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Fisiologia del parto
Nel parto si devono considerare tre fattori principali.
La forza: la forza, ovvero la causa efficiente del parto è data dalla contrazione dell’utero e dei muscoli del
torchio addominale. Le proprietà delle fibrocellule muscolari del miometrio comprendono la capacità di
contrazione e rilasciamento, in modo coordinato, date le strutture di accoppiamento elettrico tra i miociti e
la capacità di variare la lunghezza della fibra senza produrre modificazioni di tensione, importante per lo
sviluppo dell’utero in gravidanza. Le contrazioni uterine nel corso del travaglio di parto presentano le
seguenti caratteristiche:
- Sono involontarie: non possono essere arrestate o indotte con la volontà e dipendono
principalmente da una regolazione di tipo umorale (ossitocina, ormoni steroidei, prostaglandine) e
in minor misura da una regolazione di tipo nervoso (principalmente adrenalina, che indurrebbe
rilasciamento del miometrio tra una contrazione e l’altra, per la presenza prevalente di recettori
beta sul miometrio e sulla cervice).
- Sono peristaltiche: andamento ad onda dal fondo al corpo, al segmento uterino inferiore
- Sono intermittenti: dopo ogni contrazione vi è un periodo di riposo, necessario per garantire la
perfusione e gli scambi fetali, data la compressione delle arterie radiali, con ipossia, durante la
contrazione medesima.
- Sono dolorose: perché determinano ipossia e stiramento e compressione dei nervi uterini.
Nel periodo espulsivo la forza delle contrazioni uterine viene aumentata notevolmente dalla forza dei
muscoli della parete addominale e del diaframma.
Il canale del parto: costituito dal bacino osseo e dalle parti molli. Il bacino osseo è suddiviso in grande e
piccolo bacino o pelvi. Nella pelvi si possono distinguere dall’alto verso il basso:
- Stretto superiore: a forma di cuore, inclinato rispetto al piano orizzontale con angolo di circa 60°
aperto in avanti è delimitato dal margine superiore della sinfisi pubica, dal promontorio sacro-
vertebrale e lateralmente dall’eminenza ileo-pettinea e dalla linea innominata, che delimita
inferiormente la grande ala dell’ileo. I diametri dello stretto superiore sono rappresentati da:
diametro antero-posteriore (promontorio sacro-vertebrale sinfisi pubica); diametro trasverso
massimo (unione dei due punti più distanti della linea innominata); diametri obliqui (eminenza ileo-
pettinea sinfisi sacro-iliaca omolaterale).
- Stretto medio: si trova inferiormente allo stretto superiore e corrisponde allo scavo pelvico, un
cingolo osseo completo, con forma di botte. È la sezione più piccola di tutto il canale osseo del
parto ed è delimitata anteriormente dalla sinfisi pubica, posteriormente dal sacro e dal coccige e
lateralmente dai legamenti sacro-ischiatici, dalle spine ischiatiche e dai forami otturatori. I diametri
dello scavo pelvico sono il diametro antero-posteriore ed il diametro trasverso.
- Stretto inferiore: rappresenta la porta di uscita del canale del parto ed è limitato anteriormente
dall’apice dell’arcata sotto-pubica, posteriormente dall’apice del coccige, lateralmente dalle
tuberosità ischiatiche e dalle branche ischio-pubiche. I diametri sono il diamentro a-p ed il diametro
trasverso.
www.slidetube.it Il bacino in sezione trasversale assume concavità rivolta in avanti: la linea che congiunge i punti medi di
tutti i piani del canale del parto è detta asse pelvico; essa cambia direzione , dirigendosi in avanti in un
punto che è detto ginocchio del canale del parto.
Le parti molli del canale del parto sono costiuite dal segmento inferiore dell’utero, dal collo dell’utero, dalla
vagina, dai muscoli del diaframma pelvico.
Il corpo mobile: il feto rappresenta il corpo mobile che deve percorrere il canale del parto: in esso si
distinguono le grossi parti dalle piccole parti, con particolare attenzione alle grosse parti che sono testa,
piedi, tronco, che rappresentano le regioni anatomiche che per prime si impegnano nel canale del parto.
Le relazioni che le parti del corpo fetale assumono tra loro possono essere definite come atteggiamento
fetale. Le relazioni che invece il feto assume con l’utero ed il bacino sono suddivise in situazione,
presentazione e posizione.
1. Atteggiamento fetale: caratterizzato normalmente da flessione completa del corpo sul piano
ventrale: testa flessa sul tronco, colonna vertebrale flessa, arti raccolti sul piano ventrale,
avambracci flessi sulle braccia ed arti inferiori flessi sull’addome, dando al feto nel complesso forma
ovoidale per adattarsi alla cavità uterina che contiene il feto medesimo legge dell’adattamento
di Palot. Tale atteggiamento deriva da una prevalenza dei muscoli flessori sui muscoli estensori;
dopo il parto la medesima asimmetria muscolare porta il neonato ad assumere il medesimo
atteggiamento.
2. Situazione: esprime i rapporti che il maggior asse fetale (asse cefalo-podalico) ha con il maggior
asse della cavità uterina (asse longitudinale). Normalmente la situazione è longitudinale, dunque i
due assi sono paralleli e coincidono, seconda la legge dell’adattamento, mentre in condizioni
patologiche come la distensione della cavità uterina, o le malformazioni fetali, la situazione può
essere obliqua, con formazione di un angolo acuto o trasversa quando l’asse cefalo-podalico è
perpendicolare all’asse longitudinale.
3. Presentazione: è definita dalla grossa parte fetale che per prima entra nel canale del parto. Nelle
situazioni longitudinali la parte presentata può essere la testa (presentazione cefalica) o possono
essere i piedi (presentazione podalica), mentre nella presentazione obliqua è il tronco a fare il suo
ingresso nel canale del parto, ed in particolare la spalla (presentazione di spalla).
La presentazione cefalica è in assoluto la più frequente, sia per la legge di gravità (testa che si
dispone verso il basso), sia per la legge dell’adattamento di Palot secondo la quale il podice che è la
parte più voluminosa si dispone nel fondo dell’utero, dunque nella zona più voluminosa dello
stesso. La presentazione cefalica può essere ancora:
- Di vertice (95%): la testa del feto è del tutto flessa con mento che tocca il torace.
- Di faccia (0,5%): l’occipite è a contatto con la schiena e la faccia diviene la parte fetale più avanzata
- Di bregma: iniziale deflessione della testa
- Di fronte: testa in atteggiamento intermedio fra la flessione e l’estensione
La presentazione podalica si verifica nel 3% dei parti a termine, mentre è più frequente in caso di
parto prematuro o di gravidanza gemellare; essa può essere:
- Podalica completa: quando natiche e piedi si presentano allo stretto superiore della pelvi
- Podalica incompleta: quando allo stretto superiore si presenta solo una delle componenti del
podice: varietà natiche, se sono le natiche ad entrare per prime nello stretto superiore, varietà con
procidenze, quando i piedi o le ginocchia precedono le natiche.
La presentazione di spalla è molto rara e può essere di spalla destra o sinistra.
