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www.judicium.it 1 ACHILLE SALETTI Competenza e giurisdizione nell’espropriazione di crediti (*) SOMMARIO: 1. Il nuovo quadro normativo. - 2. La ratio della riforma. 3. Lambito di applicazione della nuova regola sull’espropriazione forzata di crediti. 4. I problemi esegetici posti dalla nuova di- sposizione. 5. La giurisdizione in tema di espropriazione di crediti. 1. Fin dall’entrata in vigore del vigente codice di rito, lart. 26 c.p.c. disciplinava, al suo secondo comma, la competenza territoriale per l’espropriazione di crediti, attribuendola al giu- dice del luogo di residenza del terzo debitore. La norma veniva tradizionalmente giustificata os- servando che, anche in materia, trovava applicazione il forum rei sitae, essendo, con riferimento ai crediti, “chiaro che la legge ne ha individuato la sede ideale presso il debitore e precisamente presso la sua residenza” 1 . Questa regola, in vigore da oltre settant’anni, ma oggetto da ultimo di critiche 2 , è stata abbandonata dal legislatore, che ha abrogato la previsione in argomento contenuta nel 2° com- ma dell’art. 26 c.p.c. 3 , introducendo, per disciplinare la materia, il nuovo art. 26 bis c.p.c. 4 , inti- tolato “foro relativo all’espropriazione forzata dei crediti”. La nuova norma consta di due commi, dove, singolarmente, la regola generale è contenuta nella seconda delle due previsioni, essendo la prima dedicata ad un regime di eccezione previsto per il caso che il debitore esecutato sia rappresentato da una pubblica amministrazione. Cominciando, dunque, da quella che è la regola generale, la stessa risulta capovolta rispet- to a quanto era prima statuito, attribuendosi la competenza territoriale per l’espropriazione di (*) Il presente scritto è dedicato con amicizia a Nicola Picardi e verrà inserito negli Studi in Suo onore. 1 G. TARZIA, L’oggetto del processo di espropriazione, Milano, 1961, 392. 2 Soprattutto per gli ostacoli che ne derivavano al simultaneus processus, in caso di pluralità di terzi debi- tori residenti in luoghi che giustificavano differenti competenze: cfr., in argomento, M. POLLONI, Su ra- tio e limiti (de iure condito) del simultaneus processus esecutivo nell’ipotesi di pignoramento da ese- guirsi presso più terzi, in Riv. esec. forz., 2011, 339 ss. Ma, per la possibilità, già prima della modifica in argomento, di procedere ad un’espropriazione uni taria anche in questi casi, v. B. CAPPONI, Il simul- taneus processus nell’espropriazione forzata di crediti, ivi, 2011, 342 ss.; G. TOTA, In tema di translatio iudicii e connessione nel processo di espropriazione presso terzi, in Riv. dir. proc., 2008, 1580 ss. 3 Che oggi è dedicato alla competenza territoriale per l’esecuzione forzata su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi. 4 Con d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, in legge 10 novembre 2014, n. 162.

Saletti.pdf · posta dall’abrogato 2° comma dell’art. 26 c.p.c. dovesse ritenersi superata stante la possibilità del terzo di rendere la propria dichiarazione normalmente

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ACHILLE SALETTI

Competenza e giurisdizione

nell’espropriazione di crediti (*)

SOMMARIO: 1. Il nuovo quadro normativo. - 2. La ratio della riforma. – 3. L’ambito di applicazione della

nuova regola sull’espropriazione forzata di crediti. – 4. I problemi esegetici posti dalla nuova di-

sposizione. – 5. La giurisdizione in tema di espropriazione di crediti.

1. – Fin dall’entrata in vigore del vigente codice di rito, l’art. 26 c.p.c. disciplinava, al suo

secondo comma, la competenza territoriale per l’espropriazione di crediti, attribuendola al giu-

dice del luogo di residenza del terzo debitore. La norma veniva tradizionalmente giustificata os-

servando che, anche in materia, trovava applicazione il forum rei sitae, essendo, con riferimento

ai crediti, “chiaro che la legge ne ha individuato la sede ideale presso il debitore e precisamente

presso la sua residenza” 1.

Questa regola, in vigore da oltre settant’anni, ma oggetto da ultimo di critiche 2, è stata

abbandonata dal legislatore, che ha abrogato la previsione in argomento contenuta nel 2° com-

ma dell’art. 26 c.p.c. 3, introducendo, per disciplinare la materia, il nuovo art. 26 bis c.p.c. 4, inti-

tolato “foro relativo all’espropriazione forzata dei crediti”.

La nuova norma consta di due commi, dove, singolarmente, la regola generale è contenuta

nella seconda delle due previsioni, essendo la prima dedicata ad un regime di eccezione previsto

per il caso che il debitore esecutato sia rappresentato da una pubblica amministrazione.

Cominciando, dunque, da quella che è la regola generale, la stessa risulta capovolta rispet-

to a quanto era prima statuito, attribuendosi la competenza territoriale per l’espropriazione di

(*) Il presente scritto è dedicato con amicizia a Nicola Picardi e verrà inserito negli Studi in Suo onore. 1 G. TARZIA, L’oggetto del processo di espropriazione, Milano, 1961, 392.

2 Soprattutto per gli ostacoli che ne derivavano al simultaneus processus, in caso di pluralità di terzi debi-

tori residenti in luoghi che giustificavano differenti competenze: cfr., in argomento, M. POLLONI, Su ra-

tio e limiti (de iure condito) del simultaneus processus esecutivo nell’ipotesi di pignoramento da ese-

guirsi presso più terzi, in Riv. esec. forz., 2011, 339 ss. Ma, per la possibilità, già prima della modifica

in argomento, di procedere ad un’espropriazione unitaria anche in questi casi, v. B. CAPPONI, Il simul-

taneus processus nell’espropriazione forzata di crediti, ivi, 2011, 342 ss.; G. TOTA, In tema di translatio

iudicii e connessione nel processo di espropriazione presso terzi, in Riv. dir. proc., 2008, 1580 ss. 3 Che oggi è dedicato alla competenza territoriale per l’esecuzione forzata su autoveicoli, motoveicoli e

rimorchi. 4 Con d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, in legge 10 novembre 2014, n. 162.

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crediti al giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede

(art. 26 bis, 2° comma, c.p.c.). Per contro, rimane ferma la regola tradizionale (con qualche va-

riante) quando debitore esecutato sia una pubblica amministrazione, caso in cui è competente,

salvo diversa previsione contenuta in leggi speciali, il giudice del luogo ove il terzo ha la resi-

denza oppure il domicilio, la dimora o la sede.

La modifica ha suscitato diversi giudizi: taluni nettamente positivi 5, altri altrettanto nega-

tivi 6; né manca chi coglie luci ed ombre nella modifica, critico per certi profili – ad es., l’aver

differenziato la competenza a seconda che il debitore sia una pubblica amministrazione o meno

– ma favorevole per altri 7.

Si tratta di un cambiamento che si inquadra nel quadro della più ampia riforma

dell’espropriazione presso terzi compiuta iniziata con la legge 24 dicembre 2012, n. 228 e ulte-

riormente proseguita con il decreto legge n. 132/2014, convertito in l. 162/2014, che ha intro-

dotto anche la norma che ci interessa: norma che, innovando profondamente ad una regola con-

solidata, apre nuovi scenari.

2. – La ratio della nuova disciplina è individuata nella Relazione 8 al d.l. 132/2014 in ra-

gione del fatto che “l’interesse tutelato dal criterio dettato dal citato articolo 26 va identificato

con quello del terzo chiamato a rendere la dichiarazione: l’interesse di un soggetto, cioè, che

non è parte dell’espropriazione”; sicché, non essendo il terzo più obbligato a comparire per ren-

5 M.G. CANELLA, Novità in materia di esecuzione forzata, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 278; E.

D’ALESSANDRO, L’espropriazione presso terzi, in AA.VV., Processo civile efficiente e riduzione

dell’arretrato a cura di F.P. Luiso, Torino, 2014, 67 ss.; F. DE STEFANO, Gli interventi in materia di

esecuzione forzata nel d.l. 132/2014; in Riv. esecuz. forz., 2014, 792 s.; P. FARINA, in C. PUNZI, Il pro-

cesso civile. Sistema e problematiche. Le riforme del quinquennio 2010-2014, Torino, 2015, 506 s.;

M.A.P. FRANCOLA, in AA.VV., La nuova riforma del processo civile a cura di F. Santangeli, Roma,

2015, 259; D. LONGO, Foro relativo all’espropriazione forzata di crediti, in Misure urgenti per la fun-

zionalità e l’efficienza della giustizia civile a cura di D. Dalfino, Torino, 2015, 149 ss.; L. PASSANANTE,

in F. CARPI – M. TARUFFO, Commentario breve al codice di procedura civile, VIII ed., Padova, 2015,

116. In senso positivo sembrano orientato anche B. CAPPONI, Manuale di diritto dell’esecuzione civile,

III ed., Torino, 2015, 210; C. CONSOLO, Un d.l. processuale in bianco e nerofumo sullo equivoco della

“degiurisdizionalizzazione”, in Corr. giur., 2014, 1180; C. MANDRIOLI – A. CARRATTA, Diritto proces-

suale civile, XXIV ed., IV, Torino, 2015, 135. Nel senso, già ante riforma, che la regola di competenza

posta dall’abrogato 2° comma dell’art. 26 c.p.c. dovesse ritenersi superata stante la possibilità del terzo

di rendere la propria dichiarazione normalmente senza necessità di comparire all’udienza, v. C.

