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Tesina Maturità Istituto Nautico S. Giorgio Sezione Costruttori Anno 2013-14 Fondamenti della costruzione di gozzi in legno Indice: Capitolo I Premessa...............................................................................Pag.1 Capitolo II Progettazione........................................................................Pag. Capitolo III Organizzazione del cantiere.................................................Pag. Capitolo IV Reperimento delle materie prime.........................................Pag. Capitolo V Costruzione...........................................................................Pag.

Tesina francesco morelli

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Tesina Maturità Istituto Nautico S. Giorgio

Sezione Costruttori

Anno 2013-14

Fondamenti della costruzione di gozzi in legno

Indice:

• Capitolo I

Premessa...............................................................................Pag.1

• Capitolo II

Progettazione........................................................................Pag.

• Capitolo III

Organizzazione del cantiere.................................................Pag.

• Capitolo IV

Reperimento delle materie prime.........................................Pag.

• Capitolo V

Costruzione...........................................................................Pag.

Capitolo I: Premessa

Con questo mio scritto mi pongo l'ambizioso motivo di raccontare la costruzione di un

gozzo, tipica imbarcazione in legno per il piccolo cabotaggio nel mediterraneo nord-

occidentale.

Questa tipo d’imbarcazione oggi non la costruisce quasi più nessuno. I motivi sono sia

tecnici, è una costruzione difficile che richiede molta mano d’opera, che di mercato, il

materiale per la costruzione d’imbarcazioni da diporto è il vetroresina, il legno è

considerato troppo oneroso da mantenere.

Riguardo alla difficoltà di costruire un gozzo essa è principalmente dovuta alle

caratteristiche forme che la rendono un’imbarcazione unica. Il gozzo è una barca

dislocante e grazie alla sua forma particolare essa risulta essere assai stabile ed

adattabile a vari utilizzi. Esistono difatti gozzi dalla poppa a U magari più adatti per

pescare e altri con la poppa a V più adatti per andare a vela o a remi.

Per quel che riguarda le difficoltà legate al mercato della nautica.... si sa! Il vetroresina è

un materiale più economico, richiede meno manutenzione ed è anch’esso duraturo nel

tempo. Le barche in legno, in Italia, sono viste un po' come un settore di nicchia e di

conseguenza ci sono pochi operatori.

Solo che cinquant’anni prima però non era così, di operatori ce ne erano tanti e in tutta

Italia e si chiamavano Maestri d’Ascia. Dunque il Maestro d’Ascia costruisce barche in

legno, possono essere chiatte, motoscafi, barche a vela... e con questo mio scritto spero

di rendere l’idea di come tutto ciò avveniva.

Capitolo II : La progettazione

La progettazione di un gozzo inizia con la costruzione del mezzo modello.

Esso altro non è che un pezzo di legno in scala con l’imbarcazione che si vuole

costruire. Le misure di riferimento sono solo la lunghezza, la larghezza della sezione

maestra e due ordinate rispettivamente a poppa e a prua.

Per facilitare le cose questo modellino riprodurrà solo lo scafo e solo mezza barca.

Di mezzi modelli in giro se ne vedono parecchi proprio perchè non sono così difficili da

costruire. La cosa veramente importante del mezzo modello è che esso rende l’idea a chi

lo lavora di come dovrà essere la forma della barca. Lo scafo all’altezza della sezione

maestra, nel mezzo modello, e sempre ben avviato verso poppa e prua e così dovrà

essere nella barca.

Al progettista che riesce di capire questa relazione tra la forma del mezzo modello e

quella della barca viene risparmiata tanta fatica e tempo nella costruzione vera e propria.

Fig1: tipico mezzo modello di un gozzo

Supponiamo ora di avere il nostro mezzo modello fatto e finito.

Conosciamo la lunghezza, l’altezza e le larghezze principali.

La prima cosa da fare è preparare la chiglia con i rispettivi dritti di poppa e di prua e

incastrali tra loro.

La seconda cosa da fare, sempre parlando dell’aspetto della progettazione, è di costruire

le seste. Le seste sono molto importanti.... in genere uno le costruisce una volta e poi le

tiene molto da conto per poterle continuare ad usare ad oltranza.