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Le presentazioni vengono anche definite primitive, se rimangono costanti durante tutto il travaglio,
mentre sono dette secondarie se subiscono cambiamenti nel travaglio. Ulteriore classificazione
vede la loro distinzione in temporanee se possono essere sostituite da un’altra regione del feto,
mentre vengono dette permanenti se la parte presentata è fissa o comunque non modificabile.
Infine possono essere suddivise in presentazioni franche o sin clitiche se l’asse della parte
presentata è perpendicolare al piano di ingresso pelvico, mentre sono inclinate o asinclitiche se
l’asse è obliquo.
4. Posizione: definisce la relazione tra parte presentata e punti di repere del bacino. Si considera
l’indice della presentazione, o indice fetale che rappresenta la regione anatomica di riferimento
della regione presentata e se ne considera il rapporto topografico con punti di repere materni, sul
contorno della pelvi ossea, detto indici materni.
- Indici fetali: nella presentazione cefalica: di vertice occipite o piccola fontanelle, di faccia
mento; di bregma grande fontanella; di fronte radice del naso. Nella presentazione podalica il
punto di repere è l’osso sacro ed in quella di spalla è l’acromion.
- Indici materni: anteriormente eminenze ileo-pettinee dx e sn; posteriormente articolazioni sacro-
iliache dx e sn
La posizione è stabilita dalla relazione fra l’indice fetale e uno degli indici materno, con possibilità di
posizione del feto anteriore dx e sn e posteriore dx e sn. Nella presentazione di spalla l’acromion
non si mette in relazione con nessuno degli indici fetali, ma occupa il centro con presentazione di
spalla (destra o sinistra) a destra o a sinistra a seconda della fossa iliaca occupara dalla medesima.
Poiché la presentazione cefalica risulta la più frequente è opportuno analizzare la morfologia della testa
fetale: le ossa della testa del feto hanno la caratteristica di essere separate da spazi fibrosi e da spazi
membranosi, detti fontanelle; la presenza di suture e fontanelle conferisce un certo grado di plasticità, che
facilita il passaggio attraverso il canale del parto. Le più importanti suture sono:
- sutura sagittale: tra le due squame delle ossa parietali (dx e sn);
- sutura frontale: fra le due squame dell’osso frontale (dx e sn);
- sutura coronaria: tra ossa frontali e parietali
- sutura lambdoidea: tra il margine posteriore delle ossa parietali e l’occipitale.
Le più importanti fontanelle invece sono la fontanella maggiore che si trova all’incrocio fra sutura sagittale
e coronaria e fontanella minore che si trova all’incrocio fra sutura sagittale e lambdoidea; mediante
esplorazione vaginale è possibile apprezzare spesso la fontanella anteriore e posteriore, operando diagnosi
di presentazione e posizione del feto. Una volta che la testa è passata attraverso il canale del parto, il
tronco fetale, sebbene sembri molto più voluminoso della testa, può essere compresso fino ad assumere la
forma di un cilindro senza presentare abitualmente ostacoli meccanici alla progressione.
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Parto
Il parto consiste nell’espulsione o nell’estrazione del prodotto del concepimento dall’organismo materno.
Vi sono diverse classificazioni del parto:
In rapporto all’epoca di sviluppo:
- Abortivo: se avviene entro 25 settimane e 5 giorni di amenorrea; il prodotto del concepimento è
considerato non vitale.
- Prematuro: fra le 25 settimane e 5 giorni e le 37 settimane.
- A termine: fra le 37 settimane e un giorno e le 42 settimane.
- Tardivo o serotonino: se si verifica oltre le 42 settimane e 1 giorno.
In rapporto alle modalità:
- Normale, fisiologico o eutocico: si verifica con le sole forza naturali;
- Anormale, patologico o distocico: complicanze che mettono in pericolo la vita del feto e della
madre.
A seconda del numero dei feti:
- Semplice: viene partorito un solo feto
- Multiplo (bigemino, trigemino, quadrigemino) se vengono partoriti più feti
Nella fenomenologia del parto si distinguono:
- Fenomeni materni o dinamici: modificazioni a livello del segmento uterino inferiore, del collo
dell’utero, della vagina, del perineo, della vulva
- Fenomeni materno-fetali o meccanici: modificazioni dei rapporti tra feto e canale del parto.
- Fenomeni fetali o plastici: modificazioni di forma e di volume a carico della parte fetale presentata,
durante il passaggio attraverso il canale del parto.
Infine possiamo suddividere 4 fasi del parto:
- Periodo prodromico: inizia con contrazioni ritmiche avvertite spesso come dolorose e che sfocia nel
periodo dilatante
- Periodo dilatante: termina quando la dilatazione del canale cervicale è completa
- Periodo espulsivo: inizia quando si ha la completa dilatazione del canale cervicale e termina con
l’espulsione del feto
- Periodo del secondamento: inizia alla nascita del neonato e termina con l’espulsione della placenta
e degli annessi fetali.
L’utero rimane quiescente in tutta la prima metà della gravidanza, con sporadiche contrazioni localizzate.
Verso la fine del secondo trimestre compaiono contrazioni isolate e coordinate simili a quelle del travaglio
di parto, dette contrazioni di Braxton Hichs, ma meno intense e potenti di quelle del travaglio medesimo. I
meccanismi che innescano il vero e proprio travaglio di parto non sono a tutt’oggi noti, ma vi sono
numerose evidenze ed ipotesi. Da un punto di vista endocrinologico, materno, si pensa che vi siano varie
variazioni responsabili:
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- Aumento dei livelli di ossitocina: l’insorgenza delle contrazioni sembra essere sempre subordinata
alla presenza di adeguate concentrazioni di ossitocina; la risposta uterina all’ossitocina sembra
aumentare gradualmente nel corso della gravidanza, per aumento del numero dei recettori per
l’ossitocina stessa, con conseguente diminuzione della soglia per l’insorgenza delle contrazioni. Gli
estrogeni e le prostaglandine sembrano agire a livello ipotalamico favorendo il rilascio di ossitocina.
- Prostaglandine: le varie prostaglandine hanno effetti differenti, ma è principalmente la
prostaglandina F2α ad essere considerata il principale agente ossitocitico, anche per la sua
produzione preferenziale a livello deciduale, con successiva diffusione nel miometrio. Va
sottolineato come l’azione della PGF sia tardiva, con aumento delle sue concentrazioni soprattutto
quando la dilatazione cervicale raggiunge già i 5-6 cm; probabilmente questo aumento è dovuto ad
una riduzione degli inibitori endogeni, o al rilascio di fattori attivanti, con successivo meccanismo di
auto potenziamento per feedback positivo sugli enzimi biosintetici.
Bisogna anche ricordare la presenza di probabili cause meccaniche di innesco del parto, come l’impegno
della testa fetale nel bacino, con stimolazione del ganglio cervicale di Lee-Frankenhauser e di cause fetali,
probabilmente modificazioni regressive della placenta e aumento della secrezione surrenalica fetale.
Fenomenologia del parto
I fenomeni dinamici comprendono tutte le modificazioni che si verificano nella donna durante il travaglio di
parto per effetto del passaggio del feto.