ASPRELLA, in AA.VV., Commentario del codice di procedura civile diretto da L.P. Comoglio, C. Con-

solo, B. Sassani e R. Vaccarella, I, Torino, 2012, 391 s. 6 In questo senso v. G. FINOCCHIARO, Riscritto il regime dell’espropriazione verso terzi, in Guida dir.,

2014, n. 40, XLVI; A. TEDOLDI, Le novità in materia di esecuzione forzata nel d.l. 132/2014, in Corr.

giur., 2015, 394 s., il quale sottolinea vari profili di illegittimità costituzionale – ai sensi degli artt. 3,

24, 25 e 111 Cost. - che caratterizzerebbero la nuova disposizione. 7 M. BOVE, La nuova disciplina in materia di espropriazione del credito, in Nuove leggi civ., 2015, 2 s.

8 Che si può leggere negli Atti parlamentari del Senato della Repubblica, XVII legislatura, d.d.l. 1612, 13.

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dere la propria dichiarazione, la modifica in questione appare giustificata, in modo da garantire

“un adeguato livello di tutela dell’esecutato consentendogli un pieno ricorso all’istituto della ri-

duzione del pignoramento”. Inoltre la nuova regola di competenza “evita ulteriori inconvenienti,

quale la necessità di notificare molteplici atti di precetto in presenza di più terzi pignorati in for-

za di un credito vantato nei confronti di un unico debitore, nonché l’onere per il debitore di pro-

porre tante opposizioni per quanti sono i processi esecutivi generati da un’unica azione di recu-

pero del credito” 9.

Solo nei confronti delle pubbliche amministrazioni ci si discosta da tale regola, mante-

nendosi immutata la precedente, per “evitare che i tribunali di alcune grandi città, tipicamente

sedi di pubbliche amministrazioni, siano gravati da un eccessivo numero di procedimenti di

espropriazione presso terzi” 10.

Si tratta di considerazioni solo in parte condivisibili.

Non convince, infatti, il rilievo che, non essendo il terzo parte del processo espropriativo,

la competenza dovrebbe essere determinata sulla base dei luoghi riferibili al debitore. Così ar-

gomentando si dimentica che i criteri di competenza del processo esecutivo sono differenti da

quelli adottati nella cognizione: se in quest’ultimo processo, per regola generale, si deve far ca-

po ai luoghi concernenti il convenuto, non altrettanto vale in quello esecutivo, dove l’elemento

centrale è rappresentato dalla dislocazione territoriale dei beni da espropriare e non da quella del

debitore. Seguendo la nuova impostazione bisognerebbe incardinare anche le espropriazioni

mobiliari dirette e immobiliari dove risiede il debitore. Ma così non è, sicché da questo primo

punto di vista viene spontaneo osservare che, quanto meno in un quadro di insieme, la compe-

tenza in materia esecutiva non presenta più quella coerenza che prima la caratterizzava.

Né varrebbe replicare che, stante il carattere incorporale del credito e il fatto che

l’adempimento dell’obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro deve avvenire presso

il domicilio del creditore, ex 1182, 3° comma, c.c., questo, e non la residenza del debitore, costi-

tuisce il vero forum rei sitae. Simile obiezione non coglie nel segno: a parte che il citato art.

1182 non sempre individua il luogo di pagamento nel domicilio del creditore, altro è il luogo

dove si deve adempiere e altro è il soggetto che deve adempiere. Al pagamento deve provvedere

è il terzo debitore, sicché la sua collaborazione, volontaria o coatta che sia, è indispensabile per-

ché l’ordinanza di assegnazione possa trovare esecuzione. In questa prospettiva mi sembra diffi-

cile, come si dirà anche meglio in prosieguo, negare che forum rei sitae coincida con il luogo in

9 Così ancora la Relazione, loc. cit.

10 Relazione, cit., 14.

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cui si trova il debitore.

Comunque, al di là di questo rilievo sistematico, mi sembra che la nuova regola trascuri i

diritti del terzo, il cui ruolo, ancor oggi, non si esaurisce nell’inviare la propria dichiarazione 11.

Questi, infatti, può essere chiamato ad ulteriori adempimenti, che richiedono la sua presenza

all’udienza, quando non, addirittura, una sua attiva partecipazione al processo espropriativo

presso terzi. Il terzo, infatti, sarà tenuto: a) a comparire all’udienza fissata dal giudice

dell’esecuzione ex art. 548 c.p.c., nel caso che il creditore procedente affermi che la dichiara-

zione del terzo debitore non gli è pervenuta 12; b) a comparire, quando sorgano contestazioni ex

art. 549 c.p.c., all’udienza fissata per risolverle, onde far valere le proprie ragioni.

Sicché non è affatto vero che per il terzo sia indifferente il luogo dove si svolge il proces-

so esecutivo. A ben vedere, anzi, la cosa è assai più rilevante per lui che per il debitore esecuta-

to, che, normalmente, non compare neppure all’udienza fissata dal creditore ai sensi dell’art.

543, 2° comma, n. 4 c.p.c., nella quale non ha compiti specifici, se non quelli di prendere atto

degli sviluppi della procedura espropriativa.

Se a ciò si aggiunge che il terzo può essere chiamato ad impugnare con l’opposizione agli

atti esecutivi l’ordinanza di assegnazione nei casi, di ignoranza incolpevole, previsti dall’ultimo

comma dell’art. 548 c.p.c., dovendosi, per il che, rivolgere al giudice del luogo dell’intrapresa

esecuzione (id est, oggi, quello del luogo del debitore), appare evidente che solo ad una valuta-

zione superficiale si può ritenere che la nuova regola di competenza per l’espropriazione presso

terzi realizzi meglio di quella precedente l’equilibrata salvaguardia dei diritti dei protagonisti –

al di là dei ruoli formali - di questa esecuzione 13.

Anche da questo punto di vista la modificazione in questione non convince: essa costitui-

sce un’ulteriore tappa nella progressione legislativa di sacrificio dei diritti del terzo, iniziata con

la legge 228/2012 14 e continuata con la modifica dell’art. 26 c.p.c. Se con la prima riforma si è

compresso il diritto del terzo, sacrificandolo rispetto agli interessi del creditore – ad es., sanzio-

11

Per il rilievo, comune a molti, che “l’introduzione della disposizione in commento si associa alla defini-

tiva eliminazione … dell’obbligo del terzo di comparire all’udienza al fine di rendere la dichiarazione

anche per i crediti retributivi”, v. per tutti L. PASSANANTE, op. cit., 116. 12

Quindi non solo nel caso che il debitore non abbia effettuato la sua dichiarazione, ma anche nel caso

che la stessa non sia pervenuta al creditore per qualsivoglia causa o, addirittura, nel caso di dichiarazio-

ne mendace del creditore di non aver ricevuto la dichiarazione, invece allo stesso regolarmente perve-

nuta. 13

Che questa situazione crei un pregiudizio per il terzo debitor debitoris è affermazione condivisa anche

da chi non sia criticoverso la nuova regola di competenza: v., in proposito, M. BOVE, La nuova discipli-

na, cit., 2 s. 14

In argomento v. V. COLESANTI, Novità non liete per il terzo debitore (cinquant’anni dopo!), in Il pro-

cesso esecutivo. Liber amicorum Romano Vaccarella, Torino, 2014, 431 ss.; e, se si crede, A. SALETTI,

Le novità dell’espropriazione presso terzi, in Riv. esec. forz., 2013, 8 ss.

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nando la sua mancata collaborazione e trasformando la salvaguardia piena discendente dal giu-

dizio di accertamento dell’obbligo del terzo, in quella assai minore prevista dal vigente art. 549

c.p.c. – con la modifica in esame la posizione del nostro terzo viene subordinata altresì agli inte-

ressi del debitore 15, nonostante questi della situazione sia il vero responsabile. Soluzione sicu-

ramente poco apprezzabile.

Tale scelta, del resto, è stata tacciata di incostituzionalità per violazione sia dell’art. 3

Cost., per la sua irragionevolezza, sia del principio del giudice naturale precostituito per legge,

proprio con riferimento alla violazione del giudice naturale ex art. 25 Cost., rispetto al possibile

accertamento dell’obbligo del terzo da parte del giudice dell’esecuzione 16. Non so se si possa

giungere a simile conclusione, in considerazione della sfera di discrezionalità che compete al

legislatore in argomento (anche se la Corte costituzionale mostra di ritenere i suoi poteri al ri-

guardo sempre più vasti 17); certo è che la posizione del terzo è sempre più sacrificata, quasi che

l’efficienza dell’esecuzione forzata vada recuperata comprimendo gli interessi di questo sogget-

to, che è l’unico sicuramente incolpevole della situazione.

