti di discontinuità delle seguenti funzioni e classificarli.
f @xD = Sin@Sign@xDD; f @xD = Sign@Sin@xDDf @xD = ArcCos@xD Sign@xD
Esercizio 4.1.3 - 14. (Classificazione dicontinuità)
Dimostrare che la seguente funzione non è continua in x0 = 0, e stabilire che tipo di discontinuità presenta.
f @xD =1 se x =
1
n, con n Î N
0 per tutti gli altri valori di x
Esercizio 4.1.3 - 15. (Funzione non continua in R)
Dimostrare che la seguente funzione non è continua in nessun punto:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte4. Funzioni continue
1. Funzioni continue e punti di discontinuità di una funzione151
Settembre 2010
f @xD =1 se x Î Q
0 se x Ï Q
Esercizio 4.1.3 - 16. (Prolungamento per continuità)
Prolungare per continuità le seguenti funzioni:
f @xD = x SinB 1
xF + 1; f @xD = ArcTanB 1
xF -
Π
2SignB 1
xF
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte4. Funzioni continue
1. Funzioni continue e punti di discontinuità di una funzione152
Settembre 2010
4.2. Funzioni continue su intervallo. Teorema di Weierstrass e degli zeri
Una delle proprietà più importanti delle funzioni continue è espressa dal teorema di Weierstrass, che afferma che unafunzione continua f : @a, bD ® R definita nell'intervallo chiuso e limitato @a, bD, è dotata di minimo e di massimo assoluto in
@a, bD.
4.2.1. Richiami sul minimo e massimo di una funzione
Abbiamo già introdotto la nozione di minimo e di massimo di una funzione nel primo capitolo. Richiamiamo ora brevementei concetti esposti precedentemente.
Per spiegare cos'è il minimo ed il massimo (assoluto) di una funzione, riprendiamo l'esempio della temperatura di una certalocalità misurata nell'arco di 10 giorni:
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10giorno
16
18
20
21
22
20
19
17
18
16
temperatura
Come si vede, i valori assunti dalla funzione, cioé le dieci misurazioni della temperatura, sono816, 17, 18, 19, 20, 21, 22<. Evidentemente, il minimo valore della temperatura è 16°, ed è assunto per x = 1 ed x = 10,cioé nel primo e nell'ultimo giorno, mentre il massimo valore della temperatura è 22°, ed è assunto il quinto giorno.
Dunque, affinché un certo numero m possa chiamarsi il valore minimo della temperatura nell'arco dei dieci giorni, ènecessario che siano soddisfatte le seguenti due condizioni:
1°) il numero m dev'essere un valore assunto dalla temperatura in almeno uno dei dieci giorni considerati;
2°) la temperatura in qualsiasi altro giorno dev'essere maggiore o uguale ad m.
Analogo discorso per il massimo. Possiamo precisare e generalizzare questi concetti con la seguente definizione.
Definizione 4.2.1 - 17. (Minimo e massimo di una funzione, punto di minimo e punto di massimo)Sia f : X ® R una funzione definita in X a valori in R. Se esiste il minimo (risp. il massimo) elemento del codominio f @X Ddi f , esso si dice minimo (risp. massimo) di f in X , e si indica con:
MinxÎ X
f @xD (risp. con MaxxÎ X
f @xD).In altri termini, un numero m Î R (risp. M Î R) si dice minimo (risp. massimo) di f in X se esiste x0 Î X tale che
m = f @x0D e per ogni x Î X si abbia m = f @x0D £ f @xD (risp. M = f @x0D e per ogni x Î X si abbia f @xD £ f @x0D = M.Infine, un punto x0 Î X tale che
f @x0D = MinxÎ X
f @xD (risp. f @x0D = MaxxÎ X
f @xD),si dice punto di minimo (risp. punto di massimo).
Nel seguente disegno si mostra una situazione tipica.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte4. Funzioni continue
2. Funzioni continue su intervallo. Teorema di Weierstrass e degli zeri153
Settembre 2010
x1 x2
x
M=f @x1D
m=f @x2D
Come sappiamo, il minimo o il massimo valore assunto da una funzione, se esiste, è unico. Tuttavia esso può essere assuntoin più punti, anche in infiniti punti, come nel caso della funzione Sin@xD:
Π
2
3 Π
2
5 Π
2
7 Π
2
x
M=1
m=-1
Osservazione. Osserviamo esplicitamente che, se f @xD è dotata di minimo assoluto in x0, il suo grafico si trova tutto al di
sopra della retta y = f @x0D; analogamente, se f @x0D è il massimo valore della funzione, il grafico si trova tutto al di sotto
della retta y = f @x0D.
4.2.2. Il teorema di Weierstrass
Ovviamente, non tutte le funzioni sono dotate di minimo o di massimo assoluto; ad esempio, la funzione f @xD = x2 è dotata di
minimo assoluto in R:
-2 -1 1 2x
2
4
6
ma non di massimo assoluto, in quanto non esiste alcuna retta y = k tale che il grafico della funzione si trovi tutto al di sotto
di tale retta. In questo caso, come già sappiamo, si dice che la funzione f @xD è illimitata superiormente.
Un'altro esempio è dato dalla funzione f @xD =1
x, che è illimitata sia inferiormente che superiormente in R \ 80<:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte4. Funzioni continue
2. Funzioni continue su intervallo. Teorema di Weierstrass e degli zeri154
Settembre 2010
-2 -1 1 2x
-5
5
Essa, pertanto, non può essere dotata di né di minimo né di massimo assoluto in R \ 80<. Esistono poi altri casi di funzioni che,pur essendo limitate inferiormente o superiormente, non sono ugualmente dotate di minimo o di massimo; ad esempio la
funzione f @xD =1
x2 :
-4 -2 2x
2
4
6
8
10
y
Essa, infatti, non è limitata superiormente in R \ 80<, e quindi non può certamente essere dotata di massimo; è invece limitatainferiormente (il suo grafico si trova tutto al di sopra dell'asse x), ma, tuttavia, non è dotata di minimo assoluto: il suocodominio è D 0, +¥@, quindi il suo estremo inferiore è zero, ma non è il minimo.
Un'altro esempio è fornito dalla seguente funzione:
1 2 3x
1
2
4
7
Essa è definita nell'intervallo @1, 3D, è evidentemente limitata sia inferiormente che superiormente in tale intervallo, il suocodominio è l'intervallo @1, 7@, è quindi dotata di minimo assoluto (assunto per x = 1), ma non è dotata di massimo assoluto.
Il teorema seguente fornisce una condizione sufficiente affinché una funzione sia dotata di minimo e di massimo assoluto.
Teorema 4.2.2 - 18. (Di Weierstrass)Una funzione continua f : @a, bD ® R, definita nell'intervallo chiuso e limitato @a, bD, è sempre dotata di minimo e di
massimo assoluto.
Dimostrazione.
Omessa. à
Le ipotesi fondamentali del teorema precedente sono: 1°) la continuità della funzione f @xD; 2°) il fatto che f sia definita in
un intervallo chiuso (cioé estremi compresi) e limitato (cioé non del tipo D - ¥, bD, oppure @a, +¥@).
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte4. Funzioni continue
2. Funzioni continue su intervallo. Teorema di Weierstrass e degli zeri155
Settembre 2010
Le ipotesi fondamentali del teorema precedente sono: 1°) la continuità della funzione f @xD; 2°) il fatto che f sia definita in
un intervallo chiuso (cioé estremi compresi) e limitato (cioé non del tipo D - ¥, bD, oppure @a, +¥@).(Questa seconda ipotesi, in realtà, potrebbe essere indebolita; ad esempio, f potrebbe essere definita nell'unione di intervalli
chiusi e limitati).
Il teorema di Weierstrass è un tipico esempio di teorema di esistenza; esso assicura cioé l'esistenza di un certo valore (inquesto caso il minimo e il massimo assoluto), ma non fornisce alcun metodo diretto per trovare questo valore.
Esempio 4.2.2 - 19.
Dimostrare che la funzione f @xD = 2 x - x2 è dotata di minimo e di massimo assoluto nell'intervallo @0, 1D.Grazie al teorema di Weierstrass, è sufficiente osservare che f @xD è una funzione continua in quanto è un polinomio, e quindi
deve essere necessariamente dotata di minimo e di massimo assoluto nell'intervallo @0, 1D, dato che esso è chiuso e limitato.
Se volessimo trovare il minimo ed il massimo assoluto, la cui esistenza è garantita dal teorema, dovremmo ricorrere aglistrumenti del calcolo differenziale, oppure, in questo caso, possiamo anche procedere in un modo più elementare: osserviamoinfatti che:
f @xD = 2 x - x2 = -Ix2 - 2 xM =
-Ix2 - 2 x + 1 - 1M = -Ix2 - 2 x + 1M + 1 = -Hx - 1L2 + 1.
Ora, quando x varia nell'intervallo @0, 1D, la quantità -Hx - 1L2 varia tra -1 e 0, pertanto il minimo assoluto è assunto perx = 0, e vale 0, mentre il massimo assoluto è assunto per x = 1, e vale 1.
4.2.3. Teorema degli zeri
Un altro teorema importante sulle funzioni continue, è il teorema degli zeri. Esso (come il teorema di Weierstrass, del resto)è intuitivamente evidente, e afferma che, se per una data funzione continua f : @a, bD ® R si ha, ad esempio, f @aD < 0 e
f @bD > 0, allora il suo grafico passa attraverso l'asse x, cioé che la funzione f si annulla in almeno un punto di D a, b@:
a bx0
x
f @aD < 0
f @bD > 0
y
Esercizio 4.2.3 - 20.
Provare a modificare il grafico seguente ed osservare gli zeri della funzione.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte4. Funzioni continue
2. Funzioni continue su intervallo. Teorema di Weierstrass e degli zeri156
Settembre 2010
Reset
a bx
y
Naturalmente, sia l'ipotesi di continuità, sia il fatto che f sia definita in in intervallo chiuso e limitato, sono indispensabili,
come mostrano i seguenti due esempi. La funzione:
a bx
f @aD < 0
f @bD > 0
pur essendo negativa nel primo estremo e positiva nel secondo, non attraversa l'asse x per "mancanza di continuità".
La funzione
a db cx
non attraversa l'asse x perché, pur essendo continua, non è definita su un intervallo.
Teorema 4.2.3 - 21. (Degli zeri)Una funzione continua f : @a, bD ® R, definita nell'intervallo @a, bD, che assume valori di segno opposto negli estremi, si
annulla in almeno un punto di D a, [email protected].
Poniamo c0 =a+b
2, (c0 è il punto medio dell'intervallo @a, bD), e calcoliamo f @c0D (step 1); se f @c0D = 0, il teorema è già
dimostrato. Se invece f @c0D ¹ 0, consideriamo il nuovo intervallo @a1, b1D, così definito:
se f @aD ed f @c0D hanno segno discorde, poniamo @a1, b1D = @a, c0D;se f @c0D ed f @bD hanno segno discorde, poniamo @a1, b1D = @c0, bD.
Il nuovo intervallo @a1, b1D è una delle due metà dell'intervallo @a, bD: è scelto in modo tale che ai suoi estremi la funzionef @xD assuma valori di segno opposto: f @a1D f @b1D < 0. Nella figura seguente, ad esempio, l'intervallo @a1, b1D è la seconda
metà dell'intervallo di partenza (step 2).
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2. Funzioni continue su intervallo. Teorema di Weierstrass e degli zeri157
Settembre 2010
Il nuovo intervallo @a1, b1D è una delle due metà dell'intervallo @a, bD: è scelto in modo tale che ai suoi estremi la funzionef @xD assuma valori di segno opposto: f @a1D f @b1D < 0. Nella figura seguente, ad esempio, l'intervallo @a1, b1D è la seconda
metà dell'intervallo di partenza (step 2).
Si considera ora il punto medio c1 del nuovo intervallo: c1 =1
2Ha1 + b1L (step 3); ora, se f @c1D = 0, il teorema è dimostrato.
Se invece f @c1D ¹ 0, si procede a suddividere ulteriormente l'intervallo @a1, b1D, scegliendone la prima o la seconda metà, con
lo stesso criterio precedente. Il nuovo intervallo ottenuto si indica con @a2, b2D; ad esempio, nella figura seguente, è la primametà dell'intervallo @a1, b1D (step 4).
Procedendo in questo modo si ha che o esiste un certo intero n tale che f @cnD = 0, e ciò dimostra il teorema, oppure, se
f @cnD ¹ 0 per ogni n, il procedimento sopra descritto fornisce una successione di intervalli @an, bnD, incapsulati uno dentro
l'altro (anzi, ognuno è la metà del precedente) (step 5 e successivi).
E' facile vedere che, in questo secondo caso, le due successioni numeriche HanLn e HbnLn sono, la prima crescente, e la secondadecrescente, e, per il teorema sul limite delle successioni monotone, entrambe sono convergenti; in questo caso esseconvergono anche verso lo stesso limite, dato che la distanza tra an e bn tende a zero:
limn®+¥
an = limn®+¥
bn º c.
Faremo ora vedere che si ha necessariamente f @cD = 0, e in questo modo il teorema sarà dimostrato anche nel secondo caso.
Infatti, per come sono stati costruiti gli intervalli @an, bnD, si ha f @anD f @bnD < 0. Passando al limite per n ® +¥, si ha:
limn®+¥
H f @anD f @bnDL =H1L K lim
n®+¥f @anDO K lim
n®+¥f @bnDO =
H2Lf @cD f @cD = f @cD2 £
H3L0;
infatti, la (1) è dovuta al fatto che il limite del prodotto è uguale al prodotto dei limiti; la (2) è dovuta al fatto chelimn®+¥ an = c, e, essendo la funzione f @xD continua, si ha limn®+¥ f @anD = f @cD. Analogamente, essendo limn®+¥ bn = c,
sempre per la continuità di f @xD, si ha limn®+¥ f @bnD = f @cD. E' opportuno notare che in questo punto si utilizza la continuità
della funzione f @xD.La disuguaglianza (3) è dovuta al teorema sulla conservazione delle disuguaglianze; infatti, poiché f @anD f @bnD < 0 per ogni
n, e poiché passando al limite la disuguaglianza si conserva (pur diventando "larga"), si ha appunto f @cD2 £ 0.
Siamo ormai arrivati alla fine della dimostrazione; infatti, essendo anche f @cD2 ³ 0 (perché tutti i quadrati sono positivi!),
non può che aversi f @cD2 = 0, che era quanto si doveva dimostrare. à
step 1 2 3 4 5 6 7
x
y
a bc0
f@c0D > 0
Osservazione. Gli zeri della funzione f nell'intervallo D a, b@, previsti dal teorema precedente, possono essere più di uno (in
effetti possono essere anche infiniti).
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Esempio 4.2.3 - 22.
Nella successiva animazione è possibile osservare la suddivisione dell'intervallo @a, bD in successive metà, in corrispondenzadi varie funzioni f @xD. Si noti, in particolare, che queste funzioni possono avere anche diversi zeri in @a, bD, e il procedimento
di suddivisione isola uno di essi.
Nuova funzione Reset
n 1 2 3 4 5 6 7 8
a1b1
c1
x
y
c1 = 2.75
b1-a1 = 4.5
Osservazione. La dimostrazione del teorema degli zeri fornisce anche un modo per calcolare numericamente lo zero dellafunzione; infatti le due successioni numeriche HanLn e HbnLn sono, evidentemente, delle approssimazioni per difetto e pereccesso del numero c.
Il teorema degli zeri consente di ottenere facilmente numerosi interessanti risultati.
Esempio 4.2.3 - 23.
Dimostrare che l'equazione x5 + 2 x4 - 1 = 0 ha almeno una soluzione nell'intervallo @-2, 1D.Basta infatti osservare che f @-2D = -1, mentre f @1D = 2, e che f @xD è continua perché è un polinomio. In realtà, il grafico di
questa funzione:
x
y
mostra che essa ha tre zeri nell'intervallo @-2, 1D (gli altri due sono complessi coniugati). Uno di essi è x = -1.
Esempio 4.2.3 - 24.
Dimostrare che ogni polinomio di grado dispari, a coefficienti reali, ha almeno una radice reale.
Sia infatti f @xD = an-1 xn-1 + an xn + a1 x + º + a0 un polinomio di grado n dispari, a coefficienti reali; supponiamo, per
fissare le idee, che sia an > 0; poiché
limx®-¥
f @xD = an limx®-¥
xn = an@-¥D = -¥,
esiste certamente un a Î R tale che f @aD < 0.
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esiste certamente un a Î R tale che f @aD < 0.
Analogamente, poiché invece limx®+¥ f @xD = +¥, esiste un b > a tale che f @bD > 0. Dunque, agli estremi dell'intervallo
@a, bD, f assume valori di segno opposto, e quindi si annulla in un punto interno ad @a, bD.Il teorema degli zeri ha diverse varianti; ad esempio, il seguente teorema dei valori intermedi; prima di enunciarlo,ricordiamo che il codominio di una funzione f : X ® R è l'insieme così definito:
f @X D = 8 f @xD x Î X <,ossia l'insieme:
f @X D = 8y Î R esiste x Î X tale che y = f @xD<.Teorema 4.2.3 - 25. (Dei valori intermedi)Sia f : X ® R una funzione continua definita nell'intervallo X , e siano y1 Î f @X D, y2 Î f @X D con y1 < y2; allora: @y1, y2D Ì f @X D.Dimostrazione.
Nelle ipotesi del teorema precedente, si deve dimostrare che @y1, y2D Ì f @X D, anzi, poiché gli estremi di tale intervallo
appartengono già a f @X D, è sufficiente dimostrare che D y1, y2@ Ì f @X D. Sia dunque y0 ÎD y1, y2@; poiché y1 Î f @X D, e
y2 Î f @X D, esistono x1 Î X ed x2 Î X tali che y1 = f @x1D e y2 = f @x2D. Supponiamo, per fissare le idee, che risulti x1 < x2, e
consideriamo la funzione g : @x1, x2D ® R definita ponendo g@xD = f @xD - y0; (il suo grafico si ottiene mediante una
traslazione, verso il basso se y0 > 0, verso l'alto in caso contrario, dal grafico di f ).
Evidentemente g@x1D = f @x1D - y0 = y1 - y0 < 0, mentre g@x2D = f @x2D - y0 > 0. Poiché g è continua, applicando il teorema
degli zeri a tale funzione, si ha subito l'asserto. à
Anche questo teorema può essere visto come un teorema "di attraversamento", infatti il suo significato è il seguente: se y1 e
y2 sono elementi del codominio, e se y0 è un qualsiasi numero reale compreso tra y1 e y2, anche y0 è un elemento del
codominio di f .
x1 x2x0
x
y1
y2
y0
Nel grafico precedente si ha y1 < y0 < y2, il che significa che il punto Hx1, y1L si trova al di sotto della retta y = y0, mentre il
punto Hx2, y2L si trova al di sopra di tale retta. Il teorema dei valori intermedi afferma che, se f è continua, vi dev'essere
almeno un punto x0 in cui attraversa la retta, cioé assume il valore y0.
Un importante corollario del teorema dei valori intermedi, è il teorema di Bolzano.
Teorema 4.2.3 - 26. (Di Bolzano)Sia f : @a, bD ® R una funzione continua, definita nell'intervallo @a, bD, e siano m ed M il suo minimo ed il suo massimo
assoluto (esistenti per il Teorema di Weierstrass); si ha allora:f @@a, bDD = @m, M D,
cioé il codominio di f è l'intervallo @m, M D.Dimostrazione. Per dimostrare il teorema dobbiamo far vedere che f @@a, bDD Ì @m, M D e anche f @@a, bDD É @m, M D.Per dimostrare la prima inclusione, prendiamo y0 Î f @@a, bDD; per definizione di codominio, esiste un x0 Î @a, bD tale che
f @x0D = y0; ma allora, ovviamente, m £ f @x0D £ M (per definizione di minimo e di massimo assoluto), cioé m £ y0 £ M ;
abbiamo così dimostrato che y0 Î @m, M D.
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2. Funzioni continue su intervallo. Teorema di Weierstrass e degli zeri160
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Per dimostrare la prima inclusione, prendiamo y0 Î f @@a, bDD; per definizione di codominio, esiste un x0 Î @a, bD tale che
f @x0D = y0; ma allora, ovviamente, m £ f @x0D £ M (per definizione di minimo e di massimo assoluto), cioé m £ y0 £ M ;
abbiamo così dimostrato che y0 Î @m, M D.Per dimostrare la seconda inclusione, basta osservare che m Î f @@a, bDD e pure M Î f @@a, bDD, pertanto, per il teorema dei
valori intermedi, si ha pure @m, M D Ì f @@a, bDD. àEsempio 4.2.3 - 27.
La funzione f @xD = Sin@xD è continua in A-Π
2, Π
2E, e si ha:
MinxÎB-
Π
2,
Π
2F@ f @xDD = -1, Max
xÎB-Π
2,
Π
2F@ f @xDD = 1.
Se ora consideriamo un qualsiasi numero y0, con -1 < y0 < 1, possiamo essere sicuri che esiste un opportuno x0 Î A-Π
2, Π
2E,
tale che Sin@x0D = y0; ad esempio, se prendiamo y0 =1
5, essendo -1 <
1
5< 1, certamente esiste un opportuno
x0 Î A-Π
2, Π
2E tale che Sin@x0D =
1
5.
Abbiamo già utilizzato questa proprietà per definire la funzione [email protected]'altra possibile variante del teorema degli zeri, riguarda l'intersezione di due grafici.
Teorema 4.2.3 - 28. (Intersezione di grafici)Siano f , g : @a, bD ® R due funzioni continue definite nell'intervallo @a, bD, tali che f @aD < g@aD e f @bD > g@bD (o viceversa).
Allora esiste un punto x0 Î D a, b@ tale che f @x0D = [email protected].
Basta considerare la funzione h@xD = f @xD - g@xD, che è continua nell'intervallo @a, bD ed assume valori opposti agli estremi.
Per il teorema degli zeri, esiste x0 ÎD a, b@, tale che h@x0D = f @x0D - g@x0D = 0, e il teorema è dimostrato. à
Esempio 4.2.3 - 29.
Dimostrare che l'equazione ãx = 3 x ammette almeno una soluzione nell'intervallo D 0, [email protected] ha infatti ã0 > 0, ã1 < 3. Grafico:
x0 1x
y
0
4.2.4. Esercizi
Esercizio 4.2.4 - 30. (min-max)
Disegnare il grafico di:1°) una funzione definita in D 0, 1D non limitata né superiormente né inferiormente;2°) una funzione definita in @0, 1D non limitata né superiormente né inferiormente;3°) una funzione definita in R limitata superiormente ma non dotata di massimo assoluto;4°) una funzione definita in @0, 1D limitata superiormente ma non dotata di massimo assoluto.
Esercizio 4.2.4 - 31. (min-max)
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2. Funzioni continue su intervallo. Teorema di Weierstrass e degli zeri161
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Esercizio 4.2.4 - 31.
(min-max)
Disegnare il grafico di:1°) una funzione definita in R che assume il suo massimo assoluto in infiniti punti;2°) una funzione definita in @0, 1D che assume il suo massimo assoluto in infiniti punti;3°) una funzione definita in R che assume il suo massimo assoluto in infiniti punti, e che non è dotata di minimo assoluto.
Esercizio 4.2.4 - 32. (zeri)
Dimostrare che l'equazione
Sin@xD3 - Cos@xD3 -1
2= 0
ha almeno una soluzione nell'intervallo A0, Π
2E.
Esercizio 4.2.4 - 33. (zeri)
Sia f : R ® R, continua, e tale che limx®±¥ f @xD = ± ¥; dimostrare che f si annulla in almeno un punto di R.
Esercizio 4.2.4 - 34. (zeri)
Sia f : @a, bD ® R, continua, e tale che limx®a f @xD < 0, e limx®b f @xD > 0; dimostrare che f si annulla in almeno un punto di
@a, bD.Esercizio 4.2.4 - 35. (zeri)
L'equazione cubica: x3 + x - 1 = 0 ha un'unica soluzione reale nell'intervallo @0, 1D. Adoperando una macchina calcolatrice,cercare di localizzarne la posizione entro un intervallo di lunghezza 0.25.
Esercizio 4.2.4 - 36.
Dimostrare che l'equazione:
1
Sin@xD3-
1
Cos@xD7= 0
ha almeno una soluzione nell'intervallo D 0, Π
2@.
Esercizio 4.2.4 - 37. (zeri)
Dimostrare che l'equazione
Sin@xDx
- x2 = 0
ha almeno due soluzioni.
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2. Funzioni continue su intervallo. Teorema di Weierstrass e degli zeri162
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4.3. Funzioni uniformemente continue
4.3.1. Definizione ed esempi
Ritorniamo sul concetto di funzione continua: se f : X ® R è continua in x0 Î R, nel punto x0 assume il valore f @x0D, e,
scostandosi di poco da x0, assume valori che si scostano di poco da f @x0D.Chiaramente di quanto si modifichi il valore di f @xD nelle vicinanze di x0 dipende, in generale, dal punto x0 stesso; ad
esempio, se f @xD è molto "piatta" (cioé quasi costante) nelle vicinanze di x0, anche scostandosi di molto da x0 il valore di
f @xD resterà quasi costante, mentre viceversa se il suo grafico è molto "ripido" in x0, basterà allontanarsi di poco da x0 per
produrre una notevole variazione nella funzione data.
funzione piatta ripida
x0
x
f @x0Df @xD
y
x
Variazione di f @xDnelle vicinanze di x0
Per le funzioni uniformemente continue, che definiremo tra un momento, questa situazione non si verifica.
Definizione 4.3.1 - 38. (Funzione uniformemente continua)Sia X un intervallo di R; una funzione f : X ® R si dice uniformente continua in X se:
per ogni ¶ > 0 esiste ∆ > 0 tale che, per ogni x1, x2 Î X , con x1 - x2¤ < ∆ , risulta f @x1D - f @x2D¤ < ¶ .
Osservazione. Il significato di tale definizione è il seguente. Fissato ¶ > 0, è possibile trovare ∆ > 0, tale che, se due punti x1
e x2 distano tra loro meno di ∆, i corrispondenti valori f @x1D e f @x2D distano tra loro meno di ¶.
x
y
x1 x2
f@x1D
f@x2D
Vedremo nel prossimo teorema che tutte le funzioni uniformemente continue sono anche continue; non vale invece ilviceversa: non tutte le funzioni continue sono anche uniformemente continue, per vari motivi. Ad esempio, la proprietà che x1 - x2¤ < ∆ implichi f @x1D - f @x2D¤ < ¶ non può certamente essere verificata in prossimità di un asintoto verticale:
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3. Funzioni uniformemente continue163
Settembre 2010
Vedremo nel prossimo teorema che tutte le funzioni uniformemente continue sono anche continue; non vale invece ilviceversa: non tutte le funzioni continue sono anche uniformemente continue, per vari motivi. Ad esempio, la proprietà che x1 - x2¤ < ∆ implichi f @x1D - f @x2D¤ < ¶ non può certamente essere verificata in prossimità di un asintoto verticale:
x
y
x1 x2
f@x1D
f@x2D
Non è verificata neanche da una funzione come x2 considerata in tutto R, infatti allontanando i punti x1 e x2, la distanza trax1
2 e x22 aumenta:
x
y
x1x2
f@x1Df@x2D
Osservazione. Per la definizione di funzione uniformemente continua, è importante specificare quale insieme X si staconsiderando. Ad esempio, si intuisce da quanto esposto sopra che la funzione f @xD = x2, che non è uniformente continua in
tutto R, lo è invece su un intervallo limitato.
Esempio 4.3.1 - 39.
Dimostrare che la funzione:
f @xD =1
1+3 x
è uniformemente continua in X = @0, +¥@.Fissiamo dunque ¶ > 0, e cerchiamo di trovare ∆ > 0 tale che, per ogni x1, x2 Î @0, +¥@, con x1 - x2¤ < ∆, risulti f @x1D - f @x2D¤ < ¶, cioé:
¢ 1
1+3 x1-
1
1+3 x2¦ < ¶.
A tale scopo, proviamo a risolvere la disuguaglianza ¢ 1
1+3 x1-
1
1+3 x2¦ < ¶ (che, in effetti, è una disuguaglianza in due
variabili):
¢ 1
1+3 x1-
1
1+3 x2¦ < ¶ � ¢ 1+3 x2-1-3 x1
H1+3 x1L H1+3 x2L ¦ < ¶ � 3 ¢ x2-x1
H1+3 x1L H1+3 x2L ¦ < ¶ � x2-x1¤
H1+3 x1L H1+3 x2L <¶
3
Ora, l'ultima disuguaglianza è difficile da risolvere completamente, ma possiamo osservare che, essendo x1 ³ 0 e x2 ³ 0, si hapure:
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3. Funzioni uniformemente continue164
Settembre 2010
Ora, l'ultima disuguaglianza è difficile da risolvere completamente, ma possiamo osservare che, essendo x1 ³ 0 e x2 ³ 0, si hapure:
1
1+3 x1< 1, nonché 1
1+3 x2< 1,
e quindi
x2-x1¤H1+3 x1L H1+3 x2L <
¶
3Ü x2 - x1¤ <
¶
3.
In altri termini, se prendiamo x2 - x1¤ <¶
3, si ha pure f @x1D - f @x2D¤ < ¶; pertanto, per soddisfare la definizione di uniforme
continuità, basta prendere ∆ =¶
3.
Esempio 4.3.1 - 40.
Dimostrare che la funzione
f @xD =1
x
non è uniformemente continua in X =D 0, +¥@.Ragioniamo per assurdo e supponiamo che essa sia uniformemente continua in D 0, +¥@. Fissiamo ¶ = 1; in corrispondenza
di tale ¶, deve esistere ∆ > 0 tale che, per ogni x1, x2 ÎD 0, +¥@, si abbia: ¢ 1
x1-
1
x2¦ < 1.
In particolare, preso ad esempio x2 = x1 +∆
2, deve aversi:
1
x1-
1
x1+∆
2
< 1;
passando al limite per x1 ® 0, per il teorema sulla conservazione delle disuguaglianze si ha:
limx1®0
1
x1-
1
x1+∆
2
£ 1;
d'altra parte, ovviamente:
limx1®0
1
x1-
1
x1+∆
2
=1
0+-
1∆
2
= +¥.
Si è dunque ottenuto un assurdo, dovuto al fatto di aver supposto f @xD uniformemente continua in D 0, +¥@, pertanto f @xDnon è uniformemente continua in tale intervallo.
4.3.2. Teoremi sulle funzioni uniformemente continue
Il primo teorema è il seguente.
Teorema 4.3.2 - 41. (Continuità delle funzioni uniformemente continue)Sia X un intervallo di R, e sia f : X ® R una funzione uniformemente continua in X . Allora f è anche continua in X .
Dimostrazione.
Fissiamo x0 Î X ; dobbiamo far vedere che f è continua in x0, cioé che limx®x0 f @xD = f @x0D, ossia, per definizione di limite
(finito al finito), che:
per ogni ¶ > 0 esiste ∆ > 0 tale che, per ogni x Î X , con x - x0¤ < ∆, si ha: f @xD - f @x0D¤ < ¶.
A tale scopo, fissiamo appunto un ¶ > 0; poiché stiamo supponendo che f sia uniformemente continua in X , in
corrispondenza di tale ¶, esiste ∆ > 0 tale che, per ogni x1, x2 Î X , con x1 - x2¤ < ∆, si abbia f @x1D - f @x2D¤ < ¶.
Questo ∆ è proprio quello che ci serve per dimostrare la continuità di f , infatti, se x Î X con x - x0¤ < ∆, i due punti x ed x0
distano tra loro meno di ∆, e pertanto f @xD - f @x0D¤ < ¶, che è quello che si doveva dimostrare. à
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3. Funzioni uniformemente continue165
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Questo ∆ è proprio quello che ci serve per dimostrare la continuità di f , infatti, se x Î X con x - x0¤ < ∆, i due punti x ed x0
distano tra loro meno di ∆, e pertanto f @xD - f @x0D¤ < ¶, che è quello che si doveva dimostrare. à
Il teorema precedente non si può invertire; abbiamo visto infatti che una funzione continua in X non è necessariementeuniformemente continua nello stesso insieme. Tuttavia il seguente teorema garantisce che, se X è un intervallo chiuso elimitato, la continuità implica l'uniforme continuità.
Teorema 4.3.2 - 42. (Di Cantor)Una funzione continua in un intervallo chiuso e limitato, è anche uniformemente continua in tale intervallo.
Dimostrazione.
Omessa. à
Esempio 4.3.2 - 43.
La funzione f @xD = ArcSin@xD è uniformemente continua nel suo insieme di definizione, che è l'intervallo chiuso e limitato
@-1, 1D.Esempio 4.3.2 - 44.
La funzione continua f @xD =1
x non è uniformemente continua nell'intervallo D 0, +¥@, come già sappiamo. Ciò non è in
contrasto col teorema di Cantor, dato che tale intervallo non è né chiuso né limitato. Se invece consideriamo la restrizione dif @xD a qualsiasi intervallo chiuso e limitato contenuto in D 0, +¥@, in tale sottointervallo essa è uniformemente continua.
4.3.3. Esercizi
Esercizio 4.3.3 - 45.
Sia f : X ® R, dove X è un intervallo, e sia c Î X . Dimostrare che se f è uniformemente continua nei due intervalli
8x Î X x £ c< e 8x Î X x ³ c<, allora f è uniformemente continua in X .
Esercizio 4.3.3 - 46.
Sia f : R ® R una funzione continua tale che limx®±¥ f @xD = 0. Dimostrare che f è uniformemente continua in R.
Esercizio 4.3.3 - 47.
Dimostrare che f @xD = x è uniformemente continua in @0, +¥@.
5. Derivate
5.1. Definizioni e prime proprietà
5.1.1. Definizione di derivata
Consideriamo la funzione f @xD = x2, il cui grafico è una parabola, sia x0 Î R, e proponiamoci di determinare l'equazione
della retta tangente al grafico di f nel punto P0 = Hx0, f @x0DL = Ix0, x02M.
