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Michele Melegari Ricerche e sperimentazioni su oli essenziali in Appennino: ieri, oggi…domani Riassunto La relazione illustra sinteticamente le principali sperimentazioni condotte nell’arco di un trentennio dal Gruppo di ricerca operante nel nostro Ateneo, sugli oli essenziali ottenuti da piante aromatiche messe a dimora in varie località appenniniche. Sono riassunte le fasi e le modalità di collaborazione che hanno favorito gli studi, e in particolare il rapporto con il Giardino delle Erbe di Càsola Valsenio (RA) e con l’IPSA “L.Spallanzani”, Sede di Monteombraro. Vengono evidenziate le potenzialità del settore, e le diverse problematiche connesse alla diffusione di questi prodotti in aree montane. Abstract The article describes in summary the researches carried out by the "Research group on active principles of plants"of University of Modena and Reggio Emilia, during over thirty years, on essential oils of aromatic species cultivated in the Apennine area. In particular, are explained the methods of collaboration with the Giardino delle Erbe (Càsola Valsenio,RA) and with the IPSA “L.Spallanzani” (Monteombraro), which forwarded the realization of the experiments of distillation and the evaluation of the results obtained. Parole chiave: oli essenziali, variabilità, distillazione Key words: essential oils, variability, distillation Introduzione Innanzitutto è opportuno ricordare che circa 60 anni fa si è svolto a Modena il IV° Congresso Nazionale di Erboristeria (fig.1 Atti, 1955), con la partecipazione di importanti personalità e di esperti del settore, soprattutto universitari, italiani e stranieri. Questo evento sta a dimostrare come già allora fosse consolidata la vocazione del territorio provinciale, e in particolare delle zone appenniniche, per la sperimentazione e coltivazione delle piante officinali. Via M.Curie, 8, 41126 Modena – e-mail: [email protected] 21 novembre 2014 – Aula Storica dell’Orto Botanico - Conferenza alla Società dei Naturalisti e Matematici di Modena

 · Web viewDopo circa un ventennio, l’interesse nei confronti di queste problematiche è stato ripreso da parte del “Gruppo di ricerca sulle piante officinali”, attivo nella

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Michele Melegari

Ricerche e sperimentazioni su oli essenziali in Appennino: ieri, oggi…domani

Riassunto

La relazione illustra sinteticamente le principali sperimentazioni condotte nell’arco di un trentennio dal Gruppo di ricerca operante nel nostro Ateneo, sugli oli essenziali ottenuti da piante aromatiche messe a dimora in varie località appenniniche. Sono riassunte le fasi e le modalità di collaborazione che hanno favorito gli studi, e in particolare il rapporto con il Giardino delle Erbe di Càsola Valsenio (RA) e con l’IPSA “L.Spallanzani”, Sede di Monteombraro. Vengono evidenziate le potenzialità del settore, e le diverse problematiche connesse alla diffusione di questi prodotti in aree montane.

Abstract

The article describes in summary the researches  carried out by the "Research group on active principles of plants"of University of Modena and Reggio Emilia, during over thirty years, on essential oils of aromatic species cultivated in the Apennine area. In particular, are explained the methods of collaboration with the Giardino delle Erbe (Càsola Valsenio,RA) and with the IPSA “L.Spallanzani” (Monteombraro), which forwarded the realization of the experiments of distillation and the evaluation of the results obtained.

Parole chiave: oli essenziali, variabilità, distillazione

Key words: essential oils, variability, distillation

Introduzione

Innanzitutto è opportuno ricordare che circa 60 anni fa si è svolto a Modena il IV° Congresso Nazionale di Erboristeria (fig.1 Atti, 1955), con la partecipazione di importanti personalità e di esperti del settore, soprattutto universitari, italiani e stranieri. Questo evento sta a dimostrare come già allora fosse consolidata la vocazione del territorio provinciale, e in particolare delle zone appenniniche, per la sperimentazione e coltivazione delle piante officinali.