Naturalmente la nuova regola comporta anche dei benefici, ma essi sono più marginali di

quanto la Relazione mostri di ritenere. Si afferma che la nuova regola realizza “un adeguato li-

vello di tutela dell’esecutato [come si vede l’attenzione è sempre per il debitore] consentendogli

un pieno ricorso all’istituto della riduzione del pignoramento ai sensi dell’art. 546, secondo

comma” c.p.c., ma si dimentica che la salvaguardia rispetto all’eccessività era già possibile, an-

che in caso di pluralità di espropriazioni, giusta l’art. 483 c.p.c., come discende a chiare lettere

dall’art. 546, 2° comma, c.p.c.

A ben vedere i veri benefici sono rappresentati dal fatto di consentire una riduzione nel

numero delle procedure esecutive – e delle relative opposizioni - qualora si agisca contro più

terzi debitori del medesimo esecutato, che si trovino in circoscrizioni diverse, evitandosi così

una molteplicità di espropriazioni 18.

15

In proposito v. anche M. BOVE, La nuova disciplina, cit., 3; E. D’ALESSANDRO, L’espropriazione pres-

so terzi, in Foro it., 2015, I, 90. 16

Così A. TEDOLDI, Le novità in materia di esecuzione forzata nel d.l. 132/2014, cit., 394. 17

Mi riferisco, ad es., a Corte cost., 23 maggio 2008, n. 169, in Foro it., 2008, I, 2081, con nota di C.

CEA, La Corte costituzionale e la competenza territoriale nelle cause di divorzio, secondo la quale, in

motivazione, “seppure è vero che rientra nella discrezionalità del legislatore la determinazione della

competenza territoriale, è però necessario che tale discrezionalità sia esercitata nel rispetto del criterio

di ragionevolezza che, nella specie, risulta … palesemente violato”. 18

Secondo la Relazione (13) la nuova regola di competenza eviterebbe “la necessità di notificare molte-

plici atti di precetto in presenza di più terzi pignorati in forza di un credito vantato nei confronti di un

unico debitore”, sulla scorta del rilievo, comune in dottrina, che la pluralità degli atti di precetto sarebbe

imposta dalla necessità di eleggere domicilio nel luogo dell’instauranda esecuzione. In realtà, la notifi-

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Si tratta di un vantaggio indiscutibile. È però opportuno sottolineare che gli inconvenienti

che la pluralità di espropriazioni presso terzi, per il recupero di un unico credito, poneva, non

erano una conseguenza tipica della regola di competenza valevole per questo tipo di processo

esecutivo, bensì dell’impostazione complessiva del nostro processo espropriativo, essendo lo

stesso, di regola 19, caratterizzato dalla necessità di ricorrere a procedimenti autonomi in rela-

zione alla natura del bene e alla sua dislocazione territoriale. Nel nostro sistema, in altre parole,

il cumulo di processi esecutivi per il recupero di un unico credito è la regola, non l’eccezione,

come risulta dall’art. 483 c.p.c., con tutte le conseguenze – sia dal punto di vista del numero del-

le procedure, sia da quello della possibilità di pluralità di opposizioni, magari con esiti contra-

stanti - che ne derivano.

Tenendo presente questa considerazione di fondo, va apprezzata la modifica in esame e il

beneficio che essa comporta, il quale, si noti, non è considerato imprescindibile neppure dal le-

gislatore, che ad esso rinuncia per mere ragioni organizzative, qualora il debitore esecutato sia

una pubblica amministrazione, caso in cui rimane operante la precedente regola di competenza

territoriale. Insomma una regola che, lungi dall’ispirarsi ad un principio di sostanza, per meglio

salvaguardare i diritti e gli interessi in gioco, sembra rispondere a scelte contingenti. Anche in

questa prospettiva, i sacrifici imposti al terzo male si giustificano.

3. - Ma la nuova disposizione, subentrando ad un sistema ormai consolidato nel tempo,

pone anche nuovi problemi.

Da questo punto di vista, il primo profilo da considerare concerne l’esatto ambito di ap-

plicazione dell’art. 26 bis c.p.c.: se esso valga, cioè, per la sola espropriazione di crediti o per

cazione di molteplici precetti non era affatto necessaria neppure nella vigenza del precedente sistema,

pur in presenza di terzi residenti in circoscrizioni differenti, potendosi in tali casi procedere, nell’unico

precetto, sia a più elezioni di domicilio (B. CAPPONI, Il simultaneus processus, cit., 345), sia, in luogo di

eleggere domicilio, ad indicare la posta elettronica certificata del creditore procedente (in argomento v.

A. SALETTI, in AA.VV., Commentario del codice di procedura civile diretto da L.P. Comoglio, C. Con-

solo, B. Sassani e R. Vaccarella, VI, Torino, 2013, 158 s.), escludendosi così anche la possibilità di più

opposizioni a precetto. In realtà, il vantaggio del nuovo sistema è rappresentato dall’unicità non tanto

del precetto (che poteva essere unico anche prima), quanto da quella del pignoramento. D. LONGO, Fo-

ro relativo all’espropriazione forzata di crediti, cit., 154, sottolinea anche come la regola di competen-

za del 2° comma dell’art. 26 bis c.p.c. consenta un più agevole coordinamento con la previsione del no-

vellato art. 492 bis c.p.c., coordinamento invece più disagevole nel caso previsto dal 1° comma dell’art.

26 bis (ivi, 157 s.). 19

Salvo specifiche previsioni normative, quali quelle dell’art. 556 c.p.c. o dell’art. 26, 1° comma, c.p.c.,

laddove si ritenga che quest’ultima legittimi l’espropriazione di immobili non unitari, siti in circoscri-

zioni giudiziarie diverse: in argomento v. Cass., 23 febbraio 2007, n. 4213, in Riv. dir. proc., 2008,

1448, con nota di R. MUNHOZ DE MELLO, Un orientamento solo in parte condivisibile in tema di com-

petenza nell’espropriazioni di immobili non interamente compresi nella circoscrizione di un solo tribu-

nale, alla quale si rinvia per ogni opportuno riferimento.

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tutte le ipotesi di espropriazione presso terzi, anche quando questa abbia ad oggetto cose del de-

bitore detenute dal terzo.

Tale dubbio apparentemente non ha ragione d’essere, visto il chiaro disposto del predetto

art. 26 bis, che parla in più luoghi di “espropriazione forzata di crediti”; se non che, vigente la

precedente norma - il cui tenore era, per questo profilo, identico a quello della disposizione di

nuovo conio - si riteneva che l’espropriazione presso terzi dovesse sempre svolgersi avanti al

giudice del luogo di residenza del terzo 20, argomentando dal fatto che “l’art. 543, n. 4, cod.

proc. civ., indica come giudice competente il pretore del luogo di residenza del terzo, senza di-

stinguere tra pignoramento di crediti e pignoramento di beni mobili presso terzi. L’apparente

antinomia deve risolversi a favore della norma dell’art. 543: non solo perché quella è la sedes

materiae, ma anche perché nella pratica pignoramento di crediti e pignoramento di mobili pres-

so terzi vengono frequentemente abbinati e sarebbe sommamente inopportuno costringere il

creditore a promuovere e il terzo a subire due processi distinti” 21. Questa conclusione, però, non

era pacifica in dottrina, essendovi chi la negava 22 oppure chi ne suggeriva un temperamento,

riservando al giudice del luogo dov’era residente il terzo la fase di propalazione, ma rinviando a

quello del luogo ove si trovava la cosa oggetto della dichiarazione del terzo il successivo svol-

gimento dell’esecuzione 23; e la diatriba non si era sopita nel tempo 24.

Oggi v’è da domandarsi se le incertezze di cui si è detto abbiano ancora ragione d’essere;

e la risposta mi pare dover essere negativa. Infatti, il quadro normativo è profondamente cam-

biato, in quanto anche l’art. 543, 2° comma, n. 4, c.p.c. è stato modificato e non ha più un tenore

tale da rilevare con riguardo al problema in esame, contenendo una previsione del tutto neutra

dal punto di vista della competenza 25. In questo contesto, nel quale l’unica previsione cui anco-

rare la soluzione del problema rimane quella dell’art. 26 bis c.p.c. – il quale, come si diceva, si

riferisce inequivocabilmente alla sola “espropriazione forzata di crediti” - sembra preferibile ri-

tenere che la nuova disposizione, nonostante la somiglianza con l’abrogato 2° comma dell’art.

20

Così Cass., 8 giugno 1978, n. 2875; Cass., 19 giugno 2002, n. 8920, in Giur. it., 2003, 1590, con nota

critica di M. BINA, La competenza territoriale nell’espropriazione presso terzi di beni mobili e la sua

deducibilità con regolamento di competenza, cui si rinvia per tutte le opportune citazioni; T. SEGRÉ, sub

art. 26, in AA.VV., Commentario del codice di procedura civile diretto da E. Allorio, I, 1, Torino,

1973, 283. 21

T. SEGRÉ, op. loc. citt. 22

V. ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, III ed., I, Napoli, 1954, 101, sottolineando come

si fosse innovato al sistema del codice di rito del 1865. 23

G. TARZIA, L’oggetto, cit., 392; ID., Limiti della giurisdizione italiana nell’esecuzione forzata, in Riv.

dir. proc., 1961, 423 ss. In un senso analogo, v. pure S. SATTA, Commentario al codice di procedura

civile, I, Milano, 1966, 131. 24

In proposito rinvio all’analisi di M. BINA, La competenza, cit., 1592. 25

La citazione (oggi del solo debitore) deve avvenire “davanti al giudice competente”.