Dalla geometria sappiamo che una retta y = a x + b si dice tangente nel punto P0 se essa interseca la parabola nel solo punto
P0.
Questa definizione ci fornisce anche il metodo per calcolare effettivamente l'equazione della retta tangente; basta infattiimporre anzitutto che la retta passi per P0, cioé che a x0 + b = f @x0D; si ottiene così b = -a x0 + f @x0D, quindi l'equazione
y = a Hx - x0L + f @x0D fornisce, al variare del coefficiente angolare a, il fascio di rette (esclusa quella verticale) passante per
P0.
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3. Funzioni uniformemente continue166
Settembre 2010
Questa definizione ci fornisce anche il metodo per calcolare effettivamente l'equazione della retta tangente; basta infattiimporre anzitutto che la retta passi per P0, cioé che a x0 + b = f @x0D; si ottiene così b = -a x0 + f @x0D, quindi l'equazione
y = a Hx - x0L + f @x0D fornisce, al variare del coefficiente angolare a, il fascio di rette (esclusa quella verticale) passante per
P0.
Resta ora da determinare a in modo che non vi siano altre intersezioni con la parabola. Le intersezioni sono date dal sistema:
y = x2
y = a Hx - x0L + f @x0DUguagliando i secondi membri, si ha l'equazione di secondo grado:
x2 - a Hx - x0L - f @x0D = 0 � x2 - a x + a x0 - f @x0D = 0,
il cui discriminante è
D = a2 - 4 Ha x0 - f @x0DL =
= a2 - 4 Ia x0 - x02M = a2 - 4 a x0 - 4 x0
2 = Ha - 2 x0L2.
Imponendo che il discriminante sia uguale a zero, in modo che essa abbia un'unica soluzione, si ha a = 2 x0.
Dunque il coefficiente angolare della retta tangente è uguale a 2 x0, e quindi l'equazione della retta tangente, in definitiva, è:
y = x02 + 2 Hx - x0L x0 = 2 x0 x - x0
2.
Proponiamoci ora di determinare l'equazione della retta tangente al grafico di una generica funzione y = f @xD, nel punto
P0 = Hx0, f @x0DL. Incontriamo subito una prima difficoltà, e cioé che la definizione di retta tangente come di una retta che
interseca il grafico di f solo in P0, non è più quella "giusta", come mostra il seguente grafico:
x0
x
f @x0D
y
P0
Non è quindi possibile neanche trovare l'equazione della tangente imponendo che essa intersechi il grafico di f in un solo
punto.
Ricorriamo dunque ad una definizione alternativa di retta tangente: consideriamo, oltre al punto P0, un ulteriore punto
P1 = Hx1, f @x1DL sul grafico di f , e consideriamo la retta passante per P0 e P1; essa si dice retta secante il grafico di f . La
sua equazione può essere calcolata facilmente imponendo che la generica retta del fascio per P0, cioé y = a Hx - x0L + f @x0Dpassi anche per il punto P1: dev'essere:
f @x1D = a Hx1 - x0L + f @x0D, da cui a =f @x1D - f @x0D
x1 - x0
.
Dunque l'equazione della retta secante è:
y =f @x1D - f @x0D
x1 - x0
Hx - x0L + f @x0D.Diamo ora la seguente definizione.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte5. Derivate
1. Definizioni e prime proprietà167
Settembre 2010
Definizione 5.1.1 - 1. (Derivata)Sia X un intervallo di R, sia f : X ® R una funzione definita in X , e sia x0 Î X . Si dice che f @xD è derivabile nel punto x0,
se esiste finito il limite :
limx1®x0
f @x1D- f @x0Dx1-x0
.
In tal caso, il valore di tale limite, che si indica con f '@x0D, si dice derivata della funzione f calcolata nel punto x0, e la retta
di equazione:y = f '@x0D Hx - x0L + f @x0D
si dice retta tangente al grafico di f nel punto Hx0, f @x0DL.Dunque, f si dice derivabile in x0 se esiste finito il limite del coefficiente angolare della retta secante, quando il punto P1 si
avvicina a P0; l'espressione
f @x1D - f @x0Dx1 - x0
si chiama rapporto incrementale di f nel punto x0, in quanto il numeratore rappresenta l'incremento della variabile
dipendente y = f @xD quando si passa dal punto x0 al punto x1, mentre il denominatore rappresenta l'incremento della
variabile dipendente x.
Osserviamo che il limite del rapporto incrementale per x1 ® x0, non può essere calcolato semplicemente per sostituzione, inquanto perde significato per x1 = x0; esso si presenta, in generale, nella forma 0 �0.
Il significato geometrico di tali quantità è illustrato dalla seguente figura.
x0 x1
x
f @x0D
f @x1D
y
P0
P1
f @x1D-f @x0Dx1-x0
Il numero f '@x0D, cioé la derivata di f in x0, non è altro che il coefficiente angolare della retta tangente al grafico di f in P0;
può essere dunque considerato la pendenza del grafico di f in P0; ovviamente varia al variare di x0. Nella seguente
animazione è possibile sperimentare diversi valori di x0 e x1.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte5. Derivate
1. Definizioni e prime proprietà168
Settembre 2010
P0
P1
x0 x1
f @x0D
f @x1D
x
y
f @x1D - f @x0Dx1 - x0
= 8.3923
Punto x0
Esempio 5.1.1 - 2.
Calcolare la derivata della funzione f @xD = x2 nel punto x0.
Possiamo scrivere il rapporto incrementale nella forma:
f @x1D - f @x0Dx1 - x0
=x1
2 - x02
x1 - x0
=Hx1 - x0L Hx1 + x0L
x1 - x0
=x1¹x0 x1 + x0.
L'ultima ugualianza, valida per x1 ¹ x0, elimina la forma indeterminata 0 �0, e consente di passare al limite per x1 ® x0,ottenendo f '@x0D = 2 x0. Di conseguenza, l'equazione della retta tangente è y = 2 x0 Hx - x0L + x0
2 = 2 x x0 - x02: abbiamo
riottenuto il risultato precedente.
Supponiamo ora che una certa funzione f : X ® R sia derivabile in ogni punto x0 dell'intervallo X in cui è definita; possiamo
allora considerarne la derivata (cioé il coefficiente angolare della retta tangente) in ogni punto x0 Î X ; la funzione
x0 ® f '@x0D che associa ad ogni punto x0 la derivata di f calcolata in quel punto, si dice (funzione) derivata di f in X .
Ad esempio, come abbiamo visto, la funzione f @xD = x2 è derivabile per ogni x0 Î R e la sua derivata è f '@x0D = 2 x0; ebbene,
la funzione x0 ® 2 x0 si chiama derivata di f .
Naturalmente di solito scriveremo x invece di x0, scriveremo cioé semplicemente f '@xD = 2 x. Spesso si usa il simbolo
D@ f @xDD invece di f '@xD; ad esempio, possiamo scrivere DAx2E = 2 x, ecc....
Esercizio 5.1.1 - 3.
Controllare nel seguente grafico che il coefficiente angolare della retta tangente in x0 è sempre il doppio di x0.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte5. Derivate
1. Definizioni e prime proprietà169
Settembre 2010
x
yf @xD = x2, f '@xD = 2x
x = 1.5
f '@xD = 3.
Esempio 5.1.1 - 4.
Adoperando le informazioni contenute nel seguente grafico, dire qual'è il valore di f '@-2D, f '@-1D, f '@0D, f '@1D, f '@2D.
-2 -1 1 2x
y
y=ÈxÈ
f '@xD è il coefficiente angolare della retta tangente; nel punto di ascissa 2, ad esempio, la retta tangente è orizzontale,
pertanto il suo coefficiente angolare è nullo, quindi f '@2D = 0. Nel punto di ascissa 1, la retta tangente è y = x, pertanto
f '@1D = 1, ecc. ecc..
Esempio 5.1.1 - 5.
Sia X un intervallo di R, e sia f : X ® R una funzione costante; allora, per ogni x Î X , si ha f '@xD = 0.
Infatti, fissiamo x0 Î X ; per ogni x Î X \ 8x0<, si ha f @xD = f @x0D, e quindi:
f @xD- f @x0Dx-x0
= 0.
Passando al limite per x ® x0 si ha immediatamente f @x0D = 0.
Abbiamo visto in precedenza che DAx2E = 2 x. Più in generale, si ha D@xnD = n xn-1, come si vede nel seguente esempio.
Esempio 5.1.1 - 6.
Sia n Î N, e sia f @xD = xn; si ha allora: f '@xD = n xn-1.
Infatti, fissiamo x0 Î R; per ogni x Î R \ 8x0<, si ha:
f @xD - f @x0D = xn - x0n = Hx - x0L Ixn-1 + xn-2 x0 + xn-3 x0
2 + º + x2 x0n-3 + x x0
n-2 + x0n-1M,
pertanto:
f @xD- f @x0Dx-x0
=xn-x0
n
x-x0= xn-1 + xn-2 x0 + xn-3 x0
2 + º + x2 x0n-3 + x x0
n-2 + x0n-1.
Passando al limite per x ® x0, si ha:
f '@x0D = x0n-1 + x0
n-2 x0 + x0n-3 x0
2 + º + x02 x0
n-3 + x0 x0n-2 + x0
n-1 = n x0n-1.
Esempio 5.1.1 - 7.
Carlo Greco :
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1. Definizioni e prime proprietà170
Settembre 2010
Esempio 5.1.1 - 7.
Sia f @xD =1
x; si ha allora: f '@xD = -
1
x2 .
Infatti, fissiamo x0 Î R con x0 ¹ 0; per ogni x Î R \ 8x0<, con x ¹ 0, si ha:
f @xD- f @x0Dx-x0
=
1
x-
1
x0
x-x0=
x0-x
x x0 Hx-x0L = -1
x x0;
passando al limite per x ® x0 si ha:
f '@x0D = -1
x0 x0= -
1
x02 ,
da cui l'asserto.
Esempio 5.1.1 - 8.
La funzione f @xD = x è derivabile per ogni x > 0, e si ha: f '@xD =1
2 x; per x = 0 non è derivabile, ma si ha: f '@0D = +¥.
Infatti, fissiamo x0 ÎD 0, +¥@; per ogni x ÎD 0, +¥@ \ 8x0< si ha:
f @xD- f @x0Dx-x0
=x - x0
x-x0=
x - x0
x-x0
x + x0
x + x0
=x-x0
Hx-x0L x + x0
=1
x + x0
;
passando al limite per x ® x0 si ha:
f '@x0D =1
x0 + x0
=1
2 x0
,
da cui il primo asserto. f @xD non è invece derivabile nell'origine perché il rapporto incrementale tende a +¥:
limx®0
f @xD- f @0Dx-0
= limx®0
x
x= lim
x®0
1
x=
1
0+= +¥.
Come vedremo meglio nel prossimo paragrafo, ciò significa che la retta tangente al grafico di x nell'origine è verticale: èl'asse y.
5.1.2. Funzioni non derivabili; derivate a sinistra e a destra
E' opportuno osservare subito che non tutte le funzioni sono derivabili, cioé non tutte le funzioni ammettono retta tangente inun punto. Ciò si verifica quando il limite del rapporto incrementale
limx®x0
f @xD - f @x0Dx - x0
non esiste, oppure è uguale a ± ¥. Un caso frequente in cui non esiste il limite precedente, si ha quando i due limiti
limx®x0
-
f @xD - f @x0Dx - x0
e limx®x0
+
f @xD - f @x0Dx - x0
sono diversi, e in tal caso si parla di derivata a sinistra e a destra. Quando ciò accade, significa che la posizione limite dellaretta secante quando P1 si avvicina a P0, è diverso a seconda cheP1 si avvicini da sinistra o da destra. Corrispondentemente,si introduce la nozione di retta tangente a sinistra o a destra.
Esempio 5.1.2 - 9.
Il grafico seguente mostra una situazione tipica: avvicinandosi da destra al punto x0, il rapporto incrementale (cioé ilcoefficiente angolare della retta secante) tende al numero 4, mentre avvicinandosi da sinistra a x0, il rapporto incrementaletende a -4. Corrispondentemente la retta secante ha un brusco "scarto" attraversando il punto x0.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte5. Derivate
1. Definizioni e prime proprietà171
Settembre 2010
P0
P1
x0 x1
f @x0D
f @x1D
x
y
f @x1D - f @x0Dx1 - x0
= 5.2
Precisiamo i concetti appena illustrati con la seguente definizione.
Definizione 5.1.2 - 10. (Derivata a sinistra o a destra)Sia X un intervallo di R, sia f : X ® R una funzione definita in X, e sia x0 Î X . Si dice che f @xD è derivabile a sinistra
(risp. a destra) nel punto x0, se esiste finito il limite :
limx®x0
-
f @xD- f @x0Dx-x0
(risp. il limite lim
x®x0
+
f @xD- f @x0Dx-x0
).
In tal caso, il valore di tale limite, che si indica con fs'@x0D (risp. con fd
' @x0D), si dice derivata sinistra (risp. derivata destra)
della funzione f calcolata nel punto x0, e la retta di equazione:y = fs
'@x0D Hx - x0L + f @x0D (risp. y = fd' @x0D Hx - x0L + f @x0D)
si dice retta tangente a sinistra (risp. a destra) al grafico di f nel punto Hx0, f @x0DL.Dunque, in base alla definizione, possiamo dire che la funzione dell'esempio precedente non è derivabile in x0, ma èderivabile a sinistra e a destra, e si ha fs
'@x0D = -4, fd' @x0D = 4.
Osservazione. Analogamente a quanto abbiamo fatto a proposito del limite a sinistra e a destra, chiariamo il legame tra levarie nozioni di derivata che abbiamo introdotto:
1°) se f è definita solo in un intervallo del tipo @a, x0D, oppure @x0, bD, è possibile considerare uno solo dei due limiti che
compaiono nella definizione precedente. In tal caso, non vi è differenza tra derivata a sinistra e derivata (o tra derivata adestra e derivata) perché la nozione di limite a sinistra (o a destra) coincide, in questo caso, con la nozione di limite.
Supponiamo ora che x0 non sia un estremo dell'intervallo X in cui è definita f , per cui è possibile considerare sia la derivata
a sinistra, che quella a destra. Allora:
2°) se f è derivabile in x0, allora f è derivabile anche a sinistra e a destra, e le tre derivate coincidono;
3°) se f è derivabile a sinistra e a destra, e si ha fs'@x0D = fd
' @x0D, allora f è derivabile in x0, e le tre derivate coincidono;
4°) se f è derivabile a sinistra e a destra, e si ha fs'@x0D ¹ fd
' @x0D, allora f non è derivabile in x0.
Esempio 5.1.2 - 11.
La funzione valore assoluto f @xD = x¤ non è derivabile per x = 0; come si verifica immediatamente, si ha infatti: fs'@0D = -1,
fd' @0D = 1. Per ogni altro valore di x, si ha: f '@xD = -1 se x < 0, mentre f '@xD = 1 per x > 0.
In definitiva possiamo scrivere:
D@ x¤D =x
x¤ = x¤x
per x ¹ 0.
Carlo Greco :
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1. Definizioni e prime proprietà172
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Esempio 5.1.2 - 12.
Verificare che la funzione f @xD = ¡x2 - 4¥ non è derivabile nel punto x0 = 2, e calcolarne la derivata sinistra e quella destra.
Scriviamo il rapporto incrementale:
f @xD - f @x0Dx - x0
=¡x2 - 4¥ - 0
x - 2=
¡x2 - 4¥x - 2
=
-Ix2-4Mx-2
= -Hx + 2L a sinistra di 2
x2-4
x-2= x + 2 a destra di 2
Passando al limite per x ® 2 da sinistra e da destra, si ottengono risultati differenti:
limx®x0
-
f @xD - f @x0Dx - x0
= -4 e limx®x0
+
f @xD - f @x0Dx - x0
= 4;
Dunque fs'@x0D = -4, fd
' @x0D = 4; pertanto f non è derivabile per x = 2. Le due rette tangenti a sinistra e a destra sono:
y = -4 Hx - 2L = -4 x + 8, e y = 4 Hx - 2L = 4 x - 8.
Il grafico della funzione è il seguente.
x0
x
y
P0
La derivata di una funzione, destra o sinistra, se esiste, è un numero reale, eventualmente nullo (tangente orizzontale). Puòcapitare, tuttavia, che il limite del rapporto incrementale sia +¥ o -¥. Anche a questa situazione si può dare una semplice
interpretazione geometrica: la posizione limite della retta secante è verticale.
P0
P1
x0 x1x
y
f @x1D - f @x0Dx1 - x0
= 2.0732
Per brevità di notazioni scriveremo f '@x0D = +¥, f '@x0D = -¥, ecc. ecc., anche se ± ¥ non sono certo numeri, quindi non
possono essere valori assunti da una funzione!
Esempio 5.1.2 - 13.
Sia f @xD = x3
; dimostrare che f '@0D = +¥.
Si ha infatti:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte5. Derivate
1. Definizioni e prime proprietà173
Settembre 2010
Si ha infatti:
f @xD - f @x0Dx - x0
=x
3
- 0
x - 0=
x¹0 x
x33 =
1
x23 ,
quindi, passando al limite per x ® 0, si ha 1
0+3 = +¥.
Terminiamo con un'ultima importante definizione.
Definizione 5.1.2 - 14. (Punto angoloso o cuspidale)Sia X un intervallo di R, sia f : X ® R una funzione definita in X , e sia x0 un punto dell'intervallo X diverso dagli estremi.
Se esistono fs'@x0D e fd
' @x0D, almeno una di esse è finita, e sono diverse tra loro, si dice che x0 è un punto angoloso per f .Se fs
'@x0D = -¥ e fd' @x0D = +¥ o viceversa, si dice che x0 è un punto cuspidale per f .
I seguenti grafici forniscono esempi di punti angolosi e cuspidali.
Punto angoloso 1 Punto angoloso 2 Punto cuspidale
x0
x
y
5.1.3. Primi teoremi sulle derivate
Vediamo ora alcuni teoremi sulle derivate. Il primo di essi mostra che la derivabilità di una funzione implica la sua continuità.
Teorema 5.1.3 - 15. (Continuità delle funzioni derivabili)Sia f : X ® R una funzione definita nell'intervallo X , derivabile in un punto x0 Î X ; allora f è continua in x0.
Dimostrazione.
Per ogni x Î X , con x ¹ x0, si ha:
f @xD - f @x0D =f @xD - f @x0D
x - x0
Hx - x0L.Passando al limite per x ® x0, si ha:
limx®x0
H f @xD - f @x0DL = limx®x0
f @xD - f @x0Dx - x0
Hx - x0L =*
f '@x0D limx®x0
Hx - x0L = f '@x0D ×0 = 0.
(Notiamo che l'uguaglianza indicata con * è corretta in quanto, essendo f derivabile, il limite del prodotto a sinistra di * non
si presenta in forma indeterminata). Abbiamo dunque dimostrato che limx®x0 H f @xD - f @x0DL = 0, cioé che, effettivamente,
limx®x0 f @xD = f @x0D. àIl teorema precedente mostra che una funzione, per essere derivabile in x0, dev'essere anche continua in tale punto, quindiuna funzione che non è continua non può essere neanche derivabile. Ad esempio, la funzione Sign@xD non è continua
nell'origine, quindi non può essere neanche derivabile nell'origine.
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1. Definizioni e prime proprietà174
Settembre 2010
Il teorema precedente mostra che una funzione, per essere derivabile in x0, dev'essere anche continua in tale punto, quindiuna funzione che non è continua non può essere neanche derivabile. Ad esempio, la funzione Sign@xD non è continua
nell'origine, quindi non può essere neanche derivabile nell'origine.
Esercizio 5.1.3 - 16.
Calcolare direttamente il limite (se esiste) del rapporto incrementale di Sign@xD nell'origine.
La funzione Sign@xD è derivabile per x ¹ 0?
Esercizio 5.1.3 - 17.
Nella figura seguente è rappresentata una funzione ben definita in tutto R (anche nel punto x0), ma non continua in talepunto. Sperimentare cosa succede al rapporto incrementale e alla retta secante quando x ® x0.
P0
P1
x0 x1x
y
f @x1D - f @x0Dx1 - x0
= 7.8186
Il seguente teorema consente di effettuare la derivata di una somma, di un prodotto e di un quoziente di due funzioni.
Teorema 5.1.3 - 18. (Operazioni con le derivate)Siano f , g : X ® R due funzioni definite nell'intervallo X , derivabili in un punto x Î X ; le funzioni somma, prodotto e
quoziente (se g@xD ¹ 0) sono derivabili in x, e si ha:D@ f @xD + g@xDD = f '@xD + g '@xD;
D@ f @xD g@xDD = f '@xD × g@xD + f @xD × g '@xD;DB f @xD
g@xD F =f '@xD×g@xD- f @xD×g'@xD
g@xD2 .
Dimostrazione.
Facciamo solo la dimostrazione della prima formula, cioé di quella relativa alla derivata di una somma. Consideriamo
dunque il rapporto incrementale della funzione f @xD + g@xD, che è: HH f @xD+g@xDL-H f @x0D+g@x0DLL
x - x0, e osserviamo che:
H f @xD + g@xDL - H f @x0D + g@x0DLx - x0
=H f @xD - f @x0DL + Hg@xD - g@x0DL
x - x0
=f @xD - f @x0D
x - x0
+g@xD - g@x0D
x - x0
;
passando al limite per x ® x0, il primo membro tende, ovviamente, a H f + gL '@x0D; l'ultimo membro tende invece a
f '@x0D + g '@x0D, e il teorema (almeno la prima formula) è dimostrato. à
Il teorema precedente afferma che la derivata di una somma è uguale alla somma delle derivate. Non è invece vero che laderivata di un prodotto sia uguale al prodotto delle derivate; la formula corretta, cioé D@ f @xD g@xDD = f '@xD × g@xD + f @xD × g '@xD,è leggermente più complicata; analogo discorso per il quoziente.
Osservazione. Dal teorema precedente si ha, in particolare, che:
se c è una costante : D@c f @xDD = c f '@xD;
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte5. Derivate
1. Definizioni e prime proprietà175
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se c è una costante : D@c f @xDD = c f '@xD;DB 1
f @xD F = -1
f @xD2f '@xD.
Nei paragrafi precedenti abbiamo già calcolato la derivata di alcune funzioni. Più precisamente abbiamo visto che:
1°) La derivata di una funzione costante è zero.
2°) La derivata di f @xD = xn, dove n è un intero naturale, è f '@xD = n xn-1.
3°) La derivata di f @xD =1
x è f '@xD = -
1
x2 .
4°) La funzione f @xD = x è derivabile per x > 0, e si ha f '@xD =1
2 x, mentre non è derivabile nell'origine, e si ha
f '@0D = +¥ (tangente verticale).
5°) La funzione valore assoluto f @xD = x¤ è derivabile per x ¹ 0, e si ha f '@xD =x
x¤ = x¤x
, mentre ha un punto angoloso per
x = 0.
Utilizzando le derivate che già conosciamo, e il teorema sulle operazioni sulle derivate, possiamo calcolare la derivata didiverse altre funzioni, come mostrato nel seguente esempio.
Esempio 5.1.3 - 19.
Si ha ad esempio:
DBx4 +1
xF = DAx4E + DB 1
xF = 4 x3 -
1
x2;
DBx5 x3 F = DAx5E x
3+ x5 DB x
3 F = 5 x4 x3
+ x51
3 x23
;
DB x2
x + 1F =
DAx2E I x + 1M - x2 DA x + 1EI x + 1M2
=
2 x I x + 1M - x2 1
2 x
I x + 1 M2.
Consideriamo ora la funzione composta h@xD = g@ f @xDD; se la prima funzione componente f @xD è derivabile in x0, e la
seconda funzione g@yD è derivabile in y0 = f @x0D, allora la funzione composta h@xD è derivabile in x0, come precisato nel
seguente teorema.
Teorema 5.1.3 - 20. (Derivazione delle funzioni composte)Siano X ed Y due intervalli di R, sia x0 Î X , e siano f : X ® Y e g : Y ® R due funzioni, la prima derivabile in x0, e la
seconda derivabile in y0 = f @x0D; allora la funzione composta h@xD = g@ f @xDD è derivabile in x0, e si ha:h '@x0D = g '@ f @x0DD × f '@x0D.
Dimostrazione.
Si deve dimostrare che
limx®x0
g@ f @xDD-g@ f @x0DDx-x0
= g '@ f @x0DD × f '@x0D.Infatti, consideriamo anzitutto il rapporto incrementale di g@xD relativo al punto y0 = f @x0D, cioé la funzione:
r : Y \ 8y0< ® R così definita: r@yD =g@yD-g@y0D
y-y0;
poiché stiamo supponendo che g@yD sia derivabile in y0, tale funzione è prolungabile per continuità nel punto y0; si ottiene
così la funzione, continua nel punto y0:
r`
: Y ® R, r`@yD =
g@yD-g@y0Dy-y0
se y ¹ y0
g '@y0D se y = y0
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1. Definizioni e prime proprietà176
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r`
: Y ® R, r`@yD =
g@yD-g@y0Dy-y0
se y ¹ y0
g '@y0D se y = y0
E' allora lecito considerare la funzione composta r`@ f @xDD; essendo f @xD derivabile in x0, essa è anche continua in tale punto,
pertanto la funzione composta r`@ f @xDD è continua in x0. Si ha allora:
5.1.3 - 21limx®x0
r`@ f @xDD = r
`@ f @x0DD = r`@y0D = g '@y0D.
Ciò premesso, osserviamo che:
5.1.3 - 22per ogni x Î X \ 8x0<, g@ f @xDD-g@ f @x0DDx-x0
= r`@ f @xDD f @xD- f @x0D
x-x0;
infatti, per ogni x Î X \ 8x0<:
r`@ f @xDD f @xD- f @x0D
x-x0=
r@ f @xDD f @xD- f @x0Dx-x0
=g@ f @xDD-g@ f @x0DD
f @xD- f @x0Df @xD- f @x0D
x-x0=
g@ f @xDD-g@ f @x0DDx-x0
se f @xD ¹ f @x0Dg '@y0D f @xD- f @x0D
x-x0= 0 =
g@ f @xDD-g@ f @x0DDx-x0
se f @xD = f @x0D .
Dalla 5.1.3 - 22, ricordando anche la 5.1.3 - 21, si ha immediatamente:
limx®x0
g@ f @xDD-g@ f @x0DDx-x0
= limx®x0
r`@ f @xDD f @xD- f @x0D
x-x0= g '@y0D. f '@x0D = g '@ f @x0DD × f '@x0D,
che è quello che si doveva dimostrare. à
Osservazione. Dunque la derivata di g@ f @xDD si ottiene moltiplicando la derivata di g calcolata in y0 = f @x0D, per la derivata
di f calcolata in x0.
Esempio 5.1.3 - 23.
Consideriamo la funzione h@xD = x2 + 2 ; essa è composta da f @xD = x2 + 2 e da g@yD = y . Per calcolare h '@xD, dobbiamo
anzitutto calcolare la derivata di g in x2 + 2; poiché la derivata di g è 1
2 y, si ha g '@ f @xDD = g 'Ax2 + 2E=
1
2 x2+2
.
Dobbiamo ora moltiplicare per f '@xD = 2 x. In definitiva:
DB x2 + 2 F =1
2 x2 + 2
2 x.
Esempio 5.1.3 - 24.
Calcolare DB x2-2 x+2
x2+1F.
Poiché DB y F =1
2 y, si ha:
Carlo Greco :
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1. Definizioni e prime proprietà177
Settembre 2010
DB x2 - 2 x + 2
x2 + 1F =
1
2 x2-2 x+2
x2+1
DB x2 - 2 x + 2
x2 + 1F =
1
2 x2-2 x+2
x2+1
DAx2 - 2 x + 2E Ix2 + 1M - Ix2 - 2 x + 2M DAx2 + 1EIx2 + 1M2
=
1
2 x2-2 x+2
x2+1
H2 x - 2L Ix2 + 1M - Ix2 - 2 x + 2M 2 x
Ix2 + 1M2=
1
2 x2-2 x+2
x2+1
2 Ix2 - x - 1MIx2 + 1M2
.
5.1.4. Esercizi
Esercizio 5.1.4 - 25. (definizione)
Adoperando la definizione, calcolare (se esiste) la derivata delle seguenti funzioni nel punto indicato.1°) f @xD = 2 x2 in x0;
2°) f @xD = -5 in x0;
3°) f @xD = x23 in x0 = 0;
4°) f @xD =1
x in x0;
5°) f @xD = Hx - 1L x - 13
in x0 = 1.
Esercizio 5.1.4 - 26. (punti angolosi - con la definizione)
Calcolando il limite a sinistra e a destra del rapporto incrementale, determinare la derivata a sinistra e a destra di f @xD nel
punto indicato, e identificare eventuali punti angolosi o cuspidali.
1°) f @xD = x37 in 0;
2°) f @xD = x¤ in 0;
3°) f @xD = Hx + 1L x2 - 13
in -1;
Esercizio 5.1.4 - 27. (punti angolosi - val. assoluto)
Studiare la derivabilità delle seguenti funzioni:1°) f @xD = x - 1¤;2°) f @xD = x¤ + x - 2¤;3°) f @xD = x Sign@xD;
Esercizio 5.1.4 - 28.
Calcolare la derivata delle seguenti funzioni.
Nuova funzione Soluzione Reset
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1. Definizioni e prime proprietà178
Settembre 2010
5.2. Derivate delle funzioni elementari
In questa sezione impareremo a calcolare le derivate delle funzioni elementari. Questo, insieme con i teoremi sulleoperazioni con le derivate e sulla derivata di una funzione composta, ci consentirà di calcolare tutte le derivate che ciinteressano.
Come vedremo, le formule relative alle derivate delle funzioni elementari si dimostrano utilizzando i limiti notevoli.
5.2.1. Derivate delle funzioni potenza di esponente Α, esponenziale e logaritmo
à Derivata di xΑ
Se Α è un numero reale qualsiasi, la funzione xΑ è definita solo per x > 0; fissiamo un x0 > 0, e proponiamoci di calcolare laderivata di xΑ in tale punto. Si ha:
xΑ - x0Α
x - x0
=x0
Α
x0
J x
x0NΑ
- 1
x
x0- 1
=y=
x
x0-1 H1 + yLΑ - 1
yx0
Α-1.
Ora, per x ® x0 si ha y ® 0, quindi, passando al limite nel secondo membro, si ottiene Α x0Α-1. In altri termini:
D@xΑD = Α xΑ-1.
Se Α > 0, la funzione xΑ è definita anche per x = 0, e vale zero; vediamo se (sempre supponendo Α > 0), è derivabilenell'origine; a tale scopo, basta considerare il limite del rapporto incrementale nell'origine:
limx®0
f @xD- f @0Dx-0
= limx®0
xΑ
x= lim
x®0xΑ-1 =
0 se Α > 1
1 se Α = 1
+¥ se 0 < Α < 1
Dunque la funzione xΑ è derivabile nell'origine solo se Α > 1, e in tal caso la derivata vale zero (retta tangente = asse x),oppure se Α = 1 (in tal caso xΑ = x). Invece, se Α < 1, xΑ ha derivata infinita nell'origine (retta tangente verticale).Ovviamente, se Α < 0, la funzione data non è definita nell'origine, e non ha senso parlare di derivata.
Α
1x
1
yf @xD = xΑ
Α > 1:f@xD è tipo parabola = 0
f'@0D = 0 Htangente orizzontaleL
Se poi Α è un numero intero, razionale, ecc., per cui xΑ è definito anche per x < 0, la formula ottenuta è ancora valida, e siottengono così le varie formule particolari, come ad esempio:
D@xnD = n xn-1, valida per ogni x Î R,
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2. Derivate delle funzioni elementari179
Settembre 2010
D@xnD = n xn-1, valida per ogni x Î R,
DB xn F =
1
n xn-1n, valida per ogni x Î R \ 80< se n è dispari, per ogni x > 0 se n è pari.
à Derivata di ax
Fissato x0 Î R, si ha:
ax - ax0
x - x0
= ax0ax-x0 - 1
x - x0
=y=x-x0
ax0ay - 1
y.
Passando al limite per y ® 0, si ha immediatamente: ax0 Log@aD. In altri termini, abbiamo ottenuto:
D@axD = ax Log@aD, e, in particolare: D@ãxD = ãx.
à Derivata di Loga
@xD e di Loga
@ x¤DFissato x0 > 0, si ha:
Loga@xD - Loga@x0Dx - x0
=1
x0
LogaB x
x0F
x
x0- 1
=y=
x
x0-1 1
x0
Loga@1 + yDy
Passando al limite per y ® 0, si ha immediatamente: 1
x0Loga@ãD =
1
x0 Log@aD . Dunque:
DALoga@xDE =1
x Log@aD , e, in particolare, D@Log@xDD =1
x.
Per il teorema sulla derivazione delle funzioni composte si ha poi:
DALoga@ x¤DE =1
x¤ Log@aD x¤x
=1
x Log@aD .
In definitiva:
DALoga@ x¤DE =1
x Log@aD , e, in particolare: D@Log@ x¤DD =1
x.
Esercizio 5.2.1 - 29.
Calcolare la derivata delle seguenti funzioni.
Nuova funzione Soluzione Reset
5.2.2. Derivate delle funzioni trigonometriche
à Derivata del seno
Si ha:
D@Sin@xDD = Cos@xDInfatti, fissiamo un x0 Î R; si ha:
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2. Derivate delle funzioni elementari180
Settembre 2010
Sin@xD - Sin@x0Dx - x0
=
2 CosA x+x0
2E SinA x-x0
2E
x - x0
=
SinA x-x0
2E
x-x0
2
CosB x + x0
2F.
Il limite limx®0SinB x-x0
2F
x-x02
si calcola immediatamente con la sostituzione y =x-x0
2, che lo riduce al limite limy®0
Sin@yDy
; il limite
del secondo fattore è, evidentemente CosB 2 x0
2F = Cos@x0D, da cui l'asserto.