(Fig.1)

Via M.Curie, 8, 41126 Modena – e-mail: [email protected] 21 novembre 2014 – Aula Storica dell’Orto Botanico - Conferenza alla Società dei Naturalisti e Matematici di Modena

Nel corso delle giornate del Convegno, fra le altre attività, sono stati presentati i campi sperimentali “Parco l’Abetina” (Pavullo) e “Giardino Esperia” (Sestola), che possono essere considerati come i primi centri di studio di tale settore in Appennino modenese. Dopo circa un ventennio, l’interesse nei confronti di queste problematiche è stato ripreso da parte del “Gruppo di ricerca sulle piante officinali”, attivo nella nostra Università, che ha avviato studi sperimentali, anche dietro sollecitazione della Società dei Naturalisti e Matematici di Modena (di cui i vari docenti erano soci), e con la collaborazione operativa dell’Ispettorato Ripartimentale Foreste, che ha messo a disposizione i vivai, allora attivi, di Pavullo, Sestola, S.Andrea Pelago, Lago della Ninfa, e Capanno Tassoni. Per quanto riguarda l’utilizzo dell’area in prossimità del Lago della Ninfa, fa ricordato che il Comune di Sestola ha offerto la possibilità di operare senza oneri nel relativo vivaio. L’interesse è stato rivolto principalmente verso le piante aromatiche, con l’obiettivo di valutare la produttività, le caratteristiche e la qualità dei relativi oli essenziali (o.e.). Nello stesso periodo il Gruppo di ricerca aveva stabilito uno stretto rapporto con il Giardino delle Erbe “A.Rinaldi Ceroni” di Càsola Valsenio (RA) (Azienda Regionale Foreste), realtà di primaria importanza nel settore delle piante officinali; ciò ha consentito, oltre alla fornitura delle specie da mettere a dimora, anche una proficua collaborazione di tipo tecnico-scientifico con il Giardino, allora diretto da Augusto Rinaldi Ceroni, fondatore di quella struttura, e ben noto in Italia, e non solo, come il “Prof delle erbe”. Da diversi anni alla guida del giardino vi è ora Sauro Biffi, degno allievo del Prof. Le sperimentazioni sono state svolte in seguito in collaborazione con Carlantonio Zanzucchi, direttore del Consorzio Comunalie Parmensi, che in quel periodo stava conducendo ricerche nell’ambito di un progetto finalizzato dell’allora Ministero Agricoltura Foreste, in varie zone montane dell’Appennino, situate nei comuni di Albareto, Bedonia e Borgotaro. Le località appenniniche scelte per la messa a dimora delle piante aromatiche, nelle provincie di Ravenna, Modena e Parma, sono molto differenziate dal punto di vista di altitudine e di caratteri pedoclimatici, e ciò ha rappresentato un fattore importante ai fini della valutazione comparativa dei risultati, sia dal punto di vista della produttività di materiale vegetale da distillare, ma soprattutto per le diverse caratteristiche degli oli essenziali ottenuti, in termini di qualità: è nota infatti la grande variabilità di composizione, e quindi di proprietà, dell’olio essenziale, pure ottenuto da una medesima specie o varietà. Gli altri fattori di variabilità presi in considerazione ai fini del giudizio sull’olio essenziale riguardano naturalmente il momento balsamico e la procedura di distillazione, che sono stati mantenuti di norma uniformi, e comunque valutati, qualora applicati con modalità diverse.

Le piante aromatiche messe a dimora appartengono ai generi Mentha, Lavandula, Salvia, Thymus, tutti della famiglia delle Lamiaceae, che si può considerare la più importante famiglia fonte di oli essenziali. Le aree di studio sono state le seguenti:

- in provincia di Ravenna: Càsola Valsenio, Trario e Cà di Stefano- in provincia di Modena, oltre all’Orto botanico dell’Università, preso come punto di

riferimento: Istituto L. Spallanzani (Monteombraro); Vivai ARF : “Il Palazzo” (Pavullo), “Pomastaggia” (S.Andrea Pelago), “La Romania” (Sestola), Lago della Ninfa (Sestola), Capanno Tassoni (Fanano); fascia pedemontana

- in provincia di Parma: diverse località nei comuni di Albareto, Bedonia, Borgotaro (Consorzio Comunalie Parmensi)