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26 c.p.c., vada interpretata nel senso della sua chiarissima lettera: essere, cioè, relativa al solo

caso di espropriazione di crediti, non a quello di cose mobili del debitore detenute dal terzo, da

espropriarsi pur sempre con le forme dell’espropriazione presso terzi, ma davanti al giudice del

luogo in cui si trovano le cose, ex art. 26, 1° comma, c.p.c. 26.

All’argomento letterale, che, nel nuovo contesto normativo, mi sembra insuperabile, ag-

giungerei anche un’altra consonante considerazione. Se in passato, attribuendo, anche in caso di

cose mobili del debitore detenute dal terzo, la competenza al giudice del luogo di residenza del

terzo, vi era un elevato grado di probabilità che tali cose si trovassero nella circoscrizione del

giudice adito, visto che presumibilmente il terzo le aveva presso di sé, introdotta la regola

odierna, per cui giudice competente è quello della residenza, domicilio, dimora o sede del debi-

tore esecutato, non vi è più alcun legame ragionevole con il luogo dove presumibilmente si tro-

vano i mobili in questione, dato che, per definizione, essi sono detenuti da un altro soggetto ri-

spetto al debitore.

Insomma, se in precedenza si poteva presumere che un giudice la cui competenza era de-

terminata dal luogo di residenza del terzo, fosse normalmente anche il giudice del luogo in cui si

trovavano le cose detenute da tal soggetto, oggi questa regola presuntiva non ricorre più; il che

rende razionale che crediti e cose mobili sottoposte all’espropriazione presso terzi siano assog-

gettate a regole di competenza diverse.

Oggi l’espropriazione di crediti si svolgerà, dunque, avanti al giudice del luogo dove si

trova la residenza del debitore, mentre quella indirizzata a colpire solo cose mobili del debitore

detenute dal terzo rientrerà nella competenza dell’uf-ficio giudiziario nel cui circondario si tro-

vano le cose. Questo non significa che non si possa più procedere congiuntamente ad una

espropriazione di crediti verso il terzo e di mobili detenuti da questi: ciò sarà ancora possibile, a

condizione che i beni mobili si trovino nel circondario del tribunale del luogo di residenza del

debitore.

Quid iuris se, rendendo la propria dichiarazione, il terzo indichi di essere detentore anche

di cose che si trovano nel circondario di altro ufficio giudiziario, diverso da quello adito? In tal

caso l’espropriazione deve, a mio avviso, proseguire per questi beni davanti al giudice compe-

26

Conf. E. D’ALESSANDRO, L’espropriazione presso terzi, in AA.VV., Processo civile efficiente, cit., 69

s.; D. LONGO, Foro relativo all’espropriazione forzata di crediti, cit., 154 s. Contra M. BOVE, La nuova

disciplina, cit., 2, nota 3; P. FARINA, op. cit., 507. In quest’ordine di idee sembra orientato anche A.

TEDOLDI, Le novità in materia di esecuzione forzata, cit., 394, che sottolinea gli inconvenienti della

norma in caso di cose mobili oggetto del pignoramento presso terzi.

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9

tente ex art. 26, 1° comma, c.p.c., non solo in applicazione della regola della translatio iudicii 27

- di valenza ormai immanente all’ordinamento dopo la sua applicazione anche al caso di difetto

di giurisdizione 28 e ai rapporti tra giudice ed arbitri 29 - ma anche del principio sancito dall’art.

492, commi 4°e 5°, c.p.c., che afferma positivamente la possibilità di prosecuzione del processo

esecutivo in una diversa sede giudiziaria.

Va da sé che queste conclusioni valgono anche con riferimento alla previsione dell’art. 26

bis, 1° comma, c.p.c., nonostante essa tenga ferma la regola di competenza tradizionale, giacché

anche per essa sono valide le considerazioni derivanti dalla sua lettera, da un lato, e del mutato

tenore dell’art. 543 c.p.c., dall’altro. D'altronde, costituendo la regola in questione un’eccezione

a quella generale posta dal 2° comma dell’articolo, essa non può avere un ambito di applicazio-

ne più vasto di quest’ultima.

Piuttosto, dei dubbi possono aversi quanto all’esatto ambito di applicazione della regola

del 1° comma dell’art. 26 bis c.p.c., in quanto la stessa fa riferimento alle “pubbliche ammini-

strazioni indicate dall’art. 413, quinto comma”; norma che però non contiene alcuna elencazio-

ne/individuazione di particolari pubbliche amministrazioni.

Si è proposto, da taluno, di interpretare il richiamo normativo nel senso che non in ogni

caso di pubblica amministrazione assoggettata ad una espropriazione presso terzi sia applicabile

la regola in esame, ma solo quando tale procedura venga promossa da un pubblico dipendente

per un credito di lavoro: “non limitare l’ambito di applicazione della competenza territoriale del

foro del terzo alle sole ipotesi in cui ad agire nei confronti di una Pubblica Amministrazione sia

un suo dipendente, dunque, significherebbe non attribuire rilevanza alcuna al predetto rinvio

normativo contemplato dall’art. 26 bis co. 1 c.p.c.” 30. Per gli altri crediti verso la P.A. dovrebbe

valere la regola di cui al 2° comma dell’art. 26 bis c.p.c.

27

Sull’applicabilità della translatio iudicii al procedimento di espropriazione presso terzi, v., da ultimo,

B. CAPPONI, Manuale, cit., 100 ss. Cfr. anche G. TOTA, In tema di translatio iudicii, cit., 1579 s. 28

Mi riferisco alla vicenda conseguente alle note sentenze della Corte di cassazione (S.U., 22 luglio 2007,

n. 4109) e della Corte costituzionale (12 marzo 2007, n. 77), entrambe in Foro it., 2007, I, 1009, con

nota di R. ORIANI, È possibile la «translatio iudicii» nei rapporti tra giudice ordinario e giudice spe-

ciale: divergenze e consonanze tra Corte di cassazione e Corte costituzionale, poi sfociata

nell’introduzione dell’art. 59 l. 18 giugno 2009, n. 69 (su cui v. L. SALVANESCHI, in AA.VV., Commen-

tario alla riforma del codice di procedura civile a cura di A. Saletti e B. Sassani, Torino, 2009, 335 ss.). 29

Corte cost., 19 luglio 2013, n. 223, in Riv. arb., 2014, 81, con commenti di M. BOVE, A. BRIGUGLIO, S.

MENCHINI, B. SASSANI 30

Così M.A.P. FRANCOLA, op. cit., 263 ss. Conf. C. CONSOLO, Un d.l. processuale in bianco e nerofumo,

cit., 1180; L. PASSANANTE, op. cit., 117; e, parrebbe, F. DE STEFANO, Gli interventi in materia di esecu-

zione forzata nel d.l. 132/2014, cit., 793; F. LOCATELLI, Le novità in tema di esecuzione forzata intro-

dotte dal d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n.

162, in Il processo esecutivo. Liber amicorum Romano Vaccarella, Torino, 2014, 1641.

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10

Tale lettura non persuade.

In primo luogo, essa non appare sorretta dalla lettera della legge, la quale non fa alcun ri-

ferimento al tipo di diritto di credito azionato, ma semplicemente individua le pubbliche ammi-

nistrazioni richiamando un’altra norma, la quale si riferisce indistintamente a tutte, nel loro

complesso.

Inoltre, sarebbe difficile cogliere la ratio della norma interpretata in modo così limitato.

Se, infatti, può avere un senso discostarsi dalla regola generale di cui al 2° comma dell’art. 26

bis nel caso di pubbliche amministrazioni, per evitare, come osserva la Relazione, “che i tribu-

nali di alcune grandi città, tipicamente sedi di PP.AA. siano gravati da un eccessivo numero di

espropriazioni presso terzi” 31, assai meno congruo sembra discostarsene per particolari tipi di

credito, quali sarebbero solo quelli di lavoro verso le pubbliche amministrazioni. Mentre letta in

una prospettiva generale, la norma ha una sua precisa giustificazione, questa non sarebbe agevo-

le da cogliere laddove fosse riferita ai soli crediti di lavoro pubblico. Perché mai questi dovreb-

bero fruire di una regola di competenza diversa, rispetto, ad es., a tutti gli altri crediti di lavoro

(per cui si fa capo al foro del debitore)? L’evidente disparità di trattamento non consente una

razionale giustificazione in simili termini; con la conseguenza di dover ritenere che la regola de-

rogatoria del primo comma si applichi a tutte le espropriazioni di crediti verso i soggetti pubbli-

ci in questione. Del resto, così intesa la disposizione di cui all’art. 26, 1° comma, c.p.c. si appa-

lesa anche in sintonia con l’impostazione del codice di rito, il quale conosce da sempre

l’esistenza di regole peculiari di competenza territoriale nei confronti della pubblica ammini-

strazione, emblematica tra tutte quella dettata dall’art. 25 c.p.c. Nel caso di specie si tratta di

un’applicazione del principio al processo esecutivo.

Quindi, il discrimen tra le due regole di competenza in materia di espropriazione di crediti

è rappresentata esclusivamente dalla qualità soggettiva del debitore esecutato 32.