Le seste sono fatte di legno, hanno forme che, spostandosi dal centro barca verso le

estremità, vanno dalla U alla V. Vedete che U e V sono lettere con una loro

simmetria...una metà è lo specchio dell’altra, e lo stesso vale per le seste. Se le seste non

fossero simmetriche difficilmente la barca lo sarà. Per ovviare a questo problema,

generalmente, si lavora un pezzo di legno della forma voluta e lo si spacca per il suo

spessore, si giuntano le due metà nel centro e la sesta pronta. 1

Si ripete l’operazione tutte le volte che serve sino ad ottenere il numero di seste voluto.

Per dare un’idea di massima su di un gozzo ci vuole circa una sesta ogni mezzo metro.

Ora queste seste vanno fissate sulla chiglia ad una distanza tale da riprodurre le

dimensioni in scala del mezzo modello.

Dopodichè si tirano le linee d’acqua che nel nostro caso saranno rappresentate da dei

legni lunghi di sezione circa tre per due. Queste linee scorrono da poppa a prua

toccando tutte le seste... o meglio le linee vengono avvitate sul controruota di poppa e

tirate sulle seste fino al controruota di prua. Le linee tra loro devono essere ben avviate,

parallele e mai schiacciate. Inoltre, quasi superfluo da dirsi, le linee di dx devono essere

simmetriche a quelle di sinistra.

Questa è la progettazione della forma di un gozzo. A questo punto il Maestro d’Ascia

può ancora decidere se apportare delle modifiche allo scafo perchè sia le seste che le

linee d’acqua sono fissate in modo e maniera tale da potere essere levate.

1 Questo lavoro di spaccare il legno a metà del suo spessore è fondamentale per il costruttore che non voglia impiegare il doppio del tempo per la costruzione: lo stesso procedimento lo troviamo nella costruzione dei corsi di fasciame, nelle ordinate, nei bordi ed in un certo qual senso anche nei bagli.

Fig.2 : Sono ben visibili la chiglia, il dritto e il controruota. Inoltre si vedono le seste e le linee d’acqua

Prima di passare alla costruzione è bene soffermarsi sull’organizzazione del cantiere e

sulla sicurezza sul lavoro.

Capitolo III: L’organizzazione del cantiere

L’organizzazione del cantiere è un aspetto molto importante, da non sottovalutare

perchè un cantiere ben organizzato è in grado di lavorare presto e bene e in sicurezza.

Innanzitutto bisogna conoscere i macchinari che servono per il lavoro. Ce ne sono un

infinità, ma gli unici a cui veramente non puoi rinunciare sono due: la sega a nastro e la

pialla filo spessore. Tra l’altro questi due macchinari da soli bastano per costruire

qualsiasi imbarcazione in legno.

Entrambi i macchinari sono molto pericolosi perchè fanno muovere delle lame molto

affilate vicino alle mani di chi lavora.

Allora la cosa più importante è quella di essere sempre concentrati e di non lavorare

troppe ore consecutive con lo stesso macchinario perchè proprio con l’abitudine cala la

concentrazione.

La seconda cosa da fare onde evitare onde evitare infortuni sul lavoro è quella di

lavorare stando ben in equilibrio sulle proprie gambe. Come un albero piantato nelle sue

radici. Se non ti sbilanci, non perdi l’equilibrio, non ti fai male.

La legislatura italiana prevede inoltre una vasta gamma di precauzioni da prendere sul

luogo del lavoro onde evitare infortuni e se ne consiglia una presa di visione a tutti

coloro che volessero iniziare un’attività di questo genere.

Oltre ai macchinari in un cantiere devono essere presenti tutta una serie di utensili

manuali atti a fendere, tagliare, bucare e piallare il legno.

Sia gli utensili manuali che i macchinari devono sempre avere le lame ben affilate e

pronte all’uso. La manutenzione di questi strumenti è una parte importante del lavoro

che se ben eseguita con cura e costanza consente di risparmiare tanto tempo nella

costruzione vera e propria.