Per la valutazione degli oli essenziali è stata rispettata come norma la uniformità di procedimento e di apparato di distillazione; in alcuni casi, peraltro, si è presa inconsiderazione

l’influenza del diverso sistema di distillazione sulla composizione dell’o.e., comparando i dati ottenuti con il piccolo impianto da laboratorio (cf.oltre), con quelli dell’o.e. estratto con l’impianto di tipo industriale, a produzione di vapore esterna, modello allora in uso nella Scuola di Monteombraro (di recente sostituito con un nuovo distillatore, cf oltre)

Distillazione in corrente di vapore

Questo procedimento operativo sfrutta un duplice passaggio di stato:

liquido aeriforme liquido

Schematicamente: il vapor d’acqua attraversa dal basso il materiale vegetale, posto con un certo criterio all’interno del cosiddetto “alambicco” (cestello traforato); l’essenza, liquida nel tessuto vegetale, passa allo stato gassoso, trascinata dal vapor d’acqua. Dall’alto fuoriesce la miscela gassosa di H2O e o.e., che attraverso il “collo di cigno” passa nel refrigerante, dove condensa, e ricade nel separatore (“bottiglia fiorentina”), in cui stratifica: allo stato liquido, o.e. e acqua sono infatti praticamente inmiscibili . Si prelevano poi separatamente l’olio essenziale e l’acqua aromatica (cf. fig.2).

(Fig.2)

Per le prove di laboratorio si è utilizzato un apparato tipo Clevenger (fig.3), modificato secondo lo schema previsto dalla International Federation of Fruit Juice Producers, e completato ad opera dei ricercatori del Gruppo, con l’applicazione di un tubo che consente il riciclo dell’acqua aromatica condensata nella caldaia di acciaio inossidabile.

Fig.3

Le piante aromatiche oggetto di sperimentazione, fornite dal Giardino delle Erbe di Càsola Valsenio, sono le seguenti:

- genere Lavandula: L.vera (varie selezioni) - L.hybrida (“lavandini”), diverse cv: Abrialis, Grosso, Italico, Maime, R.C., Super A, Super Z e altri.

- Mentha piperita- Salvia officinalis, Salvia sclarea- Thymus vulgaris

E’ stato studiato anche il ginepro, Juniperus communis L., specie spontanea molto diffusa in Appennino, presente in due subspecie (communis e nana), che fornisce un olio essenziale interessante per le proprietà antibatteriche (Melegari et al.,1987).

La caratterizzazione dei numerosissimi campioni di o.e. ottenuti in un arco poliennale, è stata effettuata di norma tramite GLC e MS GLC, tecniche di elezione per questi derivati, peraltro abbastanza lunghe e laboriose. Per questo motivo è stato messo a punto un nuovo metodo spettrofotometrico IR (Albasini et al., 1982), basato sulla determinazione quali- e quantitativa dei componenti carbonilici (esteri e canfora), e alcolici presenti, metodo rivelatosi idoneo anche per la individuazione delle diverse specie e/o cv del genere Lavandula.

Si è potuta chiarire l’influenza di diversi fattori sulla composizione degli o.e.: altitudine delle aree, età della pianta, annata, condizioni meteoclimatiche e pedologiche, tempo e tecnica di raccolta, conservazione del materiale vegetale, modalità della distillazione etc. E’ stata pure interessante la valutazione olfattiva degli o.e., effettuata da esperti del settore dell’alta profumeria, e risultata in buon accordo con i dati dell’analisi gascromatografica; il giudizio olfattivo, fra l’altro, costituisce anche un parametro fondamentale per stabilire il valore commerciale di alcuni o.e., quelli di Lavandula in primis. I risultati delle ricerche sono state pubblicati in numerose riviste italiane e straniere; quelli di maggiore interesse per il territorio appenninico sono reperibili negli “Atti della Società dei naturalisti e Matematici di Modena”. Si riportano in ordine cronologico, come primo autore, le citazioni più rappresentative per le diverse piante sperimentate (per i titoli dettagliati, vedasi Bibliografia): Pecorari et al. (1976 e 1980) (Salvia sp); Melegari et al. (1978, 1981, 1987) (Lavandula sp, Juniperus sp.); Albasini et al. (1979,1982,1984, 1987) (Lavandula sp, Thymus vulgaris); Bianchi et al. (1987) (Lavandula sp.,Salvia officinalis); Vampa et al. (1988) (Thymus vulgaris); una recente rassegna generale degli studi è negli “Atti” del 2008 (Melegari).