Altra questione, sempre attinente all’ambito di applicazione della nuova disposizione

dell’art. 26 bis (ma, questa volta, considerata nel suo complesso), è se la stessa valga anche per

il caso di esecuzione del sequestro conservativo su crediti. In proposito l’art. 678, 1° comma,

c.p.c., dopo aver premesso che detto sequestro va eseguito nelle forme del pignoramento presso

il debitore o presso terzi, a seconda dei casi, stabilisce che, in questa seconda ipotesi, il seque-

strante deve citare il terzo a comparire “avanti al tribunale del luogo di residenza del terzo stesso

per rendere la dichiarazione dell’articolo 547”.

31

Relazione, cit. 14. 32

Conf. G. FINOCCHIARO, Riscritto il regime dell’espropriazione verso terzi, cit., XLV; D. LONGO, Foro

relativo all’espropriazione forzata di crediti, cit., 156 s.

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Si è osservato, con riferimento a detta previsione, che “siffatto difetto di coordinamento

sembra agevolmente superabile facendo leva sulla parte iniziale dell’art. 678 c.p.c., la quale ri-

chiama le norme stabilite per il pignoramento presso terzi comprese – deve ritenersi – quelle

sulla competenza di cui agli art. 26 e 26 bis, 2° comma, c.p.c., senza tener conto del riferimento

al luogo di residenza del terzo, se non nel caso di cui all’art. 26 bis, 1° comma, c.p.c.” 33.

La conclusione non sembra convincente. Anche ammettendo che ci sia stato un difetto di

coordinamento in sede di intervento legislativo, resta il fatto che l’applicazione della nuova

norma dell’art. 26 bis non pare possibile di fronte ad una previsione che dispone espressamente

in maniera diversa. D’altra parte, mantenere la previsione dell’art. 678 c.p.c. non è in alcun mo-

do pregiudizievole per la funzione che deve esplicare detta disposizione, sicché le esigenze di

certezza, conseguenti al puntuale rispetto della specifica previsione legislativa, appaiono assolu-

tamente prevalenti rispetto a quelle di garantire un’uniformità formale. Tanto più che la regola

posta dal 2° comma dell’art. 26 bis viene considerata puramente convenzionale dallo stesso le-

gislatore, che se ne discosta, per esigenze organizzative 34, nell’ipotesi di cui al 1° comma.

In conclusione, siamo di fronte ad una discrepanza nel sistema – peraltro innocua - che

non giustifica, a mio avviso, la forzatura della precisa lettera della legge da parte dell’interprete.

4. – Passando all’esegesi della norma, il 2° comma dell’art. 26 bis c.p.c. individua tre cri-

teri di competenza per le persone fisiche (residenza, dimora, domicilio) e uno (sede) per le per-

sone giuridiche.

Con riguardo alle persone fisiche, due interrogativi si pongono: quello del rapporto tra i

vari criteri considerati dal legislatore, da un lato, e quello delle conseguenze che derivano

dall’ignoranza dei luoghi determinativi della competenza, dall’altro.

Quanto al primo, ci si può chiedere, infatti, se si debba individuare un ordine preferenziale

tra residenza, domicilio e dimora, analogo, ad es., a quello dettato dall’art. 18, 1° comma, c.p.c.,

oppure se tali criteri concorrano su di un piano di parità. Questa seconda soluzione è preferibile

35, stante il tenore della legge che non pone delle graduazioni, a differenza da altre disposizioni.

Del resto, il venir meno del legame giudice/bene esecutato, rende perfettamente fungibili, ai fini

delle esigenze esecutive, i giudici dei luoghi sopra menzionati.

D’altra parte, l’equipollenza tra i vari criteri ben si giustifica anche da un punto di vista

33

Così E. D’ALESSANDRO, L’espropriazione presso terzi, in AA.VV., Processo civile efficiente, cit., 70.

In termini sostanzialmente analoghi, C. MANDRIOLI – A. CARRATTA, Diritto processuale civile, cit., IV,

322 s. 34

Come sancito dalla Relazione, di cui si è detto sopra. 35

Conf. A. TEDOLDI, Le novità in materia di esecuzione forzata nel d.l. 132/2014, cit., 394.

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razionale: non si può trascurare che i crediti sono beni connotati da una “volatilità” notevole,

sicché il tempo necessario per le ricerche, se si dovesse seguire un ordine preciso tra i vari crite-

ri, potrebbe rivelarsi pregiudizievole per la fruttuosità dell’espropriazione. Sarebbe, insomma,

ingiustificato costringere il creditore procedente a (magari defatiganti) ricerche sulla residenza o

il domicilio del debitore, se ne è perfettamente nota la dimora

L’altro problema, invece, discende direttamente dal mutamento del criterio di competenza

operato dal legislatore del 2014.

Il tema dell’individuazione del giudice competente per l’espropriazione di crediti quando

era ignoto il luogo di residenza, domicilio, dimora del debitor debitoris era, infatti, in passato

prettamente teorico 36. Nessun creditore si sarebbe attivato per instaurare un’espropriazione

presso terzi, se di costui - dalla cui reperibilità, in primis, dipendevano le possibilità di soddisfa-

cimento del creditore medesimo, una volta ottenuta l’assegnazione – non si fosse conosciuto il

luogo dove si trovava. La situazione è nettamente capovolta oggi: è ben possibile che il debitore

sia irreperibile, mentre si conoscono dei terzi suoi debitori; con conseguente interesse ad agire

esecutivamente e correlativa esigenza di individuare un giudice competente.

In astratto, due soluzioni sono possibili: da un lato, pensare al luogo di residenza del ter-

zo, in applicazione della regola del 1° comma dell’art. 26 bis c.p.c.; dall’altro, alla previsione

dettata dall’art. 18, 2° comma, c.p.c.

Questa seconda possibilità sembra preferibile. Se, in effetti, a favore della prima ipotesi

potrebbe giocare l’applicabilità della regola eccezionale, laddove si sia nell’impossibilità appli-

care la regola generale, resta il fatto che si tratta di una previsione assai specifica, la cui utilizza-

zione in casi diversi da quelli espressamente considerati non è agevole. Più convincente, invece,

è il richiamo all’art. 18, 2° comma, c.p.c.: visto che risulta ormai abbandonato il riferimento al

terzo, dal punto di vista della determinazione della competenza, a favore di una visione che pri-

vilegia i luoghi di pertinenza del debitore, sembra logico fare riferimento, in via analogica, alla

regola posta da tale disposizione che, con norma di chiusura, attribuisce la competenza al giudi-

ce del luogo di residenza dell’attore-creditore, quando siano ignoti residenza, domicilio e dimo-

ra del convenuto-debitore 37.

Non pone, invece, particolari problemi la previsione relativa alle persone giuridiche (di-

verse dalle pubbliche amministrazioni) che individua il luogo di competenza dell’espropriazione

36

Secondo T. SEGRÉ, op. cit., I, 1, 284, “l’ipotesi può avere un valore pratico per l’espropriazione di cose

mobili, depositate presso una persona che si sia resa irreperibile”. 37

Soluzione che si riteneva prevalentemente applicabile nella vigenza dell’art. 26, testo originario, c.p.c.:

così V. ANDRIOLI, Commento, cit., I, 101; T. SEGRÉ, op. cit., I, 1, 284.

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13

presso terzi nel luogo della sede del debitore. Va però evidenziato che non tutto è rimasto per-

fettamente identico rispetto a quanto avveniva in precedenza.

Il (vecchio) 2° comma dell’art. 26 c.p.c. nulla diceva con riferimento alle persone giuridi-

che, parlando esclusivamente del luogo di residenza del terzo, ma era comunemente ritenuto

che, in difetto di una espressa previsione di legge, si dovesse fare capo alla sede, in ragione della

previsione dell’art. 19 c.p.c. 38. Dovendosi applicare l’art. 19 c.p.c., oltre al luogo della sede (al-

lora del terzo) vi era la competenza anche il giudice del luogo “dove la persona giuridica ha uno

stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l’oggetto della domanda” 39,

sicché l’espropriazione poteva essere instaurata anche in questi luoghi.

Questa soluzione non sembra più sostenibile di fronte all’odierna disposizione, che indi-

vidua, con specifica previsione, la sola sede quale criterio di competenza. Quindi, per

l’espropriazione dei crediti vantati verso una persona giuridica, la competenza sarà determinata

dalla sua sede legale o da quella effettiva, ex art. 46 c.c., con esclusione dei luoghi ove il debito-

re persona giuridica abbia “uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio

per l’oggetto della domanda” 40. Ferma detta regola di competenza, la notifica dell’atto di pigno-

ramento, però, potrà avvenire, quando il debitor debitoris sia una persona giuridica, sia nella sua

sede, sia nel luogo dove abbia un institore, ex art. 77, 2° comma, c.p.c. 41.