Tornando all’organizzazione vera e propria del cantiere, indispensabili sono i tacchi

dove potere sistemare e costruire la barca.

Dunque.. la taccata deve essere proporzionale alle dimensioni della barca (ovvio!).

Inoltre essa deve consentire ai carpentieri di muoversi agevolmente sopra, sotto ed

intorno ad essa.

Se la barca è più lunga di 10 metri si dovranno costruire dei ponteggi... e anche questi

devono essere costruiti in modo e maniera tale da consentire ai carpentieri di muoversi

senza problemi di alcun tipo tutto intorno alla barca.

Come si presenta un cantiere? La prima cosa che salta all’occhio sono le cataste di legna

sparse qua e là. Ad una persona inesperta questa peculiarità potrebbe venire fraintesa e

scambiata per disordine, ma così non è. Ogni catasta di legna presente nel cantiere ha il

suo significato ed il suo utilizzo.

Esiste la catasta dei tavoloni per il fasciame.

La catasta per i legni duri e quella per i legni più facilmente marciscenti.

Esiste la catasta degli scarti da bruciare e quella delle doghe di teak pregiato.

La catasta per la legna che viene dal bosco o dal mare, quella del legno stagionato,

quella dei cunei, dei tacchetti.... e chi lavora nel cantiere, quando serve qualcosa, sa

dove andarla a cercare. Anche questo fa parte dell’organizzazione di un cantiere.

Un cantiere inoltre deve essere anche organizzato coi propri fornitori. E’ molto

importante essere in buoni rapporti con chi venda la legna, le pitture, la ferramenta, coi

motoristi, con i fabbri... questa è un’organizzazione più di tipo economico ed è tanto

importante quanto quella “interna” del cantiere.

Queste da me brevemente elencate sono giusto le basi per non perdersi in quella marea

di micro attività legate alla costruzione di un gozzo in legno... tutti quei lavori

“sommersi” a cui un artigiano deve costantemente dedicarsi per non perdere poi tempo

a rimediare agli, immancabili, imprevisti.

Capitolo IV: Il reperimento del materiale atto alla costruzione

Il materiale per la costruzione di barche in legno è sia in commercio che no.

I materiali in commercio sono i tavoloni e i compensati di legno, la ferramenta e le

pitture.

Per quel che riguarda la parte in legno esistono vari esercizi commerciali specializzati

nella vendita di un prodotto piuttosto che di un altro.

Il prezzo dei tavoloni si calcola al metro cubo e dipende dalle dimensioni e dal tipo di

essenza che si vuole acquistare. Abbiamo essenze più pregiate come il teak o il mogano

ed altre più economiche quali il pino e l’abete.

La scelta di un’essenza piuttosto che di un’altra è dettata da esigenze di ordine pratico

ed alle volte scegliere di risparmiare può essere controproducente. Da qui nasce la

fondamentale capacità di un Maestro d’Ascia di sapere distinguere tra vari legni quello

più adatto allo scopo del momento.

Per quel che riguarda la ferramenta anche qui esistono negozi più o meno specializzati e

più o meno forniti. Capita spesso di dovere acquistare su internet perchè molte cose

come ad esempio i chiodi zincati a caldo o la canapa catramata sono ormai quasi fuori

commercio.

Per qual che invece riguarda le pitture ( e le colle) il mercato offre un ampio ventaglio

di scelte, difatti in questi anni la chimica ha fatto enormi progressi facilitando così il

lavoro degli operatori del settore.

Per quel che invece riguarda il materiale che non è in commercio il costruttore di barche

in legno deve organizzarsi in maniera diversa. Innanzitutto preciso che stiamo parlando

di legname dalla forma storta, dalla forma a U aperta o a S.

Perchè questo legno è tanto importante.

La resistenza di un qualsiasi pezzo di legno, e la barca deve essere un manufatto

resistente e duraturo, è data anche dall’andamento delle vene del legno stesso.

Se noi vogliamo costruire una barca come il gozzo, una barca tutta curvilinea, non

possiamo prendere dei pezzi con la vena dritta e tagliarli storti perchè si romperebbero.