à Derivata del coseno
Poiché poi Cos@xD = SinAx +Π
2E, si ha immediatamente
D@Cos@xDD = DBSinBx +Π
2FF = CosBx +
Π
2F = -Sin@xD,
cioé:
D@Cos@xDD = -Sin@xDà Derivata della tangente
La derivata di Tan@xD si ottiene con la regola di derivazione di un quoziente:
D@Tan@xDD =1
Cos@xD2= 1 + Tan@xD2.
5.2.3. Derivate delle funzioni trigonometriche inverse
à Derivata dell'arcoseno
Posto f @xD = ArcSin@xD, vogliamo dimostrare che:
D@ArcSin@xDD =
1
1-x2per ogni x con - 1 < x < 1
+¥ per x = ± 1
Infatti, fissato x0 Î @-1, 1D, si ha, per ogni x Î @-1, 1D, con x ¹ x0:
ArcSin@xD - ArcSin@x0Dx - x0
=y - y0
Sin@yD - Sin@y0D ,
dove si è posto, ovviamente y = ArcSin@xD, e y0 = ArcSin@x0D. Osserviamo che il denominatore del secondo membro ha
significato in quanto, essendo la funzione seno ingettiva nell'intervallo A-Π
2, Π
2E, si ha Sin@yD ¹ Sin@y0D.
Distinguiamo ora i seguenti casi.
1°) si ha -1 < x0 < 1; allora:
limx®x0
ArcSin@xD - ArcSin@x0Dx - x0
= limy®y0
y - y0
Sin@yD - Sin@y0D =1
Cos@y0D ,
e risulta Cos@y0D ¹ 0, dato che x0 ¹ ± 1. Sempre in tale ipotesi, si ha pure
Cos@y0D = 1 - Sin @y0D2 = 1 - x02
(si prende il segno positivo nella radice in quanto Cos@y0D > 0 dato che y0 ÎD -Π
2, Π
2@). In definitiva:
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2. Derivate delle funzioni elementari181
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limy®y0
y - y0
Sin@yD - Sin@y0D =1
1 - x02
,
da cui la prima formula che si doveva dimostrare.
2°) supponiamo x0 = 1; allora y0 =Π
2, e:
limx®1
ArcSin@xD - ArcSin@1Dx - 1
= limy®
Π
2
y -Π
2
Sin@yD - 1= lim
y®Π
2
1
Sin@yD-1
y-Π
2
=1
CosA Π
2E =
H*L 1
0+= +¥.
L'uguaglianza segnata con H*L è giustificata dal fatto che la funzione Sin@yD-1
y-Π
2
è positiva (il numeratore ed il denominatore
sono entrambe negativi), quindi tende a CosA Π
2E = 0 da valori positivi.
3°) supponiamo x0 = -1; allora y0 = -Π
2, e:
limx®-1
ArcSin@xD - ArcSin@-1Dx + 1
= limy®-
Π
2
y +Π
2
Sin@yD + 1= lim
y®-Π
2
1
Sin@yD+1
y+Π
2
=1
CosA-Π
2E =
H*L 1
0+= +¥.
Anche in questo caso l'uguaglianza segnata con H*L è giustificata dal fatto che la funzione Sin@yD+1
y+Π
2
è positiva (stavolta il
numeratore ed il denominatore sono entrambe positivi), quindi tende a CosA-Π
2E = 0 da valori positivi.
Gli ultimi due casi giustificano il fatto che f '@± 1D = +¥.
à Derivata dell'arcocoseno e dell'arcotangente
In modo simile si dimostra che:
D@ArcCos@xDD =
-1
1-x2per ogni x con - 1 < x < 1
-¥ per x = ± 1
La funzione ArcTan@xD è invece derivabile in tutto R, e si ha:
D@ArcTan@xDD =1
1+x2 per ogni x Î R.
Esercizio 5.2.3 - 30.
Calcolare la derivata delle seguenti funzioni.
Nuova funzione Soluzione Reset
5.2.4. Derivate delle funzioni elementari "generalizzate"
Riassumiamo nella seguente tabella le derivate delle funzioni elementari che abbiamo incontrato.
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2. Derivate delle funzioni elementari182
Settembre 2010
f @xD definita
in :
derivabile
in :
derivata : punti
particolari
xΑ Hdipende da ΑL Hdipende da ΑL Α xΑ-1
costante k R R 0
xnR R n xn-1
xn
, con
n dispari
R R \ 80< 1
n xn-1nf '@0D = +¥
xn
, con
n pari
@0, +¥@ D 0, +¥@ 1
n xn-1nf '@0D = +¥
1
xn R \ 80< R \ 80< -n
xn+1
x R R \ 80< x
x0 angoloso
axR R ax Log@aD
ãxR R ãx
Loga@xD D 0, +¥@ D 0, +¥@ 1
x Log@aDLog@xD D 0, +¥@ D 0, +¥@ 1
x
Loga@ x D R \ 80< R \ 80< 1
x Log@aDLog@ x D R \ 80< R \ 80< 1
x
Sin@xD R R Cos@xDCos@xD R R -Sin@xDTan@xD R \ 9 Π
2+ k Π= R \ 9 Π
2+ k Π= 1
Cos@xD2= 1 + Tan@xD2
ArcSin@xD @-1, 1D D - 1, 1@ 1
1-x2
f '@± 1D = +¥
ArcCos@xD @-1, 1D D - 1, 1@ -1
1-x2
f '@± 1D = -¥
ArcTan@xD R R1
1+x2
Utilizzando poi la tabella precedente, e la regola di derivazione delle funzioni composte, possiamo compilare la seguenteulteriore tabella, che potremmo chiamare delle derivate delle funzioni elementari "generalizzate":
f @xD derivata :
j@xDΑ Α j@xDΑ-1 j '@xDj@xDn n j@xDn-1 j '@xD
j@xDn 1
n j@xDn-1nj '@xD
1
j@xDn -n
j@xDn+1j '@xD
j@xD j@xDj@xD j '@xD
aj@xD aj@xD Log@aD j '@xD
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2. Derivate delle funzioni elementari183
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ãj@xD ãj@xD j '@xDLoga@j@xDD 1
j@xD Log@aD j '@xDLog@j@xDD 1
j@xD j '@xDLoga@ j@xD D 1
j@xD Log@aD j '@xDLog@ j@xD D 1
j@xD j '@xDSin@j@xDD Cos@j@xDD j '@xDCos@j@xDD -Sin@j@xDD j '@xDTan@j@xDD 1
Cos@j@xDD2j '@xD = I1 + Tan@j@xDD2M j '@xD
ArcSin@j@xDD 1
1-j@xD2j '@xD
ArcCos@j@xDD -1
1-j@xD2j '@xD
ArcTan@j@xDD 1
1+j@xD2j '@xD
Esercizio 5.2.4 - 31.
Calcolare la derivata delle seguenti funzioni.
Nuova funzione Soluzione Reset
Esercizio 5.2.4 - 32.
Calcolare la derivata delle seguenti funzioni.
Nuova funzione Soluzione Reset
5.2.5. Derivate di funzioni della forma f @xDg@xD
La derivata delle funzioni della forma f @xDg@xD si calcola utilizzando la formula:
f @xDg@xD = ãg@xD Log@ f @xDD
Poiché si ha, per il teorema sulla derivazione delle funzioni composte: DAãj@xDE = ãj@xD j '@xD, si ha anche:
DA f @xDg@xDE = DAãg@xD Log@ f @xDDE = ãg@xD Log@ f @xDD D@g@xD Log@ f @xDDD = f @xDg@xD g '@xD Log@ f @xDD + g@xD 1
f @xD f '@xD ,
cioé:
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2. Derivate delle funzioni elementari184
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DA f @xDg@xDE = f @xDg@xD g '@xD Log@ f @xDD + g@xD 1
f @xD f '@xDEsempio 5.2.5 - 33.
Calcolare la derivata di xx.
Si ha: xx = ãx Log@xD, pertanto:
D@xxD = DAãx Log@xDE = ãx Log@xD D@x Log@xDD =
xx Log@xD + x1
x= xx HLog@xD + 1L.
Si noti che la formula ottenuta è ben diversa da x xx-1, che si ha applicando la formula per la derivata di xΑ. Quest'ultimaformula non è applicabile in questa situazione, perché l'esponente x in xx non è costante!
Esempio 5.2.5 - 34.
Calcolare la derivata di Cos@xD 1
x .
Si ha: Cos@xD 1
x = ã1
xLog@Cos@xDD, pertanto:
DAHCos@xDL1�xE =
DBã1
xLog@Cos@xDDF = ã
1
xLog@Cos@xDD DB 1
xLog@Cos@xDDF = HCos@xDL1�x -
1
x2Log@Cos@xDD +
1
x
1
Cos@xD H-Sin@xDL =
-HCos@xDL1�x Log@Cos@xDDx2
+Sin@xD
x Cos@xD .
Esercizio 5.2.5 - 35.
Calcolare la derivata delle seguenti funzioni.
Nuova funzione Soluzione Reset
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2. Derivate delle funzioni elementari185
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5.3. Derivate successive; altri significati della derivata
5.3.1. Derivate successive
Se f : X ® R è una funzione derivabile nell'intervallo X , possiamo considerare la nuova funzione (la derivata di f )
f ' : X ® R; ad esempio, se f @xD = x5, allora f '@xD = 5 x4; se la funzione f '@xD è a sua volta derivabile in un certo punto x0 di
X , diremo che la funzione f è derivabile due volte in x0; la derivata della derivata prima di f , verrà chiamata derivata
seconda di f , e verrà indicata con f ''@x0D.Ad esempio, la funzione f '@xD = 5 x4 è a sua volta derivabile per ogni x Î R, e la sua derivata, cioé 5 ×4 x3 = 20 x3, si dice
derivata seconda di f , e si indica con f ''@xD.In modo analogo si introducono le derivate successive di di una funzione. La derivata n -esima di f si indica con f HnL@xD (leparentesi tonde servono a non confonderla con la potenza n -esima). Per convenzione, f H0L@xD = f @xD.Esempio 5.3.1 - 36.
Calcolare la derivata prima, la derivata seconda e la derivata terza, della funzione f @xD = x2 + x .
Si ha:
f '@xD = 2 x +1
2 x;
f ''@xD = DB2 x +1
2 xF = 2 -
1
I2 x M22
1
2 x= 2 -
1
4 x x;
f '''@xD = DB2 -1
4 x xF = 0 - -
1
I4 x x M24 x + x
1
2 x=
3
8 x2 x.
E' ovvio che la somma, il prodotto ed il quoziente di funzioni derivabili n volte, sono anch'esse derivabili n volte.
Una funzione si dice poi infinitamente derivabile in x0 se, per ogni n, è derivabile in x0 n volte. Anche la somma, il prodottoed il quoziente di funzioni derivabili infinite volte, sono derivabili infinite volte.
La maggior parte delle funzioni che incontreremo sono derivabili infinite volte in tutto il loro insieme di definizione,eventualmente con l'eccezione di qualche punto.
Ad esempio, una funzione costante è derivabile infinite volte; la sua derivata prima è nulla, e così pure tutte le derivatesuccessive.
La funzione f @xD = xn è pure derivabile infinite volte. Si ha:
f @xD = xn,
f '@xD = n xn-1,
f ''@xD = n Hn - 1L xn-2,
º
f HkL@xD = n Hn - 1L Hn - 2L º Hn - k + 1L xn-k per ogni k < n
f HnL@xD = n Hn - 1L Hn - 2L º1 = n !
f HkL@xD = 0 per ogni k > n.
Dunque, le derivate successive di xn ne abbassano progressivamente il grado, la derivata n -esima si riduce ad una costante,cioé n ! (n fattoriale); tutte le infinite derivate successive sono nulle.
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3. Derivate successive; altri significati della derivata186
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Dunque, le derivate successive di xn ne abbassano progressivamente il grado, la derivata n -esima si riduce ad una costante,cioé n ! (n fattoriale); tutte le infinite derivate successive sono nulle.
Più in generale, ogni polinomio di grado n è infinitamente derivabile, la sua derivata n -esima è una costante, e tutte lederivate successive sono nulle.
Anche le funzioni razionali fratte sono infinitamente derivabili nel loro insieme di definizione, essendo quoziente di polinomi.
In generale le loro varie derivate successive non si annullano. Ad esempio, le prime dieci derivate successive di f @xD =1
x,
sono:
f H0L @xD =1
xf H1L @xD = -
1
x2f H2L @xD =
2
x3f H3L @xD = -
6
x4f H4L @xD =
24
x5f H5L @xD = -
120
x6
f H6L @xD =720
x7f H7L @xD = -
5040
x8f H8L @xD =
40320
x9f H9L @xD = -
362880
x10f H10L @xD =
3628800
x11f H11L @xD = -
39916800
x12
Se invece consideriamo la funzione f @xD = xn
, vediamo che essa nell'origine non è derivabile neanche una volta, e quindi
non ammette neanche derivate successive; è invece derivabile infinite volte per x ¹ 0; ad esempio, le prime dieci derivate di
x sono:
f H0L @xD = x f H1L @xD =1
2 x
f H2L @xD = -1
4 x3�2 f H3L @xD =3
8 x5�2 f H4L @xD = -15
16 x7�2 f H5L @xD =105
32 x9�2
f H6L @xD = -945
64 x11�2 f H7L @xD =10395
128 x13�2 f H8L @xD = -135135
256 x15�2 f H9L @xD =2027025
512 x17�2 f H10L @xD = -34459425
1024 x19�2 f H11L @xD =654729075
2048 x21�2
Esempio 5.3.1 - 37.
Nella tabella seguente è possibile vedere le derivate successive di alcune semplici funzioni.
n 0
7x8
+3x5
+2x+1 x
1
x
x
x2
+1 x2
+ 13
f H0L@xD = 7 x8 + 3 x5 + 2 x + 1
Alcune altre funzioni, invece, sono derivabili solo un numero finito di volte in un dato punto; infatti, consideriamo ad
esempio la funzione f @xD = x x . Essa è ovviamente derivabile infinite volte per x ¹ 0 (prodotto di funzioni derivabili
infinite volte). In particolare, la sua derivata prima è
f '@xD = x + x1
2 x= x +
1
2x =
3
2x
(si noti la semplificazione della radice al denominatore, resa possibile dal fatto che x ¹ 0). Dunque, in D 0, +¥@ si ha
f '@xD =3
2x . D'altra parte, la funzione f @xD = x x è derivabile anche nell'origine, e la sua derivata vale zero, infatti:
f @xD - f @0Dx - 0
=x x - 0
x - 0=
x¹0x ® 0.
Dunque, in definitiva, la funzione f @xD = x x è derivabile una volta in tutto il suo insieme di definizione @0, +¥@, zero
incluso, e la sua derivata è data dalla formula f '@xD =3
2x , valida anche per x = 0.
Essa, tuttavia, non è derivabile due volte nell'origine, perché la funzione f '@xD =3
2x non è derivabile in zero (si avrebbe
f ''@0D = +¥).
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3. Derivate successive; altri significati della derivata187
Settembre 2010
Essa, tuttavia, non è derivabile due volte nell'origine, perché la funzione f '@xD =3
2x non è derivabile in zero (si avrebbe
f ''@0D = +¥).
Terminiamo questo paragrafo introducendo due nuove notazioni. Se X è un intervallo, indicheremo con Cn HX L l'insieme ditutte le funzioni derivabili n volte in X , mentre indicheremo con C¥ HX L quelle derivabili infinite volte. Una funzionef Î Cn HX L verrà detta, brevemente, di classe Cn su X , ed una appartenente a C¥ HX L verrà detta di classe C¥ su X .
5.3.2. Significato fisico della derivata
Abbiamo introdotto il concetto di derivata di una funzione in un punto in connessione con un problema di tipo geometrico,cioé la questione della tangente. La nozione di derivata, tuttavia, può essere legata anche a problemi di tipo fisico, ed anziquesta è la vera origine del calcolo differenziale.
Ad esempio, supponiamo che una particella percorra una data traiettoria nello spazio, ed indichiamo con s@tD lo spaziopercorso al tempo t (naturalmente supponiamo di aver fissato un'origine per il tempo e lo spazio); se t0 è un istante fissato, ilrapporto incrementale
s@tD - s@t0Dt - t0
rappresenta la velocità media della particella nell'intervallo di tempo @t0, tD. Il limite del rapporto incrementale, cioé s '@t0Drappresenta la velocità istantanea della particella per t = t0.
La derivata seconda s ''@t0D è invece l'accelerazione della particella (cioé la rapidità di variazione della velocità) all'istante t0.
Naturalmente il significato fisico delle derivate di una funzione varia al variare del significato fisico della funzione stessa, e,a questo proposito, le situazioni che si possono considerare sono infinite. Come ulteriore esempio, se indichiamo con Q@tD la
quantità di carica (in coulomb) presente all'istante t in una sezione di un conduttore, la sua derivata Q '@tD fornisce la corrente
elettrica all'istante t (in coulomb/sec, cioé in ampere).
Esempio 5.3.2 - 38.
La legge oraria di una particella di massa unitaria lanciata in direzione verticale, sotto l'effetto della sola forza di gravità è
s@tD = -g t2
2+ v0 t + s0, dove s0 e v0 sono la posizione e la velocità all'istante iniziale t = 0, e g è l'accelerazione di gravità
(g = 9.8 m�sec2).
1°) Supponiamo che la particella venga lanciata dal suolo verso l'alto alla velocità v0 = 50 m �sec; vogliamo calcolare lamassima altezza raggiunta.
Nell'istante in cui viene raggiunta l'altezza massima, la velocità si annulla. Poiché la velocità all'istante t è data da
s '@tD = -g t + v0, essa si annulla per t =v0
g=
50
9.8= 5.10204, quindi l'altezza raggiunta è di circa 5.1 metri.
2°) Da che altezza bisogna lasciar cadere una particella affinché essa arrivi al suolo con la velocità di 50 Km/h?
In questo caso v0 = 0, quindi la legge oraria è s@tD = -1
2g t2 + s0, e la velocità è data da s '@tD = -g t. Imponiamo che sia
-g t = -100 Km�h = -1000
36m �sec (il segno meno è dovuto al fatto che, al suolo, la velocità è diretta verso il basso), da cui
t =1000
36 gsec. D'altra parte, dev'essere s B 1000
36 gF = 0, da cui s0 =
1
2g J 1000
36 gN2
=1
2 gJ 1000
36 gN2
= 39.3676. Dunque, l'altezza richiesta
è di circa 39.4 metri.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte5. Derivate
3. Derivate successive; altri significati della derivata188
Settembre 2010
5.3.3. Tangenti e approssimazioni
In questo paragrafo vogliamo chiarire un'ulteriore aspetto del concetto di derivata, di grande importanza nelle applicazioni, e,in particolare, nel calcolo numerico approssimato delle funzioni.
Supponiamo che una certa funzione sia derivabile in x0, per cui:
limx®x0
f @xD - f @x0Dx - x0
= f '@x0D.Possiamo riscrivere tale relazione nella forma:
limx®x0
f @xD - f @x0D - f '@x0D Hx - x0Lx - x0
= 0.
Osserviamo ora che l'espressione t@xD º f '@x0D Hx - x0L + f @x0D che figura al numeratore non è altro che l'equazione della
retta tangente in x0, quindi possiamo scrivere:
limx®x0
f @xD - t@xDx - x0
= 0.
La differenza f @xD - t@xD può essere interpretata come l'errore che si commette approssimando la funzione f con la retta
tangente in x0.
x0 xx
f @x0D
f @xDy
f @xD-t@xD
Nel grafico precedente è mostrato il segmento la cui lunghezza (orientata) è data da f @xD - [email protected] quoziente
f @xD-t@xDx-x0
si presenta nella forma indeterminata 0 �0, cioé sia il numeratore che il denominatore tendono a zero. Il
fatto che il risultato del limite sia zero, significa che il numeratore tende a zero "più velocemente" del denominatore, ossiache l'errore tende a zero "più velocemente" di quanto x non tenda a x0. Possiamo adoperare questo fatto per calcolare ilvalore approssimato di una funzione f @xD nelle vicinanze di un punto x0 in cui se ne conosce il valore esatto, come è
mostrato nel seguente esempio.
Esempio 5.3.3 - 39.
Calcolare un valore approssimato di 82 .
Consideriamo la funzione f @xD = x ; poiché f '@xD =x
2, l'equazione della retta tangente per x0 = 81 è
t@xD =81
2Hx - 81L + 81 =
x-81
18+ 9. Il valore di f @xD, per x vicino a x0 = 81, è, all'incirca, t@xD. Ad esempio:
82 » t@82D =163
18= 9.05556. L'approssimazione ottenuta è abbastanza buona, dato che il vero valore di 82 è 9.05539.
Naturalmente, se ci allontaniamo da x0 = 81, l'approssimazione peggiora.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte5. Derivate
3. Derivate successive; altri significati della derivata189
Settembre 2010
Esercizio 5.3.3 - 40.
L'equazione della retta tangente alla funzione f @xD = x nel punto x0 = 9 è t@xD =3
2Hx - 9L + 3; se si usa l'approssimazione
x »3
2Hx - 9L + 3, quale errore si commette calcolando 6 , 8 , 10 , 12 , 16 ? (rispondere utilizzando
l'animazione seguente).
x 3
x
3
y
f @xD-t@xD = -0.267949
f @xD = 3
t@xD = 2.
6 8 9 10 12 16
La retta tangente (se esiste) è la migliore retta che possiamo considerare ai fini del calcolo approssimato della funzione.Infatti, consideriamo un'altra retta, diversa dalla tangente, sempre passante per Hx0, f @x0D) , come nel seguente grafico.
x0 xx
f @x0D
f @xDy
f @xD-t@xDP
P0 Q
H
r@xD
La differenza tra f @xD e la nuova retta non tangente r@xD, è data dalla lunghezza del segmento PQ. E' evidente che l'errore
ottenuto è maggiore del precedente. Più precisamente, si ha:
f @xD - r@xD = PQ = PH + HQ = f @xD - t@xD + HQ;
ora, è facile verificare che la lunghezza di HQ è proporzionale a x - x0 (i triangoli P0 QH, al variare di x, sono tutti simili traloro). Pertanto si ha HQ = k Hx - x0L, dove k è una costante di proporzionalità opportuna. Dunque:
f @xD - r@xD = f @xD - t@xD + HQ = f @xD - t@xD + k Hx - x0L,e quindi:
limx®x0
f @xD - r@xDx - x0
= limx®x0
f @xD - t@xDx - x0
+ limx®x0
HQ
x - x0
= limx®x0
HQ
x - x0
= limx®x0
k Hx - x0Lx - x0
= k.
Ciò mostra che, se si considera una retta diversa dalla tangente, l'errore che si commette approssimando la funzione f con
tale retta, non tende a zero più velocemente di x - x0, ma tende invece a zero "con la stessa velocità" di x - x0.
Se supponiamo, per semplicità, k > 0 e x > x0, dalla relazione di limite precedente si ricava, in particolare,
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte5. Derivate
3. Derivate successive; altri significati della derivata190
Settembre 2010
Se supponiamo, per semplicità, k > 0 e x > x0, dalla relazione di limite precedente si ricava, in particolare,
Hk - ¶L Hx - x0L < f @xD - r@xDper x vicino a x0, dove ¶ è un numero positivo piccolo a piacere. Ciò significa che, se ad esempio dimezziamo il valore dix - x0, l'errore f @xD - r@xD può, nella migliore delle ipotesi, solo dimezzarsi.
Le osservazioni svolte sono sintetizzate nel seguente teorema.
Teorema 5.3.3 - 41. (Approssimazione lineare)Sia f : X ® R una funzione definita nell'intervallo X , e sia x0 Î X . Le seguenti proposizioni sono equivalenti:a) Esiste un numero reale a tale che:
limx®x0
f @xD- f @x0D-a Hx-x0Lx-x0
= 0;
b) la funzione f è derivabile in x0, e si ha a = f '@x0D.Dimostrazione.
Dimostriamo anzitutto che aL Þ bL; supponiamo dunque che esista a Î R tale che:
limx®x0
f @xD- f @x0D-a Hx-x0Lx-x0
= 0;
per dimostrare che f è derivabile in x0, facciamo il limite del rapporto incrementale; si ha:
limx®x0
f @xD- f @x0Dx-x0
= limx®x0
f @xD- f @x0D-aHx-x0L+aHx-x0Lx-x0
= limx®x0
J f @xD- f @x0D-aHx-x0Lx-x0
+ aN = 0 + a = a;
ciò dimostra che il limite del rapporto incrementale esiste finito (è uguale ad a), quindi f è derivabile in x0, ed anzi
f '@x0D = a.
Viceversa, supponiamo vera la bL, quindi f è derivabile in x0; posto allora a = f '@x0D, si ha immediatamente:
limx®x0
f @xD- f @x0D-a Hx-x0Lx-x0
= limx®x0
f @xD- f @x0D- f '@x0D Hx-x0Lx-x0
= limx®x0
J f @xD- f @x0Dx-x0
- f '@x0DN = f '@x0D - f '@x0D = 0,
e con questo la aL è dimostrata. à
Quanto sopra esposto fa comprendere che, se una funzione non è derivabile in in punto, essa non è approssimabile in quelpunto, in modo ragionevole, con nessuna retta. Ad esempio, se una funzione f @xD ha, in x0, un punto angoloso, essa ha una
tangente a sinistra ed una tangente a destra distinte tra loro. La tangente a destra può servire per approssimare la funzione perx > x0, ma non per x < x0, e analogo discorso per la tangente a sinistra.
Esercizio 5.3.3 - 42. (approssimazioni)
Adoperando il metodo del paragrafo precedente, calcolare un valore approssimato di: 101 e di 263
.
Esercizio 5.3.3 - 43. (approssimazioni)
Giustificare la seguente formula: Hx + 1LΑ > 1 + Α x per x > 0; adoperarla per calcolare approssimativamente i seguenti
numeri: 1.023; 1.05 ; 1.0123; 1
0.984
.
5.3.4. Esercizi
Esercizio 5.3.4 - 44.
Calcolare la derivata delle seguenti funzioni.
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Nuova funzione Soluzione Reset
Esercizio 5.3.4 - 45.
Calcolare la derivata delle seguenti funzioni.
Nuova funzione Soluzione Reset
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5.4. Calcolo dei limiti mediante la regola dell'Hôpital
5.4.1. La regola dell'Hôpital
Tra le applicazioni delle derivate figura il calcolo dei limiti che si presentano in forma indeterminata. Infatti molti limiti chesi presentano nella forma indeterminata 0 �0 e ¥ � ¥ si calcolano facilmente facendo uso del seguente teorema, la cuidimostrazione (che omettiamo) è basata, a sua volta, sul teorema di Lagrange, che verrà dimostrato nel capitolo successivo.
Teorema 5.4.1 - 46. (Regola dell'Hôpital)
Sia X un intervallo di R, sia x0 Î X`, e siano f , g : X \ 8x0< ® R due funzioni derivabili, tali che:
1°) g '@xD ¹ 0 in X \ 8x0<;2°) limx®x0 f @xD = limx®x0 g@xD = 0 oppure limx®x0 f @xD = limx®x0 g@xD = ± ¥;
3°) limx®x0
f '@xDg'@xD = { .
Allora si ha pure:
limx®x0
f @xDg@xD = { .
Dimostrazione.
Omessa. à
Esempio 5.4.1 - 47.
Calcolare il limite: limx®+¥ax
x, dove a > 1.
Il limite dato di presenta nella forma indeterminata ¥ � ¥; applicando la regola dell'Hôpital, si ha:
limx®+¥
ax
x= lim
x®+¥
D@axDD@xD = lim
x®+¥
ax Log@aD1
= Log@aD limx®+¥
ax = +¥
(ricordando che, essendo a > 1, si ha log@aD > 0).
Esempio 5.4.1 - 48.
Calcolare il limite: limx®0x-Sin@xD
x3 .
Il limite dato di presenta nella forma indeterminata 0
0; applicando la regola dell'Ho
`pital, si ha:
limx®0
x - Sin@xDx3
= limx®0
D@x - Sin@xDDDAx3E = lim
x®+¥
1 - Cos@xD3 x2
=1
3lim
x®+¥
1 - Cos@xDx2
=1
6
(ricordando che limx®+¥1-Cos@xD
x2 =1
2).
Applicando la regola dell'Hôpital può capitare che anche il limite del rapporto delle derivate sia nella forma 0
0 o ¥
¥. In tal
caso, è possibile applicare la regola più volte.
Esempio 5.4.1 - 49.
Calcolare il limite: limx®0x2+2 x-2 ãx+2
x3 .
Il limite dato di presenta nella forma indeterminata 0
0; applicando la regola dell'Hôpital, si ha:
limx®0
2 + 2 x + x2 - 2 ãx
x3= lim
x®0
2 + 2 x - 2 ãx
3 x2,
e questo limite è ancora nella forma 0
0. Applicando una seconda volta la regola, si ha:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte5. Derivate
4. Calcolo dei limiti mediante la regola dell'Hô pital193
Settembre 2010
e questo limite è ancora nella forma 0
0. Applicando una seconda volta la regola, si ha:
limx®0
2 + 2 x - 2 ãx
3 x2= lim
x®0
2 - 2 ãx
6 x=
1
3limx®0
1 - ãx
x= -
1
3
(ricordando che limx®0ãx-1
x= 1).
Non sempre è possibile adoperare la regola dell'Hôpital: può capitare, ad esempio, che non sia verificata l'ipotesi 3°) del
teorema, può capitare cioé che non esita il limite limx®x0
f ¢@xDg¢@xD . Questo non significa che non esista il limite dato, ma esso
dev'essere calcolato con altri procedimenti.
Esempio 5.4.1 - 50.
Calcolare il limite: limx®+¥x-Sin@xD
x.
Il limite dato di presenta nella forma indeterminata ¥ � ¥ (infatti il numeratore è la somma di una funzione che tende a +¥, edi una limitata); applicando la regola dell'Hôpital, si ha:
limx®+¥
x - Sin@xDx
= limx®+¥
1 - Cos@xD1
= limx®+¥
H1 - Cos@xDL,e quest'ultimo limite non esiste. D'altra parte, è invece immediato che:
limx®+¥
x - Sin@xDx
= limx®+¥
1 -Sin@xD
x= 1
(ricordando che limx®+¥Sin@xD
x= limx®+¥
1
xSin@xD = 0, in quanto prodotto di una funzione infinitesima per una limitata).
Un'osservazione di fondamentale importanza dal punto di vista pratico, è che, prima di applicare la regola dell'Hôpital, èopportuno semplificare il più possibile il limite, adoperando, ad esempio, i limiti notevoli. In caso contrario si va spessoincontro a calcoli di derivate molto complicati, che talvolta è difficile portare a termine.
Esempio 5.4.1 - 51.
Calcolare il limite: limx®0x HCos@3 xD-Cos@2 xDL
Sin@xD3 .
Certo questo limite si presenta nella forma indeterminata 0
0; invece di applicare subito la regola dell'Hôpital, che
comporterebbe calcoli piuttosto complicati, osserviamo che:
x HCos@3 xD - Cos@2 xDLSin@xD3
=x
Sin@xDSin@xD2
x2
Cos@3 xD - Cos@2 xDx2
.
Ora, i primi due fattori tendono, evidentemente, ad 1. Il limite del terzo fattore è della forma 0
0. Esso può essere calcolato
aggiungendo e togliendo 1 al numeratore e ricordando i limiti notevoli (come abbiamo già fatto in precedenza) oppure, piùsemplicemente, applicando ora la regola dell'Hôpital due volte:
limx®0
Cos@3 xD - Cos@2 xDx2
=H
limx®0
-3 Sin@3 xD + 2 Sin@2 xD2 x
=H
limx®0
-9 Cos@3 xD + 4 Cos@2 xD2
= -5
2
Esempio 5.4.1 - 52.
Calcolare il limite: limx®0x J x -SinB x FN
H1-Cos@xDL x.
Eliminiamo anzitutto la funzione 1 - Cos@xD al denominatore ricordando il limite notevole limx®01-Cos@xD
x2 =1
2:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte5. Derivate
4. Calcolo dei limiti mediante la regola dell'Hô pital194
Settembre 2010
limx®0
x I x - SinA x EMH1 - Cos@xDL x
= limx®0
x2
1 - Cos@xDx - SinA x E
x x= 2 lim
x®0
x - SinA x Ex x
.
Per calcolare l'ultimo limite, è opportuno fare la sostituzione y = x e poi applicare la regola dell'Hôpital:
2 limx®0
x - SinA x Ex x
= 2 limy®0+
y - Sin@yDy3
=H
2 limy®0+
1 - Cos@yD3 y2
=1
3.
Esempio 5.4.1 - 53.
Dimostrare che:
limx®+¥
ax
xΑ= +¥ (dove a > 1 e Α > 0).
Il limite è della forma ¥ � ¥. Piuttosto che applicare la regola dell'Hôpital, è opportuno osservare che:
limx®+¥
ax
xΑ= lim
x®+¥
ax
Α
x
Α
=y=x�Α
limy®+¥
1
Α
ay
y
Α
= +¥,
in quanto, come già sappiamo, limy®+¥ay
y= +¥.
La regola dell'Hôpital può essere utile per risolvere diversi tipi di forme indeterminate, purché si riconducano ad una delledue forme 0 �0 e ¥ � ¥.
Esempio 5.4.1 - 54.
Calcolare il limite: limx®0 J 1
x2 -1
Sin@xD2 N.Il limite dato di presenta nella forma indeterminata +¥ - ¥; per ridurlo alla forma 0
0, osserviamo che:
1
x2-
1
Sin@xD2=
Sin@xD2 - x2
x2 Sin@xD2.
Anche questa volta, non è opportuno applicare subito la regola dell'Hôpital:
Sin@xD2 - x2
x2 Sin@xD2=
x2
Sin@xD2
Sin@xD2 - x2
x4.
Il primo fattore tende ad 1; per il secondo si ha:
limx®0
Sin@xD2 - x2
x4= lim
x®0
Sin@xD2 - x2
x4=H
limx®0
2 Sin@xD Cos@xD - 2 x
4 x3=H
limx®0
Cos@xD2 - Sin@xD2 - 1
6 x2=
limx®0
HCos@xD - 1L HCos@xD + 1L6 x2
- limx®0
Sin@xD2
6 x2= -
1
6-
1
6= -
1
3.