- A livello dell’utero: il corpo ed il collo dell’utero non gravido sono separati dall’istmo; durante la
gravidanza l’istmo si espande e viene a dividere l’utero in due segmenti: il segmento uterino
superiore corrispondente al corpo, ed il segmento uterino inferiore derivante dall’espansione
dell’istmo, che chiude inferiormente la cavità uterina.
- Durante il travaglio di parto il segmento uterino superiore costituisce il segmento attivo, a cui
compete la contrazione uterina; le fibre muscolari dopo ogni contrazione non ritornano alla loro
lunghezza originale rilasciandosi, ma rimangono ogni volta un po’ più corte e più spesse
(retrazione). In questo modo il volume e l’altezza del segmento superiore divengono via via più
piccoli, con conseguente necessità di compensare questa retrazione con l’espansione passiva del
segmento uterino inferiore. Le fibre all’interno di questo segmento vanno incontro ad un
fenomeno opposto alla retrazione detto rilasciamento posturale: in seguito ad ogni contrazione le
fibrocellule si allungano in modo passivo, senza più tornare alla posizione iniziale. Le pareti del
segmento passivo dunque subiscono progressiva riduzione di spessore configurando un “cercine di
retrazione fisiologico” nel punto di passaggio fra i due segmenti
- A livello del collo uterino: nel corso del travaglio di parto avvengono a livello cervicale fenomeni di
appianamento e dilatazione: entrambi sono fenomeni passivi dovuti allo stiramento verso l’alto del
collo uterino per azione delle contrazioni uterine. Nel corso dell’appianamento il canale cervicale
viene progressivamente riassorbito nell’ambito del segmento uterino inferiore. Le contrazioni
uterine poi determinano progressiva dilatazione della bocca uterina attraverso la pressione che il
sacco amniotico esercita sulla cervice (periodo dilatante).
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- Formazione della borsa amnio corale: il polo inferiore della cavità amniotica si pone al davanti della
parte presentata con azione protettiva nei suoi confronti; con il progressivo adattamento della
testa fetale, o della parte presentata al segmento uterino inferiore si interrompe la comunicazione
tra le “acque anteriori” e le “acque posteriori”, situate nella cavità uterina. La formazione della
borsa amnio corale, la dilatazione del collo uterino e le contrazioni uterine determinano
l’espulsione del tappo gelatinoso, che ostruiva il canale cervicale.
- Rottura della borsa amniotica, dilatazione del canale vaginale, del perineo e dell’ostio vulvare: sotto
l’azione delle contrazioni uterine si ha rottura della borsa amnio-corale con fuoriuscita delle acque.
La parte presentata viene spinta nel canale vaginale, con progressiva distensione del perineo, fino
alla dilatazione completa dell’anello vulvare.
I fenomeni meccanici sono i movimenti passivi compiuti dal feto durante il passaggio nel canale del parto
(periodo espulsivo).
I fenomeni plastici sono le modificazioni subite dalla parte presentata durante il passaggio nel canale del
parto. Sono rappresentati dal tumore da parto e dalla riducibilità della parte presentata.
- Tumore da parto: interessa la regione della parte presentata che fuoriesce per prima dalla bocca
uterina; questa area, per la rottura della membrana, è sottoposta alla sola pressione atmosferica,
mentre il resto del corpo fetale è sottoposto all’elevata pressione endouterina. Per effetto di
questa differenza di pressione si verifica passaggio di liquidi nella zona in cui la pressione è minore,
a livello sottocutaneo, determinando una bozza siero ematica.
- La bozza si presenta come una tumefazione irregolare, molle, bluastra che sfuma senza limiti netti
nei tessuti normali e che regredisce spontaneamente dopo alcuni giorni. Naturalmente il tumore da
parto si presenta in sede diversa a seconda della presentazione fetale medesima. La bozza siero-
ematica non si verifica in caso di feto morto, essendo dunque importante da un punto di vista
medico-legale. È necessario differenziare il tumore da parto dal cefalo-ematoma che consiste in
stravaso ematico tra osso e periostio per la lacerazione dei vasi del periostio: questo ha limiti netti
e non è presente alla nascita comparendo qualche giorno dopo
- Riduzione della parte presentata: dovuta alla comprimibilità della testa fetale , resa possibile dalle
suture non ossificate.
Fasi del travaglio di parto
Il parto può essere distinto in periodi ben distinti: periodo prodromico, periodo dilatante, periodo
espulsivo, secondamento, post-partum.
Il periodo prodromico è costituito dalle 2 settimane che precedono il travaglio; in questo periodo si ha
abbassamento del fondo dell’utero di qualche centimetro, per discesa della parte presentata al di sotto del
piano dello stretto superiore; mediante visita ostetrica si può documentare l’avvenuto impegno della parte
presentata, con espansione finale del segmento uterino inferiore che ricopre la testa dell’utero. La motilità
del feto diminuisce e le contrazioni uterine cominciano a farsi ritmiche, coordinate e percepite come
sensazione dolorosa dalla gestante. Per effetto di queste contrazioni si ha iniziale dilatazione cervicale
accompagnata dalla perdita del tappo mucoso. La diagnosi di travaglio di parto si fa valutando il carattere
delle contrazioni e le modificazioni subite dal collo dell’utero; attraverso la palpazione dell’addome si può
valutare la situazione del feto, mentre con l’esplorazione vaginale si possono valutare presentazione e
posizione del feto.
www.slidetube.it Il periodo dilatante è caratterizzato da:
- Riduzione ed appianamento del collo dell’utero
- Formazione della borsa amnio coriale
- Rottura della borsa amnio coriale, che generalmente avviene prima che la cervice sia
completamente dilatata (rottura precoce). La rottura può anche avvenire a dilatazione completa
(rottura tempestiva) o al di fuori del travaglio (prematura).
Le contrazioni uterine in questo periodo diventano frequenti e prolungate e la sensazione dolorosa
aumenta di intensità. La dilatazione dell’utero è completa non appena il diametro è sufficiente a
permettere il passaggio del feto, cioè circa ad un diametro di circa 10cm.
Il periodo espulsivo è quello caratterizzato dal passaggio del feto attraverso il canale del parto. In questo
periodo le contrazioni divengono ancora più frequenti ed intense; alle contrazioni si aggiunge la spinta dei
muscoli del torchio addominale poiché la partoriente sente il bisogno di spingere. Il meccanismo del parto
in fase espulsiva consiste nella combinazione di diversi movimenti, attraverso i quali il feto si porta
all’esterno. Nella presentazione di vertice tali movimenti sono:
- Riduzione-impegno: la riduzione consiste nella diminuzione dei diametri della parte presentata e
può essere diretta, se avviene mediante meccanismi di riduzione del diametro o indiretta se
avviene per sostituzione di un diametro meno favorevole con un diametro più favorevole. Nella
presentazione di vertice si ha frequentemente leggera iperflessione della testa con sostituzione del
diametro occipito-frontale con il diametro occipito-bregmatico. Quando la maggior circonferenza
della parte presentata scende al di sotto del piano dello stretto superiore allora la parte si è
impegnata.