Da qui nasce l’esigenza fondamentale di avere in cantiere anche dei legni dalla forma

storta... detti appunto storti.

La regione Liguria è costituita al 95% da boschi, con monti, fiumi e valli ed è un ottimo

posto dove cercare di reperire questa tipologia di legname. Vediamo perchè.

I fiumi scavano la valle e lungo la valle stessa soffia il vento. Quando poi la valle è una

gola (vedi Voltri) il vento soffia sempre forte e sempre nella stessa direzione. 2Col

passare degli anni l’azione del vento piega gli alberi e gli conferisce una forma più o

meno arcuata.

Ecco che entra in gioco la capacità del Maestro d’Ascia di sapere riconoscere non più

solamente il legno del tavolone, ma l’albero in sé. Questo se vogliamo è un aspetto un

po' esoterico del mestiere, è un po' più che un know how.

Una volta visto lo storto si procede al taglio e si porta la legna in cantiere ad essiccare.

Oggi questa operazione di andarsi a scegliere la legna nel bosco è sempre fondamentale

ma molto complicata da attuare. Allora si aspetta che sia il mare a portare la legna.

Quante volte vediamo le nostre spiagge invase da tronchi di legno portati dal mare!

Anche in questo caso bisogna saper riconoscere la legna buona da quella marcia, ma in

ogni caso è molto più pratico che non andare nei boschi.

Potranno sembrare metodi antichi, poco proficui, obsoleti... purtroppo però gli “storti”

servono e non sono più in commercio.

Ecco che abbiamo parlato di quello che serve in un cantiere, dei macchinari, degli

utensili e del materiale. Ora possiamo affrontare la costruzione vera e propria.

2 Emblematico il caso del fiume polcevera, nell’omonima valle, nei pressi di cornigliano. Lì soffia almeno per due terzi dell’anno la tramontana che complicava il rientro delle barche dei pescatori che dovevano risalire con gran fatica verso gli approdi. Per agevolare questa operazione nasce la costruzione cornigiotta caratterizzata da una prua rientrante atta ad offrire una minor resistenza al vento. Oggi, con l’avvento del motore, questo problema sussiste sempre ma in misura molto minore.

Fig3: Sono evidenziati alcuni modi di tagliare l’albero

Capitolo V: La costruzione di un gozzo.

Innanzitutto cerchiamo di visualizzare schematicamente le parti di cui è composto un

gozzo. Per semplicità consideriamo un gozzo senza coperta.

Per prima cosa la chiglia e i dritti di poppa e di prua. Questi tre pezzi sono giuntati tra

loro mediante un incastro rafforzato da chiodi di rame ribattuti, viti di ottone e colla

epossidica.

Questo “trittico” ci dà la lunghezza e l’altezza dell’imbarcazione.

A rinforzo delle giunte dei dritti costruiamo dei controruota che in seguito serviranno

anche d’appoggio per le tavole di fasciame.

Queste parti devono essere di legno duro e non soggetto al marcimento: quercia,

frassino, acacia e altri. Volendo riprendere il discorso sugli storti si può tranquillamente

affermare che il frassino ligure è sicuramente ideale per questa prima parte della

costruzione.

Prima di proseguire ricordo che su questa prima struttura vanno posizionate le seste e le

linee d’acqua (fase della progettazione) che ci danno la forma.

A questo punto si mettono i madieri e le ordinate di poppa e di prua.

I madieri hanno il loro centro nel centro chiglia e la loro forma è data dal fondo della

carena delimitato dalle linee d’acqua.

Le ordinate di poppa e di prua partono dai controruota e salgono sino alla più alta linea

d’acqua (la linea di coperta). Anche la loro forma è data dallo scafo delimitato dalle

linee d’acqua. Anche queste ordinate dovrebbero essere legni “storti”.

Prima di proseguire nella descrizione è bene riprendere alcuni dettagli.