Esempio 5.4.1 - 55.
Calcolare il limite: limx®0 H1 - Cos@[email protected] limite dato di presenta nella forma indeterminata 00; si ha:
H1 - Cos@xDLSin@xD = ãSin@xD Log@[email protected] limite dell'esponente è nella forma 0 ¥; si ha:
Sin@xD Log@1 - Cos@xDD =Log@1 - Cos@xDD
1
Sin@xD,
quindi:
Carlo Greco :
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4. Calcolo dei limiti mediante la regola dell'Hô pital195
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quindi:
limx®0
Log@1 - Cos@xDD1
Sin@xD=H
limx®0
1
1-Cos@xD Sin@xD-1
Sin@xD2Cos@xD = -lim
x®0
Sin@xD3
H1 - Cos@xDL Cos@xD = limx®0
Sin@xD3
x3
x3
1 - Cos@xD1
Cos@xD = 0.
Il limite dato è quindi uguale a ã0 = 1.
Osservazione. La regola dell'Hôpital non dev'essere mai usata per limiti che non sono nella forma 0
0 o ¥
¥. Ad esempio, si ha:
limx®0
x2
Cos@xD =0
1= 0;
se applicassimo la regola dell'Hôpital, avremmo:
limx®0
x2
Cos@xD =H
limx®0
2 x
-Sin@xD = -2,
e quindi un risultato errato.
Osservazione. Adoperando la regola dell'Hôpital molti limiti notevoli sono immediati; ad esempio i due limiti notevoli:
limx®0Sin@xD
x, e limx®0
ax-1
x si calcolano immediatamente. Ciò, tuttavia, non è una dimostrazione ammissibile in quanto tali
limiti sono serviti proprio al calcolo delle derivate delle funzioni Sin@xD e ax che, a loro volta, servono per applicare la regoladell'Hôpital.
5.4.2. Esercizi
Esercizio 5.4.2 - 56. (limiti vari)
Calcolare i seguenti limiti :
limx®0
1
Sin@xD -1
x; lim
x®0
Sin@xDx3
-1
x2; lim
x®+¥1 +
1
x
1�HΠ-2 ArcTan@xDL;
limx®0
HSin@xD - xL H3x - 1L Ix2 + 1Mx4
; limx®+¥
x CosB 1
xF - CosB 1
x3
F ;
limx®+¥
1- x3
SinB 1
x3
Fx
3SinB 1
xF .
Esercizio 5.4.2 - 57. (limiti vari)
Calcolare i seguenti limiti :
limx®1
H1 + Log@xDL 1
x-1 ; limx®
Π
2
Cos@xD3x - 3Π�2 ; lim
x®0
Log@xD - 1
Log@xD + 1
1
x
;
limx®Π
Log@x - ΠDTanA x
2E ; lim
x®1
1
Log@xD -x
Log@xD .
Esercizio 5.4.2 - 58. (limiti vari)
Calcolare i seguenti limiti :
Carlo Greco :
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4. Calcolo dei limiti mediante la regola dell'Hô pital196
Settembre 2010
limx®0
H1 + Log@xDL 1
x-1 ; limx®0
Cos@xD2 Log@1 + xDSin@xD2
;
limx®1
1
Ix2 - 1M2-
1
Log@xD ; limx®0
ãx Cos@xD - ãx
x3; lim
x®+¥H3x - 2 xL 1
2 x .
6. Applicazioni delle derivate. Studio di grafici
6.1. Alcune applicazioni delle derivate
In questo paragrafo dimostreremo alcuni teoremi che saranno utili, tra l'altro, ad effettuare lo studio del grafico di funzioni.
6.1.1. Punti di minimo o massimo relativo
Una prima applicazione delle derivate consiste nella ricerca degli eventuali punti di minimo o massimo relativo o assoluto diuna funzione. Iniziamo col dare la seguente importante definizione.
Definizione 6.1.1 - 1. (Punto di minimo o massimo relativo)Sia X Ì R, sia f : X ® R, una funzione definita in X , e sia x0 Î X . Il punto x0 si dice di minimo (risp. di massimo) relativo
per f , se esiste un intorno I di x0 tale che, per ogni x Î I Ý X , risulti f @x0D £ f @xD (risp. f @xD £ f @x0D).E' evidente che un punto di minimo (risp. di massimo) assoluto è anche un punto di minimo (risp. di massimo) relativo per f ,
mentre non è vero il viceversa.
a x1 x2 bx
y
Nella figura precedente è rappresentata una funzione definita in un certo intervallo @a, bD; essa è dotata di minimo e dimassimo assoluto, assunti, rispettivamente, nei punti x2 e b. Tali punti sono, a maggior ragione, punti di minimo e massimorelativo. Vi sono inoltre altri due punti di minimo e di massimo relativo, e sono, rispettivamente, a e x1.
Osservazione. Dal punto di vista del grafico, dire che la diseguaglianza f @x0D £ f @xD è verificata in I Ý X , dove I è un
intorno opportuno di x0, significa che il grafico della funzione f si trova, almeno localmente (cioé nelle vicinanze di x0) tutto
al di sopra della retta y = f @x0D. Analogo discorso per il massimo relativo.
Nella maggior parte dei casi le diseguaglianze f @x0D £ f @xD e f @x0D ³ f @xD sono verificate in senso stretto in ogni punto di
I Ý X con la sola eccezione di x0 (in cui si ha invece l'uguaglianza). Ciò significa che il grafico di f si trova localmente
strettamente al di sopra (o al di sotto) della retta y = f @x0D, toccandola solo nel punto x0.
E' quindi opportuno introdurre una definizione apposita per questa situazione.
Carlo Greco :
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4. Calcolo dei limiti mediante la regola dell'Hô pital197
Settembre 2010
Definizione 6.1.1 - 2. (Punto di minimo o massimo relativo proprio)Sia X Ì R, sia f : X ® R, una funzione definita in X , e sia x0 Î X . Il punto x0 si dice di minimo (risp. di massimo) relativo
proprio per f , se esiste un intorno I di x0 tale che, per ogni x Î I Ý X \ 8x0<, risulti f @x0D < f @xD (risp. f @xD < f @x0D).Ovviamente un punto di minimo (risp. di massimo) relativo proprio è anche un punto di minimo (risp. di massimo) relativo.In altri termini, un punto di minimo o di massimo relativo può essere proprio oppure no.
I punti di minimo o massimo relativo del grafico precedente sono tutti propri. Nella seguente figura si vedono due punti diminimo relativo non proprio.
x
y
x
y
La prima funzione presenta nell'origine un tratto pianeggiante, quindi x0 = 0 è di minimo relativo non proprio.
La seconda funzione rappresentata compie infinite oscillazioni che toccano la retta tratteggiata in infiniti punti vicini quantosi vuole a x0 = 0; in nessun intorno, per quanto piccolo, di x0 = 0, la funzione si mantiene strettamente al di sopra della rettatratteggiata.
Il seguente importante teorema mostra che, come del resto è intuitivo, in un punto di minimo o massimo relativo internoall'intervallo X , la retta tangente al grafico (se esiste) dev'essere orizzontale.
Teorema 6.1.1 - 3. (Di Fermat)Sia f : X ® R una funzione definita nell'intervallo X, e sia x0 un punto di minimo o di massimo relativo per f appartenente
all'interno dell'intervallo X . Allora, se f è derivabile in x0, si ha f ¢ @x0D = 0.
Dimostrazione.
Supponiamo, ad esempio, che x0 sia di minimo relativo (non necessariamente proprio). Per definizione di minimo relativo,esiste un opportuno intorno I di x0 tale che, per ogni x Î I Ý X , si ha f @xD ³ f @x0D, quindi, considerando il rapporto
incrementale, e studiando il segno del numeratore e del denominatore, abbiamo la seguente situazione:
f @xD - f @x0Dx - x0
£ 0 per x Î I Ý X e x < x0
³ 0 per x Î I Ý X e x0 < x
Consideriamo ora il limite del rapporto incrementale per x ® x0-, cioé la derivata sinistra di f in x0: fs
'@x0D, ed osserviamo
che, essendo f @xD- f @x0D
x-x0£ 0 a sinistra di x0, si ha fs
'@x0D £ 0 per il teorema sulla conservazione delle disuguaglianze.
In modo del tutto analogo si dimostra che fd' @x0D ³ 0; d'altra parte, essendo la funzione derivabile in x0, si ha pure
fs'@x0D= fd
' @x0D = f '@x0D, e ciò è possibile solo se f '@x0D = 0, come si doveva dimostrare. à
Osservazione.
1°) E' necessario, per la validità del teorema precedente, che f sia effettivamente derivabile in x0; un punto di minimo o di
massimo relativo, tuttavia, può benissimo capitare, ad esempio, in un punto angoloso, come per la funzione f @xD = x¤.2°) E' importante anche l'ipotesi che x0 sia interno ad X ; grazie a ciò è stato possibile, nel teorema precedente, consideraresia la derivata a sinistra che quella a destra. Un punto di minimo o massimo relativo può essere un estremo dell'intervallo X ,e, in tal caso, non è detto che si debba avere necessariamente f ¢@x0D = 0.
Le varie situazioni che possono presentarsi sono illustrate nel grafico che segue.
Carlo Greco :
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1. Alcune applicazioni delle derivate198
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Le varie situazioni che possono presentarsi sono illustrate nel grafico che segue.
a x1 x2 bx
y
x0
né minimo né massimo, f derivabile, f'@x0D¹0
Osservazione. Notiamo esplicitamente che il viceversa del teorema precedente non è valido: in un punto in cui la tangente è
orizzontale non è detto che vi sia necessariamente un minimo od un massimo relativo.
I punti nei quali si annulla la derivata vengono chiamati punti critici.
Definizione 6.1.1 - 4. (Punto critico)Sia X Ì R, sia f : X ® R, una funzione definita in X . Un punto x0 Î X si dice punto critico per f , se f è derivabile in x0, e
la derivata prima è nulla in x0.Esempio 6.1.1 - 5.
Determinare gli eventuali punti critici della funzione f @xD = x4 - x3.
Calcoliamo la derivata di f : f '@xD = 4 x3 - 3 x2 = x2 H4 x - 3L. Essa si annulla per x = 0 e per x =3
4, pertanto essi sono i punti
critici di f . Non siamo per ora in grado di precisare la natura di tali punti. Il grafico della funzione mostra che x =3
4 è un
punto di minimo relativo, che è anche di minimo assoluto, mentre il punto x = 0 non è né di minimo né di massimo relativo,pur essendo in tale punto la tangente orizzontale. La funzione non è invce dotata di massimi relativi (e neanche di massimoassoluto).
3
4
x
y
6.1.2. Ricerca del minimo o del massimo assoluto
Se f : @a, bD ® R è una funzione continua, per il Teorema di Weierstrass essa è dotata di minimo e di masssimo assoluto, ma
tale teorema non fornisce un metodo per trovare tali valori; il teorema di Fermat consente invece di trovare esplicitamente ilminimo ed il massimo assoluto di f @xD, infatti da esso discende immediatamente il seguente ulteriore teorema.
Teorema 6.1.2 - 6. (Ricerca del minimo e del massimo assoluto)
Carlo Greco :
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Teorema 6.1.2 - 6.
(Ricerca del minimo e del massimo assoluto)Sia f : @a, bD ® R una funzione continua definita nell'intervallo chiuso e limitato @a, bD; i suoi punti di minimo e di massimo
assoluto vanno cercati tra: gli estremi dell'intervallo di definizione, i punti in cui f @xD non è derivabile, i punti interni
all'intervallo di definizione in cui f @xD è derivabile e la sua derivata si annulla.
Dimostrazione.
La dimostrazione del teorema è quasi immediata grazie al precedente teorema di Fermat; infatti, sia x0 Î @a, bD, esupponiamo che esso sia un punto di minimo o di massimo assoluto di f @xD; allora, se x0 è interno e f @xD è derivabile in x0,
essendo x0 anche di minimo o massimo relativo, per il teorema di Fermat si ha necessariamante f '@x0D = 0. à
Illustriamo come si applica tale teorema con qualche semplice esempio.
Esempio 6.1.2 - 7.
Determinare il minimo ed il massimo assoluto della funzione f @xD = x2 - x nell'intervallo @0, 2D.Osserviamo anzitutto che f @xD è continua, quindi ammette certamente il minimo ed il massimo assoluto in @0, 2D. Per trovare
tali valori, osserviamo che f '@xD = 2 x - 1 = 0 per x =1
2; dunque i candidati punti di minimo e di massimo assoluto sono
x1 = 0, x2 =1
2 e x3 = 2. Non vi sono altri punti perché f @xD è derivabile in tutto @0, 2D. Essendo:
f @0D = 0, f A 1
2E = -
1
4, e f @2D = 2,
il minimo assoluto è m = -1
4, ed è assunto in x2 =
1
2, mentre il massimo assoluto è M = 2, ed è assunto nel secondo estremo
dell'intervallo, cioé in x3 = 2.
Esempio 6.1.2 - 8.
Determinare il minimo ed il massimo assoluto della funzione f @xD = x¤ nell'intervallo @-1, 2D.Anche in questo caso abbiamo a che fare con una funzione continua, quindi certamente dotata del minimo e del massimo
assoluto in @-1, 2D. La funzione data non è derivabile in x1 = 0, mentre negli altri punti si ha f '@xD =1
2 x
x
x=
x
2 x x;
come si vede, la derivata non si annulla mai (il numeratore si annulla per x = 0, ma tale valore dev'essere scartato perchéannulla il denominatore).
Dunque, in questo caso, i candidati punti di minimo e di massimo assoluto sono solo gli estremi e il punto x1 = 0 in cui lafunzione non è derivabile. Essendo:
f @-1D = 1, f @0D = 0, e f @2D = 2 ,
abbiamo il minimo assoluto in x1 = 0, e tale minimo vale zero, e il massimo assoluto in x2 = 2, e tale massimo assoluto vale
2 .
Esercizio 6.1.2 - 9.
Determinare il minimo ed il massimo assoluto delle seguenti funzioni negli intervalli indicati:
f @xD intervallo @a, bD x - 1¤ @-1, 2D x - 1¤3 @0, 3D
6.1.3. Teoremi di Rolle, Lagrange; crescenza e decrescenza
Supponiamo che una funzione f : @a, bD ® R sia vincolata ad assumere lo stesso valore negli estremi a, b, cioé che soddisfi la
condizione f @aD = f @b D.E' intuitivamente evidente che esisteranno uno o piu punti, interni all'intervallo @a, bD, in cui la retta tangente (ammesso cheesista) è orizzontale, come si vede nel seguente grafico.
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E' intuitivamente evidente che esisteranno uno o piu punti, interni all'intervallo @a, bD, in cui la retta tangente (ammesso cheesista) è orizzontale, come si vede nel seguente grafico.
Reset
a bx
y
Più precisamente, vale il seguente teorema.
Teorema 6.1.3 - 10. (Di Rolle)Sia f : @a, bD ® R una funzione continua nell'intervallo chiuso e limitato @a, bD, derivabile in D a, b@, e tale che f @aD = f @bD;esiste allora un punto x0 Î D a, b@ tale che f '@x0D = 0.
Dimostrazione.
Se la funzione f è costante, l'asserto è ovvio (step 1), supponiamo quindi che f non sia costante. Per il teorema di
Weierstrass, esiste sia il minimo che il massimo assoluto di f in @a, bD; indichiamo con m il minimo e con M il massimo, e
indichiamo con xm il punto in cui è assunto il minimo ( f @xmD = m), e con xM il punto in cui è assunto il massimo
( f @xM D = M ) (step 2). E' chiaro che almeno uno di essi dovrà essere diverso dagli estremi dell'intervallo; in caso contrario,
poiché stiamo supponendo f @aD = f @bD, si avrebbe M = m, e allora la funzione sarebbe costante (step 3). Supponiamo, ad
esempio, che xm sia interno; allora, per il teorema di Fermat, si ha immediatamente f '@xmD = 0, e l'asserto è dimostrato (step
4). à
step 1 2 3 4
a bx
y
Se f è costante la sua derivata si annulla
in tutto l'intervallo @a,bD ...
Consideriamo ora una funzione f : @a, bD ® R non più vincolata ad assumere lo stesso valore agli estremi dell'intervallo
@a, bD; è ovvio che, in generale, non ci saranno più punti a tangente orizzontale; tuttavia, anche in questo caso èintuitivamente evidente che ci saranno punti in cui la retta tangente è parallela alla retta che congiunge gli estremi delgrafico, come si vede nella seguente animazione.
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Consideriamo ora una funzione f : @a, bD ® R non più vincolata ad assumere lo stesso valore agli estremi dell'intervallo
@a, bD; è ovvio che, in generale, non ci saranno più punti a tangente orizzontale; tuttavia, anche in questo caso èintuitivamente evidente che ci saranno punti in cui la retta tangente è parallela alla retta che congiunge gli estremi delgrafico, come si vede nella seguente animazione.
Reset
a bx
y
Ora, il coefficiente angolare della retta congiungente gli estremi del grafico di f , è f @bD- f @aD
b-a, pertanto possiamo dire che
esiste almeno un punto la derivata di f è uguale a f @bD- f @aD
b-a.
Più precisamente, vale il seguente teorema.
Teorema 6.1.3 - 11. (Di Lagrange)Sia f : @a, bD ® R una funzione continua nell'intervallo chiuso e limitato @a, bD, derivabile in D a, b@; esiste allora un punto
x0 Î D a, b@ tale che f @bD - f @aD = f '@x0D Hb - aL.Dimostrazione.
Consideriamo la retta che passa per gli estremi del grafico di f , cioé per i due punti
P1 = Ha, f @aDL, e P2 = Hb, f @bDL;ricordiamo che il fascio di rette che passa per il punto P1 ha equazione y = m Hx - aL + f @aD; per ottenere l'equazione della
secante, basta osservare che il suo coefficiente angolare è f @bD- f @aD
b-a, quindi l'equazione cercata è:
r@xD =f @bD - f @aD
b - aHx - aL + f @aD Hstep 1L.
Consideriamo ora la funzione ausiliaria g@xD = f @xD - r@xD, che esprime la differenza tra f @xD ed r@xD; è chiaro che g è
continua in @a, bD e derivabile in D a, b@, ed inoltre g@aD = g@bD = 0. Infatti:
g@aD = f @aD - r@aD = f @aD -f @bD - f @aD
b - aHa - aL + f @aD = 0;
analogamente:
g@bD = f @bD - r@bD = f @bD -f @bD - f @aD
b - aHb - aL + f @aD = 0 Hstep 2 e 3L.
Dunque, alla funzione ausiliaria g@xD possiamo applicare il teorema di Rolle, ed affermare che esiste un punto x0 ÎD a, b@ tale
che g¢@x0D = 0 (step 4); ma g¢@xD = f ¢@xD -f @bD- f @aD
b-a, quindi f '@x0D =
f @bD- f @aDb-a
, da cui l'asserto. à
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step 1 2 3 4
a bx
f @aD
f @bD
y
retta r@xD =f @bD - f @aD
b - aHx-aL+f @aD ...
P1
P2
Osservazione 1. E' facile convincersi che le ipotesi del teorema di Rolle e quelle del teorema di Lagrange sono tuttenecessarie per poter dimostrare la tesi. In particolare, è necessario che f sia derivabile, almeno nell'interno di @a, bD, con la
sola eventuale possibile eccezione degli estremi.
Osservazione 2. Il teorema di Lagrange è strettamente imparentato con quello di Rolle; in effetti questi due teoremi sonoequivalenti, cioé si deducono facilmente uno dall'altro.
a bx
y
f @aDf @bD
Situazione del Teorema di Lagrange
Esercizio 6.1.3 - 12. (Teorema di Rolle o Lagrange, ipotesi)
Stabilire se le funzioni elencate soddisfano le ipotesi del teorema di Rolle o quelle del teorema di Lagrange (o di nessuno deidue) nell'intervallo indicato.
f @xD intervallo @a, bDx @0, 1D
x2 @-2, 2D x¤ @-1, 2D
ArcSin@xD @-1, 1D1
x2@-2, 2D
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Esercizio 6.1.3 - 13. (Teorema di Rolle, x0)
Ciascuna delle seguenti funzioni soddisfa le ipotesi del teorema di Rolle (controllare). Per ciascuna di esse, determinareesplicitamente il punto (o i punti) x0 previsti dal teorema.
f @xD intervallo @a, bDx H1 - xL @0, 1D
x4 - 2 x3 + 1 @0, 2DArcSin@x - 1D2 @0, 2D
Esercizio 6.1.3 - 14. (Teorema di Lagrange, x0)
Ciascuna delle seguenti funzioni soddisfa le ipotesi del teorema di Lagrange (controllare). Per ciascuna di esse, determinareesplicitamente il punto (o i punti) x0 previsti dal teorema.
f @xD intervallo @a, bDx
3 @0, 1D1 - x3 @-1, 2D
ArcTan@xD @0, 1Dx + Sin@xD @0, 4 ΠD
Utilizzando il teorema di Rolle, è anche possibile dimostrare il seguente teorema.
Teorema 6.1.3 - 15. (Di Cauchy)Siano f : @a, bD ® R e g : @a, bD ® R due funzioni continue nell'intervallo chiuso e limitato @a, bD, e derivabili in D a, b@;esiste allora un punto x0 Î D a, b@ tale che:H f @bD - f @aDL g '@x0D = f '@x0D Hg@bD - [email protected] poi risulta g '@xD ¹ 0 per ogni x Î D a, b@, si ha pure g@aD ¹ g@bD, e l'uguaglianza precedente può essere scritta nella
forma:f @bD- f @aDg@bD-g@aD =
f '@x0Dg'@x0D .
Dimostrazione.
Consideramo la funzione:
j@xD = H f @bD - f @aDL g@xD - f @xD Hg@bD - g@aDL;ovviamente j@xD è continua in @a, bD e derivabile nei punti interni, e si ha:
j@aD = H f @bD - f @aDL g@aD - f @aD Hg@bD - g@aDL = f @bD g@aD - f @aD g@bD,j@bD = H f @bD - f @aDL g@bD - f @bD Hg@bD - g@aDL = - f @aD g@bD - f @bD g@aD,
pertanto
j@aD = [email protected] il teorema di Rolle, esiste x0 ÎD a, b@, tale che j '@x0D = 0, ed essendo:
j '@xD = H f @bD - f @aDL g '@xD - f '@xD Hg@bD - g@aDL,resta dimostrata l'esistenza di un x0 ÎD a, b@, tale che
H f @bD - f @aDL g '@x0D = f '@x0D Hg@bD - [email protected] poi risulta anche g '@xD ¹ 0 in D a, b@, si ha immediatamente che g@aD ¹ g@bD (altrimenti, per il teorema di Rolle, la derivata
di g si annullerebbe in qualche punto di D a, b@, e quindi l'uguaglianza precedentemente dimostrata può anche essere scritta
nella forma:
f @bD- f @aDg@bD-g@aD =
f '@x0Dg'@x0D ,
e il teorema è dimostrato. à
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e il teorema è dimostrato. à
Vediamo ora una importante conseguenza del teorema di Lagrange, ossia il seguente criterio per la determinazione dellacrescenza o decrescenza di una funzione derivabile in un intervallo.
Teorema 6.1.3 - 16. (Criterio di monotonia)Sia f : X ® R una funzione continua nell'intervallo X , derivabile nei punti interni.Allora, se f '@xD ³ 0 (risp. f '@xD £ 0) in ogni punto interno di X , la funzione data è crescente (risp. decrescente) in X .Analogamente, se f '@xD > 0 (risp. f '@xD < 0) in ogni punto interno di X , la funzione data è strettamente crescente (risp.
strettamente decrescente) in X .
Dimostrazione.
Dimostriamo solo la parte relativa alla stretta crescenza (il resto si dimostra in modo analogo). Supponiamo dunque chef '@xD > 0 in ogni punto interno di X ; per la definizione di funzione strettamente crescente, dobbiamo verificare che, per ogni
x1 ed x2 Î X , con x1 < x2, risulta f @x1D < f @x2D.Infatti, fissiamo x1 ed x2 Î X , con x1 < x2; la funzione f , ristretta all'intervallo @x1, x2D verifica le ipotesi del teorema di
Lagrange, dato che, essendo continua in X , lo è anche in @x1, x2D e, essendo derivabile nei punti interni dell'intervallo X , lo èanche nei punti interni di @x1, x2D Ì X . Esiste pertanto un punto x0 ÎD x1, x2@, tale che f @x2D - f @x1D = f '@x0D Hx2 - x1L. Ora,
essendo f '@x0D > 0, si ha anche f @x2D - f @x1D > 0, cioé f @x1D < f @x2D, e il teorema è dimostrato. à
Esempio 6.1.3 - 17.
Studiare la crescenza e la decrescenza della funzione f @xD = x - x.
La funzione data è definita nell'intervallo X = @0, +¥@; è continua in tale intervallo, ed è derivabile nei punti interni, cioé in
D 0, +¥@ (non in zero, dove ha tangente verticale). Si ha, per x > 0: f '@xD =1
2 x- 1, pertanto f '@xD > 0 per 0 < x <
1
4,
mentre f '@xD < 0 per x >1
4.
Pertanto f è strettamente crescente nell'intervallo A0, 1
4E, mentre è strettamente decrescente nell'intervallo A 1
4, +¥@.
Osservazione. Osserviamo che una funzione continua, strettamente crescente nei due intervalli contigui @a, x0D e @x0, bD, èstrettamente crescente in tutto l'intervallo @a, bD (a che serve l'ipotesi di continuità?).
Ad esempio, consideriamo la funzione f @xD = x3; la sua derivata prima è f '@xD = 3 x2; essa è strettamente positiva
sull'intervallo aperto D - ¥, 0@, pertanto, per il teorema precedente, f è strettamente crescente nell'intervallo D - ¥, 0D;analogamente si verifica la stretta crecenza in @0, +¥@. E' allora ovvio che la funzione data è strettamente crescente in tuttoR.Per dimostrare la stretta crescenza di x3 in tutto R non avremmo potuto applicare direttamente il teorema precedente, datoche la derivata prima non è strettamente positiva, ma si annulla invece in zero.Analoghe considerazioni si possono fare nel caso in cui la derivata si annulla in un numero finito di punti.
Lo studio della crescenza e decrescenza fornisce anche il modo per determinare gli eventuali minimi e massimi relativi. E'infatti evidente che se f è decrescente a sinistra e crescente a destra di x0, in x0 vi è un minimo relativo, e analogamente per
il massimo. Notiamo esplicitamente che non è necessario che f sia derivabile in x0 per poter applicare queste osservazioni.
Esempio 6.1.3 - 18.
Studiare la monotonia e determinare gli eventuali punti di minimo e di massimo relativo della funzione f @xD =x4+1
x.
La funzione data è definita in R \ 80<, ed è di classe C¥. Si ha f '@xD =3 x4-1
x2 , quindi f '@xD > 0 per x4 >1
3, e dunque per
x < -1
34
, e x >1
34
.
Pertanto f è strettamente crescente in D - ¥, -1
34
D, e strettamente decrescente in @-1
34
, 0@, quindi presenta un punto di
massimo relativo proprio per x = -1
34
.
Carlo Greco :
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1. Alcune applicazioni delle derivate205
Settembre 2010
Pertanto f è strettamente crescente in D - ¥, -1
34
D, e strettamente decrescente in @-1
34
, 0@, quindi presenta un punto di
massimo relativo proprio per x = -1
34
.
Analogamente, f è strettamente decrescente in D 0, 1
34
D, e strettamente crescente in @ 1
34
, +¥@, quindi ha un punto di
minimo relativo proprio per x =1
34
.
Esempio 6.1.3 - 19.
Studiare la monotonia e determinare gli eventuali punti di minimo e di massimo relativo della funzione
f @xD = 4 - x x Hx - 2L3.
La funzione data è definita nell'intervallo chiuso e limitato @0, 4D. E' certamente derivabile (anzi, di classe C¥) nell'internodell'intervallo.
Si ha: f '@xD = -4 Hx-2L2 Ix2-4 x+1M
H4-xL x, quindi f '@xD > 0 per x2 + 4 x - 1 < 0 e x ¹ 2, cioé per 2 - 3 < x < 2 e 2 < x < 2 + 3 .
Dunque la funzione data è strettamente decrescente nell'intervallo B0, 2 - 3 F, strettamente crescente nell'intervallo
B2 - 3 , 2 + 3 F, e ancora strettamente decrescente nell'intervallo B2 + 3 , 4F.Di conseguenza, i punti x = 2 - 3 , ed x = 2 + 3 sono, rispettivamente, di minimo e di massimo relativo proprio. Anchegli estremi 0 e 4 dell'intervallo di definizione sono, rispettivamente, punti di massimo e di minimo relativo proprio. Notiamoanche che questa funzione ha derivata nulla per x = 2, ma tale punto non è di minimo o massimo relativo.
Grafico:
2 2 + 3x
y
2- 3
Esempio 6.1.3 - 20.
Studiare la monotonia e determinare gli eventuali punti di minimo e di massimo relativo della funzione f @xD = 4 x - 1 -x2.
La funzione data è definita in tutto R, ed è certamente derivabile in R \ 81<. Per x ¹ 1, si ha: f '@xD = 4 x-1
x-1- 2 x.
Per studiare il segno della derivata, distinguiamo i due casi x < 1 e x > 1, cioé studiamo la crescenza e la decrescenza dellafunzione f separatamente nei due intervalli D - ¥, 1@ e D 1, +¥@.Caso x < 1. In questo caso, si ha f '@xD = -4 - 2 x, quindi f '@xD > 0 per x < -2, mentre f '@xD < 0 per -2 < x (e x < 1, dato
che siamo in questo caso).
Caso 1 < x. In questo caso si ha f '@xD = 4 - 2 x, quindi f '@xD > 0 per 1 < x < 2, mentre f '@xD < 0 per 2 < x.
In definitiva f è strettamente crescente per x < -2, strettamente decrescente in @-2, 1D, strettamente crescente in @1, 2D, einfine strettamente decrescente per x > 2.
Dunque i punti x = -2 e x = 2 sono di massimo relativo proprio, mentre il punto x = 1 è di minimo relativo proprio. Notiamoche, in questo caso, la funzione data non è derivabile per x = 1 (ha un punto angoloso), quindi non risulta f '@1D = 0, e tuttavia
tale punto è di minimo relativo proprio.Grafico:
Carlo Greco :
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Dunque i punti x = -2 e x = 2 sono di massimo relativo proprio, mentre il punto x = 1 è di minimo relativo proprio. Notiamoche, in questo caso, la funzione data non è derivabile per x = 1 (ha un punto angoloso), quindi non risulta f '@1D = 0, e tuttavia
tale punto è di minimo relativo proprio.Grafico:
-2 1 2x
y
Lo studio della crescenza e decrescenza di una funzione f @xD è spesso il modo più semplice di determinarne minimi e
massimi, relativi e assoluti. Per applicare questo metodo è sufficiente calcolare la sola derivata prima della funzione data, estudiarne il segno.
Il teorema seguente consente di determinare i punti di minimo o massimo relativo di una funzione utilizzando la derivataseconda, senza bisogno di risolvere nessuna disequazione.
Teorema 6.1.3 - 21. (Test per i punti di minimo o massimo relativo)Sia X un intervallo di R, sia x0 un punto interno ad X , e sia f : X ® R una funzione di classe CH2L HX L; allora:1°) se f '@x0D = 0 e f ''@x0D > 0, x0 è un punto di minimo relativo proprio;2°) se f '@x0D = 0 e f ''@x0D < 0, x0 è un punto di massimo relativo proprio.
Dimostrazione.
Supponiamo ad esempio, per fissare le idee, che sia f '@x0D = 0 e f ''@x0D > 0; dobbiamo dimostrare che x0 è di minimo
relativo proprio. Infatti, essendo f ''@x0D > 0, per il teorema sulla permanenza del segno per le funzioni continue, esiste un
opportuno intorno I di x0, tale che f ''@xD > 0 in I Ý X ; ma allora la funzione f '@xD è strettamente crescente in I Ý X , ed
essendo f '@x0D = 0, si avrà f '@xD < 0 a sinistra e f '@xD > 0 a destra di x0; pertanto la funzione f @xD sarà strettamente
decrescente a sinistra e strettamente crescente a destra di x0, quindi x0 è di minimo relativo proprio. In modo analogo sidimostra la seconda parte. à
Illustriamo come applicare il teorema precedente con un esempio.
Esempio 6.1.3 - 22.
Consideriamo la funzione f @xD = Sin@xD3 + x2 ; la sua derivata è: f '@xD = 3 Sin@xD2 Cos@xD + 2 x; è evidente che tale derivata
si annulla in x0 = 0; per sapere se tale punto è di minimo o massimo relativo, calcoliamo la derivata seconda:
f ''@xD = -3 Sin@xD3 + 6 Cos@xD2 Sin@xD + 2,
e calcoliamola in x0 = 0:
f ''@0D = -3 Sin@0D3 + 6 Cos@0D2 Sin@0D + 2 = 2,
quindi il punto x0 = 0 è di minimo relativo proprio.
Osserviamo che in questo caso sarebbe stato difficile studiare la disequazione trascendente f '@xD > 0.
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6.2. Primi studi del grafico di una funzione
In questa sezione mostreremo come effettuare lo studio del grafico di una funzione, utilizzando gli strumenti che abbiamoora a disposizione. Le proprietà della funzione che cercheremo per ora di mettere in evidenza, quando possibile, sono iseguenti.
1°) Insieme di definizione, continuità, eventuali simmetrie o periodicità;
2°) segno, limiti agli estremi, asintoti verticali, orizzontali o obliqui;
3°) calcolo della derivata;
4°) segno della derivata, crescenza e decrescenza, minimi o massimi relativi e/o assoluti.