- Progressione: la testa si impegna nello stretto superiore e sotto l’impulso delle contrazioni
progredisce nello scavo, fin quando la parte presentata non incontra il piano pelvi-perineale contro
cui si arresta. Per indicare la progressione della testa lungo il canale del parto si utilizzano i
cosiddetti “livelli”, definiti dalla distanza in centimetri tra parte presentata e piano delle spine
ischiatiche.
- Rotazione interna: la testa compie un movimento di rotazione interna; la testa era prima inclinata
in senso obliquo sinistro nella maggior parte dei casi e ruota internamente verso destra portando la
regione occipitale a contatto con la sinfisi pubica; l’occipite, giunto nel fondo pelvico, determina la
contrazione di alcuni muscoli elevatori dell’ano con scivolamento dello stesso in basso ed in avanti.
- Disimpegno della parte presentata: l’occipite fa da punto fisso, fissandosi all’arcata pubica e viene a
costituire il fulcro di una leva che obbliga la testa sotto la spinta delle contrazioni a compiere un
movimento di estensione a ventaglio che dà luogo al disimpegno della testa.
- Movimento di restituzione o rotazione esterna: la testa una volta fuoriuscita compie un movimento
di rotazione esterna o restituzione, compiendo un movimento speculare a quello compiuto durante
la rotazione interna, in modo che l’occipite ripresenta posizione trasversa. Alla rotazione esterna
della testa corrisponde la rotazione interna del tronco fetale con cui il diametro bisacromiale e
dunque le spalle del feto, vengono a disporsi in senso antero-posteriore.
- Espulsione: si libera prima la spalla anteriore (dx) al di sotto della sinfisi pubica e un attimo dopo si
libera la spalla posteriore (sn) attraverso il perineo; il resto del corpo viene espulso senza difficoltà,
con fuoriuscita di liquido amniotico delle acque posteriori.
www.slidetube.it Il secondamento avviene alla fine del parto dopo l’espulsione del feto e consiste nel distacco e
nell’espulsione degli annessi fetali, dunque placenta e membrane. Questi tessuti ovulari non si scollano dal
tessuto materno, poiché l’uovo all’inizio della gravidanza penetra nella mucosa trasformandola in decidua,
e rimane avvolto da essa, sviluppandosi in essa. La prima fase del secondamento è dunque dovuta a
separazione tra strato spongioso superficiale (unito alla decidua) e strato più profondo della decidua
medesima che resta adeso all’utero, assicurando la rigenerazione endometriale. Lo scollamento è realizzato
dalle contrazioni uterine che sopravvengono dopo l’espulsione del feto.
Durante l’espulsione fetale e subito dopo la stessa, due meccanismi sono alla base del secondamento:
- la retrazione muscolare, data dal raccorciamento fisiologico delle fibre muscolari;
- La contrazione muscolare uterina
Dato il duplice effetto di retrazione muscolare e contrazione, il volume dell’utero, dopo l’espulsione del
feto diminuisce notevolmente con discesa del fondo ed inspessimento delle pareti. La riduzione del volume
uterino si accompagna a netta diminuzione dell’area di inserzione placentare: la scarsa elasticità della
placenta non le consente di seguire le modificazioni plastiche dell’utero, con deformazione anelastica tale
dell’utero da determinare sviluppo di tensione e separazione della placenta dalla decidua. I vasi utero
placentari nell’iniziale scollamento si vengono a trovare aperti dietro la placenta determinando versamento
di sangue ed ulteriore scollamento.
Il distacco della placenta può avvenire secondo due modalità:
- Distacco centrale: ha origine dal centro dell’inserzione placentare mentre i margini rimangono
ancora aderenti. Fra i due strati della decidua si raccoglie sangue proveniente dallo spazio
intervilloso e dai villi utero-placentari, formando un ematoma retro placentare che tende ad
espandersi procurando infine il completo distacco della placenta. La placenta trascinata dal proprio
peso cade nel segmento uterino inferiore, con scollamento delle membrane: la placenta dunque si
estroflette a dito di guanto e la parte che era la più interna diviene la più esterna.
- Distacco laterale o alla Duncan: il distacco comincia da uno dei margini dell’inserzione placentare,
solitamente dal margine inferiore, con conseguente espulsione della placenta che mantiene nella
discesa tutti i normali rapporti esistenti, con fuoriuscita all’esterno prima della parte materna.
Il distacco e l’espulsione della placenta lasciano un’ampia ferita sulla superficie interna dell’utero, ferita con
tendenza ad un profuso sanguinamento. Il controllo dell’emorragia avviene per emostasi muscolare
(contrazione delle fibre muscolari dando luogo al globo di sicurezza per la forma rotondeggiante dell’utero)
e dunque per emostasi definitiva, per coagulazione del sangue, che subentra nel momento del
rilasciamento della muscolatura uterina.
La diagnosi di avvenuto distacco si basa sull’osservazione:
- Di cambiamento di forma dell’utero: dopo il distacco risale verso l’alto, superando la linea
ombelicale trasversa (utero a clessidra);
- Presenza di piccola emorragia genitale
- Aumento del segmento di cordone ombelicale già fuoriuscito dai genitali esterni, per la presemza
della placenta a livello del segmento uterino inferiore.
www.slidetube.it È opportuno controllare l’integrità della placenta e delle membrane dopo l’espulsione per evitare
manifestazioni emorragiche nel post-partum dovute alla ritenzione di materiale coriale, con formazione di
polipi utero-placentari con persistenza di vasi utero-placentari, che non riescono ad essere occlusi dai
normali meccanismi della coagulazione.
Nel caso in cui il distacco non sia seguito dall’espulsione della placenta è necessario effettuare la manovra
di Credè, premendo progressivamente sul fondo uterino o la manovra di Brandt-Andrews, spingendo con la
mano destra il corpo uterino in alto, mentre con la mano sinistra si esercita trazione del funicolo. Queste
manovre devono essere effettuate in modo progressivo e non brusco per evitare l’inversione uterina.
Sorveglianza del feto durante la gravidanza ed il travaglio Negli ultimi anni sono stati creati numerosi metodi che consentono la sorveglianza delle condizioni del feto
e della placenta nella gravidanza e nel travaglio di parto. Questi metodi possono essere integrati fra loro e
consistono fondamentalmente di:
- Ecografia
- Amniocentesi
- Villo centesi
- Funicolo centesi
- Cardiotocografia
- Valutazione dei movimenti attivi fetali
- Valutazione di alcuni indicatori biochimici nel sangue e nelle urine materne.
Ecografia
L’ecografia è una metodica di indagine non invasiva che utilizza onde sonore ad alta frequenza (ultrasuoni),
che si propagano e si riflettono in modo diverso a seconda della superficie che incontrano. La
visualizzazione degli echi può essere di due tipi:
- Unidimensionale (A-mode); l’eco determina onde di ampiezza proporzionale alla sua intensità e
viene rappresentato su di una linea in rapporto con il tempo.
- Bidimensionale (B-mode); integrazione dei segnali con riproduzione di sezioni delle strutture in
esame e comparsa di immagini dettagliate delle strutture in esame.