La barca deve essere messa trasversalmente in bolla;

le estremità dello stesso madiere devono essere equidistanti da un punto fisso di

riferimento e questo vale per ogni madiere;

le estremità alte delle ordinate destre e sinistre devono essere equidistanti da un punto

fisso di riferimento.

I madieri e le ordinate sono fissati in un unico punto che incrocia la chiglia (per i

madieri il centro, per le ordinate l’estremità inferiore.

Fig.4: La barca con le ordinate di prua e le linee d’acqua. Dove nella foto finisce la linea d’acqua (sul controruota) nella barca finirà il fasciame.

Passiamo ora al fasciame che, come s’intuisce dalla parola stessa, fascia la barca

rendendola stagna.

La prima tavola che si mette è quella attaccata alla chiglia e viene chiamata torello.

É forse la tavola più difficile da mettere perchè per farla aderire bene alle seste, ai

madieri ed infine ai dritti bisogna torcerla di quasi 90 gradi in meno di un metro si

spazio.

Qui è doveroso aprire una parentesi su come si piegano le tavole di fasciame e perchè si

piegano. Dunque, le tavole vanno piegate perchè il gozzo è una barca piccola e

curvilinea come nessun’altra barca al mondo. Questo le conferisce una certa stabilità,

ma si paga il prezzo di dovere piegare le tavole col fuoco. Esatto col fuoco. Il legno è

più o meno flessibile anche a freddo e lo si può tirare con dei morsetti e fissare

successivamente con delle viti, ma il meno possibile onde evitare spaccature e

disavviamenti. Dunque si usa il fuoco. Dalla meccanica applicata sappiamo che una

tavola soggetta a flessione avrà una superficie soggetta a compressione e l’altra soggetta

a trazione. Noi dobbiamo produrre e agevolare queste sollecitazioni. Si procede cosi: si

fissa la tavola al banco e si lascia un estremità libera. Su di questa estremità noi, a mano,

applicheremo delle forze torcenti e flettenti. Agevoleremo la deformazione della tavola

bruciandola sulla superficie che subisce la compressione e bagnandola sulla superficie

che subisce la trazione. Una volta ottenuta la forma desiderata si fissa la tavola con dei

morsetti alla struttura precedentemente imbastita e si aspetta che si raffreddi.

É un procedimento vecchio di secoli, un procedimento che conferisce a chi lo

padroneggia la qualifica di Maestro d’Ascia.

Tornando al torello dicevamo che è una tavola difficile perchè non subisce una forza di

flessione ma solo di torsione e torce di 90 gradi in neanche un metro.

Detto questo ogni tavola ha la sua flessione che è massima nelle tavole di poppa e la sua

torsione che è massima al torello.

Non si mettono tutte le tavole assieme ma, ad esempio, due si e una no. Si parte dalla

chiglia e si sale sino al bordo.

Fig.5: Si vede la barca in uno stato della costruzione dello scafo già avanzato. Si può però vedere come alcune tavole del fasciame siano ancora da fissare, sono gl’imboni.

Non si devono mettere tutte le tavole così abbiamo degli spazi liberi dove mettere i

morsetti per fissare le ordinate tra poppa e prua. Ci sono vari modi per fissare queste

ordinate... quello più veloce e moderno è senz’altro quello che prevede di mettere dei

travetti di legno a bollire e poi piegarli della forma desiderata. Bravi carpentieri piegano

e fissano anche 3o ordinate al giorno.

Anche qui è doveroso aprire una parentesi. Quando si mette il legno a bollire s’intende

proprio che lo si immerge per un periodo di tempo di circe due orette in un recipiente

contenente acqua in ebollizione. Quando dopo due orette si tira fuori il legno dal

contenitore si noterà che esso si piega anche applicando un minimo sforzo. La difficoltà

sta nel piegarlo della forma giusta prima che si raffreddi altrimenti hai buttato via un

pezzo di legno e del tempo.

Dunque si procede a piegare tutte le ordinate ed a fissarle sulle tavole già messe.

Per fissarle si usano chiodi di rame che vanno successivamente ribattuti.

A questo punto si possono mettere le tavole rimanenti.