Naturalmente può essere opportuno talvolta seguire un'ordine diverso, o tralasciare alcuni punti che possono essere nonrisolubili elementarmente o dipendere da calcoli troppo complicati. E' inoltre importante iniziare a disegnare al più prestopossibile il grafico, controllando ogni volta la coerenza di ogni nuovo risultato ottenuto con quelli già noti, al fine dicorreggere immediatamente eventuali errori.
Nelle sezioni successive impareremo ad utilizzare anche la derivata seconda e a studiare eventuali punti angolosi o cuspidali.
6.2.1. Polinomi e funzioni razionali
Iniziamo a considerare polinomi e semplici funzioni razionali.
Esempio 6.2.1 - 23. ( f @xD = x2Hx - 2L)Studiare la funzione f @xD = x2Hx - 2L.La funzione data è un polinomio, definito ovviamente in tutto R, e ovviamente di classe C¥ in tutto R. Non è né pari nédispari, infatti:
f @-xD = H-xL2 H-x - 2L = x2 H-x - 2L,quindi f @-xD è diversa da f @xD e da - f @xD. Ovviamente f @xD non può neanche essere periodica. Il segno si studia applicando
la regola dei segni.
x2 > 00
x - 2 > 02
x2Hx - 2L > 02
Dunque f è strettamente positiva per x > 2, mentre è strettamente negativa per x < 2 e x ¹ 0, e si annulla solo per x = 0 e per
x = 2.
Si ha poi:
limx®±¥
f @xD = ± ¥,
quindi non vi sono asintoti orizzontali. Essendo poi
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte6. Applicazioni delle derivate. Studio di grafici
2. Primi studi del grafico di una funzione208
Settembre 2010
limx®±¥
f @xDx
= +¥,
non vi possono essere, ovviamente, asintoti obliqui (in effetti nessun polinomio ha asintoti, tranne il caso banale dei polinomidi primo grado). La derivata di f @xD è f '@xD = 2 xHx - 2L + x2 = 3 x2 - 4 x; si verifica immediatamente che f '@xD > 0 per
valori esterni all'intervallo D 0, 4
3@, pertanto f è crescente in ciascuno dei due intervalli D - ¥, 0D e A 4
3, +¥A, mentre è
decrescente nell'intervallo A0, 4
3E.
Il grafico della funzione è il seguente.
4
32
x
y
In corrispondenza dei punti x = 1 ed x = 3 si ha, rispettivamente, un punto di massimo ed uno di minimo relativo proprio.
Esempio 6.2.1 - 24. ( f @xD = Ix2 - 3M � Hx - 2L)
Studiare la funzione f @xD =x2-3
x-2.
La funzione data è una razionale fratta, definita per x ¹ 2, di classe C¥ in tutto il suo insieme di definizione. Non è né pari nédispari, infatti:
f @-xD =H-xL2 - 3
-x - 2=
x2 - 3
-x - 2,
quindi f @-xD è diversa da f @xD e da - f @xD. Ovviamente f @xD non può neanche essere periodica. Il segno si studia studiando
il segno del numeratore e del denominatore e applicando la regola dei segni.
x2-3 ³ 0- 3 3
x-2 > 02
x2-3
x-2³ 0
2- 3 3
Dunque f è negativa in D - ¥, - 3 @ e in F 3 , 2@, ed è positiva in F - 3 , 3 @ e in D 2, +¥@, e si annulla per x = ± 3 .
Si ha poi:
limx®±¥
f @xD = ± ¥, limx®2±
f @xD = ± ¥,
quindi non vi sono asintoti orizzontali, mentre, per x = 2, vi è un asintoto verticale. La funzione può essere dotata di asintotiobliqui. Si ha:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte6. Applicazioni delle derivate. Studio di grafici
2. Primi studi del grafico di una funzione209
Settembre 2010
limx®±¥
f @xDx
= 1, limx®±¥
H f @xD - xL = limx®±¥
-3 + 2 x
-2 + x= 2,
quindi la retta y = x + 2, è un asintoto obliquo per f . Abbiamo già detto che f è di classe C¥; la sua derivata è
f '@xD =x2-4 x+3
Hx-2L2 ; si verifica immediatamente che f '@xD > 0 per valori esterni all'intervallo D 1, 3@, pertanto f è crescente negli
intervalli indicati.
x2-4 x+3 > 01 3
Hx-2L2 > 02
x2-3
x-2> 0
2- 3 3
Il grafico della funzione è il seguente.
1 2 3- 3 3
x
y
In corrispondenza dei punti x = 1 ed x = 3 si ha, rispettivamente, un punto di massimo ed uno di minimo relativo proprio.
6.2.2. Funzioni logaritmiche ed esponenziali
Esempio 6.2.2 - 25. ( f @xD = x Log@xD)
Studiare la funzione f @xD = x [email protected] funzione data è definita per x > 0, è di classe C¥ nel suo insieme di definizione e, ovviamente, non può essere né pari, nédispari, né periodica. Si ha immediatamente:
f @xD < 0 in D 0, 1@, f @xD > 0 in D 1, +¥@.Il grafico interseca l'asse x per x = 1. Calcoliamo ora i limiti agli estremi. Il limite per x ® 0 si presenta nella formaindeterminata 0 H-¥L, tuttavia, essendo un limite notevole (infatti è del tipo: limx®0 xΑ Loga@xD), sappiamo che esso vale zero;
il limite per x ® +¥ è, ovviamente, +¥:
limx®0
f @xD = 0, limx®+¥
f @xD = +¥.
Non vi sono dunque né asintoti verticali, né orizzontali.
Vediamo se vi sono asintoti obliqui: essendo limx®+¥
f @xDx
= limx®+¥ Log@xD = +¥, non vi sono neanche asintoti obliqui.
Calcoliamo ora la derivata prima; si ha:
Carlo Greco :
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2. Primi studi del grafico di una funzione210
Settembre 2010
Vediamo se vi sono asintoti obliqui: essendo limx®+¥
f @xDx
= limx®+¥ Log@xD = +¥, non vi sono neanche asintoti obliqui.
Calcoliamo ora la derivata prima; si ha:
f '@xD = Log@xD + x1
x= Log@xD + 1,
pertanto f '@xD < 0 in D 0, 1
ã@, mentre f '@xD > 0 in F 1
ã, +¥@. Nel punto x0 =
1
ã vi è un punto di minimo relativo proprio ed
anche assoluto, e si ha f B 1
ãF = -
1
ã > -0.37. Il grafico della funzione è il seguente:
11
ã
x
y
Esempio 6.2.2 - 26. ( f @xD = ã1�x)
Studiare la funzione f @xD = ã1�x.La funzione data è definita per x Î R \ 80<, è di classe C¥ nel suo insieme di definizione e non è né pari, né dispari, infatti:
f @-xD = ã1
-x =1
ã1�x =1
f @xD ,
quindi f @-xD è diversa sia da f @xD che da - f @xD. Ovviamente f @xD non è periodica. Si ha immediatamente:
f @xD > 0 in tutto R \ 80<,quindi f è sempre strettamente positiva, non si annulla mai. Calcoliamo ora i limiti agli estremi. Si ha:
limx®±¥
f @xD = ã0 = 1,
quindi la retta y = 1 è un asintoto orizzontale. Per il calcolo del limite per x ® 0, bisogna distinguere il limite a destra da
quello a sinistra:
limx®0-
f @xD = ã-¥ = 0, mentre limx®0+
f @xD = ã+¥ = +¥.
Dunque la funzione tende a zero da sinistra, mentre tende a +¥ da destra. L'asse y è comunque un asintoto verticale.
Dato che non vi possono essere asintoti obliqui, calcoliamo la derivata prima; si ha:
f '@xD = ã1
x -1
x2= -
1
x2ã
1
x ,
pertanto f '@xD > 0 in R \ 80<, quindi la funzione è strettamente crescente in ciascuno dei due intervalli D - ¥, 0@ e D 0, +¥@.
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2. Primi studi del grafico di una funzione211
Settembre 2010
x
y
Esempio 6.2.2 - 27. ( f @xD = Hx - 1L2 ã-x)
Studiare la funzione f @xD = Hx - 1L2 ã-x.
La funzione data è definita per x Î R, è di classe C¥ nel suo insieme di definizione e non è né pari, né dispari, infatti:
f @-xD = H-x - 1L2 ãx = Hx + 1L2 ãx,
quindi f @-xD è diversa sia da f @xD che da - f @xD. Ovviamente f @xD non è periodica. Si ha immediatamente:
f @xD > 0 per x ¹ 1,
ed f si annulla per x = 1. Osserviamo anche che f attraversa l'asse y per y = f @0D = 1. Calcoliamo ora i limiti agli estremi. Si
ha:
limx®+¥
f @xD = limx®+¥
Hx - 1L2
ãx= 0, lim
x®-¥f @xD = lim
x®-¥Hx - 1L2 ã-x = +¥,
quindi la retta y = 0 (cioé l'asse x) è un asintoto orizzontale per x ® +¥. Vediamo se ci sono asintoti obliqui per x ® -¥:
si ha:
limx®-¥
f @xDx
= limx®-¥
Hx - 1L2
xã-x = +¥,
pertanto non vi sono asintoti obliqui per x ® -¥; calcoliamo ora la derivata prima; si ha:
f '@xD = 2 Hx - 1L ã-x + Hx - 1L2 ã-x H-1L = ã-x I-3 + 4 x - x2M = -ã-x Ix2 - 4 x + 3M,pertanto f '@xD > 0 in D 1, 3@, e in tale intervallo la funzione è strettamente crescente, mentre negli altri due intervalli D - ¥, 1@e D 3, +¥@ essa è strettamente decrescente. Il punto x0 = 1 è di minimo, mentre il punto x0 = 3 è di massimo.
Carlo Greco :
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2. Primi studi del grafico di una funzione212
Settembre 2010
1 3x
1
y
6.2.3. Funzioni irrazionali
Esempio 6.2.3 - 28. ( f @xD = x J x - 2N2)
Studiare la funzione f @xD = x I x - 2M2.
Si tratta di una funzione irrazionale, definita per x ³ 0, cioé in A0, +¥A, che evidentemente non può essere pari, dispari o
periodica.
E' ovvio che f @xD ³ 0, e si annulla solo per x = 0 e per x = 4.
Calcoliamo ora il limite per x ® +¥; si ha immediatamente:
limx®+¥
f @xD = limx®+¥
x I x - 2M2= +¥,
Non vi sono dunque asintoti orizzontali. Vediamo se vi sono asintoti obliqui:
limx®+¥
f @xDx
= limx®+¥
x I x - 2M2
x= lim
x®+¥
I x - 2M2
x= lim
x®+¥
x - 4 x + 4
x= +¥,
quindi non vi sono neanche asintoti obliqui. Calcoliamo ora la derivata:
f '@xD = DB x I x - 2M2F =1
2 xI x - 2M2
+ x 2 I x - 2M 1
2 x=
3 x - 8 x + 4
2 x.
Studiamo il segno della derivata prima; è sufficiente studiare il segno del numeratore; si ha:
f '@xD > 0 � 3 x - 8 x + 4 > 0x =t
3 t2 - 8 t + 4 > 0 � t <2
3oppure t > 2 � 0 < x <
4
9, oppure x > 4.
Dunque la funzione data è strettamente crescente nell'intervallo A0, 4
9E, e nell'intervallo @4, +¥@, mentre è strettamente
crescente in A 4
9, 4E; i punti x = 0 e x = 4 sono di minimo relativo proprio, mentre x =
4
9 è di massimo relativo proprio.
Osserviamo infine che f @0D = 0, f @4D = 0.
Grafico:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte6. Applicazioni delle derivate. Studio di grafici
2. Primi studi del grafico di una funzione213
Settembre 2010
4
94
x
y
Esempio 6.2.3 - 29. ( f @xD = 4 x - 1 - x
Studiare la funzione f @xD = 4 x - 1 - x.
Si tratta di una funzione irrazionale, definita per 4 x - 1 ³ 0, cioé in A 1
4, +¥A, che evidentemente non può essere pari, dispari
o periodica. Per studiarne il segno risolviamo la disequazione f @xD > 0; essa equivale a due sistemi:
f @xD > 0 � 4 x - 1 > x � : 4 x - 1 ³ 0
x £ 0oppure : x > 0
4 x - 1 > x2
Risolvendo i due sistemi e facendo l'unione delle soluzioni, si ha che
f @xD > 0 per 2 - 3 < x < 2 + 3
inoltre f @xD si annulla nei due punti 2 ± 3 .
Calcoliamo ora il limite per x ® +¥; mettendo x in evidenza si ha:
limx®+¥
f @xD = limx®+¥
x4 x - 1
x- 1 =
limx®+¥
x4 x - 1
x2- 1 = H+¥L H-1L = -¥.
Non vi sono dunque asintoti orizzontali. Vediamo se vi sono asintoti obliqui:
limx®+¥
f @xDx
= limx®+¥
4 x - 1
x- 1 = lim
x®+¥
4 x - 1
x2- 1 = -1,
limx®+¥
H f @xD - a xL = limx®+¥
H f @xD + xL = limx®+¥
4 x - 1 = +¥,
quindi non vi sono neanche asintoti obliqui. Calcoliamo ora la derivata:
f '@xD = DB 4 x - 1 - xF =1
2 4 x - 14 - 1 =
2
4 x - 1- 1.
Studiamo il segno della derivata prima:
f '@xD > 0 �2
4 x - 1- 1 > 0 �
2
4 x - 1> 1 � 4 x - 1 < 2 � : 4 x - 1 ³ 0
4 x - 1 < 4�
1
4£ x <
5
4.
Dunque la funzione data è strettamente crescente nell'intervallo A 1
4, 5
4E, e strettamente decrescente in A 5
4, +¥@, e il punto
x =5
4 è di massimo relativo proprio ed assoluto.
Osserviamo infine che f A 1
4E = -
1
4, f A 5
4E =
3
4.
Grafico:
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte6. Applicazioni delle derivate. Studio di grafici
2. Primi studi del grafico di una funzione214
Settembre 2010
Dunque la funzione data è strettamente crescente nell'intervallo A 1
4, 5
4E, e strettamente decrescente in A 5
4, +¥@, e il punto
x =5
4 è di massimo relativo proprio ed assoluto.
Osserviamo infine che f A 1
4E = -
1
4, f A 5
4E =
3
4.
Grafico:
5
4 2 + 3
x
y
6.2.4. Funzioni trigonometriche
Esempio 6.2.4 - 30. ( f @xD = Sin@xD H1 - Cos@xDL)Studiare la funzione f @xD = Sin@xD H1 - [email protected] tratta di una funzione trigonometrica definita in tutto R; essendo prodotto di due funzioni periodiche di periodo 2 Π, essasarà senz'altro 2 Π -periodica. Osserviamo anche che essa è dispari, essendo il prodotto di una funzione dispari per una pari.
Sarà dunque sufficiente studiarla in @0, ΠD.In tale intervallo Sin@xD ³ 0, e anche 1 - Cos@xD ³ 0, quindi f @xD è sempre positiva, e si annulla anzi solo per x = 0, x = Π.
Non ci sono limiti agli estremi o asintoti da studiare.
Calcoliamo la derivata:
f '@xD = Cos@xD H1 - Cos@xDL + Sin@xD Sin@xD = Cos@xD - Cos@xD2 + Sin@xD2 = -2 Cos@xD2 + Cos@xD + 1.
Si ha immediatamente:
f '@xD > 0 � 2 Cos@xD2 - Cos@xD - 1 < 0Cos@xD=t
2 t2 - t - 1 < 0 � -1
2< t < 1 � -
1
2< Cos@xD < 1.
Risolviamo le ultime due disequazioni trigonometriche elementari limitandoci all'intervallo @0, ΠD; la disequazione Cos@xD < 1è soddisfatta sempre, tranne che per x = 0 (in tale punto la derivata si annulla).
La disequazione - 1
2< Cos@xD è soddisfatta per 0 £ x <
2 Π
3, pertanto, in definitiva, si ha:
f '@xD > 0 per 0 < x <2 Π
3, mentre f '@xD < 0 per 2 Π
3< x < Π.
Dunque per x =2 Π
3 si ha un punto di massimo relativo proprio.
Osserviamo anche che f A 2 Π
3E =
3 3
4. Il grafico di f , tracciato per maggiore chiarezza in un intervallo un pò più ampio di
@-Π, ΠD, è il seguente.
Carlo Greco :
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2. Primi studi del grafico di una funzione215
Settembre 2010
-Π -2 Π
3
2 Π
3Π
x
y
Esempio 6.2.4 - 31. ( f @xD = Sin@2 xD + 2 Cos@xD)
Studiare la funzione f @xD = Sin@2 xD + 2 [email protected] tratta di una funzione trigonometrica definita in tutto R; è somma due funzioni periodiche; la prima, cioé Sin@2 xD èperiodica di periodo Π, mentre l'altra è periodica di periodo 2 Π; pertanto f @xD è periodica di periodo 2 Π (minimo comune
multiplo dei due periodi)
Vediamo le simmetrie:
f @-xD = Sin@-2 xD + 2 Cos@-xD = -Sin@2 xD + 2 Cos@xD,quindi f non è né pari né dispari.
D'ora in avanti la studieremo solo in @0, 2 ΠD.Per studiarne il segno e gli zeri, osserviamo che:
f @xD = Sin@2 xD + 2 Cos@xD = 2 Sin@xD Cos@xD + 2 Cos@xD = 2 HSin@xD + 1L Cos@xD;ora, il primo fattore Sin@xD + 1 è sempre strettamente positivo salvo che per x =
3 Π
2, che quindi è anche uno zero di f , mentre
Cos@xD < 0 in E Π
2, 3 Π
2A, ed è positivo negli altri due intervalli:
Sin@xD+1 > 00
3 Π
2 2 Π
Cos@xD > 00
Π
2
3 Π
2 2 Π
f@xD > 00
Π
2
3 Π
2 2 Π
I punti x =Π
2 e x =
3 Π
2 sono due zeri della funzione.
Non ci sono limiti agli estremi o asintoti da studiare.
Calcoliamo la derivata:
f '@xD = D@Sin@2 xD + 2 Cos@xDD = 2 Cos@2 xD - 2 Sin@xD = 2 ICos@xD2 - Sin@xD2M - 2 Sin@xD = -4 Sin@xD2 - 2 Sin@xD + 2.
Si ha immediatamente:
f '@xD > 0 � 4 Sin@xD2 + 2 Sin@xD - 2 < 0Sin@xD=t
2 t2 + t - 1 < 0 � -1 < t <1
2� -1 < Sin@xD <
1
2.
Risolviamo le ultime due disequazioni trigonometriche elementari limitandoci all'intervallo @0, 2 ΠD; la disequazione
-1 < Sin@xD è soddisfatta sempre, tranne che per x =3 Π
2 (in tale punto la derivata si annulla).
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte6. Applicazioni delle derivate. Studio di grafici
2. Primi studi del grafico di una funzione216
Settembre 2010
Risolviamo le ultime due disequazioni trigonometriche elementari limitandoci all'intervallo @0, 2 ΠD; la disequazione
-1 < Sin@xD è soddisfatta sempre, tranne che per x =3 Π
2 (in tale punto la derivata si annulla).
La disequazione Sin@xD <1
2 è soddisfatta per 0 £ x <
Π
6 e per 5 Π
6< x £ Π, pertanto, in definitiva, si ha:
-1 < Sin@xD 03 Π
2 2 Π
Sin@xD <1
20
Π
6
5 Π
6 2 Π
f '@xD > 00
Π
6
5 Π
6
3 Π
2 2 Π
Dunque per x =Π
6 si ha un punto di massimo relativo proprio, e in x =
5 Π
6 un minimo relativo proprio. Anche se la derivata si
annulla nel punto x =3 Π
2, la funzione è comunque strettamente decrescente in A 5 Π
6, 2 ΠE.
Il grafico di f , tracciato per maggiore chiarezza in un intervallo un pò più ampio di @0, 2 ΠD, è il seguente.
Π
6
Π
2
5 Π
6
3 Π
22 Π
x
2
y
6.2.5. Funzioni trigonometriche inverse
Esempio 6.2.5 - 32. ( f @xD = ArcTanA1 � x2E)
Studiare la funzione f @xD = ArcTanB 1
x2 F.La funzione data è definita per x ¹ 0, è di classe C¥ nel suo insieme di definizione ed è visibilmente pari e strettamentepositiva.
Calcoliamo ora i limiti agli estremi; si ha:
limx®0
f @xD = ArcTan@+¥D =Π
2, lim
x®±¥f @xD = ArcTan@0D = 0.
Dunque l'asse x è un asintoto orizzontale, mentre per x ® 0 non vi è alcun asintoto, dato che la funzione tende a Π
2.
Calcoliamo ora la derivata prima; si ha:
f '@xD = DBArcTanB 1
x2FF =
1
1 +1
x4
-2
x3= -
2
x3 +1
x
= -2 x
x4 + 1,
pertanto f '@xD > 0 in D - ¥, 0@, mentre f '@xD < 0 in D 0, +¥@. Nel punto x0 = 0 non vi è un punto di massimo, dato che f non
è definita in zero. Il grafico della funzione è il seguente:
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2. Primi studi del grafico di una funzione217
Settembre 2010
pertanto f '@xD > 0 in D - ¥, 0@, mentre f '@xD < 0 in D 0, +¥@. Nel punto x0 = 0 non vi è un punto di massimo, dato che f non
è definita in zero. Il grafico della funzione è il seguente:
x
y
Esempio 6.2.5 - 33. ( f @xD = ArcCosALog@xD2E)
Studiare la funzione f @xD = [email protected] funzione data è definita per:
x > 0
-1 £ Log@xD2 £ 1, cioé per 1
㣠x £ ã.
E' ovviamente una funzione continua e positiva nel suo insieme di definizione; si annulla solo quando Log@xD2 = 1, cioé per
x =1
ã e per x = ã.
Non ci sono limiti agli estremi da calcolare, né asintoti.
Calcoliamo la derivata prima; si ha:
f '@xD = DAArcCosALog@xD2EE = -1
1 - Log@xD4
2 Log@xD 1
x;
nell'intervallo B 1
ã, ãF il segno di f '@xD dipende solo da quello del logaritmo, pertanto:
f '@xD > 0 in B 1
ã, 1A, mentre f '@xD < 0 in D 1, ãD.
Il punto x = 1 è di massimo.
11
ãã
x
y
Carlo Greco :
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2. Primi studi del grafico di una funzione218
Settembre 2010
6.3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali
In questa sezione metteremo in evidenza altre caratteristiche geometriche del grafico di una funzione, che consentiranno didisegnarlo meglio.
6.3.1. Convessità, concavità e flessi
Osservando i grafici delle seguenti funzioni:
x
y
x1 x2x
y
x1 x2
si nota che il primo di essi gode della seguente proprietà geometrica: presi due punti qualsiasi del grafico, il segmento che licongiunge si trova tutto al di sopra di esso. Il grafico della seconda funzione, invece, non gode della stessa proprietà.
Le funzioni che soddisfano la proprietà sopra enunciata, si dicono funzioni convesse.
Più precisamente, diamo la seguente definizione.
Definizione 6.3.1 - 34. (Funzione convessa)Sia X un intervallo di R; una funzione f : X ® R si dice convessa (risp. strettamente convessa) in X se, per ogni x1,
x2 Î X , con x1 < x2, si ha:
f @xD £f @x2D- f @x1D
x2-x1Hx - x1L + f @x1D per ogni x Î D x1, x2@
(risp.: f @xD <f @x2D- f @x1D
x2-x1Hx - x1L + f @x1D per ogni x Î D x1, x2@)
Osservazione. Una volta fissati x1, x2 Î X , la funzione r@xD =f @x2D- f @x1D
x2-x1Hx - x1L + f @x1D che compare nella precedente
definizione rappresenta proprio la retta congiungente i due punti Hx1, f @x1DL e Hx2, f @x2DL del grafico di f , per cui il
significato geometrico della definizione data è proprio quello indicato all'inizio.
Osservazione. Una funzione strettamente convessa ha la parte di grafico relativa all'intervallo @x1, x2D tutta strettamente al disotto del segmento congiungente i due punti Hx1, f @x1DL e Hx2, f @x2DL (salvo ovviamente agli estremi). Può tuttavia accadere
che una certa funzione abbia tratti rettilinei nel grafico (ad esempio la funzione y = x¤); in tal caso la disuguaglianza
f @xD < r@xD non vale più strettamente, anzi si ha l'uguaglianza per tutti gli x Î @x1, x2D, e la funzione è solo convessa (non
strettamente).
I seguenti grafici mostrano ulteriori esempi di funzioni strettamente convesse, convesse e non convesse.
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte6. Applicazioni delle derivate. Studio di grafici
3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali219
Settembre 2010
funzione 1 2 3 4
x
yFunzione strettamente convessa
x1 x2
Diamo ora la seguente definizione.
Definizione 6.3.1 - 35. (Funzione concava)Sia X un intervallo di R; una funzione f : X ® R si dice concava (risp. strettamente concava) in X se la funzione - f è
convessa (risp. strettamente convessa) in X .
Osservazione. Il significato geometrico della precedente definizione è ovvio, basta ricordare che il grafico di - f è il
simmetrico, rispetto all'asse x, di quello di f . E' evidente che tutto ciò che diremo sulle funzioni convesse, può essere
facilmente adattato, con ovvie modifiche, a quelle concave.
Osservazione. E' appena il caso di osservare che una data funzione può essere convessa, concava, oppure né convessa néconcava in un dato intervallo X , e che queste proprietà dipendono, ovviamente, dall'insieme X : ad esempio una funzione puòessere né convessa né concava nell'intervallo X , ma può essere convessa o concava in sottointervalli di X .
Osserviamo infine che le uniche funzioni simultaneamente convesse e concave sono le rette.
Dimostriamo ora il seguente teorema.
Teorema 6.3.1 - 36. (Caratterizzazione delle funzioni convesse)Sia X un intervallo di R, e sia f : X ® R una funzione di X in R. Allora le seguenti proposizioni sono equivalenti:a) f è convessa (risp. strettamente convessa) in X ;b) se P1, P2 e P3 sono punti del grafico di f di ascissa, rispettivamente, x1, x2 e x3, con x1 < x2 < x3, si ha:
coeff. angolare della retta P1 P2 £ coeff. angolare della retta P1 P3 £ coeff. angolare della retta P2 P3
Dimostrazione.
Dimostriamo solo la parte relativa alla convessità (quella relativa alla stretta convessità si dimostra in modo analogo).
Dimostriamo anzitutto che aL Þ bL; supponiamo dunque che f sia convessa in X , e siano P1, P2 e P3 sono punti del grafico
di f di ascissa, rispettivamente, x1, x2 e x3, con x1 < x2 < x3:
x
y
x1 x2 x3
P1P2
P3
Ora, scriviamo l'equazione della retta P1 P3 nelle seguenti due forme equivalenti:
Carlo Greco :
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3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali220
Settembre 2010
Ora, scriviamo l'equazione della retta P1 P3 nelle seguenti due forme equivalenti:
r1@xD =f @x3D- f @x1D
x3-x1Hx - x1L + f @x1D,
r2@xD =f @x3D- f @x1D
x3-x1Hx - x3L + f @x3D.
Per la convessità di f , si ha:
f @x2D £ r1@x2D =f @x3D- f @x1D
x3-x1Hx2 - x1L + f @x1D Þ
f @x2D- f @x1Dx2-x1
£f @x3D- f @x1D
x3-x1;
f @x2D £ r2@x2D =f @x3D- f @x1D
x3-x1Hx2 - x3L + f @x3D Þ
f @x2D- f @x3Dx2-x3
³H*L f @x3D- f @x1D
x3-x1.
(La diseguaglianza indicata con H*L è dovuta al fatto che, dividendo per x2 - x3, la disuguaglianza di partenza cambia verso).
Dunque:
f @x2D- f @x1Dx2-x1
£f @x3D- f @x1D
x3-x1£
f @x3D- f @x2Dx3-x2
,
che è esattamente la proposizione bL che si doveva dimostrare.
Viceversa, dimostriamo che bL Þ aL. A tale scopo, supponiamo vera la proposizione bL; dobbiamo dimostrare che f è
convessa in X ; prendiamo quindi due punti x1 e x2 Î X , con x1 < x2, e sia x ÎD x1, x2@; dobbiamo dimostrare che:
f @xD £f @x2D- f @x1D
x2-x1Hx - x1L + f @x1D.
In effetti, i tre punti P1, P, e P2, di ascissa rispettivamente x1, x, e x2, si trovano precisamente nella situazione prevista nellaproposizione bL, che stiamo supponendo vera, pertanto, in particolare si ha:
coeff. angolare della retta P1 P £ coeff. angolare della retta P1 P2,
cioé:
f @xD- f @x1Dx-x1
£f @x2D- f @x1D
x2-x1.
Da tale disuguaglianza consegue immediamente la aL. àUna funzione convessa nell'intervallo X può, ovviamente, non essere derivabile (si pensi ad esempio alla funzione
f @xD = x¤); tuttavia, se x0 Î X , è sempre possibile considerare la funzione rapporto incrementale in x0, cioé la funzione
Rx0 : X \ 8x0< ® R così definita:
Rx0 @xD =f @xD- f @x0D
x-x0.
Ebbene, se f è convessa, tale funzione è monotona crescente in X \ 8x0<; più precisamente, si ha il seguente teorema.
Teorema 6.3.1 - 37. (Monotonia del rapporto incrementale)Sia X un intervallo di R, e sia f : X ® R una funzione di X in R. Allora le seguenti proposizioni sono equivalenti:a) f è convessa (risp. strettamente convessa) in X ;b) per ogni x0 Î X , la funzione rapporto incrementale in x0, cioé la funzione Rx0 : X \ 8x0< ® R così definita:
Rx0 @xD =f @xD- f @x0D
x-x0
è monotona crescente (risp. strettamente crescente) in X \ 8x0<.Dimostrazione.
Dimostriamo solo la parte relativa alla convessità (quella relativa alla stretta convessità si dimostra in modo analogo).
Dimostriamo anzitutto che aL Þ bL; supponiamo dunque che f sia convessa in X , e sia x0 Î X fissato. Si deve dimostrare
che Rx0 : X \ 8x0< ® R è monotona crescente in X \ 8x0<, cioè che, presi x1, x2 Î X \ 8x0<, con x1 < x2, si ha:
Rx0 @x1D £ Rx0 @x2D.
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Rx0 @x1D £ Rx0 @x2D.Infatti, distinguiamo i seguenti casi:
1°) caso: risulta x0 < x1 < x2; per il teorema precedente si ha:
f @x1D- f @x0Dx1-x0
£f @x2D- f @x0D
x2-x0£
f @x2D- f @x1Dx2-x1
,
e la prima disuguaglianza equivale effettivamente a Rx0 @x1D £ Rx0 @x2D.2°) caso: risulta x1 < x0 < x2; anche stavolta il teorema precedente fornisce le diseguaglianze:
f @x0D- f @x1Dx0-x1
£f @x2D- f @x1D
x2-x1£
f @x2D- f @x0Dx2-x0
,
e ancora, prendendo la prima e l'ultima, si ha: Rx0 @x1D £ Rx0 @x2D.3°) caso: risulta x1 < x2 < x0; ancora per il teorema precedente si ha:
f @x2D- f @x1Dx2-x1
£f @x0D- f @x1D
x0-x1£
f @x0D- f @x2Dx0-x2
.
prendendo questa volta la seconda disuguaglianza, si ha ancora Rx0 @x1D £ Rx0 @x2D.Viceversa, supponiamo vera la bL, e dimostriamo che f è convessa in X ; a tale scopo, basta far vedere che è soddisfatta la bLdel teorema precedente, cioé che, presi tre punti P1, P2, e P3 del grafico di f , di ascissa x1, x2 e x3, con x1 < x2 < x3, si
hanno le seguenti due disuguaglianze:
f @x2D- f @x1Dx2-x1
£f @x3D- f @x1D
x3-x1£
f @x3D- f @x2Dx3-x2
.
In effetti, considerata la funzione rapporto incrementale in x1, cioé Rx1 @xD, essa è crescente per la proposizione che stiamo
supponendo vera per ipotesi, pertanto, essendo x2 < x3, si ha Rx1 @x2D £ Rx1 @x3D, ossia:
f @x2D- f @x1Dx2-x1
£f @x3D- f @x1D
x3-x1,
che è la prima delle due diseguaglianze che si dovevano dimostrare. Per dimostrare l'altra, utilizziamo la funzione Rx3 @xD, che
è pure crescente. Poiché x1 < x2, si ha Rx3 @x1D £ Rx3 @x2D, cioé:
f @x1D- f @x3Dx1-x3
£f @x2D- f @x3D
x2-x3, ossia
f @x3D- f @x1Dx3-x1
£f @x3D- f @x2D
x3-x2,
e con questo la aL è dimostrata. à
Il precedente teorema, sulla monotonia del rapporto incrementale, ha delle notevoli conseguenze sulla regolarità di unafunzione convessa.
Teorema 6.3.1 - 38. (Derivabilità di una funzione convessa)Una funzione convessa f : X ® R nell'intervallo X ammette derivata sinistra e destra finite in ogni punto x0 interno ad X ;
se x0 è l'estremo sinistro di X , esiste la derivata destra eventualmente uguale a -¥, mentre se x0 è l'estremo destro di X ,
esiste la derivata sinistra eventualemente uguale a +¥.
Dimostrazione.
Supponiamo, ad esempio, che x0 sia interno a X , e consideriamo il rapporto incrementale Rx0 @xD; poiché, per il teorema
precedente, Rx0 @xD è una funzione monotona crescente, esiste sempre il limite:
limx®x0
-
f @xD- f @x0Dx-x0
= limx®x0
-Rx0 @xD = sup
x<x0
Rx0 @xD.Resta solo da far vedere che tale estremo superiore non può essere uguale a +¥; in effetti, basta prendere un x1 > x0 eosservare che, per ogni x Î X , con x < x0, si ha Rx0 @xD £ Rx0 @x1D, dunque Rx0 @x1D è un maggiorante, e pertanto
supx<x0
Rx0 @xD < +¥.