Lo scopo dell’ecografia è comunque l’indagine anatomo-funzionale del feto e del suo ambiente pre-natale,
attraverso lo studio dell’ambiente fetale, degli annessi fetali e del corpo fetale. In Italia si ha impiego
routinario di almeno tre ecografie nella sorveglianza della gravidanza:
- Ecografia del primo trimestre: valuta il numero di feti, la vitalità fetale, la patologia trofoblastica,
ma soprattutto consente diagnosi di gravidanza e datazione della medesima. Per età gestazionale
di intende la durata della gravidanza calcolata a partire dal primo giorno dell’ultima mestruazione
regolare, mentre l’età concezionale indica la durata della gravidanza a partire dalla data della
fecondazione ed è difficilmente accertabile (circa una settimana in più dell’età gestazionale).
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- La datazione della gravidanza su dati anamnestici è solitamente poco attendibile essendo spesso la
data dell’ultima mestruazione incerta. La datazione tuttavia è estremamente importante, poiché
essa costituisce il punto di riferimento per la data probabile del parto, nonché per tutti gli studi
successivi riguardanti la crescita del feto, rivestendo anche importanza medico-legale.
- La data dovrebbe essere calcolata attraverso indagini ecografiche eseguite nel corso del primo
trimestre di gravidanza, o per lo meno entro le 22 settimane essendo in questo periodo più piccola
la variabilità biologica con conseguente maggiore precisione nella datazione medesima.
Generalmente nel primo trimestre la biometria ecografica si basa sulla lunghezza vertice-sacro
dell’embrione, parametro molto attendibile con margine di errore di circa 4 giorni.
- Nel secondo trimestre invece è necessario utilizzare altri parametri come il diametro bi parietale del
feto, il parametro più utilizzato con margine di errore di 5-9 giorni o altri (circonferenza cranica,
circonferenza addominale, lunghezza del femore), che tuttavia presentano variabilità maggiore.
Generalmente l’ecografia del primo trimestre non è in grado di rilevare malformazioni anche se
ultimamente con l’utilizzo di sonde ad elevata frequenza si è visto che malformazioni a livello
cefalico possono essere visibili anche molto precocemente.
- Ecografia del secondo trimestre: è eseguita tra le 20 e le 22 settimane e oltre a dare conferma della
datazione, è utilizzata soprattutto per lo screening delle malformazioni, di anomalie di inserzione
della placenta, del volume del liquido amniotico. Proprio per questo suo utilizzo questa ecografia è
anche detta morfologica, data l’attenzione all’anatomia fetale
- Ecografia del terzo trimestre: fra le 32 e le 34 settimane, viene utilizzata soprattutto per valutare la
crescita del feto (eventuale ritardo di crescita fetale, o crescita accelerata), il volume del liquido
amniotico, la localizzazione della placenta e la sua maturazione ed eventuali anomalie fetali non
prima diagnosticate. Per quanto concerne la crescita del feto, questa viene valutata attraverso le
dimensioni fetali e con buona precisione attraverso la circonferenza addominale fetale. La
valutazione del volume del liquido amniotico, costituito nella seconda metà della gravidanza
principalmente dalle urine del feto è molto importante poiché una sua diminuzione
(oligoidroamnios) può significare sofferenza fetale cronica, mentre un suo aumento (poliamnios)
può derivare da malformazioni fetali.
Oltre a queste misurazioni è necessario fare anche una valutazione dinamica del feto, ovvero il cosiddetto
profilo biofisico fetale, valutando in circa mezz’ora di ecografia, i movimenti respiratori fetali (FBM) legati
allo svuotamento del liquido polmonare, i movimenti in toto del corpo (FM), il tono muscolare (FT) rilevato
con i movimenti di flesso-estensione degli arti, i movimenti oculari intermittenti, tipo nistagmo. Questa
valutazione permette di valutare in tempo reale la quantità e la qualità dei movimenti fetali in rapporto
all’età gestazionale permettendo di valutare un feto sofferente o con maturazione neuro-motoria
deficitaria, che mostra regressione quantitativa, ma anche qualitativa dei movimenti, con comportamento
proprio di un’età gestazionale più precoce.
www.slidetube.it Occorre infine aggiungere che l’impiego delle tre ecografie di routine, costituisce un utilizzo dell’ecografia
come indagine di primo livello, di screening; si tratta dunque di un esame di base eseguito da operatori di
media esperienza sulla popolazione generale, che identifica di fatto circa la metà delle anomalie. Se tuttavia
queste vengono rilevate o se la gravidanza è considerata a rischio occorre un utilizzo dell’ecografia come
indagine di secondo livello, di tipo diagnostico, eseguita da operatori esperti, in centri specializzati, su
popolazioni a rischio aumentato.
Amniocentesi
Si tratta del prelievo di liquido amniotico mediante puntura della cavità amniotica. A seconda del periodo di
effettuazione si può suddividere in:
- Amniocentesi precoce: viene fatta in genere tra la 15° e la 17° settimana di gravidanza, per trovare
l’eventuale presenza di anomalie cromosomiche, malattie ereditare e/o metaboliche, anomalie del
sistema nervoso centrale. Solo dopo la 14esima settimana infatti si ha un buon volume del liquido
amniotico (200mL), con percentuale di cellule fetali sufficiente alla messa in coltura delle cellule, e
buon sviluppo dell’utero, con uovo che occupa tutta la cavità. Inoltre prima della 18esima
settimana l’età gestazionale consente ancora l’interruzione di gravidanza. Le cellule fetali prelevate
sono in parte analizzate con il metodo FISH (fluorescent in situ hybridization), che consente di
escludere le anomalie cromosomiche più comuni attraverso l’analisi veloce (3-4 giorni), dei
cromosomi 21, 13, 18 e cromosomi sessuali, e in parte sono messe in coltura ed analizzate nella
fase di mitosi, con risposta in 10-15 giorni per le anomalie cromosomiche, 20-40 giorni per le
anomale enzimatiche.
La procedura per l’amniocentesi prevede il prelievo di 15-20mL di liquido amniotico sotto guida
ecografica, che consente di scegliere la zona dell’utero contenente la migliore sacca di liquido,
evitando la placenta. Si scartano i primi ml di liquido che potrebbero contenere cellule materne, e
l’esame termina con controllo del battito cardiaco fetale e con la somministrazione di
immunoglobulina antiD se la gravida è Rh-negativa.
L’amniocentesi precoce è un test diagnostico invasivo che non deve essere fatto di routine. Le
indicazioni alla sua esecuzione sono:
Età della gestante >35 anni: associata come fattore indipendente ad un aumento di tutte le
anomalie cromosomiche, in particolare la trisomia 21
Riarrangiamento cromosomico in uno dei due componenti della coppia
Anomalie genetiche in un precedente nato
Difetti di chiusura del tubo neurale in un precedente nato
Malformazioni evidenziate eco graficamente
Positività a test di screening biochimici/ecografici
Esposizione a teratogeni
- Amniocentesi tardiva: è eseguita nel terzo trimestre di gravidanza e serve a seguire l’evoluzione
della malattia emolitica, a riconoscere la comparsa di una sofferenza fetale, a valutare la maturità
fetale e nella sorveglianza delle gravidanze ad alto rischio. Le indicazioni all’amniocentesi tardiva
sono il dosaggio della bilirubina in caso di iso-immunizzazione Rh, la ricerca della sofferenza fetale
cronica, e di eventuali malformazioni fetali non dovute ad anomalie cromosomiche, la valutazione
della maturità polmonare fetale.