Le ultime tavole si chiamano imboni e sono difficili da mettere perchè la loro forma

sarà delimitata dai confini curvilinei delle tavole già fissate.

Dunque a questo punto il nostro gozzetto è dotato di uno scheletro fatto di chiglia (spina

dorsale) madieri e ordinate (costole) e di un guscio (fasciame).

A questo punto bisogna rinforzare il tutto con quelli che nel nostro corpo umano sono i

muscoli.

Abbiamo innanzitutto dei bagli che collegano le ordinate di prua e di poppa e così

irrobustiscono i masconi di dritta e di sinistra che quelli sono i punti dove l’onda picchia

più forte ( se la barca è governata con la prua all’onda, cosa da cercare di ottenere

sempre in caso di mare agiato).

Dopodiché metteremo uno o due bagli anche a centro barca a seconda della lunghezza

della stessa. Questi bagli avranno la forma di panchette per irrobustire maggiormente la

sezione maestra, ma anche per dare la possibilità di sedersi.

Sempre per sedersi monteremo delle doghe di legno sui bagli di poppa e di prua dando

così vita ai carabottini. Questi fungono da appoggio, da stiva (sotto ci si può mettere

l’acqua, i salvagenti, l’ancora..) ed inoltre contribuiscono anche loro all’irrobustimento

dell’imbarcazione.

Onde agevolare i movimenti a bordo si costruisce un pagliolato che altri non è che il

pavimento dell’imbarcazione. Sulle barche piccole, per facilitare la pulizia a bordo, i

paglioli sono facilmente rimovibili.

Per legare bene tutte le ordinate tra loro ed evitare movimenti indesiderati (ricordo che

l’ordinata fa parte dello scheletro ed è quindi fondamentale che sia ben fissa) possiamo

decidere di montare uno o più correnti da poppa a prua per lato.

Fig.6: Questa è una barca con la coperta però si vede bene quanti bagli ci sono a cosa servono

Infine si mette il bordo. Il bordo di un gozzo fatto all’antica è un manufatto che molto

difficile da costruire e non da tutta quella robustezza aggiunta. Invece un bordo costruito

all’americana da più robustezza ed è molto più semplice da costruire. Bisogna dire che

il bordo antico è però più bello a vedersi (mia opinione personale).

La differenza sostanziale trai i due bordi sta nel fatto che quello all’antica è un pezzo

con degli incastri in corrispondenza delle ordinate. Esso s’incastra nelle ordinate e si

appoggia sul fasciame.

Il bordo “moderno” invece è formato da una controtavola d’appoggio all’interno che

funge anche da corrente per le ordinate e da una tavola che s’appoggia appunto sulla

controtavola e sul fasciame; è anche detto bordo a cassetta. Da un punto di vista

strutturale questa soluzione è la migliore.

Fig.7: Nella foto si vede un pezzo di bordo all’antica che viene montato su di un vecchio gozzo

Ora che abbiamo tutte le nostre principali strutture montate, possiamo avviarci alla

conclusione: il calafataggio e la pitturazione dell’imbarcazione.

Il calafattaggio consiste nell’infilare a forza tra i commenti del fasciame un cordoncino

di stoppa catramata. Il mestiere del calafato era un tempo molto richiesto e ad un bravo

calafato non mancava mai il lavoro perchè sua era la capacità di stagnare la barca.

Infine arriviamo alla pittura. Essa è una parte molto importante del lavoro perchè la

pittura filtra nel legno e lo protegge dagli agenti esterni che tendono ad indebolirlo.

Su di una nuova imbarcazione bisogna dare più mani di pittura a seconda del prodotto

utilizzato.

Su di una piccola barca di questo tipo si può scegliere d’installare un piccolo motore

fuoribordo e una piccola pompa di sentina.

Si può anche scegliere di armarla a vela. Gli antichi utilizzavano la cosiddetta vela

latina, ma oggi si può anche utilizzare la più classica e pratica attrezzatura “Marconi”.

Il gozzo è una barca diffusa nel Mar Mediterraneo, speriamo continui ad esserlo!

Fig.8 Gozzo armato a vela latina in navigazione