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Resta solo da far vedere che tale estremo superiore non può essere uguale a +¥; in effetti, basta prendere un x1 > x0 eosservare che, per ogni x Î X , con x < x0, si ha Rx0 @xD £ Rx0 @x1D, dunque Rx0 @x1D è un maggiorante, e pertanto
supx<x0
Rx0 @xD < +¥.
Ciò dimostra che esiste finita la derivata sinistra fs '@x0D in x0. In modo perfettamente analogo si dimostrano gli altri punti del
teorema. à
Osservazione. Una funzione convessa in @-1, 1D, con derivate uguali a -¥ e +¥ agli estremi dell'intervallo, è, ad esempio,la funzione:
f @xD = - 1 - x2 .
Un altro teorema importante riguarda la continuità di una funzione convessa.
Teorema 6.3.1 - 39. (Continuità di una funzione convessa)Una funzione convessa f : X ® R nell'intervallo X è continua in ogni punto x0 interno ad X .
Dimostrazione.
Supponiamo che x0 sia interno ad X ; esistono quindi finite le derivate a sinistra e a destra per il teorema precedente. Si haallora:
limx®x0
-f @xD = lim
x®x0-
H f @xD - f @x0D + f @x0DL = limx®x0
-J f @xD- f @x0D
x-x0Hx - x0L + f @x0DN = fs '@x0D .0 + f @x0D = f @x0D,
cioé
limx®x0
-f @xD = f @x0D.
In modo perfettamente analogo, sfruttando la derivata destra invece della sinistra, si dimostra che limx®x0+ f @xD = f @x0D, e
quindi che f è continua in x0. à
Osservazione. Se f : @a, bD ® R è convessa in @a, bD, non è detto che sia continua negli estremi; ad esempio, può avere un
grafico del tipo seguente.
x
y
a b
Vediamo ora come è possibile collegare la nozione di funzione convessa a proprietà della derivata prima e della derivataseconda di f . Si ha anzitutto il seguente teorema.
Teorema 6.3.1 - 40. (Monotonia della derivata)Sia X un intervallo di R, e sia f : X ® R una funzione derivabile di X in R. Allora le seguenti proposizioni sono
equivalenti:a) f è convessa (risp. strettamente convessa) in X ;b) f ' è monotona crescente (risp. strettamente crescente) in X .
Dimostrazione.
Al solito, dimostreremo solo la parte relativa alla convessità. Supponiamo vera la aL, cioé che f sia convessa in X ; dobbiamo
dimostrare che f ' è crescente, cioé che, fissati x1, x2 Î X , si ha f '@x1D £ f '@x2D.
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Al solito, dimostreremo solo la parte relativa alla convessità. Supponiamo vera la aL, cioé che f sia convessa in X ; dobbiamo
dimostrare che f ' è crescente, cioé che, fissati x1, x2 Î X , si ha f '@x1D £ f '@x2D.In effetti, per ogni x ÎD x1, x2@, si ha, per il teorema sulla caratterizzazione delle funzioni convesse:
f @x1D- f @xDx1-x
£f @x2D- f @x1D
x2-x1£
f @x2D- f @xDx2-x
.
Passando al limite nel primo membro per x ® x1, e nel terzo per x ® x2, si ha immediatamente:
f '@x1D £f @x2D- f @x1D
x2-x1£ f '@x2D,
da cui l'asserto.
Viceversa, supponiamo vera la bL, cioé che f ' sia monotona crescente. Dobbiamo dimostrare che f è convessa, cioé che, per
ogni x1 e x2 Î X , con x1 < x2, per ogni x ÎD x1, x2@, risulta:
f @xD £f @x2D- f @x1D
x2-x1Hx - x1L + f @x1D.
A tale scopo, ragioniamo per assurdo, e supponiamo invece che esistano x1 < x < x2 tali che si abbia:
f @xD >f @x2D- f @x1D
x2-x1Hx - x1L + f @x1D.
Ciò significa che il punto P = Hx, f @xDL è al di sopra della retta congiungente i punti P1, P2:
x
y
x1 x x2
P1
P2
P
Allora, per i coefficienti angolari delle rette P1 P e P P2, vale la seguente disuguaglianza:
f @xD- f @x1Dx-x1
>f @x2D- f @xD
x2-x.
D'altra parte, per il teorema di Lagrange, esistono a ÎD x1, x@ e un b ÎD x, x2@ tali che:
f @xD- f @x1Dx-x1
= f '@aD, f @x2D- f @xDx2-x
= f '@bD.Poiché a < b e stiamo supponendo f ' crescente, si ha:
f @xD- f @x1Dx-x1
= f '@aD £ f '@bD =f @x2D- f @xD
x2-x,
contro la disuguaglianza appena vista sui coefficienti angolari. Abbiamo così ottenuto un assurdo, derivato dall'aver suppostoche f non fosse convessa in X , pertanto la aL è dimostrata. à
Il seguente teorema riguarda le funzioni derivabili due volte nell'intervallo X , e fornisce un semplicissimo criterio perdimostrarne la convessità: basta infatti studiare il segno della loro derivata seconda.
Si ha infatti il seguente teorema.
Carlo Greco :
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Teorema 6.3.1 - 41. (Criterio di convessità)Sia X un intervallo di R, e sia f : X ® R una funzione derivabile in tutto X , con derivata prima continua, e derivabile due
volte nei punti interni di X , con derivata seconda positiva (risp. strettamente positiva). Allora f è convessa (risp.
strettamente convessa) in X .
Dimostrazione.
Consideriamo la derivata f ' : X ® R di f ; essa è una funzione continua in tutto l'intervallo X , a sua volta derivabile nei punti
interni di X , con derivata (che è la derivata seconda di f ) positiva (risp. strettamente positiva); grazie al criterio di monotonia
del capitolo precedente, f ' è monotona crescente (risp. strettamente crescente). Grazie al teorema precedente, f è convessa
(risp. strettamente convessa) in X . à
Terminiamo con un ultimo importante teorema che dice, sostanzialmente, che il grafico di una funzione convessa si trovatutto al di sopra di ogni sua retta tangente.
Teorema 6.3.1 - 42. (Tangente ad una funzione convessa)Sia X un intervallo di R, e sia f : X ® R una funzione convessa (risp. strettamente convessa) in X , derivabile in un punto
x0 Î X ; si ha allora:per ogni x Î X : f @xD ³ f '@x0D Hx - x0L + f @x0D
(risp. per ogni x Î X \ 8x0<: f @xD > f '@x0D Hx - x0L + f @x0D)Dimostrazione.
Dimostriamo solo la parte relativa alla convessità, dato che quella relativa alla stretta convessità si dimostra in modo analogo.Supponiamo dunque che f sia convessa in X , e derivabile in x0 Î X ; dobbiamo dimostrare che per ogni x Î X :
f @xD ³ f '@x0D Hx - x0L + f @x0D.La disuguaglianza è ovvia per x = x0 (in tal caso si ha addirittura l'uguaglianza). Fissiamo allora x Î X , con x ¹ x0, edistinguiamo due casi.
1° caso: x0 < x; poiché il rapporto incrementale Rx0 @xD è una funzione monotona crescente, si ha:
f '@x0D = limx®x0
+Rx0 @xD = inf
x0<xRx0 @xD £
f @xD- f @x0Dx-x0
,
da cui:
f '@x0D £f @xD- f @x0D
x-x0.
Moltiplicando per x - x0, si ha:
f @xD ³ f '@x0D Hx - x0L + f @x0D.2° caso: x < x0; sempre per la crescenza di Rx0 @xD si ha:
f @xD- f @x0Dx-x0
£ supx<x0
Rx0 @xD = limx®x0
-Rx0 @xD = f '@x0D,
da cui:
f @xD- f @x0Dx-x0
£ f '@x0D.Moltiplicando per x - x0 (questa volta invertendo la diseguaglianza, dato che x - x0 < 0), si ha ancora:
f @xD ³ f '@x0D Hx - x0L + f @x0D;dunque in tutti i casi l'asserto è dimostrato. à
Osservazione. Ovviamente una funzione concava ha il grafico tutto al di sotto di ogni sua retta tangente, come si vede neiseguenti grafici.
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Funzione
convessa
1 2 3 4x
1
2
3
4
y
Funzione
concava
1 2 3 4x
1
2
3
4
y
Diamo ora la seguente definizione.
Definizione 6.3.1 - 43. (Punto di flesso)Sia X un intervallo di R, e sia f : X ® R una funzione derivabile in un punto x0 interno ad X ; allora, se f è convessa
nell'intervallo 8x Î X x < x0< e concava nell'intervallo 8x Î X x > x0< o viceversa, il punto x0 si dice punto di flesso per f .
Osservazione. Dunque, un punto di flesso è un punto in cui la funzione cambia la sua concavità; detta r la tangente nelpunto di flesso, il grafico di f si trova al di sopra di r in 8x Î X x < x0<, e al di sotto in 8x Î X x > x0< (o viceversa).
a x0 bx
f @x0D
y
Esempio 6.3.1 - 44.
Studiare la convessità e la concavità della funzione f @xD = x4 - 2 x3 - 36 x2.
La funzione data è definita in tutto R, ed è di classe C¥; si ha: f '@xD = 4 x3 - 6 x2 - 72 x, e quindi f ''@xD = 12 x2 - 12 x - 72.
Pertanto f ''@xD > 0 per valori esterni all'intervallo delle radici, che sono -2 e 3, mentre f ''@xD < 0 in D - 2, 3@. Dunque f è
strettamente convessa in D - ¥, -2D e in @3, +¥@, mentre è strettamente concava in @-2, 3D.I due punti x = -2 e x = 3 sono di flesso.Grafico:
-2 3x
y
Esempio 6.3.1 - 45.
Studiare la convessità e la concavità della funzione f @xD = 8 x x - x2.
La funzione data è definita in @0, +¥@, ed è derivabile una volta in tutto @0, +¥@, e si ha: f '@xD = 12 x - 2 x, mentre è
derivabile una seconda volta solo in D 0, +¥@, e si ha: f ''@xD =6
x- 2. Pertanto f ''@xD > 0 in D 0, 9@, mentre f ''@xD < 0 per
x > 9. Dunque f è strettamente convessa in @0, 9D, mentre è strettamente concava in @9, +¥@, e il punto x = 9 è di flesso.
Grafico:
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La funzione data è definita in @0, +¥@, ed è derivabile una volta in tutto @0, +¥@, e si ha: f '@xD = 12 x - 2 x, mentre è
derivabile una seconda volta solo in D 0, +¥@, e si ha: f ''@xD =6
x- 2. Pertanto f ''@xD > 0 in D 0, 9@, mentre f ''@xD < 0 per
x > 9. Dunque f è strettamente convessa in @0, 9D, mentre è strettamente concava in @9, +¥@, e il punto x = 9 è di flesso.
Grafico:
9x
y
Osservazione. Se una funzione derivabile è convessa nei due intervalli contigui @a, x0D e @x0, bD, allora essa è convessa intutto @a, bD.Ad esempio, la funzione f @xD = x4 ha, come derivata seconda, f ''@xD = 12 x2; essa è strettamente positiva in D - ¥, 0@ e in
D 0, +¥@, il che garantisce la convessità di f nei due intervalli D - ¥, 0D e @0, +¥@, e quindi in tutto R.
Per ottenere tale risultato, non avremmo potuto applicare direttamente il teorema precedente, dato che f '' non è strettamente
positiva in tutto R, ma si annulla per x = 0.
6.3.2. Studio di grafici
In questa sezione mostreremo come effettuare lo studio del grafico di una funzione, utilizzando l'ulteriore strumento delladerivata seconda.
à Funzioni razionali
Esempio 6.3.2 - 46. ( f @xD = x3 � Ix2 - 1M
Studiare la funzione f @xD =x3
x2-1.
Si tratta di una funzione razionale fratta, definita per x ¹ ± 1; si vede subito che è dispari, o verificandolo direttamente,oppure osservando che è il quoziente di una funzione dispari per una pari. Il segno si trova immediatamente:
x3 ³ 00
x2-1 > 0-1 1
x3
x2-1³ 0
-1 0 1
quindi f @xD è positiva in D - 1, 0@ e in D 1, +¥@, e si annulla solo per x = 0. Calcoliamo ora i limiti agli estremi. Si ha
immediatamente:
limx®1±
f @xD =1
0±= ± ¥, lim
x®+¥f @xD = +¥,
e analogamente in -1 e -¥; i due punti x = ± 1 sono asintoti verticali, non ci sono invece asintoti orizzontali. Per vedere seci sono asintoti obliqui, calcoliamo i limiti:
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limx®+¥
f @xDx
= limx®+¥
x2
x2 - 1= 1,
limx®+¥
H f @xD - xL = limx®+¥
x3
x2 - 1- x = lim
x®+¥
x
x2 - 1= 0,
pertanto la retta y = x è un asintoto obliquo per x ® +¥ ed anche a -¥, data la disparità della funzione. Calcoliamo la
derivata prima:
f '@xD =3 x2 Ix2 - 1M - x3 2 x
Ix2 - 1M2=
x2 Ix2 - 3MIx2 - 1M2
.
Il segno della derivata prima è immediato:
x2 ³ 0
x2-3 ³ 0- 3 3
x2 Ix2-3MIx2-1M2 ³ 0
-1 0 1- 3 3
Dunque f @xD è strettamente decrescente in B- 3 , 3 F, strettamente crescente in D - ¥, - 3 F e in B 3 , +¥@, e la
derivata si annulla per x = ± 3 , che sono, rispettivamente, punti di minimo e di massimo relativo proprio. Si noti che laderivata si annulla anche per x = 0, ma questo non è un punto né di minimo né di massimo. Il grafico con le informazioniraccolte fino a questo momento è il seguente:
-1 1- 3 3
x
y
Calcoliamo infine la derivata seconda:
f ''@xD = DB x4 - 3 x2
Ix2 - 1M2F =
I4 x3 - 6 xM Ix2 - 1M2- Ix4 - 3 x2M 2 Ix2 - 1M 2 x
Ix2 - 1M4=
= x2I4 x2 - 6M Ix2 - 1M - Ix4 - 3 x2M 4
Ix2 - 1M3= x2
2 x2 + 6
Ix2 - 1M3.
E' immediato verificare che f ''@xD > 0 in D 1, +¥@ e in D - 1, 0@ pertanto in tali intervalli la funzione è convessa; si ha invece
f ''@xD < 0 in D 0, 1@ e in D - ¥, -1@, intervalli in cui la funzione è concava. Poiché i punti ± 1 sono asintoti verticali, l'unico
punto di flesso è x = 0, in cui si ha l'asse delle x come tangente orizzontale.
Carlo Greco :
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Esempio 6.3.2 - 47. ( f @xD = Hx + 1L3 � x2)
Studiare la funzione f @xD =Hx+1L3
x2 .
La funzione data è una razionale fratta, definita per x ¹ 0, di classe C¥ in tutto il suo insieme di definizione. Non è né pari nédispari, né periodica. E' evidentemente negativa per x < -1, positiva per x > -1 (e x ¹ 0). Si ha poi:
limx®±¥
f @xD = ± ¥, limx®0±
f @xD =1
0+= +¥,
quindi per x = 0 vi è un asintoto verticale. La funzione può essere dotata di asintoti obliqui. Si ha:
limx®±¥
f @xDx
= 1, limx®±¥
H f @xD - xL = limx®±¥
1 + 3 x + 3 x2
x2= 3,
quindi la retta y = x + 3 è un asintoto obliquo per f .
Abbiamo già detto che f è di classe C¥; la sua derivata è f ' @xD =Hx-2L Hx+1L2
x3 ; per lo studio del segno si ha:
x-2 > 02
Hx+1L2 > 0-1
x3 > 00
Hx-2L Hx+1L2
x3 > 0-1 0 2
pertanto f è strettamente crescente in D - ¥, 0@ e in @2, +¥@; il punto x = 2 è di minimo relativo proprio. Notiamo che la
derivata prima si annulla anche per x = -1, ma esso non è né di minimo né di massimo. Grafico:
-1 2x
y
Per la derivata seconda si ha: f ''@xD =6 Hx+1L
x4 , pertanto f è concava in D - ¥, -1D, convessa in @-1, 0@, e ancora convessa per
x > 1. Il punto x = -1 è di flesso a tangente orizzontale.
à Funzioni logaritmiche ed esponenziali
Esempio 6.3.2 - 48. ( f @xD = H1 - xL � H1 - Log@x - 1LL)Studiare la funzione:
f @xD =1 - x
1 - Log@x - 1D .
L'insieme di definizione si ottiene dal sistema:
x - 1 > 0
Log@x - 1D ¹ 1�
x > 1
x - 1 ¹ ã� x ÎD 1, +¥@ \ 81 +ã<.
Poiché 1 - Log@x - 1D > 0 per Log@x - 1D < 1, cioé x - 1 < ã, si ottiene immediatamente che
Carlo Greco :
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3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali229
Settembre 2010
Poiché 1 - Log@x - 1D > 0 per Log@x - 1D < 1, cioé x - 1 < ã, si ottiene immediatamente che
f @xD < 0 in D 1, 1 + ã@, mentre f @xD < 0 in D 1 + ã, +¥@,e la funzione non si annulla mai. Calcoliamo i limiti agli estremi. Si ha:
limx®1
1 - x
1 - Log@x - 1D = limy®0
0
+¥= 0,
limx®H1+ãL±
1 - x
1 - Log@x - 1D =-ã
0¡= ± ¥,
limx®+¥
1 - x
1 - Log@x - 1D =H
limx®+¥
-1
-1
x-1
= limx®+¥
Hx - 1L = +¥.
Evidentemente la retta x = 1 + ã è un asintoto verticale; vediamo se vi sono asintoti obliqui. Poiché:
limx®+¥
f @xDx
= limx®+¥
1 - x
x H1 - Log@x - 1DL = - limx®+¥
1
1 - Log@x - 1D = 0,
e, d'altra parte, non vi sono asintoti orizzontali, la funzione non ha asintoti obliqui. E' chiaro che è una funzione di classe C¥;la derivata è uguale a:
f '@xD =Log@x - 1L - 2
H1 - Log@x - 1DL2.
Il denominatore è sempre positivo, il numeratore è negativo per Log@x - 1D < 2, cioé per x < 1 + ã2. Tenendo conto che
1 + ã < 1 + ã2, si ha immediatamente che
f '@xD < 0 in D 1, 1 + ã@ e in D 1 + ã, 1 + ã2@, mentre f '@xD > 0 in D 1 + ã2, +¥@,e la derivata prima si annulla per x = 1 + ã2, punto in cui la funzione presenta un minimo relativo proprio. Le informazioniottenute consentono di tracciare un primo grafico della funzione.
1 1 + ã 1 + ã2 1 + ã3x
y
La derivata seconda è:
f ''@xD =3 - Log@x - 1D
Hx - 1L H-1 + Log@x - 1DL3;
il fattore x - 1 al denominatore è sempre positivo nell'insieme di definizione della funzione; studiando il segno degli altri duefattori, si trova che f ¢¢HxL > 0 per 1 < Log@x - 1D < 3, ossia:
f ''@xD > 0 in D 1 + ã, 1 + ã3@, mentre f ''@xD < 0 in D 1, 1 + ã@ e in D 1 + ã3, +¥@.Dunque la funzione data è convessa nell'intervallo D 1 + ã, 1 + ã3@, mentre è concava negli altri due intervalli.
Nel grafico precedente è mostrato anche il punto di flesso x0 = 1 + ã3.
Carlo Greco :
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3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali230
Settembre 2010
Esempio 6.3.2 - 49. ( f @xD = x Log@xD3)
Studiare la funzione f @xD = x Log@xD3.
La funzione data è definita per x > 0, ed è evidentemente negativa in D 0, 1@, positiva in D 1, +¥@, e si annulla per x = 1.Calcoliamo i limiti agli estremi del dominio di definizione. Si ha:
limx®0
x Log@xD3 = limx®0
Kx1
3 Log@xDO3
= 0
infatti basta ricordare il limite notevole limx®0 xΑ Log@xD = 0 (oppure applicare direttamente la regola dell'Hôpital); non vi
sono dunque asintoti verticali. Si ha poi:
limx®+¥
x Log@xD3 = +¥.
Poiché
limx®+¥
f @xDx
= limx®+¥
Log@xD3 = +¥,
non vi sono neanche asintoti obliqui. Calcoliamo la derivata prima:
f '@xD = Log@xD3 + x 3 Log@xD21
x=
= Log@xD3 + 3 Log@xD2 = Log@xD2 HLog@xD + 3L.Lo studio del segno della derivata prima è immediato: il primo fattore Log@xD2 si annulla per x = 1, e per il resto è
strettamente positivo; si ha quindi f '@xD < 0 in D 0, ã-3@, mentre f '@xD > 0 in E ã-3, +¥@ \ 81<; in x = ã-3 si ha un punto di
minimo relativo proprio (e anche assoluto), mentre il punto x = 1 non è né di minimo né di massimo, ma ha tangenteorizzontale. Grafico:
1
x
y
Calcoliamo la derivata seconda:
f ''@xD = DALog@xD3 + 3 Log@xD2E = 3 Log@xD21
x+ 6 Log@xD 1
x=
=3
xLog@xD HLog@xD + 2L.
Anche questa volta lo studio del segno è immediato; il fattore 2
x è sempre positivo nel dominio di definizione, quindi può
essere trascurato. Si ha poi:
Carlo Greco :
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3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali231
Settembre 2010
Log@xD ³ 00 1
Log@xD+2 ³ 00
1
ã2
Log@xDHLog@xD+2L ³ 00 1
1
ã2
quindi f ''@xD > 0 in D 0, ã-2@, intervallo in cui la nostra funzione è convessa, f ''@xD < 0 in E ã-2, 1@ ( f concava), poi f è
ancora convessa per x > 1. I punti x = ã-2 ed x = 1 sono di flesso; il secondo è a tangente orizzontale. Grafico:
11
ã2
x
y
à Funzioni trigonometriche
Esempio 6.3.2 - 50. ( f @xD = Cos@xD2 - Cos@xD)
Studiare la funzione:
f @xD = Cos@xD2 - [email protected] funzione data è definita in tutto R, periodica di periodo 2 Π. E' dunque sufficiente studiarla nell'intervallo @-Π, ΠD. E'inoltre una funzione pari. Si ha:
f @xD = -Cos@xD H1 - Cos@xDLsi ha quindi:
f @xD £ 0 in B-Π
2,
Π
2B, mentre f @xD > 0 in F - Π, -
Π
2BæF Π
2, Π F.
La funzione si annulla per x = -Π
2, 0, Π
2. Ovviamente non ci sono da calcolare limiti agli estremi o asintoti. E' chiaro che è
una funzione di classe C¥; la derivata è uguale a:
f '@xD = -2 Sin@xD Cos@xD + Sin@xD = Sin@xD H1 - 2 [email protected]é 1 - 2 Cos@xD > 0 per Cos@xD <
1
2, cioé per x ÎD - Π, -
Π
3@ÜD Π
3, Π@, si ha:
f '@xD < 0 in D - Π, -Π
3@ÜD Π
3, Π@,
mentre f '@xD < 0 negli altri due intervalli.
I punti 0 e ± Π sono di massimo relativo proprio, i punti ± Π
3 di minimo relativo proprio.
Le informazioni ottenute consentono di tracciare un primo grafico della funzione.
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3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali232
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-Π -Π
2-
Π
3
Π
3
Π
2Π
x
y
La derivata seconda è:
f ''@xD = -4 Cos@xD2 + Cos@xD + 2;
si ha -4 t2 + t + 2 > 0 per 1
8J1 - 33 N < t <
1
8J 33 + 1N e quindi per x0 < x < x1, e per -x1 < x < -x0, dove si è posto:
x0 = ArcCos B 1- 33
8F, e x1 = ArcCos B 1+ 33
8F.
I punti ± x0, ± x1 sono di flesso.Grafico:
-Π -Π
2-
Π
3
Π
3
Π
2Π
x
y
Esempio 6.3.2 - 51. ( f @xD = Sin@xD + 4 Cos@x � 2D)
Studiare la funzione:
f @xD = Sin@xD + 4 CosB x
2F.
La funzione data è somma di due funzioni periodiche, definite in tutto R. La funzione Sin@xD è periodica di periodo 2 Π, la
funzione CosA x
2E è invece periodica di periodo 4 Π. Pertanto f @xD è una funzione definita in tutto R, periodica di periodo 4 Π
(più piccolo comune multiplo). E' dunque sufficiente studiarla nell'intervallo @0, 4 ΠD.Per determinarne il segno e gli zeri, ricordiamo che Sin@2 xD = 2 Sin@xD Cos@xD, e, pertanto, Sin@xD = 2 SinA x
2E CosA x
2E, quindi:
f @xD = Sin@xD + 4 CosB x
2F = 2 SinB x
2F CosB x
2F + 4 CosB x
2F = 2 CosB x
2F SinB x
2F + 2 .
Poiché il secondo fattore è strettamente positivo, il segno dipende solo da quello di CosA x
2E, e si ha quindi:
f @xD > 0 in @0, Π@ æD 3 Π, 4 ΠD, mentre f @xD < 0 in D Π, 3 Π @,e la funzione si annulla per x = Π, 3 Π. Ovviamente non ci sono da calcolare limiti agli estremi o asintoti. E' chiaro che è unafunzione di classe C¥; la derivata è uguale a:
f '@xD = Cos@xD - 2 SinB x
2F.
Ricordando ora che Cos@2 xD = Cos@xD2 - Sin@xD2, e quindi Cos@xD = CosA x
2E2
- SinA x
2E2
, si ha:
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3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali233
Settembre 2010
Ricordando ora che Cos@2 xD = Cos@xD2 - Sin@xD2, e quindi Cos@xD = CosA x
2E2
- SinA x
2E2
, si ha:
f '@xD = CosB x
2F2
- SinB x
2F2
- 2 SinB x
2F = 1 - SinB x
2F2
- SinB x
2F2
- 2 SinB x
2F = 1 - 2 SinB x
2F2
- 2 SinB x
2F,
cioé:
f '@xD = 1 - 2 SinB x
2F2
- 2 SinB x
2F.
(Si sarebbe potuta ottenere la stessa formula derivando direttamente l'espressione f @xD = 2 CosA x
2E ISinA x
2E + 2M ottenuta
sopra).
Ponendo t = SinA x
2E, si ha -2 t2 - 2 t + 1 > 0 per 1
2J- 3 - 1N < t <
1
2J 3 - 1N, cioé per
1
2J- 3 - 1N < SinA x
2E <
1
2J-1 + 3 N. Ora, si ha 1
2J- 3 - 1N < -1, quindi la prima delle due disequazioni è sempre
soddisfatta. La disequazione SinA x
2E <
1
2J 3 - 1N è invece soddisfatta per 0 £
x
2< x0 e per x1 <
x
2£ 2 Π (v. il grafico
seguente).
x1 2 Πx
-1+ 3
2
y
Sin@tD <1
2K 3 - 1O
x0
dove si è posto: x0 = ArcSinB 1
2J-1 + 3 NF » 0.374734, e x1 = Π - x0 » 2.76686. In conclusione:
f '@xD > 0 in @0, 2 x0@ e in D 2 x1, 4 ΠD,mentre
f '@xD < 0 in D 2 x0, 2 [email protected] punti x0 e x1 sono, rispettivamente, di massimo e di minimo relativo proprio.
E' anche opportuno osservare che, per x = 2 x0, si ha
SinB 2 x0
2F =
1
2J 3 - 1N, Cos@x0D = 1 -
1
4J-1 + 3 N2
=3
4
2,
e quindi:
f @x0D = 2 CosB x0
2SinB x0
2F + 2 = 2
31�4
2
-1 + 3
2+ 2 = 9 + 6 3 » 4.40367
e, analogamente:
f @x1D = - 9 + 6 3 » -4.40367
Le informazioni ottenute consentono di tracciare un primo grafico della funzione.
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Π 3 Π2x12x0
x
y
La derivata seconda è:
f ''@xD = -CosB x
2F 1 + 2 SinB x
2F ;
si ha 2 SinA x
2E + 1 > 0 per 0 £ x <
7 Π
3 e per 11 Π
3< x £ 4 Π.
Dunque la funzione data è convessa negli intervalli D Π, 7 Π
3@, D 3 Π, 11 Π
3@, mentre è concava negli altri due intervalli. I punti
Π, 7 Π
3, 3 Π, 11 Π
3 sono di flesso. Grafico:
Π7 Π
3 3 Π11 Π
32x12x0
x
y
à Funzioni varie
Esempio 6.3.2 - 52. ( f @xD = Sin@xDSin@xD)
Studiare la funzione:
f @xD = Sin@[email protected] funzione è definita per Sin@xD > 0, cioé per 2 k Π < x < 2 Π k + Π, ed è periodica di periodo 2 Π. E' quindi sufficientestudiarla in D 0, Π@. Ovviamente si tratta di una funzione strettamente positiva; calcoliamo i limiti agli estremi. Si ha:
limx®0
HSin@xDLSin@xD = limy®0
yy = limy®0
ãy Log@yD.
Il limite dell'esponente può essere calcolato, ad esempio, con la regola dell'Hôpital:
limy®0
y Log@yD = limy®0
Log@yD1
y
=H
limy®0
1
y
-1
y2
= -limy®0
y = 0.
Dunque:
limx®0
HSin@xDLSin@xD = 1.
Ovviamente non vi sono asintoti di alcun tipo. La funzione data è di classe C¥; la derivata è uguale a:
f '@xD = DAãSin@xD Log@Sin@xDDE = ãSin@xD Log@Sin@xDD D@Sin@xD Log@Sin@xDDD =
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= HSin@xDLSin@xD Cos@xD Log@Sin@xDD + Sin@xD 1
Sin@xD Cos@xD = HSin@xDLSin@xD HLog@Sin@xDD + 1L [email protected] fattore Sin@xDSin@xD è sempre positivo, si ha poi: Log@Sin@xDD + 1 > 0 per x0 < x < x1, dove si è posto x0 = ArcSinB 1
ãF,
x1 = Π - x0.
Tenendo poi conto anche del segno di Cos@xD, si ha:
f '@xD < 0 in D 0, x0@ e in E Π
2, x1A,
mentre f '@xD > 0 negli altri due intervalli.
I punti x0 e x1 sono di minimo relativo proprio, il punto Π
2 è di massimo relativo proprio. Le informazioni ottenute consentono
di tracciare un primo grafico della funzione.
Π
2Π
Π-ArcSin@ 1
ã
DArcSin@ 1
ã
Dx
y
La derivata seconda è piuttosto complicata, e non è possibile studiarne facilmente il segno.
Esempio 6.3.2 - 53. ( f @xD = x1
2-
1
4J1+ 2 N Log@xD)
Studiare la funzione:
f @xD = x1
2-
1
4J1+ 2 N Log@xD.
Si tratta di una funzione del tipo f @xDg@xD; è ovviamente definita per x > 0, ed è sempre positiva.
Calcoliamo i limiti agli estremi; per il primo limite si ha:
limx®+¥
x1
2-
1
4J1+ 2 N Log@xD
= limx®+¥
ãJ 1
2-
1
4J1+ 2 N Log@xDN Log@xD
= ãH-¥L H+¥L = ã-¥ = 0,
quindi l'asse x è un asintoto orizzontale per x ® +¥. Per l'altro limite si ha:
limx®0
x1
2-
1
4J1+ 2 N Log@xD
= limx®0
ãJ 1
2-
1
4J1+ 2 N Log@xDN Log@xD
= ãH+¥L H-¥L = ã-¥ = 0.
Calcoliamo ora la derivata prima:
f '@xD = DBãJ 1
2-
1
4J1+ 2 N Log@xDN Log@xDF = ã
J 1
2-
1
4J1+ 2 N Log@xDN Log@xD DBJ 1
2-
1
4J1 + 2 N Log@xDN Log@xDF =
= ãJ 1
2-
1
4J1+ 2 N Log@xDN Log@xD J-
1
4J1 + 2 N 1
xLog@xD + J 1
2-
1
4J1 + 2 N Log@xDN 1
xN =
= f @xD 1
xJ-
1
4J1 + 2 N Log@xD + J 1
2-
1
4J1 + 2 N Log@xDN = f @xD 1
xJ-
1
4J1 + 2 N Log@xD +
1
2-
1
4J1 + 2 N Log@xD =
= f @xD 1
2 xJ1 - J1 + 2 N Log@xDN
Ovviamente f @xD > 0 per 0 < x < ã
1
1+ 2 , si annulla per x = ã
1
1+ 2 , mentre f '@xD < 0 per x > ã
1
1+ 2 . Per x = ã
1
1+ 2 si ha un
massimo relativo proprio.
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Ovviamente f @xD > 0 per 0 < x < ã
1
1+ 2 , si annulla per x = ã
1
1+ 2 , mentre f '@xD < 0 per x > ã
1
1+ 2 . Per x = ã
1
1+ 2 si ha un
massimo relativo proprio.
Grafico:
0 ã
1
1+ 2
x
y
Calcoliamo ora la derivata seconda.
f ''@xD = DB f @xD 1
2 xJ1 - J1 + 2 N Log@xDNF = DB f @xD J 1
2 x- J1 + 2 N Log@xD
2 xNF =
= f '@xD J 1
2 x- J1 + 2 N Log@xD
2 xN + f @xD -
1
2 x2 -1
2J1 + 2 N 1
xx-Log@xD
x2 =
= f @xD 1
2 xJ1 - J1 + 2 N Log@xDN J 1
2 x- J1 + 2 N Log@xD
2 xN + f @xD J-
1
2 x2 -1
2J1 + 2 N 1-Log@xD
x2 N =
= f @xD 1
2 x2 J1 - J1 + 2 N Log@xDN J 1
2- J1 + 2 N Log@xD
2N + f @xD 1
2 x2 J-1 - J1 + 2 N H1 - Log@xDLN =
=f @xD4 x2 J3 + 2 2 N ILog@xD2 - 1M.
Il segno della derivata seconda dipende solo da quello del fattore Log@xD2 - 1, essendo gli altri positivi. Si ha ovviamente
f ''@xD > 0 � 0 < x <1
ã, oppure x > ã.