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- La presenza di bilirubina viene comunemente dimostrata sul liquido amniotico attraverso esame
spettrofotometrico, che permette di definire le dimensioni del rischio di compromissione fetale in
rapporto all’età gestazionale. Le cause di incertezza per questo esame sono legate a possibili
contaminazioni del liquido amniotico con emoglobina e meconio.
Per quanto riguarda invece la sofferenza fetale cronica essa può essere individuata attraverso la
ricerca del meconio; la presenza di questa sostanza indica iperperistaltismo intestinale e dipende
dall’azione diretta dell’ipossia fetale sulla muscolatura intestinale. Importante è ricordare che può
essere presente meconio anche solamente per riflesso vagale transitorio senza significato
patologico alcuno.
La valutazione della maturità polmonare è estremamente importante costituendo nel neonato la
malattia da membrane ialine la maggior causa di mortalità e morbidità tra i bambini nati
prematuramente, dovuta all’insufficiente quantità di surfactante nel polmone del neonato. In una
gravidanza normale la maturità polmonare fetale si verifica tra la 33° e la 37° settimana; il fosfatidil-
glicerolo è il fosfolipide che compare più tardivamente e che è più strettamente associato alla
completa maturità polmonare. I metodi di valutazione della maturità polmonare impiegano il
liquido amniotico in quanto essa rispecchia fedelmente la composizione del surfactante.
L’amniocentesi infine può essere utilizzata anche come presidio terapeutico:
- Nel trattamento delle gravidanze con idramnios acuto o subacuto per ridurre la sintomatologia da
compressione
- Nel trattamento della malattia emolitica, consentendo trasfusioni nella cavità peritoneale del feto
- Per la risoluzione di aborti terapeutici tardivi, con prostaglandine o di una morte endouterina fetale
Le complicanze dell’amniocentesi per la madre sono piuttosto rare, trattandosi di spandimenti sanguigni,
per lacerazione di vasi o di episodi febbrili per passaggio di liquido amniotico nel sangue materno, o, infine
di dolori addominali per ematomi della parete uterina o addominale. La complicanza più frequente è
l’isoimmunizzazione-Rh, o l’accentuazione di una sensibilizzazione pre-esistente: per questo nelle gravide
Rh negative è opportuna la profilassi con immunoglobuline anti-D dopo l’amniocentesi, se la paziente è Rh
negativo, con partner Rh positivo.
Il rischio di aborto è circa dello 0,5%.
Villocentesi
Si tratta del microprelievo di villi coriali, vale a dire della parte fetale della placenta; il trofoblasto deriva
dallo zigote come il feto e possiede lo stesso corredo genetico. Il vantaggio della villo centesi risiede nel
fatto che può essere fatto da 10 a 12 settimane di gravidanza, cioè prima dell’amniocentesi, consentendo
una valutazione più precoce delle anomalie fetali. Le metodiche più comuni di esecuzione della villo centesi
sono per via trans cervicale e per via trans-addominale. In entrambi i casi si tratta di indagini eco-guidate e
viene collegato il catetere ad una siringa, contenente il terreno di cultura; si aspirano i villi e il campione è
immediatamente analizzato al microscopio. Successivamente sulle cellule prelevate vengono fatte indagini
di analisi del cariotipo mediante FISH e mediante cultura cellulare. Le indicazioni alla villocentesi sono le
medesime di quelle all’amniocentesi precoce.
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Amnioscopia
L’amnioscopia è un esame endoscopico che si basa sulla valutazione del liquido amniotico: attraverso il
polo inferiore delle membrane integre è possibile infatti osservare il liquido amniotico attraverso l’ausilio
dell’amnioscopio, un tubo su cui viene applicata una sorgente luminosa dopo l’introduzione nel canale
cervicale. L’esame è possibile solo con un certo grado di dilatazione del collo uterino. Il liquido amniotico
normalmente appare chiaro, con riflessi azzurri, semitrasparente, con fiocchi bianchi di vernice caseosa.
In caso di ipossia fetale, o di semplice iperreflessia del vago, si ha aumento dei movimenti peristaltici
intestinali del feto, con emissione di meconio nel liquido amniotico che può diventare tinto e colorato di
verde scuro, fino ad essere molto denso. Bisogna però ricordare che il liquido amniotico si ricambia con
grande velocità e che dunque il meconio potrebbe essere riassorbito in 24-48 ore dopo un episodio di
asfissia fetale. Inoltre l’impegno della parte presentata può interrompere la comunicazione borsa anteriore-
posteriore cosicchè il liquido rimane limpido anche se il feto è sofferente ed emette meconio.
In caso di malattia emolitica fetale, il liquido amniotico appare giallo per la presenza di bilirubina.
In caso di morte intrauterina fetale il liquido amniotico è rossastro, a lavatura di cane, già 24 ore dopo la
morte del feto.
L’amnioscopia viene praticata ogni 24-48 ore nelle gestanti che siano giunte oltre la data presunta del
parto; è un procedimento diagnostico semplice ed indolore il cui unico rischio è quello di provocare una
rottura intempestiva delle membrane ed è quindi eseguibile solo dopo la 37° settimana di gravidanza. Le
controindicazioni sono rappresentate dal sospetto di placenta previa e dall’esistenza di una grave infezione
vulvo-vaginale.
Cardiotocografia
Consiste nella registrazione in continuo della frequenza cardiaca fetale e delle contrazioni uterine ed è un
mezzo per valutare il benessere fetale, con lo scopo di individuare o feti a rischio di ipossia cronica, che
dunque non sono in grado di affrontare una nascita per via vaginale, necessitando di parto cesareo. La
registrazione degli impulsi può essere effettuata:
- Esternamente sulla parete addominale materna (cardiotocometria esterna/indiretta); trasduttori ad
ultrasuoni fissati con cinture all’addome materno. Questa metodica è più semplice ma non fornisce
valutazioni molto precise sulle contrazioni uterine, rilevando la deformazione della parete uterina
sotto effetto della contrazione e non la variazione della pressione endo-amniotica.
- Internamente (cardiotocometria interna/diretta) mediante elettrodo fissato direttamente sullo
scalpo fetale, per registrare la frequenza cardiaca o l’ECG fetale, + catetere intrauterino per
registrare la pressione endo-amniotica.
La registrazione cardiotocografica viene utilizzata principalmente in travaglio di parto.
www.slidetube.it La contrattilità uterina in travaglio di parto presenta generalmente andamento ondulatorio e il tracciato
cardiotocografico permette la valutazione dei seguenti parametri:
- Tono basale: la pressione più bassa registrata nell’intervallo fra due contrazioni
- Ampiezza della contrazione: differenza fra pressione massima all’acme della contrazione e tono
basale, espressa in mmHg.