Fra gli studi specifici, merita di essere ricordato quello riguardante la cv. Grosso di Lavandula hybrida Rev., varietà molto interessante sia per le caratteristiche agro-colturali e di adattabilità, sia per la qualità dell’olio essenziale, caratterizzato da contenuti % molto elevati di linalolo e linalilacetato, che, come è noto, sono i costituenti fondamentali degli o.e. del genere Lavandula, e con rapporto più favorevole rispetto alle altre cv diffuse.

La ricerca è stata condotta su un esemplare di questo ibrido, allo scopo di chiarire un evento abbastanza singolare (Bianchi et al. ,1987). Una pianta di L.hybrida Grosso, proveniente dal Giardino delle Erbe di Càsola V. e trapiantato nell’Orto Botanico dell’Ateneo modenese, in fase di sviluppo ha mostrato negli anni successivi notevoli differenze morfologiche tra la parte centrale del cespuglio (infiorescenze di colore bianco) e quella periferica (infiorescenze di colore viola) (fig.4)

Fig.4 Fig.5

Sono state fatte accurate ricerche di tipo macro- e micromorfologico sulle infiorescenze, e indagini sulla composizione degli o.e., ottenuti dai due tipi di fiori con una particolare tecnica di microdistillazione (fig.5), data la esigua quantità di materiale vegetale. Si sono così riscontrate significative differenze per entrambi gli aspetti esaminati, e in particolare per la composizione dei due o.e.. (Tab.I). Dopo la micropropagazione in vitro, effettuata da un laboratorio specializzato, sono continuate le osservazioni su centinaia di piante “a fiori bianchi” (da noi denominati “BAM” bianchi

Composizione (%) di o.e. di varie “entità” di Lavandula sp.

terpeni eucaliptolo canfora linalolo linalil- acetato

terpinen-4-olo

Lav.vera DC 1,1 0,2 0,5 42,5 37,7 0,7Ibr.Grosso 2,5 8,1 7,2 31,2 27,7 0,9BAM viola 0,9 0,4 0,4 40,1 39,9 0,1

BAM bianco 1,9 0,7 0,3 37,7 7,9 24,5

Tab.I

e “a fiori viola” (“BAM” viola)1, messe a dimora in diverse località appenniniche: Monteombraro (MO) , Albareto (PR)2, e altre zone; è stata confermata la persistenza delle diversità morfologiche e di olio essenziale anche negli anni successivi. Le piante a fiori bianchi in seguito sono state utilizzate per il loro pregio decorativo. Riguardo a quelle a fiori viola, va sottolineata la peculiarità delle caratteristiche chimiche e di pregio olfattive dell’o.e., molto diverso da quello della “pianta madre” , L.hybrida Rev. “Grosso”, e molto simile a quello di L.vera (lavanda fine).

Le distillazioni in laboratorio delle aromatiche sperimentate, condotte in stretto collegamento e con i medesimi criteri, sono state svolte in diverse sedi: Università di Modena (Istituto di Chimica Farmaceutica, poi Dipartimento di Scienze Farmaceutiche), Istituto L.Spallanzani (Sede di Monteombraro)3, Giardino delle Erbe di Càsola Vasenio (RA), Consorzio Comunalie Parmensi (Albareto) . Si sono effettuate prove comparative, corrispondenti ai diversi momenti balsamici e agli altri fattori di variabilità. I risultati conseguiti per le specie allo studio sono riportati nelle pubblicazioni già citate.

Per le ricerche è risultato fondamentale il rapporto di collaborazione con la Sede di Monteombraro dell’Istituto L.Spallanzani, che aveva in funzione nella sua azienda, anche il grande distillatore, unico nel nostro appennino, in grado di contenere diversi quintali di materiale vegetale, e quindi di servire, all’occorrenza, per conto terzi. Ciò ha consentito di confrontare e valutare l’influenza della tecnica estrattiva (da laboratorio o industriale) sulle caratteristiche dell’o.e. di una determinata specie, e di ottimizzare i parametri operativi ai fini di una migliore qualità dell’o.e., in funzione delle possibili utilizzazioni (fitoterapia, aromatizzazione, alta profumeria). L’apparato, in funzione fino a poco tempo fa, era del tipo cosiddetto “tradizionale”, a produzione di vapore esterna (fig.6).