Il grafico finale è il seguente.
ãã-1ã
1
1+ 2
x
y
6.3.3. Punti angolosi e cuspidali
Abbiamo già osservato che alcune funzioni non sono derivabili in tutto il loro insieme di definizione, e possono presentare,ad esempio, punti angolosi o cuspidali. In questo paragrafo vogliamo vedere meglio come determinare tali punti, e comecalcolare le tangenti a sinistra e a destra (se esistono) al fine di eseguire un disegno il più possibile preciso del grafico dellafunzione.
Ricordiamo anzitutto che le stesse funzioni elementari che abbiamo introdotto non sono tutte derivabili ovunque: le funzioni
xn
, sia con n pari che con n dispari, non sono derivabili nell'origine (hanno tangente verticale). La loro derivata è
1
nxn-1n
, che è una funzione non definita per x = 0.
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Settembre 2010
Ricordiamo anzitutto che le stesse funzioni elementari che abbiamo introdotto non sono tutte derivabili ovunque: le funzioni
xn
, sia con n pari che con n dispari, non sono derivabili nell'origine (hanno tangente verticale). La loro derivata è
1
nxn-1n
, che è una funzione non definita per x = 0.
Anche la funzione x¤ non è derivabile nell'origine, e presenta un punto angoloso. La sua derivata è x � x¤ che pure non èdefinita nell'origine.
Il teorema sulle operazioni con le funzioni derivabili dice, in sostanza, che la somma, il prodotto e il quoziente di funzioniderivabili è ancora derivabile, e fornisce le formule per calcolare tali derivate. Ma cosa succede se, ad esempio,moltiplichiamo tra loro due funzioni di cui una (o entrambe) non derivabili in x0? La risposta è che dipende dalle funzioni:talvolta la funzione prodotto è derivabile in x0, e talvolta no, come si vede dai seguenti esempi.
Esempio 6.3.3 - 54.
Consideriamo le due funzioni f @xD = x - 1 e g@xD = x¤; sappiamo che f @xD è derivabile in tutto R, mentre g@xD è derivabile in
tutto R tranne che nell'origine: in x0 = 0 presenta infatti un punto angoloso. Consideriamo il prodotto h@xD = Hx - 1L x¤ diqueste due funzioni. Grazie al teorema sul prodotto di due funzioni derivabili, possiamo dire che h@xD è derivabile in tutto
R \ 80<, e anzi sappiamo anche che, sempre per x ¹ 0, si ha: h '@xD = x¤ + Hx - 1L x
x¤ ; ma cosa succede per x = 0? per x = 0 non
possiamo applicare il teorema sulla derivata di un prodotto; possiamo però studiare direttamente il limite del rapportoincrementale:
h@xD - h@x0Dx - x0
=Hx - 1L x¤ - 0
x - 0=
Hx - 1L x¤x
=x - 1 se x > 0
-x + 1 se x < 0
quindi il limite per x ® 0 non esiste, e si ha invece:
limx®x0
-
h@xD - h@x0Dx - x0
= 1, limx®x0
+
h@xD - h@x0Dx - x0
= -1.
Dunque, in questo caso, h@xD presenta anch'essa un punto angoloso in zero ("ereditato" da quello di x¤). Il grafico dellafunzione h@xD è il seguente.
x
yh@xD = Hx-1L x¤
Esempio 6.3.3 - 55.
Consideriamo ora le due funzioni f @xD = x e g@xD = x¤; la situazione è molto simile a quella dell'esempio precedente. Anche
in questo caso, sempre grazie al teorema sul prodotto di due funzioni derivabili, possiamo dire che h@xD = x x¤ è derivabile in
tutto R \ 80<, e sempre per x ¹ 0, si ha: h '@xD = x¤ + x x
x¤ ; per x = 0 non possiamo applicare il teorema sulla derivata di un
prodotto; possiamo però nuovamente studiare il limite del rapporto incrementale:
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h@xD - h@x0Dx - x0
=x x¤ - 0
x - 0=
x x¤x
= x¤,quindi questa volta il limite per x ® 0 esiste ed è uguale a zero, a differenza dell'esempio precedente; si ha dunque che h@xD èderivabile anche per x = 0, con derivata nulla. In definitiva la funzione h@xD = x x¤ è derivabile in tutto R; se x ¹ 0, la sua
derivata è h '@xD = x¤ + x x
x¤ , ottenuta, come abbiamo visto, col teorema sulla derivata di un prodotto. Se invece x = 0, si ha
h '@0D = 0, ottenuta direttamente dal limite del rapporto incrementale, dato che il teorema sulla derivata di un prodotto non eraapplicabile in quel punto.
Possiamo riassumere il risultato ottenuto con la seguente scrittura:
h '@xD = x¤ + x x
x¤ se x ¹ 0
0 se x = 0
Il grafico della funzione h@xD è il seguente.
x
yh@xD = xÈxÈ
Le stesse considerazioni che abbiamo sviluppato per il prodotto, valgono anche per la somma, il quoziente ed anche lacomposta di due funzioni. Alcuni altri esempi in proposito sono i seguenti.
Esempio 6.3.3 - 56.
La funzione f @xD = x2 - 13
è composta dalla funzione x ® y = x2 - 1, e dalla funzione y ® y3 ; di queste, la prima è
derivabile ovunque, mentre la seconda, cioé y3 è derivabile solo per y ¹ 0. Conseguentemente, il teorema sulla derivazione
delle funzioni composte ci garantisce l'esistenza della derivata prima solo per x2 - 1 ¹ 0, cioé per x ¹ ± 1.
Se supponiamo appunto x ¹ ± 1, la formula di derivazione delle funzioni composte fornisce:
f '@xD = DB x2 - 13 F =
1
3 Ix2 - 1M23
2 x.
La funzione f '@xD, ottenuta applicando il teorema sulla derivazione delle funzioni composte, giustamente non è definita in
tutto R, ma solo in R \ 8± 1<.In realtà, la funzione f potrebbe essere derivabile anche in ± 1, ma si verifica (come vedremo meglio in seguito) che essa
presenta effettivamente due punti a tangente verticale. Grafico:
Carlo Greco :
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3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali239
Settembre 2010
-1 1x
yf @xD = x2 - 1
3
Esempio 6.3.3 - 57.
Vediamo un'altra situazione. Consideriamo la funzione f @xD = x x3
; essa è definita in tutto R, ma la sua derivabilità è
garantita solo per x ¹ 0. Applicando la regola di derivazione del prodotto, abbiamo:
f '@xD = DBx x3 F = x
3+ x
1
3 x23
.
La funzione ottenuta è definita non in tutto R, ma solo per x ¹ 0; in questo caso, tuttavia, la funzione f è derivabile anche
nell'origine, come si vede facilmente facendo il limite del rapporto incrementale, e la derivata vale zero. Pertanto, la "vera"derivata di f è data da:
f '@xD =x
3
+ x 1
3 x23se x ¹ 0
0 se x = 0.
Poiché x3
+ x 1
3 x23=
x¹0 4 x3
3=
4
3x
3, si ha in definitiva: f '@xD =
4
3x
3, formula che vale sia per x = 0 che per x ¹ 0.
Grafico:
-1 1x
yf @xD = x x
3
Negli esempi precedenti abbiamo calcolato la derivata a sinistra e a destra di alcune semplici funzioni ricorrendo al calcolodiretto del limite a sinistra e a destra del rapporto incrementale. Non sempre questo è il metodo più semplice; se una certafunzione f @xD è definita e continua in un intervallo X , ed è derivabile in tutti i punti di X con la sola eventuale eccezione di
un certo punto x0 Î X , per calcolare la derivata sinistra di f in x0, è sufficiente fare il limite di f '@xD per x ® x0;
analogamente per la derivata a destra. Questo procedimento molto spesso è più semplice che lo studio del rapportoincrementale di f . Precisiamo quanto affermato enunciando il seguente teorema.
Teorema 6.3.3 - 58. (Calcolo della derivata a sinistra e a destra)Sia f : X ® R una funzione definita e continua nell'intervallo X , sia x0 un punto di X , e sia f derivabile in X \ 8x0<. Si ha
allora:fs
'@x0D = limx®x0
-f '@xD e fd
' @x0D = limx®x0
+
f '@xD,se tali limiti esistono (finiti o no).
Dimostrazione.
Dimostriamo la formula relativa alla derivata a destra: supponiamo dunque che esista il limx®x0+ f '@xD º {; fissiamo allora un
x > x0, e osserviamo che, per il teorema di Lagrange, esiste cx ÎD x0, x@, tale che f @xD - f @x0D = f '@cxD Hx - x0L, cioé:
Carlo Greco :
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3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali240
Settembre 2010
Dimostriamo la formula relativa alla derivata a destra: supponiamo dunque che esista il limx®x0+ f '@xD º {; fissiamo allora un
x > x0, e osserviamo che, per il teorema di Lagrange, esiste cx ÎD x0, x@, tale che f @xD - f @x0D = f '@cxD Hx - x0L, cioé:
f @xD - f @x0Dx - x0
= f '@cxD.Ora, passando al limite per x ® x0, il primo membro della precedente uguaglianza tende a fd
' @x0D; poiché poi, per x ® x0,
anche cx ® x0 (perché cx ÎD x0, x@), si ha
limx®x0
+f '@cxD = lim
x®x0+
f '@xD = {,
quindi l'uguaglianza è dimostrata. à
I seguenti esempi chiariscono l'uso del teorema.
Esempio 6.3.3 - 59.
Studiare la derivabilità della funzione f @xD = I1 - x2M x + 13
nel punto x = -1.
La funzione data è definita in tutto R, ed è il prodotto di due funzioni, di cui la prima, cioé 1 - x2 è derivabile in tutto R, e la
seconda in tutto R \ 8-1<, dato che la funzione x3
è derivabile per x ¹ 0. Dunque, per x ¹ -1, la derivata di f @xD può essere
calcolata semplicemente col teorema sulla derivata del prodotto:
f '@xD = -2 x 1 + x3
+ I1 - x2M 1
3 H1 + xL23
=-6 x H1 + xL + 1 - x2
3 H1 + xL23
=
=H1 + xL H1 - 7 xL
3 H1 + xL23
=1 - 7 x
3
H1 + xL3
H1 + xL23 =
x¹-1 1 - 7 x
31 + x
3.
Per vedere se in x = -1 vi è un punto angoloso o cuspidale, facciamo il limite di f '@xD per x ® -1; si ha, ovviamente:
limx®-1
f '@xD = 0,
pertanto la funzione data è derivabile anche per x = -1, e la sua derivata vale zero. Per completezza, mostriamo anche ilgrafico di questa funzione, anche se non ne abbiamo fatto lo studio completo.
-1x
y
f @xD = H1-x2L x + 13
Esempio 6.3.3 - 60.
Stabilire se la funzione f @xD = x x3
- x5
è o meno derivabile nell'origine.
La funzione data è definita in tutto R, ed è certamente derivabile in R \ 80<. La sua derivata (per x ¹ 0) vale:
f '@xD = x3
+ x1
3 x23
-1
5 x45
=x¹0
x3
+x
3
3-
1
5 x45
=
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=4
3x
3-
1
5 x45
.
Poiché si ha limx®0± f '@xD = -¥, per il teorema precedente si ha fs'@0D = fd
' @0D = -¥. Dunque la funzione data non è
derivabile nell'origine, ma presenta invece un punto a tangente verticale. Grafico:
x
yf @xD = x x
3- x
5
Esempio 6.3.3 - 61.
Stabilire se la funzione f @xD = x x¤ è o meno derivabile nell'origine.
La funzione data è definita in tutto R, ed è certamente derivabile in R \ 80<. La sua derivata (per x ¹ 0) vale:
f '@xD = x¤ + xx
x¤ =x¹0 x¤ + x¤ = 2 x¤.
Poiché si ha limx®0± f '@xD = 0, per il teorema precedente si ha fs'@0D = fd
' @0D = 0. Dunque la funzione data è derivabile
nell'origine, con derivata nulla. Grafico:
x
yf @xD = xÈxÈ
Osserviamo che il risultato ottenuto in quest'ultimo esempio utilizzando il teorema sulla derivata a sinistra e a destra coincidecon quello ottenuto per la stessa funzione in un esempio precedente utilizzando direttamente il limite del rapportoincrementale.
In conclusione, il metodo da seguire per lo studio della derivabilità di una funzione, e lo studio dei punti angolosi o cuspidali,può essere riassunto come segue.
1°) Si trova l'insieme di definizione X di f ;
2°) si calcola la derivata prima e si trova il suo insieme di definizione, che indichiamo con Y ;
3°) se il punto x0 appartiene a X , ma non appartiene a Y , esso potrebbe essere un punto angoloso o cuspidale;
4°) si calcola il limx®x0± f '@xD al fine di determinare la derivata a sinistra e a destra, e quindi di stabilire se si ha
effettivamente un punto angoloso o cuspidale.
Carlo Greco :
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3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali242
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Esempio 6.3.3 - 62.
Studiare la derivabilità della funzione f @xD = x - 1¤ - x .
La funzione data è definita in @0, +¥@; la sua derivata vale f '@xD =x-1
x-1¤ -1
2 x, quindi è definita in @0, +¥@ \ 80, 1<. Nei due
punti 0 ed 1 la funzione può non essere derivabile. Si ha:
fd' @0D = lim
x®0f '@xD = -1 - ¥ = -¥,
pertanto f non è effettivamente derivabile in zero. In questo caso, essendo 0 un estremo dell'intervallo, non esiste la derivata
sinistra, quindi non si usa parlare di punto angoloso o cuspidale. Tuttavia, il fatto che fd' @0D = -¥, significa,
geometricamente, che la tangente al grafico nell'origine è l'asse y (la funzione "parte" con pendenza -¥).
Essendo poi x - 1¤ = x - 1 per x > 1, e x - 1¤ = -Hx - 1L per x < 1, si ha:
fd' @1D = lim
x®1+f '@xD = 1 -
1
2=
1
2,
fs'@1D = lim
x®1-f '@xD = -1 -
1
2= -
3
2.
Dunque il punto x = 1 è angoloso. Grafico:
1x
y
Esempio 6.3.3 - 63.
Studiare la derivabilità della funzione f @xD = x ¢ x3
- 1¦ + 2.
La funzione data è definita in tutto R; la sua derivata vale:
f '@xD = ¡ x3
- 1¥ + xx
3
- 1
¡ x3
- 1¥1
3 x23
=x¹0 ¡ x
3- 1¥ +
x3
- 1
¡ x3
- 1¥x
3
3
f ' è definita in R \ 80, 1<. Nei due punti 0 ed 1 la funzione può non essere derivabile. Si ha:
fs�d' @0D = limx®0¡
f '@xD = -1¤ + 0 = 1,
pertanto f è derivabile in zero, con derivata uguale ad 1: f '@0D = 1. Si ha poi:
fs'@1D = lim
x®1-f '@xD = 0 + H-1L 1
3= -
1
3, fd
' @1D = limx®1+
f '@xD = 0 + H+1L 1
3= +
1
3.
Pertanto f ha un punto angoloso per x = 1. Grafico:
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1x
y
6.3.4. Studio di grafici
Vediamo ora come studiare funzioni che presentano punti angolosi o cuspidali, o punti a tangente verticale.
Esempio 6.3.4 - 64. ( f @xD = ¡x2 - 4¥ - 3 x)
Studiare la funzione f @xD = ¡x2 - 4¥ - 3 x.
Si tratta di una funzione definita in tutto R, né pari né dispari; studiamo il segno:
f @xD < 0 � ¡x2 - 4¥ < 3 x � -3 x < x2 - 4 < 3 x �x2 + 3 x - 4 > 0
x2 - 3 x - 4 < 0.
Risolvendo il sistema si ha:
x2+ 3x - 4 > 0-4 1
x2- 3x - 4 < 0-1 4
f @xD < 01 4
Dunque f @xD < 0 in D 1, 4@, si annulla agli estremi ed è maggiore di zero all'esterno dell'intervallo.
Si ha immediatamente:
limx®±¥
f @xD = +¥,
nonché:
limx®±¥
f @xDx
= ± ¥,
quindi non vi sono asintoti.
Calcoliamo la derivata; per ogni x ¹ ± 2, si ha:
f '@xD =x2-4
¡x2-4¥ 2 x - 3 =2 x - 3 per x¤ > 2
-2 x - 3 per x¤ < 2.
Si vede immediatamente che i due punti ± 2 sono angolosi, e si ha:
limx®-2-
f '@xD = -7, limx®-2+
f '@xD = 1,
mentre:
limx®2-
f '@xD = -7, limx®2+
f '@xD = 1.
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3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali244
Settembre 2010
limx®2-
f '@xD = -7, limx®2+
f '@xD = 1.
Studiamo il segno della derivata; si ha:
f '@xD > 0 �2 x - 3 > 0
x¤ > 2 oppure
-2 x - 3 > 0
x¤ < 2.
Si vede immediatamente che il primo sistema è soddisfatto per x > 2, il secondo per -2 < x < -3
2, quindi:
f '@xD > 0 � -2 < x < -3
2 oppure x > 2.
La derivata si annulla per x = -3
2, che è un punto di massimo.
Per la derivata seconda si ha:
f ''@xD =2 per x¤ > 2
-2 per x¤ < 2,
pertanto f è concava in D - 2, 2@, convessa negli altri due intervalli.
2-2 -3�2x
y
Esempio 6.3.4 - 65. ( f @xD = x � H x¤ + x - 1¤L)Studiare la funzione f @xD =
x
x¤+ x-1¤ .
La funzione data è definita per x¤ + x - 1¤ ¹ 0, cioé per ogni valore di x, dato che questa è la somma di due quantità positiveche non si annullano contemporaneamente. Per x ¹ 0, 1, la funzione è certamente di classe C¥; essa non presenta simmetrieevidenti. Il denominatore è strettamente positivo, quindi la funzione data è positiva per x > 0 e negativa per x < 0. Persemplificare i calcoli successivi, è opportuno osservare che:
f @xD =
x
2 x-1per x ³ 1
x per 0 £ x £ 1x
-2 x+1per x £ 0
Ciò premesso, si ha:
limx®+¥
f @xD = limx®+¥
x
2 x - 1=
1
2, e lim
x®-¥f @xD = lim
x®-¥
x
-2 x + 1= -
1
2,
quindi le due rette y = ±1
2 sono due asintoti orizzontali. La funzione ovviamente non è dotata di altri asintoti.
La derivata di f è uguale, per x ¹ 0, 1, a:
f '@xD =
-1
H1-2 xL2per x > 1
1 per 0 < x < 11
H1-2 xL2per x < 0
Evidentemente, si ha:
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Evidentemente, si ha:
limx®0
f '@xD = 1, limx®1±
f '@xD = ¡1,
pertanto f è derivabile per x = 0 (la derivata è uguale ad 1), mentre per x = 1 presenta effettivamente un punto angoloso, con
derivata a sinistra e a destra uguali, rispettivamente, a 1 e a -1.
E' immediato che la derivata prima è positiva per x < 1, negativa per x > 1, quindi per x = 1 si ha un punto di massimorelativo proprio. Grafico:
1x
y
Resta da studiare la concavità e la convessità. Si ha:
f ''@xD =
4
H-1+2 xL3per x > 1
0 per 0 < x < 14
H1-2 xL3per x < 0
pertanto f è strettamente convessa in D - ¥, 0D, è sia concava che convessa in @0, 1D (coincide con un segmento di retta), ed è
ancora strettamente convessa in @1, +¥@. Il grefico di f è al disotto della tangente nell'origine per x < 0, coincide con la
tangente nell'origine in tutto l'intervallo @0, 1D. Il punto x = 1 non è di flesso in quanto f non è derivabile in tale punto.
Esempio 6.3.4 - 66. ( f @xD = 4 - x + x )
Studiare la funzione f @xD = 4 - x + x .
La funzione data è irrazionale, è definita e continua per x Î @0, 4D, ed è essa è di classe C¥ in D 0, 4@. Essa è, evidentemente,strettamente positiva. Non possiede asintoti né verticali, né orizzontali o obliqui.
La sua derivata è f '@xD =4-x - x
2 4-x x; f '@xD è definita, come ci aspettavamo, in D 0, 4@. Si ha:
limx®0
f '@xD = +¥, limx®4
f '@xD = -¥,
pertanto la funzione parte e arriva con tangente verticale.
Ora, per studiare il segno di f ', basta studiare il segno del numeratore, cioé risolvere la disequazione x < 4 - x ;
elevando al quadrato, si ha x < 4 - x, da cui x < 2, pertanto, nell'intervallo @0, 4D, la funzione è crescente in @0, 2D,decrescente in @2, 4D, i punti x = 0 e x = 4 sono di minimo relativo properio, il punto x = 2 è di massimo relativo proprio edassoluto. Grafico:
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2 4x
y
La derivata seconda vale f ''@xD = -J 4-x + x N J4- 4-x x N
4 H4-xL3�2 x3�2 ; il segno dipende solo da quello del fattore 4 - 4 - x x ,
essendo tutti gli altri positivi. Si ha 4 - 4 - x x > 0 per 4 - x x < 4, da cui, elevando al quadrato: H4 - xL x < 16, equindi x2 - 4 x + 16 > 0, che è soddisfatta per ogni x. Dunque f è concava in @0, 4D.Esempio 6.3.4 - 67. ( f @xD = x ã1�Log@xD)
Studiare la funzione:
f @xD = x ã
1
Log@xD .
La funzione è definita, evidentemente, per x > 0 e per x ¹ 1. Si tratta di una funzione sempre positiva, che non si annulla mai.Calcoliamo i limiti agli estremi. Si ha:
limx®0
x ã
1
Log@xD = 0,
limx®1±
x ã
1
Log@xD = ã±¥ = ; +¥
0,
limx®+¥
x ã
1
Log@xD = H+¥L ã0 = +¥.
La retta x = 1 è un asintoto verticale; vediamo se vi sono asintoti obliqui. Poiché:
limx®+¥
f @xDx
= limx®+¥
ã
1
Log@xD = 0,
e, d'altra parte, non vi sono asintoti orizzontali, la funzione non ha asintoti obliqui.E' chiaro che è una funzione di classe C¥; la derivata è uguale a:
f '@xD = ã
1
Log@xDILog@xD2 - 1M
Log@xD2.
Il fattore ã1
Log@xD ed il denominatore sono sempre positivi, mentre Log@xD2 - 1 > 0 per 0 < x <1
ã, e per ã < x. Dunque:
f '@xD > 0 in E 0, 1
ãA e in D ã, +¥@,
mentre
f '@xD < 0 in F 1
ã, 1A e in D 1, ã@.
La derivata prima si annulla per x =1
ã e per x = ã, punti in cui la funzione presenta, rispettivamente, un massimo ed un
minimo relativo proprio. Le informazioni ottenute consentono di tracciare un primo grafico della funzione.
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Settembre 2010
0 11
ãã
x
y
11
ãã
x
y
1�ã2
Il secondo grafico mostra meglio la situazione nell'intervallo @0, 1D, utilizzando una scala diversa sull'asse y.
La derivata seconda è:
f ''@xD =ã
1
Log@xD I1 + 2 Log@xD - Log@xD2Mx Log@xD4
;
si deve solo studiare il segno di 1 + 2 Log@xD - Log@xD2, dato che gli altri fattori sono sempre positivi. Si ha immediatamente
che
1 + 2 Log@xD - Log@xD2 > 0 per ã1- 2 < x < ã1- 2 ,
pertanto:
f ''@xD > 0 in D ã1- 2 , 1@, e in D 1, ã1+ 2 @, mentre
f ''@xD < 0 in D 0, ã1- 2 @, e in D ã1+ 2 , +¥@.Dunque la funzione data è convessa nei due intervalli E ã1- 2 , 1A e D 1, ã1+ 2 @, mentre è concava negli altri due intervalli.
Grafico:
0 1 ã ã1+ 2
x
y
11
ãã1- 2
x
y
1�ã2
Il cambio di convessità nel punto di flesso x = ã 2 +1 è appena visibile; il secondo grafico riporta ingrandita la situazionenell'intervallo @0, 1D, in cui si colloca il secondo punto di flesso.
Infine, per tracciare con maggiore precisione il grafico di f nell'intervallo D 0, 1@, osserviamo che:
limx®0
f '@xD = limx®0
ã
1
Log@xDILog@xD2 - 1M
Log@xD2=
y=Log@xDlim
y®-¥ã
1
yIy2 - 1M
y2= 1,
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Settembre 2010
limx®1-
f '@xD = limx®1-
ã
1
Log@xDILog@xD2 - 1M
Log@xD2=
y=Log@xDlimy®0-
ã
1
y-1
y2=
z=-1�y- lim
z®+¥ã-z z2 = - lim
z®+¥
z2
ãz= 0
(l'ultimo limite è stato calcolato ricordando che limz®+¥ãz
z2 = +¥, ma si può anche applicare direttamente la regola
dell'Hôpital).
Dunque la funzione f non è definita nei punti 0 e 1, e quindi non si può parlare di tangenti in tali punti, ma, il suo
prolungamento per continuità è derivabile in tali punti con derivata, rispettivamente 1 e 0; dunque, come si vede sopra nelsecondo grafico, la funzione data parte da zero con pendenza 1, e arriva a sinistra di 1 con pendenza zero, come si vedechiaramente nel secondo grafico riportato sopra.
Esempio 6.3.4 - 68. ( f @xD = x1�HLog@xD+1L)
Studiare la funzione f @xD = x1
Log@xD+1 .
Si tratta di una funzione del tipo f @xDg@xD; essa è definita per x > 0 (base positiva) e per Log@xD ¹ -1, cioé per x ¹ 1 � ã. Nel
suo insieme di definizione è strettamente positiva. Calcoliamo i limiti agli estremi; il limite per x ® 0 si presenta nella formaindeterminata 00:
limx®0
x1
Log@xD+1 = limx®0
ã
1
Log@xD+1Log@xD
= ã1 = ã,
mentre:
limx®J 1
ãN±
x1
Log@xD+1 = limx®J 1
ãN±
ã
Log@xDLog@xD+1 = lim
x®J 1
ãN±
ã-1
0± = ã¡¥ = ; 0
+¥
Dunque, nel punto x = 1 � ã, il limite a destra è zero, a sinistra è +¥; la retta x = 1 � ã è un asintoto verticale a sinistra per
f @xD. Calcoliamo ora la derivata prima:
f '@xD = DB x1
Log@xD+1 F = DB ã
Log@xDLog@xD+1 F = ã
Log@xDLog@xD+1 DB Log@xD
Log@xD + 1F =
= ã
Log@xDLog@xD+1
1
xHLog@xD + 1L - Log@xD 1
x
HLog@xD + 1L2= x
1
Log@xD+11
x HLog@xD + 1L2.
Ora, è immediato che la derivata è strettamente positiva, quindi la nostra funzione è strettamente crescente in entrambe gliintervalli D 0, 1 � ã@ e D 1 � ã, +¥@. Il grafico è il seguente:
01
ã
x
y
ã
Possiamo precisare il grafico nelle vicinanze del punto H0, ãL calcolando il limite della derivata prima per x ® 0; si ha infatti:
limx®0
f '@xD = limx®0
x1
Log@xD+11
x HLog@xD + 1L2=
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= limx®0
x1
Log@xD+1 limx®0
1
x HLog@xD + 1L2= ã lim
x®0
1
x HLog@xD + 1L2=
ã
limx®0
Ix HLog@xD + 1L2M .
L'ultimo limite si calcola subito:
limx®0
Ix HLog@xD + 1L2M = limx®0
I x HLog@xD + 1LM2= lim
x®0I x Log@xD + x M2
= 0,
infatti il limite limx®0 x Log@xD = 0 (limite notevole). In definitiva, limx®0 f '@xD =ã
0+= +¥, cioé la funzione "parte" con
pendenza infinita in x = 0; non si può però dire che la tangente è l'asse y perché la funzione non è definita per x = 0.
Allo stesso modo calcoliamo il limite della derivata prima per x ® ã-1 da destra:
limx®J 1
ãN+
f '@xD = limx®J 1
ãN+
x1
Log@xD+1
x HLog@xD + 1L2=
J 1
ãN 1
0+
1
ã0+
=
J 1
ãN+¥
0+=
0
0.
Per risolvere la forma indeterminata, invece che applicare la regola dell'Hôpital, possiamo fare la sostituzione 1
Log@xD+1= y (e
quindi x = ã
1
y-1
):
limx®J 1
ãN+
x1
Log@xD+1
x HLog@xD + 1L2= ã lim
x®J 1
ãN+
x1
Log@xD+1
HLog@xD + 1L2=
ã limy®+¥
y2 ã
1
y-1
y
= ã limy®+¥
y2 ã1-y = ã limy®+¥
y2
ãy-1= 0.
Dunque limx®H1�ãL+ f '@xD = 0, quindi la funzione "parte" con pendenza uguale a zero in x = 1 � ã; anche in questo caso, non
possiamo dire che la tangente a destra nel punto x = 1 � ã è l'asse x, perché f @xD non è definita in tale punto.
Infine, calcoliamo la derivata seconda; osserviamo prima che:
f '@xD =x
1
Log@xD+1
x HLog@xD + 1L2=
x1
Log@xD+1-1
HLog@xD + 1L2=
=x
-Log@xD
1+Log@xD
HLog@xD + 1L2=
1
xLog@xD
1+Log@xD HLog@xD + 1L2
,
pertanto:
f ''@xD = DB x1
Log@xD+1
x HLog@xD + 1L2F =
=1
x2 HLog@xD + 1L4
x1
Log@xD+1
x HLog@xD + 1L2x HLog@xD + 1L2 - x
1
Log@xD+1 HLog@xD + 1L2 + x 2 HLog@xD + 1L 1
x=
1
x2 HLog@xD + 1L4x
1
Log@xD+1 - x1
Log@xD+1 I3 + 4 Log@xD + Log@xD2M =
Carlo Greco :
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3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali250
Settembre 2010
x1
Log@xD+1
x2 HLog@xD + 1L4I-2 - 4 Log@xD - Log@xD2M.
Dunque il segno della derivata seconda dipende solo da quello di I-2 - 4 Log@xD - Log@xD2M; si ha immediatamente:
f ''@xD < 0 per I-2 - 4 Log@xD - Log@xD2M > 0,
cioé per
Log@xD2 + 4 Log@xD + 2 < 0 � ã-2- 2 < x < ã-2+ 2 .
In tale intervallo f @xD è concava, mentre negli altri due intervalli D 0, ã-2- 2 @ e D ã-2+ 2 , +¥@, essa è convessa. I due punti
x = ã-2± 2 , sono di flesso. Nel seguente grafico sono evidenziati i due punti di flesso trovati.
1
ãã 2 -2
ã-2- 2
x
y
ã
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3. Concavità e convessità, flessi, studio dei punti angolosi e cuspidali251
Settembre 2010
6.4. Funzioni trascendenti. Equazioni e disequazioni trascendenti
6.4.1. Studio di funzioni trascendenti
Talvolta alcune parti dello studio di una funzione possono dipendere da disequazioni o equazioni trascendenti, che nonpossono essere risolte in modo esatto.
Spesso in queste situazioni conviene procedere con lo studio, tralasciando quelle disequazioni, che spesso risultano chiaritedallo studio successivo.
I seguenti esempi mostrano come operare in questi casi.
Esempio 6.4.1 - 69. ( f @xD = 2 ArcTan@xD - x)
Studiare la funzione:
f @xD = 2 ArcTan@xD - x.
La funzione data è definita in tutto R, ed è dispari. Si può osservare che si annulla ovviamente per x = 0, ma non possiamostudiarne il segno dato che esso dipende dalla disequazione trascendente:
2 ArcTan@xD - x > 0.
Mettiamo per ora da parte il segno, e calcoliamo gli altri elementi.
Per i limiti agli estremi si ha:
limx®+¥
f @xD = -¥;
essendo:
limx®+¥
f @xDx
= -1, limx®+¥
H f @xD + xL = Π,
la retta y = -x + Π è un asintoto obliquo per x ® +¥, e, per simmetria, la retta y = -x - Π è un asintoto obliquo per x ® -¥.
Calcoliamo ora la derivata prima:
f '@xD = 2 1
1+x2 - 1 =1-x2
1+x2 ,
quindi f '@xD > 0 per -1 < x < 1, mentre è negativa negli altri due intervalli. Il punto x = 1 è di massimo, l'altro di mininmo
relativo proprio.
Osserviamo anche che:
f @1D =Π
2- 1 > 0, f @-1D = 1 -
Π
2< 0.
Il grafico che possiamo tracciare è il seguente:
Carlo Greco :
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4. Funzioni trascendenti. Equazioni e disequazioni trascendenti252
Settembre 2010
-1 1 x0
x
y
Π
Possiamo facilmente studiare anche la derivata seconda:
f ''@xD = -4 x
I1+x2M2 ,
quindi la funzione è convessa in D - ¥, 0D, concava in @0, +¥@, e zero è un punto di flesso.
Dallo studio fatto si deduce che f @xD si annulla, oltre che in zero, anche in due punti simmetrici ± x0, ed è strettamente
positiva in D 0, x0@ e strettamente negativa in D x0, +¥@. Possiamo anche precisare che 1 < x0 < Π.
Esempio 6.4.1 - 70. ( f @xD = x + Log@xD2)
Studiare la funzione:
f @xD = x + Log@xD2.
E' una funzione definita per x > 0, e strettamente positiva. Si ha:
limx®0
f @xD = +¥, limx®+¥
f @xD = +¥.
L'asse y è un asintoto verticale, mentre:
limx®+¥
f @xDx
= 1, limx®+¥
H f @xD - xL = +¥,
quindi non vi sono asintoti obliqui.
Si ha:
f '@xD = 1 + 2 Log@xD 1
x;
lo studio del segno della derivata prima non è possibile; procediamo allora con la derivata seconda:
f ''@xD =2
x2 -2 Log@xD
x2 =2
x2 H1 - Log@xDL;si ha immediatamente che f è convessa nell'intervallo D 0, ã@, concava nell'intervallo D ã, +¥@, e in x = ã si ha un punto di
flesso.