- Frequenza delle contrazioni: numero delle contrazioni/10 minuti
- Durata della contrazione
- Attività uterina: intensità x frequenza
Secondo Kraphol si può osservare che:
- Il tono aumenta con il procedere della dilatazione; il valore basale è di 10mmHg ma esso può
aumentare fisiologicamente fino a valori di 20mmHg
- L’ampiezza delle contrazioni aumenta parallelamente al travaglio: all’inizio i valori sono di circa
25mmHg, per arrivare in fase dilatante a 25-40mmHg, fino a valori di 60mmHg in fase espulsiva.
- La frequenza aumenta durante il travaglio fino al periodo espulsivo
- L’attività uterina è progressivamente in aumento.
La registrazione cardiotocografica permette dunque di valutare i caratteri delle contrazioni in ogni fase del
parto ed ha così permesso di dimostrare che dopo l’espulsione del feto non esiste una fase di riposo
dell’utero: al contrario si ha accorciamento spiccato del segmento superiore dell’utero in grado di favorire il
distacco della placenta.
Le principali anomalie della contrazione uterina rilevabili con tracciato cardiotocografico sono dunque:
- Accentuazione dell’attività miometrale: ipercinesia contrazioni troppo intense o contrazioni
troppo ravvicinate; ipertonia aumento del tono basale
- Diminuzione dell’attività miometrale: ipocinesia o ipotonia
A queste anomalie si associano spesso quadri discinetici con comportamenti disordinati del tono e
dell’attività contrattile.
La frequenza cardiace fetale durante il travaglio di parto viene ottenuta attraverso la registrazione della
frequenza cardiaca istantanea (beat to beat) e vede alcuni parametri fondamentali:
- Frequenza cardiaca basale: livello medio della FC per un minuto, solitamente fra 120-160 bpm
- Oscillazioni rapide: variazioni della FC di breve durata e ampiezza variabile; queste variazioni rapide
della frequenza esprimono le reazioni del sistema cardio-circolatorio del feto a vari stimoli. Le
oscillazioni rapide a seconda della loro ampiezza definiscono 4 tipi di tracciato:
Tipo 0 (silente): ampiezza minore di 5 battiti al minuto quasi sempre espressione si
depressione dei centri regolatori e dunque di danneggiamento asfittico del feto (ritmo piatto di
pericolo).
Tipo 1 (ondulatorio stretto): 5-9 battiti per minuto riduzione della capacità di reazione del
feto per asfissia o semplicemente perché si tratta di un periodo di sonno del feto
Tipo 2 (ondulatorio): 10-25 battiti per minuto aspetto normale del periodo di veglia fetale
Tipo 3 (saltatorio): > 25 bpm stimoli abnormi di natura meccanica o ipossica, spesso di
partenza dal cordone ombelicale a centri regolatori fetali normoreagenti.
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- Le decelerazioni e le accelerazioni: cioè le variazione della FC di durata relativamente lunga e di
ampiezza variabile. Hanno carattere transitorio perché la frequenza ritorna dopo la variazione ai
valori di partenza e carattere periodico poiché hanno relazione cronologica riconoscibile con la
contrazione uterina.
Sono considerate accelerazioni tutti gli aumenti della FC di durata > 30 secondi e di ampiezza > 15
bpm con caratteristiche di rapida elevazione e rapido ritorno alla linea di base. Le accelerazioni non
rivestono significato patologico ed anzi sono indicative di benessere fetale.
Le decelerazioni sono cadute più o meno rapide della FC, classificate in base al loro tempo di
comparsa rispetto alla contrazione uterina e alla loro morfologia in:
Decelerazione precoce: inizia e termina contemporaneamente alla contrazione uterina con
onde della contrazione e della FC sovrapponibili. È in rapporto con la compressione della testa
fetale nello scavo, che determina aumento della pressione endocranica e dunque stimolazione
vagale.
Decelerazione tardiva: inizia con un certo ritardo rispetto alla contrazione uterina, spesso
all’acme della medesima. Riflette l’aggravamento periodico nel momento della contrazione
uterina di un ridotto scambio gassoso, riferibile ad un’insufficienza placentare o ad abnorme
ostacolo del circolo utero-placentare per contrazioni troppo intense e durature.
L’abbassamento della PO2 fetale al di sotto di 18mmHg (v.n. 25mmHg) porta a bradicardia
compensatoria periodica con esclusione circolatoria di distretti non indispensabili.
Decelerazione variabile: inizia e termina in modo variabile rispetto alla contrazione uterina ed è
espressione di un ostacolo acuto nella circolazione funicolare (giri, nodi, torsioni). L’ostacolo
acuto al flusso di sangue nel funicolo determina infatti brusco aumento pressorio, necessario
per superare l’ostacolo e diminuito flusso funicolare, con riduzione del flusso placentare e
dell’apporto di O2; la bradicardia ha significato compensatorio comportando risparmio
energetico per il cuore fetale e miglior rendimento respiratorio a livello placentare.
- La tachicardia e la bradicardia: variazioni prolungate della FCF.
La tachicardia può essere distinta in tachicardia moderata (160-180 bpm) e in tachicardia grave
(>180 bpm) ed è di solito indice di forte inibizione vagale o stimolazione simpatica; il significato è
sfavorevole soprattutto se associata a decelerazioni.
La bradicardia è definita da una FC < 70bpm ed è spesso espressione di estremo squilibrio
metabolico, con ipossia prolungata e grado estremo di stimolazione vagale. A volte può dipendere
da sindromi ipotensive acute (es. anestesia epidurale e blocco paracervicale) o da prolungato
ipertono uterino da errato dosaggio degli ossitocici; in questi due casi è meno grave perché
reversibile. In rarissimi casi dipende da anomalia congenita fetale o blocco di conduzione cardiaco.
Talvolta infine si può trattare di feto morto con rilevazione e registrazione della FC materna.
La cardiotocografia rispetto alle altre metodiche di valutazione della sofferenza fetale, come il PH, ha il
vantaggio di sottoporre il feto ad un monitoraggio continuo e di dare un segnale precoce di allarme: un
medesimo stress produce variazioni della frequenza cardiaca istantanee e variazioni del PH molto più lente.
La cardiotocografia permette poi anche la valutazione del benessere fetale al di fuori del travaglio di parto:
normalmente non si ricorre alla stimolazione fetale, per valutare eventuale stato di veglia o sonno e
dunque si parla di Non stress Test.
www.slidetube.it Un test reattivo comprende nel periodo di osservazione di almeno 20 minuti, almeno 2 accelerazioni della
FC con ampiezza di 15bpm per 15 secondi e con linea di base di 120-160 secondi. Se il battito cardiaco
fetale non è ancora “reattivo” dopo 20 minuti si continua la registrazione per altri 20 minuti per escludere
eventuale periodo di sonno fetale.