Fig.6

Molto recentemente (2014) è stato inaugurato il nuovo distillatore industriale (fig.7)4, dotato di tre cestelli (alambicchi), di cui due disponibili per la distillazione e uno per la preparazione della balla di materiale vegetale, e di un innovativo sistema di raffreddamento, che abbassa la temperatura utilizzando acqua preraffreddata con ventole esterne. Tale impianto è in grado di operare più efficacemente, e quasi in continuo, su notevoli quantità di materiale vegetale; ciò offre maggiori possibilità ai coltivatori di piante aromatiche su larga scala, per i quali la scuola di Montembraro costituisce da tempo un sicuro riferimento, per le problematiche di tipo agronomico inerenti le piante aromatiche (soprattutto Lavandula sp.5), quali le tecniche agrocolturali, la raccolta 1 B.A.M.: Bianchi, Albasini, Melegari2 Campo sperimentale del Consorzio Comunalie Parmensi3 Si ringraziano per la disponibilità e per la collaborazione i responsabili della sede di Monteombraro, che si sono succeduti in questi anni: Maurizio Galli, Ledo Leonelli, Steven Bazzani, e l’attuale Dirigente Scolastico dell’ Istituto L.Spallanzani, Luigi Solano4 Foto gentilmente fornite da Steven Bazzani5 Ogni anno si tiene a Monteombraro nel mese di luglio la “Fiera della Lavanda”

meccanizzata etc, e per le possibilità di trasformazione degli o.e. in vari prodotti (saponi, shampoo, lozioni, profumi etc), che fa parte delle attività di formazione degli allievi della scuola.

Fig.7

Oltre alle ricerche sperimentali sulle piante officinali, si svolgono in Appennino iniziative di tipo culturale e divulgativo, a cui il nostro Gruppo di ricerca collabora, volte a fare conoscere le caratteristiche delle piante aromatiche e degli oli essenziali, settore che potrebbe rappresentare una potenzialità economica per le aree montane. Una attività molto interessante per le Scuole è realizzabile nel Museo Naturalistico del Frignano “F.Minghelli” (Castello di Montecuccolo – Pavullo), nel quale è stato acquisito dietro nostro suggerimento un distillatore da laboratorio (cf.fig.3), che consente la possibilità di laboratori didattici, semplici ma suggestivi: per esempio, quello denominato “Profumo di Lavanda” !

Conclusioni

I risultati conseguiti con le ricerche confermano, da un lato, le buone qualità degli oli essenziali di piante coltivabili in aree appenniniche, e di specie spontanee (ginepro), con possibilità di sviluppi commerciali non trascurabili. Oltre alla qualità, è molto importante anche la resa produttiva, sia in termini di materiale vegetale in campo, per fattori di altitudine, clima, suolo, possibilità di raccolta, e logistici (trasporto etc), sia la % di o.e./kg ; molto dipende da quale specie, o varietà o cv. (nel caso di Lavandula: L.vera ? L.hybrida? e quale cv ?). La disponiblità di un grande distillatore, le competenze ormai consolidate nella Scuola di Monteombraro, e i rapporti di collaborazione con il Giardino delle Erbe di Càsola Valsenio e con l’Ateneo modenese, rappresentano elementi incoraggianti per una possibile espansione del settore nella nostra provincia, che peraltro trova competitori molto forti in altre regioni italiane e in nazioni vicine, nelle quali vi sono situazioni territoriali e logistiche più favorevoli, e anche una tradizione consolidata da molti decenni. In prospettiva turistica e paesaggistica, andrebbe pure considerato un altro aspetto: la diffusione di coltivazioni di specie aromatiche, anche lungo le strade e nelle rotonde (si veda l’esempio della Valle del Senio), con aromi sparsi in aria dalla distillazione in aziende agricole o agrituristiche (la Provenza insegna), favorirebbe il turismo cosiddetto minore, con benefici economici per territorio montano.

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