Passando alla competenza di eccezione posta dal 1° comma dell’art. 26 bis c.p.c. per le

pubbliche amministrazioni, ancora incentrata sui luoghi di pertinenza del terzo, va in primo luo-

go osservato che si tratta di competenza residuale, dovendo trovare anzitutto applicazione le

previsioni contenute in leggi speciali 42. Solo qualora queste manchino, si applicherà la regola di

38

In questo senso v., oltre gli AA. menzionati alla nota precedente, Cass., 6 agosto 2002, n. 11758; Cass.,

19 giugno 2002, n. 8920, cit., con nota di M. BINA, La competenza territoriale, cit., 1592, cui si rinvia

per l’indicazione di precedenti conformi. 39

V., ad es., Cass., 6 aprile 2006, n. 8112. 40

Conf. A. TEDOLDI, Le novità in materia di esecuzione forzata nel d.l. 132/2014, cit., 395. Contra

M.A.P. FRANCOLA, op. cit., 261 s., il quale non tiene conto del diverso quadro normativo. Per una lettu-

ra particolarmente ampia del concetto di sede effettiva, da intendersi come “luogo deputato o stabil-

mente utilizzato per l'accentramento dei rapporti interni e con i terzi in vista del compimento degli affa-

ri e della propulsione dell'attività dell'ente”, v., con riferimento al precedente quadro normativo, Cass.,

11 febbraio 2014, n. 3077, nella motivazione 41

Da questo punto di vista, nel caso, frequente, che il terzo pignorato sia una banca, rimarrà ferma la pos-

sibilità di notificare l’atto di pignoramento nella sede secondaria – purché vi sia un institore - nella qua-

le è intrattenuto il rapporto da cui deriva il credito che si vuole pignorare (in argomento v. Cass., 25 lu-

glio 2008, n. 20425). In questa situazione, però, è sostenibile che la dichiarazione debba essere circo-

scritta ai rapporti di pertinenza della sede secondaria. 42

La Relazione, cit., 14, richiama in proposito l’art. 14, comma 1 bis, secondo periodo, l. 31 dicembre

1996, n. 669, secondo il quale “il pignoramento di crediti di cui all’articolo 543 del codice di procedura

civile promosso nei confronti di Enti ed Istituti esercenti forme di previdenza ed assistenza obbligatorie

organizzati su base territoriale deve essere instaurato, a pena di improcedibilità rilevabile d’ufficio,

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14

competenza del luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del terzo.

Con riferimento ai primi tre criteri, relativamente alle persone fisiche, valgono le stesse

considerazioni sopra svolte sul loro carattere concorrente, ovviamente riferite in questo caso al

terzo, che rimane qui determinante, come si è detto, ai fini dell’individuazione della competen-

za.

Analogamente è a dirsi con riguardo alla sede del terzo, persona giuridica: sicché, in pre-

senza della puntuale previsione normativa prima inesistente, è da escludere la competenza del

giudice del luogo “dove la persona giuridica ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato

a stare in giudizio per l’oggetto della domanda”. Risulta così superato l’insegnamento giuri-

sprudenziale, in precedenza fondato sull’applicabilità della più articolata previsione contenuta

nell’art. 19, 1° comma, c.p.c., relativo alla possibilità di citare il terzo debitor debitoris, qualora

si tratti di banca, avanti al giudice del luogo nella cui circoscrizione si trova la sede secondaria

della stessa, ove sia intrattenuto il rapporto. Sarà competente, in questo caso, solo il giudice del-

la sede legale (o effettiva), superandosi così ogni dubbio circa l’estensione della dichiarazione di

questo soggetto, che dovrà riferirsi a tutti i rapporti intrattenuti dall’amministrazione debitrice

pignorata.

È però il caso di sottolineare come anche il criterio della sede secondaria potrà talvolta es-

sere applicabile, ove ricorrano delle previsioni speciali. Come insegna la giurisprudenza,

“nell'espropriazione presso terzi di crediti, la competenza per territorio — da determinarsi in ba-

se alla residenza del "debitor debitoris" — nel caso in cui il terzo sia la Banca d'Italia va indivi-

duata tenuto conto che essa gestisce la sezione di Tesoreria della provincia nella quale il credito-

re è domiciliato, senza che assumano rilievo la sede legale (posta a Roma) ovvero il luogo ove

sussiste il rapporto del terzo con il debitore esecutato (nella specie, il Ministero dell'economia e

delle finanze); per la ricerca di tale sede agli effetti dell'art. 543 c.p.c., trovano invero inderoga-

bile applicazione le norme della pubblica contabilità, che assegnano la competenza per territo-

rio, per le domande di pagamento contro la p.a., ai sensi degli art. 1182, comma 3, c.c., 54 r.d.

18 novembre 1923 n. 2440, 278, comma 1, lett. d, 287 e 407 r.d. 23 maggio 1924 n. 827, pro-

prio al giudice del luogo in cui ha sede la predetta sezione di Tesoreria” 43.

5. – Secondo la Relazione, “l’esposta modifica dei criteri di competenza territoriale

esclusivamente innanzi al giudice dell’esecuzione della sede principale del Tribunale nella cui circo-

scrizione ha sede l’ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento in forza del quale la procedura

esecutiva è promossa”. 43

Così Cass., 10 maggio 2011, n. 10198, pronunciata nella vigenza del precedente quadro normativo, ma

tuttora attuale.

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15

nell’espropriazione di crediti non intercetta in alcun modo il tema di riparto della giurisdizione

esecutiva tra i giudici appartenenti a Stati diversi, posto che il criterio della residenza del terzo

di cui all’articolo 26 del codice di procedura civile non rileva quale indice di collegamento ai

sensi della legge 31 maggio 1995, n. 218, tenuto conto che il terzo pignorato non è colui che su-

bisce l’azione esecutiva”. Ciò in quanto – alla stregua dell’insegnamento di Cass., 5 novembre

1981, n. 5827 44, espressamente invocato - “la giurisdizione italiana sussiste «se il credito ogget-

to dell’obbligazione è sorto o deve essere soddisfatto, con l’adempimento dell’obbligazione, nel

territorio dello Stato»” 45.

Peraltro autorevole dottrina affermava, nella vigenza dell’art. 26, 2° comma (vecchio te-

sto), c.p.c., che questa norma di competenza interna valeva anche a determinare la giurisdizione

italiana in materia esecutiva 46, dovendosi desumere dalle disposizioni sulla competenza territo-

riale i limiti della giurisdizione esecutiva, in difetto di norme specifiche in argomento. Tesi av-

valorata, oggi, dalla legge 31 maggio 1995, n. 218, che, all’art. 3, 2° comma, ultima parte, san-

cisce a chiare lettere che “rispetto alle altre materie la giurisdizione sussiste anche in base ai cri-

teri stabiliti per la competenza per territorio”.

Ora, si potrà ritenere che la legge in questione non si occupi dell’esecuzione forzata, es-

sendo volta unicamente alla disciplina della giurisdizione di cognizione e cautelare 47, ma sem-

bra più difficile negare che tale disposizione possa essere priva totalmente di rilevanza, con rife-

rimento al processo esecutivo, se del caso in via di interpretazione analogica. In questa prospet-

tiva, bisognerebbe dire che, essendosi spostato, con la riforma, l’accento per la determinazione

della competenza territoriale dal terzo al debitore esecutato, anche la giurisdizione ne dovrebbe

risentire. Se prima sussisteva quando era il terzo a risiedere nel territorio italiano, oggi dovreb-

44

Cass., S.U., 5 novembre 1981, n. 5827, in Giust. civ., 1982, I, 1310, con nota di V. FORTUNATO, Sulla

posizione processuale del debitor debitoris ed altre questioni in tema di processo espropriativo presso

terzi. 45

Relazione, cit., 13. Adesivamente a questa soluzione si esprime, pur con delle riserve di ordine sistema-

tico, E. D’ALESSANDRO, L’espropriazione presso terzi, in AA.VV., Processo civile efficiente, cit., 73 s.;

conf. P. FARINA, op. cit., 508. Per una posizione critica v. invece, con varietà di accenti e prospettazio-

ni, gli AA. menzionati alla nota 48. 46

In argomento v. G. TARZIA, Limiti della giurisdizione italiana nell’esecuzione forzata, cit., 408 ss.; ID.,

L’oggetto, cit., 413 ss. Conf. V. COLESANTI, Il terzo debitore nel pignoramento di crediti, II, Milano,

1967, 329 ss.; M. GIULIANO, La giurisdizione civile italiano e lo straniero, II ed., Milano, 1970, 132

ss., spec. 137. 47

Così, recisamente, E. D’ALESSANDRO, L’espropriazione presso terzi, in AA.VV., Processo civile effi-

ciente, cit., 70. Ma per una diversa impostazione, ovviamente nel quadro normativo del tempo, v. G.

MORELLI, Diritto processuale civile internazionale, II ed., Padova, 1954, 142. Per l’applicazione alla

nostra materia della previsione dell’art. 3, 2° comma, ultima parte, l. 218/1995, cfr. L. PASSANANTE, op.

cit., 116. V. anche G. FINOCCHIARO, Riscritto il regime dell’espropriazione verso terzi, cit., XLVII.

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16

bero essere i luoghi di interesse del debitore a determinare la giurisdizione 48.

Se non che, a rendere perplessi circa l’applicazione di tale regola all’espro-priazione di

crediti, sono i risultati paradossali che la sua applicazione finirebbe con il produrre.