Se dopo 40 minuti non è ancora reattivo si può procedere alla stimolazione acustica (stress test), ponendo
a contatto con l’addome della donna una fonte sonora. Se infine la gestante nella valutazione non presenta
contrazioni uterine spontanee viene a mancare un elemento di giudizio, cioè la risposta fetale ai transitori
decrementi o interruzioni della circolazione feto-placentare; si può ovviare a questo inconveniente tramite
la somministrazione di ossitocina, per ottenere contrazioni uterine.
La cardiotocografia di fatto è impiegata nel controllo delle gravidanze a rischio, mentre non è utile il suo
impiego routinario: il suo scopo è infatti quello di individuare l’ipossia fetale cronica che di solito provoca
un tracciato anormale due o tre settimane prima la morte intrauterina del feto.
Valutazione dei movimenti attivi fetali
L’osservazione dei movimenti attivi fetali può fornire valide indicazioni sulle condizioni del feto; infatti
movimenti vivaci e vigorosi sono indice di benessere, mentre movimenti deboli e scarsi fanno sospettare
una sofferenza fetale cronica, e l’arresto dei movimenti può essere indice di grave sofferenza con persino
morte fetale in utero. Si ritiene che un feto compia da 20 a 80 MAF ogni 30 minuti con minore frequenza al
mattino e massima alla sera, alternando a questi periodi di riposo nei quali probabilmente dorme. Il
conteggio dei MAF viene consigliato dalla 28° settimana alla 32° settimana fino al parto e viene fatto a
partire dalle percezioni della gestante che deve contare i MAF in 3 ore e mezza distribuite lungo la giornata
e dunque moltiplicare la somma per 8 (MAF nelle 12 ore).
Funicolocentesi
La funicolo centesi consiste nel prelievo di sangue ombelicale per via percutanea sotto guida ecografica: la
funicolo centesi è stata introdotta soprattutto per dare una risposta rapida nel caso in cui sia necessario
precisare il cariotipo fetale poiché la coltura dei linfociti fetali fornisce risultato entro 72 ore e l’analisi
diretta delle cellule fetali in mitosi spontanea può fornire informazioni in 24 ore. Con l’introduzione della
FISH attualmente le indicazioni alla funicolo centesi sono limitate a:
- definizione di mosaicismi trovati con l’amniocentesi o con la villo centesi,
- valutazione di patologia ematologica fetale o di infezioni fetali,
- dosaggio nel sangue fetale di farmaci e trasfusione di sangue al feto
- isoimmunizzazione RH: attraverso la funicolo centesi si viene a conoscenza del gruppo sanguigno
fetale, della concentrazione di reticolo citi, si può fare test di Coombs diretto e valutare la
bilirubinemia.
- Valutazione della sofferenza fetale cronica: nel terzo trimestre di gravidanza attraverso la
determinazione dell’equilibrio acido/base.
www.slidetube.it La funicolo centesi si può effettuare a partire dalla 18° settimana di gravidanza e si basa sul prelievo di
massimo 5ml di sangue dalla vena ombelicale (meglio rispetto all’arteria per evitare bradicardia), con
trasferimento del campione in una provetta eparinizzata e controllo della frequenza cardiaca fetale per
circa un’ora. La morte del feto si aggira in questo caso intorno all’1,6%, principalmente per corioamnionite,
rottura delle membrane, sanguinamento e trombosi del cordone ombelicale, bradicardia grave, distacco di
placenta etc..
Valutazione di indicatori biochimici
Vi sono una serie di sostanze che possono essere utilizzate come indicatori della funzione placentare e la
cui misurazione permette il riconoscimento precoce di anomalie dell’unità feto-placentare e della
sofferenza fetale cronica.
Nel primo trimestre di gravidanza per la diagnosi precoce, o comunque il sospetto precoce di trisomia 21
possono essere utilizzati una serie di indicatori, i quali possono essere combinati per aumentare la
detection rate:
- Gonadotropina corionica umana: è una glicoproteina prodotta dal trofoblasto e dosabile nel sangue
e nelle urine materne già a partire dal nono giorno del concepimento. Nel corso del primo trimestre
si ha un aumento della concentrazione delle sub unità libere di hCG nei casi di trisomia 21.
L’aumento dell’hCG può essere anche dovuto alla presenza di mola vescicolare o corio carcinoma,
alla presenza di una gravidanza ectopica, o ancora alla presenza di una minaccia di aborto o ad un
aborto interno. Per questo per indirizzare il sospetto verso una trisomia 21 è necessario valutare
altri marker.
- PAPP-A: livelli più bassi del normale di questa proteina placentare indirizzano verso una trisomia 21
- Translucenza nucale: nella trisomia 21 la cute è poco elastica e dunque può dare l’impressione di
essere troppo larga rispetto al corpo, configurando la presenza di un’aumentata translucenza
nucale ecografica nei bambini affetti. La misura della translucenza nucale è fatta attraverso la
misurazione dello spazio compreso fra la nuca e la cute dell’embrione, che vede spessore
aumentato.
La combinazione di questi 3 markers costituisce l’ultrascreen test, la cui detection rate può arrivare
fino al 90%.
Nel corso del secondo trimestre di gravidanza invece i marker di sindrome di Down sono:
- α-fetoproteina: glicoproteina sintetizzata dal sacco vitellino e dal fegato fetali, costituendo la
principale proteina fetale sierica, la cui massima concentrazione viene raggiunta intorno alla 16°
settimana. La concentrazione di AFP nel sangue materno raggiunge invece il suo massimo alla 32°
settimana essendo essa governata dalla permeabilità della barriera placentare alla medesima.
Valori bassi di AFP nel siero materno possono indicare la presenza di anomalie cromosomiche fetali,
soprattutto la trisomia 21.
Alti livelli di AFP nel siero materno invece sono presenti in corso di anomalie di chiusura del tubo
neurale (es. spina bifida, anche se la spina bifida chiusa non provoca aumento dell’AFP). Un
aumento di AFP nel siero materno può dipendere anche da epatoma o teratoma ovarico della
gestante. In caso di valori elevati di AFP però è sempre necessaria ecografia mirata e amniocentesi
per dosare nel liquido amniotico l’enzima acetilcolinesterasi, normalmente presente nel liquido
cerebrospinale, ma assente nel liquido amniotico.
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- hCG
- estriolo: i livelli plasmatici materni dell’estriolo aumentano con l’avanzare della gestazione e con la
maturazione dei sistemi enzimatici feto-placentari, fino alla 40° settimana. L’estriolo rappresenta
un indice di benessere fetale ed il suo dosaggio combinato con quello dell’AFP e dell’hCG
costituisce il cosiddetto tri-test, che individua il 60% delle anomalie fetali nel secondo trimestre.
A questi marker nel secondo trimestre si aggiunge il ruolo importantissimo svolto dall’ecografia che in
questa fase è capace di vedere le malformazioni fetali a carico dei diversi apparati. Vi sono una serie di
segni ecografici minori che possono essere marker di trisomia 21, essendo presenti più spesso in feti
con questa anomalia:
a) plica nucale superiore ai 6mm corrispondente all’aumento della translucenza nel primo
trimestre
b) femore corto
c) focolai iperecogeni intracardiaci
d) intestino iperecogeno: marker anche di fibrosi cistica e di infezione da CMV