Dalle informazioni ottenute vediamo che f ha un unico punto di minimo relativo proprio (ed assoluto) x0, che cade
nell'intervallo D 0, ã@. Grafico:
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4. Funzioni trascendenti. Equazioni e disequazioni trascendenti253
Settembre 2010
ãx0
x
y
Esempio 6.4.1 - 71. ( f @xD = 2 Sin@xD + x)
Studiare la funzione:
f @xD = 2 Sin@xD + x.
Si tratta di una funzione definita in tutto R; ovviamente è dispari e non è periodica. Tralasciamo per ora lo studio del segno.Per i limiti agli estremi si ha:
limx®±¥
f @xD = ± ¥,
ma non ci sono asintoti obliqui, infatti:
limx®±¥
f @xDx
= 1, mentre il limite: limx®±¥
H f @xD - xL = limx®±¥
2 Sin@xD non esiste.
Calcoliamo la derivata prima:
f '@xD = 2 Cos@xD + 1.
Osserviamo che tale derivata è 2 Π -periodica, e si ha:
f '@xD > 0 � Cos@xD > -1
2� -
2 Π
3+ 2 k Π < x <
2 Π
3+ 2 k Π.
I punti - 2 Π
3+ 2 k Π e 2 Π
3+ 2 k Π sono di minimo e di massimo relativo proprio per f ; il valore assunto dalla funzione f @xD in
tali punti è:
f A-2 Π
3+ 2 k ΠE = 2 SinA-
2 Π
3+ 2 k ΠE -
2 Π
3+ 2 k Π = 2 K-
3
2O -
2 Π
3+ 2 k Π = -J 3 +
2 Π
3N + 2 k Π,
f A 2 Π
3+ 2 k ΠE = 2 SinA 2 Π
3+ 2 k ΠE +
2 Π
3+ 2 k Π = 2 K 3
2O +
2 Π
3+ 2 k Π = J 3 +
2 Π
3N + 2 k Π.
Con le informazioni raccolte fino a questo punto, possiamo facilmente tracciare il grafico di f @xD, ad esempio nell'intervallo
@-4 Π, 4 ΠD:
-10 Π
3-
8 Π
3-
4 Π
3-
2 Π
3
2 Π
3
4 Π
3
8 Π
3
10 Π
3
x
y
Possiamo ora precisare che f è strettamente positiva in D 0, +¥@, dato che il primo minimo, in 4 Π
3, è strettamente positivo, e
il valore assunto negli altri minimi successivi è maggiore. Essendo dispari, è strettamente negativa in -D ¥, 0@, e si annullasolo per x = 0.
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Possiamo ora precisare che f è strettamente positiva in D 0, +¥@, dato che il primo minimo, in 4 Π
3, è strettamente positivo, e
il valore assunto negli altri minimi successivi è maggiore. Essendo dispari, è strettamente negativa in -D ¥, 0@, e si annullasolo per x = 0.
Anche la derivata seconda si studia facilmente:
f ''@xD = -2 Sin@xD,pertanto anche f '' è 2 Π -periodica, e si ha:
f ''@xD > 0 � -2 Sin@xD > 0 � Sin@xD < 0 � Π + 2 k Π < x < 2 Π + 2 k Π.
I punti x = k Π sono di flesso:
-10 Π
3-
8 Π
3-2 Π -
4 Π
3-Π -
2 Π
3
2 Π
3Π
4 Π
32 Π
8 Π
3
10 Π
3
x
y
6.4.2. Equazioni e disequazioni trascendenti
Una equazione o una disequazione trascendente si presenta nella forma
f @xD = 0 oppure f @xD > 0,
e differisce da una equazione o disequazione elementare perché non è possibile ricavare esplicitamente le sue eventualisoluzioni; ad esempio, per risolvere l'equazione
Log@xD + x = 0,
bisognerebbe poter invertire la funzione f @xD = Log@xD + x (ammesso che sia invertibile), e poi la soluzione dell'equazione
data è data da f -1@0D; in effetti la funzione f @xD = Log@xD + x è invertibile (è infatti strettamente crescente in quanto somma
di due funzioni strettamente crescenti), ma non ammette una funzione inversa elementare: la soluzione f -1@0D dell'equazione
data non è dunque esprimibile in termini di funzioni elementari.
Ben diversa sarebbe la situazione per una disequazione tipo:
Log@xD + 1 = 0;
in questo caso, infatti basta trasformarla in Log@xD = -1 e passare all'esponenziale, proprio perché ãx è l'inversa di Log@xD, esi ottiene la soluzione cercata x = ã-1.
Anche negli esempi sullo studio di funzioni trascendenti è capitato di dover studiare una funzione f @xD senza poter calcolare
subito gli zeri o il segno di tale funzione; spesso è stato possibile risolvere tale problema proseguendo con lo studio dellafunzione, deducendono dunque zeri e segno dal comportamento agli estremi o dalla crescenza e decrescenza.
Per risolvere una equazione o disequazione trascendente, possiamo applicare lo stesso metodo, cioé cercare di studiare lafunzione f @xD al primo membro. Naturalmente questa volta l'obiettivo non è quello di tracciare il grafico completo di f @xD,ma solo di ricavare quelle informazioni che servono a risolvere la disequazione o l'equazione data.
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Per risolvere una equazione o disequazione trascendente, possiamo applicare lo stesso metodo, cioé cercare di studiare lafunzione f @xD al primo membro. Naturalmente questa volta l'obiettivo non è quello di tracciare il grafico completo di f @xD,ma solo di ricavare quelle informazioni che servono a risolvere la disequazione o l'equazione data.
Esempio 6.4.2 - 72.
Studiare l'equazione:
Log@xD + x = 0.
Posto f @xD = Log@xD + x, si tratta di vedere dove questa funzione si annulla. Abbiamo già visto che è strettamente crescente;
osserviamo ora che è definita in D 0, +¥@, e che si ha:
limx®0
f @xD = -¥, limx®+¥
f @xD = +¥,
quindi il suo grafico è del tipo:
x
y
x0
Tanto basta a garantire l'esistenza di una unica soluzione x0 dell'equazione data.
Naturalmente non abbiamo calcolato il valore preciso di tale soluzione. Possiamo osservare, ad esempio, che
f Aã-1E = LogAã-1E + ã-1 = -1 +1
ã< 0, mentre f @1D = Log@1D + ã = 1 > 0
quindi, per il teorema degli zeri, x0 ÎD 1
ã, 1@= ]0.37, 1[.
0.37 1x
y
x0
Il "vero" valore di x0, calcolato con metodi di approssimazione numerica è: x0 = 0.567143.
Esempio 6.4.2 - 73.
Studiare la disequazione:
10 Log@xD - x > 0.
Posto f @xD = 10 Log@xD - x, si tratta di vedere dove questa funzione è positiva. Osserviamo che è definita in D 0, +¥@, e che
si ha:
limx®0
f @xD = -¥, limx®+¥
f @xD = -¥;
la funzione è certamente dotata di almeno un punto di massimo, e il suo grafico può essere di vari tipi:
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Settembre 2010
Se il grafico fosse come il terzo, la disequazione non avrebbe nessuna soluzione. E' evidente che, per decidere in qualesituazione siamo, è utile studiare la derivata di f e trovare il massimo:
f '@xD =10
x- 1,
quindi f è strettamente crescente in D 0, 10@, assume il suo massimo valore per x = 10, e poi decresce nell'intervallo
D 10, +¥@.Ora, il valore massimo è:
f @10D = 10 Log@10D - 10 = 10 HLog@10D - 1L > 0
quindi il grafico appossimativo di f è:
10x
y
La monotonia di f in D 0, 10@ e in D 10, +¥@, e il teorema degli zeri, garantiscono che f interseca l'asse x esattamente in due
punti x1 e x2, e quindi la disequazione data è soddisfatta nell'intervallo D x1, x2@.
10x
y
x1 x2
Esempio 6.4.2 - 74.
Studiare la disequazione:
5 ArcTan@x - 1D - x > 0.
Posto f @xD = 5 ArcTan@x - 1D - x, si tratta di vedere dove questa funzione è positiva. Osserviamo che è definita in tutto R,
non ha simmetrie evidenti, e che si ha:
limx®-¥
f @xD = +¥, limx®+¥
f @xD = -¥;
ovviamente queste sole osservazioni non bastano a risolvere il problema, data la varietà di situazioni che si possonopresentare:
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4. Funzioni trascendenti. Equazioni e disequazioni trascendenti257
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Dobbiamo dunque studiare la derivata di f :
f '@xD = D@5 ArcTan@x - 1D - xD =5
1+Hx-1L2 - 1 =5-I1+Hx-1L2M
1+Hx-1L2 =-x2+2 x+3
1+Hx-1L2 ,
quindi:
f '@xD > 0 � x2 - 2 x - 3 < 0 � -1 < x < 3,
e i punti x = -1 e x = 3 sono, rispettivamente, di minimo e di massimo relativo proprio.
Osserviamo anche che:
f @-1D = 5 ArcTan@-2D + 1 = 1 - 5 ArcTan@2Df @3D = 5 ArcTan@2D - 3.
E' opportuno conoscere il segno di tali valori: a tale scopo basta osservare che, essendo Π
4= ArcTan@1D < ArcTan@2D <
Π
2, si
ha:
f @-1D = 1 - 5 ArcTan@2D < 1 - 5 Π
4=
4-5 Π
4< 0
f @3D = 5 ArcTan@2D - 3 > 5 Π
4- 3 =
5 Π-12
4> 0.
Con queste informazioni è possibile tracciare il seguente grafico approssimativo:
-1 3x
y
x1 x2 x3
Ci sono dunque esattamente tre intersezioni con l'asse x; infatti, ad esempio, la stretta decrescenza di f in D - ¥, -1@ e il
fatto che limx®-¥ f @xD = +¥, e f @-1D < 0, ci consente di affermare che in D - ¥, -1@, esiste una ed una sola intersezione x1
con l'asse x; analogamente si ragiona per le altre due intersezioni.
In definitiva, la disequazione data è soddisfatta per:
x < x1, e per x2 < x < x3.
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4. Funzioni trascendenti. Equazioni e disequazioni trascendenti258
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7. Indici
7.1. Indice delle definizioni
I numeri dopo la parola Definizione si riferiscono, rispettivamente, al Capitolo, alla Sezione e al numero della Definizioneall'interno della sezione. L'ultimo è il numero di pagina.
Definizione 1.1.1-1 (Funzione tra insiemi numerici)............. Pag. 9
Definizione 1.1.4-14 (Funzione pari o dispari)............. Pag. 21
Definizione 1.1.4-17 (Funzione periodica)............. Pag. 21
Definizione 1.1.4-20 (Periodo minimo)............. Pag. 23
Definizione 1.2.3-21 (Funzione composta)............. Pag. 25
Definizione 1.2.4-24 (Codominio)............. Pag. 26
Definizione 1.2.4-25 (Funzione surgettiva)............. Pag. 27
Definizione 1.2.4-26 (Funzione ingettiva)............. Pag. 28
Definizione 1.2.4-28 (Funzione inversa)............. Pag. 29
Definizione 1.3.1-46 (Insieme limitato superiormente, maggiorante)............. Pag. 35
Definizione 1.3.1-48 (Insieme limitato inferiormente, minorante)............. Pag. 35
Definizione 1.3.1-49 (Insieme limitato)............. Pag. 35
Definizione 1.3.2-51 (Massimo di un insieme numerico)............. Pag. 36
Definizione 1.3.2-52 (Minimo di un insieme numerico)............. Pag. 36
Definizione 1.3.3-54 (Insiemi separati)............. Pag. 36
Definizione 1.3.3-56 (Elemento di separazione)............. Pag. 37
Definizione 1.3.4-59 (Estremo inferiore di un insieme numerico)............. Pag. 38
Definizione 1.3.4-62 (Estremo superiore di un insieme numerico)............. Pag. 38
Definizione 1.3.4-64 (Insiemi contigui)............. Pag. 39
Definizione 1.4.1-84 (Minoranti, maggioranti, funzioni limitate)............. Pag. 45
Definizione 1.4.2-86 (Minimo e massimo di una funzione, punto di minimo e punto di massimo)............. Pag. 46
Definizione 1.4.3-87 (Estremo inferiore e superiore di una funzione)............. Pag. 47
Definizione 1.5.1-101 (Stretta crescenza o decrescenza)............. Pag. 55
Definizione 1.5.1-102 (Crescenza e decrescenza)............. Pag. 56
Definizione 1.5.1-103 (Monotonia)............. Pag. 56
Definizione 1.6.1-112 (Successione)............. Pag. 59
Definizione 1.6.1-116 (Monotonia per le successioni)............. Pag. 61
Definizione 2.1.1-2 (Esponenziale)............. Pag. 63
Definizione 2.1.2-4 (Logaritmo)............. Pag. 65
Definizione 2.2.2-7 (Seno e Coseno)............. Pag. 69
Definizione 2.2.3-8 (Arcoseno)............. Pag. 71
Definizione 2.2.3-11 (Arcocoseno)............. Pag. 74
Definizione 2.2.4-14 (Tangente) ............. Pag. 76
Definizione 2.2.4-15 (Arcotangente)............. Pag. 77
Definizione 3.1.2-1 (Limite con x0 Î R, ed { Î R)............. Pag. 85
Definizione 3.1.3-6 (Limite con x0 Î R, ed { = ± ¥).............. Pag. 90
Definizione 3.1.4-8 (Limite con x0 = ± ¥, ed { Î R)............. Pag. 91
Definizione 3.1.4-10 (Limite con x0 = ± ¥, ed { = ± ¥)............. Pag. 93
Definizione 3.1.7-16 (Limite a sinistra)............. Pag. 96
Definizione 3.1.7-17 (Limite a destra)............. Pag. 97
Definizione 3.1.9-23 (Definizione generale di limite)............. Pag. 100
Definizione 3.2.5-33 (Funzione continua)............. Pag. 108
Definizione 3.2.12-60 (Asintoti obliqui)............. Pag. 118
Definizione 3.4.1-86 (Limite di una successione)............. Pag. 135
Definizione 3.4.3-93 (Sottosuccessioni)............. Pag. 139
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte7. Indici
4. Funzioni trascendenti. Equazioni e disequazioni trascendenti259
Settembre 2010
Definizione 3.4.3-93 (Sottosuccessioni)............. Pag. 139
Definizione 4.1.1-1 (Funzione continua)............. Pag. 146
Definizione 4.2.1-17 (Minimo e massimo di una funzione, punto di minimo e punto di massimo)............. Pag. 153
Definizione 4.3.1-38 (Funzione uniformemente continua)............. Pag. 163
Definizione 5.1.1-1 (Derivata)............. Pag. 168
Definizione 5.1.2-10 (Derivata a sinistra o a destra)............. Pag. 172
Definizione 5.1.2-14 (Punto angoloso o cuspidale)............. Pag. 174
Definizione 6.1.1-1 (Punto di minimo o massimo relativo)............. Pag. 197
Definizione 6.1.1-2 (Punto di minimo o massimo relativo proprio)............. Pag. 198
Definizione 6.1.1-4 (Punto critico)............. Pag. 199
Definizione 6.3.1-34 (Funzione convessa)............. Pag. 219
Definizione 6.3.1-35 (Funzione concava)............. Pag. 220
Definizione 6.3.1-43 (Punto di flesso)............. Pag. 226
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte7. Indici
1. Indice delle definizioni260
Settembre 2010
7.2. Indice dei teoremi
I numeri dopo la parola Teorema si riferiscono, rispettivamente, al Capitolo, alla Sezione e al numero del Teoremaall'interno della sezione. L'ultimo è il numero di pagina.
Teorema 1.3.3.57 (Completezza di R)............. Pag. 37
Teorema 1.3.4.58 (Esistenza del massimo dei minoranti)............. Pag. 38
Teorema 1.3.4.61 (Esistenza del minimo dei maggioranti)............. Pag. 38
Teorema 1.3.6.76 (Proprietà caratteristiche)............. Pag. 41
Teorema 1.3.6.80 (Condizione necessaria e sufficiente per la contiguità)............. Pag. 43
Teorema 1.4.3.91 (Proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore e superiore di una funzione)............. Pag. 48
Teorema 1.5.2.104 (Somma, prodotto e reciproco di funzioni strettamente monotone)............. Pag. 56
Teorema 1.5.2.106 (Composizione di funzioni strettamente monotone)............. Pag. 57
Teorema 1.5.2.107 (Ingettività delle funzioni strettamente monotone)............. Pag. 57
Teorema 2.1.1.1 (Proprietà di ax)............. Pag. 63
Teorema 2.1.2.6 (Proprietà dei logaritmi)............. Pag. 66
Teorema 3.2.1.25 (Unicità del limite)............. Pag. 101
Teorema 3.2.1.26 (Operazioni con i limiti)............. Pag. 103
Teorema 3.2.5.37 (Continuità delle funzioni elementari)............. Pag. 110
Teorema 3.2.5.38 (Operazioni con le funzioni continue)............. Pag. 110
Teorema 3.2.5.40 (Continuità delle funzioni composte)............. Pag. 110
Teorema 3.2.6.42 (Forma indeterminata { � 0)............. Pag. 112
Teorema 3.2.9.49 (Limite delle funzioni composte)............. Pag. 114
Teorema 3.2.12.61 (Calcolo degli asintoti obliqui)............. Pag. 119
Teorema 3.3.1.64 (Permanenza del segno per i limiti)............. Pag. 121
Teorema 3.3.1.66 (Conservazione delle disuguaglianze)............. Pag. 123
Teorema 3.3.2.67 (Primo teorema di confronto)............. Pag. 123
Teorema 3.3.2.68 (Secondo teorema di confronto)............. Pag. 124
Teorema 3.3.10.84 (Limite di funzioni monotone)............. Pag. 133
Teorema 3.4.1.87 (Calcolo del limite di una successione)............. Pag. 135
Teorema 3.4.2.89 (Limite delle successioni monotone)............. Pag. 137
Teorema 3.4.2.90 (Primo teorema di confronto per le successioni)............. Pag. 137
Teorema 3.4.2.91 (Secondo teorema di confronto per le successioni)............. Pag. 138
Teorema 3.4.3.94 (Relazione tra il limite di una successione e quello delle sue sottosuccessioni)............. Pag. 139
Teorema 3.4.4.98 (Numero di Nepero)............. Pag. 141
Teorema 3.4.4.99 (Funzione esponenziale)............. Pag. 142
Teorema 4.1.1.2 (Operazioni con le funzioni continue)............. Pag. 146
Teorema 4.1.1.9 (Punti di discontinuità di una funzione monotona)............. Pag. 149
Teorema 4.1.1.10 (Permanenza del segno per le funzioni continue)............. Pag. 150
Teorema 4.2.2.18 (Di Weierstrass)............. Pag. 155
Teorema 4.2.3.21 (Degli zeri)............. Pag. 157
Teorema 4.2.3.25 (Dei valori intermedi)............. Pag. 160
Teorema 4.2.3.26 (Di Bolzano)............. Pag. 160
Teorema 4.2.3.28 (Intersezione di grafici)............. Pag. 161
Teorema 4.3.2.41 (Continuità delle funzioni uniformemente continue)............. Pag. 165
Teorema 4.3.2.42 (Di Cantor)............. Pag. 166
Teorema 5.1.3.15 (Continuità delle funzioni derivabili)............. Pag. 174
Teorema 5.1.3.18 (Operazioni con le derivate)............. Pag. 175
Teorema 5.1.3.20 (Derivazione delle funzioni composte)............. Pag. 176
Teorema 5.3.3.41 (Approssimazione lineare)............. Pag. 191
Teorema 5.4.1.46 (Regola dell'Hôpital)............. Pag. 193
Teorema 6.1.1.3 (Di Fermat)............. Pag. 198
Teorema 6.1.2.6 (Ricerca del minimo e del massimo assoluto)............. Pag. 200
Teorema 6.1.3.10 (Di Rolle)............. Pag. 201
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte7. Indici
2. Indice dei teoremi261
Settembre 2010
Teorema 6.1.3.10 (Di Rolle)............. Pag. 201
Teorema 6.1.3.11 (Di Lagrange)............. Pag. 202
Teorema 6.1.3.15 (Di Cauchy)............. Pag. 204
Teorema 6.1.3.16 (Criterio di monotonia)............. Pag. 205
Teorema 6.1.3.21 (Test per i punti di minimo o massimo relativo)............. Pag. 207
Teorema 6.3.1.36 (Caratterizzazione delle funzioni convesse)............. Pag. 220
Teorema 6.3.1.37 (Monotonia del rapporto incrementale)............. Pag. 221
Teorema 6.3.1.38 (Derivabilità di una funzione convessa)............. Pag. 222
Teorema 6.3.1.39 (Continuità di una funzione convessa)............. Pag. 223
Teorema 6.3.1.40 (Monotonia della derivata)............. Pag. 223
Teorema 6.3.1.41 (Criterio di convessità)............. Pag. 225
Teorema 6.3.1.42 (Tangente ad una funzione convessa)............. Pag. 225
Teorema 6.3.3.58 (Calcolo della derivata a sinistra e a destra)............. Pag. 240
Carlo Greco :
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2. Indice dei teoremi262
Settembre 2010
7.3. Indice analitico
I numeri di pagina in grassetto verde si riferiscono alle definizioni, quelli in corsivo rosso ai teoremi.
Accelerazione ... ... ... 188
Angoli notevoli ... ... ... 70, 72, 74, 76
Approssimazione numerica degli zeri ... ... ... 159
Approssimazioni ... ... ... 191
Arcocosecante ... ... ... 78
Arcocotangente ... ... ... 78
Arcosecante ... ... ... 78
Area settore circolare ... ... ... 125
Aritmetica nell'insieme dei numeri reali ampliato ... ... ... 100
Asintoti obliqui ... ... ... 118, 118
Asintototi orizzontali ... ... ... 93
Asintototi verticali ... ... ... 91
Bolzano ... ... ... 160
Calcolo degli asintoti obliqui ... ... ... 119
Calcolo del limite di una successione ... ... ... 135
Calcolo del limite per sostituzione ... ... ... 108
Caratterizzazione delle funzioni convesse ... ... ... 220
Cauchy ... ... ... 204
Classe di una funzione ... ... ... 188
Codominio ... ... ... 26
Coefficiente angolare ... ... ... 10, 168
Completezza di R ... ... ... 37
Composizione di funzioni strettamente monotone ... ... ... 57
Condizione necessaria e sufficiente per la contiguità ... ... ... 43
Confronto per le funzioni ... ... ... 123, 124
Conservazione delle disuguaglianze ... ... ... 123
Continuità delle funzioni composte ... ... ... 110
Continuità delle funzioni derivabili ... ... ... 174
Continuità delle funzioni uniformemente continue ... ... ... 165
Continuità di una funzione convessa ... ... ... 223
Coppie ordinate ... ... ... 7
Criterio di convessità ... ... ... 225
Criterio di monotonia ... ... ... 205
Derivabilità di una funzione convessa ... ... ... 222
Derivata ... ... ... 168
Derivata a sinistra (a destra) ... ... ... 171, 172, 240
Derivata infinita ... ... ... 173
Derivata seconda ... ... ... 186
Derivate delle funzioni elementari ... ... ... 182
Derivate delle funzioni elementari generalizzate ... ... ... 183
Derivate successive ... ... ... 186
Derivazione delle funzioni composte ... ... ... 176
Di Cantor ... ... ... 166
Discontinuità di prima specie ... ... ... 146
Discontinuità di seconda specie ... ... ... 146
Discontinuità eliminabile ... ... ... 146
Elemento di separazione ... ... ... 62, 63, 37
Errore ... ... ... 189
Esistenza del massimo dei minoranti ... ... ... 38
Esistenza del minimo dei maggioranti ... ... ... 38
Carlo Greco :
Appunti di Analisi Matematica I - Prima Parte7. Indici
3. Indice analitico263
Settembre 2010
Esistenza del minimo dei maggioranti ... ... ... 38
Estrarre una sottosuccessione ... ... ... 139
Estremo inferiore di una funzione ... ... ... 47
Estremo inferiore di un insieme numerico ... ... ... 38
Estremo superiore di una funzione ... ... ... 47
Estremo superiore di un insieme numerico ... ... ... 38
Fermat ... ... ... 198
Flesso ... ... ... 226
Forma indeterminata 0/0 ... ... ... 168
Forma indeterminata della somma ... ... ... 104
Forma indeterminata del prodotto ... ... ... 105
Forma indeterminata del quoziente ... ... ... 105
Forma indeterminata {/0 ... ... ... 105, 112, 112
Forme indeterminate ... ... ... 104, 132, 112
Forme indeterminate per f[x]^g[x] ... ... ... 132
Formule trigonometriche ... ... ... 70, 77
Funzione ... ... ... 9
Funzione arcocoseno ... ... ... 74
Funzione arcoseno ... ... ... 71
Funzione arcotangente ... ... ... 77
Funzione composta ... ... ... 25
Funzione concava ... ... ... 220
Funzione convessa ... ... ... 219
Funzione coseno ... ... ... 69
Funzione esponenziale ... ... ... 63, 63, 142
Funzione ingettiva ... ... ... 28
Funzione inversa ... ... ... 29
Funzione logaritmo ... ... ... 65, 66
Funzione pari o dispari ... ... ... 21
Funzione periodica ... ... ... 21, 21
Funzione potenza di esponente Α ... ... ... 132
Funzione seno ... ... ... 69
Funzione Sin[1/x] ... ... ... 94
Funzione strettamente concava ... ... ... 220
Funzione strettamente convessa ... ... ... 219
Funzione surgettiva ... ... ... 27
Funzione tangente ... ... ... 76
Funzione uniformemente continua ... ... ... 163
Funzioni composte ... ... ... 114, 176
Funzioni continue ... ... ... 108, 146, 110, 110, 146, 155, 157, 160, 160
Funzioni crescenti (decrescenti) ... ... ... 56
Funzioni discontinue ... ... ... 146, 146, 146
Funzioni elementari ... ... ... 182
Funzioni illimitate ... ... ... 154
Funzioni infinitesime ... ... ... 128
Funzioni irrazionali ... ... ... 116
Funzioni limitate ... ... ... 128, 45
Funzioni maggioranti ... ... ... 124
Funzioni minoranti ... ... ... 124
Funzioni monotone ... ... ... 133
Funzioni razionali ... ... ... 106, 112
Funzioni strettamente crescenti (decrescenti) ... ... ... 55
Funzioni (strettamente) monotone ... ... ... 56, 205
Grado ... ... ... 67
Grafico ... ... ... 9
Hôpital ... ... ... 193
Ingettività delle funzioni strettamente monotone ... ... ... 57
Insieme dei numeri reali ampliato ... ... ... 99
Insieme di definizione ... ... ... 9
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3. Indice analitico264
Settembre 2010
Insieme di definizione ... ... ... 9
Insieme di partenza ... ... ... 9
Insieme illimitato inferiormente ... ... ... 35
Insieme illimitato superiormente ... ... ... 35
Insieme limitato ... ... ... 35
Insieme limitato inferiormente ... ... ... 35
Insieme limitato superiormente ... ... ... 35
Insiemi contigui ... ... ... 62, 63, 39
Insiemi separati ... ... ... 36
Intersezione di grafici ... ... ... 161
Intervallo ampliato ... ... ... 99
Intorno di ±¥ ... ... ... 99
Intorno (sinistro o destro) di un punto ... ... ... 99
Lagrange ... ... ... 202
Limite a destra ... ... ... 97
Limite a sinistra ... ... ... 96
Limite che non esiste ... ... ... 95, 96
Limite (def. generale) ... ... ... 100
Limite delle funzioni composte ... ... ... 114
Limite delle successioni monotone ... ... ... 137
Limite di funzioni monotone ... ... ... 133
Limite di Sin[x]/x ... ... ... 125
Limite di successioni ... ... ... 135
Limite finito in più o meno infinito ... ... ... 91
Limite finito in un punto ... ... ... 85
Limite infinito in più o meno infinito ... ... ... 93
Limite infinito in un punto ... ... ... 90
Limiti delle funzioni elementari ... ... ... 102
Limiti notevoli ... ... ... 125, 126
Logaritmi neperiani ... ... ... 65
maggiorante ... ... ... 35
Maggioranti ... ... ... 45
Massimo di un insieme numerico ... ... ... 36
Matematica Finanziaria ... ... ... 140
Minimo di un insieme numerico ... ... ... 36
Minimo e massimo di una funzione ... ... ... 153, 46
Minimo (massimo) assoluto ... ... ... 155
minorante ... ... ... 35
Minoranti ... ... ... 45
Minuti ... ... ... 67
Misura di un angolo ... ... ... 67
Misura in radianti ... ... ... 67
Monomio dominante ... ... ... 105
Monotonia della derivata ... ... ... 223
Monotonia del rapporto incrementale ... ... ... 221
Nepero ... ... ... 64, 65, 141
Numeri trascendenti ... ... ... 141
Numero di Nepero ... ... ... 64, 65, 141
Operazioni con funzioni periodiche ... ... ... 78
Operazioni con i limiti ... ... ... 103
Operazioni con le derivate ... ... ... 175
Operazioni con le funzioni continue ... ... ... 146
Parcheggio ... ... ... 14, 17
Parte intera ... ... ... 142
Pendenza ... ... ... 168
Pendenza infinita ... ... ... 13
Periodo ... ... ... 21
Periodo minimo ... ... ... 78, 23, 23
Permanenza del segno per i limiti ... ... ... 121
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3. Indice analitico265
Settembre 2010
Permanenza del segno per i limiti ... ... ... 121
Permanenza del segno per le funzioni continue ... ... ... 150
Polinomi ... ... ... 105
Potenza con esponente reale ... ... ... 62
Prezzi benzina ... ... ... 17
Primo teorema di confronto ... ... ... 123
Primo teorema di confronto per le successioni ... ... ... 137
Prodotto di una funzione infinitesima per una limitata ... ... ... 128
Progressione aritmetica ... ... ... 59
Progressione geometrica ... ... ... 60
Prolungamento per continuità di una funzione ... ... ... 150
Proprietà caratteristiche ... ... ... 41
Proprietà caratteristiche dell'estremo inferiore e superiore di una funzione ... ... ... 48
Proprietà di completezza ... ... ... 63
Punti di discontinuità di una funzione monotona ... ... ... 149
Punto angoloso o cuspidale ... ... ... 174
Punto critico ... ... ... 199
Punto di flesso ... ... ... 226
punto di massimo ... ... ... 46
Punto di massimo ... ... ... 153
punto di minimo ... ... ... 46
Punto di minimo ... ... ... 153
Punto di minimo (massimo) relativo ... ... ... 197
Punto di minimo (massimo) relativo proprio ... ... ... 198
Radianti ... ... ... 67
Ragione ... ... ... 60
Rapporto incrementale ... ... ... 168
Regola dell'Hôpital ... ... ... 193
Relazione tra il limite di una successione e quello delle sue sottosuccessioni ... ... ... 139
Restrizione ... ... ... 10
Restrizione di una funzione tra insiemi ... ... ... 10
Retta secante ... ... ... 167
Retta tangente ... ... ... 166, 190, 191
Ricerca del minimo e del massimo assoluto ... ... ... 200
Rolle ... ... ... 201
Salto ... ... ... 146
Secondi ... ... ... 67
Secondo teorema di confronto ... ... ... 124
Secondo teorema di confronto per le successioni ... ... ... 138
Segno ... ... ... 111, 15
Sign[x] ... ... ... 111
Simmetrie ... ... ... 20
Somma dei primi n termini di una progressione geometrica ... ... ... 60
Somma di una funzione divergente e una limitata ... ... ... 130
Somma prodotto e reciproco di funzioni strettamente monotone ... ... ... 56
Sottosuccessioni ... ... ... 139
Sottosuccessioni estratte ... ... ... 139
Studio dei punti angolosi o cuspidali ... ... ... 237
Successioni ... ... ... 59, 135, 137, 138
Successioni composte ... ... ... 139
Successioni estratte ... ... ... 139
Successioni monotone ... ... ... 137
Successioni (strettamente) crescenti (decrescenti) ... ... ... 61
Successioni (strettamente) monotone ... ... ... 61
Tangente ad una funzione convessa ... ... ... 225
Tangente a sinistra (a destra) ... ... ... 172
Tangente verticale ... ... ... 173
Tasso di interesse ... ... ... 140
Teorema dei carabinieri ... ... ... 123
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3. Indice analitico266
Settembre 2010
Teorema dei carabinieri ... ... ... 123
Teorema di Cauchy ... ... ... 204
Teorema di esistenza ... ... ... 156
Teorema di Fermat ... ... ... 198
Teorema di Rolle ... ... ... 201
Test per i punti di minimo o massimo relativo ... ... ... 207
Unicità del limite ... ... ... 101
Uniforme continuità ... ... ... 163
Valore assoluto ... ... ... 15
Valori intermedi ... ... ... 160
Variabile dipendente ... ... ... 7
Variabile indipendente ... ... ... 7
Velocità istantanea ... ... ... 188
Weierstrass ... ... ... 155
Zeri ... ... ... 157
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3. Indice analitico267
Settembre 2010
7.4. Notazioni
Segnaliamo le principali differenze tra le notazioni usate in queste dispense e quelle standard.
Notazione usata nelle dispense Significato Notazione standardf @xD Simbolo di funzione f HxL
f @x, yD Simbolo di funzione f Hx, yLã Numero di Nepero e
ãx Funzione esponenziale ex
Log@xD Logaritmi naturali log xSin@xD Funzione seno sen xCos@xD Funzione coseno cos xTan@xD Funzione tangente tg x
ArcSin@xD Funzione arcoseno arcsen xArcCos@xD Funzione arcocoseno arccos xArcTan@xD Funzione arcotangente arctan x
Sec@xD Funzione secante H 1
cos xL sec x
Csc@xD Funzione cosecante H 1
sin xL cosec x
Cot@xD Funzione cotangente H 1
tg xL cotg x
Sin@xD2 Seno al quadrato sin2 x
Sin@x2D Seno di x al quadrato sinHx2L
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4. Notazioni268
Settembre 2010