Non si può trascurare, infatti, che il nuovo art. 26 bis c.p.c. detta due regole antitetiche in

questa materia: la competenza, di regola, discende dalla residenza, domicilio, dimora o sede del

debitore, ma in altri casi, quando, cioè, ad essere esecutata è una pubblica amministrazione, la

competenza è determinata in ragione degli stessi luoghi, ma riferiti al debitor debitoris. Con il

risultato che, volendo trarre dalla regola di competenza quella di giurisdizione, quest’ultima ver-

rebbe a dipendere da un fattore puramente accidentale, cioè le caratteristiche soggettive del de-

bitore esecutato. In altre parole la giurisdizione italiana sussisterebbe ogni qual volta il debitore

abbia residenza, domicilio, dimora o sede in Italia, salvo che detto debitore non sia una pubblica

amministrazione, caso in cui la giurisdizione dipenderebbe dai luoghi riferibili al terzo.

Un simile risultato sarebbe la negazione di quella che si ritiene la regola fondante la giuri-

sdizione in materia esecutiva: il fatto, cioè, che essa è la proiezione della sovranità statuale 49.

La cosa è confermata quando si osserva che “funzione del processo esecutivo è l’attuazione

concreta di un diritto certo spettante ad un soggetto mediante l’incidenza dell’attività degli or-

gani competenti … nella realtà concreta per adeguarla alla situazione consacrata (quale dovreb-

be essere) nel titolo esecutivo. Incidenza dell’attività esecutiva che opera in un determinato

aspetto della realtà fenomenica; e vi opera quale esercizio della sovranità dello Stato. È appunto

questa realtà fenomenica oggetto dell’attività esecutiva, che va posta a fondamento della ricerca

del criterio di collegamento” 50. Orbene, non si vede come la sovranità statuale potrebbe sussi-

stere, o meno, in ragione della qualità soggettiva del debitore; e ciò induce ad abbandonare la

via dell’applicazione analogica della regola suddetta di cui all’art. 3 l. 21871995, per mancanza

dell’eadem ratio.

Se, dunque, argomentare dalla regola di competenza territoriale appare non appagante nel-

48

In questo senso, anche se con diversa argomentazione, v. M. BOVE, La nuova disciplina, cit., 4 (ma sul-

la posizione di questo A., v. infra, alla nota 59); G. FINOCCHIARO, Riscritto il regime

dell’espropriazione verso terzi, cit., XLVII. Secondo A. TEDOLDI, Le novità in materia di esecuzione

forzata nel d.l. 132/2014, cit., 395, la giurisdizione italiana sussisterebbe quando sia il debitore esecuta-

to, sia il terzo debitor debitoris si trovino in Italia. 49

In argomento v. A. ATTARDI, sub art. 4, in AA.VV., Commentario del codice di procedura civile diret-

to da E. Allorio, I, 1, Torino, 1973, 79. Cfr. anche G. TARZIA, Limiti della giurisdizione italiana

nell’esecuzione forzata, cit., 399 s. I dissensi tra i due AA., fermo l’accordo sul fatto che la sovranità

costituisce l’elemento fondante della giurisdizione esecutiva italiana, vertevano sul fatto se le norme

sulla competenza territoriale valessero ad ulteriormente definire la giurisdizione in materia esecutiva,

tesi, quest’ultima, sostenuta da Tarzia ed avversata da Attardi. 50

Cass., S.U., 5 novembre 1981, n. 5827, cit., nella motivazione.

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la specie, si tratta di individuare quale elemento assumere a fondamento della soluzione del pro-

blema. A questo proposito, la citata sentenza delle Sezioni Unite n. 5827/1981 osserva che “la

sovranità dello Stato nel settore dell’esecuzione forzata ha modo di esplicarsi se la realtà feno-

menica, da trasformare per adeguarla alla situazione giuridica, si trova nel suo ambito territoria-

le; che soltanto allora la realtà fenomenica da trasformare può essere appresa dal potere giudi-

ziario esecutivo, espressione della sovranità dello Stato; non certo quando la realtà fenomenica

si trovi al di fuori dell’ambito territoriale della sovranità dello Stato e non sia, perciò, da questa

apprensibile nell’aspetto di quel potere. Criterio generale di collegamento, al fine di determinare

la giurisdizione italiana nelle esecuzioni forzate di qualsiasi tipo, è, pertanto, la localizzazione

della realtà fenomenica, sulla quale l’esecuzione forzata deve incidere, nell’ambito territoriale

della sovranità dello Stato” 51.

Criterio di collegamento di facile applicazione nelle espropriazioni forzate immobiliari e

mobiliari presso il debitore, che hanno per oggetto una cosa che deve trovarsi nel territorio dello

Stato perché sussista la giurisdizione italiana, al pari che nell’espropriazione presso terzi, quan-

do essa abbia ad oggetto delle cose. Se, poi, detta espropriazione ha ad oggetto un credito del

debitore esecutato verso un terzo cittadino straniero, “il criterio della localizzazione dell’oggetto

dell’esecuzione, valido e necessario, per tutti gli altri tipi di esecuzione forzata, in ragione

dell’esercizio della sovranità dello Stato italiano nei limiti del suo ambito territoriale, non può

non esserlo anche per quest’altro tipo di esecuzione” 52.

Da queste premesse la Suprema Corte faceva discendere la conseguenza che, per valutare

l’esistenza o meno della giurisdizione italiana, bisognava guardare alla localizzazione del credi-

to e della relativa obbligazione. Problema risolto, allora, sulla base delle regole poste dall’art. 4,

n. 2, ultima parte, e dall’art. 20 c.p.c.: “pertanto, sussiste la giurisdizione italiana se, oggetto

dell’espropriazione, è sorto o deve essere soddisfatto, con l’adempimento dell’obbligazione, nel

territorio dello Stato italiano” 53.

Il ragionamento sopra esposto è perfettamente condivisibile, salvo che nella sua parte

conclusiva.

Ciò vale, in primis, per il criterio che argomenta, per ritenere sussistente la giurisdizione,

51

Cass., S.U., 5 novembre 1981, n. 5827, cit., nella motivazione. 52

Cass., S.U., 5 novembre 1981, n. 5827, cit., nella motivazione. 53

Cass., S.U., 5 novembre 1981, n. 5827, cit., nella motivazione. Conf. G. CAMPEIS - A. DE PAULI, La

procedura civile internazionale, II ed., Padova, 1996, 335 (opinione che sembra successivamente ab-

bandonata da detti AA., Le regole europee ed internazionali del processo civile italiano, Padova, 2009,

383 s.). Escludeva, invece, che si potesse fare riferimento all’art. 4 c.p.c. per determinare la giurisdizio-

ne esecutiva italiana, A. ATTARDI, op. cit., 80.

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dal luogo dove l’obbligazione è sorta. A prescindere dal parzialmente mutato quadro normativo,

è evidente che, se la dislocazione del bene nel territorio italiano costituisce il criterio fondamen-

tale per l’attribuzione della giurisdizione esecutiva, è lecito dubitare che esso possa essere fatto

coincidere con il luogo dove l’obbligazione è sorta. Si tratta di un dato storico, il quale non po-

stula necessariamente un legame con la “realtà fenomenica, da trasformare”. Perché mai si do-

vrebbe poter svolgere in Italia l’espropriazione di un credito che fa capo, magari, ad un soggetto

privo di legami con l’ordinamento italiano e rivolto verso un altro soggetto altrettanto estraneo

allo stesso, solo perché in Italia è sorto il rispettivo credito/debito? È un dato che non vale a “lo-

calizzare” ex se in Italia l’oggetto dell’espropriazione, con conseguente necessità di escludere

che simile ipotesi valga a giustificare la giurisdizione esecutiva italiana.

Ma in identica prospettiva muove, a ben vedere, anche la regola alternativa, derivante dal

fatto che l’obbligazione sia da eseguirsi in Italia. Regola che viene poi variamente specificata

dall’art. 1182 c.c., il quale individua il luogo dell’adem-pimento per le obbligazioni pecuniarie

non sempre nel medesimo luogo, ma secondo parametri variabili. Se, infatti, si tratta di

un’obbligazione di pagare una somma di denaro, quest’ultima va adempiuta, in linea di princi-

pio, al domicilio del creditore al momento della scadenza, salvo che questo non sia mutato ri-

spetto a quello originario, sì da rendere più gravoso l’adempimento dell’obbligazione, essendo

in questo caso il luogo di adempimento rappresentato dal domicilio del debitore (art. 1182, 3°

comma, c.c.). Questa articolata previsione, peraltro, si applica ai soli credi liquidi ed esigibili,

ritenendosi valevole per i crediti che non presentano le suddette caratteristiche il disposto

dell’ultimo comma dell’art. 1182 c.c., il quale individua il luogo dell’adempimento nel domici-

lio del debitore al tempo della scadenza 54.

Anche in questa fattispecie la regola di giurisdizione è suscettibile di cambiare considere-

volmente in base a criteri, puramente convenzionali, di localizzazione del credito in Italia e del

tutto estranei all’individuazione della “realtà fenomenica, da trasformare per adeguarla alla si-

tuazione giuridica”. Insomma, è chiaro che la stessa non può essere individuata sulla base delle

regole sopra indicate, ma va individuata secondo altri parametri, che valgano effettivamente ad

individuare tale “realtà fenomenica, da trasformare”.

Se si parte da questa premessa, della necessaria dislocazione in Italia della “realtà feno-

menica, da trasformare”, tenuto conto che il credito in quanto tale è entità incorporale priva di

una specifica collocazione in un luogo piuttosto che in un altro, l’analisi deve incentrarsi su chi

54

Si tratta di orientamento giurisprudenziale pacifico: v., da ultimo, in argomento Cass., 12 gennaio 2011,

n. 21000. Per ulteriori riferimenti cfr. Codice civile a cura di G. Alpa e V. Mariconda, I, Milano, 2013,

3446 ss.

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quel credito è in condizione di soddisfare, cioè sulla persona del terzo debitore. In effetti, se il

credito è privo di una dislocazione territoriale precisa, non altrettanto è a dirsi per il debitor de-

bitoris, a cui compete realizzare l’attività necessaria per la soddisfazione del creditore esecutan-

te. Vi è una sorta di “identificazione” tra la prestazione dovuta e chi è chiamato ad adempiere.

Identificazione che, a mio avviso, è confortata proprio dalle disposizioni in materia di espro-

priazione presso terzi.

Da questo punto di vista, se si guarda chi è il vero soggetto passivo della potestà esecutiva

nell’espropriazione di crediti, appare evidente che questi è rappresentato dalla persona del debi-

tor debitoris. Costui è costituito custode del credito pignorato e sanzionato se tale obbligo non

rispetti; il terzo debitore è destinatario del titolo esecutivo rappresentato dal provvedimento di

assegnazione, che si verrà a formare nell’espropriazione presso terzi 55; sempre questo soggetto

è gravato dalle conseguenze del riconoscimento presunto previsto dall’art. 548 c.p.c., tanto da

rischiare di dover rispondere in proprio, anche se non è effettivamente debitore della somma pi-

gnorata 56; il credito nei suoi confronti è destinato a poter essere accertato con forme semplifica-

te, diverse da quelle, assai più garantistiche, di cui potrebbe beneficiare, se non fosse stato coin-

volto nel processo esecutivo. Insomma, l’intero status del terzo pignorato appare sacrificato in

quanto egli è coinvolto nel processo esecutivo, senza, si noti bene, essere assoggettato alla forza

di un preesistente titolo esecutivo. Se è indiscutibile che il terzo debitor debitoris non è parte

formale del processo esecutivo, non si può trascurare che, altrettanto chiaramente, tale procedi-

mento mira a creare degli strumenti per costringere il nostro soggetto ad adempiere alla presta-

zione dovuta; sicché, in verità, viene ad essere parte sostanziale dello stesso 57.

Orbene, se si considera tutto ciò, il debitor debitoris rappresenta quella “realtà fenomeni-

ca, da trasformare”: nell’impossibilità di apprendere materialmente il credito, il cui pagamento

si presume fargli carico, si agisce nei suoi confronti per raggiungere indirettamente lo scopo 58.

55

Che l’ordinanza di assegnazione sia titolo esecutivo nei confronti del terzo assegnato, è da sempre paci-

fico in giurisprudenza ed oggi trova anche una precisa sanzione normativa nel testo dell’art. 548 c.p.c.,

quale novellato nel 2012: in argomento rinvio al mio scritto Le novità dell’espropriazione presso terzi,

cit., 18. 56

Tema estremamente discusso: in proposito v. M. MONTANARI, Sui limiti di revocabilità del riconosci-

mento (effettivo o presunto) del credito pignorato nel nuovo sistema dell’espropriazione presso terzi, in

Giusto proc. civ., 2014, 97 ss., cui si rinvia per un quadro della questione e per tutti gli opportuni rife-

rimenti. 57

Del terzo, considerato come “convenuto” al fine dell’applicazione delle norme sulla giurisdizione, parla

G. MORELLI, Diritto processuale civile internazionale, cit., 142. 58

Queste considerazioni sono avvalorate dal rilievo di A. TEDOLDI, Le novità in materia di esecuzione

forzata nel d.l. 132/2014, cit., 395, secondo il quale “un’ordinanza di assegnazione del credito emessa a

carico del terzo debitor debitoris che si basi su non contestazione ex art. 548 c.p.c. o su incidente cogni-

tivo sommarissimo e funzionale alla sola procedura esecutiva ex art. 549 c.p.c. non sarebbe, ci pare, in

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Del resto, i denari necessari per soddisfare il credito si trovano presso di lui, sicché anche sotto

questo profilo appare la coincidenza con la realtà fenomenica da trasformare.

Se si accettano queste premesse, la giurisdizione esecutiva italiana sussisterà, ancor oggi,

indipendentemente dal fatto che la regola di competenza applicabile sia quella del 1° o del 2°

comma dell’art. 26 bis c.p.c., ogni qual volta il terzo si trovi in Italia, dove potrà essere soggetto

a quel complesso di poteri del giudice che sorgono dall’esecuzione e in essa trovano il proprio

fondamento, rimanendo, per contro, del tutto irrilevante la dislocazione spaziale del debitore

esecutato 59 - che, pur essendo il soggetto passivo della pretesa esecutiva, dalla stessa è toccato

solo in quanto perde la titolarità del credito in precedenza vantato – al pari del luogo dove sia

sorta l’obbligazione o debba eseguirsi il pagamento dovuto dal terzo. Con la conseguenza che,

se anche il debitore esecutato abbia i propri luoghi di riferimento all’estero e il pagamento del

debito del terzo debba essere ivi eseguito, sussisterà la giurisdizione italiana quando

quest’ultimo soggetto si trovi in Italia.

Questa conclusione parrebbe scontrarsi con la nuova regola di competenza dettata dall’art.

26 bis c.p.c., almeno quando il debitore non è una pubblica amministrazione. Se competente per

l’espropriazione di crediti è il giudice del luogo ove il debitore abbia la sua residenza, domicilio,

dimora o sede, trovandosi questi luoghi all’estero, sembra mancare un giudice che possa prov-

vedere, anche se il terzo debitore si trova in Italia.

Il problema era già stato affrontato da Cass. 5827/1981, la quale lo aveva risolto (nella

fattispecie, la sede della società terza pignorata – rilevante allora ai fini della competenza - era

sita all’estero) affermando che l’unico criterio applicabile – anche ai fini della determinazione

della competenza territoriale - era quello “della localizzazione del credito”, rappresentato dal

luogo ove l’obbligazione era sorta o doveva eseguirsi. Quindi, se sussisteva la giurisdizione ita-

alcun modo idonea a essere eseguita nello stato di domicilio del terzo, alla stregua delle vigenti norme

europee”. Se vi è questo stretto collegamento tra le modalità di accertamento dell’obbligo del terzo de-

bitore ed il nostro ordinamento, a fortiori si deve guardare al terzo per stabilire la sussistenza della giu-

risdizione italiana. 59

Non sembra condivisibile la posizione di M. BOVE, La nuova disciplina, cit., 4, di cui si è detto sopra

(nt. 48), secondo il quale è fondamentale, ai fini della giurisdizione italiana nel nostro caso, che il debi-

tore si collochi in Italia, anche se il terzo si trova quivi. Infatti il rilievo, nel caso di debitore situato

all’estero, che “un’eventuale esecuzione intentata dal creditore assegnatario avverso il terzo debitore

assegnato si potrebbe tranquillamente svolgere in Italia, ma ad essa non si arriva, perché in Italia non si

può svolgere l’esecuzione che dovrebbe, prima, condurre a quell’assegnazione del credito”, non tiene

conto che le regole di giurisdizione in materia esecutiva prescindono dalla dislocazione spaziale del de-

bitore e sono incentrate sull’esistenza nel territorio nazionale del bene esecutato: sicché, nella misura in

cui si ritiene che il credito verso il debitor debitoris venga a “coincidere” con la persona di questo, nes-

sun ostacolo può sussistere alla pronuncia dell’ordinanza di assegnazione in favore del creditore proce-

dente e in danno del debitore esecutato, ancorché situato all’estero.

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liana, dalla regola di giurisdizione doveva trarsi anche quella di competenza per territorio.

La soluzione può lasciare dubbiosi. Nel quadro normativo odierno, in cui la regola di

competenza territoriale posta dall’art. 26 bis, 2° comma, c.p.c. è incentrata sulla residenza, do-

micilio, dimora o sede del debitore, qualora questi si trovi all’estero, ma sussista la giurisdizione

italiana trovandosi il terzo debitore in Italia, appare più appagante fare applicazione l’art. 18, 2°

comma, c.p.c., norma di chiusura in materia 60, nella parte in cui attribuisce la competenza al

giudice del luogo ove risiede l’attore, alias il creditore, quando il debitore non ha residenza, né

domicilio, né dimora nella Repubblica. Se poi anche questo criterio fosse inapplicabile, per es-

sere il solo terzo residente in Italia, a questo punto la competenza per territorio non potrebbe che

essere quella del giudice del luogo di riferimento del terzo.

60

Conf., nella vigenza del precedente quadro normativo, A. ATTARDI, op. cit., 79, sulla premessa, con ri-

ferimento all’espropriazione di crediti, che “l’impossibilità di localizzare induce a ritenere che non vi

sia un limite alla giurisdizione italiana e che, ove il terzo debitore non risieda nel territorio della Repub-

blica, la scelta del giudice competente debba avvenire sulla base dell’art. 18, cpv.”. Tale disposizione

era ritenuta applicabile, nella vigenza del (vecchio) 2° comma dell’art. 26, con riferimento al caso di re-

sidenza, domicilio o dimora sconosciuta del terzo: v. gli AA. citati alla nota 37.